Concorso L’esegesi dell’INNO di MAMELI di Roberto Benigni Nel corso del Festival di Sanremo, grande manifestazione canora nazionalpopolare, una serata è stata dedicata in anteprima alla celebrazione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, toccando così un aspetto importante della nostra nazione: la musica. Infatti, tutti gli artisti partecipanti sono sfilati sul palco, interpretando canzoni storiche italiane che hanno fatto provare nell’animo di quanti hanno seguito la trasmissione una profonda commozione. Travolgente ed emozionante è stato, però, in particolare, il momento di Roberto Benigni, trionfalmente entrato nel teatro dell’Ariston su un cavallo bianco, sventolando la bandiera italiana. 1 AVIS “Fratelli d’Italia” Il famoso e geniale si è esibito in una vera e propria lezione di storia, analizzando e commentando con grande patriottismo e passione il testo dell’inno di Mameli, trovando degli spunti interessanti per parlare della storia d’ Italia, l’unico Paese in cui è nata prima la cultura della nazione. Non sono mancati gli elogi a Goffredo Mameli, paroliere dell’Inno e al maestro Michele Novara che ne ha scritto la musica. Più volte poi ha sottolineato la morte di Mameli, avvenuta a soli ventuno anni, una giovane vita sacrificata per l’Italia unita. “Siamo pronti alla morte” allora non lo si diceva tanto per dire, poiché “chi ha fatto il Risorgimento, ha imparato a morire per la patria, affinché noi potessimo vivere liberi”. Passo dopo passo, poi, egli ha esaltato gli eroi che hanno reso l’Italia indipendente: Mazzini, Cavour e Garibaldi ed ha lanciato vari appelli a tutti gli italiani: “ Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta” svegliamoci, svegliatevi! L’unico modo, infatti, per realizzare i propri sogni, è svegliarsi. Infine, il grande artista ha concluso la sua esegesi trasformandosi in un giovane soldato pronto a morire in guerra per la sua patria cantando a cappella, cioè senza l’accompagnamento di uno strumento musicale, l’Inno di Mameli. Roberto Benigni, quindi, si è congedato tra gli applausi di un pubblico che, alzatosi in piedi ed alquanto commosso, gli ha manifestato tutta la sua ammirazione. Tale intervento, sicuramente, è servito a far vivere più profondamente e a livello popolare la grande ricorrenza celebratasi il 17 Marzo, per ricordarci non solo chi siamo stati, ma per dire chi siamo, grazie a quegli Italiani che hanno sacrificato la loro vita per l’ardente amor di Patria. Anna Maria Maisano IV Dp La bandiera tricolore (Ongaro) E la bandiera di tre colori sempre è stata la più bella: noi vogliamo sempre quella, noi vogliam la libertà! E la bandiera gialla e nera qui ha finito di regnare, la bandiera gialla e nera qui ha finito di regnare Tutti uniti in un sol patto, stretti intorno alla bandiera, griderem mattina e sera: viva, viva i tre color! Mariagrazia Federico IV Dp Il nostro tricolore Un’antica poesia trovata nei sussidiari delle scuole elementari di molti alunni fa,dice che nel vessillo italiano, il verde rappresenterebbe i nostri prati,il bianco le nostre nevi perenni ed il rosso il sangue versato dai soldati che sono morti durate le tante guerre. Ciò che di certo Istituto Magistrale “Tommaso Gulli” - Unità d’Italia: 1861-2011 Concorso sappiamo sulla bandiera italiana è che è nata nel 1794 quando due studenti bolognesi, Giovanni Battista De Rolandis e Luigi Zamboni,animarono una sollevazione contro il potere che governava la città da quasi 200 anni,cioè quello assolutista. I due usarono come distintivo una coccarda tricolore: verde,bianco e rosso; si pensa ispirata alla coccarda rivoluzionaria francese e sacrificarono la loro vita per sostenere gli ideali in cui credevano. Questo tricolore era inteso come traguardo di una nazione che mirava ad avere Giustizia,Uguaglianza e Fratellanza e riassumeva i diritti dell’uomo e le aspirazioni di un popolo di cui ancora oggi si sente la necessità. Maria Mallimaci IV Dp Garibaldi e i pescatori di Melito L'Europa era in fermento,gli echi del congresso di Vienna, che dopo la parabola napoleonica, non avevano sortito gli effetti sperati: ovunque rivolte, i moti, promossi dalle società segrete, erano spinti da un unico ideale: quello di nazione. Era l’epoca del Romanticismo e del 2 AVIS “Fratelli d’Italia” sentimento di amor patrio e i giovani italiani furono coinvolti da questo vento che spirava da tutto il continente europeo. L’Italia? Sì era l’Italia dei Savoia, ritirati nella loro villa di caccia a Sturpiningi, era il Lombardo Veneto sotto gli Asburgo della principessa Sissi, era la Roma dei Papi,era il Sud dei Borboni. Era L'Italia dei giovani Mameli,Mazzini e Silvio Pellico che nella libertà e nell’unità ci credevano davvero. Era l’Italia di tutti coloro che nel ’48 morirono per l’ideale di nazione e per il loro amor patrio. E l’unità era cosa fattibile. Il re Vittorio Emanuele II di Savoia dava il suo benestare,Cavour era la mente ed un certo Garibaldi era il braccio. Giuseppe Garibaldi si mise quindi a capo di un gruppo di uomini,la storia li ricorda come i Mille,e partì da Quarto con un unico obiettivo: sbarcare in Sicilia e risalire l’Italia liberandola ed unendola. “Qui si fa l’Italia o si muore” scrisse Garibaldi quando fu vicino a Marsala e fu quello che successe di lì a poco. Dopo aver liberato la Sicilia, l’obiettivo era Teano. Per arrivarci era necessario liberare la parte sud continentale dell’Italia dai Borboni, impresa non facile, ma i Mille non si scoraggiano e pianificano lo sbarco. Nottetempo un gruppo di duecento volontari agli ordini di Benedetto Musolino attacca a sorpresa il forte di Altafiumara, mentre Garibaldi col resto della compagnia si accinge ad attraversare i 3 Km che separano lo stretto per raggiungere Melito. Conquistare questo piccolo paesino arroccato nel lembo più estremo dell’Italia non era cosa facile, lì abitavano i vinti di Verga,pescatori che vivevano del loro lavoro quotidiano, legati a vincoli feudali con i Borboni. Erano troppo lontani dal Piemonte,dai Savoia,dai teorici dell’Italia unita. Non conoscevano le cinque giornate di Milano, non avevano mai avuto notizie della battaglia di Solferino e quel Garibaldi non sapevano neanche chi fosse. Un liberatore, così era presentato. il liberatore di quella terra arida e troppo povera,nella quale ideali come libertà,unità e nazionalità era sconosciuti ai più. Ma la Calabria e Melito non erano poi così diversi da quella Sicilia descritta da Tomasi di Lampedusa:una terra arida in cui la calura impediva di agire. Ma la storia non si ferma,entra Istituto Magistrale “Tommaso Gulli” - Unità d’Italia: 1861-2011 Concorso prepotentemente nella vita dei pescatori melitesi e,nella figura di Garibaldi,la sconvolge. Quella mattina i melitesi li videro arrivare,con le loro camice rosse e i loro occhi pieni di ideali,la loro voglia di fare l’Italia;videro il Grande Torino incagliarsi a largo del loro mare (dove ancora oggi si trova il relitto); i Borboni avevano sparso la voce per tutto il regno che quelli fossero briganti e la popolazione non li accolse bene, fecero di tutto per ostacolarli,era diffidenti, sapevano che vent’anni prima gente come Paolo Pellicani,i fratelli Romeo e molti altri avevano tentato di aggregarsi a questi moti di liberazione,ma erano stati fermati e costretti a rifugiarsi tra anfratti dell’Aspromonte. AVIS “Fratelli d’Italia” La Casina dei Mille li ospitò e ancora oggi una palla di cannone sulla balconata sta indicare il loro passaggio; l’avanzata verso Reggio viene anticipata da Antonio Rossi che dichiara decaduta la dinastia borbonica, in quei giorni Garibaldi entra a Reggio e con la sanguinosa battaglia di piazza Duomo si impadronisce della città facendo entrare finalmente Reggio Calabria nel Regno D’Italia. Mariacarmela Barreca IV Dp La donna nel Risorgimento La donna nel Risorgimento è pensata come la compagna dell’eroe: Anita Garibaldi. O femmina fatale:la contessa di Castiglione. O <<Mater dolorosa>>: Adelaide Cairoli ,madre di cinque figli; quattro cadono da volontari,il superstite diventa presidente del Consiglio .Non diversamente,la donna della 3 Resistenza evoca staffette partigiane, fughe in bicicletta, messaggi nascosti nei corsetti . Nel risorgimento, le donne spesso sono combattenti,armi in pugno. O sono leader politici. E’ consolatorio pensarle come crocerossine solerti, mamme premurose, spose in pena . Invece le donne influenzano gli eventi, stilano proclami, raccolgono fondi, prendono le decisione. La donna di alto rango, nel risorgimento italiano era la “cortigiana” ovvero colei che stava a corte ,ispirava i poeti che componevano su di lei. La cortigiana era amata platonicamente da molti poeti , che anche se erano sposati parlavano del proprio amore per lei. Viveva in un ambiente raffinato,impregnato della cultura neoclassica o neoclassicista. Tuttavia la sua emancipazione era ancora molto limitata,infatti la seguivano sempre un certo numero di ancelle e non le era permesso di fare determinate cose. Tra le protagoniste del Rinascimento spicca anche Jessie White, giornalista inglese, simpatizzante del Istituto Magistrale “Tommaso Gulli” - Unità d’Italia: 1861-2011 Concorso movimento mazziniano, al quale finisce presto con l’aderire, dedicandosi anima a corpo alla raccolta di fondi e alla scrittura di articoli per i giornali inglesi e americani. Fondamentale quello, apparso sul Daily News nel 1856 con il titolo <<Italy for italians >> (l’Italia agli italiani). Nel 1854,a Nizza, presentata da comuni amici, conosce Garibaldi, dalla cui personalità rimase così affascinata che ,insieme al marito Alberto Mario, lo seguirà dappertutto nelle sue varia spedizione, diventando la sua biografia Tuscano Miriam IV Dp Il ruolo delle donne nell’ Unità d’ Italia AVIS “Fratelli d’Italia” persona come la moglie di Crispi: Rose Montmason, Anita Garibaldi, unica donna fra mille o Adelaide, madre dei fratelli Cairoli. Le più note fecero una vera e propria attività politica, soprattutto fra le file mazziniane, come Cristina Trivulzio di Belgioioso o Giuditta Sidoli. Molte donne durante le guerre di Indipendenza persero i beni, la libertà, i figli, la loro stessa vita, usarono la parola e l’azione, organizzarono ospedali e curarono i feriti. Le donne furono, dunque, presenti nel primo 800 in una prodigiosa varietà di atteggiamenti, di scelte, hanno saputo cogliere il senso concreto e profondo delle situazioni. Alessia Marrara IV Dp zione, a ruoli di impegno sociale a beneficio delle donne e dell'infanzia, per il riscatto sociale delle classi disagiate, per l'organizzazione e la promozione dell'educazione. Si tratta di donne che tra i loro impegni familiari trovavano anche il tempo di dare una mano giorno e notte negli ospedali soprattutto durante gli assedi nella città per curare i feriti, fondando ricoveri per bambini lattanti. Diedero vita a numerose iniziative educative, filantropiche e sociali, fondando scuole con l’intento di offrire agli adolescenti indigenti o in difficoltà alloggio, mezzi e possibilità di lavoro. Il ruolo femminile e l’educazione nel Risorgimento italiano Donatella Massera sottolinea l’ importante ruolo che le donne hanno avuto nell’età risorgimentale. Ci furono, infatti, personaggi della nobiltà e dell’elite intellettuale che scrissero e propagarono le idee risorgimentali, oppure forti personalità che si spesero di 4 Il ruolo femminile nella costruzione dello Stato nazionale italiano è sempre stato considerato subordinato al ruolo maschile. Ma le donne, nonostante la poca o nulla visibilità pubblica, non solo ebbero un ruolo rilevante in quel processo, ma furono numerose, di diverse estrazioni sociali, e si dimostrarono volitive, determinate, con idee e progetti da costruire, impegnate direttamente nelle cospirazioni ma anche nelle lotte vere e proprie, anche se in genere con funzioni di organizzatrici o di infermiere (una delle poche che imbracciò il fucile fu Anita Garibaldi), passate poi, dopo l'Unifica- Trassero un profondo interesse per l’educazione delle donne e dei giovani, cui andava inculcato il rispetto dei diritti e dei doveri dell'uomo, e l'idea che solo attraverso l'emancipazione e la partecipazione alla vita civile e civica si poteva essere cittadini e non sudditi, e partecipare all'emancipazione della Patria e del Popolo. A tali idee, affiancarono una chiara visione anche del ruolo della Donna, che gode di Diritti e Doveri pari a quelli dell’Uomo, ma che Istituto Magistrale “Tommaso Gulli” - Unità d’Italia: 1861-2011 Concorso si vede assegnata dalla natura un ruolo ancora più importante: formare i futuri cittadini. Scelsero così di occuparsi in primo luogo dell’educazione di tutte le donne, prime e fondamentali educatrici dei propri figli. Improntarono la vita di coppia sull’ideale della pari dignità dei coniugi e sulla condivisione di cure domestiche ed ideali politici all’interno del matrimonio. Maria Cuzzola IV Dp Le rivolte di Reggio L’ottocento fu definito il secolo delle rivoluzioni politiche, economiche, intellettuali e sociali generate dall’affermazione delle idee illuministiche. La rivoluzione francese aveva lasciato un sapore di libertà quasi sconosciuto in quel periodo. Nonostante la caduta di Napoleone e il ritorno degli austriaci, i nostri avi non 5 AVIS “Fratelli d’Italia” rinunciarono a quei principi di uguaglianza, fraternità e libertà che avevano avuto il piacere di assaporare. Ormai era nell’aria la voglia di cambiamento. A questa svolta contribuì anche Reggio Calabria che si accinse a combattere nuove poderose battaglie. Da qui in poi molte zone fumarono di sangue. Non ci fu uomo che non abbia offerto il suo cruento contributo. Bisogna rendere omaggio alle gloriose gesta di chi si trovò a capo delle imprese a costo di morire per difendere una bandiera senza ambizione di fama o libidine di premio. Già dal 1783 la Calabria soffriva a causa di un flagellante terremoto che distrusse gli averi dei cittadini. Su questo infierirono anche gli sperperi del pubblico denaro da parte degli amministratori e le disuguaglianze davanti alla legge tra nobili e contadini. Tutto questo gravò specialmente sulle spalle della povera gente, come avviene quando la produzione manca e aumentano i bisogni. Ormai la situazione divenne insostenibile per gli abitanti di quel periodo che si trovarono a dover spartire gli averi con i capricci della natura e dovettero perfino rinunciare ai propri diritti a causa di un governo opportunista. Proprio per queste motivazioni l’ottocento fu un secolo cruciale che portò tutti gli uomini a una presa di coscienza rivendicando i diritti che per millenni non gli furono concessi. A Reggio il capo della rivolta fu Domenico Romeo che guidò i reggini in piazza per combattere contro il governo reggente. Importante figura fu anche quella dei fratelli Plutino, Paolo Pellicano, Federico Genoese e di molti altri patrioti che contribuirono all’unità d’Italia. Si ricorda la data del 2 settembre 1847 in cui il dottor Romeo, assieme al fratello Giannandrea Romeo, al nipote Pietro Aristeo Romeo e al cugino Stefano Romeo, alla testa di cinquecento seguaci, prese Reggio Calabria, istituendovi un governo provvisorio. Nel frattempo in piazza dei Gigli veniva promulgata la Costituzione. Già dal 26 agosto il nostro caro patriota lanciava il proclama della rivolta, facendo sventolare il tricolore italiano sulla piazza di Santo Stefano in Aspromonte. A causa di fraintendimenti l’alleanza che si era formata con le correnti antiborboniche della Sicilia, Basilicata e il resto della Calabria non fornì il proprio Istituto Magistrale “Tommaso Gulli” - Unità d’Italia: 1861-2011 Concorso contributo come prestabilito, concedendo alle forze armate di concentrare la repressione sulla nostra cittadina. Questa fu durissima e nella data del 15 settembre Domenico Romeo fu assassinato e barbaramente decapitato, e la sua testa fu esposta nel cortile delle carceri di San Francesco a Reggio Calabria, per due giorni, quale monito per i tanti rivoltosi ivi detenuti. La rivoluzione ebbe successo solo con la venuta di Garibaldi il 21 agosto del 1860. Egli ebbe il merito, insieme ai suoi compagni d’armi, di aver contribuito alla caduta della dinastia dei Borbone specialmente con la spedizione dei mille. Reggio Calabria ebbe un ruolo decisivo per l’unificazione dell’Italia. Un’unità per cui si lotta ancora oggi. Bisogna ricordare questi uomini. Uomini che hanno segnato con il loro sangue le strade su cui noi oggi camminiamo. Hanno rinunciato di vivere nella spensieratezza della loro quotidianità solo per un ideale, solo per rendere unita la nostra terra! Un’ideale così forte che riuscì, grazie alla caparbietà e il coraggio dei nostri antenati, a ottenere dei risultati che 6 AVIS “Fratelli d’Italia” portarono oggi a ricordare con onore la data del 1861. Sotto il segno dell’unità c’è un significato più profondo. Un concetto che è comprensibile solo a chi ama veramente la nostra Italia. La lotta di questi patrioti non finì nella lontana data del 61. Bisogna combattere tuttora per eliminare il divario tra nord e sud. L’unità d’Italia si costruisce giorno per giorno, non è solo un avvenimento storico. Amiamo questa terra ma soprattutto amiamo Reggio Calabria che è arbitrariamente giudicata. Roberta Pellegrino IV Ep 2 SETTEMBRE 1847 – Risorgimento Italiano: a Reggio Calabria e Messina scoppia la rivolta anti-borbonica Ordita dal patriota reggino Domenico Romeo. « Pochi sanno che la grande fiammata rivoluzionaria del 1848 che investì l'Italia e l'Europa, e dalla quale ha inizio il nostro Risorgimento nazionale, fu accesa proprio a Reggio il 2 settembre 1847 » ( Lucio Villari: "La Repubblica" 8 dic. 1992).Fratello minore di Giovanni Andrea Romeo, Domenico Romeo crebbe in mezzo alle dolorose agitazioni che straziavano il suo paese, sviluppando amor patrio e avversione verso ogni forma di tirannide. Svolse una imponente opera al fine di risvegliare i liberali, sfiduciati e intimoriti dalle persecuzioni, in tutto il meridione d'Italia. A seguito del fallimento della spedizione dei fratelli Bandiera, decise di preparare una rivolta che partisse proprio dalla Calabria. Organizzò quindi la rivolta del settembre 1847, di cui è considerato dagli storici come l'ideatore, il promotore e il Istituto Magistrale “Tommaso Gulli” - Unità d’Italia: 1861-2011 Concorso capo indiscusso. Ordì una trama tra Calabria, Sicilia e Basilicata; la congiura coinvolse i veterani della Carboneria. Il 29 agosto Domenico Romeo lanciava il proclama della rivolta, facendo sventolare il tricolore italiano sulla piazza di Santo Stefano in Aspromonte. Il 2 settembre, assieme al fratello Giannandrea Romeo, al nipote Pietro Aristeo Romeo e al cugino Stefano Romeo, alla testa di cinquecento seguaci, prese Reggio Calabria, istituendovi un governo provvisorio. Tuttavia, era mancata l'unità di intenti, e il segreto era stato tradito. A muoversi furono solo i Romeo: a Messina, addirittura, il comitato d'azione locale si scisse in due tronconi, e le teste più calde e i patrioti più facinorosi tentarono, di propria iniziativa, un'azione già il 1º settembre: la rivolta era prontamente schiacciata. Mentre a Catanzaro non scoppiava neppure. Le forze regie poterono quindi agevolmente concentrarsi su Reggio. La repressione fu durissima: il 15 settembre, a seguito di un conflitto a fuoco, in contrada Cicciarello di Marrappà, nei pressi di Podàrgoni, Domenico Romeo fu assassinato e barbaramente decapitato, e la sua testa fu esposta nel cortile delle carceri di San Francesco a Reggio Calabria, per due giorni, quale monito per i tanti rivoltosi ivi detenuti. Scriverà il nipote 7 AVIS “Fratelli d’Italia” Pietro Aristeo, nel suo opuscolo Cenni biografici sopra Domenico Romeo, che lo zio cadeva inneggiando “All’Italia”. Maria Cuzzola IV Dp Forse, il nome di Aspromonte è adatto a queste impervie montagne i cui vertiginosi profili rappresentano talvolta una sfida per chi, impavido, per qualche motivo,decidesse di scalarli, soprattutto se sprovvisto dell’attrezzatura e delle forze necessarie. Tutto questo può raccontarcelo anche la storia di questi monti che videro il proprio suolo calpestato dalla sconfitta di Garibaldi durante la sua spedizione alla conquista dell’Italia. Siamo nel 1862, a seguito della questione romana si era ormai capito che il governo italiano voleva mantenere un basso profilo ed, intanto, la penisola italiana grazie all’accordo stretto con Napoleone III, vedeva il proprio territorio in balia dai Francesi L’occupazione straniera non però infervorava gli animi degli italiani, il cui sentimento, per la nazione si rafforzava ormai di giorno in giorno, così come la consapevolezza di un’identità nazionale. Ecco allora che, per la prima volta in Calabria, si fa sentire la presenza del rampante Giuseppe Garibaldi: salpano durante la notte dalle coste della Sicilia, la mattina del 25 agosto 1862 con il preciso intento di giungere alle porte di Roma, sbarca nella punta estrema della Calabria accompagnato da 300 seguaci volontari. Avvistati e bombardati ancora prima di poggiare piede sulle coste calabresi, i garibaldini si vedono costretti a deviare quindi per terre dell’Aspromonte, ma anche qui la loro posizione venne intercettata e segnalata. La reazione dei francesi è veloce e risoluta, lo scopo è uno solo: fermare i garibaldini; Urbano Rattazzi si Istituto Magistrale “Tommaso Gulli” - Unità d’Italia: 1861-2011 Concorso vede così costretto ad inviare, perché provvedesse, il generale Enrico Cialdini nelle terre dell’Aspro-monte. Ma Garibaldi preferisce evitare, per il momento, lo scontro a fuoco e, assieme ai suoi seguaci, la sera del 28 agosto, raggiunge una posizione ben difendibile a pochi chilometri da Gambarie, proprio nel territorio di Sant’Eufemia d’Aspromonte. Il giorno seguente, le condizioni del piccolo esercito di Garibaldi sarebbero potute definirsi disastrose: il numero di soldati si era praticamente dimezzato a causa delle diserzioni e degli arresti, ed in più si preparava ad affrontare l’arrivo di una grande armata del Regio Esercito. Eppure, Garibaldi, cosa che poi si rimproverò a lungo, decise di attendere la truppa, dato che la prospettiva di un’infinita ed infruttuosa fuga non sembrava la soluzione migliore. Lo scontro tra i due eserciti avvenne così lo stesso giorno proprio tra le montagne dell’ Aspromonte e, purtroppo per Garibaldi ,volse a favore del Regio Esercito. Garibaldi 8 AVIS “Fratelli d’Italia” venne infatti ferito ed imprigionato assieme ai suoi seguaci, per poi essere rimpatriato nella sua residenza di Caprera. Ad oggi, nella località di Sant’Eufemia d’Aspromonte in cui Garibaldi fu ferito, sorgono un mausoleo, recante un busto dell’eroe e delle lapidi in memoria dei valorosi garibaldini. I giovani donatori di sangue Maria Cuzzola IV Dp Donare il sangue:opera di volontariato per se e per gli altri. Donare il sangue è un gesto di solidarietà. Chi decide di diventare donatore di sangue stabilisce con il “ricevente” un patto di fiducia ed è una responsabilità del donatore a garantire il proprio stile di vita . Prima di donane i volontari del AVIS sono tenuti , per non dire obbligati , a controllare la salute del donatore .Quindi non solo doniamo facendo un opera di bene verso gli altri ma anche verso noi stessi ,anche perché Tutti potremmo avere biso-gno di sangue per qualche motivo. Per donare bisogna avere delle credenziali come l’ età , peso,ecc. Molte sono le domande che ognuno di noi si pone quan-do si sente parlare di donatore come : sono troppo vecchio ? se siamo tra i 18 ed i 60 anni di età e godiamo di una buona salute, no . Abbiamo tutte le carte in regola per diventare donatori; mi sentirò debole quando donerò il sangue ?dopo la donazione possiamo immediatamente riprendere la nostra routine. Il nostro corpo rigenera il sangue estratto in un periodo molto breve di tempo Istituto Magistrale “Tommaso Gulli” - Unità d’Italia: 1861-2011 Concorso sono troppo magro per donare il sangue ?Se pesi più di 50kg no. Quante volte all'anno posso do-nare il sangue ? L'intervallo minimo tra una donazione di sangue intero e l'altra è di 90 giorni. La frequenza annua delle donazioni non deve essere superiore a 4 volte l'anno per gli uomini e 2 volte l'anno per le donne. Un tempo però il dono del sangue veniva identificato come un atto che potevano compiere soprattutto gli uomini ma per fortuna da molto tempo non è più cosi . Basta pensare che una delle prime Dirigente e fondatrice del' AVIS in Calabria è stata proprio una donna .Da allora il percorso è stato difficile ma, oggi, possiamo dire che il numero delle donne che donano il sangue sono notevolmente aumentate, e molte di loro sono alla guida di tante sedi associative". Non solo le donne hanno avuto grande importanza ma anche i giovani. Possiamo ricordare i gruppi scout che rappresen-tano proprio il movimento educativo importante per veicolare i valori del dono del sangue che mira ,anche , a recuperare la grandezza dell’altruismo e della solidarietà. Soprattutto il gruppo scout del’ Agisci è stato fortemente voluto dai vertici del’ AVIS a testimonianza dell’aspetto sociale della donazione del sangue in una società multiculturale”. AVIS “Fratelli d’Italia” Il 14 di giugno, si celebra la Giornata Mondiale del Donatore di Sangue, una ricorrenza che, istituita nel 2004. Perché ha deciso di continuare a donare il sangue ? Dalla 2° o 3° donazione che ho fatto, un signore, adesso mio amico , mi ha pregato di donare il sangue a sua figlia che aveva solo 9 mesi; oggi la bambina ha 44 anni. Orgoglioso di aver salvato una vita, ho deciso donare periodicamente. Intervista a un ex donatore L' esperienza di un donatore che ha servito la nostra comunità per circa 40 anni. L’importanza della donazione nella vita di ogni singolo cittadino: Salvare delle vite umane oggi è molto importante, perché una persona può avere bisogno del nostro sangue, anche noi un domani potremmo averne bisogno, ed essere donatori significa donare qualcosa che abbiamo dentro e non parlo solo della linfa vitale. Da quanto tempo è donatore di sangue ? Avevo 16 anni, (all’epoca si poteva donare da quell’età) andavo ancora a scuola e un giorno è venuta per un incontro una signora di una associazione di volontari che ci ha spiegato cosa significasse “donazione” e mi ha convinto con le sue parole a provare questa esperienza. L’ultima mia donazione è stata due anni fa, all’età di 60 anni. Prima ha detto di aver donato fino all’età di 60 anni, so che è il limite massimo che un uomo di buona salute può raggiungere, lei quindi ha smesso per l’età o per altri problemi ? Dopo aver fatto circa 120 donazioni di routine ,durante un controllo periodico come avviene per ogni volontario, ho scoperto di non poter più donare a causa della glicemia (diabete ). Ora che lei non può più essere donatore, ancora si interessa di donazione in qualche altra maniera ? Si, saltuariamente. Mi interesso trovare nuovi volontari. Ed inoltre ho trasmesso ai miei figli ed a qualche parente il valore delle donazioni. Grazie per la disponibilità e per salvato delle vite umane. Lombardo Francesca Dp 9 Istituto Magistrale “Tommaso Gulli” - Unità d’Italia: 1861-2011