Rassegna Stampa
Mercoledì 8 luglio 2009
TREVISO
Mercoledì 8 luglio, pag. 2
Il maltempo assedia la Marca anche ieri fulmini e
nubifragi
Piante abbattute e allagamenti in tutta la provincia, a eccezione della Castellana
Disagi da Sernaglia a Zero Branco e da Breda a Oderzo
(nd) Nessuna zona della Marca è stata risparmiata dal maltempo che si è abbattuto con violenza
nelle ultime 24 ore attraverso due distinti episodi: il primo, nel cuore della notte, ha colpito
soprattutto la fascia pedemontana per poi scivolare verso sud est distribuendo piogge copiose, tuoni,
fulmini e anche l’immancabile tromba d’aria, prima di spegnarsi, non senza provocare danni
ulteriori, nell’opitergino mottense; il secondo ha invece creato maggiori disagi nella Destra Piave,
condito da forti raffiche di vento che hanno schiantato alberi e causato black out a catena. Bisogna
dire prima di tutto che questa recrudescenza era attesa e che, come sempre, la Marca Trevigiana,
vuoi per la sua collocazione geografica, vuoi per la componente orografica, tende a esaltare al
massimo le potenzialità distruttive di questa fenomenologia: concentrazione di umidità e scontro fra
masse d’aria diverse, calda nei bassi strati, fresca in quota, generano temporali di grande estensione
che possono dar luogo a nubifragi ma anche, come gli abitanti di Vallà sanno fin troppo bene, a
devastanti trombe d’aria.
Ieri per fortuna, anche se le condizioni c’erano tutte, il disastro si è ripetuto in proporzioni inferiori,
ma il maltempo ha comunque picchiato con una durezza che ormai potremmo definire consueta
prima sulla Pedemontana e poi lungo il corridoio che partendo da Zero Branco, attraverso Quinto,
Ponzano,
Villorba
e
Breda,
portava
a
Ponte
di
Piave
e
Oderzo.
A Quinto e zone limitrofe il temporale ha fatto sul serio con alberi sradicati, coperture in lamiera di
un capannone divelte dal vento e finite contro la recinzione di un'abitazione, un'auto colpita da un
grosso ramo d'albero, strade allagate, traffico in tilt. Era da poco passata l'una quando il cielo si è
fatto color carbone. In breve si è scatenato un nubifragio accompagnato da forti raffiche di vento
che ha seminato il panico in diverse zone di Quinto e Santa Cristina. A rischiare di più è stato il
conducente della Fiat Punto che stava transitando in via Sant'Antonio, la strada che collega Santa
Cristina con la località Bertoneria a Sant'Alberto di Zero Branco. Una folata di vento ha causato il
distacco un un grosso ramo d'albero che si è abbattuto sulla carreggiata mentre stava per
sopraggiungere le Punto. L'impatto è stato inevitabile. La macchina ha riportato gravi danni nella
parte anteriore ed è stata recuperata dal carro attrezzi. «Se fossi stato un metro più avanti non sarei
quì a raccontare quello che mi è capitato», ha detto l'automobilista con un sospiro di sollievo per
averla scampata grossa. Non si contano i danni causati dalle raffiche di vento. All'inizio della
provinciale 5, in via Castellana Vecchia, tra Quinto e San Cassiano, alcuni pannelli in lamiera del
box di un cantiere edile sono volati a una ventina di metri di distanza andando a finire nel giardino
di una villetta a ridosso della provinciale. Il vento ha sollevato anche grossi tubi che si sono infilati
nel cancello di una casa, per fortuna senza lesioni a persone. Il traffico in via Biasuzzi è stato
bloccato per ore a causa di un grosso albero che ha ostruito la carreggiata. Anche in via Padovana a
Santa Cristina sono stati abbattuti diversi alberi. La polizia locale e gli operai del Comune di Quinto
hanno lavorato fino a sera per fronteggiare l'emergenza maltempo, assieme ai vigili del fuoco,
subisati da decine di chiamate. Si è temuto anche per la tenuta della grande tensostruttura nel
piazzale degli Alpini dove ieri sera si è conclusa la tradizionale Festa sul Sile. Risparmiata dal
nubifragio anche la struttura polifunzionale fissa di San Cassiano, che sta per ospitare la sagra
paesana organizzata dall'associazione di volontariato presieduta da Alberto Dal Zilio. Durante
l'imperversare del maltempo si è verificato anche un incidente stradale sulla Noalese all'altezza
della zona industriale. Ma i conducenti delle due autovetture entrate in collisione prima della
rotatoria hanno riportato soltanto lievi ferite. Allagamenti e alberi pericolanti anche a Ponzano,
Villorba e Breda di Piave, località, quest’ultima dove la corrente elettrica è mancata per più di due
ore a causa di un generale black out e dove i fossati sono arrivati a livello di tracimazione dopo
neanche mezzora di acqua piovana. Molto lavoro da fare per i vigili del fuoco anche a Mignagola di
Carbonera che invece è andata completamente sott’acqua.
Paradossalmente, l’unica zona di tutta la provincia che, almeno nel pomeriggio di ieri, non ha
sofferto le intemperanze di Eolo e di Giove Pluvio, è stata la Castellana, cioè il territorio in assoluto
più bersagliato dagli eventi delle scorse settimane. I vigili del fuoco di Castelfranco non hanno
praticamente effettuato alcun intervento in tutto il loro distretto e sono stati chiamati di rinforzo a
Oderzo, cioè all’altro capo della provincia, dove le necessità erano molto diverse.
La massima concentrazione sulla fascia pedemontana di notte e nell’opitergino mottense durante il
primo pomeriggio
In 12 ore sono cadute a terra più di mille scariche
La Marca -lo dicono le cifre- è la capitale europea delle saette. Anche i temporali degli ultimi giorni
dimostrano che quando si parla di fulmini, Treviso recita sempre un ruolo importante.
Prendiamo in esame il dettaglio degli episodi temporaleschi che si sono abbattuti sabato scorso, fra
le 21 e le 24, poi nella notte a cavallo fra lunedì e martedì e nella sola giornata di ieri.
Sabato sera sulla Marca sono caduti a terra 478 fulmini, 292 dei quali nell’ora cruciale compresa
fra le 22 e le 23. L’area su cui ha imperversato il maltempo sono state sostanzialmente la Destra
Piave e la fascia pedemontana. In tale occasione su Treviso città si sono abbattuti 38 fulmini, 9 dei
quali in centro storico.
Fra le 22 e le 4 della notte di lunedì il totale è stato di 1053 fulminazioni, e qui stiamo parlando di
quantitativi piuttosto elevati per una singola provincia. Nel momento clou del fenomeno, fra le 23 e
le 2 ne sono caduti 957, una vera e propria raffica che ha illuminato il cielo quasi a giorno. Nella
giornata di ieri i fulmini che hanno raggiunto il suolo (ci sono anche quelli nube-nube che però non
vengono contemplati dalla statistica) sono stati 1095, anche in questo caso numero considerevole.
Per avere un’idea di cosa significhino mille fulmini su un territorio di neanche 2500 chilometri
quadrati basta prendere a riferimento i dati raccolti dalle stazioni di rilevamento della Cesi Sirf
(Sistema italiano di rilevamento fulmini) che ha sede a Milano, su tutta la superficie nazionale: nella
giornata che ha fatto registrare il maggior numero di saette, il 21 giugno, in Italia ne sono stati
registrati 53.604. Che sono tanti, ma percentualmente restano molto al di sotto della media
trevigiana.
Mercoledì 8 luglio, pag. 8
Diluvio e tromba d’aria: danni incalcolabili
L’intera Sinistra Piave flagellata dal maltempo: a Gaiarine una fabbrica scoperchiata e
un’abitazione distrutta da un platano
Case allagate e mobili in giardino, alberi divelti e squarciati da fulmini, capannoni e abitazioni
scoperchiate, cartelli stradali fatti volare via come foglie, auto in panne e gente in strada. Un vero e
proprio bolettino di guerra quello che ha visto triste vittima la Sinistra Piave messa in ginocchio dal
violento nubifragio iniziato nella tarda serata di lunedì e cessato solo ieri all’alba. Decine le squadre
dei Vigili del fuoco intervenuti a Sernaglia della Battaglia, Farra di Soligo, Moriago della Battaglia,
Susegana, Santa Lucia di Piave, Mareno, Cordignano. Un territorio completamente devastato, che
oggi è alle prese con danni incalcolabili. Decine le abitazioni allagate, soprattutto a Sernaglia dove i
cittadini a soli otto giorni di distanza dall’ultima esondazione del Patean si sono ritrovati di nuovo
con l’acqua in casa.
Il maltempo ieri pomeriggio si è spostato nella zona di Gaiarine, spazzata da un vento fortisimo.
«Sembrava ci fosse il terremoto: sono uscito di casa e ho schivato le tegole che cadevano dal mio
tetto». Angelo Poles guarda le macerie della sua casa e del chiosco e ripensa a quella mezz’ora che
li ha distrutto. In via Ongaresca a Calderano, alle 13.45 la tromba d’aria ha abbattuto alberi,
scoperchiato capannoni e strappato antenne dalle case. La furia della tempesta ha colpito anche
poco lontano dal centro di Gaiarine, mettendo in ginocchio l’area stoccaggio e spedizioni della
Zaccariotto cucine. Non ha risparmiato nemmeno il camposanto di Gaiarine, dove ha abbattuto
parte della recinzione. Vigili del fuoco di Treviso e del nucleo volontario di Gaiarine, polizia locale
e provinciale, protezione civile e operai del Comune al lavoro in tutto il territorio comunale.
A subire i danni maggiori lungo la strada provinciale che da Calderano porta a Brugnera, che ieri è
stata chiusa al traffico, è stata la casa di Angelo Poles, agricoltore: il platano sradicato dal vento è
finito sull’abitazione sfondandola e un secondo albero, un olmo, è precipitato sul chiosco dove
d’estate Angelo vende la frutta che coltiva nei campi della sua azienda agricola. Il vento ha
scoperchiato anche il capannone di 400mq utilizzato per il ricovero degli attrezzi vicino a casa.
«Stavo per mettermi in strada e andare al lavoro - spiega la moglie Mariana Stefan - Angelo mi ha
detto di aspettare e mi sono salvata». Trattiene a stento le lacrime mentre guarda le tegole di casa
disseminate nei campi e l’albero che l’ha sfondata: per i prossimi giorni chiederanno ospitalità ai
parenti. «Entrava acqua ovunque, nelle camere, in cucina. Abbiamo tolto i mobili, ma passava
attraverso il soffitto - continua Mariana -. Ogni anno produciamo 100 quintali tra mele, pere,
pesche, quest’anno non riusciremo a vendere nulla. Prima la grandine e ora la tromba d’aria». Danni
anche alla coltivazione di kiwi e agli ortaggi; decine di migliaia di euro i danni agli immobili non
assicurati.
Poco lontano la tromba d’aria ha scoperchiato 2.500mq di tetto della fabbrica Zaccariotto cucine
con danni per centinaia di migliaia di euro: «È la prima volta che vedo una cosa simile», spiega uno
dei titolari. Il vento ha scoperchiato tre falde del capannone scaraventando tegole e lamiere della
copertura a decine di metri di distanza. Infranti i vetri dei capannoni confinanti con l’area
stoccaggio e spedizioni; danneggiato parte del materiale che si trovava nell’area in attesa di essere
spedito e dove si è riversata la pioggia. Sul posto sono intervenuti i Vigili del Fuoco. La tromba
d’aria ha, inoltre, sradicato almeno cinque grosse piante e poi si è abbattuta sul cimitero del paese:
le tegole della copertura dell’ingresso sono volate via, così come fiori, statue e vasi, mentre parte
della
Erica Bet
recinzione
dell’area
nuova
è
stata
sfondata.
Mercoledì 8 luglio, pag. 9
Si parte dall’agricoltura: ripristino immediato delle
scoline
Sernaglia
(Ma.C.)Le conseguenze più drammatiche del dissesto idrogeologico dell’intera area del Quartier
del Piave per il momento le patisce Sernaglia, ma il problema è globale e da sola
un’amministrazione non può risolverlo. Di questo è ben consapevole la neo sindachessa Sonia
Fregolent che ha deciso di far discutere l’emergenza del suo territorio in Conferenza dei servizi,
cioè da tutti i Comuni interessati. Perchè quel J’accuse che arriva dal territorio sta invitando gli
amministratori a fare un critico e attento esame di coscienza, evidenziando come questi allagamenti
siano il risultato, di uno sviluppo, che seppur necessario, ha profondamente inciso il nostro
ambiente. «Per risolvere questo problema serve la collaborazione di tutti e purtroppo i tempi
saranno lunghi - spiega Fregolent - spero che la Conferenza dei servizi venga convocata prima del
consiglio comunale che si svolgerà giovedì 16. In questa sede spiegherò gli interventi strutturali che
sono stati individuati dai tecnici e dal Brentella per risolvere definitivamente il problema. Stiamo
cercando di individuare il sito migliore dove realizzare le casse di espansione e cercheremo di
realizzare l’intervento nel minor tempo possibile».
Intanto la prima risposta certa e severa arriva Rudy Mazzero, da un mese assessore agricoltura: «A
breve sarà pronto il nuovo regolamento di Polizia rurale con il quale verrà fatto obbligo di riaprire
le scoline chiuse ai lati dei campi e di ripristinare le capezzagne: l’agricoltura intensiva ha già fatto
tanti danni, ha dissestato il territorio tanto quanto il cemento e ora è arrivato il tempo di dire basta afferma - questa situazione va affrontata su diversi fronti, perchè ha diverse cause: l’edificazione
selvaggia, la mancanza di controllo da parte degli enti che se ne devono far carico, contadini che
fanno quello che vogliono e che arrivano a chiudere le scoline solo per guadagnare un metro di
coltivazione in più. Il tutto aggiunto a un clima che si sta tropicalizzando. Ma il maltempo ha solo
messo in in evidenza la precarietà del nostro territorio».
Mercoledì 8 luglio, pag. 8
Mercoledì 8 luglio, pag. 15
Dopo il primo caso, ansia per l’inverno: l’influenza colpirà un cittadino su tre. L’Usl 9 prepara le
vaccinazioni
Febbre suina, così si evita il contagio
I medici di famiglia fanno prevenzione: attenti, è come l’asiatica del 1957
«L’influenza suina come l’Asiatica del 1957». Ovvero rischierà di mettere a letto milioni di
persone ma senza provocare decessi. Questo almeno è lo scenario dipinto da Brunello Gorini,
presidente regionale della Federazione medici di famiglia. Intanto all’Ulss 9 c’è attesa per
capire come si svolgerà la campagna di vaccinazione.
Non provocherà morti come in Messico (dove chi è stato vittima dell’influenza viveva in
condizioni igieniche pessime), ma rischia di paralizzare il paese costringendo all’isolamento una
massa enorme di persone, come ricorda chi era è stato testimone nel 1957 della celebre influenza
Asiatica.
A Treviso i contano una diffusione di un trevigiano su tre. La causa? Le caratteristiche di questa
influenza. «Si tratta di un virus pandemico ma poco virulento - spiega Brunello Gorini - Se viene
curato come si deve non provocherà tragedie. Il rischio è che questo virus si unisca a un altro poco
pandemico ma molto virulento, cioè che colpisce poche persone ma pericoloso. L’unione dei due
può portare alla diffusione di un virus molto diffuso e contemporaneamente pericoloso. Ma è
un’eventualità rara». Ai medici di base trevigiani è stato spedito già ad aprile, quando da
oltreoceano è arrivato l’allarme, un vademecum per la buona cura dei propri pazienti che dovessero
manifestare i sintomi della «suina». «Siamo pronti ad affrontare ad affrontare malattie rare e
improvvise - rassicura Gorini - saremo pronti anche a far fronte a un’influenza annunciata». Intanto
all’Ulss 9 si attendono notizie sulla distribuzione dei vaccini specifici per l’influenza suina.
«Non sappiamo ancora né quante dosi avremo a disposizione e quando cominceremo con la
campagna di vaccinazione - dice Giovani Gallo, direttore dell’Ufficio igiene dell’Ulss 9 - Sappiamo
solo che per l’influenza normale si rispetteranno i tempi e i calendari di somministrazione di tutti gli
anni, mentre per il vaccino dell’influenza suina si procederà secondo altre scansioni». Dunque
l’azienda sanitaria trevigiana si sta attrezzando al meglio per affrontare un possibile allarme che
potrebbe emergere nei mesi invernali. Ma i vertici dell’Usl assicurano che ora è tutto sotto
controllo. (Laura Canzian)
Mercoledì 8 luglio, pag. 6
Il Comune si schiera dalla parte dei cittadini per
bloccare la vasca di liquami di Campigo
CASTELFRANCO - (MC) Il Comune si schiera contro l’arrivo di una quantità incalcolabile di
liquame a Campigo. Il paese è sul piede di guerra da quando, la settimana scorsa, su un terreno
vicino a delle abitazioni in via Alture, ai confini con Resana, si sono presentate delle ruspe per
spianare e consentire i lavori di realizzazione di una vasca di stoccaggio di liquame proveniente
dall’allevamento intensivo dei maiali. Il Comune, che non ha rilasciato alcuna autorizzazione, ora
pare pronto a schierarsi dalla parte dei cittadini e farà il possibile per evitare che il liquame arrivi a
Campigo per aspettare la primavera e quindi essere smaltito nei campi. «Ora stiamo esaminando
tutta la documentazione che ci è pervenuta – fa sapere l’assessore ai Lavori Pubblici Plinio
Bergamin -. Vedremo se sarà possibile opporci in qualche modo, dato che anche noi, come
amministrazione comunale, riteniamo non sia un progetto che fa bene al paese. Per il momento non
abbiamo rilasciato alcuna autorizzazione». «L’obbiettivo che ci prefiggiamo ora – dice sempre
Bergamin - è di riuscire a trovare una soluzione diversa, magari vicino alla porcilaia di Salvatronda.
Stiamo facendo tutte le verifiche del caso. C’è da vedere se tutta la documentazione presentata è a
posto oppure no. Certamente è un progetto che se realizzato comporterà anche dei problemi dal
punto di vista viario al paese». La documentazione, secondo quanto ha riferito l’assessore, sarebbe
arrivata in Comune solo venerdì della settimana scorsa, tant’è che dopo la segnalazione del via ai
lavori i tecnici comunali ne hanno imposto la sospensione. Il Perché le ruspe si fossero già mosse
per ora è un piccolo giallo. Per domani, giovedì 9 luglio, è stata fissato un incontro pubblico dove è
invitata la popolazione. L’appuntamento è alle 21. Ad organizzarlo è stata l’associazione frazionale
di Campigo, che non appena ha saputo della novità ha iniziato a cercare di ottenere informazioni sul
progetto che ha intenzione di realizzare l’allevatore di Salvatronda. L’associazione frazionale ha
fatto sapere che ci sono voci che parlano di una vasca per il contenimento di liquami derivanti da
allevamenti di suini tra le più grandi d’Italia. Si tratterebbe di una struttura a tenuta stagna ed
ermetica, che in teoria non dovrebbe rilasciare odori. Ma ovviamente questo non basta alla gente del
paese e soprattutto a coloro che si ritroveranno con la vasca a poche decine di metri da casa. Dopo
l’incontro di domani dovrebbe essere avviata una raccolta firme finalizzata ad osteggiare il progetto.
Mercoledì 8 luglio, pag. 8
L’ambientalista Bettin: «Ennesima concessione alla lobby»
Caccia ad altre 11 specie
Ieri in commissione il via libera alle deroghe
Province ed associazioni chiedono di estendere gli abbattimenti a nutrie e cinghiali
VENEZIA. La Quarta commissione - Agricoltura, caccia, pesca - del Consiglio regionale, ha
approvato con i voti di Pdl (astenuto Bond) e Lega Nord, (contrari Pd, Idv e Verdi), il testo di legge
per la caccia in deroga. In particolare il consigliere dei Verdi Bettin, si è opposto «ad una nuova
strage di uccelli in deroga alle leggi nazionali ed europee, che rappresenta l’ennesima concessione
alla
lobby,
sempre
meno
numerosa
ma
sempre
più
potente».
Il provvedimento ripropone, in vista dell’apertura della stagione venatoria - in programma l’11
settembre - la possibilità da parte dei cacciatori di abbattere capi di specie avicole vietate dalla
direttiva Cee (79/409 del 1979). Il testo licenziato dalla commissione, unificazione di due progetti
presentati, dalla Giunta e dalla Lega. Il primo prevede che nella stagione 2009-2010 in Veneto si
possano cacciare lo storno, il fringuello, la peppola, la pispola e il prispolone mentre il secondo
aggiunge piviere dorato, frosone, gabbiano reale, cormorano, tortora dal collare e verdone. Il testo
prevede anche il tetto massimo di capi abbattibili da ciascun cacciatore per ogni giornata e per
l’intera stagione. La parola definitiva sulla legge passa ora all’aula del Consiglio che la prenderà in
esame in una delle sedute che verranno convocate prima della pausa estiva. La commissione prima
di licenziare il testo aveva incontrato i rappresentanti delle Province venete e delle organizzazioni
venatorie che, pur d’accordo con la proposta di caccia in deroga, avevano suggerito ai legislatori
regionali di prendere in considerazione la possibilità di abbattere animali nocivi non volatili come
nutrie e cinghiali, sollecitando l’approvazione della legge che regionalizza l’Istituto per la fauna
selvatica. Decisamente contraria la posizione degli ambientalisti e, in particolare, del rappresentante
di settore della Lav che ha sottolineato i numerosi pronunciamenti del Tar del Lazio, del Consiglio
di Stato e della Corte Costituzionale nei confronti della normativa nazionale e regionale di
recepimento della direttiva Cee in materia di fauna selvatica, ricordando la censura della Consulta
nei confronti della Lombardia per aver scelto lo scorso anno, lo strumento della legge, anziché della
deliberazione amministrativa per regolamentare la caccia in deroga.
Mercoledì 8 luglio, pag.
Mercoledì 8 luglio, pag. 3
Mercoledì 8 luglio, pag. 3
Mercoledì 8 luglio, pag. 3
Mercoledì 8 luglio, pag. 3
Mercoledì 8 luglio, pag. 4
Moro a un convegno degli architetti
Infortuni sul lavoro
La Marca "sorride"
È la provincia in cui sono calati di più
Migliora anche l’edilizia: fondamentale la prevenzione con gli immigrati
Gli infortuni sul lavoro sono in calo, soprattutto nei cantieri edili. E Treviso si rivela una provincia
virtuosa poiché nel 2008 i lavoratori coinvolti e feriti in un incidente si sono fermati a quota 1552
con una diminuzione del 18,6 per cento. Erano 1828 nel 2007 e 1906 nel 2000. Il trend risulta in
continuo calo e ciò grazie alla «sinergia tra enti coinvolti, dalle Usl agli ordini professionali ai
datori di lavori agli stessi lavoratori che accettano di frequentare i corsi di formazione».
A sostenerlo il dottor Giovanni Moro dirigente dello Spisal nell'Usl 7 di Conegliano. L'esperto della
prevenzione è intervenuto ieri pomeriggio al convegno promosso nel centro congressi dell'hotel Ca’
del Galletto di Treviso dall'Ordine provinciale degli architetti. Oltre duemila iscritti, molti dei quali
impegnati nei cantieri e soprattutto toccati dal decreto legislativo 81 del 2008 che ha introdotto
norme restrittive in materia di sicurezza e pesanti sanzioni. A dipanare il bandolo della matassa
normativa l'avvocato Gianfranco Nicosia, che supporta l'Ordine e il gruppo di lavoro sorto proprio
per approfondire i dettagli del decreto, proponendo eventuali modifiche da sottoporre in sede
nazionale. Al di là dei dettagli tecnici, ciò che emerge dal quadro generale è un impegno a tutto
campo per rendere il cantiere un luogo di lavoro più sicuro.
I risultati sono buoni in tutto il Veneto dove gli infortuni riconosciuti dall'Inail sono calati da 10809
(dato 2000) a 8512 (2008) con un ridimensionamento del 21,5 per cento. Se guardiamo ai numeri
assoluti Treviso si colloca leggermente al di sotto della media regionale con un 18,6 per cento. Ma
se analizziamo l'incidenza, ovvero il numero di infortuni ogni mille abitanti, le cose cambiano
perché la Marca risulta meno toccata dalla crisi dell'edilizia rispetto ad altre province. Verona,
Vicenza, Belluno e Venezia riportano una differenza tra il 2000 e il 2005 del 19 per cento, Padova e
Rovigo del 21 mentre Treviso del 23. Questo significa che secondo il Coreo, Centro regionale per
l'epidemiologia del Veneto, a Treviso gli infortuni per mille lavoratori sono passati dal 63,5 per
cento del 2000 al 45,8 del 2005.
Buona parte dei risultati si deve al lavoro svolto sul fronte della prevenzione coinvolgendo gli
immigrati. I lavoratori stranieri nell'edilizia costituiscono nella Marca quasi la metà dei soggetti, che
però si infortunano il doppio, poiché sono quelli che compiono le attività maggiormente a rischio.
Se cala la percenutale degli infortuni, dunque, cresce la sensibilità dei professionisti. L'Ordine degli
architetti ha deciso di investire sul fronte della sicurezza e della formazione anche perché la
normative prevede maggiori responsabilità (e multe salate). Ciò avviene sia all'interno degli studi
sia nei cantieri edilizi. «È necessario dedicare la massima attenzione in tutte le fasi del lavoro, dalla
progettazione alla realizzazione, al fine di ridurre drasticamente le possibilità di infortuni» afferma
il presidente dell'Ordine, l'architetto Italo Rebuli, convinto che «una gestione approssimativa a
monte alza la soglia di rischio a valle».
Laura Simeoni
Mercoledì 8 luglio, pag. 26
Lorenzaga: sono 18 le medaglie d’oro in esposizione
Mostra dei vini: 40 anni
MOTTA DI LIVENZA. La Mostra dei vini di Lorenzaga con il Consorzio Vini Doc LisonPramaggiore, compie 40 anni, con un crescendo di prodotti di qualità in esposizione. Quest’anno,
fra i 130 vini presenti di 50 aziende vinicole, ben 18 sono medaglie d’oro, per l’alto livello
qualitativo, ed ogni anno si registra un incremento dei punteggi assegnati dagli enologi ai vini
presenti in mostra. «Lorenzaga, un mosaico di vigneti, tanti appezzamenti su terreni diversi
geologicamente per prodotti di qualità». La 40ª mostra dei vini di Lorenzaga sarà aperta fino al 13
luglio. Per l’occasione è stato stampato un opuscolo «Storia e dintorni» che rende omaggio a don
Luigi Botter, parroco di Lorenzaga dal 1947 al 1969. (g.p.)
Mercoledì 8 luglio, pag. 9
Anas, 6,6 miliardi per il Veneto
Il presidente Ciucci: «1,6 miliardi solo per la nuova Romea commerciale»
Al Veneto riserviamo molto attenzione In un triennio aperte venti nuove strade
di Stefano Zadro
PORTOGRUARO. «Il Veneto è una delle Regioni italiane alle quali l’Anas riserva la
maggiore attenzione: tra lavori stradali e autostradali in corso, in fase di avvio e
programmati, si arriva a 6,6 miliardi di euro». Parola di Pietro Ciucci, presidente dell’Anas, il
gestore della rete stradale ed autostradale italiana, il cui compartimento del Veneto
amministra circa 808 km di strade. Ieri l’Anas ha inaugurato il secondo tratto funzionale
della tangenziale di Portogruaro.
Un’occasione per tracciare quello che sarà il futuro in investimenti e progetti per la Regione.
Partiamo
dal
bilancio.
Per
la
prima
volta
Anas
chiude
in
attivo.
«Abbiamo chiuso con un utile di 3,5 milioni di euro, utile che sale a 5 milioni a livello consolidato.
E’ il frutto di un percorso, di un’efficienza gestionale: nel 2005 Anas aveva i conti in rosso per 500
milioni di euro».
A quanto ammonta l’impegno di Anas nel Veneto?
«Al Veneto Anas riserva molta attenzione: arriviamo a 6,6 miliardi di dieuro, di cui 3,6 miliardi
relativi alla rete Anas e 3 miliardi relativi alla rete autostradale in concessione. Nell’ultimo triennio
in Veneto abbiamo aperto al traffico 20 nuove strade o tratti stradali di grande importanza, per un
importo complessivo di oltre 374 milioni di euro. Attualmente i lavori in corso o di prossimo avvio
sono pari a circa 130 milioni di euro (oltre 105 milioni per nuove opere e circa 20,5 milioni per
lavori di manutenzione). Il programma Anas di qui al 2011, prevede interventi per oltre 1.800
milioni di euro, di cui 1.750 milioni per nuove opere e circa 80 milioni per la manutenzione della
rete. Per la rete autostradale, Anas prevede investimenti complessivi fino al 2016 per oltre 3 miliardi
di euro, con la costruzione di più di 160 km, nuovi o da ammodernare. Assieme alla Regione Veneto
abbiamo recentemente costituito la Concessioni Autostradali Venete, una società mista che ci vede
partecipi al 50% e che, primo esempio in Italia, si occupa di gestire importanti tratte autostradali a
pedaggio, ovvero il Passante di Mestre e, dal novembre prossimo, la Venezia-Padova. Con una
rilevante differenza rispetto alle altre concessionarie autostradali: ogni euro di utile, sarà reinvestito
nel
potenziamento
della
rete
infrastrutturale
viaria
della
regione».
Il programma Anas prevede tra l’altro la Variante di Campalto (gara al via dal 22 luglio); la
variante di Tessera e il 3 lotto della Variante di San Donà di Piave sulla strada statale 14
«della Venezia Giulia».
«Abbiamo un forte impegno nell’area - spiega Pietro Ciucci - non dimentichiamoci il Passante di
Mestre, di fresca inaugurazione, o la terza corsia della A4, su cui c’è stata una forte accellerata. C’è
un gap infrastrutturale, ma si sta riscoprendo il principio keynesiano che l’investimento
nell’infrastruttura vale il doppio: si dà lavoro aumentando la ricchezza e si accresce la competitività
del
territorio»
«Uno dei più grossi impegni sarà la realizzazione del corridoio di viabilità autostradale dorsale
Civitavecchia-Orte-Mestre, opera che verrà realizzata in nove anni attraverso il project financing.
L’investimento supera i 9 miliardi di euro, di cui 1,6 miliardi di euro saranno impiegati per la
realizzazione del tratto veneto. Un altro elemento di discussione è l’impegno nella manutenzione
delle strade».
Mercoledì 8 luglio, pag. 10
Il ministero non paga: «Un malcostume»
Zaia sul caso delle ditte non ancora pagate per i lavori dell’Icq: «Richieste sacrosante
Susegana
Manca il visto di Tremonti sul via libera al pagamento delle aziende che hanno realizzato la nuova sede
dell’Ispettorato centrale per il Controllo della Qualità dei prodotti agroalimentari. Il debito non riguarda
il ministero dell’Agricoltura, di cui l’Icq è uno dei bracci operativi, bensì quello dell’Economia al quale
l’Icq ha girato le spese della commessa che nel giro di uffici è passata anche per il Magistrato delle
Acque. «La richieste della ditta sono sacrosante, conosco la pratica che riguarda oltretutto uffici
strategici come il Crai e l’Icq che opera per la sicurezza alimentare, purtroppo è un problema di cassa –
spiega il ministro Luca Zaia – Stiamo facendo il diavolo a quattro per avere i soldi dal ministero
dell’Economia. Abbiamo creditori per 40 milioni di euro, lo Stato è solvente ma le spettanze vengono
liquidate secondo criteri cronologici». E la lista d’attesa è ben lunga; i 5.200.000 euro complessivi
stanziati per la costruzione della nuova sede Icq fanno parte di quei quasi 4 miliardi di euro di risorse
pubbliche che dovrebbero servire per pagare tutti i fornitori dello Stato e che sono state bloccate con la
Finanziaria 2008. «Sembra che ci sarà un’anticipazione del 20% che corrispondono a 8 milioni di euro –
aggiunge il ministro Zaia – Non è purtroppo una novità che le amministrazioni pubbliche facciano
attendere a lungo i pagamenti, è un malcostume generalizzato». Non si tratta di insolvenza da parte
dell’Icq piuttosto che del ministero delle Politiche Agricole, la commessa infatti era coperta all’atto
della stipula del contratto e i documenti sono già stati tutti trasmessi al ministero dell’Economia; dal
punto di vista tecnico e burocratico sono state percorse tutte le strade fanno sapere dall’Icq che non si è
limitato a trasmettere le carte, bensì ha collaborato alla stesura dell’atto ingiuntivo condividendo il
disagio con le aziende. «Siamo consapevoli del disagio che le ditte stanno subendo – afferma Gianluca
Fregolent, direttore dell’Icq – ma siamo altrettanto consapevoli di aver fatto tutto quello che potevamo
fare, come potrà confermare la ditta stessa». Questo aspetto infatti l’aveva chiarito anche la Terme
Idraulica, l’azienda di Montegrotto Terme che tra tutte le società facenti parte dell’associazione
temporanea di imprese costituita per portare a termine i lavori è quella che rischia di più, vedendosi
costretta a chiudere entro l’estate se non riceverà il pagamento. Dall’inizio dei lavori ha incassato
soltanto 110.675,70 euro nel novembre 2007 su un totale di 897.516,08 euro. La Terme Idraulica è
un’impresa artigianale per la quale un’esposizione così prolungata e di tale entità risulta essere letale,
tanto da costringerla a chiudere lasciando in difficoltà venticinque famiglie. Da parte del ministro Zaia
c’è la piena disponibilità a riceverli:«non ho nulla da nascondere e non è una situazione che ho creato io,
anzi da imprenditore li capisco» afferma. Elisa Giraud
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