n15
Anno 2011
Nov.-Dic.
Periodico bimestrale · “Poste Italiane SpA - Spediz. abb. post. - 70% Aut.: CBPA-SUD/CS/240/2009” val. dal 21/07/09
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Ferdinando Tarzia
La forza del cuore
L’
anno appena finito non è stato dei migliori.
Ed anche le prospettive immediate non è che siano confortanti.
Vi è un tutto di varie provenienze che sovrasta il mondo produttivo con effetti
negativi e vi è uno specifico non meno preoccupante che è riferito alle varie zone.
Le misure governative di recente adottate, e quelle che verranno, sembrano
dirette a sacrifici da cui ripartire, anche se le previsioni di crescita si presentano
ancora nebulose e comunque differenziate tra nord e sud.
Come sempre, d’altronde, per le note cause che caratterizzano il nostro
ambiente,.
Si avverte però la consapevolezza che il modo di amministrare deve essere
rivisto, attraverso un utilizzo razionale delle risorse economiche.
Certamente nel privato ma specialmente nella amministrazione pubblica e
quindi smuovere ciò che sempre è stato immanente, anche nell’immaginario
collettivo.
Un esempio. La diminuizione delle entrate delle amministrazioni pubbliche
locali hanno provocato reazioni e proteste, ma poi ci si è dovuto accorgere che
occorre una nuova dinamica organizzativa ormai lontana da quella inveterata che
ravvisava normale un risultato di bilancio negativo, in quanto pubblico.
Un’acquiescenza allargata e colpevole, agli occhi di oggi, ma che ha
caratterizzato un andazzo per decenni, senza nessuno sbocco di promozione sociale
che non fosse la politica di sistemazione dei posti di lavoro.
Tale accenno esemplifica quanta nuova forza è richiesta per per poter affrontare
il disagio su diversi fronti che si avverte rispetto ad altre zone.
Un maggiore senso del dovere amministrativo da parte pubblica ed un affermarsi
della coscienza civile nel privato debbono accompagnare lo sforzo e l’impegno
richiesto ai cittadini.
La nostra società ha sempre conosciuto ristrettezze e sacrifici, sopportati
talvolta con rassegnazione, ma ha utilizzato un bene ancora molto vivo e sentito
quale è l’amore per la famiglia e l’amicizia.
Un’amica calabrese che vive in Toscana dice che è inevitabile il confronto con
altre realtà meglio organizzate, ma che poi trova impossibile rinunciare a quel
modo di vivere pieno di persone legate tra loro con un forte interesse reciproco, che
chi sta altrove vede benissimo e che trova molto,molto speciale
Oggi questo bene può essere maggiormente utilizzato in senso collettivo,
estendendo interesse e solidarietà nel proprio ambiente e in ogni manifestazione
sociale, con lo scopo di migliorare il nostro vivere comune perché valga contro
interessi criminali e collegati, ingiustizia ed inefficienza.
Nei nostri programmi di sviluppo sarà bene tenerne conto valorizzando meglio,
a tutti i livelli, la nostra qualità.
3
150º
Quali cambiamenti
profondi,
quali dinamiche,
quali interventi strutturali,
hanno portato
allo stato delle cose?
Massimo Veltri *
N
el mese di agosto del 1961, cin- opolitico strategico e quindi delicato; e il partito comuquant’anni fa, mi recai giovinetto a To- nista più forte d’occidente dove lo mettiamo? rino, dopo un breve passaggio a Bordighera e a San Remo, per il matrimonio d’un
parente, emigrato. Visitai Strambino, Ivrea, la Fiat, il
Valentino, la Mole. Juventino lo ero già. Era, all’epoca, il viaggio più lungo che avessi fatto. Era il centenario dell’Unità d’Italia e Torino era sobriamente pavesata, in festa, per l’occasione. Mi portarono, ricordo, al Museo Egizio e alla sede del primo parlamento
italiano: quei velluti, quel rosso, quell’austerità, molto mi colpirono. Come pure il caffè dove Cavour lavorava. L’evento era però Torino ‘61. Uno spazio molto
grande con padiglioni, mostre, la monorotaia, il circarama, questa specie di cinematografo a 360 gradi con
tanto di occhiali utili a una visione corretta dei filmati. Una specie di lunapark, in un’italietta da quindici
anni uscita dal fascismo e dalla guerra, l’anno prima
c’erano state le Olimpiadi a Roma, s’avvertivano i segnali del boom che da lì a poco avrebbe attraversato il
paese. Un Italia povera, sobria, raccolta, con i calabresi, insieme ai tanti altri di tante altre regioni, chiamati dal bisogno nel triangolo industriale, ammucchiati
in enormi e decadenti caseggiati a schiera, guardati,
almeno, con il naso all’insù.
Son tornato di recente, a Torino. E le piazze, i monumenti, i palazzi mostravano bandiere tricolore, corolle di fiori, motivi di addobbo legati alla repubblica
unitaria. In un territorio ora in preda a convulsioni legiste, in cui l’operaio fiat pare svaporato, Pavese, Einaudi, Gramsci, Gobetti sono ombre fantasmatiche.
Che cosa è successo, in centocinquanta anni, e negli
ultimi cinquanta in particolare, al nostro paese, al mezzogiorno, alla Calabria? Quali cambiamenti profondi, quali dinamiche, quali interventi strutturali, hanno
portato allo stato delle cose, con una spaccatura profonda fra le parti dell’Italia, la perdita di un senso d’appartenenza unitario ch’era alla base della nostra convivenza civile, le incertezze, le paure, provocate da un mondo globalizzato, sempre più povero, sempre più eterodiretto? Davver basta dire che la politica è solo emanazione dei mercati, ormai? E’ sufficiente cavarsela con:
Italia-sede del Papato; e: siamo una repubblica giovane;
e ancora: la collocazione nel Mediterraneo - con decenni di guerra fredda, poi... - ci identifica come snodo ge-
4
Intendiamoci: tutto questo, e altro ancora, c’entra,
c’entra, eccome, ma io ritengo che nel contempo siano intervenute presenze, e assenze, che hanno distorto
il senso delle cose. Una politica onnivora, una questione meridionale irrisolta, l’insorgere, simmetrico, della
questione settentrionale..., un non sapere, non volere
elaborare con nettezza e schiettezza la storia che avevamo alle spalle, una vocazione antropologica, ma non
per questo immodificabile, al compromesso, all’inciucio, e da noi all’indolenza, all’attendismo, al fatalismo,
all’omertà. Prendiamo come casi paradigmatici la reazione alla Lega e il riinnamoramento borbonico. La Lega sappiamo bene che cose esprime e che cosa persegue. Ma alla Lega non si è, nei fatti, in grado di rispondere altro se non: Veniamo da civiltà millenarie mentre
voi stavate sulle palafitte; oppure: Le risorse che avete voi vi permettono d’ingrassare, ah... se le avessimo
noi... Mai una riflessione sul come li spendiamo, i milioni a disposizione; sul nostro deficit di intrapresa e di
protagonismo; sulla qualità delle cose che facciamo e
proponiamo.
I Borboni: lunga, tesa, è stata la discussione sul fatto ch’era meglio se rimaneva il re di Napoli, centocinquanta anni fa. Che si stava meglio allora; che i sabaudi ci hanno fatto a pezzi. Con elementi storici che attingono in parte alla realtà delle cose, ma solo in parte,
mentre tutto confluisce in quella deleteria cultura meridionalista connotata quasi esclusivamente dal rivendicazionismo, e basta.
Parlare oggi, con un devastante attacco all’economia nazionale, con un governo che s’è dovuto affidare
in mano a tecnici, stante la crisi, speriamo non irreversibile, della politica in Italia, di nuove condizioni per il
sud, di invitare a scrivere nuove pagine d’un meridionalismo responsabile..., può apparire in qualche misura
eccentrico o addirittura secondario rispetto alle urgenze del momento. Ma a parer mio non lo è: il paese risorge se è unito, risorge dal basso, risorge con il contributo di tutte le parti del suo corpo sociale, e risorge se l’intelighenzia esce dall’afasia e non abdica al suo ruolo.
* Professore ordinario di Idraulica, Presidente Nazionale
dell’Associazione Idrotecnica Italiana
dissesto idrogeologico
Il dissesto
idrogeologico del
nostro territorio
continua a
provocare
disastri con
conseguenze
gravi in termini
di vite umane,
distruzione di
case e strade,
sconvolgimenti
della vita e
dell’economia di
interi paesi.
Alluvioni
politica
di gestione
del territorio
Ci siamo
interessati
dell’argomento
con vari articoli
e continuiamo a
farlo dando voce
a valutazioni,
giudizi e analisi
di accademici,
tecnici e
professionisti del
settore
N.d.D.
Q
uando un ciabattino, dopo aver professionalmente corretto la riproduzione di una scarpa in
un dipinto di Apelle, volle spingersi ad altre considerazioni sul resto del dipinto, il grande pittore lo ammonì dicendo:
Ne supra crepidam sutor indicaret
(che il calzolaio non giudichi su qualcosa al di sopra
della calzatura)
Questo episodio mi torna in mente quando sempre più
frequentemente sono costretto ad assistere in televisione
e non solo alle dissertazioni sull’idraulica fluviale di altri
colleghi tecnici, specialmente geologi.
Probabilmente i giornalisti che li intervistano hanno a
disposizione una lunga lista di tecnici pronti alla bisogna,
ma ciò non toglie che se parlano di alluvioni dovrebbero
possedere esperienza e strumenti tecnici professionali del
tutto assenti nei loro corsi universitari. Essi, peraltro, suscitano anche le lamentele di colleghi specializzati in geologia applicata, i quali lavorando a stretto contatto con gli
ingegneri, sono abituati in un fecondo lavoro interdisciplinare rispettoso delle competenze.
Trattare di alluvioni, in realtà, richiede conoscenze legate a tante altre discipline ingegneristiche connotate da
una basilare preparazione matematica, a volte anche di
complessa impostazione.
Il Corriere della Sera in data 25 Novembre 2011 parla
Giuseppe Frega *
di un pianista, al sud, consulente sulle frane. Forse il Corriere della Sera non sa che in Calabria si irride di norma al
dilettantismo, in campi non propri, dei “musicanti”.
Gli eventi catastrofici che hanno come protagonista
l’acqua non sono soltanto eccezionali, perché hanno addirittura segnato la vita e la mentalità dei calabresi.
Alvaro e Perri, Strati e Gambino, meridionalisti come
Nitti, studiosi come Isnardi e Lambi, storici e antropologi,
il folklore e le tradizioni orali si sono occupati dell’eccesso
o la carenza delle acque, la siccità, le piogge improvvise, i
piccoli torrenti che diventano mostri perfidi, gli sbalzi climatici, ecc. Questi fenomeni naturali hanno segnato l’organizzazione dello spazio, l’economia, le culture e la religiosità delle popolazioni.
L’assetto del territorio calabrese è praticamente fragile
ed esposto ai pericoli di dissesto(1) e di eventi catastrofici.
Ma gli effetti di questa fragilità sono esasperati da una
politica di gestione del territorio totalmente dissennata,
per alcuni versi dolosa e per altri incompetente.
Per le alluvioni ormai va resa operativa l’amplificazione dell’alveo fluviale con le aree di pertinenza fluviale attraverso un presidio costante del territorio attraverso azioni di polizia idraulica.
Si deve inoltre recuperare la cultura della manutenzione ordinaria.
Gli interventi strutturali, da taluni definiti anche ingegneristici, consistono nelle sistemazioni idrauliche. Il loro
ruolo nella manutenzione del territorio, può essere determinante nell’ambito di un piccolo bacino idrografico, dove più stretto è il rapporto di interazione fra alveo e ver>>>
Nota 1 Forse è proprio l’abuso del termine improprio “dissesto idrogeologico” a spingere i giornalisti generalisti a far capo prioritariamente ai
geologi quando si verificano le alluvioni. Però è stato coniato ora un nuovo termine “dissesto geoidrologico” nel quale prevalendo per lunghezza
di lettere l’idrologia potrebbe essere favorito l’ingresso degli idrologi in
interviste di vario tipo.
5
dissesto idrogeologico
>>>
santi. In questa logica la costruzione di briglie, contrariamente a diffuse opinioni superficiali che l’avversano, genera ambiti di stabilità dell’ecosistema con il ritorno della vegetazione nelle zone in dissesto, con l’attivazione della pedogenesi, con l’aumento della capacità di infiltrazione nel
suolo, con la ricomparsa della fauna. Inoltre le briglie, come altre sistemazioni idraulico-forestali, sono sinergiche
sia con le sistemazioni fluviali sia con le opere di stabilizzazione dei versanti.
Pertanto tali sistemazioni devono essere eseguite in
modo coordinato, con visione unitaria. Circa il criterio da
seguire nella scansione cronologica dei lavori, se dare cioè
precedenza ai lavori sul bacino di raccolta o sull’asta del
torrente, si sono riscontrate, specie nel passato, due tendenze volte a favorire o l’aspetto prevalentemente biologico o quello ingegneristico. Secondo la tendenza di carattere biologico dovrebbe essere data precedenza assoluta ai
lavori di sistemazione forestale con particolare riguardo ai
versanti ed al loro rimboschimento. Solo nel caso di insuccesso di quest’azione si procederà alla costruzione di opere murarie o di briglie.
Nella logica ingegneristica, invece, partendo dal concetto che la dinamica del corso d’acqua è essenzialmente legata alle sue caratteristiche idrologiche e geomorfologiche, si dovrebbe eseguire dapprima la sistemazione del-
le frane e delle zone in dissesto del bacino idrografico e,
contemporaneamente la sistemazione dell’asta del torrente, da cui spesso prendono origine le frane. Solo dopo aver
sistemato in tal modo il bacino idrografico si darebbe inizio al rimboschimento dei versanti.
L’applicazione rigida dell’uno o dell’altro dei due criteri suindicati non di rado ha impedito di ottenere i migliori
risultati, quando non ha portato addirittura all’insuccesso
della sistemazione.
Oggi sembra prevalere il criterio secondo cui ogni bacino idrografico rappresenta un’entità con caratteri propri,
con caratteristiche particolari, per cui la priorità dei lavori
dovrà essere stabilita di volta in volta, con una conseguente gradazione dei lavori nel tempo e nello spazio su basi logiche e funzionali.
Solo così sara raggiunto l’obiettivo di mantenere, sia
pure artificialmente, uno stato di discreto equilibrio nel
bacino idrografico complessivo e non solo in quello montano, dove in prevalenza le sistemazioni idraulico-forestali
sono localizzate. È importante, per il fine che si vuole così
raggiungere, una continua osservazione degli effetti che i
lavori eseguiti provocano anche lontano.
* Presidente dell’Associazione Idrotecnica Italiana
Sezione Calabria
Dissesto
idrogeologico:
fatalità
o altro?
O
rmai, a qualche settimana dai dolorosi
eventi verificatisi, vanno ribadite e precisate alcune questioni che ritengo centrali
e intorno alle quali, se non si manifesta
una immediata presa di coscienza con conseguente svolta
sulle politiche di gestione del territorio, non è pensabile
avviare una reale cesura col passato.
Il rischio idrogeologico in Italia esiste ed è alto; secondo i dati della Protezione civile, i Comuni a rischio
idrogeologico sono circa il 70% del totale. Regioni co-
6
Giancarlo Principato *
me la Calabria, la Valle d’Aosta e l’Umbria hanno circa
il 100% dei Comuni a rischio. Insomma, siamo il paese
delle catastrofi potenziali.
Ma la natura del nostro paese è quella e non si può
cambiare: al massimo si può provare a governarla.
E qui sorgono i problemi. Perché quel che manca è
la prevenzione. Una concreta politica di gestione, manutenzione e messa in sicurezza dell’esistente c’è solo sulla carta. In montagna la manutenzione è andata a farsi
benedire a causa dello spopolamento che c’è stato nel
tempo.
L’elenco impietoso degli eventi catastrofici verificatisi
ad oggi ed il relativo numero di vittime ci dice che finché
dissesto idrogeologico
Frana di Maierato (CZ)
la gestione del territorio non diventa una vera e strategica priorità nazionale si continuerà a finanziare esclusivamente le emergenze e gli indennizzi post-calamità.
Nasce qui la consapevolezza dei ritardi e delle difficoltà di applicazione della “Legge quadro sulla difesa del
suolo” che, emanata nel 1989, è stata, ad oggi, caratterizzata da ritardi e lunghi tempi morti che “di fatto” hanno
finito con renderne poco evidente e tangibile la grande
portata.
Quello che sta caratterizzando la legge in questione è
che viene riportata alla ribalta solo in occasione dei disastri che continuano a verificarsi.
Ma a nulla servono i rimedi tecnici se non c’è la volontà politica di finanziarli e se manca un cambiamento
culturale nel concepire lo sfruttamento del territorio.
Nel novembre 2010 il Ministro dell’Ambiente rivendicava un piano straordinario per combattere il dissesto
idrogeologico.
Due miliardi circa per mettere in sicurezza un paese
martoriato dall’abusivismo e dall’incuria.
Purtroppo il piano annunciato non è mai decollato,
come ha avuto modo di dire lo stesso Ministro Prestigiacomo qualche giorno dopo l’alluvione delle Cinque
Terre.
Inoltre, è opportuno evidenziare che negli ultimi 4
anni gli stanziamenti ordinari del Ministero Ambiente
relativi al dissesto idrogeologico sono passati da 550,6
milioni di euro nel 2008 a 408 nel 2009 per scendere a
147 nel 2010 e a 83,9 nel 2011.
Un taglio di circa l’85% perpetrato senza incontrare
decise opposizioni e registrando l’indifferenza di Stato e
Regioni e l’ignavia delle Amministrazioni Comunali, responsabili di Piani Regolatori con previsioni di interventi
di espansione indiscriminate e spesso caratterizzate da
lucrose variazioni di destinazione d’uso e di permissività
di cui in alcuni casi non ci si riesce a rendere conto.
Eppure Uffici Tecnici e Sindaci, sono quelli che dovrebbero conoscere bene il territorio e relative problematicità e sono quelli cui spetterebbe far rispettare le leggi
che ci sono. Purtroppo, in alcuni casi, sono proprio loro
ad avere più difficoltà nel rifiutare un’autorizzazione, un
permesso di edificabilità, un cambio al Piano Regolatore.
Allo stesso tempo sono anche i primi a chiudere l’occhio
sull’abuso quotidiano: sulla casa costruita sulla frana o
alle falde del vulcano, sul campeggio nell’alveo del fiume.
Vittime e carnefici, fino a che punto inconsapevoli non si
sa. Perché i paesi sono piccoli, e dire no non sempre paga
in termini elettorali.
Il bilancio dei danni delle ultime inondazioni, dalla
colata di acqua e fango che ha travolto nell’ottobre 2009
Giampilieri e Scaletta Zanclea (Messina) agli ultimi eventi in Lunigiara e nella provincia di La Spezia, a Messina
ancora e in Calabria, secondo Legambiente, sarebbe di
circa 640 milioni di euro, ovvero 875 mila euro al giorno,
cifre che debbono far riflettere.
Quando si parla di pericoli probabili, di previsioni
preoccupanti non sono invenzioni.
Sono i geologi che ci avvertono, gli idraulici esperti
di idrologia, gli scienziati veri, quelli che studiano e ricercano, non quelli che vanno in televisione disposti a
raccontare le più improbabili storielle pur di svendere la
propria scienza per un po’ di popolarità e/o altro.
Probabilmente quanto si registra è dovuto ad una gestione sbagliata del territorio, alla scarsa considerazione
delle aree considerate a elevato rischio idrogeologico, a
permessi di costruire rilasciati illegittimamente in suddette aree, mancata predisposizione di adeguati sistemi
di allertamento e piani di emergenza per mettere in salvo
la popolazione; tutto ciò insieme ad un territorio che non
è più in grado di ricevere precipitazioni così intense. Si
pensi che, per quanto concerne i dati meteo del 25 e 26
ottobre relativi a Cinque Terre e Lunigiana, ci si è trovati
di fronte ad una perturbazione durata complessivamente
30 ore ma che ha avuto una fase acuta di otto ore tra le
11,00 e le 19,00 del 25 ottobre e con una cadenza tipica
di una tempesta tropicale.
>>>
7
>>>
dissesto idrogeologico
Il volume d’acqua transitato alla foce del Magra è stato
di 150.000.000 di metri cubi contro i 4.320.000 abituali,
ossia circa trenta volte superiore alla norma.
La precipitazione massima caduta in 6 ore sulle Cinque Terre è pari a circa un terzo della media annuale.
Tutto ciò ha certamente dello straordinario con cui dobbiamo cominciare a fare i conti.
Ma un paese non può specializzarsi nelle emergenze.
Deve anche imparare a gestire il quotidiano. Sfida difficile ma che si può vincere.
Si pensi che fino a trent’anni fa la protezione civile
non esisteva e nei terremoti e nei disastri le perdite erano
assai maggiori.
Se abbiamo fatto moltissimo sul piano dell’organizzazione e della gestione dell’emergenza e la nostra
protezione civile è diventata la più esperta al mondo,
ciò è avvenuto perchè lo Stato ha creduto e investito in
quell’ambito, non si capisce perchè non si debba fare lo
stesso nel campo della prevenzione e dell’educazione.
La politica dovrebbe adoperarsi perchè i cittadini siano sempre più consapevoli relativamente alla salvaguardia del territorio. Avviare grandi campagne di sensibilizzazione. Io credo che una moderna gestione del territo-
rio, collegata allo sviluppo sostenibile, non è certo una
richiesta che possa appartenere più a una componente
politica che ad altre; essa deve avere, innanzitutto, il valore di una chiara scelta di civiltà, perché rispondente
agli interessi reali non solo delle popolazioni di oggi, ma
anche di quelle di domani.
Ma il problema non è solo economico, a parer mio, la
cosa fondamentale è stabilire in modo preciso “chi deve
fare” e “che cosa deve fare”, spesso ci si trova in presenza
di incomprensibili sovrapposizioni di competenze e/o in
alcuni casi alla mancanza totale di competenze specifiche.
In conclusione si può dire che il superamento di conflitti e confusioni di competenze, il passaggio dalla pratica dell’intervento straordinario a quello della manutenzione ordinaria, attenta e mirata, potranno migliorare la
tenuta del territorio e soprattutto la capacità di usarlo,
abitarlo e viverlo con la necessaria intelligenza, conoscenza e rispetto delle caratteristiche naturali.
Solo così si potrà avere una riduzione dei rischi ma
non certamente un loro annullamento.
* Professore Associato Facoltà di Ingegneria - UNICAL
Reggio Calabria
come Genova
Disastri alluvionali - analogie
geoformologiche
I
recenti disastri alluvionali al nord come al sud sono motivo di riflessione sui problemi connaturati alla “storia delle popolazioni”. Va premesso che
il territorio italiano, segnatamente quello calabrese, ha catene montuose in rapido sollevamento e pertanto
in forte erosione. I corsi d’acqua, in particolare le fiumare, sono ancora alla ricerca del loro profilo d’equilibrio. Le
pianure alluvionali, specialmente quelle costiere ancora in
subsidenza, hanno bisogno di continui apporti di sedimenti da parte dei fiumi per non essere nuovamente sommerse. A tal proposito è bene rammentare che:
a) la linea di costa non è un limite immutabile fra terra e
mare, ma è solo un temporaneo momento di un delicato equilibrio tra processi geomorfologici di erosione e
di sedimentazione;
8
Alessandro Guerricchio *
b) esiste un’ incalcolabile, poderosa e terribile energia nel
sottosuolo che si scarica di continuo sotto forma di attività vulcanica e di terremoti, e con superficialità si è
edificato in aree ad alto rischio sismico: città ampliate oltre ogni cautela e lungimiranza, invadendo le pianure periodicamente minacciate dalle piene dei corsi
d’acqua che hanno rotto gli argini innaturali nei quali
sono stati intrappolati;
c) quartieri e infrastrutture ricadono su corpi di frane antiche ed in atto;
d) vaste aree, strappate al mare e da questo minacciate,
un tempo utilizzate ad uso agricolo, sono ora sedi di alberghi e residence, allineati per chilometri lungo le fasce costiere.
Le immagini satellitari dei bacini idrografici dei Torrenti Bisagno e Polcevera, alle cui foci si è sviluppata la
città di Genova e di quelli delle Fiumare S. Agata, Calopinace e dell’Annunziata, i cui coni di deiezione nella fascia
costiera, amalgamatisi ormai in un unico esteso elemento
dissesto idrogeologico
geografico, sono da tempo totalmente occupati dalla città di Reggio Calabria, evidenziano analogie geomorfologiche tra i due territori, divenendo
emblematici della generalità di situazioni antropizzate del bel Paese (Figg.
1 e 2). Ciò induce a considerare che
non è sempre la Natura che ostacola l’
Uomo nel suo progresso, ma è lo stesso essere umano che cerca di giustificare il suo scriteriato uso del territorio attribuendo le “catastrofi naturali”
ad una Natura “matrigna”.
Quale studioso da oltre un cinquantennio e quindi esperto della natura geologica del nostro Paese, sono spinto a considerarne i mutamenti nell’arco anche di poche generazioni, dovuti ai processi geodinamici,
quali terremoti, frane, alluvioni, subsidenze, ecc.. Ho potuto sperimentare, pertanto, che sono i comportamenti usuali degli stessi esseri umani
il motivo principale dei cosiddetti “disastri ambientali”. In effetti, dove non
c’è una scriteriata antropizzazione del
suolo i “disastri naturali” sono limitati o del tutto ininfluenti. Gli errori ormai irreversibili commessi dagli uomini sono evidenti ancor più da quanti siano riusciti a scampare drammaticamente a un’alluvione, salvandosi
malgrado l’ubicazione delle loro abitazioni in aree golenali di sola “appartenenza” fluviale, od anche negli spazi
strappati a versanti instabili, o in aree
costiere di pertinenza marina. La popolazione, d’altra parte, del tutto impreparata a far fronte agli eventi naturali “eccezionali”, fa cieco e totale affidamento su quanto realizzato da tecnici esperti a protezione della loro incolumità e della sicurezza delle loro
case.
Eppure basterebbe solo il buon
senso e una minima capacità di osservazione, percorrendo i corsi d’acqua dalle sorgenti alle foci, per comprendere che i disastri sono preparati
dagli stessi uomini. Troppe sono, infatti, le costruzioni, di qualsiasi tipologia, a forte rischio di essere travolte o allagate dalle piene dei medesimi
corsi d’acqua man mano che si proceda verso le pianure alluvionali, come
nei casi delle due città, del nord e del
sud, succitate (Figg. 1 e 2); tanto più
ai giorni nostri, allorchè è ormai chiaro che gli eventi metereologici “ecce>>>
Fig. 1. Immagine satellitare Google (le altezze del rilievo sono esaltate 3 volte) dei vasti bacini idrografici dei torrenti Bisagno e Polcevera, alle cui foci e nei cui alvei, oggi
in parte tombati, è andata sviluppandosi la città di Genova. E’ intuibile la condizione idraulica molto delicata di tutti i quartieri ricadenti nell’area golenale di tali corsi
d’acqua, in cui convergono pure tutte le acque dei vari tributari (frecce blu), per gran
parte “cementati” dalla recente espansione edilizia. Durante le mareggiate, poi, possono verificarsi fenomeni di rigurgito verso monte delle acque defluenti alle foci dei
corsi d’acqua (freccia rossa), ostacolate dalle forze marine di verso opposto.
Fig. 2. Immagine satellitare Google dell’abitato di Reggio Calabria che sorge nell’ampio conoide di deiezione formatosi alle foci degli estesi bacini idrografici delle fiumare S. Agata, Calopinace e dell’Annunziata, i cui alvei sono oggi in gran parte tombati.
Persino una pista aeroportuale (destra foto in basso) scavalca il Calopinace. Le frecce
blu schematizzano i percorsi idrici, dall’Aspromonte e dai versanti, convergenti verso le aree edificate. E’ intuibile, al pari della situazione di Genova, la condizione molto precaria di tutti i quartieri ricadenti nelle aree golenali “cementate” dalla più recente espansione edilizia Durante le mareggiate, poi, possono verificarsi fenomeni di
rigurgito verso monte delle acque fluviali causati dalle forze contrastanti marine, di
verso opposto a quello delle prime (frecce rosse).
9
>>>
dissesto idrogeologico
zionali” di un tempo sono ormai la norma. La furia delle
acque non si potrà evitare o minimizzare con operazioni
della pur necessaria “pulizia degli alvei”, troppo spesso invocate quali soluzioni dai disastri alluvionali. A tal proposito ci si chiede spesso, assistendo a talune interviste televisive, se gli “esperti”, chiamati a esprimersi su certi eventi naturali disastrosi, abbiano una reale contezza della Forza della Natura, se abbiano mai osservato attentamente, in
diretta, le gigantesche portate d’acqua che i fiumi scaricano a valle e con quale velocità, allorchè dichiarano che per
incuria non sono state eseguite le suddette “operazioni di
pulizia degli alvei”, ecc., quasi che la causa dei disastri sia
determinata da tale incuria e non piuttosto dalle richiamate Forze della Natura.
Si deve, pertanto, amaramente concludere che si è pervenuti nel corso del tempo, incuranti di qualsiasi avvertimento, a condizioni ambientali di irreversibilità, di non ritorno. Nelle due citate città del nord e del sud, emblematiche delle realizzazioni di opere di ogni genere ed in qua-
lunque parte del loro territorio, è arduo pensare, ormai,
ad interventi che ridiano “respiro” al naturale deflusso dei
fiumi in caso di piena, o alla protezione da eventi franosi
rapidi ed imponenti, o ancora da mareggiate. Bisognerebbe, infatti, eseguire lavori che risulterebbero, oltre che costosissimi, anche molto impopolari, fin dalla eliminazione
di tutte le opere per “tombare” i corsi d’acqua, abbattendo
contestualmente anche i numerosissimi edifici realizzati
nelle stesse aree golenali, ecc.. Interventi questi praticamente irrealizzabili, come è fin troppo ovvio. E patetiche
e inutili suonano le pur doverose esortazioni sulla prevenzione, da parte di chi ci guida, all’alba dell’ennesimo “disastro ambientale”, che ha pure provocato lutti, enfatizzate
anche dai mezzi di comunicazione tutti.
Del resto il “progresso” ti richiede un prezzo!
(*) Già Professore Ordinario
di Geologia Applicata presso
la Facoltà d’Ingegneria
Frane
monitoraggio
avanzato
Carlo Tansi *
Il sistema CNR-AMAMiR
G
li eventi alluvionali negli ultimi tre anni hanno
martoriato il territorio del nostro Paese e quello calabrese in particolare, segnando e lasciando pesanti ferite sia al Nord, come al Centro e al
Sud, creando danni incalcolabili nell’economia delle Istituzioni pubbliche, degli Enti locali, come nei cittadini che
ne sono stati coinvolti.
La Calabria ciclicamente, nell’arco della sua storia geologica, ha vissuto e subito eventi alluvionali e dissesti idrogeologici di piccola, media e grossa consistenza, caratterizzando e cambiando, per molteplici aspetti, anche il sistema di vita sociale delle comunità coinvolte, a causa delle deformazioni degli edifici e delle infrastrutture viarie,
per non parlare dei danni economici.
Nella nostra Regione, insomma, prende corpo sempre più la consapevolezza che bisogna essere più incisivi
10
in materia di monitoraggio, ricerca e protezione idrogeologica, materie queste affrontate e tenute sotto osservazione dal sistema universitario e dall’IRPI – CNR, utilizzando
sofisticate apparecchiature ad alta tecnologia. E’ il caso del
sistema di monitoraggio avanzato delle frane CNR AMAMiR - Azioni di Monitoraggio Avanzato per la Mitigazione
del Rischio Idrogeologico.
Il progetto è stato avviato alla luce di una convenzione stipulata tra il CNR-IRPI Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica ed il Comune di San Martino di Finita (CS), il cui centro storico rappresenta uno tra gli abitati, in Italia, più esposti al rischio idrogeologico, poiché ricade quasi interamente in un vasto movimento franoso del
quale si hanno notizie già dai primi del ‘900, classificato
dall’Autorità di Bacino Calabria “R4”, cioè a “rischio molto elevato”, dove la stessa Autorità indica pericolo di perdita di vite umane.
dissesto idrogeologico
Il sistema utilizza a pieno gli ultimi sviluppi della tecnologia, tra i quali sofisticati software di analisi consentendo il monitoraggio in continuo delle frane, ovvero
istante per istante permette di tenere sotto
controllo e di restituire in tempo reale su
un sito internet, tutti i parametri che influenzano la stabilità dei versanti in frana
ed i relativi spostamenti, facendo percepire i segni che preannunciano i franamenti, come le deformazioni di edifici e di infrastrutture, o di misurare le deformazioni
nel sottosuolo delle frane, o di misurare il
grado di saturazione dei terreni.
In sostanza tale apparecchiatura fornisce agli addetti-ai-lavori in tempo reale
preziose informazioni sul grado di rischio,
contemporaneamente, di più centri abitati in dissesto: indica se e di quanto si muovono la frane, indica quanta acqua piove e
quanta di questa si infiltra nel sottosuolo
provocando instabilità, e se la stessa acqua
si intorbidisce o aumenta di portata nelle
sorgenti, preannunciando così possibili situazioni di rischio idrogeologico, indica il
livello di danneggiamento di edifici ed infrastrutture. Infine, è possibile monitorare
non solo spostamenti legati ai dissesti gravitativi, ma anche movimenti indotti dalla presenza di faglie sismogenetiche (cioè generatrici di sismi) e, quindi, fornisce anche
utili indicazioni sulle condizioni di rischio sismico del territorio.
Il sistema di monitoraggio costituisce un valido strumento nello studio del territorio e nell’opera di prevenzione trovando nell’Amministrazione Provinciale di Cosenza una sensibilità ed un sostegno convinto, tanto che nel
novembre 2008 ha inteso estenderlo a 14 paesi ricadenti nella fascia pedemontana della Catena Costiera cosentina1, rappresentando il primo caso in Italia di monitoraggio
in tempo reale applicato contemporaneamente a più abitati instabili. Quest’area rappresenta un settore ad elevato
rischio idrogeologico su cui ricadono numerosi nuclei abitativi a rischio “R4”. Il rischio è determinato dalla presenza di una importante frattura della crosta terrestre - denominata “Faglia San Fili - San Marco Argentano” (figura 1)
- lunga 25 km e profonda fino a 10 km, fonte dei numerosi
terremoti che in epoche passate hanno raso al suolo molti
abitati del cosentino e che ancora oggi continua ad originare sismi. La faglia rende fragili e scadenti i terreni ed attira cospicue aliquote di acqua sotterranea, predisponendo
i versanti alle frane. I dissesti possono raggiungere notevoli dimensioni, mettendo in serie condizioni di rischio tutti i paesi della fascia pedemontana; primi fra tutti: Cavallerizzo di Cerzeto, distrutta il 7 marzo 2005 da una grande frana che supera il chilometro di lunghezza e i 40 metri
di profondità, e San Martino di Finita, il cui centro storico ricade su una frana ancora più imponente, estesa oltre
2 km2 e profonda oltre 50 metri. In questo contesto di grave rischio idrogeologico ricade anche la strada provinciale,
più volta interrotta in vari tratti dai dissesti.
L’unica via percorribile nella mitigazione del rischio
Fig. 1 - La diffusa franosità lungo la faglia “San Fili-San Marco Argentano”, che coinvolge 14 paesi e la Strada Provinciale
idrogeologico è il monitoraggio che, consentendo di valutare l’evoluzione in tempo reale delle frane, preannunciano imminenti collassi fornendo alle strutture di soccorso
mediante SMS di allerta (Protezione Civile, Vigili del Fuoco, ecc.) indispensabili per provvedere ad eventuali sgomberi di edifici e all’interruzione di arterie stradali particolarmente a rischio. Il monitoraggio consente anche di verificare, nel tempo, l’efficacia e la calibratura degli interventi di stabilizzazione dei versanti.
Durante la drammatica emergenza alluvionale delle ultime tre stagioni invernali il sistema AMAMiR ha concretamente supportato - nella delicata gestione dell’emergenza - i paesi della provincia di Cosenza maggiormente colpiti dai dissesti: su richiesta dei sindaci, la rete di monitoraggio è stata estesa anche ad altri paesi interessati da
frane che minacciavano seriamente alcuni nuclei abitativi ed infrastrutture; tra questi: Cassano, Cetraro, Lattarico, Roggiano Gravina, Mongrassano, Montalto Uffugo Rossano, San Marco Argentano. Il sistema, quindi, trovatosi a
fronteggiare un’emergenza determinata da una delle maggiori calamità che hanno colpito la regione negli ultimi
sessant’anni, ha evidenziato la sua concreta utilità ed affidabilità.
* Geologo Ricercatore presso l’Istituto di Ricerca
per la Protezione Idrogeologica del C.N.R.
Nota 1
Cerzeto, San Martino di Finita, San Marco Argentano, Mongrassano, Cervicati, Roggiano Gravina, San Benedetto Ullano, Rota Greca, Montalto Uffugo, Lattarico, Rende, San Vincenzo La Costa, San Fili,
Roggiano Gravina.
11
L’Italia
la corruzione
e il 69º posto
nella classifica
mondiale
Giovanni Russo *
69º
Sessantanovesimo posto su
183 paesi. L’Italia è al sessantanovesimo posto nella classifica mondiale sulla percezione della corruzione, secondo l’annuale ricerca realizzata dall’associazione Transparency International (www.transparency.it), basata sul CPI (Indice di Percezione della Corruzione), che determina la percezione della corruzione nel settore
pubblico e nella politica in numerosi paesi nel mondo, attribuendo a ciascuna nazione un voto che varia da 0
(massima corruzione) a 10 (assenza
di corruzione). Si tratta di un indice
composito “ottenuto sulla base di varie interviste/ricerche somministrate
ad esperti del mondo degli affari e a
prestigiose istituzioni”, quali Università o Centri di Studio.
Come detto l’Italia risulta sassan-
tanovesima (nel 2010 era nella 67° posizione) con un punteggio identico a
quello dello scorso anno: 3.9, equivalente a quello del Ghana. Se non sorprende ritrovare Danimarca, Finlandia, Svezia e Norvegia nei primissimi
posti, la Svizzera all’ottavo o la Germania al quattordicesimo, al contrario suscita notevole sorpresa (contraddicendo quindi un “comune sentire” evidentemente superficiale ed
infondato) il 21° posto delle Bahamas, il 32° del Botswana o addirittura
il 49° del Rwanda. Da evidenziare una
costante e deprecabile progressione
negativa, se si considera che quindici
anni fa eravamo al 33° posto.
Superata la fase di sconcerto derivante dalla lettura del puro dato numerico, si rende necessaria una seria
e profonda riflessione sulla sua “portata sociale”. Ma che cos’è la corruzione? Nel nostro ordinamento giuridico
Note: all materials under strict embargo until 01.12.2011 at 00:01 GMT
SCORE
VERY
CLEAN
9 - 10
8 - 8.9
7 - 7.9
6 - 6.9
CORRUPTION
PERCEPTIONS
INDEX 2011
5 - 5.9
4 - 4.9
3 - 3.9
2 - 2.9
HIGHLY
CORRUPT
1 - 1.9
0 - 0.9
No data
THE PERCEIVED LEVELS OF
PUBLIC-SECTOR CORRUPTION
IN 183 COUNTRIES/TERRITORIES
AROUND THE WORLD
RANK
12
COUNTRY/TERRITORY
SCORE
RANK
COUNTRY/TERRITORY
SCORE
RANK
COUNTRY/TERRITORY
SCORE
RANK
COUNTRY/TERRITORY
SCORE
1
New Zealand
9.5
25
France
7.0
46
Mauritius
5.1
69
Samoa
3.9
95
India
3.1
120
Bangladesh
2.7
143
Belarus
2.4
168
Angola
2.0
2
Denmark
9.4
25
Saint Lucia
7.0
49
Rwanda
5.0
73
Brazil
3.8
95
Kiribati
3.1
120
Ecuador
2.7
143
Comoros
2.4
168
Chad
2.0
2
Finland
9.4
25
Uruguay
7.0
50
Costa Rica
4.8
73
Tunisia
3.8
95
Swaziland
3.1
120
Ethiopia
2.7
143
Mauritania
2.4
168
Sweden
9.3
28
United Arab Emirates
6.8
50
Lithuania
4.8
75
China
3.6
95
Tonga
3.1
120
Guatemala
2.7
143
Nigeria
2.4
Democratic Republic
of the Congo
2.0
4
Estonia
6.4
50
Oman
4.8
75
Romania
3.6
100
Argentina
3.0
120
Iran
2.7
143
Russia
2.4
168
Libya
2.0
5
Singapore
9.2
29
6
Norway
9.0
30
Cyprus
6.3
50
Seychelles
4.8
77
Gambia
3.5
100
Benin
3.0
120
Kazakhstan
2.7
143
Timor-Leste
2.4
172
Burundi
1.9
7
Netherlands
8.9
31
Spain
6.2
54
Hungary
4.6
77
Lesotho
3.5
100
Burkina Faso
3.0
120
Mongolia
2.7
143
Togo
2.4
172
Equatorial Guinea
1.9
8
Australia
8.8
32
Botswana
6.1
54
Kuwait
4.6
77
Vanuatu
3.5
100
Djibouti
3.0
120
Mozambique
2.7
143
Uganda
2.4
172
Venezuela
1.9
Haiti
1.8
8
Switzerland
8.8
32
Portugal
6.1
56
Jordan
4.5
80
Colombia
3.4
100
Gabon
3.0
120
Solomon Islands
2.7
152
Tajikistan
2.3
175
10
Canada
8.7
32
Taiwan
6.1
57
Czech Republic
4.4
80
El Salvador
3.4
100
Indonesia
3.0
129
Armenia
2.6
152
Ukraine
2.3
175
Iraq
1.8
11
Luxembourg
8.5
35
Slovenia
5.9
57
Namibia
4.4
80
Greece
3.4
100
Madagascar
3.0
129
Dominican Republic
2.6
154
Central African Republic
2.2
177
Sudan
1.6
12
Hong Kong
8.4
36
Israel
5.8
57
Saudi Arabia
4.4
80
Morocco
3.4
100
Malawi
3.0
129
Honduras
2.6
154
Congo Republic
2.2
177
Turkmenistan
1.6
36
Uzbekistan
1.6
13
Iceland
8.3
14
Germany
8.0
14
Japan
8.0
16
Austria
7.8
39
38
60
Malaysia
4.3
80
Peru
3.4
100
Mexico
3.0
129
Philippines
2.6
154
Côte d´Ivoire
2.2
177
61
Cuba
4.2
80
Thailand
3.4
100
Sao Tome and Principe
3.0
129
Syria
2.6
154
Guinea-Bissau
2.2
180
Afghanistan
1.5
5.7
61
Latvia
4.2
86
Bulgaria
3.3
100
Suriname
3.0
134
Cameroon
2.5
154
Kenya
2.2
180
Myanmar
1.5
Malta
5.6
61
Turkey
4.2
86
Jamaica
3.3
100
Tanzania
3.0
134
Eritrea
2.5
154
Laos
2.2
182
Korea (North)
1.0
Puerto Rico
5.6
182
Somalia
1.0
Saint Vincent and
the Grenadines
5.8
Bhutan
16
Barbados
7.8
39
64
Georgia
4.1
86
Panama
3.3
112
Algeria
2.9
134
Guyana
2.5
154
Nepal
2.2
16
United Kingdom
7.8
41
Cape Verde
5.5
64
South Africa
4.1
86
Serbia
3.3
112
Egypt
2.9
134
Lebanon
2.5
154
Papua New Guinea
2.2
19
Belgium
7.5
41
Poland
5.5
66
Croatia
4.0
86
Sri Lanka
3.3
112
Kosovo
2.9
134
Maldives
2.5
154
Paraguay
2.2
19
Ireland
7.5
43
Korea (South)
5.4
66
Montenegro
4.0
91
Bosnia and Herzegovina
3.2
112
Moldova
2.9
134
Nicaragua
2.5
154
Zimbabwe
2.2
Brunei
5.2
21
Bahamas
7.3
44
66
Slovakia
4.0
91
Liberia
3.2
112
Senegal
2.9
134
Niger
2.5
164
Cambodia
2.1
22
Chile
7.2
44
Dominica
5.2
69
Ghana
3.9
91
Trinidad and Tobago
3.2
112
Vietnam
2.9
134
Pakistan
2.5
164
Guinea
2.1
22
Qatar
7.2
46
Bahrain
5.1
69
Italy
3.9
91
Zambia
3.2
118
Bolivia
2.8
134
Sierra Leone
2.5
164
Kyrgyzstan
2.1
24
United States
7.1
46
Macau
5.1
69
FYR Macedonia
3.9
95
Albania
3.1
118
Mali
2.8
143
Azerbaijan
2.4
164
Yemen
2.1
© 2011 Transparency International. All rights reserved
il concetto di corruzione è riconducibile a diverse fattispecie criminose, disciplinate nel Codice Penale; in senso generico, può essere definita come
la condotta propria del pubblico ufficiale che riceve, per sé o per altri, denaro od altre utilità che non gli sono
dovute.
Al di là degli aspetti giuridici, delle
cause e delle sue diverse forme di manifestazione, bisogna allora prestare la
massima attenzione alle conseguenze
della corruzione intesa in senso ampio, per quanto concerne ingiustificati ed illeciti aumenti dei costi dell’apparato statale ed effetti distorsivi della vita democratica del Paese, soprattutto in un momento storico particolarmente delicato in cui - ora più che
mai - si richiedono significativi sacrifici e rinunce ai cittadini prima ancora che alle istituzioni. Basti ricordare che secondo le stime effettuate dal
servizio Anticorruzione e trasparenza
del ministero della Funzione pubblica, la corruzione nel nostro paese ammonta a circa 50/60 miliardi di euro
all’anno.
Leonardo Sciascia sosteneva che
“… il dato più probante e preoccupante della corruzione italiana non
tanto risieda nel fatto che si rubi nella
cosa pubblica e nella privata, quanto nel fatto che si rubi senza l’intelligenza del fare e che persone di assoluta mediocrità si trovino al vertice
di pubbliche e private imprese … In
una società bene ordinata non sarebbero andati molto al di là della qualifica di “impiegati d’ordine”; in una
società in fermento, in trasformazione, sarebbero stati subito emarginati – non resistendo alla competizione con gli intelligenti – come poveri
“cavalieri d’industria”; in una società non società arrivano ai vertici e ci
stanno fin tanto che il contesto stesso
che li ha prodotti non li ringoia …”.
Vi è un’unica soluzione per evitare
il definitivo sopravvento di una “società non società”: il contrasto allo spreco, al malaffare, alle mafie, alle rendite di posizione, all’economia sommersa, all’evasione fiscale, allo sfruttamento del lavoro, ed anche alla corruzione, attraverso un unitario sforzo innanzitutto morale, in cui a lottare in prima linea dovranno essere le
tante e ancora numerose forze positive del nostro paese.
* Avvocato in Cosenza
L’ingegneria oggi
fra scienza
e tecnologia
Paolo Veltri *
L’
ingegnere è, nell’immaginario collettivo,
colui che risolve problemi – problems solver
Il progresso tecnologico coincide
con quello della società civile?
quella americana (Los Alamos, il pessimismo di tanti, buon ultimo Philip Roth, testimoniano il disincanto e l’uscita dal sogno americano).
Alla domanda non è facile dare risposta
e non perché oggi si viva peggio di ieri, come spesso si dice “il mondo è peggiorato,
dove andremo a finire di questo passo?” e
via discorrendo. No. La risposta è difficile
perché non è da tutti condivisa la consapevolezza che l’operato del tecnico non solo interagisce con il resto del mondo in tematiche che sempre più esulano dalla tecnologia “pura” – si consideri, per esempio,
la forza dell’ambientalismo, che ormai permea ogni nostro comportamento e, anche nelle valutazioni dell’ingegneria, è elemento imprescindibile – ma è
l’operato dell’ingegneria che per sua intrinseca natura è limitato. Risale agli anni ’60 l’allarme lanciato dal Club di
Roma sui limiti dello sviluppo.
Le scuole di ingegneria devono riuscire a coniugare arte e scienza – “tutto ciò che la scienza oggi non registra….
dovrebbe registrarlo la poesia”, profeticamente scriveva
Sinisgalli (ingegnere e scrittore, Rivista Finmeccanica) –
e “formare ingegneri dell’anima”, come scriveva Westermann, ingegnere idraulico olandese.
Forse, descrivendo il travaglio nei percorsi umani di
chi è stato al contempo tecnologo e umanista, si individuano utili indicazioni su dove portano le strade in cui domina una tecnologia inconsapevole.
Il tema è affascinante e si può qui solo introdurlo, sulla
scorta tra l’altro delle riflessioni del presidente della Conferenza dei presidi di Ingegneria, Vito Cardone, (Atti del 3°
Convegno sulla Storia dell’Ingegneria, Napoli, 2010).
Nel mondo della letteratura, sono numerosi i casi di
ingegneri o mancati ingegneri che hanno abbandonato la
tecnologia per arrivare ad approdi letterari in cui, spesso,
prevale lo sconforto se non la sfiducia nelle aspirazioni in
una storia umana progressiva e in un avvenire improntato
all’ottimismo. Alcuni casi: il nostro C.E. Gadda, R. Musil,
assistente di ingegneria meccanica al Politecnico di Brno,
H. Melville, che non completò gli studi di ingegneria civile per scrivere quel capolavoro che è Moby Dick, F. Dostoevsky, ingegnere militare, A. Platonov. Prevale in questi au-
Dobbiamo avere
piena contezza
dei traguardi
limitati
che si possono
raggiungere quando
la tecnologia
non è consapevole
del suo operato
e dei suoi limiti
– e all’ingegnere ci si rivolge riconoscendogli doti e capacità di analisi e sintesi: il
suo modo di operare è un po’ a cavallo fra
la scienza e la tecnologia, pendendo di più
verso quest’ultima.
L’equilibrio è complesso e i rischi sono
enormi quando la tecnologia prevale sulla
scienza, come mostra chiaramente quanto
è accaduto nel lungo Medio Evo: la civiltà occidentale, prevalentemente basata su
quelle greca e romana, ha attinto dalla prima per la capacità di astrazione e deduzione e dalla seconda per le doti di
pragmatismo e duttilità di adattamento a diverse condizioni. Ma la seconda, pur ereditando dalla prima un inestimabile patrimonio di conoscenze e metodi, non fu altrettanto
prolifica nell’introdurne di nuovi e, soprattutto, rinunciò
spesso a chiedersi il perché delle cose, mentre fu bravissima nel perfezionare manufatti, marchingegni, regole pratiche, istruzioni, tecnologie.
Il risultato fu che alla caduta dell’Impero romano seguì
il buio totale, furono dimenticati principi, metodi, sistemi per ricostruire gli stessi pezzi della tecnologia che andavano a corrodersi con il tempo, fino a giungere alla vera e propria spoliazione dei templi e delle architetture preesistenti per costruire i nuovi edifici. Fu un lungo Medio
Evo e ci volle il Rinascimento, con la ripresa delle regole
e dell’armonia del mondo antico, per rimettere l’orologio
della scienza di nuovo al punto di partenza.
Dunque, dobbiamo avere piena contezza dei traguardi limitati che si possono raggiungere quando la tecnologia non è consapevole del suo operato e dei suoi limiti. Né
la scienza, né la tecnologia possono essere sufficienti a sé
stesse. Ma anche quando scienza e tecnologia camminano
di pari passo, la complessità del mondo contemporaneo e
l’interdisciplinarietà crescente ci richiedono altri e più difficili equilibri e scelte.
Intanto, è vero che il progresso tecnologico coincide
con quello della società civile? E’ quello che credevano i
padri fondatori del Nuovo Mondo alla fine del ‘700, ma la
prima società a entrare in crisi rispetto a questo modello
di fiducia incondizionata nella tecnologia è stata proprio
>>>
13
>>>
tori insoddisfazione, pessimismo, verrebbe di dire che in
essi maturò fortissima la coscienza che l’uomo non si può
nutrire di tecnologia.
E’, il loro, un sentire più generale del fallimento della
tecnologia ma anche della scienza nel riuscire a risolvere i
problemi della gente. E quanto più ciò è avvenuto in epoche di sviluppo industriale, di esaltazione del razionalismo
e del positivismo, tanto più è in essi lucida la lettura dei limiti e delle contraddizioni della tecnologia. Ed è più radicale la critica perché è proprio l’ingegnere il depositario –
verrebbe da dire il sacerdote – di una tecnologia che egli
dovrebbe generare e veicolare.
Del resto, le Scuole di ingegneria, antesignane dei Politecnici e delle Facoltà di Ingegneria, poggiavano sul motto ”credere avanti tempo che l’uomo scoprirà le leggi della natura”.
Insomma, riusciremo a costruire la “Città del sole” e a
inverare il diritto dell’uomo a essere felice, come pretendevano i padri fondatori nella Carta della Costituzione americana? A sentire gli ingegneri diventati scrittori, ciò è arduo e dubbio.
Dostoevsky, nelle “Memorie del sottosuolo”, chiede a
noi “… perché voi siete intimamente convinti che non opporsi ai veri, normali vantaggi garantiti dai risultati raggiunti dalla ragione e dalla aritmetica sia davvero sempre vantaggioso per l’uomo e che esiste una legge per tutta l’umanità?”. Musil, ne “L’uomo senza qualità”, mette in
bocca al matematico e ingegnere Ulrich il dubbio “ …. Non
so alla fine cosa resterà di noi quando tutto sarà razionalizzato …” e, ancora, riflette “… le conquiste …. impediscono all’epoca da esse illustrate di produrre uomini veri, buoni, normali”. Platonov, che nella macchina trasfigurava il futuro dell’umanità, era affascinato dalla semplicità di questa in contrasto alla complessità della seconda ….
“…. Perché l’uomo è così cosi, né buono né cattivo, ma le
macchine sono sempre ottime?” e sembra riecheggiare il
disincanto dello stesso Musil “.. nella scienza tutto è forte,
disinvolto e splendido come nei racconti di fate …. “, non
così nella realtà “… che è un sistema complesso e inestricabile come un labirinto (C.E. Gadda)”.
Il discorso potrebbe continuare, ma pare evidente che è
errato ritenere che esista un rapporto biunivoco tra sviluppo materiale – connesso all’avanzamento della tecnologia –
e sviluppo umano e sociale. L’ingegnere deve continuare a
svolgere il suo ruolo nella società quale portatore di razionalità e detentore di saperi risolutivi, ma la sua formazione
non deve avere relegati in posizioni marginali – se non addirittura assenti – i valori dell’etica e dell’umanesimo. Non si
tratta tanto di inserire altri e nuovi insegnamenti di “Etica
dell’Ingegneria”, quanto di rendere tutti noi stessi più permeati di una cultura improntata ai valori dell’umanesimo e
in grado di trasferire questi nell’agire quotidiano.
* Preside Ingegneria Unical
Tempi di fame
e di borsa nera
Le Amlire
degli americani
Franco Michele Greco *
I
soldi, intesi come immagine
cartacea o di altro più nobile conio, si agganciano ad eventi di
rilievo della storia economica e
dunque anche civile e politica d’Italia e hanno la capacità di richiamare
alla mente un ben definito contesto,
una rivoluzione, oltre che valutaria,
anche sociale.
Come quella cominciata il 24 settembre di 68
anni fa, quando le forze alleate americane che occupavano
l’Italia meridionale sostituirono la valuta nazionale italiana
con banconote stampate ex novo.
All’inizio dell’autunno del 1943, il paese viveva una
14
svolta storica. L’8 settembre era stata diffusa la notizia
dell’armistizio con gli Alleati, firmato il 3 a Cassibile (presso Siracusa).
La nazione era uno sfacelo e anche spaccata in due; il
re, il maresciallo Pietro Badoglio e gli Alleati al Sud, il re-
gime fascista di Benito Mussolini e i tedeschi al Nord. Il
re, Vittorio Emanuele III, era a Brindisi e quella mattina,
sei giorni prima della firma dei documenti dell’armistizio
a Malta (29 settembre 1943), aveva emesso un bando con
il quale sanciva il diritto degli Alleati di pagare qualunque
cosa con moneta cartacea denominata Allied Military Currency (Moneta militare alleata).
In altre parole, le Amlire. Inaspettatamente, da quel
mattino del 24 settembre, gli italiani si trovarono privati
delle loro banconote, a vantaggio di pezzetti di carta piuttosto orrendi e di forma quadrata.
Erano tagli da 1, 2, 5 e 10 lire, con una scritta in inglese
che diceva “Issued in Italy” (emesso in Italia): c’erano poi
banconote di forma rettangolare, pressappoco simili al dollaro da 100, 500 e 1000 lire ma pochi potevano sostenere
di averle viste, se non nelle mani degli inglesi e americani,
segnatamente degli ufficiali
La disgregazione del paese era assai più profonda di
quanto non dicesse la divisione in due del suo territorio.
Particolarmente nel Mezzogiorno la disarticolazione sociale e politica era più intensa e drammatica, traducendosi
in livelli di vita inferiori a ogni vicina memoria popolare,
in un’economia elementare contrassegnata dalla norma del
mercato nero e dagli espedienti.
Passato il primo momento di entusiasmo, che aveva
accompagnato la marcia degli Alleati e la ribellione ai tedeschi, il popolo del Sud appariva prostrato e abbandonato
più che mai a se stesso, in grado di esercitare unicamente
la forza che veniva dalla sopportazione e dalla speranza,
in attesa di tempi migliori. “Ha da passà a’ nuttata”: così
Eduardo De Filippo concludeva la sua commedia dedicata
alla Napoli di quegli anni, sintetizzando con efficacia una
dimensione psicologica di massa.
Sofferenza, disperazione, fame, paura fanno parte di una
realtà ancora viva nell’animo di chi ha vissuto quel periodo
storico.
Sono invece una realtà lontana, forse persino difficile
da comprendere, per chi è nato e cresciuto nella società del
benessere.
Ed è comunque insolito ascoltare un testimone di quegli anni che ne parla con incisività e lucidità, a dispetto dei
suoi 101 anni di età.
E’ quanto fa Francesco De Franco, mentre tira fuori
dal taschino della camicia, con una punta di orgoglio e di
emozione, la sua patente di guida datata 1937. “Ho fatto
l’autista per tutta la vita e ricordo perfettamente il periodo
delle lire alleate e della miseria più nera che regnava nella
maggior parte delle famiglie. Quella lira fu motivo di tribolazione per tutti, dalla gente umile ai grandi proprietari
terrieri. Durante i viaggi che mi portavano in giro per lavoro, sulla mia vecchia balilla sedevano passeggeri che mi
raccontavano di contrabbando e di delinquenza, di come
gli americani vendevano la merce ai grossisti e solo a camion interi; e i grossisti poi la distribuivano ai capiparanza
che a loro volta la consegnavano ai venditori al dettaglio.
C’era gente che per sopravvivere ricorreva alla tessera del
pane mentre c’era chi si arricchiva con il contrabbando,
con le furberie e con la disonestà. Solo alla fine della guerra ho visto i bambini felici correre lungo le strade accanto
ai camion americani, protendendo entrambe le mani per
afferrare il cioccolato, le barrette di gomma da masticare,
i pacchetti di pane che i soldati lanciavano al volo”.
Nel Mezzogiorno sconvolto dalla guerra e dalla fame si
cercava di sopravvivere, e comprarsi da mangiare non era
certo facile con i prezzi che si praticavano. Silvio Fiorino,
classe 1913, di professione stagnino e che oggi rappresenta
insieme a De Franco la memoria storica della comunità
dipignanese, ricorda che 1 Kg di pane costava 15 Amlire,
1 Kg di riso 50, 10 uova 150, mentre un paio di scarpe con
suola in finta gomma costava ben 500 Amlire.
Questi erano i prezzi ufficiali, perché se gli acquisti
avvenivano alla borsa nera, molto più rifornita delle solite
botteghe, i prezzi salivano alle stelle.
Tuttavia si doveva sopravvivere, a qualunque costo e pagando lo scotto di pesanti mortificazioni.
Mancava tutto, c’erano gli Alleati: che possedevano beni di consumo – si direbbe oggi - di cui avevamo perduto
memoria.
Per ottenerne, si era pronti a perdere qualunque dignità: lo racconterà con arte magistrale Curzio Malaparte ne
“La pelle.
Le forze alleate americane avevano anche le Amlire: in
senso stretto e traslato, nel senso che potevano stamparne
a seconda delle loro esigenze, senza controllo alcuno. Lo
fecero per due anni.
Le Amlire significarono degrado economico e sociale.
E separazione tra settentrione e meridione dell’Italia: fino
alla linea gotica (il nome dato dagli angloamericani alla linea di difesa dell’esercito tedesco da Rimini a Viareggio)
la moneta circolò in grande quantità, con i poverissimi da
inflazione e i ricchissimi da mercato nero.
Occupato anche il resto dell’Italia, gli americani stabilirono di non diffondere in modo generalizzato le Amlire in
tutto il Nord. Ponendo un sigillo sulla divisione.
A partire dal 12 dicembre 1946, le Amlire cessarono di
essere moneta d’occupazione e passarono sotto la gestione della Banca d’Italia, che le riconobbe come cartamoneta
propria fino al 30 giugno 1950, quando furono dichiarate
fuori corso.
* Studioso di storia e antropologia 15
Rapporto
sull’educazione
in Europa
L
a crisi economica continua a mantenere l’Europa nella sua stretta. La disoccupazione, soprattutto quella giovanile, ha raggiunto livelli estremamente elevati nei diversi Stati membri. Contemporaneamente si sta vivendo la transizione verso un’economia basata sulle conoscenze che comporterà per la sua forza lavoro sfide nuove e diversificate dove l’istruzione e la
creatività, sono essenziali per la crescita e
l’occupazione.
La Commissione europea ha presentato, recentemente un nuovo rapporto “Education at a Glance 2011” sulle tendenze nell’insegnamento in Europa che evidenzia la
necessità di finanziare in maniera efficace le scuole e le
università, sia in termini di strutture e servizi che stipendi agli insegnanti.
Il rapporto raccoglie i dati delle statistiche sugli investimenti nell’educazione, relazioni studenti-docenti, ore
di docenza, il numero dei diplomati e i risultati, in 21 Stati dell’Unione europea.
Tutti gli Stati apparsi nel rapporto affrontano le stesse sfide di miglioramento nell’insegnamento nonostante
le loro risorse pubbliche vengono, in molti casi tagliate.
Nell’analisi viene dimostrato che il miglioramento nella qualità dei sistemi di insegnamento fornisce alte ricompense a livello economico e sociale e vengono messe a confronto i dati dell’UE con l’OCSE e nel resto del mondo.
16
Franco Mollo *
Dall’esame emerge che gli Stati europei hanno migliori risultati di altri Paesi nell’Educazione nella prima infanzia: Ue 76% e OCSE 70%; alunni diplomati nella scuola
media superiore: Ue 85% e OCSE 82%.
I Paesi OCSE hanno, invece, una migliore performance rispetto agli Stati Ue: Adulti (25-64) laureati: Ue 27%,
OCSE 30%.
La scelta del proseguimento negli studi, dopo la scuola
dell’obbligo, di quasi la metà di tutti i giovani europei gode, soprattutto nel settore della formazione professionale, di un’immagine generalmente positiva presso la maggior parte delle fasce di età grazie all’elevata qualità dell’insegnamento offerto e alle buone prospettive di lavoro che
aprono.
A tale scopo per migliorare la qualità per meglio rispondere alle esigenze del mercato del lavoro, la Commissione europea ha adottato uno specifico pacchetto di misure che consiste nella cooperazione europea in materia
di istruzione e formazione professionale come il programma Leonardo da Vinci che già fin dal 1995 ha consentito
a più di 600.000 giovani di svolgere un periodo di formazione all’estero.
Un secondo aspetto del rapporto riguarda gli stipendi
degli insegnati in Europa nel settore pubblico, dei 27 Stati membri, dell’Islanda, del Liechtenstein, della Norvegia e
della Turchia, relativamente all’anno scolastico 2009/10.
Dai dati disponibili tenendo conto sia del livello de-
gli stipendi che delle indennità, gli insegnanti più pagati nell’Unione europea sono quelli di Lussemburgo, Danimarca e Austria. I meno pagati sono quelli di Bulgaria e
Romania. I 27 paesi dell’UE impiegano attualmente sei milioni di insegnanti. La relazione evidenzia, inoltre, che solo in tre paesi (Cipro, Portogallo e Romania) gli insegnanti
possono vedere raddoppiati i propri stipendi nell’arco della loro carriera.
Gli stipendi attuali degli insegnanti, incluse le indennità aggiuntive, si avvicinano ai massimi livelli della scala retributiva in molti paesi e ciò è dovuto all’età avanzata
del corpo insegnante e alle indennità di cui potenzialmente beneficiano.
In Danimarca (E 61.804), Grecia (E 22.817), Finlandia (E 44.775) e Inghilterra (E 35.580), in Italia (E
23.000/28.000).
In generale, gli insegnanti in Europa hanno mantenuto inalterato il loro potere d’acquisto nel 2009 e nel 2010.
La crisi economica ha avuto notevoli ripercussioni sui
loro stipendi, in Irlanda, Grecia, Spagna e in particolare in
Italia (retribuzioni ferme dal 2008 con imposizione fiscale
in netto aumento). Nello stesso periodo, i Paesi Bassi e la
Polonia hanno aumentato gli stipendi degli insegnanti.
Misure di austerità più recenti e imminenti in molti
paesi potrebbero ripercuotersi ancor di più sugli stipendi degli insegnanti e sulla spesa complessiva per l’istruzione.
Tuttavia, diversi governi europei hanno sempre riservato e riservano al settore dell’istruzione un posto privilegiato all’interno dei loro programmi di riforma tranne
l’Italia.
Nel 2003 in un incontro con il Ministro dell’Educazione in Irlanda del Nord a Belfast, durante un meeting di presentazione del progetto Comenius tra il Liceum di Limavady Grammar School, Liceo Scientifico “Scorza” di Cosenza e il Liceo della Escola Secundaria di Setubal (Portogallo) lo stesso ministro ebbe a dire che “nel piano finanziario del suo governo la Scuola e la formazione, l’Università erano al primo posto in quanto costituiscono il motore principale di sviluppo del paese”.
Qualche settimana fa il Commissario europeo A. Vassiliou, responsabile per l’Istruzione, la cultura, ha dichiarato che: “Nutro una sincera ammirazione per i nostri insegnanti, che contribuiscono in maniera essenziale alla vita dei ragazzi e alla nostra società. Danno forma ai nostri
talenti futuri ed occupano un ruolo centrale negli sforzi profusi dalla Commissione per aiutare gli Stati membri a migliorare la qualità dei loro sistemi di istruzione e
formazione. Dobbiamo incoraggiare i laureati più brillanti ad abbracciare e portare avanti la professione dell’insegnamento. Gli stipendi e le condizioni di lavoro sono di
primaria importanza se vogliamo attirare e conservare gli
insegnanti migliori”.
Speriamo che questo invito venga accolto anche in Italia e che segni un cambiamento culturale nel nostro paese dove la scuola, la formazione, l’Università e la ricerca
hanno avuto sempre poca considerazione dai vari governo e non ultimo dal Governo Monti,o dei “Professori” che
è quanto dire.
* Giornalista pubblicista
Parco
della Sila
Conferenza Stampa
L
a Presidente Sonia Ferrari ha illustrato il programma svolto nel triennio del suo mandato 2009-2011, che ha trovato una sintesi nella
mostra fotografica e nella presentazione del libro “Sila Dono Sovrano”, ed ha reso noto che con l’apporto del Consiglio Direttivo insediato di recente verrà
avviato l’iter di approvazione del Piano del Parco, strumento programmatorio che è stato redatto dall’Università della Calabria e dall’Università Mediterranea di
Reggio Calabria per la parte relativa agli aspetti selvicolturali, alle linee di gestione forestali e alla cartografia del Parco.
A parte la gestione del territorio del Parco, nella relazione sono state evidenziate le attività di educazione
ambientale rivolte alle scuole e di valorizzazione di opere di interesse pubblico,quali il restauro dell’opificio
dell’antica segheria del centro Visite Cupone, splendido esempio di archeologia industriale, e la realizzazione degli ecomusei.
Altre iniziative hanno interessato l’utilizzo delle
fonti di energia rinnovabile e la partecipazione del Parco a fiere ed eventi di settore, nonché la tutela e la conservazione della biodiversità.
Molto è stato fatto – ha aggiunto la Presidente Ferrari - circa il marketing e la comunicazione allo scopo
di far conoscere ed apprezzare il Parco oltre i confini
regionali, grazie alla sensibile attenzione dei mass media locali e nazionali ed all’effetto di convegni e mostre,
tra cui il Convegno dei Parchi d’Italia e d’Europa, svoltosi a Cosenza, e la partecipazione alla BIT di Milano e
alla BMT di Napoli.
Il merito di maggiore valore e prestigio per il Parco
della Sila è stata la consegna da parte di Europark della Carta Europea per il Turismo Sostenibile nelle Aree
Protette (ECTS), che contribuirà a scrivere una nuova pagina di sviluppo del Parco grazie alla creazione di
una rete di collaborazione e progettualità nel mondo
imprenditoriale.
17
L’isolamento
sismico
un’idea moderna,
anzi antica…
e spesso pure
economica !!!
Raffaele Zinno *
prima parte - 1/2
R
ecentemente si è letto su
molti quotidiani e settimanali, ma anche su riviste
tecnico-scientifiche del settore, che a L’Aquila è stato sollevato,
attraverso 32 martinetti idraulici, con
una tecnologia innovativa della CONSTA SpA (società che nasce dalla fusione di aziende storiche del settore:
Mattioli, Soles, Isoedil, che lavorano
insieme da molti anni) e nell’ambito
dell’iniziativa denominata “up sollevamento in corso”, un edificio in cemento armato, danneggiato dal terremoto
del 6 Aprile del 2009, per collocare al
di sotto dell’edificio stesso degli isolatori sismici che lo renderanno sismicamente sicuro.
Ma cosa sono questi fantomatici e
tanto innovativi “isolatori sismici” e
come funzionano? In effetti non sono né fantomatici, né
innovativi, atteso che
il loro funzionamento si basa su un’intuizione di ben 2500 anni fa. Nella Historia
naturalis, infatti, Plinio il Vecchio racconta che il tempio di Diana, a Efeso, era scampato alle più violente
scosse telluriche perché le sue fondamenta
erano protette da “uno
strato di frammenti di
Il tempio di Artemide/Diana
carbone e da un altro
ad Efeso (ricostruzione)
18
Dal tempio di Diana
ad Efeso ai moderni edifici
antisismici, una tecnologia
che rende le strutture
sismicamente sicure,
riducendone spesso
anche il costo di costruzione
di velli di lana”. Quando arrivavano le
scosse, l’edificio sacro non ondeggiava paurosamente: scivolava dolcemente sul terreno, e rimaneva indenne. Ma
anche in Cina, nella provincia di Sanxi, nel 313 d.C., con tecniche analoghe,
era stato costruito un monastero che,
insieme con un tempio eretto nell’anno 1056, ha sfidato terremoti disastrosi, di cui uno di grado 8,2 della scala Richter. Ed ancora, il ponte Zhauzhou, nella provincia cinese di Herbei,
costruito nel 581 d.C. é ancora in ottimo stato, pur avendo subito tre violenti terremoti. Finanche in Italia un ponte, molto meno antico, si é fatto onore:
il Viadotto Somplago, in Friuli, il solo
a restare in piedi, dopo il tremendo sisma del 1976. Gli ingegneri e gli architetti “moderni”, invece, fidando sulle grosse risorse in termini di resistenza dei materiali a loro disposizione (acciaio, calcestruzzo, in primo luogo), hanno scelto una via “convenzionale” che è stata
quella di rinforzare e rendere particolarmente robusti gli edifici da loro pro-
Edificio isolato sismicamente (Centro Regionale della Protezione Civile dell’Umbria)
gettati. Danno cioè praticamente per
scontato che l’energia del terremoto
debba entrare e scaricarsi all’interno
delle costruzioni.
Riprendendo, invece, l’intuizione
degli “antichi” e “saggi” progettisti,
si può intervenire a monte: si cerca
cioè di impedire che l’energia del terremoto penetri nell’edificio e vi si scarichi in modo “distruttivo”, o comunque dannoso. Si inseriscono, così, fra
il terreno e la struttura, o meglio fra
le sottofondazioni e le fondazioni, dei
dispositivi che “isolano” la struttura
dal terreno, evitando così che le accelerazioni indotte dal terremoto passino sull’edificio. E’ un po’ come una
roulotte che poggia sul terreno attraverso le ruote, gli ammortizzatori e le sospensioni, e può prendere buche, sopportare le asperità del terreno
e quant’altro, senza che la “casa mobile” ne subisca danni, in quanto si muove rigidamente e non subisce deformazioni e tensioni che potrebbero indurre la rottura di qualche sua parte. Ovviamente, se la buca è consistente potrebbe cadere qualcosa dagli scaffali e
qualcuno all’interno potrebbe perdere
l’equilibrio.
Come sono fatti, allora, questi isolatori sismici? I più antichi (per modo di
dire, visto che sono utilizzati da pochi
decenni) sono costituiti da pacchetti di
gomma armata con piastre di acciaio.
Altri sono costituiti interamente in acciaio inossidabile e sfruttano lo scarso
attrito fra le parti in contatto. Ci sono
quelli che dopo l’evento sismico non ritornano nella posizione originaria, altri che hanno capacità autocentranti e,
quindi, “ricordano” la posizione iniziale. Attraverso vari sistemi si fa in modo
che entrino in funzione solo per sollecitazioni sismiche di una certa entità,
oppure possono ridurre gli spostamenti rigidi della parte superiore assorbendo buona parte dell’energia trasmessa
dal sisma. Sono questi, però, tutti dettagli tecnici in cui non ci si addentra
ulteriormente, per consentire di focalizzare l’attenzione sulla loro capacità
di ridurre i danni su una struttura e,
soprattutto, di contribuire a prevenire
la perdita di vite umane ed il grave ferimento, con esiti spesso permanenti,
delle persone colpite dall’evento sismico. Ridurre, cioè, gli enormi costi sociali che un terremoto comporta, senza trascurare che gli edifici isolati sismicamente rientrano quasi sempre e
rapidamente in esercizio dopo sempli-
ci controlli ed eventuale sostituzione
(previo sollevamento dell’edificio) dei
dispositivi che si fossero danneggiati. Per ritornare all’esempio dell’automobile o della roulotte, per prima cosa salvaguardiamo l’integrità delle persone che la buca poteva mettere in pericolo, poi portiamo il mezzo dal meccanico che, al massimo, ci suggerirà
di sostituire l’ammortizzatore o la sospensione danneggiata.
Con sistemi di questo genere si è
protetta la Basilica di San Francesco ad
Assisi, colpita dal terremoto del 1997.
Risultato: con le nuove tecnologie, l’effetto di un sisma viene fortemente attenuato; di cinque-dieci volte se si ricorre all’isolamento sismico. Perciò non é
neanche più necessario rendere “extra-
Un opuscolo
sul venerabile
clausi
L’
Associazione “Padre Bernardo Maria Clausi” con
la Confraternita dell’Immacolata di San Sisto dei
Valdesi e l’Amministrazione Comunale di San Vincenzo La Costa
stanno lavorando per dare lustro a due figure che fanno parte della storia di questo territorio e che rientrano nei festeggiamenti del
150° anniversario dell’Unità d’Italia.
Si tratta di un piccolo lavoro editoriale,
curato dal giornalista Franco Bartucci dedicato alla figura del Venerabile Padre Bernardo
Maria Clausi, dell’Ordine dei Minimi di San
Francesco di Paola, nato a San Sisto dei Valdesi (Comune di San Vincenzo La Costa) il 26
novembre 1789 e morto nel Santuario di Paola il 20 dicembre 1849 in odore di santità. Una
figura di religioso considerata, per il periodo
storico in cui è vissuto e per il rapporto che ha
intrattenuto con le personalità politiche e religiose del tempo in ogni parte del territorio del nostro Paese, un precursore dell’Unità d’Italia.
Una pubblicazione, apprezzata anche dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, attraverso una regolare
lettera fatta pervenire all’autore, tenendo conto che comprende anche una breve nota biografica su Ferdinando Vercillo (1825/1892), considerato a tutti gli effetti un animatore del Risorgimento italiano, il quale ha dato anch’esso lustro, come laico, al territorio del Comune di San Vincenzo
La Costa.
resistenti” (e molto più costose) le costruzioni da proteggere. Rispetto a un
edificio normale, un palazzo munito di
isolamento sismico costa al massimo
3-10% in più. Ma, in molti casi, costa
il 3-10% in meno, come, per esempio,
è avvenuto per cinque grandi palazzi
del Centro regionale Telecom Italia di
Ancona e per una palazzina restaurata a Fabriano, danneggiati dal terremoto del 1997.
Fonti bibliografiche: L. dell’Aglio - articoli su “Il
Sole 24 ore” del 7.6.2002 e su “La Repubblica del
21.11.2005.
D. Foti, M. Mongelli - Isolatori sismici per edifici
esistenti e di nuova generazione
* Professore Scienza
delle Costruzioni - Unical
Un religioso ed un laico che in periodi diversi hanno dato testimonianza della loro fede, religiosa e sociale il primo,
laica patriottica il secondo, il tutto nell’ottica di un attaccamento ai valori di una sorgente nuova patria, che a partire
dal 17 marzo 1861 tutti conosciamo come “Italia”.
Il libretto, composto di 36 pagine, comprende una biografia sintetica sul Venerabile Padre Bernardo Maria Clausi, con una presentazione del Correttorio Provinciale Padre Rocco Benvenuto, ed una introduzione di Padre Ottavio Laino, Postulatore Generale dell’Ordine dei Minimi di
San Francesco di Paola, che arricchiscono e
approfondiscono la conoscenza del Venerabile
Padre Bernardo Maria Clausi, riconoscendo il
merito a Franco Bartucci di avere posto all’attenzione dell’opinione pubblica ed in particolare della comunità cristiana l’opera e la missione del Padre Minimo sansistese per accentuarne e portare a conclusione il processo di
beatificazione in un momento in cui l’Italia è
chiamata a dare prova della Sua unità e, soprattutto, di attaccamento ai valori della solidarietà e dell’amore avendo come punto di riferimento il valore della “Charitas”.
Il libretto sarà presentato quanto prima
nel corso di una manifestazione che si svolgerà a San Sisto dei Valdesi, su iniziativa dell’Associazione “Padre Bernardo Maria Clausi”,
nonché della confraternita dell’Immacolata di San Sisto e
dell’Amministrazione Comunale di San Vincenzo La Costa,
guidata dal Sindaco, Vincenzo Leonetti; per estenderlo successivamente in altre località lì dove, soprattutto il Venerabile Padre Bernardo Maria Clausi è ben conosciuto, come a
Paola, Cosenza, Paterno, Rogliano, Roma, Torino e così via.
Una iniziativa che ha trovato una particolare e sensibile attenzione da parte anche del Periodico “Doppia Corsia”,
della Banca Sviluppo di San Vincenzo La Costa,, delle ditte,
Francesco Perrotta ed Acqua Fontenoce.
19
Storia
delL’Università
della Calabria
Secondo volume
N
Aldo
Bonifati
20
el quarantennale dell’esistenza dell’Università della Calabria, è stato pubblicato dalla Luigi Pellegrini Editore di Cosenza e sponsorizzato dalla Banca Popolare del Mezzogiorno,
il secondo volume del libro “Un sogno che si avvera”, di
Aldo Bonifati, che prosegue il racconto storico della nascita e dello sviluppo dell’Ateneo di Arcavacata.
Un quarantennale che trova spiegazione con l’avvio
delle attività amministrative, nonché con la elezione e insediamento del primo Rettore nella persona del prof.
Beniamino Andreatta, che portò alla scrittura e all’approvazione dello Statuto dell’Università della Calabria,
con il DPR 1° dicembre 1971, n° 1329.
Il secondo volume inizia il racconto, da dove si
concludeva il primo, dall’anno accademico 1976/1977,
fino ad arrivare all’anno accademico 1991/1992, racchiudendo complessivamente quindici anni accademici dell’Università.
In 445 pagine l’autore ci porta a rivivere momenti
che mettono a fuoco anzitutto l’evoluzione della fase
di realizzazione delle strutture dipartimentali, didattiche e scientifiche, di cui al progetto Gregotti, rivisitato
nei calcoli ed elaborati tecnici dall’arch. Maurizio Bonifati, nonché del complesso residenziale Martensson.
Un racconto che si arricchisce dei vari eventi che
via via l’Università ha trovato sul suo cammino, sia sotto
l’aspetto amministrativo che politico, quanto anche culturale e sociale, nel senso di una partecipazione attiva della
stessa comunità universitaria (docenti, studenti e non docenti), autori e soggetti primari nella crescita numerica e
strutturale dei servizi, quanto anche delle rappresentanze
politiche e sindacali del contesto territoriale locale, regionale e nazionale, che pure hanno condizionato o contribuito
alla sua affermazione a dimensione finanche internazionale, sotto la guida dei Rettori: Beniamino Andreatta, Cesare
Roda, Pietro Bucci, Rosario Aiello e Giuseppe Frega.
Nelle pagine c’è spazio delle lotte della comunità universitaria per sancire il diritto alla residenzialità previsto
dalla legge istitutiva e dallo statuto, penalizzato dal decreto
istitutivo del Centro Residenziale; come pure degli sforzi
che portarono al progetto di riforma del sistema universitario italiano e alla scrittura degli Statuti da parte di tutte
le Università con la costituzione del Ministero dell’Univer-
Franco Bartucci *
sità nel nostro Paese.
Anni in cui l’Università viene a trovarsi sotto tiro con
l’accusa di ospitare i cervelli delle brigate rosse, a seguito
del rapimento e uccisione del Presidente, on. Aldo Moro
(9 maggio 1978), che culmina con il blitz degli uomini del
generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, avvenuto nella nottata
del 28 giugno 1979.
Ma poi ci sono le belle pagine scritte per dare lustro
e merito agli incontri con il Presidente della Repubblica,
Sandro Pertini (3 marzo 1982), nell’aula “Umberto Caldora”, ed alle splendide parole dedicate all’Università della
Calabria da Giovanni Paolo II, in occasione della visita fatta alla città di Cosenza nella giornata del 6 ottobre 1984, in
cui affermava: “L’Università della Calabria sia il punto più
alto dell’interesse degli amministratori di questo capoluogo, poiché con uno studio serio che avvii ad una professionalità qualificante si crei quella classe dirigente di cui la
Calabria ha bisogno per risolvere i suoi problemi”.
Da segnalare pure un bel primato dell’Università della Calabria con l’arrivo, ad inizio dell’anno accademico
1979/80, di un primo nucleo di studenti e laureati cinesi
grazie ad un rapporto di convenzione stipulato con la Repubblica Popolare Cinese.
Chi si addentra nella lettura di questo secondo volume
troverà moltissimi altri squarci di memoria della storia
dell’Università della Calabria, arricchito di molte immagini
fotografiche e istogrammi che descrivono l’evoluzione della
crescita della popolazione studentesca e dei propri laureati.
A tal proposito in appendice trova spazio una ricerca condotta dall’Associazione Internazionale “Amici dell’Università della Calabria” sui laureati dell’Università della Calabria
ripartiti per Facoltà e territorio di appartenenza (oltre 54
mila) iscritti nei registri tra il 1976 e l’inizio del 2011.
Per Aldo Bonifati: “Ciò ch’è stato strutturalmente realizzato – ha scritto nella introduzione – è il segno tangibile
del nostro operato, a sostegno di una istituzione che supera la debolezza umana per essere luce nel percorso della
vita delle generazioni passate, presenti e future”.
Un lavoro utile che fissa bene nella memoria e su carta
parte della storia quarantennale dell’Università della Calabria.
* Giornalista
Idee d’azienda
calabresi
Vincitrici al Premio Nazionale dell’Innovazione
con il premio speciale da 1milione di euro
messo a disposizione da Quantica Sgr
Giulia Fresca *
M
igliaia di progetti per cambiare l’Italia. Migliaia di
persone scatenate pronte
a provare, assaltare, sperimentare. Creare aziende dal nulla, costruire e immaginare, fare soldi con le
idee e le tecnologie. È quello che si è
verificato alle Officine Grandi Riparazioni di Torino in occasione del “Working Capital- Premio Nazionale per
l’Innovazione 2011” che il 18 novembre ha chiuso il sipario dell’Edizione 2011.
Un’occasione fantastica per tantissime idee imprenditoriali, nate
dalla creatività di giovani menti e che
hanno visto vincitrice anche la Calabria.
Il cerchio si è così chiuso:
• 16 progetti di ricerca premiati
con una sovvenzione (grant) da
30mila euro,
• 4 startup premiate con un investimento di avvio (seed) da 100mila
euro,
• 1 startup premiata con un premio
speciale da 1milione di euro in quote (equità) messo a disposizione
dalla venture capital dell’innovazione, Quantica Sgr.
A vincere il premio speciale è stata proprio l’idea cosentina “Ecocloud”
di Agostino Forestiero, Raffaele Giordanello, Carlo Mastroianni, Giuseppe Papuzzo e Ivana Pellegrino che consiste
nella realizzazione di un software per
l’ottimizzazione dei sistemi informatici complessi capace di produrre risparmio energetico per le società che gestiscono data center attraverso i server. La
tecnologia alla base di EcoCloud è stata sviluppata da ricercatori del Cnr e
dell’Università della Calabria che è anche proprietaria del brevetto messo a
Un successo del Startup calabrese
disposizione con una licenza. Ma come
se non bastasse Quantica Sgr, ha inteso
raddoppiare il suo impegno ed ha premiato una seconda azienda, Altilia srl,
di Massimo Ruffolo e Ermelinda Oro,
una startup che realizza tecnologie semantiche basate su algoritmi che imitano il comportamento umano per la
comprensione del testo e della colloca-
zione dei contenuti.
La soddisfazione maggiore oltre ai
diretti interessati è dell’Università della
Calabria ed in particolar modo del professore Riccardo Barberi che, grazie alla sua visione rivolta al futuro dell’innovazione si è reso ideatore e promotore delle edizioni della Start Cup Calabria da cui sono nate le idee vincitrici che oggi possono vantare un primato
regionale a livello nazionale.
Tutto nasce – ha dichiarato Riccardo Barberi – nell’incubatore TechNest
dell’Università della Calabria che si sta
confermando l’idea vincente del nostro
Ateneo. Aggiungo che ben 5 proposte
del nostro circuito di trasferimento tecnologico hanno partecipato alla finale
del premio nazionale dell’innovazione
e si sono classificate tra i 150 finalisti
delle 2139 proposte, oltre ad EcoCloud
ed Altilia, ci sono state anche Notredame, Condomani e CalBat.
È un grande successo, ma è soprattutto la dimostrazione che si può fare
ottima innovazione in ogni parte d’Italia.
Le due idee di impresa premiate sono poi il risultato di un’ottima ricerca pubblica, in sinergia tra Università e CNR-ICAR. La Calabria delle idee
ha vinto e non è un caso. Negli ultimi
10 anni sono state create tutte le precondizioni affinché un risultato come questo fosse possibile. L’Università della Calabria ha messo in opera il proprio ufficio di trasferimento
tecnologico, il Liaison Office, il parco scientifico, Calpark, sono stati realizzati cinque acceleratori di impresa
di cui tre sotto l’egida del Premio Nazionale Innovazione, con le Start Cup
Calabria, supportate negli anni scorsi con lungimiranza, dalla Provincia
di Cosenza e dalla Fondazione Carical e
oggi anche da Fincalabra e dalla Banca
Sviluppo di San Vincenzo La Costa.
Soddisfazione è stata espressa anche dal Rettore dell’Università della Calabria, Giovanni Latorre e dal presidente della Fondazione Carical Mario Bozzo che ha sostenuto per due anni la
Start Cup Calabria contribuendo insieme alla Provincia di Cosenza a generare opportunità di crescita consentendo
di aprire le porte ai giovani che fanno
delle loro idee motivo di sviluppo e business.
Le idee vincenti avranno la sede
nell’incubatore TechNest. Una nuova
sfida contro la fuga dei cervelli.
* Giornalista
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storia
Sette
i colli di Cosenza
S
ette i colli e due i fiumi: come Roma o Roma come Cosenza?
E’ questa la domanda un po’ impertinente che con un
pizzico di ironia condita di un mal celato provincialismo
all’inizio del seicento Sertorio Quattromani pone al Cardinale Pietro Bembi in una lettera che accredita Lucrezia della Valle al mondo scintillante della Roma papalina.
Sette sono i colli e due i fiumi di una città che era capitale di una confederazione allorquando un’altra città era
un cumulo di baracche ed i bambini erano nutriti da una
lupa.
Bando alle facezie.
Sette sono i colli che come una verdeggiante corona fitta di alberi circondano a semicerchio la Città dove il Crati
ed il Busento, che è come dire il ricco ed il pezzente, si incuneano nella valle che fa da trampolino alla possente Sila.
Vista dall’alto questa corona appare come la scalinata di
un teatro o più romanticamente come le braccia aperte di
una madre ai figli tese a stringerli al petto.
A pensarci bene i sette colli sembrano far la guardia alla
città e ne celano il tesoro che è l’anima della sua gente.
Sette i colli: Guarassano, Gramazio, Triglio, Mussano,
Veneri, Pancrazio e Torrevetere, a destra ed a sinistra del
Crati.
Guarassano è l’antico Aradisus e come un tronco, un
cono rovesciato, nella coscienza collettiva è chiamato Montechirico e ricorda lo strapotere dei Gesuiti che l’anno “scucuzzato” quando si sono accorti che la vetta impediva al sole di illuminare il loro convento, così arricchendo l’acqua
della fontana Paradiso.
Accanto al Guarassano svetta il Gramazio, nome composta da due voci: Crati e malesio che è come identificare
la presenza di un popolo, il primo che abitò a Cosenza, sulla riva destra del Crati. Ciò accredita l’ipotesi che sulle pendici di questo colle gli abitanti passarono dallo stato nomade a quello stanziale.
A stringere il semicerchio fa la guardia il Mussano, sulla destra del fiume. Ha un riferimento religioso. La teologia osca venera dodici Dei Consenti: l’Amor proprio, l’Onestà, il Bello, l’Agricoltura, la Caccia, la Scienza, il Valore, il
Commercio,le Arti, le Lettere e il Diritto di saper conservare.
A chiudere il semicerchio vigila il Triglio che prende
nome dalla Triade Osca composta da tre divinità identifica-
22
Coriolano Martirano *
te in una sola, la Divinità Una e Trina venerata in un tempio che è il maggiore della città.
Anche questo altro colle, il Veneri, ha un riferimento religioso. Sulla sommità è eretto il Tempio, piccolo ed amato non solo per il suo splendore, dedicato alla Divinità della
bellezza. La Venere della religione Osca non è la Venere dei
greci e dei romani che esalta la bellezza fisica ma è l’espressione della bellezza densa di innocenza, di candore e di leggiadria. E’ la bellezza dell’animo non del corpo.
Il sesto colle è il Pancrazio che non vanta l’antichità,
quella delle origini, della città ma che testimonia l’apertura
di Cosenza ai nuovi ricchi arrivati sullo Jonio.
I Bruzi pur non avendo contatti con la Magna Grecia dedicano un Tempio alla civiltà.
E su questo colle innalzano un Tempio ai giochi olimpici: pugilato, lotta, corsa, altalena e disco. Il Tempio luccica per un vasto basamento lastricato di pietre a mosaico con al centro la cella circondata da grossi dadi quadrilunghi di tufo con venature verdi provenienti da una cava
di Mendicino.
Ed ora il settimo, il più modesto ma forse il più significativo della millenaria storia di Cosenza: Torrevetere, che
è come dire Turris Vetruri, ossia la Torre di Vetruvio che è
questo il nome del console romano sconfitto dall’esercito
della Confederazione nel 556 dalla fondazione di Roma. E’
su questo colle che i Bruzi mettono in fuga la legione romana comandata da due consoli eccelsi: Vetruvio e Quinto Cecilio.
I romani subiscono la sconfitta che sarà determinante
per le future controversie che dovranno affrontare.
Il popolo dei Bruzi ancora una volta ha lottato ed ha vinto, così come sarà in un prossimo e futuro avvenire alla luce di un antico amore per la libertà e la indipendenza. E’ la
forza dell’anima che rende forti i cosentini.
Che son forti non solo perchè vincono ma anche perché
nei secoli ricordano il valore dei nemici.
I sette colli han fatto e fanno la guardia alla Città. Dal
1222 rappresentano l’emblema di Cosenza.
E’ la loro una corona concava a nord e racchiusa ad est e
ad ovest, una corona che apre Cosenza sulla valle del Crati.
Sono i sette colli i testimoni della storia della Città e di un
popolo nella gioia e nel dolore, nella fortuna benigna ed in
quella avversa animata da una tradizione che chiede al passato la forza per andare avanti verso un avvenire quello che
ha per confine l’eterno e l’infinito.
* Giornalista
libri
ALì VOLEVA
VOLARE
Un libro
di Annarosa Macrì
Abramo editore
collana Le Onde
pagg.164
Annarosa Macrì
I
Recensione
di Giovanna Baglione
nizia con una invettiva questo piccolo-grande libro della Macrì.
Con indignazione e tanta energia, conoscenza dei fatti e carattere battagliero, nell’introduzione l’autrice si autoproclama “extracomunitaria ad honorem”,
prendendo le distanze dall’oscurantismo di chi vede negli extracomunitari degli invasori pericolosi da tenere alla larga e utilizzare solo per i lavori più umili ed estenuanti, pura manovalanza senza anima.
Sono i fatti di Rosarno, la “guerriglia urbana di neri contro bianchi, ex emigrati in
mezzo mondo contro immigranti da un altro mondo”, che hanno dato stura a questo
sfogo traboccante.
Troppo triste e disumano per non reagire, e la Macrì lo fa con la scrittura, nero su
bianco, per lasciare un segno, per fare riflettere.
La sua professione le ha dato l’opportunità di incontrare molte persone, di vivere tante storie attraverso i loro racconti e le loro vite.
In questo libro le restituisce al lettore, condividendo esperienze ed emozioni.
Alì, 10 anni, che voleva volare dalla nonna malata, e lo fa mettendosi le ali ai piedi,
pedalando per decine di chilometri sotto una pioggia battente in mezzo al traffico veloce. Alì che pensa alla sua vita in un paese non suo, che studia ed impara, che è uguale ai
suoi compagni, che da grande vuole volare, su un aereo, per tornare in Marocco.
Victor Flyer, anche lui voleva volare, e ci è riuscito, è diventato pilota di elicottero per
la Protezione Civile; dal Vietnam a Cavallerizzo, da mercenario spietato ad angelo soccorritore.
La figlia di Teresa, Angiolina Spadafora, il cui più grande tesoro da recuperare è un
fascio di lettere, che la legano a persone e momenti della sua vita. Leggendole assieme a
lei, il lettore conosce altri luoghi e persone, ne condivide umiliazioni e miserie, ripercorrendo le tappe di un’emigrazione scelta ma sofferta.
Fiorenza, piccolo diavolo nero, emigrata senza rimpianti e nostalgie, ora donna realizzata e di successo.
E poi Liliana, Bianca, Joana, Justina, Bogena, Petra, Alice, donne giovani, belle, “capelli di grano e negli occhi l’azzurro del Baltico”, polacche emigrate in Italia per lavoro,
per badare a bambini ed anziani, ciascuna con una storia da raccontare.
I ricordi si intrecciano, sfumano l’uno nell’altro, mescolandosi a quelli dell’autrice.
Tutti i protagonisti si muovono in scenari diversi, ma accomunati da un senso di spaesamento.
Vengono e/o vanno, sono immigranti che fuggono da povertà e conflitti, alla ricerca
di un benessere intravisto altrove.
Affiorano immagini di paesi svuotati, di luoghi inospitali. Indimenticabile la descrizione di Cavallerizzo durante e dopo la frana, che ha trascinato il paese a valle.
Realtà, dolore, dura quotidianità, trasformate in letteratura grazie ad un attento spirito d’osservazione, non disgiunto da sensibilità profonda e uno stile raffinato arricchito da riferimenti colti.
Convivenza, accoglienza, adattamento, integrazione, in una sola parola, rispetto,
questi i concetti chiave che potranno forse salvare l’umanità da un futuro inquietante e
molto incerto.
23
L’edilizia green
a basso costo
Efficienza
energetica
Come stiamo a green economy nel
settore dell’edilizia in Italia? Quanto sono
“sostenibili” le nostre case, quanta energia
consumano, quali tecnologie all’avanguardia
vengono utilizzate per costruirle, mirando a
comfort e risparmio energetico?
C
ostruire case con i principi del risparmio energetico
e dell’eco-compatibilità non
è più un sogno per pochi. I
costi di costruzione per unità abitative di classe A sono stati abbattuti drasticamente, al punto da avvicinare oggi anche le committenze pubbliche.
Si, parliamo proprio di edilizia popolare, di quelli che un tempo venivano
chiamati con disprezzo “casermoni”,
e che invece ora possono tramutarsi
in un esempio da seguire per tutto il
settore.
Parliamo sulla base di fatti concreti, progetti e linee guida approvate dalle amministrazioni locali. A Firenze, ad esempio, è stato presentato
di recente il Piano per la costruzione
di un edificio ERP (Edilizia Residenziale Pubblica) considerato “ad energia zero”, o quasi. Dotato di mura in
legno a limitata dispersione (si tratta
di 21 alloggi), qui il materiale naturale combinato a logge solari e torri di
ventilazione dovrebbe garantire una
gestione ottimale della temperatura
negli ambienti, d’estate come in inverno. La struttura risulta classificata
come A+, e dichiara un fabbisogno di
12,04 kWh/mq annui. Per la gestione,
a partire dal 2014, tutto verrà coman-
24
dato “da remoto” attraverso dispositivi di domotica.
Analoga iniziativa, e analoghi intenti, si segnalano a Castefranco di
Sotto (Pisa). Qui l’Amministrazione comunale ha di recente consegnato alla collettività 12 nuovi alloggi popolari, in grado di garantire risparmi
sui consumi energetici fino al
70%. In media ogni nucleo abitativo verrebbe a spendere 150
euro, esclusi gas
e illuminazione.
Merito di
interventi edilizi strutturali e ottimizzazioni dell’impianto termico
operati a partire
dal progetto originale, realizzato con
il contributo della Regione Toscana. Un iniziativa
che avrà seguito: entro la primavera
ne arriveranno altri.
Queste sono soluzioni ideali per i
giovani e le nuove famiglie che cercano di barcamenarsi in questo momento di crisi che stiamo tutti viven-
Angelo Saponaro *
do.
Lo sanno bene anche al Nord. Nel
piccolo centro di Carugate, nei pressi di Milano, si segnala la realizzazione di altri 10 alloggi popolari “green”.
Anche qui, occhi sempre attenti al risparmio, cercando di ottimizzare al
meglio le risorse offerte dall’ambiente: sistemi solari attivi e passivi, serre e collettori, ventilazione naturale, materiali e sistemi costruttivi finalizzati al costruire sano
per un benessere
totale dell’individuo. Una mano
importante, anche qui, è arrivata dalle casse della Regione Lombardia. L’iniziativa
non è né sarà isolata
ma si inserisce all’interno di un regolamento edilizio che ha portato Carugate
a divenire un modello anche per altri contesti urbani. Per chi non lo sapesse, tra i confini di questa tranquilla comunità trova spazio un parco fotovoltaico, mentre per gli asfalti delle
strade si prevede l’utilizzo esclusivo di
Noi
cinquantenni
Patrizia Piro *
Flessibilità: s. f. inv. adattabilità, prontezza nell’adeguarsi alle situazioni (De Mauro. Il dizionario della lingua italiana)
Precarietà: s. f. inv. L’esser precario, instabile; provvisorietà (De Mauro. Il dizionario della lingua italiana)
materiali ecologici.
Questi solo alcuni esempi di come l’edilizia eco-sostenibile stia diventando per tutti, e non solo per pochi. La tendenza è sempre più accentuata:
costruire con accorgimenti che
riducano il fabbisogno energetico e con tecnologie derivate
dalla bio-architettura permette una migliore qualità del manufatto edilizio, un notevole risparmio sulla sua manutenzione, e sul suo consumo sia in
termini di riscaldamento che
di raffrescamento, con evidenti benefiche ricadute sui costi
di gestione.
In più, l‘abbattimento dei
costi di costruzione, la diffusione sul mercato dei prodotti specifici, la divulgazione delle tecniche costruttive alle maestranze, hanno reso possibile adottare anche nell’edilizia
convenzionata, a basso costo
e in quella popolare, i principi
della bio-archietttura.
In un periodo di crisi e di
tagli ai bilanci locali, le iniziative di questo tipo sono le benvenute. Costruire nel rispetto
dell’ambiente e della sostenibilità non è più un’impostazione di chi ha maggiore sensibilità verso tematiche ambientali o si può permettere di abitare
in case più costose, ma diventa
una nuova formula il cui ultimo risultato è la riduzione negli anni dei costi delle bollette.
Flessibilità –> Precarietà = imbroglio culturale
Noi, quarantenni e cinquantenni, che siamo figli di genitori con posto fisso, o “alla
giornata”, ma certi che alla fine giornata ci sarebbe stata la giusta ricompensa.
Noi, quarantenni e cinquantenni, cresciuti con la certezza del posto fisso e con
educazione familiare non certo incline alla flessibilità.
A noi che nessuno ha insegnato come si inventa, giorno dopo giorno, un lavoro, o
come si cambia, giorno per giorno il lavoro, o come si deve essere disponibili a cambiarlo, giorno dopo giorno questo lavoro.
A noi, figli di chi per comprarsi una casa, la prima casa, si “faceva il mutuo” alle
“condizioni migliori” rispetto al proprio stipendio mensile, ma orfani di uno stato che
non ha spiegato come sia possibile, nella precarietà, che diventa assoluta certezza di
non sapere mai con sicurezza se a fine mese avrai almeno “un rimborso spese”, comprarsi una casa…ma neanche una roulotte, più precaria, ma anch’essa con un costo fisso e non flessibile.
Uno stato che non spiega come possa coniugarsi la precarietà di uno stipendio/lavoro con la assoluta certezza di dover pagare i debiti, che non diventano precari, o flessibili, ma aumentano, e conducono alle porte degli usurai…
A noi, che vogliono a tutti i costi farci credere nella bontà di un modello flessibile
che di buono non ha niente: ma quando mai nella precarietà, nell’incertezza, nella instabilità, si è vissuto con equilibrio, con serenità, si è raggiunto un seppur minimo risultato rispettoso della dignità dell’uomo?
Perché risultati se ne sono prodotti, e molti: squilibri personali e collettivi, famiglie
smembrate, uso e abuso di alcol e sostanze che possano anche temporaneamente distrarti e “sollevarti dalle miserie quotidiane”; perché solo se sei fortemente attrezzato,
spiritualmente e culturalmente, riesci a cogliere il buono della flessibilità: possibilità di
incontri sempre nuovi, di conoscere sempre nuovi posti, di arricchirti dalla condivisione e dalla permeazione con nuove realtà, altrimenti sei schiacciato, nella consapevolezza di non essere riconosciuto nella tua dignità.
…e la storia che uno della nostra generazione è presidente degli Stati Uniti d’America mi riempie di gioia… …sarà merito del DNA? O di qualche situazione al contorno
lievemente diversa da quella italiana?.... intanto dal modello americano abbiamo scimmiottato anche la flessibilità, così le generazioni future italiane saranno in grado in futuro di essere rappresentative a 20 anni… tra n anni….ma ancora crediamo alla favola
che l’Italia sia un paese per i giovani?
E, come se non bastasse, noi, quarantenni e cinquantenni, abbiamo la responsabilità di inventare le modalità di un lavoro nuovo per proporlo a chi viene dopo di noi con
il peso di essere credibili, con il peso di convincere gli altri a fidarsi di noi, di inventare
una proposta di progetto futuro che non ha niente di certo, niente di prestabilito, ma
che dev’essere altrettanto delineata e costituita al punto di essere credibile.
Certo, abbiamo esempi di uomini di “affari” illustri, e di meno illustri imprenditori,
ma quello che manca è la coniugazione tra l’interesse privato e l’interesse collettivo.
E su questa coniugazione dovremo lavorare, ma solo se sapremo “soddisfare” il nostro io con quello che (non) abbiamo, ripartendo dalle certezze valoriali, dalle stabilità
affettive, dai saldi vincoli di comunità, dalle leali alleanze, che nulla hanno a che spartire con le precarie amicizie, con le “collaborazioni flessibili” e temporanee, che tanto
hanno il sapore di intrallazzi viscidi e di accordi personali, di corto respiro e certo non
rispettosi della comunità.
* Architetto
* Professore Ordinario Facoltà Ingegneria - Unical
25
Moda Movie
Denise Ubbriaco *
P
Bellezza
e Prevenzione
nel calendario 2012
er l’anno 2012 l’Associazione “Creazione e Immagine”,
per il secondo anno consecutivo, ha voluto realizzare per Moda
Movie un calendario dedicato, questa
volta, al benessere e alla prevenzione dando spazio alla bellezza, in collaborazione con la Lega Italiana per la
Lotta ai Tumori di Cosenza (LILT).
Un progetto dedicato al sociale che
ha coinvolto gli Assessorati alle attività sociali del Comune e della Provincia di Cosenza, la cui lavorazione
di lancio è stata fatta nel centro storico cosentino per meglio difenderne e
promuoverne la sua immagine, il valore urbanistico ed architettonico.
Per Moda Movie, presente in ambito cittadino da ben sedici anni spendendosi nel valorizzare i talenti emergenti nel campo della moda e del cinema, l’impegno per il calendario
2012 non è stato da meno, riuscendo
a coinvolgere tante modelle, tecnici
della fotografia e della comunicazione per dare lustro al tema “Bellezza è
Prevenzione” con al centro l’immagine femminile, che presenta come dato eccezionale e particolarmente originale quello di accostare a sfondi raffinati,
che evocano sensualità e femminilità, le ecografie di alcune parti del corpo.
Attraverso i fogli del calendario si discorre del male del
secolo: il cancro. Il denominatore comune è il timore della
sofferenza, delle deturpazioni fisiche, della morte.
La salute ha un ruolo fondamentale perché è sinonimo
di benessere fisico, psichico e relazionale.
La salute diventa OMS (Organizzazione Mondiale Sanità), assenza di malattia, benessere. Citando un aforisma di
Woody Allen: “Le due parole che uno desidera di più sentirsi dire: “Ti amo. Assolutamente no. È benigno”.
Il progetto, infatti, ha lo scopo di valorizzare la figura
della donna nella società in funzione della promozione del
proprio benessere, sollecitando azioni educative in merito
ai fattori di rischio, all’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce.
La diagnosi precoce di un tumore equivale, nella maggioranza dei casi, a salvare la vita di una persona. “Il progetto di MODA MOVIE – ha dichiarato il dott. Gianfranco
Filippelli, Oncologo e Presidente della LILT di Cosenza - è
26
un chiaro esempio di come i concetti della prevenzione oncologica ben
si coniugano con la moda in generale e con la bellezza femminile in modo particolare. La diagnosi precoce è
al centro del messaggio della prevenzione oncologica per riuscire ad azzerare ogni deformazione fisica e garantire ad un tempo una migliore qualità della vita”.
Nel calendario, accanto alle modelle viene riportata, mese per mese,
una raccomandazione per mantenere
un corretto stile di vita.
Sono indicati consigli pratici per
effettuare la prevenzione delle più frequenti forme di tumore e messaggi
scritti che rappresentano i dodici comandamenti del Codice Europeo contro il cancro.
Bisogna dar merito al Presidente di
Moda Movie, Sante Orrico, che attraverso la promozione dell’arte, l’amore, la passione, l’entusiasmo profusi
in tutte le manifestazioni e in tutti i
progetti ha realizzato un ottimo veicolo per la promozione del nostro territorio senza pensare ad un ritorno di natura economica.
C’è infine da dire che l’iniziativa è da classificare e considerare innovativa ed efficace nella scelta avendo saputo
coniugare alla bellezza ed al benessere la “cosentinità” attraverso un’accurata selezione dello sfondo del calendario
2012: la meravigliosa cornice del centro storico di Cosenza, gli affascinanti e preziosi scorci della Villa Vecchia.
Le energie e sinergie hanno indotto alla realizzazione
di un appuntamento annuale atteso con entusiasmo dallo
staff coinvolto nel progetto.
Oltre a “Creazione Immagine” la produzione ha visto
la partecipazione attiva di un ampio staff composto dalla società di comunicazione Plane, dal fotografo Emilio
Arnone, dall’Agenzia SIM per la selezione delle modelle e
dall’istituto Orrico Style, che ha curato trucco e parrucco.
Gli abiti destinati a fare da sfondo per il calendario 2012
sono le creazioni dei fashion designers calabresi: Giovanni
Percacciuolo (vincitore MODA MOVIE 2011), Rosita Trifilio, Annalisa Di Lazzaro.
* Studentessa iscritta al corso
di laurea magistrale di Giurisprudenza
Inaugurato
il Parco
degli
Enotri
L
a Fondazione Carical (Cassa di Risparmio
di Calabria e Lucania) ha presentato il
nuovo Centro Eventi “Parco degli Enotri”, realizzato nell’area dell’ex Sporting
di contrada Rosario a Mendicino, a poca
distanza da Cosenza.
All’inaugurazione, avvenuta con larga partecipazione di autorità locali, di rappresentanti della stampa e di
pubblico, il Presidente della Fondazione Mario Bozzo ha
illustrato le qualità del nuovo Centro: “E’ con grande emozione ed un pizzico di motivato orgoglio che presento il
Parco degli Enotri,
E’ il vecchio Sporting che nasce a nuova vita, quella
struttura che ha rappresentato per tanti un punto di riferimento e che oggi si candida ad essere una nuova porta
della Calabria rivolta alla qualità.
Con i suoi duemila metri quadrati di interni, le due
piazze, il parcheggio, il verde e le attrezzature sportive,
sarà luogo di iniziative, molte delle quali le sosterremo noi
attraverso la presentazione di libri, films, attività di cineforum ed incontri al fine di creare sempre più momenti
che abbiano come filo conduttore “l’ozio culturale” ovvero
Il Presidente Mario Bozzo, Ugo Piscitelli, Sindaco di Mendicino e Mario
Oliverio, Presidente della Provincia
il divertimento, riempiendo di contenuti
veri il tempo.
Altre iniziative saranno proposte e curate da parte di attori
esterni che vorranno
usare questa struttura
per meeting, congressi
e manifestazioni varie
tra cui anche matrimoni e feste d’elite.
Il Presidennte Mario Bozzo
Il nostro obiettivo
e il Direttore Generale Luigi Morrone
è che si facciano solo
cose belle e di qualità
affinchè possa nascere un vero polmone di attività al di
fuori dell’Università, che spesso rimane nel chiuso delle
sue stanze, anche con essa e mai contro”.
Il nuovo Centro Eventi presenta un punto di incontro
di attività e di interessi culturali, non disgiunti da quelli
sportivi, le cui strutture predispongono a più ampie relazioni sociali.
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Sull’Autostrada
Salerno - Reggio Calabria
area di servizio
Rogliano Est
Corsia Nord
(nei pressi di Cosenza)
Oltre ai normali servizi propri
degli impianti autostradali
nell’area si trova:
La Bottega del Contadino,
attrezzato locale per la vendita
di una vasta gamma di prodotti
tipici calabresi.
Zona pic-nic SILA,
grande ed accogliente area
verde che offre una gradita sosta nella pineta attrezzata con
tavoli di legno per pic-nic, panchine e giochi per bambini.
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Gestione: TAFER s.r.l. - impianto Comune di Marzi (CS)
Sede Sociale: via Nicola Parisio 4, Cosenza
tel. 0984.969189 - fax 0984.980817 - [email protected]
Bar - Ristorante - tel. 0984.980815
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edilizia green dissesto idrogeologico isolamento