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Giornale della Comunità Parrocchiale
VILLA
DI SERIO
Cronaca parrocchiale, appuntamenti... e altro
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Anno XXX - n.1 - Marzo 2016
Perdono - Lettera del Parroco
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IL SACRAMENTO DEL PERDONO
L
'esercizio del ministero sacerdotale conosce luoghi speciali
nei quali al prete è fatto dono di incrociare il passare
della tenerezza di Dio verso l'uomo. Uno di questi
momenti privilegiati è sicuramente il Sacramento della Riconciliazione.
Tramite di una misericordia
senza misura, il prete nell'esercizio della Confessione sperimenta la compassione, l'infinita pazienza con
la quale il Signore Gesù sostiene ciascuna storia dei
fratelli e delle sorelle della
comunità. Avvertire la mano dolce e ferma del Pastore che provvede la misericordia e il cibo per ognuna
delle sue pecore è per il presbitero esperienza tanto più
intensa quanto più il suo ministero è profondamente solidale con la stanchezza, le ferite, lo smarrimento della sua gente.
D'altra parte è sempre all'interno di questa liturgia di misericordia che il sacerdote è
istruito dalla costatazione che la dolcezza divina che sente fluire sui fratelli è la medesima con la quale il Signore continua a darsi pensiero di non lasciarlo solo mentre egli
rinnova il proposito di servire, in totalità di vita, il Vangelo e la Chiesa.
Questa esperienza riscalda il cuore del prete. Consola a tal punto che non di rado, proprio mentre è in ascolto della confessione del peccato dei fratelli, il sacerdote abbassa
il capo; delicatezza certo di chi teme di imbarazzare con il proprio sguardo il penitente, ma soprattutto improvvisa commozione di fronte alla possibilità in atto di poter condividere la misericordia di Dio con il fratello.
Dopo anni di esercizio del ministero della confessione, ci sentiamo soltanto strumenti
della misericordia di Dio. Forse nei primi anni da preti rischiava di prevalere anche in
noi un tratto più giudicante, o un certo disagio nei confronti di alcune confessioni che
avvertivamo povere, quasi inconsistenti. Ma con il passare del tempo è cresciuto so-
2 - Lettera del Parroco
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Lettera del Parroco - 3
Perdono - Lettera del Parroco
prattutto il senso di una profonda compassione. Da una parte ci rendiamo conto che
c’è tanto male nella vita delle persone, che ci sono uomini e donne che portano dei pesi incredibili con dignità e forza. Dall’altra anche i racconti più poveri chiedono di essere ospitati e accolti: qualcuno viene solo per ricevere una parola di benedizione. Perché negargliela?
Ma c’è una ragione ben più profonda della compassione: si tratta di riconoscersi partecipi dello stesso mistero di male e di grazia. Nel peccato dell’altro riconosciamo il
nostro. È questo un aspetto molto delicato del ministero della confessione. Spesso l’ascolto delle storie degli altri apre antiche nostre ferite: non siamo migliori dei peccatori che accogliamo nel nome di Dio, e continua a stupirci la scelta di Dio che ha voluto uomini fragili come tutti per amministrare la grazia della sua misericordia.
Ricordo di aver letto un bel pensiero del Cardinal Newman che, rivolgendosi ai suoi
fedeli, diceva: “Se gli angeli fossero stati i vostri sacerdoti, cari fratelli, non avrebbero
potuto partecipare alle vostre sofferenze, né compatirvi, né aver compassione per voi,
né provare tenerezza nei vostri confronti e trovare motivi per giustificarvi, come possiamo noi; non avrebbero potuto essere modelli e guide per voi, ed avervi condotto dal
vostro uomo vecchio a vita nuova, come lo possono quanti vengono dal vostro stesso
ambiente”.
Nell’esercizio del sacramento del perdono, scopriamo come la nostra fragilità possa essere una strada di comunione e di sensibilità che favorisce la misericordia. È proprio
l’esperienza del male commesso e perdonato a renderci più attenti e sensibili al peccato dell’altro e ad accogliere con infinita misericordia, senza giudizio, la debolezza
del fratello. È proprio quello che abbiamo imparato dalla Scrittura. Gesù sembra concedere la sua amicizia soprattutto a chi ha peccato, e rivela costantemente un tratto misericordioso del Padre suo, la gioia degli angeli tutti per chi torna a casa dopo essersi
smarrito. Siamo chiamati ad essere testimoni di questa misericordia e della gioia del
Padre che si commuove di fronte al più piccolo desiderio di ritorno.
Stare in confessionale non è certo facile perché si tratta di sostenere una relazione impegnativa, una relazione che chiede fiducia, un’apertura di credito reciproca. Essenziale è un vero ascolto che chiede affetto e partecipazione. Chi apre il cuore lo fa a partire da un suo cammino, una sua storia che va anzitutto accolta e rispettata. La confessione permette di mettersi al fianco di una libertà che cerca la sua strada, che prova a
discernere i passi veri e possibili verso il bene, chiede un cammino comune tra il penitente e il confessore.
Tra coloro poi che si avvicinano al confessionale non ci sono solo credenti che provano a condurre un vero e proprio cammino di fede. Non sono poche le condizioni di
umanità povera e logorata. L’elenco delle povertà umane sarebbe lungo e sempre incompleto: da chi ripete le stesse cose, a chi non ha nulla da dire; dagli scrupoli religiosi a… Questa folla di poveri chiede udienza alla misericordia e non possiamo sottrarci all’ascolto. Scriveva Timothy Radcliffe, superiore generale emerito dell’ordine dei
Domenicani: “Ascoltando una confessione si prende coscienza di non essere uomini
superiori. Perché se si è completamente onesti, ci si rende conto che i peccati degli altri sono quelli che anche noi abbiamo commesso, o quantomeno, che avremmo potuto facilmente commettere. Più qualcuno apre il suo cuore e confida la sua lotta interiore, più scopro di essere, come lui, un essere umano, fragile, che ha bisogno di guarigione e di misericordia. Se il prete può offrire parole di incoraggiamento, è perché sono le parole che anche lui ha bisogno di udire. Nella confessione si può dunque condividere la misericordia di Dio con l’altro, la si scopre con lui, in un medesimo pellegrinaggio di guarigione”.
Don Paolo
Perdono
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BIBBIA: IL POEMA DEL PERDONO
ella Bibbia la parola “perdono” è così frequente
che sembra addirittura
inflazionata. Perdono, misericordia, remissione, assoluzione, indulgenza, grazia. Sembra l’enciclopedia del perdono. Perdono
cioè super-dono, arcidono, dono
dal valore incalcolabile.
Appena dopo lo splendore della
creazione, la Bibbia ci racconta
l’oscura eclisse provocata dalla
caduta dei progenitori chiamati
Adamo cioè Uomo ed Eva cioè
Donna. E’ tutta una infinita
galleria di peccati la storia
umana, tutto un correre verso l’abisso della perdizione. La caduta dei progenitori, Caino che uccide il fratello Abele, un gruppo che
fa guerra contro un altro
gruppo, un popolo che insegue l’altro fino a distruggerlo completamente. Una
società che arriva a fare sacrifici umani di bambini e
di fanciulle. Un popolo che
trascina schiavo un altro popolo. Una storia che arriva
a provocare Dio che scatena il diluvio universale. Un
popolo, quello ebraico, che
giura mille volte fedeltà a Dio e
lo rinnega continuamente. Gente che, nonostante la straordinaria manifestazione di Dio tra lampi e fulmini sul monte Sinai e il
dono delle Dieci Parole, veri gradini che portano alla vetta della
salvezza, si fabbrica idoli di metallo, di pietra e di legno: idoli che
N
4 - Vita parrocchiale
hanno occhi ma non vedono, orecchie ma non odono, bocca ma
non parlano, mani ma non agiscono. Se Dio non ha polverizzato la stirpe umana è proprio perché in lui sta di casa il perdono.
Perdona il suo popolo liberandolo dalla schiavitù d’Egitto. Perdona il suo popolo inviandogli continuamente i suoi porta-parola, i
profeti anche se spesso inascoltati. Infine perdona l’avarizia degli uomini che gli negano quanto gli sarebbe dovuto come Si-
gnore dell’universo e Creatore di
tutti gli uomini, inviando loro il
Salvatore dal cielo. Un Salvatore massacrato di botte nella passione, rifiutato ed espulso dalla
città e consegnato al terribile mostro della morte. Sono così tanti
e gravi i peccati degli uomini che
nessuno mai è riuscito e forse ri-
uscirà mai a contarli. Sono stati
così enormi che nessuno è riuscito
a calcolarne il volume. Eppure il
grande fiume della misericordia
divina non si esaurisce mai.
Lampi di luce
Tra le pagine dell’Antico Testamento alcune espressioni hanno
la lucentezza dei diamanti, riflessi
straordinari di misericordia. Ne
ricordiamo solo alcuni.
“Io non voglio la morte del peccatore ma che desista dalla sua
condotta e viva”(Ez 33,11).
“Se l’empio desiste dalla sua
iniquità e compie ciò che è
retto e giusto… nessuno dei
peccati che ha commessi sarà più ricordato” (Ez 33, 15.16).
“Anche se i vostri peccati fossero come lo scarlatto
diventeranno bianchi come
neve. Se fossero rossi come
porpora, diventeranno come
lana” (Is 1, 18).
“Tu getterai in fondo al mare
tutti i nostri peccati” (Ml 7,19).
“Ti sei gettato dietro le tue
spalle tutti i nostri peccati”
(Is 38,17). “Vi aspergerò con
acqua pura e sarete purificati… vi darò un cuore nuovo,
toglierò da voi il cuore di pietra
e vi darò un cuore di carne” (Ez
36, 25.26).
“Io li guarirò dalla loro infedeltà,
li amerò di vero cuore” (Os 14,5).
Il salmo 135 martella per ben 26
volte l’espressione “eterna è la
sua misericordia”.
Si stancano prima gli uomini di
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Dio perdona da Dio
Dio perdona senza far fatica, senza riserve, senza musonerie, senza tristezza. Il perdono è una chiave che permette a chi è uscito dal
cuore di Dio con tristezza di ritornarvi dentro con gioia.
Peccare è proprio dell’uomo, perdonare è proprio di Dio. Ce lo ricorda quasi ad ogni pagina il libro dei libri che è la Bibbia.
Quanto l’uomo sia una fabbrica
dalla produzione continua di peccati è ogni giorno sotto gli occhi
di tutti noi: tra gli ambienti della
politica, in quelli delle finanze e
dei commerci, nei partiti e nelle
associazioni, persino nelle Chiese e nelle religioni. Tanto che si
può dire: dove c’è un uomo c’è il
peccato.
Gesù stesso quando parla della
sua Chiesa non afferma mai che
non vi saranno peccati o mancheranno i Giuda. La paragona
ad un campo dove con il grano
cresce anche la gramigna, oppure ad una rete con pesci buoni ma
anche con pesci cattivi. Santi e
peccatori abiteranno sempre la
Chiesa. Coloro che si scandalizzano per i peccati che rendono
lebbrose le persone di Chiesa ad
ogni livello, evidentemente non
hanno letto il Vangelo oppure lo
hanno letto saltando qualche pagina.
Due cascate di perdono
Nella Bibbia due sono le cascate
del perdono: una proviene da Dio,
l’altra è quella che proviene dall’uomo.
Dio perdona generosamente, continuamente, gioiosamente. Anche
quando l’uomo precipita nel baratro del vizio, nelle sabbie mobili del male, c’è sempre una mano che si tende per sollevarlo. E’
il Creatore che si china sulla creatura per offrirle la grazia del perdono. In una famosa omelia sant’Ambrogio ricorda che dopo sei
giorni di “lavoro” per la creazione del mondo, Dio vive il riposo
del sabato. “Leggo, spiega il santo, che Dio si riposa dopo la creazione. Ha creato il cielo, ma non
leggo che Dio si è riposato. Ha
fatto il sole, la luna, le stelle ma
non leggo che si è riposato. Leggo che ha fatto l’uomo e allora
Dio si è riposato perché aveva ormai qualcuno a cui perdonare”.
Dio sosta non per stanchezza, non
per inerzia, non per silenzio, ma
per curare la sua creatura più amata. Col perdono Dio continua la
sua creazione.
La seconda cascata proviene dall’uomo.
L’uomo deve perdonare se vuole
essere perdonato da Dio. Su questo Gesù non ammette eccezioni
e non fa nessun sconto. “Se non
perdonerete agli altri, neppure Dio
perdonerà a voi”. Dio ha condizionato il suo perdono verso di
noi, a quello di noi verso gli altri
nostri simili.
I racconti più belli
I racconti più belli sul perdono
non li dobbiamo a nessuno dei
più grandi letterati della storia
umana, di qualunque cultura o
religione, filosofia o pedagogia.
Li dobbiamo a Gesù che ha inventato le parabole del perdono:
vicende dolorose e tristi che hanno tutte una finale gioiosa e di pieno successo.
Torna il figliol prodigo e regala
una grande gioia al padre; ritrova la sua pecorella smarrita il pastore che chiama gli altri a far festa; è contenta la donna che ha
ritrovato la moneta preziosa che
aveva smarrito e fa festa con le
sue vicine di casa.
Tutte le parabole, mentre rivelano il volto misericordioso si Dio
che va in cerca di chi si è colpevolmente allontanato da lui, rivelano anche ad ogni uomo la
missione di figlio imitatore del
padre. Se Dio, il più danneggiato e offeso dai peccati degli uo-
mini, arriva a perdonare a loro sacrificando addirittura il suo amato Figlio sui legni della croce, nessun uomo può accampare delle
scuse per evitare di perdonare ai
suoi simili Fede è perdono: chi
non perdona non può dire di credere.
Quando Dio comanda un comportamento, non manca mai di
dare un incoraggiamento, anzi la
forza necessaria per attuarlo.
L’ultimo splendido esempio lasciatoci da Gesù riguarda proprio
il perdono: Gesù invoca il perdono del Padre persino per coloro che lo stanno crocifiggendo.
La Bibbia non è un documento
d’archivio o un libro “in folio” da
offrire a golosi frequentatori di biblioteche. Non è un testo-soprammobile da non sfogliare troppo per non rovinare il labbro d’oro. La Bibbia, per il credente, è
Parola di Dio, viva ed efficace, da
calare nel groviglio della nostra
storia. Il grande filosofo e mistico
francese Pascal annotava nei suoi
“Pensieri”: La Scrittura ha passi
adatti a consolare tutte le condizioni”, anche quella di chi vive
nel bisogno del perdono da parte di Dio e di capacità di offrirlo
a dei fratelli.
Padre Giuseppe Rinaldi
Vita parrocchiale - 5
Perdono
peccare che Dio di perdonare.
Perdono
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CONSERVARE SEMPRE L’UNITA’ DELLA
SCAMBIEVOLE CARITA’
Abbiamo chiesto a suor Anna Benedetta Cornolti, originaria di Villa di Serio e da otto anni
clarissa nel Monastero di Foligno, di inviarci la sua testimonianza; ella ha accettato con piacere
e nel contempo vuol far prevenire il suo fraterno saluto alla Comunità che l’ha generata alla
fede e l’ha accompagnata con la preghiera e il ricordo in questi anni di preparazione alla scelta
definitiva di consacrazione sulle orme del padre S. Francesco e della madre S. Chiara.
E’
da quasi otto anni che
sto seguendo il Signore Gesù sui passi di
Santa Chiara di Assisi, vivendo
in un monastero di clausura insieme ad altre ventotto sorelle.
Otto anni non sono molti, quando guardo le monache più anziane, che hanno già cinquanta, sessanta, settant’anni di vita
religiosa. Nello stesso tempo
nemmeno sono pochi, perché
vedo già cinque sorelle più giovani di me, che hanno abbracciato la stessa forma vita nel nostro Ordine. È dalla concretezza tanto semplice della mia piccola esperienza che condivido
con voi un pezzetto della nostra
vita fraterna.
Mi è capitato spesso, incontrando qualche gruppo di persone
in parlatorio, che qualcuno, dopo aver ascoltato come si svolge la nostra vita, timidamente alla fine chiedesse: “Ma voi, litigate qualche volta o andate sempre d’accordo?”. Forse perché è
presente un po’ nell’immaginario comune l’idea che il monastero sia una specie di “zona franca”, per stare al sicuro da prove, tentazioni e dalla fatica del
credere, propria di ogni cristiano. Al contrario, quanto più ci
si avvicina al Signore e si sta con
Lui, tanto più si avverte la distanza tra il nostro modo di vivere, magari anche abbastanza
buono, e le esigenze della vera
carità, che non ha calcolo né mi-
6 - Vita parrocchiale
sura. In proposito, mi ricordo ancora di una cosa che mi disse il
nostro confessore, poco tempo
dopo il mio ingresso in monastero; al termine della confessione, mi disse: “Anna, forse è
tempo di iniziare a fare un cammino cristiano”. Sul momento ci
rimasi male per quelle parole,
che mi erano sembrate un po’
troppo dure; con un po’ di presunzione, infatti, mi dicevo: “Caspita, sono entrata in monastero, l’avrò almeno iniziato un cammino cristiano!”. Ma, dopo aver
messo a tacere l’orgoglio e averci riflettuto sopra, compresi la
profonda verità di quanto mi era
stato detto dal confessore: che
Dio mi chiamava lì non perché
ero brava, ma per iniziare un
cammino serio di sequela. Anche la nostra madre Santa Chiara, nel suo Testamento, parla proprio in questi termini degli inizi
della sua vita religiosa a San Damiano: “Dopo che l’Altissimo
Padre celeste, per sua misericordia e grazia, si degnò di illuminare il mio cuore perché, per
l’insegnamento e l’esempio del
beatissimo padre nostro Francesco, facessi penitenza, unita alle poche sorelle che il Signore
mi aveva donato poco dopo la
mia conversione, volontariamente
gli promisi obbedienza” (TSCh,
24). Questo “fare penitenza”,
che potrebbe sembrare roba d’altri tempi, altro non è che la quotidiana conversione, la disponi-
bilità ad accogliere la grazia di
Dio che cambia il nostro cuore,
per renderlo mite e umile, a somiglianza di quello del Figlio.
Quindi, non un ritirarsi dal mondo per vivere tranquille e senza
preoccupazioni, ma iniziare a
fare sul serio con il Vangelo di
Cristo. E se rimane vero che ciascuna fa il suo personale cammino con Dio, è altrettanto vero che ciò non avviene mai in
modo solitario, ma appunto “unita alle sorelle”, nella piccola e
concreta porzione di Chiesa che
è la comunità: quei volti, quei
nomi, quei caratteri, quelle storie, quei pregi, quei limiti, quelle età, quelle provenienze, per
tutta la vita.
Ritornando allora alla fatidica
domanda: “Ma voi, litigate qualche volta?”, la risposta è: “Ebbene sì, qualche volta litighiamo anche noi!” e lo stesso avrebbero risposto Santa Chiara e le
sue sorelle ottocento anni fa. Infatti la vita fraterna, vissuta così
alle strette, fa emergere con immediatezza la verità del nostro
cuore, sia negli aspetti più luminosi, sia nelle ombre. Io stessa posso dire in tutta sincerità di
aver iniziato a conoscermi più
in profondità e per quello che
sono proprio nella vita in monastero. Ed è molto significativo che la madre Santa Chiara,
nella Regola (quella Regola che
noi ancora oggi professiamo),
parli proprio di questa possibili-
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trova la sua origine e possibilità
non nello sforzo morale o nei
buoni sentimenti, ma nel cuore
di Cristo, dal quale io prima di
tutto devo sentirmi amata, perdonata, accolta, voluta sempre.
Quando io so di essere amata
così, allora per la sovrabbondanza del dono di Dio sarò capace di amare, perdonare, accogliere la sorella che vive con
me, e che il Signore ama e perdona come fa con me. Il perdono ricevuto, prima di tutto, e dato è proprio al cuore della vita
fraterna, è ciò che permette di
“conservare l’unità della scambievole carità” e di mantenere
saldo quel vincolo che ci lega le
une alle altre.
Mi sembra, poi, che questa esperienza del perdonarsi vicendevolmente è il modo più sicuro
ed efficace per imparare a volerci bene sul serio, perché il vero perdono è senza condizioni,
come l’amore. Quanto è bello
quando una sorella ha il cuore
aperto ad accogliere l’altra anche quando ha sbagliato, senza
la pretesa che essa cambi o che
diventi una persona migliore! È
quello che Gesù fa con
noi ed è solo un amore
così, senza alcuna pretesa sull’altro e sulla sua vita, che suscita un vero
pentimento e la possibilità di cambiare.
Desidero condividere
un’ultima cosa riguardo
a questo. Tutti noi ogni
giorno ci troviamo davanti
alle mille sofferenze, alle guerre, alle violenze
che sembrano non aver
fine in questo nostro mondo e, certamente, non è
in nostro potere farle cessare. Però è in nostro potere far cessare la guerra
che molto spesso è nel
nostro cuore, rinunciare
ai sentimenti negativi che
a volte albergano dentro
di noi, scegliere per il vero bene nelle piccole cose di tutti i giorni e accettare anche di soffrirne.
Con l’aiuto della grazia
di Dio, ciascuno di noi
ha in potere se stesso non
gli altri o il mondo, ed è
proprio questa umile, nascosta e paziente lotta
quotidiana che cambia le
cose e rende presente già
su questa terra il Regno
di Dio.
Sr. Anna Benedetta
Vita parrocchiale - 7
Perdono
tà tanto reale e tanto concreta.
Si legge infatti: “Se accadesse
che tra sorella e sorella per una
parola o un gesto talvolta nascesse occasione di turbamento
o di scandalo, quella che avrà
dato causa al turbamento, subito, prima di offrire davanti al Signore il dono della sua orazione, non solo si getti umilmente
ai piedi dell’altra domandando
perdono, ma anche la preghi con
semplicità di intercedere per lei
presso il Signore, perché la perdoni. L’altra poi, memore di quella parola del Signore: se non perdonerete di cuore, nemmeno il Padre vostro celeste perdonerà a voi, perdoni generosamente alla
sua sorella ogni offesa fattale” (RSCh,IX); e anche:
“Si guardino le sorelle da
ogni superbia, vanagloria,
invidia, avarizia, cura e sollecitudine di questo mondo, dalla detrazione e mormorazione, dalla discordia e divisione. Siano invece sempre sollecite nel
conservare reciprocamente l’unità della scambievole carità, che è il vincolo della perfezione”
(RSCh,X). Se quindi ci si
scontra con la fragilità propria e altrui, con le resistenze e l’incapacità a vivere secondo il comandamento della carità, il Signore stesso ci indica il
perdono come possibilità
sempre nuova per ricominciare, per riavvicinarsi, per gustare la gioia che
viene dall’esperienza della misericordia.
Come per ogni comunità
cristiana, anche per una
fraternità monastica chi
rende possibile questa esperienza è la persona del Signore Gesù, è Lui al centro della vita personale e
comunitaria. Ogni gesto e
parola di riconciliazione
Santa Chiara,
particolare di un
affresco di
Simone Martini
nella basilica
inferiore di Assisi
Perdono
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ASCOLTATI E ACCOLTI
Il nostro santuario e il giubileo della misericordia
C
Madonna del Buon
Consiglio
on la consueta intraprendenza papa Francesco,
nello scorcio dell’anno
passato, ha indetto il Giubileo
straordinario della Misericordia.
L’apertura di una prima Porta santa, con una azione coraggiosa e
profetica di grande significato, è
avvenuta per mano dello stesso
Papa nella sperduta, poverissima
chiesa di Bangui nella Repubblica Centrafricana, una terra martoriata teatro di inauditi massacri.
Sono poi seguiti, dall’otto dicembre a Roma, i riti di apertura delle Porte sante nelle basiliche papali e, per la prima volta nella storia della Chiesa, nelle cattedrali
di tutte le diocesi del mondo.
Il Giubileo della Misericordia
ha segnato di audace speranza
la fine di un anno difficile, il
2015. Un tempo in cui le deboli luci, che pur ci sono state
a diradare timidamente l’ombra
della grande crisi economica,
non hanno impedito l’amarezza e lo sgomento per fatti e tragedie orribili: popoli interi che
fuggono dalle guerre e dalla fame lasciando nel mare e sulle
coste d’Italia e di Grecia migliaia
di morti; terrorismo e crudele
violenza che non hanno mancato di insanguinare anche l’Europa e in particolare la Francia e
Parigi.
Solo un’audace speranza può contrastare le difficoltà e l’impotenza che ci assale e ci impaurisce.
Lo sottolineava bene il nostro parroco don Paolo nella messa di capodanno 2016. Una speranza temeraria, audace, quindi attiva, “in
servizio”, non dormiente. Una
speranza che ci aiuti a non dire
più di fronte alle difficoltà: “Se
potessi, io sì che farei…” senza
poi fare nulla, ma dove ognuno
faccia con coraggio e generosità
8 - Vita parrocchiale
ciò che può: la sua parte. Una speranza che ci eviti di cadere «nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge»1).
Per tutto il tempo del Giubileo,
per riscoprire in ogni periferia del
mondo la forza della misericordia nella vita quotidiana dei credenti, ogni vescovo ha potuto poi
istituire nella propria diocesi luoghi ideali per la preghiera, in special modo nei santuari mariani,
“per l’ottenimento della indulgenza giubilare e per incontrare
l’abbraccio misericordioso del Padre nella confessione”. Uno di
questi luoghi, nella Bergamasca,
è il nostro santuario, dedicato alla Madonna del Buon Consiglio.
Un nuovo capitolo dunque, in piena umiltà, si aggiunge alla lunga
storia del nostro santuario. Ed è
straordinario constatare quanta
vita abbia ancora oggi, e anzi l’accresca, questo luogo voluto dalla fede semplice dei nostri vecchi
in tempi che diremmo tramontati per sempre. A dispetto di ogni
relativismo e dell’apparente affievolirsi del trascendente, a fronte di facili e banali consolazioni,
ci accorgiamo di quanto bisogno
ci sia, oggi più di prima, di luoghi di silenzio e di ascolto. Dove
riemergano le istanze più intime
dell’uomo vero; quelle che danno un senso a ciò che siamo, ritrovando il bisogno e la gioia di
attendere e di essere attesi. Lì possiamo scoprire che l’uomo vero
ha il volto che Dio gli ha impresso e che ritroviamo in Gesù Cristo, Dio che si fa uomo. Ecco il
proposito sconvolgente che anima il Giubileo di papa Francesco:
ritrovare il volto di Dio nel volto
dell’uomo e della donna di oggi.
E con il suo volto il volto della Misericordia. Allora comprendiamo
come i santuari mariani siano luogo ideale: lì si venera la Madre di
Gesù, Lei stessa Madre della Misericordia. Con Lei invochiamo
la Misericordia che è il vero volto di Dio. Un Dio che cerca l’uomo, innamorato dell’uomo. Un
Dio che perdona perché vede
primavere nei nostri inverni, vede noi, oltre noi 2).
Nessuna fatica quindi, anzi accrescimento di gioia, nella preghiera più vasta e corale che avviene lungo quest’anno nel nostro santuario, mentre viene inscritto il prediletto titolo di Madonna del Buon Consiglio in
quello che li ricomprende tutti
di Madre della Misericordia. E basterebbe liberarci dalle incrostazioni che ci hanno oscurato e indebolito il pensiero e perfino la
coscienza per ritrovare il sentimento dei semplici e dei saggi verso Dio e la Madonna, spesse volte senza distinzione alcuna: il sentimento di figli. Il sentimento di
chi sa di doversi affidare, non solo da bambino, ma anche da adulto, quando giustamente libero ed
emancipato l’uomo è tanto sapiente da non sentirsi onnipotente. E’ iI sentimento dei figli accolti
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sta letterina scritta da un nostro
soldato, tra i più poveri e semplici, possiamo cogliere tutta la ricchezza e il senso più vero e più
alto della Misericordia. Lontano
da ogni ipocrisia intellettuale, il
nostro soldato, mentre vive sulla
propria pelle l’esperienza tragica
della periferia esistenziale – ce
n’è una più grave e più triste della guerra? – sente che la sua preghiera viene ascoltata e accolta.
Ne è certo. E questo lo fa vivere.
E lo fa piangere. Non di struggimento per la morte che incombe,
non per le bombe e per il freddo,
ma per il caldo che gli sopraggiunge nell’anima, viva più che
mai. Gli bastano il ricordo delle
“belle campane”, della Pasqua e
delle feste del Buon Consiglio! Lui
sa che in quel santuario lontano
la sua gente pregherà per lui, e la
Madonna, che neanche gli riesce
di nominare, lo proteggerà.
Casimiro Corna
Note:
1. Bolla di indizione del Giubileo
straordinario della Misericordia
(Misericordiae Vultus), 14-15, in:
Messaggio del Santo Padre Francesco per la celebrazione della
XLIX Giornata mondiale della
pace, 1° Gennaio 2016, cap.2.
2. Ermes Ronchi: “La parola materna che non conosce legge”,
Luoghi dell’infinito, dicembre
2015, p.21.
LA FAMIGLIA: UNO SPAZIO DI PERDONO
L
a famiglia, piccola comunità che rappresenta una
Chiesa in miniatura, è una
palestra di allenamento per la vita ed un luogo deputato all’educazione, alla testimonianza, ma
soprattutto alla cura ed al dono
gratuito di sé.
Sovente i nostri nuclei familiari,
contratti in rigidi ed intensi
tempi di lavoro e di studio,
sono portatori di disagi, di
sofferenze e di conflittualità
che condizionano la qualità
della relazioni al loro interno.
Il bisogno di cura che ogni
essere umano, fin dal concepimento, porta dentro di
sé determina una dipendenza dagli altri che genera legami familiari indissolubili, carichi di amore e di autenticità.
In questi scenari di dedizione incondizionata e di vicinanze rassicuranti, il valore di gesti di perdono assume una rilevanza fondamentale per preservare un buon
clima emotivo e per facilitare la
comunicazione anche in presenza di incomprensioni e tensioni.
L’atto del perdono presuppone un
processo interiore che esige tempo e che necessita di rielaborazioni per medicare ferite nuove
ed antiche.
Perdonare presuppone innanzitutto l’intenzione di affrontare una
perturbazione intima, talvolta un
conflitto con se stessi e con altri,
senza minimizzare né amplificare vissuti ed emozioni.
In quest’ottica, esercitarsi al dialogo, all’empatia, all’accoglien-
za, rappresenta un impegno fruttuoso, che mantiene le persone in
cammino, alla ricerca di spazi e
tempi dedicati alla tenerezza ed
alla presa in carico delle proprie
ed altrui fragilità.
A volte, per placare gli incendi
emotivi che si propagano a seguito di offese, di risentimenti, di
rifiuti, servono donne ed uomini
capaci di testimoniare un amore
che viene assicurato a priori, un
amore che prescinde dal comportamento altrui, che non conosce
giudizi né chiede corresponsioni,
ma che si alimenta della nostra
esperienza di esseri perdonati.
Non sarebbe pensabile una vita
senza perdono, il perdono divino
ci precede e ci accompagna lungo tutto il dipanarsi delle nostre
esistenze, rendendoci sensibili,
comprensivi e misericordiosi verso chi ci sta vicino, oltre che
verso noi stessi.
Ognuno di noi, facendo esperienza di questa grazia, è in
grado di replicarla in relazioni orientate al reciproco rispetto, anche di fronte a pensieri e comportamenti divergenti delle nostre aspettative
e prefigurazioni.
L’atto del perdono, lontano
da pregiudizi di superiorità o
dall’esercizio di un egocentrico
“buonismo”, assume allora un senso profondo di responsabilità umana interpersonale, improntato alla reciprocità, alla solidarietà, alla fratellanza.
Essere consapevoli del nostro bisogno di dare e ricevere perdono ci aiuta ad essere clementi e
ad ad abitare i territori della spiritualità e della fede con rinnovata forza e speranza.
E. R.
Vita parrocchiale - 9
Perdono
e che a loro volta accolgono: esperienza che da sola può aprire i
cuori specie nelle situazioni più
tristi di sofferenza e di solitudine.
Tra le carte dell’archivio parrocchiale sono conservate diverse lettere di soldati cha dal fronte scrivevano al parroco durante la seconda guerra mondiale, molte di
esse citano il santuario e la “cara
Madonnina”. Ne scelgo una assai breve ed emblematica: “19
aprile 1943, P.M (fronte croato),
Signor Parroco … mi pare di sentire le nostre belle campane della nostra chiesa … e mi fanno venir da piangere... Date a tutti una
Buona Pasqua e Buona Festa del
Buon Consiglio che state per celebrare… Pregate tanto per me,
Pievani Battista (Batistì)”. In que-
Perdono
5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 10
DON FAUSTO RESMINI,
IL PRETE DEGLI ULTIMI
U
n “pezzo da 90” della
Diocesi di Bergamo!
Così padre Rinaldi ha
presentato don Fausto Resmini
in apertura dell’intervista rilasciata a Villaradio il 13 gennaio
scorso.
In effetti don Resmini è un prete
davvero speciale. Da 26 anni sul
difficile fronte della marginalità,
è cappellano nel carcere del Gleno dal 1992, direttore del Patronato S. Vincenzo di Sorisole emComunità Don Lorenzo Milani è
responsabile del Servizio Esodo
che ogni sera e ogni notte assicura un pasto e assistenza a centinaia di poveri ed emarginati,
giovani e adulti attorno alla Stazione di Bergamo.
D) Don Fausto vuole presentarsi
a chi non la conosce ?
R) Sono cresciuto al Patronato
S. Vincenzo di Bergamo fin da
quando frequentavo la scuola
elementare, poi sono passato alla Casa di Sorisole dove don Bepo Vavassori ha avuto una cura
particolare per coloro che nutrivano il desiderio di mettersi a servizio degli altri e, più in particolare, per chi aspirava al sacerdozio. Fino al secondo anno di
Teologia ho avuto il grande onore di stare vicino a don Bepo, lì
poi sono diventato sacerdote del
Patronato
Attualmente svolgo un servizio
nella Chiesa di Bergamo in tre
grosse aree che definirei della
sofferenza, piuttosto che della
marginalità.
Sono cappellano del carcere di
Bergamo. Questa è la mia parrocchia e qui svolgo il mio mi-
10 - Vita parrocchiale
nistero sacerdotale incontrando
detenuti nelle varie sezioni, soprattutto ascoltando. Sono poi
responsabile di una comunità di
minori e giovani provenienti dal
carcere minorile, il “Beccaria” di
Milano: molti con situazioni familiari e problematiche assai difficili. Sono responsabile del Servizio Esodo, comunità che oggi
dà anche accoglienza ai minori
richiedenti asilo provenienti dagli sbarchi di Lampedusa.
D) Nell’anno della Misericordia
come possono anche i carcerati partecipare al Giubileo?
R) Il Papa ha avuto un’ idea straordinaria nella indizione dell’Anno della Misericordia. Ai detenuti, che non potevano certamente uscire dalla prigione per
andare nelle chiese giubilari, ha
concesso che la porta della loro
cella diventasse la porta Santa.
E’ chiaro che non si tratta di un
andare avanti e indietro da una
porta ma di un cammino che renda consapevoli che la misericordia passa attraverso il riconoscimento del proprio errore:
passa attraverso il pentimento per
il male che si è fatto e compiuto. Passa per il ricordo delle vittime di quel male, di tanti gesti
devianti. Passa per il pentimento, con lo scontare della pena civile, inflitta senza vendetta e infine con l’abbracciare il perdono di Dio attraverso il ministero
della Riconciliazione.
D) In base alla sua esperienza,
per i minorenni, lei suggerisce
ai genitori di insegnare ai figli
sacrifici e obbedienza...
R) Questa espressione è presa da
un intervento nel quale si chiedeva: “A quando la maturità dei
nostri adolescenti?”. Penso che
la maturità debba passare attraverso alcuni valori che il vocabolario dell’esistenza dei ragazzi ha un po’ dimenticato. Per
esempio il valore della fatica.
Non può essere che il “guadagno” sia solo quello che pretendi dai genitori. Cosa fanno i ragazzi per dire qui io ho messo
qualcosa di mio, ho faticato per
averlo. La fatica, il sacrificio, sono valori ormai dimenticati: tutto e subito, questo spesse volte
chiede il ragazzo. Cioè tutto ciò
che il consumismo mette a disposizione. Anche la rinuncia ha
un grande valore. Se noi prendiamo questo tempo di difficoltà economica: quanti genitori si
sono trovati in difficoltà ad arrivare alla fine del mese, quanti
ragazzi hanno deciso di dare una
mano o invece hanno preteso di
aver comunque tutto, quindi con
nessuna rinuncia. Il tema dell’obbedienza, è un tema molto
importante e si ha paura a trattarlo nei luoghi educativi. Io vedo l’obbedienza come il richiamo ai ragazzi, agli adolescenti a
portare avanti la propria famiglia
insieme, ognuno con la propria
5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 11
zabile tutto quello che, attraverso i volontari, si verifica e si manifesta tutti i giorni alla Stazione
di Bergamo. E sono molto legato ai monasteri di Clausura della nostra Diocesi perché la loro
preghiera è il sostegno più vero
e autentico che il nostro servizio
può avere. Quindi anche questa
preghiera silenziosa e nascosta
è parte integrante del servizio
della strada e del servizio ai poveri.
D) Don Fausto, perché una Scuola di psicoterapia sistemico – dialogica?
R) Anzitutto perché le fragilità
umane non sono sempre identiche e i nostri impulsi presentano
situazioni di fragilità che hanno
bisogno di una attenzione particolare e hanno bisogno di persone qualificate che sappiano ridare la fiducia e la sicurezza a
chi ne ha estremo bisogno (n.d.r.:
don Resmini è anche presidente
dell’Associazione Psicologia Psicoterapia “Il Conventino” diretta da don Giuseppe Belotti).
D) Lei è il responsabile del Servizio Esodo, una realtà difficile,
che opera ogni sera, ogni notte,
ormai da vent’anni nella zona
della Stazione, dove viene offerto un “posto caldo” a chi non
ha nulla ma dove avvengono anche fatti gravi, qualche volta gravissimi …
R) Stazione significa vita di strada. Una vita che porta rabbia
dentro le persone che vivono la
marginalità, e magari sono lì da
10 - 15 anni! Probabilmente questa rabbia, il fatto di non trovare una soluzione alla loro situazione, il dormire sulle panchine, non riuscire a trovare un posto letto, spinge qualcuno anche
a gesti di estrema violenza come, ad esempio, incendiare carrozze di un treno e quindi creare grossi problemi alla città.
D) Abbiamo avuto modo di leggere che il vostro operare si può
riassumere in un versetto dell’Esodo: “Ho visto la disgrazia
del mio popolo, ho ascoltato il
suo lamento ed ho preso a cuore la sua sofferenza. Sono venuto a liberarlo dalla schiavitù”
(Esodo, Cap 3,7-8)…
R) La mia vita di sacerdote, è
da 38 anni che lo sono, è sempre stata al servizio dei poveri e
degli emarginati, quello che lei
ha citato: Esodo Cap. 3.7-8 è il
programma del nostro Servizio,
sottolineando sempre che tutto
avviene con la piena collaborazione della Caritas e della Chiesa di Bergamo .
D) Il vostro operare così importante è difficile non sempre
è capito da tutti. Anche con chi
ha bisogno estremi, come chi
esce dal carcere, occorre evitare convivenze, scorciatoie …
Vuole parlarne?
R) Mi riferisco soprattutto a quei
reati di particolare allarme sociale che vengono un po’ cancellati, emarginati dalla nostra
gente. Mi sono posto il problema di chi ha concluso la sua pena e ha pagato, quindi di cosa
può fare questa persona, quale è
il posto, anche l’ultimo, che nella società deve occupare. La società questo pensiero non l’ha
ancora fatto. E’ urgente farlo perché non possiamo spingere queste persone a togliersi la vita o a
compiere atti di autolesionismo.
È urgente che, come comunità
cristiana, si affronti anche questo problema.
D) Don Fausto, lei ha avuto modo di sentire Bossetti che le “ha
chiesto di Dio”, vuole parlarci
di come la Misericordia e l’anno Giubilare, possono raggiungere la sua cella?
R) Questa espressione, l’incontro con lui l’ho avuto quando era
in isolamento. L’isolamento, quando si protrae per dei mesi, rischia
di far perdere il senso della realtà, capita a tutti. Quindi è comprensibile rivolgersi al Signore.
Anche in questo caso la vicinanza
del sacerdote è stata importante.
Il sacerdote è l’unica persona che
può entrare in cella e stare con
il recluso. Con il sacerdote è possibile riprendere un cammino,
sapendo che nessuna persona è
dimenticata da Dio.
Grazie don Fausto
Salvatore Tumolo
Vita parrocchiale - 11
Perdono
responsabilità. L’obbedienza oggi si sposa con il senso di responsabilità.
D) Quali sono le persone che
l’aiutano in questa Chiesa delle
periferie?
R) Ci sono molti volontari che io
chiamo della prima ora. Sono 26
anni che noi frequentiamo la stazione e i luoghi più dimenticati
della città di Bergamo, ci sono
degli adulti, dei nonni, dei genitori, studenti, volontari della comunità, delle religiose; c’è anche qualche sacerdote che quando è libero presta il suo servizio
alla Stazione.
D) Don Bepo Vavassori. Chi era,
cosa ha costruito e fondato per
i giovani, per gli ammalati, per
gli ultimi ?
R) Don Bepo, un grande sacerdote diocesano, è passato attraverso la parrocchia come parroco e come coadiutore. Dopo essere stato Direttore dell’Eco di
Bergamo, ha cominciato a raccogliere i primi ragazzi poveri
in Città Alta, alla casa di via Botta. Da lì poi è sceso in via Gavazzeni dove ha raccolto anche
i ragazzi rimasti soli dopo la seconda guerra mondiale. Ha voluto dare loro una istruzione, una
formazione al lavoro e soprattutto una educazione. Quando
parliamo di educazione intendiamo una educazione cristiana, dove i valori non sono secondari alle qualità di vita dei ragazzi, ma primari, cioè che illuminano la cultura, il servizio e
l’attività pratica.
D) Aiutando queste persone don
Bepo, e anche noi oggi, ci rendiamo conto che questo significa mettere in pratica le opere di
Misericordia, sulle quali il Santo Padre ha puntato lo sguardo
perchè sono dimenticate, perchè siano riesumate.
R) Io prendo coscienza ogni giorno di questo servizio che traduce le opere di Misericordia nella realtà bergamasca. Operiamo
nei luoghi abbandonati e un po’
dimenticati, nella solitudine di
tante persone. Dove però è possibile fare questo servizio perché
c’è una Chiesa che sostiene, accompagna, aiuta, rende realiz-
Perdono
5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 12
IL PERDONO GENERA VITA
N
el Vangelo la parola perdono è espressa con un vocabolo che deriva da un verbo che indica movimento: perdonare è muoversi, andare, è uscire. E’ mettere un vento nuovo nelle vele, è ripartire verso il futuro e poter vivere. E allo stesso tempo è “per-dono”, un dono grande, per chi lo riceve e per chi lo dona. Un dono che fa vivere.
Molte le testimonianze di perdono nella storia, e bellissime le parole usate per descriverlo. Basti pensare
al Miserere del grande re Davide, che confessa il suo peccato: “Pietà di me Signore, secondo la tua misericordia cancella il mio peccato” e il salmo diventa, verso dopo verso, un’esplosione della misericordia di
Dio e della sua azione salvifica. E misericordia è il nome più alto del perdono, non è debolezza, non è
buonismo. Ci vuole un cuore coraggioso per essere misericordiosi e perdonare, non accontentandosi della rivalsa, del castigo, del “a ciascuno il suo”, del “perché io per primo”. È l’alternativa cristiana. Una meraviglia ai nostri occhi.
Quando si profila un ad-Dio
S
e mi capitasse un giorno (e
potrebbe essere anche oggi) di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che
vivono in Algeria, vorrei che la
mia comunità, la mia Chiesa, la
mia famiglia si ricordassero che
la mia vita era donata a Dio e a
questo paese.
Che essi accettassero che l'unico
Padrone di ogni vita non
potrebbe essere estraneo a
questa dipartita brutale. Che
pregassero per me: come
potrei essere trovato degno
di tale offerta? Che sapessero associare questa morte a
tante altre ugualmente violente, lasciate nell'indifferenza dell'anonimato.
La mia vita non ha più valore di un’altra. Non ne ha
neanche meno. In ogni caso, non ha l'innocenza dell'infanzia. Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del
male che sembra, ahimè, prevalere nel mondo, e anche di quello
che potrebbe colpirmi alla cieca.
Venuto il momento, vorrei avere
quell'attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono
di Dio e quello dei miei fratelli in
umanità, e nel tempo stesso di
perdonare con tutto il cuore chi
mi avesse colpito. Non potrei auspicare una tale morte. Mi sembra importante dichiararlo (…).
So il disprezzo con il quale si è
arrivati a circondare gli algerini
globalmente presi. So anche le
caricature dell'islam che un certo islamismo incoraggia. È troppo facile mettersi a posto la co12 - Vita parrocchiale
scienza identificando questa via
religiosa con gli integralismi dei
suoi estremisti.
L'Algeria e l'islam, per me, sono
un'altra cosa; sono un corpo e
un'anima. L'ho proclamato abbastanza, credo, in base a quanto ne ho concretamente ricevuto,
ritrovandovi così spesso il filo conduttore del Vangelo imparato sulle ginocchia di mia madre, la mia
primissima Chiesa, proprio in Algeria e, già allora, nel rispetto dei
credenti musulmani. Evidentemente, la mia morte sembrerà dar
ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo o
da idealista: "Dica adesso quel
che ne pensa!". Ma costoro devono sapere che sarà finalmente
liberata la mia più lancinante curiosità. Ecco che potrò, se piace a
Dio, immergere il mio sguardo in
quello del Padre, per contemplare con lui i suoi figli dell'islam come lui li vede, totalmente illuminati dalla gloria di Cristo, frutti della sua passione, investiti del dono
dello Spirito, la cui gioia segreta
sarà sempre lo stabilire la comu-
nione e il ristabilire la somiglianza, giocando con le differenze.
Di questa vita perduta, totalmente mia, e totalmente loro, io rendo
grazie a Dio che sembra averla voluta tutta intera per quella gioia,
attraverso e nonostante tutto.
In questo grazie, in cui tutto è detto, ormai, della mia vita, includo
certamente voi, amici di ieri e di
oggi, e voi, amici di qui, accanto
a mia madre e a mio padre,
alle mie sorelle e ai miei fratelli, e ai loro, centuplo accordato come promesso!
E anche te, amico dell'ultimo minuto, che non avrai
saputo quel che facevi. Sì,
anche per te voglio questo
grazie e questo ad-Dio profilatosi con te. E che ci sia
dato di ritrovarci, ladroni
beati, in paradiso, se piace
a Dio, Padre nostro, di tutti e due.
Amen! Insc'Allah.
Padre Christian de Chergé
Algeri, 1º dicembre 1993
Tibhirine, 1º gennaio 1994
Nella notte tra il 26 e il 27 marzo del 1996, il Padre Priore del
monastero di Tibhirine in Algeria,
padre Christian de Chergé, viene rapito assieme a sei monaci .Il
21 maggio il «Gruppo Islamico
Armato» rivendica l’uccisione dei
religiosi ed il 30 maggio fa ritrovare le loro teste. I corpi non saranno mai ritrovati. Al racconto
della loro straordinaria testimonianza è dedicato il film “Uomini di Dio” (2010)
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Perdono
Una foto più eloquente delle parole:
Giovanni Paolo II incontra Ali Agca in carcere due anni dopo l’attentato subito in Piazza San Pietro il 13 maggio 1981.
“Fratello - disse il Santo Papa – io ti perdono”.
La Chiesa chiede perdono: memoria,
riconciliazione, conversione
I
l 12 marzo 2000, prima domenica di Quaresima del
Grande Giubileo, San Giovanni Paolo II ha celebrato l'Eucaristia e domandato perdono al
Signore per i peccati passati e presenti dei figli della Chiesa. “Come Successore di Pietro, chiedo
che in questo anno di misericordia la Chiesa, forte della santità
che riceve dal suo Signore, si inginocchi dinanzi a Dio ed implori
il perdono per i peccati passati e
presenti dei suoi figli. Tutti hanno
peccato e nessuno può dirsi giusto dinanzi a Dio (…). I cristiani
sono invitati a farsi carico, davanti
a Dio e agli uomini offesi dai loro comportamenti, delle mancanze
da loro commesse. Lo facciano
senza nulla chiedere in cambio,
forti solo dell’amore di Dio che è
stato riversato nei nostri cuori”.
La Chiesa quindi è capace di cantare il Magnificat per l’azione di
Dio in lei e il Miserere per i peccati dei cristiani che la rendono
bisognosa di purificazione, di penitenza e di rinnovamento.
Queste colpe si possono così riassumere: confessione dei peccati in generale (come già fece
Paolo VI), delle colpe nel servizio della verità, dei peccati che
hanno compromesso l'unità del
Corpo di Cristo; delle colpe nei
rapporti con Israele, delle colpe
commesse con comportamenti
contro l'amore, la pace, i diritti
dei popoli, il rispetto delle culture e delle religioni, dei peccati che
hanno ferito la dignità della donna e l'unità del genere umano, dei
peccati nel campo dei diritti fondamentali della persona.
Questa confessione non significa
semplificazione della complessità storica né giudizio su coloro
che ci hanno preceduto: il giudizio spetta solo a Dio. Inoltre i cristiani di oggi non pensano di essere migliori dei loro padri e per
questo nella confessione si indicano in modo chiaro alcune mancanze storiche, ma non si giudicano né si nominano i responsabili. La confessione dei peccati
storici dei cristiani non vuole operare solo una purificazione della
memoria: vuole essere anche un'occasione perché cambi la mentalità e perché emerga un insegnamento per il futuro, nella consapevolezza che i peccati del passato permangono come tentazione nell’oggi. La confessione dei
peccati favorisce il dialogo, la riconciliazione, la pace. (cfr. www.vatican.va)
Vita parrocchiale - 13
Perdono
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Perdonare vuol dire ricominciare a vivere
G
iuseppe Soffiantini, dopo
la sua liberazione, ha iniziato a parlare di perdono, un perdono cristiano. Lui stesso afferma: “Se si coltivano l’odio
e la vendetta si può anche rimanere sequestrati tutta la vita. Perdonare vuol dire venirne fuori, ricominciare a vivere”. Prosegue:
“Il rapimento mi ha dato possibilità di fare diverse riflessioni, sono stati mesi duri, nei quali l’aspetto psicologico è stato più che
determinante su ogni altro bisogno fisiologico. Persino sulle medicine, io sono cardiopatico e devo prendere tutti i giorni un anticoagulante, se non lo faccio, rischio di morire. Ma in quei mesi,
più importanti delle medicine è
stato il mio animo. Pensavo al Signore, dicevo: - Tu ci sei, dammi
la forza di uscirne, di andare avanti. Pensavo ai miei familiari, a mia
moglie Adele. Sarà viva? (…). La
fede in Gesù mi ha permesso di
rimanere sereno e stabile: questo
è stato il vero motivo che mi ha
permesso di galleggiare il sequestro e di non lasciarmi andare, di
non affondare. Tenevo i miei ra-
pitori psicologicamente sotto scacco, ero riuscito a dominarli quanto bastava per non essere ucciso.
Ma poi più volte ho rischiato di
morire, pensato di morire… ucciso, di freddo, di fame, per gli
animali, per il mio cuore che poteva cedere da un momento all’altro… riconosco che il Signore
Gesù Cristo mi ha tenuto sempre
per mano e non mi ha abbandonato mai”.
“Dicevo fra me e me: se do spazio all’odio sono finito, mi distruggo e distruggo la mia famiglia. L’odio è un sentimento montante, o lo si stronca all’inizio oppure arriva a un punto di non ritorno. L’odio non dà speranza”.
Giuseppe Soffiantini ha trovato
anche il coraggio di pubblicare a
sue spese alcune poesie giovanili del suo carceriere Giovanni Farina (quello che per convincere
la famiglia a pagare il riscatto gli
tagliò un orecchio). «Mi sembrava giusto dare una possibilità a
chi paga il suo errore con il carcere. Non sono Dio, non devo
perdonare nessuno. Mi limito a
non odiare».
Il sequestro Soffiantini è stato un
caso di rapimento avvenuto in
Italia nel 1997 del quale fu vittima l’imprenditore Giuseppe
Soffiantini di Manerbio, operante nell’ambito del settore tessile
bresciano. Il 17 giugno 1997 fu
prelevato dalla sua casa di Manerbio e rinchiuso in diversi covi
tra la Calvana e le campagne fra
Grosseto e Siena. Solo dopo molteplici eventi ed il taglio della
cartilagine delle due orecchie, è
stato rilasciato il 9 febbraio 1998,
dopo 237 giorni.
In fondo al buio c’è la luce di Dio
C
arlo Castagna, detto dai
giornali “papà Castagna”,
è marito padre e nonno di
tre delle quattro vittime della strage di Erba avvenuta l’11 dicembre 2006 e per la quale Rosa e
14 - Vita parrocchiale
Olindo Romano, vicini di appartamento, sono stati condannati a
vita. Uomo giusto – papà Castagna – che subito scagiona il genero tunisino dall’accusa di essere lui l’assassino. Che dice di voler perdonare, anzi di aver perdonato gli uccisori. Che ha il
cuore per leggere durante la celebrazione la prima lettura dal
libro della Sapienza: “Le anime dei giusti sono nelle mani
di Dio”. “E’ venuto il momento di perdonarli, l’odio non porta da nessuna parte” disse papà Carlo appena informato dell’arresto dei colpevoli. E a chi
si stupisce per la rapidità di quel
perdono: “Non capisco perché
la gente si meravigli, tradirei
mia moglie se non li perdonassi.
Occorre chiedere al Signore di
mettere una mano sulla loro testa. Io vivo la fede in questo modo“. Infine va detto che al perdono – come all’accettazione della
morte – ci si prepara con tutta la
vita. La dichiarazione dei figli di
Carlo, chiarissime sull’atteggiamento evangelico del papà, ci fa
certi che egli ha lungamente cercato di avere in sé i sentimenti di
Gesù. Intervistato da Avvenire il
10 dicembre 2007 – nel primo anniversario della strage – Carlo così descrive la serenità mostrata
nella tragedia: “Non è roba mia,
non viene da me. Viene da lassù:
mia moglie è una presenza viva
che mi fa compagnia ogni giorno. Fare memoria della sua figura di moglie, di madre, di donna
“N
5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 15
ce di Dio”. Nella stessa intervista
dà questa risposta a una domanda sul suo perdono “troppo” veloce: “Non voglio passare per un
marziano. Il perdono non cancella
il dolore, e neppure lo attenua.
Guardi che io non m’invento niente, cammino su strade battute da
altri prima di me. La disponibilità a perdonare nasce dall’educazione che ho ricevuto dai genitori, dai nonni, dai nostri vecchi:
gente che non aveva grande cultura, ma con una fede che scorreva nelle vene come il sangue
(…). Le prime vittime di questa
storia sono gli assassini, vittime di
un disegno diabolico che non li
lascerà in pace. Il perdono non è
frutto del buonismo, che prima o
poi finisce, né della mia bravura:
è un dono che Dio ci dà perché
la vita possa ricominciare”.
Le dichiarazioni virgolettate di
Carlo Castagna sono prese dal volume di Lucia Bellaspiga con Carlo Castagna, “Il perdono di Erba”,
Ancora 2009. (cfr. anche il blog
sul web di Luigi Accattoli).
Non avrete il mio odio
“N
on avrete il mio odio”.
E' il titolo di un post sul
profilo Facebook di Antonie Leiris, parigino: un giovane
uomo, un padre. Un vedovo. Da
quando dei terroristi, venerdì 13
novembre 2015, vi hanno fatto irruzione al teatro Bataclan e sparando all'impazzato hanno fatto
strage. Tra le 89 vittime c'era anche la compagna di Antoine, “l'amore della mia vita", la madre del
suo bambino di 17 mesi. Una lettera piena di dolore ma non di disperazione, perché nemmeno l'odio viene concesso alle "anime
morte”.
“Venerdì sera avete rubato la vita di un essere eccezionale, l'amore della mia vita, la madre di
mio figlio ma voi non avrete il mio
odio. Non so chi siete e non voglio saperlo, siete delle anime mor-
te. Se questo Dio per il quale voi
uccidete ciecamente ci ha fatto a
sua immagine, ogni proiettile nel
corpo di mia moglie sarà stata una
ferita nel suo cuore. Allora non vi
farò questo regalo di odiarvi. L’avete cercato tuttavia ma rispondere all'odio con la rabbia sarebbe cedere alla stessa ignoranza
che ha fatto di voi ciò che siete.
Voi volete che io abbia paura, che
guardi i miei concittadini con un
occhio diffidente, che sacrifichi
la mia libertà per la sicurezza.
Perso. Lo stesso giocatore gioca
ancora. L'ho vista stamattina. Infine, dopo notti e giorni d'attesa.
Era così bella come quando è uscita venerdì sera, così bella come
quando me ne sono innamorata
perdutamente più di 12 anni fa.
Naturalmente io sono devastato
dal dolore, vi concedo questa pic-
cola vittoria, ma sarà di breve durata. So che lei ci accompagnerà
ogni giorno e che ci ritroveremo
in quel paradiso delle anime libere a cui non avrete mai accesso.
Siamo due, io e mio figlio, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del
mondo. Non ho peraltro più tempo da dedicarvi, devo raggiungere Melvil che si risveglia dal suo
pisolino. Ha 17 mesi appena, mangerà la sua merenda come tutti i
giorni, poi andremo a giocare come tutti i giorni e per tutta la sua
vita questo piccolo ragazzo vi farà l'affronto di essere felice e libero. Perché no, non avrete nemmeno il suo odio”.
(tratto da Avvenire)
A cura di Elisabetta Corna
Vita parrocchiale - 15
Perdono
appassionata a Gesù e che si è
donata al prossimo senza risparmio, è una molla per continuare
a vivere con quella fede che lei
mi ha testimoniato in 36 anni di
matrimonio. Paola ha sempre affrontato la vita a viso aperto, anche quando aveva i contorni di
alcune gravi malattie che hanno
colpito la nostra famiglia, o delle
sofferenze che accompagnano l’esistenza. Mi ha insegnato che il
buio bisogna guardarlo in faccia,
per scoprire che in fondo al buio
c’è la verità delle cose, c’è la lu-
Perdono
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DA UNA VITA DI ECCESSI
ALL’INCONTRO CON CRISTO
La storia di Ania Goledzinowska
A
nia come era la tua vita
prima dell’incontro con
il Signore?
Sono nata in Polonia nel 1982:
mio padre morì quando avevo
dieci anni e da quel momento
mia madre entrò in una grande
depressione e cominciò a portare a casa degli uomini, uno dei
quali abusò di me e mia sorella.
Avevo solo tredici anni e già odiavo questa vita: odiavo mia madre perché c’era mio e padre perché non c’era. Odiavo tutti e desiderai di togliermi la vita, ma io
volevo realizzare i miei sogni e
cercavo di realizzarli ma in modo sbagliato. Non conoscevo ancora la strada che mi avrebbe
portato alla vera felicità.
Così sono cresciuta sulla strada
a Varsavia, i miei amici rubavano e spacciavano droga di cui
anche io facevo uso. A 16 anni
mi recai in Italia dove sono scappata e ho iniziato a lavorare come modella nel circuito della moda e della TV a Milano. Ho conosciuto un uomo molto ricco e
per un anno e mezzo ho vissuto
come in trance, in un mondo irreale di ricchezza, droghe, alcool e maschere. Ho avuto tutto
ciò che si può desiderare, a cominciare da una casa da sogno
fino all’aereo privato. Conoscevo tanta gente e assumevo tanta
droga da non sapere cosa avevo
fatto poche ore prima. Facevo
quello che volevo e avevo quello che volevo ma non ero felice
e mi sentivo morta dentro.
Quando è arrivata la svolta?
Più tardi ho conosciuto Paolo
Brosio, che nel 2009 si è convertito a Medjugorje e che pubblicamente testimonia la sua fede. Attraverso di lui mi sono potuta aprire a Dio e ho permesso
a Paolo di invitare un sacerdote
amico, dal quale mi sono confessata per la prima volta dopo
15 anni. Quando ebbi finito, il
sacerdote mi sorrise e mi prese
16 - Vita parrocchiale
la mano. “Diciamo insieme l’atto di dolore” mi sussurrò. Non
so perché ma improvvisamente
cominciai a piangere. Le lacrime
sgorgavano dai miei occhi come
a una fontana. Pregai con lui. E
dopo fui un’altra persona. Mi sentivo liberata da un peso, non so…
è difficile dirlo: stavo bene. Nel
2010 mi invitarono a partecipare a un viaggio a Medjugorje. All’inizio ero molto scettica, ma
dopo 5 giorni non volevo più ripartire. Mi hanno dato della pazza, ma io mi ero resa finalmente conto che in questo luogo Qualcosa esisteva e che nel mio cuore qualcosa stava cambiando. Alla fine della Via Crucis sono caduta in ginocchio e le labbra mi
si sono aperta quasi da sole e dalla mia bocca sono uscite due parole: “Vi perdono”. Nel pronunciarle, il mio cuore indurito sembrava sciogliersi. Ho iniziato a
piangere e ho pianto tutte le lacrime che non avevo più pianto
da anni. Mi sono sentita pian di
una pace e di una serenità indescrivibili. Solo perdonando prima
noi stessi e poi gli altri possiamo
iniziare una nuova vita. Sentii in
me una grande liberazione: da
quel momento sono rinata.
Cosa è successo quando sei tornata a Milano?
Ero una persona diversa. Partecipavo alle solite feste lussuriose, con degli amici sono stata a
Dubai, Monte Carlo e Sanremo,
ma mi sentivo nel posto sbagliato. Non ero felice perché era una
vita piena di maschere. Così ho
deciso di tornare a Medjugorje.
Di lì a poco avrei dovuto iniziare un lavoro molto importante a
Porto Cervo, ma ho scritto che
non mi sarei presentata. Durante quel periodo di vita ritirata con
la preghiera e il digiuno, ho udito una voce interna: “Ania, lascia tutto e seguimi!”. Allora sono tornata a Milano e ho venduto
tutto ciò che possedevo. Il mio
fidanzato mi ha compreso e mi
ha lasciato libera, i miei amici
invece hanno pensato che fossi
matta.
Come rileggi oggi la tua storia
così burrascosa?
Oggi non mi sento una vittima,
penso che la sofferenza che ho
vissuto non è stata solo un caso
o una sfortuna, ma qualcosa che
Dio ha permesso nella mia vita
per avvicinarmi di più a Gesù.
Penso che tutto ciò che è accaduto nella mia vita, doveva succedere perché oggi potessi dare
testimonianza che Dio esiste, che
Dio perdona tutto e che anche
noi possiamo perdonare tutto a
tutti.
Nel 2011 hai dato vita a “Cuori
puri-Italia” un’iniziativa per promuovere il valore della castità
in vista del matrimonio o di qualsiasi altra scelta vocazionale. Per
quale motivo hai deciso di dar
vita a questa associazione?
Perché la trasgressione più grande oggi è quella di non concedersi. Ormai il sesso è diventato
una cosa scontata, si concedono
tutti, tante volte senza conoscersi
nemmeno e invece è un atto, cosi bello, puro… È un atto d'amore!
Ci sono tanti ragazzi che come
me nella vita hanno fatto tanti
sbagli e magari pensano che non
si possa più tornare indietro, ma
la Madonna con la Confessione
può restituire un cuore nuovo e
quasi la stessa verginità e così
tanti ritrovano la luce con questo progetto, capiscono che possono di nuovo sentirsi puri e cambiare vita.
Dal 2013 Ania è sposata con Michele. Per conoscere la sua straordinaria storia consigliamo la sua
autobiografia: “Salvata dall’inferno” (Sugarco 2013).
Andrea Lavelli
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S
iamo oramai entrati nel
vivo del giubileo straordinario della misericordia, iniziato l’8 dicembre, quando papa Francesco ha aperto la
Porta santa della basilica di San
Pietro in Vaticano. Per tutti, questo è un anno ricco di occasioni e di opportunità, che vanno
sfruttate con dovizia! Stiamo infatti attraversando un tempo speciale: con particolare sollecitudine, la Chiesa ci chiede di accostarci al Signore con umiltà,
portandogli tutto ciò che inquina i nostri cuori... affinché Lui
possa liberarci dal peccato: il suo
perdono per noi non verrà mai
meno.
Quanto stiamo gustando questo
tempo propizio? Sentiamo il bisogno del perdono di Dio, oppure ci risulta indifferente? E come lo concepiamo, il perdono
di Dio? Siamo realmente convinti che la sua misericordia non
abbia limiti? Che possa arrivare
dovunque, in qualsiasi caso?
Numerose opere letterarie possono aiutarci a riflettere sul perdono e sulla misericordia, tematiche di fondamentale importanza nella vita di un cristiano. Una di queste opere è sicuramente la Divina Commedia di
Dante Alighieri, scritta, ad opinione dei critici, tra il 1304 e il
1321. L’autore fiorentino, uno
dei più celebri nella tradizione
letteraria della nostra penisola,
dedica infatti una cantica intera, quella del Purgatorio, a quelle anime perdonate da Dio che,
non essendo ancora pronte ad
accedere al Paradiso, trascorrono sul celebre “monte del Purgatorio” un periodo di espiazione e purificazione spirituale, in
attesa della gioia piena a cui sono già predestinati: quella della
salvezza.
Lungo la narrazione, Dante compie alcune scelte sorprendenti,
collocando nel purgatorio alcuni personaggi storici che, secondo
le logiche umane, dovrebbero
trovarsi nell’inferno. Ma le logiche divine prevaricano quelle
terrene, le scardinano fin dalle
fondamenta, ed il perdono del
Signore arriva anche là dove non
penseremmo.
Prendiamo in considerazione
uno di questi personaggi, il più
emblematico, che figura nel canto III. Lo troviamo ai piedi del
monte, nell’Antipurgatorio. In
questa fase Dante, sempre accompagnato da Virgilio, si avvia
ad iniziare la salita verso il Paradiso.
I primi personaggi che vengono
incontrati nei vari regni (quelli
in cui sono ambientate le tre cantiche) assumono particolare importanza, come già è successo
per Francesca nell’Inferno, e come accadrà per Piccarda nel paradiso. Ed il primo incontro con
un’anima del purgatorio è sorprendente, forse proprio perché
era l’ultimo che ci si poteva aspettare!
Nel canto III, il poeta fiorentino
incontra Manfredi di Svevia, figlio di Federico II. Alla morte del
padre, nel 1250, Manfredi assunse la reggenza del regno di
Sicilia per conto del fratello. In
seguito, nel 1258, lui stesso fu
incoronato re di Sicilia, e seguì
una politica del tutto in linea con
le ambizioni del padre. Cercò
infatti di radunare le forze ghibelline della penisola per poterla conquistare ed aprire così una
rinvigorita stagione imperiale.
Sostenuto da queste forze filoimperiali, il re di Sicilia governava un regno avverso alla
Chiesa: era infatti ritenuto un
usurpatore e venne più volte scomunicato. I suoi progetti crollarono definitivamente nel 1266,
quando venne sconfitto e ucci-
Vita parrocchiale - 17
Perdono
PERDONO E LETTERATURA:
LA MISERICORDIA NELLA DIVINA COMMEDIA
Perdono
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so a Benevento dal conte francese Carlo I d’Angiò, a cui papa Urbano IV chiese supporto.
La scelta di Dante è sorprendente, in quanto Manfredi morì scomunicato: questo vuol dire che
tutti pensavano che l’acerrimo
nemico della Chiesa fosse destinato all’Inferno. La scomunica
comportava necessariamente la
dannazione, secondo la mentalità del tempo. Invece, ecco che
Dante ci mostra Manfredi nel purgatorio: sebbene debba espiare
le proprie colpe, Dio lo ha perdonato. Secondo Dante, il perdono del Signore ha abbracciato
uno dei peccatori più compromessi. Come giustifichiamo questa scelta?
Il re del regno di Sicilia, sul cam-
re: è questo il più profondo nucleo tematico del Purgatorio, che
verrà sviluppato in vari modi nei
canti successivi.
po di battaglia presso Benevento, già trafitto e morente, trovò la
forza di avere l’unica cosa che è
richiesta alla salvezza: la conversione di un cuore pentito. Non
importa se per tutta la vita si è stati peccatori: Dio è disposto a salvare chiunque si penta con sincerità di cuore, anche se questo
gesto avviene nell’ultimo, breve
istante di vita. La salvezza è veicolata dalla conversione del cuo-
Con queste parole, Manfredi attesta la propria conversione. Quelle braccia così grandi non possono che richiamare alla mente
la parabola del figliol prodigo, finemente delineata: sono le braccia di un padre raggiante che accoglie calorosamente un figlio
pentitosi per i suoi errori.
In ogni caso, la conversione di
Manfredi non è una scelta arbitraria di Dante: ci sono infatti due
18 - Vita parrocchiale
“Poscia ch’io ebbi rotta la persona
Di due punte mortali, io mi rendei,
piangendo, a quei che volentier
perdona.
Orribili furon li peccati miei;
ma la bontà infinita ha sì gran braccia,
che prende ciò che si rivolge a lei.”
(Divina Commedia, Purgatorio,
canto III; vv.118-123)
“Dopo che io ebbi trafitto il corpo
da due ferite mortali, io mi affidai,
piangendo, a Colui che perdona
volentieri.
I miei peccati furono orribili,
ma la infinita bontà ha braccia
così grandi,
che accoglie ciò che si rivolge a lei.”
attestazioni che la confermerebbero, una di carattere letterario
ed una di carattere cronachistico. Nel primo caso, si tratta della prefazione ad una traduzione
di un’operetta araba sull’immortalità dell’anima (il “Liber de pomo sive de morte Aristotelis”) effettuata da Manfredi stesso, che
testimonia la incondizionata fiducia nella misericordia di Dio.
Il secondo caso riguarda invece
un racconto delle parole del re
morente, raccolte da uno dei suoi
baroni. Vi era dunque una tradizione orale di cui si trova traccia
nell’“Imago mundi” di fra Iacopo d’Acqui, un cronachista del
XIII secolo.
Manfredi è solo uno tra i tanti
“pentiti dell’ultima ora” presenti
nel Purgatorio. Altri significativi
se ne trovano nel canto V, tra i
morti di morte violenta, assassinati durante la loro gioventù e
quindi privati di tempo utile per
un cambiamento interiore. Anche in questo caso, Dio li salva
per la loro sincera conversione
del cuore. Si tratta di una dinamica che Dante accoglie direttamente dal Vangelo di Luca: Gesù non promise forse la salvezza
al buon ladrone, salvato grazie
alle sue ultime parole?
Ben lontano dal voler consigliare di cedere deliberatamente al
peccato perché “tanto per salvarsi
c’è sempre tempo” (trascorrere
una vita peccaminosa prevedendo una propria conversione in
punto di morte sarebbe non solo
rischioso, perché la morte può
coglierci in ogni momento, ma
anche controproducente ai fini
del perdono da ricevere, vista la
diabolica macchinazione che sottende ad un tale ragionamento),
il poeta fiorentino vuole esaltare
l’amore sconfinato del Signore,
che si risolve in una capacità di
perdono davanti alla quale non
resta che meravigliarsi. La misericordia può raggiungere chiunque si pente. Guai quindi a porle dei freni! Ci ritroveremmo così dalla parte del fratello del figliol prodigo, che non accetta il
pentimento di un cuore ferito…
Andrea Vecchi
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Una storia vera
REGIA: David Lynch
ANNO: 1999
Si basa su un fatto realmente accaduto e racconta la storia di Alvin Straight, un contadino dell'Iowa che nel 1994, a 73 anni
di età, intraprese un lungo viaggio a bordo di un trattorino rasaerba per andare a trovare il fratello reduce da un infarto. Straight
coprì in 6 settimane la distanza
di 240 miglia (386 chilometri circa), viaggiando a 5 miglia all'ora (8 km/h).
È stato presentato in concorso al
52º Festival di Cannes.
L’isola
REGIA: Pavel Longuine
ANNO: 2013
1942. Mentre infuria la Seconda Guerra Mondiale, un rimorchiatore sovietico viene bloccato e assaltato dalla marina tedesca a largo del Mar Bianco. Un
marinaio molto giovane, preso
dal panico, esegue l'ordine impartitogli da un ufficiale nazista
e uccide un altro marinaio credendo di salvarsi così la vita. Subito dopo, però, una violenta
esplosione fa affondare il rimorchiatore e soltanto pochi marinai riescono a salvarsi. Più di
trenta anni dopo, nel 1976, i superstiti di quel naufragio tornano nel Mar Bianco, in una piccola isola, per chiedere l'aiuto
di Anatolij, un misterioso e anziano monaco che, si dice, sia
in grado di operare miracolose
guarigioni.
La leggenda del re pescatore
REGIA: Terry Gilliam
ANNO: 1991
Jack Lucas è il più celebre deejay radiofonico. Un giorno, rispondendo alla telefonata di un
uomo che possiede una vita personale molto solitaria, con la sua
invettiva contro lo stile di vita
yuppie, lo spinge a compiere una
strage in un locale della città per
poi togliersi la vita.
Jack, devastato dal rimorso, cambia vita. Una sera, dopo aver litigato con una donna ed essersi
ubriacato, decide di togliersi la
vita: qui compare Parry, un bar-
bone che lo salva.
Jack, inizialmente, non vuole
avere nulla a che fare con Parry,
il cui vero nome è Henry Sagan,
un eminente professore universitario la cui moglie è stata uccisa sotto i suoi occhi durante la
strage di cui Jack si sente colpevole. Quest'ultimo, quindi, decide di aiutarlo per liberarsi dal
suo rimorso.
Le cronache di Narnia:
il leone, la strega e l’armadio
REGIA: Andrew Adamson
ANNO: 2005
Londra, durante la seconda guerra mondiale. Lucy, Susan, Edmund e Peter Pevensie sono quattro fratelli che vengono allontanati dalla città per essere allontanati dalla guerra. Trovano un
armadio che li conduce nel Regno di Narnia. Edmund tradisce
i fratelli consegnandoli alla strega. Solo l’intervento del leone
Arslan convincerà i fratelli a perdonarsi.
Bibliografia
Senza Sangue
AUTORE: Alessandro Baricco
ANNO: 2002
Il romanzo, diviso in due parti
chiamate "Uno" e "Due", è incentrato sulla figura di Nina, figlia del proprietario della fattoria di Mato Rujo.
La prima parte si svolge nella
vecchia fattoria, dove Nina, ancora bambina, è protagonista
passiva di ciò che le accade attorno, costretta ad assistere nascosta ed impotente all'assassinio del padre Manuel Roca e del
fratello da parte di un commando in cerca di vendetta. Scampa all'eccidio grazie ad una botola dove il padre le aveva detto di nascondersi, dentro la quale rimane rannicchiata.
Nella seconda parte Nina, in età
matura, ritrova Tito, uno di componenti di quell'efferato delitto
a cui anni prima aveva assistito.
Lui viene invitato da lei in un
caffè a ricordare il passato fino
a giungere all'episodio che aveva profondamente segnato la vita di entrambi.
Stabat Mater
AUTORE: Tiziano Scarpa
ANNO: 2008 (premio strega
2009)
Una ragazza orfana alla ricerca
della madre e di se stessa. La musica di don Antonio Vivaldi e l’arte del vivere. La testa piena di
serpenti della morte. Sono i personaggi di questo romanzo. C’è
un perdono da dare e una vita
da iniziare. Solo perdonando la
madre ignota la ragazza potrà
iniziare a vivere e abbandonare
la morte che le fa compagnia.
Cose che nessuno sa
AUTORE: Alessandro D’Avenia
ANNO: 2011
Margherita è una ragazza di quattordici anni che vive insieme al
fratello Andrea e con i due genitori. Un giorno, tornata a casa, nota il lampeggiare della segreteria telefonica. Ci sono due
messaggi e il secondo di questi
è di suo padre che le dice che
non tornerà più, per ragioni a lei
sconosciute.
Il primo anno di liceo comincia
e Margherita fa nuove amicizie:
Inoltre le dà un aiuto molto importante la saggia nonna Teresa,
con le sue frasi piene di riflessioni. Il professore di lettere, un
nuovo supplente, invita la sua
classe alla lettura dell'Odissea,
un libro che la aiuterà nelle sue
scelte per andare avanti...
La lettera scarlatta
AUTORE: Nathaniel Hawthorne
ANNO: 1850
Ambientato nella Nuova Inghilterra puritana e retrograda del
XVII secolo, il romanzo racconta la storia di Hester Prynne che,
dopo aver commesso adulterio,
ha una figlia di cui si rifiuta di rivelare il padre, lottando per crearsi una nuova vita di pentimento
e dignità. Nell'insieme Hawthorne esplora i temi della grazia, della legalità e della colpa.
Don Carlo
Vita parrocchiale - 19
Perdono
IL PERDONO: FILM E LIBRI A TEMA
Vita parrocchiale
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erdonare non è facile, forse l’abbiamo sperimentato un po' tutti, però qualcuno c’è riuscito...
Ecco pertanto alcuni titoli di romanzi e di saggi che possono
aiutarci a riflettere, a confrontarci con altri e a capire la forza
di questo grande dono.
P
Un altro mondo, Carla Vangelista, Feltrinelli
Andrea conduce una vita ai limiti dell'insignificanza e del torpore morale insieme alla compagna Livia. Poi arriva una lettera: il padre, sparito in Kenya
moltissimi anni prima, sta morendo. C'è ancora il tempo per
accomiatarsi da lui come un vero figlio. Il padre è in ospedale
e Andrea fa appena in tempo a
sentirne la stretta della mano.
Andrea sta per tornare in Italia
quando gli viene presentato suo
fratello, il figlio che il padre ha
avuto da una donna keniota…
Gli angeli non hanno coda, Laura Tangorra, Mondadori
Matteo ha diciassette anni e, dopo un’infanzia segnata da un dolore più grande di lui… Ma nascosta nel passato di Matteo c'è
una verità che lui non conosce
perché nessuno ha trovato il coraggio di rivelargliela. Sarà un
uomo incontrato per caso, in apparenza sconosciuto, a svelare
al ragazzo il segreto delle sue
origini. Un segreto che porta con
sé un'inestinguibile speranza.
Perdonabile, imperdonabile,
Tong Cuong, Ed. Salani
In un pomeriggio d’estate, Milo,
dodici anni, corre con la sua bici lungo una strada di campagna. Una discesa ripida, una curva e il ragazzo cade. Il destino
non fa sconti, quando si tratta di
mettere le persone di fronte a se
stesse; l’imprevisto squarcia i legami familiari, ribalta le convenzioni che nel tempo hanno
intrappolato, soffocato i sentimenti, rendendo l’amore un concetto astratto, vuoto.
Il testimone bambino, Simon Tolkien, Piemme
È passato un anno da quando la
madre è stata uccisa, ma il sedicenne Thomas Robinson non riesce a dimenticare. Perché quella notte lui c'era. Nascosto dietro una libreria, ha visto e sentito tutto: gli assassini, gli spari, il
20 - Vita parrocchiale
sangue. E non riesce a dimenticare perché lui in quell'antica
dimora sulla costa del Suffolk, la
Casa dei Quattro Venti, continua
a viverci. Da solo. Il padre, noto e influente uomo politico, lo
ha abbandonato a se stesso.
Chi ai romanzi preferisce i saggi, può leggere:
Ricordare, dimenticare, perdonare: l'enigma del passato, Paul
Ricoeur, Ed. Il Mulino
Esiste un’autentica fedeltà al passato? È illusorio credere che i nostri ricordi restino immutati nel
tempo: per evitare la falsificazione della memoria occorre
un’istanza etica che stringa un
nuovo rapporto fra passato, presente e futuro, in cui vi sia posto anche per il perdono. Ricoeur propugna una cultura del
perdono in cui il passato gravato dalla colpa non viene cancellato o rimosso ma alleviato
mediante il riconoscimento del
ricordo dell’Altro.
Dono e perdono, Enzo Bianchi,
Einaudi
Donare è spontaneità e gratuità.
La danza del dono non prevede
contraccambio. «Io do perché tu
dia agli altri». E il perdono è la
via difficile di chi, senza dimenticare, nel dolore e nella discrezione, cambia se stesso. Perdonare è donare totalmente.
Perdonare e dimenticare, Smedes Lewis, Ed. Tea
Perché perdonare? Chi può essere perdonato? Come si fa? Una
guida appassionata e utilissima
che insegna a perdonare anche
quando, apparentemente, c'è
spazio solo per rabbia e odio.
"Perdonare" di C. Regalia e G.
Paleari, Ed. Il Mulino
È giusto perdonare? Quanto può
far bene alla vittima? Esiste perdono senza riconciliazione? Più
semplice con se stessi o dopo
un'offesa ricevuta, più complesso tra gruppi politici e religiosi,
il perdono richiede tempo e fatica, ma è necessario per non dimenticare. Il perdono si prospetta
come via alternativa alla vendetta o alla fuga.
Sul perdono. Come si può perdonare l'imperdonabile, Holloway Richerd, Ponte alle Grazie
Perché perdonare? Perché è l’u-
nico modo per non sentire più il
peso del passato e aprirsi al futuro, perché il bisogno di giustizia non si può risolvere nel computo esatto della pena come equivalente del danno, perché nel
perdono si nasconde un mistero, che è lo stesso mistero dell’accettazione incondizionata
della vita. Perché nella storia dell’umanità, non solo in quella degli individui, il perdono può rompere la catena della violenza e
della vendetta.
A questo punto, però, qualcuno
si chiede: ma...si deve, si può
perdonare TUTTO?
Riusciranno gli Ebrei, gli Armeni e quanti altri hanno subito inenarrabili persecuzioni, a perdonare ai loro aguzzini? Riusciranno i Francesi e quanti altri
hanno vissuto l'orrore di atti terroristici, a perdonare all'ISIS? Il
perdono ha dei limiti?
Simon Wiesenthal, “il cacciatore di nazisti”, internato nel 1942
nel campo di concentramento
di Leopoli, un giorno fu mandato a lavorare coi suoi compagni
presso l'ospedale. Avvicinato da
un'infermiera, fu portato da questa, di nascosto, al capezzale di
una giovane S.S. che, saltata su
una granata, aveva ormai pochi
giorni di vita: presa dai rimorsi,
gli chiedeva di perdonarla a nome del popolo ebreo; solo così
sarebbe morta in pace.
Wiesenthal negò quel perdono.
Ma gli rimase dentro un dubbio
che non lo abbandonò più. A
guerra finita, ogni tanto il pensiero tornava a quel moribondo... Finchè un giorno si decise
e scrisse “Il girasole” (Ed. Garzanti) per far conoscere quell'epsodio e ne mandò una copia
a un gran numero di intellettuali
di tutto il mondo, chiedendo se
aveva fatto bene o no a rifiutare
quel perdono e cosa avrebbero
fatto loro al suo posto. Risposero in molti, una cinquantina, e
così il libro divenne dibattito,
con argomentazioni pro e contro quella scelta; un libro che
sembra sfidare anche tutti noi a
prendere posizione su questa impegnativa domanda.
Buona lettura!
Luigina Clivio
Te
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Terra di mezzo - S. Vincenzo - Centro di ascolto
D
urante l’Avvento alcuni
ragazzi della Terra di mezzo con i loro catechisti,
hanno potuto fare un’esperienza semplice ma simpatica
insieme a due gruppi parrocchiali che operano nell’ambito della
carità: il Centro di primo ascolto
che si occupa di persone in difficoltà e il gruppo S. Vincenzo che
si prende a cuore gli anziani e le
loro solitudini. Questa iniziativa
comune ha voluto essere un semplice segno di collaborazione e
di unità nella Chiesa proprio in
vista del giubileo della Misericordia e dello sguardo particolare che quest’anno la nostra diocesi ha per la carità.
I ragazzi sono stati invitati ad una
serata nella quale dopo una breve spiegazione delle motivazioni
e delle attività di ogni gruppo, si
sono dedicati al confezionamento di alcuni regali e dei biglietti di
auguri natalizi per le persone anziane del nostro paese e delle case di riposo, delle quali si prende
cura con tanto amore e attenzione il gruppo S. Vincenzo.
Ma ancora più coinvolgente è stata l’opportunità data ai ragazzi di
portare questi pensieri insieme a
don Paolo e ad alcune persone
della S. Vincenzo e del Centro di
ascolto agli anziani presenti nella casa di riposo di Scanzo.
La presenza dei ragazzi ha portato una ventata di freschezza e di
gioia nella casa di riposo che non
troppo spesso vede passare nei
corridoi un gruppetto così assortito di sorrisi pronti ad essere regalati senza riserve ed è stato per
tutti una lieta sorpresa.
Credo che per i nostri ragazzi figli degli sms e dei computer, sia
sempre più difficile saper cogliere le tante storie nascoste dietro
a sguardi di solitudine, di dolore,
ma anche pieni di profondità
e di serenità che ci raccontano
di vite piene di esperienze
e di amore dato e ricevuto.
Incontrare lo sguardo dell’altro è
incontrare la sua vita e riconoscere la nostra umanità.
E' veramente incredibile come
sia importante un gesto così
semplice come uno scambio
di sguardi.
Alcuni ragazzi della Terra di mezzo, hanno voluto condividere con
tutti l’esperienza che hanno vissuto e hanno scritto questi semplici ma profondi pensieri:
“Ciò che mi ha colpito molto è
che siamo riusciti a trasmettere la
felicità agli anziani con un semplice regalo quindi possiamo dire che abbiamo condiviso tanto
con un piccolo gesto. E stato molto interessante ascoltare le testimonianze che ci hanno raccontato perché ci hanno fatto
capire la nostra fortuna. Mi dispiace veramente per chi non
è potuto venire perché s’è perso un’esperienza costruttiva.”
Sara – cammino di Terra di mezzo
“Io e altri ragazzi della Terra di
mezzo, siamo andati alla casa di
riposo di Scanzorosciate con don
Paolo e alcune volontarie a portare agli anziani di Villa di Serio
un piccolo regalo che avevamo
preparato una sera insieme. Siamo stati molto contenti di vedere come erano felici di vederci e
volevano sapere chi eravamo e
chi erano i nostri parenti.”
Luca – cammino di Terra di mezzo
“È stata proprio una bella esperienza per noi ragazzi di Terra di
Mezzo, in occasione del S. Nata-
le preparare e portare dei doni
agli anziani ospiti nella casa
di riposo di Scanzo…
È così che noi ragazzi di terza media e prima superiore, accogliendo una proposta del Centro di Primo Ascolto e della San Vincenzo, abbiamo manifestato la nostra
vicinanza a questi nonni speciali, insieme ai nostri catechisti ed
ai sacerdoti.”
“Ci siamo prima ritrovati alla Casa della Comunità per preparare
insieme dei piccoli pacchi regalo che qualche giorno dopo abbiamo portato di persona agli anziani. È stato proprio bello vedere come questo piccolo gesto abbia riempito il cuore di questi simpatici vecchietti che ci hanno ricambiato con i loro racconti, i loro sorrisi e i loro abbracci.”
“…Quando eravamo più piccoli
erano loro a raccontarci di Gesù
Bambino e dei suoi doni. Con questo gesto abbiamo cercato di ringraziarli e di contraccambiare donando a loro un pizzico di felicità…”
Davide -Cammino di Terra di Mezzo
A conclusione vogliamo esprimere
la speranza di essere riusciti ad
accorciare, anche solo di poco,
le distanze che a volte si creano
tra anziani e nuove generazioni,
tra chi soffre e chi sta bene, tra le
tante umanità che faticano ad incontrarsi e vogliamo rivolgere a
tutti un invito perché i gesti di
solidarietà si possano moltiplicare e possano rendere la nostra
comunità, il nostro paese, il mondo, più umano e più bello. Un
grazie a tutti.
Loredana
Vita parrocchiale - 21
Vita parrocchiale
INSIEME PER ESSERE SOLIDALI
Vita parrocchiale
5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 22
Riparte la convenzione
Parrocchia e Comune
U
na delle domande più
frequenti che in questo
anno noi del Centro di
Ascolto Parrocchiale ci siamo
sentiti rivolgere è stata: perché
una convenzione con i servizi sociali?
La nostra risposta parte sempre
dal cuore del vangelo che ci invita a vivere concretamente l’amore per il prossimo e a metterci accanto alle persone in difficoltà e ai poveri per ascoltarli e
accompagnarli verso possibili soluzioni.
Il nostro primo impegno è quindi quello dell’ascolto ma in questi tempi dove il lavoro viene a
mancare, già da parecchi anni abbiamo cercato di concretizzare la
nostra accoglienza creando dei
piccoli progetti lavorativi per rimettere in gioco le risorse della
persona e ridarle speranza nel
futuro.
Se pur le motivazioni che ci spingono verso gli altri sono diverse,
anche i servizi sociali sono impegnati nel rimuovere e superare
le situazioni di bisogno delle persone che abitano la nostra comunità e questo ci ha portato nel-
lo scorso anno, a sederci insieme
intorno ad un tavolo di lavoro condividendo disponibilità finanziarie, esperienza e competenza per
cercare di dare delle risposte comuni e più efficaci alle persone
in difficoltà, realizzando piccoli
progetti lavorativi e azioni di sostegno.
Si è trattato di mettere in atto un
lavoro attento e delicato che ha
richiesto una prima fase di confronto per delineare finalità e modalità operative, una successiva
fase di condivisione dei reali bisogni e delle risorse del territorio
ciascuno dal proprio punto di osservazione e di una fase finale dove sono stati concretizzati i progetti con i quali hanno trovato occupazione ben otto persone per
un periodo di circa sei mesi, inserendole in altrettante strutture
lavorative privilegiando enti e cooperative che operano sul territorio. Abbiamo anche sostenuto
la retta di un percorso di formazione per una giovane ragazza
con l’intento di darle un’opportunità per un inserimento lavorativo futuro.
Se anche sappiamo di avere an-
cora parecchio margine per migliorare il nostro modo di lavorare in rete, siamo anche convinti
che questa collaborazione è stata buona sia per l’efficacia dei
progetti realizzati sia per il metodo di lavoro che ha richiesto a tutti una grande disponibilità e apertura ed è stata la dimostrazione
che lavorare insieme è possibile
pur mantenendo ciascuno la propria identità.
Con questa certezza e con tanto
desiderio di riuscire ad arrivare a
tutte le persone in difficoltà del
nostro paese, stiamo ripartendo
quest’anno insieme all’assistente
sociale ancora più pieni di entusiasmo, con una nuova convenzione e con tanti nuovi progetti e
idee per renderla più efficace.
Chiediamo a tutta la comunità di
aiutarci segnalandoci persone in
difficoltà ma anche ditte o enti dove sia possibile inserire delle postazioni di lavoro.
Non lasciamo sole le persone nel
bisogno.
Per il Centro di Ascolto
Loredana
Offerta di lavoro
La Parrocchia dà incarico al Centro di Ascolto Parrocchiale per la ricerca di una signora che abbia disponibilità
di due/tre ore settimanali a partire da maggio 2016 per un aiuto nelle pulizie nell’ambito della parrocchia per
mesi 6+6 (resta escluso il mese di agosto).
- L'attività è articolata su due/tre giorni settimanali da 1 ora
- Il lavoro sarà retribuito con voucher
- Si richiede disponibilità alla mattina anche festivi e flessibilità.
- Per poter presentare domanda è necessario essere residenti a Villa di Serio e non avere ricevuto aiuti dalla
Parrocchia o da enti del territorio.
Alla domanda dovrà essere allegato:
- Isee;
- breve curriculum;
- autocertificazione residenza;
La disponibilità al lavoro e la documentazione richiesta dovrà essere presentata entro il 30 MARZO e potrà
essere recapitata nei seguenti modi:
- lasciata nella cassetta postale della Casa della Comunità in via Locatelli (cancello accanto alla Chiesa
Parrocchiale) ;
- consegnata agli operatori del Centro di Ascolto presso la casa della comunità negli orari di apertura – mercoledì
16,30-18,30 e sabato 10,00-12,00;
- consegnata presso la segreteria dell’oratorio.
I candidati se selezionati verranno contattati dagli incaricati.
Per la scelta si cercherà di tener conto della situazione economica e famigliare.
22 - Vita parrocchiale
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Vita parrocchiale
Famiglie in Festa
Anniversari di matrimonio, 17 Gennaio
Fotografie di Photo Art di Pegurri
Vita parrocchiale - 23
Vita parrocchiale
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Giornata per la
Vita 2016
“L
a compassione per i genitori è un sentimento
che ogni medico dovrebbe avere. L’uomo che riesce
ad annunciare a dei genitori che
il loro bambino è gravemente malato senza sentire il cuore schiantarsi al pensiero del dolore che li
assalirà, non è degno del suo mestiere. Non è commettendo un crimine che si protegge qualcuno da
una disgrazia. E uccidere un bambino è semplicemente omicidio.
Non si dà sollievo al dolore di un
essere umano uccidendone un altro. Quando la medicina perde
tale consapevolezza, non è più
medicina.”
(Jerome Lejeune, scopritore della
causa della Sindrome di Down)
Domenica 31 gennaio per la nostra parrocchia è stata la “Giornata per la Vita”, anticipata di una
settimana rispetto alla data effettiva a causa della coincidenza con
la festa del Carnevale.
Il tutto è iniziato alle 15.00, al
Santuario, dove ha avuto luogo
un momento di preghiera e di riflessione insieme, quest’anno ani-
24 - Vita parrocchiale
mato dal gruppo CVS della nostra
parrocchia, e pensato appositamente per le famiglie e i ragazzi.
A guidarlo è stato ancora una volta don Carlo, che lo ha proposto
in una veste molto semplice e diretta. Veramente toccante ed emozionante è stato il momento in
cui, durante la preghiera, due
mamme hanno letto altrettante testimonianze di famiglie con figli con problemi di disabilità.
Le riportiamo per intero qui di
seguito.
Prima testimonianza:
“E’ molto difficile per dei genitori riuscire ad esprimere i vari sentimenti e le varie sensazioni che
si provano nel corso del tempo
quando si cresce e si vive con un
figlio che presenta “difficoltà” e
“problemi” che i figli di altri invece non hanno.
Il sentimento forse più negativo
che inizialmente ci ha pervaso è
stata la mancanza di un senso in
tutto ciò: Perché lui è così ? Come mai ci è capitato questo ?
Tutte domande che non appro-
La misericordia
fa fiorire la vita
arlare del valore della vita potrebbe sembrare ovvio, scontato.
Ma è importante anche quel rispetto che si deve alla vita dell'uomo prima che questo venga alla luce. Madre
Teresa diceva: “Se una madre può uccidere il suo stesso figlio nel suo stesso
grembo, distruggere la carne della sua
carne, vita della sua vita e frutto del suo
amore, perché ci sorprendiamo della violenza e del terrorismo che si sparge intorno a noi?”. La vita ha inizio nel momento del concepimento, non, come vorrebbero farci credere teorie scientifiche
e biologiche, dopo il terzo mese di gestazione o addirittura dopo la nascita. È
importante quindi riconoscere la dignità dell'individuo dal suo concepimento
fino alla sua morte naturale. Ma rispetto della vita non è solo questo: nel nostro mondo oggi sono in atto numerosi
attentati alla vita umana. È attentato alla
vita il terrorismo, così come lasciar morire i profughi e restare indifferenti, è attentato alla vita la fame nel mondo, l'eutanasia… l'elenco è veramente infinito.
Come tutti gli anni, anche quest'anno
nel nostro paese si è celebrata la Giornata per la Vita. Il tema scelto per quest'anno è “La misericordia fa fiorire la vita”, in occasione del Giubileo straordinario della Misericordia indetto da Papa Francesco. Noi catechiste di seconda elementare e di seconda media abbiamo deciso di far realizzare, nella settimana dal 18 al 24 gennaio, un lavoretto ai ragazzi delle elementari con l'aiuto dei ragazzi delle medie. I primi hanno scritto su una pergamena dei pensieri dedicati alla vita, mentre i secondi hanno confezionato dei fiori di cartacrespa.
Nel realizzare questo lavoretto i ragazzi hanno lavorato due a due, grande e
piccolo, in stretta collaborazione e cercando di aiutarsi reciprocamente nello
svolgimento del loro compito, prestandosi biro, pastelli, colla… ma anche scambiandosi consigli. Questo lavoretto è stato poi lasciato in chiesa parrocchiale e
al santuario: le donne incinte o che hanno da poco avuto un bambino sono state invitate a prenderlo. Inoltre Don Carlo li ha distribuiti anche alle mamme che
sono in dolce attesa prima di lanciare i
palloncini dopo il corteo per la vita. La
realizzazione di questo lavoretto serviva per spiegare ai ragazzi cosa è la giornata della vita e, per i più grandi, che
quest'anno riceveranno il sacramento
della Cresima, assaporare uno dei frutti
dello Spirito Santo, che è la pazienza,
argomento che stanno trattando con le
loro catechiste.
Giulia
P
davano a nessuno sbocco, anzi,
accrescevano il senso di frustrazione.
Nel corso del tempo una risposta
ci è apparsa chiara ed è simboleggiata da quanto riassunto in
una splendida frase di un grande
uomo di Fede come Desmond Tutu, vescovo anglicano del Sudafrica e premio Nobel per la pace,
che recita così:
Avete mai visto un’orchestra sinfonica?… C’è un tizio sul fondo
con un triangolo. Ogni tanto il direttore si rivolgerà verso di lui, e
lui farà “ting”. Potrà sembrare del
tutto insignificante, ma nell’idea
del compositore andrebbe perso
qualcosa di insostituibile per la
bellezza complessiva della sinfonia, se quel “ting” non ci fosse.
La Vita di persone “fragili”, in particolare quella di coloro che manifestano difficoltà comunicative,
può sembrare apparentemente insignificante, in realtà conta come
quella di ogni altra persona perché ognuno di noi partecipa dell’intera Umanità come se fosse lo
strumento di una grande orchestra. Anzi è proprio la mancanza
del più piccolo degli strumenti
che diviene immediatamente evidente, correndo persino il rischio
di far perdere l’intera armonia.
Seconda testimonianza:
“E' molto difficile esternare ciò
che si prova a essere mamma di
un ragazzo "speciale".
Mi ricordo il momento della sua
nascita. Come tutte le mamme in
una frazione di secondo l'ho squadrato tutto - era un bellissimo bambino - ho ringraziato Dio per quel
dono che mi era stato fatto. In famiglia eravamo tutti felicissimi.
Ho vissuto le prime giornate dalla sua nascita come in una bolla
di festosa euforia e poi... ecco, arriva il pediatra il quale ci comunica che al nostro bimbo sarebbe
stato opportuno fare ulteriori analisi per chiarire alcuni dubbi sorti dai primi controlli.
In quel momento ho rifiutato l'idea che qualcosa non andasse,
avevo fatto una bella gravidanza,
tutti gli esami erano sempre stati
perfetti, il mio bambino stava bene; che cosa c'era che non andava? Dopo qualche giorno, carico
di ansia e trepidazione è arrivato
il responso: il nostro bellissimo
bimbo era nato portatore di una
patologia genetica. Per un attimo
io e mio marito ci siamo sentiti
persi.
E' stato difficile accettare la realtà, anche perché si pensa sempre
che certe cose non ci possano mai
accadere. Ci siamo posti tante domande e tanti "perché" ai quali
purtroppo non c'erano risposte.
Sono sincera, ho litigato anche
con Dio, mi aveva fatto dono di
questo bimbo e poi come per dispetto mi dava questa prova. Nello stesso tempo ho sperimentato
tutto l'amore che c'era intorno a
questo bambino, ho capito che se
per ognuno di noi c'è un disegno
Divino, di sicuro anche il mio piccino ne faceva parte. Tutti i miei
familiari si sono mobilitati per aiutarci affinché, con tanto amore,
affetto e con tutte le attenzioni
possibili questo bimbo crescesse
in un ambiente sereno
e accogliente - questo,
l'ha aiutato a crescere
in modo molto allegro
e socievole, ad inserirsi nell'ambiente scolastico e ora anche in
quello sportivo - e a
rapportarsi agli altri in
modo autonomo.
Certo, ogni sua conquista è una fatica, e
noi genitori dobbiamo
affrontare tante ap-
prensioni e tanti scontri anche con
una società che ancora fa tante
distinzioni.
E' inevitabile che a volte pensi a
come sarebbe mio figlio senza
quella sua "diversità", ma poi lo
guardo, penso a tutte le persone
che gli vogliono bene, che lo hanno aiutato e lo aiutano e proprio
non riesco ad immaginare la mia
famiglia senza di lui, così proprio
come lui è, e poi quando lo vedo
sorridente e contento mi sento appagata di tutto.
Termino citando una frase di un
Papa Santo, Giovanni Paolo Il:
"La famiglia è lo specchio in cui
Dio si guarda e vede i due grandi miracoli che ha fatto:
• Donare la vita
• Donare l'amore
Questo è quello che penso sia avvenuto nella mia famiglia”.
Successivamente, a partire dai
bambini della scuola materna fino ad arrivare ai ragazzi più grandi e alle famiglie, ognuno ha preso un palloncino colorato gonfiato a elio al quale ha legato un
piccolo cartoncino sul quale precedentemente si era scritta una
preghiera o un pensiero o una breve riflessione sulla vita.
Tutti insieme si è poi andati, formando una lunga fila colorata, in
processione per le vie del paese
verso l’oratorio. Qui bambini, giovani, adulti e nonni hanno lasciato
volare i loro palloncini verso il
cielo blu come segno di speranza e di preghiera a Dio.
Al termine, presso il bar dell’oratorio si è tenuto un rinfresco per
tutti per concludere il pomeriggio
in comunione e amicizia.
Davide Faletti
Vita parrocchiale - 25
Vita parrocchiale
dia
ita
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Foto
Giuliano Marchesi
Vita parrocchiale
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ASSOCIAZIONE SOLIDARIETA’ 1991 onlus
In memoria di
Don Stefano Vacaru
“P
ronto, telefono dalla Romania; don Stefano è
morto improvvisamente il 1 dicembre!”
In questo modo semplice e diretto abbiamo saputo della morte a
69 anni, di un caro amico della
Comunità di Villa di Serio.
Don Stefano Vacaru (parroco emerito di Faraoani e Barticesti) è stato tra i primi collaboratori dell’Associazione “Solidarietà 1991”.
Infatti, la prima missione umanitaria intrapresa dall’Associazione
fu proprio l’apertura di un progetto nel paese di Faraoani, nella Moldavia rumena, avente come scopo la realizzazione di una
scuola materna gestita, inizialmente, dalle suore bergamasche
di Maria Bambina da poco approdate in Romania. Siamo agli
inizi degli anni ’90; la Romania
era appena uscita dalla dittatura
di Ceaucescu.
Nel paese di Faraoani (1.500 famiglie) mancava tutto: cibo, vestiario, sapone, medicinali, ma soprattutto mancava la volontà di
riscattarsi da decenni di dittatura
comunista che aveva, tra l’altro,
impedito alla Chiesa cattolica di
svolgere la propria azione di annuncio del vangelo e di sostegno
sociale ed educativo alle famiglie.
Don Stefano, condividendo in tutto la povertà della sua comunità
(abitava in una canonica di legno
conducendo una vita sobria) “prende al volo” la nostra proposta e si
attiva con i propri parrocchiani
dando inizio ad una piccola scuola materna che in seguito amplierà
aumentando i posti e fornendo un
pasto caldo ai bambini. Nel frattempo, da Villa di Serio scatta una
straordinaria solidarietà: si raccolgono e si inviano banchi, sedie, viveri, giocattoli ed altro materiale perché l’iniziativa abbia
continuità. Per molti anni a cadenza semestrale vengono caricati su TIR giunti dalla Romania
26 - Vita parrocchiale
aiuti di ogni genere con destinazione la parrocchia di Faraoni.
Ma a Faraoani manca un ritrovo
per i giovani e la gente (gli incontri, la catechesi e le riunioni
si tengono in chiesa); di nuovo
don Stefano propone all’Associazione di realizzare una casa modesta, ma accogliente. Così, con
la buona volontà dei parrocchiani e la solidarietà dei villesi, viene realizzata una struttura intitolata “Casa Noastra” che viene inaugurata alla presenza festante di
tutta la popolazione e dei rappresentanti dell’Associazione.
L’amicizia iniziata viene ulteriormente rafforzata con le numerose visite di don Stefano a Villa di
Serio; incontra don Franco Cavalieri (don Stefano è presente alla
solenne celebrazione con il Vescovo Mons. Amadei per la consacrazione del nuovo altare verso il popolo), don Franco Gherardi, le Amministrazioni Comunali e le Associazioni che hanno
contribuito alla realizzazione delle due importanti opere. Inoltre,
a conferma dell’apprezzamento
nei confronti della popolazione
di Villa di Serio, anche la Diocesi di Jasi porta il proprio ringraziamento con la visita del Vescovo
Aurel Perca alla nostra comunità.
Dopo tanti anni di servizio presso Faraoani, don Stefano viene
trasferito nella parrocchia di Barticesti (ancora più a nord verso
l’Ucraina). Anche in questo paese non manca la povertà rappresentata soprattutto dalla mancanza di giovani (emigrati in cerca di
lavoro), di molte famiglie senza
la figura materna (le madri sono
in Italia e in Spagna come badanti)
e dal fenomeno dell’alcolismo e
delle malattie correlate.
L’Associazione, pur avendo aperto nel frattempo altri progetti in
Bosnia, Moldavia, ecc. non dimentica di aiutare la comunità
nella quale opera don Stefano e,
per quanto possibile, invia aiuti
economici finalizzati a istituire
borse di studio per studenti di famiglie povere.
Queste brevi note a ricordo di don
Stefano stanno a significare i legami che, in questi anni, hanno
unito la nostra comunità con le
comunità rumene, ma soprattutto vogliono ringraziare don Stefano per l’esempio di prete totalmente dedicato alla sua gente nel
nome di Cristo e della Chiesa Cattolica per tanto tempo umiliata, e
costretta al silenzio. Al funerale,
celebrato dal Vescovo e da oltre
120 sacerdoti nel paese natale di
Frumuasa, ha partecipato un numero impressionante di persone
a testimonianza della stima e dell’apprezzamento che don Stefano godeva sia tra i suoi confratelli
di sacerdozio, sia tra la popolazione. (sul sito della Diocesi di Jasi www.ercis.ro è pubblicato un
servizio fotografico sotto il titolo
Actualitate + album). Per molti di
noi, soci dell’Associazione “Solidarietà 1991” rimarrà indelebile
l’esperienza umana e solidale che
abbiamo condiviso con don Stefano, resterà vivo il ricordo della
dolcezza e della cordialità che
hanno contraddistinto la figura e
la personalità di questo prete tanto lontano geograficamente, ma
tanto vicino col cuore.
Associazione Solidarietà 1991
Franco Cornolti
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Vita parrocchiale
Una corretta educazione a partire dai primi anni di vita del bambino, costituisce la prima e più efficace
prevenzione. Proponiamo alcune riflessioni di Don Chino Pezzoli sul modo di porsi dei genitori nella crescita dei figli.
Paurosi o psicologi: gli errori dei genitori
S
iamo sicuri che sono i ragazzi
ad avere problemi? O piuttosto riflettono semplicemente
i limiti e i difetti educativi dei loro genitori?
Conta il comportamento dei genitori nel determinare l’infelicità
o felicità nei bambini? E nel condizionare il carattere dei futuri
adulti? MOLTISSIMO, secondo il luogo comune e anche
secondo diverse ricerche che
hanno messo in luce la stretta relazione tra comportamento dei genitori e sviluppo
di stati di sofferenza nei figli.
Ma ci interessa soprattutto sottolineare comportamenti sbagliati. Come quelli dei genitori insicuri che favoriscono
scompensi nei piccoli.
Tutto quello che questo genitore fa per il bambino non andrà mai bene. Si sentirà inadeguato, impreparato. Ne consegue che ogni decisione è una
tortura. Legge libri di pedagogia,
consulta esperti, si confronta continuamente con altri genitori, senza risultato. Ricordo una mamma
che aveva letto quanto fosse importante l’allattamento al seno: il
latte materno avrebbe assicurato
al bambino le difese immunitarie
contro le malattie infettive e inoltre avrebbe garantito i rapporti affettivi futuri. La madre quindi decise di attenersi esclusivamente
all’allattamento al seno, senza nessuna integrazione nei primi sei
mesi. Come facilmente prevedibile, il bambino cominciò a reclamare il latte sempre più spes-
so. E la madre era ridotta in condizioni pietose per mancanza di
sonno. D’altro canto aveva paura di rendere insicuro il piccolo,
ignorando il suo pianto. In realtà
l’insicura era lei, anche se non voleva ammetterlo. Per fortuna il pediatra le spiegò che non avrebbe
fatto alcun male al bambino pian-
gere prima di essere allattato. Questo modo avrebbe gradualmente
favorito un’autonomia materna.
Sono molti i comportamenti delle mamme insicure che possono
favorire nei figli atteggiamenti protettivi. Basta pensare ai genitori
apprensivi, costantemente preoccupati che al loro bambino succeda qualcosa di negativo.
Questo stato, spesso, è la causa
del ritardo complessivo nella crescita. Il bambino fatica a socializzare coi pari, ma soprattutto
soffre di fragilità psichica che si
manifesta attraverso il pianto per
richiamare l’attenzione dell’adulto.
Il genitore deve essere sicuro nei
suoi comportamenti. Non lasciarsi
guidare dalle richieste del bambino, ma educare i suoi bisogni.
Conosco i genitori sicuri nelle diverse scelte lavorative, ma insicuri nel rapporto con il loro bambino. Il motivo va cercato nella
relazione con il figlio che comporta spesso un’immedesimazione, una forma di recupero del
rapporto uterino da parte della madre. Il padre è meno soggetto a questa forma di rapporto viscerale, subisce e può
persino staccarsi sia dal figlio
che dalla moglie che ha messo in crisi il rapporto con lui.
La mamma insicura “sposa”
il figlio e divorzia con il marito. A volte i genitori hanno
paura di far mancare qualcosa ai figli e finiscono per assecondarli in tutto: in questo
modo si crea un piccolo tiranno che può averla vinta in
casa con i suoi capricci; ma poi
scoprirà che i vizi si ritorcono contro di lui nel mondo esterno. Un
rapporto accomodante è dannoso, favorisce personalità egocentriche e possessive. I bambini viziati si trovano impreparati ad affrontare difficoltà e problematiche dell’adolescenza.
I genitori sono diversi, le famiglie
sono diverse. Certi genitori esprimono apertamente l’affetto, altri
sono riservati. Occorrono genitori sicuri che si rapportano ai loro bambini con attenzione, premura, senza tuttavia eccedere in
attaccamenti morbosi.
Vita parrocchiale - 27
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Vita parrocchiale
E' bello fidarsi di Dio anche
quando il cielo è buio
“M
“Pietà”, opera lignea
di Giovanni Sanz,
1760, chiesa
prepositurale di
Villa di Serio
ercoledi 27 gennaio
ore 15.00. Suono al
cancelletto dei sigg.
Sandro e Pierangela che mi aprono affacciandosi sorridenti e invitandomi a entrare; li raggiungo
dopo aver attraversato un piccolo giardino coperto, sotto al quale un lungo tavolo e alcune sedie
sembrano in attesa dell'estate,
quando i padroni di casa e i loro
ospiti riprenderanno a conversare lì sotto, al fresco.
Di vista li conoscevo ma
finora non c'era mai stata occasione di scambiare due parole direttamente; oggi invece sono qui per l'intervista e
sicuramente avremo modo di conoscerci meglio.
So che entrambi hanno,
da tempo, problemi di
salute, ma mi accorgo
subito che prima di questa preoccupazione viene la fede e il desiderio,
l'impegno, di darne testimonianza. Infatti la signora Pierangela inizia
così: “Siamo qui tutti e
due in attesa dei responsi
ma andiamo avanti perchè con noi c'è sempre
il Signore” e il marito fa
segno che è della stessa idea.
Al mio invito a raccontarmi un po' le loro vicissitudini, lei prosegue:
“Ho cominciato da ragazza col
diabete e non ho ancora finito perchè, di conseguenza, sono subentrate altre patologie, tanto che
un medico, trentacinque anni fa,
aveva previsto che sarei campata al massimo sei mesi, ma il Signore mi ha sempre ascoltato e
aiutato e ogni volta ce l'ho fatta
a tornare a casa dall'ospedale e
pian piano a riprendere la vita di
tutti i giorni. Ho subito tre inter28 - Vita parrocchiale
venti alla gola, poi ho avuto problemi al fegato, per fortuna non
così gravi come sembrava, ma sono ancora qui”.
“Se almeno stessi bene io – interviene il signor Sandro - ma quindici anni fa, nel 2000, ho iniziato con seri disturbi allo stomaco,
poi ai reni e via via altre cose...
sono tuttora in cura”.
“Però, alla messa delle 17.30 vi
ho sempre visti”, dico io ricordando che al momento dell'Of-
fertorio salivano tutti e due all'altare. “Ah, quella, sempre, appena si può”, dice lei con vivacità
e aggiunge:” Adesso è da un po'
che non esco perchè le gambe
non mi reggono, ma prima andavamo anche a Bergamo dalle Sacramentine per l'Adorazione. Abbiamo dovuto interrompere per
le terapie e i controlli di Sandro
ma adesso che ha finito, riprenderemo.”
Chiedo se sono originari di Villa
e mentre lui mi dice di sì, la moglie mi dice che è di Pradalunga
e che mai avrebbe pensato di finire a Villa. Data la vicinanza con
l'ospedale di Alzano, si sono trasferiti qui e si sono trovati bene.
“Quando stavo ancora bene, guidavo la macchina e andavo al ricovero di Scanzo a trovare e assistere gli ammalati e posso dire
che il bene fatto viene sempre restituito; ho aiutato e sono stata
aiutata perchè il Signore
non ci lascia mai soli:
quando Sandro era all'ospedale, molti mi invitavano ad andare a dormire da loro per non restare a casa di notte da
sola. Ringraziavo perchè
è un bel pensiero ma restavo tranquillamente a
casa perchè sentivo che
con me c'era il Signore,
a proteggermi e a farmi
compagnia”.
In un momento di pausa
mi guardo attorno nella
loro spaziosa e bella cucina e il signor Sandro mi
spiega: “Qui, la domenica, siamo in tanti che quasi non ci stiamo, perchè
i parenti e gli amici ci sono sempre stati vicini e
noi non possiamo dimenticarlo; e poi ci piace un po' di allegria, aiuta a non pensare sempre
agli esami da fare, ai controlli, alle “sorprese” dice ridendo.
“Sì, perchè ce n'è sempre una nuova...Io ho appena subito un piccolo intervento al seno – interviene la signora Pierangela - un
intervento parziale perchè per il
cuore non potevano farmi l'anestesia totale; adesso stiamo a vedere se basta... speriamo, perchè
sono stanca, siamo stanchi. Sono
anni che andiamo e veniamo da-
5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 29
di uno che, riferendosi al mio intervento o a quello di altri, hanno ammesso che Qualcuno doveva aver dato una mano a far andar bene le cose...”.
“Anche con gli amici di nostro figlio, che ogni tanto sono qui, lei
non ha paura a parlare del Signore,
a raccomandare di pregare e di
aver fede”, dice il signor Sandro,
e lei conferma decisa: “Una volta erano qui in tanti e il discorso
è andato sulla preghiera, sul S.
Rosario e io ho chiesto a uno se
in casa qualche volta recitavano
il Rosario. Un po' imbarazzato,
un po' ridendo, mi ha fatto capire che non sapeva cos'era. Allora sono andata di là, ho preso la
mia corona del Rosario e gliel'ho
regalata. Chissà che non sia servita a lui o a qualcun altro in famiglia, a riprendere questa buona abitudine che per i nostri vecchi era così naturale...”
“I parenti, gli amici, i sacerdoti,
le ministre della Comunione e anche i medici, ci hanno sicuramente aiutato a superare tanti brutti momenti, quando tutto sembrava andare a rovescio, - dice il
signor Sandro – ma entrare a far
parte del Movimento Rinnovamento dello Spirito, ha aumentato la nostra fede e ci ha aiutato a
conoscere meglio la Parola, insomma, ci ha dato una bella carica, è stato veramente una “lampada ai nostri passi”.
“Come avete iniziato? Conoscevate qualcuno del Movimento?”
chiedo.
Spiega ancora la signora Pierangela: “Ero all'ospedale di Alzano,
stavo male, ancora di più perchè
avevo il pensiero che a casa avevo tre uomini che avevano bisogno di me: il marito, il figlio e
mio papà e continuavo a chiedermi: come farò? E piangevo.
Passa una signora che mi vede
piangere, si ferma e mi chiede
che cos'ho; mi ascolta e poi mi
dice che non devo preoccuparmi, lei pregherà per me e mi invita, quando uscirò dall'ospedale, a partecipare al gruppo di preghiera del Movimento Rinnovamento dello Spirito.
“Io, invece, ero un po' “tiepido”,
ammette il signor Sandro, tanto
che quando il Movimento ha organizzato un viaggio a Medju-
gorje, non me la sono sentito di
andare, è andata lei, però, quando è tornata e mi ha raccontato
tutto, ho cominciato a frequentare il Movimento e pian piano ho
cominciato a capire meglio la Parola e a gustarla, soprattutto il Vangelo di S. Giovannni, che mi piace molto. Quando c'è l'incontro,
andiamo un momento prima, così preparo l'altare; ormai sono ventisei anni che siamo in questo gruppo e ogni volta capiamo qualcosa in più, sappiamo fare una riflessione nuova”.
“Si esce ben caricati da questi incontri – interviene la moglie – ci
sono mancati in questo periodo
in cui siamo stati occupati con le
cure, ma abbiamo voglia di riprendere, spero già dal prossimo
lunedi. La preghiera è tutto! Il 16
luglio scorso ero ricoverata e dovevo entrare in sala operatoria;
Sandro era a Milano per le sue terapie...non era proprio un bel momento...mi sono affidata alla Madonna.
L'infermiera, che mi conosceva
per avermi visto altre volte, prima che entrassi, mi ha detto: “Tranquilla, signora! Coraggio!”. “Ma
io sono tranquilla” – ho risposto
– sono serena perchè mi aiuta la
Madonna”.
Che dire di più? Non mi resta che
salutarli augurando loro (ma con
simili Protettori gli auguri sono
ben poca cosa...) che i responsi
siano favorevoli così che possano riprendere senza altre interruzioni, la vita di tutti i giorni e assicurando che, naturalmente, li ricorderò nella preghiera.
Luigina Clivio
Vita parrocchiale - 29
Vita parrocchiale
gli ospedali...Ogni tanto me la
prendo col Signore e gli chiedo
quando potremo avere un po' di
tranquillità...Un giorno ho detto
a don Paolo che era venuto a trovaci:” Ma dov'è il Signore? Comincio appena a star bene io e si
ammala lui...quando non siamo
ammalati tutti e due...dov'è? “E'
nel tuo cuore, mi ha risposto don
Paolo, è qui con te, nella tua casa”. Sì, quel giorno ero proprio
demoralizzata, ma poi l'ho sentito di nuovo vicino e ho pensato
che l'unica è ancora rivolgersi a
Lui e chiederGli di aiutarci ad andare avanti. Come faremmo senza di Lui e senza la nostra Madonnina? Sotto la Croce si impara ad amarLo di più, se no è troppo facile essere sereni e fiduciosi quando va tutto bene.”
Le confermo che mi è capitato di
pregare più intensamente in un
momento di difficoltà, passato il
quale mi sono “dimenticata” di
continuare a pregare, se non altro per ringraziare, o comunque,
la mia concentrazione si era alquanto “diluita”. Poi chiedo: “Come avete passato le giornate in
questo periodo che siete rimasti
in casa?”.
Risponde Sandro: “La mattina faccio un po’ di mestieri qui in casa
perchè lei fa fatica a camminare
e non vorrei che cadesse. Di giorno guardiamo un po' di televisione ma è difficile trovare qualcosa di interessante, allora seguiamo Radio Maria, con la recita del S.Rosario.
Ogni tanto viene a trovarci la Vittoria, ci porta la S. Comunione e
si ferma a parlare con noi, e c'è
sempre qualcuno, parenti o amici che a turno vengono a farci visita”.
“Ci sono stati momenti particolarmente difficili? Come li avete
superati?” chiedo.
“Sì, e tanti!” risponde ancora la
signora Pierangela che spiega:”E'
stata tutta una vita difficile, ma
con la preghiera siamo sempre riusciti a venirne fuori. Io prego anche per i medici, perchè il Signore
guidi le loro mani e mantenga retta e onesta la loro mente. Non ho
mai avuto paura a parlare di fede
con i medici, anche perchè non
è vero che credono tutti solo nella loro scienza; ne ho trovati più
Spazio Oratorio
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COME ALLORA, ANCHE
OGGI
D
opo aver appreso che
anche quest’anno non
si sarebbe fatta nessuna
capanna per Natale, noi giovani
e ado abbiamo deciso di contribuire a costruirne una per dare un
po’ di magia a questa festa. Abbiamo stilato un progetto in scala, con tanto di quote e dettagli,
e l’idea più brillante è stata quella di ispirarci ai più moderni designer e architetti e costruirne una
interamente ecologica e a costo 0.
Con il sostegno di una fruttivendola, l’appoggio dei don, l’aiuto
di alcuni volontari abbiamo concretizzato il nostro progetto costruendo una struttura interamente
fatta di cassette di legno della frutta, paglia e sacchi di juta.
Sebbene inizialmente sembrava
quasi impossibile “tirar su la baracca”, con impegno e con inge-
gno (e con centinaia di viti, la struttura era ben armata) ce l’abbiamo fatta, giusto in tempo per dare un luogo caldo ed accogliente
alla nascita del Salvatore. Per loro non c’era posto nell’albergo.
Andrea Cortinovis
RAGAZZI DEL MIO CORTILE
CAPODANNO GIOVANI & ADO A TORINO SULLE TRACCE DI UN GIGANTE: DON BOSCO
S
essantatré ragazzi. Ebbene
sì, sessantatré ado e giovani (e anche meno giovani)
hanno rotto i consueti schemi di
luci, sballo e “musica a palla” per
vivere un capodanno decisamente
diverso dal solito. Per dirla tutta
la musica a palla c’è stata anche
nella nostra esperienza e, ammettiamolo, anche qualche goccia di alcool. Quando abbiamo
iniziato a pianificare il nostro capodanno alternativo, mai avremmo pensato di avere una risposta
così grande, anche perché si sa,
vivere gli ultimi giorni del 2015
in oratorio, tra preghiere, messe,
meditazioni non è la prima scelta dei ragazzi di oggi.
Sentiamo direttamente da alcuni
di loro, ragazzi educatori e mamme (i nostri angeli custodi) cosa
si ricordano di questi quattro giorni passati a Torino.
Carissimi ado, cosa avete trovato di più significativo in questa
vacanza?
Ado1: La convivenza è stato l’aspetto più significativo della vacanza, poiché puoi condividere
con i tuoi amici sia momenti belli che meno belli senza mai sentirsi soli.
Ado2: il gruppo, lo stare insieme,
l’unione che c’era tra noi. Io è la
prima volta che vivo un’esperienza
del genere e devo dire che mi sono sentito subito parte di un gruppo capace di accogliere e fare comunità.
Perché hai scelto l’oratorio e non
una “casa isolata in cui sbocciare”?
Ado1: Ho scelto l’oratorio perché
anche il capodanno può risultare occasione di crescita in cui si
può apprendere qualcosa da portare con sè, cosa che non avverrebbe con una proposta fuori dagli schemi. Ah, una cosa la porteresti a casa: mal di stomaco e
riposo assoluto nel letto per ripigliarsi.
Ado2: come ho accennato prima
30 - Vita parrocchiale
ho voluto provare l’ebrezza di
un’esperienza nuova, diversa, che
riuscisse ad unire la bellezza del
divertimento con il fascino dei
momenti più formativi e anche
culturali.
Abbiamo avuto un altro compagno di avventura, anzi più di uno:
Don Bosco, Domenico Savio,
Mamma Margherita. Cosa hai imparato in questi giorni al loro fianco? (abbiamo alloggiato nella casa natale di Domenico Savio, visitato i luoghi del primo oratorio
di don Bosco, la sua casa natia e
la Basilica di S. M. Ausiliatrice)
Ado1: Beh, dei giganti che mi hanno lasciato l’insegnamento di condividere l’esperienza del gioco e
del divertimento soprattutto con
i più bisognosi e più piccoli …
proprio come faceva don Bosco
con i “ragazzi del suo cortile”.
Ado2: Da tutti ho imparato qualcosa: che si può essere ricercatori di santità sin da piccoli (Domenico Savio), che anche con l’allegria e il divertimento possiamo
accrescere la fede (don Bosco) che
con piccolissimi gesti si può aiutare il prossimo (mamma Margherita).
Fare comunità, la convivenza, il
servirsi per gli altri: oggi lavo io
i piatti e tu mi prepari la colazione… cosa vuol dire per te fare per gli altri?
Ado1 e 2: Troviamo solo lati positivi in questa cosa… fare per gli
altri gratifica parecchio sia nelle
piccolissime cose, sia nelle faccende che sono lontane dall’ordinario della nostra quotidianità
(non dite alle nostre mamme che
abbiamo lavato piatti o spazzato
pavimenti)!
I tuoi amici, il don, gli educatori
… sono ingredienti necessari per
la ricetta di un capodanno insieme?
Ado1: penso che senza di loro
questa vacanza non ci sarebbe
mai stata. Ci hanno guidato quando avevamo bisogno e poi… i primi a divertirsi erano loro!
Ado2: Certo! Senza qualcuno che
ci indirizzava, ascoltava, consigliava ci saremmo un po’ persi…
Don Bosco, Domenico e mamma
Margherita sono stati dei buoni
maestri!
Lanciate uno spot alla comunità
per descrivere questa vacanza
Ado1 e 2: FORTUNATI NOI CHE
C’ERAVAMO!!!
---------------------------------
Ora ribaltiamo la situazione e sentiamo cosa ha chiesto un ragazzo ad un educatore
Noi ragazzi ci siamo indubbiamente divertiti… voi come avete vissuto questa vacanza?
Cate: penso che alla fine ci siamo
divertiti più di voi ragazzi. Oltre
ad avere un ruolo educativo verso voi, in certi momenti eravamo
noi gli ado e voi i nostri educatori. Il fattore che ci univa (anche
con i santi che ci hanno accompagnato) è stata la bellezza dello
stare insieme nel gioco, nell’allegria anche nei momenti di riflessione.
Si può migliorare qualcosa in queste esperienze?
Cate: Assolutamente sì! Ogni esperienza ha un copione tutto personale e studiato ad “hoc”. C’è
sempre qualcosa da migliorare ed
è proprio negli sbagli che impariamo a fare del nostro meglio per
la vacanza successiva.
Tanti puntano il dito contro i giovani per le cose che fanno… come vedete questa cosa?
Cate: la risposta a questa domanda l’ho trovata quando, la vigilia
di Natale, abbiamo dovuto chiamare un altro autobus perché i
numeri non smettevano di aumentare… i giovani ci sono, basta dargli fiducia e sono capaci di
cose grandi!
Noi ado siamo pronti per la Gmg
a Cracovia… e voi?
Cate: ci stiamo preparando al meglio anche perché l’esperienza sarà fortissima. Questa volta saremo noi insieme a voi ad essere
guidati da un grande uomo: Papa
Francesco!
Cosa vi fa scegliere di non rimanere con la vostra compagnia di
amici per le vacanze estive e il
capodanno, ma di fare un sacrificio per noi?
Cate: … Proprio voi ragazzi (umili bestioline di Dio come direbbe
don Bosco)! Direi che non è per
niente un sacrificio, anzi… voi vi
divertite, ma noi ci divertiamo ancora di più! Voi imparate da noi,
e noi impariamo da voi ancora di
più! Il motivo della nostra scelta
sono i bellissimi frutti che ci mostrate ogni giorno durante il vostro cammino di crescita all’interno di una comunità.
Lancia uno spot alla comunità per
descrivere questa vacanza
Nessuno spot! Siete voi ado che
dovete agire per contagio con i
vostri amici e trascinarli in queste esperienze di vita che ci fanno diventare sempre più forti nell’amicizia e nella fede.
Un’ultima domanda alle nostre
mamme, o meglio, MammeChef!
Cosa è significato per voi mettersi a disposizione degli ado e
dei giovani proprio come fece
Mamma Margherita con i piccoli del suo Giovannino?
Metterci a disposizione di voi ragazzi è stato fantastico, ho incontrato ragazzi con grandi valori, sempre pronti a ringraziare,
sempre disponibili per dare una
mano anche a noi mamme. Una
semplice ma forte esperienza accompagnati dalla fede. L’affetto
puro, incondizionato e sincero
che ci avete regalato sono stati
dei segni di speranza per il futuro. Abbiamo donato solo tre giorni della nostra frenetica quotidianità, ma abbiamo ricevuto tanto
da riempire il nostro cuore… per
concludere: UNA GRAN BELLA
BOTTA DI VITA!
Maicol, Andrea Cortinovis,
Nicolò Lizzola, Graziella,
Rosanna e Rossana
Vita parrocchiale - 31
Spazio Oratorio
CO
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Spazio Oratorio
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EVVIVA! INSIEME E ’BELLO
D
opo aver fatto girare la
voce, il giorno del laboratorio è arrivato. Le
catechiste si erano preparate…
Ci aspettavamo poche adesioni,
quasi disinteresse per giochi passati di moda. Ma ecco che dal
cancello dell’oratorio arrivano a
gruppi, con le mamme, piccoli e
grandi. I ragazzi schiamazzano
eccitati dall’incontro e dalle attese sul gioco. La cara vecchia
“caccia al tesoro” ha inizio:
suddivisi grandi e più piccoli
in gruppi c’è posto anche per
alcuni bambini temerari della
scuola dell’infanzia. Tutti elettrizzati partono alla ricerca dei
biglietti che, uno dopo l’altro,
li condurranno a completare
l’enigmatico disegno a sequenze.
Indovinelli, quiz e giochi matematici devono essere risolti
per ottenere una sequenza in
più. Alcuni gruppi finiscono tutte le prove in un batter d’occhio
e allora… si attiva il piano B.
Tutti insieme si avvia il vecchio
gioco del nascondino: nell’orato-
rio c’è spazio per nascondersi e
cercarsi e ancora tante risate e urla felici.
Sembra un salto indietro nel tempo quando all’oratorio passavamo interi pomeriggi spensierati e
giocavamo incondizionatamente
C’era posto per tutti: grandi e piccini si sfidavano e, a volte, i più
grandi lasciavano vincere il più
stanchi , felici e sereni… una serenità che vive dentro e permane
nel profondo, nonostante gli anni che passano.
Alla fine i nostri ragazzi e ragazze, bambini e bambine ce l’hanno fatta e hanno vinto il premio
tanto meritato… e ancora eccitazione e stupore. Guadagnato e riscosso il premio, a malincuore,
l’assembramento si scioglie… ma
ci diamo appuntamento alla prossima puntata di giochi.
Gli organizzatori fanno un resoconto dell’iniziativa e alla fine ci
chiediamo: “chi si è divertito di
più? noi a guardare i bambini e
ragazzi a giocare o loro che si
sono divertiti da matti?”.
piccolo… e l’ultimo libera tuttiii!
E si ricominciava! Finchè iniziavano a echeggiare le voci delle
madri che chiamavano per la cena e allora tutti si tornava a casa,
Ciao ciao! La prossima volta cerca di essere dei nostri. Ti divertirai sicuramente… per non parlare dei premi!!!
Bruna Brena
CARNEVALE … UNA MERAVILLA!
P
uò la pioggia spegnere
l’entusiasmo dei bambini? Certamente no!
...E lo ha dimostrato l’inaspettata partecipazione al momento ludico, organizzato in
oratorio dal Gruppo Animazione in occasione del car-
32 - Vita parrocchiale
nevale. Con balli, disegni e coriandoli ci siamo immersi nel mondo di Meravilla, dove per un giorno grandi e piccini hanno indossato gli insoliti panni di un personaggio dei cartoni animati, di
un animale fantastico o, ancora,
del proprio supereroe preferito.
L’anima del carnevale? I bambini
e la loro voglia di giocare! Per
quanto tu possa sentirti “serioso”
o “normale”, finirai comunque
per farti travolgere!
Simona,
Gruppo Animazione
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Spazio Oratorio
1996 – 2016
VENT’ANNI DI CALCIO
E DIVERTIMENTO
V
ent’anni sono un traguardo davvero ragguardevole e, se riferiti all’attività di una società sportiva, sono la conferma di quanto “bene” può fare lo sport ed
il calcio. Provate un poco ad
immaginare quanti calci, quante gioie, soddisfazioni e delusioni si sono alternate sul nostro campo polveroso, tanto più
considerando che il 1996 è sì
l’anno di ufficializzazione dell’Oratorio Villese come società sportiva ma il suo vero incipit risale... alla notte dei tempi. Il calcio ha sempre fatto parte della vita dell’oratorio e molti sono gli atleti che proprio su
questo campo hanno cominciato una bella e gloriosa carriera.
Per festeggiare questo ventennio sarà presto in distribuzione
un opuscolo che racconterà la
storia dell’Oratorio Villese: un
“documento” commemorativo
di tanto calcio e divertimento.
E chissà che non possa arrivare anche qualche bella soddisfazione dal campionato in corso a coronamento di un anno
da ricordare!!!!!
Le nostre squadre stanno recuperando le forze per lo sprint
finale del campionato che, per
alcune di loro, potrà essere davvero ENTUSIASMANTE. I nostri Pulcini Blu sono saldamente
in testa alla classifica e proveranno a vincere il loro campionato. La nostra prima squadra milita tra le prime posizio-
ni e ci fa sperare in un’incredibile ed inaspettata promozione. Le squadre dei Pulcini Rossi ed Esordienti Blu e Rossi sono invece posizionate a metà
classifica ma siamo certi che si
impegneranno per scalare la cima. I più “eccitati” ed impazienti sono in realtà i nostri campioncini della Scuola Calcio e
i piccolini dei Primi Calci. Per
loro la primavera rappresenta
davvero un risveglio dei sensi.
La Scuola Calcio parteciperà a
diversi tornei uno dei quali davvero impegnativo: “Saranno comunque Campioni” organizzato dalla Polisportiva Monterosso e dedicato a Piermario
Morosini. Si tratta di una sorta
di minicampionato che coinvolgerà una cinquantina di squadre e che prenderà il via il 18
marzo per terminare il 29 maggio con una manifestazione sul
fantastico manto erboso del Comunale di Bergamo.
I piccoli dei Primi Calci affronteranno diverse amichevoli e tornei a loro dedicati in cui
dimostreranno agli orgogliosi
genitori e nonni di essere ormai dei “veri campioni”!!!!
Per tutti quanti ci sarà comunque la possibilità di ben onorare i nostri colori durante la
manifestazione A TEMPO DI
VILLA. Quindici giorni di calcio a … tutto campo con contorno di golosità. Quest’anno
la manifestazione avrà una formula diversa davvero avvincente ed entusiasmante. E per
chi proprio di calcio non se ne
intende, non mancherà l’occasione per momenti di convivialità e sano divertimento grazie al nostro servizio ristoro e
il menù non proprio…..frugale. Un tripudio di pane e cotechino, piadine, taglieri, hamburger, pizza; una cascata di
patatine fritte, fiumi di birra e
tante golosità: che dire il paradiso terrestre!!!
Vi invitiamo comunque a consultare il programma ed a tenervi aggiornati sul nostro sito
www.oratoriovillese.altervista
.org e su Facebook Oratorio
villese.
Vita parrocchiale - 33
Spazio Oratorio
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A TEMPO DI VILLA 2016
DAL
22
MAGGIO AL
5
GIUGNO ORATORIO
VILLESE CALCIO IN FESTA OGNI GIORNO
CALCIO, DIVERTIMENTO E … GOLOSITA’
P RO G R A M M A
DOMENICA 22 MAGGIO
Ore 17,00 cerimonia inaugurale - Ore 17,30 Triangolare PRIMI CALCI - Ore 18,30 Triangolare SCUOLA CALCIO
Da LUNEDI’ 23 a VENERDI’ 27 MAGGIO
Ore 18,00 fase a gironi torneo SCUOLA CALCIO - Ore 19,00 fase a gironi torneo PULCINI
Ore 20,00 fase a gironi torneo ESORDIENTI - Ore 21,00 fase a gironi torneo DILETTANTI
SABATO 28 MAGGIO
Dalle ore 14,00 alle ore 21,00 proseguono le fasi a gironi delle categorie:
SCUOLA CALCIO / PULCINI / ESORDIENTI / DILETTANTI
Da LUNEDI’ 30 a MERCOLEDI’ 1 GIUGNO
Ore 18,00 fase a gironi torneo SCUOLA CALCIO - Ore 19,00 fase a gironi torneo PULCINI
Ore 20,00 fase a gironi torneo ESORDIENTI - Ore 21,00 fase a gironi torneo DILETTANTI
GIOVEDI’ 2 GIUGNO
Dalle ore 14,00 alle ore 21,00 proseguono le fasi a gironi delle categorie:
SCUOLA CALCIO / PULCINI / ESORDIENTI / DILETTANTI
VENERDI’ 3 GIUGNO
Ore 17,00-19,00 QUADRANGOLARE PRIMI CALCI - Ore 19,00 – 20,00 Partita giovanissimi
Ore 20,00 – 21,00 Sfida tra Papà e Corsari
Ore 21,00 VECCHIE GLORIE CALCISTICHE - RAPPRESENTATIVA SACERDOTI
SABATO 4 GIUGNO
Dalle ore 14,00 alle ore 21,00 SEMIFINALI categorie: SCUOLA CALCIO / PULCINI / ESORDIENTI / DILETTANTI
DOMENICA 5 GIUGNO
Dalle ore 14,00 alle ore 21,00 FINALI categorie: SCUOLA CALCIO / PULCINI / ESORDIENTI / DILETTANTI
OGNI GIORNO ATTIVO SERVIZIO BAR, RISTORO.
SI POSSONO GUSTARE PATATINE FRITTE, PANINI CON COTECCHINO,
HAMBURGHER, PIADINE, TAGLIERI DI SALUMI, E ….…
VI ASPETTIAMO NUMEROSI
34 - Vita parrocchiale
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Scuola dell’Infanzia
Vita parrocchiale - 35
Scuola dell’Infanzia
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Il Villese 2015
M
ercoledì 6 Gennaio
2016, presso la chiesa parrocchiale di
Villa di Serio, al termine del
concerto per le festività natalizie, da parte dell’Amministrazione Comunale di Villa di
Serio, è stato premiato il “Villese 2015” in occasione della
consegna delle borse di studio
agli studenti meritevoli.
Le protagoniste della scelta per il
2015 sono state le nostre Suore
che ormai hanno lasciato la nostra comunità (ad eccezione del
coordinamento della Scuola dell’Infanzia affidato ancora a Sr. Emilia, pur non essendo più stanziale).
In un singolare momento di commozione comune, alla presenza
di molti cittadini villesi, il Sindaco ha consegnato loro un meraviglioso piatto realizzato a mano
e decorato con materiali pregevoli e rappresentante tutti i simboli della nostra cittadina, nonché una dedica esplicitamente rivolta alle interessate…
EXEMPLA TRAHUNT:
MAGNAE VIRTUTIS VIR, AMORE MORE ORE RE,
COGNOSCITUR
“Gli esempi tracinano: un uomo di grande vitrù
si conosce dall’affetto, dal comportamento,
dalle parole, dai fatti.”
“Le rev. Suore Sacramentine, fedeli al carisma della Fondatrice
hanno servito la comunità di Villa di Serio accogliendo, accompagnando e formando i nostri bambini e le nostre bambine contribuendo fattivamente all’educazione e all’apertura alla vita. Le
Famiglie e l’Amministrazione Comunale sono grate alle religiose
che, nei 105 anni di presenza,
hanno condiviso l’amore per i più
piccoli”
Elisabetta Asperti
Ringraziamento
Le Suore attraverso queste pagine colgono l’occasione per ringraziare tutte le Famiglie ed in
particolare l’Amministrazione Comunale per la sensibilità e l’attenzione dimostrate per la presenza dell’Istituto della Suore Sacramentine di Bergamo per ben
105 anni, nella nostra comunità
di Villa di Serio Serio.
36 - Vita parrocchiale
18 febbraio 2016 - Un momento di preghiera per la Santa Geltrude Comensoli,
alla Scuola dell’Infanzia
“Apri le mani… apri l’abbraccio”
Attraverso la musica, pregare con i bambini nel Mistero della Pasqua
G
esù ha aperto le sue mani, ha aperto il suo abbraccio d’amore per liberare, perdonare, fortificare, rallegrare, guarire, calmare, consolare e amare.
In questo percorso, i bambini verranno aiutati a comprendere meglio il mistero della morte e risurrezione di Gesù, attraverso
l’utilizzo del loro corpo, delle sonorità, di brani musicali che faranno emergere l’aspetto emozionale del bambino, portandolo
a vivere, attraverso il linguaggio
non verbale, un momento “forte”
della Vita di Gesù, che è, nello
stesso tempo, carico di emozioni. Emergerà, quindi, l’aspetto della spiritualità. La spiritualità e i
bambini hanno in comune molti
aspetti.
Se si riflette bene, attraverso lo
scritto “ La spiritualità e i bambini ”, di Elisabeth Loh Manna, “…sia
la spiritualità che i bambini prediligono il linguaggio non verbale, il sapere intuitivo e il vissuto.
Vivere la spiritualità non dipende
prima di tutto da quello che comprendiamo o da quello che sappiamo, consiste piuttosto in un
modo di essere. Una definizione
minima per spiritualità potrebbe
essere proprio questa: è il modo
di Dio di essere con noi e il nostro modo di essere con Dio. Questa definizione accenna già a un
secondo aspetto della spiritualità: la relazione. La spiritualità include una profonda sensibilità verso l’essere in relazione, la consapevolezza che esiste qualcuno oltre noi stessi che ci chiama a relazione. I bambini hanno una spiritualità naturale. Si intende, con
questa affermazione, una sensibilità naturale del bambino di percepire il sacro, di sentirsi vicino
a Dio, di porre delle domande sulle questioni spirituali e di cercare di dare un senso a ciò che lui
vive. Qualche volta il bambino
parla delle sue esperienze ed espri-
me i suoi interrogativi, ma non
tutti i bambini ne sono capaci. Però, non per questo, sono meno
spirituali. La loro spiritualità può
essere meglio notata nel gioco libero, nell’espressione artistica,
nelle relazioni fisiche, come nell’essere molto silenziosi e concentrati in alcuni momenti o esuberanti in altri… Il bambino vive
la sua spiritualità soprattutto nella vita quotidiana, non in chiesa
o in momenti speciali (…). La spiritualità dei bambini non inizia
con la conoscenza di Gesù”.
Il bambino utilizza per essere e
per fare esperienza il proprio corpo. “Gesù si fa corpo, si fa carne,
per venire ad abitare in mezzo a
noi”. Attraverso il loro corpo, i
bambini sperimenteranno questo
dono straordinario, gratuito. Attraverso le sonorità, coglieranno
l’aspetto della gioia dell’incontro
con Gesù, con la sua entrata a Gerusalemme, l’aspetto del servizio
di Gesù, attraverso la lavanda dei
piedi (“Io sono venuto per servire e non per essere servito…”),
l’aspetto del donarsi di Gesù, attraverso lo spezzare il pane e il
versare il vino, che si compirà,
prima, sulla croce e nella Risurrezione, poi. Le sonorità, aiuteranno i bambini e le bambine ad
entrare in contatto, in modo emozionale, con questi aspetti. Il corpo, diventerà poi, insieme alle sonorità, strumento per capire meglio. I bambini hanno bisogno di
ritualità, perché le cose lasciate
al caso, creano confusione. I riti,
sono fondamentali non solo nel
rapporto con gli altri, ma anche
per acquistare sicurezza e fiducia
in sè e nelle proprie capacità
Esperienze, a capire meglio anche quelle cose che sembrano difficili da capire.
• Parte Pratica/Laboratoriale
Ascolto di alcuni brani che saranno utilizzati nel Laboratorio e
nel cammino di Quaresima con i
bambini e le bambine.
Ritualità:
1° Momento: I bambini saranno
in cerchio, seduti in terra, con gli
occhi chiusi. Dovranno stare in
silenzio, per non disturbare l’ascolto dei compagni.
2° Momento: Verrà chiesto ai bambini di togliersi le scarpe, per entrare ancor più a contatto con lo
spazio che avranno a disposizione. Il loro corpo si lascerà trasportare dall’armonia dei brani
proposti. Non dovranno toccarsi
tra di loro. E’ come se fossero da
soli nella stanza, nello spazio a loro disposizione. Saranno solo loro, con il loro corpo e la musica.
3° Momento: Ogni brano sarà legato ad un brano di Vangelo,che
verrà letto ai bambini prima di farlo “vivere”, attraverso il supporto e l’ausilio dei brani musicali.
Durante il momento dell’ascolto
del brano musicale, i bambini e
le bambine vivranno con il corpo ciò che hanno appena sentito
leggere. Ci sarà una breve spiegazione di come dovranno “vivere” il brano di Vangelo stesso,ma
solo dopo si aprirà il dialogo con
loro.
Attraverso il cammino di Quaresima, con i bambini e le bambine, cercheremo di dare una risposta a queste grandi domande.
Il team docente e Sr. Emilia
Scuola dell’Infanzia - 37
Scuola dell’Infanzia
oli,
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Scuola dell’Infanzia
5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 38
S
celta dell’8 per mille per la Chiesa cattolica e del 5 per mille per la Scuola dell’Infanzia
CERTIFICAZIONE UNICA 2016 – per chi non è tenuto alla compilazione del Mod. 730 e Unico
Sotto, il modello della CERTIFICAZIONE UNICA 2016 su cui vanno apposte le firme del dichiarante. E’ possibile recapitare direttamente i propri documenti (dalle ore 9.00 alle ore 11.00, tutti i giorni escluso il mercoledì) alla segreteria della Scuola dell’Infanzia che provvederà all’inoltro.
CERTIFICAZIONE
UNICA2016
PERIODO D’IMPOSTA 2015
Scheda per la scelta della destinazione
dell’8 per mille, del 5 per mille e del 2 per mille dell'IRPEF
CODICE FISCALE
SCELTA PER LA DESTINAZIONE DEL CINQUE PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE in UNO degli spazi sottostanti)
Da utilizzare esclusivamente nei casi di esonero dalla presentazione della dichiarazione
(per le modalità di presentazione vedasi il paragrafo 3.4)
SOSTEGNO DEL VOLONTARIATO E DELLE ALTRE ORGANIZZAZIONI
NON LUCRATIVE DI UTILITA’ SOCIALE, DELLE ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE
SOCIALE E DELLE ASSOCIAZIONI E FONDAZIONI RICONOSCIUTE CHE OPERANO
NEI SETTORI DI CUI ALL’ART. 10, C. 1, LETT A), DEL D.LGS. N. 460 DEL 1997
FIRMA
SOSTITUTO D’IMPOSTA
....................................................................
Codice fiscale del
beneficiario (eventuale)
CODICE FISCALE
CONTRIBUENTE
FIRMA
FIRMA
....................................................................
Codice fiscale del
beneficiario (eventuale)
FINANZIAMENTO DELLA RICERCA SANITARIA
(obbligatorio)
FINANZIAMENTO DELLA RICERCA SCIENTIFICA E DELLA UNIVERSITA’
....................................................................
FINANZIAMENTO A FAVORE DI ORGANISMI PRIVATI DELLE ATTIVITA’ DI TUTELA,
PROMOZIONE E VALORIZZAZIONE DEI BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI
FIRMA
....................................................................
Codice fiscale del
beneficiario (eventuale)
CODICE FISCALE
(obbligatorio)
SOSTEGNO DELLE ATTIVITA’ SOCIALI SVOLTE DAL COMUNE DI RESIDENZA
COGNOME (per le donne indicare il cognome da nubile)
NOME
SESSO (M o F)
DATI
ANAGRAFICI
FIRMA
DATA DI NASCITA
GIORNO
MESE
COMUNE (O STATO ESTERO) DI NASCITA
....................................................................
FIRMA
....................................................................
Codice fiscale del
beneficiario (eventuale)
PROVINCIA (sigla)
ANNO
SOSTEGNO ALLE ASSOCIAZIONI SPORTIVE DILETTANTISTICHE RICONOSCIUTE
AI FINI SPORTIVI DAL CONI A NORMA DI LEGGE CHE SVOLGONO
UNA RILEVANTE ATTIVITA’ DI INTERESSE SOCIALE
AVVERTENZE
Per esprimere la scelta a favore di una delle finalità destinatarie della quota del cinque per mille dell’IRPEF, il contribuente deve
apporre la propria firma nel riquadro corrispondente. Il contribuente ha inoltre la facoltà di indicare anche il codice fiscale di
un soggetto beneficiario. La scelta deve essere fatta esclusivamente per una sola delle finalità beneficiarie.
LE SCELTE PER LA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE, DEL CINQUE PER MILLE E DEL DUE PER MILLE
DELL’IRPEF NON SONO IN ALCUN MODO ALTERNATIVE FRA LORO.
SCELTA PER LA DESTINAZIONE DEL DUE PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE nello spazio sottostante)
PERTANTO POSSONO ESSERE ESPRESSE TUTTE E QUATTRO LE SCELTE.
PARTITO POLITICO
CODICE
SCELTA PER LA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE in UNO degli spazi sottostanti)
STATO
CHIESA CATTOLICA
UNIONE CHIESE CRISTIANE AVVENTISTE
DEL 7° GIORNO
ASSEMBLEE DI DIO IN ITALIA
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
CHIESA EVANGELICA VALDESE
(Unione delle Chiese metodiste e Valdesi)
CHIESA EVANGELICA LUTERANA
IN ITALIA
UNIONE COMUNITA’ EBRAICHE
ITALIANE
SACRA ARCIDIOCESI
ORTODOSSA D’ITALIA ED ESARCATO
PER L’EUROPA MERIDIONALE
FIRMA
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
AVVERTENZE
Per esprimere la scelta a favore di uno dei partiti politici beneficiari del due per mille dell’IRPEF, il contribuente deve apporre la
propria firma nel riquadro, indicando il codice del partito prescelto. La scelta deve essere fatta esclusivamente per uno solo dei
partiti politici beneficiari.
SCELTA PER LA DESTINAZIONE DEL DUE PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE nello spazio sottostante)
ASSOCIAZIONE CULTURALE
FIRMA
....................................................................
Indicare il codice
fiscale del beneficiario
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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CHIESA APOSTOLICA IN ITALIA
UNIONE CRISTIANA EVANGELICA
BATTISTA D’ITALIA
UNIONE BUDDHISTA ITALIANA
UNIONE INDUISTA ITALIANA
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AVVERTENZE
Per esprimere la scelta a favore di una delle istituzioni beneficiarie della quota dell'otto per mille dell'IRPEF, il contribuente deve apporre la propria firma nel riquadro corrispondente. La scelta deve essere fatta esclusivamente per una delle istituzioni beneficiarie.
La mancanza della firma in uno dei riquadri previsti costituisce scelta non espressa da parte del contribuente. In tal caso, la ripartizione della quota d’imposta non attribuita è stabilita in proporzione alle scelte espresse. La quota non attribuita spettante
alle Assemblee di Dio in Italia e alla Chiesa Apostolica in Italia è devoluta alla gestione statale.
Un momento dell’attività con “Elmer”, l’elefantino variopinto
38 - Scuola dell’Infanzia
AVVERTENZE
Per esprimere la scelta a favore di una delle associazioni culturali destinatarie del due per mille dell’IRPEF, il contribuente deve
apporre la propria firma nel riquadro, indicando il codice fiscale del soggetto beneficiario. La scelta deve essere fatta esclusivamente per una sola delle associazioni culturali beneficiarie.
In aggiunta a quanto indicato nellinformativa sul trattamento dei dati, contenuta nelle istruzioni, si precisa
che i dati personali del contribuente verranno utilizzati solo dallAgenzia delle Entrate per attuare la scelta.
IN CASO DI UNA O PIU’ SCELTE E’ NECESSARIO APPORRE LA FIRMA ANCHE NEL RIQUADRO SOTTOSTANTE.
Il sottoscritto dichiara, sotto la propria responsabilità, che non è tenuto né
intende avvalersi della facoltà di presentare la dichiarazione dei redditi
(Mod. 730 o UNICO - Persone fisiche).
Per le modalità di invio della scheda, vedere il paragrafo 3.4 “Modalità
di invio della scheda”.
FIRMA
5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 39
Suggestioni nell’incontro con la natura…
L
e educatrici del nido “In
Cammino” da cinque anni stanno partecipando a
percorsi di formazione organizzati dall’Ambito territoriale della
Val Seriana con formatrice la dottoressa Monica Guerra, ricercatrice di didattica e ricerca educativa presso il Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione dell’Università di Milano - Bicocca.
Trattasi di appuntamenti importanti che cercano di cogliere i segni dei tempi e promuovere elaborazioni innovative con l’intenzione di incidere sulla cultura dell’infanzia: esplorare, apprendere
nelle relazioni, stabilire connessioni, documentare l’esperienza
e guidarla con professionalità, sapienza organizzativa, cultura e sistematicità creativa assumendosi
responsabilità che interpellano
tutti gli attori coinvolti nel processo – prima di tutto i bambini
– al fine di offrire piste e acquistare consapevolezza delle proprie potenzialità, delle conquiste
progressive, dell’impegno neces-
sario… Sono inviti a noi educatori ad interpretare l’esperienza
dei piccoli e ad individuare con
passione e razionalità, flessibilità
e metodo, esperienze che i bambini compiono negli ambienti da
noi predisposti e ad identificare i
passi possibili con i quali accompagnarli verso una crescita
più ricca.
Il percorso sta toccando i seguenti
argomenti: progettazione e documentazione nella relazione con
le famiglie ed educazione naturale.
E’ in questa prospettiva che si
discutono significati e potenzialità dell’esperienza in natura per
i bambini; infatti tra i più giovani
e la natura pare esserci una vicinanza verrebbe da dire naturale,
una tensione connaturata che gli
adulti sembrano spesso non avvertire più ma che è ben visibile
laddove e qualora si permetta ai
bambini di stare all’esterno secondo tempi e modi non totalmente predefiniti dagli adulti.
E stare in natura fa bene a molti
livelli: un primo livello è quello
fisico, l’esperienza all’aperto giova al corpo, alla sua capacità di
movimento, alla sua elasticità e
flessibilità … un secondo livello
più nascosto e tuttavia rilevante
attiene ad un benessere psicofisico; diverse ricerche mostrano
infatti come lo stress cali in natura: per questo da più parti giunge
l’invito a spronare a giocare all’aperto, in spazi verdi, a far uscire i bambini nel giardino dell’asilo. Tutto ciò contribuisce ad evidenziare come la carenza di esperienze in natura possa produrre
dei disturbi da deficit di natura.
Infatti la natura accresce le capacità sensoriali che sono il primo e più importante strumento di
autodifesa di un bambino non dimenticando che il gioco nella natura può infondere un’istintiva fiducia in se stessi.
La pedagogista non esita a rimarcare l’importanza dello stare all’aperto a contatto con la natura
come fonte di benessere. Anche
i pediatri sostengono ultimamen-
Carità in azione - 39
Scuola dell’Infanzia
Percorsi di naturalità
Scuola dell’Infanzia
5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 40
te i benefici delle ore trascorse nel
verde sia per la salute che per lo
sviluppo intellettivo. Inoltre l’educazione naturale ha anche lo
scopo più globale di reincentivare l’amore per la natura, che ultimamente nelle nuove generazioni si sta perdendo, al fine di custodire il pianeta.
Quest’anno il corso è iniziato nel
mese di gennaio con un seminario di otto ore svoltosi presso l’asilo nido di Albino, con l’obiettivo di sperimentare la ricerca di
materiali trovati nel giardino a cui
far seguire momenti di riflessione
e condivisione sull’utilizzo che se
ne può fare nei singoli servizi e
con i bambini.
Il cuore del percorso si svolgerà
il fine settimana del 30 aprile
1° maggio 2016 con un convegno a Borgo Valsugana nei pressi del parco Arte Sella dove esperti botanici ed esperti dell’Associazione Natura e Bambini coinvolgeranno le partecipanti in attività ed escursioni per sperimentare in prima persona il vivere a
contatto con la natura e trovare
spunti per riporre esperienze di
educazione naturale ai bambini
nei contesti di appartenenza.
Il materiale raccolto in natura ha
grandi potenzialità in quanto è
multi ed inter disciplinare ed offre ai bambini occasioni di apprendimento (seriazione, classificazione, concetti topologici, esplorazioni sensoriali, osservazione
delle trasformazioni dettate dallo
scorrere del tempo...).
L’educatore anche in questa situazione si gioca nel ruolo di regia progettando e scegliendo lo
stare in natura.
Traendo spunto da questi incontri nel nostro nido già dallo scorso anno abbiamo incrementato
l’utilizzo di giochi di legno, ma
anche di materiali naturali quali
pigne, conchiglie, sezioni di tronchi d’albero, rametti, sassi, foglie,
bucce di agrumi essicate… per allinearci sempre più alla linea di
pensiero offerta e proposta da una
grande esperta.
Il Team educante
Piccole azioni di cura, interessanti segnali di impegno
all’interno dei locali del Nido…
40 - Carità in azione
5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 41
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olto interessante il volumetto «Piccolo manuale della famiglia» (Giunti Editore) che ripropone – subito dopo il
Sinodo per la famiglia – alcune meditazioni che l’arcivescovo di Milano scomparso nel 2012 propose nel 1994
sotto il titolo «Il vino nuovo» e riservate appunto a coppie e famiglie: l’educazione religiosa dei figli, l’approccio ad anziani e adolescenti, il nodo della scelta.
Si intitola «Fuori dalla schiavitù di un mondo distratto» la presentazione che la scrittrice Mariapia Veladiano antepone al libro e di cui pubblichiamo un piccolo stralcio.
“Il tradimento più terribile della promessa educativa è sottilmente far passare nei figli l’idea che 'così è la vita' e che il
massimo che possiamo desiderare è trovare la misura piccola del nostro compromesso quotidiano. Fare come tutti, o
appena un poco meglio di tutti. Essere cristiani non è questa cosa qua (…). Libertà è forse la parola che ritorna di più
in questi scritti e Martini la spiega ai genitori come risultato possibile di un’alleanza fra famiglia e società intera. La solitudine dei genitori di fronte al compito educativo è micidiale. Un figlio libero è un figlio felice e questa parola la si può
osare più di quanto la nostra paura oggi lo permetta perché il credente sa che questo mondo non è il paradiso ma sa
che nelle relazioni costruite, nella giustizia minutamente agita può crescere il buon giardino in cui già ora vivere bene,
abbastanza bene.
È questa la promessa”.
Carità in azione - 41
Scuola dell’Infanzia
Carità in azione
5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 42
Padre Filippo,
festa per il suo 25° di ordinazione!
S
ignore, insegnami che la
mia vita è un cammino con
te, per imparare, come te,
a donarmi per amore.
Con questa preghiera finale si è
conclusa la S. Messa celebrata
l’otto dicembre scorso durante
la quale si è festeggiato Padre Filippo Rondi missionario saveriano, per il suo 25° di ordinazione sacerdotale. L’immagine
del cammino si manifesta con
forza nella vita di Padre Filippo
che ha scelto di spendere la propria vita camminando a fianco
di chi ha più bisogno; animato
dall’ardente desiderio di farsi
compagno di viaggio della gente che si trova ai margini, nelle
periferie esistenziali e materiali
del mondo, prima in Bangladesh
e ora in Italia, Padre Filippo non
ha mai smesso di “camminare”!
Durante l’omelia, Padre Filippo
ha tratteggiato alcuni dei momenti più significativi della sua
vita, evidenziando come il Signore lo abbia chiamato a svolgere compiti e attività in modi e
tempi sempre diversi. Nonostante
a volte non siano mancate e non
manchino tuttora, come nella vita di ogni uomo, fatiche e difficoltà, Padre Filippo sceglie ogni
giorno di porsi al servizio e in
ascolto di tutti, a partire da chi
ha più bisogno: questa testimonianza deve essere quindi da stimolo per tutti noi, perché non
permettiamo alle nostre coscienze di assopirsi ma cerchiamo di mantenerci sempre
in movimento, in ascolto, con
generosità e intelligenza, del
mondo che ci circonda.
42 - Vita parrocchiale
Con questa celebrazione solenne l’intera comunità ha voluto
ringraziare il Signore per il dono grande della presenza di Padre Filippo come uomo religioso e missionario, testimone credente e credibile di vita, di fede,
di carità e amore verso il prossimo. Al termine della Messa, il
gruppo missionario di Villa di Serio, a nome della comunità, ha
consegnato, alcuni doni a Padre
Filippo, a segno della riconoscenza per quanto ha compiuto
in terra di missione e continua a
fare ora in diversi luoghi e tempi, al servizio dei fratelli.
Nella stessa celebrazione è stato ricordato anche Padre Giuseppe Rinaldi, anch’egli missionario saveriano, che ha festeggiato il 56° di ordinazione sacerdotale.
Per il Gruppo Missionario
Maria Corna
Il Gruppo Missionario augura una
serena Santa Pasqua a tutta la comunità, con le parole che ci ha
scritto in una delle sue lettere più
recenti suor Nives, dall’Etiopia,
auspicando “che i cristiani si riconoscano perché non pregano
il pane al singolare dicendo “Dammi oggi il mio pane”, ma Lo pregano al plurale: “Dacci oggi il
nostro pane quotidiano”. La S.
Pasqua aiuti quindi a far comprendere a tutti noi “la necessità che ci sia pane per tutti, a cominciare da quelli per i quali la
vita non è vita, per coloro che
piangono e che hanno fame”.
5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 43
L’appartenenza a una famiglia povera e numerosa, 13 fratelli in 13 anni, la reazione a situazioni di grande difficoltà, orfano di padre e madre a 18 anni, con la perdita di un figlio morto tragicamente, è una caratteristica tra le
persone che senza enfasi alcuna accettano di parlare di sé per trasmettere il loro vissuto. Nei periodi di crisi profonda saper non rassegnarsi ed assumersi responsabilità diverse, magari verso gli altri, potrebbe sembrare un semplice modo per estraniarsi dalla tragica realtà in cui ti trovi a vivere, insomma, può dare l’idea di voler scappare
da sé stessi. Tutt’altro, l’animo di chi oggi si racconta è invece un impeto di volontà per voler lottare e impegnarsi
con un imperativo di vita e di coscienza che vuole dire: ci sono e voglio esserci comunque, costi quel che costi.
La vita è un dono, siamo di passaggio, ma questo grandissimo dono non va sprecato in sterili pianti su sé stessi pur
in tragiche situazioni. Già, facile a dirsi ma difficile a farsi. Ecco allora gli esempi. Persone che hanno speso tutto
per la famiglia e gli affetti più cari senza trascurare nulla, soprattutto il vicino, il loro prossimo. Se poi la tragedia
ti opprime, il tuo impegno non viene comunque a scemare pur se in difficoltà. Uomini che hanno coltivato e continuano a coltivare la speranza per raccogliere frutti che siano il loro e l’altrui futuro. Uomini forse in su con gli anni, sempre attivi, giovani soprattutto dentro, che spendono il loro vivere con un ideale che sa di gioventù: gaudeamus igitur, juvenes sumus. Questa forza interiore fa nascere dal cuore la preghiera di speranza che il nostro intervistato eleva al Signore:
Signore, fa che io sia del mio tempo
e non della mia eta`,
che io sappia comprendere
piu` che giudicare,
incoraggiare piu` che diffidare.
E
d eccoci a lei sig. Camillo, villese doc, nato
e vissuto sempre a Villa.
Ci parli un poco di lei.
“Mi chiamo Corti Camillo Luigi,
nome del nonno, e Isaia, nome
del bisnonno; sono nato a Villa di
Serio il 24 luglio del 1931. Quando nacqui i miei abitavano al “Signur di lonc” , il signore dei lunghi, in contraddizione col nostro
cognome, Corti. Signur di lonc era
ed è la santella dedicata a Gesù
che si trova poco avanti il sagrato della chiesa parrocchiale scendendo sulla sinistra ed era così
chiamata perché la famiglia Longhi, storica famiglia di sagristi, era
quella che si occupava del suo
decoro. Mio padre estraeva la sabbia sul greto del Serio. Con una
rete metallica, un piccone ed un
badile setacciava la sabbia che
poi vendeva ai carrettieri che la
consegnavano ai muratori. Non
c’erano i frantoi come adesso e
per il loro setacciare venivano
Fa che resista alla tentazione
di raccontarmi.
Fammi capire che e` importante
cio` che faccio oggi,
non cio` che ho fatto dieci anni fa.
chiamati “crielì” dal dialetto “crielà” che significa vagliare, setacciare. Era un lavoro pesante che
papà svolgeva con altri colleghi
senza diritto alcuno. Non c’erano né ferie né malattia. Mia madre invece si occupava della famiglia. Dal loro matrimonio sono nati ben tredici figli. Tredici
anni, tredici figli, ed io sono il primogenito. Alcuni fratelli sono morti quando ancora erano molto piccoli. Quattro di loro in sedici mesi. Una sorellina è morta per una
grave scottatura, un’altra di difterite, uno di broncopolmonite e
uno di gastroenterite. Si moriva
spesso per malattie infettive, come la gastroenterite in quanto l’igiene era quel che era, non esistevano fognature né acqua corrente in casa. Ci si approvvigionava presso le cinque fontane del
paese”.
Sicuramente il periodo storico relativo alla sua infanzia non è sta-
to uno dei più floridi dal punto
di vista economico, la povertà
era diffusa, oltretutto ci si avvicinava anche alla seconda guerra mondiale.
“Ho frequentato la suola dell’obbligo fino alla quarta elementare,
poi la maestra, la chiamavano
“stomeghì de fer”, si rivolse a mio
padre per proporgli per me la continuazione degli studi in quanto
pare fossi bravo e portato. Ricordo che dopo poche settimane dall’inizio dell’anno scolastico avevo già imparato a memoria diverse pagine del sussidiario. Mi
piaceva studiare. Mi piacevano
la storia e la geografia. Purtroppo
però non vi era la disponibilità
economica per poter continuare
gli studi e quindi non ho potuto
proseguire. Ciò però non mi ha
impedito di soddisfare la mia sete di conoscenza. Presso la parrocchia infatti c’era una biblioteca dove mi recavo spesso per leggere i libri che lì erano raccolti.
Vita parrocchiale - 43
Voci della nostra storia
Impegno Comunitario
Voci della nostra storia
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Erano libri che narravano per lo
più le esperienze di padri missionari ma c’erano anche quelli di
Emilio Salgari che mi affascinavano. Mi chiederà poi quali altri
divertimenti e svaghi praticavo da
piccolo con gli amici. Le dico subito che erano pochi, sia perché
non è che ce ne fossero a disposizione, sia perché tutti, anche i
piccoli, nei tempi liberi dalla scuola dovevano aiutare in famiglia:
chi in casa, chi nella stalla, chi
nell’orto. Una volta liberi c’era
l’oratorio. L’oratorio era la nostra
seconda casa. Lì si giocava con
niente, qualche volta a pallone
quando non giocavano i grandi.
Era un posto di aggregazione, era
bello il solo fatto di stare insieme”.
Mi par di capire che pur nelle ristrettezze la sua infanzia sia stata spensierata o no?
“Direi di no! La mia vita è stata
segnata dalla morte di mia madre. Improvvisamente ha iniziato a soffrire di esaurimenti.
Allora le attenzioni e soprattutto le cure di oggi contro le
malattie psichico - neurologiche erano latenti. Non esistevano in ospedale reparti ad esse preposti. C’era solo il manicomio. Lì purtroppo mia madre veniva ricoverata per trenta o quaranta giorni per essere
sottoposta alle terapie di allora: l’elettroshock. Rimessa un
poco in sesto, si fa per dire, la
rimandavano a casa. In una di
queste terapie mia madre è venuta a mancare. L’ennesimo
elettroshock l’ha in pratica fatta morire. Ricordo che erano
le 10 di mattina. Saputo della
tragedia con una bicicletta prestata io e tata, così chiamavamo
papà, abbiamo raggiunto l’ospedale. Una suora, dopo i poveri
convenevoli di rito, ci ha chiamati
alla realtà dicendoci che dovevamo occuparci della salma. Non
avendo disponibilità, la suora ci
ha allora indirizzato al sindaco di
Bergamo. Era il dott. Galmozzi il
quale ci ha messo a disposizione
un carro trainato da cavallo per
il trasporto della salma dal manicomio al cimitero. Siamo andati
al cimitero di Bergamo dove un
frate ci ha accolto e ci ha garan44 - Vita parrocchiale
tito il funerale. Al rito funebre erano presenti sette persone: due fratelli della mamma, una sua zia, il
marito di lei alcuni figli. Mia mamma avrebbe meritato ben altro.
Avevo quindici anni e la vita segnata”.
Momenti purtroppo assai tristi,
lutti continui, perdita della mamma, la guerra appena finita, e miseria ovunque.
“Rimasti senza madre è stato papà ad occuparsi di noi. E per farci capire che aria tirasse ci diceva sempre che la nostra era la casa delle quattro f: fame, fumo, fastidio e fatica. Consideri che la
colazione consisteva in un litro di
latte da suddividere in otto persone. Era più acqua che latte. Pasta non c’era perché era appena
terminata la guerra. Alle volte avevamo un poco di farina, polenta
che avanzava ad altri e pane duro. Non buttavamo nulla.
Quando c’era stata data la possibilità di coltivare un pezzettino di
orto, seminavamo patate. Mangiavamo patate nel latte. Non era
molto indovinato come abbinamento ma quando “la fam la gha
resù”, e la fame ha sempre ragione, andava bene anche quello.
Eravamo poveri e basta. Anche i
vestiti erano quelli donatici da altri. Piccoli o grandi che fossero una
volta indossati erano perfetti”.
Ma non sarà sempre stato così?
“No, ma quasi! Finalmente mio
padre trova una degna occupa-
zione alla Sacelit di Alzano Lombardo, una ditta con sede nei pressi dell’ospedale dove realizzavano manufatti edili. Nello stabilimento c’era la mensa e, conoscendo la nostra situazione, le
donne che servivano in mensa
consegnavano a papà la minestra e quel poco che avanzava da
portare a casa. Già poco perché
se noi eravamo in miseria non è
che gli altri stessero molto meglio
e avanzare pietanza era peccato
mortale. Quando arrivava a casa
noi mangiavamo quello che ci
aveva portato. Lui si accontentava di un “crostel de pa” e un quartino di vino. Le mie sono state
un’infanzia ed un’adolescenza di
privazioni gravate dall’inevitabile carico familiare e dalla perdita di mamma. Mia madre mi diceva sempre: almeno tu che sei il
primo dammi una mano. Io piangevo, mi ribellavo un poco perché volevo vivere anch’io la mia
infanzia e la mia adolescenza.
Lamentavo il fatto che toccasse sempre a me per il solo fatto di essere il primogenito, ma
presumo, col senno di poi, che
sarà stata così anche per gli altri fratelli. Mio padre aveva ragione, nella casa delle 4 f, fame, fumo, fastidio e fatica, queste compagne non ti abbandonano facilmente, anzi se ad esse aggiungi anche qualche tragedia pare proprio la fine. Mio
padre era piccolo e minuto ma
era un grandissimo lavoratore.
Tutti i giorni scaricava duecento e più quintali di cemento con
un suo collega di Albino. Un
giorno scoppia un incendio nello stabilimento. Papà prodigandosi per aiutare a spegnerlo scivola, cade e si frattura entrambe le gambe in vari punti.
Disgraziatamente è iniziato il suo
calvario, alle fratture subentra la
cancrena. Quando le cose sembravano cambiare ecco una nuova tragedia sull’uscio di casa. Si
cominciava a stare discretamente, dicevo, infatti avevamo ammazzato il nostro primo maiale.
L’avevamo comprato e l’avevamo
allevato per bene. Centoquaranta chili. Per festeggiare l’ultimo
giorno dell’anno abbiamo invitato il nonno, le zie e lo zio. Una
gran festa, finita non bene perché
5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 45
mamma.”
La perdita di entrambi i genitori
in poco tempo è una tragedia su
tragedia. A lei poi è caduta addosso pure la responsabilità dei
fratelli. Quale fu la sua reazione?
“Il primo dell’anno è stato fatto il
funerale. Io avevo speso tutti i miei
risparmi ed avrei preso lo stipendio solo dopo otto giorni. Ricordo che ero seduto in cucina con
i miei fratelli e pensavo a come
avremmo potuto o dovuto fare per
mangiare un boccone. Non avevamo proprio nulla. Ero preoccupato. D’improvviso mi son sentito chiamare fuori casa e ho trovato di fronte a me alcune persone del paese con un cesto in mano. Era colmo di prodotti alimentari
e come se ciò non bastasse ci hanno consegnato pure 20.000 lire.
Questo gesto di solidarietà ci ha
permesso di andare avanti per un
bel po’ anche se era dura, perché
prima di tutto eravamo soli, ed io
ero quello che doveva occuparsi
della famiglia col sostegno del mio
solo stipendio che non era faraonico, anzi. Spesso mi domandavo: ma io, quando e come potrò
vivere la mia gioventù? La reazione è nata dal desiderio di riscatto e dall’orgoglio. Riscatto dalle privazioni, dalle umiliazioni,
dal dover indossare l’abbigliamento degli altri. Volevo riscattarmi da tutto quello che la miseria mi ha obbligato a subire, ma
anche dalle umiliazioni, tante e
cattive. Quando andavo all’oratorio quelli che avrebbero dovuto essere amici, compagni, spesso, annuendo a mia mamma, dicevano che era matta, non malata, ma matta Non era vero, avrei
voluto dire che non era vero ma
era impossibile: cattiveria e malelingue ci sono state e sempre ci
saranno”.
Prosegue nel prossimo numero.
Simona Camolese
Battesimi
ZANGA GABRIELE
di Diego e Cuni Silvia
BALOSSI ANDREA GIULIA
di Alessandro e Sorrentino Tiziana
PEZZOTTA FILIPPO
di Marco e Marcassoli Nadia
ALBORGHETTI MARTINA
di Giuseppe e Lenzi Francesca
BARCELLA DYLAN
di Luigi e Marchetti Jessica
MORETTINI RICCARDO
di Raul e Bagni Marzia
SARHEI GABRIEL
di Vahid e Roncoroni Tiziana
BERZI LINDA
di Angelo e Pagani Valentina
FORLANI OMAR
di Mauro e Rivellini Silvia
CASTELLETI LAURA
di Gianfranco e Pievani Cristina
Tornati alla Casa del Padre
PERSICO LEONE
SEMINATI PAOLINA
MANTOVANI TRIESTE PULIN
ZANOIA ENNIO
FACHERIS MARIO
MAGLIA GUIDO
ROSSI GIAMBATTISTA
LONGHI ANNA
LORENZI MARIA
MARCHESI GIUSEPPE
ZANCHI ESTER
SALVI LIDIA
ANNI 47
ANNI 90
ANNI 83
ANNI 90
ANNI 56
ANNI 90
ANNI 69
ANNI 86
ANNI 91
ANNI 88
ANNI 80
ANNI 89
Vita parrocchiale - 45
Anagrafe
ci siamo sentiti male tutti in quanto non eravamo abituati a mangiare. Questa però non è stata
un’avversità, la tragedia era dietro l’angolo, Ricordo che avevo
diciotto anni. Mio padre continuava a peggiorare e circa un anno dopo chiamatomi al suo capezzale mi disse: “so dre’ che ndò”.
Abbiamo chiamato don Giuseppe che è venuto per dargli l’estrema unzione e per accompagnarlo nel suo ultimo viatico. Ricordo che prima di morire mio
padre, ormai senza voce, mi ha
preso il braccio e con l’indice dell’altra mano mi indicato gli altri
fratelli e poi mi ha fatto un gesto
significativo come a dire: mi raccomando, te li raccomando. Poi
è spirato. Anche io lavoravo alla
Sacelit e avevo messo da parte alcuni risparmi, 90.000 lire per comprarmi una moto. Quei risparmi
li ho spesi tutti per il funerale di
papà perché non volevo che avesse un funerale come quello di
Grandangolo
5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 46
Papà e mamma,miglior culla
dell’identità umana
Don RENZO CASERI (Consulente etico dei Consultori familiari
della Fondazione Angelo Custo de Onlus)
in l’Eco di Bergamo, Lunedì 15 febbraio 2016, prima pagina e pag. 9
“S
i faccia una discussione seria e poi il Parlamento decida” ha detto Renzi a riguardo del dibattito
in corso sulle unioni civili. Ma
stando a ciò che viene riportato
dai media è proprio questa “serietà” che sembra mancare. Mi riferisco alla capacità dei nostri parlamentari di dialogare fornendo
argomentazioni ragionevoli che
possano condurre a un accordo.
Sta prevalendo invece il buttare in
faccia la propria idea aspettando
il momento della conta dei voti.
Ora se la questione è approvare
una legge che istituisca le unioni
civili per garantire in modo automatico dei diritti per le coppie
omosessuali, su questo la maggioranza degli italiani e dei parlamentari è d’accordo, se invece
la questione è approvare le unioni civili perché si possa poi rivendicare il diritto al figlio allora
la maggioranza degli italiani non
è d’accordo. Forse perché si vanno a toccare le basi dell’esistenza umana, della famiglia e della
società. Di questo bisognerebbe
discutere.
Per esempio la questione dell’origine personale. E’ evidente che
colui che è messo al mondo è in
relazione con coloro che lo hanno messo al mondo. Ma chi è intervenuto nel mettere al mondo
questa bambina o questo bambino fornendo l’ovulo, il seme o l’u46 - Vita parrocchiale
tero, ha il dovere di essere in relazione con lei/lui o può disinteressarsene? In altre parole c’è una
responsabilità in chi partecipa alla generazione di un bambino oppure si può bypassare questo dato oggettivo utilizzando termini
tecnici come “donatore di gameti” e “maternità surrogata”, oppure introducendo nuove figure
legali come “genitore biologico”
, “coppia committente” o “genitori affettivi”? Se si fa a pezzettini l’origine biologica di una persona vuol dire privarla delle sue
radici. Non è uguale a chi perde
i genitori, perché l’orfano può risalire alle sue origini, attraverso
il racconto dei parenti per esempio. Perché un bimbo non dovrebbe avere il diritto di sapere
da chi ha preso gli occhi verdi e
i capelli castani? Solo perché noi
riteniamo che sia più importante
l’amore della biologia? La prima
domanda del medico quando un
bambino ha qualche disturbo è
se c’è familiarità con qualcuno
dei suoi parenti. L’identità biologica incide in modo importante
sulla propria storia personale.
Uguale importanza ha il sapere
con certezza chi è la propria mamma e il proprio papà. Con l’utero
in affitto abbiamo invece la moltiplicazione delle figure genitoriali. Ora qual è la condizione migliore per un bambino? Di certo
quella della continuità genitoriale cioè che i suoi genitori siano i
medesimi che gli hanno dato l’i-
dentità biologica e poi quella affettiva e sociale. Ogni discontinuità produce traumi e crea confusione.
Si è anche detto che è meglio che
un bambino cresca dentro una
coppia omosessuale che vive in
armonia affettiva piuttosto che
dentro una coppia eterosessuale
conflittuale. Posta così la questione è subdola e ingannevole.
Perché ci sia confronto ci devono essere parità di condizioni. E’
meglio allora che cresca dentro
una coppia omosessuale armonica o dentro una coppia eterosessuale armonica?
A parità di condizioni a me sembra che la differenza sessuale sia
un elemento di ricchezza. Ovviamente da sola non basta perché ci sia un buon rapporto educativo. Ma dire che la differenza
sessuale è indifferente per la crescita personale di un bambino è
mistificare la realtà, oltre che contraddire quanto insegna la moderna psicologia dello sviluppo.
Ci si potrebbe anche chiedere se
il bambino che ha a che fare con
persone di sesso diverso non faccia un’esperienza relazionale tendenzialmente più ricca del bambino che si relaziona prevalentemente con persone dello stesso
sesso.
Altra questione interessante è quel-
g. 9
la sociale. La società deve garantirsi vitalità e futuro facendo
in modo che nascano figli e che
all’interno di essa vi sia una mappa genealogica chiara, perché
laddove non è chiaro da dove si
proviene, possono nascere seri
inconvenienti. Tanto è vero che
alcune legislazioni, come quella inglese, sono già intervenute
perché a seguito della fecondazione eterologa è possibile che
un numero imprecisato di bambini abbiano lo stesso genitore
biologico. Questo in futuro po-
trebbe portare a rapporti incestuosi tra persone che ignorano
di avere lo stesso padre biologico. È un problema socialmente
consistente che rimanda ancora
una volta al rapporto tra chi è generato e chi genera.
A me pare che la famiglia concepita come uomo e donna, padre e madre dei loro figli, possa
essere ancora compresa come la
migliore culla per il concepimento e lo sviluppo dell’identità personale. E a chi si presenta
al nostro mondo non si deve forse offrire il meglio disponibile?
Purtroppo nel dibattito in corso
questi aspetti non appaiono, mentre predomina la rivendicazione
del diritto al figlio, come diritto
degli adulti, forse perché i piccoli di queste unioni non hanno
ancora la forza per rivendicare i
loro diritti. Ma i diritti dei minori sono “diritti minori”? Forse è
solo questione di tempo.
Campania Felix e Roma
“Pellegrinaggio giubilare del Bello e del Buono”
Udienza generale con Papa Francesco
13 - 18 giugno 2016
Le tappe del pellegrinaggio
VILLA DI SERIO – CASSINO – NAPOLI: “La bellezza e la bontà dell’ospitalità”
NAPOLI – Escursione POMPEI: “La bellezza e la bontà di Maria”
NAPOLI: “La bellezza e la bontà della città”
Escursione COSTIERA AMALFITANA: “La bellezza e la bontà del creato”
NAPOLI – ROMA: “La bellezza e la bontà della misericordia”
ROMA – VILLA DI SERIO: “La bellezza e la bontà del pellegrinaggio”
Quota di partecipazione
Minimo 40 partecipanti € 770,00
Minimo 50 partecipanti € 720,00
Supplemento camera singola € 160,00
PER MAGGIORI INFORMAZIONI E
ISCRIZIONI RIVOLGERSI ALLA
CASA PARROCCHIALE
Vita parrocchiale - 47
Grandangolo
a
5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.59 Pagina 47
Verso la S. Pasqua
5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.59 Pagina 48
Celebriamo insieme con gioia la S. Pasqua
Confessioni per i ragazzi in Chiesa Parrocchiale
Giovedì
Sabato
Domenica
Martedì
17 Marzo:
19 Marzo:
20 Marzo:
22 Marzo:
ore 14,30
ore 14,30
ore 9,30
ore 14,30
Confessioni per giovani e adulti: in chiesa parrocchiale
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
23 Marzo:
24 Marzo:
25 Marzo:
26 Marzo:
ore 20,30
dalle ore 16,30 alle 18,30
dalle ore 9,30 - 12,00 e 16,30 alle 18,30
dalle ore 9,00 alle 12,00 e dalle 15,00 alle 19,00
Celebrazioni particolari:
Domenica 20 Marzo: Festa delle Palme.
ore 10,00 Processione con i rami di olivo dal Santuario alla Chiesa Parrocchiale
Lunedì 21 Marzo: ore 18,00 in chiesa parrocchiale Pasqua dello sportivo.
Giovedì
24 Marzo: Giovedì Santo.
ore 15,00 preghiera al Santuario per ragazzi
ore 20,30 in chiesa parrocchiale Messa in Coena Domini con la lavanda dei piedi.
e presentazione alla comunità dei bambini della prima Comunione
Dalle ore 22 inizia l’Adorazione Eucaristica dapprima comunitaria.
Dalle 23.00 alle 24.00 ragazzi di Terra di Mezzo
Dalle 24.00 all’1.00 adolescenti e giovani
e poi per tutta la notte in forma personale.
Venerdì
25 Marzo:
ore 8,00
ore 15,00
ore 20,30
Sabato
26 Marzo: Sabato Santo.
ore 14,30 in chiesa parrocchiale Benedizione delle uova.
ore 20,30 in chiesa parrocchiale Solenne Veglia Pasquale e presentazione
alla comunità dei ragazzi che riceveranno la Cresima.
Venerdì Santo.
inizio dei turni di Adorazione per adulti e ragazzi fino alle ore 14,30
in Chiesa Parrocchiale: “Actio liturgica” in memoria della morte di Gesù.
Via Crucis per le vie del paese animata dai giovani.
Domenica 27 Marzo: Solennità della Pasqua.
Le S.S. Messe sono celebrate al solito orario festivo.
Lunedì
28 Marzo: Lunedì dell’Angelo.
Sante Messe in chiesa parrocchiale ore 7,30 – 10,30 - 18,30
S. Messa al Santuario ore 9.00 (è sospesa la Messa delle 20.30).
48 - Cammino di Avvento
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GIORNALE comunità - Parrocchia di Villa di Serio