Periodico dell’“Associazione Amici del Banco” fondato nel 2005 - Numeri arretrati sul sito www.amicidelbanco.it Anno 4° - n. 3 / 2008 Tribunale di Sassari n. 265/2004 - Distribuzione gratuita - Poste Italiane spa. spedizione in a.p. - 70% - DCB Sassari www.amicidelbanco.it CERIMONIA DI PREMIAZIONE DEL CONCORSO “BANCO DI SARDEGNA PER LA SCUOLA” Vª EDIZIONE 2007/2008 Sabato 11 ottobre nella villa Mimosa, sede relazione gli altri componenti del tavolo. dell’Associazione industriali, si è svolta la cerimoIl prof. Farina ha dato inizio alla premiazione nia di premiazione degli Istituti che si sono classi- chiamando i docenti e gli studenti dell’istituto ficati nelle prime tre posizioni della graduatoria, “Alessandro Volta” di Nuoro, che, dopo aver illuma aperta anche agli altri Istituti partecipanti. strato il contenuto del loro progetto denominato Al tavolo della presidenza erano presenti il “Alltech”, hanno ricevuto la targa del primo preprof. Franco Farina, presidente del Banco, il dr. mio e quella del premio amicizia, riservato alle Natalino Oggiano, direttore generale, la dr.ssa scuole che affidano il servizio di tesoreria al Pasqualina Coco, in Banco. rappresentanza del E’ stata poi la volta Direttore dell’ufficio dell’istituto Buccari scolastico regionale, che ha ricevuto il il dr. Vario Morace, in secondo premio per il rappresentanza del progetto “Vela school”. magnifico Rettore Infine è stato chiadell’Università degli mato l’istituto “P. Studi di Sassari e lo Levi” per ricevere il scrivente, presidente terzo premio per il prodell’Associazione getto “ Familandia”. Amici del Banco. A tutti gli altri istituErano altresì preti, classificati dalla Sassari - Villa Mimosa senti la dr.ssa Paoni, commissione al quarto Premiazione vincitori V° concorso borse-premio Assessore provinciale posto ex aequo, è stata di Sassari, la dr.ssa Duce, assessore del comune riservata una targa di partecipazione e il premio di Sassari, il rappresentante dell’Associazione amicizia, se convenzionati col Banco per la tesoIndustriali di Sassari, i docenti e gli studenti di reria. quattro istituti isolani, diversi dipendenti del E’ stato poi offerto un rinfresco a tutti gli ospiti. Banco ed una nutrita schiera di nostri soci. Il Siamo lieti di aver contribuito, con l’impegno prof. Farina, dopo un saluto ai convenuti, ha degli amici che si prodigano nel mandare avanti posto un particolare accento sul significato del l’Associazione, e ci approntiamo ad offrire al concorso, giunto alla sua quinta edizione, nei Banco il contributo per l’organizzazione della confronti degli studenti che stanno per lasciare nuova edizione. la scuola e devono misurarsi con il mondo delle IL PRESIDENTE imprese vuoi per ricercare un posto di lavoro Antonello Sanna vuoi per proporsi come imprenditori. Il concorso ha per oggetto la presentazione da parte degli studenti, coadiuvati dai loro docenti, di un progetto d’impresa corredato di tutti gli elementi necessari, quali ricerche di mercato, analisi della concorrenza, previsioni degli investimenti necessari per la realizzazione e dei costi e ricavi nei primi tre anni di servizio. E’ quindi, ha continuato il prof. Farina, esso rappresenta un occasione importante per i giovani che possono così simulare la creazione e la conduzione di un’azienda, rimarcando la volontà del Banco di bandire, per l’anno scolastico 2998/09 una nuova edizione. Hanno poi svolto, sempre sul tema dell’importanza dell’iniziativa promossa dal Banco Sassari - Villa Mimosa - Partecipanti alla premiazione negli ultimi cinque anni scolastici, una breve La tiratura di questo numero della “Pintadera”, nostro malgrado, è stata notevolmente ridotta a causa dell’insostenibilità della spesa a totale carico dell’Associazione. Ce ne scusiamo particolarmente con i Dipendenti del Banco in servizio e con i pensionati Banco non soci ai quali non possiamo inviarne, come per il passato, una copia in omaggio. Sarà nostra cura immetterne l’intera stampa nel nostro sito Internet “www.amicidelbanco.it”. La Presidenza UNA VERA ASSOCIAZIONE PER ESSERE AMICI IN AZIENDA E FUORI! Mi piace qui ricordare, nell’esordio di questo mio intervento, che il 16 novembre ricorre il sesto anniversario della costituzione della nostra Associazione, nata, come certo ricordano i nostri soci fondatori, a Sassari, nelle accoglienti sale di Villa Mimosa. Fu quello l’incontro festoso e irripetibile di quasi settanta colleghi del Banco che sancì la nostra comune volontà di operare secondo uno Statuto che esalta l’amicizia, nell’interesse dei soci e dell’intera comunità: per contribuire alla crescita morale, culturale e sociale di essa, ed in particolar modo dei giovani. I soci fondatori, e tutti gli altri colleghi che nel corso di questi anni hanno aderito alla nostra Associazione, hanno dato – credo e spero – sicura attestazione di credere che l’associazionismo solidale dei lavoratori è fattore di sviluppo sociale e di crescita aziendale Dato per scontato che questo assunto sia, almeno formalmente, condiviso da una larga rappresentanza di lavoratori, e di bancari in particolare, siamo però subito chiamati a chiederci perché solo poche centinaia di nostri colleghi hanno aderito a questa iniziativa dai contenuti sociali innovativi. La risposta la troviamo considerando che questa nostra straordinaria ed eccezionale avventura è antesignana di un tempo nuovo che è maturato negli ultimi due decenni ed che ha registrato, con l’espandersi del tempo libero e del miglior tenore di vita, il desiderio di riunirsi in svariati modelli associativi, sia per motivi altruistici che per soddisfare il desiderio di amicizia e di partecipazione. Partiamo dalla nostra diretta esperienza. Molti di noi, nell’età del lavoro e del dovere, hanno avuto modo di osservare l’inconscia frustrazione di colleghi andati in pensione, subito trascorso il periodo inebriante del primo abbandono dell’impegno professionale. Nessuno lo ammetterà mai. Ma negli occhi di chi è uscito da una struttura organizzata nella quale, a qualunque livello, ha prestato la sua opera, anche con ordinario e consapevole impegno, si legge un sottile rimpianto, un senso di smarrimento, non solo per l’età e gli acciacchi che avanzano! Tutti noi, Amici in pensione, abbiamo reagito, forse anche inconsciamente, a questa situazione di disarmo, riscoprendo i valori dell’amicizia e della solidarietà e, sopratutto, ricostruendo quel senso dell’appartenenza, sentito ormai come fattore di unione solidale tra noi e i colleghi ancora in servizio. Sotto il profilo psicologico, questa è stata forse anche una reazione inconscia al minacciato stato di inattività. Qualcosa di più di ciò che prova un atleta costretto al ritiro per l’età, se si considera che le condizioni fisiche di chi va in pensione possono consentire normalmente lo svolgimento di attività già svolte professionalmente. E’ così che abbiamo dato inizio a questa straordinaria iniziativa, che dobbiamo sempre sostenere e per la quale occorre ogni giorno preparare donne e uomini nuovi. Continua a pag. 2 Ricordi di vita lavorativa nel Banco di Sardegna a cura di Antonio Loi 8° puntata - Anni 1976/1979 Come già anticipato nella precedente puntata, nel secondo semestre del 1975 smisi di prestare la mia opera nel settore commerciale dell’Istituto, poiché trasferito presso la Direzione generale in Sassari. Ero felicissimo di rientrare nella mia città, ma nel contempo sapevo benissimo che non avrei potuto seguire l’andamento economico del territorio di competenza della Dipendenza del Banco presso la quale prestavo servizio. Infatti in quel periodo la contabilità del Banco, registrata secondo le norme delle Aziende divise, stabiliva che ciascuna filiale capo-gruppo producesse un proprio bilancio che, dalla scomposizione, aggregazione ed interpretazione dei risultati ottenuti, era possibile estrapolare, se pur per grandi linee, l’andamento economico del territorio sul quale si operava. Pazienza. Era necessario imparare altri compiti e funzioni anche se ciò che si prospettava non era decisamente congeniale al mio temperamento caratteriale. Infatti, per chi come me, per tanti anni impegnato nell’organizzare e rendere fluida l’operatività dei vari collaboratori assegnatimi, ricevendo ampia soddisfazione per quella tipologia di lavoro, trovarsi di punto in bianco dall’altra parte della barriContinua a pag. 6 2 UNA VERA ASSOCIAZIONE PER ESSERE AMICI IN AZIENDA E FUORI! Segue da pag. 1 ai rapidi e complessi mutamenti degli scenari economici e dei mercati, la comunità nella quale noi tutti viviamo, hanno bisogno anche del nostro impegno e della nostra presenza. Non sottovalutiamo il nostro potenziale. Una maggiore e più condivisa partecipazione alla nostra attività ci potrebbe consentire di essere presenti nei dibattiti che riguardano la società, la gestione della cosa pubblica, la Lavorare cultura, il tempo libero, lo svago, l’intrattenimento. Il coinvolgimento dei colleghi in servizio potrà giovare con amore è un vincolo ad un approccio più diretto e meno formale col management del Banco e della BPER, col quale potrà stabicon gli altri, lirsi un canale di dialogo non istituzionale ma parimencon voi stessi e Dio ti efficace per l’ottimale rapporto di collaborazione. Penso, infatti, che l’Associazione potrà promuovere d’intesa col Banco, in giornate non lavorative, incontri e convegni per dibattere problematiche inerenti il nonché alle vedove dei colleghi già iscritti tempo libero, i rapporti interpersonali, idee innovative all’Associazione! in tema di servizi e di procedure. Il tutto secondo un Ricordiamo noi, soci fondatori, la prima traduzione fine che vuole essere complementare ai soggetti ed alle dell’idea associativa che covava nei nostri cuori, prassi istituzionali. Vuole essere di cooperazione e di quando eravamo ancora al lavoro, alla vista dei nostri ausilio. Vuole, infine, rafforzare lo spirito di bandiera e colleghi pensionati. consolidare il senso di appartenenza. Sentimenti questi Il 5 giugno 2001 un nutrito gruppo di colleghi in serche l’Associazione esprime nel suo Statuto e che i soci vizio ed in pensione del Banco e della Bipiesse vorrebbero rendere concreti e validi. Riscossioni partecipava ad una conviviale alla quale li Pertanto, secondo la configurazione che ci siamo data, avevo invitati per celebrare la conclusione del mio noi intendiamo esprimere l’associazionismo solidale lungo iter lavoratidei lavoratori vo. Nel cartoncino che si sviluppa che avevo fatto in pari tempo stampare per l’ocverso gli assocasione avevo ciati, verso scritto, sulla cima l’Azienda di della copertina, appartenenza e “Amici del verso la società. Banco”. Innanzitutto con Questo era stato iniziative che anche il tema del creino occasioni mio intervento al d’incontro, di brindisi di saluto, svago, di crescicon la proposta di ta culturale e di costituzione di un’ dibattito. Per Associazione che concorrere allo ha poi trovato reasviluppo sociale lizzazione grazie e promuovere le alla fede e all’imrelazioni interpegno di un gruppo Banco di Sardegna - Sede di Cagliari personali. di colleghi assieme Per questi motivi ai quali abbiamo redatto la prima bozza dello Statuto riteniamo essenziale e determinante anche un valido dell’ “Associazione Amici del Banco”. approccio con le rappresentanze sindacali, nostri Dall’autunno del 2001 all’autunno successivo, in colleghi al lavoro che operano secondo i codificati oltre 15 incontri di lavoro, alcuni dei quali svolti con principi istituzionali. Anche in questo campo la nostra la partecipazione del Prof. Sassu e del Dott. Oggiano, non potrà che essere una azione di collaborazione, si è perfezionata l’idea associativa e sono stati formumeramente collaterale, unicamente finalizzata a raflati gli schemi dello Statuto, del Regolamenti di attuaforzare il rapporto umano, l’approccio ai problemi zione e del Regolamento del Fondo di Solidarietà. secondo finalità che rispettano gli ambiti di competenIl 15 novembre del 2002, come dicevo in premessa, in za del sindacato. rappresentanza di 111 colleghi pensionati, l’assemPer questi stessi motivi vorremmo tentare con i colleblea generale dei 66 delegati, riunita a Sassari, a Villa ghi in servizio, con la collaborazione del Banco, la Mimosa, ha costituito l’Associazione, in un clima di ricostituzione e l’avvio ad operatività del CRAL. ritrovata amicizia e di entusiasmo che solo si può proIstituzione che a Cagliari i bancari fanno egregiamenvare in un incontro di donne e di uomini che hanno te funzionare. per anni condiviso, nelle sedi operative del Banco difPer potenziare la nostra azione e renderla condivisibifuse sul territorio dell’Isola, le fatiche e le gioie di un le, per diffondere le nostre idee e per comunicare con lavoro fatto di relazioni e collaborazioni quotidiane. tutti, l’Associazione, con gli scarsi mezzi finanziari Colleghi ed amici per lavoro, talvolta sino a quel disponibili, pubblica dal 2005 il suo periodico “La momento conosciuti solo per telefono! Pintadera”. Anche per questa attività occorre l’impeCredo di non sbagliare affermando che la nostra gno di molti e la loro condivisione. La collaborazione Associazione, per le finalità e gli scopi che ispirano la alle attività dell’Associazione ed alla realizzazione sua missione, può dirsi antesignana di un nuovo modo del periodico deve essere data da tutti, ciascuno di concepire la libera disponibilità, motivata e partesecondo i propri talenti! cipata, di chi è in pensione e il tempo libero di chi è Per la pubblicazione del periodico, tuttavia, non sono ancora al lavoro. sufficienti gli scarsi mezzi finanziari della Non ci ritroviamo qui nel campo del mero dopolaAssociazione. Penso che il Banco e la Fondazione che vorismo o dello svago fine a se stesso. Posto che il l’ha costituito in Società per Azioni, a quest’ opera di collante sono la storia e la consuetudine nelle intese diffusione delle nostre idee e della nostra attività posoperative dei lavoratori, ed ancora l’amicizia, la sano dare stabilmente un loro determinante contribustima, la fiducia consolidate giorno per giorno, la to finanziario che possa consentirci di non far gravasfida che ci siamo data, e che vorremmo che tanti altri re la spesa di stampa e di spedizione sulle esigue si dessero aderendo all’Associazione, è quella di creaentrate ordinarie dell’Associazione. re un soggetto di crescita sociale, culturale, morale Nel concludere, voglio sul nostro giornale rinnovare la dei lavoratori ed in pari tempo una struttura capace di proposta di costituzione a Sassari (ma anche a Cagliari operare verso la società. ed a Nuoro, se gli amici delle sezioni territoriali comIl mondo degli anziani, le giovani generazioni che petenti lo vorranno!) di una Biblioteca pubblica “Dei aspirano a farsi spazio nella vita, sempre più esposte Scomodando una similitudine evangelica possiamo dire che la messe è molta ma gli operai sono ancora pochi! E a questo proposito, voglio ancora una volta sollecitare l’Associazione a valutare l’opportunità straordinaria di consentire, con apposita integrazione statutaria, l’iscrizione al coniuge delle socie e dei soci “ ” libri Donati”. La costituzione potrebbe essere realizzata con la determinante partecipazione della Fondazione del Banco e la partecipazione della Provincia e del Comune di Sassari, specie per quanto riguarda la disponibilità dei locali e l’attrezzatura d’archivio e d’ufficio. La struttura potrebbe essere ospitata nei locali della sede della Fondazione. Il materiale librario dovrebbe arrivare dalle donazioni pubbliche e, soprattutto, dai privati, compresi anche i nostri colleghi. Infatti questa idea nasce dalla constatazione che spesso raccolte anche considerevoli di volumi rischiano di essere disperse (o di finire, addirittura, nella raccolta differenziata dei rifiuti, come di recente abbiamo appreso dalle cronache!) al momento del trapasso di chi amorevolmente e con passione le ha costituite. Sapere invece che un’istituzione meritoria custodirà quei patrimoni di cultura e che chiunque ad essi potrà liberamente attingere, potrà indurre quanti hanno timore della dispersione dei valori con tanto amore posti assieme nel corso della sua vita a farne dono alla “Biblioteca dei Libri Donati”. Meditando sulla nostra Associazione e su noi, ho letto con piacere queste poche frasi di GIBRAN KAHLIL, che voglio versare, come gocce di sapienza, nei vostri cuori: “ Fu detto che la vita è oscurità, e la vostra debolezza ripete le parole dei deboli come un’eco. E io vi dico invero che la vita è oscurità se non vi è slancio, E ogni slancio è cieco se privo di sapienza, E ogni sapienza è vana senza agire, e ogni azione è vuota senza amore, e lavorare con amore è un vincolo con gli altri, con voi stessi e Dio”. Giuseppe Tito Sechi Past President dell’Associazione LA COMUNICAZIONE Giornali, riviste, televisioni e radio ci bombardano pressoché quotidianamente con spaccati di vita nei quali vengono esaltati, prevalentemente, gli episodi piuttosto negativi attuati da una minima parte della popolazione residente, trascurando tutte quelle persone, e sono la maggioranza, che vivono nella legalità, lavorano duramente e contribuiscono all’economia di tutto il paese. La scelta degli argomenti è dettata prevalentemente dalla tiratura, dall’auditel e dagli ascolti perché notoriamente ed evidentemente sembrano interessare la gente solo gli accadimenti negativi. Ad esempio nel settore della sanità, nella quale tuttavia sono convinto che esistano gravi disservizi e sprechi, nell’indifferenza di quanti devono coscienziosamente effettuare i controlli, ci sono tante sane professionalità, che alle loro conoscenze abbinano la sensibilità nei rapporti con le persone che soffrono. Questa mia convinzione nasce dalla esperienza personale durante la quale, in circa trent’anni ho subito ben sette interventi e frequentissimi esami diagnostici, analisi e quanto altro necessario per assicurarmi un buono stato di salute. Con qualche rara eccezione, mi sono sempre imbattuto in professionisti assolutamente all’altezza dei loro compiti, che hanno gestito i rapporti con me con competenza ed umanità. Sono anche convinto che occorrerebbe dare si risalto ai fatti negativi ma anche a quelli positivi, tra i quali, a mio giudizio, c’è una proporzione di almeno uno a cento. Queste convinzioni valgono anche per tutti gli altri settori, tra i quali, ad esempio, l’istruzione, la sicurezza, l’immigrazione, l’assistenza agli anziani ecc. Succede, invece, che la martellante azione dei media crei un grave errore di valutazione da parte della gente, che può vedere ovunque il malcostume e l’illegalità e considerare responsabili di crimini e comportamenti illegali intere categorie di persone. Spero tanto che avvenga un cambiamento radicale nella comunicazione, che tanta influenza esercita sulla popolazione, affinché vengano resi noti i numerosissimi esempi di operosità, onestà,umanità, generosità e professionalità diffusi nella nostra bella patria. Antonello Sanna 3 Causalità Turismo in Sardegna nella seconda metà - del 900 Un rapido – e superficiale – esame di quanto è accaduto nel settore del turismo in Sardegna dalla seconda metà (circa) del ‘900 ad oggi consente di chiederci: sono accadute cose impreviste? e sorprendenti? Da modestissimo non protagonista, ma neppure semplice spettatore, ma testimone abbastanza consapevole e talvolta coinvolto nei fatti posso affermare che, come la vita e come tutto il contesto naturale, la storia è un succedersi di eventi che si modificano già in sé, prima ancora di produrre i loro effetti esterni; e così, dopo la seconda grande carneficina mondiale, nel 1947 il DDT della Rockefeller Foundation liberò la nostra isola dalla malaria (e chi sa quali conseguenze regalò ai nostri fegati), consentendo che, anni dopo, i primi turisti organizzati visitassero la Sardegna, conosciuta prima, come ognun sa, quale isola di punizione, confino, malaria, banditi e quant’altro di peggio potesse immaginarsi. Allora, d’altro canto, l’isola era per così dire poco attrezzata: al 1949, 30 alberghi, ovviamente nelle città, (nessuno di 1°categoria), 7 pensioni, 175 locande, per complessivi 2.209 letti. Per il resto, anche secondo le rare guide pubblicate, alloggi di fortuna – spesso apprezzatissimi da scrittori e studiosi – chez l’habitant. Un’inezia, comunque, a fronte dei 2.267 esercizi (fra questi, come si sa, un elevatissimo numero di alberghi di lusso) e dei 184.790 letti registrati (oltre 800.000 sfuggono alle statistiche, si dice) nel 2006. I trasporti con la terraferma erano pochi e di modestissima qualità, la rete stradale arretrata, i collegamenti stradali e ferroviarii, si può ben dire, non molto diversi da quelli dell’800. Come possa essersi attuato uno sviluppo imponente, certo, ma non tanto impetuoso se lo si diluisce in oltre cinquant’anni; abbastanza costante, con i suoi picchi negli anni ’50 e ’75 del secolo appena trascorso. Come è successo? Con l’avvento della Repubblica e dell’autonomia regionale, lo Statuto (1948) attribuisce alla Regione Autonoma della Sardegna potestà legislativa in materia di turismo e di industria alberghiera in armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico dello Stato e con rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali nonché delle riforme economico-sociali della Repubblica. Competenza legislativa, cioè, primaria ed esclusiva. Preesistono, a quell’epoca, gli Enti Provinciali per il Turismo, creati in tutta Italia nel 1935, presenti in Sardegna nelle tre (allora) province di Cagliari, Nuoro, Sassari; organismi, questi, dotati di consigli d’amministrazione abbastanza corporativi e pletorici, istituiti con compiti promozionali ma anche amministrativi (qualcuno li definì “prefetture turistiche”). Nell’isola hanno svolto attività promozionale limitata: più che altro opuscoli e materiale illustrativo, qualche manifestazione di interesse locale, sostegno a manifestazioni nazionali, etc; soprattutto si sono rivolti al controllo della peraltro esigua struttura turistica privata: alberghi, pensioni, locande,tariffe, imposta di soggiorno; statistiche; agenzie di viaggi; guide turistiche, etc.Ma in più di un decennio di attività, sia pure con il tragico intervallo di una guerra, hanno acquisito un certa professionalità (know how si direbbe oggi) del settore. Nel corso della sua prima legislatura l’Amministrazione Regionale affronta il tema del turismo e decide di creare un proprio Ente preposto allo sviluppo del settore, denominato – a somiglianza non casuale di analogo Ente nazionale – Ente Sardo Industrie Turistiche. Corre l’anno 1950. Sarebbe interessante conoscere – e probabilmente sarà presto oggetto di uno studio specifico – i contenuti del dibattito che si svolse nell’apposita Commissione Consiliare prima e nel Consiglio Regionale poi, per la discussione del disegno di legge per l’istituzione dell’ESIT, per constatare in qual conto i Consiglieri regionali di allora tenessero degli Enti pubblici turistici già strutturati, professionalizzati, esistenti, come si dice oggi, ‘nel territorio’ – gli Enti Provinciali per il Turismo, per intenderci – che la Regione Sardegna avrebbe potuto benissimo fin da allora far propri,”regionalizzare” e utilizzare con la stessa legge istitutiva dell’Ente regionale del turismo. Gli anni ’50 del ‘900 sono caratterizzati, per un verso, dall’afflusso verso l’area del Mediterraneo – e quindi anche verso la Sardegna - di ingenti capitali smobilizzati dalle ex colonie del continente africano e asiatico divenute indipendenti e, per Cagliari - Sant’Efisio altro verso, dall’ obbiettivo della Regione di creare i presupposti infrastrutturali e ricettivi (alberghi ESIT e incentivi per la costruzione di alberghi, pensioni o locande da parte di privati) per attrarre il movimento turistico verso l’isola; movimento turistico che appare in prima forma organizzata nelle aree nord occidentali (Alghero, voli charter) e nord orientali (Caprera, Club Méditerranée). La promozione turistica continua ad essere svolta quasi esclusivamente dagli Enti Provinciali per il Turismo con il concorso finanziario della Regione o dello Stato (oltre alle manifestazioni in Sardegna e alla diffusione di materiale informativo, in Italia e all’estero, Cavalcata Sarda a Parigi, 1956, partecipazione alla rappresentanza dell’Italia all’Expo Universale di Bruxelles, 1958, etc). Dagli anni ’60, grazie anche alla programmazione, al Piano di Rinascita, agli interventi della Cassa per il Mezzogiorno, la Sardegna conosce una fase di notevole sviluppo; nel settore turistico, a fianco di una pionieristica, coraggiosa imprenditoria locale, campeggia per qualità e per rilievo internazionale l’intervento del Consorzio della Costa Smeralda, la cui immagine “lancia”la Sardegna come mèta turistica in tutto il mondo, associandola tuttavia – immancabilmente - al concetto di destinazione per categorie abbienti o molto abbienti. La crescita cui accennavo sopra è durata, prati- camente inarrestabile – qualche sofferenza è stata accusata solo recentissimamente – fino ai giorni nostri. In questo frattempo di circa trent’anni, l’ESIT ha smesso di costruire e di gestire alberghi (alla fine, di quelli costruiti negli anni ’50 solo due o tre meritavano ancora tale denominazione, e alcuni erano in rovina), e, con gli Enti Provinciali del Turismo (che con Oristano, erano diventati 4) e con 8 Aziende Autonome di Soggiorno e Turismo (costituite a Cagliari, Sassari, Alghero, S.Teresa Gallura, Palau / LaMaddalena, Arzachena, Olbia, Muravera), ha fatto buona quando non ottima promozione della Sardegna in Italia e nel mondo, collaborando molto bene con gli operatori privati interni ed esterni all’isola, italiani e stranieri. Non è mio intendimento dire qui “come” si è affermato e sviluppato, con quali punti di forza e quali di debolezza, etc. il turismo in Sardegna dagli anni ’40 del ‘900 a oggi. Voglio solo proporre al lettore la domanda cui non so darmi per ora risposta: poiché agli albori del 2000 la Regione Sarda ha – con apposita legge – soppresso ESIT, Enti Provinciali per il Turismo, Aziende Autonome di Soggiorno e Turismo; - 13 Enti in tutto – vabbè, erano troppi, e ognuno aveva un Consiglio d’amministrazione, quindi poltrone retribuite, e un Presidente, altra poltrona pagata, e personale – all’atto della soppressione erano in servizio complessivamente circa 100 persone, che sarebbero circa il 50% rispetto al numero dei predetti consiglieri – e poiché la soppressione è stata motivata con la necessità di razionalizzare il settore e ridurre la spesa, sono stati fatti i conti in euro di ciò che sono costate le manifestazioni organizzate da allora direttamente dall’Assessorato regionale del Turismo? quanto, gli incredibili, impresentabili opuscoli sedicenti promozionali, editi in quantità pediatriche? E le gaffes organizzative di cui tanto si commenta negli ambienti dei tour operators, dovute vuoi a insipienza, vuoi a incompetenza dei condottieri? E’ ben vero che ogni cosa nuova necessita di rodaggio; per ora è vero che il decentramento – giusto e da tempo auspicato, ma attuato solo in superficie – delle funzioni turistiche a Comuni e Provincie, e a “Sistemi Turistici Locali” pubblicoprivati che per ora hanno manifestato gli appetiti, peraltro legittimi, degli operatori privati (legittimi se supportati da adeguata partecipazione finanziaria, il che non sempre accade) per la gestione dei medesimi, non hanno dato i frutti sperati, a giudizio di gran parte degli operatori turistici più impegnati. Nel turismo non si può fare come per le olive, e cioè attendere la buona annata; quando una “destinazione” non è più in auge, al massimo può vivere dell’onda lunga, e di un turismo di qualità progressivamente peggiore. La politica del turismo per la Sardegna deve rilanciare a breve, nel mondo, un’immagine forte, unitaria dell’isola e delle sue migliori peculiarità: possediamo ancora tanto in ambiente, natura, arte, tradizioni, archeologia, clima, e abbiamo una buona dotazione ricettiva, per tutte le tasche. Questi sono i nostri punti di forza, i nostri contenitori al cui interno si situano poi tutte le possibili specificazioni, tutti i localismi. Con questo dobbiamo saper conquistare – come usa dire – il mercato. Umberto Giordano 4 RIFLESSIONI LETTERARIE L’angolo del libro «Quelli dalle labbra bianche» Francesco Masala - Feltrinelli 1962 - il maestrale 1995 Di questo libro non si parla quasi più. Eppure, quando all’inizio degli anni sessanta fu pubblicato da Feltrinelli, Quelli dalle labbra bianche fu un piccolo caso letterario. Il romanzo di Francesco Masala, professore di lettere in un istituto magistrale di Cagliari, raggiunse infatti un discreto grado di notorietà, in Italia e non solo. Di recente, nel 1995, è stato ristampato per i tipi del Maestrale. Salvatore Niffoi afferma che Quelli dalle labbra bianche dovrebbe essere letto e spiegato agli studenti delle scuole superiori. Ha ragione, perché questo libro è un piccolo gioiello della narrativa sarda. Vi si ritrova lo spirito autentico della Sardegna contadina, insieme ad alcune immagini di guerra narrate con una crudezza e un’ironia degne del miglior Celine nel Viaggio al termine della Notte. Francesco Masala era un reduce della campagna di Russia. Ritornò vivo, ma conservò il ricordo di tante morti di persone a lui care. Per dirla con Ungaretti, nel suo cuore nessuna croce manca. E infatti il romanzo racconta la vita e la morte di nove soldati di Arasolé, uno dei tanti paesi immaginari della nostra narrativa. La voce è quella del campanaro Daniele Mele, unico sopravvissuto del gruppo, che suona la campana in suffragio dei suoi nove compagni, mai più tornati dalle steppe di Russia. Come per saldare un debito, il campanaro ricorda gli episodi della vita di ognuno, a partire dal motivo del loro soprannome. Tutti ad Arasolé hanno un soprannome: il ciabattino Mammuttone, il fabbro Pestamuso, il venditore di angurie Tric-Trac, Sciarlò lo stupidotto e Culobianco, il campanaro. Il soprannome è un secondo ‘battesimo’ dal quale il paesano è segnato per sempre, quasi che il nome civile non bastasse e fosse necessario riceverne uno nuovo, più ‘personale’ e più caro alla comunità del paese. Certo, anche ad Arasolé ci sono le classi sociali: i poveri, quelli dalle labbra bianche perché non mangiano carne, anzi non mangiano quasi nulla; e i ricchi, ‘quelli della decima e della camorra’, i proprietari terrieri del paese per i quali parteggia il parroco, il poco amato prete Fele. Tra le due classi serpeggia una rivalità che si manifesta in dispetti e screzi saltuari. Come quando il fabbro Pestamuso forgia due raffigurazioni in bronzo, un uomo e una donna nudi, e le mette in piazza proprio di fronte alla chiesa di Arasolé in spregio al pudore bigotto di Prete Fele e della gente benestante. A seconda di chi governa il paese, il partito dei poveri o quello dei ricchi, un pezzo di latta scompare o ricom- pare sulle parti intime dell’uomo e della donna. Le statue di bronzo però sono sempre lì, a dimostrare che il conflitto di classe in paese non è una guerra e che la sua comunità è sempre unita. La guerra, quella vera, è un’altra cosa. Si manifesta ai predestinati di Arasolé sotto forma di cartolina rossa e li spedisce diritti in Russia a difendere la linea K agli ordini del tenente Bellicapelli, calvo come una mela, e sotto il tiro delle angherie del capitano medico Caca e suda. Eppure, perfino in quella gelida trincea piena di fango e di pidocchi, resta vivo negli uomini di Arasolé il senso di fraternità e l’umorismo beffardo tipico dei ragazzi di paese. Fino a quando la morte se li prende, tutti meno uno, bruciati dai lanciafiamme, dilaniati dalle granate, oppure uccisi dalla follia e dalla fame. Il sopravvissuto Daniele Mele ci trasmette la memoria di quegli uomini, che poi è quella di tanti soldati caduti in terre lontane rimasti senza una tomba e senza una croce. Questo romanzo è il loro epitaffio antiretorico e grottesco e forse anche il miglior ricordo possibile del suo autore. Francesco ‘Cicitu’ Masala, infatti, si è spento a Cagliari nel gennaio del 2007 all’età di novant’anni. Giuseppe Santoni NOVITÀ EDITORIALI collana di sei volumi dal titolo «FESTAS» “Carnevali in Sardegna” è il primo di una collana di sei volumi dal titolo “Festas”, il cui obiettivo è quello di cogliere gli aspetti della vita dell’isola sarda in un momento di giocosità fortemente legato alla tradizione ma anche alla religiosità ed alla natura stessa del popolo isolano. Giovanni Porcu, l’autore, in questo primo volume, percorre la Sardegna nelle quattro direzioni ed opera una selezione dei Carnevali più significativi offrendo un’interessante visione della vita sarda oltre la consuetudine e lontana dalle sue frequentazioni per il mare azzurro. Il suo lavoro di ricerca, alimentato dalla naturale capacità di osservare, si fa artistico nello studio delle immagini più significative, nell’analisi di quelle più suggestive. Anche la disposizione, nella bella veste editoriale, diviene percorso e mezzo stesso di apprendimento dell’argomento riportato, arricchito dal piacevole accompagnamento letterario, ricco di importanti informazioni. “Carnevali in Sardegna” conduce il lettore in un mondo di istanti di vita in festa ed invoglia nella ricerca dell’emozione vissuta. Ogni fotografia racconta un particolare e ne coglie l’essenza stessa ed il carnevale è visto quasi come un’esperienza personale di ciascuno soggetto. Sorprendono i primi piani dei volti coperti dal trucco o dalle maschere per la loro intensità; i paesaggi che diventano quasi arditi nei loro fuochi a preludio del divertimento carnevalesco. Sorprendono i neri cupi e il sangue così legati alla tradizione del luogo ripreso. Anche chi conosce il mondo della fotografia può apprezzare il preciso lavoro svolto nei “Carnevali in Sardegna” in cui l’autore si prodiga con la tecnica del mosso, producendo ritratti pittorici in cui i colori stessi prendono vita. In copertina, una significativa maschera introduce alla visione di questo bel volume ed invita, infine, ad intraprendere un viaggio diverso in una Sardegna che offre il suo caratteristico stile anche in un periodo spesso privato di importanza ed apprezzato solo per il suo aspetto ludico. Maria Fiori Queste le caratteristiche del volume: formato: 24 x 35 cm 224 pagine a colori Carta patinata Matt di pregio da 170 gr/mq 216 fotografie d’autore di grande formato Cartella rivestita in tela Briglianta con sovrimpressioni in oro Prezzo di copertina : € 80 Questo trattamento, verrà naturalmente garantito per tutti i volumi della collana, qualora si scegliesse di acquistare la serie dei sei volumi. Ricordiamo che il secondo volume “settimana Santa in Sardegna” sarà in uscita entro i prossimi sessanta giorni. Il volume viene offerto ai soci della nostra Associazione ed in genere a tutti i dipendenti del Banco al prezzo speciale di € 50 Per acquisti e prenotazioni: [email protected] IL PANE CASARECCIO La fatica, la fantasia e l’amore per produrre il bene essenziale per eccellenza Quando, nelle vicinanze di un forno, sento il profumo del pane appena cotto, spesso mi capita di meditare sull’importanza che, in altri tempi, ha avuto nella famiglia rurale questo elementare alimento, fatica e vanto di ogni buona massaia. Si viveva soprattutto di pane: il pane rappresentava la pietanza, il resto era il contorno; si diceva: pane e cipolla, pane e formaggio, pane e pomodori, pane e minestra, zuppa di pane (suppas o mazzamurru). La pastasciutta era il pasto della domenica; la carne veniva riservata alle grandi occasioni; il pesce un illustre sconosciuto o quasi. Tristi ricordi di un’antica miseria. Tanta era l’importanza che il pane assumeva nell’alimentazione del contadino ed altrettanta era la cura che gli veniva dedicata. Si panificava una volta la settimana (sa cotta de sa xira) e per una settimana, o quasi, si protraevano i lavori di preparazione. Il grano veniva prelevato dal solaio dove veniva gelosamente custodito (grano duro di prima scelta “trigu murru”): setacciato e pulito dalle impurità, lavato in capienti bacinelle quindi messo ad asciugare finchè non diventava nuovamente secco, pronto per la macinatura. Ogni casa di contadino aveva il suo asinello (su bestiolu de mola) e la sua macina, quella che oggi fa bella mostra di sé abbellendo cortili di case paesane e giardini di grandi ville. La farina grezza ottenuta dalla macinatura veniva lavorata in tre distinte fasi: separazione della farina dalla crusca, della farina bianca da quella scura e quindi della semola fine da quella grossa. Allo scopo venivano utilizzati diversi utensili, principalmente il setaccio, quello largo, quello stretto (su cibidu strintu),e quello strettissimo che costituivano assieme alle corbule gli utensili essenziali, alcune ottenute dalla lavorazione dell’asfodelo (strexiu de fenu). Dalle tre qualità di farina si ottenevano tre diversi tipi base di pane. Dalla farina scura “sa lada grussa”, da quella bianca “su civraxiu” e dalla semola fine “su coccoi e su moddizzosu”. La crusca veniva utilizzata come becchime per le galline e mangime per il maiale. Le tre qualità di farina, mescolate al lievito naturale (un pezzo di pasta azzima lasciata fermentare dalla panificazione della settimana precedente) venivano impastate in tre diverse bacinelle di terracotta (sciveddas). A lievitazione ultimata si passava alla lavorazione dell’impasto (sa sciuescia e sa spongia) su un tavolo basso e largo e poiché era molto faticosa in quanto eseguita esclusivamente con le braccia, richiedeva la partecipazione di tutti i componenti la famiglia, uomini inclusi. La spezzettatura del pane e soprattutto la sua merlettatura era esclusivo compito della massaia che poteva esprimere tutta la sua fantasia, il suo talento, il suo estro creativo. Così spezzettato il pane veniva steso in canestri larghi e bassi, ricoperto con panni di orbace e lasciato lievitare. La cottura, poi, nei forni a legna richiedeva la particolare perizia della perfetta lievitazione della pasta, la giusta temperatura del forno e la cottura ottimale. E così si otteneva il pane, quel pane con la “p” maiuscola che vive solo nel ricordo delle persone anziane e che non è più possibile ottenere perché non esiste più quella qualità di grano, quelle attrezzature, quei sistemi di lavorazione, ma soprattutto non esistono più la passione e l’amore che in quel compito riponevano le nostre “vecchie”. Pane caro perché tante erano le energie profuse per ottenerlo, pane prezioso perché assunto a simbolo stesso delle umane necessità di sopravvivenza, pane benedetto perché intriso del sudore del contadino e della massaia. Manfredi Tronci SASSARI - LA “FESTHA MANNA” 5 I “miei” Candelieri Li Candareri Li candareri farani in piazza Pasthendi da lu Pianu di Castheddu, tutti pomposi pòsthani dareddu li vetti, tira, molla, far’e azza. V’è lu Paràju e lu Parajareddu, la Giunta cu l’usceri cu la mazza, li tamburaggi a la macconazza sunendi li tamburi; chi busdheddu! La pubburazioni affulladda currendi par’aglì e par’aglià pa’ no pisdhì una sora miradda; e candu so’ approbb’a arribà li candareri fàzini fijmmadda e a un’a unu l’entran’a baddà. E a Santa Maria a ripusà Così Antonino Saba descriveva sulla Gaita ( giornale settimanale “ umoristico, mondano, indipendente” pubblicato a Sassari dal 1923 al 1925) la discesa dei candelieri. Questi, un tempo erano grossi ceri, oggi pesanti colonne di legno, che ogni 14 agosto, ormai da più di 500 anni, vengono portati nella chiesa di Santa Maria in Bethlemme in omaggio alla Vergine Assunta che salvò la città dalle pestilenze del Cinquecento. Dalla piazza, dove un tempo si ergeva il castello che sino alla fine del 1800 sovrastava la città, i candelieri vengono portati lungo il corso Vittorio Emanuele che è in pendenza, perciò in sassarese questa festa è “ la faradda ” (discesa): un appuntamento insieme religioso e di costume, una sorta di festa di ringraziamento, un gesto di devozione del popolo per un voto assunto in particolari circostanze e adempiuto sino ad oggi per più di cinque secoli. Si impara da piccoli ad amarla, ed ad al solo assistervi ci si sente orgogliosamente partecipi di un’unica identità civica: per il sassarese “doc” è la festa per eccellenza alla quale non si può e non si deve mancare. Quando ero piccola, mia madre conduceva me e mie sorelle minori ad assistere alla sfilata, per questo dovevamo essere impeccabili ed ordinate. Iniziava la mattina del 14 agosto a stirare i vestitini tutti nastri e fiocchi, a ripassare con la spugnetta intrisa di biacca le nostre scarpette che dovevano risaltare per il loro biancore e che metteva in bell’ordine ad asciugare sul parapetto della verandina sempre inondato dal sole. Nel pomeriggio iniziava a lavarci i piedi e le gambe dentro una grande bacinella con nostro grande divertimento. Sentivo nell’aria che doveva accadere qualcosa di importante per via di tutti quei preparativi ed ero felice perché anche io potevo essere partecipe di quell’avvenimento che ancora non sapevo in che consistesse; a me bastava sapere che uscivo con mamma e le sorelle tutte vestite a festa. Una volta vestite la raccomandazione era quella di stare ferme ed immobili perché non dovevamo sporcarci. Cosa impossibile a chiedersi a dei bambini! Qualcuna delle tre, tante eravamo le sorelle piccole, non resistendo per l’eccitazione di indossare il vestitino bello, si metteva a piroettare per vedere allargarsi il gonnellino come una grande ruota, ma immancabilmente finiva con lo scivolare in terra, assordando tutti con lunghi pianti. Altre volte alla più piccola scappava la pipì e, orrore, si bagnava i calzettoni bianchi di pizzo, grande sconcerto! Ora non si potrà uscire, pensavo, e quasi volevo punire in qualche modo la responsabile di questo delitto. Ma per fortuna la mamma aveva sempre un asso nella manica e rimediava al contrattempo con un altro paio di calze, magari non più intonate al vestitino, ma pur sempre pulite. Altre volte, qualcuna doveva mangiare qualcosa e immancabilmente, nei tempi in cui non esistevano le merendine pronte, si macchiava il vestitino di frutta o di pomodoro che lasciavano le loro tracce, proprio lì davanti sul petto, e che inutilmente mamma cercava di nascondere dietro un fiocco che non voleva mai stare al suo posto. Così, si andava ugualmente ad assistere alla “faradda” e nessuno badava al bernoccolo, alle calze rosse o alla macchia sul vestito perché gli occhi di tutti erano fissi su loro, i protagonisti della serata: i candelieri. Dory 6 Ricordi di vita lavorativa nel Banco di Sardegna a cura di Antonio Loi 8° puntata - Anni 1976/1979 Segue da pag. 1 cata e cioè nel dover esplicare mansioni di “reprimenda” anziché di organizzazione, mi lasciava alquanto perplesso. Ad ampliare la preoccupazione del momento vi era anche la conoscenza che l’ufficio cui sarei stato destinato era notoriamente conosciuto presso il Banco quale “cimitero degli elefanti”. Timidamente tentai di conoscere le cause di quel repentino trasferimento, e fui informato che il tutto discendeva dalla mia recente promozione alla qualifica di Procuratore. Infatti, ottenuto quel grado, non potevo prestare servizio, con le medesime mansioni di capo-contabile, presso una Filiale di media grandezza. Purtroppo, presso la Sede di Sassari, ove per quell’incarico era previsto il grado di funzionario, il posto risultava già da tempo coperto dall’amico Antonello Sanna, attuale Presidente della nostra Associazione. Unica “sistemazione” sulla piazza di Sassari rimaneva quella presso l’Ispettorato centrale. Venni anche informato che il direttore di quell’Ufficio, il rag. Vittore Uzzau, da tempo e ripetutamente pare richiedesse al servizio del Personale un incremento di organico che non si concretizzasse però nell’assegnazione del solito “Matusalemme”, e possibilmente venisse assegnato un dipendente con un buon bagaglio professionale in materia amministrativo-contabile. Il primo Ottobre del 1975 presi servizio presso l’Ufficio Ispettorato della Direzione generale in Sassari presentandomi di primo mattino al mio nuovo Direttore, il rag. Vittore Uzzau, il quale, dopo la presentazione di rito, passò immediatamente ad illustrare quali erano i sacrosanti ed imprescindibili principi comportamentali dell’Ispettore centrale dell’Istituto, ovviamente secondo una sua logica e personale visione di quel compito istituzionale. Fra le norme maggiormente puntualizzate vi era quella relativa all’atteggiamento comportamentale “dell’Ispettore” presso la filiale sottoposta a controllo. Si richiedeva massimo riserbo, nessun commento su qualsiasi infrazione rilevata, nessuna confidenza con i colleghi, neppure con quelli con i quali sussisteva un preesistente rapporto di amicizia. Finita l’illustrazione della “tavola dei comandamenti” passò alla presentazione degli altri Ispettori in organico presenti in Ufficio. A quel punto risultò veritiero quel che si mormorava in periferia, e cioè che l’Ufficio Ispettorato del Banco era effettivamente il “cimitero degli elefanti”. Infatti, presso quell’Ufficio prestavano servizio molti degli ex direttori di Filiale riciclati a seguito della politica di ringiovanimento dei ranghi direzionali presso le Dipendenze territoriali del Banco. L’organico era così composto: rag. Vittore Uzzau – Direttore, proveniente dalla filiale di Lanusei; rag. Antonio Strinna – ispettore - ex filiale di Sanluri; rag. Augusto Porcu – ispettore – ex filiale di Macomer; rag. Luigi Carossino – ispettore – ex filiale di Oristano; sig. Benito Bagella – ispettore - ex filiale di Siniscola. Da quel momento, a questi colleghi con un’età media abbondantemente superiore alla cinquantina, venivo aggregato con i miei trentotto anni. Terminata la presentazione dei colleghi funzionari, si passò velocemente a quelli del settore impiegatizio, al termine del quale il Direttore mi pregò di seguirlo nell’ufficio di segreteria e qui, indicando con perentorio gesto della mano una miriade di faldoni incasellati all’interno di armadi in ferro che letteralmente tappezzavano le pareti del locale, mi informò che ivi erano riposte tutte le disposizioni e le circolari emanate negli anni per la regolamentazione dell’operatività globale del Banco, sin dalla fondazione. Il direttore terminò la sua illustrazione sottolineando che mi venivano concessi una trentina di giorni di tempo, non di più, affinché potessi assimilare il contenuto di tutte le disposizioni in essere emanate nei decenni, poiché, secondo il rag. Uzzau, era inconcepibile che un Ispettore potesse procedere ad una qualsiasi verifica non essendo a perfetta conoscenza dell’intera normativa sottostante. Pertanto ne discendeva che avrei potuto esercitare le nuove mansioni soltanto ed esclusivamente in seguito ad un esauriente ed esaustivo aggiornamento professionale. Isili - Nuraghe di “Is Paras” Rimasi al centro della stanza, col naso per aria, ed alquanto sconcertato, mentre i colleghi della segreteria, presenti all’emanazione dell’edito, ridacchiavano sotto i baffi come a voler dire “l’hai voluto il grado…..e adesso pedala”. Per mia fortuna l’implementazione del mio bagaglio professionale potei limitarlo ad approfondimenti sull’iter procedurale sui mutui di credito agrario, allora di competenza esclusiva delle sedi provinciali, nonché sugli studi sull’istruzione e gestione di finanziamenti di credito ordinario relativi alle società di capitali. Scaduto il tempo a mia disposizione per l’aggiornamento ed approfondimento nozionistico, il Direttore mi consegnò il primo “ordine di servizio”, una specie di foglio di via con il quale mi ordinava di recarmi presso la filiale di Isili per un controllo sulla gestione del conto economico di quella dipendenza. Principale raccomandazione: presenziare all’apertura mattutina dello stabilimento onde annotare eventuali anomalie sulla tempestività e regolarità nell’afflusso dei dipendenti. Ribadita inoltre la norma in base alla quale di tutto quanto da me rilevato in sede di visita nulla avrei dovuto evidenziare alla direzione sottoposta a verifica. Questa norma, attualmente non più operativa, aveva, a mio avviso, un suo valido fondamento. Infatti, partendo dal presupposto che anche il migliore degli ispettori può errare nell’applicazione o nell’interpretazione di una norma, disponeva che le risultanze dei verbali, predisposti soltanto in bozza presso le Dipendenze sottoposte a verifica, venissero revisionate in sede da altro ispettore, e soltanto dopo tale riscontro si poteva procedere all’inoltro alla filiale destinataria. Che Isili fosse in Sardegna ero certo, ma dove fosse ubicato questo borgo non avevo la minima idea. I suggerimenti dei colleghi sulla strada da percorrere furono contrastanti. Chi propendeva nel suggerirmi di oltrepassare Sanluri sulla Carlo Felice (quasi tutta, allora, percorribile sul vecchio tracciato con due corsie di marcia), per poi deviare su altra strada sulla sinistra; altri invece suggerivano l’utilizzo di una nuova strada che da Oristano raggiungeva Isili. Scelsi questo secondo percorso poiché risultava molto più corto. Però i colleghi che consigliavano l’utilizzo della nuova strada non evidenziarono che per circa venti chilometri, purtroppo, la stessa era costituita da semplice massicciata. Arrivai ugualmente in tempo utile, dato che avevo iniziato il viaggio alle quattro del mattino, per poter assistere alla regolare apertura della Dipendenza. Il direttore, di recente nomina presso quella Filiale, l’amico Stefano Cuccu, gentilmente si mise a disposizione per qualsiasi necessità operativa, come da protocollo. Soltanto una quindicina di anni addietro, purtroppo, era ben diverso l’approccio dell’Ispettore presso la Dipendenza da ispezionare. Infatti, ricordo che il primo atto ufficiale che l’addetto alla verifica poneva in essere, non appena pervenuto in sede, era quello di defenestrare il Direttore dalla stanza a lui riservata, intronandosi nello scranno direzionale ed assumendo i pieni poteri in nome di una Direzione generale da lui, al momento, rappresentata. Questo comportamento era particolarmente posto in essere dalla dr. Welleda Duce, unica Ispettrice donna nella storia del Banco. Era prassi corrente, su iniziativa del Direttore, presentare all’Ispettore le autorità locali e i clienti primari della Dipendenza in occasione di una loro visita presso lo Stabilimento. Fra i primi ad essermi presentati furono il direttore ed il maresciallo comandante le guardie di custodia della locale Colonia Penale, i quali insistettero non poco affinché, nel pomeriggio dello stesso giorno, facessi loro visita, unitamente al Direttore. Volevo decisamente declinare l’invito poiché ho sempre considerato le prigioni o colonie penali o case di pena che dir si voglia, luogo di umana sofferenza per cui ritenevo che ben poco vi fosse di che gioire nel visitare quei luoghi. L’amico Stefano, dopo lunga discussione, mi convinse che io ero prevenuto sull’esistenza di cupe atmosfere riscontrabile all’interno di quel luogo di pena, per cui era necessario constatare di persona la vivibilità e serenità ivi esistente, ancor prima di tranciare sentenze negative. Per dare maggior vigoria alla mia tesi provai anche ad atteggiarmi un po’da saputello introducendo nella discussione confusi ricordi su quanto affermato sull’argomento “pena”, in senso lato, dall’illustre Cesare Beccaria ricevendo un’immediata stroncatura poiché, veniva evidenziato, che il tutto, in definitiva, si sarebbe concretizzato nel degustare dell’ottima salsiccia. La sera stessa ci recammo in visita alla “Casa di lavoro all’aperto”. A posteriori devo ammettere che aveva ragione l’amico Stefano. Effettivamente non ho percepito quella sensazione di disagio che supponevo quei luoghi comportassero. A prescindere da una targa marmorea che ne sovrastava l’inContinua a pag. 7 IL VENTO DELL’ISLAM IN SARDEGNA Nel 1015 gli arabi tentarono la conquista della Sardegna sbarcando in forze nel Campidano Maometto, il grande fondatore dell’Islamismo, poteva essere adatta alla coltivazione di questo morì nel 632. I califfi che gli succedettero nel frutto, ma si può far risalire a una corruzione del potere spirituale e temporale, in pochi decenni, toponimo Mugedda, derivato dal nome di estesero la loro influenza fino alla Persia, la Siria Mughaid. Il territorio, inoltre, allora aveva una e l’Egitto; a un secolo dalla morte del Profeta que- grande importanza. Vi sorgeva Sa domu de su sto potere era esteso fino alla valle dell’Indo, a jugi, cioè una curtis appartenente al giudice di levante, ed aveva, a occidente, valicato lo stretto Cagliari. Mughaid che faceva murare vivi tutti i sardi di Gibilterra. Gli arabi avevano conquistato le Isole Spagnole impiegati nella costruzione delle fortificazioni di Maiorca e Minorca creandovi importanti basi perché non rivelassero i segreti delle costruzioni, dalle quali partivano le scellerate incursioni pira- sceglieva, per i suoi insediamenti le zone più vicitesche verso le coste della Sardegna che per centi- ne al mare e più sicure; quella di Castro di Mugete naia di anni avrebbero prodotto terrore e morte non era distante dall’attuale spiaggia di Capitana. Un nucleo di arabi si stanziava anche ad Assemini, nelle derelitte coste di questa Terra. La Sardegna, all’epoca, faceva parte dell’impe- non lontano dagli stagni di Cagliari e dal Golfo ro romano d’oriente, con sede a Bisanzio; l’impe- degli Angeli. ratore Giustiniano II aveva assegnato il presidio Pochi mesi dopo l’impresa Mughaid lasciava la della nostra isola a certo Marcello il quale, gover- Sardegna e si recava a Denia e nelle Baleari per nando con prepotenza e tirannia, aveva creato un raccogliere nuovi armati; il suo intento era quello regime di terrore e i Sardi attendevano il momen- di completare la conquista della Sardegna. Ma to propizio di liberarsi di mentre si trovava nella questo oppressore. Nel penisola Iberica e ottene687, infatti, questi si va gli aiuti richiesti, i ribellarono. Marcello, Pisani ed i Genovesi, che sconfitto, fu ucciso ed i si erano affermati sul Bizantini cacciati mare, preoccupati per dall’Isola. La Sardegna alcune scorrerie compiute eleggerà i Giudici che da dagli arabi nelle coste allora saggiamente govertoscane e spinti dal Papa neranno l’Isola. VIII, preoccupato a sua Verso il 1010, un giovavolta delle sorti dell’isola, ne liberto, Mugahid ibnma soprattutto della Abd, il cui nome verrà Cristianità, si preparavaitalianizzato in Museto, no a soccorrere i Sardi diventava signore di Raccolti nuovi armati e Denia e delle Baleari e ottenute alcune navi, riprendeva il progetto dei Mughaid ritornava in suoi predecessori di una Sardegna nella primavera spedizione a fondo in del 1016 sicuro di poter Sardegna considerandola completare la conquista; impresa facile. Impiegò ma, al suo arrivo, apprensei mesi per preparare una deva che alcuni presidi da imponente flotta, studiare lui lasciati a custodia i piani d’invasione, delle zone sottomesse, approvvigionarsi di vettoavevano abbandonato le vaglie e degli armamenti postazioni in quanto cirnecessari. Nel mese di condati da genti ostili, Il pirata Khairbar settembre un centinaio di privi del loro capo erano navi lasciava le Baleari con numerosi armati e stati costretti prima a difendersi e poi a cedere. mille cavalli. Era infatti nei propositi di Mugahid Mughaid apprendeva anche di una flotta, compol’impiego di una cavalleria veloce ed efficace in sta di genovesi e pisani che navigava nell’alto modo da sorprendere i Sardi. L’impresa, studiata Tirreno diretta in Sardegna. in tutti i particolari, riuscirà pienamente. Ristabilito il suo potere nei territori sardi il conNonostante l’accanita resistenza degli isolani gli dottiero arabo decideva di affrontare le navi nemiassalitori riuscirono a sbarcare nel Cagliaritano e che: ma commetteva l’errore di non dare ascolto ai grazie alla cavalleria sbaragliarono le schiere dei consigli del suo primo pilota Abu Kharrub che gli difensori occupando una fetta del territorio. In suggeriva di non affrontare la flotta alleata in mare poco tempo Mughaid estendeva il suo territorio aperto e proprio quando si disponeva alla battaglia dalla pianura del Campidano alle zone impervie in una rada troppo aperta ai venti, si scatenava una della costa sud orientale dell’Isola e, a protezione tempesta che sbatteva sulle coste consentendo ai delle sue conquiste, innalzò fortificazioni e dispo- sardi di avere il sopravvento a terra. Intanto, calneva presidi. La fascia, comprendente terre e zone mata la tempesta, la flotta alleata aveva buon abitate dai Bizantini di rango elevato, passava gioco di quanto restava di quella araba, catturando così sotto il controllo degli arabi che si insediava- parte del naviglio nemico. no fino al Monte Acuto, dove il giudice aveva Genovesi e Pisani, orgogliosi dell’impresa, che la grandi possedimenti. tempesta e i sardi avevano facilitato, davano grande Mughaid non si inoltrava nei territori impervi risonanza a questa impresa. Nasceva allora la legdelle Barbagie; si limitava a controllare il meri- genda della conversione al Cristianesimo di dione dell’Isola e non lontano dall’attuale borgata Mughaid e di suo fratello Alì e più tardi quando le di San Gregorio costruiva una fortificazione detta due repubbliche marinare italiane entrarono in conCastro di Mugete. In questa zona forse fondava trasto per la supremazia in Sardegna ognuna racconanche un villaggio chiamato Nuscedda o Nuscella tava, a modo proprio gesta di eroismi e di vittorie. e trasformava un edificio termale romano, chiaCon l’affermazione dei Genovesi e dei Pisani mato Piscina Nuscedda (zona tutt’ora chiamata cessarono le incursioni degli arabi nell’isola, che così), in un bagno di tipo arabo. La parola nusced- verranno riprese al livello di razzia, in tempi futuri. da, che in sardo significa nocciola non può riferirLuigi Zuddas si a questo frutto in quanto la zona, bassa, non Ricordi di vita lavorativa nel Banco di Sardegna 7 a cura di Antonio Loi 8° puntata - Anni 1976/1979 Segue da pag. 6 gresso principale, e ricordava esplicitamente lo scopo cui era destinato quel luogo, sembrava di visitare una grande azienda agraria, ottimamente organizzata, con una sola nota stonata: sapere che gli addetti ai lavori erano dei reclusi e non dei semplici collaboratori. Siamo stati però informati che il trasferimento in quel luogo avveniva esclusivamente su personale richiesta dell’interessato. Effettivamente l’ombra della costrizione personale non traspariva, forse anche per la mancanza di sbarre, chiusure o recinzioni particolari, ed almeno dal complessivo aspetto esterno, il tutto appariva abbastanza tranquillo e sobrio nel suo insieme. Iniziammo la visita, e si propose quale Cicerone il Maresciallo-capo, responsabile della sicurezza, il quale ci illustrò le varie attività produttive in esercizio, puntualizzando che alla “casa” venivano assegnati soltanto coloro che dovevano scontare brevi periodi ultimativi della pena. L’azienda risultava ben strutturata con settori dedicati alle varie coltivazioni quali ortaggi, frutteti, vigneti, e, riparati da numerosi filari di alberi frangivento, gli erbai necessari per il sostentamento di numerosi bovini e qualche migliaio di ovini. Ai reclusi era vietato colloquiare con i visitatori, ma in via del tutto eccezionale, mi fu concesso di intrattenermi, per un breve periodo, con quello che esplicava le mansioni di capo casaro, con la scusa di ottenere risposte ad alcuni quesiti sulle procedure da lui adottate sulla produzione delle varie tipologie di formaggi. Il discorso, appena possibile e lontano da orecchie indiscrete, scivolò immediatamente sulla vita quotidiana presso quel triste luogo, e quanta forza di volontà fosse necessaria per sopperire alla mancanza di libertà. Feci domande molto specifiche e circostanziate e mi resi immediatamente conto che, nonostante l’attuale attività preminentemente manuale, il mio interlocutore era persona istruita e di viva intelligenza. Appresi in quella circostanza che, contrariamente alle mie convinzioni, almeno stando alle dichiarazioni del mio interlocutore, non era la mancanza della libertà ciò che maggiormente era difficile da sopportare, ma la preoccupazione e l’incognita del futuro cui sarebbe andato incontro subito dopo l’abbandono della “colonia”. Infatti il distacco avrebbe comportato un rientro nella così detta “società civile” con riproposizione della frequenza di certi ambienti paesani ai quali attribuiva non poche quote di colpa del suo attuale stato. Sperava soltanto che, mediante l’intelligente utilizzo dei fondi rivenienti dalla liquidazione del salario posticipato, garantito per legge, da conteggiare in relazione agli anni di lavoro prestato presso la “casa”, potesse, emigrando dalla Sardegna, impiantare un’attività economica basata sulla produzione e commercializzazione di formaggi. La serata si concluse, come era prevedibile, con un abbondante “assaggio” dei loro prodotti alimentari, particolarmente incentrati su formaggi ed insaccati vari che risultarono semplicemente favolosi, ed il tutto innaffiato con varie tipologie di vino di qualità decisamente superiore. Pensierino della sera: “è vero che l’esercitare mansioni di ispettore comporta non pochi sacrifici, particolarmente per la coatta residenza lontano dal proprio ambito familiare, ma è vero anche che ci si arricchisce di tante nozioni e lezioni di vita”. Alla prossima puntata. 8 Federazione Nazionale Sindacale delle Associazioni dei Pensionati dei Credito Collegata al Raggruppamento Europeo dei Pensionati delle Casse di Risparmio, Banche e Istituzioni affini Lettera aperta ai Consiglieri della FAP Cari amici, (e mi dispiace non dire anche care amiche, manchevolezza che occorrerà rimediare), ritengo indispensabile ed anzi tardivo. e di ciò Vi chiedo scusa, indirizzarVi queste righe di saluto e di commento alla mia presa d’atto dell’incarico che mi avete conferito a Torino il 23/24 gennaio scorso in occasione del Consiglio Generale. Naturalmente rivolgendomi a Voi mi rivolgo alle Associazioni ed a tutti i colleghi che rappresentate. il gravoso incarico al quale mi accingo con spirito di servizio e senso di responsabilità, non può prescindere da una Vostra sincera, continua collaborazione che da Voi deve estendersi alle Vostre Associazioni E’ questa una condizione senza la quale non è possibile fare bene, fare positivo, né continuare, rilanciandola, l’immagine, i contenuti. (operatività e I utilità di servizio della Federazione 11 mio impegno sarà rivolto in tal senso nella consapevolezza profonda che l’Associazione è di per sé un valore: di riferimento, di aiuto, di solidarietà, di visibilità, di forza e di rappresentanza. Uniti e compatti si scalano montagne e si superano ostacoli che altrimenti sarebbe impossibile Ed allora, alle nostre Associazioni, la Federazione deve offrire: riferimenti, aiuti, solidarietà, rappresentanza e forza. Su questo mi impegno e ci impegniamo.Il Direttivo, e ringrazio i colleghi che hanno accettato di condividere l’onere e che sono già all’opera. farà il suo lavoro” con continuità e professionalità, perché composto da amici di provata esperienza e capacità. Ma ciò non basterà se mancherà la vera, leale e trasparente continuità di impegno da e corn le Associazioni e non basterà per riconquistare le Associazioni che ci hanno lasciato e quelle che mai si sono avvicinate. Saranno primarie per la nostra attività tutte le segnalazioni e valutazioni che ci farete pervenire sui vari temi che interagiscono con la nostra vita. Saranno determinanti tutti i contatti e spunti di vicinanza con il mondo degli attivi, specie quella fascia di colleghi prossimi alla quiescenza volontaria o obbligata (visti i tempi di selvagge, ciniche e speculative fusioni e concentrazioni bancarie, fatte e in corso). Saranno importanti i comportamenti e le iniziative per farci conoscere ed apprezzare, anche al fine di far aderire altre Associazioni. Saranno decisive tutte quelle attività che porranno in essere le Associazioni per passare e trasmettere ai colleghi le informazioni, i progetti e lo stato dei lavori della Federazione. C’è un mondo FAP che va comunicato, c’è un’operatività FAP che va conosciuta, perché si connette in definitiva, e a volte sì sovrappone e si potrebbe sostituire, o dovrebbe, con risparmio di costi e migliori sinergie, a iniziative analoghe delle singole Associazioni. Sarà prezioso avere un sito, che Vi prego di visitare: www.fapcredito.it, aggiornato, agile ed utile per tutti i nostri colleghi. A tutto questo siamo chiamati ..e non è poca cosa. Vi lascio indicando alcuni grandi temi e indirizzi che dovremmo sviluppare e percorrere: - la pensione, in generale, bene assoluto di vitale importanza, da difendere sempre con determinazione (non per usare iperbole, ma perché, colpito dall’arroganza, ingiustificatezza ed illegittimità cui ho assistito in occasione dello scioglimento forzato dei Fondi Comit, sento necessario usare questi termini) in particolare la pensione sociale va difesa contro iniqui, punitivi ed incostituzionali blocchi di perequazione e contro il calo continuo del potere d’acquisto. Così pure le pensioni integrative da Fondi, che vorrebbero decotti e liquidabili, anche quando non lo sono di tutta evidenza. Non c’è capitale che possa risarcire una pensione proditoriamente e obbligatoriamente liguidata; - l’assistenza sanitaria, altro bene primario che oggi viene sempre più messo in discussione attraverso casse sanitarie che si vorrebbero modificare in peggio, infrangendo quel principio di solidarietà intergenerazionale, al quale abbiamo creduto e contribuito a suo tempo. separando attivi da “passivi” (noi pensionati), aumentando i premi e riducendo le prestazioni; - le problematiche da fondi esuberi, derivanti dal cosiddetto, ingannevole, riordino e riorganizzazione del sistema Bancario-Finanziario Assicurativo: riordino fatto apparentemente nel nome di una esigenza di libero mercato finalizzata ad evitare millantati collassi e per assicurare capacità di competere a livello globale. Ed invece: licenziamenti a ruota libera, soppressione di diritti, mancanze di riferimenti e coperture e. ..“libere panchine” per cinquantenni o poco più. E poi ci dicono, da giornali e televisioni, naturalmente spesso a busta paga, che bisogna allungare il tempo di lavoro. La verità: il profitto a tutti i costi, i faraonici premi (stock option) ai managers Quali insistenti obbiettivi da perseguire. E i Sindacati? ....alla meglio ... spauriti e deboli! - le condizioni riservate ai nostri risparmi, persino le condizioni, un minimo preferenziali, che ci derivavano dall’appartenenza alle nostre ex banche, ignorate ed aggirate nella incomprensibile girandola di cessioni e controcessioni di sportelli con annessi e connessi (cioè, attrezzature. scaffali, moduli, computer, clienti, risparmiatori, uomini e donne che lavorano. pensionati..) e un’interessata offerta di prodotti “pericolosi”, a costi crescenti - la cultura delle valutazioni, del pensiero, del dire : noi Pensionati, non più “attivi”, ma non per questo “passivi” e non solo circoli CRAL sostenuti dalle aziende, o da soli, ma molto meglio attraverso la FAP e le nostre Associazioni, dobbiamo poter dire il nostro punto di vista, che serva anche ai colleghi ora in servizio, sul mercato, sulle sue regole, sulle operazioni che ci impongono, che ci fanno piovere addosso. Siamo una risorsa non un onere. Non dimentichiamolo ed anzi affermiamolo forte e sicuro. Non possono, non debbono ignorarci. Abbiamo avuto ruolo, incarichi, e responsabilità a tutti i livelli, accumulato esperienze e professionalità e siamo in grado di valutare e di esprimerci su cosa è sviluppo e progresso sostenibile, e su cosa è invece condizionamento, ossessione da budget e profitto. Riflettere ed intervenire autorevolmente su questo significa fare cultura. Significa partecipare attivamente e proficuamente anche per le future generazioni Su questi ed altri temi la FAP sta organizzando dei “tavoli di lavoro e coordinamento, che opportunamente tengono conto del fatto che ormai il sistema bancario/finanziario/assicurativo risponde a pochissimi gruppi grandi che controllano fermamente il mercato cosiddetto libero dettando regole, comportamenti e condizioni. Su questi temi la FAP sarà, unitamente alle Associazioni, un punto di evidente riferimento, un elemento sicuro di difesa dei diritti e delle prerogative acquisite, seguendo principi di equità: giustizia, solidarietà e responsabilità. Un caro saluto a tutti, ed un ringraziamento a Franco Salza, il Presidente che per lungo tempo ha portato avanti con merito e risultati la nostra Federazione e a tutti coloro che con lui hanno collaborato. Antonio Maria Masia Roma. 2 marzo 2008 ATTIVITA’ NATATORIA Il nuoto è necessario L’estate è ormai finita!. Come si fa a continuare a fare nuoto se viene meno il mare?. Siete mai andati a nuotare in piscina con l’assistenza di un istruttore?. Se non lo avete ancora fatto, leggete qui di seguito ciò che scrive sull’attività natatoria Paola Masala, nota istruttrice di nuoto presso il Canopoleno di Sassari e figura di spicco nelle piscine sassaresi: -“L’attività natatoria in piscina è sempre più diffusa fra grandi e piccini e costituisce una delle discipline più complete nel campo delle attività fisiche; ha conseguenti riflessi psicologici positivi ed è praticabile a qualsiasi età e condizione fisica. Istruttori specializzati sono in grado di avvicinare all’acqua perfino i neonati. Il nuoto può essere praticato, con ottimi risultati, anche dalle gestanti. La sensazione fisica più forte che si prova ogni volta che ci si immerge nell’acqua è la consapevolezza di stare come sospesi, di avere cioè un corpo leggero e di non avere peso. Si è quindi in una situazione opposta a quella cui si è normalmente abituati sulla terraferma. Con un’ attività natatoria seguìta, si acquisisce presto una buona capacità di stare in acqua in modo naturale e confortevole, galleggiando a pelo d’acqua e scendendone sotto. Si impara a respirare correttamente con naso e bocca con ritmi diversi a seconda degli stili praticati. Si diventa insomma più acquatici. Una buona acquaticità svela la magìa del nuoto all’uomo, rendendogli facile apprendere le tecniche basilari che si incontrano nei vari stili (libero, rana, dorso, delfino). Con il termine nuoto, da qualche tempo, s’intende anche però qualsiasi tipo di attività svolta in acqua. Infatti, nell’ultimo decennio, si sono visti trasferire in piscina esercizi svolti unicamente nelle palestre all’asciutto. Si fa ora in acqua ginnastica a suon di musica, con o senza attrezzi, adatta particolarmente agli anziani, perché la resistenza che oppone l’acqua durante il movimento rende più efficace il lavoro muscolare e rende gli esercizi più morbidi e flessuosi evitando i traumi. Se si pedala su una bicicletta immersa, per esempio, si avverte subito una piacevole azione tonificante non solo sulle gambe, ma anche sull’addome e sulle braccia. Il nuoto, se praticato con costanza, rallenta il processo d’invecchiamento ed è perciò assai vantaggioso per gli anziani perché aumenta la protezione contro le malattie del cuore e della circolazione, normalizza il colesterolo, regola la pressione, combatte il sovrappeso, allenta l’intolleranza al glucosio e fa diminuire anche la probabilità di infarto e di ictus. Il corpo quindi trae sostanziali benefici dal nuoto. Dal punto di vista psicologico, secondo studi effettuati presso laboratori di medicina dello sport, si è rilevata una stretta correlazione tra nuoto ed effetti sull’umore. Si è scoperto così che poche decine di minuti di attività fisica in acqua hanno effetti tranquillizzanti superiori all’assunzione di ansiolitici. Con i gesti ripetitivi di braccia e gambe e con una regolare respirazione i muscoli si rilassano e le tensioni si allentano con conseguente attenuazione dei sintomi depressivi. Insomma il nuoto migliora la nostra salute ed il nostro umore, ed allora: tutti in piscina.”Credo che “Paola” ci abbia pienamente convinti della bontà dell’attività natatoria. Visto quindi quanto il nuoto sia necessario per il nostro benessere non ci resta che praticarlo in piscina quando cessa la buona stagione. Pietro Moirano “ASSOCIAZIONE BIELOICHNOS” “L’Amore non si quantifica con i soldi, ma colui che dona amore arricchisce se stesso e le persone che aiuta”. Non è un semplice slogan, ma è il principio fondante dell’Associazione Bieloichnos”, che opera a Sassari da circa un anno e che è nata per iniziativa di un gruppo di amici, che hanno aperto il loro cuore a favore degli sfortunati bambini bielorussi del dopo “Chernobyl”. Il Progetto “Chernobyl”, che consiste nell’accoglienza dei bambini e bambine bielorusse per un soggiorno di risanamento è il principale scopo dell’Associazione, alla quale hanno aderito oltre cinquanta famiglie del Nord Sardegna, dalla Gallura, al Goceano, al Logudoro, alla Nurra. Circa sessanta graditissimi piccoli ospiti bielorussi hanno goduto del mare e del sole della Sardegna, oltreché del calore e dell’affetto delle famiglie ospitanti in una splendida vacanza, che ha avuto inizio il 28 di Giugno e che si è conclusa il 1° di Settembre. Non solo mare e svago, ma anche cultura nell’ottica della conoscenza e dell’amicizia fra i popoli.Sono nate così due iniziative, che hanno coinvolto i bambini e le bambine bielorusse e le tre gentili e belle accompagnatrici. Il museo delle maschere di Mamoiada, con la sala multimediale, ed il Nuraghe di Torralba, hanno riscosso molto interesse e sono state le prime due tappe, di un percorso alla ricerca delle nostre origini, che continuerà nei prossimi anni con le prossime accoglienze. L’Associazione può contare sulla consulenza della blasonata e collaudata “Associazione Cittadini del Mondo”di Cagliari e degli amici che con competenza e generosità la dirigono. Il prossimo impegno è rappresentato dal “Progetto Natale 2008”, per il quale le prenotazioni scadono il prossimo mese di ottobre. Tutti coloro che desiderano ospitare un bambino od una bambina dai 6 ai 15 anni per il periodo che va dal 15 dicembre al 15 gennaio, possono recarsi presso la sede dell’Associazione sita in via L. Canepa 1d Sassari, tutti i mercoledì dalle ore 18 alle ore 20, tel. 0792076266, 3409862684, 3452108372, 3407988224, 3381065353. Tore Campus VIAGGIO IN MAROCCO ITINERARI CULTURALI Marocco: paese dai mille contrasti, ancorato al Medioevo e falsamente proiettato nel futuro. Un viaggio in Marocco è, prima di tutto, un viaggio sensoriale. I colori, i suoni, gli odori: dolci, forti, penetranti, qualche volta nauseabondi, colpiscono e rapiscono rendendo difficile tradurli in parole. ‘E un viaggio di cui si recuperano i dettagli e se ne riscopre il valore solo una volta che si è tornati, nei flashback della memoria, con il giusto distacco. Fintanto che si è lì, infatti, è come trovarsi su una giostra vorticosa e inarrestabile da cui è impossibile scendere perché, nonostante tutto, coinvolgente e piena di fascino. Un paese in cui tocchi con mano l’integralismo più acceso, dove scopri, ad ogni passo, che sei accolto solo per la valuta che porti, dove il costo della vita continua ad essere una stupidaggine, dove le condizioni igienico-sanitarie lasciano a desiderare, dove, tuttavia, rimani incantato dalle innumerevoli bellezze paesaggistiche ed architettoniche che ne fanno un paese magico ed incantato. Cercherò di sintetizzare al massimo la mia esperienza. Viaggio in aereo da Roma (Fiumicino) a Casablanca: un paio d’ore di volo. La trafila per passare la dogana marocchina è piuttosto lunga tanto da consentirmi una sorta di amarcord alla ricerca di Humprey Bogart ed Ingrid Bergman. Mi sembra di sentire le note di “As timne goes by” e la voce del pianista che dice “ Provaci ancora Sam”. Il presente, però, incombe. La minuziosa e pedante dogana marocchina ha finito il suo compito: sono in Marocco. Con un taxi arrivo all’albergo dopo aver attraversato una giungla di parabole satellitari installate sui tetti delle case. Non né ho mai viste tante, neanche in Cina. Comincio a prendere contatto con questo Paese. Casablanca, città prevalentemente industriale e commerciale, ci accoglie sotto un cielo grigio e afoso di una giornata plumbea. Lo smog e i clacson di un traffico impazzito, fatto di calessi trainati da cavalli stanchi e rassegnati, vecchie Mercedes sgangherate, miriadi di Fiat Uno tinteggiate di un improbabile azzurro-cielo e trasformate in “ petit taxi”, costituiscono il primo impatto con l’Africa. In realtà una piccola delusione se si eccettua la colossale moschea di Hassan II, la più grande del Marocco ed una delle poche visitabili dai “kafiruna” (non credenti). L’esterno del complesso, essendo isolato, non evidenzia l’imponenza che gli compete. Entrando nella moschea la meraviglia provata all’esterno scompare per lasciare il posto ad uno sconfinato stupore. Solo entrando ci si rende conto della maestà e della sacralità del luogo. Tutto è estremamente pulito e lucido. Nessun ambiente ha suscitato in me sentimenti così confusi. Nonostante l’immensità del luogo che può accogliere 25 mila persone, all’interno sono del tutto assenti gli eco: sicuramente la cosa è dovuta alla caratteristica costruttiva dove tutto è un intarsio, un fregio, un arabesco. Mi viene spiegato che il sermone dell’Imam viene diffuso da centinaia di altoparlanti camuffati nelle colonne! All’uscita visito i bagni pubblici dedicati alle abluzioni ante preghiera. Entro e mi scappa da ridere pensando ai soldi che ho speso per ristrutturare il bagno: qui non andrebbe bene neanche come ripostiglio per le scope! Quando esco mi accorgo di aver perso la cognizione del tempo. Giro ancora per la città fino a raggiungere un piccolo marina, circa 400 posti barca, gremito di barche battenti bandiera tedesca, francese, inglese ed olandese. Spinto dalla curiosità vado ad informarmi sulle tariffe di sosta per una barca dai 12 metri in su. La risposta mi fa andare su tutte le furie: fino a 90 giorni, avete letto bene novanta giorni, è del tutto gratuita, grazioso omaggio della monarchia marocchina,eccezion fatta per l’acqua (alquanto cara: 7 euro a litro). Trascorsi i quali si pagano tre euro per metro lineare in ragione di anno, fino ad un massimo di 120 euro. I servizi a terra, ad un sommario sguardo, mi sembrano di primissimo ordine ed alla portata di tutte le tasche. Mi confermano che questa è regola generale in tutti i marina atlantici, mentre sui porti del Mediterraneo la tariffa dei tre euro per metro lineare si applica a partire dal secondo mese di sosta. Forse questa è la strada per un turismo nautico sostenibile ed, al tempo stesso, economicamente conveniente che consente l’incremento dell’indotto. Ma Soru questo non lo sa o, più semplicemente, nessuno glielo ha saputo spiegare ! La sosta a Casablanca è terminata, è tempo di proseguire per Rabat, capitale del Marocco e città imperiale. Il collegamento fra Casablanca e Rabat è costituito Marocco - Pista nel deserto da una delle poche autostrade del Paese, poco meno di 150 km, nonostante questo l’autista del pulmino (otto posti) riesce a tenere una media di 50 km/h che, poi, scoprirò essere lo standard dei trasferimenti in tutto il Marocco. Lungo la strada faccio conoscenza della nuova razza di cammelli, numerosissima in tutto il Marocco, centinaia di………….Mercedes di vecchissima, vecchia e recente produzione usate, in massima parte, come …..bestie da soma, cariche di ogni tipo di merce, animali e macchinari con sette/otto persone a bordo. Sono convinto che gran parte delle Mercedes europee, lungi dall’essere rottamate, finiscano la loro attività lungo le polverose strade del Marocco! Altro spettacolo la vista di decine di persone che, in fila indiana, percorrono la strada nei due sensi. Non è dato di sapere dove vadano visto che, almeno dal finestrino del pulmino, non si scorgono insediamenti o accampamenti di alcun tipo. Prima di entrare a Rabat visito il Mausoleo di Mohammed V, da cui si ha una vista magnifica di tutta la città. Dallo stesso sito si può visitare anche la Tour Hassan, un enorme minareto la cui costruzione è iniziata nel 1195 ed è ancora in piedi, mentre rimane ancora qualche traccia della moschea adiacente. A Rabat ho il primo impatto con una medina ed una kasbah marocchina e, tutto sommato, l’atmosfera variopinta mi piace. La kasbah è la parte fortificata della città, costruita con scopi difensivi e con viuzze strette e contorte, mentre la medina è la zona commerciale, tuttora popolata da mercati in cui, previa ampia contrattazione e discussione, si compra e si vende di tutto. La città è gradevole. Strade larghe contorniate da palazzi reali e di governo si alternano a note di colore quali i venditori di acqua nei loro costumi caratteristici che occupano le zone dove, di solito, transitano i turisti. 9 Rabat è anche la marcia svogliata e scomposta dei soldati al cambio della guardia davanti al Palazzo reale, è i giardini Labirintici della Kasbah degli Oudaia, con le splendide siepi di ibiscus e gli intricati cespugli di rosmarino, è il tè alla menta della terrazza sul fiume, è i vicoli strettissimi delle case bianche e blu, le manine di Fatima alle porte, i bambini che giocano a rincorrersi sulle salite, le macchie lilla di rigogliose piante di bouganville. ‘E lo sfarzoso mausoleo di Mohamed V con la bellissima cupola di luci e intarsi: i cavalli bianchi all’entrata costretti a stare immobili su un rettangolo di terra grande appena come loro, tenuti a bada, faticosamente, da guardie anch’esse vestite di bianco. Il viaggio prosegue alla volta di Volubilis attraverso una polverosa strada definita, pomposamente, autostrada. Volubilis è il caldo soffocante di una collina sotto il sole a picco di mezzogiorno; è gli strani venditori che, leggeri e silenziosi, ti seguono lungo tutto il tragitto, cambiando magicamente articolo dopo ogni curva; è la guida strampalata, simpatica e coltissima e soprattutto innamorata di quei posti, che illustra segreti e sorprese, mosaici e angoli nascosti e invisibili a occhi poco attenti; è gli enormi e affascinanti nidi di cicogna sulla sommità delle colonne. Da Volubilis a Meknès la strada mi fa conoscere i primi roccaforti dell’Atlante mentre il paesaggio cambia gradatamente da pascolo semidesertico ad abetaia rada. Meknès appare all’improvviso all’uscita di una curva in un flusso incessante di macchine. ‘E la Porta Bab el Mansour, maestosa e ricca di decori, che mi conduce all’interno di questa città imperiale. Meknès è gli antichi granai con i muri così spessi che lì dentro la temperatura è sempre costantemente bassa: gli archi delle scuderie che si rincorrono uno dopo l’altro in corridoi senza fine, é la fila variopinta di sandali e babbucce davanti alla Moschea Moulay Ismail: entrarci non regala particolari emozioni, ma vale la pena di infilarci il naso per soddisfare la curiosità e godere la vista dei giochi di colore , davvero belli, dei tasselli di ceramica sulle pareti e attorno alla piccola vasca per le abluzioni. Le emozioni più forti, però, mi vengono riservate da Fès. Fès è tutto ciò che non ti aspetti. Quello che va ben oltre ogni tipo di immaginazione. ‘E l’esperienza che ti avvolge, ti centrifuga e ti rimane dentro, nel bene e nel male. Fès è il contrasto nettissimo tra la metropoli moderna e tecnologica degli alberghi extralusso e del McDonald e i gironi infernali del labirinto della Medina con i suoi vicoli strettissimi, con i muli che ti passano vicino, stracarichi costringendoti ad appiattirti sul muro o contro altre persone, con il buio intenso di alcuni vicoli, dove l’odore acre delle concerie, degli animali in vendita, del pesce e della carne pieni di mosche, è molto penetrante e difficile da sopportare. Un ghetto, un quartiere medioevale dove con questo aggettivo non ci si riferisce all’architettura, ma proprio allo stile di vita, ai mestieri, agli usi e costumi. Un mondo completamente a parte, chiuso come una mano serrata a pugno, affascinante quanto incredibile. Alla Medina ci si avvicina pian piano, la si guarda prima dall’alto di una collina sovrastante da cui anche i tetti delle case perdono i loro contorni e sembrano fondersi in un’unica, enorme macchia di colore. Si pensa sia solo un gioco di prospettiva, invece no: lì dentro è proprio così, amalgama indistinto di case e vicoli, tetti e vecchie travi che sorreggono mura pericolanti, stuoie di bambù sospese tra un edificio e l’altro a riparare dal sole e formare il soffitto mobile di un’unica affollatissima abitazione. Spicchi di cielo solo ogni tanto, vicoli su cui il sole, invece, non batte proprio mai, dove perdere la cognizione del tempo facile, quasi inevitabile. Ogni vicolo ha la sua peculiarità e i rappresentanti di un mestiere. Polli e tacchini, rassegnati alla loro sorte e tenuti buoni chissà come, giacciono intontiti in file compoContinua a pag. 10 10 ITINERARI CULTURALI VIAGGIO IN MAROCCO Segue da pag. 9 ste, su luridi scampoli di tappeti berberi in attesa che arrivi il cliente a sceglierne uno, indicarlo e passarlo al carnefice che, con un gesto rapido, gli torce il collo e lo mette in una macchinetta elettrica per spennarlo. Poi lo taglia, lo incarta e lo consegna. Un attimo: un passaggio rapido che immobilizza i pensieri e colpisce come un pugno nello stomaco. Fès è anche l’orrore di chioschi con quarti di bue appesi e le teste degli animali disposte sul lastrone di pietra centrale a fare da vetrina e richiamo. Sono i muli che rappresentano l’unico mezzo di trasporto (indicati anche in fantasiosi cartelli stradali) e viaggiano carichi di ogni cosa: casse d’acqua, sacchi di farina, ceste di lana da cardare, perfino scatole di televisori imballati. Loro hanno la precedenza su tutto: il turista qui conta poco o niente, anzi è un fastidio, un inutile e indiscreto osservatore. Al grido di “ Balak !” (attenzione) i conducenti dei muli si fanno largo tra la folla in budelli di strada in cui mai si crederebbe che possano trovare spazio per passare. Il grido è un imperativo, non una richiesta: che ci si sposti o no, il mulo passa lo stesso! Bambini scalzi giocano fra la polvere e all’ora di pranzo si mettono in fila davanti a carretti che distribuiscono una brodaglia colorata in ciotole di plastica: lumache! O anche ceci bolliti. Teche sporche e unte custodiscono file di dentiere davanti a quello che, senza ombra di dubbio, deve essere lo studio di un dentista. Porticine minuscole introducono in seminterrati bui dove file di panini e pagnotte sostano, in larghe teglie poggiate per terra, prima di scomparire dentro bocche di forni a legna. Questo profumo familiare e rassicurante è un’oasi paradisiaca in mezzo ad una girandola di odori cui è davvero difficile abituarsi e il cui nucleo magmatico è rappresentato dalle vasche dei conciatori di pelli. Quando si arriva sulla terrazza sovrastante da cui osservarle, si viene dotati di un rametto di menta da mettere sotto il naso. Ma il fetore insopportabile assale molto prima di salire in cima alle scale. L’immagine di uomini immersi sino alle gambe in liquidi putridi e vagamente colorati è il più fedele possibile a quella di un girone dantesco. L’odore fortissimo di pecora in decomposizione mi seguirà e colpirà durante tutto il resto del viaggio, ad ogni incontro con un oggetto di pelle. Ma Fès sono anche le bellissime Mederse di Bou Anania e Attarine che si aprono inaspettatamente dietro alti ed anonimi portoni a nasconderle e quasi a proteggerne la pace e la tranquillità. Antichi rifugi di studiosi di teologia coranica (oggi, forse centri di reclutamento del terrorismo islamico), hanno al centro una grande vasca per le abluzioni con mosaici belli e solo appena intaccati dall’usura del tempo. Alle finestre magnifici intarsi su pannelli in legno di cedro. ‘E il cortile grande e ombroso del Museo Dar Batha. Il viaggio termina a Marrakech: città unica nel suo genere. La Djemaa El Fnaa è un viavai continuo di persone che offrono e fanno davvero di tutto: dall’incantatore di serpenti al venditore di spremute di arancia, dal giocoliere al venditore di cose più improbabili. Marrakech è una città magica, che cambia colore nelle varie ore del giorno, sempre diversa e ogni volta affascinante, con le case rosse e i tramonti infuocati. La cosa più incredibile è lo spettacolo che la piazza offre la sera, quando si alza il fumo di chi vende ogni sorta di cibo, sullo sfondo si vede la torre Koutoubia illuminata e per le strade camminano centinaia di persone che cercano di evitare centinaia di macchine. Tamburi che suonano, un vocio indistinto, piramidi di arance, scimmie che giocano con la corda che le tiene ancorate ai loro padroni, pasta venduta sfusa, enormi contenitori si spezie di ogni tipo, sfuse anche quelle, i quaderni arabi con le righe strane e l’apertura al contrario, piramidi di barattoli e di lattine di miele. Marrakech è anche una miriade di giardini e palmetti (Majorelle e Menara), di splendidi palazzi (il Palazzo del Parlamento – le Palais de la Bahia), di monumenti in onore dei principi sauditi (le Tombe saudite), di centinaia di carrozze trainate di stanchi cavalli in sosta davanti a tutti gli alberghi. ‘E la pace dopo l’inferno olfattivo di Fès. G.M. Meridda ITINERARI CULTURALI DELLA SARDEGNA IL DUOMO DI SAN NICOLA A SASSARI Elio Vittorini, nel suo “Sardegna come un’infanzia”, 1936, descrive così il suo primo incontro con la Cattedrale di San Nicola a Sassari: “Alzo gli occhi e un enorme naviglio mi viene addosso: la facciata del Duomo; come mai ne vidi di un barocco così esotico. Dapprincipio si direbbe in legno, un gigantesco mobile tarlato. Ma presto si capisce con quanto peso di pietre e torreggi. E’ una pietra color tortora. Formicola, anzi vermina, di tutte le sue foglie e teste d’angioli. Pure non le si vorrebbe toglier nulla; non ha segno che sia superfluo”. è bellissima questa descrizione; anche a me, la prima volta che vidi questa chiesa, aveva fatto lo stesso effetto, ma io non sono Elio Vittorini e mai avrei saputo descriverla così. Il condaghe di San Pietro di Silki (XII sec.) parla dell’esistenza di una Chiesa dedicata a San Nicola, tuttavia questa chiesa viene edificata nel XIII secolo, in stile romanico-pisano, su un preesistente edificio di culto paleocristiano. Fino al 1278 essa rimane l’unica parrocchia della città: in questa data furono istituite altre parrocchie. Nel periodo fra la metà del XV secolo e i primi del XVI la Chiesa viene profondamente rinnovata nello stile all’epoca più seguito, quello gotico-catalano, anche in considerazione del fatto che nel 1441 la curia vescovile fu trasferita da Porto Torres a Sassari e la chiesa, naturalmente, assurse al rango di Cattedrale. Nel 1600 la sua struttura fu rinforzata e, per motivi di sicurezza della struttura, si dovette procedere alla demolizione di una delle tre campate. Infine, tra il XVII e il XVIII secolo subì una ulteriore e definitiva modifica della facciata in stile barocco. Il massiccio e imponente corpo della Cattedrale è ingentilito dall’alto campanile, a sinistra del complesso architettonico, di forma quadrata, adornato da archetti, bifore e monofore, salvato dall’antico stile romanico. Sopra il campanile si erge una snella torretta ottagonale, costruita nel XVIII secolo. L’esterno è caratterizzato da una cupola semisferica e dai doccioni che sporgono lungo i fianchi, molti rivenienti dalla precedente struttura gotica. Ma ciò che più colpisce e affascina è il prospetto principale, in puro stile barocco, con una sinfonia di decorazioni, su tre livelli; quello basso costituito da tre archi a tutto sesto, il secondo da tre nicchie finemente ricamate con le statue dei tre martiri Turritani e infine, in alto la nicchia con la statua di San Nicola. L’interno è costituito da una navata divisa in due campate da arcate ogivali su cui si impostano le volte a crociera. Ai lati, quattro cappelle, due per campata, delimitate da archi a tutto sesto. Il pulpito marmoreo, a destra all’altezza dell’ultima cappella, scolpito nel 1840 da Giuseppe Gaggini in stile neoclassico. Sul parapetto semicircolare sono rappresentati i quattro Evangelisti. La cupola semisferica, di gusto rinascimentale, poggia su quattro pennacchi. Due imponenti altari marmorei ornano le due cappelle accostate nel transetto. A destra la cappella del Santissimo Sacramento, scolpita intorno agli anni venti del 1800 dagli artisti Orsolino e Gaggini; l’altare ospita una pregevole tela dipinta dal Marghinotti che rappresenta la Coena Domini. L’altra cappella, nel braccio sinistro, è dedicata a Sant’Anna; fa bella mostra di sé, nel transetto il gruppo scultoreo del Conte di Moriana, opera di Felice Festa (1807). Il Presbiterio si trova al centro del transetto, sotto la cupola. Esso è sopraelevato rispetto al piano dell’aula e chiuso da una balaustra in marmo; sempre in marmo sono i due leoni posti ai lati della scala. La base è decorata con i bassorilievi di alcuni santi. Anche l’altare maggiore (1690) è in marmo, caratterizzato da due coppie di colonne con capitelli di ordine corinzio, sovrastato dalla colomba che rappresenta lo Spirito Santo. Sull’altare è esposta l’icona del XIV secolo, Madonna del Bosco, di scuola senese. L’abside ospita un interessante coro ligneo creato da artigiani Sassaresi nel XVIII secolo. Dopo oltre ottocento anni questo monumento dà ancora ampio lustro alla città che lo considera, assieme alle altre meravigliose opere d’arte di cui può far vanto, capolavoro irripetibile carico di storia e di fascino. Luigi Zuddas In suffragio dei Soci dell’Associazione e dei Colleghi del Banco di Sardegna defunti, in data 20.11.2008 alle ore 18,30, presso il Santuario S. Pietro in Silki Sassari, verrà celebrata la Santa Messa. Si raccomanda la partecipazione. 11 12 L’ANGOLO DELLA FAMIGLIA Il cuciniere a cura di Raimondo Ginesu e-mail: [email protected] Gnocchetti sardi, gamberetti e zucchine Dosi per 4 persone 500 grammi di gamberetti 300 grammi di gnocchetti sardi “mignon” 400 grammi di pomodori 500 grammi di zucchine Olio extravergine di oliva,un pomodoro secco, prezzemolo, basilico, due spicchi di aglio, un bicchierino di vino bianco e peperoncino rosso, a piacere. Procedimento: In una casseruola mettete l’olio , il peperoncino, l’aglio, il pomodoro secco e il prezzemolo finemente tritati. Dopo due minuti a fuoco medio, inserite i gamberi “sbarbati”per benino, continuate a fuoco medio alto e unite il vino bianco. Cucinare per non più di tre minuti, aggiungete i pomodori dopo averli privati dei semi e tagliati a dadini, mescolate e continuate la cottura per altri 6 minuti. Tagliate le zucchine a fette non molto sottili e passatele nella piastra caldissima, per abbrustolirle leggermente, conditele con olio, prezzemolo, aglio e peperoncino. In un tegame bollite in acqua abbondante, gli gnocchetti sardi, “cottura al dente”, uniteli nelle casseruola dei gamberi, dopo averli scolati, non troppo, inserite le zucchine tagliate a quadretti e il basilico spezzettato a mano e mescolate per altri due minuti, a fuoco alto. ATTIVITA’ SPORTIVE E-MAIL [email protected] Un nutrito gruppo di dipendenti del Banco ci ha contattato per le creazione di un settore sportivo, in seno alle Sezioni, cui affidare l’incarico di curare e gestire eventi sportivi nell’ambito della nostra isola ma anche altrove. Abbiamo trovato piuttosto interessante la proposta per diverse ragioni, tra le quali il poter iscrivere nuovi soci, avere una maggiore forza nei rapporti con gli Enti ed effettuare attività, che potrebbero interessare, oltre gli attuali nostri soci in servizio, anche un buon numero di pensionati. Dobbiamo infatti cercare di offrire a tutti i nostri iscritti strumenti idonei ad incrementare il loro interesse e a stimolare lo spirito di appartenenza alla nostra Associazione. Studieremo anche la possibilità di organizzare tornei di scacchi, dama, carte, bocce ecc., prevedendo anche di poter assegnare dei premi ai vincitori. Con l’occasione intendo altresì rivolgere un caloroso invito a tutti i nostri lettori affinché possano dedicare qualche ora del loro tempo per aiutarci nel disbrigo dell’amministrazione, che in questo momento vede impegnato solo un dieci per cento circa dei soci. Invito anche a svolgere quanto necessario al fine di convincere i pensionati e i dipendenti ad iscriversi alla nostra Associazione, perché, come ben sapete, l’unione fa la forza e ci mette in condizioni di portare avanti con maggior determinazione il nostro compito. Nel prossimo numero del giornale vi parleremo di ulteriori iniziative volte ad attirare la vostra attenzione e risvegliare l’interesse di quanti finora non lo hanno maturato. Il Presidente Associazione Amici del Banco Sede Legale: Via Moleschott, 16 - Tel. e Fax 079 226564 - 07100 Sassari RICHIESTA DI ISCRIZIONE ALL’ASSOCIAZIONE Il sottoscritto ________________________________________________________________ nato a ______________________________________________ il ______________________ residente a __________________________ via ______________________________ n. ____ Tel. _____________________ Fax _____________________ Cell. _____________________ nella qualità di _______________________________________________________________ (Pensionato ovvero Dipendente del _________________ indicare l’Azienda di appartenenza) chiede di essere iscritto all’Associazione Amici del Banco, ai sensi dell’art. 4 dello Statuto, ed autorizza l’Associazione al trattamento dei dati personali per gli usi amministrativi necessari per il funzionamento dell’organizzazione. Il sottoscritto, inoltre, precisa che: r È disponibile ad offrire concreta collaborazione. r Non è, all’attualità, disponibile ad offrire specifica collaborazione. • Inoltre, resto in attesa di ricevere dall’Associazione il modulo recante la disposizione permanente di addebito della quota sociale annuale. Cordiali saluti. _________________________________ (firma leggibile) Direttore responsabile: Mario Era Redattore capo: Antonio Loi Redazione Sezione Sassari Giuseppe Tito Sechi, Salvino Casu, Pietro Moirano, Renzo Pisano, Giuseppe Santoni, Mario Vacca, Giovanni Battista Cossu, Antonello Sanna Raimondo Ginesu, Giuseppe Agostino Meridda Sezione Cagliari-Oristano Andrea Manunza, Dina Tuveri, Gigi Zuddas Bruno Serreli Sezione Nuoro Salvatore Cambosu, Franco Murtas Direzione e redazione Tel. e Fax 079 226564 www.amicidelbanco.it Via Moleschott, 16 - Sassari Impaginazione, Fotocomposizione e Stampa Tipografia Gallizzi Via Venezia, 5 - Tel. 079 276767 - Sassari Articoli, lettere, pubblicazioni e varie impegnano tutta e soltanto la responsabilità degli Autori.