cinquantotto Rivista trimestrale della società nazionale degli operatori della prevenzione NUMERO 58 marzo 2002 Redazione Via Mellerio, 2 Milano Autorizzazione Tribunale di Milano n. 416 del 25.7.1986 sped. in abb. post. art.2, comma 20/c L.662/96 filiale Milano EDITORIALE PER I SOCI SNOP Quote sociali socio ordinario 30,00 (trenta euro) socio sostenitore 50,00 (cinquanta euro) SU QUESTO NUMERO Un (troppo) lungo contributo di Andrea Tozzi di ritorno da Parigi, un (troppo) pessimista giallolimone, molte esperienze di lavoro, finalmente rinasce il bollettino epidemiologico nazionale, si continua a parlare di "morti evitabili", un punto su CARTA 2000 che nella forse difficile legislatura non potrà essere dimenticata, almeno da noi. Il Manifesto di Erice, il Premio Martignani: momenti di riflessione etica indispensabile per andare avanti ogni giorno. SUL PROSSIMO NUMERO Discutiamo meglio di SNOP ARPA e DIP di Roberto Merloni e Enrico Cigada DEDICATO AI LETTORI di Luigi Salizzato presidente Snop Cari soci Snop e cari abbonati, è passato molto, troppo tempo, dall’ultima volta che avete potuto leggere la nostra rivista, e di questo ci scusiamo con i nostri affezionati lettori. La rivista è sempre stata l’immagine fedele della nostra associazione, ne ha raccontato le idee ed i progetti, le discussioni, le iniziative ed i cambiamenti, ed anche con la sua assenza ha espresso una situazione oggettiva in cui ci siamo trovati in questi ultimi mesi, caratterizzata dallo sviluppo di nuove e significative iniziative, coerenti con le strategie di cambiamento adottate dall’Assemblea dei soci, e dal contemporaneo venir meno del consenso alla trasformazione in essere, o quantomeno alla sua modalità, da parte di chi aveva finora generosamente e con grande competenza diretto la rivista. Quando si creano situazioni di questo tipo non è facile decidere su come procedere, innanzi tutto perché nessuno di noi era ed è disposto a pensare che un socio dell’im- portanza di Lalla Bodini possa essere considerato definitivamente estraneo alla Snop, e quindi nessuno ha pensato a separazioni definitive ma piuttosto a trovare nel confronto delle idee la soluzione dei problemi, senza porsi limiti di tempo; bisogna inoltre considerare che non è facile sostituire chi ha saputo in tutti questi anni lavorare con grande professionalità e disponibilità del proprio tempo. Fatte queste considerazioni gli organi rappresentativi dell’associazione hanno maturato alcune decisioni, come quella di riprendere la pubblicazione della rivista, anche per coinvolgere i soci e i lettori nella discussione pubblica sulla situazione dell’associazione e sulle proposte di lavoro, che viene avviata con la pubblicazione di questo numero. La situazione in cui oggi ci troviamo può considerarsi caratterizzata da una crisi di cambiamento, con diverse e complesse componenti che proverò sinteticamente ad illustrarvi. Va anche ricordato che 1 l’interazione forte che connota il rapporto tra la Snop ed il sistema pubblico dei Servizi di prevenzione fa sì che gli elementi di questa crisi di crescita siano comuni alla Snop ed al sistema stesso, in particolare la crisi di crescita della Snop coincide ed è direttamente alimentata dalla crisi di trasformazione culturale e professionale vissuta dal sistema pubblico di prevenzione nel nuovo approccio sistemico ai problemi di salute. Di cambiamento nei Servizi di prevenzione e nella Snop stiamo parlando da alcuni anni, riferendoci ad un modo nuovo per gli operatori d’interpretare il loro lavoro, ricercando nuove alleanze in ambito professionale, sociale ed istituzionale ed assumendo con sempre maggiore competenza un ruolo di regolatori di un sistema in cui diversi soggetti si assumono sempre più responsabilità dirette per la tutela dell’ambiente e la promozione della salute. Anche l’oggetto della nostra azione di prevenzione cambia coerentemente con la nostra capacità di valutare vecchi e nuovi problemi e di definire conseguentemente i nostri obbiettivi prioritari. Non è un processo lineare ed alcune questioni rimangono sospese tra conservazione, che è anche la difesa delle proprie sicurezze, e cambiamento che, oltre all’obbiettivo del miglioramento, comporta l’accettazione di ciò che non si conosce ancora bene. Innanzi tutto va sottolineata la criticità del rapporto tra le componenti professionali della prevenzione, tra le discipline specialistiche e tra i ruoli professionali, la perdurante difficoltà a lavorare assieme per il miglioramento della nostra azione professionale, della cui necessità abbiamo parlato per anni e che, giunti alla prova dei fatti, fatica a diventare modo di operare ordinario e riconosciuto come utile ed irrinunciabile da tutti. Le esperienze di lavoro integrato nei Dipartimenti di prevenzione, nelle Agenzie per l’ambiente e tra loro o con gli altri soggetti pubblici e privati, che possono contribuire ad affrontare positivamente i problemi di salute della popolazione, sono certamente significative ma ancora minoritarie nel Paese. Lo studio condotto da Merloni sui rapporti operativi tra Agenzie per l’ambiente e Dipartimenti di prevenzione evidenzia chiaramente un’integrazione più formale che sostanziale, ben lungi dal consentire al sistema pubblico dei Servizi di prevenzione di perseguire efficacemente l’obiettivo dei Piani integrati per la salute e l’ambiente. D’altra parte azioni importanti come l’adozione del documento di Ancona (An-8/06/01, seminario nazionale “Integrazione ambiente e salute. Esperienze, proposte e discussione per uno sviluppo collaborativo della 2 rete SSN-ARPA”) danno segnali significativi di una volontà di cambiamento, anche se limitata per ora ad alcuni gruppi dirigenti e per lo più sconosciuta e quindi non condivisa dagli operatori dei Servizi. In generale i Servizi dei Dipartimenti di prevenzione dimostrano una limitata propensione ad affrontare i problemi di salute con una visione ampia, tenendo conto delle diverse competenze che potrebbero contribuire ad azioni più efficaci. Vengono sottovalutate le possibili sinergie nei Dipartimenti, nelle Aziende sanitarie con gli altri professionisti del SSN, nel contesto tecnico professionale con gli altri soggetti pubblici e privati titolari di competenze preventive, nella società civile con le diverse espressioni di rappresentanza dei cittadini. I nostri Servizi subiscono ancora forti condizionamenti dai vincoli burocraticolegislativi, avendo come riferimento principale per il proprio lavoro quotidiano un insieme di norme e regolamenti tra loro contraddittori e molte volte non adeguati, con dotazioni di organico sempre insufficienti e conseguentemente con una visione del proprio campo di azione molto limitata e scarso interesse a dare un contributo per la definizione di progetti in grado di intervenire efficacemente sui problemi di salute prioritari per i territori di proprio riferimento operativo, ricercando nuove alleanze e quindi ulteriori risorse da mettere in campo. In particolare i Servizi di prevenzione mantengono un‘attenzione prevalente alle funzioni di vigilanza, e stentano ad assume- re pienamente il ruolo di regolatori del sistema che loro compete. Su questo terreno si gioca il futuro della prevenzione nel nostro Paese, specialmente ora che la riforma federale consente sia grandi opportunità che grandi disuguaglianze territoriali anche nel campo della tutela della salute dell’ambiente e dei cittadini, nuovi soggetti politici non istituzionali rappresentano nuove istanze di benessere ed il sistema delle norme e delle garanzie viene messo in discussione, anche ma non solo per la sua inadeguatezza, e quindi vanno ridefinite strategie ed alleanze idonee a perseguire gli obiettivi dello sviluppo sostenibile e della promozione della salute. Ci sono alcune regioni in cui si sono avviate esperienze fondate sulla strategia dei patti, sia su temi tradizionalmente di competenza dei nostri Servizi come la sicurezza nei luoghi di lavoro, sia su problemi di salute che rappresentano una nuova sfida come la sicurezza stradale, e generalmente la Snop è più attiva in queste regioni e riesce a svolgere un proprio ruolo in questo tipo di situazioni, che molte volte contribuisce ad avviare. Non è un rapporto di causa-effetto ma un rapporto di reciproco rafforzamento che trova d’altra parte il suo reciproco negativo nelle situazioni regionali più conservatrici in cui i Servizi di prevenzione non hanno ancora operato un cambiamento radicale trovandosi piuttosto molte volte a lottare per sopravvivere, o ad accontentarsi di farlo, ed in cui la Snop è solo un ricordo di quello che è stata ed ha rappresentato solo fino a poco tempo fa. L’obiettivo di una Snop rappresentativa di tutti i settori della prevenzione annovera risultati, cioè iniziative ed iscritti, molto differenti, l’ingresso di nuove forze non è stato omogeneo, e di conseguenza non si è sviluppata la capacità d’intervenire dappertutto a sostegno di un miglioramento generalizzato del sistema di prevenzione. In alcune Regioni, in cui le barriere disciplinari avevano fondamenta particolarmente solide, la mancanza di rinnovamento ha comportato il crollo delle attività dell’associazione. Qualcuno ritiene che alla base del declino in alcune regioni della nostra presenza attiva ci sia stata la carriera dei singoli soci che, una volta raggiunte posizioni di responsabilità aziendali, avrebbero abbandonato l’impegno a favore delle attività societarie, oppure per altri ci si è arresi di fronte a situazioni troppo sfavorevoli. Sulle ragioni dei nostri successi ed insuccessi sarebbe interessante sapere cosa ne pensate voi che leggete anche perché capire meglio cosa sta succedendo ci consentirebbe un generale rilancio delle nostre iniziative, non tanto per garantire la sopravvivenza della Snop, che in quanto tale non rappresenta l’obiettivo di nessuno, ma per consentire alla Snop di essere ancora uno strumento utile per l’insieme dei Servizi pubblici di prevenzione, per sostenere le iniziative scientifiche e culturali che sono indispensabili agli operatori per interpretare il ruolo nuovo che è loro richiesto. Le criticità insite nella riforma federale, che può indebolire in alcuni contesti regionali i Servizi di prevenzione piuttosto che rappresentare un’opportunità per il loro rilancio, sottolineano la necessità che la Snop continui a svolgere un ruolo di riferimento unitario nazionale per i Servizi, che li stimoli proponendo loro in modo critico di assumere iniziative adeguate al cambiamento in atto nel Paese. Un primo tema di discussione che la Snop pone quindi ai propri soci ed ai lettori della rivista è se oggi sia ancora utile un’associazione scientifica interdisciplinare ed interprofessionale, che rappresenti tutti i settori del sistema di prevenzione, in particolare dei Servizi pubblici, che collabori ma non si identifichi con alcun centro accademico o istituzionale, e che si ponga obiettivi di tipo scientifico e culturale a sostegno del miglioramento dell’intero sistema di prevenzione sanitaria ed ambientale. La questione interprofessionale va tenuta in evidenza assieme a quella interdisciplinare perché va garantito un ambito di confronto che si distingua da quello delle rivendicazioni sindacali di categoria, pur legittime, per affrontare il tema del lavoro integrato tra profili professionali con diverse competenze. Il lavoro interdisciplinare non appiattisce ma esalta le competenze specialistiche ed è interesse comune che si facciano dei passi avanti nella definizione dei diversi profili professionali, come premessa indispensabile per garantire l’esercizio delle specifiche autonomie professionali nel nuovo sistema delle responsabilità contraddistinto da differenti posizioni organizzative. Con la CIIP si è fatto un buon lavoro per la definizione dei profili professionali, che ha contribuito anche alla predisposizione di opportune iniziative legislative, con il grande limite però di essersi limitati all’area della medicina e della sicurezza in ambiente di lavoro. Si deve quindi lavorare ancora in questa direzione, ricordandosi di non oltrepassare le proprie competenze e lasciando a chi di dovere il ruolo istituzionale. Perché l’autonomia professionale non rimanga una rivendicazione astratta è necessaria anche una profonda riforma dei corsi di studio universitari, rendendo i percorsi formativi coerenti con i profili professionali di cui si sente la necessità nei Servizi e che nei Servizi stessi devono trovare le condizioni per un percorso di formazione continua. Nel seminario di Rimini (Rn, giugno 2000, su “Piano sanitario nazionale, la strategia dei patti per la salute. Le prospettive di intervento per la rete della prevenzione.”) avevamo riflettuto anche sugli strumenti di lavoro necessari per sostenere la fase di cambiamento del sistema di prevenzione verso la promozione della salute, in particolare ci eravamo confrontati su EBP, epidemiologia descrittiva, qualità, formazione e comunicazione. Oggi possiamo dire che sulla prevenzione efficace e sull’epidemiologia applicata alla definizione delle priorità in Sanità Pubblica sono state sviluppate iniziative utili per la crescita di reti nazionali di Servizi e di operatori impegnati su progetti concreti, mi riferisco alle attività del gruppo nazionale EBP, che ha fatto il punto sulle sue attività nel partecipato seminario di Firenze (FI, novembre 2001, su “La prevenzione basata sulle prove di efficacia”) ed alle attività dell’ISS, in collaborazione con alcune società scientifiche ed amministrazioni regionali (Profea, Epicentro). A queste iniziative abbiamo contribuito sia come associazione che attraverso l’impegno diretto di singoli soci, la cui attività professionale è stata determinante per il successo delle iniziative. Anche in questo caso non è tanto rilevante il rapporto causa-effetto tra Snop e singole iniziative quanto piuttosto il rapporto di reciproco rafforzamento. In tutte queste situazioni si assiste ad un allargamento degli operatori partecipanti e quindi ad un superamento dei limiti finora presen- ti di tipo elitario o verticistico e quindi questa è una tendenza da rafforzare. Sulla formazione abbiamo iniziato a muoverci direttamente come società scientifica, organizzando un riuscito seminario a Cesenatico (Cesenatico, ottobre 2001, su “Integrazione tra i Servizi del sistema prevenzione”). Abbiamo ottenuto, oltre alla soddisfazione di chi ha partecipato, la richiesta di organizzare ulteriori iniziative a conferma del grande bisogno di aggiornamento anche su temi non specialistici presente tra gli operatori. Sul tema della comunicazione si è cominciato a lavorare in alcuni Dipartimenti sul coinvolgimento dei cittadini alla definizione dei bisogni di salute, per superare i limiti di un approccio troppo “esperto”, fondato su dati epidemiologici magari tecnicamente corretti ma comunque di parte. Si inizia quindi ad affrontare anche nel nostro lavoro la questione della partecipazione, cruciale per una politica di promozione della salute fondata sulla strategia dei patti, e su cui però non abbiamo generalmente risorse professionali appropriate nei Servizi per intervenire con successo. È necessaria a questo proposito una riflessione sulla necessità di acquisire nuove competenze professionali nel campo ad es. della psicologia della salute, della sociologia, della statistica, della comunicazione. Un’ulteriore area di criticità comune alla Snop ed ai Servizi è quella dei nuovi mezzi di comunicazione, cioè dell’impatto creato dalla disponibilità di strumenti come Internet e di tutto ciò che vi è collegato come la posta elettronica, i siti web, i gruppi di discussione, le newsletter, ecc… I nuovi strumenti elettronici per la comunicazione stanno modificando radicalmente le nostre abitudini sia di cittadini che di professionisti, consentono l’accesso a tutte le informazioni rese disponibili, lo scambio rapido di opinioni, il lavoro in rete, la pubblicazione dei prodotti professionali, la formazione a distanza e la loro diffusione è tale da non poter essere ignorata. Si pone quindi un problema di conoscenza e di adeguamento per sfruttare le opportunità dei nuovi mezzi, ma anche di gradualità e misura per non isolarsi da chi è ancora legato agli strumenti tradizionali di comunicazione. La nostra pagina web, sostenuta finora con mezzi e disponibilità esclusivamente volontari e con grande competenza da un singolo socio, è rimasta in questi ultimi mesi l’unica nostra forma di comunicazione con chi è interessato alle attività della Snop ed ha la possibilità di navigare in rete (va tenuto conto del fatto che in molte regioni l’accesso ad Internet non è garantito dai 3 Servizi ma dalle disponibilità individuali). Il contatore che abbiamo recentemente aggiunto alla nostra pagina web ci dice che i visitatori sono superiori alla nostra capacità di tenere aggiornato il sito, nonostante la generale sottovalutazione dei nostri soci sulla potenzialità di comunicazione di questo mezzo, anche pensando solo ad un utilizzo per far conoscere il proprio lavoro e le proprie iniziative. Un problema simile lo hanno i Servizi di prevenzione che, se decidono di predisporre un proprio sito, si limitano generalmente a pubblicare noiosi listini di attività istituzionali. Negli ultimi tempi si sta d’altra parte affermando una positiva tendenza all’attivazione e manutenzione di siti web, ricchi di informazioni e contributi molto utili, da parte di altre società scientifiche, di singoli Dipartimenti o interi sistemi regionali, delle Agenzie per l’ambiente e di Istituti nazionali, tra cui ho già ricordato il giovane ma già autorevole ed utile Epicentro, portale dell’epidemiologia curato dall’ISS. Si creano possibilità di sinergie e di utilizzo dei nuovi strumenti che vanno sfruttati al meglio e su cui la Snop deve operare alcune scelte di cui riferirò più avanti. Per quanto riguarda l’utilizzo della posta elettronica la Snop ha adottato questo mezzo come strumento di comunicazione ordinario della Presidenza, del Direttivo nazionale e di alcune Sezioni regionali. Si è rivelato uno strumento utile per scambiare idee ed informazioni, sviluppare progetti, come ad es. SALeM (modello sperimentale di EBP), prendere decisioni, data anche la sempre minore disponibilità a muoversi per incontri più tradizionali. E’ un mezzo che ha creato anche problemi, sia per l’indisponibilità di alcuni soci ad utilizzarlo, sentendosi così esclusi dalla comunicazione, sia per l’uso improprio degli indirizzari nazionali fatta da altri, che lo hanno usato come fosse la rubrica del cuore di un rotocalco popolare, in mancanza di un sistema di regole che ci dobbiamo invece dare per ottimizzare l’uso di uno strumento che è diventato indispensabile. Da ultimo vanno segnalate alcune criticità legate alla situazione di crescita e cambiamento che sono proprie della nostra associazione. La prima è il rischio di perdere di vista il ruolo di punto di riferimento culturale e scientifico nel settore della Medicina del lavoro, che rimane ancora il settore in cui annoveriamo il maggior numero di iscritti. L’autorevolezza in questo campo fa parte della nostra identità e sarebbe sbagliato rinunciarvi mentre cerchiamo di acquisire sempre maggiore autorevolezza nel sistema generale della prevenzione sanitaria ed ambientale. Se l’attuale presidente della Snop è un Igienista spet- 4 ta evidentemente ad altri soci assumersi questo compito ed in questo senso ci siamo riorganizzati affidando il coordinamento nazionale di questo settore di intervento a chi già si occupa di coordinare la nostra azione di settore in ambito europeo e più precisamente nel CPE (Piz, Dotti e Taddeo). È utile ricordare che anche la posizione che abbiamo espresso per l’abrogazione dell’art. 1bis del DL 402 del 12/11/2001, sull’idoneità a svolgere le funzioni di Medico Competente, ha il significato di difendere la qualità e la competenza del sapere, di tutti i saperi, dalle ambizioni egemoniche dei singoli corporativismi, da chiunque siano sostenuti. La seconda criticità è legata alla scelta organizzativa che credo si imponga di fronte al venire meno di un ruolo attivo da parte di alcune sezioni regionali della Snop. Di fatto, oggi le nostre iniziative sono sostenute da gruppi di soci, non necessariamente della stessa regione, che s’impegnano su singoli progetti sfruttando i mezzi di comunicazione elettronici. Dal punto di vista organizzativo si può quindi passare da un modello esclusivamente regionalistico ad un modello misto, in parte territoriale, là dove questo abbia un riscontro reale, ed in parte fondato su progetti nazionali, con proprio coordinamento, capacità di iniziativa e di acquisizione di nuovi soci. L’ultima criticità è legata alla stanchezza di alcuni soci, in particolare di chi ha dato la sua generosa attività per la Snop fin dalla sua nascita, senza trovare chi fosse disponibile a farsi carico di aiutarli ed anche di sostituirli. Ritengo che ognuno sia responsabile delle proprie scelte di vita, ma a volte i sovraccarichi di lavoro diventano insostenibili e così, invece di avere la possibilità di ridimensionare la propria attività, ci si trova nelle condizioni di doversi fermare completamente, se non altro per riflettere e poter valutare con più serenità le proprie scelte. Succede anche che i motivi del disimpegno siano ascrivibili ad una sopraggiunta non condivisione di idee ed iniziative che caratterizzano la vita associativa. Mi ritengo personalmente responsabile, come Presidente della Snop, del fatto che i nostri strumenti di comunicazione rimangano disponibili per i soci che vogliano comunicare anche il proprio disagio o dissenso per un’associazione che non corrisponde più alle loro aspettative, anche questo ci aiuterà a capire ed a crescere. Come avrete a questo punto compreso stiamo vivendo un momento importante per la nostra associazione e voi siete invitati ad esprimervi nel merito delle cose che vi ho illustrato a nome della Presidenza e del Direttivo nazionale, i cui componenti parteciperanno comunque alla discussione avviata su queste pagine e che avvieremo anche sul sito web, data l’impossibilità di rappresentare con un unico intervento l’insieme delle valutazioni espresse in questi mesi. Una traccia operativa per la discussione può essere rappresentata dal progetto di lavoro a breve e medio termine su cui la Presidenza ed il Direttivo nazionale concordano e che si articola nelle iniziative definite nella riunione dell’Ufficio di Presidenza tenutosi a Saluzzo il 15/12/2001, proposte alla discussione ed approvate dal Direttivo Nazionale a Bologna il 29/01/2002, che trovate più avanti nella rivista. Sinteticamente per la rivista si concorda di programmare l’uscita di almeno tre numeri, uno all’inizio dell’anno (possibilmente entro marzo) per avviare un dibattito tra i soci sulle scelte strategiche e sul futuro dell’Associazione, un secondo monografico sui cancerogeni, collegato alle iniziative seminariali e convegnistiche previste, ed un terzo per rendere conto dei contributi dei soci alla discussione avviata con il primo numero della nuova gestione redazionale. La prospettiva per un futuro anche vicino potrebbe essere la pubblicazione di una rivista elettronica, la rivista cartacea non potrà probabilmente convivere con quella elettronica per cui va avviato un confronto con i soci per scegliere tra rivista cartacea, che si mantiene con le regole del mercato, e rivista elettronica ad integrazione del sito web; un’altra opzione è di continuare a produrre dei numeri monografici, come quello in corso di preparazione sui cancerogeni, da pubblicare sia a stampa che su cd. In merito al sito la proposta è di collaborare con altri partners (Ambiente e Lavoro, Safetynet) alla gestione di un portale della Sanità pubblica. Per quanto riguarda la SNOP il portale dovrebbe contene- re parti comuni e parti caratteristiche di ciascun partner e servire per: • ordinare, incentivare la produzione e fare conoscere i materiali prodotti dai soci e dai Servizi; • avere la disponibilità di strumenti come le news ed i forum di discussione tra cui lo speech corner, luogo in cui parlano tutti e dove si può parlare ad es. di ciò che non funziona; • avere la disponibilità di una biblioteca legislativa specialistica aggiornata; • mantenere un proprio settore specifico, oltre alle sezioni sopra descritte in comune con gli altri partners, con accesso diretto al dominio registrato, con la propria grafica consolidata per descrivere la vita associativa ed eventualmente pubblicare la rivista informatica. Va comunque aggiornata la modalità di accettazione dei contributi dei soci o di altri soggetti interessati, vanno potenziate le rubriche che interessano i Servizi, va introdotto un motore interno di ricerca. Comunque si evolva il progetto del portale bisogna intervenire per rifondare l’attuale sito, dotandolo anche degli strumenti sopraindicati, si sta già costituendo una redazione on line per lavorare in questo senso, va inoltre chiarito quale rapporto di collaborazione si possa sviluppare con il sito Epicentro dell’ISS. Per sostenere questa iniziativa, molto importante per il futuro dell’associazione, si è pensato di avviare una sottoscrizione da affiancare alla campagna di associazione per il 2002. Iniziative pubbliche: La Snop sta organizzando un Convegno nazionale, da tenersi presso la Reggia di Caserta nei giorni 13/14/15 giugno 2002, per analizzare le strategie per la prevenzione in un contesto istituzionale caratterizzato dalla riforma federale delle competenze sanitarie e dalla necessità di sviluppare il passaggio di ruolo dei Servizi di prevenzione da organi di vigilanza a regolatori di sistema. Sono in corso di organizzazione inoltre un seminario internazionale del CPE a Saluzzo il 22/24 aprile 2002, prendendo spunto dalla sentenza Borsata, che trasferisce la responsabilità della sicurezza di un prodotto dai produttori agli utilizzatori, ed un convegno in Toscana in autunno sui cancerogeni, a partire dalle esperienze del Piemonte e della Toscana, assieme ai Servizi che stanno lavorando su questo tema, prevedendo di trattare anche gli aspetti di sorveglianza sanitaria e di igiene industriale, coinvolgendo i medici igienisti e gli igienisti industriali. Si conferma il sostegno alle iniziative del gruppo nazionale di coordinamento di EBP, sia per progetti sperimentali che per un seminario nazionale sulle esperienze di EBP già avviate nelle diverse regioni. In conclusione, considerate anche le iniziative di lavoro richiamate, il dibattito con i soci ed i lettori si potrebbe articolare sui seguenti temi: • come cambia Snop al cambiamento necessario degli stili di intervento del sistema di prevenzione nel nuovo millennio (approccio sistemico alla salute, la promozione della salute e lo sviluppo sostenibile); • quale la posizione su inutilità, utilità, efficacia ed appropriatezza dei prodotti del sistema prevenzione; • quale l’organizzazione da suggerire in futuro a Snop (sezioni regionali o gruppi di progetto territoriali e/o nazionali); • quali progetti deve sostenere la Snop, condivisione delle attuali iniziative e/o proposte di altri settori d’intervento; • quali scelte fare sugli strumenti di comunicazione della Snop, rivista e sito web, portale della Sanità Pubblica; • quali i rapporti di Snop con le altre Associazioni e Società, con i Centri di Ricerca e gli Istituti Universitari, con le rappresentanze dei portatori d’interesse a tutti i livelli (Ministeri salute ed ambiente, Enti Locali, Associazioni dei cittadini ecc.). Per l’invio dei contributi sono disponibili i seguenti indirizzi e-mail: [email protected] [email protected] 5 SNOP, ALZATI E CAMMINA! COME CAMBIA UN GIORNALE Sembrava morta e invece una voce dall'alto ha gridato: "si riparte!" e la rivista è di nuovo in piedi e cammina. Nessuno, purtroppo, ci dice con chiarezza per andare dove. Vivrà da ora in poi per volere divino con le sorelle, come Lazzaro, o farà qualcos'altro? Le intenzioni sono buone. La lettura del numero che avete per le mani vi potrà confondere, ma non disperate. Il fatto che si parli di congressi e di medici e di poco altro è solo un caso. Dovete capire: il tempo per raccogliere gli articoli non è stato molto, non più di sette o otto mesi. E poi, via, sembrava morta. In passato si era cercato di affermare che il mondo degli operatori è vasto, composto da tanta gente e non solo da sommi capi, ma dovete capire, bisognava raccogliersi attorno a un tavolo e pensare a come ripartire e attorno a un tavolo non ci si sta in tantissimi, e allora è già tanto quel che si è raccolto. E poi, non dimentichiamolo, sembrava morta. Devo aver orecchiato, da qualche parte, che nelle intenzioni sul futuro della rivista, ci siano dei numeri monografici: bene, sono utilissimi e speriamo che contengano anche indicazioni sul cosa fare, sul come fare, sul cosa non fare. Certo per ora si comincia col dire, date le circostanze che sembrava morta. Poi le cose cambieranno, si proverà a far scrivere anche qualcuno che sta in basso, ma cosa volete, quelli che stanno in basso se ne fregano, pensano solo a finir in fretta e ad andare a casa, mica hanno voglia di star li a pensare e a scrivere. A scrivere cosa poi, e perché, visto che sembrava morta. Dispiace solo che mescolate e quasi nascoste fra le molte pagine che stanno da qui in poi ci siano anche delle cose carine e interessanti, certo non tutte, perché, vedete, sembrava morta. No, cari lettori, non farò i nomi, in fondo chi scrive cose carine lo sa e chi legge pure. Una cosa però mi chiedo: ma quando si vedono, e si vedono spesso, si diranno le stesse cose che qui scrivono e che per lo più già sanno ma che scrivono, ovvio, non per loro stessi ma per quelli che non leggono, perché vedete, io credo che nei servizi Snop la leggano in pochini, ma questo perché non sanno, e credono, ma si sbagliano, che sia morta? Giallolimone 6 di Alberto Baldasseroni Sono trascorsi poco più di quindici anni dal primo, pionieristico numero del Bollettino, ma in questi tre lustri il lavoro necessario a costruire uno strumento di comunicazione come questo è radicalmente cambiato. Nel pieno di un’ulteriore fase di mutazione come quella che stiamo vivendo, non sembra inutile ripercorrere le tappe che hanno portato agli sviluppi odierni. Per i più giovani tra di noi sarà un buon aggiornamento e un utile excursus di storia della comunicazione, per i più anziani, spero, un riportare a galla ricordi di un passato non così lontano nel tempo, ma certamente lontanissimo nei modi di lavoro. Copertina del primo numero di Snop GLI ESORDI Il Bollettino partì a metà del 1985 (il primo numero in realtà, in attesa di autorizzazione, uscì come supplemento al n. 17 di una misteriosa rivista chiamata “Prisma”) con 24 pagine, con titolo “La Snop” e con indice dei contenuti in quarta di copertina. Nella terza di copertina appariva l’elenco dei referenti SNOP dalle diverse realtà regionali, caratteristica che sarebbe rimasta intatta nel corso degli anni avvenire, ma che allora rappresentava l’emblema di una sorta di redazione collettiva, o almeno questo era nelle intenzioni dei soci fondatori. Infatti non era indicata l’esistenza di alcuna redazione, ma, data l’impostazione della Società, l’elenco in fondo al Bollettino doveva rivestire tale finalità. Per arrivare al vero e proprio “numerouno” si dovette aspettare l’uscita di altri tre numeri, poi finalmente al quinto fascicolo cominciò la serie vera e propria (ottobre 1986) che aveva come testata solo “Snop”. Dalle 24 pagine iniziali si passò in breve alle 36 del “numerotre” (marzo 1987), alle 40 del “numeronove” (dicembre 1988), alle 44 del “numerodiciassette” (novembre 1990), fino a raggiungere lo standard definitivo di circa 50 pagine, toccato per la prima volta in un numero doppio, il “ventitreventiquattro” del giugno-settembre 1992 e in un numero singolo il “trentasei” del novembre 1995. Questa descrizione mette in evidenza come il Bollettino sia evoluto nella quantità di materiali offerti, raddoppiando il numero delle pagine nel corso del tempo. Con l’uscita del numero 1 appariva sull’ultima di copertina, per la prima volta il nome del direttore, Laura (Lalla) Bodini, e quello del graphic designer, Roberto Maremmani, ma per avere traccia di una sia pur striminzita redazione si dovrà attendere fino al numero 6 del febbraio 1988, quando in seconda di copertina appare le lista dei componenti la redazione. Si tratta di sei operatori (sette dal numero successivo), tre medici del lavoro (quattro dal numero successivo), un chimico, un tecnico della prevenzione e un socio esterno ai servizi che affiancano il Direttore e il designer. Con il numero 13 del dicembre 1989 si ha una prima riorganizzazione della redazione con la riduzione dei suoi membri a cinque, dei quali tre presenti anche nella precedente redazione. Questo assetto cambia di nuovo col numero 18 del marzo 1991, quando la redazione si riduce a un solo partecipante, assumendo connotati che dureranno per tutto il decennio successivo. Dal numero 22 del marzo 1992 in poi la rivista esce con un direttore, un vice direttore e un responsabile della grafica. COME SI FACEVA IL BOLLETTINO Il lavoro di costruzione del Bollettino degli esordi era essenzialmente basato su tecniche analogiche, verrebbe da dire. Fatto il palinsesto, si provvedeva per via telefonica a contattare i potenziali autori dei vari pezzi e di ritorno se ne avevano prodotti di diversa qualità “grafica”: qualcuno spediva veri e propri manoscritti che costringevano a un faticoso lavoro di decifrazione e di ribattitura; altri mandavano dattiloscritti che talvolta abbisognavano di cure sia per la forma (refusi di stampa, frasi scappate alla penna e che dovevano essere riscritte con una certa fantasia, ecc.), sia per la sostanza, costringendo, anche in questo caso, a un micidiale lavoro di ribattitura che spesso si concludeva con un tagliacuci-incolla di arrangiata memoria; qualcuno più moderno era già in grado di spedire testi scritti con word-processor al computer e questo consentiva di effettuare questa prima parte di correzioni al telefono con il diretto interessato. Tutto viaggiava per posta cartacea e, appena dopo, semmai per fax. Ottenuti tutti i materiali seguiva poi la fase di composizione dei testi che veniva gestita dalla tipografia e supervisionata, per il progetto grafico, dal designer. Ciò che facevano in tipografia era semplicemente di ribattere tutti i testi inviati in un programma di computer tipo desk-top publishing per impaginare il tutto. A noi, ma soprattutto a Lalla, toccava l’ennesimo compito ingrato di correzione, stavolta delle bozze. Esisteva una precisa correlazione tra numero di errori presenti nelle bozze di stampa inviateci dalla tipografia e due caratteristiche: orario di immissione, leggibile a piè di pagina, e sigla del tastierista. Avevamo ormai imparato a riconoscere il tipo di errori che l’orario e la sigla permettevano di prevedere. Finalmente, dopo gli ultimi ritocchi grafici e le immissioni dell’ultimora, sempre problematiche, il tutto tornava alla tipografia e andava in stampa il numero. L’invio, tramite posta ordinaria, avveniva e avviene tuttora con tariffa scontata, dato il basso (per la verità nullo) tasso di pubblicità presente nella pubblicazione. che la velocità del cambiamento è stata eccessiva per molti, sia in termini di risorse materiali, sia in termini di risorse culturali. Come sempre, purtroppo, le rivoluzioni lasciano macerie, ma non c’è motivo di non fermarsi a “soccorrere” chi ne viene travolto. Gli altri, spesso, superano a poco a poco le resistenze mentali e si avvicinano ai nuovi linguaggi della comunicazione, seguendo ognuno un suo percorso individuale, che talvolta ha punti di partenza impensabili (i figli, l’arrivo al lavoro del nuovo computer attrezzato per navigare in Internet, il regalo di Natale di qualche amico). LE PRIME AVVISAGLIE DI UN CAMBIAMENTO SCENARI PROSSIMI VENTURI È indubbio che costruire una rivista sia una delle attività che ha subito i più profondi cambiamenti negli ultimi anni. L’inizio del terremoto di cui oggi cogliamo i caratteri salienti possono essere fatti risalire alla metà degli anni novanta, quando si cominciò a parlare di Internet, almeno nel nostro paese, per la prima volta. Nel processo produttivo sopra delineato saltavano come per incanto tutta una serie di fasi di lavoro. I testi cominciarono, prima sporadicamente, poi sempre più di frequente, ad arrivare sotto forma di file per PC. In un primo momento giravano dischetti (i “buffi” floppy da 5’e 1/4 , poi i diskette da 3’ e 1/2), ma poi, grazie alle connessioni di posta elettronica precocemente adottate, si cominciò a far girare i testi per via telematica. Questo sgravava la redazione da molti pesanti compiti, pur senza diminuire il problema della continua rincorsa al “pezzo” da inserire nel palinsesto. La tipografia abolì, semplicemente, il massacrante e sottopagato lavoro notturno di immissione dati, il taglia e cuci, da attività fatta con forbici e colla, divenne lo schiacciare le due icone corrispondenti, simboleggianti i medesimi strumenti, di un programma di calcolatore. IL NUOVO CHE AVANZA A quel punto si verificò una frattura, non solo nella “redazione”, ma anche da una parte tra i produttori dell’informazione e dall’altra nel mondo dei lettori della rivista. Le novità incalzavano. Ormai sia la fase di stesura dei contributi per la rivista, sia quella di impaginazione erano completamente virtuali, prive di medium cartaceo. La rivista di carta appariva solo come estremo prodotto, conforto tattile di contenuti che ormai viaggiavano mediante altri veicoli. Non tutti accettarono e accettano questa situazione. Il contrasto fra chi si è lasciato attrarre dal nuovo e chi resiste è presente, ma non ci sono posizioni irremovibili. I primi sono coscienti La fase di transizione (mai questa parola è stata utilizzata in maniera più adeguata) che stiamo attraversando su questo versante spinge ad adottare un atteggiamento prudente, ma anche deciso. Impellenti esigenze di bilancio, costi sempre più contenuti delle risorse di rete, scelte di politica editoriale nel campo della divulgazione del sapere scientifico, che non vogliamo definire ideologiche, ma che segnano una nuova frontiera nel concetto di democrazia telematica, tutto questo ci fa ritenere non rinviabile la costruzione di una rivista in rete. Per il momento e fintanto che le finanze ce lo permetteranno continueremo anche a pubblicare il Bollettino cartaceo sfruttando per la costruzione di quest’ultimo le tecniche attualmente disponibili. Ma per chi vorrà, i contenuti della versione cartacea saranno disponibili anche nel nostro sito societario, dove garantiremo anche la possibilità di ricerche testuali nell’archivio degli articoli e altri servizi collaterali (e-mail di allerta per l’uscita di nuovi numeri, forum in tempo reale di discussione sui contenuti degli articoli proposti, ecc.). Nel far ciò abbiamo sempre come bussola di orientamento il servizio ai nostri lettori, che ci auguriamo sempre più ricco e adeguato alle loro esigenze. Valuteremo anche attraverso i segni che da parte loro ci giungeranno gli esiti di questa scommessa. L’indirizzo ormai lo conoscete ed è molto facile da ricordare: www.snop.it 7 OPINIONI logia e la Psicologia del lavoro; di nuovo polidisciplinarietà a partire da specifiche competenze che sanno, possono e devono collaborare. Al riguardo è indiscutibile che la formazione dello specialista di Medicina del lavoro sia l’unica corrispondente alle necessità di cognizioni professionali previste dal profilo professionale di Medico Competente per la modalità di attuazione della direttiva quadro europea. Di converso risulta del tutto insufficiente il curriculum formativo dei Medici Igienisti e dei Medici Legali, ampiamente dichiarato a commento del decreto 402 e l’art1-bis dalle stesse Associazioni rappresentative. ARTICOLO 1-BIS DEL DECRETO 402 DEL 21-12-01 COMUNICATO DELL’ UFFICIO DI PRESIDENZA SNOP La Snop quale Società Nazionale degli Operatori della Prevenzione • stigmatizza l’approvazione dell’art 1-bis del decreto 402 del 21-12-01 relativo all’approvazione delle specialità di Igiene e di Medicina Legale quali altre specialità abilitanti all’esercizio della funzione di Medico Competente; • ritiene deprecabile che tale provvedimento sia stato assunto senza un dibattito coerente sugli obblighi del nostro Paese di approvazione delle direttive comunitarie in materia di sicurezza e igiene del lavoro anche a fronte di un parere contrario del comitato di legislazione e mentre pende la necessità di adeguare il decreto legislativo 626 alla Sentenza della Corte Europea (Quinta Sezione) 15 novembre 2001 di condanna dell’Italia proprio in materia di servizi alle imprese per la prevenzione. La SNOP si sente rappresentata dalla sottoscrizione fatta dal Presidente della Consulta Interassociativa per la Prevenzione del documento-esposto (cui per molti aspetti si rimanda) firmato a Roma il 4.1.2002 da varie Società scientifiche e Associazioni professionali e inviato al 8 Presidente del Consiglio, al Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali ed al Ministro per la Salute. La SNOP chiede quindi l’abolizione dell’art 1-bis auspicando un nuovo e più ampio provvedimento di modifica del decreto 626 a seguito della riformulazione che s’impone dopo la citata Sentenza della Corte europea. La SNOP ribadisce la necessità di polidisciplinarietà delle azioni di prevenzione. La polidisciplinarietà è costitutiva dello stesso Statuto della nostra associazione. Specificità e rigore delle competenze e dei saperi posseduti sono aspetti fondanti e costitutivi della stessa azione preventiva polidisciplinare. La collaborazione interprofessionale non è annacquamento ma al contrario arricchimento e contaminazione di saperi, a partire da ogni competenza che abbia radici formative accreditate specifiche. Nel settore della prevenzione nei luoghi di lavoro anche con il confronto delle associazioni europee costituenti il Cpe – Comitato Permanente Europeo – sono state individuate ulteriori necessità di competenze professionali quali la Socio- Riteniamo tra l’altro necessario il coinvolgimento dei Medici Competenti nell’attività di valutazione dei rischi, con la formalizzazione normativa della necessità del loro parere sul documento ex-art. 4/626 e ciò evidenzia ancor più la necessità di preparazione professionale specifica di tale figura. La SNOP in questi anni ha individuato e proposto le opportune e necessarie collaborazioni di competenze per attività di prevenzione trasversali nella tutela della salute nei luoghi di vita e di lavoro, per quanto riguarda i sistemi pubblici di prevenzione, con il settore epidemiologico, ambientale e non, e con i tecnici aventi competenze in materia di tutela dell’ambiente e della collettività. Per il settore della prevenzione nei luoghi di lavoro, a partire dalle necessarie diverse specificità formative per le figure della rete aziendale della prevenzione, SNOP, con le associazioni costitutive della C.I.I.P., ha posto l’accento sulla fondamentale importanza della formazione ai fini della prevenzione, lanciando - anche in collaborazione con organismi parlamentari - l’iniziativa di un progetto di rinnovamento formativo e di accreditamento di tutte le figure coinvolte: medici del lavoro, tecnici di prevenzione, responsabili di SPP, ergonomi. È oltremodo grave che le modalità costitutive dei servizi alle imprese, tra cui quello del Medico Competente, siano da parte della Commissione Europea oggetto di critica al nostro paese e che sia stato invece adottato un provvedimento quale quello dell’art 1 bis del decreto 402 del 21.12.2001. Tutto ciò è tra l’altro accaduto in un contesto in cui: • sono allo studio per direttive specifiche addirittura accentuazioni rigoristiche (quale l’ipotizzato esame finale per i partecipanti ai corsi di formazione per Coordinatori alla sicurezza nei cantieri e le verifiche a distanza delle esperienze formative e professionali); • la formazione permanente e l’ECM sono divenuti per i sanitari un obbligo di legge quale tassello fondamentale per l’accreditamento e la qualità. La SNOP, nel chiedere l’abolizione di quanto previsto dall’art.1-bis, invita a rinnovati impegno e unità d’intenti per la qualità del sistema di prevenzione nei luoghi di lavoro. In questa prospettiva si propone a tutti i soggetti interessati di attivare confronto, discussione ed iniziative che al di là degli adempimenti formali permettano di portare all’attenzione di operatori ed utenti la vera questione ed il principale obiettivo in tema di tutela della salute collettiva, ossia la qualità e l’efficacia delle attività di prevenzione sia nei luoghi di lavoro sia in quelli di vita. 14 gennaio 2002 per l’Ufficio di presidenza il presidente dott. Luigi Salizzato ARTICOLO 1-BIS DEL DECRETO 402 DEL 21-12-01 CRONOLOGIA DI UN PROVVEDIMENTO LEGISLATIVO di Domenico Taddeo Il 21 dicembre 2001 il Senato della Repubblica ha approvato il disegno di legge n° 824B, di iniziativa del Governo: conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge del 12 novembre 2001 n° 402, recante disposizioni urgenti in materia di personale sanitario (infermieristico). Il Decreto Legge 402/2001 del 12/11/2001 è stato definitivamente approvato il 21/12 alle 15 dalla Commisione Sanità del Senato, con l’articolo 1bis che definisce medici “competenti” anche gli specialisti “in igiene e medicina preventiva o in medicina legale e delle assicurazioni”. Viene tecnicamente modificato in tal senso l’articolo 2 comma 1 lettra d) del D. Lgs 626/94. L’articolo 1 bis, non presente nel DL originario del Governo (formulato il 12/11) è stato aggiunto come emendamento alla Camera il 19/12. Il decreto è diventato in Gazzetta Ufficiale la legge n.1 del 2002. Il Comitato per la Legislazione aveva espresso parere contrario. Il 21 Dicembre era l’ultimo giorno utile per convertire in legge il decreto, pena la sua decadenza in toto. L’opposizione si è astenuta salvo poi tentare l’approvazione di un ordine del giorno per impegnare a una successiva modifica–odg non accettato dalla maggioranza. La cronaca successiva ha visto due manifestazioni di specialisti e specializzandi di medicina del lavoro di fronte al parlamento il 28 Dicembre 2001 e l’11 gennaio 2002. Il 4 Gennaio si è svolta una riunione delle Società e Associazioni di Medicina del Lavoro. I primi segnali dalla stampa sulla notizia si sono avuti sui quotidiani Il Sole 24 ore e Il Manifesto. Il 14 gennaio, durante un’ulteriore riu- nione delle associazioni di Medicina del Lavoro, come SNOP abbiamo espresso la nostra valutazione con il documento della Presidenza (vedi in questo bollettino) suscitando molto interesse e varie reazioni delle quali la corrispondenza tra Salizzato e Briziarelli (vedi pag. 11) è testimonianza. La nostra posizione ha riscosso interesse anche da parte dei sindacati: proprio con gli interlocutori sociali abbiamo ritenuto necessario aprire un confronto sui contenuti di una opposizione a questa norma che deve essere finalizzata a tutelare al meglio la salute dei lavoratori uscendo dagli angusti orizzonti di una difesa di categoria, anche giusta ma fatalmente venata di corporativismo. Il portale www.medicocompetente.it in questa fase ha svolto un ruolo essenziale di collegamento fra le diverse iniziative e i diversi soggetti in campo, sorta di arena virtuale, nella quale si sono espresse le opinioni anche di operatori dei servizi e si è svolto un confronto su tutti gli aspetti delle funzioni e delle relazioni del medico competente. In questo senso la vicenda del decreto è una esemplificazione concreta delle prospettive che si aprono nel mondo dell’informazione e sulle quali come SNOP abbiamo avviato un’attenta riflessione a cui rimandiamo sulle pagine di questo numero del bollettino. Il dibattito fra le diverse organizzazioni professionali, le posizioni del sindacato che riteniamo di aver contribuito a elaborare, ci hanno convinto dell’utilità di partecipare all’ulteriore incontro del 5 febbraio con le associazioni dell’area della Medicina del lavoro e di aderire ad una posizione congiunta nella quale l’abrogazione della norma contestata viene richiesta contestualmente all’enfasi da porre sulle attività di formazione conti- 9 nua, accreditamento e qualità della prestazione come elementi decisivi nel giustificare l’adozione di un tale atteggiamento. La competenza da formazione adeguata e quindi la Specializzazione sono un requisito di base per affrontare il discorso su quale medico aziendale vogliamo, ma da un medico competente cosa vogliamo? COMPLETA adesione e soddisfazione degli obblighi previsti dal 626: • funzioni valutative del rischio • comunicative verso i soggetti della prevenzione, in primis RLs e Lavoratori • accertative dello stato di salute a fini di prevenzione e di constatazione di eventuali danni alla salute. L’esperienza degli organi di controllo porta a rilevare troppo spesso l’assenza del M.C. al momento della valutazione del rischio, la scarsa capacità/volontà di comunicare con i lavoratori, la impropria delega ad altri delle denunce di malattie professionali. Riguardo alle malattie professionali, i Servizi delle ASL che lavorano alla ricerca attiva delle MP, anche con i medici di base e o ospedalieri ne trovano numerose: il trend in forte calo delle MP dei dati Inail è posto in dubbio da questi dati sia pur parziali. Paradossalmente la scarsa attitudine alla denuncia della patologia professionale da parte dei Medici competenti potrebbe ritorcesi contro di essi se ci si limitasse a considerare solamente i dati di fonte assicurativa. Completa Indipendenza Economica: è grave l’assenza di tariffari minimi sia per singola prestazione che per quota forfettaria mentre esempio mutuabile sarebbe quella dei medici radio-protezionisti che prevedono una quota di base per le funzioni anche esterne alle visite mediche. Lottare contro il “prestanomismo” (medici competenti che firmano atti sanitari svolti da medici che competenti ancora non sono...). Impegnarsi per modificare il 303/56 sulla obbligatorietà delle visite mediche sganciate da una valutazione del rischio e conseguente decisione di monitoraggio sanitario da parte del medico competente. Sull’indipendenza economica oltre al problema tariffario esiste il problema rapporto diretto con i datori di Lavoro che può minare l’indipendenza con il ricatto economico occupazionale. Il futuro ci deve vedere impegnati nella modifica del dlgs 626 a seguito della condanna in sede europea dell’Italia sui servizi di prevenzione alle imprese che corregga le distorsioni attuali, innesti la funzione di medico competente nel contesto dei servizi alle imprese e consenta di rendere trasparenti presenze di più medici nei casi di grosse aziende (e solo 10 per quelle) con elevato numero di dipendenti senza i fenomeni di sopra segnalati. Altro impegno deve esserci sul ruolo dei sistemi pubblici di controllo e / o regolatori nell’accreditamento dei servizi alle imprese e nel garantire l’indipendenza economico culturale che è condizionata da rapporto diretto del medico competente con le imprese. Affrontiamo questa questione con il patrimonio della nuova SNOP • che guarda tutto il sistema di prevenzione e considera un problema di salute pubblica le carenze del sistema di prevenzione nelle aziende e una non adeguata tutela del cittadino lavoratore, • che si batte per una medicina e una prevenzione basata sull’evidenza a partire dalle competenze e dai rapporti polidisciplinari, • che contribuisce a diffondere la consapevolezza della necessità di eliminare le attività inutili per valorizzare quelle utili oggi sopite o da rianimare, certo non con la rincorsa ad occupare ruoli e attività di altri rosicchiando qua e la. Riteniamo inoltre che le iniziative debbano vedere anche un ruolo specifico della CIIP consulta interassociativa per la prevenzione in continuità con le azioni sul versante della formazione dell’accreditamento già a oggi svolte. Infine una lettura consigliata: tra tante pubblicazioni utili – ricordiamo le linee guida del coordinamento delle regioni – proponiamo il volume edito dalla Regione Toscana “Il medico Aziendale, competenze, autonomia, vincoli e prospettive.” Atti del Convegno del Marzo 2000 tenuto a Firenze. Pubblicato nel Luglio 2001 – collana Sicurezza Sociale della Regione Toscana n.6 distribuzione gratuita. Contiene un utile confronto tra operatori pubblici e medici competenti. ARTICOLO 1-BIS DEL DECRETO 402 DEL 21-12-0I UN DIBATTITO DIFFICILE Nel diluvio di dichiarazioni, prese d’atto, incontri, conferenze, manifestazioni davanti al Parlamento, e quant’altro seguite al decreto col quale il governo ha allargato la definizione contenuta nel D.Lgs 626/94 di “medico competente” agli specialisti in Igiene e Medicina Legale, si stenta a mantenere il dovuto equilibrio per trattare con un minimo di serenità una materia che, nel suo merito, appare più complessa di quanto una norma di legge possa prevedere. Gli interventi che seguono tentano di restituire un po’ di lucidità alla discussione, cercando di capire le ragioni degli uni e degli altri. Un dibattito di questo genere può essere costituito da due fasi. Nella prima le reazioni “a caldo” spingono a irrigidire le proprie posizioni, ma anche a renderle più chiare e a far emergere i nodi più sentiti. In un secondo tempo può subentrare il dialogo tra quelli dei due campi più disposti a mettere in discussione tabù antichi e posizioni di natura corporativa, molto spesso alla base di vicende come questa, per tanti versi sconcertante. Al fondo comunque rimane l’amarezza per una situazione di forte tensione in seno al mondo della Prevenzione che va ad aggiungersi, in maniera inattesa, alle tante altre presenti tra gli operatori dei servizi. ——- Original Message ——> From: Lamberto Briziarelli > To: Dott. Salizzato > Sent: Th, January 17, 2002 6:39 PM > Subject: medico competente ˇ Caro Salizzato ho letto con interesse il documento che mi ha inviato a proposito del decr. 402 e convengo su molte delle cose che si dicono, tradite tuttavia da un’opzione ancora una volta categoriale se non corporativa; infatti mentre voi, medici del lavoro, vorreste escludere gli Igienisti ed i Medici legali dalla parte clinica, richiamando la specificità della vostra formazione, al contempo chiedete di allargare il vostro da fare all’analisi dei rischi ed all’informazione/educazione sanitaria che, mi consenta, sono competenza propria degli igienisti. Fuori gli altri dal mio orticello (non poi tanto piccolo, visti gli affari, in senso proprio che si realizzano in esso!) ma noi vogliamo entrare in quello degli altri. Alla barba della richiamata –nel documento– polidisciplinarietà! Una posizione più corretta sarebbe stata quella di dire: a noi, con maggiore competenza clinica, sia lasciato quanto compete al Medico competente e gli Igienisti prendano il posto che loro spetta all’interno del Servizio di prevenzione, dove imperano esclusivamente tecnici –spesso nemmeno tali–, senza nessun medico con competenze igienistiche, epidemiologiche e quant’altro serve per questa specifica funzione. Non mi venga a dire che nella situazione attuale il Medico competente, con competenza –salvo pochi casi di operatori di servizi, ma non sono incompatibili?– intervenga nell’ analisi dei rischi. Ancorché ve ne siano di competenti, ne sono tenuti completamente fuori per i motivi che ben conosciamo, entrambi. E la parte dei documenti di cui all’art. 4 relativa ai rischi è per lo più una fotocopia simile a mille altre –specie nelle piccole e medie imprese– fatta da non meglio identificati esperti, consulenti del lavoro, agenzie sorte per l’occasione, con assai pochi controlli da parte di chi di dovere. È vero o no? può smentirmi, se non per qualche rara eccezione? Vorrà scusare il tono un po’ accalorato ma ancora una volta abbiamo perso, noi e voi, una buona occasione per fare qualcosa per la prevenzione, quella vera! Tanto più che la recente condanna dell’Unione Europea stigmatizza proprio l’aspetto relativo al servizio di prevenzione, nel senso che dico io: poco chiaro, senza tecnici qualificati. All’interno della Siti ho sostenuto la posizione che ho qui espresso: rivendichiamo per gli igienisti il posto che loro spetta nel servizio di prevenzione, senza fare concorrenza ai medici del lavoro, tanto più che c’é posto per tutti. Ma non sono stato ascoltato. Sono tuttavia ancor più amareggiato nel vedere che anche altri, che credevo pensassero come me o almeno non troppo distantemente, sono sempre fermi sul versante categorial-corporativo. Peccato. Un cordiale saluto > From: “Dott. Salizzato > To: “Lamberto Briziarelli” < > Sent: Fri, January 18, 2002 1:18 PM > Subject: Re: medico competente ˇ Caro prof. Briziarelli, non Le sembra che quel “voi” e “noi”, riferito ai medici del lavoro ed agli igienisti, che Lei usa in modo cosi’ “normale” nella Sua email, sia in qualche modo rappresentativo dei problemi che rendono molto difficile ancora oggi lavorare con spirito multidisciplinare? Mi riferisco naturalmente a tutti gli ambiti del nostro lavoro sia quello dei Servizi territoriali, che naturalmente conosco meglio, sia quello universitario che ha la responsabilità di fornire la formazione iniziale ai professionisti, e, se dappertutto è diffuso questo modo di esasperare lo specialismo come sinonimo di diversità e di merito piuttosto che valorizzarlo come arricchimento per le relazioni professionali e sociali, non mi meraviglio che, nonostante la SNOP si sia caratterizzata in questi ultimi anni come Società scientifica di tutti gli operatori della Prevenzione, nonostante io che la presiedo sia un medico igienista, oltre che direttore di un Dipartimento di Sanità Pubblica, nella Sua nota Lei si soffermi su aspetti di difesa del territorio, relativamente alle diverse competenze disciplinari, e non colga piuttosto il senso generale di ciò che la SNOP ha voluto dire. La parte rilevante della nota di commento sulla vicenda del medico competente infatti è quella che sottolinea e propone le questioni della democrazia partecipata, della coerenza con gli accordi comunitari, della polidisciplinarietà, del sapere e della competenza, dell’accreditamento e quindi della qualità e dell’efficacia delle attività di prevenzione nei luoghi di lavoro e di vita. Se, come Lei dice, ha letto con interesse il documento e conviene su molte cose che si dicono, non Le sembra di avere abusato nel suo commento nell’utilizzo del termine “corporativo”? Se lo lasci chiedere da un igienista che ha scelto di stare in campo con la squadra della Prevenzione, ritenendo quella degli Igienisti una formazione troppo limitata per svolgere il gioco da me preferito. Cordiali saluti Lamberto Briziarelli Luigi Salizzato 11 IL RECEPIMENTO DELLA DIRETTIVA 24/98 SUL RISCHIO CHIMICO NEI LUOGHI DI LAVORO g) metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell'immagazzinamento e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonché dei rifiuti che contengono detti agenti chimici. non scattano gli obblighi relativi a: misure specifiche di prevenzione provvedimenti per situazioni di incidenti o emergenze informazione e formazione dei lavoratori sorveglianza sanitaria 3) In un terzo caso nelle situazioni oltre il rischio moderato si impongono l’adozione di Con decreto legislativo n. 25 sul S.O. della GU del 8 Marzo 2002, n. 53 è stata recepita la Direttiva 24/98 sul rischio chimico nei luoghi di lavoro. Di fatto il decreto Legislativo 626 viene integrato con un Titolo VII Bis e viene completato il sistema delle Direttive Europee fondamentali per la protezione della salute nei Luoghi di Lavoro. CAMPO DI APPLICAZIONE Tutti i luoghi di lavoro e tutti gli agenti chimici e preparati e sostanze esclusequelle radiogene ed escluse altresì quelle sostanze cancerogene che hanno specifica normazione e le attività di ricerca e studio. VENGONO INTRODOTTI: • l’obbligo di valutazione preventiva e suo aggiornamento, per modifiche e innovazioni produttive eventuali nei luoghi di lavoro • il concetto di VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE e VALORI LIMITE BIOLOGICI • il raccordo con le normative relative alle etichettature • la valutazione del rischio come premessa ad azioni di eventuale riduzione del rischio . • il superamento della logica del DPR 303 che di fatto non gerarchizzava per tipologia quanti-qualitativa il rischio chimico. Le azioni da intraprendere a seguito della valutazione hanno uno spartiacque nella definizione di rischio moderato: 1) un primo caso prevede la giustificazione per non dover intraprendere azioni di alcun tipo per tipologie di sostanze e di produzioni; 12 2) in un secondo caso, per le situazioni di rischio moderato, risultante dalla valutazione e dalle seguenti misure: a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro; b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e relative procedure di manutenzione adeguate; c) riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere esposti; d) riduzione al minimo della durata e dell'intensità dell'esposizione; e) misure igieniche adeguate; f) riduzione al minimo della quantità di agenti presenti sul luogo di lavoro in funzione delle necessità della lavorazione; • misure specifiche di prevenzione a) progettazione di appropriati processi lavorativi e controlli tecnici, nonche' uso di attrezzature e materiali adeguati; b) appropriate misure organizzative e di protezione collettive alla fonte del rischio; c) misure di protezione individuali, compresi i dispositivi di protezione individuali, qualora non si riesca a prevenire con altri mezzi l'esposizione; d) sorveglianza sanitaria dei lavoratori a norma degli articoli 60-decies e 60undecies e l’adozione di: • provvedimenti per situazioni di incidenti o emergenze • informazione e formazione dei lavoratori • sorveglianza sanitaria 4) le condizioni in cui viene superato il TLV obbligano alla segnalazione all’organo di controllo. Nel sistema riemerge l’importanza e la necessità delle discipline di Igiene Industriale. Anche le ASL sono quindi coinvolte in una ripresa delle azioni e della cultura dell’Igiene Industriale nella gestione delle emergenze rispetto a quanto già previsto dal 626 . Viene gerarchizzata per tipologia quantitativa e qualitativa la necessità della sorveglianza sanitaria, che resta comunque attività più ampia della mera esecuzione degli accertamenti sanitari oltre la tabella del DPR 303, abolita per le sostanze chimiche. Gli accertamenti sanitari possono essere : • preventivi; • periodici, con autonoma determinazione del Medico competente salvo diversa specifica determinazione a sua volta espressa dall’organo di vigilanza; • finali alla cessazione del rapporto di lavoro. Come per tutti i recepimenti di direttive nel nostro Paese, esistono delle ambiguità e delle precisazioni da avere successivamente: il concetto di rischio moderato e il rapporto con il TLV, la attività di un comitato tecnico politico misto per i TLV, con le Regioni. La fase transitoria è demandata al rapporto tra le parti sociali per la definizione di rischio moderato, fase che, in assenza di accordo, demanda al datore di lavoro la definizione stessa. Sulla sorveglianza sanitaria potrà esistere il paradosso di non obbligo per il rischio chimico ma obbligo per altri rischi ex 303 (per la parte non abrogata e per i nuovi rischi sotto normazione 626). Restano tra l’altro da chiarire: • i rapporti con gli aspetti assicurativi (INAIL) a partire dalla tipologia qualiquantitativa del rischio • le conseguenze per gli aspetti autorizzativi alle attività (per l’obbligo preventivo alla valutazione del rischio chimico e non come per la restante normazione 626 entro 90 giorni dall’inizio dell’attività stessa). Data l'importanza di questo decreto torneremo presto sull'argomento con giudizi ponderati sui suoi vari aspetti sia sulle pagine del Bollettino, sia sul sito SNOP. DOSSIER ANCORA UN'IMPORTANTE SVOLTA NEGLI STRUMENTI A DISPOSIZIONE PER LA TUTELA DELLA SALUTE NEI LUOGHI DI LAVORO EFFICACIA NELLA PREVENZIONE IL CONVEGNO DI FIRENZE INTRODUZIONE Di seguito troverete il testo di due relazioni presentate al convegno svoltosi a Firenze lo scorso 7 novembre dedicato alla EBP, la prevenzione basata sulle prove di efficacia. Si tratta degli interventi del dr. Peter Briss e del dr. Luigi Salizzato, presidente SNOP. Il dr. Briss lavora presso i CDC di Atlanta ed è uno dei responsabili del progetto “The Community Guide” dedicato alla valutazione dei programmi di sanità pubblica negli Stati Uniti. Attraverso le sue parole (tradotte da Sarah Bernhard) è possibile farsi un’idea più chiara dei presupposti e delle caratteristiche di quell’iniziativa che viene considerata come punto di riferimento indispensabile un po’ in tutto il mondo. Il nostro presidente, invece, tenta di introdurre nel dibattito sulla EBP alcu- ni elementi di “realismo”, legati alla conoscenza degli “umori” e delle aspettative che gli operatori della prevenzione hanno nei confronti di questo tema. Tutti i materiali del convegno (relazioni, materiali divulgativi, demo di presentazioni, ecc.) possono essere reperiti nel sito SNOP http://www.snop.it 13 EFFICACIA NELLA PREVENZIONE GUIDA AI SERVIZI DI PREVENZIONE DELLA COMMUNITY GUIDE Peter A. Briss CDC Atlanta 1. ELEMENTI DI BASE DELLA COMMUNITY GUIDE Revisione sistematica della letteratura da parte di: • ricercatori, metodologi e medici Raccomandazioni evidence-based • basate sull'evidenza e sviluppate da una task force imparziale, indipendente e non federale 2.A CHI CI RIVOLGIAMO? A coloro che progettano, finanziano o implementano servizi sanitari pubblici e piani d'azione per i sistemi di comunità e di assistenza sanitaria • Dipartimenti sanitari • Sistemi sanitari • Acquirenti di servizi sanitari • Autorità di Governo • Organizzazioni della società civile 3. COSA VIENE REVISIONATO NELLA COMMUNITY GUIDE Comportamenti a rischio Uso di tabacco * Abuso/Uso errato di alcol Abuso di altre sostanze Cattiva nutrizione Attività fisica inadeguata * Comportamenti sessuali insalubri La sezione finale riguarda le questioni ambientali. Per il primo volume della Community Guide la Task Force sta revisionando gli interventi che influenzano l'ambiente socioculturale, quali gli interventi formativi e abitativi. 4. GLI INTERVENTI SULLA SALUTE PUBBLICA SONO IMPORTANTI Nel XX secolo l'aspettativa di vita è aumentata di circa 30 anni nei paesi industrializzati. Solo circa 5 anni di tale aumento sono da ricondurre ai "servizi preventivi" ed all'assistenza sanitaria. Parte dei rimanenti 25 anni sono attribuibili agli interventi di Sanità Pubblica. Pertanto porre l'attenzione su altre questioni quali il comportamento e l'ambiente risulta essere una opportunità stimolante per trovare i percorsi più efficaci per la promozione della salute. Exposure to ETS Population Initiation Tobaco dependence Morbidity & Mortality * Attualmente già disponibili Le revisioni della Community Guide sono suddivise in 3 sezioni. La prima modifica dei comportamenti a rischio per la salute - include capitoli sull'uso del tabacco, sull'abuso di alcol, ecc. La seconda sezione riguarda le condizioni specifiche ed include i capitoli sulle malattie vaccino-prevenibili, sugli infortuni in occupanti di autoveicoli, diabete, ecc. 10.TROVARE EVIDENZA RILEVANTE È DIFFICILE • I database medici e le parole chiave sono tipicamente inadeguati per trovare efficientemente studi di intervento • I registri di studi usualmente non sono disponibili • Ciò richiede - ricerche di database - revisioni bibliografiche - consultazioni di esperti 11.VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ 5. LE REVISIONI SISTEMATICHE DEGLI INTERVENTI DI SANITÀ PUBBLICA SONO UTILI per aiutare ad identificare interventi di Sanità Pubblica efficaci ed efficienti. • Metodi sviluppati per la prima volta dagli studiosi di scienze sociali (per es.: Glass, 76) • Ricavare e riassumere ampi e diverse prove di evidenza • Ridurre errori e pregiudizi nell'interpretazione • Rendere espliciti certi assunti 6. LE REVISIONI SISTEMATICHE NON SONO • Limitate a trials randomizzati controllati, ma può essere inclusa una varietà di disegni sperimentali • Limitate ad interventi sulla sanità • Sono state applicate ad aree diverse quali la pubblicità, la formazione e la zoologia • Ristrette ad un “modello biomedico” di salute Questi dati sono riportati in maniera dettagliata nel supplemento del gennaio 2000 dello American Journal of Preventive Medicine. 14 Strategies to reduce exposure to ETS Pensiamo che questo tipo di cauta ed attenta combinazione di studi simili ma non identifici aiuti a rappresentare completamente il costrutto dell'intervento, forse aumenta la validità esterna e l'utilità delle raccomandazioni per i nostri interlocutori ed identifica filoni comuni tra gli interventi efficaci. L'Ambiente Problemi socioculturali * 7. LE REVISIONI SISTEMATICHE DI INTERVENTI DI SANITÀ PUBBLICA SONO STIMOLANTI Per molti aspetti sono piú stimolanti che non le revisioni di trial clinici come quelli che vengono effettuati generalmente in maniera corretta da gruppi quali Cochrane Collaboration e la Preventive Services US Task Force. Condizioni specifiche Malattie prevedibili derivanti da vaccinazioni * Outcome di gravidanza Violenza Incidenti stradali * Depressione Cancro Diabete * Igiene orale * 8. UN APPROCCIO CONCETTUALE ALL’USO DEL TABACCO. PREVENZIONE E CONTROLLO Strategies to reduce initiation La prima e peculiare sfida degli interventi di sanità pubblica coinvolge la complessità di organizzare in maniera sensata un ampio numero di interventi differenziati e complessi. Strategies to increase cessation 9. DUE INTERVENTI DI COMUNITÀ NON SONO MAI IDENTICI La successiva difficoltà è che mai due interventi di comunità sono identici Il nostro gruppo tende ad usare "modelli logici" per identificare outcome importanti, percorsi possibili in cui intervenire per migliorare tali outcome, aiutare a stabilire delle priorità per coloro che eseguono la revisione e a sviluppare specifici quesiti di ricerca ai quali speriamo di rispondere con le revisioni. Informazioni attentamente combinate circa interventi correlati ma non identici aiutano a: • A rappresentare pienamente il costrutto concettuale dell'intervento • Migliorare la validità esterna e l'utilità • Identificare filoni comuni di interventi efficaci Nello schema in diapositiva c'è l'approccio concettuale che è stato sviluppato per il nostro capitolo sulla prevenzione dell'uso di tabacco. Le aree di priorità per gli interventi atti a ridurre la morbilità e mortalità che risulta dall'uso e dall'esposizione al tabacco sono: Per rispondere a questa variabilità negli interventi, la Task Force spesso deve fare degli attenti riassunti dei risultati di interventi simili ma non identifici al fine di trarne le necessarie conclusioni. Per esempio, nel capitolo relativo alla prevenzione di infortuni per gli occupanti di autoveicoli abbiamo preso in considerazione interventi che fornissero alle famiglie sedili di sicurezza per i bambini. Gli interventi specifici sono stati forniti in molti modi: tramite prestito, attraverso affitti economici o attraverso programmi di donazioni. Al fine di valutare l‘efficacia dell‘intervento è stato necessario combinare questi diversi meccanismi di fornitura di sedili di sicurezza per bambini e testare se le differenze nel metodo di consegna abbiano portato a dei risultati differenti. Interventi per ridurre l'iniziazione all'uso del tabacco (adolescenti) Interventi per aumentare la cessazione dell'uso di tabacco (adulti) Interventi per ridurre l'esposizione al fumo di tabacco nell'ambiente Questo approccio concettuale si concentra sui fattori di rischio all'interno della popolazione per l'uso futuro di tabacco, la dipendenza all'uso dello stesso e per l'esposizione al fumo nell'ambiente. Una volta fatta la nostra ricerca sistematica, ci occupiamo della valutazione della qualità. Per rendere massima la validità interna ed esterna di un insieme di evidenze la Community Guide tende ad usare risultati complementari provenienti da un gruppo di studi invece che cercare di trovare un numero limitato di studi "ottimi". 12. ESPANDERSI OLTRE I TRIAL RANDOMIZZATI CONTROLLATI Una consequenza di questo approccio omnicomprensivo al disegno dello studio è la tendenza ad usare i risultati sia di trial randomizzati che di altri interventi valutativi nelle nostre sintesi. Il trial randomizzato individuale è molto utile nella ricerca clinica per controllare i confondenti misurati e non misurati e per semplificare il processo di inferenza casuale. Comunque, per gli interventi di comunità il RCT è talvolta non etica o non praticabile, non può di per sé controllare i confondenti e può avere importanti riflessi sulla validità interna (per es, la contaminazione) o la validità esterna (per es, informazioni ottenute da volontari in situazioni di ricerca altamente controllate non possono tradursi bene in altri ambienti e popolazioni). Per queste ragioni pensiamo che usare una gamma di disegni, ognuno con la propria forza e le proprie limitazioni, trasmette maggior fiducia nella validità ed applicabilità dei risultati di quelli che sarebbero stati possibili con un approccio più ristretto al disegno. 15 13. COME VALUTA LA TASK FORCE L'IDONEITÀ DEL DISEGNO DELLO STUDIO? • Al massimo – Disegno Prospettico con gruppo di confronto concomitante • Moderatamente – Misurazioni multiple "prima-dopo", ma senza gruppo di confronto – Disegno Retrospettivo • Al minimo – Gruppo singolo "prima-dopo" – Cross-sectional La Task Force richiede, per valutare l'efficacia, che i disegni dello studio adottati includano comunque un qualche tipo di confronto concorrenti o "prima-dopo". Gli studi vengono successivamente valutati a seconda del disegno, in 3 gruppi: – studi con la maggior possibilità per la valutazione dell'efficacia di un intervento: quelli prospettici con gruppi di comparazione concorrente quali gli esperimenti randomizzati e non randomizzati o studi di coorti prospettiche; – studi con moderata possibilità di valutazione della efficacia includono quelli con misurazioni multiple nel tempo ma non gruppi di paragone concorrenti o gli studi retrospettivi; – studi che includono solo misurazioni singole prima e dopo l'intervento oppure gli studi cross-sectional sono considerati quelli di minore utilità ma sono comunque inclusi nelle nostre revisioni. Il disegno dello studio è importante ma non è l'unico aspetto che è necessario venga valutato. La Task Force inoltre valuta come sia stato eseguito lo studio sulla base del disegno scelto. Evidence of Quality of Effectiveness execution Design Suitability STRONG Good 14. COME VALUTA LA TASK FORCE LA QUALITÀ DI ESECUZIONE? Ogni studio è valutato sulla base di 6 categorie di possibili problemi di validità. • Descrizioni degli interventi e della popolazione dello studio • Campionamento • Misurazione della esposizione e degli outcome • Analisi dei dati • Interpretazione dei risultati – Follow up – Confondenti –Altri bias • Altre questioni Le nostre considerazioni sul disegno dello studio e sull'esecuzione ci permettono di includere flessibilmente nella nostra sintesi molti tipi di studi. Ci permettono inoltre di attribuire a uno studio osservazionale ben condotto maggior peso rispetto a uno studio randomizzato condotto malamente. 15. POSSIBILITÀ DI SINTETIZZARE I RISULTATI (O NO) Dopo aver identificato gli studi disponibili e valutato la loro qualità, consideriamo la sintesi dei risultati. • Nessuna combinazione • Riassunto narrativo • Riassunto quantitativo semplice • Meta-analisi formale La sintesi dei risultati attraverso diversi disegni di studio è stimolante. Abbiamo Number of studies Consistent Greatest >2 YES Sufficient Good Greatest or Moderate >5 YES Sufficient Good or Fair Greatest >5 YES Sufficient Large Meet Criteria for sufficient evidence SUFFICIENT Good Greatest Good or fair Greatest or moderate >3 Greatest, Moderate or Least >5 Good or fair INSUFFICIENT Insufficient Insufficient 16 Effect size 1 Too few -- Sufficient YES Sufficient YES Sufficient NO Small adottato 4 strategie generali sulla base delle quali si fanno delle scelte basate sui ciò che i dati disponibili supportano e sulle nostre necessità di precisione al fine di formulare raccomandazioni. Ciò include: • non combinabilità dei risultati (per es, se gli studi sono troppo limitati o gli interventi o gli outcome sono troppo diversi per permettere combinazioni significative), • riassunti narrativi (per esempio, tutti gli studi hanno mostratto risultati positivi da un punto di vista statistico ma diverse misure di effetti hanno precluso la combinazione statistica), • sintesi di tipo quantitativo semplice (come per esempio la mediana e il range delle misure di effetto), • meta-analisi formale. 16. COME FA LA TASK FORCE A TRARRE UNA CONCLUSIONE GENERALE CIRCA L'INSIEME DELL'EVIDENZA? • Numero degli studi: più studi hanno maggiori possibilità di portare a una conclusione; • scelta del disegno di studio adatto e qualità di esecuzione: la scelta di un disegno adatto e una migliore qualità di esecuzione hanno maggiori possibilità di portare ad una conclusione; • consistenza: la consistenza dei risultati è necessaria per trarre conclusioni; • ampiezza dell'effetto: la rilevazione di un effetto più ampio ha maggior possibilità di portare ad una conclusione; 17. L’algoritmo per trarre delle conlusioni dettagliate è presentato nel supplemento all'AJPM precedentemente segnalato ed è riportato qui a sinistra. Il punto più importante di questo algoritmo è che ci sono molte possibili sequenze per trarre conclusioni circa l'insieme dell'evidenza. Per esempio, sufficiente evidenza può riflettere sia un numero relativamente piccolo di studi molto ben disegnati ed eseguiti o un più ampio numero di studi con scelta meno adatta di disegno o più limitata qualità di esecuzione. Le raccomandazioni della Task Force generalmente giungono in maniera diretta dalla forza dell'evidenza. Per esempio, una forte prova di evidenza di efficacia porta a forti raccomandazioni per l'intervento. In maniera analoga, l'evidenza che l'intervento è inefficace porterà ad una raccomandazione contraria all‘adozione dell'intervento. Le eccezioni: Attualmente abbiamo usato il sistema di fare più di 70 raccomandazioni su aree molto diverse della sanità pubblica e le conclusioni che ne derivano sembrano in generale possedere buona validità. In salute pubblica è importante anche tener presente aspetti diversi dall'efficacia. Praticabilità, danni potenziali degli interventi, rapporto costi-benefici e barriere all'implementazione dell'intervento devono tutti essere tenuti in considerazione per comprendere in pieno gli effetti di un intervento. vento sia adattato in maniera appropriata alla popolazione di interesse. Questa conclusione è appropriata se c'è una ragione concettuale per ritenere che l'intervento sia applicabile alle diverse popolazioni ma esiste una dimensione dell'intervento che non si adatta a tutti e se i dati empirici disponibili attraversano diverse differenti popolazioni ed ambienti e se sono ragionevolmente omogeneo. Questa conclusione è particolarmente appropriata quando ci sono state reali esperienze di adattamento o che abbiano assicurato una appropriatezza culturale. 20. PERICOLI Sviluppando un approccio per la valutazione di un intervento, dobbiamo considerare un ampio spettro di potenziali effetti positivi e negativi. 18.ALTRI ASPETTI IMPORTANTI DELL‘INTERVENTO • Applicabilità • Danni potenziali • Cost-effectiveness • Limiti all‘implementazione In sanità pubblica, focalizzarsi sugli aspetti degli interventi diversi dalla effectiveness è ugualmente importante. L’applicabilità, i danni potenziali, l’analisi di costo efficacia e i limiti all’implementazione dell’intervento sono tutti aspetti che devono essere capiti a fondo. 3) I risultati della revisione sono applicabili solo a popolazioni o ambienti specificati. Una più ampia applicabilità è incerta. Questa conclusione è appropriata se c'è una ragione concettuale per assumere che l'intervento possa avere effetti notevolmente differenti in popolazioni differenti e se i dati rivisti sono limitati a poche popolazioni o ambienti. 21. COME SONO INCORPORATE LE INFORMAZIONI ECONOMICHE NELLA COMMUNITY GUIDE? Ricerca sistematica e valutazione dell'evidenza Riassunta e descritta 19.APPLICABILITÀ • Ampiamente praticabile • Ampiamente praticabile – Presupponenendo un appropriato adattamento • Applicabile a popolazioni o ambienti specificati – una più ampia applicabilità è incerta • Applicabile solo a popolazioni o ambienti specificati. 4) Applicabili solo a popolazioni o ambienti specificati. Si può trarre questa conclusione se c'è una forte ragione concettuale per assumere che l'intervento è applicabile solo a popolazioni ristrette e se: 1) gli studi sono stati condotti solo in quelle ristrette popolazioni 2) oppure i dati empirici suggeriscono che l'intervento funziona nella popolazione/i ristretta/e ma certamente non funziona in (alcune) altre popolazioni. Se c'è evidenza che un intervento sia efficace nel miglioramento almeno di alcuni esiti, ma c'è anche evidenza che è pericoloso per alcune popolazioni la Task Force può essere CONTRARIA all'intervento o raccomanderà una applicazione più ristretta di quanto avrebbe potuto fare altrimenti. Essendo le risorse sempre contenute, le valutazioni economiche potrebbero aiutare ad allocare tali risorse per massimizzare i guadagni di salute. Le informazioni economiche vengono sistematicamente ricercate e valutate, successivamente riassunte per ogni intervento. A causa di informazioni economiche molto limitate per la maggior parte degli interventi e poiché i diversi utilizzatori hanno prospettive molto differenti sul se e sul come le informazioni economiche debbano essere utilizzate, la Task Force ha deciso di non includere tali informazioni nelle raccomandazioni. Comunque qualsiasi informazioni sia trovata viene valutata e reportata alla Community Guide. Alla fine della revisione la Task Force emette un giudizio su quanto ampiamente i risultati siano applicabili. Questa conclusione è basata su una combinazioni di motivazioni concettuali e sulla diversità delle popolazioni e degli ambienti in cui gli interventi sono stati empiricamente testati. Le quattro categorie generali di conclusioni sono le seguenti: 1) I risultati della revisione paiono applicabili in un ampio spettro di ambienti, popolazioni o caratteristiche di intervento. Questa conclusione è appropriata se c'è una ragione concettuale per ritenere che l'intervento sia applicabile a differenti popolazioni/ambienti e/o i dati empirici disponibili siano ragionevolmente omogenei; 2) I risultati della revisione paiono applicabili ad un ampio range di ambienti, popolazioni o caratteristiche di intervento, premesso che l'inter- 17 22. OSTACOLI Infine, per implementare le raccomandazioni è necessario considerare quali possono essere alcuni ostacoli. Durante la revisione della letteratura il team identifica le informazioni circa le barriere che compaioni nei vari studi di valutazione. Questi vengono riassunti ed inclusi per i lettori per poter poi servire di supporto al momento della decisione. ne dei dati dagli studi, usato per valutare la qualità di esecuzione degli studi stessi. Infine la Task Force ha l'obiettivo di sviluppare metodi che possano stimolare i ricercatori e gli editors delle riviste scientifiche ad aumentare la qualità degli studi e dei report scientifici senza peraltro stabilire standard così elevati da impedire che qualsivoglia raccomandazione possa essere formulata. 23. SE L‘EVIDENZA NON È SUFFICIENTE NON SIGNIFICA CHE L‘INTERVENTO NON FUNZIONA • Un'insufficiente evidenza dovrebbe stimolare maggior esperienza/ricerca • L'evidenza di non effetto o pericolo dovrebbe portare alla sostituzione di interventi maggiormente efficaci al posto di interventi di minor efficacia 26.ALCUNE CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE SULLE RACCOMANDAZIONI PER LA SANITÀ PUBBLICA • Revisioni e reports sistematici • Non un libro di cucina o una soluzione che si adatta a tutte le taglie Una delle maggiori preoccupazioni nel lanciare questa iniziativa era che molti interventi importanti avrebbero avuto un giudizio di insufficiente evidenza. C'era la paura che una carenza di evidenza potesse causare finanziamenti ed entusiasmo ridotti per questi interventi. Abbiamo lavorato alacremente per distinguere chiaramente gli interventi con evidenza insufficiente circa la loro efficacia da quelli che non funzionano. Facciamo questa distinzione poiché le implicazioni nel tirar le conclusioni sono differenti. 24. UNA LARGA PARTECIPAZIONE NEL PROCESSO MIGLIORA IL PRODOTTO C'è un importante aspetto supplementare del nostro processo che rende più forte il prodotto. Un'ampia partecipazione al processo. Le raccomandazioni in ogni revisione sono sviluppate da un team multidisciplinare composto da un numero di esperti del settore che può arrivare anche a 30. Le molteplici prospettive ed i diversi background dei membri del team aumentano la completezza ed accuratezza delle informazioni, riducono l'impatto di prospettive individuali ed istituzionali e aumentano l'utilità delle revisioni e delle raccomandazioni 25. PERCHÉ LA TASK FORCE HA SCELTO QUESTI METODI? La Task Force ha scelto questi metodi perché ci permettono di ottenere ed usare la miglior evidenza disponibile per prendere delle decisioni. Inoltre essi spingono a migliore la disposibilità e la qualità dei dati nel tempo. Questa è in parte la motivazione per cui la Task Force ha deciso di pubblicare i suoi metodi incluso lo schema per l'estrazio- 18 Questi metodi sono stati delineati in modo che la generazione di ogni raccomandazione sia esplicita. La Task Force spera che ciò migliori l'accoglienza presso i diretti interessati delle raccomandazioni della Community Guide e che ne incrementi il loro uso. Comunque la Community Guide non è un libro di cucina o una soluzione che si adatta a tutte le situazioni critiche. Per prendere delle decisioni deve essere integrata con altre informazioni quali quelle sui bisogni, i valori e le risorse a livello locale. Il processo sistematico di revisione ed il modo in cui queste revisioni e raccomandazioni sono riportate aiuta l'utente a decidere se le raccomandazioni sono valide e prudenti dal loro punto di vista. 26.ALCUNE CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE SULLE RACCOMANDAZIONI PER LA SANITÀ PUBBLICA • La conoscenza non è sufficiente • Lavorare con gli operatori della prevenzione e decisori delle politiche sanitarie è importante. Siamo fiduciosi che fornire sintesi non distorte (unbiased), chiare e utili della evidenza scientifica consentirà all'attività di sanità pubblica sia di aumentare l'uso di servizi efficaci sia di stimolare la rimozione di servizi che sono inefficaci o pericolosi. Capiamo comunque che la conoscenza non è sufficiente. (per esempio, sono stati necessari 200 anni alla Marina britannica per adottare approcci chiaramente efficaci per prevenire lo scorbuto e io talvolta penso che si siano fatti pochi progressi nella diffusione di pratiche effettive da allora). Per poter cambiare strategie e pratiche di lavoro informazioni appropriate devono essere ricevute da persone appropriate, comprese e combinate con altri fattori quali la costruzione di sistemi di alleanze, l'ottenimento di risorse materiali, ecc. L'esperienza già accumulata con le nostre precedenti raccomandazioni e il lavoro con partner per aumentarne l'uso sembra dimostrare che possiamo avere efficacia nel miglioramento di strategie e pratica nella vita reale. Siamo ottimisti che nel tempo questi miglioramenti possano riverberarsi sulla salute della collettività. EFFICACIA NELLA PREVENZIONE LA PARTECIPAZIONE DI SNOP AL PROGETTO EPB Luigi Salizzato Presidente SNOP Una riflessione sulla partecipazione della SNOP al progetto EBP è una riflessione su come questo progetto è stato accolto e sostenuto dagli operatori dei Servizi di Prevenzione, non perché la SNOP rappresenti tutti gli operatori, ma perché i suoi iscritti sono, nelle diverse Regioni, quasi esclusivamente operatori dei Servizi pubblici di Prevenzione sia sanitaria, Dipartimenti, che ambientale, Agenzie per l’Ambiente, di tutte le specialità e dei diversi profili professionali, sia dirigenti sia del Comparto. LA PREVENZIONE INUTILE La Prevenzione inutile è una definizione utilizzata da Massimo Valsecchi e Sandro Cinguetti quando hanno stilato il primo elenco di attività inutili, facendo riferimento a riflessioni critiche sulla storia della Sanità Pubblica nel nostro Paese elaborate in particolare da Valsecchi, e su questo elenco hanno cercato l’adesione di altri operatori per sostenere un’iniziativa rivolta alle Istituzioni per ottenere Leggi abrogative di norme non condivisibili dalla Comunità scientifica. Le loro proposte hanno trovato interesse nel nostro ambito professionale, prevalentemente tra i Dirigenti dei Servizi dell’Area igienistica cui le proposte in gran parte si riferivano, si sono inoltre collegate ad analisi che avevano sviluppato altri operatori, penso ad es. a Carnevale e Baldasseroni per l’Area della Medicina del Lavoro, e sono state ospitate sulla stampa e sui siti web delle Società scientifiche e discusse in diverse occasioni convegnistiche e seminariali. Volendo fare riferimento ad un’immagine grafica per rappresentare questo aspetto del progetto EBP molti tra noi, parlando o scrivendo, ricorrono a quella torta disegnata da Eva Buiatti a Verona, in una delle prime iniziative pubbliche in cui si affrontava questo tema, e che rappresenta le nostre attività, con due piccole porzioni, una per le attività sicuramente utili, una per quelle sicuramente inutili, e la maggior parte dell’area in grigio, ad indicare la gran parte delle attività di cui non potevamo e non possiamo dire nulla di provato relativamente alla loro reale efficacia. Nonostante il carattere dirompente della definizione “attività inutili” credo di dover segnalare come questa stessa definizione non abbia incontrato, tra gli operatori dei Servizi, unanime consenso, anzi direi che molti l’hanno considerata con sospetto, se non con palese ostilità, come se questa definizione desse in qualche modo un giudizio su anni di vita professionale che non si è disposti a liquidare semplicemente con una valutazione di inutilità. Pur essendo consapevole della componente di conservatorismo presente nei nostri Servizi e della sensazione d’insicurezza per il futuro provata da chi lascia la sicurezza delle cose conosciute per quelle promesse da una prospettiva di cambiamento, non mi sembra che questi motivi bastino a giustificare l’ostilità degli operatori per la definizione di “prevenzione inutile”. Va naturalmente anche considerato l’entusiasmo con cui altri operatori hanno accolto la provocazione, tra tutti ricordo Giorgio Ferigo, il collega del Friuli che ha scritto e pubblicato recentemente un libro sull’argomento. Tornando agli scettici credo che la risposta al loro problema stia nella torta cui facevo riferimento prima ed in particolare a quella sua gran parte in grigio, a significare che della maggior parte delle attività che svolgiamo non siamo in grado di dimostrare l’efficacia, ma non per questo è dimostrato che queste attività siano inutili. La mia impressione è che gli operatori dei Servizi preferiscono lavorare per progetti finalizzati a valicare e valorizzare l’efficacia di quello che fanno ed a migliorare il proprio modo di lavorare piuttosto che limitarsi a valutare l’inefficacia e quindi a praticare nuove strade completamente sconosciute, può essere quindi espresso da questi operatori un concetto di EBP in positivo. Ritengo che il lavoro d’individuazione della zavorra e l’azione verso le Istituzioni per ridurne il peso sia stato e sia fondamentale, ma osservo anche che se vogliamo veramente migliorare il modo di lavorare dei nostri Servizi dobbiamo avere molta cura delle poche risorse disponibili, e tra queste prevalentemente degli operatori dei Servizi, senza i quali non andiamo da nessuna parte o comunque facciamo poca strada. Ben vengano quindi le iniziative che si prendono cura delle nostre risorse, e penso al corso per apprendere l’epidemiologia descrittiva organizzato dall’Istituto Superiore di Sanità, che fa perno sulla positiva, nel senso di efficace, esperienza dei Servizi di Epidemiologia della regione Campania, di cui dovremmo promuovere ulteriormente la conoscenza, penso inoltre al modulo formativo su EBP messo a punto da Eva Buiatti, Alberto Baldasseroni e Sarah Bernhardt. Gli operatori hanno un grande bisogno di informazione e di formazione sia teorica che operativa sui temi e sugli strumenti del miglioramento possibile nella prevenzione, una formazione che serva ad avvicinare le teorie di chi ha la capacità e la responsabilità di elaborarle al nostro lavoro di tutti i giorni. In un recente seminario formativo, che la SNOP ha organizzato sugli strumenti per l’integrazione tra ARPA e Dipartimenti, rivolto a tutti i profili professionali con compiti di direzione o coordinamento, ed in cui si è parlato anche di EBP, abbiamo verificato l’interesse diffuso per questi argomenti di approfondimento e la potenzialità di cambiamento che deriva dalla diffusione della conoscenza, abbiamo già avuto ad esempio richieste di riproporre questi temi formativi in altre regioni, ma è l’esperienza in sé ad avere un suo significato positivo. Credo quindi che, se vogliamo che il progetto EBP si sviluppi, dobbiamo creare le condizioni affinché il modulo formativo dei colleghi di Firenze sia adottato nelle diverse regioni, sviluppando la formazione dei formatori, e vada collegato ad iniziative concrete di EBP, in senso anche positivo. Lo strumento di valutazione che stiamo mettendo a punto con il progetto SALeM, o altri strumenti se questo non è sufficiente, vanno usati anche per valutare l’efficacia di azioni consolidate e magari migliorabili, magari caratterizzate dall’interdisciplinarietà, 19 come i prodotti integrati dipartimentali o di rete ARPA/Dipartimento. Un altro campo in cui sperimentare la valutazione EBP potrebbe essere quello dell’educazione sanitaria, poiché le poche valutazioni di appropriatezza disponibili non sono in grado di aiutarci a capire veramente il valore di queste attività, e, visto l’interesse che le azioni educative riscuotono ancora e sempre più sia nei Servizi che nella Società civile, sarebbe di grande interesse un progetto che definisca criteri condivisi e preveda una diffusa azione di valutazione delle attività educative. Non ho usato a caso il termine “condiviso”, che ho ricavato direttamente dall’esperienza di SALeM, fatta con la nostra associazione scientifica. Questa esperienza ci ha insegnato che, se non si riesce ad avere un’ampia condivisione fin dalla definizione degli strumenti di valutazione da parte di chi è poi chiamato in causa per l’utilizzo di quegli strumenti, ci si può trovare poi a fare i conti con le loro incomprensioni, le loro critiche ed anche il loro disimpegno. L’Italia è grande e le esperienze di lavoro, organizzative ma anche operative, variano nelle diverse regioni, anche per l’applicazione delle stesse norme di legge o degli stessi mandati professionali. Se per fare prima si salta il passaggio della condivisione ci si ritrova con meno consenso e quindi con meno possibilità di valutazione. AMPLIARE L’AMBITO DI AZIONE Lo sviluppo di attività formative e di azioni per un’EBP che valorizzi l’efficacia delle nostre attività ci può consentire di allargare l’interesse per il nostro progetto, ci sono ampie zone professionali in cui non ci siamo ancora addentrati, penso alla veterinaria ed alla prevenzione ambientale. Rimangono inoltre da superare alcune reciproche incomprensioni, ho colto in diverse occasioni la polemica di chi valuta la propria componente specialistica (igienisti/medici del lavoro) più EBP degli altri e penso che queste divisioni non aiutino a raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati, ma questo è un problema di sistema che va ben oltre il tema specifico, cioè si riferisce a tutto il processo di costruzione/consolidamento della rete della prevenzione. METTERE INSIEME LE FORZE Quando ci siamo organizzati, dopo il primo seminario di Firenze, avevamo evidenziato l’importanza di mettere insieme le forze, ad es. le diverse società scientifiche ma anche le strutture istituzionali della prevenzione, ISS, Ministe- 20 ro, Agenzie regionali, Conferenza StatoRegioni, oltre ai singoli operatori interessati, ed oggi registriamo alcuni successi come l’avvio della lista di discussione elettronica, di cui dovremmo però analizzare meglio le variazioni temporali di partecipazione, ed inoltre l’azione positiva sul legislatore nazionale e l’avvio del progetto SALeM. Queste esperienze ci insegnano anche che, se vogliamo sostenere altre operazioni simili, e tutti riteniamo che ce ne sia la necessità, dobbiamo poter contare su una rete di relazioni e di attività più solida. Non è una questione trascurabile perché condiziona in gran parte la possibilità di successo, dobbiamo mettere insieme una rete composta di nodi professionali specializzati nell’utilizzo degli strumenti che la rete stessa si dà, penso a singoli Servizi, Dipartimenti, Agenzie che aderiscono, in maniera il più possibile diffusa, al progetto EBP e si specializzano nell’utilizzo degli strumenti di valutazione. Il progetto SALeM ha vissuto alcuni dei momenti di costruzione di questa rete, con l’attività pratica sostenuta dalla passione di pochi, per capirci anche di pochi soci nella stessa SNOP, per arrivare all’exploit di questi giorni, che hanno preceduto il seminario di Firenze, in cui è pervenuta la maggior parte del materiale presentato da Daniela Cervino ed Aligi Gardini. Dovremmo darci una forma organizzativa che preveda una lista di soggetti organizzativi e professionali che aderiscono ad EBP dando la propria disponibilità per un contributo pratico/operativo non occasionale ed attivo. IL RUOLO DELLE REGIONI Per finire credo che dovremmo valorizzare maggiormente il ruolo che possono svolgere per la prevenzione basata sulle prove di efficacia le Regioni che, anche a seguito del recente referendum sul federalismo, assumono sempre più un ruolo autonomo nelle politiche sanitarie e possono essere stimolate ad intervenire in modo da favorire il nostro progetto. Penso concretamente ad es. alla Regione Umbria che ha adottato un provvedimento con cui rinnova d’ufficio la validità dei libretti sanitari per gli alimentaristi, esempio che potrebbe essere seguito anche da altre amministrazioni regionali, che magari hanno già adottato altre iniziative favorevoli ad EBP, di cui non sono a conoscenza, e di cui sarebbe utile predisporre un repertorio da far conoscere. Per quanto riguarda il progetto SALeM due Regioni hanno finora accettato di assumere in prima persona l’onere di richiedere l’adesione dei Dipartimenti di Prevenzione al progetto, l’Emilia-Romagna per iniziativa del dott. Macini, responsabile del Servizio di Prevenzione collettiva ed il Molise, per iniziativa del dott. De Marco assessore alla Sanità, mentre ne ha finora solo dichiarato l’intenzione la regione Puglia. Per le altre Regioni il progetto SALeM è stato sostenuto organizzativamente dalla SNOP. Probabilmente questa situazione non potrà cambiare rapidamente in modo radicale, anche per i limiti che molti operatori denunciano nell’esercizio del loro ruolo da parte di queste amministrazioni, ma credo che possiamo sicuramente fare meglio di così. EFFICACIA NELLA PREVENZIONE TRENTA SEMPLIFICAZIONI (ANZI,VENTISETTE) di Giorgio Ferigo L’articolo che segue di Giorgio Ferigo è stato presentato sotto forma di intervento orale al recente convegno “L’epidemiologia per il Dipartimento di Prevenzione – Parte seconda. L’Igiene Pubblica” tenutosi a Firenze il 23 di Gennaio. Ringraziamo gli organizzatori del Convegno e in particolare il dott. Petrioli che ci concedono in anteprima questo scritto e segnaliamo che entro breve tempo saranno disponibili gli atti di questo e del primo convegno con lo stesso tema, ma dedicato al settore della prevenzione nei luoghi di lavoro, tenutosi nel Giugno scorso. L’importanza dell’intervento di Ferigo è notevole. Si tratta di un vasto lavoro, meritorio sotto molti punti di vista. Innanzitutto per l’analisi della realtà che è stata fatta, senza sottintesi, ma con onestà intellettuale. Poi per l’utilità delle esperienze di semplificazione burocratica realizzate già a partire dalle basi legislative esistenti, precedenti gli esiti del referendum confermativo di settembre che hanno fatto decollare il processo di autonomia regionale voluto dal Parlamento italiano. Quindi è un messaggio di speranza quello che esce dalla lettura del testo di Ferigo, la speranza che sia possibile realizzare la semplificazione delle pratiche inutili ampiamente presenti nella Sanità Pubblica. Infine un commento merita la prosa di Ferigo. Sempre originale, imprevedibile, accattivante, anche nelle circostanze di un testo dedicato ad un argomento apparentemente arido e privo di spunti stimolanti. Certe cose si possono leggere solo se scritte con questa vivacità e brillantezza, altrimenti diventano assolutamente soporifere. 1. In questa relazione dò conto di alcuni tentativi che abbiamo fatto per accelerare la dipartita, o - se volete - per anticipare la quiescenza dell’Igiene Pubblica nella convinzione, non da molti condivisa, che essa si trovi in età pensionabile, o addirittura in stato agonico. Vi è stato distribuito un elenco di ventisette “semplificazioni” che abbiamo tentato. Ventisette sono davvero poche. Nonostante la scarsità del raccolto, il lavoro è stato faticosissimo, e per molti versi sconsolante; talvolta la “semplificazione” si è ridotta semplicemente a questo: costringere chi di dovere a prendere atto di abolizioni pervicacemente ignorate (ad esempio: farmacisti, poste, uffici di collocamento); in altri casi, ad implorare il consiglio regionale di abrogare le sue stesse castronerie; in altri casi ancora, a bloccare stupidaggini che stavano per essere legiferate. Provo qui ad illustrare le difficoltà che abbiamo incontrato. Vorrei che qualcuno mi raccontasse di tentativi analoghi, in modo da confrontarli gli uni con gli altri - e di confortarci un po’ a vicenda. 2. Come potete vedere, alcuni procedimenti di semplificazione riguardano l’intera regione Friuli Venezia Giulia; altri, soltanto le tre ASS della provincia di Udine; altri ancora soltanto l’Azienda in cui lavoro. Questo significa: che alcuni obbiettivi sono stati condivisi da tutti, o da molti; su altri abbiamo proceduto da soli. Il giudizio sulle pratiche da semplificare, o da “svuotare”, non è stato unanime; questo postula che non vi è nemmeno identità di vedute sulla nostra disciplina, sui princìpi che la informano, sulle mete che si propone, sui pregi che vanta, sulle crepe manchevolezze o stupidità di cui soffre. Nell’articolo precedente Luigi Salizzato ha analizzato i motivi del sospetto, e anche dell’ostilità, incontrati dallo slogan “La prevenzione inutile”: conservatorismo dei servizi, insicurezza degli operatori, desiderio di lavorare in positivo nel campo delle proposte, piuttosto che in negativo nel campo delle demolizioni. Sono atteggiamenti che abbiamo riscontrato anche noi del progetto “Sburo”. Ce n’è un altro, che forse è il principale. Il medico, l’infermiere, il tecnico dell’ospedale fondano il loro lavoro su un insieme di conoscenze “scientifiche”, che hanno appreso e che ri-apprendono ogni giorno nel concreto del loro studio e del loro operare. “Scientifico” non significa “vero”: significa verificabile, modificabile, e migliorabile anche radicalmente, con decisioni assunte sulla base delle prove disponibili e dell’esperienza maturata. Invece, il medico, l’assistente, il tecnico del Dipartimento di Prevenzione fondano il loro lavoro su un insieme di conoscenze “amministrative” o “legali” - non necessariamente né direttamente riconducibili a conoscenze “scientifiche” che non sono né verificabili né falsificabili, né modificabili né migliorabili in corso d’opera, ma soltanto “obbedibili” o “trasgredibili”. Il livello culturale di un ospedale può essere alto o basso, d’avanguardia o di retroguardia; le diagnosi e le cure efficaci o inefficaci o anche clamorosamente sbagliate; se ne possono calcolare gli indici di “attrazione” o di “repulsione”. Insomma, alla fine, se ne può dare un qualche giudizio di merito. Invece, non esiste alcun indice di “attrazione” o di “repulsione” per un DIP: semplicemente, tutti sono obbligati a passare da lì - come ai magazzini GUM di Mosca, quando regnava Leonid Breznev. Non esiste un’efficacia ovvero un’inefficacia del DIP: esiste soltanto l’applicazione o la disapplicazione della norma. Sui DIP non si può dare nessun giudizio. Si trattasse di essere formichine operose, ognuna delle quali porta la sua minuscola bica all’ammasso nel granaio comune, cui però sovrintende una mente ordinatrice, che a fine anno (o decennio o secolo) ci ragguaglia dei progressi salutari raggiunti grazie alla nostra azione, potremmo starcene quieti. Ma abbiamo mai veduto esibire uno straccio di analisi del genere, in tutti questi anni - un qualunque resoconto sull’efficacia o sull’appropriatezza dei certificati per patente, o di apprendistato, o di idoneità sportiva? Alla fine arrivano soltanto statistiche descrittive: l’anodino elenco delle prestazioni fatte - bene o male. (Messo alle strette, qualche luminare si irrita, e sbotta: se siamo uno tra i 21 paesi più longevi del mondo, con una mortalità materno-infantile tra le più basse della terra, i libretti sanitari saranno ben serviti a qualcosa). Si tratta di un pantano culturale: i princìpi non vengono mai dichiarati, e perciò mai discussi; le applicazioni mai sottoposte a verifica, e perciò mai validate o confutate; perfino le parole che esprimono la nostra attività mai specificate, a cominciare dalla principale, quell’onnicomprensivo “Prevenzione” che oggi include indifferentemente la diagnosi prenatale di fenilchetonuria e l’ingrasso dei suinetti nel mantovano. Non sono in discussione le competenze degli operatori, che giocoforza attingono all’intero scibile umano - visto che nessuno ha mai tracciato i confini; ma manca l’analisi logica dell’insieme; làtita l’esplicitazione dei fini, e dei mezzi per raggiungerli; si nega l’uso del “dubbio metodico”, e fin della razionalità, come paradigma del ragionare e dell’agire. Resta, ovviamente, il disagio. 3. Tuttavia, l’Igiene Pubblica è arrivata al capolinea indipendentemente dal gradimento degli operatori. Le prestazioni vengono vanificate non dalle nostre dimostrazioni di inutilità o dalle nostre sensazioni soggettive di utilità, ma semplicemente perché qualcuno, sulla base di ragionamenti extrascientifici o per fini di coerenza amministrativa, cassa le norme che le producevano. Come forse sapete, il Friuli Venezia Giulia è una regione a statuto speciale, ed ha competenza legislativa primaria in campo di pianificazione territoriale. Perciò, molto tempo fa, abbiamo proposto di semplificare la cosiddetta “igiene edilizia” - il 220, il 222, il 231 del Tuls benemerito. Queste semplificazioni non sono passate, e non perché le argomentazioni fossero deboli, ma perché andavano ad intaccare i piccoli interessi delle piccole parrocchie - le risicate e gelose autonomie operative. Nell’ottobre scorso è stato pubblicato il D. Lgs. 380/2001. L’articolo 20 recita: il sindaco rilascia il permesso a costruire, se la documentazione è accompagnata da “un’autocertificazione circa la conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie nel caso [di] interventi di edilizia residenziale ovvero [nel caso in cui] la verifica [di] tale conformità non comporti valutazioni discrezionali”. Si tratta, né più né meno, dell’abrogazione del 220 del Tuls (come da noi avevamo proposto tanto tempo prima). Ma questo articolo è stato approvato non in seguito ad una discussione di utilità o di disutilità dei pareri, della competenza o dell’incompetenza dei servizi a rilasciarli, di capacità o di incapacità professionale, bensì in seguito ad una decisio- 22 ne legislativa né discussa né approvata dai DIP. Per otto lustri, questa pratica è stata gabellata come sanitaria - e ci abbiamo creduto; ora ci dicono che si tratta di un mero adempimento amministrativo - e chiniamo il capo. Così, prima fornivamo per legge una prestazione di utilità salutifera non dimostrata; nei prossimi sei mesi (nel frattempo c’è stata la proroga: L. 31 dicembre 2001, n. 463) la faremo ancora, benché la sua inutilità salutifera sia stata ormai sancita. Riconoscere di aver sprecato qualche decennio della propria vita professionale in scemenze, è certamente doloroso. Ma essere costretti a continuare a fare scemenze perché siamo stati ridotti a funzionari, a domestici della legge, a servi di un disegno ormai insensato - questo è ancor peggio. 4. Abbiamo tentato le “semplificazioni” delle nostre attività a vari livelli. Una delle strade imboccate è stata quella dei “patti” con gli Enti - ad esempio, gli enti scolastici. Dal 1999, nel Contratto collettivo della scuola sta scritto: “L’istituzione scolastica... può disporre il controllo della malattia...” in luogo del “dispone” che c’era scritto nel 1995. Approfittando di questo può, abbiamo invitato presidi e direttori didattici a riunione, abbiamo illustrato la sostanziale inconsistenza della visita fiscale, e abbiamo convenuto di utilizzarla il più di rado possibile e soltanto nei casi in cui fosse un deterrente irrinunciabile (ahinoi!, la sanità ridotta a deterrente). In questo modo, nel giro di due anni (confronto 1999 / 2001), le visite fiscali richieste dalle scuole sono scese da 1385 a 435, meno di un terzo. Contiamo di scendere ancora. Tuttavia, anche quando l’accordo pare perfetto, e sembra di veleggiare alla grande, si trova l’intoppo. Nell’agosto 1998 ci siamo accordati col Provveditorato agli Studi di Udine per: abolizione della “Sana & Robusta” per gli alunni; abolizione delle radiografie a tutto il personale della scuola; e validità triennale del certificato di idoneità fisica, per gli insegnanti e per il personale “precario” della scuola. L’accordo ha funzionato egregiamente per qualche tempo. Nel maggio 2001, ci siamo accorti che arrivavano da noi precari che avevamo già visto appena tre mesi prima. Insomma, per qualche inspiegabile motivo, anziché triennale, il loro certificato aveva validità trimestrale. Chi, e perché, aveva confuso il triennio col trimestre? Cerca che ti cerca, litiga che ti litiga, troviamo la causa di questo cambio di rotta. La causa sta in un cortesissimo funzionario - non di una scuola, non del prov- veditorato agli studi, non dell’assessorato all’istruzione: cioè non dove pensavamo che fosse - ma della Ragioneria Provinciale dello Stato, Ufficio Registrazione Decreti. Costui non era stato avvertito del nostro “patto”, e pensava che una carta al trimestre lo mettesse più “in regola” di una carta triennale. Abbiamo imparato: che lo Stato italiano è grande ed articolato (anzi: tentacolare); che conoscerne tutte le articolazioni, le interconnessioni, i misteriosi passaggi segreti è un’impresa continuamente in progress; e che quel certificato non serviva a stabilire un ipotetico “punto zero” nella salute del dipendente, per successivi eventuali complicati contenziosi medico-legali, ma era semplicemente precondizione (pleonastica) al pagamento dello stipendio. È prevedibile che molte delle nostre semplificazioni si areneranno in un qualche ufficetto di cui ignoriamo l’esistenza. 5. Un secondo tentativo è stato quello di abolire le richieste “discrezionali” di certificati. Soprattutto d’estate, molti ragazzi vengono assunti alle poste come fattorini “a tempo determinato”. Arriva loro un telegramma di “immissione in servizio”, e, tra gli altri documenti, richiedono anche un certificato medico “dal quale risulti l’idoneità a svolgere tutte le mansioni dell’Area Operativa”. Com’è noto, dal 3 marzo 1998 le Poste sono diventate un “Ente pubblico economico”. Perciò ricadono esclusivamente sotto il D. Lgs. 626/94, e non più anche sotto i DPR “del pubblico impiego”. Abbiamo avvisato le Poste che non avremmo rilasciato più certificati del genere. Ma le Poste continuavano egualmente a inviarci i ragazzi. Così è cominciato il braccio di ferro. C’è stato un lungo e dotto scambio di missive, dal giugno 1997 al giugno 1999; nel luglio 1999 abbiamo segnalato il “comportamento anomalo” delle Poste al procuratore della Repubblica. Una difficoltà aggiuntiva a far prevalere la nostra tesi derivava dal fatto che il vicino Veneto aveva adottato una linea sostanzialmente conciliante - i certificati li facevano, loro!, e senza tante storie! - come ci rinfacciavano ad ogni piè sospinto le Poste stesse. Questo ci insegna che non solo non si può fare “il socialismo in un solo paese”, ma men che meno la sburocratizzazione in una sola provincia; e che il dialogo ed una linea uniforme tra operatori di varie regioni è quantomai indispensabile. (Alla fine, comunque, ce l’abbiamo fatta; e almeno in Friuli questi certificati non vengono richiesti più). Ma da dove nasce quest’idolatria del certificato ad ogni costo? Quali meccanismi mentali sottintende - oltre all’ovvio, ma illusorio, desiderio di coprirsi le terga e di scaricare il barile? Per rispondere a questa domanda, è molto istruttivo ricostruire una conversazione con una sottoprefetta, dal piglio molto manageriale e in tailleur gessato di ottimo taglio. La sottoprefetta pretende che alle guardie giurate noi rilasciamo contemporaneamente due certificati: uno di idoneità al porto d’armi ed uno di idoneità a fare la guardia giurata. Le chiediamo la fonte normativa di questa “idoneità a fare la guardia giurata”. La sottoprefetta la ignora, ma la cercherà; la sollecitiamo; non l’ha trovata, ma pretende egualmente il certificato, per via della “potestà discrezionale” della prefettura. Le chiediamo allora che cosa dobbiamo certificare nel certificato. Ci risponde che questo è affar nostro: lei mica è medico... Allora le ribattiamo che - in tutta scienza e coscienza - noi ignoriamo quali sono le caratteristiche strettamente sanitarie che permettano a un tale di fare la guardia giurata: anzi, secondo noi, non esistono. Ci risponde che ci “devono” essere. Le chiediamo quali. Ci risponde che è affar nostro; lei mica è medico... Dobbiamo quindi scrivere lettere molto argomentate per rifiutare quello che ci viene imposto senza argomentazione alcuna, quasi che l’onere della prova spetti a noi e non invece a chi impone. Dobbiamo pazientemente argomentare sul nulla, e rispondere raziocinando a quello che è, a tutti gli effetti, un arbitrio e una prepotenza. A proposito di certificati, su SNOP, Andrea Poggiali dell’A.USL di Ravenna osserva, molto sensatamente: “le finalità medico-legali non necessariamente coincidono con quelle della prevenzione: quindi, il fatto che un certificato medico risulti inutile ai fini della prevenzione non significa automaticamente che esso sia da considerare supefluo. Tra la proposta di abolizione totale dei certificati e la scelta di mantenere invece invariata l’attuale (insoddisfacente) situazione, c’è spazio per una posizione intermedia, che punti alla correzione delle incongruenze più vistose...” Tengo conto di questa osservazione, e provo a dividere gli attestati in A. certificati che certificano qualcosa (ad esempio, una gravidanza, una menomazione, una malattia); B. certificati che predicono qualcosa (l’idoneità alla guida per i prossimi dieci anni, alla caccia per i prossimi cinque, al pubblico impiego per i prossimi diciannove); C. certificati che dicono, semplicemente, “chi è che comanda qui”. I certificati oggettivi, che descrivono qualcosa che c’è e si rilasciano nell’interesse del malato, del menomato, della gravida hanno senso e nessuno pretende di eliminarli; ma si deve pretendere senza indugio l’abolizione dei certificati “previsionali”, da aruspice o da cartomante, e i certificati arbitrari, che definiscono “l’ambito del dominio”. Ma sarebbe già molto se riuscissimo ad imporre il principio che il DIP è tenuto a rilasciare soltanto certificati esplicitamente richiesti da leggi in vigore; e che siano previsti - per quanti si ostinano ad esigere certificati extra o contra legem divieti e sanzioni analoghi a quelli contemplati nel DPR 28 dicembre 2000, n. 444, art. 74 (Violazione dei doveri d’ufficio) per gli impiegati riottosi alla Bassanini. 6. Infine, c’è da dire che alcuni tentativi sono riusciti. Nella nostra piccola ASS abbiamo eliminato del tutto le pratiche per gli “inconvenienti igienici”. Abbiamo proceduto così. Abbiamo analizzato alcune centinaia di pratiche affrontate nella nostra ASS nel corso di un quinquennio. Dalle carte emergevano dati molto evidenti: che rarissimamente gli “inconvenienti igienici” attentavano alla salute; che spessissimo nascondevano rapporti di cattivo vicinato; che mai, o quasi mai, trovavano soluzione con l’ispezione “igienico-sanitaria”; che sempre, o quasi sempre, potevano trovare soluzione se affrontati dai soggetti istituzionalmente deputati. Così, invece di accorrere, abbiamo cominciato a rispondere: lettere molto cortesi e il più possibile chiare, in cui decliniamo la nostra ma indichiamo l’altrui competenza a risolvere il problema, e talvolta anche lo strumento per arrivarci: un regolamento comunale, una legge, il codice civile, o penale; nei casi più paradossali, li indirizziamo ad un idraulico, ad un muratore... Tra lo scrivere una lettera, e fare un sopralluogo (a cui poi deve seguire la lettera) c’è almeno un risparmio: il sopralluogo; intanto, le segnalazioni hanno cominciato a scemare. È diminuita anche la litigiosità? Affrontare il sindaco, con cui magari si è in cattivi rapporti; preventivare l’onorario dell’avvocato; sapere che non esistono vie traverse, ma soltanto la via diritta, e che perciò è necessario affrontare il vicino, con la civiltà di cui si dispone o con l’aggressività che il vicino consente, prima di afferrare il forcone, forse ha diminuito non la litigiosità ma le occasioni di litigio. Ma tutto sommato importa poco: la litigiosità non rientra fra gli obbiettivi della prevenzione sanitaria. (O sì? Perché non è escluso che - in nome di una visione cosmica della prevenzione - qualcuno ci venga a spiegare che l’ispezione igienico-sanitaria lenisce le insonnie da rancore, chiarifica l’atrabile, sbina il torcimento di budella, e pertanto magari contribuisce a “promuovere” la salute). 7. In ogni preambolo di budget, in ogni linea-guida di Agenzia regionale, in ogni documento nazionale, quando si arriva al capitolo “Dipartimento di Prevenzione”, si legge la seguente giaculatoria: “Il modello organizzativo e di funzionamento dei Dipartimenti di Prevenzione è ancora prevalentemente orientato su atti- 23 vità di vigilanza/repressione in una logica amministrativo-burocratica. Deve proseguire la revisione del modello, orientandolo allo sviluppo della sanità pubblica...”. È una frase che certamente avete ascoltato anche voi. Ha un suono strano e sgradevole. Proviamo a immaginare che tutte le leggi sceme cui siamo costretti ad obbedire improvvisamente spariscano, così, per incantamento. Restano le migliaia di leggi che sceme non sono, ma che al contrario sono utili; e che regolamentano (alla rinfusa): le transazioni commerciali, le frodi, le contraffazioni di contrassegni e sigilli, la concorrenza leale (o sleale), i pubblici esercizi, la vendita e l’uso di fitofarmaci, il “passaporto” dei bovini, i sequestri cautelativi o penali, la distruzione di gelati perché è mancata la corrente, l’ispezione delle carni, l’inchiesta infortuni e malattie professionali, la produzione e il deposito dei detersivi, gli esercizi di barbiere parrucchiere estetista, l’imballaggio e la classificazione delle uova, la fabbricazione dei film di polietilene, i cosmetici, i distributori automatici di merendine, il pascolo vagante delle greggi, i tetti delle baracche in eternit, le farmacie e le strutture sanitarie private, il tatuaggio dei cani, i campioni fiscali di polveri aereodisperse, i nulla-osta per serragli e circhi equestri, la lavorazione di penne piume e piumini destinati all’imbottitura, la valutazione di impatto ambientale, gli scarichi industriali e anche domestici, la potabilità dell’acqua, l’impiego di apparecchi ionizzanti, il ruolino di marcia nei trasporti animali, eccetera eccetera eccetera... e si può continuare l’elenco, fino a stasera dopocena. Se tutte queste attività restano in capo ai Dipartimenti, allora i Dipartimenti non potranno che continuare ad essere orientati su attività di vigilanza / repressione dentro logiche amministrativo-burocratiche; se, al contrario, i Dipartimenti dovranno orientarsi su logiche diverse, di sviluppo della sanità pubblica, allora tutte queste attività non potranno rimanere in capo ai Dipartimenti. La vigilanza, la repressione e la logica amministrativo-burocratica non derivano da un modello organizzativo e funzionale deragliato, ma propriamente dalle ideologie e dalle leggi fondative della Polizia medica, o veterinaria, o sanitaria. E non serve a nulla revisionare il modello, aggiustare l’organizzazione, “delimitare” le sanzioni, quando invece è necessario ridiscutere i fondamenti culturali e normativi della disciplina - e il fatto stesso che una disciplina “scientifica” sia normata. 24 EFFICACIA NELLA PREVENZIONE LA SFIDA È APERTA di Domenico Taddeo L’intervento di Giuliano Franco sul precedente numero della rivista (SNOP n.57) ha avviato la discussione su questo importante tema a partire da una rassegna orientata ai servizi di Medicina occupazionale cioè Servizi alle Imprese nell’ambito della rete dei soggetti del sistema di prevenzione. Questo contributo vuole affrontare invece il problema dal punto di vista del sistema dei servizi pubblici di controllo e prevenzione che attualmente vanno nel nostro paese verso l’appellativo di Sistemi pubblici regolatori, intendendo sia la funzione di controllo e prevenzione che quella di attività di regolazione tra i soggetti del sistema privato di prevenzione e la rete pubblica che ad essa si interfaccia. Devi conoscere quello che fai Fai quello che è conosciuto Comprendi e valuta quello che hai fatto Sono i tre slogan che danno il programma di una delle Agenzie specializzate: il centro per le evidenze in Sanità canadese. In Medicina del Lavoro si può individuare una triplice area di applicazione di teorie sull’efficacia: • area clinico - organizzativa • area di implementazione di modalità assistenziali ed operative • area di valutazione dei servizi. Le esperienze fin qui realizzate sono consistenti e, per il settore della prevenzione nei luoghi di lavoro, più diffuse sull’area clinica meno su quella organizzativa, carenti quelle delle implementazioni e oggi sui LEA–livelli essenziali di assistenza, minime sul profilo della valutazione dei servizi. Per le nostre strutture esiste una responsabilità aggiuntiva nel dotarsi di coscienza critica su quello che monopolistico, il superamento, giusto, di una condizione di autoreferezialità. Risorse: poche – in tante realtà – o magari sufficienti, ma svincolate da criteri di assegnazione e di controllo di tipo aziendalistico. Nel contempo si deve registrare un attenuarsi della componente di forte attenzione e orientamento, dovuta a un mix di entusiasmo e motivazione che per lungo tempo ha costituito un fattore di attivismo produttivo e progettuale, magari troppo slegato da un contesto esterno e forse alla base di una certa autoreferenzialità. Altri fattori caratteristici restano: • peso eccessivo che rivestono nella prevenzione attività dettate da obblighi legislativi avulsi da reali problemi di salute; • natura di una domanda che spesso nulla ha a che vedere con reali bisogni di salute. facciamo e quello che ancora non facciamo quotidianamente nella nostra attività, come per esempio sviluppare adeguatamente la funzione di orientamento – vuoi l’emanazione di linee guida, vuoi la formazione verso soggetti utenti finali vuoi verso soggetti mediatori (insegnanti, RLS, coordinatori della direttiva cantieri e altro). COMPLESSITÀ Nel panorama sanitario prevale la risposta a bisogni sanitari individuali mentre nella prevenzione e nella prevenzione nei luoghi di lavoro: • la domanda individuale esiste in casi limitati • gli interventi di prevenzione richiedono molte singole attività per la loro esecuzione • molte attività sono il risultato di attività integrate - tra le strutture del Dipartimento - tra strutture esterne al sistema ASL (ARPA, altri organi di controllo come Direzione del Lavoro, Inps, Inail, Ispesl) Le ASL agiscono su delle componenti importanti del determinismo infortunistico e delle malattie professionali. Altre istituzioni su altre componenti; esiste un problema di metrologia e di fonti anche indicizzate dell’andamento infortunistico (frequenza, incidenza, gravità). Va ricordato che nel 2000 circa il 60% degli infortuni mortali sono stati legati a mezzi di trasporto e la maggior parte a incidenti stradali nei quali la gran parte dei soggetti coinvolti sono titolari e/o autonomi non sempre di settori industriali tipici. La perdita progressiva delle storiche caratteristiche del servizi pubblici di prevenzione e controllo – e in genere dei Dipartimenti di prevenzione delle ASL, il venir meno di una condizione di tipo Queste premesse sono utili e necessarie per affrontare una discussione sulla efficacia che faccia perno sulla categoria della “appropriatezza”. Per verificare l’appropriatezza bisogna poter misurare l’attività e poter mettere a confronto ciò che si “produce” con le risorse che si utilizzano. Come è stata misurata l’attività dei servizi di prevenzione fino a oggi? Contando prestazioni, risultati sanitari, indicatori. Le prestazioni danno una visione frammentata delle attività, non sempre correlate ai bisogni possono portare ad incrementare in maniera acritica l’attività, a scapito dell’appropriatezza. I risultati sanitari sono valutazioni di lungo periodo e tengono poco conto della coesistenza di altri fattori esterni legati al contesto. Gli indicatori possono essere di processo, di risultato, di qualità, di consumo di risorse, di efficienza, di efficacia. LE ESPERIENZE E LE PROPOSTE RELATIVE AGLI INDICATORI PER LE ATTIVITÀ DI PREVENZIONE NEI LUOGHI DI LAVORO Negli ultimi tre-quattro anni un po’ tutte le regioni nelle quali esiste la rete dei servizi di PSAL hanno elaborato e proposto indicatori. Il dato comune rilevabile è quello di una coabitazione di indicatori di singole attività e indicatori di prodotto finale. Inoltre si è sviluppata in questo periodo una contemporanea attività di riflessione sulle attività meno utili e poco efficaci e pertanto una revisione delle attività dei servizi. Quanto ai livelli di assistenza erogati nel campo della prevenzione collettiva il dibattito è rimasto vincolato alle soglie di quote di bilancio per tutto il Dipartimento (il 5, il 6%) ma poco è stato elaborato anche per le quote finalizzate per i singoli settori del Dipartimento di Prevenzione. Inoltre esistono "incidenti comunicativi" ripetu- ti che attribuiscono impropriamente il totale della quota al settore della prevenzione nei luoghi di lavoro. Nelle elaborazioni del Coordinamento delle Regioni è cominciato il percorso di una definizione degli obiettivi di attività da raggiungere annualmente e una taratura delle risorse per garantirle. Le attività dei Servizi e la loro misura non possono prescindere però dai seguenti elementi: 1) conoscenza dei problemi del territorio 2) pianificazione e la programmazione degli interventi 3) dire cosa si fa e perché 4) sviluppo delle attività multidisciplinari 5) attività in rete nel dipartimento e con l’arpa e tutti gli altri. I SERVIZI TOSCANI E LA PROPOSTA DEI PRODOTTI DEL DIPARTIMENTO Si è partiti da una esperienza delle ASL di Lucca e Pisa e stanno per diventare un modello sperimentale esteso a tutte le ASL della Toscana. Sono nati e si sono sviluppati seguendo le seguenti idee forza: • separare il concetto di attività da quello di prodotto (finale) • legare il prodotto alla risposta appropriata a un bisogno • considerare come bisogni da soddisfare i livelli minimi di assistenza definiti nei piani sanitari • considerare quindi il prodotto finale quale outcome del dipartimento di prevenzione. Il percorso logico di costruzione si è basato su queste domande : • cosa genera il processo (quale bisogno, quale domanda) • qual’è la risposta attesa (soddisfazione del bisogno) • qual’è il prodotto finale che rappresenta la risposta più appropriata • quali sono le singole prestazioni che lo compongono. Sono stati definiti i prodotti per tutto il Dipartimento e quelli della linea igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro sono: 1) mappe di rischio 2) azienda controllata per piano mirato 3) indagine ambientale 4) intervento formativo 5) verifica periodica 6) indagine epidemiologica 7) dossier d’azienda costruito 8) ex esposti controllati 9) protocollo/linea guida 10) pareri nip 11) parere inidoneità 12) parere idoneità 13) inchiesta infortunio 14) inchiesta malattia professionale 15) provvedimento l.n. 1204/71 (astensione lavoro) 16) azienda detentrice rx sorvegliata 17) pubblicazioni 18) bonifica individuata. Attualmente sono in discussione alcune categorie di indicatori da parte del coordinamento delle regioni: 1) Dati relativi al bacino d’utenza (domanda potenziale) 2) Vigilanza 3) Promozione ed assistenza 4) Autorizzazioni 5) Sorveglianza sanitaria. È da ritenere necessario adottare un criterio definito per gli indicatori: • scelta tra attività o prodotti finali • i denominatori devono essere scelti tra fonti certe e temporalmente chiare: unità locali con addetti e senza addetti • lavoratori tipici ed atipici • informazioni sui danni: infortuni e malattie professionali. Occorre riferirsi inoltre alle modifiche della domanda risultanti dalle riforme Bassanini e successive integrazioni in materia di certificazione e autorizzazione. Per gli indicatori di efficacia al momento non esistono diffuse esperienze. Le poche esistenti e quelle proponibili possono ruotare su risultati dei progetti e programmi (il cosa si fa e perché si è deciso di farlo): 1) interni alla struttura, al dipartimento e all’organizzazione della ASL 2) esterni verso l’utenza ad esempio progetti tesi a modificare comportamenti, migliorare l’accesso e la conoscenza di diritti (Normative e servizi come nel caso della normativa sulle lavoratrici madri, o nelle campagne sugli obblighi del committente per la normativa cantieri, ecc.) 3) sui danni alla salute. Infortuni • totali • gravi • mortali • di determinate tipologie, • a carico di lavoratori dipendenti autonomi o titolari • per particolari comparti produttivi o per particolari fasi di ciclo produttivo Malattie Professionali, i cui dati sono meno certi rispetto alle fonti ufficiali che in genere sottostimano il fenomeno. Al riguardo sta per avvenire una svolta significativa con la definizione dell’accordo concreto per una condivisione anche in tempo reale tra i dati Inail e i servizi pubblici che potrà impegnare proficuamente molte energie e si spera dare molti risultati per la conoscenza dei danni alla salute legati al lavoro. 25 CONTRIBUTI te. Un sistema che rischia di essere sempre meno un … sistema o comunque di distribuirsi in una varietà di situazioni regionali più o meno soddisfacenti ma non articolate e spesso del tutto estranee ad un quadro di valori, di standard, di livelli minimi omogenei (ove valori, standard, livelli corrispondono inevitabilmente al più complessivo concetto di diritti – alla prevenzione – della collettività). INAIL NUOVI FLUSSI INFORMATIVI di Claudio Calabresi Sulle pagine di SNOP è persino superfluo disquisire sul noto assioma “conoscere per prevenire” e sulle evoluzioni che di questo assioma sono occorse in questi anni dentro e fuori il Servizio Sanitario nazionale. Nel nostro famoso (e ahimè datato ma non dimenticato) modello tridimensionale (di volturiana memoria), il sistema informativo era il pilastro fondamentale su cui poggiava la possibilità di chi volesse esercitare un’azione di prevenzione razionale e ragionevole, efficace e verificabile, basata sulla definizione di priorità di rischio. Ma il sistema informativo in questi anni è stato uno dei buchi neri del complesso e irrisolto assetto della prevenzione. Lungi da me farne qui un esame approfondito ma credo si possa essere d’accordo sul fatto che - al di là di lodevoli iniziative di alcune regioni ed anche ad alcune evoluzioni centrali, in particolare negli ultimi anni da parte dell’ISPESL (peraltro “messe a disposizione” ma non sufficientemente penetrate tra i Servizi di prevenzione) - molti dei Servizi delle ASL italiane non hanno potuto usufruire, dalla propria nascita ad oggi e 26 quindi lungo un arco di circa un quarto di secolo, di conoscenze organizzate che permettesse in tutte le situazioni territoriali di pianificare e programmare ovviamente sulla base di risorse sufficienti, ecc, ecc. - iniziative di prevenzione basate almeno sulla conoscenza capillare del tessuto produttivo e sull’identificazione dei rischi in questo prioritari (ricordate il concetto di rischi più gravi, diffusi e prevenibili?). Pur se molta strada è stata fatta nel percorso della prevenzione, pur se in molte (ma non tutte, certamente) lande del paese si sono sviluppate validissime esperienze, in alcuni casi anche nell’ambito di efficienti iniziative regionali, non c’è dubbio che nel nostro paese il concetto di sistema della prevenzione è stato, per usare un eufemismo, inadeguatamente soddisfatto; se poi pensiamo alle novità, ormai sempre meno novità, degli anni ’90, ed alle innovazioni anche in termini di protagonismi e responsabilità del dopo-626, e infine giungiamo alla recente fase di avvio del federalismo, abbiamo ancor più un quadro di un sistema per nulla regolato nazionalmen- Questa premessa, obbligatoriamente breve, serve per dar conto di una novità, che nel panorama attuale, non precisamente felice, della prevenzione assume invece una connotazione di segno molto positivo, anche per un inguaribile pessimista (?) come chi scrive queste righe. Si tratta di quella che ormai molti conoscono come la prospettiva di Nuovi flussi informativi per la prevenzione nei luoghi di lavoro. Su iniziativa dell’INAIL, concordata con l’ISPESL e con il Coordinamento tecnico degli Assessorati alla Sanità delle Regioni, è stata attivata nell’ultimo anno un’azione prima di riflessione, poi di confronto e infine di lavoro comune innovativo rispetto ai flussi informativi dagli Istituti centrali alle Regioni ed ai Servizi. L’iniziativa in corso è partita da alcune considerazioni preliminari: • la consapevolezza che su un Sistema Informativo orientato a documentare con dati adeguati sia i rischi sia i danni legati al lavoro si fondano le possibilità reali di successo di un razionale intervento di prevenzione nazionale e territoriale, diffuso in tutto il paese; • l’esigenza quindi che i Servizi di prevenzione territoriale delle Aziende USL e le Regioni possano disporre di dati idonei, per qualità e tempestività, ad alimentare e assistere sia le attività quotidiane di prevenzione sia quelle più strategiche di mappatura, scelte di priorità, pianificazione e valutazione di efficacia delle attività; • la constatazione che quanto previsto dal DPCM del 9/1/1986, in tema di flussi informativi verso il Ministero della Sanità e da questo alle Regioni, con informazioni (sugli infortuni sul lavoro, sulle malattie professionali e sull’anagrafe delle ditte assicurate) destinate al Servizio Sanitario Nazionale, non ha in questi 15 anni dato significativi frutti, per vari motivi tra cui in particolare le caratteristiche e i contenuti dei dati inviati (senza l’identificazione nominativa di infortunati, tecnopatici e relative aziende), nonchè le modalità e tipologie dei flussi, sui quali il Ministero della (allora) Sanità e (oggi) Salute non ha esercitato alcun ruolo di regolazione, promozione e verifica. Partendo da queste considerazioni e consapevolezze, si è pertanto condiviso di approfondire l’opportunità e possibilità di innovare sostanzialmente i flussi dal centro al Servizio Sanitario Nazionale, facendo perno sulla volontà dell’INAIL (a partire dalla propria base di dati su infortuni, malattie professionali e anagrafe delle imprese) di sviluppare un più adeguato contributo informativo ai fini della prevenzione e sulla disponibilità dell’ISPESL di contribuire – con le proprie peculiarità e specificità tecnico-scientifiche e sulla scorta delle iniziative già assunte in questi anni – al complessivo processo. Dopo una prima ricognizione che è “esplosa” in un Seminario organizzato dall’INAIL l’11 aprile 2001, che ha portato all’elaborazione di un Documento di lavoro conclusivo (risultanze pubblicate nel Rapporto annuale 2000 dell’INAIL), nel luglio 2001 è stato attivato un Gruppo di lavoro tra INAIL, ISPESL e Regioni (operatori di vari Regioni, prevalentemente dei Servizi PSAL delle ASL), che in questi mesi ha attivamente operato per giungere a un “riassetto” dei flussi informativi (superando implicitamente i limiti intrinseci al DPCM 1986 ed all’impianto operativo allo stesso conseguito fin qui): si è così pervenuti al lancio dell’operazione: “Nuovi flussi da aprile 2002”. Nel definire il riassetto dei flussi, è stata tenuta nella massima considerazione la parziale disomogeneità del sistema di prevenzione nazionale, caratterizzato da situazioni locali con diverse capacità e risorse, con differenti possibilità di elaborazione e quindi con differenti livelli di capacità di intervento e di esigenze informative: a tale considerazione non poteva non conseguire la scelta di rispondere alle esigenze tenendo conto di differenti condizioni e quindi di mettere a disposizione flussi e contenuti informativi usufruibili da tutti o almeno dalla gran parte delle strutture riceventi. IL PUNTO ATTUALE DELLA SITUAZIONE È stata concordata la base delle informazioni contenute nelle banche dati disponibili presso l’INAIL e l’ISPESL che dovrebbe essere inviata ai servizi PSAL delle ASL ed alle Regioni a far data dall’aprile 2002: • archivi anagrafici aziende/unità produttive INAIL integrati dai dati contenuti nell’archivio ISPESL; • archivi eventi (infortuni e malattie professionali, tabellate e non) con indicazioni anagrafiche e identificazione sia dei lavoratori infortunati o tecnopatici sia delle aziende in cui gli eventi stessi sono avvenuti; • la base dati riguarderà, per l‘anagrafe e per gli eventi, il 2000 (dati definiti; anno assunto come termine iniziale di confronto), ed il 2001 (dati denunciati e definiti nel 2001); • ai dati sopra definiti verranno aggiunti per ogni destinatario alcuni indicatori essenziali per la comprensione dei fenomeni (in particolare indici di incidenza e di gravità per i comparti principali e maggiormente rappresentati nei singoli territori); • la trasmissione, essenzialmente su supporti informatici, avrà cadenza annuale, in analogia con quanto previsto dal DPCM 9.1.1986; • i dati dovrebbero pervenire in forma integrale a tutti i Servizi (SPSAL) delle Aziende USL ed alle Regioni; è inoltre previsto lo scambio aperto tra INAIL e ISPESL; • sarà distribuito anche uno specifico software di ausilio per la gestione dei dati, da distribuire ai Servizi PSAL che ne abbiano necessità; • verrà inoltre fornito un dettagliato documento delle chiavi di lettura interpretative necessarie per un corretto utilizzo degli archivi; • saranno anche fornite indicazioni circa le risorse tecnologiche e professionali minime occorrenti per l’utilizzo delle informazioni; • è prevista infine un’iniziativa articolata “a cascata” (organizzata in comune dai 3 soggetti) di aggiornamento sulla nuova base di dati e sul suo utilizzo, da attuare gradualmente in tutte le Regioni che ne abbiano necessità. I nuovi flussi verranno “lanciati” e illustrati alle autorità nazionali e regionali, oltre che agli operatori del settore, in un Seminario nazionale ai primi di maggio a Roma che auspicabilmente potrà costituire un’occasione di rilancio del tema della prevenzione nei luoghi di lavoro e delle iniziative conseguenti alla logica delle sinergie raggiunte sul Sistema informativo. Il titolo del Seminario, “Verso un sistema informativo integrato per la prevenzione nei luoghi di lavoro”, esemplifica la consapevolezza che i nuovi flussi e la nuova base dati non rappresentano ancora il raggiungimento di un maturo Sistema (cui altre componenti si devono aggiungere) ma che al tempo stesso consentono un passo rilevante verso un “pezzo” di esso, a maggior ragione perché frutto di un’integrazione tra alcuni dei soggetti principali almeno per quanto concerne le istituzioni pubbliche centrali e territoriali. Da notare che, a latere dei lavori di gruppo per la ridefinizione dei flussi, INAIL, ISPESL e Regioni hanno approfondito il tema degli infortuni mortali, aspetto emblematico che in qualche modo è stato riconosciuto come una sorta di “banco di prova” relativamente al quale sperimentare una strategia finalizzata a superare la molteplicità di iniziative esistenti o almeno ad evitare le duplicazioni inutili e permettere una maggiore omogeneità di criteri, con l’obiettivo di raggiungere uno strumento conoscitivo generale di lettura del fenomeno che sia il risultato delle conoscenze dei vari soggetti istituzionali (e sociali). Si è così concretizzato un documento–proposta che dà la misura del livello di sinergia e di collaborazione reciproca che nell’ambito dei lavori si è progressivamente realizzato: la proposta prevede essenzialmente l’unificazione - in due diverse fasi temporali dei progetti in precedenza programmati rispettivamente da INAIL–Comitati Paritetici e da ISPESL–Regioni, con l’elaborazione e la auspicata realizzazione di una complessiva indagine sugli infortuni mortali che traguardi anche il raggiungimento di un metodo di approfondimento ed analisi del fenomeno con modalità sufficientemente omogenee in tutte le realtà Nel Seminario di maggio verrà anche presentato un Protocollo d’intesa tra le Regioni, l’ISPESL e l’INAIL che contie- 27 ne un accordo-programma di collaborazione finalizzato appunto alla realizzazione di un sistema informativo integrato nazionale articolato in tutte le Regioni e basato anche sull’impegno per un coordinamento ed una sinergia tra le reciproche azioni ed iniziative: un Protocollo che nasce dai risultati conseguiti in questi mesi e che vuole cementare per il futuro l’“alleanza” virtuosa. Qualcuno definisce l’iniziativa fin qui descritta come una “rivoluzione”. Questo termine può forse apparire oggi troppo ardito, ma certo si tratta almeno di una grande e positiva novità: una novità sul piano dei contenuti, che rappresenta un passo concreto verso un Sistema informativo per la prevenzione nei luoghi di lavoro; una novità sul piano delle sinergie e della collaborazione fattiva tra soggetti che a vario titolo e con diverse responsabilità sono comunque coinvolti nella partita (non è irrilevante sottolineare che il numero non esiguo di operatori rappresentanti delle regioni e dei due Istituti, che hanno contribuito al lavoro, ha progressivamente ma rapidamente raggiunto una condivisione reciproca ed un “affiatamento” assai poco prevedibile in partenza tra soggetti di provenienza ed esperienza assai diversa: un fatto che la dice lunga sulle possibilità di superare - almeno qualche volta... - “steccati” e diffidenze anche storici basandosi sulla correttezza d’intenti e sulla condivisione di obiettivi. Qualcosa che chi di noi ha i capelli grigi non ha visto spesso nel corso degli ultimi decenni. Ma alle soglie c’è naturalmente la parte forse più difficile della partita: far sì che queste nuove disponibilità, almeno sul piano dei flussi e dei dati, divengano effettivamente, per il maggior numero possibile di Servizi, un elemento utile per migliorare e “mirare” l’azione nel proprio territorio, per recuperare - là dove non c’è o è stata limitata se non persa - una programmazione basata su priorità, per verificare l’efficacia degli interventi; far sì che l’attuale occasione divenga un elemento di svolta concreta nella pratica, nell’operatività. È auspicabile che nei prossimi mesi, con l’arrivo della nuova base di dati, si attui in tutto il paese, regione per regione, l’iniziativa tesa a favorire questi miglioramenti, con il potenziamento delle risorse là dove sono insufficienti, con lo stimolo all’attivazione di azioni di prevenzione efficace ed anche con i ritorni di verifica e di proposta per un sistema che in un circuito virtuoso non può che essere dinamico ed in continuo progresso. 28 AMBIENTE E SALUTE INTEGRAZIONE ARPA/ASL A cura di Roberto Merloni Arpa ER INTRODUZIONE Con la separazione delle competenze ambientali da quelle sanitarie, è divenuta evidente più che mai l’importanza del valore aggiunto della integrazione tra differenti professionalità e discipline di pari dignità. Faticosamente, alcune regioni e alcune aziende sanitarie locali (ASL) avevano tentato di favorire questa integrazione prima del referendum del 1993, con scarso successo. L’esasperazione del dualismo ambiente-salute, derivante dagli esiti del referendum, rischiava di aumentare l’isolamento degli operatori, con ovvie riduzioni dell’efficacia degli interventi in entrambi i campi. Molte Regioni, per limitare i danni e non disperdere patrimoni di collaborazione interdisciplinare già acquisiti, hanno previsto obblighi di integrazione razionale e programmazione comune delle attività tra agenzie regionali per l’ambiente (ARPA) e ASL a partire dalla legge istitutiva delle agenzie ambientali. Superata la fase di “lutto da separazione”, in molte realtà territoriali si inizia ad accettare l’arricchimento culturale derivante dal linguaggio differenziato e sono in corso interessanti progetti mirati che prevedono serie collaborazioni e integrazioni tra i due sistemi. Questo lavoro intende confrontare le esperienze di integrazione operativa di livello provinciale (tra Dipartimenti provinciali ARPA e Dipartimenti di prevenzione AUSL) realizzate in alcune regioni italiane dopo l’attivazione delle agenzie regionali per l’ambiente. Vengono considerate solo le principali attività tradizionali, routinarie, che rivestono interesse sia ambientale sia sanitario, tralasciando i progetti mirati che difficilmente consentono comparazioni tra realtà regionali diverse. È stato utilizzato un apposito questionario somministrato a operatori ARPA o ASL attraverso l’intermediazione dei referenti regionali della Società nazionale operatori della prevenzione (SNOP); questa società scientifica si è sempre mostrata molto attenta ai rapporti di integrazione tra le diverse professionalità del Sistema di prevenzione ambientale e sanitaria, promuovendo incontri pubblici e dibattiti sul tema. LE AGENZIE REGIONALI PER L’AMBIENTE Dopo il referendum del 1993 e la legge applicativa del 1994, nel 2001 non è ancora completa la rete delle agenzie regionali per l’ambiente. Alcune Regioni devono ancora approvare la legge istitutiva, altre devono nominare il Direttore Generale, altre ancora devono attivare il trasferimento del personale. La situazione, alla fine del 2000, è riassunta in tabella 1. La Lombardia, ultima tra le regioni del nord ad istituire ARPA, ha trasferito gli operatori dalle ASL in ottobre 2000 (circa 1000 operatori) e deve ancora formalizzare il regolamento e l’organizzazione. Questa indagine prende in considerazione 5 realtà regionali che vedono ARPA attiva. Due agenzie sono tra le prime attivate (Toscana ed Emilia Romagna), le altre tre sono “giovani” (Basilicata, Marche e Veneto). La tabella 2 illustra i tempi di attivazione e gli operatori trasferiti di queste agenzie. La tabella 3 riporta le denominazioni complete e le strutture organizzative delle agenzie ambientali considerate. Si Tabella 1 Il Sistema delle Agenzie Ambientali nell’anno 2000 Tabella 2 Agenzie considerate per l’indagine: tempi di attivazione e operatori Agenzie attive (con personale trasferito) ARPA Basilicata ARPA Emilia Romagna ARPA Friuli Venezia Giulia ARPA Lazio ARPA Lombardia ARPA Liguria ARPA Marche ARPA Piemonte ARPA Toscana ARPA Umbria ARPA Valle d’Aosta ARPA Veneto APPA Bolzano APPA Trento ARPA Agenzie costituite (con nomina del Direttore Generale) ARPA Abruzzo ARPA Calabria ARPA Campania Agenzie istituite (con legge istitutiva approvata) ARPA Molise ARPA Puglia Agenzie da istituire (con legge istitutiva non ancora approvata) ARPA Sicilia ARPA Sardegna osserva che le regioni Emilia Romagna e Veneto hanno voluto rimarcare il carattere di prevenzione ambientale richiamandolo esplicitamente nella denominazione delle loro agenzie regionali. Le strutture organizzative seguono uno schema più o meno simile, con servizi centralizzati e decentramenti provinciali. Legge istitutiva (anno) Basilicata Emilia Romagna Marche Toscana Veneto 1997 1995 1997 1995 1996 Direttore Generale (anno) 1998 1995 1999 1995 1997 Attivazione effettiva (anno) 1999 1996 1999 1996 1998 Operatori dal PMP (trasferimento obbligatorio) (n°) 56 841 206 320 571 Operatori dal SIP (trasferimento volontario) (n°) 5 4 45 Totale operatori iniziali (e a fine 2000) (n°) 80 210 401 (735) 999 728 Tabella 3 Denominazione e struttura organizzativa Denominazione completa Struttura organizzativa ARPA Basilicata Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente di Basilicata • • • • Direzione generale Segreteria tecnico-amministrativa 3 Settori tematici Dipartimenti provinciali ARPA Emilia Romagna Agenzia regionale per la prevenzione e l’ambiente (ARPA) dell’Emilia Romagna • • • • • • Direzione generale Direzione tecnica Direzione amministrativa 3 Strutture tematiche Sezioni provinciali 1 Eccellenza tematica e 1 Specializzazione analitica in ogni Sezione provinciale ARPA Marche Agenzia regionale per la protezione ambientale delle Marche – Ancona • • • • Direzione generale Direzione tecnica Direzione amministrativa Diverse Strutture tematiche presso i Dipartimenti provinciali ARPA Toscana Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana • • • • ARPA Veneto Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto • Direzione generale, con Area Amministrativa, Area Ricerca e Informazione, Area Tecnico-scientifica • 3 Centri specializzati (presso l’Area ricerca e informazione) • Diversi Osservatori (presso l’Area Tecnico-scientifica • Dipartimenti provinciali Direzione generale Direzione tecnica Direzione amministrativa Dipartimenti provinciali e Servizi sub-provinciali • Diverse Commissioni permanenti tematiche • 2 Centri specialistici 29 COMPETENZE ISTITUZIONALI DI ARPA Le competenze istituzionali di ARPA (tab. 4 ), dettate dalla legge regionale, sono omogenee nelle realtà esaminate per quanto riguarda le prove di laboratorio, che avvengono sia su matrici ambientali che su matrici alimentari. In alcuni Dipartimenti provinciali della Toscana non vengono effettuate determinazioni su alimenti di tipo microbiologico, ancora di competenza delle ASL. Nessuno indica anche competenze analitiche in materia veterinaria, di medicina del lavoro o di clinica. Alcune determinazioni sull’uomo (tossicologia industriale) ven- gono effettuate da ARPA ER, su richiesta della ASL, in alcune realtà territoriali, ma sono considerate attività marginali. L’impiantistica-antinfortunistica è un campo che differenzia le ARPA esaminate. Nelle Marche, la legge istitutiva di ARPA attribuisce all’agenzia ambientale la competenza in materia di Controlli impiantistici preventivi e periodici; tuttavia, un documento successivo di ARPA, che ripartisce le competenze in dettaglio, attribuisce ai Dipartimenti ASL la titolarità del procedimento della Sicurezza antinfortunistica, affidando ad ARPA il supporto tecnico. Il Veneto prevede la competenza istitu- Tabella 4 Competenze istituzionali ARPA Prove di laboratorio Matrici Matrici ambientali alimentari Sorveglianza e controllo Ambiente Alimenti e Altro bevande ARPA Basilicata X ARPA Emilia Romagna X ARPA Marche X X X X X X X ARPA Toscana ARPA Veneto X X X X X X ImpiantisticaAntinfortunistica ImpiantisticaAntinfortunistica zionale di ARPA sull’impiantisticaantinfortunistica ma indica l’ASL come attore prevalente (tab. 6) con un forte livello di integrazione tra agenzia ambientale e azienda sanitaria, precisando che la competenza è svolta interamente da ARPA in convenzione regionale. INTEGRAZIONE ARPA/ASL In tutte le ARPA la necessità di integrazione è prevista dalla legge regionale, in forme più o meno definite. In Basilicata e in Veneto non esistono protocolli d’intesa ARPA/ASL per la definizione di dettaglio delle competenze. In Emilia Romagna e in Toscana vengono, invece, stipulati accordi locali. In Veneto è stata istituita una commissione centralizzata mista sanità-ambiente ed è in via di costituzione un “Comitato tecnico scientifico di coordinamento regionale ambiente e salute” composto da ARPAV e Direzione per la prevenzione della Regione Veneto. Solo in Basilicata le attività non vengono programmate in modo integrato. Le altre realtà considerate evidenziano, tra le criticità, la difficoltà di programmazione integrata, ed in particolare, come la programmazione delle attività avven- Tabella 5 Integrazioni ARPA/ASL Forme e strumenti di collaborazione previsti dalla legge istitutiva ARPA Protocolli locali Programmazione integrata delle attività Criticità ARPA Basilicata • Contenuti in via di ridefinizione NO NO • I Dipartimenti ASL sono nati da pochi mesi • Esercitano in modo coordinato e inteARPA Emilia Romagna grato le funzioni e le attività di controllo ambientale e prevenzione collettiva che rivestono valenza sia ambientale sia sanitaria. • Comitato provinciale di coordinamento SI (di norma omogenei) SI • Approccio “meccanico” alla programmazione integrata. • Programmazione ASL ancora difficoltosa. • Peculiarità locali nella ripartizione delle competenze. ga in modo unidirezionale (solo sulle attività ARPA), senza reciprocità di contributi professionali. La tabella 6 riporta l’attore prevalente (che detiene la competenza primaria) e il livello di integrazione ARPA/ASL attribuito soggettivamente dai compilatori del questionario per alcune attività significative di interesse sia ambientale sia sanitario. Va considerato che non sempre c’è omogeneità tra i servizi provinciali di una stessa ARPA, specie dove esistono protocolli locali (provinciali) che possono aver mantenuto peculiarità organizzative preesistenti; i rapporti di integrazione con la ASL indicati, dunque, possono rispecchiare le realtà preponderanti nella Regione ma non quelle di tutte le realtà provinciali di quella Regione. La Basilicata non presenta alcun livello di integrazioni: le competenze sono distinte e non ci sono compartecipazioni alla programmazione delle attività né gruppi di lavoro comune. Tutte le attività che prevedono prestazioni laboratoristiche sono affidate ad ARPA a partire dall’esecuzione del prelievo dei campioni. Ad esempio, i campioni di acque potabili, di acque minerali e di acque di piscina sono eseguiti da ARPA, anche se la legge regionale 8/99, che organizza le funzioni di prevenzione spettanti al Servizio sanitario regionale, attribuisce al Dipartimento di prevenzione delle AUSL la vigilanza e il controllo su queste matrici. Le competenze, comunque, sono in via di ridefinizione. Nelle Marche l’integrazione è limitata all’esecuzione delle analisi per le materie di competenza ASL; su questioni in cui l’attore prevalente è ARPA non esistono integrazioni (i Comitati provinciali di coordinamento non sono ancora insediati). Tabella 6 Attore prevalente* e livello di integrazione** per attività Basilicata Scarichi idrici A–0 Acque superficiali e sotterranee A–0 Acque potabili A–0 Acque minerali e termali A–0 Acque di balneazione A–0 Piscine A–0 Molluschicoltura / Rifiuti A–0 Emissioni in atmosfera A–0 Immissioni diffuse e odorigene / Qualità dell’aria A–0 Agenti fisici A–0 Amianto A–0 Sorveglianza fitofarmaci A–0 Sorveglianza disinfestazione / Insediamenti produttivi D–0 Strumenti urbanistici / Valutazione impatto ambientale A–0 Classificazione industrie insalubri / Industrie a rischio incidenti rilevanti A/D – 0 Abitabilità insediamenti civili / Ambienti di lavoro D–0 Microclima / Qualità urbana / Impiantistica – antinfortunistica D–0 Epidemiologia / Comunicazione del rischio / Emilia Romagna Marche Toscana Veneto A–1 A–1 D–1 D–1 D (A) – 1 (3) D–1 D–1 A–1 A–1 A/D – 1 A–1 A–1 D–2 D–1 D–0 D – 2 (3) A/D – 2 (3) A/D – 2 D–0 A–2 D–0 D–1 D–1 D–0 D–0 A/D – 2 A/D - 2 A–0 A–0 D–1 D–1 A–0 D–1 D–1 A-0 A–0 D–1 A–0 A–0 D–1 D–1 D–0 A/D – 0 D–2 A–0 D–0 A–0 D–0 D–1 D–1 A–0 A–0 A/D – 0 D-0 A–2 A–1 D–2 D–2 A–2 D–2 A–2 A–1 A–2 A/D – 3 A–3 A–2 A/D – 3 A/D – 2 D–1 D/A – 2 D/A – 2 A–3 D/A – 2 A–2 D–1 D–1 D/A – 2 A–2 D–1 D–0 / A–0 A–1 D–1 D–1 A–0 D–1 D–1 A –0 A–0 A–2 A–0 A–1 A–1 D–2 D–0 D–1 A/D – 2 A/D – 1 D–1 A/D – 1 D–0 D–1 / / D–3 D–2 A/D – 1 ARPA Marche • Esercitano in modo integrato e coordinato le funzioni, le attività di controllo e vigilanza ambientale e di prevenzione collettiva che rivestono valenza sia ambientale che sanitaria • Comitato provinciale di coordinamento SI Incompleta • Il Comitato provinciale di coordinamento non è attivato • Il coordinamento integrato riguarda quasi sempre solo le funzioni a prevalente competenza ARPA ARPA Toscana • Bonifiche per amianto; autorizzazioni scarichi; Conferenze dei servizi; programmazione Service analitico alimenti e acque potabili SI (di norma omogenei) SI (di norma) • Scarsa programmazione per i Service analitici * Attore prevalente (detiene la competenza primaria; decide sui controlli ed esprime i pareri sulla materia): A = ARPA D = Dipartimento ASL ARPA Veneto • Esercitano in modo coordinato e integrato funzioni di controllo ambientale e prevenzione collettiva che rivestono valenza sia ambientale sia sanitaria • Comitato provinciale di coordinamento NO (si seguono le indicazioni della Giunta regionale) SI • Aspetti igienico-sanitari o di igiene edilizia derivanti da regolamenti comunali. • Elevato numero di prestazioni di supporto richieste dalla ASL ** Livelli di integrazione: 0 = Nullo: nessun confronto o collaborazione sulle attività, sulla programmazione, sulle procedure. 1 = Basso: partecipazione alla definizione delle procedure; esecuzione di analisi. 2 = Medio: sopralluoghi congiunti occasionali; gruppi di lavoro comuni su temi specifici. 3 = Alto: sopralluoghi congiunti di norma; pareri a firma congiunta su temi specifici. 30 L’Emilia Romagna e il Veneto mostrano buone integrazioni a livello territoriale, differenziate a seconda delle attività. La Toscana presenta le maggiori integrazioni, anche per le materie in cui la ASL è l’attore prevalente. Per alcuni argomenti, le competenze primarie individuate nelle diverse regioni sono attribuite in modo omogeneo. Risultano “ambientali” (attribuiti ad ARPA): scarichi idrici, acque superficiali e sotterranee, rifiuti, emissioni in atmosfera, qualità dell’aria, agenti fisici; risultano “sanitari” (attribuiti alla ASL): sorveglianza disinfestazione, abitabilità insediamenti civili, ambienti di lavoro. Le altre materie sono attribuite in modo non omogeneo. Le acque potabili, minerali, termali e le piscine, sono seguite con competenza primaria di ARPA solo in Basilicata. Sulle acque di balneazione, la Basilicata, le Marche ed il Veneto affidano la competenza primaria ad ARPA che la esegue senza alcuna integrazione con l’ASL. In Emilia Romagna in genere è l’ASL che detiene la competenza primaria, affidando all’ARPA solo l’esecuzione delle analisi, senza altre forme di integrazioni professionali; solo in Provincia di Rimini ARPA effettua anche i campionamenti, predispone i provvedimenti e diffonde gli esiti del monitoraggio, in forte sintonia e integrazione con l’ASL che si esplica attraverso la concertazione sulle procedure, la valutazione congiunta dei risultati e la firma dei referenti di entrambe le aziende sulle proposte alle autorità competenti. In Toscana è ARPA che detiene la competenza primaria, esercitata con buona integrazione con l’ASL. La molluschicoltura, solo in Toscana è controllata da ARPA, con buona integrazione con l’ASL. Le emissioni diffuse e odorigene, sia in Toscana che in Emilia Romagna, sono ripartite ulteriormente, a seconda della fonte, tra ARPA e ASL; nelle Marche sono di competenza ASL; in Veneto sono di competenza ARPA. L’amianto è considerato “ambientale ” in Basilicata e in Veneto; è “sanitario” in Emilia Romagna e Marche; è gestito da ARPA e ASL in Toscana. I fitofarmaci, solo in Basilicata e parzialmente in Toscana sono ritenuti un problema prevalentemente “ambientale”. Gli insediamenti produttivi sono gestiti dall’ASL, tranne nelle Marche ed in Toscana ove esiste una ripartizione di maggior dettaglio. Gli strumenti urbanistici sono sempre gestiti con gruppi di lavoro comuni. La valutazione di impatto ambientale è gestita in prevalenza da ARPA. La classificazione delle industrie insalubri compete in genere all’ASL. 31 Dell’impiantistica- antinfortunistica si è già detto nel paragrafo precedente. L’epidemiologia è attribuita all’ASL in Toscana e in Veneto, mentre in Emilia Romagna e Marche viene gestita in modo strettamente collaborativo. CONCLUSIONI Questa indagine si propone di esaminare la ripartizione delle competenze e i livelli di integrazione tra ARPA e ASL nelle principali materie di interesse sia ambientale sia sanitario nelle regioni italiane. Sono considerate 5 realtà regionali che vedono ARPA attiva: due agenzie sono tra le prime attivate (Toscana ed Emilia Romagna), le altre tre sono “giovani” (Basilicata, Marche e Veneto). Le regioni e le Provincie autonome in cui ARPA è effettivamente attiva (personale trasferito dalle ASL) alla fine del 2000 sono 13 in tutto. Le leggi regionali istitutive delle agenzie ambientali, in genere, prevedono forme di collaborazione e integrazione tra ARPA e ASL. In Emilia Romagna e Toscana vengono stipulati localmente accordi, tra Dipartimenti provinciali ARPA e Dipartimenti di prevenzione (o di sanità pubblica) delle ASL, che integrano e precisano la ripartizione delle competenze prevista dalla legge regionale. Ad eccezione della Basilicata, ove le forme di integrazione sono in fase di ridefinizione, le attività delle strutture provinciali di ARPA e delle ASL vengono programmate in modo integrato; quantomeno in teoria, visto che tra le criticità viene evidenziato come la programmazione delle attività avvenga spesso in modo unidirezionale (solo sulle attività ARPA), senza reciprocità di contributi professionali alla definizione dei rispettivi programmi di lavoro. La Basilicata, al momento, non presenta alcun livello di integrazioni nell’effettuazione delle prestazioni. Nelle Marche l’integrazione è limitata all’esecuzione delle analisi per le materie di competenza ASL. L’Emilia Romagna e il Veneto mostrano livelli di integrazione intermedi, differenziati a seconda delle attività. La Toscana presenta le maggiori integrazioni, anche per le materie in cui la ASL è l’attore prevalente, con frequenti gruppi di lavoro e attività svolte congiuntamente. Alcune attività di comune interesse sono attribuite in modo omogeneo alla competenza primaria di ARPA o ASL nelle regioni esaminate; per altri argomenti, è evidentemente più difficile attribuire una “prevalenza” ambientale o sanitaria e le attribuzioni della responsabilità primaria non coincidono. Tra le materie che non presentano omogeneità, si evidenziano: 32 • gli alimenti: nelle realtà esaminate, ARPA effettua le prove di laboratorio sugli alimenti, oltre che su matrici ambientali; solo in alcuni Dipartimenti provinciali della Toscana non vengono effettuate determinazioni di tipo microbiologico sugli alimenti.; • l’impiantistica-antinfortunistica è affidata alle ARPA nelle Marche e nel Veneto; alle ASL in Basilicata, Emilia Romagna e Toscana; • le acque di balneazione sono ritenute di “prevalenza ambientale” in Basilicata, Marche, Veneto e Toscana; solo l’Emilia Romagna affida la competenza primaria alle ASL; • la molluschicoltura solo in Toscana è controllata da ARPA; • le emissioni diffuse e odorigene, in Toscana e in Emilia Romagna, sono ripartite ulteriormente, a seconda della fonte, tra ARPA e ASL; nelle Marche sono di competenza ASL; in Veneto sono di competenza ARPA; • l’amianto è considerato “ambientale” in Basilicata e in Veneto; è “sanitario” in Emilia Romagna e Marche; è gestito da ARPA e ASL in Toscana. • l’epidemiologia è attribuita all’ASL in Toscana e in Veneto, mentre in Emilia Romagna e Marche viene gestita in modo strettamente collaborativo. mediante processi integrati trasversali, che, tra l’altro, abituano a sperimentare con continuità la pratica del confronto e del dialogo. Ad esempio, possono essere gestiti congiuntamente progetti riguardanti l’epidemiologia e la valutazione dell’esposizione ambientale; il sistema informativo interaziendale; il presidio della informazione, della comunicazione e dell’educazione ambientale e sanitaria, attraverso la gestione condivisa dello Sportello della prevenzione e dello Sportello ambientale o attraverso specifiche campagne informative di comunicazione del rischio; indagini locali mirate; report congiunti; formazione permanente comune. L’integrazione operativa, di cui fino ad ora si è trattato, non potrà prescindere da una vera integrazione strategica, espressa attraverso i nuovi strumenti di pianificazione sanitaria e ambientale di livello territoriale, come i Piani per la salute e Agenda 21 locale. Attraverso la partecipazione piena (non solo formale) di entrambi i soggetti agli strumenti di pianificazione strategica di rispettiva competenza potrà concretizzarsi l’obiettivo più ambizioso: il Piano integrato per la salute e l’ambiente, sviluppato con criteri interdisciplinari, interprofessionali, interaziendali, olistici. Questa indagine non si prefigge l’obiettivo di individuare il livello di integrazione ottimale o di attribuire un riconoscimento ad una Regione anziché ad un’altra; intende confrontare le diverse esperienze realizzate e stimolare una riflessione sulla indispensabile integrazione tra le professionalità presenti nelle agenzie ambientali e nelle aziende sanitarie, senza sottovalutare la necessità di utilizzare razionalmente le risorse in ottica interaziendale. In tal senso, siamo convinti che una buona collaborazione integrata presuppone una nuova assunzione di responsabilità caratterizzata da una azione di umiltà professionale (da entrambe le parti) e da una razionale autoriduzione dei propri “gradi di libertà” per poter riconoscere il valore aggiunto della differenziazione professionale e dell’approccio olistico. E’ altrettanto evidente che non si realizza una integrazione razionale moltiplicando il numero di gruppi di lavoro comuni o le occasioni di sopralluogo congiunto, quanto piuttosto attraverso la ricerca continua della condivisione delle rispettive procedure di comune interesse, guadagnata attraverso confronti periodici tra professionisti preparati e rispettosi delle competenze altrui. L’obiettivo della integrazione operativa, forse più difficile da raggiungere nelle attività routinarie, può facilmente realizzarsi attraverso specifici progetti gestiti RINGRAZIAMENTI Un particolare ringraziamento ai compilatori del questionario: Patrizia Ammazzalorso (ARPA Marche) Renzo Biancotto (ARPA Veneto) Ermanno Lisanti (ASL Matera) Domenico Taddeo (ASL Pisa) e a quanti, a vario titolo, hanno collaborato consentendo la realizzazione di questo lavoro: Alberto Baldasseroni (ASL Firenze) Enrico Cigada (ARPA Lombardia) Anna Maria Di Giammarco (ASL Pescara) Andrea Dotti (USL Torino) Aligi Gardini (AUSL Forlì) Fulvio Longo (ASL Bari) Manuela Peruzzi (ULSS Verona) Aldo Pettinari (ASL Ancona) Nicola Ricci (ASL Isernia) Luigi Salizzato (AUSL Cesena) AMBIENTE E SALUTE INTEGRAZIONE ARPA/ASL CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE L’8 Giugno 2001 si è svolto ad Ancona il Seminario nazionale “Integrazione Ambiente e salute” con l’obiettivo, sostanzialmente, di riprendere ed approfondire il tema già discusso in occasione della 4° Conferenza Nazionale delle Agenzie ambientali a Venezia nel Maggio 2000, cui aveva fatto seguito la costituzione di un Gruppo di lavoro interagenziale (ANPA-ARPA-APPA), coordinato dall’ARPA Marche. Il Seminario ha fornito importanti spunti metodologici, ma anche soprattutto proposte di iniziative concrete per coinvolgere le diverse istituzioni locali-nazionali, responsabili della protezione ambientale e della prevenzione collettiva finalizzata a promuovere progetti di integrazione. In particolare, premesso che: 1. qualsiasi contaminante presente nell’ecosistema interagisce con gli organismi viventi, e che l’attivazione del processo finalizzato al mantenimento e al miglioramento della salute non può pertanto prescindere dalla valutazione dei determinanti ambientali, in particolare della qualità dell’aria, dell’acqua, dei suoli degli agenti fisici e dell’ambiente in toto. 2. In relazione alla complessità degli interventi richiesti ed alle conoscenze del territorio acquisite, è indispensabile realizzare un sistema di connessione a rete tra i diversi soggetti impegnati (Sistema delle Agenzie per la Protezione Ambientale e Sistema Sanitario Nazionale) al fine di promuovere ogni possibile sinergia e di evitare indesiderate ridondanze. 3. La differenziazione dei ruoli tra ANPA/ARPA e SSN nell’ambito della protezione ambientale e della prevenzione collettiva deve rappresentare un arricchimento in termini di conoscenze e competenze. 4. L’integrazione di risorse e proposte deve basarsi su una chiara definizione dei rispettivi mandati istituzionali, ma orientata a valorizzare, anche attraverso una metodologia di coprogettazione degli interventi, tutte le competenze presenti nei due sistemi, soprattutto sui terreni d’azione indicati dall’art. 7 quinquies della legge di riordino del Servizio Sanitario Nazionale 5. È necessario valorizzare, sempre, le esigenze di autonomia locale mediante un duttile coordinamento generale mirando così alla significatività, anche scientifica, degli interventi di prevenzione. 6. Gli strumenti e i terreni su cui tale integrazione potrà meglio realizzarsi sono l’epidemiologia ambientale, la valutazione e la comunicazione del rischio che pertanto dovranno avere una più attenta considerazione in termini organizzativi e di risorse nelle ARPA e nei Dipartimenti di Prevenzione. Tali temi sono stati discussi e approfonditi dando i seguenti obiettivi: 1. Tempestività, sviluppo di interazione dei Sistemi informativi, ambientali e sanitari integrati anche attraverso la definizione di indicatori comuni, la predisposizione di report congiunti, etc.. 2. Organizzazione all’interno del Sistema Agenziale di strutture operative di epidemiologia ambientale su scala regionale e nazionale collegate in rete, che collaborino con le strutture sanitarie dello stesso ambito per favorire integrazione e facilità di reperimento di risorse necessarie allo sviluppo di iniziative comuni. 3. Promozione di comuni strategie ed attività di comunicazione del rischio per l’ambiente e la salute a partire dai campi di applicazione delle leggi 344/99 e 426/98. 4. Collaborazione con organizzazioni nazionali ed internazionali per lo sviluppo di criteri e strumenti per la prevenzione ambientale e sanitaria. 5. Promozione di progetti di formazione permanente del personale dei due sistemi sulle metodologie e le buone pratiche di realizzazione di tale integrazione. 6. Attuazione di indagini e valutazioni integrate, secondo la metodologia dei profili di rischi interno/esterno, dell’impatto delle attività produttive sull’ambiente e sulla salute sia degli addetti che delle popolazioni. 7. Cooperazione per la realizzazione di progetti congiunti di educazione delle giovani generazioni e della popolazione adulta alla promozione della salute allo sviluppo sostenibile. Sono altresì emerse le seguenti richieste: 1. alle ARPA, ARS, AUSL e comunque alle Regioni spetta il compito di favorire sul campo la realizzazione di accordi, protocolli di intesa e progetti concreti che sperimentino e caratterizzino la pratica e l’abitudine al confronto e al dialogo; 2. alle ARPA e ai Dipartimenti di Prevenzione delle AUSL di favorire concretamente in termini organizzativi e di risorse la crescita di competenze al loro interno sui temi della valutazione del rischio dell’esposizione ambientale delle popolazioni (epidemiologia ambientale), della comunicazione del rischio e della educazione alla promozione della salute e allo sviluppo sostenibile; 3. all’ANPA e al Consiglio delle Agenzie di promuovere lo sviluppo di progetti di integrazione facilitando economie di scala, ma soprattutto diffondendo esperienze emblematiche di riferimento; 4. al Governo e alle Regioni il compito di favorire, attraverso la propria azione l’impegno coerente delle risorse per la collaborazione tra il sistema ANPA/ARPA e il sistema del Servizio Sanitario Nazionale, a partire da una rapida ed efficace attuazione del dettato dell’art. sette quinquies del Dlgs 229/99 realizzando l’accordo di programma tra i due Ministeri (Ambiente e Sanità) sulla base dei documenti già prodotti dalla Commissione “Oleari”. 33 ELABORAZIONE DEL PIANO PER LA SALUTE NEL TERRITORIO CESENATE LA RICERCA PARTECIPATA DEI BISOGNI DI SALUTE a cura di Mauro Palazzi Referente aziendale del Piano per la Salute Dipartimento di Sanità Pubblica Ausl di Cesena “non tutte le cose che contano si possono contare, non tutte le cose che si possono contare contano” Albert Einstein INTRODUZIONE L’impetuoso sviluppo economico, scientifico e tecnologico che ha caratterizzato la fine del secondo millennio, ha prodotto profondi mutamenti nella vita dell’uomo. Molte sfide della medicina sono state vinte o stanno per esserlo, la vita media della popolazione si è elevata, l’informatica ha ampliato oltre l’immaginabile le possibilità di comunicazione interpersonale ma, nonostante tutto, si osservano nella popolazione problemi e bisogni di salute spesso nuovi e complessi. Questi bisogni di salute difficilmente trovano una risposta efficace nell’intervento dei soli servizi socio-sanitari, in quanto sono legati all’esigenza di recuperare una socialità, una dimensione più umana del vivere, ed a fattori (stili di vita, fattori socio-economici e ambientali) che non sono sotto il controllo del Sistema Sanitario. Gli interventi volti a ridurre le condizioni di povertà e di esclusione sociale, le iniziative finalizzate a promuovere il ruolo sociale dell’anziano, gli interventi a sostegno delle famiglie che assistono malati cronici e disabili, una pianificazione urbanistica che tuteli le aree verdi e migliori la sicurezza stradale, gli interventi a favore dello sviluppo del volontariato sono solo alcuni esempi di azioni che possono portare a miglioramenti sostanziali dello stato di salute dei cittadini e che prevedono un intervento intersettoriale dei diversi attori sociali. 34 Per migliorare lo stato di salute e rispondere ai bisogni dei cittadini è quindi necessario spostare l’attenzione dalle politiche di assistenza sanitaria a quelle di salute, mobilitando tutte le risorse presenti nei diversi settori della comunità che possono intervenire sui fattori determinanti (decisori politici, cittadini, organizzazioni di volontariato, scuola, sindacato, imprenditori, operatori sociosanitari, mondo della comunicazione…) per costruire un “patto locale di solidarietà per la salute”. Il “Piano per la Salute” (PPS) è lo strumento che la Regione Emilia Romagna ha proposto per rendere concreto questo patto. Nella delibera della giunta regionale 1 marzo 2000 n. 321 il PPS viene definito come “un piano triennale di azione elaborato e realizzato da un insieme di attori, coordinati dal governo locale, che impegnano risorse umane e materiali allo scopo di migliorare la salute della popolazione anche attraverso il miglioramento della assistenza sanitaria“. Il ruolo guida del Piano è affidato agli Enti locali, con il supporto tecnico della AUSL. Il processo di elaborazione del Piano prevede inoltre la partecipazione dei diversi attori sociali non sanitari fin dalla fase di ricognizione/rilevazione dei bisogni e problemi di salute della comunità e di scelta delle priorità. La partecipazione dei cittadini e degli altri attori sociali, rappresenta il presupposto innovativo e la sfida, che assieme alle politiche intersettoriali, può favorire la promozione della salute di una popolazione e può contribuire allo sviluppo della comunità. La partecipazione (gli attori agiscono un potere e decidono), insieme al coinvolgimento (gli attori divengono attivi) e alla creazione di connessioni (gli attori si mettono in rete), è uno dei tre “pilastri fondamentali” sui quali si basa lo sviluppo di comunità secondo E.R.Martini. Ovviamente parliamo di un livello alto di partecipazione, come la definirebbero Eweles e Simnet, attraverso il quale i cittadini possono esprimere un effettivo controllo, parziale o totale, su importanti decisioni che hanno ricadute sulla loro salute. La realizzazione di un processo di partecipazione ampia della comunità è uno dei fattori di maggior complessità del percorso di elaborazione del PPS, ma rappresenta anche una grande opportunità per promuovere un processo di condivisione di responsabilità e di potere dei diversi attori rispetto alle scelte di salute che li riguardano direttamente. I metodi e i livelli di partecipazione realizzabili sono condizionati da numerosi fattori, tra questi ricordiamo il tempo a disposizione (il processo di partecipazione non è mai veloce), la volontà delle istituzioni e dei cittadini, le risorse professionali, economiche e sociali ( la presenza di capitale sociale). La scelta del percorso deve considerare attentamente queste condizioni per ottenere il migliore risultato possibile, magari anche minimo dal punto di vista quantitativo, ma qualitativamente alto, evitando di creare delusione e sfiducia. Con questo spirito il gruppo tecnico di coordinamento per il Piano per la Salute, incaricato di elaborare una analisi dei bisogni di salute della comunità ha proceduto alla raccolta ed elaborazione dei dati e delle informazioni cercando di coinvolgere e far partecipare al processo oltre agli addetti ai lavori anche quegli attori sociali che pur non avendo esperienze specifiche e professionali nel settore potevano arricchire con informazioni qualitative l’analisi. L’ANALISI PARTECIPATA DEI BISOGNI DI SALUTE L’esecutivo della Conferenza Sanitaria Territoriale di Cesena, nel settembre 2000 ha deciso di attivare, un processo di elaborazione e attuazione del PPS affidando ad un Gruppo Tecnico il compito di proporre e attuare un programma di lavoro con i seguenti obiettivi: Elaborare e attuare un piano per la salute per rispondere ai bisogni di salute prioritari del territorio della CST di Cesena. Migliorare la conoscenza relativamente ai problemi, ai bisogni di salute e alle risorse presenti nella comunità (reti, progetti, esperienze, attori sociali…). Promuovere e organizzare momenti di riflessione e confronto sui temi dei problemi e bisogni di salute, sui determinanti e sui criteri prioritari di scelta per gli interventi. Sperimentare esperienze di coinvolgimento e partecipazione della comunità alla costruzione di politiche per la salute. Promuovere una responsabilizzazione diffusa dei diversi attori rispetto ai problemi e alle scelte di salute e sviluppare reti e collaborazioni. Per individuare gli obiettivi di salute prioritari, sui quali impostare un programma di azioni intersettoriale, è stata avviata dal mese di febbraio 2001 un’analisi partecipata dei bisogni di salute nella nostra comunità. L’analisi è stata condotta ricercando punti di vista diversi (operatori dei servizi e cittadini rappresentanti delle principali categorie sociali) e strumenti di lettura di tipo statistico-epidemiologico e della ricerca sociale. La multidimensionalità e complessità dei bisogni di salute rende infatti indispensabile un approccio multidisciplinare per la loro definizione. La raccolta e l’elaborazione di informazioni di tipo quantitativo e qualitativo ha permesso di trovare in parte conferme alle opinioni degli “esperti” e, in parte, di arricchire le conoscenze disponibili. Il metodo adottato, che ha permesso di sperimentare percorsi di partecipazione di operatori e altri attori sociali della comunità, alla elaborazione di programmi comunitari di promozione della salute, ha previsto due modalità di raccolta dei dati. 1. Raccolta delle opinioni di cittadini e dei rappresentanti delle diverse categorie sociali della comunità (amministratori pubblici, operatori dei servizi, volontariato, sindacato, mondo produttivo, scuola, famiglie, ecc…) attraverso interviste di gruppo (focus group). Il focus group è una tecnica di rilevazione usata sempre più frequentemente nella ricerca sociale ed è basata sulla discussione tra un piccolo gruppo di persone, alla presenza di uno o più moderatori, focalizzata su un argomento che si vuole indagare in profondità. (Corrau, 2000). L’importanza dell’interazione tra i partecipanti al gruppo costituisce l’elemento caratterizzante dei focus group: si raccolgono, infatti, dati e informazioni nati dal confronto con gli altri e dalla costruzione di opinioni condivise. I 31 gruppi intervistati ( per un totale di 249 persone) sono stati individuati prevalentemente tra quelli già costituiti e attivi (es. commissioni consiliari, consulte del volontariato, comitati di distretto, comitati consultivi misti, gruppi territoriali omogenei di medici di famiglia…), alcuni gruppi sono stati costituiti ad hoc (es. studenti, insegnanti, operatori sanitari...). La procedura in base alla quale abbiamo individuato i soggetti partecipanti ai gruppi è stata la “campionatura intenzionale” (Vaughn et al., 1996), la più frequente tra quelle utilizzate nei progetti di ricerca qualitativa. Nella selezione si è ricercata la massima rappresentatività delle diverse categorie sociali della comunità e dei diversi ambiti territoriali. L’obiettivo delle interviste era quello di sperimentare modalità di coinvolgimento della comunità nella analisi dei bisogni e di raccoglierne opinioni e informazioni qualitative relative ai bisogni percepiti di salute. 2. La realizzazione di profili e schede epidemiologiche elaborate da gruppi di tecnici ed esperti sulle problematiche di salute relative alle patologie prevalenti, ai gruppi di popolazione più deboli, ai principali fenomeni sociali correlati con la salute e individuati dal Piano Sanitario Regionale 1999-2002, (neoplasie, malattie cardio-vascolari, malattie respiratorie, salute mentale, dipendenze patologiche, anziani, donne, bambini e adolescenti, esclusione sociale, alimentazione, incidenti stradali, infortuni e sicurezza sul lavoro). Questi gruppi hanno raccolto informazioni utilizzando dati correnti (cause di morte, ricoveri ospedalieri…), dati di servizio (numero di accessi ad un servizio…) e dati provenienti da ricerche ad hoc. Sulla base di queste informazioni, sono state elaborate delle schede descrittive contenenti informazione sulla rilevanza (gravità e diffusione) del problema/bisogno, i determinanti, i livelli di intervento, i costi economici e sociali, i progetti in atto… attraverso le quali sono stati individuati i principali bisogni di salute della comunità proposti alla Conferenza Sanitaria Territoriale per la scelta delle priorità sulle quali elaborare il patto locale di solidarietà per la salute. CONSIDERAZIONI FINALI E PROSPETTIVE Nella fase di analisi dei bisogni di salute della comunità di Cesena abbiamo utilizzato oltre agli strumenti epidemiologici classici il focus group come strumento di raccolta dati, teso a far emergere gli atteggiamenti e le percezioni soggettive della popolazione su tematiche inerenti la salute. Questa tecnica di indagine è risultata utile, non solo come strumento di raccolta dati, ma anche come tecnica di promozione della partecipazione, in quanto le persone sono state coinvolte direttamente, è stata favorita la conoscenza tra i diversi interlocutori, la creazione di collaborazioni e il consenso intorno al progetto. Questo risultato è stato valutato sulla base delle risposte (favorevoli nel 93% dei partecipanti) al questionario di gradimento e dalla alta partecipazione agli incontri e iniziative successive. Il materiale raccolto, con la partecipazione attiva di oltre 300 cittadini e operatori, è stato elaborato dal gruppo tecnico che ha individuato i principali bisogni di salute e li ha presentati attraverso una proposta sintetica alla Conferenza Sanitaria Territoriale per la scelta delle priorità. Questa proposta è stata prima presentata e condivisa con i partecipanti all’indagine in occasione di un incontro pubblico al quale hanno partecipato circa 170 sulle 300 invitate. La Conferenza Sanitaria Territoriale per la scelta ha tenuto conto di quanto era emerso dalle interviste dei gruppi focus (bisogno percepito), dei dati epidemiologici e dei seguenti criteri per la scelta delle priorità indicati dal gruppo di amministratori pubblici e dagli altri attori sociali (54 soggetti) coinvolti in un corso di formazione nella fase di attivazione iniziale del percorso (fine anno 2000). I criteri individuati e che hanno guidato la scelta sono stati: la rilevanza (gravità e diffusione nella popolazione) la capacità di ridurre le disuguaglianze la risolvibilità l’urgenza. L’esecutivo della Conferenza Sanitaria Territoriale Cesenate nel luglio 2001, valutato il risultato dell’analisi dei bisogni e le risorse disponibili, ha deciso di impegnarsi sulle seguenti tre aree di bisogno giudicate prioritarie: • cultura della salute e stili di vita sani Le motivazioni che hanno indotto questa scelta sono state: ”è un bisogno particolarmente percepito dai gruppi Focus intervistati, il bisogno è trasversale a tutte la fasce della popolazione, può permette- 35 re di intervenire su problemi di salute importanti e diffusi nella popolazione”; • sicurezza stradale le motivazioni sono state le seguenti: ”l’incidentalità stradale nel nostro territorio è particolarmente rilevante sia nei confronti dei dati regionali che nazionali, è un fenomeno che causa morte, disabilità in particolare per le giovani generazioni; esistono nel territorio molte risorse (quali la scuola di polizia stradale) che possono essere coinvolte in uno specifico PPS”; • sostegno a chi deve sostenere motivazioni: “è un bisogno particolarmente segnalato dai Focus Group, è un bisogno che si riferisce a fasce di popolazione che spesso vivono in condizioni di esclusione sociale, e in situazioni familiari “fragili”. Nel settembre 2001, sono stati costituiti i primi nuclei dei gruppi di lavoro guidati da amministratori pubblici (Sindaci e Assessori), coadiuvati da rappresentanti del gruppo tecnico, che coinvolgeranno rappresentanti delle diverse categorie sociali della nostra comunità nella individuazione degli obiettivi specifici e del programma delle azioni. Per la primavera 2002 ci attendiamo che sia terminato il lavoro di elaborazione e che a questo abbiano partecipato attivamente i diversi attori sociali del territorio, questa è la condizione irrinunciabile per garantire la realizzazione di un autentico Patto Locale di Solidarietà per la Salute. Bibliografia AA.VV., “Il lavoro di comunità”, Quaderni di animazione e formazione, Edizioni Gruppo Abele, 1996. BIOCCA M. (a cura di), Promozione della salute e sanità pubblica, FrancoAngeli Editore, Milano, 1997. BRANCA P., “Il potere nella comunità locale tra coinvolgimento e partecipazione”, Animazione Sociale, n. 10, 1996. CORRARU S., Il focus group, FrancoAngeli Editore, Milano, 2001. Eweles L. e Simnett I., Promoting health. A pratical guide, Ballière Tindall, Edinburgh, 1999. MARTINI E.R., “La ricerca azione partecipata”, Animazione Sociale, nn. 10 e 11, 1995. PALAZZI M., SANTULLO A., “Il Capitale Sociale”, Salute e Territorio, n. 117, 1999. Piano sanitario nazionale. Decreto Presidente della Repubblica 23 luglio 1998. Approvazione del Piano sanitario nazionale per il triennio 1998–2000, Gazzetta Ufficiale, n. 288 del 10 dicembre 1988, S.O. n. 201. Piano sanitario regionale 1999–2001. Il Patto di solidarietà per la salute in Emilia-Romagna. 36 SALUTE MENTALE E AMBIENTE DI LAVORO: COME SI CREA UNA RELAZIONE di Maria Giuseppina Bosco e Silvana Salerno Questo contributo si colloca nell’ambito della ricerca del benessere mentale nei luoghi di lavoro. Sono passati molti anni (circa 25) da quando i rischi dell’organizzazione del lavoro furono affrontati dal movimento operaio attraverso il cosiddetto “quarto gruppo di fattori nocivi” (ritmo di lavoro, responsabilità, cottimo, ansia, ecc..). Da allora abbiamo fatto molti passi avanti sul piano delle conoscenze tecnico-scientifiche e delle metodologie di indagine negli ambienti di lavoro tuttavia questo campo rimane un terreno grandemente inesplorato. Affrontare il tema della salute mentale al lavoro necessita di uno sforzo culturale, scientifico, metodologico, sociale ma chi è disposto ad impegnarsi avrà la soddisfazione di poter interpretare la realtà con strumenti sempre più idonei. “La salute mentale è l’indicatore più evidente delle caratteristiche morali di una società” G. Berlinguer (1) Parlare di salute mentale nel 2002 non deve più essere considerato il vezzo di pochi pionieri in grado di esplorare territori impervi. E’ vero la salute mentale rappresenta un territorio difficile fatto di visibile e non visibile, di coscienza e incoscio, misurabile e non misurabile. E forse è proprio questa complessità che ha determinato un lungo silenzio tecnico-scientifico interrotto solo a tratti. Tuttavia la domanda di salute delle popolazioni chiede un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro sempre più legate al mentale e al sociale. Depressione, stanchezza cronica, demotivazione, insoddisfazione, invecchiamento precoce, stress, burnout, violenza psicologica e ancora tanti altri sono sintomi, sindromi, malattie dell’adattamento ad un sistema organizzato sempre più veloce. La nostra struttura fisica e mentale, vecchia di milioni di anni, pur avendo realizzato meccanismi raffinati di adattamento fisiologico, cede il passo di fronte ad una domanda ambientale così elevata, quasi impossibile da soddisfare. L’indicatore leader è il disagio/disturbo mentale, la depressione il più comune. Negli Stati Uniti due terzi dei sucidi sono legati alla depressione e anche per questo è nato il progetto American Healthy People 2010 che ha, tra i dieci indicatori principali di salute, la salute mentale e come obiettivo prioritario: riconoscere la depressione e trattarla (2). La depressione può colpire tutti bambini/e, adolescenti, adulti, vecchi/ie. Di questi gruppi gli adulti maschi e femmine sopra i 18 anni che lavorano rappresentano gli utenti dei servizi di prevenzione territoriale. 1.. Chi salverà Charlot(te)? Ovvero chi si pre(occupa) della salute mentale nei luoghi di lavoro? Dal Seminario sulla “Valutazione della fatica mentale nei luoghi di lavoro” (3) al quale parteciparono figure professionali interdisciplinari e intradisciplinari interessate alla prevenzione nei luoghi di lavoro è nato un gruppo intradisciplinare di medici del lavoro e psichiatri con l’obiettivo di approfondire gli aspetti teorici e pratici della relazione tra lavoro e salute mentale (Progetto S.M.I.L.E.). Il lavoro di ricerca preliminare è stato quello di sviluppare uno studio organizzativo sulle azioni tecniche svolte nei Servizi di Prevenzione Igiene e Sicurezza nei luoghi di lavoro e nei Centri di Salute Mentale considerati come i servizi investiti dalla L. 833/78 della salute mentale e dell’ambiente di lavoro. Questo studio ci ha permesso di raccogliere la letteratura specifica, di applicare in modo congiunto il Metodo delle Congruenze Organizzative come metodo interdisciplinare comune su cui analizzare i risultati applicativi nei due servizi pubblici e ci ha permesso, infine, di ipotizzare modalità di intervento comuni e possibili secondo la normativa vigente (v. tab.1) .I risultati hanno mostrato che non ci sono nei servizi di prevenzione azioni tecniche specifiche con procedure consolidate rivolte alla prevenzione della salute mentale nei luoghi di lavoro (4) (5). 2. Psichiatri e medici del lavoro a confronto Un Seminario intradisciplinare tra psichiatri e medici del lavoro (4) è stato organizzato per discutere di tutela della salute mentale nei luoghi di lavoro. Discutere con un gruppo competente con diversa esperienza professionale, punti di osservazione diversi, visioni teoriche differenti allo scopo di avviare una rete di comunicazione tra i due settori e favorire la nascita di esperienze pilota di integrazione. La scelta di lavorare su una base intradisciplinare comune (la medicina come quadro teorico condiviso da medici del lavoro e psichiatri) è legata alla difficoltà di condividere, in una prima fase, un quadro teorico completamente differente come quello degli psicologi. Gli aspetti emergenti discussi hanno evidenziato l’interesse degli operatori presenti all’argomento ma contemporaneamente una sensazione di “inadeguatezza”, impreparazione ad affrontare un problema emergente su cui non si hanno strumenti di intervento “collaudati”, la consapevolezza che il problema del rapporto tra lavoro e salute mentale andrà evidenziandosi nel prossimo futuro ma che appare, generalmente, come problema “irrisolvibile”, la centralità della “domanda”, senza la quale è difficile intraprendere iniziative nei servizi che sono già alle prese con numerose richieste d’altro tipo. La dimensione del rischio lavorativo e la dimensione della salute mentale come categorie non chiare e chiaramente correlabili, come sono invece per gli psichiatri il rapporto individuo-contesto o, per i medici del lavoro, il rapporto fattori di rischio/salute fisica. Un esempio di questa diversità è la visione del rapporto tra salute mentale e lavoro: per gli psichiatri il lavoro rappresenta la riabilitazione sociale del malato di mente, per i medici del lavoro il lavoro è fattore di rischio (v. fig.1). Da questo incontro si è deciso di avviare una ricerca-integrata tra Centri di Salute Mentale (CSM) e Servizi di Prevenzione Igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro (SPISLL) sulla domanda di salute mentale al lavoro della rispettiva utenza. La rile- vazione sperimentale di dati su un gruppo di lavoratori e lavoratrici dipendenti, attuata in parallelo in un CSM, in un SPISLL e in un Servizio di Igiene Pubblica (IP), mediante uno strumento elaborato congiuntamente da psichiatri e medici del lavoro, ha costituito la terza fase del progetto. Di questa parte parleremo nel prossimo numero di SNOP. Riferimenti 1. BERLINGUER G. Psichiatria e salute mentale. Prima Conferenza Naz.per la Salute Mentale, Roma 10-12 gen. 2001. 2 SNOP-SIE-ENEA Semin. Nazionale. Dalla salute occupazionale alla salute dell’organizzazione. La valutazione della fatica Fig. 1 Relazione ambiente di lavoro e salute mentale (2) 1. Promozione del benessere mentale 2. Protezione della salute mentale 3. Contenimento del disagio/disturbo mentale 4. Fattore terapeutico 5. Fattore di rischio 6. Fattore di slatentizzazione 7. Fattore di aggravamento 8. Fattore causale mentale nei luoghi di lavoro – Dal laboratorio di ricerca all’applicazione sul campo alla luce del D.L.vo 626/94 (a cura di S.Salerno e R. Tartaglia) Edizioni ENEA, Roma, 11 apr. 1997. 3 PROGETTO HEALTHY PEOPLE 2010 (www.health.gov/healthypeople/). Gli altri indicatori sono: attività fisica, sovrappeso e obesità, uso di tabacco, abuso di sostanze, comportamento sessuale, violenza e lesioni, qualità dell’ambiente, immunizzazione, accesso alla cura.. 4. SALERNO S, CAPACC F, CANEVALE F, TARTAGLIA R. Le attività del medico del lavoro. L’esperienza italiana. La Medicina del Lavoro 1996; 88 (2):108-120 5 BOSCO MG, SALERNO S, VALCELLA F. Salute mentale e lavoro: azioni tecniche integrate tra i servizi di prevenzione igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro e centri di salute mentale. La Medicina del lavoro 1999; 90 (6): 752-761. 6. PROGETTO S.M.I.L.E. (Salute mentale, Igiene Lavoro, ENEA). Atti del seminario intrerdisciplinare a cura di Salerno S. Chi salverà Charlot? Tempi moderni, ovvero: la salute mentale nei luoghi di lavoro. Roma, 22 maggio 1999 I materiali possono essere richiesti a: Silvana Salerno ENEA Casaccia SP 018 00060 Roma [email protected] Tabella 1 – Azioni tecniche integrate tra CSM e SPISLL Azioni tecniche Committenza Utenza 1. Inserimento negli obiettivi di lavoro dei due servizi di un programma di intervento sulla salute mentale nei luoghi di lavoro Servizio Sanitario Nazionale, Regioni (mandato istituzionale) Popolazione al lavoro > 18 anni che lavora e risiede nella ASL di competenza territoriale dei servizi 2. Formazione interdisciplinare sulla salute mentale al lavoro Servizio Sanitario Nazionale, Regioni I due servizi SPISLL e CSM 3. Strumenti di rilevazione epidemiologica di casi, eventi sentinella, disagi prevalenti, disturbi correlati con il lavoro nella utenza dei due servizi Servizio Sanitario Nazionale, Regioni Operatori e operatrici dei due servizi operanti nel campo della salute mentale al lavoro 4. Creazione di un flusso di informazione/comunicazione tra i due servizi SPISLL e CSM SPISLL e CSM 5. Interventi sanitari individuali su casi specifici e su situazioni collettive a rischio (es. stress, burnout, mobbing, ecc.) SPISLL e CSM Lavoratori e/o lavoratrici con problemi specifici di rischio per la salute mentale, licenziamenti, cassa integrazione, isolamenti organizzativi, ecc. 6. Creazione/selezione di strumenti di rilevazione e valutazione specifici per indagini mirate allo studio dei fattori di rischio mentali al lavoro SPISLL e CSM Lavoratori e lavoratrici che lavorano e risiedono nel territorio di competenza della ASL 37 NOTIZIARIO PROGRAMMA SNOP 2002 Progetto di lavoro a breve e medio termine su cui la Presidenza ed il Direttivo nazionale concordano e che si articola nelle iniziative definite nella riunione dell’Ufficio di Presidenza tenutosi a Saluzzo il 15/12/2001, proposte alla discussione ed approvate dal Direttivo Nazionale a Bologna il 29/01/2002 AREA COMUNICAZIONE Per la rivista si concorda di programmare l’uscita di almeno tre numeri, uno all’inizio dell’anno (possibilmente entro marzo) per avviare un dibattito tra i soci sulle scelte strategiche e sul futuro dell’Associazione, un secondo monografico sui cancerogeni, collegato alle iniziative seminariali e convegnistiche previste, ed un terzo per rendere conto dei contributi dei soci alla discussione avviata con il primo numero della nuova gestione redazionale. La rivista è stata in questi anni uno strumento molto utile per l’associazione, secondo alcuni si potrebbe parlare di identificazione tra lo strumento e la Snop, ma la prospettiva per un futuro anche vicino potrebbe essere la pubblicazione di una rivista elettronica, anche se per molti il giornale rimane ancora uno strumento insostituibile, sia per indisponibilità delle nuove tecnologie comunicative, sia per il semplice piacere di leggere dei fogli di carta piuttosto che le pagine di un file. Il mantenimento anche temporaneo di uno strumento cartaceo potrebbe agevolare il passaggio ad eventuali nuovi o rinnovati strumenti di comunicazione come una rivista com- 38 pletamente elettronica e un sito WEB ristrutturato. Sarebbe utile anche l’edizione di un ALERT periodico per informare di cosa si può trovare nel sito. La proposta di affidarsi a professionisti per un’edizione della rivista capace di sopravvivere secondo le regole del mercato potrebbe essere considerata solo se si riesce a ripubblicare autonomamente alcuni numeri mantenendo la storica qualità del giornale. La rivista cartacea non potrà probabilmente convivere con quella elettronica per cui va avviato un confronto con i soci per scegliere tra rivista cartacea, che si mantiene con le regole del mercato, e rivista elettronica ad integrazione del sito web, un’altra opzione è quella di continuare a produrre dei numeri monografici, come quello in corso di preparazione sui cancerogeni,da pubblicare sia a stampa che su cd. In merito al sito la proposta è quella di collaborare con altri alla gestione di un portale della Sanità pubblica rispetto a cui i diversi partners (Ambiente e Lavoro, sul cui sito siamo da sempre ospitati, Safetynet, con cui collabora la sezione veneta, ma anche in prospettiva i Servizi di prevenzione) chiariscano quali obiettivi si prefiggono, cosa si aspettano e quale contributo possono dare. Per quanto riguarda la SNOP il portale dovrebbe contenere parti comuni e parti caratteristiche di ciascun partner e servire per: • ordinare, incentivare la produzione e fare conoscere i materiali prodotti dai soci e dai Servizi; • avere la disponibilità di strumenti come le news e i forum di discussione tra cui lo speech corner, luogo in cui parlano tutti e dove si può parlare ad es. di ciò che non funziona; • avere la disponibilità di una biblioteca legislativa specialistica aggiornata; • mantenere un proprio settore specifico, oltre alle sezioni sopra descritte in comune con gli altri partners, con accesso diretto al dominio registrato, con la propria grafica consolidata per descrivere la vita associativa ed eventualmente pubblicare la rivista informatica. Va comunque aggiornata la modalità di accettazione dei contributi dei soci o di altri soggetti interessati, vanno potenziate le rubriche che interessano i Servizi, va introdotto un motore interno di ricerca. SNOP può portare al portale la rete delle proprie relazioni ed i relativi contributi professionali e si aspetta che gli altri partners garantiscano la gestione dei nuovi strumenti su cui hanno maggiore competenza, e che Safetynet, o meglio Edulyfe, che è una piattaforma di servizi che sostiene più siti o portali, fornisca in particolare il portale e la manutenzione, mentre per l’inserimento dei contributi dovremmo organizzarci con una nostra redazione che collabori con Enrico Cigada, in continuazione con l’ottimo lavoro da lui finora svolto. Comunque si evolva il progetto del portale bisogna intervenire per rifondare l’attuale sito, dotandolo anche degli strumenti sopraindicati. Si sta già costituendo una redazione on line per lavorare in questo senso. Va inoltre chiarito quale rapporto di collaborazione si possa sviluppare con il sito Epicentro dell’ISS. Per sostenere questa iniziativa, molto importante per il futuro dell’associazione, si è pensato di avviare una sottoscrizione da affiancare alla campagna di associazione per il 2002. CONVEGNO SULLE PROSPETTIVE PER LA PREVENZIONE IN UN CONTESTO ISTITUZIONALE IN RADICALE CAMBIAMENTO Snop sta organizzando un Convegno nazionale (vedi alla pagina a lato), per analizzare le strategie per la prevenzione in un contesto istituzionale caratterizzato dalla riforma federale delle competenze sanitarie e dalla necessità di sviluppare il passaggio di ruolo dei Servizi di prevenzione da organi di vigilanza a regolatori di sistema. Si pensa di articolare i lavori in tre sessioni plenarie, di cui due con interventi preordinati, la prima sulle strategie (analisi dello scenario istituzionale, ruolo e funzioni dei Servizi, l’oggetto della prevenzione, la prevenzione basata sull’evidenza), la seconda sugli strumenti per il cambiamento continuando l’analisi avviata nel 2000 a Rimini (epidemiologia descrittiva, formazione, comunicazione, qualità). La terza plenaria dovrebbe raccogliere le sintesi di alcune sessioni tematiche parallele, a discussione libera sulle esperienze di eccellenza in settori d’intervento interdisciplinari, in particolare per la prevenzione in ambiente di lavoro, in ambiente di vita e in ambito alimentare. I protagonisti del Convegno saranno i Dip. di prevenzione e le Agenzie per l’ambiente che si confronteranno con gli interlocutori istituzionali, professionali e sociali disponibili. ALTRE INIZIATIVE CUI SNOP DARÀ IL PROPRIO CONTRIBUTO Si concorda di organizzare un seminario internazionale del CPE a Saluzzo il 22/24 aprile 2002, prendendo spunto dalla sentenza Borsana, e un convegno in Toscana in autunno sui cancerogeni, a partire dalle esperienze del Piemonte e della Toscana, assieme ai Servizi che stanno lavorando su questo tema, prevedendo di trattare anche gli aspetti di sorveglianza sanitaria e di igiene industriale, coinvolgendo i medici igienisti e gli igienisti industriali. Si conferma il sostegno alle iniziative del gruppo nazionale di coordinamento di EBP, sia per progetti sperimentali che per un seminario nazionale sulle esperienze di EBP già avviate nelle diverse regioni. ORGANIZZAZIONE E QUOTE ASSOCIATIVE Si concorda di individuare come referente nazionale per l’area della Prevenzione nei Luoghi di Lavoro Celestino Piz, con sostituti/”aiutanti” Andrea Dotti e Domenico Taddeo. In particolare Dotti ha rappresentato SNOP alle manifestazioni per il centenario della Clinica del lavoro di Milano, Piz rappresenterà la Snop nella commissione nazionale per la Formazione continua e l’Accreditamento in ML. La redazione della rivista viene affidata a Baldasseroni, coordinatore, Calabresi e Taddeo, mentre la redazione on-line viene per ora avviata da Baldasseroni, Cigada, Salizzato e Taddeo. I referenti della Snop per il gruppo nazionale EBP rimangono Baldasseroni, Gardini, Salizzato. Si conferma inoltre il sostegno alle iniziative della CIIP (referente Volturo), del CPE (ref. Dotti, Taddeo, Piz), la consulta per il tabagismo (referente Palazzi), il comitato didattico del Profea (ref. Salizzato), il premio Martignani (ref. Salizzato), i progetti INAIL (ref. Cipriani). Relativamente alle quote associative si concorda di adeguarle a 50 euro per i laureati/sostenitori ed a 30 euro per il personale del comparto. Viene avviata una sottoscrizione per finanziare il progetto di ristrutturazione della pagina web ed in prospettiva per il progetto del portale della Sanità Pubblica. LA PREVENZIONE CHE CAMBIA, LA PREVENZIONE CHE CRESCE Riforma federale del sistema sanitario pubblico. I Servizi di prevenzione ambientale e sanitaria: valutazioni, strategie e prospettive di lavoro. CASERTA 13/14/15 giugno 2002 in collaborazione con: Regione Campania Regione Veneto ASL di Caserta ARPA Campania Università Federico II, Napoli Seconda Università, Napoli Ambiente e lavoro è stato richiesto il patrocinio di: ISS, ISPESL, INAIL Coordinamento delle regioni sono stati invitati: Ministero della Salute Ministero dell’Ambiente Ministero del Lavoro GIOVEDÌ 13 pomeriggio Gli scenari di riferimento per l’azione dei Servizi Relazione di apertura. Il sistema pubblico di prevenzione. Salizzato, SNOP La prevenzione tra Stato e Regioni. Assetti, sinergie e reti. Regione Veneto Soggetti e oggetti della prevenzione. Problemi aperti, bisogni emergenti. Volturo, Rubini La prevenzione basata sull’evidenza. Buiatti 18.00 Assemblea Soci SNOP VENERDÌ 14 mattina, seconda parte e pomeriggio La parola agli operatori Coordinatori della sessione, per la segreteria scientifica Sicurezza in ambiente di vita e di lavoro Lama, Coato,Taddeo,Valpreda, Salizzato Tutela ambientale e promozione della salute Lauriola, Merloni, Gardini, Giua Stili di vita e collettività Ferigo, Squintani, Savonitto,Triassi Introduzione alla sessione da parte della segreteria scientifica, che si ricollega ai temi trattati nelle plenarie. Confronto di esperienze esemplari o significative, con riferimento ai temi su cui si sviluppa il Convegno. Le comunicazioni verranno raccolte e ammesse dalla segreteria scientifica in quanto esemplificative di almeno uno dei seguenti criteri: azioni integrate, sistemi innovativi a tutela del cittadino, valutazione di efficacia, partecipazione dei professionisti e dei cittadini, valutazione dei bisogni. È previsto uno spazio poster. SABATO 15 mattina Quali proposte dalle idee e dalle esperienze degli operatori VENERDÌ 14 mattina, prima parte Declinare la prevenzione. Strumenti, chiavi di lettura e linguaggi. Presentazione dei lavori delle sessioni tematiche segreteria scientifica Tutela del cittadino. Vigilanza, controllo e autocontrollo Coniugare un moderno sistema di controlli con la difesa del cittadino. Taddeo, Ferigo, Giua Sistema informativo e comunicazione Conoscere e ascoltare per prevenire. D’Argenio, Lauriola, Palazzi Formazione Mantenersi competenti per creare competenze e sostenere il cambiamento. Biocca Dichiariamo le intenzioni ed i programmi Dichiarazione d’intenti (sulla base di quanto sentito nel Convegno). Programmi d’intervento per la prevenzione. Rappresentanti di Istituzioni e Parti Sociali Conclusioni e prospettive Snop Quote d’iscrizione: 150 Euro, 100 Euro per i soci Snop Ogni ulteriore informazione (form di partecipazione, istruzioni per invio di contributi scritti, ecc.) possono essere trovati all'indirizzo http://www.snop.it Le proposte d’intervento o i poster vanno inviati all’indirizzo [email protected]; la segreteria scientifica comunicherà le proprie valutazioni entro il 31 maggio, per e-mail. La presidenza 39 PREMIO ALESSANDRO MARTIGNANI movimento politico e culturale che cresceva intorno al “modello operaio” di lotte per la salute. Sia nel periodo in cui era necessaria un’opera di rafforzamento strutturale e funzionale, durante gli anni ’80. L’esperienza in Emilia-Romagna ha contribuito in modo determinante nell’affermarsi a livello nazionale di un modello nuovo di servizi pubblici. Il Comitato promotore del Premio “Alessandro Martignani” e l’Associazione Italiana di Epidemiologia organizzano in collaborazione con • Agenzia sanitaria regionale dell’Emilia-Romagna • Comune di Bagnacavallo • Azienda USL di Ravenna • Società Nazionale degli Operatori della Prevenzione • Associazione Ambiente-Lavoro Direttore generale di aziende sanitarie negli anni ’90 in particolare a Ravenna, ha affrontato la missione di riorganizzare i servizi sanitari senza perdere la visione complessiva dell’assistenza e la necessità di rispondere agli effettivi bisogni di salute delle popolazioni. La sua visione aperta, le competenze legislative e gestionali, lo spirito di ricerca e innovazione, il carisma ne hanno fatto un punto di riferimento regionale per problemi difficili (la lotta ai tumori ad esempio) e gli hanno permesso di sperimentare soluzioni originali. PROGRAMMA Alcuni amici e collaboratori di Martignani hanno ritenuto importante non solo ricordarlo, ma usare la memoria del suo operare per creare opportunità di crescita culturale e per valorizzare idee e progetti innovativi nel campo della salute e hanno costituito un Comitato promotore del “Premio Alessandro Martignani”. 10.00 9.30 10.30 11.00 11.30 L’Associazione italiana di epidemiologia (AIE) ha deciso di aderire alla proposta e di assumerne anche la responsabilità giuridica. 12.00 L’Assessorato alla sanità della Regione Emilia-Romagna, la Provincia di Ravenna, la Conferenza sanitaria territoriale di Ravenna, il Comune di Bagnacavallo e l’Azienda USL di Ravenna hanno sostenuto il progetto con impegno e motivazione profondi. 13.00 Intervallo 14.30 L’applicazione del DLgs 626/1994: risultati definitivi del monitoraggio su 1000 imprese dell’Emilia-Romagna Leopoldo Magelli, Agenzia sanitaria regionale dell’Emilia-Romagna Carlo Smuraglia Prospettive della legislazione sulla salute e la sicurezza del lavoro La seconda edizione del Premio Martignani a cura del Comitato Promotore Conclusioni Augusto Zappi, Direttore generale dell’Azienda USL di Ravenna Francesco Taroni, Direttore generale dell’Agenzia sanitaria regionale dell’Emilia-Romagna Altre organizzazioni, tra cui la Società nazionale degli operatori della prevenzione (SNOP) e l’Associazione Ambiente-Lavoro, hanno aggiunto il proprio attivo sostegno. 15.00 e con il patrocinio di • Assessorato alla sanità della Regione Emilia-Romagna • Provincia di Ravenna • Conferenza Sanitaria Territoriale di Ravenna 16.00 16.30 1° edizione PREMIO ALESSANDRO MARTIGNANI SALUTE E LAVORO 3 giugno 2002 Teatro Goldoni Bagnacavallo (Ravenna) PRESENTAZIONE Nel giugno del 2000 è morto Alessandro Martignani. Aveva solo 56 anni ed era un uomo speciale. Dirigente della Regione Emilia-Romagna, è stato l’artefice principale della costruzione dei servizi pubblici di prevenzione, soprattutto nei luoghi di lavoro, in questa regione. Sia nella fase di ideazione, negli anni ’70 che hanno preceduto la Riforma sanitaria, dentro il 40 Apertura della manifestazione Mario Mazzotti, Sindaco del Comune di Bagnacavallo Presidente della Provincia di Ravenna Giovanni Bissoni, Assessore alla sanità della Regione Emilia-Romagna Introduzione a cura del Comitato promotore Benedetto Terracini Associazione italiana di epidemiologia e direttore della rivista Epidemiologia e prevenzione Cancerogeni negli ambienti di lavoro Premiazione della tesi di laurea Antonio Grieco direttore della Clinica del lavoro “L. Devoto” dell’Università di Milano Il lavoro e la salute dei lavoratori: cento anni di storia Premiazione del lavoro vincente La sicurezza e la salute nei cantieri del Treno ad alta velocità: il ruolo delle Aziende USL Bologna SUD e Firenze Questa prima edizione del Premio viene attribuita a scritti rilevanti e innovativi sui rapporti tra lavoro e salute, che abbiano messo in luce soprattutto il contributo della pubblica amministrazione o delle parti sociali alle nuove strategie per la salute e la sicurezza nel lavoro. In particolare verranno premiati: Abbiamo chiesto, inoltre, ad alcune persone molto importanti nella storia della salute dei lavoratori del nostro paese di arricchire con il loro contributo l’analisi della situazione attuale dei rapporti tra lavoro e salute, in una prospettiva storica che ci permetta di guardare avanti con maggiore chiarezza. • una tesi di laurea che ha affrontato il tema degli infortuni sul lavoro nei minori, che è uno degli aspetti più dolorosi di un fenomeno già particolarmente critico in una società che rivendica il diritto alla civiltà; Antonio Grieco, direttore della Clinica del lavoro “L. Devoto” dell’Università di Milano. È la struttura sanitaria più antica al mondo per lo studio, la cura e la prevenzione delle malattie da lavoro e proprio quest’anno compie il suo primo centenario. • il lavoro complesso di prevenzione che da alcuni anni viene realizzato in collaborazione tra le Aziende USL di Firenze e di Bologna-Sud nei grandi cantieri della tratta appeninica del Treno ad alta velocità. Verranno anche presentati i primi risultati definitivi relativi all’Emilia-Romagna di una grande indagine sulla applicazione del Decreto legislativo 626/1994 che ha coinvolto migliaia di imprese in tutta Italia. La premiazione avverrà nel Teatro Goldoni di Bagnacavallo, piccola città della Romagna molto cara a Martignani. La scelta di questo luogo, certamente non centrale nei frettolosi percorsi di lavoro, non è motivata solo da ragioni affettive. Vorremmo sottolineare anche così l’opportunità di dedicare una giornata di studio a problemi importanti, che rimangono in piedi perché hanno fondamenta profonde. Carlo Smuraglia, giurista e Senatore della Repubblica nelle passate due legislature. A lui dobbiamo in particolare un lavoro straordinario di analisi complessiva delle condizioni della salute e della sicurezza dei lavoratori in Italia e di proposta per un nuovo, moderno e comprensivo corpo legislativo in questo settore. Benedetto Terracini, professore dell’Università di Torino, sulla prima cattedra di Epidemiologia dei tumori. Il suo impegno per lo studio e la prevenzione delle cause ambientali e occupazionali del cancro è fondamentale non solo in Italia. Oggi dirige la rivista Epidemiologia e Prevenzione. Segreteria del premio “ALESSANDRO MARTIGNANI” Gianfranco Bertazzini, Marco Biocca, Alba Carola Finarelli, Pierluigi Macini, Leopoldo Magelli, Nanda Montanari, Giuseppe Petrone, Luigi Salizzato, Paolo Tori. Segreteria del Premio “A. Martignani” c/o Centro di documentazione per la salute dell’Agenzia sanitaria regionale dell’Emilia-Romagna: Marco Biocca CDS Via Gramsci 12 40121 BOLOGNA Tel 0516079933 Fax 051251915 [email protected] 41 LE ATTIVITÀ DEL COMITATO PERMANENTE EUROPEO CPE di Domenico Taddeo Il confronto tra le organizzazioni del Comitato Permanente Europeo ( Apit per il Portogallo ,UPIT per la Spagna e Associazione Villermè per la Francia )sono continuate nell’anno 2001con il seminario organizzato in Portogallo da APIT nel Novembre u.s. sulla questione della evoluzione dei sistemi di Ispezione nei luoghi di lavoro rispetto ai nuovi rischi le nuove sfide e le nuove soluzioni. Nel 2002 è stato convegno organizzato in Spagna Barcellona dai colleghi dell’UPITsul tema del subappalto a fronte delle modifiche dell’organizzazione del lavoro anche a livello internazionale. questo seminario in preparazione sull’affare Borsana già preaanunciato sulla rivista SNOP n.57. Le iniziative continueranno nell’anno 2002 con: 2) La normativa di origine comunitaria e la sua trasposizioni a livello nazionale e specificatamente a livello italiano sia quella già operativa che di prossima emanazione sia generale sui rischi chimici. il seminario organizzato a Saluzzo sull’affare Borsana da SNOP il Seminario in Francia organizzato nel prossimo autunno dall’associazione Villermè su valutazione dei rischi e l’organizzazione della prevenzione a fronte della nuova e dilagante precarizzazione dei rapporti di lavoro. Questo percorso seminariale ripartito fra i vari paesi è coerente con l’idea di un necessario e approfondito confronto di merito fra diverse realtà nazionali su singoli e specifici temi della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro visto dagli operatori organismi pubblici regolatori del sistema per confluire col convegno triennale che il CPE terrà in Portogallo nell’anno 2003. Il seminario di Saluzzo sull’affare Borsana e sui cancerogeni nei luoghi di lavoro si terrà nei giorni dal 22 al 24 aprile 2002 . Ricordiao i presupposti di 42 1) La discussa vicenda del processo intentato da una compagnia petrolifera contro il rivenditore di prodotti petroliferi Borsana a livello di corte Europea dopo che la stessa Borsana aveva intentato causa civile al fine di ottenere prodotti petroliferi con contenuto di benzene a livello più basso possibile Conflitto tra utilizzatori e produttori. 3) La normativa comunitaria sulla circolazione delle merci a livello comunitario e le sue conseguenze sugli aspetti di tutela della salute La vicenda Borsana vide l’assenza dello stato italiano al processo, ove avrebbe dovuto difendere una sua legge e nel dibattito l’Italia fu praticamente assente. SNOP fu tra i pochi che parlarono della vicenda, mentre un grande ruolo fu svolto dal BTS con Laurent Vogel e Andrea Tozzi. Per il caso Borsana, discusso presso l’alta corte di giustizia Europea,a proccupare furono le tesi dell’avvocatura che sosteneva come illegittimo il tipo di trasposizione effettuata dall’Italia in termini di protezione dagli agenti cancerogeni nei luoghi di lavoro e rimetteva agli esiti della valutazione del rischio effettuata dal datore di lavoro per l’adozione di livelli di intervento. Quindi veniva messa in discussione la norma che consente legislazioni nazionali anche più garantiste. Nel caso dell’Italia l’ambito di maggiore tutela deriva dal contesto normativo e precisamente: Costituzione (artt. 32 e 41), Codice civile (art. 2087), D. Lgs 277/91 (art. 3, Titolo I, che recepisce la direttiva Cee 80/1107), D.Lgs 626/94 (Titolo I e VII che recepiscono la direttiva quadro 89/391 e la direttiva 90/394) – stabilisce contestualmente l’obbligo del datore di lavoro e il diritto del lavoratore ad evitare la esposizione ad agenti che possano avere effetti sulla salute e sicurezza. Il datore di lavoro "è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che – secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica – sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro" (art. 2087 del Codice civile). In altri termini, attualmente, la normativa italiana esclude procedure di definizione di rischio accettabile in base a calcoli di carattere probabilistico o economico. Ne consegue che il datore di lavoro, una volta individuato il rischio, nell’adottare misure preventive e protettive (volte ad eliminare o a ridurre il rischio) ha come unico limite quello definibile dalla fattibilità tecnica. La Corte di Giustizia ha a suo tempo rigettato la tesi dell’avvocatura e garantito la legittimità della trasposizione italiana ma attualmente la vicenda potrebbe riaprirsi per altri motivi . La modifica alla direttiva cancerogeni, già recepita, e l'arrivo imminente della direttiva agenti chimici con l'introduzione dei valori limite (per ora già benzene, CVM, legno, presto altri). Dall'Italia, c’è stata una presa di posizione solo della CGIL . Il secondo aspetto riguarda la circolazione dei prodotti, in particolare il tenore di benzene delle benzine, e l'intreccio spesso stridente tra i due ordini di legislazione. Quindi si lega anche ai decreti del ministero dell'ambiente sul tema e ai decreti del ministero dell'industria per l'omologazione delle stazioni di erogazione con aspiratore integrato dei vapori e per le caratteristiche dei combustibili commercializzabili. Qui la faccenda si intreccia anche con la regolamentazione (in evoluzione) dei prodotti chimici ed in generale con le norme che regolano il mercato dei beni e prodotti a livello europeo. Non è un caso infine che da quel periodo sia stato dato grande impulso agli erogatori automatici, con modifiche sostanziali nelle caratteristiche del lavoro dei benzinai (scioperi, manifestazioni e nuovo contratto). Il tutto ruotava intorno al processo intentato da Guariniello, conclusosi in condanna in primo grado. Il seminario di Saluzzo affronterà i seguenti temi: analisi della vicenda Borsana e riflessioni sull’applicazione della normativa di protezione rispetto ai cancerogeni ed effetti della sentenza a distanza di alcuni anni; stato della tutela del rischio cancerogeno nei luoghi di lavoro in Italia e in Europa • normativa corrente e sua (in)applicazione • necessità di rivedere la normativa e/o le linee guida che ilcoordinamento delle regioni ha emanato a suo tempo • sorveglianza sanitaria degli esposti e degli ex esposti • registrazione degli esposti e definizione degli esposti : tipizzazione quantitativa della esposizione e degli addetti • misurazione e valutazione delle esposizioni latori) , quelle dell’area tecnica delle valutazioni e misurazione delle esposizioni. Tale confronto si inserisce in una ripresa dell’interesse sui cancerogeni : in quest’anno sono prevedibili due seminari organizzati in Toscana ai quali la SNOP parteciperà. Il seminario di saluzzo su questi temi sarà l’avvio di una più ampia e approfondita disanima che impegnerà la rete dei servizi,la SNOP e il coordinamento delle Regioni in questa fase. Un anno quindi che potrà ben definirsi l’anno dei cancerogeni e al quale, comeSNOP e con le nuove caratteristiche trasversali all’area della Prevenzione, lavoreremo cercando di suscitare un avvio anche della riflessione sui cancerogeni negli ambienti di vita stimolando il confronto tra operatori della sanità pubblica che stanno intervenendo sul tema. AISMEL UN FIOCCO ROSA NEL MONDO DELLA PREVENZIONE Al Presidente SIMLII Prof. Luigi Ambrosi Al Presidente AUML Prof. Innocente Franchini Al Presidente AIMPLS Prof. Bruno Saia Al Presidente CIIP Prof. Vito Foà Al Presidente ANMA Dr. Giuseppe Briatico Vangosa Al Presidente AIRM Dr. Giorgio Trenta Al Presidente ANMELP Dr. Valentino Petussi Al Presidente CNSML Dr. Sergio Fantini Al Presidente SNOP Dr. Luigi Salizzato Le aree specialistiche coinvolte sono quelle epidemiologiche, quelledi organizzazione dei sistemi di prevenzione, quelle degli organi di controllo (o rego- Oggetto: presentazione dell’ “Associazione Italiana Specializzandi in Medicina del Lavoro” Chiarissimo Presidente, mi è gradito informarLa che il 2 febbraio c.a., si è tenuto a Roma un incontro dei rappresentanti degli Specializzandi in Medicina del Lavoro. In tale occasione è stata costituita l’associazione in oggetto che si propone, tra l’altro, di fornire un contribuito alle iniziative per l’abolizione dell’art. 1-bis della legge 8 gennaio 2002, n.1. Riteniamo quindi necessario collaborare con le organizzazioni, tra cui quella da Lei presieduta, che già validamente operano in questo senso. A tal fine Le allego, per opportuna conoscenza, una copia del nostro Statuto. Sarei lieto se volesse informarmi delle azioni intraprese o segnalarmi possibili collaborazioni. Colgo l’occasione per porgerLe i miei più distinti saluti. Roma, 6 febbraio 2002 Michele Russo 43 NOTIZIARIO re dei numeri monografici, come quello in corso di preparazione sui cancerogeni,da pubblicare sia a stampa che su cd. In merito al sito la proposta è quella di collaborare con altri alla gestione di un portale della Sanità pubblica rispetto a cui i diversi partners (Ambiente e Lavoro, sul cui sito siamo da sempre ospitati, Safetynet, con cui collabora la sezione veneta, ma anche in prospettiva i Servizi di prevenzione) chiariscano quali obiettivi si prefiggono, cosa si aspettano e quale contributo possono dare. Per quanto riguarda la SNOP il portale dovrebbe contenere parti comuni e parti caratteristiche di ciascun partner e servire per: PROGRAMMA SNOP 2002 Progetto di lavoro a breve e medio termine su cui la Presidenza ed il Direttivo nazionale concordano e che si articola nelle iniziative definite nella riunione dell’Ufficio di Presidenza tenutosi a Saluzzo il 15/12/2001, proposte alla discussione ed approvate dal Direttivo Nazionale a Bologna il 29/01/2002 AREA COMUNICAZIONE Per la rivista si concorda di programmare l’uscita di almeno tre numeri, uno all’inizio dell’anno (possibilmente entro marzo) per avviare un dibattito tra i soci sulle scelte strategiche e sul futuro dell’Associazione, un secondo monografico sui cancerogeni, collegato alle iniziative seminariali e convegnistiche previste, ed un terzo per rendere conto dei contributi dei soci alla discussione avviata con il primo numero della nuova gestione redazionale. La rivista è stata in questi anni uno strumento molto utile per l’associazione, secondo alcuni si potrebbe parlare di identificazione tra lo strumento e la Snop, ma la prospettiva per un futuro anche vicino potrebbe essere la 38 pubblicazione di una rivista elettronica, anche se per molti il giornale rimane ancora uno strumento insostituibile, sia per indisponibilità delle nuove tecnologie comunicative, sia per il semplice piacere di leggere dei fogli di carta piuttosto che le pagine di un file. Il mantenimento anche temporaneo di uno strumento cartaceo potrebbe agevolare il passaggio ad eventuali nuovi o rinnovati strumenti di comunicazione come una rivista completamente elettronica e un sito WEB ristrutturato. Sarebbe utile anche l’edizione di un ALERT periodico per informare di cosa si può trovare nel sito. La proposta di affidarsi a professionisti per un’edizione della rivista capace di sopravvivere secondo le regole del mercato potrebbe essere considerata solo se si riesce a ripubblicare autonomamente alcuni numeri mantenendo la storica qualità del giornale. La rivista cartacea non potrà probabilmente convivere con quella elettronica per cui va avviato un confronto con i soci per scegliere tra rivista cartacea, che si mantiene con le regole del mercato, e rivista elettronica ad integrazione del sito web, un’altra opzione è quella di continuare a produr- • ordinare, incentivare la produzione e fare conoscere i materiali prodotti dai soci e dai Servizi; • avere la disponibilità di strumenti come le news ed i forum di discussione tra cui lo speech corner, luogo in cui parlano tutti e dove si può parlare ad es. di ciò che non funziona; • avere la disponibilità di una biblioteca legislativa specialistica aggiornata; • mantenere un proprio settore specifico, oltre alle sezioni sopra descritte in comune con gli altri partners, con accesso diretto al dominio registrato, con la propria grafica consolidata per descrivere la vita associativa ed eventualmente pubblicare la rivista informatica. Va comunque aggiornata la modalità di accettazione dei contributi dei soci o di altri soggetti interessati, vanno potenziate le rubriche che interessano i Servizi, va introdotto un motore interno di ricerca. SNOP può portare al portale la rete delle proprie relazioni ed i relativi contributi professionali e si aspetta che gli altri partners garantiscano la gestione dei nuovi strumenti su cui hanno maggiore competenza, e che Safetynet, o meglio Edulyfe, che è una piattaforma di servizi che sostiene più siti o portali, fornisca in particolare il portale e la manutenzione, mentre per l’inserimento dei contributi dovremmo organizzarci con una nostra redazione che collabori con Enrico Cigada, in continuazione con l’ottimo lavoro da lui finora svolto. Comunque si evolva il progetto del portale bisogna intervenire per rifondare l’attuale sito, dotandolo anche degli strumenti sopraindicati, si sta già costituendo una redazione on line per lavorare in questo senso, va inoltre chiarito quale rapporto di collaborazione si possa sviluppare con il sito Epicentro dell’ISS. Per sostenere questa iniziativa, molto importante per il futuro dell’associazione, si e’ pensato di avviare una sottoscrizione da affiancare alla campagna di associazione per il 2002. CONVEGNO SULLE PROSPETTIVE PER LA PREVENZIONE IN UNCONTESTO ISTITUZIONALE IN RADICALE CAMBIAMENTO La Snop sta organizzando un Convegno nazionale, da tenersi presso la Reggia di Caserta nei giorni 13/14/15 giugno 2002, per analizzare le strategie per la prevenzione in un contesto istituzionale caratterizzato dalla riforma federale delle competenze sanitarie e dalla necessità di sviluppare il passaggio di ruolo dei Servizi di prevenzione da organi di vigilanza a regolatori di sistema. Si pensa di articolare i lavori in tre sessioni plenarie, di cui due con interventi preordinati, la prima sulle strategie (analisi dello scenario istituzionale, ruolo e funzioni dei Servizi, l’oggetto della prevenzione, la prevenzione basata sull’evidenza), la seconda sugli strumenti per il cambiamento continuando l’analisi avviata nel 2000 a Rimini (epidemiologia descrittiva, formazione, comunicazione, qualità). La terza plenaria dovrebbe raccogliere le sintesi di alcune sessioni tematiche parallele, a discussione libera sulle esperienze di eccellenza in settori d’intervento interdisciplinari, in particolare per la prevenzione in ambiente di lavoro, in ambiente di vita e in ambito alimentare. I protagonisti del Convegno saranno i Dipartimenti di prevenzione e le Agenzie per l’ambiente che si confronteranno con gli interlocutori istituzionali, professionali e sociali disponibili. ALTRE INIZIATIVE CUI SNOP DARÀ IL PROPRIO CONTRIBUTO Si concorda di organizzare un seminario internazionale del CPE a Saluzzo il 22/24 aprile 2002, prendendo spunto dalla sentenza Borsana, ed un convegno in Toscana in autunno sui cancerogeni, a partire dalle esperienze del Piemonte e della Toscana, assieme ai Servizi che stanno lavorando su questo tema, prevedendo di trattare anche gli aspetti di sorveglianza sanitaria e di igiene industriale, coinvolgendo i medici igienisti e gli igienisti industriali. Si conferma il sostegno alle iniziative del gruppo nazionale di coordinamento di EBP, sia per progetti sperimentali che per un seminario nazionale sulle esperienze di EBP già avviate nelle diverse regioni. ORGANIZZAZIONE E QUOTE ASSOCIATIVE Si concorda di individuare come referente nazionale per l’area della Prevenzione nei Luoghi di Lavoro Celestino Piz, con sostituti/”aiutanti” Andrea Dotti e Domenico Taddeo. In particolare Dotti ha rappresentato SNOP alle manifestazioni per il centenario della Clinica del lavoro di Milano, Piz rappresenterà la SNOP nella commissione nazionale per la Formazione continua e l’Accreditamento in ML. La redazione della rivista viene affidata a Baldasseroni, coordinatore, Calabresi e Taddeo, mentre la redazione on-line viene per ora avviata da Baldasseroni, Cigada, Salizzato e Taddeo. I referenti della Snop per il gruppo nazionale EBP rimangono Baldasseroni, Gardini, Salizzato. Si conferma inoltre il sostegno alle iniziative della CIIP (referente Volturo), del CPE (ref. Dotti, Taddeo, Piz), la consulta per il tabagismo (referente Palazzi), il comitato didattico del Profea (ref. Salizzato), il premio Martignani (ref. Salizzato), i progetti INAIL (ref. Cipriani). Relativamente alle quote associative si concorda di adeguarle a 50 euro per i laureati/sostenitori ed a 30 euro per il personale del comparto. Viene avviata una sottoscrizione per finanziare il progetto di ristrutturazione della pagina web ed in prospettiva per il progetto del portale della Sanità Pubblica. AISMEL UN FIOCCO ROSA NEL MONDO DELLA PREVENZIONE Al Presidente SIMLII Prof. Luigi Ambrosi Al Presidente AUML Prof. Innocente Franchini Al Presidente AIMPLS Prof. Bruno Saia Al Presidente CIIP Prof. Vito Foà Al Presidente ANMA Dr. Giuseppe Briatico Vangosa Al Presidente AIRM Dr. Giorgio Trenta Al Presidente ANMELP Dr. Valentino Petussi la presidenza Al Presidente CNSML Dr. Sergio Fantini Al Presidente SNOP Dr. Luigi Salizzato Oggetto: presentazione dell’ “Associazione Italiana Specializzandi in Medicina del Lavoro” Chiarissimo Presidente, mi è gradito informarLa che il 2 febbraio c.a., si è tenuto a Roma un incontro dei rappresentanti degli Specializzandi in Medicina del Lavoro. In tale occasione è stata costituita l’associazione in oggetto che si propone, tra l’altro, di fornire un contribuito alle iniziative per l’abolizione dell’art. 1-bis della legge 8 gennaio 2002, n.1. Riteniamo quindi necessario collaborare con le organizzazioni, tra cui quella da Lei presieduta, che già validamente operano in questo senso. A tal fine Le allego, per opportuna conoscenza, una copia del nostro Statuto. Sarei lieto se volesse informarmi delle azioni intraprese o segnalarmi possibili collaborazioni. Colgo l’occasione per porgerLe i miei più distinti saluti. Roma, 6 febbraio 2002 Michele Russo 39 PREMIO ALESSANDRO MARTIGNANI movimento politico e culturale che cresceva intorno al “modello operaio” di lotte per la salute. Sia nel periodo in cui era necessaria un’opera di rafforzamento strutturale e funzionale, durante gli anni ’80. L’esperienza in Emilia-Romagna ha contribuito in modo determinante nell’affermarsi a livello nazionale di un modello nuovo di servizi pubblici. Il Comitato promotore del Premio “Alessandro Martignani” e l’Associazione Italiana di Epidemiologia organizzano in collaborazione con • Agenzia sanitaria regionale dell’Emilia-Romagna • Comune di Bagnacavallo • Azienda USL di Ravenna • Società Nazionale degli Operatori della Prevenzione • Associazione Ambiente-Lavoro Direttore generale di aziende sanitarie negli anni ’90 in particolare a Ravenna, ha affrontato la missione di riorganizzare i servizi sanitari senza perdere la visione complessiva dell’assistenza e la necessità di rispondere agli effettivi bisogni di salute delle popolazioni. La sua visione aperta, le competenze legislative e gestionali, lo spirito di ricerca e innovazione, il carisma ne hanno fatto un punto di riferimento regionale per problemi difficili (la lotta ai tumori ad esempio) e gli hanno permesso di sperimentare soluzioni originali. PROGRAMMA Alcuni amici e collaboratori di Martignani hanno ritenuto importante non solo ricordarlo, ma usare la memoria del suo operare per creare opportunità di crescita culturale e per valorizzare idee e progetti innovativi nel campo della salute e hanno costituito un Comitato promotore del “Premio Alessandro Martignani”. 10.00 9.30 10.30 11.00 11.30 L’Associazione italiana di epidemiologia (AIE) ha deciso di aderire alla proposta e di assumerne anche la responsabilità giuridica. 12.00 L’Assessorato alla sanità della Regione Emilia-Romagna, la Provincia di Ravenna, la Conferenza sanitaria territoriale di Ravenna, il Comune di Bagnacavallo e l’Azienda USL di Ravenna hanno sostenuto il progetto con impegno e motivazione profondi. 13.00 Intervallo 14.30 L’applicazione del DLgs 626/1994: risultati definitivi del monitoraggio su 1000 imprese dell’Emilia-Romagna Leopoldo Magelli, Agenzia sanitaria regionale dell’Emilia-Romagna Carlo Smuraglia Prospettive della legislazione sulla salute e la sicurezza del lavoro La seconda edizione del Premio Martignani a cura del Comitato Promotore Conclusioni Augusto Zappi, Direttore generale dell’Azienda USL di Ravenna Francesco Taroni, Direttore generale dell’Agenzia sanitaria regionale dell’Emilia-Romagna Altre organizzazioni, tra cui la Società nazionale degli operatori della prevenzione (SNOP) e l’Associazione Ambiente-Lavoro, hanno aggiunto il proprio attivo sostegno. 15.00 e con il patrocinio di • Assessorato alla sanità della Regione Emilia-Romagna • Provincia di Ravenna • Conferenza Sanitaria Territoriale di Ravenna 16.00 16.30 1° edizione PREMIO ALESSANDRO MARTIGNANI SALUTE E LAVORO 3 giugno 2002 Teatro Goldoni Bagnacavallo (Ravenna) PRESENTAZIONE Nel giugno del 2000 è morto Alessandro Martignani. Aveva solo 56 anni ed era un uomo speciale. Dirigente della Regione Emilia-Romagna, è stato l’artefice principale della costruzione dei servizi pubblici di prevenzione, soprattutto nei luoghi di lavoro, in questa regione. Sia nella fase di ideazione, negli anni ’70 che hanno preceduto la Riforma sanitaria, dentro il 40 Apertura della manifestazione Mario Mazzotti, Sindaco del Comune di Bagnacavallo Presidente della Provincia di Ravenna Giovanni Bissoni, Assessore alla sanità della Regione Emilia-Romagna Introduzione a cura del Comitato promotore Benedetto Terracini Associazione italiana di epidemiologia e direttore della rivista Epidemiologia e prevenzione Cancerogeni negli ambienti di lavoro Premiazione della tesi di laurea Antonio Grieco direttore della Clinica del lavoro “L. Devoto” dell’Università di Milano Il lavoro e la salute dei lavoratori: cento anni di storia Premiazione del lavoro vincente La sicurezza e la salute nei cantieri del Treno ad alta velocità: il ruolo delle Aziende USL Bologna SUD e Firenze Questa prima edizione del Premio viene attribuita a scritti rilevanti e innovativi sui rapporti tra lavoro e salute, che abbiano messo in luce soprattutto il contributo della pubblica amministrazione o delle parti sociali alle nuove strategie per la salute e la sicurezza nel lavoro. In particolare verranno premiati: Abbiamo chiesto, inoltre, ad alcune persone molto importanti nella storia della salute dei lavoratori del nostro paese di arricchire con il loro contributo l’analisi della situazione attuale dei rapporti tra lavoro e salute, in una prospettiva storica che ci permetta di guardare avanti con maggiore chiarezza. • una tesi di laurea che ha affrontato il tema degli infortuni sul lavoro nei minori, che è uno degli aspetti più dolorosi di un fenomeno già particolarmente critico in una società che rivendica il diritto alla civiltà; Antonio Grieco, direttore della Clinica del lavoro “L. Devoto” dell’Università di Milano. È la struttura sanitaria più antica al mondo per lo studio, la cura e la prevenzione delle malattie da lavoro e proprio quest’anno compie il suo primo centenario. • il lavoro complesso di prevenzione che da alcuni anni viene realizzato in collaborazione tra le Aziende USL di Firenze e di Bologna-Sud nei grandi cantieri della tratta appeninica del Treno ad alta velocità. Verranno anche presentati i primi risultati definitivi relativi all’Emilia-Romagna di una grande indagine sulla applicazione del Decreto legislativo 626/1994 che ha coinvolto migliaia di imprese in tutta Italia. La premiazione avverrà nel Teatro Goldoni di Bagnacavallo, piccola città della Romagna molto cara a Martignani. La scelta di questo luogo, certamente non centrale nei frettolosi percorsi di lavoro, non è motivata solo da ragioni affettive. Vorremmo sottolineare anche così l’opportunità di dedicare una giornata di studio a problemi importanti, che rimangono in piedi perché hanno fondamenta profonde. Carlo Smuraglia, giurista e Senatore della Repubblica nelle passate due legislature. A lui dobbiamo in particolare un lavoro straordinario di analisi complessiva delle condizioni della salute e della sicurezza dei lavoratori in Italia e di proposta per un nuovo, moderno e comprensivo corpo legislativo in questo settore. Benedetto Terracini, professore dell’Università di Torino, sulla prima cattedra di Epidemiologia dei tumori. Il suo impegno per lo studio e la prevenzione delle cause ambientali e occupazionali del cancro è fondamentale non solo in Italia. Oggi dirige la rivista Epidemiologia e Prevenzione. Segreteria del premio “ALESSANDRO MARTIGNANI” Gianfranco Bertazzini, Marco Biocca, Alba Carola Finarelli, Pierluigi Macini, Leopoldo Magelli, Nanda Montanari, Giuseppe Petrone, Luigi Salizzato, Paolo Tori. Segreteria del Premio “A. Martignani” c/o Centro di documentazione per la salute dell’Agenzia sanitaria regionale dell’Emilia-Romagna: Marco Biocca CDS Via Gramsci 12 40121 BOLOGNA Tel 0516079933 Fax 051251915 [email protected] 41 La modifica alla direttiva cancerogeni, già recepita, e l'arrivo imminente della direttiva agenti chimici con l'introduzione dei valori limite (per ora già benzene, CVM, legno, presto altri). LE ATTIVITÀ DEL COMITATO PERMANENTE EUROPEO CPE Dall'Italia, c’è stata una presa di posizione solo della CGIL . di Domenico Taddeo Il confronto tra le organizzazioni del Comitato Permanente Europeo ( Apit per il Portogallo ,UPIT per la Spagna e Associazione Villermè per la Francia )sono continuate nell’anno 2001con il seminario organizzato in Portogallo da APIT nel Novembre u.s. sulla questione della evoluzione dei sistemi di Ispezione nei luoghi di lavoro rispetto ai nuovi rischi le nuove sfide e le nuove soluzioni. Nel 2002 è stato convegno organizzato in Spagna Barcellona dai colleghi dell’UPITsul tema del subappalto a fronte delle modifiche dell’organizzazione del lavoro anche a livello internazionale. questo seminario in preparazione sull’affare Borsana già preaanunciato sulla rivista SNOP n.57. Le iniziative continueranno nell’anno 2002 con: 2) La normativa di origine comunitaria e la sua trasposizioni a livello nazionale e specificatamente a livello italiano sia quella già operativa che di prossima emanazione sia generale sui rischi chimici. il seminario organizzato a Saluzzo sull’affare Borsana da SNOP il Seminario in Francia organizzato nel prossimo autunno dall’associazione Villermè su valutazione dei rischi e l’organizzazione della prevenzione a fronte della nuova e dilagante precarizzazione dei rapporti di lavoro. Questo percorso seminariale ripartito fra i vari paesi è coerente con l’idea di un necessario e approfondito confronto di merito fra diverse realtà nazionali su singoli e specifici temi della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro visto dagli operatori organismi pubblici regolatori del sistema per confluire col convegno triennale che il CPE terrà in Portogallo nell’anno 2003. Il seminario di Saluzzo sull’affare Borsana e sui cancerogeni nei luoghi di lavoro si terrà nei giorni dal 22 al 24 aprile 2002 . Ricordiao i presupposti di 42 1) La discussa vicenda del processo intentato da una compagnia petrolifera contro il rivenditore di prodotti petroliferi Borsana a livello di corte Europea dopo che la stessa Borsana aveva intentato causa civile al fine di ottenere prodotti petroliferi con contenuto di benzene a livello più basso possibile Conflitto tra utilizzatori e produttori. 3) La normativa comunitaria sulla circolazione delle merci a livello comunitario e le sue conseguenze sugli aspetti di tutela della salute La vicenda Borsana vide l’assenza dello stato italiano al processo, ove avrebbe dovuto difendere una sua legge e nel dibattito l’Italia fu praticamente assente. SNOP fu tra i pochi che parlarono della vicenda, mentre un grande ruolo fu svolto dal BTS con Laurent Vogel e Andrea Tozzi. Per il caso Borsana, discusso presso l’alta corte di giustizia Europea,a proccupare furono le tesi dell’avvocatura che sosteneva come illegittimo il tipo di trasposizione effettuata dall’Italia in termini di protezione dagli agenti cancerogeni nei luoghi di lavoro e rimetteva agli esiti della valutazione del rischio effettuata dal datore di lavoro per l’adozione di livelli di intervento. Quindi veniva messa in discussione la norma che consente legislazioni nazionali anche più garantiste. Nel caso dell’Italia l’ambito di maggiore tutela deriva dal contesto normativo e precisamente: Costituzione (artt. 32 e 41), Codice civile (art. 2087), D. Lgs 277/91 (art. 3, Titolo I, che recepisce la direttiva Cee 80/1107), D.Lgs 626/94 (Titolo I e VII che recepiscono la direttiva quadro 89/391 e la direttiva 90/394) – stabilisce contestualmente l’obbligo del datore di lavoro e il diritto del lavoratore ad evitare la esposizione ad agenti che possano avere effetti sulla salute e sicurezza. Il datore di lavoro "è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che – secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica – sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro" (art. 2087 del Codice civile). Il secondo aspetto riguarda la circolazione dei prodotti, in particolare il tenore di benzene delle benzine, e l'intreccio spesso stridente tra i due ordini di legislazione. Quindi si lega anche ai decreti del ministero dell'ambiente sul tema e ai decreti del ministero dell'industria per l'omologazione delle stazioni di erogazione con aspiratore integrato dei vapori e per le caratteristiche dei combustibili commercializzabili. Qui la faccenda si intreccia anche con la regolamentazione (in evoluzione) dei prodotti chimici ed in generale con le norme che regolano il mercato dei beni e prodotti a livello europeo. Non è un caso infine che da quel periodo sia stato dato grande impulso agli erogatori automatici, con modifiche sostanziali nelle caratteristiche del lavoro dei benzinai (scioperi, manifestazioni e nuovo contratto). Il tutto ruotava intorno al processo intentato da Guariniello, conclusosi in condanna in primo grado. Il seminario di Saluzzo affronterà i seguenti temi: analisi della vicenda Borsana e riflessioni sull’applicazione della normativa di protezione rispetto ai cancerogeni ed effetti della sentenza a distanza di alcuni anni; stato della tutela del rischio cancerogeno nei luoghi di lavoro in Italia e in Europa • normativa corrente e sua (in)applicazione • necessità di rivedere la normativa e/o le linee guida che ilcoordinamento delle regioni ha emanato a suo tempo • sorveglianza sanitaria degli esposti e degli ex esposti • registrazione degli esposti e definizione degli esposti : tipizzazione quantitativa della esposizione e degli addetti • misurazione e valutazione delle esposizioni Il seminario di saluzzo su questi temi sarà l’avvio di una più ampia e approfondita disanima che impegnerà la rete dei servizi,la SNOP e il coordinamento delle Regioni in questa fase. Un anno quindi che potrà ben definirsi l’anno dei cancerogeni e al quale, comeSNOP e con le nuove caratteristiche trasversali all’area della Prevenzione, lavoreremo cercando di suscitare un avvio anche della riflessione sui cancerogeni negli ambienti di vita stimolando il confronto tra operatori della sanità pubblica che stanno intervenendo sul tema. Le aree specialistiche coinvolte sono quelle epidemiologiche, quelledi organizzazione dei sistemi di prevenzione, quelle degli organi di controllo (o regolatori) , quelle dell’area tecnica delle valutazioni e misurazione delle esposizioni. Tale confronto si inserisce in una ripresa dell’interesse sui cancerogeni : in quest’anno sono prevedibili due seminari organizzati in Toscana ai quali la SNOP parteciperà. In altri termini, attualmente, la normativa italiana esclude procedure di definizione di rischio accettabile in base a calcoli di carattere probabilistico o economico. Ne consegue che il datore di lavoro, una volta individuato il rischio, nell’adottare misure preventive e protettive (volte ad eliminare o a ridurre il rischio) ha come unico limite quello definibile dalla fattibilità tecnica. La Corte di Giustizia ha a suo tempo rigettato la tesi dell’avvocatura e garantito la legittimità della trasposizione italiana ma attualmente la vicenda potrebbe riaprirsi per altri motivi . 43 SEMINARI DI AGGIORNAMENTO PRESENTAZIONE UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA Dipartimento di Medicina e Sanità Pubblica Servizio di Medicina del lavoro ORDINE DEI MEDICI DI VERONA SNOP Società Nazionale Operatori della Prevenzione sezione veneta SIMLII Società Nazionale di Medicina del lavoro e di Igiene industriale sezione triveneta ANMeLP Associazione Nazionale Medici del Lavoro Pubblici SEMINARI DI AGGIORNAMENTO I seminari sono rivolti ai medici specialisti e specializzandi in medicina del lavoro ed ai medici competenti. Sono aperti anche al personale tecnico e sanitario non medico operante negli SPISAL, ai consulenti aziendali in materia di sicurezza e igiene del lavoro, ai cultori della materia, in relazione all'approfondimento di tematiche di specifico interesse. 44 Il fermento di questi ultimi anni per l’affermazione della salute negli ambienti di lavoro coinvolge Istituzioni e Associazioni sia dei lavoratori che dei datori di lavoro. Bisogna riconoscere che sono state le norme di recepimento delle direttive europee a dare l’impulso iniziale, ma che poi il mondo del lavoro ha saputo sviluppare in modo favorevole le potenzialità produttive di questa nuova cultura. E' via cresciuta la consapevolezza che una “rete” di persone, enti, istituzioni è la premessa per avere successo di fronte a situazioni complesse come quelle che si riferiscono al binomio “lavoro e salute”. A distanza di pochi anni dalle prime iniziative di “promozione della salute” organizzate a Verona con il concorso delle ULSS, delle associazioni dei datori di lavoro e sindacali e della Camera di Commercio, è maturata già una nuova cultura della prevenzione, vivace ed esigente. Ora che gli aspetti organizzativi sono, non certo risolti, ma ad un buon livello di risoluzione, è sentito il bisogno di moltiplicare i momenti di confronto all'interno dei quali rafforzare le conoscenze, individuare nuove esigenze della ricerca e soprattutto condividere gli obiettivi e gli standards su cui far convergere gli interessi e gli sforzi di tutti. L’Università può fornire la cornice adatta per un confronto di studio ed approfondimento culturale tra quanti operano nel campo della medicina del lavoro e della prevenzione negli ambienti di lavoro, contribuendo sia ad allargare ancora di più lo spettro degli interessi comuni che a costruire e diffondere pratiche di lavoro validate e riconosciute nella loro efficacia. L’obiettivo di fondo da condividere è quello della salute dei lavoratori; i temi in discussione sono le conoscenze scientifiche, i vincoli di legge e la prassi quotidiana della prevenzione. In questo scenario, il medico del lavoro pubblico e privato assume un ruolo fondamentale ed in parte nuovo, che accresce indubbiamente il suo fabbisogno conoscitivo e professionale finalizzato a rimanere aderente al rapido progredire delle scienze mediche e a saper rispondere alle esigenze di qualificazione espresse dal mercato del lavoro. In questo contesto, sistema di qualità ed accreditamento, così come la formazione medica continua voluta dal decreto legislativo 229/99, diventano requisiti indispensabili per svolgere attività professionale, sia a livello pubblico che privato. Questa iniziativa, nata anche sulla spinta di alcune società scientifiche cui fanno riferimento medici del lavoro ed operatori della prevenzione, propone un ciclo di seminari, e non di lezioni o di conferenze, proprio ad indicare che Università, Servizi pubblici di prevenzione e medici competenti intendono sperimentare un terreno comune di aggiornamento, che prevede il confronto di esperienze tra diversi soggetti della prevenzione (esperti delle associazioni, professionisti, consulenti ecc.) Sono stati scelti i primi temi ritenuti rispondenti a questo tipo di percorso di aggiornamento, prevedendo la prosecuzione dell'esperienza anche sulla base delle indicazioni che emergeranno da questa prima fase. Ciascun seminario è organizzato in modo da offrire un aggiornamento sulle conoscenze scientifiche, un inquadramento dal punto di vista normativo e una discussione sulle possibili soluzioni pratiche. Per informazioni e per segnalare la propria partecipazione, contattare la segreteria organizzativa (Servizio di Medicina del Lavoro, Università di Verona - Sig.a Nunzia Raitano - al numero telefonico 045-8074295. Suggerimenti, proposte ed osservazioni potranno essere indirizzate direttamente ai componenti del comitato scientifico: • Prof. Francesco Brugnone Servizio di Medicina del lavoro, Università di Verona, tel. 045/8074295. [email protected] • Dott. Luigi Perbellini Servizio di Medicina del lavoro, Università di Verona, tel. 045/8074805. [email protected] • Dott. Graziano Maranelli (Unità Operativa Igiene e medicina del lavoro, Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, Trento, tel. 0461/364665, [email protected] • Dott.ssa Manuela Peruzzi SPISAL ULSS 20 Regione Veneto, Verona, tel. 045/8075929 [email protected]) • Dott. Emilio Cipriani SPISAL ULSS 22 Regione Veneto Bussolengo, tel. 045/6769445 [email protected] È stata inviata richiesta al MINISTERO DELLA SANITÀ, affinché i seminari siano registrati quale forma di “Educazione Continua in Medicina”: per questo motivo dovrà essere compilata una breve scheda di partecipazione e di valutazione dell’evento formativo. Su richiesta, verrà rilasciato un Certificato di Partecipazione ai singoli Seminari e in caso di accettazione dell’accreditamento verranno certificati i crediti acquisiti. SEMINARI DI AGGIORNAMENTO PER MEDICI COMPETENTI Programma per il periodo aprile – giugno 2002 14 aprile 2002 CANCEROGENESI E POLVERI DI LEGNO LE POLVERI DI LEGNO. ESPOSIZIONE, PREVENZIONE E CONTROLLO SANITARIO. Prof. Pietro Apostoli Cattedra di Medicina del Lavoro Università di Brescia LINEE GUIDA PER IL RISCHIO DA POLVERI DI LEGNO DELLA REGIONE VENETO D.ssa Zangirolami 7 maggio 2002: L’IDONEITÀ DIFFICILE L’IDONEITÀ LAVORATIVA IN SOGGETTI CON PROBLEMI PSICOLOGICO-PSICHIATRICI. Dr Giovanni Moro Respondabile SPISAL/ULS 9 Treviso DISAGIO MENTALE E LAVORO Dr Roberto Lezzi Psichiatra responsabile del CSM ULS 9 Treviso Intervento preordinato della D.ssa Francesca Rizzitelli Presentazione del SIL ULS 20 Verona 28 maggio 2002: CALZATURE DI SICUREZZA E PIEDE DOLOROSO L’INQUADRAMENTO NORMATIVO SULL’USO DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE Dr Emilio Cipriani Respondabile SPISAL/ULS 22 Bussolengo-Verona PIEDE DOLOROSO: INCIDENZA, EZIOLOFIA, DIAGNOSTICA E TERAPIA. Dr Alberto Momoli e Dr Roberto Filippini Servizio Ospedaliero di Medicina dello Sport ULS 22 Bussolengo-Verona METODI DI RILEVAZIONE E SVILUPPO DEI MATERIALI PER LA COSTRUZIONE DI PLANTARI ORTOPEDICI. Sig. Roberto Botter Ortopedica Scaligera – Verona CALZATURE DI SICUREZZA Sig.Alessandro Donatelli Flower Glowes Verona 18 giugno 2002 ALLERGIE E LAVORO ALLERGOPATIE RESPIRATORIE, ATOPIA E IDONEITÀ LAVORATIVA. Prof.Angelo Cirla NUOVE POSSIBILITÀ DIAGNOSTICHE NELLE PATOLOGIE RESPIRATORIE OCCUPAZIONALI. Dr Mario Olivieri Servizio di Medicina del Lavoro – Policlinico G. B. Rossi - Verona 24 settembre 2002 14.30 - 18.30 PREVENZIONE UTILE NEGLI AMBIENTI DI LAVORO EVIDENCE BASED MEDICINE Presentazione Prof. Brugnone F. Direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro • L'applicazione dei principi dell'EBM alle attività di prevenzione Dott. M.Valsecchi Direttore del Dipartimento di prevenzione ASL 20 Verona • Valutazione di efficacia: un metodo per la pianificazione delle attività di prevenzione Dott.ssa E. Buiatti Osservatorio epidemiologico Regione Toscana Dott.A. Baldasseroni Unità Epidemiologica ASL Firenze • L'EBM può costituire una base per il medico competente nel sistema aziendale di prevenzione Prof. G. Franco Istituto di Medicina del lavoro, Università di Modena • La prevenzione efficace negli ambienti di lavoro dei servizi di prevenzione pubblica Dott. L. Marchiori Responsabile SPISAL ASL 20 Verona • Discussione • Coordinatore del Seminario dott.ssa M. Peruzzi Segretario regionale SNOP 45 di Claudio Calabresi Nello scorso numero (ahimè un po’ lontano) della Rivista si è data notizia sugli Interventi di sostegno ai programmi e progetti in materia di sicurezza e igiene del lavoro, la cui gestione è stata affidata all’INAIL. Ricordo che si trattava della prima tranche, per una somma di 150 miliardi (erogata in parte in conto capitale), della somma totale decisa dal governo, pari a 600 miliardi. Questa prima tranche prevede l’Attivazione dei Progetti per favorire l’applicazione degli artt. 21 E 22 del D.LGS. 626/1994 (…sugli obblighi di informazione e formazione dei lavoratori da parte del datore di lavoro). Uscirà nei prossimi mesi il bando relativo alla seconda tranche di 450 miliardi (erogata prevalentemente con finanziamento in conto interessi, salvo per una quota riservata al finanziamento in conto capitale di programmi di particolare valenza, qualità ed estensibilità), destinata a programmi di adeguamento strutturale ed organizzativo delle piccole e medie imprese e dei settori agricolo ed artigianale. I destinatari dei progetti erano: lavoratori, Rls, incaricati delle emergenze, datori di lavoro e Rspp. Per questa tranche informativo-formativa è stata definita (tra gli ultimi mesi del 2001 e l’inizio del 2002) l’erogazione della quasi totalità delle somme, che erano così suddivise: 1) l’85%, ossia 128 miliardi, era destinato a PROGETTI DI INFORMAZIONE e FORMAZIONE suddivisi tra tutte le regioni. 2) il 15%, ossia 22 miliardi (in un fondo unico nazionale, gestito centralmente) ha riguardato prodotti e strumenti infor- 46 matici, multimediali, grafico-visivi e banche dati. Per il punto 1), nel complesso delle regioni sono stati approvati quasi 4000 progetti relativi ad iniziative di informazione e formazione riguardanti quasi 800.000 lavoratori, più di 12.000 Rls, circa 90.000 addetti alle gestione delle emergenze, circa 20.000 datori di lavoro e Rspp, appartenenti ai diversi settori produttivi. Tra i soggetti richiedenti, quasi il 50% sono state singole imprese seguite dalle associazioni datoriali e sindacali. Tra i settori produttivi maggiormente interessati, in primo luogo le costruzioni edili (quasi 1/6 delle iniziative) seguite dall’agricoltura, dai servizi (in particolare quelli sanitari), dalle scuole, dalle lavorazioni del metallo, dalla chimica e plastica, ecc. Per il punto 2), sono pervenute alla sede centrale dell’INAIL più di 800 domande di finanziamento di prodotti, gran parte dei quali erano destinati ai lavoratori; tra i soggetti richiedenti, nettamente in testa le singole imprese ma anche i consorzi e aggregazioni di imprese, le associazioni datoriali, associazioni ed organismi vari operanti nella prevenzione; non particolarmente numerose, anzi probabilmente inferiori alle aspettative, le domande di associazioni sindacali. Riguardo agli strumenti proposti, di gran lunga in testa i CD ma nell’ambito di una certa varietà (dagli audiovisivi ai software alle banche dati agli opuscoli, ecc.). Sono stati approvati 73 prodotti destinati ai lavoratori, 55 agli Rls, 57 agli addetti alle emergenze, 36 a datori di lavoro e Rspp. Molti i “gruppi di tariffa” INAIL che saranno interessati dai progetti approvati: anche qui in testa (com’era prevedibile visto che un concetto di fondo ispiratore dei criteri adottati nel Regolamento attuativo era di favorire i settori a maggior rischio infortunistico) le costruzioni edili ma sono stati definiti finanziamenti di progetti relativi a quasi tutte le lavorazioni principali (tra i più frequenti carico e scarico merci, lavorazioni del metallo, lavorazioni del legno, mineraria, ecc.) A questo punto si può già dire che l’iniziativa, a maggior ragione se si consideri che era una “prima assoluta” non priva di criticità, ha avuto un discreto successo partecipativo. Si apre ora la partita dell’effettiva realizzazione. Tra qualche mese si potranno quindi assumere maggiori indicazioni e riflessioni sulle ricadute e sulla qualità di quanto è stato finanziato: l’INAIL ha definito di approfondire con varie modalità le risultanze, di “testare” le iniziative informative e formative in tutte le regioni e di verificare la qualità complessiva dei prodotti che verranno realizzati con il fondo nazionale, dei quali tra l’altro acquisirà i diritti e la proprietà intellettuale ai fini di un utilizzo il più diffuso possibile. Si conferma, come nelle attese, che il complesso dell’iniziativa può consentire importanti riflessioni sui bisogni di informazione e formazione e sulla tipologia e qualità di risposte che una larga parte di soggetti dà a questi bisogni. È certamente una prima occasione (forse non irripetibile, se il Governo deciderà di rinnovare questo tipo di strategia, magari con gli opportuni adeguamenti che tengano conto del bilancio della prima iniziativa) di organizzare una visione d’insieme su un così vasto ed eterogeneo campionario di attività e progetti informativi e formativi. È auspicabile che queste riflessioni ed elaborazioni avvengano dentro l’INAIL ma che, nella logica delle sinergie cui si accenna in altre parti della Rivista, siano oggetto del contributo anche di altri interessati, sempre nel percorso di quella che a me pare oggi una strada maestra, verso un Sistema di (iniziative in) rete per la prevenzione nei luoghi di lavoro. IN POLTRONA INAIL INTERVENTI DI SOSTEGNO PER LA PREVENZIONE Andrea Ben Leva Diario di un infortunio INAIL-ADN Kronos, Roma, novembre 200. Distribuzione gratuita Opera meritoria, questa dell’INAIL, da qualsiasi parte la si guardi. Si tratta del diario di un giovane operaio di appena 22 anni che ha subito un gravissimo infortunio alle mani. Il diario parte dal 14 febbraio del 1997, momento in cui Andrea entra nel reparto di chirurgia della mano agli Ospedali Riuniti di Brescia, per concludersi il 14 maggio dello stesso anno, 92 giorni dopo, a “guarigione” clinica avvenuta, ma dopo che in un attimo tutto il progetto di vita del protagonista è stato sconvolto definitivamente. Il vero e proprio calvario di interventi, medicazioni, gessi, immobilità delle mani e del busto, viene descritto da Andrea senza retorica, ma con toni che suonano veri e umani. Nel leggere le sofferenti pagine del libro, mi veniva spesso da riflettere su quanto siano aridi certi nostri impegni esclusivi, di operatori della prevenzione alle prese chi con l’accanita ricerca di “responsabilità”, chi con la pignolesca disamina di grafici e curve di andamento degli infortuni nella quanto mai astratta “popolazione”. Di fronte al vero dramma umano che sta dietro all’infortunio non si può che trovare nuova lena per l’impegno quotidiano per la prevenzione: “Diario: 1 Gennaio 2000, Brescia. Oggi, scrivendo questo libro, rivivo tutto quello che mi ha dato l’infortunio. L’unica certezza è che la mancata applicazione dei dispositivi di protezione individuale, delle sicurezze delle macchine, della formazione, ha come diretta conseguenza l’infortunio. “La distruzione totale di una vita, senza possibilità di tornare indietro”. Questo libro si presenta come un atto di “ostensione” delle ferite che una società ancora squilibrata infligge ad alcuni dei suoi membri, risparmiandone in partenza altri. In un certo senso il libro acquista lo stesso valore che cento anni fa aveva il mostrare, durante le adunate sindacali, le vittime del lavoro, operai e operaie sfigurate dalla necrosi della mandibola nel lavoro dei fiammiferi, vedove di morti nei cantieri, minatori in lutto per l’ennesima catastrofe nelle viscere della terra. L’intento era didascalico ed educativo, ma anche di stimolo ad una solidarietà non limitata ai soli compagni di lavoro, ma estesa a porzioni della pubblica opinione capaci di influenzare il corso di una legislazione ancora insufficiente. Ora ciò di cui si sente il bisogno è la crescita di un sistema di valori comune ai produttori, quello della dignità e del rispetto della persona come valori assoluti, mai sottoposti al profitto. E su questo piano siamo ancora molto lontani, come Andrea ci fa notare in molti passi del suo scritto. Infine un ricordo personale, quello del rapporto con un operaio delegato di una fabbrica metalmeccanica nella quale ero intervenuto come operatore del servizio di prevenzione. Avevo subito notato la grave invalidità proprio alla mano e proprio simile a quella descritta nel libro. Ma per lungo tempo non avevo mai osato chiedere direttamente quale fosse stata la causa di una tale terribile mutilazione. Passò del tempo durante il quale costruimmo insieme un importante intervento di prevenzione nella fabbrica, effettuammo con gli altri del Consiglio di Fabbrica sopralluoghi in altre realtà produttive simili per apprendere le migliori tecniche disponibili per salvaguardare la vita dei loro compagni di lavoro. Finchè fu lui, spontaneamente, a spiegarmi cosa era successo. Ancora apprendista, sotto un piccolo padrone, era addetto allo stampaggio di lastre di metallo mediante l’azionamento di pesanti presse. Le protezioni erano rappresentate dalla rapidità con cui ognuno effettuava i gesti giusti al momento giusto, ma bastò una sola volta che qualcosa andasse storto per provocare quel disastro. Da allora si era posto il problema di difendere la propria e l’altrui sicurezza in fabbrica, contro padroni rapaci e interessati solo a spremere denaro dalle macchine in loro possesso. Così era diventato delegato alla salute del consiglio di fabbrica, così aveva condotto con i suoi compagni memorabili lotte contro la nocività nel fatidico “Autunno Caldo” sindacale del 1969 e ora era rispettato e onorato da compagni e padroni come persona esperta, capace, onesta. Suonerà anche retorico o vagamente deamicisiano, ma questo non toglie che non dimenticherò mai quanto imparato da lui e da persone come lui. Andrea Ben Leva si iscrive in questa tradizione di valori umani con i quali confrontare quotidianamente il nostro impegno. Vale la pena di chiedere all’INAIL copia del libro e di leggerlo nei momenti di “stanca” della nostra professione, che negli ultimi tempi non mancano proprio. Alberto Baldasseroni 47 M.A. Vigotti, A. Biggeri, E. Dreassi, M.A. Protti, C. Cislaghi Atlante della Mortalità in Toscana dal 1971-1994. Edizioni Plus-Università di Pisa. 2001 Questo corposo volume si inserisce in modo originale nell'affollata offerta di atlanti congeneri. La sua originalità sta in almeno due aspetti: il primo riguarda il periodo preso in considerazione, quasi un quarto di secolo; il secondo risiede invece nei metodi usati per calcolare andamenti, effetti età. Periodo, coorte, ranghi di gravità tra le provincie, ecc. Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, scorrendo i nomi degli autori di questa pubblicazione si può dire che il risultato era in qualche modo atteso, trattandosi indubbiamente dei più eminenti studiosi della materia, autori di altre numerose pubblicazioni di analogo argomento. Il primo aspetto, quello del periodo di tempo preso in considerazione rappresenta invece un contributo rilevante alla descrizione di un quadro di salute nella popolazione di una regione come la Toscana, per molti versi emblematica del "modello italiano" di salute. Quattro lustri sono un lasso di tempo sufficiente per osservare cambiamenti epocali nel quadro di patologie che hanno afflitto e affliggono la popolazione e dalle numerose tabelle e grafici di cui è ricca la pubblicazione emergono con grande evidenza fenomeni noti da molto tempo, maggiormente connotati a livello territoriale e nei loro limiti di incertezza statistica. Gli autori si astengono dal commentare le tabelle e i grafici proposti, lasciando al lettore l'interpretazione degli andamenti spazio-temporali dei fenomeni descritti. Una scelta di questo genere, comune a quasi tutti gli atlanti dedicati ai fenomeni della salute (incidenza di tumori, andamenti degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, ecc.), lascia sempre il dubbio sulla reale capacità dei lettori di cavarsela nel decifrare ciò che scorre sotto i loro occhi e, semmai, nel dare il giusto peso a differenze che talvolta appaiono difficili da apprezzare "a occhio nudo". 48 LETTERA ALLA SNOP Cari lettori, forse soci, forse abbonati, molti anonimi scrocconi, ho deciso di prendermi una lunga vacanza dalla SNOP, ma ovviamente non ho potuto prenderla dai molti problemi che mi inseguono da troppo tempo, anche nel nuovo millennio. Ho provato a stare in silenzio e devo dire che sono stata accontentata, anche perché le troppe voci che affollavano le mie giornate di lavoro e di casa (hai quel documento sulla coltivazione del cedro nella bassa-padana? Chi in Italia si occupa di rischio nella facitura degli zoccoli? Quale è il numero di telefono della ASL di Casamicciola? Puoi passare il tuo tempo “libero” a scrivere qualche pagina per mantenerci? E così via…) ma mano mi hanno dato per defunta (anche umanamente) e quindi … zero assoluto. Allora ho detto che nessuno aveva bisogno di me e questo mi ha tranquillizzato sino a che mi sono accorta che la mia intelligenza e la mia esperienza non mi bastava a vivere anche solo di questo bel lavoro che continua ad entusiasmarmi, nonostante le sberle e ci sono rimasta male. Ma i problemi restano e non solo quelli personali. Restano i problemi di CARTA 2000 dimenticata da tutti, di un federalismo che ci ha resi spaventosamente diseguali come cittadini e come operatori, del rischio di depenalizzazione, di esternalizzazione. Forse ci siamo innamorati troppo dell’ “essere istituzione” sempre, non solo nel lavoro quotidiano che ognuno di noi ha scelto e continua a scegliere ogni giorno, ma anche come associazione. Coordinamenti regionali, interregionali, nazionali, uffici, palazzi., enti… Dobbiamo fare un bilancio. Forse ci siamo innamorati in modo troppo acritico di una aziendalizzazione senza regole, senza principi e senza umanità. Volevo una associazione scientifica ma anche di lotta. Non avrei speso tante energie dal 1977 per nulla. Ricordiamoci il patrimonio di stima che SNOP (ancora) ha (quasi) ovunque e scusate l’immodestia “anche” per merito mio. Volevo una associazione magari più imprecisa nelle “evidenze” ma più vicina al mondo degli extracomunitari che non possono vaccinare i loro figli ma possono cadere in cantiere senza riconoscimento INAIL, più attenta a quello che bolle in pentola nel parlamento romano e nei tanti parlamenti regionali ieri ma soprattutto oggi, più capace di legarsi con il mondo che si è risvegliato, più capace di mobilitare le coscienze. Penso alla Lombardia (ovvero a quasi un sesto dell’Italia) il processo per la strage del Galeazzi in prima istanza ha assolto molti, il progetto Obiettivo che ne era nato è scomparso come risorse, la nuova legge federale certamente non sostiene la prevenzione… In questi anni molti tecnici (mi ricordo di una bella riunione di Firenze) hanno scelto la via dell’ispettore contro i medici, ma troppi medici hanno scelto di fare da loro “padroni”: produrre, fare, (e ve lo dice una vera e nota stakanovista del lavoro) senza sorrisi, senza risorse, senza quella seria leggerezza che ci fa umani. Un girotondo intorno alla SNOP? Una rivolta dei professori? Degli operatori? Oppure semplicemente ricominciare con le due gambe: la scienza e la politica? Lalla Bodini Rivista della società nazionale degli operatori della prevenzione SOMMARIO NUMERO 58/59 MARZO 2002 EDITORIALE Dedicato ai lettori di Luigi Salizzato CORSIVO Snop, alzati e cammina! di Giallolimone Come cambia un giornale di Alberto Baldasseroni OPINIONI Articolo I bis: comunicato dell'ufficio di poresidenza a cura della redazione Cronologia di un provvedimento legislativo di Domenico Taddeo Un dibattito difficile a cura della redazione Recepimento della direttiva sul rischio chimico DOSSIER EFFICACIA NELLA PREVENZIONE Guida ai servizi di prevenzione della Community Guide di Peter A. Briss Snop e il progetto EPB di Luigi Salizzato Trenta semplificazioni di Giorgio Ferigo La sfida è aperta di Domenico Taddeo CONTRIBUTI Nuovi flussi Inail di Claudio Calabresi Integrazione Arpa/Asl di Roberto Merloni La ricerca partecipata ai bisogni di salute di Mauro Palazzi Salute mentale di Maria Giuseppina Bosco e Silvana Salerno LE NOTIZIE Programma Snop 2002 a cura della redazione Premio Martignani a cura della redazione Le attività del Cpe di Domenico Taddeo Seminari a cura della redazione Interventi Inail di sostegno per la prevenzione di Claudio Calabresi I N POLTRONA Autoriz.Trib. di Milano n. 416 del 25/7/86 Direttore respons. Giancarlo D'Adda Direttore Alberto Baldasseroni Prog. grafico e disegni Roberto Maremmani Redaz. Milano, via Mellerio 2 I 6 sped. in abb. post art.2, comma 20/c L662/96 filiale Milano stampa:Tipografica Sociale - Monza Proprietà - Editore: Snop - Società Nazionale Operatori della Prevenzione Via Prospero Finzi, 15 20126 Milano 8 In copertina Canadian Lumbermen, di Frank Newbould, (1930), stampa su carta. Particolare. Newsnop I3 26 L'imperativo per la vita di Snop è stato quello di pensare al sofferto taglio di alcuni rami, ma il nostro boscaiolo canadese sta esagerando, non vi pare? Tutto l'albero? Beh, attenti signori, intere foreste stanno scomparendo e non dovete meravigliarvi se qualche boscaiolo, non canadese, sta forse pensando di tagliare l'albero che ci dà da mangiare. Ma una volta tagliati gli alberi e impoveriti i boschi dove andremo a cercare i funghi? Per adesso, i funghi, cercateli all'interno del numero. Avvio campagna nazionale sottoscrizione per finanziare lo sviluppo del sito web. Si possono inviare contributi per la rivista (articoli, notizie, lettere, ecc.) a • rivista @snop.it materiali per il web a [email protected] indirizzo del sito della nostra associazione 38 48 www.snop.it Abbonament'' ^ ! 2 (^ numeri € 25,82 per € 41,32 per otto numeri Tramite versamento postale c/c n. 36886208 SOCIETÀ NAZIONALE OPERATORI DELLA PREVENZIONEVia P. Finzi, 15 20126 MILANO Indicando la causale del versamento e l'indirizzo a cui spedire la rivista. Prezzo di un numero € 6,20 Dallo statuto SNOP Art l E costituita l'Associazione denominata "Società Nazionale Operatori della Prevenzione", in sigla SNOP, con finalità scientifiche e culturali. L'Associazione, in quanto ente non commerciale, si propone di: • sostenere l'impegno politico e culturale per lo sviluppo di un sistema integrato di prevenzione, finalizzato alla rimozione dei rischi e alla promozione della salute negli ambienti di vita e di lavoro, con particolare attenzione alla rete dei Servizi e Presidi pubblici; • promuovere conoscenze ed attività che sviluppino la prevenzione e la promozione della salute dei lavoratori e della popolazione in relazione ai rischi derivanti dallo stato dell'ambiente e dalle condizioni di vita e di lavoro; • favorire lo scambio di esperienze ed informazioni fra gli operatori ed il confronto sulla metodologia ed i contenuti dell'attività, per raggiungere l'omogeneità delle modalità di intervento perseguendo il miglioramento continuo di qualità • l'appropriatezza delle attività di prevenzione a livello nazionale; • promuovere il confronto e l'integrazione tra sistema di prevenzione pubblico e sistema di prevenzione delle impre- se; • promuovere un ampio confronto con le Istituzioni, le Forze Sociali e le altre Associazioni Scientifiche su questi temi; • diffondere l'informazione e la cultura della prevenzio- ne. L'Associazione non ha fini di lucro. DIRETTIVO SNOP MARZO 2002 REGIONE MARCHE Aldo Pettinari REGIONE EMILIA ROMAGNA Luigi Salizzato (presidente SNOP) Dipart. di Sanità Pubblicavia Moretti 99 47023 Cesena FO tel 0547.352083/70 fax 0547.304719 luigi.salizzato @snop.it Aligi Gardini (segretario regionale) Dipartimento di Prevenzione via della Rocca 19 47100 FORLÌ tel 0543-733556 fax 0543-733501 [email protected] [email protected] REGIONE LOMBARDIA Massimo Stroppa CdF ASL Milano Provincia 2 20077 Melegnano MI tel 02.98058523 fax 02.98231215 [email protected] Enrico Cigada (tesoriere, webmaster) ARPA Monza via Oslavia I 20099 Sesto S.Giovanni MI tel 02.24982725 fax 02.26223083 [email protected] [email protected] REGIONE PIEMONTE VALLE D'AOSTA Andrea Dotti (vicepresidente SNOP tesoriere CPE) SPreSAL ASL 7 Chivasso via Regio Parco 64 10036 Settimo T.se TO tel 01 1.8212335 fax dir 01 1.8212300 segr. 323 [email protected] REGIONE VENETO Manuela Peruzzi (segretario regionale) SPISAL ULSS 20 Verona via Salvo D'Acquisto n. 7 Palazzo della Sanità 37134 VERONA tel. 045.8075045 fax 045.8075017 [email protected] Celestino Piz (vicepresidente SNOP e presidente CPE) SPISAL ULSS 6 via IV Novembre 46 36100 VICENZA tel. 0444.992213 fax 0444.511127 [email protected] REGIONE LIGURIA Claudio Calabresi I NAIL via D'Annunzio 76 16121 GENOVA tel. 010.546325 I [email protected] REGIONE TOSCANA Alberto Baldasseroni (coord. redazione rivista SNOP) Unità di epidemiologia ASL Firenze via Michelangelo 41 50125 FIRENZE tel 055.6577400 fax 055.6577414 [email protected] [email protected] Domenico Taddeo (segretario CPE) UO Pisll zona Valdera ASL 5 Pisa via Fantozzi 2/A 52025 Pontedera PI tel 0587.273662 fax 0587.273660 [email protected] (segretario regionale) ASL 4 via Cavallotti 4 60019 Senigallia AN tel 071.7909316 fax 071.7909319 [email protected] [email protected] REGIONE PUGLIA Domenico Spinazzola (segretario regionale) ASL BA 2 Via Cavour 19 70051 Barletta BA tel 0883.57792 I fax 0883.577908 [email protected] Fulvio Longo (vicepresidente SNOP) ASL BA 5 via Lapenna 39 70010 Casamassima BA tel 080.4050545 fax 080.4050545 [email protected] REGIONE CAMPANIA Giovanni Lama (segretario regionale) Dipartimento Igiene e Medicina del Lavoro ASL Caserta 2 via Linguidi 54 81031 Aversa CE tel 081.5001327 fax 081.5001327 0823.812355 [email protected] • REGIONE MOLISE Nicola Ricci (segretario regionale) Direzione Sanitaria ASL Benevento tel 0874.409861/864 [email protected] REGIONE ABRUZZO Annamaria Di Giammarco Ufficio TSL ASL Pescara piazza della Stazione I 65020 Alanno PE tel 085.8542995 fax 085.8543800 [email protected] RIFERIMENTI NAZIONALI Consulta Interassociativa Italiana per la Prevenzione Emilio Volturo (vicepresidente CIIP) CdF ASL Milano Provincia 2 20077 Melegnano MI tel 02.980584 25/53 fax 02.9823125I [email protected] Evidence Based Prevention Alberto Baldasseroni Aligi Gardini Consulta Nazionale Tabagismo Mauro Palazzi Dipart. di Sanità Pubblica via Moretti 99 47023 Cesena FO tel 0547.352083 fax 0547.304719 [email protected] Arpa Anpa Enrico Cigada Roberto Merloni ARPA ER Sezione Prov. Rimini Via Gambalunga 83 47037 RIMINI tel 0547.367274 fax 0541.367275 [email protected] Prevenzione nei Luoghi di Lavoro e CPE (Comitato Permanente Europeo) Celestino PIZ Andrea Dotti • Domenico Taddeo PROFEA - Regioni Programma di Formazione in Epidemiologia Applicata Luigi Salizzato (Comitato scientifico e didattico) Premio "Alessandro Martignani" Luigi Salizzato (Segreteria del premio) Progetti INAIL artt. 21/22 del D.Lgs 626/94 Emilio Cipriani SPISAL USL 22 Via E. Boario 28 37012 Bussolengo VR tel 045.6769445/408 fax 045.6769457 [email protected]