Mensile di informazione e cultura di Camino e frazioni Anche loro vanno in vacanza Aut. Tribunale di Casale Monf. n.258 del 16/01/2009 Anno II - N.3 (9) - Maggio - Giugno 2010 stampato su carta riciclata Il Picchio [email protected] Foto di Roberto Lavagno Editoriale A volte bisogna guardare le cose da lontano per vederle meglio. Nel mio caso qualche mese fa ho sentito il bisogno di prendere una pausa dal giornale. Ero arrivata ad un punto in cui non capivo che direzione avessimo preso, così ho chiesto un momento per capire meglio. Le voci che Il Picchio fosse un giornale di parte si sprecavano, ma da esterna ne ho sentite di tutti i colori. Si diceva che Il Picchio fosse nato per aiutare l’attuale amministrazione, per contro altri sostenevano che fosse schierato con la tale lista di minoranza... poi ho avuto un po’ di tempo per riflettere e mi sono resa conto di quale sia la realtà: ovviamente ogni persona all’interno di questo gruppo ha le proprie idee che vengono rispecchiate da quello che dice e fa, ma è anche vero che siamo esseri pensanti, non si può essere del tutto neutrali. Anzi, proprio per il tentativo di essere neutrali, di cercare assolutamente di non immischiarsi in affari “politici”, spesso i nostri “scrittori” (perchè nessuno di noi si definisce “giornalista”) hanno moderato i toni, hanno mediato, o sono stati moderati da tutto il gruppo. E a quanto pare Il Picchio resiste anche alle malelingue perchè arrivano in redazione sempre più lettere di persone interessate a dire la propria o a collaborare con il giornale, così spesso dobbiamo decidere cosa pubblicare e cosa no. Diamo la precedenza ad articoli e lettere che possano avere un interesse pubblico, chiaramente non ci mettiamo a pubblicare la lettera di tizio che litiga col vicino per un metro di terreno, nemmeno vogliamo pubblicare ciò che riteniamo pura polemica sterile, fortunatamente ne abbiamo cestinate ben poche e ne abbiamo apprezzate moltissime! Grazie per il coraggio di uscire dal guscio, di chiedervi: “cosa posso fare io per migliorare le cose?” Continuate così! Mara Begnini 2 Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010 attualità Amianto: monitoraggio e bonifica La situazione del censimento e le modalità di intervento B enché sia obbligatorio per ogni proprietario di immobile procedere alla manutenzione periodica sul fabbricato con presenza di amianto, secondo il D.M. 06/09/1994, a pena di sanzioni (da 3.600 a 18.000 euro), basta guardarci attorno per osservare che permane la presenza di amianto in pessime condizioni. E questo motiva il vademecum, destinato ad ogni cittadino, che vi è stato consegnato. Questo piccolo opuscolo, pubblicato dall’assessorato Ambiente del Comune di Casale Monferrato e distribuito nei 48 comuni dell’ ex Usl 76, spiega in modo chiaro le varie procedure ed a chi rivolgersi quando si intende bonificare il proprio tetto di fibrocemento, i feltri, piuttosto che bonificare il “polverino” che veniva utilizzato come miscela con il cemento per realizzare le pavimentazione dei cortili e per isolare i sottotetti e le intercapedini. Questo fa parte delle numerosi iniziative intraprese dal Comune di Casale, vero e proprio primo attore suo malgrado di una politica di risanamento, con l’attuazione dei primi provvedimenti importanti sul suo territorio in materia di amianto ancora prima che ci fossero leggi nazionali. Alcune tappe: nel 1987 con un’ordinanza si vietò l’utilizzo dell’impiego di lastre manufatti in cemento-amianto; solo nel 1992 fu votata dal parlamento la legge 257 che vietò questo impiego. Al 1989 risale l’adozione, a Casale, di misure come l’obbligo di osservare precauzioni nello smontaggio e rimozione coperture e l’obbligo per i proprietari di edifici pubblici, locali aperti al pubblico e di utilizzazione collettiva, di blocchi di appartamenti, di singole unità abitative, degli edifici destinati ad attività produttive, commerciali e terziarie di dichiarare ovvero censire i fabbricati presso l’Asl. Il comune ancora una volta superava la norma regionale che imponeva l’obbligo del censimento solo per gli edifici pubblici. Nello stesso modo il Comune di Casale ha implementato dal 1989 gli incentivi alle bonifiche. Un servizio di ritiro a domicilio con trasporto e smaltimento fino a 200 mq venne inaugurato nel 1997; dal 2001 lo stesso servizio fu portato fino a 500mq per i siti in Casale. Dal 2006 è stato esteso su tutto il territorio dell’Asl 76. E nel 1994 su iniziativa del Comune di Casale sono stati acquistati i magazzini Eternit e poi lo stabilimento, nel 1995, per essere bonificati. L’elenco è lungo e potete consultarlo sul sito stesso del Comune di Casale. Per quanto concerne gli aiuti ai cittadini, sono già stati aperti tre bandi da parte del comune stesso per poter consentire l’inserimento in una graduatoria e accedere a contributi, nel 2005, nel 2007 e poi nel 2009. Per ottenere questi fondi bisogna prima procedere al censimento della propria casa… Ma la vera novità che ci illustra l’opuscolo riguarda la nuova misura attuata, che consiste nel poter procedere direttamente in proprio, per ogni proprietario, alla rimozione per delle piccole quantità, seguendo la debita procedura; si pensa in particolare a chi ha piccole coperture come quella di un pollaio o di una rimessa (vedere dettagli nell’opuscolo). Al momento tanti sono ancora in graduatoria e aspettano di ricevere i contributi. E quindi si potrebbero avere dei dubbi sull’efficacia di questa azione e sulla possibilità di ricevere i fondi. Abbiamo interpellato la dott. Coggiola del Servizio Ecologia che sul tema ci ha rassicurato e gentilmente fornito alcuni dati: “Per quanto riguarda le pratiche avviate dal 2006 al 2010, compreso lo scorrimento graduatorie appena approvato, abbiamo un totale di 1054 bonifiche, per circa 420.000 mq (41% delle richieste) e un impegno di 11,4 milioni di euro. La maggior parte delle bonifiche è stata eseguita, le ultime avviate ora (224) sono previste entro dicembre 2011. A Camino ci sono 23 richieste, corrispondenti a 3.650 mq”. Il totale delle richieste sui tre bandi finora pubblicati è di 2125, per un totale di mq 1.025.890,40 e 26,5 milioni di euro. Finora il Ministero ha assegnato fondi per un valore di 12 milioni di euro mentre ad ottobre 2009 sono già stati richiesti nuovi fondi per continuare le attività (si tratta della 3a integrazione dopo quelle del 2006 e del 2008. Dai dati si rileva che nel nostro comune le pratiche aperte rispetto al numero degli abitanti sono poche: all’amministrazione comunale il compito non facile di informare di più e attuare strategie per farci passare nell’elenco dei comuni più attenti all’ambiente. Purtroppo per risanare ci vorrà del tempo, diversi decenni o forse più. L’amianto è una sostanza ampiamente diffusa non solo qua da noi ma su tutto il territorio nazionale, senza parlare di tutti gli altri Paesi interessati dallo stesso problema. A ciò si aggiungono impedimenti di entità finanziaria, di natura sanitaria e di sicurezza. Non si riescono a svolgere più di un certo numero di attività di bonifica in una stessa zona; preso atto delle numerose domande, si era quindi deciso in un primo tempo di dare priorità agli Le news in materia di bonifica amianto pacchetto di servizi certificati per la rimozione dell’amianto e l’installazione del fotovoltaico, dall’altra creerà un elenco degli istituti bancari che diano prodotti di finanziamento a condizioni favorevoli per i cittadini che affronteranno le spese di bonifica e di interventi per il risparmio energetico». Il cittadino, consultando il sito internet del Comune di Casale, potrà infatti scegliere una delle ditte ivi indicate; queste, oltre alla bonifica del tetto, garantiranno anche la realizzazione del manto sostitutivo e l’installazione dell’impianto fotovoltaico; la compilazione delle pratiche amministrative e delle autorizzazioni necessarie; una consulenza finanziaria per la copertura dell’investimento ed infine la manutenzione dell’impianto con garanzia assicurativa. Oltre a ciò, il Comune ha poi coinvolto alcuni istituti bancari al fine di ottenere prodotti di finanziamento (ovvero mutui e prestiti) a condizioni favorevoli per gli utenti. «I cittadini – ha continuato l’Assessore Vito De Luca – potranno quindi bonificare i loro tetti ed avere un impianto fotovoltaico per la produzione dell’energia elettrica, solamente con una firma: la ditta espleterà tutte le incombenze tecnico – amministrative e il finanziamento ottenuto dalle banche potrà essere coperto con i soldi ricevuti dal conto energia (la vendita dell’energia elettrica prodotta dal fotovoltaico al gestore)». A tutelare ulteriormente il cittadino ci sarà l’A. P. E. V. V. ovvero l’Agenzia Provinciale per l’Energia del Vercellese e della Valsesia che, oltre a fornire supporto tecnico per la qualificazione delle ditte alle quali rivolgersi, valuterà la completezza e la congruità dei preventivi che le stesse sottoporranno ai richiedenti. Per diffondere in maniera capillare questo importante progetto, con la speranza di ottenere in tempi brevi la rimozione definitiva dell’amianto dal nostro territorio, l’iniziativa sarà presto illustrata in specifici incontri nei 48 comuni che compongono l’ambito territoriale della A. S. L. 21, tra i quali, ovviamente, figura anche Camino. Elisa Massa Dopo aver fatto circolare, nell’aprile scorso, un vademecum informativo in materia di bonifica dell’amianto, ora il Comune di Casale segna un altro importante punto nella sua battaglia contro la permanenza nel proprio territorio di questa pericolosa fibra minerale. Si è così realizzato il protocollo “Amianto + fotovoltaico”: un progetto articolato per dare un aiuto molto concreto a tutti quei cittadini volonterosi di liberarsi delle coperture in cemento – amianto ancora presenti nelle proprie case. Al fine di presentare questa iniziativa, mercoledì 21 luglio, si è svolta una conferenza stampa in Comune a Casale, alla quale hanno presenziato l’Assessore all’Ecologia Vito De Luca ed il sindaco Giorgio Demezzi. Queste le parole di De Luca per spiegare il progetto: «Da una parte il Comune creerà un elenco (disponibile sul sito istituzionale www.comune.casale-monferato.it) delle ditte che si impegnano a fornire un 3 edifici pubblici su quelli privati, e tra i pubblici alle scuole, nel privato all’uso residenziale rispetto alle aziende e così via. Ricordiamo che in applicazione della legge 257 del 27 marzo 1992, il D.P.R. 8/8/94 stabiliva che le Regioni e le Province autonome predisponessero un censimento puntuale dell’amianto sul territorio di propria competenza e un conseguente piano di bonifica e gestione dei rifiuti. Il Ministero dell’Ambiente e Tutela del Territorio (MATT) con legge 23/3/2001 n.93, art. 20, ha stabilito che doveva essere realizzata una mappatura completa della presenza di amianto sul territorio nazionale e degli interventi di bonifica urgente. Il successivo D.M. n.101 del 18/3/2003, ha fissato il regolamento per la realizzazione di tale mappatura e dei relativi interventi. Tale decreto prevedeva inoltre che le Regioni, anche avvalendosi della collaborazione di organismi tecnico-scientifici tra i quali l’ISPESL dovevano definire la procedura per la determinazione degli interventi di bonifica ritenuti urgenti. La realtà è ben diversa poichè esistono alcune lacune del sistema di monitoraggio: il mancato censimento sistematico e obbligatorio dei privati che porterebbe ad una mappatura certa dei luoghi e delle quantità di amianto sul territorio. Al momento la mancata denuncia non viene sanzionata poiché evidentemente si è scelto di optare per una azione volontaria da parte del cittadino per ora condizione obbligata per ottenere i fondi. Questa campagna d’informazione dovrebbe incentivare il censimento. Però è chiaro che gli abbandoni abusivi rilevati da noi in aperta campagna, ci danno dei segnali evidenti che bisognerà a un certo punto passare ad un livello superiore. Il censimento obbligatorio potrebbe essere eseguito dai singoli comuni che hanno diretta conoscenza del loro territorio. Con l’ausilio di persone competenti si otterebbe una mappatura efficace e una visione più aderente della dimensione del problema quindi una migliore pianificiazione finanziaria, delle bonifiche ecc. Al vademecum deve seguire un contatto diretto per far capire la gravità del problema. Ricordiamo ancora che gli interventi sul polverino possono essere affrontati nell’urgenza e totalmente a titolo gratuito. Il tema “tetto d’amianto” è più delicato perchè richiede un impegno finanziario maggiore anche se in parte coperto, ma quanto meno si può programmare. Vi invitiamo ad informarvi presso gli sportelli menzionati e procedere al censimento della propria casa nel caso di presenza di amianto e soprattutto chiedere un sopralluogo nel caso si sospetti la presenza di polverino d’amianto. L’amianto non ha odore, non brucia, non è visivamente pericoloso ma dopo anni d’incubazione uccide e probabilmente questo risulta essere il maggiore ostacolo. Non ci sono infatti segnali evidenti che siamo a rischio. In conclusione siamo doppiamente vittime: vittime di una scelta edilizia che rischia di farci morire e vittime perchè dobbiamo anche pagare per smaltire l’amianto. Questo è il paradosso ma non abbiamo scelta. Cathy Bernard e Pier Iviglia attualità Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010 L’antenna e il parroco Una diatriba aperta e ingarbugliata D omenica 11 luglio 2010 alle 16.00 si è svolta l’annuale processione della comunità di Castel San Pietro presso la loro chiesa di San Pietro Apostolo. Un fuori programma si è verificato nei pressi di tale chiesa dove l’emittente cattolica Radio Comunità possiede il traliccio con le antenne per le trasmissioni, attualmente in avaria. La chiesa e relativo traliccio sono interamente circondati dalla proprietà del sig. Barboro che è anche priore della chiesa, nominato dalla curia. Il sig. Barboro in passato recintò l’intera proprietà e di conseguenza anche la chiesa; l’accesso all’antenna era comunque subordinato ad una procedura per programmare la visita, in quanto sulla proprietà vi erano diversi cani liberi di grossa mole. Il cambio delle serrature da parte del Barboro, negli ultimi tempi ha reso vano ogni tentativo di riparazione. Ecco che durante la temporanea apertuta di domenica, tecnici e Don Guido, presidente della radio, si sono recati presso il vano sotto la chiesa che ospita gli amplificatori per tentare un ripristino; hanno trovato il priore che fisicamente e verbalmente si opponeva al loro passaggio; appurato che la porta di accesso al vano era stata saldata, per procedere alla rimozione del blocco si rendeva quindi necessario l’intervento dei Carabinieri della locale Stazione di Pontestura, il cui arrivo ha evitato che la situzione degenerasse. I militari hanno peraltro preso atto di un grosso scavo alla base del traliccio che andrebbe messo sotto attenzione. Alcuni fedeli mi hanno evidenziato il loro disagio per la situazione: nell’unico momento annuale in cui accedono alla loro chiesa, non è certo edificante vedere tali situazioni a margine. Di fatto, per parola dello stesso priore, la chiesa è una “enclave”, ed è vero visto che la parola deriva dal tardo latino inclavatus che significa “sotto chiave”, cosa applicata alla lettera voltando le spalle al buon senso. Si spera tuttavia si arrivi ad una più ragionevole interpretazione del termine. Il Barboro, interpellato sulla situazione, si è trincerato dietro un “no comment”, motivando la posizione con il fatto che la curia di Casale, al momento, non si è ancora espressa. Intanto il parroco Don Maj, al quale più volte sono state chieste risposte, volge lo sguardo alla curia stessa, attendendo numi e ispirazione. Questi gli ultimi fatti. Precisiamo per la verità che alla radio era arrivata una lettera datata 27 maggio 2008 che intimava una sorta di sfratto citando che ciò si rendeva necessario dati i futuri progetti a cui l’area veniva destinata: portava la firma del parroco di Camino e del priore. Su tale colle esiste infatti un progetto che prevede la costruzione di un complesso con hotel di lusso e centro benessere e potete prenderne visione all’indirizzo internet “www. locchiodelmonferrato.com”. L’attuale amministrazione di Camino e la precedente si sono dimostrati favorevoli a tale progetto. Di certo possiamo rilevare che il priore ha dalla sua caparbietà e tenacia oltre che un indiscusso attaccamento per questi luoghi. Non la stessa cosa si può notare per il resto della popolazione, a parte poche persone. Inoltre un traliccio addossato alla chiesa, qualora il luogo diventi visitabile non è un bel vedere; giusto valutare un suo trasferimento in luogo di minor impatto, ma coi tempi necessari e senza interrompere le trasmissioni. Ancora riflettendo... anche la processione dei fedeli di domenica seppur vera e sentita dai presenti mi ha dato una vena di malinconia: mi ricordava i rituali concessi agli indiani delle riserve americane sotto stretto controllo delle autorità e terminati i quali tutti a casa, se ne parla l’anno prossimo. Vorrei ora cercare di distaccarmi da queste vicende per fare alcune osservazione da lasciare alla valutazione: si vede che il nostro territorio agricolo è molto mutato e a trarre vita da esso sono ormai in pochi irriducibili; la ruralità legata alla vacca nella stalla è per noi un vecchio ricordo; ora esiste il turismo verde che ci potrebbe aiutare, agriturismi, piccoli ristoranti tipici, “letto e colazione”. Ma perchè la ricetta funzioni occorre metterci un’anima e crederci veramente dimostrandolo con la misura degli interventi che si vanno a fare. Il benessere misurato a quintalate di cemento, ove non obbligati da necessità strutturali, è già vecchio come pensiero. Estetica e buon gusto si formano e non sono innati, se non per pochi eletti; sulle nostre colline il semplice, l’essenziale, il “non costruito” parlerà meglio del nostro impegno che le “grandi opere”. Ridiamo un valore e vendiamo al viandante un pò di tranquillità, una vacca, un asino, una gallina, un uovo… ma nostro. Non svendiamo il nostro territorio per poche lire: a Brusaschetto un anonimo notaio di Varese aiutato da alcuni locali ha quasi comprato tutte le terre che circondano il paese: agli abitanti rimangono le case e l’amata viabilità. Tutto legale , ma non logico però, perchè una volta i terreni passavano di mano, ma per essere lavorati, per rendere, qui non si coglie lo scopo; e poi, sarà poca cosa, ma quei terreni non sono anonimi, hanno dentro l’anima dei nostri avi che lì hanno sudato e vissuto. E questa energia dei ricordi non è poca cosa; come l’energia di un poeta dialettale locale non è solo folklore. A cascina Maretto di Zizzano un imprenditore privato compra terreni, li dissoda per 20 anni; si vedono ruspe che vanno su e giù, finalmente il cuore si allarga perchè infine si vedono nascere vigne, ma poi la strada frana, tanto, troppo e rimane solo uno spettacolo desolante di capannoni rovinati; per ora nessuna prospettiva se non una laconica e raggelante cifra per ripristinare il tutto; permettete che qualche dubbio sulle procedure, sulle autorizzazioni e sui controlli ci venga? O è meglio che tutto nasca e finisca al bancone del bar del paese. Pier Iviglia 4 attualità Progetto COE.SI al via Più sicurezza: Camino cerca di entrare F orse non tutti sanno che… lunedì 17 maggio è iniziata la fase operativa del progetto “COE. SI – coesione e sicurezza nel Monferrato casalese”. L’iniziativa, approvata dalla Regione Piemonte lo scorso dicembre, consiste in un Patto Locale di Sicurezza stipulato tra il comune di Casale Monferrato, la cooperativa sociale Azimut di Alessandria e tre grandi realtà territoriali monferrine: l’Unione dei comuni tra Sture e Po; l’Unione dei comuni Terre di Po e colline del Monferrato; l’Unione collinare del Monferrato. Le finalità prefissate sono di diminuire le possibilità di reato, promuovendo una maggiore presenza sul territorio di forze di vigilanza; migliorare il clima sociale nelle zone potenzialmente a rischio fornendo punti di riferimento stabili e riconosciuti e far crescere nei giovani e in quei gruppi ritenuti marginali un senso di appartenenza alla comunità, attraverso azioni informative, educative e di supporto. Così, da maggio, quattro vigili del Comando di Polizia locale di Casale Monferrato (due al mattino e due al pomeriggio) si recano a rotazione nei comuni delle tre Unioni, suddivisi per zone, per svolgere insieme agli operatori di Polizia locale, il servizio istituzionale previsto dal progetto. A beneficiare dell’iniziativa attualmente sono i comuni di Balzola, Coniolo, Morano sul Po, Pontestura, Villanova, Borgo San Martino, Bozzole, Frassineto Po, Giarole, Mirabello Monferrato, Occimiano, Pomaro, Ticineto, Valmacca, Cellamonte, Olivola, Ozzano, San Giorgio, Terruggia e Treville. Dal prossimo mese di settembre, inoltre, una serie di attrezzature tecniche ed informatiche di ultima generazione faranno da valido supporto all’operato dei vigili. Il costo complessivo del progetto COE. SI ammonta a € 237.000,00 dei quali l’84,38% finanziato dalla Regione Piemonte, il 9,35% dal Comune di Casale Monferrato ed il restante 6,27 % dagli altri partecipanti all’iniziativa. Soddisfatto il sindaco di Casale Giorgio Demezzi che ha dichiarato: « Un sentito ringraziamento a quanti hanno reso possibile in un così breve lasso di tempo l’avvio della fase operativa di questo progetto che attraverso le sinergie e le razionalizzazioni che verranno espresse, renderà possibile un miglior presidio sul territorio, particolarmente nei piccoli comuni. Un progetto pensato e costruito per il Territorio che ha come obiettivo la creazione di una nuova struttura sovra-comunale denominata “Polizia Locale del Monferrato Casalese”». A ben vedere, un obiettivo che utile a tutti. Ci siamo quindi chiesti come mai il Comune di Camino non figurasse tra quelli partecipi. Le risposte a queste nostre perplessità, sono arrivate, puntuali, dal sindaco Giorgio Rondano che, gentilmente, ci ha spiegato: « l’adesione all’iniziativa COE.SI era da farsi entro il giugno 2009 come Unione Collinare, quindi in un periodo nel quale noi, come amministratori di questo Comune, non eravamo ancora in Pontestura fa già parte del progetto COE.SI insieme ad altri 20 comuni monferrini. carica. Ora, se Camino volesse aggregarsi come singolo Comune incorrerebbe in una spesa troppo onerosa. Così, l’Unione Collinare sta cercando la maniera migliore per permetterci di rientrare in tale iniziativa e proprio in questi giorni il Presidente Gianni Baroero ha un incontro al Comando dei Vigili Urbani di Casale Monferrato per vedere in che modo poter partecipare a COE. SI.. Intanto la nostra Amministrazione, dopo l’installazione delle telecamere di video – sorveglianza, sta attuando una continua stimolazione alle Forze dell’Ordine per un attento presidio del nostro territorio. Come sempre, siamo, comunque, disponibili ad eventuali suggerimenti, naturalmente accompagnati da un piano finanziario sostenibile per il Comune di Camino». Elisa Massa Il Picchio Il Picchio - N. 3- (9) N. 2- M -M aggio arzo--G Aiugno prile 2010 Il drenaggio delle acque nei coltivi Nelle scorse settimane abbiamo visto come la pioggia possa fare danni sul nostro territorio. Ne avevamo già avuto una dolorosa prova nel novembre 2008 quando diverse frane hanno interrotto, più o meno momentaneamente, la viabilità. Se è vero che una pulizia più frequente dei fossati da parte del comune potrebbe aiutare, anche noi possiamo fare qualcosa: chi è proprietario di un terreno dovrebbe prendersi l’impegno di eseguire un minimo di manutenzione sullo stesso, come tenere pulito e lavorare il terreno per ridurre al minimo il suo dilavamento da parte delle piogge: un terreno bel lavorato e ben tenuto assorbe l’acqua invece di farla scorrere, inoltre esiste un modo preciso per lavorare il terreno facendo sì che la terra non “corra” verso valle. Sui terreni con pendenza non troppo eccessiva si lavora in orizzontale il campo (lungo le linee di livello) con l’aratro girato in modo da rivoltare la terra verso la parte alta del campo, al giro successivo le ruote del trattore sono posizionate nel solco della lavorazione precedente dando maggiore stabilità al mezzo (vedi fig. 1), in questo modo (a differenza che nel metodo definito “a ritocchino”) si crea una maggiore porosità del terreno. Non dimentichiamo poi che sui terreni argillosi, è facile che lavorazioni ripetute negli anni alla stessa profondità determinino la formazione della cosiddetta “suola d’aratura”. È possibile risolvere questo inconveniente provvedendo saltuariamente ad una ripuntatura del terreno capace di rompere lo strato di suola, senza il rivoltamento. Il risultato di questa lavorazione (rippatura) permetterà una maggiore profondità delle radici, un incremento dell’acqua assorbita dal terreno e lo sfruttamento delle falde profonde. In ogni caso risulta utile anche, al termine dei lavori di preparazione del terreno, effettuare dei solchi di drenaggio delle acque che vengono in questo modo incanalate anziché trascinare via la terra che finisce nei fossati lungo le strade, intasandoli e facendoli straripare com’è accaduto recentemente in val Dardagna. I solchi vengono fatti in reticolati diagonali o verticali lungo il terreno, a distanze prestabilite, che vanno calcolate a seconda del tipo di terreno e della pendenza. Esiste anche la possibilità (però più dispendiosa) di installare dei tubi di drenaggio fatti in fibra di cocco ad una profondità di 2,5 metri in modo da non infastidire le lavorazioni. I tubi in questione hanno una durata di 10 anni circa. Sarebbe però già molto utile effettuare le lavorazioni seguendo i criteri sopraindicati per tamponare i danni e per non perdere parte del raccolto a causa delle piogge torrenziali sempre più frequenti. Mara Begnini e Paolo Bianco 5 attualità Apre “Billybau” a Rocca Nuova gestione per lo storico ristorante rocchese N uova gestione per il ristorante di Rocca delle Donne! Noi de “Il Picchio” abbiamo potuto vedere il locale a pochi giorni dall’apertura e promette molto bene. I due titolari, Marta e Gabriele, sono giovani ma hanno le idee molto chiare e mi sono piaciuti subito. Il ristorante, completamente ristrutturato e rinfrescato dà l’idea di voler unire semplicità e ricercatezza e, incredibile, ci riesce molto bene! A confermare questa mia prima impressione le parole di Marta quando abbiamo iniziato l’intervista: Al momento non ancora, ma non è detto che più avanti si possa iniziare con un discorso di pizza d’asporto e vedere come va E per quanto riguarda il bar? Vogliamo che anche il bar sia un punto di forza, con aperitivi ed intrattenimento musicale: ci piacerebbe riuscire a miscelare cucina, cultura e musica creando qualcosa di speciale. Sfrutteremo anche il giardino retrostante perchè è un posto con un grande potenziale, ci piacerebbe mettere delle chaise longue sotto Come mai un nome così strano? Il termine Billybau è nato tempo fa un po’ per gioco, poi è diventato un termine che definisce una filosofia di vita: rappresenta un po’ l’essenzialità, l’essere semplici e se stessi e badare alle cose concrete ma anche quella parte di te che ti fa essere spontaneo. Billybau è un marchio registrato e cerchiamo di portarlo in vari settori, per esempio metteremo una libreria con vari libri e dei vini vicino che si abbinano. Come avete deciso di intraprendere quest’avventura? In realtà ci è sempre piaciuta l’idea di un locale poi abbiamo saputo per caso che il precedente proprietario voleva vendere e ci siamo resi conto che era un’occasione d’oro, anche perchè l’investimento, vista la precedente gestione degli ultimi due anni che non aveva esaltato il locale, è stato molto contenuto così abbiamo colto la palla al balzo e ci siamo lanciati! I locali sono molto moderni, sarà una cucina completamente innovativa? cosa dobbiamo aspettarci? La nostra idea iniziale era questa ma ci siamo resi conto che in questa zona è moto forte la tradizione locale per cui abbiamo scelto di mantenere i piatti della tradizione come panissa e fritto misto ma abbiamo pensato di inserire anche qualcosa di particolare... ...qualche anteprima? Ad esempio la carne cotta su pietra ollare, con la pietra portata direttamente in tavola, con tre tipi di carne differente e varie salse, oppure il polletto in grano che viene cotto in un guscio di terracotta da rompere al momento per gustarlo. Piatti molto scenografici oltre che sfiziosi! sono anche molto buoni, siamo riusciti a trovare un cuoco veramente in gamba! è un professore dell’istituto alberghiero di Gattinara. Qualcuno parlava di pizzeria... Info e prenotazioni: tel. 0142 469014 - [email protected] www.billybau.com al porticato dove uno si possa rilassare in pace con se stesso. E gli orari di apertura? Per la stagione estiva faremo sia pranzo che cena, invece il bar apre da mezzogiorno e resta aperto fino a sera e saremo chiusi il lunedì. Per la stagione invernale vedremo più avanti ma probabilmente il ristorante sarà aperto solo di sera. Ringrazio i titolari per questa intervista e per avermi aperto le porte in anteprima, auguro loro il successo che meritano e credo di rispecchiare il pensiero dei rocchesi felicitandomi del fatto che abbiamo nuovamente un locale pubblico, che può portare un po’ di vitalità al paese. Mara Begnini Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010 Il carretto passava e quell’uomo gridava... “prosciutti!” Quand’ero piccina e passavo le mie estati alla Rocca ricordo che a volte andavo a fare la spesa in piazza. C’era semplicemente un furgoncino che aveva generi alimentari ma era una grande comodità per chi non avendo la macchina non poteva andare nei negozi. Oggi il furgoncino non passa più ma sono convinta che sarebbe una buona idea cercare di ripristinare il servizio. Se è vero che esistono commercianti che previa richiesta telefonica portano a casa la spesa, è anche vero che per un anziano sarebbe sicuramente più stimolante uscire di casa, fare due passi, incontrare altre persone e poter scegliere personalmente i prodotti da acquistare, lasciandosi anche ispirare dalla disponibilità del momento.. Avevo in mente questi pensieri quando un mercoledì mattina mi sono trovata casualmente in piazza a Murisengo dove stazionava un furgoncino del pesce che ha un grande successo (ha avuto clienti per tutta la mattinata). Facendo alcune ricerche ho scoperto che esiste un regolamento comunale per i mercati ambulanti anche Camino e che in base al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 è la Provincia che si occupa della regolamentazione del commercio su area pubblica, con possibilità da parte dei comuni di istituire un proprio regolamento. Sarebbe bello che il comune di Camino cercasse di creare i presupposti per incentivare il ritorno di questo genere di attività, magari rivedendo il regolamento municipale (che fa riferimento alla legge 112 del 28/3/1991, al D.M. 248 del 4/6/1993, al D.M. 350 del 15/5/1996 e all’ordinanza ministeriale del 26/6/95, tutte normative, quindi, precedenti alla legge attualmente in vigore) individuando i luoghi destinabili ad aree di mercato che potrebbero anche essere utilizzati per eventuali fiere straordinarie, valutando quale o quali giorni sarebbe più utile la presenza di bancarelle, anche in relazione ai passaggi della corriera per Trino. Si potrebbero contattare degli ambulanti che siano disponibili ad effettuare il servizio mezz’ora o un’ora per frazione. Abbiamo già ottenuto parere positivo da molte persone, ci piacerebbe sapere cosa ne pensano i nostri lettori. Se volete potete scriverci o telefonare ai recapiti in ultima pagina, nel frattempo attendiamo anche il parere del Sindaco sulla fattibilità e sulla disponibilità ad intraprendere un simile progetto. Mara Begnini 6 Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010 cultura, territorio e natura Il “secondo battesimo” dei Caminesi Panoramica sugli stradinòm, i vecchi e pittoreschi soprannomi di Camino T di Cesare Lusona utti, o quasi tutti, noi Caminesi ab- ovvero il mitico Michele Ceresa); Ausarun biamo ricevuto un secondo battesi- (maniscalco); Cerighët (che sembrava un mo, cioè siamo conosciuti oltre che chierichetto); Papòt-Tutù-Tambià (suonacol nome e cognome ufficiale, anche con vano nella banda, rispettivamente: il bomsoprannomi più o meno decenti, fantasio- bardino, il clarino e il tamburo); Dal Postin si, curiosi, insoliti o cattivi. Per buon gusto (postino); Savatin dal Ré (ciabattino “del e quieto vivere trascuriamo questi ultimi, re”, poichè aveva servito in un’occasione il ma gli altri ci raccontano un po’ del nostro re); Al Baldi (cantoniere); Al Giuseppe Tapassato. Questi stradinòm evocano persone, bachin (ovvio). situazioni, circostanze note a noi anziani Soprannomi dovuti ad attributi fisici: Al e sono la finestra su un mondo ormai tra- Sop ad Vilanova (zoppo che abitava a Villanova); Al Vigin Rus (il rosso, in ogni senso); montato per i più giovani. Analizzando la congerie dei soprannomi, Al Giaiòt (il biondino); Durus (dai capelli potremo dividerli in varie categorie. Storici, ossia inerenti agli ultimi eventi, anche nazionali: Garibaldi (forse uno dei “mille”); Baldissera (che militò sotto questo generale); Radetzky (di origine bergamasca poi trapiantato a Camino, combattè nelle fila austro-ungariche); Bastopoli (cascinale tra Fabiano e Cornale ora rudere: qualcuno evidentemente partecipò alla guerra di Crimea del 1863, ove si svolse l’assedio di Sebastopoli); Bersagliere (significato ovvio); Macinate (si riferisce agli Il forno di Cornale in una foto d’epoca esattori dell’imposta sul macinato ai tempi rossi); Bachè (molto alto); Mureta (bruno); di Quintino Sella). Soprannomi dovuti alla professione: Bari- Cisi (“Pistolino”); Sese (balbuziente, che còt (barcaiolo); Purtnà (traghettatore sul diceva sempre “sese”); Al Grandu (l’Alto); Po che utilizzava il Porti, cioè il traghetto); Saiét (Saetta); Picinin (Piccoletto). Bugiàt (che scavava buche); Camaré-Cu- Di origine animale: Rat (topo); Fain (faisiné-Giardiné-Pulé (indicavano coloro che na); Gat (gatti, dovuto all’omonimo colavoravano nelle varie mansioni al servizio gnome); Tas (tasso); La Vulp (la volpe); del marchese Ferdinando Scarampi e della Muschin (moscerino); Vus e Piumi (voce e figlia: cameriere, cuoco, giardiniere, alleva- penne); Galét-Pichin-Fasan (tre fratelli così tore di puledri); criade (termine spagnolo ribattezzati dal padre, il Grignò); Basuri per indicare governanti e serve, che a Cami- (bassotti). no servivano presso i marchesi); Tulé (lat- Soprannomi di fantasia: Barbera Rissa (un toniere); Funtané (colui che sorvegliava la tipo di vino barbera molto forte); Domino rete dell’acquedotto); Magnan (stagnino, (origine incerta); Ciabòt (legato all’origi- ne valdostana del personaggio); Stampa (Franco Pinòt, mio zio); Cinbert (LorenzoAlberto); Santamentu (intercalare usato troppo spesso, gli è rimasto); Sediurà (“se Dio vorrà”, frase usata spesso dalla Marina che prese questo soprannome); Muraniña (di Morano); Muietta (molletta); Bucadusa (boccadolce); Tumbu (significato sconosciuto); Grignò; Gherva; Gianghetta; Piurèt (qualche pio tra gli ascendenti); Gramigna (molto espressivo); Battarola; Gianesu (originari di Genova); i Rok, i Maiolica; i Prot; i Brusk, i Badö. I cognomi ufficiali davano origine a parecchie omonimie, per cui alcuni si attribuivano un soprannome per distinguersi (vedi Gianghetta). Diffusissimi i Biginelli Lorenzo, come pure i Bertiglia Lorenzo. I cognomi vecchi di Camino si sono quasi completamente persi; erano: Zanera, Sandrino, Biletta, Biginello che è rimasto come Biginelli. Se vogliamo citare i soprannomi collettivi, dovremo ricordare Rabatun dal Castè (Castello), Brava Gent Vilanova (Villanova, in senso ironico), Livara (Luparia) e Gaiota (il quartiere che sta tra Luparia e Villanova, nella zona del municipio) si disputano Scianca Čuende (dal latino cloendia, chiusura fatta con canne, e quindi gli “spacca recinti”). Noi di Cornale eravamo i Pulôt, cioè i pezzenti, così chiamati da quelli della frazione Castello che, loro, si sentivano nobili in quanto sciacquapalle dei marchesi. Spero che nessuno se ne abbia a male se ho ricordato questa settantina di stradinòm. Fanno parte del nostro patrimonio e servono a fotografare e far rivivere quell’atmosfera in cui, tutto sommato, si poteva vivere bene e in buona armonia. cultura e territorio 7 Democrazia e comunità Ragionamenti in libertà dalla Grecia antica ad oggi L a democrazia ha origini molto antiche, possiamo addirittura farla risalire al IV secolo avanti Cristo. Aristotele in quel periodo suddivideva le forme di governo in tre tipi fondamentali: la monarchia o governo di uno solo, l’aristocrazia o governo dei pochi, ed infine la democrazia o governo del popolo (da demos popolo e crazia governo). La città per eccellenza di questa forma di governo fu Atene, dove il popolo periodicamente si riuniva per eleggere i magistrati e i comandanti militari e sovraintendere al governo della città. Dopo l’esperienza greca per molti secoli questa forma di governo divenne marginale e le forme di governo più comuni furono la monarchia e l’aristocrazia, sino a che alla fine dell’ottocento ricominciò a prendere vigore ed ora è la forma di governo per eccellenza e un criterio importante di giudizio sullo stato di salute di una nazione o di un paese. Sulla democrazia e sono stati scritti un grandissimo numero di libri e le sue vicende storiche sono state esaminate e approfondite a fondo, quindi il nostro scopo ora non è quello di riassumerle o di narrarle, ma di fare qualche piccola osservazione e cercare di collocare la democrazia, valore ormai quasi universalmente acquisito e non in discussione, nel nostro contesto. Ora la democrazia non si esercita più da parte del popolo direttamente partecipando all’assemblea di tutti i cittadini come nell’antica Atene, ma per mezzo dell’elezione di rappresentanti che poi si riuniscono in un’assemblea e deliberano su leggi da approvare e nomine di governanti. Una delle difficoltà di questo sistema è che spesso i rappresentanti eletti non perseguono il bene degli elettori, ma tendono a portare avanti interessi particolari; ma si sa la carne è debole. A questo proposito W. Churchill soleva dire che la democrazia è una pessima forma di governo, però è la migliore che abbiamo a disposizione. Nelle grandi nazioni lo spirito democratico viene messo in crisi dall’eccessivo numero di persone che vivono di politica e il rapporto tra governanti e cittadini è difficile perchè il singolo cittadino ha difficoltà a fare udire la sua voce. Diversa potrebbe essere la situazione nei piccoli comuni (quelli di circa mille abitanti ad esempio) dove il rapporto con l’istituzione è personale, ci si conosce e se esiste la volontà di farlo è possibile la comunicazione diretta tra rappresentanti e rappresentati. Presumo che questa possa essere la via da seguire per vivificare la democrazia, rivitalizzandola a partire dal basso. è importante che tutti i cittadini si informino sulle attività dei governanti locali li controllino e non subiscano passivamente le decisioni prese nelle stanze dei bottoni. Gli amministartori, anche se legittimati nella loro elezione dal voto popolare, non devono condiderare l’elezione una delega in bianco per qualunque progetto che non sia stato prima in qualche modo portato a conoscenza dei cittadini e valutato, poiché in queste piccole comunità è possibile valutare la volontà dei cittadini su ogni singolo provvedimento importante che può modificare le condizioni di vita dei medesimi. Voglio narrare ora qualche piccola pillola di democrazia all’opera. In un piccolo e ridente comune del Monferrato qualche anno fa si dovevano sistemare in una frazione due fioriere un lampione e due panchine. Assemblea dei cittadini nel locale circolo ricreativo, discorso fiume del sindaco sulla volontà di consultare i cittadini e sui valori immortali della democrazia, dibattito acceso sull’orientamento delle panchine e sull’ubicazione del lampione. Votazione e quorum raggiunto, proclamazione della soluzione adottata. Lacrime negli occhi dei presenti, tricolore che garrisce al vento, gli osservatori dell’ONU si scambiano un’occhiata compiaciuta, due bambini e un diversamente abile innalzano cartelli con la scritta “Suma mei dla Svesia”; poco per volta tutti i partecipanti ritornano a casa con la gioia nel cuore e per una volta pensano di vivere nel migliore dei mondi possibili. Ma la strega cattiva era gelosa di tanta semplice felicità e cominciò a pensare di trovare i mezzi per distruggerla così consultò un mago famoso che le diede le indicazioni giuste. Allora prese denti di nutria,pungiglioni di api, vipere cornute, aspirine, zanne di cinghiale e bacche di sambuco e le mise dentro un grande un grande calderone a cui aggiunse anche del famoso vin dal bastun. Fece cuocere tutto a fuoco lento ed all’aria aperta e così i miasmi della pozione intossicarono a poco a poco tutta la popolazione. Così nel felice e ridente paesino dopo un po’ sul più bel colle venne costruito un megastadio da 60.000 posti con tre torri di 100 metri l’una, una miniera di bauxite con migliaia di extracomunitari che lavoravano, un inceneritore che serve tutto il nord Italia e il Ticino. Tutto questo nel rispetto della legge perchè il consiglio comunale locale aveva approvato queste opere in una seduta di sessanta secondi alle ore ventitre dell’ultimo giorno dell’anno. Questa storia (inventata e di fantasia) vuole far riflettere sul fatto che la democrazia è un fiore fragile che va curato con amore tutti i giorni ed esercitato in modo non formale, con un ossequio di maniera, ma praticato costantemente anche nelle piccole cose e soprattutto nelle piccole realtà locali, le piccole patrie, non delegando mai ad altri di decidere per noi ma insistendo per essere informati, per partecipare anche se in modo minimo ai processi decisionali. Khu-Nj-Shiun Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010 Nasce a Casale il Dipartimento per il Piemonte delle Guardie Ambientali d’Italia Diventerà operativo nel giro di pochi mesi il gruppo casalese delle Guardie Ambientali d’Italia, associazione onlus che gode del riconoscimento del Ministero dell’Ambiente. ”Siamo cittadini che abbiamo deciso di mettere a disposizione della collettività parte del nostro tempo libero, in modo del tutto gratuito, al fine di tutelare l’ambiente, per la Vigilanza e il Monitoraggio del territorio” ci dice il presidente Federico Cappello, che è anche il coordinatore per l’Italia nordoccidentale. “Il Progetto di ‘Vigilanza e Monitoraggio Ambientale’ consiste in una campagna educativa e di sensibilizzazione alla tutela del patrimonio pubblico, avente anche caratteristiche di deterrente contro atti di vandalismo” prosegue Cappello. “Ma il compito principale delle Guardie Ambientali Onlus resta, comunque sempre, lo svolgimento di una campagna educativa basata sul rivolgersi al frequentatore o, più semplicemente, al passante occasionale all’interno di una determinata area che però non si attiene alle regole stabilite, ricordandogli, con fermezza ma anche e sempre con la massima cortesia, che il suo comportamento non è corretto e che se non lo modificherà potrà incorrere a sanzioni amministrative”. Dei tutori dunque del rispetto verso le persone e la natura, una figura di volontariato che di questi tempi non può che essere benvenuta e lodata. Per info: www.guardie-ambientali.org [email protected] cultura e territorio 8 Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010 Estate 1929: nasce la nuova Camino Quando Castel San Pietro e Brusaschetto cessarono di essere comuni “N on uso alle promesse ma ai fatti, fascisticamente dichiaro che l’opera mia di esecutore degli adempimenti necessari per la completa fusione dei suddetti Comuni sarà serena, giusta, rettilinea e diretta a questo unico scopo: di amalgamare gli animi e gli interessi delle cessate comunità in un blocco compatto, armonico, intaccabile e dotato di tanta forza e di tale vitalità da primeggiare nella superba lizza che i comuni rurali d’Italia corrono nel campo delle magnifiche e gloriose realizzazioni fasciste...”. In una calda giornata di luglio del 1929 i caminesi, i castelsanpietresi e i brusaschettesi lessero su di un grande manifesto listato di tricolore queste retoriche e un po’ buffe parole a firma di Antonio Vellano, ormai ex podestà di Camino, ora commissario prefettizio di fresca nomina. Il suo compito, preso in carico con baldanza e un non troppo celato autocompiacimento, era semplice: coordinare e dirigere nei tempi e nei modi rapidi e oliati della burocrazia del regime la transazione amministrativa dai precedenti tre comuni ad uno soltanto. Sì, perchè nemmeno tre mesi prima, per la precisione l’8 maggio, sulla Gazzetta Ufficiale del Regno era stato pubblicato il Regio Decreto del 28 marzo – firmato San Rossore, Vittorio Emanuele III – che così recitava:”I Comuni di Brusaschetto, Camino e Castel San Pietro, nonché la parte della Frazione Isolengo, attualmente appartenente a Mombello Monf., sono riuniti in un unico Comune con denominazione ‘CAMINO’ e capoluogo nella località Castello di Camino”. Cessava così di esistere, con questa formula che sarà quella ufficiale di adozione del provvedimento, un’autonomia territoriale ed amministrativa che risaliva all’alto medioevo, allorquando si erano formate le comunità di Brusaschetto, Castel San Pietro e Cornale/Camino, tutte tra loro indipendenti. Se anche, infatti, si voleva formalmente che tutti e tre i comuni venissero soppressi per crearne uno solo nuovo (e l’intenzione poi non realizzata di trasferire il centro e la sede comunale in località Castello di Camino ne è prova), di fatto l’operazione costituì un’annessione a Camino dei due municipi vicini e di una porzione del territorio di Mombello. É peraltro da notare che all’epoca il comu-n e di Castel San Pietro era più ampio e più popoloso di quello di Camino, come risulta dall’annuario generale del Touring Club Italiano del 1929. Se Brusaschetto contava solo (per l’epoca) 444 abitanti, Camino ne aveva 1110 e Castel San Pietro ben 1184, frazioni incluse. Probabilmente tuttavia la migliore posizione, la presenza della linea telefonica e qualche interesse particolare, oltre alla prolungata assenza del podestà di Castel San Pietro, giocarono in favore di quest’ultimo. Il 12 luglio si “adunavano” (come si usava dire allora) ufficialmente, nella sede comunale di Camino, “i maggiori e migliori esponenti delle nostre popolazioni” per affrontare – attraverso “un’intima ed efficace collaborazione” – le “indispensabili provvidenze da adottare per il miglioramento dell’illuminazione, per la provvista di ghiaia, per una straordinaria sistemazione delle strade, per la provvista di combustibile per le scuole e gli uffici e per l’eventuale collegamento telefonico dei principali centri abitati con questa sede comunale” (novant’anni dopo i problemi da affrontare per i nostri luoghi sono proprio gli stessi!). Si procedeva insomma, sospinti dalla zelante premura del prefetto di Alessandria, l’Eccellenza Domenico Milani, a dare corso a quella che oggi chiameremmo “razionalizzazione delle ri- Copia originale del manifesto che annuncia l’adunata del 25 luglio 1929 conservato nell’archivio comunale. sorse”, vale a dire la soppressione di quei piccoli enti comunali ormai troppo esigui demograficamente per potersi autosostentare. E arriviamo così alla data fatidica, almeno per l’ufficialità celebrativa, ossia quella del 25 luglio 1929. Il Vellano aveva nei giorni precedenti inviato missive per chiamare all’adunanza tutti i maggiorenti del territorio, i podestà interessati, ormai prossimi a decadere, i segretari politici del fascio dei tre comuni e i rappresentanti dei sindacati degli agricoltori (tra i quali Giusto Opezzo per Castel San Pietro, Giovanni Boido per Isolengo, Carlo Pattarino per Rocca e Remo Coppo per Piazzano). Nè si era risparmiato nei confronti della stampa, facendo emettere un comunicato da inviarsi ai direttori de Il Monferrato e de La Sesia (per la cronaca De Ambrogio e Galardi) dove si assicurava che la nomina a commissario del Vellano non giungeva “nè inaspettata nè discara alle popolazioni interessate”. Quel giorno, intorno al tavolo della sala del comune, sedevano dunque il delegato prefettizio cavalier Lorenzo Rossi, arrivato direttamente da Alessandria, il neo commissario prefettizio e podestà in decadimento di Camino Antonio Vellano, il podestà in decadimento di Brusaschetto geometra Giuseppe Piccaluga, il podestà di Mombello dottor Giovanni Tornielli, mentre il podestà in decadimento di Castel San Pietro, cavalier ragionier Mossotti, residente a Torino, non si faceva vedere in Monferrato da un po’ se il suo segretario comunale (che era lo stesso per i tre comuni), il geometra Edoardo Leporati, lo sollecitava da mesi a “venire qui al più presto” per dare disposizioni sul passaggio amministrativo in corso. A questi si univano i presidenti di un’istituzione ormai scomparsa e dimenticata, eppure importante a quei tempi, vale a dire le Congregazioni di Carità, che si occupavano delle opere assistenziali verso la popolazione povera: Romano Opezzi per Camino, Remo Coppo per Castel San Pietro e Carlo Ricci per Brusaschetto. La cerimonia, ove si ribadì la volontà concorde di procedere il cammino tutti uniti, si concluse sancendo la nascita del nuovo Comune di Camino, su quei confini che ancora oggi rimangono tali e che da allora inglobarono il cantone Colli di Isolengo e la collina soprastante. Non possiamo sapere come la popolazione accolse l’evento in un periodo ove certamente provvedimenti di tale sorta giungevano direttamente dall’alto senza essere tanto discussi. Finita la guerra, non appena la vita potè ritornare nel solco della normalità, le popolazioni dei due comuni soppressi immediatamente fecero sentire la propria volontà di ricostituirsi di nuovo in comunità autonome, muovendo proteste contro l’“atto di arbitrio del governo fascista”. A Castel San Pietro si raccolsero nel 1946 quasi duecento firme per chiedere il ripristino del comune, un atto “desiderato e invocato dalla generalità della popolazione”. Il documento, inviato alla Prefettura di Alessandria, venne per ironia della sorte autenticato dal notaio Giovanni Sbarrato di Pontestura che aveva partecipato, in qualità di segretario comunale di Mombello, alla famosa adunata del 25 luglio del ’29. I Brusaschettesi non furono da meno, e protrassero la propria invocazione sino agli anni ’50 inoltrati, per voce dei propri rappresentanti Ernesto Palazzolo, Secondo Bertiglia e Quintino Brusasca. In un documento informativo del 1953 sull’assetto del paese si legge tra l’altro, non senza rilevarvi la povertà dei tempi e una certa ingenuità “promozionale”: “Vi sono: l’Ufficio Postale, una trattoria e due negozi di commestibili. Circa 9 il 50% delle case di abitazione sono lesionate, e qualcuna è pericolante per il continuo cedimento del terreno. Il territorio della frazione è soggetto a continue grandinate per cui il reddito agricolo è annualmente molto ridotto. La situazione della frazione è in genere buona (!) (...) La frazione ha la propria casa comunale comprendente attualmente due soli vani utili. Lo stabile risulta seriamente danneggiato a causa del cedimento del terreno. Necessita di importanti riparazioni. Attualmente i due vani sono adibiti l’uno ad aula scolastica (!), ove sono riunite cinque classi elementari, e l’altro ad alloggio per l’insegnante”. Il paese allora contava poco più di 300 abitanti. Nell’archivio comunale di Camino, in ogni caso, è anche presente una petizione di segno opposto, ove un numero di “elettori di Brusaschetto dichiarano ad ogni effetto di legge di non volere la ricostituzione del soppresso Comune di Brusaschetto”. L’amministrazione comunale caminese del dopoguerra, nella persona dell’allora sindaco Pierino Francia, si mostrò favorevole al ritorno di Castel San Pietro e Brusaschetto a realtà cultura e territorio Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010 Un’idea per il “piazzale alieno” A tredici anni occuparsi del bene pubblico Q ualcuno avrà già notato gli esili ramoscelli che emergono fra le erbacce che contornano l’“orribile” spianata all’ingresso del paese di Brusaschetto… Io non ho ben capito, tra l’altro, l’utilità di questo spiazzo: si deve fermare il pullman? Si può posteggiare liberamente? Si può giocare? Io non ho le idee ben chiare perché: 1. il pullman non si vede praticamente mai! 2. hanno messo un cartello che dice che non si può posteggiare; 3. giocare è molto squallido…con tutti quei sassi! ste; 3. e poi le pianto in una stagione adeguata che sarebbe il tardo autunno. La maggior parte delle piante le trovo in montagna, infatti nel piazzale ho piantato: quattro frassini e due aceri ,di cui uno trovato a Brusaschetto. E così, adesso, nel posteggio ci sono le mie piante che abbelliscono un po’, ma non bastano solo le mie piante, ci vuole qualcos’altro, quindi chiedo l’aiuto di tutti (ah!!!, so già dove andare a cercare delle piccole quercette…!!). Michael ‘97 Lo spiazzo di recente allestimento a Brusaschetto con le piante di Michael. Un vecchio cippo posto sull’antico confine tra i comuni di Camino e Brusaschetto. Se ne possono trovare ancora molti nei nostri boschi. autonome; ma le scarse condizioni socioeconomiche in cui versava il territorio e soprattutto la burocrazia e la volontà dell’alto, come vent’anni prima, avevano deciso diversamente. La mole di documentazione prodotta a seguito delle molteplici richieste della Prefettura su bilanci, previsioni di spesa, dati anagrafici e territoriali ecc. giace in archivio a testimoniare la tenacia della popolazione (o almeno di buona parte di essa) a rivendicare le sue antiche tradizioni di indipendenza, opposta alla purtroppo frequente abitudine del potere centrale a non ascoltare la volontà dei propri cittadini. Carlo Rosso Ma allora a cosa serve? Io sono solo un ragazzino di tredici anni e non so rispondere a tali enigmi perciò ho provveduto a mio modo ad abbellire quello che fino a poco tempo fa era un bellissimo frutteto e che ora è un triste spazio alieno: ho piantato 6 piccole piante! Non so se potevo farlo ma, dopo averci pensato, ho deciso di farlo perché: 1. sicuramente non danneggiano nessuno; 2. sicuramente abbelliscono un po’ il “posteggio” 3. sicuramente prima o poi diventeranno grandi alberi e faranno un po’ di ombra. Dovete sapere che io sono appassionato di piante e, quando vado a fare qualche passeggiata e vedo delle giovani piante, non resisto e allora decido di portarmele a casa, facendo i seguenti passaggi: 1. le metto ognuna in un proprio vaso; 2. aspetto che diventino abbastanza robu- Betulla al vento Nel giardino c’è una dama, la bellissima betulla, di un bel colore bianco, bianco come la neve. Si muove leggiadra al vento, come una danzatrice, insieme alle sue morbide foglie. Poi, di notte, si addormenta Ma il suo tronco bianco brilla, come le stelle in cielo. Michael ‘97 10 cultura e territorio Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010 Boetti, alias “Mansur il Vittorioso” Le incredibili avventure del frate piazzanese alla conquista del Caucaso Q ualche tempo fa ho letto il libro di Claudio Galletto, In nome della croce ( Cult editore, ottobre 2009, Distribuzione RCS), recensito proprio da Carlo Rosso sul Picchio. Sono rimasta affascinata dai conturbanti intrighi politico-amorosi di cui le protagoniste del libro sono state abili tessitrici nonché vittime, essendo io uno spirito romantico nell’accezione più nazional-popolare del termine; sono rimasta altresì turbata ed incuriosita dal fatto che tali misteri hanno avuto come sfondo proprio il nostro Monferrato, anzi…proprio Camino…, essendo io estremamente suggestionabile… Oltre che mettere a nudo i miei punti deboli, attraverso un’approssimativa autoanalisi, la lettura mi ha indotta a cercare altri misteri di casa nostra , altri nostri “strani” comportamenti, altre curiosità. Ebbene, devo dire che nel giro di pochissimo tempo, ho conosciuto un altro personaggio nostrano molto più bizzarro e misterioso di quelli del libro citato; ora, non so se questo è accaduto perché il Monferrato ha un’aura particolarmente adatta ai misteri o se siamo noi, abitanti di queste colline, ad essere particolarmente esoterici , ma le notizie reperite meritano, secondo me, di essere condivise. Sicuramente tanti di voi conoscono le gesta e la fama del personaggio che vi presenterò ma ritengo che valga la pena rileggere la sua storia, per ricordarla o riscoprirla, non certo per capirla o decodificarla poiché, ancora oggi, i tanti perché che suscita rimangono senza risposta. Mi sto riferendo a Giovanbattista Boetti da Piazzano. Rispetto ad altri noti avventurieri del Settecento, quali Casanova o Cagliostro, Boetti presenta una figura complessa, poliedrica e, a livello storico, poco conosciuta . Fu un personaggio incredibile ed indecifrabile: molti storici lo ricordano in modo diverso, alcuni positivamente, altri lo descrivono come un pazzo ed un avventuriero. Si può citare il giudizio di un medico divulgatore dell’antropologia criminale in Italia, Cesare Lombroso. Egli afferma che il monferrino fu un Napoleone mancato, un condottiero al quale venne meno la fede ed a cui non fu propizia la sorte. Sicuramente il Boetti non fu un disonesto, mai pensò come altri condottieri di ventura di accumulare una ricchezza personale. Il suo sistema di vita fu quello di un uomo probo, non bevve mai vino né liquori, mangiò solo legumi e disdegnò la compagnia femminile. Era un idealista ed un sognatore dotato di un forte carisma che gli permise, pur non possedendo nozioni di organizzazione e tattica militare, di guidare un esercito di 8000 soldati. La sua esistenza è un romanzo, così come poteva concepirlo la penna di Alexandre Dumas . Il teatro delle sue azioni fu vastissimo e al contempo sorprendentemente attuale : dal tranquillo natio Monferrato si spostò nella Mitteleuropa, in Russia, in Turchia e nei domini ottomani del vicino Oriente, e creò un effimero impero nel Caucaso. Terminò i suoi giorni a Solovetsk, sul Mar Bianco . Boetti nel suo percorso cambiò agevolmente identità e abiti : lasciò la divisa di cadetto asburgico e indossò il saio dei domenicani, esercitò la medicina in oriente, nell’ultima parte della sua vita in “abiti turcheschi” fondò una nuova religione mischiando elementi presi dal cristianesimo e dall’Islam. Il suo Il ritratto del Mansur orizzonte aveva i confini dell’Eurasia, amò la Vienna asburgica e Damasco, si trovò a suo agio nella capitale ottomana, così come nelle montagne della Ossezia. Era poliglotta, indisciplinato, scorretto e libertino: un personaggio picaresco con tratti di genialità e inaspettatamente attuale. Ma proseguiamo adesso con ordine. Giovanni Battista Boetti nacque il 2 giugno 1743 a Piazzano Monferrato vicino a Castel San Pietro, oggi frazione del Comune di Camino. La sua infanzia non si può dire che sia stata felice perché caratterizzata dalla perdita in giovane età della madre e dalla lontananza dalla sua famiglia. Dall’ età di 7 anni fino a 15 visse in collegio e crebbe malinconico e sognatore. Al compimento dei 15 anni lasciò il paese natio ed il collegio recandosi a Torino per proseguire gli studi che lo avrebbero accompagnato ad intraprendere il percorso per diventare medico come aspirava il padre, a differenza del suo desiderio di divenire avvocato. Questa pianificazione del suo futuro lo indusse a scappare dal collegio, fuga che gli costò l’arresto e l’accettazione del compromesso: la libertà a patto di finire gli studi di medicina. Ma il desiderio di avere una vita tutta sua lo indusse a scappare di nuovo e questa volta definitivamente. Dopo diverse disavventure in cui conobbe anche la fame, giunse a Loreto dove lo colse una profonda crisi spirituale tale da indurlo ad indossare l’abito religioso dei frati domenicani e a prendere i voti. Andò quindi a Mossul, una città presso le rovine di Ninive. Durante il lungo viaggio, il Boetti apprese molto bene la lingua araba tanto che era in grado di usarla nelle prediche pubbliche. Volendo forse imitare il grande riformatore, Gerolamo Savonarola, fu molto severo nel condannare i costumi degli abitanti del luogo e ciò deteriorò i rapporti con gli stessi che chiesero il suo allontanamento. Rimpatriato, venne a Roma dove non fu neanche ricevuto dalle autorità religiose preposte alle attività missionarie né fu accolta la sua richiesta di intraprendere una crociata a favore della Chiesa nei paesi orientali. Questo rifiuto lo indusse a disubbidire all’invito di rientrare in convento. Tornato in Oriente si diede da fare per riunire in una sola famiglia religiosa i credenti e gli scismastici. Nel frattempo aveva imparato la lingua turca e, trasferitosi prima a Costantinopoli e poi a Trebisonda, dove ottenne l’amicizia del Pascià, riuscì a muoversi con facilità tra la Georgia, la Persia e la Siria. Nella sua mente prendeva corpo il progetto di portare con le armi quei paesi alla fede di Cristo. Per ottenere un appoggio al suo progetto, tentò nuovamente di ottenere udienza presso le autorità religiose romane ma, temendo di venir imprigionato, rinunciò alla richiesta di udienza pontificia e fuggì all’estero. A Vienna lo raggiunse un severo ordine del suo superiore che gli intimava di rientrare in convento; demoralizzato dal fallimento dei suoi tentativi di far capire le sue ragioni, dopo un soggiorno nel convento di Vienna, rientrò in Italia e precisamente nel convento di Trino. Nella mente dell’indomito frate l’idea di una crociata religiosa in terra d’Oriente non era svanita, quindi ricominciò ad errare in Francia, Spagna, Inghilterra, Germania ed in Russia dove inutilmente tentò di convincere la regina Caterina. Dal momento che suo progetto veniva deriso e respinto da 11 tutti, egli tornò a Costantinopoli e, approfittando della ingenuità delle popolazioni del Kurdistan, si proclamò profeta riformatore e subito attorno a lui si riunì una folla di fanatici che il singolare frate organizzò in un esercito. Da profeta a condottiero il passo è breve, ed alcune vittorie sui piccoli visir ribelli al potere di Costantinopoli gli permisero di conquistarsi l’appellativo di Piazzano: la lapide posta sulla casa natale del Boetti. “Mansur il Vittorioso”. Questo è l’inizio della sua fama che lo portò a formare un grosso esercito ed a conquistare un potere sempre maggiore. Il fatto di essere diventato un uomo potente fece sì che Costantinopoli lo temesse e cercasse di farselo amico. Intanto il frate era sempre in attesa del riconoscimento da parte della curia romana dell’idea di intraprendere una crociata religiosa in terra d’oriente con la conquista della Turchia ma nessuno accolse il suo appello. Intanto in modo inaspettato il suo segretario( probabilmente una spia del sultano ) si recò a Costantinopoli portando con sè il diario di Boetti, dove vi era annotata tutta la storia della sua vita ma anche il suo progetto segreto. Il governo turco che già lo temeva apprese le vere intenzioni del frate e gli inviò contro il suo cultura e territorio esercito. Boetti, che non era certo uomo che si lasciava intimorire, attaccò e uscì vittorioso dalla contesa a Smirne. Forte della vittoria, mosse contro Costantinopoli ed il Sultano, temendo la sconfitta, gli offrì il perdono in cambio di una campagna contro i Russi. Boetti accettò e conquistò l’Armenia, il Caucaso,la Georgia, il Kurdistan e la Circassia: per sei anni fu il padrone invincibile di quelle terre. Convinto che questa nuova situazione potesse far cambiare atteggiamento a Roma nei suoi confronti, ricominciò a sperare con forza in un segno da Roma ma, deluso per il silenzio delle autorità religiose Romane, si scoraggiò, trascurò il suo esercito che divenne indisciplinato, evitando le battaglie per le razzie, indebolendosi e permettendo all’esercito russo di batterlo con facilità. Boetti, preso prigioniero, fu condotto dinnanzi all’imperatrice Caterina che rammentò il colloquio avuto con lui anni addietro, lo ascoltò, lo compatì e lo lasciò libero. Con la libertà gli concesse pure una pensione e Boetti si stabilì nella città di Solewesk sul Mar Bianco, poco distante dal circolo polare artico, dove Lenin, dopo la Rivoluzione d’Ottobre avrebbe creato il suo primo gulag. Qui morì ospite coatto di un convento di Armeni cattolici. Da tale luogo avrebbe scritto un’ultima lettera alla famiglia nel settembre del 1798. Il parroco di Piazzano, che vide quella missiva, sostenne che in essa Boetti chiedeva “perdono ai genitori, ai fratelli, alle sorelle dei dispiaceri che loro aveva procurato e si raccomandava caldamente alle loro preghiere, in quanto prossimo alla morte”. Questa è l’ultima notizia riguardo la sua sorte. Dopo la sconfitta del condottiero piemontese, i russi dovettero faticare molto per conquistare il Caucaso. La Circassia cadde nel 1881, e così l’Ossezia. l’Abkhazia, la Mingrelia, il Daghestan e il NagornoKarabak furono russi nel 1825. Georgia e Armenia furono definitivamente occupate nel 1855. A Boetti-Mansur rimase il merito di avere per primo coniugato la resistenza nazionalista al fattore religioso. Lo sceicco rimane ancora oggi l’eroe del Caucaso: nel 1991, quando la Cecenia proclamò la sua indipendenza, piazza Lenin, nel centro della capitale, divenne «piazza Al Mansur». Piera Soldà Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010 Al centro polifunzionale è comparsa la cassettina del nostro giornale Grazie alle migliorate condizioni ambientali nella nostra zona, meno umidità e zanzare, presso il centro polifunzionale potete ammirare il ritorno a nidificare da noi del Picchio Nero; esemplare di rara bellezza che ha avuto vita dal mirabile senso artistico di Roberto Carelli a cui va il nostro grazie; i vostri suggerimenti o lamentele su tutto e tutti potrete lasciarli nel suo nido. Pier Nuova associazione a Castel San Pietro Si è concretizzata nei mesi scorsi una nuova iniziativa sociale a Castel San Pietro: è infatti nata l’Associazione Tennis, presieduta da Emanuele Soldà. Prima attività del sodalizio è stata l’organizzazione del 7° Torneo di Tennis Doppio Misto, che è in corso di svolgimento sul campo della frazione e che è aperto a tutti, classificati e non classificati. Sponsor dell’evento sono il Comune di Camino, la Provincia di Alessandria e la Farmacia del Dott. Restivo di Camino. 12 natura Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010 Vespe e calabroni un problema estivo Conoscere i comportamenti e le abitudini per evitarne le punture A pi, vespe e soprattutto calabroni, non di rado, in estate diventano un vero problema, sia a causa delle loro dolorose punture sia per la sgradevole abitudine di costruire i loro “nidi”nelle nostre case. Ma chi sono veramente, fino a che punto sono così pericolosi e come dobbiamo comportarci in caso di “attacco”? Fanno parte dell’ordine degli Imenotteri che comprende circa 100.000 specie; il nome deriva dalla conformazione delle due paia di ali trasparenti e membranose, da qui il nome dell’ordine (Hymen = membrana). Le dimensioni sono molto variabili: sono comprese tra pochi decimi di mm e 40-60 mm. Gli Imenotteri formano due sottordini: i Sinfisi, nei quali l’addome è largamente collegato al torace, e gli Apocriti, in cui l’addome è legato al torace tramite un esile peduncolo, detto peziolo: i “vespidi” sono dunque Imenotteri Apocriti. Il calabrone è uno dei vespidi più caratteristici delle nostre regioni; è riconoscibile per le grosse dimensioni e per la tinta rossiccia della parte anteriore del corpo; gli occhi sono molto grandi e con una particolare forma a “c”, il peduncolo addominale è breve, alcune macchie rosse ornano la testa, mentre il resto del corpo è nero, giallo e rosso. La femmina può raggiungere i cinque centimetri di lunghezza, mentre maschio e operaie misurano 2-2,5 cm. Le femmine fecondate trascorrono l’inverno in condizioni di metabolismo rallentato, nascoste nei tronchi o nel terreno, producendo anche glicerolo, che agisce da “antigelo”. Quando esce dal lungo letargo invernale, la femmina fecondata del calabrone va alla ricerca di un luogo adatto alla costruzione del nido, che può essere sospeso oppure nascosto in una cavità, con l’apertura delle celle rivolta verso il basso; a volte può approfittare di un alveare vuoto. Il materiale usato per la costruzione è spesso la corteccia ancora verde e tenera di varie piante (spesso dei frassini giovani), che l’insetto impasta con la saliva e, prendendolo tra le zampe, applica levigandolo a lungo con le mandibole; durante la costruzione, che è molto rapida, si reca spesso al più vicino specchio d’acqua per bere abbondantemente. Quando il nido è pronto la femmina del calabrone depone le uova, uno in ogni cella, introducendovi l’addome. Dopo cinque giorni ne escono le larve, che rimangono fissate al fondo della cella con l’estremità posteriore del corpo. La madre le nutre dapprima con nettare, poi con alimenti più sostanziosi: come gli altri vespidi piomba sulla preda, l’atterra e le spezza ali e zampe; poi mastica il torace della preda, ricco di proteine per la presenza dei muscoli del volo, afferra la pallottola con le mandibole e la porta alla prole. Dopo nove giorni la larva si trasforma in ninfa, e dopo altre due settimane compare una giovane operaia, sterile. Come gli altri vespidi, i calabroni sono abbastanza aggressivi, sebbene non attacchino senza essere stati disturbati. Il loro pungiglione, contrariamente a quello delle api, non è dentellato, e rimane solo raramente nella ferita, ma la puntura è molto dolorosa e spesso causa un notevole gonfiore. Al contrario di quella delle api, la puntura del calabrone non ha come bersaglio i vertebrati: le api devono difendere il nettare raccolto nell’alveare dagli animali che se ne vogliono cibare e insieme al pungiglione lasciano nella pelle dell’animale la ghiandola che continua a rilasciare il veleno (perdendo così la vita); i calabroni invece usano la puntura sulle predi più difficili, che sono comunque, di solito, insetti. Il veleno degli Imenotteri è una soluzione acquosa contenente proteine, peptidi e ammine vasoattive. Le proprietà tossiche del veleno sono pertanto dovute a tutti i componenti collettivamente, ma solo alcune proteine che lo costituiscono sono allergeniche. I calabroni sono i più pericolosi, perché una sola puntura può causare la morte. Ma è davvero così? Certamente! Ma non bisogna avere eccessivo timore, perché l’esito fatale è raro, dal momento che può essere favorito dalla puntura all’interno della bocca o di una vena. E questo, per fortuna, non succede spesso… Se le sostanze iniettate vengono assorbite rapidamente, come nei casi di cui si parlava prima, il soggetto colpito può andare incontro ad edema della glottide (formazione anatomica che regola l’afflusso di aria nei polmoni), impedendo così il passaggio dell’ossigeno e quindi l’asfissia. Nel caso di puntura endovenosa, normalmente nelle vene superficiali degli arti e del collo, il soggetto colpito può andare incontro ad edema polmonare e quindi ancora a difficoltà di respirazione e di ossigenazione che, nei casi più gravi, possono portare al decesso. Quanto descritto è molto legato alla sensibilità dell’individuo colpito. I soggetti che soffrono di allergia a sostanze diverse sono di solito più a rischio. Si può arrivare, come conseguenza della puntura, fino allo shock anafilattico. Abbiamo parlato finora della puntura del calabrone, perché, per quanto riguarda le api e le vespe, una singola puntura non provoca generalmente dei quadri clinici molto gravi, mentre punture di più insetti, sommando le quantità di sostanze introdotte, possono essere egualmente gravi. C’è da segnalare che api e vespe di norma non attaccano, ma rispondono ad azioni di disturbo, spesso attivate inconsapevolmente. A questo punto un suggerimento per difendersi da un attacco di uno sciame di api o di vespe è quello di allontanarsi più in fretta possibile e di porsi al riparo al chiuso, se possibile, oppure all’interno di un cespuglio, oppure, nell’impossibilità di trovare altre vie di scampo, di mettersi a terra, avendo l’accortezza di ricoprire con gli indumenti tutte le parti del corpo, mani e testa compresi. Quale è la conseguenza locale della puntura? Quasi sempre si riscontra arrossamento e gonfiore (edema), accompagnati da dolore acuto trafittivo, seguito da bruciore e prurito. Possono associarsi manifestazioni di tipo orticarioide, febbre, cefalea, dolori muscolari e segni di insufficienza respiratoria e cardiocircolatoria. Quale è la terapia? Si deve iniziare dalla disinfezione della parte colpita e dall’impiego di farmaci antidolorifici ed antiinfiammatori applicati localmente (pomate antistaminiche o cortisoniche, applicazione di freddo, ammoniaca). Nei casi più gravi, invece, è necessario ricorrere il più velocemente possibile a tecniche di rianimazione cardiopolmonare da parte di operatori specializzati. Sarà quindi opportuno rivolgersi al Pronto Soccorso o al 118. Quanto ho descritto non vuole assolutamente “fare paura”, ma vuole cercare di darvi un piccolo aiuto in situazioni d’emergenza. Riccardo Longhi natura 13 Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010 Il “miracolo” della fotosintesi delle piante Il processo chimico che permette la nostra sopravvivenza N oi sappiamo che tutti gli organismi fino ad oggi conosciuti, uomo compreso, sono costituiti da parti correlate fra loro e formate da composti organici, il cui anello fondamentale è definito da un elemento molto importante, che sta alla base della vita stessa: il carbonio, il cui simbolo chimico è la lettera C. Perché è così importante questo elemento? Tutta la vita sul nostro pianeta si basa sul carbonio e si capisce in particolar modo dalla facilità con cui si lega velocemente con altri elementi. Si formano in questo modo molecole anche molto complesse, sulle quali però noi sorvoleremo per ragioni di spazio. Qualunque organismo, per vivere, deve ricavare necessariamente energia e per poterlo fare, svolge un processo essenziale: la respirazione cellulare. Ora, questo è un processo che, negli animali, stabilisce complesse reazioni molecolari che avvengono all’interno delle cellule, ricavando energia dagli alimenti. In questo modo, si consuma ossigeno (O2) e si ha, come prodotto di scarto, biossido di carbonio (CO2). Entrambi sono gas. Vorrei però soffermare la vostra pazienza su un tipo di respirazione cellulare, che opera con un percorso diverso rispetto a quello che avviene negli animali: la fotosintesi dei vegetali. Che cos’è la fotosintesi? Come si svolge? Soprattutto, morde? No, niente paura, cerchiamo di vedere come stanno le cose affrontando il tutto con serietà scientifica. La fotosintesi è un processo che consente di convertire (cioè di trasformare) la CO2 (in cui troviamo, come potete vedere, il nostro amico carbonio) in zuccheri semplici. Spieghiamo meglio: le piante, piccole o grandi che siano, catturano le radiazioni solari emesse dalla nostra stella, il Sole, e le utilizzano per attivare una serie di complesse reazioni chimiche che fisseranno la CO2 in carboidrati e daranno, come prodotti, zucchero, ossigeno e acqua. Se siete stati attenti, vi sarete sicuramente accorti che la fotosintesi, nel suo percorso, procede proprio al contrario, inversamente alla respirazione cellulare degli animali, nella quale si ricava O2 e come prodotto di scarto CO2. La fotosintesi si può rappresentare con una formula chimi- ca, che è la seguente: Luce solare + 6CO2 + 12H2O → C6H12O6 + 6O2 + 6H2O Il gruppo a sinistra della freccia sono reagenti, quelli a destra sono i prodotti. Aggiungiamo le radiazioni solari ai reagenti e interpretiamo la formula in questo modo: la luce del Sole, reagendo con sei molecole di CO2 (biossido di carbonio), e dodici molecole d’acqua, dà come prodotti una molecola di zucchero (glucosio), sei di ossigeno (O2) e ancora sei di acqua. Perché possa svolgersi il processo di fotosintesi, però, occorre ancora qualche particolare di estrema importanza, che non possiamo tralasciare: dobbiamo capire, giustamente, dove si svolge principalmente. Infatti, noi sappiamo che i sistemi vegetali sono dotati di meravigliosi e precisi laboratori chimici in miniatura, all’interno dei quali avvengono, da centinaia di milioni di anni e con successo, le più strampalate reazioni biochimiche che governano proprio la fotosintesi. Questi laboratori silenziosi sono le foglie. In questi organi è presente una particolare sostanza in grado di assorbire la luce, un pigmento verde: la clorofilla. Questa è una sostanza formata principalmente da carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto, contenuta in particolari organuli detti cloroplasti. Essi sono formati da un doppio sistema di membrane, nel cui interno sono presenti dei sacchettini appiattiti, simili a degli hamburger imbottiti, detti tilacoidi, immersi in una soluzione gelatinosa chiamata stroma. Eccoci giunti a un punto importante: proprio dentro i tilacoidi troviamo la nostra clorofilla. Ora che abbiamo capito dove si svolge, vediamo come avviene e quale importanza rivesta la sintesi clorofilliana. Ciò che lascia stupefatti di questo processo, è osservare come la luce solare sia convertita in energia biochimica e potenzialmente sfruttata da tutti i sistemi viventi che consumano ossigeno e glucosio. Vediamone il funzionamento semplificato. La fotosintesi si caratterizza in due fasi: una è detta luminosa e l’altra oscura. Mentre nella fase luminosa ci saranno reazioni che si svolgeranno solo in presenza di luce, nella fase oscura non ci sarà bisogno di luce per produrre sostanze. Molto interessante è che, per aumentare l’efficienza della fase luminosa, occorre un incremento di luminosità, mentre per aumentare l’efficienza della fase oscura, ci vuole un modesto incremento di temperatura. Continuiamo e vediamo che cosa accade nella fase luminosa, dentro i cloroplasti. Quando le radiazioni solari sono assorbite dalla clorofilla, in questa sostanza si eccitano le molecole che la compongono. Ciò provoca la scissione dell’acqua, cioè la molecola si divide nei due elementi che la caratterizzano: idrogeno e ossigeno. S’innesca così un flusso di elettroni che forniranno l’energia necessaria per sintetizzare un composto di estrema importanza, l’Atp (adenosintrifosfato, pronunciato tutto d’un fiato), una molecola di alto valore energetico. Per non complicarci la vita diremo che la reazione dell’Atp con altre sostanze, permetterà di rilasciare ossigeno (O2) nell’atmosfera. Le reazioni della fase oscura invece, avvengono nello stroma, dove intanto si è accumulata energia (Atp e altre sostanze energetiche), così da ridurre la CO2 in carbonio organico. Sempre nello stroma, avviene un processo chiamato ciclo di Calvin (tranquilli, non vi farò del male nel capire come si svolge, mi avete già sopportato fin troppo!), il quale utilizzerà le nostre molecole energetiche per costruire, alla fine, una molecola di glucosio cioè zucchero. La fase luminosa in altre parole, serve per avere il flusso di elettroni che forniscano energia. La fase oscura invece, con l’energia accumulata, produrrà lo scheletro dello zucchero. In questo modo, la fotosintesi rifornirà gli organismi di zuccheri semplici per vivere. Siamo giunti al traguardo! Lo so, è stato un po’ impegnativo e per questo mi scuso con i nostri lettori, ma ciò serve nel farvi riflettere di quanto meraviglioso e nel frattempo complesso sia l’ambiente che vi circonda. Conservarlo il più possibile è dovere di tutti, perché, vi ricordo, anche noi siamo inseriti nel contesto naturale, anche se i sempre più frequenti disastri ambientali, legati molto spesso alla nostra incompetenza e ingordigia, sembrano farcelo dimenticare. Alessandro Varvelli 14 Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010 biblioteca a cura di Francesca Balestreri Tranta quaranta, tutt al mond a canta Scovare libri in biblioteca: i canti popolari monferrini dell’800 M entre catalogavo i libri della biblioteca mi è passata tra le mani una piccola perla, un libro del 1888 modestamente rilegato in carta e con le pagine debitamente ingiallite, che non ho potuto fare a meno di sfogliare, leggere e poi ancora rileggere. Mi ha subito colpita il titolo: Canti popolari del basso Monferrato – raccolti ed annotati da Giuseppe Ferraro. Poi la dedica: “all’illustre conte Costantino Nigra, ambasciatore d’Italia presso l’Impero AustroUngarico, che fu tra i primi raccoglitori e commentatori di canti popolari italiani”. A questo punto vado a cercare l’editore, certa di trovare un nome piemontese, e scopro che il libro ha visto la luce a Palermo presso Luigi Pedone Lauriel e fa parte della collana “Curiosità popolari tradizionali pubblicate per cura di Giuseppe Pitrè”, appassionato demologo siciliano. Come se non bastasse, si tratta di un’edizione di soli 200 esemplari “ordinatamente numerati”, di cui quello che ho tra le mani è il numero 113. Quando vado a leggermi la prima delle 43 canzoni popolari (seguita da 12 filastrocche e canti fanciulleschi, 8 giochi infantili, 18 indovinelli e 79 strambotti in dialetto del basso Monferrato) scopro che racconta la storia della Donna Lombarda che io già conoscevo in un’altra variante popolare italiana. E’ la storia della moglie che con l’amante cerca di avvelenare il marito mettendogli un serpentello velenoso nel vino: “lo pijrumma, lo pistirumma, e j lo darumma da beivi ant al vin”. Ma il figlioletto innocente ha visto tutto e lo rivela al padre, che obbliga la moglie a bere in sua vece il vino avvelenato: “mi m’ cherdija d’fala a j aiti, anvece j aiti l’han fata a mi”. Scopro che anche il tema della seconda canzone mi è familiare: è la storia del Bel Galant che tornando a casa sente suonare il “campa- non” e si domanda: “Omì sarà lo la mia spusota chi la van a stuterà?” Una nota dell’autore conferma che questo canto, intitolato nell’Alto Monferrato “Amore Sfortunato”, è noto anche a Ferrara, in Provenza, in Catalogna… La bella canzone “La formica e il grillo”, quella che finisce con: “Omì, omì, omì! Dess ch’a l’è mort al grillo i veui morì anca mì” mi ha fatto tornare in mente quella che mi cantavano da piccola, e che faceva: “La formicuzza in un campo di grano disse una volta al grillo: teniamoci per mano”. E il Pelegrin che ven da San Giacu non è forse un parente stretto del Pellegrin che vien da Roma, che tutti conoscono? Così di tante altre canzoni, filastrocche, conte e strambotti monferrini, il Ferraro che le ha raccolte segnala le analogie con altre versioni regionali. Ferraro era molto legato al suo luogo natio, Carpeneto nell’Alto Monferrato, ma era anche uomo di scuola e dovette spostarsi per lavoro su e giù per l’Italia. In ogni nuova sede si interessò del folklore locale e attraverso comparazioni e confronti arrivò a scoprire che tradizioni, canti ed usi ben lungi dal dividere gli italiani, li univano. E questo mi è molto piaciuto: un punto di vista che valorizza il dialetto senza chiudersi nel localismo e va alla ricerca dell’identità senza contrapporla all’unità. Per il resto, canzoni, filastrocche e strambotti sono una delizia, anche per me che sono Caminese solo d’adozione e non conosco bene il dialetto. Tanto affascinanti che mi è venuta voglia di farli rivivere, per una volta. Recuperare le musiche, mettere insieme qualche strumento DA 0 A 99: UNA MOSTRA NELLA MOSTRA Quest’anno la mostra dei “creativi della porta accanto” è arrivata alla sua quarta edizione e per offrire una nuova attrazione abbiamo pensato di creare una sezione speciale, che si chiamerà “da 0 a 99”. Una mostra nella mostra dove verranno esposte fianco a fianco sia le opere di autori molto giovani – bambini dell’asilo, ragazzini delle elementari e della medie – sia quelli di persone avanti con gli anni, che per l’occasione si cimenteranno con matite e pennelli. Soprattutto disegni, quindi, ma qualunque tipo di lavoro creativo è ben accetto. Le opere esposte saranno accompagnate da notizie sull’autore. Non è mai troppo presto e non è mai troppo tardi per fare qualcosa di creativo. E quando si è in là con gli anni può essere un bel modo per dare valore al tempo e alle proprie – magari insospettate – capacità. Siete tutti invitati a partecipare. per suonare, qualche voce per cantare e un po’ di gambe per ballare… Farne un piccolo spettacolo, con il bel galant, lo spazzacamino, il cacciatore, la sposa di Andorno, la monachella, la formica e il grillo, la ragazza soldato… Qualcuno coglie l’idea? A proposito del libro: “è facile smettere di fumare...”, l’esperienza di una lettrice Mi è capitato di richiedere un libro un po’ particolare alla biblioteca, e fino a qui nulla di strano. Avevo già cominciato a leggerlo prima di Natale, prestatomi da una collega di lavoro, poi ho dovuto restituirlo perché serviva a un’altra persona e io non potevo proprio rimanere lì senza sapere come finiva… Sono riuscita a catturare un po’ la vostra attenzione? Non è altro che il libro “è facile smettere di fumare – se sai come farlo”! Da fumatrice per lo più scettica mi piaceva proprio sapere come sarebbe andata a finire. Prima di terminarlo, però, l’ho parcheggiato sulla credenza. Tanta fretta di leggerlo per poi dimenticarmene? Non proprio. Ho scoperto che man mano che lo leggevo mi smontava e ne ho avuto un po’ paura, perché è scritto con una semplicità di concetto che oserei definire “devastante”. Insomma, ti toglie ogni scusa! Ho finito di leggerlo poi con accanimento perché mi sentivo cambiare, quando ho letto l’ultima riga erano già tre giorni che non fumavo. Fantastico! è durato tre settimane: tre settimane di libertà e benessere mentale, qualche regola da ricordare e il gioco è fatto. Quando Francesca mi ha chiesto di scrivere due righe su su questa esperienza, ho avuto paura di non essere la persona più idonea, perché alla fine mi sono fregata da sola e ho ripreso a fumare. Ma poi perché no? Io per un po’ ci sono comunque riuscita e posso dire che il metodo funziona bene: è importante avere un appoggio morale e qualche volta ripassare quello che si è letto. Io adesso ci riprovo e, chissà, spero di trovare qualcuno di voi lettori in questo spazio così da confrontarci, perché questo è molto importante, così come è importante non ascoltare chi ti dice “tanto non ci riesci!” Marisa Raiteri rubriche del mese 15 Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010 rubriche del mese Rubrica d’arte Fioritura sommersa Suggestivi ornamenti floreali a pelo d’acqua U Li tagliamo appena sotto la corolla, lasciando un corto spezzone di gambo di circa 1 cm. Avvolgiamo i sassi freschi. con filo colorato o spago molto 1 - Leghiamo con sottile, preferipassate incrociate bilmente dello il filo di lana o lo stesso colore dei spago ai piccoli petali. sassi che posereAiutiamoci con mo sul fondo per un ago in modo fungere da ancoda passare sotto raggio. i fili e legarli con un nodo ben sal2 - Per avvolgere do. facilmente il filo Annodiamo al sasso aiutiamol’altra estremità ci con un ago da del filo allo spezlana che consente zone di gambo di passare tra i rimasto sulla cofili e fermarli ben rolla. stretti. La lunghezza del Elementi semplifilo deve essere ci come l’acqua, tale da non far alcuni fiori e picraggiungere alla coli sassi, tutti ricorolla la superuniti in un unico ficie dell’acqua. contenitore di Adagiamo le vetro, per com- Ecco come si presenta il lavoro ultimato. c omp o s i z i on i posizioni flutall’interno del tuanti simili a palloncini colorati trattenuti da fili sottili. contenitore riempito d’acqua e la “legge Scegliamo fiori piccoli ma robusti e co- d’Archimede” provvederà a spingere vermunque adatti alla dimensione del vaso in so l’alto le corolle mettendo in tensione i cui verranno collocati: vanno bene mar- fili. Simona Lazzarin gherite, daliette, tagete, garofani ecc... n insolito modo per decorare con composizioni di grande effetto di fiori Concorso fotografico del Comune: il promemoria Il concorso fotografico creato e sponsorizzato dal Comune di Camino per artisti non professionisti, aperto dal 1° gennaio, è giunto a metà dell’opera. C’è ancora tempo, fino a novembre, quindi non scoraggiatevi e iniziate a portarvi dietro la macchina fotografica quando andate in giro per il comune: potrebbe spuntare un angolo suggestivo che prima d’ora non avevate notato! Sul sito internet del Comune (www.camino.comune.al.it) potete reperire il bando, in ogni caso sarà bene fare un piccolo promemoria. Il concorso resterà aperto undici mesi per permettere di fotografare il territorio in tutte le stagioni. Il tema infatti è il Comune stesso, suddiviso in due categorie: paesaggi e scorci.Il partecipante ha così la libertà di fotografare dai particolari di vita quotidiana, naturali o artistico-architettonici, fino ai panorami nella loro interezza. Il nostro territorio si presta particolarmente a questo tipo di soggetto, per la bellezza dei borghi e la ricchezza dei colori delle diverse stagioni Una giuria composta da artisti e professionisti esaminerà e valuterà i lavori prodotti, per eleggere alla fine i vincitori, ai quali andrà un cospicuo premio in danaro. Le fotografie saranno poi esposte in una mostra pubblica. In bocca al lupo a tutti! Simona Lazzarin Bed & Breakfast “Le Birbantelle”, novità a Castel San Pietro Alla metà di luglio aprirà ufficialmente l’agriturismo “Le Birbantelle” nella frazione di Castel San Pietro, gestito da Simona, Walter e l’indispensabile aiuto dei loro 2 bimbi a cui si sono ispirati per il nome. Una bella casa di fine ottocento con adiacente fienile che è stato interamente ristrutturato e adibito a bed & breakfast, anche se loro mi dicono che il termine corretto sarebbe “agriturismo con pernottamento”, poiché è possibile trovare oltre alla colazione con prodotti confezionati come la legge impone, anche piatti preparati sul momento di produzione propria, dalle torte alle marmellate di tradizione monferrina, alle frittate e piatti salati per accontentare anche i gusti degli stranieri che sempre più frequentano le nostre colline e che sono alla ricerca di luoghi come questo. Il fienile in tufo è stato trasformato in tre stanze con servizi indipendenti e una cucina open space, in cui fare colazione o rilassarsi dopo una passeggiata. All’esterno un piacevole dehors e la spaziosa piscina incorniciano il quadretto di questo delizioso angolo di monferrato. Sapientemente curato nei minimi particolari, l’accoglienza familiare di Walter e Simona fa di questo agriturismo un luogo assolutamente da non perdere. S. L. lettere alla redazione 16 Il Picchio - N. 3 (9) - Maggio - Giugno 2010 eventi Comune di Camino Brusaschetto il 31 luglio, ore 21.30, Roberto Brivio in: “GUFOLOGIA” il 1° agosto, ore 21.30, Luca Maciacchini in : “Semaforo Rosso” (chitarra classica) 13 agosto, ore 21.30, spettacolo teatrale 14 agosto, ore 21.30, serata danzante con l’orchestra “La premiata Band” 15 agosto, ore 20.00, cena sociale Camino 7-8-9 agosto Ferragosto Caminese 7 agosto: ore 13 - 29° edizione “Circuito dei 2 ponti”, gara ciclistica per amatori UDACE; ore 20 - Braciolata prenotazione entro 5/8 al 0142 469252 o 0142 469321; ore 22.00 serata danzante orchestra Archi Sound. 8 agosto: ore 17 - processione per il patrono S. Lorenzo con banda musicale; ore 21.30 serata danzante orchestra Federica Morandi. Castello di Camino dalle 10 alle 19: rappresentazioni medievali, visite guidate al castello e al parco secolare; Marco Cardona, mangiaspade e incantatore di serpenti. Durante la giornata: alle 11.00 messa nella Chiesa di San Gottardo; XXIX Festa dell’Uva a cura della Pro Loco Caminsport con stand di artisti, vini e prodotti locali. è possibile pranzare previa prenotazione (0142 469252). Castel San Pietro Mese di luglio, 7a edizione del Torneo di tennis Doppio Misto (info 3397036073/ 3389386271) 3 settembre, Casa Parrocchiale: Commedia “Non tutti i ladri vengono per nuocere” di Dario Fo con la Compagnia Il Teatro della Nebbia di Casale. Isolengo Ciclo di incontri culturali a Camino Sta prendendo forma in questi giorni il programma definitivo di incontri che il Gruppo la Nostra Camino proporrà a partire dal mese di settembre. Si tratta di un calendario di appuntamenti aperti al pubblico, un progetto che nasce dall’obiettivo di creare occasioni di discussione, di conoscenza e di scoperta, momenti di formazione aperti a tutti e su tematiche diverse. Gli incontri si terranno a partire dal 17 settembre, il venerdì sera, dalle ore 20.45 presso il locali del Centro Servizi di Camino, in via Roma, grazie alla disponibilità del Comune che ne ha concesso l’uso. Il primo ciclo di incontri che si terrà tra settembre e ottobre, avrà come filone principale l’ambiente e il paesaggio colto sotto diversi aspetti. Il primo appuntamento, che si terrà il 17 settembre, alle ore 21, vedrà come protagonista la scrittrice Luisa Pulcher che presenterà il suo libro “Il tempo è un albero che cresce - Racconto in giardino”. Durante la serata verranno letti alcuni brani tratti dal testo e sarà possibile interagire con l’autrice con domande e risposte. Nei primi giorni di settembre il programma definitivo verrà distribuito e affisso nelle bacheche del Comune. Per info: [email protected] 5 settembre Medievalia Mese di luglio, torneo di bocce aperto a tutti gli abitanti di Camino/Frazioni e giocatori dei paesi limitrofi Mese di agosto, le sere del martedi e del giovedi saranno dedicate al gioco delle bocce Mese di settembre, torneo di bocce alla baraonda, aperti a tutti 4 settembre: presso Bocciofila XII edizione passeggiata ecologica tra i vigneti. Merenda Sinoira con la partecipazione del Comitato della Panissa di Albano Vercellese - Concerto del Corpo Musicale Mornaghese (Va) L’Associazione Idea Valcerrina propone anche quest’anno una serie di concerti che coinvolgono diversi comuni nei dintorni. Sabato 07 agosto, ore 17.30, Piazza del Municipio Moncestino , Ensemble Galileo Sabato 11 settembre, ore 16.30, Tenuta Gambarello Mombello, Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi. Bacheca su due piani con cortile e terreno a Fabiano.Tel. 0142 944734 vizio di baby-sitting/dog-sitting. Tel. 320087936. Vendesi n° 3 miscelatori - capacità: uno di q.5; uno di q.20; uno di q.25 con attrezzatura completa. Si vendono anche singolarmente. Tel. 0142 85382 ore pasti. Vendesi trattore cingolo fiat 605C Super, ottimo stato, poco usato, € 10.000 trattabili. Tel. 329 8404581. A settembre, tuti i week-end, mostra dei “Creativi della porta accanto” presso la biblioteca CONNESSIONE INTERNET IN ZONE CON SCARSE LINEE ADSL. Stiamo conducendo un sondaggio sulla possibilità di connettere senza fili i nostri comuni a internet. Preghiamo chi fosse interessato di comunicarlo al 3298404581 o alla email ilpicchio.camino@gmail. com. Sarà così tenuto al corrente degli sviluppi e degli eventuali finanziamenti ed agevolazioni. Vendo zona Moncalvo cucciolo bracco tedesco pelo forte 90 gg. vaccinato microchip genitori campioni lavoro. Tel. 338.87.69 090 Il Gruppo Cultura ricerca testimonianze sulle tradizioni, storie e leggende relative alle chiese e capelle presenti nelle varie frazioni del comune di Camino. Contattare Simona al 340 9732759. Affitto,settimanalmente in estate, a Cannigione (baia di Arzachena Sardegna) un bilocale piano terra con piccola veranda privata e un bel giardino comune. Tel. 338 6170047 Vendesi casa indipendente mq 150 circa Ragazza 33enne automunita offre ser- Valcerrina Istruttore tecnico qualificato impartisce lezioni di difesa personale anche a domicilio, durante la settimana dalle ore 8 alle ore 19. Angelo Jemmola, tel. 340 7761285 Cercasi trattore 8404581. cingolo. Tel. 329 Salotto anni ’50 in stile chippendale composto da vetrinetta, comò con specchiera, comò, tavolo con otto sedie, in ottime condizioni, vendo. Tel. 329 4543233. Per contattarci e ricevere il giornale via mail: [email protected] oppure potete telefonare al 3476942699 Il Picchio Mensile di informazione e cultura di Camino e frazioni Autorizzazione del tribunale di Casale Monf. n.258 del 16/01/2009 Proprietario: Carlo Rosso Direttore responsabile: Paoletta Picco Stampa: Tipografia A.G.S. di Marchisio A. e Croce F. snc, via G. A. Irico, 9 - 13039 Trino (VC) Redazione: via Monastero, 10 - 15020 Camino (AL) Logo de “Il Picchio”: Mauro Galfré