cinquantotto
Rivista trimestrale della società nazionale
degli operatori della prevenzione
NUMERO 58
marzo 2002
Redazione Via Mellerio, 2 Milano
Autorizzazione Tribunale di Milano n. 416 del 25.7.1986
sped. in abb. post. art.2, comma 20/c L.662/96 filiale Milano
EDITORIALE
PER I SOCI SNOP
Quote sociali
socio ordinario 30,00 (trenta euro)
socio sostenitore 50,00 (cinquanta euro)
SU QUESTO NUMERO
Un (troppo) lungo contributo di Andrea
Tozzi di ritorno da Parigi, un (troppo)
pessimista giallolimone, molte esperienze di lavoro, finalmente rinasce il bollettino epidemiologico nazionale, si continua a parlare di "morti evitabili", un
punto su CARTA 2000 che nella forse
difficile legislatura non potrà essere
dimenticata, almeno da noi.
Il Manifesto di Erice, il Premio Martignani: momenti di riflessione etica indispensabile per andare avanti ogni giorno.
SUL PROSSIMO
NUMERO
Discutiamo meglio di SNOP
ARPA e DIP
di Roberto Merloni
e Enrico Cigada
DEDICATO
AI LETTORI
di Luigi Salizzato
presidente Snop
Cari soci Snop e cari abbonati, è passato
molto, troppo tempo, dall’ultima volta
che avete potuto leggere la nostra rivista,
e di questo ci scusiamo con i nostri affezionati lettori. La rivista è sempre stata
l’immagine fedele della nostra associazione, ne ha raccontato le idee ed i progetti, le discussioni, le iniziative ed i
cambiamenti, ed anche con la sua assenza ha espresso una situazione oggettiva
in cui ci siamo trovati in questi ultimi
mesi, caratterizzata dallo sviluppo di
nuove e significative iniziative, coerenti
con le strategie di cambiamento adottate
dall’Assemblea dei soci, e dal contemporaneo venir meno del consenso alla
trasformazione in essere, o quantomeno
alla sua modalità, da parte di chi aveva
finora generosamente e con grande competenza diretto la rivista. Quando si creano situazioni di questo tipo non è facile
decidere su come procedere, innanzi
tutto perché nessuno di noi era ed è
disposto a pensare che un socio dell’im-
portanza di Lalla Bodini possa essere
considerato definitivamente estraneo
alla Snop, e quindi nessuno ha pensato a
separazioni definitive ma piuttosto a trovare nel confronto delle idee la soluzione dei problemi, senza porsi limiti di
tempo; bisogna inoltre considerare che
non è facile sostituire chi ha saputo in
tutti questi anni lavorare con grande professionalità e disponibilità del proprio
tempo. Fatte queste considerazioni gli
organi rappresentativi dell’associazione
hanno maturato alcune decisioni, come
quella di riprendere la pubblicazione
della rivista, anche per coinvolgere i soci
e i lettori nella discussione pubblica
sulla situazione dell’associazione e sulle
proposte di lavoro, che viene avviata con
la pubblicazione di questo numero.
La situazione in cui oggi ci troviamo può
considerarsi caratterizzata da una crisi di
cambiamento, con diverse e complesse
componenti che proverò sinteticamente
ad illustrarvi. Va anche ricordato che
1
l’interazione forte che connota il rapporto tra la Snop ed il sistema pubblico dei
Servizi di prevenzione fa sì che gli elementi di questa crisi di crescita siano
comuni alla Snop ed al sistema stesso, in
particolare la crisi di crescita della Snop
coincide ed è direttamente alimentata
dalla crisi di trasformazione culturale e
professionale vissuta dal sistema pubblico di prevenzione nel nuovo approccio
sistemico ai problemi di salute. Di cambiamento nei Servizi di prevenzione e
nella Snop stiamo parlando da alcuni
anni, riferendoci ad un modo nuovo per
gli operatori d’interpretare il loro lavoro,
ricercando nuove alleanze in ambito professionale, sociale ed istituzionale ed
assumendo con sempre maggiore competenza un ruolo di regolatori di un sistema in cui diversi soggetti si assumono
sempre più responsabilità dirette per la
tutela dell’ambiente e la promozione
della salute. Anche l’oggetto della nostra
azione di prevenzione cambia coerentemente con la nostra capacità di valutare
vecchi e nuovi problemi e di definire
conseguentemente i nostri obbiettivi
prioritari. Non è un processo lineare ed
alcune questioni rimangono sospese tra
conservazione, che è anche la difesa
delle proprie sicurezze, e cambiamento
che, oltre all’obbiettivo del miglioramento, comporta l’accettazione di ciò
che non si conosce ancora bene.
Innanzi tutto va sottolineata la criticità
del rapporto tra le componenti professionali della prevenzione, tra le discipline
specialistiche e tra i ruoli professionali,
la perdurante difficoltà a lavorare assieme per il miglioramento della nostra
azione professionale, della cui necessità
abbiamo parlato per anni e che, giunti
alla prova dei fatti, fatica a diventare
modo di operare ordinario e riconosciuto come utile ed irrinunciabile da tutti.
Le esperienze di lavoro integrato nei
Dipartimenti di prevenzione, nelle
Agenzie per l’ambiente e tra loro o con
gli altri soggetti pubblici e privati, che
possono contribuire ad affrontare positivamente i problemi di salute della popolazione, sono certamente significative
ma ancora minoritarie nel Paese. Lo studio condotto da Merloni sui rapporti
operativi tra Agenzie per l’ambiente e
Dipartimenti di prevenzione evidenzia
chiaramente un’integrazione più formale
che sostanziale, ben lungi dal consentire
al sistema pubblico dei Servizi di prevenzione di perseguire efficacemente
l’obiettivo dei Piani integrati per la salute e l’ambiente. D’altra parte azioni
importanti come l’adozione del documento di Ancona (An-8/06/01, seminario nazionale “Integrazione ambiente e
salute. Esperienze, proposte e discussione per uno sviluppo collaborativo della
2
rete SSN-ARPA”) danno segnali significativi di una volontà di cambiamento,
anche se limitata per ora ad alcuni gruppi dirigenti e per lo più sconosciuta e
quindi non condivisa dagli operatori dei
Servizi. In generale i Servizi dei Dipartimenti di prevenzione dimostrano una
limitata propensione ad affrontare i problemi di salute con una visione ampia,
tenendo conto delle diverse competenze
che potrebbero contribuire ad azioni più
efficaci. Vengono sottovalutate le possibili sinergie nei Dipartimenti, nelle
Aziende sanitarie con gli altri professionisti del SSN, nel contesto tecnico professionale con gli altri soggetti pubblici
e privati titolari di competenze preventive, nella società civile con le diverse
espressioni di rappresentanza dei cittadini. I nostri Servizi subiscono ancora forti
condizionamenti dai vincoli burocraticolegislativi, avendo come riferimento
principale per il proprio lavoro quotidiano un insieme di norme e regolamenti tra
loro contraddittori e molte volte non
adeguati, con dotazioni di organico sempre insufficienti e conseguentemente con
una visione del proprio campo di azione
molto limitata e scarso interesse a dare
un contributo per la definizione di progetti in grado di intervenire efficacemente sui problemi di salute prioritari per i
territori di proprio riferimento operativo,
ricercando nuove alleanze e quindi ulteriori risorse da mettere in campo. In particolare i Servizi di prevenzione mantengono un‘attenzione prevalente alle funzioni di vigilanza, e stentano ad assume-
re pienamente il ruolo di regolatori del
sistema che loro compete. Su questo terreno si gioca il futuro della prevenzione
nel nostro Paese, specialmente ora che la
riforma federale consente sia grandi
opportunità che grandi disuguaglianze
territoriali anche nel campo della tutela
della salute dell’ambiente e dei cittadini,
nuovi soggetti politici non istituzionali
rappresentano nuove istanze di benessere ed il sistema delle norme e delle
garanzie viene messo in discussione,
anche ma non solo per la sua inadeguatezza, e quindi vanno ridefinite strategie
ed alleanze idonee a perseguire gli obiettivi dello sviluppo sostenibile e della
promozione della salute. Ci sono alcune
regioni in cui si sono avviate esperienze
fondate sulla strategia dei patti, sia su
temi tradizionalmente di competenza dei
nostri Servizi come la sicurezza nei luoghi di lavoro, sia su problemi di salute
che rappresentano una nuova sfida come
la sicurezza stradale, e generalmente la
Snop è più attiva in queste regioni e riesce a svolgere un proprio ruolo in questo
tipo di situazioni, che molte volte contribuisce ad avviare. Non è un rapporto di
causa-effetto ma un rapporto di reciproco rafforzamento che trova d’altra parte
il suo reciproco negativo nelle situazioni
regionali più conservatrici in cui i Servizi di prevenzione non hanno ancora operato un cambiamento radicale trovandosi piuttosto molte volte a lottare per
sopravvivere, o ad accontentarsi di farlo,
ed in cui la Snop è solo un ricordo di
quello che è stata ed ha rappresentato
solo fino a poco tempo fa. L’obiettivo di
una Snop rappresentativa di tutti i settori della prevenzione annovera risultati,
cioè iniziative ed iscritti, molto differenti, l’ingresso di nuove forze non è stato
omogeneo, e di conseguenza non si è
sviluppata la capacità d’intervenire dappertutto a sostegno di un miglioramento
generalizzato del sistema di prevenzione. In alcune Regioni, in cui le barriere
disciplinari avevano fondamenta particolarmente solide, la mancanza di rinnovamento ha comportato il crollo delle
attività dell’associazione. Qualcuno ritiene che alla base del declino in alcune
regioni della nostra presenza attiva ci sia
stata la carriera dei singoli soci che, una
volta raggiunte posizioni di responsabilità aziendali, avrebbero abbandonato
l’impegno a favore delle attività societarie, oppure per altri ci si è arresi di fronte a situazioni troppo sfavorevoli. Sulle
ragioni dei nostri successi ed insuccessi
sarebbe interessante sapere cosa ne pensate voi che leggete anche perché capire
meglio cosa sta succedendo ci consentirebbe un generale rilancio delle nostre
iniziative, non tanto per garantire la
sopravvivenza della Snop, che in quanto
tale non rappresenta l’obiettivo di nessuno, ma per consentire alla Snop di essere ancora uno strumento utile per l’insieme dei Servizi pubblici di prevenzione,
per sostenere le iniziative scientifiche e
culturali che sono indispensabili agli
operatori per interpretare il ruolo nuovo
che è loro richiesto. Le criticità insite
nella riforma federale, che può indebolire in alcuni contesti regionali i Servizi di
prevenzione piuttosto che rappresentare
un’opportunità per il loro rilancio, sottolineano la necessità che la Snop continui
a svolgere un ruolo di riferimento unitario nazionale per i Servizi, che li stimoli
proponendo loro in modo critico di assumere iniziative adeguate al cambiamento in atto nel Paese. Un primo tema di
discussione che la Snop pone quindi ai
propri soci ed ai lettori della rivista è se
oggi sia ancora utile un’associazione
scientifica interdisciplinare ed interprofessionale, che rappresenti tutti i settori
del sistema di prevenzione, in particolare dei Servizi pubblici, che collabori ma
non si identifichi con alcun centro accademico o istituzionale, e che si ponga
obiettivi di tipo scientifico e culturale a
sostegno del miglioramento dell’intero
sistema di prevenzione sanitaria ed
ambientale.
La questione interprofessionale va tenuta in evidenza assieme a quella interdisciplinare perché va garantito un ambito
di confronto che si distingua da quello
delle rivendicazioni sindacali di categoria, pur legittime, per affrontare il tema
del lavoro integrato tra profili professionali con diverse competenze. Il lavoro
interdisciplinare non appiattisce ma esalta le competenze specialistiche ed è interesse comune che si facciano dei passi
avanti nella definizione dei diversi profili professionali, come premessa indispensabile per garantire l’esercizio delle
specifiche autonomie professionali nel
nuovo sistema delle responsabilità contraddistinto da differenti posizioni organizzative. Con la CIIP si è fatto un buon
lavoro per la definizione dei profili professionali, che ha contribuito anche alla
predisposizione di opportune iniziative
legislative, con il grande limite però di
essersi limitati all’area della medicina e
della sicurezza in ambiente di lavoro. Si
deve quindi lavorare ancora in questa
direzione, ricordandosi di non oltrepassare le proprie competenze e lasciando a
chi di dovere il ruolo istituzionale. Perché l’autonomia professionale non
rimanga una rivendicazione astratta è
necessaria anche una profonda riforma
dei corsi di studio universitari, rendendo
i percorsi formativi coerenti con i profili
professionali di cui si sente la necessità
nei Servizi e che nei Servizi stessi devono trovare le condizioni per un percorso
di formazione continua.
Nel seminario di Rimini (Rn, giugno
2000, su “Piano sanitario nazionale, la
strategia dei patti per la salute. Le prospettive di intervento per la rete della
prevenzione.”) avevamo riflettuto anche
sugli strumenti di lavoro necessari per
sostenere la fase di cambiamento del
sistema di prevenzione verso la promozione della salute, in particolare ci eravamo confrontati su EBP, epidemiologia
descrittiva, qualità, formazione e comunicazione. Oggi possiamo dire che sulla
prevenzione efficace e sull’epidemiologia applicata alla definizione delle priorità in Sanità Pubblica sono state sviluppate iniziative utili per la crescita di reti
nazionali di Servizi e di operatori impegnati su progetti concreti, mi riferisco
alle attività del gruppo nazionale EBP,
che ha fatto il punto sulle sue attività nel
partecipato seminario di Firenze (FI,
novembre 2001, su “La prevenzione
basata sulle prove di efficacia”) ed alle
attività dell’ISS, in collaborazione con
alcune società scientifiche ed amministrazioni regionali (Profea, Epicentro). A
queste iniziative abbiamo contribuito sia
come associazione che attraverso l’impegno diretto di singoli soci, la cui attività professionale è stata determinante
per il successo delle iniziative. Anche in
questo caso non è tanto rilevante il rapporto causa-effetto tra Snop e singole
iniziative quanto piuttosto il rapporto di
reciproco rafforzamento. In tutte queste
situazioni si assiste ad un allargamento
degli operatori partecipanti e quindi ad
un superamento dei limiti finora presen-
ti di tipo elitario o verticistico e quindi
questa è una tendenza da rafforzare.
Sulla formazione abbiamo iniziato a
muoverci direttamente come società
scientifica, organizzando un riuscito
seminario a Cesenatico (Cesenatico,
ottobre 2001, su “Integrazione tra i Servizi del sistema prevenzione”). Abbiamo
ottenuto, oltre alla soddisfazione di chi
ha partecipato, la richiesta di organizzare ulteriori iniziative a conferma del
grande bisogno di aggiornamento anche
su temi non specialistici presente tra gli
operatori. Sul tema della comunicazione
si è cominciato a lavorare in alcuni
Dipartimenti sul coinvolgimento dei cittadini alla definizione dei bisogni di
salute, per superare i limiti di un approccio troppo “esperto”, fondato su dati epidemiologici magari tecnicamente corretti ma comunque di parte. Si inizia quindi ad affrontare anche nel nostro lavoro
la questione della partecipazione, cruciale per una politica di promozione della
salute fondata sulla strategia dei patti, e
su cui però non abbiamo generalmente
risorse professionali appropriate nei Servizi per intervenire con successo. È
necessaria a questo proposito una riflessione sulla necessità di acquisire nuove
competenze professionali nel campo ad
es. della psicologia della salute, della
sociologia, della statistica, della comunicazione.
Un’ulteriore area di criticità comune alla
Snop ed ai Servizi è quella dei nuovi
mezzi di comunicazione, cioè dell’impatto creato dalla disponibilità di strumenti come Internet e di tutto ciò che vi
è collegato come la posta elettronica, i
siti web, i gruppi di discussione, le newsletter, ecc…
I nuovi strumenti elettronici per la
comunicazione stanno modificando
radicalmente le nostre abitudini sia di
cittadini che di professionisti, consentono l’accesso a tutte le informazioni rese
disponibili, lo scambio rapido di opinioni, il lavoro in rete, la pubblicazione dei
prodotti professionali, la formazione a
distanza e la loro diffusione è tale da non
poter essere ignorata. Si pone quindi un
problema di conoscenza e di adeguamento per sfruttare le opportunità dei
nuovi mezzi, ma anche di gradualità e
misura per non isolarsi da chi è ancora
legato agli strumenti tradizionali di
comunicazione. La nostra pagina web,
sostenuta finora con mezzi e disponibilità esclusivamente volontari e con grande competenza da un singolo socio, è
rimasta in questi ultimi mesi l’unica
nostra forma di comunicazione con chi è
interessato alle attività della Snop ed ha
la possibilità di navigare in rete (va tenuto conto del fatto che in molte regioni
l’accesso ad Internet non è garantito dai
3
Servizi ma dalle disponibilità individuali). Il contatore che abbiamo recentemente aggiunto alla nostra pagina web ci
dice che i visitatori sono superiori alla
nostra capacità di tenere aggiornato il
sito, nonostante la generale sottovalutazione dei nostri soci sulla potenzialità di
comunicazione di questo mezzo, anche
pensando solo ad un utilizzo per far
conoscere il proprio lavoro e le proprie
iniziative. Un problema simile lo hanno
i Servizi di prevenzione che, se decidono
di predisporre un proprio sito, si limitano generalmente a pubblicare noiosi
listini di attività istituzionali. Negli ultimi tempi si sta d’altra parte affermando
una positiva tendenza all’attivazione e
manutenzione di siti web, ricchi di informazioni e contributi molto utili, da parte
di altre società scientifiche, di singoli
Dipartimenti o interi sistemi regionali,
delle Agenzie per l’ambiente e di Istituti
nazionali, tra cui ho già ricordato il giovane ma già autorevole ed utile Epicentro, portale dell’epidemiologia curato
dall’ISS. Si creano possibilità di sinergie
e di utilizzo dei nuovi strumenti che
vanno sfruttati al meglio e su cui la Snop
deve operare alcune scelte di cui riferirò
più avanti. Per quanto riguarda l’utilizzo
della posta elettronica la Snop ha adottato questo mezzo come strumento di
comunicazione ordinario della Presidenza, del Direttivo nazionale e di alcune
Sezioni regionali. Si è rivelato uno strumento utile per scambiare idee ed informazioni, sviluppare progetti, come ad
es. SALeM (modello sperimentale di
EBP), prendere decisioni, data anche la
sempre minore disponibilità a muoversi
per incontri più tradizionali. E’ un mezzo
che ha creato anche problemi, sia per
l’indisponibilità di alcuni soci ad utilizzarlo, sentendosi così esclusi dalla
comunicazione, sia per l’uso improprio
degli indirizzari nazionali fatta da altri,
che lo hanno usato come fosse la rubrica
del cuore di un rotocalco popolare, in
mancanza di un sistema di regole che ci
dobbiamo invece dare per ottimizzare
l’uso di uno strumento che è diventato
indispensabile.
Da ultimo vanno segnalate alcune criticità legate alla situazione di crescita e
cambiamento che sono proprie della
nostra associazione. La prima è il rischio
di perdere di vista il ruolo di punto di
riferimento culturale e scientifico nel
settore della Medicina del lavoro, che
rimane ancora il settore in cui annoveriamo il maggior numero di iscritti.
L’autorevolezza in questo campo fa
parte della nostra identità e sarebbe sbagliato rinunciarvi mentre cerchiamo di
acquisire sempre maggiore autorevolezza nel sistema generale della prevenzione sanitaria ed ambientale. Se l’attuale
presidente della Snop è un Igienista spet-
4
ta evidentemente ad altri soci assumersi
questo compito ed in questo senso ci
siamo riorganizzati affidando il coordinamento nazionale di questo settore di
intervento a chi già si occupa di coordinare la nostra azione di settore in ambito
europeo e più precisamente nel CPE
(Piz, Dotti e Taddeo). È utile ricordare
che anche la posizione che abbiamo
espresso per l’abrogazione dell’art. 1bis
del DL 402 del 12/11/2001, sull’idoneità
a svolgere le funzioni di Medico Competente, ha il significato di difendere la
qualità e la competenza del sapere, di
tutti i saperi, dalle ambizioni egemoniche dei singoli corporativismi, da chiunque siano sostenuti. La seconda criticità
è legata alla scelta organizzativa che
credo si imponga di fronte al venire
meno di un ruolo attivo da parte di alcune sezioni regionali della Snop. Di fatto,
oggi le nostre iniziative sono sostenute
da gruppi di soci, non necessariamente
della stessa regione, che s’impegnano su
singoli progetti sfruttando i mezzi di
comunicazione elettronici. Dal punto di
vista organizzativo si può quindi passare
da un modello esclusivamente regionalistico ad un modello misto, in parte territoriale, là dove questo abbia un riscontro
reale, ed in parte fondato su progetti
nazionali, con proprio coordinamento,
capacità di iniziativa e di acquisizione di
nuovi soci. L’ultima criticità è legata alla
stanchezza di alcuni soci, in particolare
di chi ha dato la sua generosa attività per
la Snop fin dalla sua nascita, senza trovare chi fosse disponibile a farsi carico
di aiutarli ed anche di sostituirli. Ritengo
che ognuno sia responsabile delle proprie scelte di vita, ma a volte i sovraccarichi di lavoro diventano insostenibili e
così, invece di avere la possibilità di ridimensionare la propria attività, ci si trova
nelle condizioni di doversi fermare completamente, se non altro per riflettere e
poter valutare con più serenità le proprie
scelte. Succede anche che i motivi del
disimpegno siano ascrivibili ad una
sopraggiunta non condivisione di idee ed
iniziative che caratterizzano la vita associativa. Mi ritengo personalmente
responsabile, come Presidente della
Snop, del fatto che i nostri strumenti di
comunicazione rimangano disponibili
per i soci che vogliano comunicare
anche il proprio disagio o dissenso per
un’associazione che non corrisponde più
alle loro aspettative, anche questo ci aiuterà a capire ed a crescere. Come avrete
a questo punto compreso stiamo vivendo
un momento importante per la nostra
associazione e voi siete invitati ad esprimervi nel merito delle cose che vi ho
illustrato a nome della Presidenza e del
Direttivo nazionale, i cui componenti
parteciperanno comunque alla discussione avviata su queste pagine e che avvieremo anche sul sito web, data l’impossibilità di rappresentare con un unico
intervento l’insieme delle valutazioni
espresse in questi mesi.
Una traccia operativa per la discussione
può essere rappresentata dal progetto di
lavoro a breve e medio termine su cui la
Presidenza ed il Direttivo nazionale concordano e che si articola nelle iniziative
definite nella riunione dell’Ufficio di
Presidenza tenutosi a Saluzzo il
15/12/2001, proposte alla discussione ed
approvate dal Direttivo Nazionale a
Bologna il 29/01/2002, che trovate più
avanti nella rivista.
Sinteticamente per la rivista si concorda
di programmare l’uscita di almeno tre
numeri, uno all’inizio dell’anno (possibilmente entro marzo) per avviare un
dibattito tra i soci sulle scelte strategiche
e sul futuro dell’Associazione, un secondo monografico sui cancerogeni, collegato alle iniziative seminariali e convegnistiche previste, ed un terzo per rendere conto dei contributi dei soci alla
discussione avviata con il primo numero
della nuova gestione redazionale. La
prospettiva per un futuro anche vicino
potrebbe essere la pubblicazione di una
rivista elettronica, la rivista cartacea non
potrà probabilmente convivere con quella elettronica per cui va avviato un confronto con i soci per scegliere tra rivista
cartacea, che si mantiene con le regole
del mercato, e rivista elettronica ad integrazione del sito web; un’altra opzione è
di continuare a produrre dei numeri
monografici, come quello in corso di
preparazione sui cancerogeni, da pubblicare sia a stampa che su cd.
In merito al sito la proposta è di collaborare con altri partners (Ambiente e Lavoro, Safetynet) alla gestione di un portale
della Sanità pubblica. Per quanto riguarda la SNOP il portale dovrebbe contene-
re parti comuni e parti caratteristiche di
ciascun partner e servire per:
• ordinare, incentivare la produzione e
fare conoscere i materiali prodotti dai
soci e dai Servizi;
• avere la disponibilità di strumenti
come le news ed i forum di discussione
tra cui lo speech corner, luogo in cui parlano tutti e dove si può parlare ad es. di
ciò che non funziona;
• avere la disponibilità di una biblioteca legislativa specialistica aggiornata;
• mantenere un proprio settore specifico, oltre alle sezioni sopra descritte in
comune con gli altri partners, con accesso
diretto al dominio registrato, con la propria grafica consolidata per descrivere la
vita associativa ed eventualmente pubblicare la rivista informatica. Va comunque
aggiornata la modalità di accettazione dei
contributi dei soci o di altri soggetti interessati, vanno potenziate le rubriche che
interessano i Servizi, va introdotto un
motore interno di ricerca.
Comunque si evolva il progetto del portale bisogna intervenire per rifondare
l’attuale sito, dotandolo anche degli strumenti sopraindicati, si sta già costituendo una redazione on line per lavorare in
questo senso, va inoltre chiarito quale
rapporto di collaborazione si possa sviluppare con il sito Epicentro dell’ISS.
Per sostenere questa iniziativa, molto
importante per il futuro dell’associazione, si è pensato di avviare una sottoscrizione da affiancare alla campagna di
associazione per il 2002.
Iniziative pubbliche:
La Snop sta organizzando un Convegno
nazionale, da tenersi presso la Reggia di
Caserta nei giorni 13/14/15 giugno
2002, per analizzare le strategie per la
prevenzione in un contesto istituzionale
caratterizzato dalla riforma federale
delle competenze sanitarie e dalla necessità di sviluppare il passaggio di ruolo
dei Servizi di prevenzione da organi di
vigilanza a regolatori di sistema.
Sono in corso di organizzazione inoltre
un seminario internazionale del CPE a
Saluzzo il 22/24 aprile 2002, prendendo
spunto dalla sentenza Borsata, che trasferisce la responsabilità della sicurezza di
un prodotto dai produttori agli utilizzatori, ed un convegno in Toscana in autunno
sui cancerogeni, a partire dalle esperienze
del Piemonte e della Toscana, assieme ai
Servizi che stanno lavorando su questo
tema, prevedendo di trattare anche gli
aspetti di sorveglianza sanitaria e di igiene industriale, coinvolgendo i medici
igienisti e gli igienisti industriali.
Si conferma il sostegno alle iniziative
del gruppo nazionale di coordinamento
di EBP, sia per progetti sperimentali che
per un seminario nazionale sulle esperienze di EBP già avviate nelle diverse
regioni.
In conclusione, considerate anche le iniziative di lavoro richiamate, il dibattito
con i soci ed i lettori si potrebbe articolare sui seguenti temi:
• come cambia Snop al cambiamento
necessario degli stili di intervento del
sistema di prevenzione nel nuovo millennio (approccio sistemico alla salute,
la promozione della salute e lo sviluppo
sostenibile);
• quale la posizione su inutilità, utilità,
efficacia ed appropriatezza dei prodotti
del sistema prevenzione;
• quale l’organizzazione da suggerire
in futuro a Snop (sezioni regionali o
gruppi di progetto territoriali e/o nazionali);
• quali progetti deve sostenere la Snop,
condivisione delle attuali iniziative e/o
proposte di altri settori d’intervento;
• quali scelte fare sugli strumenti di
comunicazione della Snop, rivista e sito
web, portale della Sanità Pubblica;
• quali i rapporti di Snop con le altre
Associazioni e Società, con i Centri di
Ricerca e gli Istituti Universitari, con le
rappresentanze dei portatori d’interesse
a tutti i livelli (Ministeri salute ed
ambiente, Enti Locali, Associazioni dei
cittadini ecc.).
Per l’invio dei contributi sono disponibili i seguenti indirizzi e-mail:
[email protected]
[email protected]
5
SNOP,
ALZATI E CAMMINA!
COME CAMBIA
UN GIORNALE
Sembrava morta e invece una voce dall'alto ha gridato: "si riparte!" e la rivista
è di nuovo in piedi e cammina. Nessuno,
purtroppo, ci dice con chiarezza per
andare dove. Vivrà da ora in poi per
volere divino con le sorelle, come Lazzaro, o farà qualcos'altro?
Le intenzioni sono buone. La lettura del
numero che avete per le mani vi potrà
confondere, ma non disperate. Il fatto
che si parli di congressi e di medici e di
poco altro è solo un caso. Dovete capire: il tempo per raccogliere gli articoli
non è stato molto, non più di sette o otto
mesi. E poi, via, sembrava morta. In
passato si era cercato di affermare che il
mondo degli operatori è vasto, composto
da tanta gente e non solo da sommi capi,
ma dovete capire, bisognava raccogliersi attorno a un tavolo e pensare a come
ripartire e attorno a un tavolo non ci si
sta in tantissimi, e allora è già tanto quel
che si è raccolto. E poi, non dimentichiamolo, sembrava morta. Devo aver
orecchiato, da qualche parte, che nelle
intenzioni sul futuro della rivista, ci
siano dei numeri monografici: bene,
sono utilissimi e speriamo che contengano anche indicazioni sul cosa fare, sul
come fare, sul cosa non fare. Certo per
ora si comincia col dire, date le circostanze che sembrava morta. Poi le cose
cambieranno, si proverà a far scrivere
anche qualcuno che sta in basso, ma
cosa volete, quelli che stanno in basso se
ne fregano, pensano solo a finir in fretta
e ad andare a casa, mica hanno voglia
di star li a pensare e a scrivere. A scrivere cosa poi, e perché, visto che sembrava morta. Dispiace solo che mescolate e quasi nascoste fra le molte pagine
che stanno da qui in poi ci siano anche
delle cose carine e interessanti, certo
non tutte, perché, vedete, sembrava
morta. No, cari lettori, non farò i nomi,
in fondo chi scrive cose carine lo sa e chi
legge pure. Una cosa però mi chiedo:
ma quando si vedono, e si vedono spesso, si diranno le stesse cose che qui scrivono e che per lo più già sanno ma che
scrivono, ovvio, non per loro stessi ma
per quelli che non leggono, perché vedete, io credo che nei servizi Snop la leggano in pochini, ma questo perché non
sanno, e credono, ma si sbagliano, che
sia morta?
Giallolimone
6
di Alberto Baldasseroni
Sono trascorsi poco più di quindici anni
dal primo, pionieristico numero del Bollettino, ma in questi tre lustri il lavoro
necessario a costruire uno strumento di
comunicazione come questo è radicalmente cambiato. Nel pieno di un’ulteriore fase di mutazione come quella che
stiamo vivendo, non sembra inutile
ripercorrere le tappe che hanno portato
agli sviluppi odierni. Per i più giovani tra
di noi sarà un buon aggiornamento e un
utile excursus di storia della comunicazione, per i più anziani, spero, un riportare a galla ricordi di un passato non così
lontano nel tempo, ma certamente lontanissimo nei modi di lavoro.
Copertina del primo numero di Snop
GLI ESORDI
Il Bollettino partì a metà del 1985 (il
primo numero in realtà, in attesa di autorizzazione, uscì come supplemento al n.
17 di una misteriosa rivista chiamata
“Prisma”) con 24 pagine, con titolo “La
Snop” e con indice dei contenuti in quarta di copertina. Nella terza di copertina
appariva l’elenco dei referenti SNOP
dalle diverse realtà regionali, caratteristica che sarebbe rimasta intatta nel
corso degli anni avvenire, ma che allora
rappresentava l’emblema di una sorta di
redazione collettiva, o almeno questo era
nelle intenzioni dei soci fondatori. Infatti non era indicata l’esistenza di alcuna
redazione, ma, data l’impostazione della
Società, l’elenco in fondo al Bollettino
doveva rivestire tale finalità. Per arrivare al vero e proprio “numerouno” si
dovette aspettare l’uscita di altri tre
numeri, poi finalmente al quinto fascicolo cominciò la serie vera e propria (ottobre 1986) che aveva come testata solo
“Snop”. Dalle 24 pagine iniziali si passò
in breve alle 36 del “numerotre” (marzo
1987), alle 40 del “numeronove”
(dicembre 1988), alle 44 del “numerodiciassette” (novembre 1990), fino a raggiungere lo standard definitivo di circa
50 pagine, toccato per la prima volta in
un numero doppio, il “ventitreventiquattro” del giugno-settembre 1992 e in un
numero singolo il “trentasei” del novembre 1995. Questa descrizione mette in
evidenza come il Bollettino sia evoluto
nella quantità di materiali offerti, raddoppiando il numero delle pagine nel
corso del tempo.
Con l’uscita del numero 1 appariva sull’ultima di copertina, per la prima volta
il nome del direttore, Laura (Lalla) Bodini, e quello del graphic designer, Roberto Maremmani, ma per avere traccia di
una sia pur striminzita redazione si
dovrà attendere fino al numero 6 del febbraio 1988, quando in seconda di copertina appare le lista dei componenti la
redazione. Si tratta di sei operatori (sette
dal numero successivo), tre medici del
lavoro (quattro dal numero successivo),
un chimico, un tecnico della prevenzione e un socio esterno ai servizi che
affiancano il Direttore e il designer. Con
il numero 13 del dicembre 1989 si ha
una prima riorganizzazione della redazione con la riduzione dei suoi membri a
cinque, dei quali tre presenti anche nella
precedente redazione. Questo assetto
cambia di nuovo col numero 18 del
marzo 1991, quando la redazione si riduce a un solo partecipante, assumendo
connotati che dureranno per tutto il
decennio successivo. Dal numero 22 del
marzo 1992 in poi la rivista esce con un
direttore, un vice direttore e un responsabile della grafica.
COME SI FACEVA
IL BOLLETTINO
Il lavoro di costruzione del Bollettino
degli esordi era essenzialmente basato su
tecniche analogiche, verrebbe da dire.
Fatto il palinsesto, si provvedeva per via
telefonica a contattare i potenziali autori
dei vari pezzi e di ritorno se ne avevano
prodotti di diversa qualità “grafica”:
qualcuno spediva veri e propri manoscritti che costringevano a un faticoso
lavoro di decifrazione e di ribattitura;
altri mandavano dattiloscritti che talvolta abbisognavano di cure sia per la forma
(refusi di stampa, frasi scappate alla
penna e che dovevano essere riscritte
con una certa fantasia, ecc.), sia per la
sostanza, costringendo, anche in questo
caso, a un micidiale lavoro di ribattitura
che spesso si concludeva con un tagliacuci-incolla di arrangiata memoria; qualcuno più moderno era già in grado di
spedire testi scritti con word-processor
al computer e questo consentiva di effettuare questa prima parte di correzioni al
telefono con il diretto interessato. Tutto
viaggiava per posta cartacea e, appena
dopo, semmai per fax. Ottenuti tutti i
materiali seguiva poi la fase di composizione dei testi che veniva gestita dalla
tipografia e supervisionata, per il progetto grafico, dal designer. Ciò che facevano in tipografia era semplicemente di
ribattere tutti i testi inviati in un programma di computer tipo desk-top
publishing per impaginare il tutto. A noi,
ma soprattutto a Lalla, toccava l’ennesimo compito ingrato di correzione, stavolta delle bozze. Esisteva una precisa
correlazione tra numero di errori presenti nelle bozze di stampa inviateci dalla
tipografia e due caratteristiche: orario di
immissione, leggibile a piè di pagina, e
sigla del tastierista. Avevamo ormai
imparato a riconoscere il tipo di errori
che l’orario e la sigla permettevano di
prevedere. Finalmente, dopo gli ultimi
ritocchi grafici e le immissioni dell’ultimora, sempre problematiche, il tutto tornava alla tipografia e andava in stampa il
numero. L’invio, tramite posta ordinaria,
avveniva e avviene tuttora con tariffa
scontata, dato il basso (per la verità
nullo) tasso di pubblicità presente nella
pubblicazione.
che la velocità del cambiamento è stata
eccessiva per molti, sia in termini di risorse materiali, sia in termini di risorse culturali. Come sempre, purtroppo, le rivoluzioni lasciano macerie, ma non c’è motivo di non fermarsi a “soccorrere” chi ne
viene travolto. Gli altri, spesso, superano
a poco a poco le resistenze mentali e si
avvicinano ai nuovi linguaggi della
comunicazione, seguendo ognuno un suo
percorso individuale, che talvolta ha punti
di partenza impensabili (i figli, l’arrivo al
lavoro del nuovo computer attrezzato per
navigare in Internet, il regalo di Natale di
qualche amico).
LE PRIME AVVISAGLIE
DI UN CAMBIAMENTO
SCENARI PROSSIMI VENTURI
È indubbio che costruire una rivista sia
una delle attività che ha subito i più
profondi cambiamenti negli ultimi anni.
L’inizio del terremoto di cui oggi cogliamo i caratteri salienti possono essere
fatti risalire alla metà degli anni novanta,
quando si cominciò a parlare di Internet,
almeno nel nostro paese, per la prima
volta. Nel processo produttivo sopra delineato saltavano come per incanto tutta
una serie di fasi di lavoro. I testi cominciarono, prima sporadicamente, poi sempre più di frequente, ad arrivare sotto
forma di file per PC. In un primo momento giravano dischetti (i “buffi” floppy da
5’e 1/4 , poi i diskette da 3’ e 1/2), ma poi,
grazie alle connessioni di posta elettronica precocemente adottate, si cominciò a
far girare i testi per via telematica. Questo
sgravava la redazione da molti pesanti
compiti, pur senza diminuire il problema
della continua rincorsa al “pezzo” da
inserire nel palinsesto. La tipografia
abolì, semplicemente, il massacrante e
sottopagato lavoro notturno di immissione dati, il taglia e cuci, da attività fatta con
forbici e colla, divenne lo schiacciare le
due icone corrispondenti, simboleggianti
i medesimi strumenti, di un programma
di calcolatore.
IL NUOVO CHE AVANZA
A quel punto si verificò una frattura, non
solo nella “redazione”, ma anche da una
parte tra i produttori dell’informazione e
dall’altra nel mondo dei lettori della rivista. Le novità incalzavano. Ormai sia la
fase di stesura dei contributi per la rivista,
sia quella di impaginazione erano completamente virtuali, prive di medium cartaceo. La rivista di carta appariva solo
come estremo prodotto, conforto tattile di
contenuti che ormai viaggiavano mediante altri veicoli. Non tutti accettarono e
accettano questa situazione. Il contrasto
fra chi si è lasciato attrarre dal nuovo e chi
resiste è presente, ma non ci sono posizioni irremovibili. I primi sono coscienti
La fase di transizione (mai questa parola
è stata utilizzata in maniera più adeguata) che stiamo attraversando su questo
versante spinge ad adottare un atteggiamento prudente, ma anche deciso.
Impellenti esigenze di bilancio, costi
sempre più contenuti delle risorse di
rete, scelte di politica editoriale nel
campo della divulgazione del sapere
scientifico, che non vogliamo definire
ideologiche, ma che segnano una nuova
frontiera nel concetto di democrazia
telematica, tutto questo ci fa ritenere non
rinviabile la costruzione di una rivista in
rete. Per il momento e fintanto che le
finanze ce lo permetteranno continueremo anche a pubblicare il Bollettino cartaceo sfruttando per la costruzione di
quest’ultimo le tecniche attualmente
disponibili. Ma per chi vorrà, i contenuti della versione cartacea saranno disponibili anche nel nostro sito societario,
dove garantiremo anche la possibilità di
ricerche testuali nell’archivio degli articoli e altri servizi collaterali (e-mail di
allerta per l’uscita di nuovi numeri,
forum in tempo reale di discussione sui
contenuti degli articoli proposti, ecc.).
Nel far ciò abbiamo sempre come bussola di orientamento il servizio ai nostri
lettori, che ci auguriamo sempre più
ricco e adeguato alle loro esigenze. Valuteremo anche attraverso i segni che da
parte loro ci giungeranno gli esiti di questa scommessa. L’indirizzo ormai lo
conoscete ed è molto facile da ricordare:
www.snop.it
7
OPINIONI
logia e la Psicologia del lavoro; di nuovo
polidisciplinarietà a partire da specifiche
competenze che sanno, possono e devono collaborare.
Al riguardo è indiscutibile che la formazione dello specialista di Medicina del
lavoro sia l’unica corrispondente alle
necessità di cognizioni professionali previste dal profilo professionale di Medico
Competente per la modalità di attuazione della direttiva quadro europea.
Di converso risulta del tutto insufficiente il curriculum formativo dei Medici
Igienisti e dei Medici Legali, ampiamente dichiarato a commento del decreto
402 e l’art1-bis dalle stesse Associazioni
rappresentative.
ARTICOLO 1-BIS DEL DECRETO 402 DEL 21-12-01
COMUNICATO DELL’ UFFICIO
DI PRESIDENZA SNOP
La Snop quale Società Nazionale degli
Operatori della Prevenzione
• stigmatizza l’approvazione dell’art
1-bis del decreto 402 del 21-12-01 relativo all’approvazione delle specialità di
Igiene e di Medicina Legale quali altre
specialità abilitanti all’esercizio della
funzione di Medico Competente;
• ritiene deprecabile che tale provvedimento sia stato assunto senza un dibattito coerente sugli obblighi del nostro
Paese di approvazione delle direttive
comunitarie in materia di sicurezza e
igiene del lavoro anche a fronte di un
parere contrario del comitato di legislazione e mentre pende la necessità di
adeguare il decreto legislativo 626 alla
Sentenza della Corte Europea (Quinta
Sezione) 15 novembre 2001 di condanna
dell’Italia proprio in materia di servizi
alle imprese per la prevenzione.
La SNOP si sente rappresentata dalla
sottoscrizione fatta dal Presidente della
Consulta Interassociativa per la Prevenzione del documento-esposto (cui per
molti aspetti si rimanda) firmato a Roma
il 4.1.2002 da varie Società scientifiche
e Associazioni professionali e inviato al
8
Presidente del Consiglio, al Ministro del
Lavoro e delle Politiche sociali ed al
Ministro per la Salute.
La SNOP chiede quindi l’abolizione dell’art 1-bis auspicando un nuovo e più
ampio provvedimento di modifica del
decreto 626 a seguito della riformulazione che s’impone dopo la citata Sentenza
della Corte europea.
La SNOP ribadisce la necessità di polidisciplinarietà delle azioni di prevenzione.
La polidisciplinarietà è costitutiva dello
stesso Statuto della nostra associazione.
Specificità e rigore delle competenze e
dei saperi posseduti sono aspetti fondanti e costitutivi della stessa azione preventiva polidisciplinare. La collaborazione interprofessionale non è annacquamento ma al contrario arricchimento e
contaminazione di saperi, a partire da
ogni competenza che abbia radici formative accreditate specifiche.
Nel settore della prevenzione nei luoghi
di lavoro anche con il confronto delle
associazioni europee costituenti il Cpe –
Comitato Permanente Europeo – sono
state individuate ulteriori necessità di
competenze professionali quali la Socio-
Riteniamo tra l’altro necessario il
coinvolgimento dei Medici Competenti
nell’attività di valutazione dei rischi,
con la formalizzazione normativa della
necessità del loro parere sul documento ex-art. 4/626 e ciò evidenzia ancor
più la necessità di preparazione professionale specifica di tale figura.
La SNOP in questi anni ha individuato e
proposto le opportune e necessarie collaborazioni di competenze per attività di
prevenzione trasversali nella tutela della
salute nei luoghi di vita e di lavoro, per
quanto riguarda i sistemi pubblici di prevenzione, con il settore epidemiologico,
ambientale e non, e con i tecnici aventi
competenze in materia di tutela dell’ambiente e della collettività.
Per il settore della prevenzione nei luoghi di lavoro, a partire dalle necessarie
diverse specificità formative per le figure della rete aziendale della prevenzione,
SNOP, con le associazioni costitutive
della C.I.I.P., ha posto l’accento sulla
fondamentale importanza della formazione ai fini della prevenzione, lanciando - anche in collaborazione con organismi parlamentari - l’iniziativa di un progetto di rinnovamento formativo e di
accreditamento di tutte le figure coinvolte: medici del lavoro, tecnici di prevenzione, responsabili di SPP, ergonomi.
È oltremodo grave che le modalità costitutive dei servizi alle imprese, tra cui
quello del Medico Competente, siano da
parte della Commissione Europea oggetto di critica al nostro paese e che sia stato
invece adottato un provvedimento quale
quello dell’art 1 bis del decreto 402 del
21.12.2001.
Tutto ciò è tra l’altro accaduto in un contesto in cui:
• sono allo studio per direttive specifiche
addirittura accentuazioni rigoristiche
(quale l’ipotizzato esame finale per i
partecipanti ai corsi di formazione per
Coordinatori alla sicurezza nei cantieri e
le verifiche a distanza delle esperienze
formative e professionali);
• la formazione permanente e l’ECM
sono divenuti per i sanitari un obbligo di
legge quale tassello fondamentale per
l’accreditamento e la qualità.
La SNOP, nel chiedere l’abolizione di
quanto previsto dall’art.1-bis, invita a
rinnovati impegno e unità d’intenti per la
qualità del sistema di prevenzione nei
luoghi di lavoro.
In questa prospettiva si propone a tutti i
soggetti interessati di attivare confronto,
discussione ed iniziative che al di là
degli adempimenti formali permettano
di portare all’attenzione di operatori ed
utenti la vera questione ed il principale
obiettivo in tema di tutela della salute
collettiva, ossia la qualità e l’efficacia
delle attività di prevenzione sia nei luoghi di lavoro sia in quelli di vita.
14 gennaio 2002
per l’Ufficio di presidenza
il presidente
dott. Luigi Salizzato
ARTICOLO 1-BIS DEL DECRETO 402 DEL 21-12-01
CRONOLOGIA
DI UN PROVVEDIMENTO
LEGISLATIVO
di Domenico Taddeo
Il 21 dicembre 2001 il Senato della
Repubblica ha approvato il disegno di
legge n° 824B, di iniziativa del Governo: conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge del 12 novembre
2001 n° 402, recante disposizioni urgenti in materia di personale sanitario (infermieristico).
Il Decreto Legge 402/2001 del
12/11/2001 è stato definitivamente
approvato il 21/12 alle 15 dalla Commisione Sanità del Senato, con l’articolo 1bis che definisce medici “competenti”
anche gli specialisti “in igiene e medicina preventiva o in medicina legale e
delle assicurazioni”. Viene tecnicamente
modificato in tal senso l’articolo 2
comma 1 lettra d) del D. Lgs 626/94.
L’articolo 1 bis, non presente nel DL originario del Governo (formulato il 12/11)
è stato aggiunto come emendamento alla
Camera il 19/12. Il decreto è diventato in
Gazzetta Ufficiale la legge n.1 del 2002.
Il Comitato per la Legislazione aveva
espresso parere contrario.
Il 21 Dicembre era l’ultimo giorno utile
per convertire in legge il decreto, pena la
sua decadenza in toto. L’opposizione si è
astenuta salvo poi tentare l’approvazione
di un ordine del giorno per impegnare a
una successiva modifica–odg non accettato dalla maggioranza.
La cronaca successiva ha visto due
manifestazioni di specialisti e specializzandi di medicina del lavoro di fronte al
parlamento il 28 Dicembre 2001 e l’11
gennaio 2002. Il 4 Gennaio si è svolta
una riunione delle Società e Associazioni di Medicina del Lavoro. I primi
segnali dalla stampa sulla notizia si sono
avuti sui quotidiani Il Sole 24 ore e Il
Manifesto.
Il 14 gennaio, durante un’ulteriore riu-
nione delle associazioni di Medicina del
Lavoro, come SNOP abbiamo espresso
la nostra valutazione con il documento
della Presidenza (vedi in questo bollettino) suscitando molto interesse e varie
reazioni delle quali la corrispondenza tra
Salizzato e Briziarelli (vedi pag. 11) è
testimonianza.
La nostra posizione ha riscosso interesse
anche da parte dei sindacati: proprio con
gli interlocutori sociali abbiamo ritenuto
necessario aprire un confronto sui contenuti di una opposizione a questa norma
che deve essere finalizzata a tutelare al
meglio la salute dei lavoratori uscendo
dagli angusti orizzonti di una difesa di
categoria, anche giusta ma fatalmente
venata di corporativismo.
Il portale www.medicocompetente.it in
questa fase ha svolto un ruolo essenziale
di collegamento fra le diverse iniziative
e i diversi soggetti in campo, sorta di
arena virtuale, nella quale si sono espresse le opinioni anche di operatori dei servizi e si è svolto un confronto su tutti gli
aspetti delle funzioni e delle relazioni
del medico competente.
In questo senso la vicenda del decreto è
una esemplificazione concreta delle prospettive che si aprono nel mondo dell’informazione e sulle quali come SNOP
abbiamo avviato un’attenta riflessione a
cui rimandiamo sulle pagine di questo
numero del bollettino.
Il dibattito fra le diverse organizzazioni
professionali, le posizioni del sindacato
che riteniamo di aver contribuito a elaborare, ci hanno convinto dell’utilità di partecipare all’ulteriore incontro del 5 febbraio con le associazioni dell’area della
Medicina del lavoro e di aderire ad una
posizione congiunta nella quale l’abrogazione della norma contestata viene
richiesta contestualmente all’enfasi da
porre sulle attività di formazione conti-
9
nua, accreditamento e qualità della prestazione come elementi decisivi nel giustificare l’adozione di un tale atteggiamento.
La competenza da formazione adeguata e
quindi la Specializzazione sono un requisito di base per affrontare il discorso su
quale medico aziendale vogliamo, ma da
un medico competente cosa vogliamo?
COMPLETA adesione e soddisfazione
degli obblighi previsti dal 626:
• funzioni valutative del rischio
• comunicative verso i soggetti della
prevenzione, in primis RLs e Lavoratori
• accertative dello stato di salute a fini
di prevenzione e di constatazione di
eventuali danni alla salute.
L’esperienza degli organi di controllo
porta a rilevare troppo spesso l’assenza
del M.C. al momento della valutazione
del rischio, la scarsa capacità/volontà di
comunicare con i lavoratori, la impropria delega ad altri delle denunce di
malattie professionali.
Riguardo alle malattie professionali, i
Servizi delle ASL che lavorano alla ricerca attiva delle MP, anche con i medici di
base e o ospedalieri ne trovano numerose: il trend in forte calo delle MP dei dati
Inail è posto in dubbio da questi dati sia
pur parziali. Paradossalmente la scarsa
attitudine alla denuncia della patologia
professionale da parte dei Medici competenti potrebbe ritorcesi contro di essi se ci
si limitasse a considerare solamente i dati
di fonte assicurativa.
Completa Indipendenza Economica: è
grave l’assenza di tariffari minimi sia
per singola prestazione che per quota
forfettaria mentre esempio mutuabile
sarebbe quella dei medici radio-protezionisti che prevedono una quota di base
per le funzioni anche esterne alle visite
mediche.
Lottare contro il “prestanomismo”
(medici competenti che firmano atti
sanitari svolti da medici che competenti
ancora non sono...).
Impegnarsi per modificare il 303/56 sulla
obbligatorietà delle visite mediche sganciate da una valutazione del rischio e conseguente decisione di monitoraggio sanitario da parte del medico competente.
Sull’indipendenza economica oltre al
problema tariffario esiste il problema
rapporto diretto con i datori di Lavoro
che può minare l’indipendenza con il
ricatto economico occupazionale.
Il futuro ci deve vedere impegnati nella
modifica del dlgs 626 a seguito della
condanna in sede europea dell’Italia sui
servizi di prevenzione alle imprese che
corregga le distorsioni attuali, innesti la
funzione di medico competente nel contesto dei servizi alle imprese e consenta
di rendere trasparenti presenze di più
medici nei casi di grosse aziende (e solo
10
per quelle) con elevato numero di dipendenti senza i fenomeni di sopra segnalati.
Altro impegno deve esserci sul ruolo dei
sistemi pubblici di controllo e / o regolatori nell’accreditamento dei servizi alle
imprese e nel garantire l’indipendenza
economico culturale che è condizionata
da rapporto diretto del medico competente con le imprese.
Affrontiamo questa questione con il
patrimonio della nuova SNOP
• che guarda tutto il sistema di prevenzione e considera un problema di salute
pubblica le carenze del sistema di prevenzione nelle aziende e una non adeguata tutela del cittadino lavoratore,
• che si batte per una medicina e una
prevenzione basata sull’evidenza a partire dalle competenze e dai rapporti polidisciplinari,
• che contribuisce a diffondere la consapevolezza della necessità di eliminare
le attività inutili per valorizzare quelle
utili oggi sopite o da rianimare, certo
non con la rincorsa ad occupare ruoli e
attività di altri rosicchiando qua e la.
Riteniamo inoltre che le iniziative debbano vedere anche un ruolo specifico
della CIIP consulta interassociativa per
la prevenzione in continuità con le azioni sul versante della formazione dell’accreditamento già a oggi svolte.
Infine una lettura consigliata: tra tante
pubblicazioni utili – ricordiamo le linee
guida del coordinamento delle regioni –
proponiamo il volume edito dalla Regione Toscana “Il medico Aziendale, competenze, autonomia, vincoli e prospettive.” Atti del Convegno del Marzo 2000
tenuto a Firenze. Pubblicato nel Luglio
2001 – collana Sicurezza Sociale della
Regione Toscana n.6 distribuzione gratuita. Contiene un utile confronto tra
operatori pubblici e medici competenti.
ARTICOLO 1-BIS DEL DECRETO 402 DEL 21-12-0I
UN DIBATTITO DIFFICILE
Nel diluvio di dichiarazioni, prese d’atto,
incontri, conferenze, manifestazioni
davanti al Parlamento, e quant’altro
seguite al decreto col quale il governo ha
allargato la definizione contenuta nel
D.Lgs 626/94 di “medico competente”
agli specialisti in Igiene e Medicina Legale, si stenta a mantenere il dovuto equilibrio per trattare con un minimo di serenità una materia che, nel suo merito,
appare più complessa di quanto una
norma di legge possa prevedere. Gli interventi che seguono tentano di restituire un
po’ di lucidità alla discussione, cercando
di capire le ragioni degli uni e degli altri.
Un dibattito di questo genere può essere
costituito da due fasi. Nella prima le reazioni “a caldo” spingono a irrigidire le
proprie posizioni, ma anche a renderle
più chiare e a far emergere i nodi più sentiti. In un secondo tempo può subentrare il
dialogo tra quelli dei due campi più
disposti a mettere in discussione tabù
antichi e posizioni di natura corporativa,
molto spesso alla base di vicende come
questa, per tanti versi sconcertante.
Al fondo comunque rimane l’amarezza
per una situazione di forte tensione in
seno al mondo della Prevenzione che va
ad aggiungersi, in maniera inattesa, alle
tante altre presenti tra gli operatori dei
servizi.
——- Original Message ——> From: Lamberto Briziarelli
> To: Dott. Salizzato
> Sent: Th, January 17, 2002 6:39 PM
> Subject: medico competente
ˇ
Caro Salizzato ho letto con
interesse il documento che mi ha inviato
a proposito del decr. 402 e convengo su
molte delle cose che si dicono, tradite
tuttavia da un’opzione ancora una volta
categoriale se non corporativa; infatti
mentre voi, medici del lavoro, vorreste
escludere gli Igienisti ed i Medici legali
dalla parte clinica, richiamando la specificità della vostra formazione, al contempo chiedete di allargare il vostro da
fare all’analisi dei rischi ed all’informazione/educazione sanitaria che, mi consenta, sono competenza propria degli
igienisti. Fuori gli altri dal mio orticello
(non poi tanto piccolo, visti gli affari, in
senso proprio che si realizzano in esso!)
ma noi vogliamo entrare in quello degli
altri. Alla barba della richiamata –nel
documento– polidisciplinarietà! Una
posizione più corretta sarebbe stata quella di dire: a noi, con maggiore competenza clinica, sia lasciato quanto compete al Medico competente e gli Igienisti
prendano il posto che loro spetta all’interno del Servizio di prevenzione, dove
imperano esclusivamente tecnici –spesso nemmeno tali–, senza nessun medico
con competenze igienistiche, epidemiologiche e quant’altro serve per questa
specifica funzione. Non mi venga a dire
che nella situazione attuale il Medico
competente, con competenza –salvo
pochi casi di operatori di servizi, ma non
sono incompatibili?– intervenga nell’
analisi dei rischi. Ancorché ve ne siano
di competenti, ne sono tenuti completamente fuori per i motivi che ben conosciamo, entrambi. E la parte dei documenti di cui all’art. 4 relativa ai rischi è
per lo più una fotocopia simile a mille
altre –specie nelle piccole e medie
imprese– fatta da non meglio identificati esperti, consulenti del lavoro, agenzie
sorte per l’occasione, con assai pochi
controlli da parte di chi di dovere. È vero
o no? può smentirmi, se non per qualche
rara eccezione? Vorrà scusare il tono un
po’ accalorato ma ancora una volta
abbiamo perso, noi e voi, una buona
occasione per fare qualcosa per la prevenzione, quella vera! Tanto più che la
recente condanna dell’Unione Europea
stigmatizza proprio l’aspetto relativo al
servizio di prevenzione, nel senso che
dico io: poco chiaro, senza tecnici qualificati. All’interno della Siti ho sostenuto
la posizione che ho qui espresso: rivendichiamo per gli igienisti il posto che
loro spetta nel servizio di prevenzione,
senza fare concorrenza ai medici del
lavoro, tanto più che c’é posto per tutti.
Ma non sono stato ascoltato. Sono tuttavia ancor più amareggiato nel vedere
che anche altri, che credevo pensassero
come me o almeno non troppo distantemente, sono sempre fermi sul versante
categorial-corporativo. Peccato. Un cordiale saluto
> From: “Dott. Salizzato
> To: “Lamberto Briziarelli” <
> Sent: Fri, January 18, 2002 1:18 PM
> Subject: Re: medico competente
ˇ
Caro prof. Briziarelli, non Le
sembra che quel “voi” e “noi”, riferito ai
medici del lavoro ed agli igienisti, che Lei
usa in modo cosi’ “normale” nella Sua email, sia in qualche modo rappresentativo
dei problemi che rendono molto difficile
ancora oggi lavorare con spirito multidisciplinare? Mi riferisco naturalmente a
tutti gli ambiti del nostro lavoro sia quello dei Servizi territoriali, che naturalmente conosco meglio, sia quello universitario che ha la responsabilità di fornire la
formazione iniziale ai professionisti, e, se
dappertutto è diffuso questo modo di esasperare lo specialismo come sinonimo di
diversità e di merito piuttosto che valorizzarlo come arricchimento per le relazioni
professionali e sociali, non mi meraviglio
che, nonostante la SNOP si sia caratterizzata in questi ultimi anni come Società
scientifica di tutti gli operatori della Prevenzione, nonostante io che la presiedo
sia un medico igienista, oltre che direttore di un Dipartimento di Sanità Pubblica,
nella Sua nota Lei si soffermi su aspetti
di difesa del territorio, relativamente alle
diverse competenze disciplinari, e non
colga piuttosto il senso generale di ciò
che la SNOP ha voluto dire. La parte rilevante della nota di commento sulla
vicenda del medico competente infatti è
quella che sottolinea e propone le questioni della democrazia partecipata, della
coerenza con gli accordi comunitari,
della polidisciplinarietà, del sapere e
della competenza, dell’accreditamento e
quindi della qualità e dell’efficacia delle
attività di prevenzione nei luoghi di lavoro e di vita. Se, come Lei dice, ha letto
con interesse il documento e conviene su
molte cose che si dicono, non Le sembra
di avere abusato nel suo commento nell’utilizzo del termine “corporativo”? Se
lo lasci chiedere da un igienista che ha
scelto di stare in campo con la squadra
della Prevenzione, ritenendo quella degli
Igienisti una formazione troppo limitata
per svolgere il gioco da me preferito. Cordiali saluti
Lamberto Briziarelli
Luigi Salizzato
11
IL RECEPIMENTO
DELLA DIRETTIVA 24/98
SUL RISCHIO CHIMICO
NEI LUOGHI DI LAVORO
g) metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la
sicurezza nella manipolazione, nell'immagazzinamento e nel trasporto sul
luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonché dei rifiuti che contengono
detti agenti chimici.
non scattano gli obblighi relativi a:
misure specifiche di prevenzione
provvedimenti per situazioni di incidenti
o emergenze
informazione e formazione dei lavoratori
sorveglianza sanitaria
3) In un terzo caso nelle situazioni
oltre il rischio moderato si impongono
l’adozione di
Con decreto legislativo n. 25 sul S.O.
della GU del 8 Marzo 2002, n. 53 è stata
recepita la Direttiva 24/98 sul rischio
chimico nei luoghi di lavoro.
Di fatto il decreto Legislativo 626 viene
integrato con un Titolo VII Bis e viene
completato il sistema delle Direttive
Europee fondamentali per la protezione
della salute nei Luoghi di Lavoro.
CAMPO DI APPLICAZIONE
Tutti i luoghi di lavoro e tutti gli agenti
chimici e preparati e sostanze esclusequelle radiogene ed escluse altresì quelle sostanze cancerogene che hanno specifica normazione e le attività di ricerca
e studio.
VENGONO INTRODOTTI:
• l’obbligo di valutazione preventiva e
suo aggiornamento, per modifiche e
innovazioni produttive eventuali nei
luoghi di lavoro
• il concetto di VALORI LIMITE DI
ESPOSIZIONE e VALORI LIMITE
BIOLOGICI
• il raccordo con le normative relative
alle etichettature
• la valutazione del rischio come premessa ad azioni di eventuale riduzione
del rischio .
• il superamento della logica del DPR
303 che di fatto non gerarchizzava per
tipologia quanti-qualitativa il rischio
chimico.
Le azioni da intraprendere a seguito
della valutazione hanno uno spartiacque
nella definizione di rischio moderato:
1) un primo caso prevede la giustificazione per non dover intraprendere
azioni di alcun tipo per tipologie di
sostanze e di produzioni;
12
2) in un secondo caso, per le situazioni di rischio moderato, risultante
dalla valutazione e dalle seguenti misure:
a) progettazione e organizzazione dei
sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro;
b) fornitura di attrezzature idonee per
il lavoro specifico e relative procedure di
manutenzione adeguate;
c) riduzione al minimo del numero di
lavoratori che sono o potrebbero essere
esposti;
d) riduzione al minimo della durata e
dell'intensità dell'esposizione;
e) misure igieniche adeguate;
f) riduzione al minimo della quantità di
agenti presenti sul luogo di lavoro in funzione delle necessità della lavorazione;
• misure specifiche di prevenzione
a) progettazione di appropriati processi
lavorativi e controlli tecnici, nonche' uso
di attrezzature e materiali adeguati;
b) appropriate misure organizzative e
di protezione collettive alla fonte del
rischio;
c) misure di protezione individuali,
compresi i dispositivi di protezione individuali, qualora non si riesca a prevenire
con altri mezzi l'esposizione;
d) sorveglianza sanitaria dei lavoratori
a norma degli articoli 60-decies e 60undecies
e l’adozione di:
• provvedimenti per situazioni
di incidenti o emergenze
• informazione e formazione
dei lavoratori
• sorveglianza sanitaria
4) le condizioni in cui viene superato il TLV obbligano alla segnalazione
all’organo di controllo.
Nel sistema riemerge l’importanza e la
necessità delle discipline di Igiene Industriale.
Anche le ASL sono quindi coinvolte in
una ripresa delle azioni e della cultura
dell’Igiene Industriale nella gestione
delle emergenze rispetto a quanto già
previsto dal 626 .
Viene gerarchizzata per tipologia quantitativa e qualitativa la necessità della sorveglianza sanitaria, che resta comunque
attività più ampia della mera esecuzione
degli accertamenti sanitari oltre la tabella del DPR 303, abolita per le sostanze
chimiche.
Gli accertamenti sanitari possono essere :
• preventivi;
• periodici, con autonoma determinazione del Medico competente salvo
diversa specifica determinazione a sua
volta espressa dall’organo di vigilanza;
• finali alla cessazione del rapporto di
lavoro.
Come per tutti i recepimenti di direttive
nel nostro Paese, esistono delle ambiguità e delle precisazioni da avere successivamente:
il concetto di rischio moderato e il rapporto con il TLV,
la attività di un comitato tecnico politico
misto per i TLV, con le Regioni.
La fase transitoria è demandata al rapporto tra le parti sociali per la definizione di rischio moderato, fase che, in
assenza di accordo, demanda al datore di
lavoro la definizione stessa.
Sulla sorveglianza sanitaria potrà esistere il paradosso di non obbligo per il
rischio chimico ma obbligo per altri
rischi ex 303 (per la parte non abrogata e
per i nuovi rischi sotto normazione 626).
Restano tra l’altro da chiarire:
• i rapporti con gli aspetti assicurativi
(INAIL) a partire dalla tipologia qualiquantitativa del rischio
• le conseguenze per gli aspetti autorizzativi alle attività (per l’obbligo preventivo alla valutazione del rischio chimico
e non come per la restante normazione
626 entro 90 giorni dall’inizio dell’attività stessa).
Data l'importanza di questo decreto torneremo presto sull'argomento con giudizi ponderati sui suoi vari aspetti sia sulle
pagine del Bollettino, sia sul sito SNOP.
DOSSIER
ANCORA UN'IMPORTANTE SVOLTA
NEGLI STRUMENTI A DISPOSIZIONE PER LA TUTELA
DELLA SALUTE NEI LUOGHI DI LAVORO
EFFICACIA
NELLA PREVENZIONE
IL CONVEGNO
DI FIRENZE
INTRODUZIONE
Di seguito troverete il testo di due relazioni presentate al convegno svoltosi a
Firenze lo scorso 7 novembre dedicato
alla EBP, la prevenzione basata sulle
prove di efficacia. Si tratta degli interventi del dr. Peter Briss e del dr. Luigi Salizzato, presidente SNOP. Il dr. Briss lavora
presso i CDC di Atlanta ed è uno dei
responsabili del progetto “The Community Guide” dedicato alla valutazione dei
programmi di sanità pubblica negli Stati
Uniti. Attraverso le sue parole (tradotte
da Sarah Bernhard) è possibile farsi un’idea più chiara dei presupposti e delle
caratteristiche di quell’iniziativa che
viene considerata come punto di riferimento indispensabile un po’ in tutto il
mondo. Il nostro presidente, invece, tenta
di introdurre nel dibattito sulla EBP alcu-
ni elementi di “realismo”, legati alla
conoscenza degli “umori” e delle aspettative che gli operatori della prevenzione
hanno nei confronti di questo tema.
Tutti i materiali del convegno (relazioni,
materiali divulgativi, demo di presentazioni, ecc.) possono essere reperiti nel
sito SNOP http://www.snop.it
13
EFFICACIA NELLA PREVENZIONE
GUIDA AI SERVIZI
DI PREVENZIONE DELLA
COMMUNITY GUIDE
Peter A. Briss
CDC Atlanta
1. ELEMENTI DI BASE
DELLA COMMUNITY GUIDE
Revisione sistematica della letteratura da
parte di:
• ricercatori, metodologi e medici
Raccomandazioni evidence-based
• basate sull'evidenza e sviluppate da
una task force imparziale, indipendente
e non federale
2.A CHI CI RIVOLGIAMO?
A coloro che progettano, finanziano o
implementano servizi sanitari pubblici e
piani d'azione per i sistemi di comunità e
di assistenza sanitaria
• Dipartimenti sanitari
• Sistemi sanitari
• Acquirenti di servizi sanitari
• Autorità di Governo
• Organizzazioni della società civile
3. COSA VIENE REVISIONATO
NELLA COMMUNITY GUIDE
Comportamenti a rischio
Uso di tabacco *
Abuso/Uso errato di alcol
Abuso di altre sostanze
Cattiva nutrizione
Attività fisica inadeguata *
Comportamenti sessuali insalubri
La sezione finale riguarda le questioni
ambientali. Per il primo volume della
Community Guide la Task Force sta
revisionando gli interventi che influenzano l'ambiente socioculturale, quali gli
interventi formativi e abitativi.
4. GLI INTERVENTI SULLA SALUTE
PUBBLICA SONO IMPORTANTI
Nel XX secolo l'aspettativa di vita è
aumentata di circa 30 anni nei paesi
industrializzati.
Solo circa 5 anni di tale aumento sono da
ricondurre ai "servizi preventivi" ed
all'assistenza sanitaria.
Parte dei rimanenti 25 anni sono attribuibili agli interventi di Sanità Pubblica.
Pertanto porre l'attenzione su altre questioni quali il comportamento e l'ambiente risulta essere una opportunità stimolante per trovare i percorsi più efficaci per la promozione della salute.
Exposure
to ETS
Population
Initiation
Tobaco
dependence
Morbidity &
Mortality
* Attualmente già disponibili
Le revisioni della Community Guide
sono suddivise in 3 sezioni. La prima modifica dei comportamenti a rischio per
la salute - include capitoli sull'uso del
tabacco, sull'abuso di alcol, ecc.
La seconda sezione riguarda le condizioni
specifiche ed include i capitoli sulle malattie vaccino-prevenibili, sugli infortuni in
occupanti di autoveicoli, diabete, ecc.
10.TROVARE EVIDENZA
RILEVANTE È DIFFICILE
• I database medici e le parole chiave
sono tipicamente inadeguati per trovare
efficientemente studi di intervento
• I registri di studi usualmente non sono
disponibili
• Ciò richiede
- ricerche di database
- revisioni bibliografiche
- consultazioni di esperti
11.VALUTAZIONE
DELLA QUALITÀ
5. LE REVISIONI SISTEMATICHE
DEGLI INTERVENTI DI SANITÀ
PUBBLICA SONO UTILI
per aiutare ad identificare interventi di
Sanità Pubblica efficaci ed efficienti.
• Metodi sviluppati per la prima volta
dagli studiosi di scienze sociali (per es.:
Glass, 76)
• Ricavare e riassumere ampi e diverse
prove di evidenza
• Ridurre errori e pregiudizi nell'interpretazione
• Rendere espliciti certi assunti
6. LE REVISIONI SISTEMATICHE
NON SONO
• Limitate a trials randomizzati controllati, ma può essere inclusa una varietà di
disegni sperimentali
• Limitate ad interventi sulla sanità
• Sono state applicate ad aree diverse
quali la pubblicità, la formazione e la
zoologia
• Ristrette ad un “modello biomedico” di
salute
Questi dati sono riportati in maniera dettagliata nel supplemento del gennaio
2000 dello American Journal of Preventive Medicine.
14
Strategies
to reduce
exposure to
ETS
Pensiamo che questo tipo di cauta ed
attenta combinazione di studi simili ma
non identifici aiuti a rappresentare completamente il costrutto dell'intervento,
forse aumenta la validità esterna e l'utilità delle raccomandazioni per i nostri
interlocutori ed identifica filoni comuni
tra gli interventi efficaci.
L'Ambiente
Problemi socioculturali *
7. LE REVISIONI SISTEMATICHE
DI INTERVENTI DI SANITÀ PUBBLICA
SONO STIMOLANTI
Per molti aspetti sono piú stimolanti che
non le revisioni di trial clinici come
quelli che vengono effettuati generalmente in maniera corretta da gruppi
quali Cochrane Collaboration e la Preventive Services US Task Force.
Condizioni specifiche
Malattie prevedibili derivanti
da vaccinazioni *
Outcome di gravidanza
Violenza
Incidenti stradali *
Depressione
Cancro
Diabete *
Igiene orale *
8. UN APPROCCIO CONCETTUALE
ALL’USO DEL TABACCO.
PREVENZIONE E CONTROLLO
Strategies
to reduce
initiation
La prima e peculiare sfida degli interventi di sanità pubblica coinvolge la
complessità di organizzare in maniera
sensata un ampio numero di interventi
differenziati e complessi.
Strategies
to increase
cessation
9. DUE INTERVENTI
DI COMUNITÀ NON SONO MAI
IDENTICI
La successiva difficoltà è che mai due
interventi di comunità sono identici
Il nostro gruppo tende ad usare "modelli
logici" per identificare outcome importanti, percorsi possibili in cui intervenire
per migliorare tali outcome, aiutare a
stabilire delle priorità per coloro che eseguono la revisione e a sviluppare specifici quesiti di ricerca ai quali speriamo
di rispondere con le revisioni.
Informazioni attentamente combinate
circa interventi correlati ma non identici
aiutano a:
• A rappresentare pienamente il costrutto
concettuale dell'intervento
• Migliorare la validità esterna e l'utilità
• Identificare filoni comuni di interventi
efficaci
Nello schema in diapositiva c'è l'approccio concettuale che è stato sviluppato per
il nostro capitolo sulla prevenzione dell'uso di tabacco. Le aree di priorità per
gli interventi atti a ridurre la morbilità e
mortalità che risulta dall'uso e dall'esposizione al tabacco sono:
Per rispondere a questa variabilità negli
interventi, la Task Force spesso deve
fare degli attenti riassunti dei risultati di
interventi simili ma non identifici al fine
di trarne le necessarie conclusioni. Per
esempio, nel capitolo relativo alla prevenzione di infortuni per gli occupanti di
autoveicoli abbiamo preso in considerazione interventi che fornissero alle famiglie sedili di sicurezza per i bambini. Gli
interventi specifici sono stati forniti in
molti modi: tramite prestito, attraverso
affitti economici o attraverso programmi
di donazioni. Al fine di valutare l‘efficacia dell‘intervento è stato necessario
combinare questi diversi meccanismi di
fornitura di sedili di sicurezza per bambini e testare se le differenze nel metodo
di consegna abbiano portato a dei risultati differenti.
Interventi per ridurre l'iniziazione all'uso
del tabacco (adolescenti)
Interventi per aumentare la cessazione
dell'uso di tabacco (adulti)
Interventi per ridurre l'esposizione al
fumo di tabacco nell'ambiente
Questo approccio concettuale si concentra sui fattori di rischio all'interno della
popolazione per l'uso futuro di tabacco,
la dipendenza all'uso dello stesso e per
l'esposizione al fumo nell'ambiente.
Una volta fatta la nostra ricerca sistematica, ci occupiamo della valutazione
della qualità.
Per rendere massima la validità interna ed
esterna di un insieme di evidenze la Community Guide tende ad usare risultati
complementari provenienti da un gruppo
di studi invece che cercare di trovare un
numero limitato di studi "ottimi".
12. ESPANDERSI OLTRE
I TRIAL RANDOMIZZATI
CONTROLLATI
Una consequenza di questo approccio
omnicomprensivo al disegno dello studio è la tendenza ad usare i risultati sia di
trial randomizzati che di altri interventi
valutativi nelle nostre sintesi.
Il trial randomizzato individuale è molto
utile nella ricerca clinica per controllare
i confondenti misurati e non misurati e
per semplificare il processo di inferenza
casuale.
Comunque,
per gli interventi di comunità il RCT è talvolta non etica o non praticabile, non può
di per sé controllare i confondenti e può
avere importanti riflessi sulla validità
interna (per es, la contaminazione) o la
validità esterna (per es, informazioni ottenute da volontari in situazioni di ricerca
altamente controllate non possono tradursi bene in altri ambienti e popolazioni).
Per queste ragioni pensiamo che usare
una gamma di disegni, ognuno con la
propria forza e le proprie limitazioni, trasmette maggior fiducia nella validità ed
applicabilità dei risultati di quelli che
sarebbero stati possibili con un approccio più ristretto al disegno.
15
13. COME VALUTA LA TASK FORCE
L'IDONEITÀ DEL DISEGNO
DELLO STUDIO?
• Al massimo
– Disegno Prospettico con gruppo di confronto concomitante
• Moderatamente
– Misurazioni multiple "prima-dopo",
ma senza gruppo di confronto
– Disegno Retrospettivo
• Al minimo
– Gruppo singolo "prima-dopo"
– Cross-sectional
La Task Force richiede, per valutare l'efficacia, che i disegni dello studio adottati
includano comunque un qualche tipo di
confronto concorrenti o "prima-dopo". Gli
studi vengono successivamente valutati a
seconda del disegno, in 3 gruppi:
– studi con la maggior possibilità per la
valutazione dell'efficacia di un intervento:
quelli prospettici con gruppi di comparazione concorrente quali gli esperimenti
randomizzati e non randomizzati o studi di
coorti prospettiche;
– studi con moderata possibilità di valutazione della efficacia includono quelli con
misurazioni multiple nel tempo ma non
gruppi di paragone concorrenti o gli studi
retrospettivi;
– studi che includono solo misurazioni singole prima e dopo l'intervento oppure gli
studi cross-sectional sono considerati quelli di minore utilità ma sono comunque
inclusi nelle nostre revisioni. Il disegno
dello studio è importante ma non è l'unico
aspetto che è necessario venga valutato. La
Task Force inoltre valuta come sia stato
eseguito lo studio sulla base del disegno
scelto.
Evidence of Quality of
Effectiveness execution
Design
Suitability
STRONG
Good
14. COME VALUTA LA TASK FORCE
LA QUALITÀ DI ESECUZIONE?
Ogni studio è valutato sulla base di 6
categorie di possibili problemi di validità.
• Descrizioni degli interventi e della popolazione dello studio
• Campionamento
• Misurazione della esposizione e degli
outcome
• Analisi dei dati
• Interpretazione dei risultati
– Follow up
– Confondenti
–Altri bias
• Altre questioni
Le nostre considerazioni sul disegno
dello studio e sull'esecuzione ci permettono di includere flessibilmente nella
nostra sintesi molti tipi di studi.
Ci permettono inoltre di attribuire a uno
studio osservazionale ben condotto maggior peso rispetto a uno studio randomizzato condotto malamente.
15. POSSIBILITÀ DI
SINTETIZZARE I RISULTATI
(O NO)
Dopo aver identificato gli studi disponibili e valutato la loro qualità, consideriamo la sintesi dei risultati.
• Nessuna combinazione
• Riassunto narrativo
• Riassunto quantitativo semplice
• Meta-analisi formale
La sintesi dei risultati attraverso diversi
disegni di studio è stimolante. Abbiamo
Number
of studies
Consistent
Greatest
>2
YES
Sufficient
Good
Greatest
or Moderate
>5
YES
Sufficient
Good or Fair
Greatest
>5
YES
Sufficient
Large
Meet Criteria for sufficient evidence
SUFFICIENT
Good
Greatest
Good or fair
Greatest or
moderate
>3
Greatest,
Moderate or
Least
>5
Good or fair
INSUFFICIENT Insufficient
Insufficient
16
Effect
size
1
Too few
--
Sufficient
YES
Sufficient
YES
Sufficient
NO
Small
adottato 4 strategie generali sulla base
delle quali si fanno delle scelte basate
sui ciò che i dati disponibili supportano
e sulle nostre necessità di precisione al
fine di formulare raccomandazioni.
Ciò include:
• non combinabilità dei risultati (per es,
se gli studi sono troppo limitati o gli
interventi o gli outcome sono troppo
diversi per permettere combinazioni
significative),
• riassunti narrativi (per esempio, tutti
gli studi hanno mostratto risultati positivi da un punto di vista statistico ma
diverse misure di effetti hanno precluso
la combinazione statistica),
• sintesi di tipo quantitativo semplice
(come per esempio la mediana e il range
delle misure di effetto),
• meta-analisi formale.
16. COME FA LA TASK FORCE A
TRARRE UNA CONCLUSIONE
GENERALE CIRCA L'INSIEME
DELL'EVIDENZA?
• Numero degli studi: più studi hanno
maggiori possibilità di portare a una
conclusione;
• scelta del disegno di studio adatto e
qualità di esecuzione: la scelta di un
disegno adatto e una migliore qualità di
esecuzione hanno maggiori possibilità di
portare ad una conclusione;
• consistenza: la consistenza dei risultati
è necessaria per trarre conclusioni;
• ampiezza dell'effetto: la rilevazione di
un effetto più ampio ha maggior possibilità di portare ad una conclusione;
17.
L’algoritmo per trarre delle conlusioni
dettagliate è presentato nel supplemento
all'AJPM precedentemente segnalato ed
è riportato qui a sinistra.
Il punto più importante di questo algoritmo è che ci sono molte possibili sequenze per trarre conclusioni circa l'insieme
dell'evidenza.
Per esempio, sufficiente evidenza può
riflettere sia un numero relativamente
piccolo di studi molto ben disegnati ed
eseguiti o un più ampio numero di studi
con scelta meno adatta di disegno o più
limitata qualità di esecuzione.
Le raccomandazioni della Task Force
generalmente giungono in maniera diretta dalla forza dell'evidenza. Per esempio,
una forte prova di evidenza di efficacia
porta a forti raccomandazioni per l'intervento. In maniera analoga, l'evidenza
che l'intervento è inefficace porterà ad
una raccomandazione contraria all‘adozione dell'intervento.
Le eccezioni:
Attualmente abbiamo usato il sistema di
fare più di 70 raccomandazioni su aree
molto diverse della sanità pubblica e le
conclusioni che ne derivano sembrano in
generale possedere buona validità.
In salute pubblica è importante anche
tener presente aspetti diversi dall'efficacia.
Praticabilità, danni potenziali degli
interventi, rapporto costi-benefici e barriere all'implementazione dell'intervento
devono tutti essere tenuti in considerazione per comprendere in pieno gli effetti di un intervento.
vento sia adattato in maniera appropriata alla popolazione di interesse.
Questa conclusione è appropriata se c'è
una ragione concettuale per ritenere
che l'intervento sia applicabile alle
diverse popolazioni ma esiste una
dimensione dell'intervento che non si
adatta a tutti e se i dati empirici disponibili attraversano diverse differenti
popolazioni ed ambienti e se sono
ragionevolmente omogeneo. Questa
conclusione è particolarmente appropriata quando ci sono state reali esperienze di adattamento o che abbiano
assicurato una appropriatezza culturale.
20. PERICOLI
Sviluppando un approccio per la valutazione di un intervento, dobbiamo considerare un ampio spettro di potenziali
effetti positivi e negativi.
18.ALTRI ASPETTI IMPORTANTI
DELL‘INTERVENTO
• Applicabilità
• Danni potenziali
• Cost-effectiveness
• Limiti all‘implementazione
In sanità pubblica, focalizzarsi sugli
aspetti degli interventi diversi dalla
effectiveness è ugualmente importante.
L’applicabilità, i danni potenziali, l’analisi di costo efficacia e i limiti all’implementazione dell’intervento sono tutti
aspetti che devono essere capiti a fondo.
3) I risultati della revisione sono applicabili solo a popolazioni o ambienti
specificati. Una più ampia applicabilità è incerta.
Questa conclusione è appropriata se
c'è una ragione concettuale per assumere che l'intervento possa avere
effetti notevolmente differenti in
popolazioni differenti e se i dati rivisti
sono limitati a poche popolazioni o
ambienti.
21. COME SONO INCORPORATE
LE INFORMAZIONI ECONOMICHE
NELLA COMMUNITY GUIDE?
Ricerca sistematica e valutazione dell'evidenza
Riassunta e descritta
19.APPLICABILITÀ
• Ampiamente praticabile
• Ampiamente praticabile
– Presupponenendo un appropriato
adattamento
• Applicabile a popolazioni o ambienti
specificati
– una più ampia applicabilità è incerta
• Applicabile solo a popolazioni o
ambienti specificati.
4) Applicabili solo a popolazioni o
ambienti specificati.
Si può trarre questa conclusione se c'è
una forte ragione concettuale per
assumere che l'intervento è applicabile solo a popolazioni ristrette e se:
1) gli studi sono stati condotti solo in
quelle ristrette popolazioni
2) oppure i dati empirici suggeriscono
che l'intervento funziona nella popolazione/i ristretta/e ma certamente non
funziona in (alcune) altre popolazioni.
Se c'è evidenza che un intervento sia
efficace nel miglioramento almeno di
alcuni esiti, ma c'è anche evidenza che è
pericoloso per alcune popolazioni la
Task Force può essere CONTRARIA
all'intervento o raccomanderà una applicazione più ristretta di quanto avrebbe
potuto fare altrimenti.
Essendo le risorse sempre contenute, le
valutazioni economiche potrebbero aiutare ad allocare tali risorse per massimizzare i guadagni di salute. Le informazioni economiche vengono sistematicamente ricercate e valutate, successivamente riassunte per ogni intervento. A
causa di informazioni economiche molto
limitate per la maggior parte degli interventi e poiché i diversi utilizzatori hanno
prospettive molto differenti sul se e sul
come le informazioni economiche debbano essere utilizzate, la Task Force ha
deciso di non includere tali informazioni
nelle raccomandazioni. Comunque qualsiasi informazioni sia trovata viene valutata e reportata alla Community Guide.
Alla fine della revisione la Task Force
emette un giudizio su quanto ampiamente i risultati siano applicabili.
Questa conclusione è basata su una combinazioni di motivazioni concettuali e
sulla diversità delle popolazioni e degli
ambienti in cui gli interventi sono stati
empiricamente testati.
Le quattro categorie generali di conclusioni sono le seguenti:
1) I risultati della revisione paiono
applicabili in un ampio spettro di
ambienti, popolazioni o caratteristiche di intervento.
Questa conclusione è appropriata se
c'è una ragione concettuale per ritenere che l'intervento sia applicabile a
differenti popolazioni/ambienti e/o i
dati empirici disponibili siano ragionevolmente omogenei;
2) I risultati della revisione paiono
applicabili ad un ampio range di
ambienti, popolazioni o caratteristiche di intervento, premesso che l'inter-
17
22. OSTACOLI
Infine, per implementare le raccomandazioni è necessario considerare quali possono essere alcuni ostacoli. Durante la
revisione della letteratura il team identifica le informazioni circa le barriere che
compaioni nei vari studi di valutazione.
Questi vengono riassunti ed inclusi per i
lettori per poter poi servire di supporto al
momento della decisione.
ne dei dati dagli studi, usato per valutare
la qualità di esecuzione degli studi stessi. Infine la Task Force ha l'obiettivo di
sviluppare metodi che possano stimolare
i ricercatori e gli editors delle riviste
scientifiche ad aumentare la qualità degli
studi e dei report scientifici senza peraltro stabilire standard così elevati da
impedire che qualsivoglia raccomandazione possa essere formulata.
23. SE L‘EVIDENZA NON È
SUFFICIENTE NON SIGNIFICA CHE
L‘INTERVENTO NON FUNZIONA
• Un'insufficiente evidenza dovrebbe stimolare maggior esperienza/ricerca
• L'evidenza di non effetto o pericolo
dovrebbe portare alla sostituzione di
interventi maggiormente efficaci al
posto di interventi di minor efficacia
26.ALCUNE CONSIDERAZIONI
CONCLUSIVE SULLE
RACCOMANDAZIONI PER LA
SANITÀ PUBBLICA
• Revisioni e reports sistematici
• Non un libro di cucina o una soluzione
che si adatta a tutte le taglie
Una delle maggiori preoccupazioni nel
lanciare questa iniziativa era che molti
interventi importanti avrebbero avuto un
giudizio di insufficiente evidenza. C'era
la paura che una carenza di evidenza
potesse causare finanziamenti ed entusiasmo ridotti per questi interventi.
Abbiamo lavorato alacremente per distinguere chiaramente gli interventi con evidenza insufficiente circa la loro efficacia
da quelli che non funzionano. Facciamo
questa distinzione poiché le implicazioni
nel tirar le conclusioni sono differenti.
24. UNA LARGA PARTECIPAZIONE
NEL PROCESSO MIGLIORA
IL PRODOTTO
C'è un importante aspetto supplementare
del nostro processo che rende più forte il
prodotto. Un'ampia partecipazione al
processo. Le raccomandazioni in ogni
revisione sono sviluppate da un team
multidisciplinare composto da un numero di esperti del settore che può arrivare
anche a 30.
Le molteplici prospettive ed i diversi
background dei membri del team
aumentano la completezza ed accuratezza delle informazioni, riducono l'impatto
di prospettive individuali ed istituzionali
e aumentano l'utilità delle revisioni e
delle raccomandazioni
25. PERCHÉ LA TASK FORCE HA
SCELTO QUESTI METODI?
La Task Force ha scelto questi metodi
perché ci permettono di ottenere ed
usare la miglior evidenza disponibile per
prendere delle decisioni. Inoltre essi
spingono a migliore la disposibilità e la
qualità dei dati nel tempo. Questa è in
parte la motivazione per cui la Task
Force ha deciso di pubblicare i suoi
metodi incluso lo schema per l'estrazio-
18
Questi metodi sono stati delineati in
modo che la generazione di ogni raccomandazione sia esplicita. La Task Force
spera che ciò migliori l'accoglienza presso i diretti interessati delle raccomandazioni della Community Guide e che ne
incrementi il loro uso.
Comunque la Community Guide non è
un libro di cucina o una soluzione che si
adatta a tutte le situazioni critiche. Per
prendere delle decisioni deve essere
integrata con altre informazioni quali
quelle sui bisogni, i valori e le risorse a
livello locale.
Il processo sistematico di revisione ed il
modo in cui queste revisioni e raccomandazioni sono riportate aiuta l'utente
a decidere se le raccomandazioni sono
valide e prudenti dal loro punto di vista.
26.ALCUNE CONSIDERAZIONI
CONCLUSIVE SULLE
RACCOMANDAZIONI PER LA
SANITÀ PUBBLICA
• La conoscenza non è sufficiente
• Lavorare con gli operatori della prevenzione e decisori delle politiche sanitarie è importante.
Siamo fiduciosi che fornire sintesi non
distorte (unbiased), chiare e utili della
evidenza scientifica consentirà all'attività di sanità pubblica sia di aumentare
l'uso di servizi efficaci sia di stimolare la
rimozione di servizi che sono inefficaci
o pericolosi.
Capiamo comunque che la conoscenza
non è sufficiente. (per esempio, sono
stati necessari 200 anni alla Marina britannica per adottare approcci chiaramente efficaci per prevenire lo scorbuto e io
talvolta penso che si siano fatti pochi
progressi nella diffusione di pratiche
effettive da allora).
Per poter cambiare strategie e pratiche di
lavoro informazioni appropriate devono
essere ricevute da persone appropriate,
comprese e combinate con altri fattori
quali la costruzione di sistemi di alleanze,
l'ottenimento di risorse materiali, ecc.
L'esperienza già accumulata con le nostre
precedenti raccomandazioni e il lavoro con
partner per aumentarne l'uso sembra dimostrare che possiamo avere efficacia nel
miglioramento di strategie e pratica nella
vita reale. Siamo ottimisti che nel tempo
questi miglioramenti possano riverberarsi
sulla salute della collettività.
EFFICACIA NELLA PREVENZIONE
LA PARTECIPAZIONE
DI SNOP AL PROGETTO EPB
Luigi Salizzato
Presidente SNOP
Una riflessione sulla partecipazione
della SNOP al progetto EBP è una riflessione su come questo progetto è stato
accolto e sostenuto dagli operatori dei
Servizi di Prevenzione, non perché la
SNOP rappresenti tutti gli operatori, ma
perché i suoi iscritti sono, nelle diverse
Regioni, quasi esclusivamente operatori
dei Servizi pubblici di Prevenzione sia
sanitaria, Dipartimenti, che ambientale,
Agenzie per l’Ambiente, di tutte le specialità e dei diversi profili professionali,
sia dirigenti sia del Comparto.
LA PREVENZIONE INUTILE
La Prevenzione inutile è una definizione
utilizzata da Massimo Valsecchi e Sandro Cinguetti quando hanno stilato il
primo elenco di attività inutili, facendo
riferimento a riflessioni critiche sulla
storia della Sanità Pubblica nel nostro
Paese elaborate in particolare da Valsecchi, e su questo elenco hanno cercato l’adesione di altri operatori per sostenere
un’iniziativa rivolta alle Istituzioni per
ottenere Leggi abrogative di norme non
condivisibili dalla Comunità scientifica.
Le loro proposte hanno trovato interesse
nel nostro ambito professionale, prevalentemente tra i Dirigenti dei Servizi dell’Area igienistica cui le proposte in gran
parte si riferivano, si sono inoltre collegate ad analisi che avevano sviluppato
altri operatori, penso ad es. a Carnevale
e Baldasseroni per l’Area della Medicina
del Lavoro, e sono state ospitate sulla
stampa e sui siti web delle Società scientifiche e discusse in diverse occasioni
convegnistiche e seminariali. Volendo
fare riferimento ad un’immagine grafica
per rappresentare questo aspetto del progetto EBP molti tra noi, parlando o scrivendo, ricorrono a quella torta disegnata
da Eva Buiatti a Verona, in una delle
prime iniziative pubbliche in cui si
affrontava questo tema, e che rappresenta le nostre attività, con due piccole porzioni, una per le attività sicuramente
utili, una per quelle sicuramente inutili, e
la maggior parte dell’area in grigio, ad
indicare la gran parte delle attività di cui
non potevamo e non possiamo dire nulla
di provato relativamente alla loro reale
efficacia. Nonostante il carattere dirompente della definizione “attività inutili”
credo di dover segnalare come questa
stessa definizione non abbia incontrato,
tra gli operatori dei Servizi, unanime
consenso, anzi direi che molti l’hanno
considerata con sospetto, se non con
palese ostilità, come se questa definizione desse in qualche modo un giudizio su
anni di vita professionale che non si è
disposti a liquidare semplicemente con
una valutazione di inutilità. Pur essendo
consapevole della componente di conservatorismo presente nei nostri Servizi
e della sensazione d’insicurezza per il
futuro provata da chi lascia la sicurezza
delle cose conosciute per quelle promesse da una prospettiva di cambiamento,
non mi sembra che questi motivi bastino
a giustificare l’ostilità degli operatori per
la definizione di “prevenzione inutile”.
Va naturalmente anche considerato l’entusiasmo con cui altri operatori hanno
accolto la provocazione, tra tutti ricordo
Giorgio Ferigo, il collega del Friuli che
ha scritto e pubblicato recentemente un
libro sull’argomento. Tornando agli scettici credo che la risposta al loro problema stia nella torta cui facevo riferimento
prima ed in particolare a quella sua gran
parte in grigio, a significare che della
maggior parte delle attività che svolgiamo non siamo in grado di dimostrare
l’efficacia, ma non per questo è dimostrato che queste attività siano inutili. La
mia impressione è che gli operatori dei
Servizi preferiscono lavorare per progetti finalizzati a valicare e valorizzare l’efficacia di quello che fanno ed a migliorare il proprio modo di lavorare piuttosto
che limitarsi a valutare l’inefficacia e
quindi a praticare nuove strade completamente sconosciute, può essere quindi
espresso da questi operatori un concetto
di EBP in positivo. Ritengo che il lavoro
d’individuazione della zavorra e l’azione
verso le Istituzioni per ridurne il peso sia
stato e sia fondamentale, ma osservo
anche che se vogliamo veramente
migliorare il modo di lavorare dei nostri
Servizi dobbiamo avere molta cura delle
poche risorse disponibili, e tra queste
prevalentemente degli operatori dei Servizi, senza i quali non andiamo da nessuna parte o comunque facciamo poca
strada. Ben vengano quindi le iniziative
che si prendono cura delle nostre risorse,
e penso al corso per apprendere l’epidemiologia descrittiva organizzato dall’Istituto Superiore di Sanità, che fa perno
sulla positiva, nel senso di efficace,
esperienza dei Servizi di Epidemiologia
della regione Campania, di cui dovremmo promuovere ulteriormente la conoscenza, penso inoltre al modulo formativo su EBP messo a punto da Eva Buiatti, Alberto Baldasseroni e Sarah
Bernhardt. Gli operatori hanno un grande bisogno di informazione e di formazione sia teorica che operativa sui temi e
sugli strumenti del miglioramento possibile nella prevenzione, una formazione
che serva ad avvicinare le teorie di chi
ha la capacità e la responsabilità di elaborarle al nostro lavoro di tutti i giorni.
In un recente seminario formativo, che la
SNOP ha organizzato sugli strumenti per
l’integrazione tra ARPA e Dipartimenti,
rivolto a tutti i profili professionali con
compiti di direzione o coordinamento,
ed in cui si è parlato anche di EBP,
abbiamo verificato l’interesse diffuso
per questi argomenti di approfondimento e la potenzialità di cambiamento che
deriva dalla diffusione della conoscenza,
abbiamo già avuto ad esempio richieste
di riproporre questi temi formativi in
altre regioni, ma è l’esperienza in sé ad
avere un suo significato positivo. Credo
quindi che, se vogliamo che il progetto
EBP si sviluppi, dobbiamo creare le condizioni affinché il modulo formativo dei
colleghi di Firenze sia adottato nelle
diverse regioni, sviluppando la formazione dei formatori, e vada collegato ad
iniziative concrete di EBP, in senso
anche positivo. Lo strumento di valutazione che stiamo mettendo a punto con il
progetto SALeM, o altri strumenti se
questo non è sufficiente, vanno usati
anche per valutare l’efficacia di azioni
consolidate e magari migliorabili, magari caratterizzate dall’interdisciplinarietà,
19
come i prodotti integrati dipartimentali o
di rete ARPA/Dipartimento. Un altro
campo in cui sperimentare la valutazione
EBP potrebbe essere quello dell’educazione sanitaria, poiché le poche valutazioni di appropriatezza disponibili non
sono in grado di aiutarci a capire veramente il valore di queste attività, e, visto
l’interesse che le azioni educative
riscuotono ancora e sempre più sia nei
Servizi che nella Società civile, sarebbe
di grande interesse un progetto che definisca criteri condivisi e preveda una diffusa azione di valutazione delle attività
educative. Non ho usato a caso il termine “condiviso”, che ho ricavato direttamente dall’esperienza di SALeM, fatta
con la nostra associazione scientifica.
Questa esperienza ci ha insegnato che, se
non si riesce ad avere un’ampia condivisione fin dalla definizione degli strumenti di valutazione da parte di chi è poi
chiamato in causa per l’utilizzo di quegli
strumenti, ci si può trovare poi a fare i
conti con le loro incomprensioni, le loro
critiche ed anche il loro disimpegno. L’Italia è grande e le esperienze di lavoro,
organizzative ma anche operative, variano nelle diverse regioni, anche per l’applicazione delle stesse norme di legge o
degli stessi mandati professionali. Se per
fare prima si salta il passaggio della condivisione ci si ritrova con meno consenso e quindi con meno possibilità di valutazione.
AMPLIARE L’AMBITO DI AZIONE
Lo sviluppo di attività formative e di
azioni per un’EBP che valorizzi l’efficacia delle nostre attività ci può consentire
di allargare l’interesse per il nostro progetto, ci sono ampie zone professionali
in cui non ci siamo ancora addentrati,
penso alla veterinaria ed alla prevenzione ambientale. Rimangono inoltre da
superare alcune reciproche incomprensioni, ho colto in diverse occasioni la
polemica di chi valuta la propria componente specialistica (igienisti/medici del
lavoro) più EBP degli altri e penso che
queste divisioni non aiutino a raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati, ma questo è un problema di sistema che va ben
oltre il tema specifico, cioè si riferisce a
tutto il processo di costruzione/consolidamento della rete della prevenzione.
METTERE INSIEME LE FORZE
Quando ci siamo organizzati, dopo il
primo seminario di Firenze, avevamo
evidenziato l’importanza di mettere
insieme le forze, ad es. le diverse società
scientifiche ma anche le strutture istituzionali della prevenzione, ISS, Ministe-
20
ro, Agenzie regionali, Conferenza StatoRegioni, oltre ai singoli operatori interessati, ed oggi registriamo alcuni successi come l’avvio della lista di discussione elettronica, di cui dovremmo però
analizzare meglio le variazioni temporali di partecipazione, ed inoltre l’azione
positiva sul legislatore nazionale e l’avvio del progetto SALeM. Queste esperienze ci insegnano anche che, se vogliamo sostenere altre operazioni simili, e
tutti riteniamo che ce ne sia la necessità,
dobbiamo poter contare su una rete di
relazioni e di attività più solida. Non è
una questione trascurabile perché condiziona in gran parte la possibilità di successo, dobbiamo mettere insieme una
rete composta di nodi professionali specializzati nell’utilizzo degli strumenti
che la rete stessa si dà, penso a singoli
Servizi, Dipartimenti, Agenzie che aderiscono, in maniera il più possibile diffusa, al progetto EBP e si specializzano
nell’utilizzo degli strumenti di valutazione. Il progetto SALeM ha vissuto alcuni
dei momenti di costruzione di questa
rete, con l’attività pratica sostenuta dalla
passione di pochi, per capirci anche di
pochi soci nella stessa SNOP, per arrivare all’exploit di questi giorni, che hanno
preceduto il seminario di Firenze, in cui
è pervenuta la maggior parte del materiale presentato da Daniela Cervino ed
Aligi Gardini. Dovremmo darci una
forma organizzativa che preveda una
lista di soggetti organizzativi e professionali che aderiscono ad EBP dando la
propria disponibilità per un contributo
pratico/operativo non occasionale ed
attivo.
IL RUOLO DELLE REGIONI
Per finire credo che dovremmo valorizzare maggiormente il ruolo che possono
svolgere per la prevenzione basata sulle
prove di efficacia le Regioni che, anche a
seguito del recente referendum sul federalismo, assumono sempre più un ruolo
autonomo nelle politiche sanitarie e possono essere stimolate ad intervenire in
modo da favorire il nostro progetto.
Penso concretamente ad es. alla Regione
Umbria che ha adottato un provvedimento con cui rinnova d’ufficio la validità dei
libretti sanitari per gli alimentaristi, esempio che potrebbe essere seguito anche da
altre amministrazioni regionali, che
magari hanno già adottato altre iniziative
favorevoli ad EBP, di cui non sono a
conoscenza, e di cui sarebbe utile predisporre un repertorio da far conoscere. Per
quanto riguarda il progetto SALeM due
Regioni hanno finora accettato di assumere in prima persona l’onere di richiedere l’adesione dei Dipartimenti di Prevenzione al progetto, l’Emilia-Romagna
per iniziativa del dott. Macini, responsabile del Servizio di Prevenzione collettiva
ed il Molise, per iniziativa del dott. De
Marco assessore alla Sanità, mentre ne ha
finora solo dichiarato l’intenzione la
regione Puglia. Per le altre Regioni il progetto SALeM è stato sostenuto organizzativamente dalla SNOP. Probabilmente
questa situazione non potrà cambiare
rapidamente in modo radicale, anche per
i limiti che molti operatori denunciano
nell’esercizio del loro ruolo da parte di
queste amministrazioni, ma credo che
possiamo sicuramente fare meglio di così.
EFFICACIA NELLA PREVENZIONE
TRENTA SEMPLIFICAZIONI
(ANZI,VENTISETTE)
di Giorgio Ferigo
L’articolo che segue di Giorgio Ferigo è
stato presentato sotto forma di intervento orale al recente convegno “L’epidemiologia per il Dipartimento di Prevenzione – Parte seconda. L’Igiene Pubblica” tenutosi a Firenze il 23 di Gennaio.
Ringraziamo gli organizzatori del Convegno e in particolare il dott. Petrioli
che ci concedono in anteprima questo
scritto e segnaliamo che entro breve
tempo saranno disponibili gli atti di questo e del primo convegno con lo stesso
tema, ma dedicato al settore della prevenzione nei luoghi di lavoro, tenutosi
nel Giugno scorso.
L’importanza dell’intervento di Ferigo è
notevole. Si tratta di un vasto lavoro,
meritorio sotto molti punti di vista.
Innanzitutto per l’analisi della realtà
che è stata fatta, senza sottintesi, ma con
onestà intellettuale. Poi per l’utilità
delle esperienze di semplificazione burocratica realizzate già a partire dalle basi
legislative esistenti, precedenti gli esiti
del referendum confermativo di settembre che hanno fatto decollare il processo
di autonomia regionale voluto dal Parlamento italiano. Quindi è un messaggio
di speranza quello che esce dalla lettura
del testo di Ferigo, la speranza che sia
possibile realizzare la semplificazione
delle pratiche inutili ampiamente presenti nella Sanità Pubblica.
Infine un commento merita la prosa di
Ferigo. Sempre originale, imprevedibile,
accattivante, anche nelle circostanze di
un testo dedicato ad un argomento apparentemente arido e privo di spunti stimolanti. Certe cose si possono leggere solo
se scritte con questa vivacità e brillantezza, altrimenti diventano assolutamente soporifere.
1. In questa relazione dò conto di alcuni
tentativi che abbiamo fatto per accelerare la dipartita, o - se volete - per anticipare la quiescenza dell’Igiene Pubblica nella convinzione, non da molti condivisa, che essa si trovi in età pensionabile, o
addirittura in stato agonico. Vi è stato
distribuito un elenco di ventisette “semplificazioni” che abbiamo tentato. Ventisette sono davvero poche. Nonostante la
scarsità del raccolto, il lavoro è stato
faticosissimo, e per molti versi sconsolante; talvolta la “semplificazione” si è
ridotta semplicemente a questo: costringere chi di dovere a prendere atto di abolizioni pervicacemente ignorate (ad
esempio: farmacisti, poste, uffici di collocamento); in altri casi, ad implorare il
consiglio regionale di abrogare le sue
stesse castronerie; in altri casi ancora, a
bloccare stupidaggini che stavano per
essere legiferate.
Provo qui ad illustrare le difficoltà che
abbiamo incontrato. Vorrei che qualcuno
mi raccontasse di tentativi analoghi, in
modo da confrontarli gli uni con gli altri
- e di confortarci un po’ a vicenda.
2. Come potete vedere, alcuni procedimenti di semplificazione riguardano
l’intera regione Friuli Venezia Giulia;
altri, soltanto le tre ASS della provincia
di Udine; altri ancora soltanto l’Azienda
in cui lavoro. Questo significa: che alcuni obbiettivi sono stati condivisi da tutti,
o da molti; su altri abbiamo proceduto da
soli. Il giudizio sulle pratiche da semplificare, o da “svuotare”, non è stato unanime; questo postula che non vi è nemmeno identità di vedute sulla nostra
disciplina, sui princìpi che la informano,
sulle mete che si propone, sui pregi che
vanta, sulle crepe manchevolezze o stupidità di cui soffre.
Nell’articolo precedente Luigi Salizzato
ha analizzato i motivi del sospetto, e
anche dell’ostilità, incontrati dallo slogan “La prevenzione inutile”: conservatorismo dei servizi, insicurezza degli
operatori, desiderio di lavorare in positivo nel campo delle proposte, piuttosto
che in negativo nel campo delle demolizioni. Sono atteggiamenti che abbiamo
riscontrato anche noi del progetto
“Sburo”. Ce n’è un altro, che forse è il
principale.
Il medico, l’infermiere, il tecnico dell’ospedale fondano il loro lavoro su un
insieme di conoscenze “scientifiche”,
che hanno appreso e che ri-apprendono
ogni giorno nel concreto del loro studio
e del loro operare. “Scientifico” non
significa “vero”: significa verificabile,
modificabile, e migliorabile anche radicalmente, con decisioni assunte sulla
base delle prove disponibili e dell’esperienza maturata.
Invece, il medico, l’assistente, il tecnico
del Dipartimento di Prevenzione fondano il loro lavoro su un insieme di conoscenze “amministrative” o “legali” - non
necessariamente né direttamente riconducibili a conoscenze “scientifiche” che non sono né verificabili né falsificabili, né modificabili né migliorabili in
corso d’opera, ma soltanto “obbedibili”
o “trasgredibili”.
Il livello culturale di un ospedale può
essere alto o basso, d’avanguardia o di
retroguardia; le diagnosi e le cure efficaci o inefficaci o anche clamorosamente
sbagliate; se ne possono calcolare gli
indici di “attrazione” o di “repulsione”.
Insomma, alla fine, se ne può dare un
qualche giudizio di merito.
Invece, non esiste alcun indice di “attrazione” o di “repulsione” per un DIP:
semplicemente, tutti sono obbligati a
passare da lì - come ai magazzini GUM
di Mosca, quando regnava Leonid Breznev. Non esiste un’efficacia ovvero un’inefficacia del DIP: esiste soltanto l’applicazione o la disapplicazione della
norma. Sui DIP non si può dare nessun
giudizio.
Si trattasse di essere formichine operose,
ognuna delle quali porta la sua minuscola bica all’ammasso nel granaio comune,
cui però sovrintende una mente ordinatrice, che a fine anno (o decennio o secolo) ci ragguaglia dei progressi salutari
raggiunti grazie alla nostra azione,
potremmo starcene quieti.
Ma abbiamo mai veduto esibire uno
straccio di analisi del genere, in tutti
questi anni - un qualunque resoconto
sull’efficacia o sull’appropriatezza dei
certificati per patente, o di apprendistato,
o di idoneità sportiva? Alla fine arrivano
soltanto statistiche descrittive: l’anodino
elenco delle prestazioni fatte - bene o
male. (Messo alle strette, qualche luminare si irrita, e sbotta: se siamo uno tra i
21
paesi più longevi del mondo, con una
mortalità materno-infantile tra le più
basse della terra, i libretti sanitari saranno ben serviti a qualcosa).
Si tratta di un pantano culturale: i princìpi non vengono mai dichiarati, e perciò
mai discussi; le applicazioni mai sottoposte a verifica, e perciò mai validate o
confutate; perfino le parole che esprimono la nostra attività mai specificate, a
cominciare dalla principale, quell’onnicomprensivo “Prevenzione” che oggi
include indifferentemente la diagnosi
prenatale di fenilchetonuria e l’ingrasso
dei suinetti nel mantovano. Non sono in
discussione le competenze degli operatori, che giocoforza attingono all’intero
scibile umano - visto che nessuno ha mai
tracciato i confini; ma manca l’analisi
logica dell’insieme; làtita l’esplicitazione dei fini, e dei mezzi per raggiungerli;
si nega l’uso del “dubbio metodico”, e
fin della razionalità, come paradigma del
ragionare e dell’agire.
Resta, ovviamente, il disagio.
3. Tuttavia, l’Igiene Pubblica è arrivata
al capolinea indipendentemente dal gradimento degli operatori.
Le prestazioni vengono vanificate non
dalle nostre dimostrazioni di inutilità o
dalle nostre sensazioni soggettive di utilità, ma semplicemente perché qualcuno,
sulla base di ragionamenti extrascientifici o per fini di coerenza amministrativa,
cassa le norme che le producevano.
Come forse sapete, il Friuli Venezia Giulia è una regione a statuto speciale, ed ha
competenza legislativa primaria in
campo di pianificazione territoriale. Perciò, molto tempo fa, abbiamo proposto
di semplificare la cosiddetta “igiene edilizia” - il 220, il 222, il 231 del Tuls
benemerito. Queste semplificazioni non
sono passate, e non perché le argomentazioni fossero deboli, ma perché andavano ad intaccare i piccoli interessi delle
piccole parrocchie - le risicate e gelose
autonomie operative.
Nell’ottobre scorso è stato pubblicato il
D. Lgs. 380/2001. L’articolo 20 recita: il
sindaco rilascia il permesso a costruire,
se la documentazione è accompagnata
da “un’autocertificazione circa la
conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie nel caso [di] interventi di
edilizia residenziale ovvero [nel caso in
cui] la verifica [di] tale conformità non
comporti valutazioni discrezionali”. Si
tratta, né più né meno, dell’abrogazione
del 220 del Tuls (come da noi avevamo
proposto tanto tempo prima).
Ma questo articolo è stato approvato non
in seguito ad una discussione di utilità o
di disutilità dei pareri, della competenza
o dell’incompetenza dei servizi a rilasciarli, di capacità o di incapacità professionale, bensì in seguito ad una decisio-
22
ne legislativa né discussa né approvata
dai DIP. Per otto lustri, questa pratica è
stata gabellata come sanitaria - e ci
abbiamo creduto; ora ci dicono che si
tratta di un mero adempimento amministrativo - e chiniamo il capo. Così, prima
fornivamo per legge una prestazione di
utilità salutifera non dimostrata; nei
prossimi sei mesi (nel frattempo c’è stata
la proroga: L. 31 dicembre 2001, n. 463)
la faremo ancora, benché la sua inutilità
salutifera sia stata ormai sancita.
Riconoscere di aver sprecato qualche
decennio della propria vita professionale
in scemenze, è certamente doloroso. Ma
essere costretti a continuare a fare scemenze perché siamo stati ridotti a funzionari, a domestici della legge, a servi
di un disegno ormai insensato - questo è
ancor peggio.
4. Abbiamo tentato le “semplificazioni”
delle nostre attività a vari livelli.
Una delle strade imboccate è stata quella dei “patti” con gli Enti - ad esempio,
gli enti scolastici.
Dal 1999, nel Contratto collettivo della
scuola sta scritto: “L’istituzione scolastica... può disporre il controllo della
malattia...” in luogo del “dispone” che
c’era scritto nel 1995. Approfittando di
questo può, abbiamo invitato presidi e
direttori didattici a riunione, abbiamo
illustrato la sostanziale inconsistenza
della visita fiscale, e abbiamo convenuto
di utilizzarla il più di rado possibile e
soltanto nei casi in cui fosse un deterrente irrinunciabile (ahinoi!, la sanità ridotta a deterrente).
In questo modo, nel giro di due anni
(confronto 1999 / 2001), le visite fiscali
richieste dalle scuole sono scese da 1385
a 435, meno di un terzo. Contiamo di
scendere ancora.
Tuttavia, anche quando l’accordo pare
perfetto, e sembra di veleggiare alla
grande, si trova l’intoppo.
Nell’agosto 1998 ci siamo accordati col
Provveditorato agli Studi di Udine per:
abolizione della “Sana & Robusta” per
gli alunni; abolizione delle radiografie a
tutto il personale della scuola; e validità
triennale del certificato di idoneità fisica, per gli insegnanti e per il personale
“precario” della scuola.
L’accordo ha funzionato egregiamente
per qualche tempo. Nel maggio 2001, ci
siamo accorti che arrivavano da noi precari che avevamo già visto appena tre
mesi prima. Insomma, per qualche
inspiegabile motivo, anziché triennale, il
loro certificato aveva validità trimestrale.
Chi, e perché, aveva confuso il triennio
col trimestre?
Cerca che ti cerca, litiga che ti litiga, troviamo la causa di questo cambio di rotta.
La causa sta in un cortesissimo funzionario - non di una scuola, non del prov-
veditorato agli studi, non dell’assessorato all’istruzione: cioè non dove pensavamo che fosse - ma della Ragioneria Provinciale dello Stato, Ufficio Registrazione Decreti. Costui non era stato avvertito del nostro “patto”, e pensava che una
carta al trimestre lo mettesse più “in
regola” di una carta triennale.
Abbiamo imparato: che lo Stato italiano
è grande ed articolato (anzi: tentacolare);
che conoscerne tutte le articolazioni, le
interconnessioni, i misteriosi passaggi
segreti è un’impresa continuamente in
progress; e che quel certificato non serviva a stabilire un ipotetico “punto zero”
nella salute del dipendente, per successivi eventuali complicati contenziosi
medico-legali, ma era semplicemente
precondizione (pleonastica) al pagamento dello stipendio. È prevedibile che
molte delle nostre semplificazioni si areneranno in un qualche ufficetto di cui
ignoriamo l’esistenza.
5. Un secondo tentativo è stato quello di
abolire le richieste “discrezionali” di
certificati.
Soprattutto d’estate, molti ragazzi vengono assunti alle poste come fattorini “a
tempo determinato”. Arriva loro un telegramma di “immissione in servizio”, e,
tra gli altri documenti, richiedono anche
un certificato medico “dal quale risulti
l’idoneità a svolgere tutte le mansioni
dell’Area Operativa”.
Com’è noto, dal 3 marzo 1998 le Poste
sono diventate un “Ente pubblico economico”. Perciò ricadono esclusivamente
sotto il D. Lgs. 626/94, e non più anche
sotto i DPR “del pubblico impiego”.
Abbiamo avvisato le Poste che non
avremmo rilasciato più certificati del
genere. Ma le Poste continuavano egualmente a inviarci i ragazzi. Così è cominciato il braccio di ferro. C’è stato un
lungo e dotto scambio di missive, dal
giugno 1997 al giugno 1999; nel luglio
1999 abbiamo segnalato il “comportamento anomalo” delle Poste al procuratore della Repubblica. Una difficoltà
aggiuntiva a far prevalere la nostra tesi
derivava dal fatto che il vicino Veneto
aveva adottato una linea sostanzialmente
conciliante - i certificati li facevano,
loro!, e senza tante storie! - come ci rinfacciavano ad ogni piè sospinto le Poste
stesse.
Questo ci insegna che non solo non si
può fare “il socialismo in un solo paese”,
ma men che meno la sburocratizzazione
in una sola provincia; e che il dialogo ed
una linea uniforme tra operatori di varie
regioni è quantomai indispensabile.
(Alla fine, comunque, ce l’abbiamo
fatta; e almeno in Friuli questi certificati
non vengono richiesti più).
Ma da dove nasce quest’idolatria del
certificato ad ogni costo? Quali meccanismi mentali sottintende - oltre all’ovvio, ma illusorio, desiderio di coprirsi le
terga e di scaricare il barile?
Per rispondere a questa domanda, è
molto istruttivo ricostruire una conversazione con una sottoprefetta, dal piglio
molto manageriale e in tailleur gessato
di ottimo taglio.
La sottoprefetta pretende che alle guardie giurate noi rilasciamo contemporaneamente due certificati: uno di idoneità
al porto d’armi ed uno di idoneità a fare
la guardia giurata.
Le chiediamo la fonte normativa di questa “idoneità a fare la guardia giurata”.
La sottoprefetta la ignora, ma la cercherà; la sollecitiamo; non l’ha trovata,
ma pretende egualmente il certificato,
per via della “potestà discrezionale”
della prefettura.
Le chiediamo allora che cosa dobbiamo
certificare nel certificato.
Ci risponde che questo è affar nostro: lei
mica è medico...
Allora le ribattiamo che - in tutta scienza e coscienza - noi ignoriamo quali
sono le caratteristiche strettamente sanitarie che permettano a un tale di fare la
guardia giurata: anzi, secondo noi, non
esistono.
Ci risponde che ci “devono” essere.
Le chiediamo quali.
Ci risponde che è affar nostro; lei mica è
medico...
Dobbiamo quindi scrivere lettere molto
argomentate per rifiutare quello che ci
viene imposto senza argomentazione
alcuna, quasi che l’onere della prova
spetti a noi e non invece a chi impone.
Dobbiamo pazientemente argomentare
sul nulla, e rispondere raziocinando a
quello che è, a tutti gli effetti, un arbitrio
e una prepotenza.
A proposito di certificati, su SNOP,
Andrea Poggiali dell’A.USL di Ravenna
osserva, molto sensatamente: “le finalità
medico-legali non necessariamente
coincidono con quelle della prevenzione: quindi, il fatto che un certificato
medico risulti inutile ai fini della prevenzione non significa automaticamente
che esso sia da considerare supefluo.
Tra la proposta di abolizione totale dei
certificati e la scelta di mantenere invece invariata l’attuale (insoddisfacente)
situazione, c’è spazio per una posizione
intermedia, che punti alla correzione
delle incongruenze più vistose...”
Tengo conto di questa osservazione, e
provo a dividere gli attestati in
A. certificati che certificano qualcosa
(ad esempio, una gravidanza, una menomazione, una malattia);
B. certificati che predicono qualcosa
(l’idoneità alla guida per i prossimi dieci
anni, alla caccia per i prossimi cinque, al
pubblico impiego per i prossimi diciannove);
C. certificati che dicono, semplicemente, “chi è che comanda qui”.
I certificati oggettivi, che descrivono
qualcosa che c’è e si rilasciano nell’interesse del malato, del menomato, della
gravida hanno senso e nessuno pretende
di eliminarli; ma si deve pretendere
senza indugio l’abolizione dei certificati
“previsionali”, da aruspice o da cartomante, e i certificati arbitrari, che definiscono “l’ambito del dominio”.
Ma sarebbe già molto se riuscissimo ad
imporre il principio che il DIP è tenuto a
rilasciare soltanto certificati esplicitamente richiesti da leggi in vigore; e che
siano previsti - per quanti si ostinano ad
esigere certificati extra o contra legem divieti e sanzioni analoghi a quelli contemplati nel DPR 28 dicembre 2000, n.
444, art. 74 (Violazione dei doveri d’ufficio) per gli impiegati riottosi alla Bassanini.
6. Infine, c’è da dire che alcuni tentativi
sono riusciti.
Nella nostra piccola ASS abbiamo eliminato del tutto le pratiche per gli “inconvenienti igienici”.
Abbiamo proceduto così. Abbiamo analizzato alcune centinaia di pratiche
affrontate nella nostra ASS nel corso di
un quinquennio. Dalle carte emergevano
dati molto evidenti: che rarissimamente
gli “inconvenienti igienici” attentavano
alla salute; che spessissimo nascondevano rapporti di cattivo vicinato; che mai,
o quasi mai, trovavano soluzione con l’ispezione “igienico-sanitaria”; che sempre, o quasi sempre, potevano trovare
soluzione se affrontati dai soggetti istituzionalmente deputati.
Così, invece di accorrere, abbiamo
cominciato a rispondere: lettere molto
cortesi e il più possibile chiare, in cui
decliniamo la nostra ma indichiamo l’altrui competenza a risolvere il problema,
e talvolta anche lo strumento per arrivarci: un regolamento comunale, una legge,
il codice civile, o penale; nei casi più
paradossali, li indirizziamo ad un idraulico, ad un muratore...
Tra lo scrivere una lettera, e fare un
sopralluogo (a cui poi deve seguire la
lettera) c’è almeno un risparmio: il
sopralluogo; intanto, le segnalazioni
hanno cominciato a scemare.
È diminuita anche la litigiosità? Affrontare il sindaco, con cui magari si è in cattivi rapporti; preventivare l’onorario dell’avvocato; sapere che non esistono vie
traverse, ma soltanto la via diritta, e che
perciò è necessario affrontare il vicino,
con la civiltà di cui si dispone o con l’aggressività che il vicino consente, prima
di afferrare il forcone, forse ha diminuito non la litigiosità ma le occasioni di
litigio.
Ma tutto sommato importa poco: la litigiosità non rientra fra gli obbiettivi della
prevenzione sanitaria.
(O sì? Perché non è escluso che - in
nome di una visione cosmica della prevenzione - qualcuno ci venga a spiegare
che l’ispezione igienico-sanitaria lenisce
le insonnie da rancore, chiarifica l’atrabile, sbina il torcimento di budella, e
pertanto magari contribuisce a “promuovere” la salute).
7. In ogni preambolo di budget, in ogni
linea-guida di Agenzia regionale, in ogni
documento nazionale, quando si arriva
al capitolo “Dipartimento di Prevenzione”, si legge la seguente giaculatoria:
“Il modello organizzativo e di funzionamento dei Dipartimenti di Prevenzione è
ancora prevalentemente orientato su atti-
23
vità di vigilanza/repressione in una logica amministrativo-burocratica. Deve
proseguire la revisione del modello,
orientandolo allo sviluppo della sanità
pubblica...”.
È una frase che certamente avete ascoltato anche voi. Ha un suono strano e
sgradevole.
Proviamo a immaginare che tutte le
leggi sceme cui siamo costretti ad obbedire improvvisamente spariscano, così,
per incantamento.
Restano le migliaia di leggi che sceme
non sono, ma che al contrario sono utili;
e che regolamentano (alla rinfusa): le
transazioni commerciali, le frodi, le contraffazioni di contrassegni e sigilli, la
concorrenza leale (o sleale), i pubblici
esercizi, la vendita e l’uso di fitofarmaci,
il “passaporto” dei bovini, i sequestri
cautelativi o penali, la distruzione di
gelati perché è mancata la corrente, l’ispezione delle carni, l’inchiesta infortuni
e malattie professionali, la produzione e
il deposito dei detersivi, gli esercizi di
barbiere parrucchiere estetista, l’imballaggio e la classificazione delle uova, la
fabbricazione dei film di polietilene, i
cosmetici, i distributori automatici di
merendine, il pascolo vagante delle
greggi, i tetti delle baracche in eternit, le
farmacie e le strutture sanitarie private, il
tatuaggio dei cani, i campioni fiscali di
polveri aereodisperse, i nulla-osta per
serragli e circhi equestri, la lavorazione
di penne piume e piumini destinati
all’imbottitura, la valutazione di impatto
ambientale, gli scarichi industriali e
anche domestici, la potabilità dell’acqua,
l’impiego di apparecchi ionizzanti, il
ruolino di marcia nei trasporti animali,
eccetera eccetera eccetera... e si può continuare l’elenco, fino a stasera dopocena.
Se tutte queste attività restano in capo ai
Dipartimenti, allora i Dipartimenti non
potranno che continuare ad essere orientati su attività di vigilanza / repressione
dentro logiche amministrativo-burocratiche; se, al contrario, i Dipartimenti
dovranno orientarsi su logiche diverse,
di sviluppo della sanità pubblica, allora
tutte queste attività non potranno rimanere in capo ai Dipartimenti.
La vigilanza, la repressione e la logica
amministrativo-burocratica non derivano da un modello organizzativo e funzionale deragliato, ma propriamente
dalle ideologie e dalle leggi fondative
della Polizia medica, o veterinaria, o
sanitaria. E non serve a nulla revisionare
il modello, aggiustare l’organizzazione,
“delimitare” le sanzioni, quando invece
è necessario ridiscutere i fondamenti
culturali e normativi della disciplina - e
il fatto stesso che una disciplina “scientifica” sia normata.
24
EFFICACIA NELLA PREVENZIONE
LA SFIDA È APERTA
di Domenico Taddeo
L’intervento di Giuliano Franco sul precedente numero della rivista (SNOP n.57)
ha avviato la discussione su questo
importante tema a partire da una rassegna orientata ai servizi di Medicina occupazionale cioè Servizi alle Imprese nell’ambito della rete dei soggetti del sistema di prevenzione. Questo contributo
vuole affrontare invece il problema dal
punto di vista del sistema dei servizi pubblici di controllo e prevenzione che
attualmente vanno nel nostro paese verso
l’appellativo di Sistemi pubblici regolatori, intendendo sia la funzione di controllo
e prevenzione che quella di attività di
regolazione tra i soggetti del sistema privato di prevenzione e la rete pubblica che
ad essa si interfaccia.
Devi conoscere quello che fai
Fai quello che è conosciuto
Comprendi e valuta quello che hai fatto
Sono i tre slogan che danno il programma
di una delle Agenzie specializzate: il centro per le evidenze in Sanità canadese.
In Medicina del Lavoro si può individuare una triplice area di applicazione di
teorie sull’efficacia:
• area clinico - organizzativa
• area di implementazione di modalità
assistenziali ed operative
• area di valutazione dei servizi.
Le esperienze fin qui realizzate sono consistenti e, per il settore della prevenzione
nei luoghi di lavoro, più diffuse sull’area
clinica meno su quella organizzativa,
carenti quelle delle implementazioni e
oggi sui LEA–livelli essenziali di assistenza, minime sul profilo della valutazione dei servizi. Per le nostre strutture
esiste una responsabilità aggiuntiva nel
dotarsi di coscienza critica su quello che
monopolistico, il superamento, giusto, di
una condizione di autoreferezialità. Risorse: poche – in tante realtà – o magari sufficienti, ma svincolate da criteri di assegnazione e di controllo di tipo aziendalistico. Nel contempo si deve registrare un
attenuarsi della componente di forte attenzione e orientamento, dovuta a un mix di
entusiasmo e motivazione che per lungo
tempo ha costituito un fattore di attivismo
produttivo e progettuale, magari troppo
slegato da un contesto esterno e forse alla
base di una certa autoreferenzialità.
Altri fattori caratteristici restano:
• peso eccessivo che rivestono nella prevenzione attività dettate da obblighi legislativi avulsi da reali problemi di salute;
• natura di una domanda che spesso nulla
ha a che vedere con reali bisogni di salute.
facciamo e quello che ancora non facciamo quotidianamente nella nostra attività,
come per esempio sviluppare adeguatamente la funzione di orientamento – vuoi
l’emanazione di linee guida, vuoi la formazione verso soggetti utenti finali vuoi
verso soggetti mediatori (insegnanti, RLS,
coordinatori della direttiva cantieri e altro).
COMPLESSITÀ
Nel panorama sanitario prevale la risposta a bisogni sanitari individuali mentre
nella prevenzione e nella prevenzione nei
luoghi di lavoro:
• la domanda individuale esiste
in casi limitati
• gli interventi di prevenzione richiedono
molte singole attività per la loro
esecuzione
• molte attività sono il risultato di attività
integrate
- tra le strutture del Dipartimento
- tra strutture esterne al sistema ASL
(ARPA, altri organi di controllo come
Direzione del Lavoro, Inps, Inail, Ispesl)
Le ASL agiscono su delle componenti
importanti del determinismo infortunistico
e delle malattie professionali. Altre istituzioni su altre componenti; esiste un problema di metrologia e di fonti anche indicizzate dell’andamento infortunistico (frequenza, incidenza, gravità). Va ricordato
che nel 2000 circa il 60% degli infortuni
mortali sono stati legati a mezzi di trasporto e la maggior parte a incidenti stradali nei
quali la gran parte dei soggetti coinvolti
sono titolari e/o autonomi non sempre di
settori industriali tipici.
La perdita progressiva delle storiche
caratteristiche del servizi pubblici di prevenzione e controllo – e in genere dei
Dipartimenti di prevenzione delle ASL, il
venir meno di una condizione di tipo
Queste premesse sono utili e necessarie
per affrontare una discussione sulla efficacia che faccia perno sulla categoria
della “appropriatezza”. Per verificare
l’appropriatezza bisogna poter misurare
l’attività e poter mettere a confronto ciò
che si “produce” con le risorse che si utilizzano. Come è stata misurata l’attività
dei servizi di prevenzione fino a oggi?
Contando prestazioni, risultati sanitari,
indicatori. Le prestazioni danno una
visione frammentata delle attività, non
sempre correlate ai bisogni possono portare ad incrementare in maniera acritica
l’attività, a scapito dell’appropriatezza.
I risultati sanitari sono valutazioni di
lungo periodo e tengono poco conto della
coesistenza di altri fattori esterni legati al
contesto.
Gli indicatori possono essere di processo,
di risultato, di qualità, di consumo di
risorse, di efficienza, di efficacia.
LE ESPERIENZE E LE PROPOSTE
RELATIVE AGLI INDICATORI
PER LE ATTIVITÀ DI PREVENZIONE
NEI LUOGHI DI LAVORO
Negli ultimi tre-quattro anni un po’ tutte
le regioni nelle quali esiste la rete dei servizi di PSAL hanno elaborato e proposto
indicatori. Il dato comune rilevabile è
quello di una coabitazione di indicatori di
singole attività e indicatori di prodotto
finale. Inoltre si è sviluppata in questo
periodo una contemporanea attività di
riflessione sulle attività meno utili e
poco efficaci e pertanto una revisione
delle attività dei servizi. Quanto ai livelli di assistenza erogati nel campo della
prevenzione collettiva il dibattito è rimasto vincolato alle soglie di quote di
bilancio per tutto il Dipartimento (il 5, il
6%) ma poco è stato elaborato anche per
le quote finalizzate per i singoli settori
del Dipartimento di Prevenzione. Inoltre
esistono "incidenti comunicativi" ripetu-
ti che attribuiscono impropriamente il
totale della quota al settore della prevenzione nei luoghi di lavoro. Nelle elaborazioni del Coordinamento delle Regioni
è cominciato il percorso di una definizione degli obiettivi di attività da raggiungere annualmente e una taratura
delle risorse per garantirle. Le attività
dei Servizi e la loro misura non possono
prescindere però dai seguenti elementi:
1) conoscenza dei problemi del territorio
2) pianificazione e la programmazione
degli interventi
3) dire cosa si fa e perché
4) sviluppo delle attività multidisciplinari
5) attività in rete nel dipartimento e con
l’arpa e tutti gli altri.
I SERVIZI TOSCANI E LA PROPOSTA
DEI PRODOTTI DEL DIPARTIMENTO
Si è partiti da una esperienza delle ASL di
Lucca e Pisa e stanno per diventare un
modello sperimentale esteso a tutte le
ASL della Toscana. Sono nati e si sono
sviluppati seguendo le seguenti idee forza:
• separare il concetto di attività da
quello di prodotto (finale)
• legare il prodotto alla risposta
appropriata a un bisogno
• considerare come bisogni da
soddisfare i livelli minimi di assistenza
definiti nei piani sanitari
• considerare quindi il prodotto finale
quale outcome del dipartimento di
prevenzione.
Il percorso logico di costruzione si è
basato su queste domande :
• cosa genera il processo
(quale bisogno, quale domanda)
• qual’è la risposta attesa
(soddisfazione del bisogno)
• qual’è il prodotto finale che
rappresenta la risposta più appropriata
• quali sono le singole prestazioni
che lo compongono.
Sono stati definiti i prodotti per tutto il
Dipartimento e quelli della linea igiene e
sicurezza nei luoghi di lavoro sono:
1) mappe di rischio
2) azienda controllata per piano mirato
3) indagine ambientale
4) intervento formativo
5) verifica periodica
6) indagine epidemiologica
7) dossier d’azienda costruito
8) ex esposti controllati
9) protocollo/linea guida
10) pareri nip
11) parere inidoneità
12) parere idoneità
13) inchiesta infortunio
14) inchiesta malattia professionale
15) provvedimento l.n. 1204/71
(astensione lavoro)
16) azienda detentrice rx sorvegliata
17) pubblicazioni
18) bonifica individuata.
Attualmente sono in discussione alcune
categorie di indicatori da parte del coordinamento delle regioni:
1) Dati relativi al bacino d’utenza
(domanda potenziale)
2) Vigilanza
3) Promozione ed assistenza
4) Autorizzazioni
5) Sorveglianza sanitaria.
È da ritenere necessario adottare un criterio definito per gli indicatori:
• scelta tra attività o prodotti finali
• i denominatori devono essere scelti
tra fonti certe e temporalmente chiare:
unità locali con addetti e senza addetti
• lavoratori tipici ed atipici
• informazioni sui danni: infortuni e
malattie professionali.
Occorre riferirsi inoltre alle modifiche
della domanda risultanti dalle riforme
Bassanini e successive integrazioni in
materia di certificazione e autorizzazione.
Per gli indicatori di efficacia al momento
non esistono diffuse esperienze. Le poche
esistenti e quelle proponibili possono ruotare su risultati dei progetti e programmi
(il cosa si fa e perché si è deciso di farlo):
1) interni alla struttura, al dipartimento
e all’organizzazione della ASL
2) esterni verso l’utenza ad esempio
progetti tesi a modificare comportamenti,
migliorare l’accesso e la conoscenza di
diritti (Normative e servizi come nel caso
della normativa sulle lavoratrici madri, o
nelle campagne sugli obblighi del committente per la normativa cantieri, ecc.)
3) sui danni alla salute.
Infortuni
• totali
• gravi
• mortali
• di determinate tipologie,
• a carico di lavoratori dipendenti
autonomi o titolari
• per particolari comparti produttivi
o per particolari fasi di ciclo produttivo
Malattie Professionali, i cui dati sono
meno certi rispetto alle fonti ufficiali che
in genere sottostimano il fenomeno.
Al riguardo sta per avvenire una svolta
significativa con la definizione dell’accordo concreto per una condivisione
anche in tempo reale tra i dati Inail e i
servizi pubblici che potrà impegnare
proficuamente molte energie e si spera
dare molti risultati per la conoscenza dei
danni alla salute legati al lavoro.
25
CONTRIBUTI
te. Un sistema che rischia di essere sempre meno un … sistema o comunque di
distribuirsi in una varietà di situazioni
regionali più o meno soddisfacenti ma
non articolate e spesso del tutto estranee
ad un quadro di valori, di standard, di
livelli minimi omogenei (ove valori, standard, livelli corrispondono inevitabilmente al più complessivo concetto di diritti –
alla prevenzione – della collettività).
INAIL
NUOVI
FLUSSI INFORMATIVI
di Claudio Calabresi
Sulle pagine di SNOP è persino superfluo disquisire sul noto assioma “conoscere per prevenire” e sulle evoluzioni
che di questo assioma sono occorse in
questi anni dentro e fuori il Servizio
Sanitario nazionale.
Nel nostro famoso (e ahimè datato ma
non dimenticato) modello tridimensionale (di volturiana memoria), il sistema
informativo era il pilastro fondamentale
su cui poggiava la possibilità di chi
volesse esercitare un’azione di prevenzione razionale e ragionevole, efficace e
verificabile, basata sulla definizione di
priorità di rischio.
Ma il sistema informativo in questi anni
è stato uno dei buchi neri del complesso
e irrisolto assetto della prevenzione.
Lungi da me farne qui un esame
approfondito ma credo si possa essere
d’accordo sul fatto che - al di là di lodevoli iniziative di alcune regioni ed anche
ad alcune evoluzioni centrali, in particolare negli ultimi anni da parte dell’ISPESL (peraltro “messe a disposizione” ma
non sufficientemente penetrate tra i Servizi di prevenzione) - molti dei Servizi
delle ASL italiane non hanno potuto usufruire, dalla propria nascita ad oggi e
26
quindi lungo un arco di circa un quarto
di secolo, di conoscenze organizzate che
permettesse in tutte le situazioni territoriali di pianificare e programmare ovviamente sulla base di risorse sufficienti, ecc, ecc. - iniziative di prevenzione basate almeno sulla conoscenza capillare del tessuto produttivo e sull’identificazione dei rischi in questo prioritari
(ricordate il concetto di rischi più gravi,
diffusi e prevenibili?).
Pur se molta strada è stata fatta nel percorso della prevenzione, pur se in molte
(ma non tutte, certamente) lande del
paese si sono sviluppate validissime
esperienze, in alcuni casi anche nell’ambito di efficienti iniziative regionali, non
c’è dubbio che nel nostro paese il concetto di sistema della prevenzione è
stato, per usare un eufemismo, inadeguatamente soddisfatto; se poi pensiamo
alle novità, ormai sempre meno novità,
degli anni ’90, ed alle innovazioni anche
in termini di protagonismi e responsabilità del dopo-626, e infine giungiamo
alla recente fase di avvio del federalismo, abbiamo ancor più un quadro di un
sistema per nulla regolato nazionalmen-
Questa premessa, obbligatoriamente
breve, serve per dar conto di una novità,
che nel panorama attuale, non precisamente felice, della prevenzione assume
invece una connotazione di segno molto
positivo, anche per un inguaribile pessimista (?) come chi scrive queste righe. Si
tratta di quella che ormai molti conoscono come la prospettiva di Nuovi flussi
informativi per la prevenzione nei luoghi
di lavoro.
Su iniziativa dell’INAIL, concordata
con l’ISPESL e con il Coordinamento
tecnico degli Assessorati alla Sanità
delle Regioni, è stata attivata nell’ultimo
anno un’azione prima di riflessione, poi
di confronto e infine di lavoro comune
innovativo rispetto ai flussi informativi
dagli Istituti centrali alle Regioni ed ai
Servizi. L’iniziativa in corso è partita da
alcune considerazioni preliminari:
• la consapevolezza che su un Sistema
Informativo orientato a documentare con
dati adeguati sia i rischi sia i danni legati al lavoro si fondano le possibilità reali
di successo di un razionale intervento di
prevenzione nazionale e territoriale, diffuso in tutto il paese;
• l’esigenza quindi che i Servizi di prevenzione territoriale delle Aziende USL
e le Regioni possano disporre di dati idonei, per qualità e tempestività, ad alimentare e assistere sia le attività quotidiane di prevenzione sia quelle più strategiche di mappatura, scelte di priorità,
pianificazione e valutazione di efficacia
delle attività;
• la constatazione che quanto previsto
dal DPCM del 9/1/1986, in tema di flussi informativi verso il Ministero della
Sanità e da questo alle Regioni, con
informazioni (sugli infortuni sul lavoro,
sulle malattie professionali e sull’anagrafe delle ditte assicurate) destinate al
Servizio Sanitario Nazionale, non ha in
questi 15 anni dato significativi frutti,
per vari motivi tra cui in particolare le
caratteristiche e i contenuti dei dati
inviati (senza l’identificazione nominativa di infortunati, tecnopatici e relative
aziende), nonchè le modalità e tipologie
dei flussi, sui quali il Ministero della
(allora) Sanità e (oggi) Salute non ha
esercitato alcun ruolo di regolazione,
promozione e verifica. Partendo da queste considerazioni e consapevolezze, si è
pertanto condiviso di approfondire l’opportunità e possibilità di innovare sostanzialmente i flussi dal centro al Servizio
Sanitario Nazionale, facendo perno sulla
volontà dell’INAIL (a partire dalla propria
base di dati su infortuni, malattie professionali e anagrafe delle imprese) di sviluppare un più adeguato contributo informativo ai fini della prevenzione e sulla
disponibilità dell’ISPESL di contribuire –
con le proprie peculiarità e specificità tecnico-scientifiche e sulla scorta delle iniziative già assunte in questi anni – al
complessivo processo.
Dopo una prima ricognizione che è
“esplosa” in un Seminario organizzato
dall’INAIL l’11 aprile 2001, che ha portato all’elaborazione di un Documento di
lavoro conclusivo (risultanze pubblicate
nel Rapporto annuale 2000 dell’INAIL),
nel luglio 2001 è stato attivato un Gruppo di lavoro tra INAIL, ISPESL e Regioni (operatori di vari Regioni, prevalentemente dei Servizi PSAL delle ASL), che
in questi mesi ha attivamente operato per
giungere a un “riassetto” dei flussi informativi (superando implicitamente i limiti
intrinseci al DPCM 1986 ed all’impianto
operativo allo stesso conseguito fin qui):
si è così pervenuti al lancio dell’operazione: “Nuovi flussi da aprile 2002”.
Nel definire il riassetto dei flussi, è stata
tenuta nella massima considerazione la
parziale disomogeneità del sistema di
prevenzione nazionale, caratterizzato da
situazioni locali con diverse capacità e
risorse, con differenti possibilità di elaborazione e quindi con differenti livelli
di capacità di intervento e di esigenze
informative: a tale considerazione non
poteva non conseguire la scelta di
rispondere alle esigenze tenendo conto
di differenti condizioni e quindi di mettere a disposizione flussi e contenuti
informativi usufruibili da tutti o almeno
dalla gran parte delle strutture riceventi.
IL PUNTO ATTUALE DELLA
SITUAZIONE
È stata concordata la base delle informazioni contenute nelle banche dati disponibili presso l’INAIL e l’ISPESL che
dovrebbe essere inviata ai servizi PSAL
delle ASL ed alle Regioni a far data dall’aprile 2002:
• archivi anagrafici aziende/unità produttive INAIL integrati dai dati contenuti nell’archivio ISPESL;
• archivi eventi (infortuni e malattie
professionali, tabellate e non) con indicazioni anagrafiche e identificazione sia
dei lavoratori infortunati o tecnopatici
sia delle aziende in cui gli eventi stessi
sono avvenuti;
• la base dati riguarderà, per l‘anagrafe
e per gli eventi, il 2000 (dati definiti;
anno assunto come termine iniziale di
confronto), ed il 2001 (dati denunciati e
definiti nel 2001);
• ai dati sopra definiti verranno aggiunti per ogni destinatario alcuni indicatori
essenziali per la comprensione dei fenomeni (in particolare indici di incidenza e
di gravità per i comparti principali e
maggiormente rappresentati nei singoli
territori);
• la trasmissione, essenzialmente su
supporti informatici, avrà cadenza
annuale, in analogia con quanto previsto
dal DPCM 9.1.1986;
• i dati dovrebbero pervenire in forma
integrale a tutti i Servizi (SPSAL) delle
Aziende USL ed alle Regioni; è inoltre
previsto lo scambio aperto tra INAIL e
ISPESL;
• sarà distribuito anche uno specifico
software di ausilio per la gestione dei
dati, da distribuire ai Servizi PSAL che
ne abbiano necessità;
• verrà inoltre fornito un dettagliato
documento delle chiavi di lettura interpretative necessarie per un corretto utilizzo degli archivi;
• saranno anche fornite indicazioni
circa le risorse tecnologiche e professionali minime occorrenti per l’utilizzo
delle informazioni;
• è prevista infine un’iniziativa articolata “a cascata” (organizzata in comune
dai 3 soggetti) di aggiornamento sulla
nuova base di dati e sul suo utilizzo, da
attuare gradualmente in tutte le Regioni
che ne abbiano necessità.
I nuovi flussi verranno “lanciati” e illustrati alle autorità nazionali e regionali,
oltre che agli operatori del settore, in un
Seminario nazionale ai primi di maggio a
Roma che auspicabilmente potrà costituire un’occasione di rilancio del tema della
prevenzione nei luoghi di lavoro e delle
iniziative conseguenti alla logica delle
sinergie raggiunte sul Sistema informativo. Il titolo del Seminario, “Verso un sistema informativo integrato per la prevenzione nei luoghi di lavoro”, esemplifica la
consapevolezza che i nuovi flussi e la
nuova base dati non rappresentano ancora
il raggiungimento di un maturo Sistema
(cui altre componenti si devono aggiungere) ma che al tempo stesso consentono un
passo rilevante verso un “pezzo” di esso, a
maggior ragione perché frutto di un’integrazione tra alcuni dei soggetti principali
almeno per quanto concerne le istituzioni
pubbliche centrali e territoriali.
Da notare che, a latere dei lavori di gruppo per la ridefinizione dei flussi, INAIL,
ISPESL e Regioni hanno approfondito il
tema degli infortuni mortali, aspetto
emblematico che in qualche modo è
stato riconosciuto come una sorta di
“banco di prova” relativamente al quale
sperimentare una strategia finalizzata a
superare la molteplicità di iniziative esistenti o almeno ad evitare le duplicazioni inutili e permettere una maggiore omogeneità di criteri, con l’obiettivo di raggiungere uno strumento conoscitivo
generale di lettura del fenomeno che sia il
risultato delle conoscenze dei vari soggetti istituzionali (e sociali). Si è così concretizzato un documento–proposta che dà
la misura del livello di sinergia e di collaborazione reciproca che nell’ambito dei
lavori si è progressivamente realizzato: la
proposta prevede essenzialmente l’unificazione - in due diverse fasi temporali dei progetti in precedenza programmati
rispettivamente da INAIL–Comitati Paritetici e da ISPESL–Regioni, con l’elaborazione e la auspicata realizzazione di una
complessiva indagine sugli infortuni mortali che traguardi anche il raggiungimento
di un metodo di approfondimento ed
analisi del fenomeno con modalità sufficientemente omogenee in tutte le realtà
Nel Seminario di maggio verrà anche presentato un Protocollo d’intesa tra le
Regioni, l’ISPESL e l’INAIL che contie-
27
ne un accordo-programma di collaborazione finalizzato appunto alla realizzazione di un sistema informativo integrato
nazionale articolato in tutte le Regioni e
basato anche sull’impegno per un coordinamento ed una sinergia tra le reciproche
azioni ed iniziative: un Protocollo che
nasce dai risultati conseguiti in questi
mesi e che vuole cementare per il futuro
l’“alleanza” virtuosa.
Qualcuno definisce l’iniziativa fin qui
descritta come una “rivoluzione”. Questo termine può forse apparire oggi troppo ardito, ma certo si tratta almeno di
una grande e positiva novità: una novità
sul piano dei contenuti, che rappresenta
un passo concreto verso un Sistema
informativo per la prevenzione nei luoghi di lavoro; una novità sul piano delle
sinergie e della collaborazione fattiva tra
soggetti che a vario titolo e con diverse
responsabilità sono comunque coinvolti
nella partita (non è irrilevante sottolineare che il numero non esiguo di operatori
rappresentanti delle regioni e dei due
Istituti, che hanno contribuito al lavoro,
ha progressivamente ma rapidamente
raggiunto una condivisione reciproca ed
un “affiatamento” assai poco prevedibile
in partenza tra soggetti di provenienza
ed esperienza assai diversa: un fatto che
la dice lunga sulle possibilità di superare
- almeno qualche volta... - “steccati” e
diffidenze anche storici basandosi sulla
correttezza d’intenti e sulla condivisione
di obiettivi. Qualcosa che chi di noi ha i
capelli grigi non ha visto spesso nel
corso degli ultimi decenni.
Ma alle soglie c’è naturalmente la parte
forse più difficile della partita: far sì che
queste nuove disponibilità, almeno sul
piano dei flussi e dei dati, divengano
effettivamente, per il maggior numero
possibile di Servizi, un elemento utile
per migliorare e “mirare” l’azione nel
proprio territorio, per recuperare - là
dove non c’è o è stata limitata se non
persa - una programmazione basata su
priorità, per verificare l’efficacia degli
interventi; far sì che l’attuale occasione
divenga un elemento di svolta concreta
nella pratica, nell’operatività. È auspicabile che nei prossimi mesi, con l’arrivo
della nuova base di dati, si attui in tutto
il paese, regione per regione, l’iniziativa
tesa a favorire questi miglioramenti, con
il potenziamento delle risorse là dove
sono insufficienti, con lo stimolo all’attivazione di azioni di prevenzione efficace
ed anche con i ritorni di verifica e di proposta per un sistema che in un circuito
virtuoso non può che essere dinamico ed
in continuo progresso.
28
AMBIENTE E SALUTE
INTEGRAZIONE ARPA/ASL
A cura di Roberto Merloni
Arpa ER
INTRODUZIONE
Con la separazione delle competenze
ambientali da quelle sanitarie, è divenuta
evidente più che mai l’importanza del
valore aggiunto della integrazione tra differenti professionalità e discipline di pari
dignità. Faticosamente, alcune regioni e
alcune aziende sanitarie locali (ASL) avevano tentato di favorire questa integrazione prima del referendum del 1993, con
scarso successo. L’esasperazione del dualismo ambiente-salute, derivante dagli
esiti del referendum, rischiava di aumentare l’isolamento degli operatori, con
ovvie riduzioni dell’efficacia degli interventi in entrambi i campi. Molte Regioni,
per limitare i danni e non disperdere patrimoni di collaborazione interdisciplinare
già acquisiti, hanno previsto obblighi di
integrazione razionale e programmazione
comune delle attività tra agenzie regionali per l’ambiente (ARPA) e ASL a partire
dalla legge istitutiva delle agenzie
ambientali. Superata la fase di “lutto da
separazione”, in molte realtà territoriali si
inizia ad accettare l’arricchimento culturale derivante dal linguaggio differenziato e sono in corso interessanti progetti
mirati che prevedono serie collaborazioni
e integrazioni tra i due sistemi.
Questo lavoro intende confrontare le
esperienze di integrazione operativa di
livello provinciale (tra Dipartimenti provinciali ARPA e Dipartimenti di prevenzione AUSL) realizzate in alcune regioni
italiane dopo l’attivazione delle agenzie
regionali per l’ambiente. Vengono considerate solo le principali attività tradizionali, routinarie, che rivestono interesse sia
ambientale sia sanitario, tralasciando i
progetti mirati che difficilmente consentono comparazioni tra realtà regionali
diverse.
È stato utilizzato un apposito questionario
somministrato a operatori ARPA o ASL
attraverso l’intermediazione dei referenti
regionali della Società nazionale operatori della prevenzione (SNOP); questa
società scientifica si è sempre mostrata
molto attenta ai rapporti di integrazione
tra le diverse professionalità del Sistema
di prevenzione ambientale e sanitaria,
promuovendo incontri pubblici e dibattiti
sul tema.
LE AGENZIE REGIONALI
PER L’AMBIENTE
Dopo il referendum del 1993 e la legge
applicativa del 1994, nel 2001 non è ancora completa la rete delle agenzie regionali
per l’ambiente. Alcune Regioni devono
ancora approvare la legge istitutiva, altre
devono nominare il Direttore Generale,
altre ancora devono attivare il trasferimento del personale. La situazione, alla fine
del 2000, è riassunta in tabella 1.
La Lombardia, ultima tra le regioni del
nord ad istituire ARPA, ha trasferito gli
operatori dalle ASL in ottobre 2000
(circa 1000 operatori) e deve ancora formalizzare il regolamento e l’organizzazione.
Questa indagine prende in considerazione 5 realtà regionali che vedono ARPA
attiva. Due agenzie sono tra le prime
attivate (Toscana ed Emilia Romagna),
le altre tre sono “giovani” (Basilicata,
Marche e Veneto). La tabella 2 illustra i
tempi di attivazione e gli operatori trasferiti di queste agenzie.
La tabella 3 riporta le denominazioni
complete e le strutture organizzative
delle agenzie ambientali considerate. Si
Tabella 1
Il Sistema delle Agenzie Ambientali
nell’anno 2000
Tabella 2
Agenzie considerate per l’indagine: tempi di attivazione e operatori
Agenzie attive
(con personale trasferito)
ARPA Basilicata
ARPA Emilia Romagna
ARPA Friuli Venezia Giulia
ARPA Lazio
ARPA Lombardia
ARPA Liguria
ARPA Marche
ARPA Piemonte
ARPA Toscana
ARPA Umbria
ARPA Valle d’Aosta
ARPA Veneto
APPA Bolzano
APPA Trento
ARPA
Agenzie costituite
(con nomina del Direttore Generale)
ARPA Abruzzo
ARPA Calabria
ARPA Campania
Agenzie istituite
(con legge istitutiva approvata)
ARPA Molise
ARPA Puglia
Agenzie da istituire
(con legge istitutiva non ancora approvata)
ARPA Sicilia
ARPA Sardegna
osserva che le regioni Emilia Romagna e
Veneto hanno voluto rimarcare il carattere di prevenzione ambientale richiamandolo esplicitamente nella denominazione delle loro agenzie regionali.
Le strutture organizzative seguono uno
schema più o meno simile, con servizi
centralizzati e decentramenti provinciali.
Legge istitutiva (anno)
Basilicata
Emilia
Romagna
Marche
Toscana
Veneto
1997
1995
1997
1995
1996
Direttore Generale (anno)
1998
1995
1999
1995
1997
Attivazione effettiva (anno)
1999
1996
1999
1996
1998
Operatori dal PMP
(trasferimento obbligatorio) (n°)
56
841
206
320
571
Operatori dal SIP
(trasferimento volontario) (n°)
5
4
45
Totale operatori iniziali
(e a fine 2000) (n°)
80
210
401 (735)
999
728
Tabella 3
Denominazione e struttura organizzativa
Denominazione completa
Struttura organizzativa
ARPA Basilicata
Agenzia regionale per la
protezione dell’ambiente di Basilicata
•
•
•
•
Direzione generale
Segreteria tecnico-amministrativa
3 Settori tematici
Dipartimenti provinciali
ARPA Emilia
Romagna
Agenzia regionale per la
prevenzione e l’ambiente (ARPA) dell’Emilia
Romagna
•
•
•
•
•
•
Direzione generale
Direzione tecnica
Direzione amministrativa
3 Strutture tematiche
Sezioni provinciali
1 Eccellenza tematica e 1 Specializzazione
analitica in ogni Sezione provinciale
ARPA Marche
Agenzia regionale per la
protezione ambientale
delle Marche – Ancona
•
•
•
•
Direzione generale
Direzione tecnica
Direzione amministrativa
Diverse Strutture tematiche
presso i Dipartimenti provinciali
ARPA Toscana
Agenzia regionale per la
protezione ambientale
della Toscana
•
•
•
•
ARPA Veneto
Agenzia regionale per
la prevenzione e
protezione ambientale
del Veneto
• Direzione generale, con Area
Amministrativa, Area Ricerca e
Informazione, Area Tecnico-scientifica
• 3 Centri specializzati
(presso l’Area ricerca e informazione)
• Diversi Osservatori
(presso l’Area Tecnico-scientifica
• Dipartimenti provinciali
Direzione generale
Direzione tecnica
Direzione amministrativa
Dipartimenti provinciali
e Servizi sub-provinciali
• Diverse Commissioni permanenti
tematiche
• 2 Centri specialistici
29
COMPETENZE ISTITUZIONALI
DI ARPA
Le competenze istituzionali di ARPA (tab.
4 ), dettate dalla legge regionale, sono
omogenee nelle realtà esaminate per
quanto riguarda le prove di laboratorio,
che avvengono sia su matrici ambientali
che su matrici alimentari. In alcuni Dipartimenti provinciali della Toscana non vengono effettuate determinazioni su alimenti di tipo microbiologico, ancora di competenza delle ASL.
Nessuno indica anche competenze analitiche in materia veterinaria, di medicina del
lavoro o di clinica. Alcune determinazioni
sull’uomo (tossicologia industriale) ven-
gono effettuate da ARPA ER, su richiesta
della ASL, in alcune realtà territoriali, ma
sono considerate attività marginali.
L’impiantistica-antinfortunistica è un
campo che differenzia le ARPA esaminate. Nelle Marche, la legge istitutiva di
ARPA attribuisce all’agenzia ambientale
la competenza in materia di Controlli
impiantistici preventivi e periodici; tuttavia, un documento successivo di
ARPA, che ripartisce le competenze in
dettaglio, attribuisce ai Dipartimenti
ASL la titolarità del procedimento della
Sicurezza antinfortunistica, affidando ad
ARPA il supporto tecnico.
Il Veneto prevede la competenza istitu-
Tabella 4 Competenze istituzionali ARPA
Prove di laboratorio
Matrici
Matrici
ambientali alimentari
Sorveglianza e controllo
Ambiente Alimenti e Altro
bevande
ARPA Basilicata
X
ARPA Emilia Romagna X
ARPA Marche
X
X
X
X
X
X
X
ARPA Toscana
ARPA Veneto
X
X
X
X
X
X
ImpiantisticaAntinfortunistica
ImpiantisticaAntinfortunistica
zionale di ARPA sull’impiantisticaantinfortunistica ma indica l’ASL come
attore prevalente (tab. 6) con un forte
livello di integrazione tra agenzia
ambientale e azienda sanitaria, precisando che la competenza è svolta interamente da ARPA in convenzione regionale.
INTEGRAZIONE ARPA/ASL
In tutte le ARPA la necessità di integrazione è prevista dalla legge regionale, in
forme più o meno definite.
In Basilicata e in Veneto non esistono
protocolli d’intesa ARPA/ASL per la
definizione di dettaglio delle competenze. In Emilia Romagna e in Toscana vengono, invece, stipulati accordi locali. In
Veneto è stata istituita una commissione
centralizzata mista sanità-ambiente ed è
in via di costituzione un “Comitato tecnico scientifico di coordinamento regionale ambiente e salute” composto da
ARPAV e Direzione per la prevenzione
della Regione Veneto.
Solo in Basilicata le attività non vengono programmate in modo integrato. Le
altre realtà considerate evidenziano, tra
le criticità, la difficoltà di programmazione integrata, ed in particolare, come
la programmazione delle attività avven-
Tabella 5 Integrazioni ARPA/ASL
Forme e strumenti di collaborazione
previsti dalla legge istitutiva ARPA
Protocolli locali
Programmazione
integrata delle
attività
Criticità
ARPA Basilicata • Contenuti in via di ridefinizione
NO
NO
• I Dipartimenti ASL sono nati da pochi mesi
• Esercitano in modo coordinato e inteARPA
Emilia Romagna grato le funzioni e le attività di controllo
ambientale e prevenzione collettiva che
rivestono valenza sia ambientale sia sanitaria.
• Comitato provinciale di coordinamento
SI
(di norma
omogenei)
SI
• Approccio “meccanico” alla programmazione integrata.
• Programmazione ASL ancora difficoltosa.
• Peculiarità locali nella ripartizione delle
competenze.
ga in modo unidirezionale (solo sulle
attività ARPA), senza reciprocità di contributi professionali.
La tabella 6 riporta l’attore prevalente
(che detiene la competenza primaria) e il
livello di integrazione ARPA/ASL attribuito soggettivamente dai compilatori del
questionario per alcune attività significative di interesse sia ambientale sia sanitario.
Va considerato che non sempre c’è omogeneità tra i servizi provinciali di una
stessa ARPA, specie dove esistono protocolli locali (provinciali) che possono
aver mantenuto peculiarità organizzative
preesistenti; i rapporti di integrazione
con la ASL indicati, dunque, possono
rispecchiare le realtà preponderanti nella
Regione ma non quelle di tutte le realtà
provinciali di quella Regione.
La Basilicata non presenta alcun livello
di integrazioni: le competenze sono
distinte e non ci sono compartecipazioni
alla programmazione delle attività né
gruppi di lavoro comune. Tutte le attività
che prevedono prestazioni laboratoristiche sono affidate ad ARPA a partire dall’esecuzione del prelievo dei campioni.
Ad esempio, i campioni di acque potabili, di acque minerali e di acque di piscina sono eseguiti da ARPA, anche se la
legge regionale 8/99, che organizza le
funzioni di prevenzione spettanti al Servizio sanitario regionale, attribuisce al
Dipartimento di prevenzione delle
AUSL la vigilanza e il controllo su queste matrici. Le competenze, comunque,
sono in via di ridefinizione.
Nelle Marche l’integrazione è limitata
all’esecuzione delle analisi per le materie di competenza ASL; su questioni in
cui l’attore prevalente è ARPA non esistono integrazioni (i Comitati provinciali di coordinamento non sono ancora
insediati).
Tabella 6 Attore prevalente* e livello di integrazione** per attività
Basilicata
Scarichi idrici
A–0
Acque superficiali e sotterranee
A–0
Acque potabili
A–0
Acque minerali e termali
A–0
Acque di balneazione
A–0
Piscine
A–0
Molluschicoltura
/
Rifiuti
A–0
Emissioni in atmosfera
A–0
Immissioni diffuse e odorigene
/
Qualità dell’aria
A–0
Agenti fisici
A–0
Amianto
A–0
Sorveglianza fitofarmaci
A–0
Sorveglianza disinfestazione
/
Insediamenti produttivi
D–0
Strumenti urbanistici
/
Valutazione impatto ambientale
A–0
Classificazione industrie insalubri
/
Industrie a rischio incidenti rilevanti A/D – 0
Abitabilità insediamenti civili
/
Ambienti di lavoro
D–0
Microclima
/
Qualità urbana
/
Impiantistica – antinfortunistica
D–0
Epidemiologia
/
Comunicazione del rischio
/
Emilia
Romagna
Marche
Toscana
Veneto
A–1
A–1
D–1
D–1
D (A) – 1 (3)
D–1
D–1
A–1
A–1
A/D – 1
A–1
A–1
D–2
D–1
D–0
D – 2 (3)
A/D – 2 (3)
A/D – 2
D–0
A–2
D–0
D–1
D–1
D–0
D–0
A/D – 2
A/D - 2
A–0
A–0
D–1
D–1
A–0
D–1
D–1
A-0
A–0
D–1
A–0
A–0
D–1
D–1
D–0
A/D – 0
D–2
A–0
D–0
A–0
D–0
D–1
D–1
A–0
A–0
A/D – 0
D-0
A–2
A–1
D–2
D–2
A–2
D–2
A–2
A–1
A–2
A/D – 3
A–3
A–2
A/D – 3
A/D – 2
D–1
D/A – 2
D/A – 2
A–3
D/A – 2
A–2
D–1
D–1
D/A – 2
A–2
D–1
D–0
/
A–0
A–1
D–1
D–1
A–0
D–1
D–1
A –0
A–0
A–2
A–0
A–1
A–1
D–2
D–0
D–1
A/D – 2
A/D – 1
D–1
A/D – 1
D–0
D–1
/
/
D–3
D–2
A/D – 1
ARPA Marche
• Esercitano in modo integrato e
coordinato le funzioni, le attività di
controllo e vigilanza ambientale e di
prevenzione collettiva che rivestono
valenza sia ambientale che sanitaria
• Comitato provinciale di coordinamento
SI
Incompleta
• Il Comitato provinciale di coordinamento non è attivato
• Il coordinamento integrato riguarda
quasi sempre solo le funzioni a prevalente
competenza ARPA
ARPA Toscana
• Bonifiche per amianto; autorizzazioni
scarichi; Conferenze dei servizi; programmazione Service analitico alimenti e acque potabili
SI
(di norma
omogenei)
SI
(di norma)
• Scarsa programmazione per i Service
analitici
* Attore prevalente
(detiene la competenza primaria; decide sui controlli ed esprime i pareri sulla materia):
A = ARPA
D = Dipartimento ASL
ARPA Veneto
• Esercitano in modo coordinato e integrato funzioni di controllo ambientale e
prevenzione collettiva che rivestono
valenza sia ambientale sia sanitaria
• Comitato provinciale di coordinamento
NO
(si seguono le
indicazioni della
Giunta
regionale)
SI
• Aspetti igienico-sanitari o di igiene edilizia derivanti da regolamenti comunali.
• Elevato numero di prestazioni di supporto richieste dalla ASL
** Livelli di integrazione:
0 = Nullo: nessun confronto o collaborazione sulle attività, sulla programmazione, sulle procedure.
1 = Basso: partecipazione alla definizione delle procedure; esecuzione di analisi.
2 = Medio: sopralluoghi congiunti occasionali; gruppi di lavoro comuni su temi specifici.
3 = Alto: sopralluoghi congiunti di norma; pareri a firma congiunta su temi specifici.
30
L’Emilia Romagna e il Veneto mostrano
buone integrazioni a livello territoriale,
differenziate a seconda delle attività. La
Toscana presenta le maggiori integrazioni, anche per le materie in cui la ASL è
l’attore prevalente.
Per alcuni argomenti, le competenze primarie individuate nelle diverse regioni
sono attribuite in modo omogeneo.
Risultano “ambientali” (attribuiti ad
ARPA): scarichi idrici, acque superficiali e sotterranee, rifiuti, emissioni in
atmosfera, qualità dell’aria, agenti fisici;
risultano “sanitari” (attribuiti alla ASL):
sorveglianza disinfestazione, abitabilità
insediamenti civili, ambienti di lavoro.
Le altre materie sono attribuite in modo
non omogeneo.
Le acque potabili, minerali, termali e le
piscine, sono seguite con competenza
primaria di ARPA solo in Basilicata.
Sulle acque di balneazione, la Basilicata,
le Marche ed il Veneto affidano la competenza primaria ad ARPA che la esegue
senza alcuna integrazione con l’ASL. In
Emilia Romagna in genere è l’ASL che
detiene la competenza primaria, affidando all’ARPA solo l’esecuzione delle analisi, senza altre forme di integrazioni professionali; solo in Provincia di Rimini
ARPA effettua anche i campionamenti,
predispone i provvedimenti e diffonde gli
esiti del monitoraggio, in forte sintonia e
integrazione con l’ASL che si esplica
attraverso la concertazione sulle procedure, la valutazione congiunta dei risultati e la firma dei referenti di entrambe le
aziende sulle proposte alle autorità competenti. In Toscana è ARPA che detiene la
competenza primaria, esercitata con
buona integrazione con l’ASL.
La molluschicoltura, solo in Toscana è
controllata da ARPA, con buona integrazione con l’ASL.
Le emissioni diffuse e odorigene, sia in
Toscana che in Emilia Romagna, sono
ripartite ulteriormente, a seconda della
fonte, tra ARPA e ASL; nelle Marche
sono di competenza ASL; in Veneto
sono di competenza ARPA.
L’amianto è considerato “ambientale ”
in Basilicata e in Veneto; è “sanitario” in
Emilia Romagna e Marche; è gestito da
ARPA e ASL in Toscana.
I fitofarmaci, solo in Basilicata e parzialmente in Toscana sono ritenuti un problema prevalentemente “ambientale”.
Gli insediamenti produttivi sono gestiti
dall’ASL, tranne nelle Marche ed in
Toscana ove esiste una ripartizione di
maggior dettaglio.
Gli strumenti urbanistici sono sempre
gestiti con gruppi di lavoro comuni.
La valutazione di impatto ambientale è
gestita in prevalenza da ARPA.
La classificazione delle industrie insalubri compete in genere all’ASL.
31
Dell’impiantistica- antinfortunistica si è
già detto nel paragrafo precedente.
L’epidemiologia è attribuita all’ASL in
Toscana e in Veneto, mentre in Emilia
Romagna e Marche viene gestita in
modo strettamente collaborativo.
CONCLUSIONI
Questa indagine si propone di esaminare
la ripartizione delle competenze e i livelli di integrazione tra ARPA e ASL nelle
principali materie di interesse sia
ambientale sia sanitario nelle regioni italiane. Sono considerate 5 realtà regionali che vedono ARPA attiva: due agenzie
sono tra le prime attivate (Toscana ed
Emilia Romagna), le altre tre sono “giovani” (Basilicata, Marche e Veneto). Le
regioni e le Provincie autonome in cui
ARPA è effettivamente attiva (personale
trasferito dalle ASL) alla fine del 2000
sono 13 in tutto.
Le leggi regionali istitutive delle agenzie
ambientali, in genere, prevedono forme di
collaborazione e integrazione tra ARPA e
ASL. In Emilia Romagna e Toscana vengono stipulati localmente accordi, tra
Dipartimenti provinciali ARPA e Dipartimenti di prevenzione (o di sanità pubblica) delle ASL, che integrano e precisano
la ripartizione delle competenze prevista
dalla legge regionale.
Ad eccezione della Basilicata, ove le
forme di integrazione sono in fase di
ridefinizione, le attività delle strutture
provinciali di ARPA e delle ASL vengono programmate in modo integrato;
quantomeno in teoria, visto che tra le criticità viene evidenziato come la programmazione delle attività avvenga
spesso in modo unidirezionale (solo
sulle attività ARPA), senza reciprocità di
contributi professionali alla definizione
dei rispettivi programmi di lavoro.
La Basilicata, al momento, non presenta
alcun livello di integrazioni nell’effettuazione delle prestazioni. Nelle Marche
l’integrazione è limitata all’esecuzione
delle analisi per le materie di competenza ASL. L’Emilia Romagna e il Veneto
mostrano livelli di integrazione intermedi, differenziati a seconda delle attività.
La Toscana presenta le maggiori integrazioni, anche per le materie in cui la ASL
è l’attore prevalente, con frequenti gruppi di lavoro e attività svolte congiuntamente.
Alcune attività di comune interesse sono
attribuite in modo omogeneo alla competenza primaria di ARPA o ASL nelle
regioni esaminate; per altri argomenti, è
evidentemente più difficile attribuire una
“prevalenza” ambientale o sanitaria e le
attribuzioni della responsabilità primaria
non coincidono. Tra le materie che non
presentano omogeneità, si evidenziano:
32
• gli alimenti: nelle realtà esaminate,
ARPA effettua le prove di laboratorio
sugli alimenti, oltre che su matrici
ambientali; solo in alcuni Dipartimenti
provinciali della Toscana non vengono
effettuate determinazioni di tipo microbiologico sugli alimenti.;
• l’impiantistica-antinfortunistica è affidata alle ARPA nelle Marche e nel Veneto; alle ASL in Basilicata, Emilia Romagna e Toscana;
• le acque di balneazione sono ritenute
di “prevalenza ambientale” in Basilicata,
Marche, Veneto e Toscana; solo l’Emilia
Romagna affida la competenza primaria
alle ASL;
• la molluschicoltura solo in Toscana è
controllata da ARPA;
• le emissioni diffuse e odorigene, in
Toscana e in Emilia Romagna, sono
ripartite ulteriormente, a seconda della
fonte, tra ARPA e ASL; nelle Marche
sono di competenza ASL; in Veneto
sono di competenza ARPA;
• l’amianto è considerato “ambientale”
in Basilicata e in Veneto; è “sanitario” in
Emilia Romagna e Marche; è gestito da
ARPA e ASL in Toscana.
• l’epidemiologia è attribuita all’ASL in
Toscana e in Veneto, mentre in Emilia
Romagna e Marche viene gestita in
modo strettamente collaborativo.
mediante processi integrati trasversali,
che, tra l’altro, abituano a sperimentare
con continuità la pratica del confronto e
del dialogo. Ad esempio, possono essere
gestiti congiuntamente progetti riguardanti l’epidemiologia e la valutazione dell’esposizione ambientale; il sistema informativo interaziendale; il presidio della
informazione, della comunicazione e dell’educazione ambientale e sanitaria, attraverso la gestione condivisa dello Sportello della prevenzione e dello Sportello
ambientale o attraverso specifiche campagne informative di comunicazione del
rischio; indagini locali mirate; report congiunti; formazione permanente comune.
L’integrazione operativa, di cui fino ad
ora si è trattato, non potrà prescindere da
una vera integrazione strategica, espressa attraverso i nuovi strumenti di pianificazione sanitaria e ambientale di livello
territoriale, come i Piani per la salute e
Agenda 21 locale. Attraverso la partecipazione piena (non solo formale) di
entrambi i soggetti agli strumenti di pianificazione strategica di rispettiva competenza potrà concretizzarsi l’obiettivo
più ambizioso: il Piano integrato per la
salute e l’ambiente, sviluppato con criteri interdisciplinari, interprofessionali,
interaziendali, olistici.
Questa indagine non si prefigge l’obiettivo di individuare il livello di integrazione ottimale o di attribuire un riconoscimento ad una Regione anziché ad
un’altra; intende confrontare le diverse
esperienze realizzate e stimolare una
riflessione sulla indispensabile integrazione tra le professionalità presenti nelle
agenzie ambientali e nelle aziende sanitarie, senza sottovalutare la necessità di
utilizzare razionalmente le risorse in
ottica interaziendale. In tal senso, siamo
convinti che una buona collaborazione
integrata presuppone una nuova assunzione di responsabilità caratterizzata da
una azione di umiltà professionale (da
entrambe le parti) e da una razionale
autoriduzione dei propri “gradi di
libertà” per poter riconoscere il valore
aggiunto della differenziazione professionale e dell’approccio olistico. E’
altrettanto evidente che non si realizza
una integrazione razionale moltiplicando il numero di gruppi di lavoro comuni
o le occasioni di sopralluogo congiunto,
quanto piuttosto attraverso la ricerca
continua della condivisione delle rispettive procedure di comune interesse, guadagnata attraverso confronti periodici tra
professionisti preparati e rispettosi delle
competenze altrui.
L’obiettivo della integrazione operativa,
forse più difficile da raggiungere nelle
attività routinarie, può facilmente realizzarsi attraverso specifici progetti gestiti
RINGRAZIAMENTI
Un particolare ringraziamento ai compilatori del questionario:
Patrizia Ammazzalorso (ARPA Marche)
Renzo Biancotto (ARPA Veneto)
Ermanno Lisanti (ASL Matera)
Domenico Taddeo (ASL Pisa)
e a quanti, a vario titolo, hanno collaborato consentendo la realizzazione di questo lavoro:
Alberto Baldasseroni (ASL Firenze)
Enrico Cigada (ARPA Lombardia)
Anna Maria Di Giammarco (ASL Pescara)
Andrea Dotti (USL Torino)
Aligi Gardini (AUSL Forlì)
Fulvio Longo (ASL Bari)
Manuela Peruzzi (ULSS Verona)
Aldo Pettinari (ASL Ancona)
Nicola Ricci (ASL Isernia)
Luigi Salizzato (AUSL Cesena)
AMBIENTE E SALUTE
INTEGRAZIONE ARPA/ASL
CONSIDERAZIONI
CONCLUSIVE
L’8 Giugno 2001 si è svolto ad Ancona
il Seminario nazionale “Integrazione
Ambiente e salute” con l’obiettivo, sostanzialmente, di riprendere ed approfondire il
tema già discusso in occasione della 4°
Conferenza Nazionale delle Agenzie
ambientali a Venezia nel Maggio 2000,
cui aveva fatto seguito la costituzione di
un Gruppo di lavoro interagenziale
(ANPA-ARPA-APPA), coordinato dall’ARPA Marche.
Il Seminario ha fornito importanti spunti
metodologici, ma anche soprattutto proposte di iniziative concrete per coinvolgere le diverse istituzioni locali-nazionali,
responsabili della protezione ambientale
e della prevenzione collettiva finalizzata
a promuovere progetti di integrazione.
In particolare, premesso che:
1. qualsiasi contaminante presente nell’ecosistema interagisce con gli organismi
viventi, e che l’attivazione del processo
finalizzato al mantenimento e al miglioramento della salute non può pertanto prescindere dalla valutazione dei determinanti ambientali, in particolare della qualità dell’aria, dell’acqua, dei suoli degli
agenti fisici e dell’ambiente in toto.
2. In relazione alla complessità degli
interventi richiesti ed alle conoscenze del
territorio acquisite, è indispensabile realizzare un sistema di connessione a rete
tra i diversi soggetti impegnati (Sistema
delle Agenzie per la Protezione Ambientale e Sistema Sanitario Nazionale) al fine
di promuovere ogni possibile sinergia e di
evitare indesiderate ridondanze.
3. La differenziazione dei ruoli tra
ANPA/ARPA e SSN nell’ambito della protezione ambientale e della prevenzione collettiva deve rappresentare un arricchimento
in termini di conoscenze e competenze.
4. L’integrazione di risorse e proposte
deve basarsi su una chiara definizione dei
rispettivi mandati istituzionali, ma orientata a valorizzare, anche attraverso una
metodologia di coprogettazione degli
interventi, tutte le competenze presenti
nei due sistemi, soprattutto sui terreni
d’azione indicati dall’art. 7 quinquies
della legge di riordino del Servizio Sanitario Nazionale
5. È necessario valorizzare, sempre, le
esigenze di autonomia locale mediante
un duttile coordinamento generale mirando così alla significatività, anche scientifica, degli interventi di prevenzione.
6. Gli strumenti e i terreni su cui tale integrazione potrà meglio realizzarsi sono
l’epidemiologia ambientale, la valutazione e la comunicazione del rischio che pertanto dovranno avere una più attenta considerazione in termini organizzativi e di
risorse nelle ARPA e nei Dipartimenti di
Prevenzione.
Tali temi sono stati discussi e approfonditi dando i seguenti obiettivi:
1. Tempestività, sviluppo di interazione
dei Sistemi informativi, ambientali e sanitari integrati anche attraverso la definizione di indicatori comuni, la predisposizione di report congiunti, etc..
2. Organizzazione all’interno del Sistema
Agenziale di strutture operative di epidemiologia ambientale su scala regionale e
nazionale collegate in rete, che collaborino con le strutture sanitarie dello stesso
ambito per favorire integrazione e facilità
di reperimento di risorse necessarie allo
sviluppo di iniziative comuni.
3. Promozione di comuni strategie ed attività di comunicazione del rischio per
l’ambiente e la salute a partire dai campi di
applicazione delle leggi 344/99 e 426/98.
4. Collaborazione con organizzazioni
nazionali ed internazionali per lo sviluppo di criteri e strumenti per la prevenzione ambientale e sanitaria.
5. Promozione di progetti di formazione
permanente del personale dei due sistemi
sulle metodologie e le buone pratiche di
realizzazione di tale integrazione.
6. Attuazione di indagini e valutazioni
integrate, secondo la metodologia dei
profili di rischi interno/esterno, dell’impatto delle attività produttive sull’ambiente e sulla salute sia degli addetti che
delle popolazioni.
7. Cooperazione per la realizzazione di
progetti congiunti di educazione delle
giovani generazioni e della popolazione
adulta alla promozione della salute allo
sviluppo sostenibile.
Sono altresì emerse le seguenti richieste:
1. alle ARPA, ARS, AUSL e comunque
alle Regioni spetta il compito di favorire
sul campo la realizzazione di accordi,
protocolli di intesa e progetti concreti che
sperimentino e caratterizzino la pratica e
l’abitudine al confronto e al dialogo;
2. alle ARPA e ai Dipartimenti di Prevenzione delle AUSL di favorire concretamente in termini organizzativi e di risorse
la crescita di competenze al loro interno
sui temi della valutazione del rischio dell’esposizione ambientale delle popolazioni (epidemiologia ambientale), della
comunicazione del rischio e della educazione alla promozione della salute e allo
sviluppo sostenibile;
3. all’ANPA e al Consiglio delle Agenzie
di promuovere lo sviluppo di progetti di
integrazione facilitando economie di
scala, ma soprattutto diffondendo esperienze emblematiche di riferimento;
4. al Governo e alle Regioni il compito di
favorire, attraverso la propria azione l’impegno coerente delle risorse per la collaborazione tra il sistema ANPA/ARPA e il
sistema del Servizio Sanitario Nazionale,
a partire da una rapida ed efficace attuazione del dettato dell’art. sette quinquies
del Dlgs 229/99 realizzando l’accordo di
programma tra i due Ministeri (Ambiente
e Sanità) sulla base dei documenti già
prodotti dalla Commissione “Oleari”.
33
ELABORAZIONE DEL PIANO PER LA SALUTE
NEL TERRITORIO CESENATE
LA RICERCA PARTECIPATA
DEI BISOGNI DI SALUTE
a cura di
Mauro Palazzi
Referente aziendale
del Piano per la Salute
Dipartimento di Sanità Pubblica
Ausl di Cesena
“non tutte le cose che contano
si possono contare,
non tutte le cose che si possono
contare contano”
Albert Einstein
INTRODUZIONE
L’impetuoso sviluppo economico, scientifico e tecnologico che ha caratterizzato
la fine del secondo millennio, ha prodotto
profondi mutamenti nella vita dell’uomo.
Molte sfide della medicina sono state
vinte o stanno per esserlo, la vita media
della popolazione si è elevata, l’informatica ha ampliato oltre l’immaginabile le
possibilità di comunicazione interpersonale ma, nonostante tutto, si osservano
nella popolazione problemi e bisogni di
salute spesso nuovi e complessi.
Questi bisogni di salute difficilmente
trovano una risposta efficace nell’intervento dei soli servizi socio-sanitari, in
quanto sono legati all’esigenza di recuperare una socialità, una dimensione più
umana del vivere, ed a fattori (stili di
vita, fattori socio-economici e ambientali) che non sono sotto il controllo del
Sistema Sanitario.
Gli interventi volti a ridurre le condizioni
di povertà e di esclusione sociale, le iniziative finalizzate a promuovere il ruolo
sociale dell’anziano, gli interventi a
sostegno delle famiglie che assistono
malati cronici e disabili, una pianificazione urbanistica che tuteli le aree verdi e
migliori la sicurezza stradale, gli interventi a favore dello sviluppo del volontariato sono solo alcuni esempi di azioni
che possono portare a miglioramenti
sostanziali dello stato di salute dei cittadini e che prevedono un intervento intersettoriale dei diversi attori sociali.
34
Per migliorare lo stato di salute e rispondere ai bisogni dei cittadini è quindi necessario spostare l’attenzione dalle politiche di
assistenza sanitaria a quelle di salute,
mobilitando tutte le risorse presenti nei
diversi settori della comunità che possono
intervenire sui fattori determinanti (decisori politici, cittadini, organizzazioni di
volontariato, scuola, sindacato, imprenditori, operatori sociosanitari, mondo della
comunicazione…) per costruire un “patto
locale di solidarietà per la salute”.
Il “Piano per la Salute” (PPS) è lo strumento che la Regione Emilia Romagna ha
proposto per rendere concreto questo
patto. Nella delibera della giunta regionale 1 marzo 2000 n. 321 il PPS viene definito come “un piano triennale di azione
elaborato e realizzato da un insieme di
attori, coordinati dal governo locale, che
impegnano risorse umane e materiali allo
scopo di migliorare la salute della popolazione anche attraverso il miglioramento
della assistenza sanitaria“.
Il ruolo guida del Piano è affidato agli
Enti locali, con il supporto tecnico della
AUSL. Il processo di elaborazione del
Piano prevede inoltre la partecipazione
dei diversi attori sociali non sanitari fin
dalla fase di ricognizione/rilevazione dei
bisogni e problemi di salute della comunità e di scelta delle priorità.
La partecipazione dei cittadini e degli
altri attori sociali, rappresenta il presupposto innovativo e la sfida, che assieme
alle politiche intersettoriali, può favorire la
promozione della salute di una popolazione e può contribuire allo sviluppo della
comunità. La partecipazione (gli attori agiscono un potere e decidono), insieme al
coinvolgimento (gli attori divengono attivi) e alla creazione di connessioni (gli attori si mettono in rete), è uno dei tre “pilastri
fondamentali” sui quali si basa lo sviluppo di comunità secondo E.R.Martini.
Ovviamente parliamo di un livello alto di
partecipazione, come la definirebbero
Eweles e Simnet, attraverso il quale i cittadini possono esprimere un effettivo controllo, parziale o totale, su importanti decisioni che hanno ricadute sulla loro salute.
La realizzazione di un processo di partecipazione ampia della comunità è uno dei
fattori di maggior complessità del percorso di elaborazione del PPS, ma rappresenta anche una grande opportunità per
promuovere un processo di condivisione
di responsabilità e di potere dei diversi
attori rispetto alle scelte di salute che li
riguardano direttamente.
I metodi e i livelli di partecipazione realizzabili sono condizionati da numerosi
fattori, tra questi ricordiamo il tempo a
disposizione (il processo di partecipazione non è mai veloce), la volontà delle
istituzioni e dei cittadini, le risorse professionali, economiche e sociali ( la presenza di capitale sociale). La scelta del
percorso deve considerare attentamente
queste condizioni per ottenere il migliore
risultato possibile, magari anche minimo
dal punto di vista quantitativo, ma qualitativamente alto, evitando di creare delusione e sfiducia.
Con questo spirito il gruppo tecnico di
coordinamento per il Piano per la Salute,
incaricato di elaborare una analisi dei
bisogni di salute della comunità ha proceduto alla raccolta ed elaborazione dei
dati e delle informazioni cercando di
coinvolgere e far partecipare al processo
oltre agli addetti ai lavori anche quegli
attori sociali che pur non avendo esperienze specifiche e professionali nel settore potevano arricchire con informazioni qualitative l’analisi.
L’ANALISI PARTECIPATA
DEI BISOGNI DI SALUTE
L’esecutivo della Conferenza Sanitaria
Territoriale di Cesena, nel settembre
2000 ha deciso di attivare, un processo di
elaborazione e attuazione del PPS affidando ad un Gruppo Tecnico il compito
di proporre e attuare un programma di
lavoro con i seguenti obiettivi:
Elaborare e attuare un piano per la salute
per rispondere ai bisogni di salute prioritari del territorio della CST di Cesena.
Migliorare la conoscenza relativamente
ai problemi, ai bisogni di salute e alle
risorse presenti nella comunità (reti, progetti, esperienze, attori sociali…).
Promuovere e organizzare momenti di
riflessione e confronto sui temi dei problemi e bisogni di salute, sui determinanti e sui criteri prioritari di scelta per gli
interventi.
Sperimentare esperienze di coinvolgimento e partecipazione della comunità
alla costruzione di politiche per la salute.
Promuovere una responsabilizzazione
diffusa dei diversi attori rispetto ai problemi e alle scelte di salute e sviluppare
reti e collaborazioni.
Per individuare gli obiettivi di salute
prioritari, sui quali impostare un programma di azioni intersettoriale, è stata
avviata dal mese di febbraio 2001 un’analisi partecipata dei bisogni di salute
nella nostra comunità.
L’analisi è stata condotta ricercando
punti di vista diversi (operatori dei servizi e cittadini rappresentanti delle principali categorie sociali) e strumenti di lettura di tipo statistico-epidemiologico e
della ricerca sociale. La multidimensionalità e complessità dei bisogni di salute
rende infatti indispensabile un approccio
multidisciplinare per la loro definizione.
La raccolta e l’elaborazione di informazioni di tipo quantitativo e qualitativo ha
permesso di trovare in parte conferme
alle opinioni degli “esperti” e, in parte, di
arricchire le conoscenze disponibili.
Il metodo adottato, che ha permesso di
sperimentare percorsi di partecipazione di
operatori e altri attori sociali della comunità, alla elaborazione di programmi
comunitari di promozione della salute, ha
previsto due modalità di raccolta dei dati.
1. Raccolta delle opinioni di cittadini e
dei rappresentanti delle diverse categorie
sociali della comunità (amministratori
pubblici, operatori dei servizi, volontariato, sindacato, mondo produttivo, scuola, famiglie, ecc…) attraverso interviste di
gruppo (focus group). Il focus group è una
tecnica di rilevazione usata sempre più
frequentemente nella ricerca sociale ed è
basata sulla discussione tra un piccolo
gruppo di persone, alla presenza di uno o
più moderatori, focalizzata su un argomento che si vuole indagare in profondità.
(Corrau, 2000). L’importanza dell’interazione tra i partecipanti al gruppo costituisce l’elemento caratterizzante dei focus
group: si raccolgono, infatti, dati e informazioni nati dal confronto con gli altri e
dalla costruzione di opinioni condivise.
I 31 gruppi intervistati ( per un totale di
249 persone) sono stati individuati prevalentemente tra quelli già costituiti e attivi
(es. commissioni consiliari, consulte del
volontariato, comitati di distretto, comitati consultivi misti, gruppi territoriali omogenei di medici di famiglia…), alcuni
gruppi sono stati costituiti ad hoc (es. studenti, insegnanti, operatori sanitari...). La
procedura in base alla quale abbiamo
individuato i soggetti partecipanti ai gruppi è stata la “campionatura intenzionale”
(Vaughn et al., 1996), la più frequente tra
quelle utilizzate nei progetti di ricerca
qualitativa. Nella selezione si è ricercata
la massima rappresentatività delle diverse
categorie sociali della comunità e dei
diversi ambiti territoriali. L’obiettivo delle
interviste era quello di sperimentare modalità di coinvolgimento della comunità nella
analisi dei bisogni e di raccoglierne opinioni e informazioni qualitative relative ai
bisogni percepiti di salute.
2. La realizzazione di profili e schede
epidemiologiche elaborate da gruppi di
tecnici ed esperti sulle problematiche di
salute relative alle patologie prevalenti,
ai gruppi di popolazione più deboli, ai
principali fenomeni sociali correlati con
la salute e individuati dal Piano Sanitario
Regionale 1999-2002, (neoplasie, malattie cardio-vascolari, malattie respiratorie,
salute mentale, dipendenze patologiche,
anziani, donne, bambini e adolescenti,
esclusione sociale, alimentazione, incidenti stradali, infortuni e sicurezza sul
lavoro). Questi gruppi hanno raccolto
informazioni utilizzando dati correnti
(cause di morte, ricoveri ospedalieri…),
dati di servizio (numero di accessi ad un
servizio…) e dati provenienti da ricerche
ad hoc.
Sulla base di queste informazioni, sono
state elaborate delle schede descrittive
contenenti informazione sulla rilevanza
(gravità e diffusione) del problema/bisogno, i determinanti, i livelli di intervento,
i costi economici e sociali, i progetti in
atto… attraverso le quali sono stati individuati i principali bisogni di salute della
comunità proposti alla Conferenza Sanitaria Territoriale per la scelta delle priorità sulle quali elaborare il patto locale di
solidarietà per la salute.
CONSIDERAZIONI FINALI
E PROSPETTIVE
Nella fase di analisi dei bisogni di salute
della comunità di Cesena abbiamo utilizzato oltre agli strumenti epidemiologici
classici il focus group come strumento di
raccolta dati, teso a far emergere gli
atteggiamenti e le percezioni soggettive
della popolazione su tematiche inerenti
la salute.
Questa tecnica di indagine è risultata
utile, non solo come strumento di raccolta dati, ma anche come tecnica di promozione della partecipazione, in quanto le
persone sono state coinvolte direttamente, è stata favorita la conoscenza tra i
diversi interlocutori, la creazione di collaborazioni e il consenso intorno al progetto. Questo risultato è stato valutato
sulla base delle risposte (favorevoli nel
93% dei partecipanti) al questionario di
gradimento e dalla alta partecipazione
agli incontri e iniziative successive.
Il materiale raccolto, con la partecipazione attiva di oltre 300 cittadini e operatori,
è stato elaborato dal gruppo tecnico che
ha individuato i principali bisogni di salute e li ha presentati attraverso una proposta sintetica alla Conferenza Sanitaria
Territoriale per la scelta delle priorità.
Questa proposta è stata prima presentata
e condivisa con i partecipanti all’indagine in occasione di un incontro pubblico
al quale hanno partecipato circa 170 sulle
300 invitate.
La Conferenza Sanitaria Territoriale per
la scelta ha tenuto conto di quanto era
emerso dalle interviste dei gruppi focus
(bisogno percepito), dei dati epidemiologici e dei seguenti criteri per la scelta
delle priorità indicati dal gruppo di amministratori pubblici e dagli altri attori
sociali (54 soggetti) coinvolti in un corso
di formazione nella fase di attivazione
iniziale del percorso (fine anno 2000).
I criteri individuati e che hanno guidato
la scelta sono stati:
la rilevanza
(gravità e diffusione nella popolazione)
la capacità di ridurre le disuguaglianze
la risolvibilità
l’urgenza.
L’esecutivo della Conferenza Sanitaria
Territoriale Cesenate nel luglio 2001,
valutato il risultato dell’analisi dei bisogni e le risorse disponibili, ha deciso di
impegnarsi sulle seguenti tre aree di bisogno giudicate prioritarie:
• cultura della salute e stili di vita sani
Le motivazioni che hanno indotto questa
scelta sono state: ӏ un bisogno particolarmente percepito dai gruppi Focus
intervistati, il bisogno è trasversale a tutte
la fasce della popolazione, può permette-
35
re di intervenire su problemi di salute
importanti e diffusi nella popolazione”;
• sicurezza stradale
le motivazioni sono state le seguenti:
”l’incidentalità stradale nel nostro territorio è particolarmente rilevante sia nei
confronti dei dati regionali che nazionali,
è un fenomeno che causa morte, disabilità
in particolare per le giovani generazioni;
esistono nel territorio molte risorse (quali
la scuola di polizia stradale) che possono
essere coinvolte in uno specifico PPS”;
• sostegno a chi deve sostenere
motivazioni: “è un bisogno particolarmente segnalato dai Focus Group, è un
bisogno che si riferisce a fasce di popolazione che spesso vivono in condizioni di
esclusione sociale, e in situazioni familiari “fragili”.
Nel settembre 2001, sono stati costituiti i
primi nuclei dei gruppi di lavoro guidati
da amministratori pubblici (Sindaci e
Assessori), coadiuvati da rappresentanti
del gruppo tecnico, che coinvolgeranno
rappresentanti delle diverse categorie
sociali della nostra comunità nella individuazione degli obiettivi specifici e del
programma delle azioni.
Per la primavera 2002 ci attendiamo che
sia terminato il lavoro di elaborazione e
che a questo abbiano partecipato attivamente i diversi attori sociali del territorio,
questa è la condizione irrinunciabile per
garantire la realizzazione di un autentico
Patto Locale di Solidarietà per la Salute.
Bibliografia
AA.VV., “Il lavoro di comunità”, Quaderni di animazione e formazione, Edizioni
Gruppo Abele, 1996.
BIOCCA M. (a cura di), Promozione
della salute e sanità pubblica, FrancoAngeli Editore, Milano, 1997.
BRANCA P., “Il potere nella comunità
locale tra coinvolgimento e partecipazione”, Animazione Sociale, n. 10, 1996.
CORRARU S., Il focus group, FrancoAngeli Editore, Milano, 2001.
Eweles L. e Simnett I., Promoting health.
A pratical guide, Ballière Tindall, Edinburgh, 1999.
MARTINI E.R., “La ricerca azione partecipata”, Animazione Sociale, nn. 10 e 11, 1995.
PALAZZI M., SANTULLO A., “Il Capitale Sociale”, Salute e Territorio, n. 117, 1999.
Piano sanitario nazionale. Decreto Presidente della Repubblica 23 luglio 1998.
Approvazione del Piano sanitario nazionale per il triennio 1998–2000, Gazzetta
Ufficiale, n. 288 del 10 dicembre 1988,
S.O. n. 201.
Piano sanitario regionale 1999–2001. Il
Patto di solidarietà per la salute in Emilia-Romagna.
36
SALUTE MENTALE E
AMBIENTE DI LAVORO:
COME SI CREA UNA
RELAZIONE
di Maria Giuseppina Bosco
e Silvana Salerno
Questo contributo si colloca nell’ambito
della ricerca del benessere mentale nei
luoghi di lavoro. Sono passati molti anni
(circa 25) da quando i rischi dell’organizzazione del lavoro furono affrontati
dal movimento operaio attraverso il
cosiddetto “quarto gruppo di fattori nocivi” (ritmo di lavoro, responsabilità, cottimo, ansia, ecc..). Da allora abbiamo
fatto molti passi avanti sul piano delle
conoscenze tecnico-scientifiche e delle
metodologie di indagine negli ambienti di
lavoro tuttavia questo campo rimane un
terreno grandemente inesplorato. Affrontare il tema della salute mentale al lavoro
necessita di uno sforzo culturale, scientifico, metodologico, sociale ma chi è
disposto ad impegnarsi avrà la soddisfazione di poter interpretare la realtà con
strumenti sempre più idonei.
“La salute mentale è l’indicatore
più evidente delle caratteristiche
morali di una società”
G. Berlinguer (1)
Parlare di salute mentale nel 2002 non
deve più essere considerato il vezzo di
pochi pionieri in grado di esplorare territori impervi. E’ vero la salute mentale
rappresenta un territorio difficile fatto di
visibile e non visibile, di coscienza e
incoscio, misurabile e non misurabile. E
forse è proprio questa complessità che
ha determinato un lungo silenzio tecnico-scientifico interrotto solo a tratti. Tuttavia la domanda di salute delle popolazioni chiede un miglioramento delle
condizioni di vita e di lavoro sempre più
legate al mentale e al sociale. Depressione, stanchezza cronica, demotivazione,
insoddisfazione, invecchiamento precoce, stress, burnout, violenza psicologica
e ancora tanti altri sono sintomi, sindromi, malattie dell’adattamento ad un
sistema organizzato sempre più veloce.
La nostra struttura fisica e mentale, vecchia di milioni di anni, pur avendo realizzato meccanismi raffinati di adattamento fisiologico, cede il passo di fronte ad una domanda ambientale così elevata, quasi impossibile da soddisfare.
L’indicatore leader è il disagio/disturbo
mentale, la depressione il più comune.
Negli Stati Uniti due terzi dei sucidi
sono legati alla depressione e anche per
questo è nato il progetto American
Healthy People 2010 che ha, tra i dieci
indicatori principali di salute, la salute
mentale e come obiettivo prioritario:
riconoscere la depressione e trattarla (2).
La depressione può colpire tutti bambini/e, adolescenti, adulti, vecchi/ie. Di
questi gruppi gli adulti maschi e femmine sopra i 18 anni che lavorano rappresentano gli utenti dei servizi di prevenzione territoriale.
1.. Chi salverà Charlot(te)?
Ovvero chi si pre(occupa) della salute
mentale nei luoghi di lavoro?
Dal Seminario sulla “Valutazione della
fatica mentale nei luoghi di lavoro” (3)
al quale parteciparono figure professionali interdisciplinari e intradisciplinari
interessate alla prevenzione nei luoghi di
lavoro è nato un gruppo intradisciplinare
di medici del lavoro e psichiatri con l’obiettivo di approfondire gli aspetti teorici e pratici della relazione tra lavoro e
salute mentale (Progetto S.M.I.L.E.). Il
lavoro di ricerca preliminare è stato
quello di sviluppare uno studio organizzativo sulle azioni tecniche svolte nei
Servizi di Prevenzione Igiene e Sicurezza nei luoghi di lavoro e nei Centri di
Salute Mentale considerati come i servizi investiti dalla L. 833/78 della salute
mentale e dell’ambiente di lavoro. Questo
studio ci ha permesso di raccogliere la letteratura specifica, di applicare in modo
congiunto il Metodo delle Congruenze
Organizzative come metodo interdisciplinare comune su cui analizzare i risultati applicativi nei due servizi pubblici e ci
ha permesso, infine, di ipotizzare modalità di intervento comuni e possibili
secondo la normativa vigente (v. tab.1) .I
risultati hanno mostrato che non ci sono
nei servizi di prevenzione azioni tecniche
specifiche con procedure consolidate
rivolte alla prevenzione della salute mentale nei luoghi di lavoro (4) (5).
2. Psichiatri e medici del lavoro
a confronto
Un Seminario intradisciplinare tra psichiatri e medici del lavoro (4) è stato organizzato per discutere di tutela della salute
mentale nei luoghi di lavoro. Discutere con
un gruppo competente con diversa esperienza professionale, punti di osservazione
diversi, visioni teoriche differenti allo
scopo di avviare una rete di comunicazione tra i due settori e favorire la nascita di
esperienze pilota di integrazione. La scelta
di lavorare su una base intradisciplinare
comune (la medicina come quadro teorico
condiviso da medici del lavoro e psichiatri) è legata alla difficoltà di condividere, in
una prima fase, un quadro teorico completamente differente come quello degli psicologi.
Gli aspetti emergenti discussi hanno evidenziato l’interesse degli operatori presenti all’argomento ma contemporaneamente una sensazione di “inadeguatezza”,
impreparazione ad affrontare un problema
emergente su cui non si hanno strumenti
di intervento “collaudati”, la consapevolezza che il problema del rapporto tra
lavoro e salute mentale andrà evidenziandosi nel prossimo futuro ma che appare,
generalmente, come problema “irrisolvibile”, la centralità della “domanda”, senza
la quale è difficile intraprendere iniziative
nei servizi che sono già alle prese con
numerose richieste d’altro tipo. La
dimensione del rischio lavorativo e la
dimensione della salute mentale come
categorie non chiare e chiaramente correlabili, come sono invece per gli psichiatri
il rapporto individuo-contesto o, per i
medici del lavoro, il rapporto fattori di
rischio/salute fisica. Un esempio di questa
diversità è la visione del rapporto tra salute mentale e lavoro: per gli psichiatri il
lavoro rappresenta la riabilitazione sociale
del malato di mente, per i medici del lavoro il lavoro è fattore di rischio (v. fig.1).
Da questo incontro si è deciso di avviare
una ricerca-integrata tra Centri di Salute
Mentale (CSM) e Servizi di Prevenzione
Igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro
(SPISLL) sulla domanda di salute mentale al lavoro della rispettiva utenza. La rile-
vazione sperimentale di dati su un gruppo
di lavoratori e lavoratrici dipendenti,
attuata in parallelo in un CSM, in un SPISLL e in un Servizio di Igiene Pubblica
(IP), mediante uno strumento elaborato
congiuntamente da psichiatri e medici del
lavoro, ha costituito la terza fase del progetto. Di questa parte parleremo nel prossimo numero di SNOP.
Riferimenti
1. BERLINGUER G. Psichiatria e salute
mentale. Prima Conferenza Naz.per la Salute Mentale, Roma 10-12 gen. 2001.
2 SNOP-SIE-ENEA Semin. Nazionale.
Dalla salute occupazionale alla salute dell’organizzazione. La valutazione della fatica
Fig. 1
Relazione ambiente di lavoro
e salute mentale (2)
1. Promozione del benessere mentale
2. Protezione della salute mentale
3. Contenimento del disagio/disturbo mentale
4. Fattore terapeutico
5. Fattore di rischio
6. Fattore di slatentizzazione
7. Fattore di aggravamento
8. Fattore causale
mentale nei luoghi di lavoro – Dal laboratorio di ricerca all’applicazione sul campo alla
luce del D.L.vo 626/94 (a cura di S.Salerno e
R. Tartaglia) Edizioni ENEA, Roma, 11 apr.
1997.
3 PROGETTO HEALTHY PEOPLE 2010
(www.health.gov/healthypeople/).
Gli altri indicatori sono: attività fisica, sovrappeso e obesità, uso di tabacco, abuso di
sostanze, comportamento sessuale, violenza e
lesioni, qualità dell’ambiente, immunizzazione, accesso alla cura..
4. SALERNO S, CAPACC F, CANEVALE
F, TARTAGLIA R. Le attività del medico del
lavoro. L’esperienza italiana. La Medicina del
Lavoro 1996; 88 (2):108-120
5 BOSCO MG, SALERNO S, VALCELLA
F. Salute mentale e lavoro: azioni tecniche
integrate tra i servizi di prevenzione igiene e
sicurezza nei luoghi di lavoro e centri di salute mentale. La Medicina del lavoro 1999; 90
(6): 752-761.
6. PROGETTO S.M.I.L.E. (Salute mentale,
Igiene Lavoro, ENEA). Atti del seminario
intrerdisciplinare a cura di Salerno S. Chi salverà Charlot? Tempi moderni, ovvero: la
salute mentale nei luoghi di lavoro. Roma, 22
maggio 1999
I materiali possono essere richiesti a:
Silvana Salerno
ENEA Casaccia SP 018 00060 Roma
[email protected]
Tabella 1 – Azioni tecniche integrate tra CSM e SPISLL
Azioni tecniche
Committenza
Utenza
1. Inserimento negli obiettivi di
lavoro dei due servizi di un programma di intervento sulla salute mentale nei luoghi di lavoro
Servizio Sanitario
Nazionale, Regioni
(mandato istituzionale)
Popolazione al lavoro
> 18 anni che lavora e risiede nella ASL di competenza
territoriale dei servizi
2. Formazione interdisciplinare
sulla salute mentale al lavoro
Servizio Sanitario
Nazionale, Regioni
I due servizi SPISLL e CSM
3. Strumenti di rilevazione epidemiologica di casi, eventi sentinella, disagi prevalenti, disturbi
correlati con il lavoro nella
utenza dei due servizi
Servizio Sanitario
Nazionale, Regioni
Operatori e operatrici dei
due servizi operanti nel
campo della salute mentale
al lavoro
4. Creazione di un flusso di
informazione/comunicazione tra
i due servizi
SPISLL e CSM
SPISLL e CSM
5. Interventi sanitari individuali
su casi specifici e su situazioni
collettive a rischio (es. stress,
burnout, mobbing, ecc.)
SPISLL e CSM
Lavoratori e/o lavoratrici con
problemi specifici di rischio
per la salute mentale, licenziamenti, cassa integrazione, isolamenti organizzativi, ecc.
6. Creazione/selezione di strumenti
di rilevazione e valutazione specifici
per indagini mirate allo studio dei
fattori di rischio mentali al lavoro
SPISLL e CSM
Lavoratori e lavoratrici che
lavorano e risiedono nel
territorio di competenza
della ASL
37
NOTIZIARIO
PROGRAMMA SNOP 2002
Progetto di lavoro a breve e medio termine su cui la Presidenza ed il Direttivo
nazionale concordano e che si articola
nelle iniziative definite nella riunione
dell’Ufficio di Presidenza tenutosi a
Saluzzo il 15/12/2001, proposte alla
discussione ed approvate dal Direttivo
Nazionale a Bologna il 29/01/2002
AREA COMUNICAZIONE
Per la rivista si concorda di programmare l’uscita di almeno tre numeri, uno
all’inizio dell’anno (possibilmente entro
marzo) per avviare un dibattito tra i soci
sulle scelte strategiche e sul futuro dell’Associazione, un secondo monografico
sui cancerogeni, collegato alle iniziative
seminariali e convegnistiche previste, ed
un terzo per rendere conto dei contributi
dei soci alla discussione avviata con il
primo numero della nuova gestione
redazionale. La rivista è stata in questi
anni uno strumento molto utile per l’associazione, secondo alcuni si potrebbe
parlare di identificazione tra lo strumento e la Snop, ma la prospettiva per un
futuro anche vicino potrebbe essere la
pubblicazione di una rivista elettronica,
anche se per molti il giornale rimane
ancora uno strumento insostituibile, sia
per indisponibilità delle nuove tecnologie comunicative, sia per il semplice piacere di leggere dei fogli di carta piuttosto
che le pagine di un file. Il mantenimento
anche temporaneo di uno strumento cartaceo potrebbe agevolare il passaggio ad
eventuali nuovi o rinnovati strumenti di
comunicazione come una rivista com-
38
pletamente elettronica e un sito WEB
ristrutturato. Sarebbe utile anche l’edizione di un ALERT periodico per informare di cosa si può trovare nel sito.
La proposta di affidarsi a professionisti
per un’edizione della rivista capace di
sopravvivere secondo le regole del mercato potrebbe essere considerata solo se
si riesce a ripubblicare autonomamente
alcuni numeri mantenendo la storica
qualità del giornale. La rivista cartacea
non potrà probabilmente convivere con
quella elettronica per cui va avviato un
confronto con i soci per scegliere tra
rivista cartacea, che si mantiene con le
regole del mercato, e rivista elettronica
ad integrazione del sito web, un’altra
opzione è quella di continuare a produrre dei numeri monografici, come quello
in corso di preparazione sui cancerogeni,da pubblicare sia a stampa che su cd.
In merito al sito la proposta è quella di
collaborare con altri alla gestione di un
portale della Sanità pubblica rispetto a
cui i diversi partners (Ambiente e Lavoro, sul cui sito siamo da sempre ospitati,
Safetynet, con cui collabora la sezione
veneta, ma anche in prospettiva i Servizi
di prevenzione) chiariscano quali obiettivi si prefiggono, cosa si aspettano e
quale contributo possono dare. Per quanto riguarda la SNOP il portale dovrebbe
contenere parti comuni e parti caratteristiche di ciascun partner e servire per:
• ordinare, incentivare la produzione e
fare conoscere i materiali prodotti dai
soci e dai Servizi;
• avere la disponibilità di strumenti
come le news e i forum di discussione
tra cui lo speech corner, luogo in cui
parlano tutti e dove si può parlare ad es.
di ciò che non funziona;
• avere la disponibilità di una biblioteca legislativa specialistica aggiornata;
• mantenere un proprio settore specifico, oltre alle sezioni sopra descritte in
comune con gli altri partners, con accesso diretto al dominio registrato, con la
propria grafica consolidata per descrivere la vita associativa ed eventualmente
pubblicare la rivista informatica.
Va comunque aggiornata la modalità di
accettazione dei contributi dei soci o di
altri soggetti interessati, vanno potenziate le rubriche che interessano i Servizi, va
introdotto un motore interno di ricerca.
SNOP può portare al portale la rete delle
proprie relazioni ed i relativi contributi
professionali e si aspetta che gli altri
partners garantiscano la gestione dei
nuovi strumenti su cui hanno maggiore
competenza, e che Safetynet, o meglio
Edulyfe, che è una piattaforma di servizi
che sostiene più siti o portali, fornisca in
particolare il portale e la manutenzione,
mentre per l’inserimento dei contributi
dovremmo organizzarci con una nostra
redazione che collabori con Enrico Cigada, in continuazione con l’ottimo lavoro
da lui finora svolto. Comunque si evolva
il progetto del portale bisogna intervenire per rifondare l’attuale sito, dotandolo
anche degli strumenti sopraindicati. Si
sta già costituendo una redazione on line
per lavorare in questo senso. Va inoltre
chiarito quale rapporto di collaborazione
si possa sviluppare con il sito Epicentro
dell’ISS. Per sostenere questa iniziativa,
molto importante per il futuro dell’associazione, si è pensato di avviare una sottoscrizione da affiancare alla campagna
di associazione per il 2002.
CONVEGNO SULLE PROSPETTIVE
PER LA PREVENZIONE IN UN
CONTESTO ISTITUZIONALE IN
RADICALE CAMBIAMENTO
Snop sta organizzando un Convegno
nazionale (vedi alla pagina a lato), per
analizzare le strategie per la prevenzione in
un contesto istituzionale caratterizzato
dalla riforma federale delle competenze
sanitarie e dalla necessità di sviluppare il
passaggio di ruolo dei Servizi di prevenzione da organi di vigilanza a regolatori di
sistema. Si pensa di articolare i lavori in tre
sessioni plenarie, di cui due con interventi
preordinati, la prima sulle strategie (analisi
dello scenario istituzionale, ruolo e funzioni dei Servizi, l’oggetto della prevenzione,
la prevenzione basata sull’evidenza), la
seconda sugli strumenti per il cambiamento continuando l’analisi avviata nel 2000 a
Rimini (epidemiologia descrittiva, formazione, comunicazione, qualità). La terza
plenaria dovrebbe raccogliere le sintesi di
alcune sessioni tematiche parallele, a
discussione libera sulle esperienze di
eccellenza in settori d’intervento interdisciplinari, in particolare per la prevenzione
in ambiente di lavoro, in ambiente di vita e
in ambito alimentare. I protagonisti del
Convegno saranno i Dip. di prevenzione e
le Agenzie per l’ambiente che si confronteranno con gli interlocutori istituzionali,
professionali e sociali disponibili.
ALTRE INIZIATIVE CUI SNOP DARÀ IL
PROPRIO CONTRIBUTO
Si concorda di organizzare un seminario
internazionale del CPE a Saluzzo il 22/24
aprile 2002, prendendo spunto dalla sentenza Borsana, e un convegno in Toscana
in autunno sui cancerogeni, a partire dalle
esperienze del Piemonte e della Toscana,
assieme ai Servizi che stanno lavorando
su questo tema, prevedendo di trattare
anche gli aspetti di sorveglianza sanitaria
e di igiene industriale, coinvolgendo i
medici igienisti e gli igienisti industriali.
Si conferma il sostegno alle iniziative del
gruppo nazionale di coordinamento di
EBP, sia per progetti sperimentali che per
un seminario nazionale sulle esperienze
di EBP già avviate nelle diverse regioni.
ORGANIZZAZIONE
E QUOTE ASSOCIATIVE
Si concorda di individuare come referente nazionale per l’area della Prevenzione
nei Luoghi di Lavoro Celestino Piz, con
sostituti/”aiutanti” Andrea Dotti e
Domenico Taddeo.
In particolare Dotti ha rappresentato
SNOP alle manifestazioni per il centenario della Clinica del lavoro di Milano,
Piz rappresenterà la Snop nella commissione nazionale per la Formazione continua e l’Accreditamento in ML. La redazione della rivista viene affidata a Baldasseroni, coordinatore, Calabresi e Taddeo, mentre la redazione on-line viene
per ora avviata da Baldasseroni, Cigada,
Salizzato e Taddeo. I referenti della
Snop per il gruppo nazionale EBP
rimangono Baldasseroni, Gardini, Salizzato.
Si conferma inoltre il sostegno alle iniziative della CIIP (referente Volturo), del
CPE (ref. Dotti, Taddeo, Piz), la consulta per il tabagismo (referente Palazzi), il
comitato didattico del Profea (ref. Salizzato), il premio Martignani (ref. Salizzato), i progetti INAIL (ref. Cipriani).
Relativamente alle quote associative si
concorda di adeguarle a 50 euro per i
laureati/sostenitori ed a 30 euro per il
personale del comparto. Viene avviata
una sottoscrizione per finanziare il progetto di ristrutturazione della pagina web
ed in prospettiva per il progetto del portale della Sanità Pubblica.
LA PREVENZIONE CHE CAMBIA,
LA PREVENZIONE CHE CRESCE
Riforma federale del sistema sanitario pubblico.
I Servizi di prevenzione ambientale e sanitaria: valutazioni, strategie e
prospettive di lavoro.
CASERTA 13/14/15 giugno 2002
in collaborazione con:
Regione Campania
Regione Veneto
ASL di Caserta
ARPA Campania
Università Federico II, Napoli
Seconda Università, Napoli
Ambiente e lavoro
è stato richiesto il patrocinio di:
ISS, ISPESL, INAIL
Coordinamento delle regioni
sono stati invitati:
Ministero della Salute
Ministero dell’Ambiente
Ministero del Lavoro
GIOVEDÌ 13 pomeriggio
Gli scenari di riferimento
per l’azione dei Servizi
Relazione di apertura.
Il sistema pubblico di prevenzione.
Salizzato, SNOP
La prevenzione tra Stato e Regioni.
Assetti, sinergie e reti.
Regione Veneto
Soggetti e oggetti della prevenzione.
Problemi aperti, bisogni emergenti.
Volturo, Rubini
La prevenzione basata sull’evidenza.
Buiatti
18.00 Assemblea Soci SNOP
VENERDÌ 14 mattina, seconda parte e
pomeriggio
La parola agli operatori
Coordinatori della sessione,
per la segreteria scientifica
Sicurezza in ambiente di vita e di lavoro
Lama, Coato,Taddeo,Valpreda, Salizzato
Tutela ambientale
e promozione della salute
Lauriola, Merloni, Gardini, Giua
Stili di vita e collettività
Ferigo, Squintani, Savonitto,Triassi
Introduzione alla sessione da parte della
segreteria scientifica, che si ricollega ai temi
trattati nelle plenarie. Confronto di esperienze esemplari o significative, con riferimento ai temi su cui si sviluppa il Convegno. Le comunicazioni verranno raccolte e
ammesse dalla segreteria scientifica in quanto esemplificative di almeno uno dei
seguenti criteri: azioni integrate, sistemi
innovativi a tutela del cittadino, valutazione
di efficacia, partecipazione dei professionisti
e dei cittadini, valutazione dei bisogni.
È previsto uno spazio poster.
SABATO 15 mattina
Quali proposte dalle idee
e dalle esperienze degli operatori
VENERDÌ 14 mattina, prima parte
Declinare la prevenzione.
Strumenti, chiavi di lettura e linguaggi.
Presentazione dei lavori
delle sessioni tematiche
segreteria scientifica
Tutela del cittadino.
Vigilanza, controllo e autocontrollo
Coniugare un moderno sistema di controlli
con la difesa del cittadino.
Taddeo, Ferigo, Giua
Sistema informativo e comunicazione
Conoscere e ascoltare per prevenire.
D’Argenio, Lauriola, Palazzi
Formazione
Mantenersi competenti per creare competenze e sostenere il cambiamento.
Biocca
Dichiariamo le intenzioni
ed i programmi
Dichiarazione d’intenti
(sulla base di quanto sentito nel Convegno).
Programmi d’intervento per la prevenzione.
Rappresentanti di Istituzioni e Parti Sociali
Conclusioni e prospettive
Snop
Quote d’iscrizione: 150 Euro, 100 Euro per i soci Snop
Ogni ulteriore informazione (form di partecipazione, istruzioni per invio di contributi scritti,
ecc.) possono essere trovati all'indirizzo http://www.snop.it
Le proposte d’intervento o i poster vanno inviati all’indirizzo [email protected]; la segreteria
scientifica comunicherà le proprie valutazioni entro il 31 maggio, per e-mail.
La presidenza
39
PREMIO
ALESSANDRO MARTIGNANI
movimento politico e culturale che cresceva intorno al “modello operaio” di
lotte per la salute. Sia nel periodo in cui
era necessaria un’opera di rafforzamento
strutturale e funzionale, durante gli anni
’80. L’esperienza in Emilia-Romagna ha
contribuito in modo determinante nell’affermarsi a livello nazionale di un
modello nuovo di servizi pubblici.
Il Comitato promotore
del Premio “Alessandro Martignani”
e l’Associazione Italiana di Epidemiologia
organizzano
in collaborazione con
• Agenzia sanitaria regionale
dell’Emilia-Romagna
• Comune di Bagnacavallo
• Azienda USL di Ravenna
• Società Nazionale
degli Operatori della Prevenzione
• Associazione Ambiente-Lavoro
Direttore generale di aziende sanitarie
negli anni ’90 in particolare a Ravenna,
ha affrontato la missione di riorganizzare i servizi sanitari senza perdere la
visione complessiva dell’assistenza e la
necessità di rispondere agli effettivi
bisogni di salute delle popolazioni. La
sua visione aperta, le competenze legislative e gestionali, lo spirito di ricerca e
innovazione, il carisma ne hanno fatto
un punto di riferimento regionale per
problemi difficili (la lotta ai tumori ad
esempio) e gli hanno permesso di sperimentare soluzioni originali.
PROGRAMMA
Alcuni amici e collaboratori di Martignani hanno ritenuto importante non solo
ricordarlo, ma usare la memoria del suo
operare per creare opportunità di crescita
culturale e per valorizzare idee e progetti
innovativi nel campo della salute e hanno
costituito un Comitato promotore del
“Premio Alessandro Martignani”.
10.00
9.30
10.30
11.00
11.30
L’Associazione italiana di epidemiologia (AIE) ha deciso di aderire alla proposta e di assumerne anche la responsabilità giuridica.
12.00
L’Assessorato alla sanità della Regione
Emilia-Romagna, la Provincia di Ravenna, la Conferenza sanitaria territoriale di
Ravenna, il Comune di Bagnacavallo e
l’Azienda USL di Ravenna hanno sostenuto il progetto con impegno e motivazione profondi.
13.00
Intervallo
14.30
L’applicazione del DLgs 626/1994:
risultati definitivi del monitoraggio
su 1000 imprese dell’Emilia-Romagna
Leopoldo Magelli,
Agenzia sanitaria regionale
dell’Emilia-Romagna
Carlo Smuraglia
Prospettive della legislazione sulla
salute e la sicurezza del lavoro
La seconda edizione del
Premio Martignani a cura del
Comitato Promotore
Conclusioni
Augusto Zappi, Direttore generale
dell’Azienda USL di Ravenna
Francesco Taroni, Direttore
generale dell’Agenzia sanitaria
regionale dell’Emilia-Romagna
Altre organizzazioni, tra cui la Società
nazionale degli operatori della prevenzione (SNOP) e l’Associazione Ambiente-Lavoro, hanno aggiunto il proprio
attivo sostegno.
15.00
e con il patrocinio di
• Assessorato alla sanità della
Regione Emilia-Romagna
• Provincia di Ravenna
• Conferenza Sanitaria Territoriale
di Ravenna
16.00
16.30
1° edizione
PREMIO
ALESSANDRO MARTIGNANI
SALUTE E LAVORO
3 giugno 2002
Teatro Goldoni
Bagnacavallo (Ravenna)
PRESENTAZIONE
Nel giugno del 2000 è morto Alessandro
Martignani. Aveva solo 56 anni ed era un
uomo speciale.
Dirigente della Regione Emilia-Romagna, è stato l’artefice principale della
costruzione dei servizi pubblici di prevenzione, soprattutto nei luoghi di lavoro, in questa regione. Sia nella fase di
ideazione, negli anni ’70 che hanno preceduto la Riforma sanitaria, dentro il
40
Apertura della manifestazione
Mario Mazzotti, Sindaco del
Comune di Bagnacavallo
Presidente
della Provincia di Ravenna
Giovanni Bissoni,
Assessore alla sanità
della Regione Emilia-Romagna
Introduzione
a cura del Comitato promotore
Benedetto Terracini
Associazione italiana di
epidemiologia e direttore della
rivista Epidemiologia e prevenzione
Cancerogeni negli ambienti di lavoro
Premiazione della tesi di laurea
Antonio Grieco
direttore della Clinica del lavoro
“L. Devoto” dell’Università di Milano
Il lavoro e la salute dei lavoratori:
cento anni di storia
Premiazione del lavoro vincente
La sicurezza e la salute nei cantieri
del Treno ad alta velocità:
il ruolo delle Aziende USL
Bologna SUD e Firenze
Questa prima edizione del Premio viene
attribuita a scritti rilevanti e innovativi
sui rapporti tra lavoro e salute, che
abbiano messo in luce soprattutto il contributo della pubblica amministrazione o
delle parti sociali alle nuove strategie per
la salute e la sicurezza nel lavoro.
In particolare verranno premiati:
Abbiamo chiesto, inoltre, ad alcune persone molto importanti nella storia della
salute dei lavoratori del nostro paese di
arricchire con il loro contributo l’analisi
della situazione attuale dei rapporti tra
lavoro e salute, in una prospettiva storica che ci permetta di guardare avanti con
maggiore chiarezza.
• una tesi di laurea che ha affrontato
il tema degli infortuni sul lavoro nei
minori, che è uno degli aspetti più dolorosi di un fenomeno già particolarmente
critico in una società che rivendica il
diritto alla civiltà;
Antonio Grieco, direttore della Clinica
del lavoro “L. Devoto” dell’Università
di Milano. È la struttura sanitaria più
antica al mondo per lo studio, la cura e la
prevenzione delle malattie da lavoro e
proprio quest’anno compie il suo primo
centenario.
• il lavoro complesso di prevenzione
che da alcuni anni viene realizzato in
collaborazione tra le Aziende USL di
Firenze e di Bologna-Sud nei grandi
cantieri della tratta appeninica del Treno
ad alta velocità.
Verranno anche presentati i primi risultati
definitivi relativi all’Emilia-Romagna di
una grande indagine sulla applicazione del
Decreto legislativo 626/1994 che ha coinvolto migliaia di imprese in tutta Italia.
La premiazione avverrà nel Teatro Goldoni di Bagnacavallo, piccola città della
Romagna molto cara a Martignani. La
scelta di questo luogo, certamente non centrale nei frettolosi percorsi di lavoro, non è
motivata solo da ragioni affettive. Vorremmo sottolineare anche così l’opportunità di
dedicare una giornata di studio a problemi
importanti, che rimangono in piedi perché
hanno fondamenta profonde.
Carlo Smuraglia, giurista e Senatore
della Repubblica nelle passate due legislature. A lui dobbiamo in particolare un
lavoro straordinario di analisi complessiva delle condizioni della salute e della
sicurezza dei lavoratori in Italia e di proposta per un nuovo, moderno e comprensivo corpo legislativo in questo settore.
Benedetto Terracini, professore dell’Università di Torino, sulla prima cattedra
di Epidemiologia dei tumori. Il suo
impegno per lo studio e la prevenzione
delle cause ambientali e occupazionali
del cancro è fondamentale non solo in
Italia. Oggi dirige la rivista Epidemiologia e Prevenzione.
Segreteria del premio
“ALESSANDRO MARTIGNANI”
Gianfranco Bertazzini, Marco Biocca, Alba
Carola Finarelli, Pierluigi Macini, Leopoldo
Magelli, Nanda Montanari, Giuseppe Petrone, Luigi Salizzato, Paolo Tori.
Segreteria del Premio “A. Martignani” c/o
Centro di documentazione per la salute
dell’Agenzia sanitaria regionale
dell’Emilia-Romagna:
Marco Biocca
CDS
Via Gramsci 12
40121 BOLOGNA
Tel 0516079933
Fax 051251915
[email protected]
41
LE ATTIVITÀ DEL
COMITATO PERMANENTE
EUROPEO CPE
di Domenico Taddeo
Il confronto tra le organizzazioni del
Comitato Permanente Europeo ( Apit per
il Portogallo ,UPIT per la Spagna e Associazione Villermè per la Francia )sono
continuate nell’anno 2001con il seminario organizzato in Portogallo da APIT
nel Novembre u.s. sulla questione della
evoluzione dei sistemi di Ispezione nei
luoghi di lavoro rispetto ai nuovi rischi le
nuove sfide e le nuove soluzioni.
Nel 2002 è stato convegno organizzato
in Spagna Barcellona dai colleghi dell’UPITsul tema del subappalto a fronte
delle modifiche dell’organizzazione del
lavoro anche a livello internazionale.
questo seminario in preparazione sull’affare Borsana già preaanunciato sulla rivista SNOP n.57.
Le iniziative continueranno nell’anno
2002 con:
2)
La normativa di origine comunitaria e la
sua trasposizioni a livello nazionale e
specificatamente a livello italiano sia
quella già operativa che di prossima
emanazione sia generale sui rischi chimici.
il seminario organizzato a Saluzzo sull’affare Borsana da SNOP
il Seminario in Francia organizzato nel
prossimo autunno dall’associazione Villermè su valutazione dei rischi e l’organizzazione della prevenzione a fronte
della nuova e dilagante precarizzazione
dei rapporti di lavoro.
Questo percorso seminariale ripartito
fra i vari paesi è coerente con l’idea di
un necessario e approfondito confronto
di merito fra diverse realtà nazionali su
singoli e specifici temi della salute e
sicurezza nei luoghi di lavoro visto
dagli operatori organismi pubblici regolatori del sistema per confluire col convegno triennale che il CPE terrà in Portogallo nell’anno 2003.
Il seminario di Saluzzo sull’affare Borsana e sui cancerogeni nei luoghi di
lavoro si terrà nei giorni dal 22 al 24
aprile 2002 .
Ricordiao i presupposti di
42
1)
La discussa vicenda del processo intentato da una compagnia petrolifera contro
il rivenditore di prodotti petroliferi Borsana a livello di corte Europea dopo che
la stessa Borsana aveva intentato causa
civile al fine di ottenere prodotti petroliferi con contenuto di benzene a livello
più basso possibile Conflitto tra utilizzatori e produttori.
3)
La normativa comunitaria sulla circolazione delle merci a livello comunitario e
le sue conseguenze sugli aspetti di tutela
della salute
La vicenda Borsana vide l’assenza dello
stato italiano al processo, ove avrebbe
dovuto difendere una sua legge e nel
dibattito l’Italia fu praticamente assente.
SNOP fu tra i pochi che parlarono della
vicenda, mentre un grande ruolo fu svolto dal BTS con Laurent Vogel e Andrea
Tozzi.
Per il caso Borsana, discusso presso l’alta corte di giustizia Europea,a proccupare furono le tesi dell’avvocatura che
sosteneva come illegittimo il tipo di trasposizione effettuata dall’Italia in termini di protezione dagli agenti cancerogeni
nei luoghi di lavoro e rimetteva agli esiti
della valutazione del rischio effettuata
dal datore di lavoro per l’adozione di
livelli di intervento.
Quindi veniva messa in discussione la
norma che consente legislazioni nazionali anche più garantiste.
Nel caso dell’Italia l’ambito di maggiore
tutela deriva dal contesto normativo e
precisamente:
Costituzione (artt. 32 e 41), Codice civile (art. 2087), D. Lgs 277/91 (art. 3, Titolo I, che recepisce la direttiva Cee
80/1107), D.Lgs 626/94 (Titolo I e VII
che recepiscono la direttiva quadro
89/391 e la direttiva 90/394) – stabilisce
contestualmente l’obbligo del datore di
lavoro e il diritto del lavoratore ad evitare la esposizione ad agenti che possano
avere effetti sulla salute e sicurezza.
Il datore di lavoro "è tenuto ad adottare
nell’esercizio dell’impresa le misure che
– secondo la particolarità del lavoro,
l’esperienza e la tecnica – sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro"
(art. 2087 del Codice civile).
In altri termini, attualmente, la normativa
italiana esclude procedure di definizione
di rischio accettabile in base a calcoli di
carattere probabilistico o economico.
Ne consegue che il datore di lavoro, una
volta individuato il rischio, nell’adottare
misure preventive e protettive (volte ad
eliminare o a ridurre il rischio) ha come
unico limite quello definibile dalla fattibilità tecnica.
La Corte di Giustizia ha a suo tempo
rigettato la tesi dell’avvocatura e garantito la legittimità della trasposizione italiana ma attualmente la vicenda potrebbe
riaprirsi per altri motivi .
La modifica alla direttiva cancerogeni,
già recepita, e l'arrivo imminente della
direttiva agenti chimici con l'introduzione dei valori limite (per ora già
benzene, CVM, legno, presto altri).
Dall'Italia, c’è stata una presa di posizione solo della CGIL .
Il secondo aspetto riguarda la circolazione dei prodotti, in particolare il tenore di
benzene delle benzine, e l'intreccio spesso stridente tra i due ordini di legislazione. Quindi si lega anche ai decreti del
ministero dell'ambiente sul tema e ai
decreti del ministero dell'industria per
l'omologazione delle stazioni di erogazione con aspiratore integrato dei vapori
e per le caratteristiche dei combustibili
commercializzabili. Qui la faccenda si
intreccia anche con la regolamentazione
(in evoluzione) dei prodotti chimici ed in
generale con le norme che regolano il
mercato dei beni e prodotti a livello
europeo. Non è un caso infine che da
quel periodo sia stato dato grande impulso
agli erogatori automatici, con modifiche
sostanziali nelle caratteristiche del lavoro
dei benzinai (scioperi, manifestazioni e
nuovo contratto). Il tutto ruotava intorno
al processo intentato da Guariniello, conclusosi in condanna in primo grado.
Il seminario di Saluzzo affronterà i
seguenti temi:
analisi della vicenda Borsana e riflessioni sull’applicazione della normativa di
protezione rispetto ai cancerogeni ed
effetti della sentenza a distanza di alcuni
anni;
stato della tutela del rischio cancerogeno
nei luoghi di lavoro in Italia e in Europa
• normativa corrente e sua (in)applicazione
• necessità di rivedere la normativa e/o
le linee guida che ilcoordinamento delle
regioni ha emanato a suo tempo
• sorveglianza sanitaria degli esposti e
degli ex esposti
• registrazione degli esposti e definizione degli esposti : tipizzazione quantitativa della esposizione e degli addetti
• misurazione e valutazione delle esposizioni
latori) , quelle dell’area tecnica delle
valutazioni e misurazione delle esposizioni.
Tale confronto si inserisce in una ripresa
dell’interesse sui cancerogeni : in quest’anno sono prevedibili due seminari
organizzati in Toscana ai quali la SNOP
parteciperà.
Il seminario di saluzzo su questi temi
sarà l’avvio di una più ampia e
approfondita disanima che impegnerà la
rete dei servizi,la SNOP e il coordinamento delle Regioni in questa fase.
Un anno quindi che potrà ben definirsi
l’anno dei cancerogeni e al quale, comeSNOP e con le nuove caratteristiche trasversali all’area della Prevenzione, lavoreremo cercando di suscitare un avvio
anche della riflessione sui cancerogeni
negli ambienti di vita stimolando il confronto tra operatori della sanità pubblica
che stanno intervenendo sul tema.
AISMEL
UN FIOCCO ROSA
NEL MONDO DELLA
PREVENZIONE
Al Presidente SIMLII
Prof. Luigi Ambrosi
Al Presidente AUML
Prof. Innocente Franchini
Al Presidente AIMPLS
Prof. Bruno Saia
Al Presidente CIIP
Prof. Vito Foà
Al Presidente ANMA
Dr. Giuseppe Briatico Vangosa
Al Presidente AIRM
Dr. Giorgio Trenta
Al Presidente ANMELP
Dr. Valentino Petussi
Al Presidente CNSML
Dr. Sergio Fantini
Al Presidente SNOP
Dr. Luigi Salizzato
Le aree specialistiche coinvolte sono
quelle epidemiologiche, quelledi organizzazione dei sistemi di prevenzione,
quelle degli organi di controllo (o rego-
Oggetto: presentazione
dell’ “Associazione Italiana
Specializzandi in Medicina del Lavoro”
Chiarissimo Presidente,
mi è gradito informarLa che il 2 febbraio
c.a., si è tenuto a Roma un incontro dei
rappresentanti degli Specializzandi in
Medicina del Lavoro. In tale occasione è
stata costituita l’associazione in oggetto
che si propone, tra l’altro, di fornire un
contribuito alle iniziative per l’abolizione dell’art. 1-bis della legge 8 gennaio
2002, n.1.
Riteniamo quindi necessario collaborare
con le organizzazioni, tra cui quella da
Lei presieduta, che già validamente operano in questo senso. A tal fine Le allego, per opportuna conoscenza, una copia
del nostro Statuto.
Sarei lieto se volesse informarmi delle
azioni intraprese o segnalarmi possibili
collaborazioni.
Colgo l’occasione per porgerLe i miei
più distinti saluti.
Roma, 6 febbraio 2002
Michele Russo
43
NOTIZIARIO
re dei numeri monografici, come quello
in corso di preparazione sui cancerogeni,da pubblicare sia a stampa che su cd.
In merito al sito la proposta è quella di
collaborare con altri alla gestione di un
portale della Sanità pubblica rispetto a
cui i diversi partners (Ambiente e Lavoro, sul cui sito siamo da sempre ospitati,
Safetynet, con cui collabora la sezione
veneta, ma anche in prospettiva i Servizi
di prevenzione) chiariscano quali obiettivi si prefiggono, cosa si aspettano e
quale contributo possono dare.
Per quanto riguarda la SNOP il portale
dovrebbe contenere parti comuni e parti
caratteristiche di ciascun partner e servire per:
PROGRAMMA SNOP 2002
Progetto di lavoro a breve e medio termine su cui la Presidenza ed il Direttivo
nazionale concordano e che si articola
nelle iniziative definite nella riunione
dell’Ufficio di Presidenza tenutosi a
Saluzzo il 15/12/2001, proposte alla
discussione ed approvate dal Direttivo
Nazionale a Bologna il 29/01/2002
AREA COMUNICAZIONE
Per la rivista si concorda di programmare l’uscita di almeno tre numeri, uno
all’inizio dell’anno (possibilmente entro
marzo) per avviare un dibattito tra i soci
sulle scelte strategiche e sul futuro dell’Associazione, un secondo monografico
sui cancerogeni, collegato alle iniziative
seminariali e convegnistiche previste, ed
un terzo per rendere conto dei contributi
dei soci alla discussione avviata con il
primo numero della nuova gestione
redazionale. La rivista è stata in questi
anni uno strumento molto utile per l’associazione, secondo alcuni si potrebbe
parlare di identificazione tra lo strumento e la Snop, ma la prospettiva per un
futuro anche vicino potrebbe essere la
38
pubblicazione di una rivista elettronica,
anche se per molti il giornale rimane
ancora uno strumento insostituibile, sia
per indisponibilità delle nuove tecnologie comunicative, sia per il semplice piacere di leggere dei fogli di carta piuttosto
che le pagine di un file. Il mantenimento
anche temporaneo di uno strumento cartaceo potrebbe agevolare il passaggio ad
eventuali nuovi o rinnovati strumenti di
comunicazione come una rivista completamente elettronica e un sito WEB
ristrutturato. Sarebbe utile anche l’edizione di un ALERT periodico per informare di cosa si può trovare nel sito.
La proposta di affidarsi a professionisti
per un’edizione della rivista capace di
sopravvivere secondo le regole del mercato potrebbe essere considerata solo se
si riesce a ripubblicare autonomamente
alcuni numeri mantenendo la storica
qualità del giornale. La rivista cartacea
non potrà probabilmente convivere con
quella elettronica per cui va avviato un
confronto con i soci per scegliere tra
rivista cartacea, che si mantiene con le
regole del mercato, e rivista elettronica
ad integrazione del sito web, un’altra
opzione è quella di continuare a produr-
• ordinare, incentivare la produzione e
fare conoscere i materiali prodotti dai
soci e dai Servizi;
• avere la disponibilità di strumenti
come le news ed i forum di discussione
tra cui lo speech corner, luogo in cui parlano tutti e dove si può parlare ad es. di
ciò che non funziona;
• avere la disponibilità di una biblioteca legislativa specialistica aggiornata;
• mantenere un proprio settore specifico, oltre alle sezioni sopra descritte in
comune con gli altri partners, con accesso diretto al dominio registrato, con la
propria grafica consolidata per descrivere la vita associativa ed eventualmente
pubblicare la rivista informatica. Va
comunque aggiornata la modalità di
accettazione dei contributi dei soci o di
altri soggetti interessati, vanno potenziate le rubriche che interessano i Servizi, va
introdotto un motore interno di ricerca.
SNOP può portare al portale la rete delle
proprie relazioni ed i relativi contributi
professionali e si aspetta che gli altri
partners garantiscano la gestione dei
nuovi strumenti su cui hanno maggiore
competenza, e che Safetynet, o meglio
Edulyfe, che è una piattaforma di servizi
che sostiene più siti o portali, fornisca in
particolare il portale e la manutenzione,
mentre per l’inserimento dei contributi
dovremmo organizzarci con una nostra
redazione che collabori con Enrico Cigada, in continuazione con l’ottimo lavoro
da lui finora svolto. Comunque si evolva
il progetto del portale bisogna intervenire per rifondare l’attuale sito, dotandolo
anche degli strumenti sopraindicati, si
sta già costituendo una redazione on line
per lavorare in questo senso, va inoltre
chiarito quale rapporto di collaborazione
si possa sviluppare con il sito Epicentro
dell’ISS. Per sostenere questa iniziativa,
molto importante per il futuro dell’associazione, si e’ pensato di avviare una sottoscrizione da affiancare alla campagna
di associazione per il 2002.
CONVEGNO SULLE PROSPETTIVE
PER LA PREVENZIONE
IN UNCONTESTO ISTITUZIONALE
IN RADICALE CAMBIAMENTO
La Snop sta organizzando un Convegno
nazionale, da tenersi presso la Reggia di
Caserta nei giorni 13/14/15 giugno 2002,
per analizzare le strategie per la prevenzione in un contesto istituzionale caratterizzato dalla riforma federale delle competenze sanitarie e dalla necessità di sviluppare il passaggio di ruolo dei Servizi
di prevenzione da organi di vigilanza a
regolatori di sistema. Si pensa di articolare i lavori in tre sessioni plenarie, di cui
due con interventi preordinati, la prima
sulle strategie (analisi dello scenario istituzionale, ruolo e funzioni dei Servizi,
l’oggetto della prevenzione, la prevenzione basata sull’evidenza), la seconda sugli
strumenti per il cambiamento continuando l’analisi avviata nel 2000 a Rimini
(epidemiologia descrittiva, formazione,
comunicazione, qualità). La terza plenaria dovrebbe raccogliere le sintesi di alcune sessioni tematiche parallele, a discussione libera sulle esperienze di eccellenza
in settori d’intervento interdisciplinari, in
particolare per la prevenzione in ambiente di lavoro, in ambiente di vita e in ambito alimentare. I protagonisti del Convegno saranno i Dipartimenti di prevenzione e le Agenzie per l’ambiente che si confronteranno con gli interlocutori istituzionali, professionali e sociali disponibili.
ALTRE INIZIATIVE CUI SNOP DARÀ
IL PROPRIO CONTRIBUTO
Si concorda di organizzare un seminario
internazionale del CPE a Saluzzo il
22/24 aprile 2002, prendendo spunto
dalla sentenza Borsana, ed un convegno
in Toscana in autunno sui cancerogeni, a
partire dalle esperienze del Piemonte e
della Toscana, assieme ai Servizi che
stanno lavorando su questo tema, prevedendo di trattare anche gli aspetti di sorveglianza sanitaria e di igiene industriale, coinvolgendo i medici igienisti e gli
igienisti industriali.
Si conferma il sostegno alle iniziative del
gruppo nazionale di coordinamento di
EBP, sia per progetti sperimentali che per
un seminario nazionale sulle esperienze
di EBP già avviate nelle diverse regioni.
ORGANIZZAZIONE
E QUOTE ASSOCIATIVE
Si concorda di individuare come referente nazionale per l’area della Prevenzione
nei Luoghi di Lavoro Celestino Piz, con
sostituti/”aiutanti” Andrea Dotti e
Domenico Taddeo.
In particolare Dotti ha rappresentato
SNOP alle manifestazioni per il centenario della Clinica del lavoro di Milano,
Piz rappresenterà la SNOP nella commissione nazionale per la Formazione
continua e l’Accreditamento in ML.
La redazione della rivista viene affidata
a Baldasseroni, coordinatore, Calabresi e
Taddeo, mentre la redazione on-line
viene per ora avviata da Baldasseroni,
Cigada, Salizzato e Taddeo.
I referenti della Snop per il gruppo
nazionale EBP rimangono Baldasseroni,
Gardini, Salizzato.
Si conferma inoltre il sostegno alle iniziative della CIIP (referente Volturo), del
CPE (ref. Dotti, Taddeo, Piz), la consulta per il tabagismo (referente Palazzi), il
comitato didattico del Profea (ref. Salizzato), il premio Martignani (ref. Salizzato), i progetti INAIL (ref. Cipriani).
Relativamente alle quote associative si
concorda di adeguarle a 50 euro per i
laureati/sostenitori ed a 30 euro per il
personale del comparto. Viene avviata
una sottoscrizione per finanziare il progetto di ristrutturazione della pagina web
ed in prospettiva per il progetto del portale della Sanità Pubblica.
AISMEL
UN FIOCCO ROSA
NEL MONDO DELLA
PREVENZIONE
Al Presidente SIMLII
Prof. Luigi Ambrosi
Al Presidente AUML
Prof. Innocente Franchini
Al Presidente AIMPLS
Prof. Bruno Saia
Al Presidente CIIP
Prof. Vito Foà
Al Presidente ANMA
Dr. Giuseppe Briatico Vangosa
Al Presidente AIRM
Dr. Giorgio Trenta
Al Presidente ANMELP
Dr. Valentino Petussi
la presidenza
Al Presidente CNSML
Dr. Sergio Fantini
Al Presidente SNOP
Dr. Luigi Salizzato
Oggetto: presentazione
dell’ “Associazione Italiana
Specializzandi in Medicina del Lavoro”
Chiarissimo Presidente,
mi è gradito informarLa che il 2 febbraio
c.a., si è tenuto a Roma un incontro dei
rappresentanti degli Specializzandi in
Medicina del Lavoro. In tale occasione è
stata costituita l’associazione in oggetto
che si propone, tra l’altro, di fornire un
contribuito alle iniziative per l’abolizione dell’art. 1-bis della legge 8 gennaio
2002, n.1.
Riteniamo quindi necessario collaborare
con le organizzazioni, tra cui quella da
Lei presieduta, che già validamente operano in questo senso. A tal fine Le allego, per opportuna conoscenza, una copia
del nostro Statuto.
Sarei lieto se volesse informarmi delle
azioni intraprese o segnalarmi possibili
collaborazioni.
Colgo l’occasione per porgerLe i miei
più distinti saluti.
Roma, 6 febbraio 2002
Michele Russo
39
PREMIO
ALESSANDRO MARTIGNANI
movimento politico e culturale che cresceva intorno al “modello operaio” di
lotte per la salute. Sia nel periodo in cui
era necessaria un’opera di rafforzamento
strutturale e funzionale, durante gli anni
’80. L’esperienza in Emilia-Romagna ha
contribuito in modo determinante nell’affermarsi a livello nazionale di un
modello nuovo di servizi pubblici.
Il Comitato promotore
del Premio “Alessandro Martignani”
e l’Associazione Italiana di Epidemiologia
organizzano
in collaborazione con
• Agenzia sanitaria regionale
dell’Emilia-Romagna
• Comune di Bagnacavallo
• Azienda USL di Ravenna
• Società Nazionale
degli Operatori della Prevenzione
• Associazione Ambiente-Lavoro
Direttore generale di aziende sanitarie
negli anni ’90 in particolare a Ravenna,
ha affrontato la missione di riorganizzare i servizi sanitari senza perdere la
visione complessiva dell’assistenza e la
necessità di rispondere agli effettivi
bisogni di salute delle popolazioni. La
sua visione aperta, le competenze legislative e gestionali, lo spirito di ricerca e
innovazione, il carisma ne hanno fatto
un punto di riferimento regionale per
problemi difficili (la lotta ai tumori ad
esempio) e gli hanno permesso di sperimentare soluzioni originali.
PROGRAMMA
Alcuni amici e collaboratori di Martignani hanno ritenuto importante non solo
ricordarlo, ma usare la memoria del suo
operare per creare opportunità di crescita
culturale e per valorizzare idee e progetti
innovativi nel campo della salute e hanno
costituito un Comitato promotore del
“Premio Alessandro Martignani”.
10.00
9.30
10.30
11.00
11.30
L’Associazione italiana di epidemiologia (AIE) ha deciso di aderire alla proposta e di assumerne anche la responsabilità giuridica.
12.00
L’Assessorato alla sanità della Regione
Emilia-Romagna, la Provincia di Ravenna, la Conferenza sanitaria territoriale di
Ravenna, il Comune di Bagnacavallo e
l’Azienda USL di Ravenna hanno sostenuto il progetto con impegno e motivazione profondi.
13.00
Intervallo
14.30
L’applicazione del DLgs 626/1994:
risultati definitivi del monitoraggio
su 1000 imprese dell’Emilia-Romagna
Leopoldo Magelli,
Agenzia sanitaria regionale
dell’Emilia-Romagna
Carlo Smuraglia
Prospettive della legislazione sulla
salute e la sicurezza del lavoro
La seconda edizione del
Premio Martignani a cura del
Comitato Promotore
Conclusioni
Augusto Zappi, Direttore generale
dell’Azienda USL di Ravenna
Francesco Taroni, Direttore
generale dell’Agenzia sanitaria
regionale dell’Emilia-Romagna
Altre organizzazioni, tra cui la Società
nazionale degli operatori della prevenzione (SNOP) e l’Associazione Ambiente-Lavoro, hanno aggiunto il proprio
attivo sostegno.
15.00
e con il patrocinio di
• Assessorato alla sanità della
Regione Emilia-Romagna
• Provincia di Ravenna
• Conferenza Sanitaria Territoriale
di Ravenna
16.00
16.30
1° edizione
PREMIO
ALESSANDRO MARTIGNANI
SALUTE E LAVORO
3 giugno 2002
Teatro Goldoni
Bagnacavallo (Ravenna)
PRESENTAZIONE
Nel giugno del 2000 è morto Alessandro
Martignani. Aveva solo 56 anni ed era un
uomo speciale.
Dirigente della Regione Emilia-Romagna, è stato l’artefice principale della
costruzione dei servizi pubblici di prevenzione, soprattutto nei luoghi di lavoro, in questa regione. Sia nella fase di
ideazione, negli anni ’70 che hanno preceduto la Riforma sanitaria, dentro il
40
Apertura della manifestazione
Mario Mazzotti, Sindaco del
Comune di Bagnacavallo
Presidente
della Provincia di Ravenna
Giovanni Bissoni,
Assessore alla sanità
della Regione Emilia-Romagna
Introduzione
a cura del Comitato promotore
Benedetto Terracini
Associazione italiana di
epidemiologia e direttore della
rivista Epidemiologia e prevenzione
Cancerogeni negli ambienti di lavoro
Premiazione della tesi di laurea
Antonio Grieco
direttore della Clinica del lavoro
“L. Devoto” dell’Università di Milano
Il lavoro e la salute dei lavoratori:
cento anni di storia
Premiazione del lavoro vincente
La sicurezza e la salute nei cantieri
del Treno ad alta velocità:
il ruolo delle Aziende USL
Bologna SUD e Firenze
Questa prima edizione del Premio viene
attribuita a scritti rilevanti e innovativi
sui rapporti tra lavoro e salute, che
abbiano messo in luce soprattutto il contributo della pubblica amministrazione o
delle parti sociali alle nuove strategie per
la salute e la sicurezza nel lavoro.
In particolare verranno premiati:
Abbiamo chiesto, inoltre, ad alcune persone molto importanti nella storia della
salute dei lavoratori del nostro paese di
arricchire con il loro contributo l’analisi
della situazione attuale dei rapporti tra
lavoro e salute, in una prospettiva storica che ci permetta di guardare avanti con
maggiore chiarezza.
• una tesi di laurea che ha affrontato
il tema degli infortuni sul lavoro nei
minori, che è uno degli aspetti più dolorosi di un fenomeno già particolarmente
critico in una società che rivendica il
diritto alla civiltà;
Antonio Grieco, direttore della Clinica
del lavoro “L. Devoto” dell’Università
di Milano. È la struttura sanitaria più
antica al mondo per lo studio, la cura e la
prevenzione delle malattie da lavoro e
proprio quest’anno compie il suo primo
centenario.
• il lavoro complesso di prevenzione
che da alcuni anni viene realizzato in
collaborazione tra le Aziende USL di
Firenze e di Bologna-Sud nei grandi
cantieri della tratta appeninica del Treno
ad alta velocità.
Verranno anche presentati i primi risultati
definitivi relativi all’Emilia-Romagna di
una grande indagine sulla applicazione del
Decreto legislativo 626/1994 che ha coinvolto migliaia di imprese in tutta Italia.
La premiazione avverrà nel Teatro Goldoni di Bagnacavallo, piccola città della
Romagna molto cara a Martignani. La
scelta di questo luogo, certamente non centrale nei frettolosi percorsi di lavoro, non è
motivata solo da ragioni affettive. Vorremmo sottolineare anche così l’opportunità di
dedicare una giornata di studio a problemi
importanti, che rimangono in piedi perché
hanno fondamenta profonde.
Carlo Smuraglia, giurista e Senatore
della Repubblica nelle passate due legislature. A lui dobbiamo in particolare un
lavoro straordinario di analisi complessiva delle condizioni della salute e della
sicurezza dei lavoratori in Italia e di proposta per un nuovo, moderno e comprensivo corpo legislativo in questo settore.
Benedetto Terracini, professore dell’Università di Torino, sulla prima cattedra
di Epidemiologia dei tumori. Il suo
impegno per lo studio e la prevenzione
delle cause ambientali e occupazionali
del cancro è fondamentale non solo in
Italia. Oggi dirige la rivista Epidemiologia e Prevenzione.
Segreteria del premio
“ALESSANDRO MARTIGNANI”
Gianfranco Bertazzini, Marco Biocca, Alba
Carola Finarelli, Pierluigi Macini, Leopoldo
Magelli, Nanda Montanari, Giuseppe Petrone, Luigi Salizzato, Paolo Tori.
Segreteria del Premio “A. Martignani” c/o
Centro di documentazione per la salute
dell’Agenzia sanitaria regionale
dell’Emilia-Romagna:
Marco Biocca
CDS
Via Gramsci 12
40121 BOLOGNA
Tel 0516079933
Fax 051251915
[email protected]
41
La modifica alla direttiva cancerogeni,
già recepita, e l'arrivo imminente della
direttiva agenti chimici con l'introduzione dei valori limite (per ora già
benzene, CVM, legno, presto altri).
LE ATTIVITÀ DEL
COMITATO PERMANENTE
EUROPEO CPE
Dall'Italia, c’è stata una presa di posizione solo della CGIL .
di Domenico Taddeo
Il confronto tra le organizzazioni del
Comitato Permanente Europeo ( Apit per
il Portogallo ,UPIT per la Spagna e Associazione Villermè per la Francia )sono
continuate nell’anno 2001con il seminario organizzato in Portogallo da APIT
nel Novembre u.s. sulla questione della
evoluzione dei sistemi di Ispezione nei
luoghi di lavoro rispetto ai nuovi rischi le
nuove sfide e le nuove soluzioni.
Nel 2002 è stato convegno organizzato
in Spagna Barcellona dai colleghi dell’UPITsul tema del subappalto a fronte
delle modifiche dell’organizzazione del
lavoro anche a livello internazionale.
questo seminario in preparazione sull’affare Borsana già preaanunciato sulla rivista SNOP n.57.
Le iniziative continueranno nell’anno
2002 con:
2)
La normativa di origine comunitaria e la
sua trasposizioni a livello nazionale e
specificatamente a livello italiano sia
quella già operativa che di prossima
emanazione sia generale sui rischi chimici.
il seminario organizzato a Saluzzo sull’affare Borsana da SNOP
il Seminario in Francia organizzato nel
prossimo autunno dall’associazione Villermè su valutazione dei rischi e l’organizzazione della prevenzione a fronte
della nuova e dilagante precarizzazione
dei rapporti di lavoro.
Questo percorso seminariale ripartito
fra i vari paesi è coerente con l’idea di
un necessario e approfondito confronto
di merito fra diverse realtà nazionali su
singoli e specifici temi della salute e
sicurezza nei luoghi di lavoro visto
dagli operatori organismi pubblici regolatori del sistema per confluire col convegno triennale che il CPE terrà in Portogallo nell’anno 2003.
Il seminario di Saluzzo sull’affare Borsana e sui cancerogeni nei luoghi di
lavoro si terrà nei giorni dal 22 al 24
aprile 2002 .
Ricordiao i presupposti di
42
1)
La discussa vicenda del processo intentato da una compagnia petrolifera contro
il rivenditore di prodotti petroliferi Borsana a livello di corte Europea dopo che
la stessa Borsana aveva intentato causa
civile al fine di ottenere prodotti petroliferi con contenuto di benzene a livello
più basso possibile Conflitto tra utilizzatori e produttori.
3)
La normativa comunitaria sulla circolazione delle merci a livello comunitario e
le sue conseguenze sugli aspetti di tutela
della salute
La vicenda Borsana vide l’assenza dello
stato italiano al processo, ove avrebbe
dovuto difendere una sua legge e nel
dibattito l’Italia fu praticamente assente.
SNOP fu tra i pochi che parlarono della
vicenda, mentre un grande ruolo fu svolto dal BTS con Laurent Vogel e Andrea
Tozzi.
Per il caso Borsana, discusso presso l’alta corte di giustizia Europea,a proccupare furono le tesi dell’avvocatura che
sosteneva come illegittimo il tipo di trasposizione effettuata dall’Italia in termini di protezione dagli agenti cancerogeni
nei luoghi di lavoro e rimetteva agli esiti
della valutazione del rischio effettuata
dal datore di lavoro per l’adozione di
livelli di intervento.
Quindi veniva messa in discussione la
norma che consente legislazioni nazionali anche più garantiste.
Nel caso dell’Italia l’ambito di maggiore
tutela deriva dal contesto normativo e
precisamente:
Costituzione (artt. 32 e 41), Codice civile (art. 2087), D. Lgs 277/91 (art. 3, Titolo I, che recepisce la direttiva Cee
80/1107), D.Lgs 626/94 (Titolo I e VII
che recepiscono la direttiva quadro
89/391 e la direttiva 90/394) – stabilisce
contestualmente l’obbligo del datore di
lavoro e il diritto del lavoratore ad evitare la esposizione ad agenti che possano
avere effetti sulla salute e sicurezza.
Il datore di lavoro "è tenuto ad adottare
nell’esercizio dell’impresa le misure che
– secondo la particolarità del lavoro,
l’esperienza e la tecnica – sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro"
(art. 2087 del Codice civile).
Il secondo aspetto riguarda la circolazione dei prodotti, in particolare il tenore di
benzene delle benzine, e l'intreccio spesso stridente tra i due ordini di legislazione. Quindi si lega anche ai decreti del
ministero dell'ambiente sul tema e ai
decreti del ministero dell'industria per
l'omologazione delle stazioni di erogazione con aspiratore integrato dei vapori
e per le caratteristiche dei combustibili
commercializzabili. Qui la faccenda si
intreccia anche con la regolamentazione
(in evoluzione) dei prodotti chimici ed in
generale con le norme che regolano il
mercato dei beni e prodotti a livello
europeo. Non è un caso infine che da
quel periodo sia stato dato grande impulso
agli erogatori automatici, con modifiche
sostanziali nelle caratteristiche del lavoro
dei benzinai (scioperi, manifestazioni e
nuovo contratto). Il tutto ruotava intorno
al processo intentato da Guariniello, conclusosi in condanna in primo grado.
Il seminario di Saluzzo affronterà i
seguenti temi:
analisi della vicenda Borsana e riflessioni sull’applicazione della normativa di
protezione rispetto ai cancerogeni ed
effetti della sentenza a distanza di alcuni
anni;
stato della tutela del rischio cancerogeno
nei luoghi di lavoro in Italia e in Europa
• normativa corrente e sua (in)applicazione
• necessità di rivedere la normativa e/o
le linee guida che ilcoordinamento delle
regioni ha emanato a suo tempo
• sorveglianza sanitaria degli esposti e
degli ex esposti
• registrazione degli esposti e definizione degli esposti : tipizzazione quantitativa della esposizione e degli addetti
• misurazione e valutazione delle esposizioni
Il seminario di saluzzo su questi temi
sarà l’avvio di una più ampia e
approfondita disanima che impegnerà la
rete dei servizi,la SNOP e il coordinamento delle Regioni in questa fase.
Un anno quindi che potrà ben definirsi
l’anno dei cancerogeni e al quale, comeSNOP e con le nuove caratteristiche trasversali all’area della Prevenzione, lavoreremo cercando di suscitare un avvio
anche della riflessione sui cancerogeni
negli ambienti di vita stimolando il confronto tra operatori della sanità pubblica
che stanno intervenendo sul tema.
Le aree specialistiche coinvolte sono
quelle epidemiologiche, quelledi organizzazione dei sistemi di prevenzione,
quelle degli organi di controllo (o regolatori) , quelle dell’area tecnica delle
valutazioni e misurazione delle esposizioni.
Tale confronto si inserisce in una ripresa
dell’interesse sui cancerogeni : in quest’anno sono prevedibili due seminari
organizzati in Toscana ai quali la SNOP
parteciperà.
In altri termini, attualmente, la normativa
italiana esclude procedure di definizione
di rischio accettabile in base a calcoli di
carattere probabilistico o economico.
Ne consegue che il datore di lavoro, una
volta individuato il rischio, nell’adottare
misure preventive e protettive (volte ad
eliminare o a ridurre il rischio) ha come
unico limite quello definibile dalla fattibilità tecnica.
La Corte di Giustizia ha a suo tempo
rigettato la tesi dell’avvocatura e garantito la legittimità della trasposizione italiana ma attualmente la vicenda potrebbe
riaprirsi per altri motivi .
43
SEMINARI
DI AGGIORNAMENTO
PRESENTAZIONE
UNIVERSITÀ
DEGLI STUDI DI VERONA
Dipartimento di Medicina
e Sanità Pubblica
Servizio di Medicina del lavoro
ORDINE DEI MEDICI DI VERONA
SNOP Società Nazionale Operatori
della Prevenzione sezione veneta
SIMLII Società Nazionale di Medicina
del lavoro e di Igiene industriale
sezione triveneta
ANMeLP Associazione Nazionale
Medici del Lavoro Pubblici
SEMINARI DI AGGIORNAMENTO
I seminari sono rivolti ai medici specialisti e specializzandi in medicina del
lavoro ed ai medici competenti.
Sono aperti anche al personale tecnico e
sanitario non medico operante negli
SPISAL, ai consulenti aziendali in materia di sicurezza e igiene del lavoro, ai
cultori della materia, in relazione all'approfondimento di tematiche di specifico
interesse.
44
Il fermento di questi ultimi anni per l’affermazione della salute negli ambienti di
lavoro coinvolge Istituzioni e Associazioni sia dei lavoratori che dei datori di lavoro. Bisogna riconoscere che sono state le
norme di recepimento delle direttive
europee a dare l’impulso iniziale, ma che
poi il mondo del lavoro ha saputo sviluppare in modo favorevole le potenzialità
produttive di questa nuova cultura. E' via
cresciuta la consapevolezza che una
“rete” di persone, enti, istituzioni è la premessa per avere successo di fronte a
situazioni complesse come quelle che si
riferiscono al binomio “lavoro e salute”.
A distanza di pochi anni dalle prime iniziative di “promozione della salute”
organizzate a Verona con il concorso
delle ULSS, delle associazioni dei datori
di lavoro e sindacali e della Camera di
Commercio, è maturata già una nuova
cultura della prevenzione, vivace ed esigente. Ora che gli aspetti organizzativi
sono, non certo risolti, ma ad un buon
livello di risoluzione, è sentito il bisogno
di moltiplicare i momenti di confronto
all'interno dei quali rafforzare le conoscenze, individuare nuove esigenze della
ricerca e soprattutto condividere gli obiettivi e gli standards su cui far convergere
gli interessi e gli sforzi di tutti.
L’Università può fornire la cornice adatta
per un confronto di studio ed approfondimento culturale tra quanti operano nel
campo della medicina del lavoro e della
prevenzione negli ambienti di lavoro, contribuendo sia ad allargare ancora di più lo
spettro degli interessi comuni che a
costruire e diffondere pratiche di lavoro
validate e riconosciute nella loro efficacia.
L’obiettivo di fondo da condividere è
quello della salute dei lavoratori; i temi in
discussione sono le conoscenze scientifiche, i vincoli di legge e la prassi quotidiana della prevenzione.
In questo scenario, il medico del lavoro
pubblico e privato assume un ruolo fondamentale ed in parte nuovo, che accresce
indubbiamente il suo fabbisogno conoscitivo e professionale finalizzato a rimanere aderente al rapido progredire delle
scienze mediche e a saper rispondere alle
esigenze di qualificazione espresse dal
mercato del lavoro. In questo contesto,
sistema di qualità ed accreditamento, così
come la formazione medica continua
voluta dal decreto legislativo 229/99,
diventano requisiti indispensabili per
svolgere attività professionale, sia a livello pubblico che privato.
Questa iniziativa, nata anche sulla spinta
di alcune società scientifiche cui fanno
riferimento medici del lavoro ed operatori della prevenzione, propone un ciclo di
seminari, e non di lezioni o di conferenze,
proprio ad indicare che Università, Servizi pubblici di prevenzione e medici competenti intendono sperimentare un terreno
comune di aggiornamento, che prevede il
confronto di esperienze tra diversi soggetti della prevenzione (esperti delle associazioni, professionisti, consulenti ecc.)
Sono stati scelti i primi temi ritenuti
rispondenti a questo tipo di percorso di
aggiornamento, prevedendo la prosecuzione dell'esperienza anche sulla base
delle indicazioni che emergeranno da
questa prima fase.
Ciascun seminario è organizzato in modo
da offrire un aggiornamento sulle conoscenze scientifiche, un inquadramento dal
punto di vista normativo e una discussione sulle possibili soluzioni pratiche.
Per informazioni e per segnalare la propria partecipazione, contattare la segreteria organizzativa (Servizio di Medicina
del Lavoro, Università di Verona - Sig.a
Nunzia Raitano - al numero telefonico
045-8074295.
Suggerimenti, proposte ed osservazioni
potranno essere indirizzate direttamente
ai componenti del comitato scientifico:
• Prof. Francesco Brugnone
Servizio di Medicina del lavoro,
Università di Verona,
tel. 045/8074295.
[email protected]
• Dott. Luigi Perbellini
Servizio di Medicina del lavoro,
Università di Verona,
tel. 045/8074805.
[email protected]
• Dott. Graziano Maranelli
(Unità Operativa Igiene e medicina del
lavoro, Azienda Provinciale per i Servizi
Sanitari,
Trento, tel. 0461/364665,
[email protected]
• Dott.ssa Manuela Peruzzi
SPISAL ULSS 20 Regione Veneto,
Verona,
tel. 045/8075929
[email protected])
• Dott. Emilio Cipriani
SPISAL ULSS 22 Regione Veneto
Bussolengo, tel. 045/6769445
[email protected]
È stata inviata richiesta al MINISTERO
DELLA SANITÀ, affinché i seminari
siano registrati quale forma di “Educazione Continua in Medicina”: per questo
motivo dovrà essere compilata una breve
scheda di partecipazione e di valutazione
dell’evento formativo.
Su richiesta, verrà rilasciato un Certificato di Partecipazione ai singoli Seminari e
in caso di accettazione dell’accreditamento verranno certificati i crediti acquisiti.
SEMINARI DI AGGIORNAMENTO PER MEDICI COMPETENTI
Programma per il periodo aprile – giugno 2002
14 aprile 2002
CANCEROGENESI
E POLVERI DI LEGNO
LE POLVERI DI LEGNO.
ESPOSIZIONE, PREVENZIONE
E CONTROLLO SANITARIO.
Prof. Pietro Apostoli
Cattedra di Medicina del Lavoro
Università di Brescia
LINEE GUIDA PER IL RISCHIO
DA POLVERI DI LEGNO DELLA
REGIONE VENETO
D.ssa Zangirolami
7 maggio 2002:
L’IDONEITÀ DIFFICILE
L’IDONEITÀ LAVORATIVA
IN SOGGETTI CON PROBLEMI
PSICOLOGICO-PSICHIATRICI.
Dr Giovanni Moro
Respondabile SPISAL/ULS 9
Treviso
DISAGIO MENTALE E LAVORO
Dr Roberto Lezzi
Psichiatra responsabile del CSM ULS 9
Treviso
Intervento preordinato
della D.ssa Francesca Rizzitelli
Presentazione del SIL ULS 20
Verona
28 maggio 2002:
CALZATURE DI SICUREZZA
E PIEDE DOLOROSO
L’INQUADRAMENTO NORMATIVO
SULL’USO DEI DISPOSITIVI DI
PROTEZIONE INDIVIDUALE
Dr Emilio Cipriani
Respondabile SPISAL/ULS 22
Bussolengo-Verona
PIEDE DOLOROSO:
INCIDENZA, EZIOLOFIA,
DIAGNOSTICA E TERAPIA.
Dr Alberto Momoli
e Dr Roberto Filippini
Servizio Ospedaliero di Medicina dello
Sport ULS 22
Bussolengo-Verona
METODI DI RILEVAZIONE
E SVILUPPO DEI MATERIALI
PER LA COSTRUZIONE
DI PLANTARI ORTOPEDICI.
Sig. Roberto Botter
Ortopedica Scaligera – Verona
CALZATURE DI SICUREZZA
Sig.Alessandro Donatelli
Flower Glowes Verona
18 giugno 2002
ALLERGIE E LAVORO
ALLERGOPATIE RESPIRATORIE,
ATOPIA E IDONEITÀ LAVORATIVA.
Prof.Angelo Cirla
NUOVE POSSIBILITÀ
DIAGNOSTICHE NELLE
PATOLOGIE RESPIRATORIE
OCCUPAZIONALI.
Dr Mario Olivieri
Servizio di Medicina del Lavoro – Policlinico G. B. Rossi - Verona
24 settembre 2002
14.30 - 18.30
PREVENZIONE UTILE
NEGLI AMBIENTI DI LAVORO
EVIDENCE BASED MEDICINE
Presentazione
Prof. Brugnone F.
Direttore della Scuola di
Specializzazione in Medicina del Lavoro
• L'applicazione dei principi dell'EBM
alle attività di prevenzione
Dott. M.Valsecchi Direttore del Dipartimento di prevenzione ASL 20 Verona
• Valutazione di efficacia:
un metodo per la pianificazione delle
attività di prevenzione
Dott.ssa E. Buiatti Osservatorio epidemiologico Regione Toscana
Dott.A. Baldasseroni Unità Epidemiologica ASL Firenze
• L'EBM può costituire una base per il
medico competente nel sistema aziendale di prevenzione
Prof. G. Franco Istituto di Medicina del
lavoro, Università di Modena
• La prevenzione efficace negli
ambienti di lavoro dei servizi di
prevenzione pubblica
Dott. L. Marchiori Responsabile SPISAL
ASL 20 Verona
• Discussione
• Coordinatore del Seminario dott.ssa
M. Peruzzi Segretario regionale SNOP
45
di Claudio Calabresi
Nello scorso numero (ahimè un po’ lontano) della Rivista si è data notizia sugli
Interventi di sostegno ai programmi e
progetti in materia di sicurezza e igiene
del lavoro, la cui gestione è stata affidata all’INAIL.
Ricordo che si trattava della prima tranche, per una somma di 150 miliardi (erogata in parte in conto capitale), della
somma totale decisa dal governo, pari a
600 miliardi. Questa prima tranche prevede l’Attivazione dei Progetti per favorire l’applicazione degli artt. 21 E 22 del
D.LGS. 626/1994 (…sugli obblighi di
informazione e formazione dei lavoratori da parte del datore di lavoro).
Uscirà nei prossimi mesi il bando relativo alla seconda tranche di 450 miliardi
(erogata prevalentemente con finanziamento in conto interessi, salvo per una
quota riservata al finanziamento in conto
capitale di programmi di particolare
valenza, qualità ed estensibilità), destinata a programmi di adeguamento strutturale ed organizzativo delle piccole e
medie imprese e dei settori agricolo ed
artigianale.
I destinatari dei progetti erano: lavoratori, Rls, incaricati delle emergenze, datori
di lavoro e Rspp.
Per questa tranche informativo-formativa è stata definita (tra gli ultimi mesi del
2001 e l’inizio del 2002) l’erogazione
della quasi totalità delle somme, che
erano così suddivise:
1) l’85%, ossia 128 miliardi, era destinato a PROGETTI DI INFORMAZIONE e
FORMAZIONE suddivisi tra tutte le
regioni.
2) il 15%, ossia 22 miliardi (in un fondo
unico nazionale, gestito centralmente)
ha riguardato prodotti e strumenti infor-
46
matici, multimediali, grafico-visivi e
banche dati.
Per il punto 1), nel complesso delle
regioni sono stati approvati quasi 4000
progetti relativi ad iniziative di informazione e formazione riguardanti quasi
800.000 lavoratori, più di 12.000 Rls,
circa 90.000 addetti alle gestione delle
emergenze, circa 20.000 datori di lavoro
e Rspp, appartenenti ai diversi settori
produttivi.
Tra i soggetti richiedenti, quasi il 50%
sono state singole imprese seguite dalle
associazioni datoriali e sindacali. Tra i
settori produttivi maggiormente interessati, in primo luogo le costruzioni edili
(quasi 1/6 delle iniziative) seguite dall’agricoltura, dai servizi (in particolare
quelli sanitari), dalle scuole, dalle lavorazioni del metallo, dalla chimica e plastica, ecc.
Per il punto 2), sono pervenute alla sede
centrale dell’INAIL più di 800 domande
di finanziamento di prodotti, gran parte
dei quali erano destinati ai lavoratori;
tra i soggetti richiedenti, nettamente in
testa le singole imprese ma anche i consorzi e aggregazioni di imprese, le associazioni datoriali, associazioni ed organismi vari operanti nella prevenzione;
non particolarmente numerose, anzi probabilmente inferiori alle aspettative, le
domande di associazioni sindacali.
Riguardo agli strumenti proposti, di gran
lunga in testa i CD ma nell’ambito di
una certa varietà (dagli audiovisivi ai
software alle banche dati agli opuscoli,
ecc.). Sono stati approvati 73 prodotti
destinati ai lavoratori, 55 agli Rls, 57
agli addetti alle emergenze, 36 a datori
di lavoro e Rspp.
Molti i “gruppi di tariffa” INAIL che
saranno interessati dai progetti approvati: anche qui in testa (com’era prevedibile visto che un concetto di fondo ispiratore dei criteri adottati nel Regolamento
attuativo era di favorire i settori a maggior rischio infortunistico) le costruzioni
edili ma sono stati definiti finanziamenti
di progetti relativi a quasi tutte le lavorazioni principali (tra i più frequenti carico
e scarico merci, lavorazioni del metallo,
lavorazioni del legno, mineraria, ecc.)
A questo punto si può già dire che l’iniziativa, a maggior ragione se si consideri che era una “prima assoluta” non priva
di criticità, ha avuto un discreto successo partecipativo.
Si apre ora la partita dell’effettiva realizzazione. Tra qualche mese si potranno
quindi assumere maggiori indicazioni e
riflessioni sulle ricadute e sulla qualità di
quanto è stato finanziato: l’INAIL ha
definito di approfondire con varie modalità le risultanze, di “testare” le iniziative
informative e formative in tutte le regioni e di verificare la qualità complessiva
dei prodotti che verranno realizzati con
il fondo nazionale, dei quali tra l’altro
acquisirà i diritti e la proprietà intellettuale ai fini di un utilizzo il più diffuso
possibile.
Si conferma, come nelle attese, che il
complesso dell’iniziativa può consentire
importanti riflessioni sui bisogni di
informazione e formazione e sulla tipologia e qualità di risposte che una larga
parte di soggetti dà a questi bisogni. È
certamente una prima occasione (forse
non irripetibile, se il Governo deciderà
di rinnovare questo tipo di strategia,
magari con gli opportuni adeguamenti
che tengano conto del bilancio della
prima iniziativa) di organizzare una
visione d’insieme su un così vasto ed
eterogeneo campionario di attività e progetti informativi e formativi.
È auspicabile che queste riflessioni ed
elaborazioni avvengano dentro l’INAIL
ma che, nella logica delle sinergie cui si
accenna in altre parti della Rivista, siano
oggetto del contributo anche di altri interessati, sempre nel percorso di quella che
a me pare oggi una strada maestra, verso
un Sistema di (iniziative in) rete per la
prevenzione nei luoghi di lavoro.
IN POLTRONA
INAIL
INTERVENTI DI SOSTEGNO
PER LA PREVENZIONE
Andrea Ben Leva
Diario di un infortunio
INAIL-ADN Kronos, Roma, novembre
200. Distribuzione gratuita
Opera meritoria, questa dell’INAIL, da
qualsiasi parte la si guardi. Si tratta del
diario di un giovane operaio di appena
22 anni che ha subito un gravissimo
infortunio alle mani. Il diario parte dal
14 febbraio del 1997, momento in cui
Andrea entra nel reparto di chirurgia
della mano agli Ospedali Riuniti di Brescia, per concludersi il 14 maggio dello
stesso anno, 92 giorni dopo, a “guarigione” clinica avvenuta, ma dopo che in un
attimo tutto il progetto di vita del protagonista è stato sconvolto definitivamente. Il vero e proprio calvario di interventi, medicazioni, gessi, immobilità delle
mani e del busto, viene descritto da
Andrea senza retorica, ma con toni che
suonano veri e umani. Nel leggere le sofferenti pagine del libro, mi veniva spesso da riflettere su quanto siano aridi certi
nostri impegni esclusivi, di operatori
della prevenzione alle prese chi con l’accanita ricerca di “responsabilità”, chi
con la pignolesca disamina di grafici e
curve di andamento degli infortuni nella
quanto mai astratta “popolazione”. Di
fronte al vero dramma umano che sta
dietro all’infortunio non si può che trovare nuova lena per l’impegno quotidiano per la prevenzione: “Diario: 1 Gennaio 2000, Brescia. Oggi, scrivendo questo libro, rivivo tutto quello che mi ha
dato l’infortunio. L’unica certezza è che
la mancata applicazione dei dispositivi
di protezione individuale, delle sicurezze delle macchine, della formazione, ha
come diretta conseguenza l’infortunio.
“La distruzione totale di una vita, senza
possibilità di tornare indietro”. Questo
libro si presenta come un atto di “ostensione” delle ferite che una società ancora squilibrata infligge ad alcuni dei suoi
membri, risparmiandone in partenza
altri. In un certo senso il libro acquista lo
stesso valore che cento anni fa aveva il
mostrare, durante le adunate sindacali, le
vittime del lavoro, operai e operaie sfigurate dalla necrosi della mandibola nel
lavoro dei fiammiferi, vedove di morti
nei cantieri, minatori in lutto per l’ennesima catastrofe nelle viscere della terra.
L’intento era didascalico ed educativo,
ma anche di stimolo ad una solidarietà
non limitata ai soli compagni di lavoro,
ma estesa a porzioni della pubblica opinione capaci di influenzare il corso di
una legislazione ancora insufficiente.
Ora ciò di cui si sente il bisogno è la crescita di un sistema di valori comune ai
produttori, quello della dignità e del
rispetto della persona come valori assoluti, mai sottoposti al profitto. E su questo piano siamo ancora molto lontani,
come Andrea ci fa notare in molti passi
del suo scritto.
Infine un ricordo personale, quello del
rapporto con un operaio delegato di una
fabbrica metalmeccanica nella quale ero
intervenuto come operatore del servizio
di prevenzione. Avevo subito notato la
grave invalidità proprio alla mano e proprio simile a quella descritta nel libro.
Ma per lungo tempo non avevo mai
osato chiedere direttamente quale fosse
stata la causa di una tale terribile mutilazione. Passò del tempo durante il quale
costruimmo insieme un importante intervento di prevenzione nella fabbrica,
effettuammo con gli altri del Consiglio
di Fabbrica sopralluoghi in altre realtà
produttive simili per apprendere le
migliori tecniche disponibili per salvaguardare la vita dei loro compagni di
lavoro. Finchè fu lui, spontaneamente, a
spiegarmi cosa era successo. Ancora
apprendista, sotto un piccolo padrone,
era addetto allo stampaggio di lastre di
metallo mediante l’azionamento di
pesanti presse. Le protezioni erano rappresentate dalla rapidità con cui ognuno
effettuava i gesti giusti al momento giusto, ma bastò una sola volta che qualcosa andasse storto per provocare quel
disastro. Da allora si era posto il problema di difendere la propria e l’altrui sicurezza in fabbrica, contro padroni rapaci e
interessati solo a spremere denaro dalle
macchine in loro possesso. Così era
diventato delegato alla salute del consiglio di fabbrica, così aveva condotto con
i suoi compagni memorabili lotte contro
la nocività nel fatidico “Autunno Caldo”
sindacale del 1969 e ora era rispettato e
onorato da compagni e padroni come
persona esperta, capace, onesta. Suonerà
anche retorico o vagamente deamicisiano, ma questo non toglie che non dimenticherò mai quanto imparato da lui e da
persone come lui. Andrea Ben Leva si
iscrive in questa tradizione di valori
umani con i quali confrontare quotidianamente il nostro impegno. Vale la pena
di chiedere all’INAIL copia del libro e di
leggerlo nei momenti di “stanca” della
nostra professione, che negli ultimi
tempi non mancano proprio.
Alberto Baldasseroni
47
M.A. Vigotti, A. Biggeri,
E. Dreassi, M.A. Protti,
C. Cislaghi
Atlante della Mortalità in Toscana
dal 1971-1994.
Edizioni Plus-Università di Pisa. 2001
Questo corposo volume si inserisce in
modo originale nell'affollata offerta di
atlanti congeneri. La sua originalità sta
in almeno due aspetti: il primo riguarda
il periodo preso in considerazione, quasi
un quarto di secolo; il secondo risiede
invece nei metodi usati per calcolare
andamenti, effetti età. Periodo, coorte,
ranghi di gravità tra le provincie, ecc.
Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto,
scorrendo i nomi degli autori di questa
pubblicazione si può dire che il risultato
era in qualche modo atteso, trattandosi
indubbiamente dei più eminenti studiosi
della materia, autori di altre numerose
pubblicazioni di analogo argomento. Il
primo aspetto, quello del periodo di
tempo preso in considerazione rappresenta invece un contributo rilevante alla
descrizione di un quadro di salute nella
popolazione di una regione come la
Toscana, per molti versi emblematica del
"modello italiano" di salute. Quattro
lustri sono un lasso di tempo sufficiente
per osservare cambiamenti epocali nel
quadro di patologie che hanno afflitto e
affliggono la popolazione e dalle numerose tabelle e grafici di cui è ricca la pubblicazione emergono con grande evidenza fenomeni noti da molto tempo, maggiormente connotati a livello territoriale
e nei loro limiti di incertezza statistica.
Gli autori si astengono dal commentare
le tabelle e i grafici proposti, lasciando al
lettore l'interpretazione degli andamenti
spazio-temporali dei fenomeni descritti.
Una scelta di questo genere, comune a
quasi tutti gli atlanti dedicati ai fenomeni della salute (incidenza di tumori,
andamenti degli infortuni sul lavoro e
delle malattie professionali, ecc.), lascia
sempre il dubbio sulla reale capacità dei
lettori di cavarsela nel decifrare ciò che
scorre sotto i loro occhi e, semmai, nel
dare il giusto peso a differenze che talvolta appaiono difficili da apprezzare "a
occhio nudo".
48
LETTERA ALLA SNOP
Cari lettori, forse soci, forse abbonati,
molti anonimi scrocconi,
ho deciso di prendermi una lunga vacanza dalla SNOP, ma ovviamente non ho
potuto prenderla dai molti problemi che
mi inseguono da troppo tempo, anche
nel nuovo millennio.
Ho provato a stare in silenzio e devo dire
che sono stata accontentata, anche perché le troppe voci che affollavano le mie
giornate di lavoro e di casa (hai quel
documento sulla coltivazione del cedro
nella bassa-padana? Chi in Italia si occupa di rischio nella facitura degli zoccoli?
Quale è il numero di telefono della ASL
di Casamicciola? Puoi passare il tuo
tempo “libero” a scrivere qualche pagina
per mantenerci? E così via…) ma mano
mi hanno dato per defunta (anche umanamente) e quindi … zero assoluto.
Allora ho detto che nessuno aveva bisogno di me e questo mi ha tranquillizzato
sino a che mi sono accorta che la mia
intelligenza e la mia esperienza non mi
bastava a vivere anche solo di questo bel
lavoro che continua ad entusiasmarmi,
nonostante le sberle e ci sono rimasta
male.
Ma i problemi restano e non solo quelli
personali. Restano i problemi di CARTA
2000 dimenticata da tutti, di un federalismo che ci ha resi spaventosamente diseguali come cittadini e come operatori,
del rischio di depenalizzazione, di esternalizzazione.
Forse ci siamo innamorati troppo dell’
“essere istituzione” sempre, non solo nel
lavoro quotidiano che ognuno di noi ha
scelto e continua a scegliere ogni giorno,
ma anche come associazione. Coordinamenti regionali, interregionali, nazionali, uffici, palazzi., enti… Dobbiamo fare
un bilancio.
Forse ci siamo innamorati in modo troppo acritico di una aziendalizzazione
senza regole, senza principi e senza
umanità.
Volevo una associazione scientifica ma
anche di lotta. Non avrei speso tante
energie dal 1977 per nulla.
Ricordiamoci il patrimonio di stima che
SNOP (ancora) ha (quasi) ovunque e scusate l’immodestia “anche” per merito
mio.
Volevo una associazione magari più
imprecisa nelle “evidenze” ma più vicina al mondo degli extracomunitari che
non possono vaccinare i loro figli ma
possono cadere in cantiere senza riconoscimento INAIL, più attenta a quello che
bolle in pentola nel parlamento romano e
nei tanti parlamenti regionali ieri ma
soprattutto oggi, più capace di legarsi
con il mondo che si è risvegliato, più
capace di mobilitare le coscienze.
Penso alla Lombardia (ovvero a quasi un
sesto dell’Italia) il processo per la strage
del Galeazzi in prima istanza ha assolto
molti, il progetto Obiettivo che ne era
nato è scomparso come risorse, la nuova
legge federale certamente non sostiene
la prevenzione…
In questi anni molti tecnici (mi ricordo di
una bella riunione di Firenze) hanno scelto la via dell’ispettore contro i medici,
ma troppi medici hanno scelto di fare da
loro “padroni”: produrre, fare, (e ve lo
dice una vera e nota stakanovista del
lavoro) senza sorrisi, senza risorse, senza
quella seria leggerezza che ci fa umani.
Un girotondo intorno alla SNOP? Una
rivolta dei professori? Degli operatori?
Oppure semplicemente ricominciare con
le due gambe: la scienza e la politica?
Lalla Bodini
Rivista della società nazionale degli operatori della prevenzione
SOMMARIO
NUMERO 58/59
MARZO 2002
EDITORIALE
Dedicato ai lettori
di Luigi Salizzato
CORSIVO
Snop, alzati e cammina!
di Giallolimone
Come cambia un giornale
di Alberto Baldasseroni
OPINIONI
Articolo I bis: comunicato
dell'ufficio di poresidenza
a cura della redazione
Cronologia di un
provvedimento legislativo
di Domenico Taddeo
Un dibattito difficile
a cura della redazione
Recepimento della direttiva
sul rischio chimico
DOSSIER
EFFICACIA NELLA
PREVENZIONE
Guida ai servizi di prevenzione
della Community Guide
di Peter A. Briss
Snop e il progetto EPB
di Luigi Salizzato
Trenta semplificazioni
di Giorgio Ferigo
La sfida è aperta
di Domenico Taddeo
CONTRIBUTI
Nuovi flussi Inail
di Claudio Calabresi
Integrazione Arpa/Asl
di Roberto Merloni
La ricerca partecipata ai
bisogni di salute
di Mauro Palazzi
Salute mentale
di Maria Giuseppina Bosco
e Silvana Salerno
LE NOTIZIE
Programma Snop 2002
a cura della redazione
Premio Martignani
a cura della redazione
Le attività del Cpe
di Domenico Taddeo
Seminari
a cura della redazione
Interventi Inail di sostegno
per la prevenzione
di Claudio Calabresi
I N POLTRONA
Autoriz.Trib. di Milano n. 416 del 25/7/86
Direttore respons. Giancarlo D'Adda
Direttore Alberto Baldasseroni
Prog. grafico e disegni Roberto Maremmani
Redaz. Milano, via Mellerio 2
I
6
sped. in abb. post art.2, comma 20/c L662/96 filiale Milano
stampa:Tipografica Sociale - Monza
Proprietà - Editore: Snop - Società Nazionale
Operatori della Prevenzione
Via Prospero Finzi, 15 20126 Milano
8
In copertina
Canadian Lumbermen, di Frank Newbould,
(1930), stampa su carta. Particolare.
Newsnop
I3
26
L'imperativo per la vita di Snop è stato
quello di pensare al sofferto taglio di alcuni rami, ma il nostro boscaiolo canadese
sta esagerando, non vi pare? Tutto l'albero? Beh, attenti signori, intere foreste
stanno scomparendo e non dovete meravigliarvi se qualche boscaiolo, non canadese, sta forse pensando di tagliare l'albero che ci dà da mangiare. Ma una volta
tagliati gli alberi e impoveriti i boschi
dove andremo a cercare i funghi? Per
adesso, i funghi, cercateli all'interno del
numero.
Avvio campagna nazionale sottoscrizione
per finanziare lo sviluppo del sito web.
Si possono inviare contributi per la rivista (articoli, notizie, lettere, ecc.) a •
rivista @snop.it
materiali per il web a
[email protected]
indirizzo del sito della nostra associazione
38
48
www.snop.it
Abbonament'' ^
!
2 (^
numeri
€ 25,82 per
€ 41,32 per otto numeri
Tramite versamento postale c/c n. 36886208
SOCIETÀ NAZIONALE OPERATORI DELLA
PREVENZIONEVia P. Finzi, 15 20126 MILANO
Indicando la causale del versamento e
l'indirizzo a cui spedire la rivista.
Prezzo di un numero € 6,20
Dallo statuto SNOP
Art l E costituita l'Associazione denominata "Società Nazionale
Operatori della Prevenzione", in sigla SNOP, con finalità
scientifiche e culturali. L'Associazione, in quanto ente non
commerciale, si propone di:
• sostenere l'impegno politico e culturale per lo sviluppo
di un sistema integrato di prevenzione, finalizzato alla rimozione dei rischi e alla promozione della salute negli ambienti di vita e di lavoro, con particolare attenzione alla rete dei
Servizi e Presidi pubblici;
• promuovere conoscenze ed attività che sviluppino la
prevenzione e la promozione della salute dei lavoratori e
della popolazione in relazione ai rischi derivanti dallo stato
dell'ambiente e dalle condizioni di vita e di lavoro;
• favorire lo scambio di esperienze ed informazioni fra gli
operatori ed il confronto sulla metodologia ed i contenuti
dell'attività, per raggiungere l'omogeneità delle modalità di
intervento perseguendo il miglioramento continuo di qualità
• l'appropriatezza delle attività di prevenzione a livello
nazionale;
• promuovere il confronto e l'integrazione tra sistema di
prevenzione pubblico e sistema di prevenzione delle impre-
se;
• promuovere un ampio confronto con le Istituzioni, le
Forze Sociali e le altre Associazioni Scientifiche su questi
temi;
• diffondere l'informazione e la cultura della prevenzio-
ne.
L'Associazione non ha fini di lucro.
DIRETTIVO SNOP MARZO 2002
REGIONE MARCHE
Aldo Pettinari
REGIONE
EMILIA ROMAGNA
Luigi Salizzato
(presidente SNOP)
Dipart. di Sanità Pubblicavia
Moretti 99
47023 Cesena FO
tel 0547.352083/70
fax 0547.304719
luigi.salizzato @snop.it
Aligi Gardini
(segretario regionale)
Dipartimento di Prevenzione
via della Rocca 19
47100 FORLÌ
tel 0543-733556
fax 0543-733501
[email protected]
[email protected]
REGIONE LOMBARDIA
Massimo Stroppa
CdF ASL Milano Provincia 2
20077 Melegnano MI
tel 02.98058523
fax 02.98231215
[email protected]
Enrico Cigada
(tesoriere, webmaster)
ARPA Monza
via Oslavia I
20099 Sesto S.Giovanni MI
tel 02.24982725
fax 02.26223083
[email protected]
[email protected]
REGIONE PIEMONTE
VALLE D'AOSTA
Andrea Dotti
(vicepresidente SNOP
tesoriere CPE)
SPreSAL ASL 7 Chivasso
via Regio Parco 64
10036 Settimo T.se TO
tel 01 1.8212335
fax dir 01 1.8212300 segr. 323
[email protected]
REGIONE VENETO
Manuela Peruzzi
(segretario regionale)
SPISAL ULSS 20 Verona
via Salvo D'Acquisto n. 7
Palazzo della Sanità
37134 VERONA
tel. 045.8075045
fax 045.8075017
[email protected]
Celestino Piz
(vicepresidente SNOP
e presidente CPE)
SPISAL ULSS 6
via IV Novembre 46
36100 VICENZA
tel. 0444.992213
fax 0444.511127
[email protected]
REGIONE LIGURIA
Claudio Calabresi
I NAIL
via D'Annunzio 76
16121 GENOVA
tel. 010.546325 I
[email protected]
REGIONE TOSCANA
Alberto Baldasseroni
(coord. redazione rivista SNOP)
Unità di epidemiologia
ASL Firenze
via Michelangelo 41
50125 FIRENZE
tel 055.6577400
fax 055.6577414
[email protected]
[email protected]
Domenico Taddeo
(segretario CPE)
UO Pisll zona Valdera
ASL 5 Pisa
via Fantozzi 2/A
52025 Pontedera PI
tel 0587.273662
fax 0587.273660
[email protected]
(segretario regionale)
ASL 4
via Cavallotti 4
60019 Senigallia AN
tel 071.7909316
fax 071.7909319
[email protected]
[email protected]
REGIONE PUGLIA
Domenico Spinazzola
(segretario regionale)
ASL BA 2
Via Cavour 19
70051 Barletta BA
tel 0883.57792 I
fax 0883.577908
[email protected]
Fulvio Longo
(vicepresidente SNOP)
ASL BA 5
via Lapenna 39
70010 Casamassima BA
tel 080.4050545
fax 080.4050545
[email protected]
REGIONE CAMPANIA
Giovanni Lama
(segretario regionale)
Dipartimento Igiene
e Medicina del Lavoro
ASL Caserta 2
via Linguidi 54
81031 Aversa CE
tel 081.5001327
fax 081.5001327
0823.812355
[email protected]
•
REGIONE MOLISE
Nicola Ricci
(segretario regionale)
Direzione Sanitaria
ASL Benevento
tel 0874.409861/864
[email protected]
REGIONE ABRUZZO
Annamaria Di Giammarco
Ufficio TSL ASL Pescara
piazza della Stazione I
65020 Alanno PE
tel 085.8542995
fax 085.8543800
[email protected]
RIFERIMENTI NAZIONALI
Consulta Interassociativa
Italiana per la Prevenzione
Emilio Volturo
(vicepresidente CIIP)
CdF ASL Milano Provincia 2
20077 Melegnano MI
tel 02.980584 25/53
fax 02.9823125I
[email protected]
Evidence Based Prevention
Alberto Baldasseroni
Aligi Gardini
Consulta Nazionale
Tabagismo
Mauro Palazzi
Dipart. di Sanità Pubblica
via Moretti 99
47023 Cesena FO
tel 0547.352083
fax 0547.304719
[email protected]
Arpa Anpa
Enrico Cigada
Roberto Merloni
ARPA ER
Sezione Prov. Rimini
Via Gambalunga 83
47037 RIMINI
tel 0547.367274
fax 0541.367275
[email protected]
Prevenzione nei Luoghi
di Lavoro e CPE
(Comitato Permanente
Europeo)
Celestino PIZ
Andrea Dotti
• Domenico Taddeo
PROFEA - Regioni
Programma di Formazione
in Epidemiologia Applicata
Luigi Salizzato
(Comitato scientifico e didattico)
Premio
"Alessandro Martignani"
Luigi Salizzato
(Segreteria del premio)
Progetti INAIL
artt. 21/22 del D.Lgs 626/94
Emilio Cipriani
SPISAL USL 22
Via E. Boario 28
37012 Bussolengo VR
tel 045.6769445/408
fax 045.6769457
[email protected]
Scarica

Anteprima