5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 1 Giornale della Comunità Parrocchiale VILLA DI SERIO Cronaca parrocchiale, appuntamenti... e altro a u q s a P . S a n o u B Anno XXX - n.1 - Marzo 2016 Perdono - Lettera del Parroco 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 2 IL SACRAMENTO DEL PERDONO L 'esercizio del ministero sacerdotale conosce luoghi speciali nei quali al prete è fatto dono di incrociare il passare della tenerezza di Dio verso l'uomo. Uno di questi momenti privilegiati è sicuramente il Sacramento della Riconciliazione. Tramite di una misericordia senza misura, il prete nell'esercizio della Confessione sperimenta la compassione, l'infinita pazienza con la quale il Signore Gesù sostiene ciascuna storia dei fratelli e delle sorelle della comunità. Avvertire la mano dolce e ferma del Pastore che provvede la misericordia e il cibo per ognuna delle sue pecore è per il presbitero esperienza tanto più intensa quanto più il suo ministero è profondamente solidale con la stanchezza, le ferite, lo smarrimento della sua gente. D'altra parte è sempre all'interno di questa liturgia di misericordia che il sacerdote è istruito dalla costatazione che la dolcezza divina che sente fluire sui fratelli è la medesima con la quale il Signore continua a darsi pensiero di non lasciarlo solo mentre egli rinnova il proposito di servire, in totalità di vita, il Vangelo e la Chiesa. Questa esperienza riscalda il cuore del prete. Consola a tal punto che non di rado, proprio mentre è in ascolto della confessione del peccato dei fratelli, il sacerdote abbassa il capo; delicatezza certo di chi teme di imbarazzare con il proprio sguardo il penitente, ma soprattutto improvvisa commozione di fronte alla possibilità in atto di poter condividere la misericordia di Dio con il fratello. Dopo anni di esercizio del ministero della confessione, ci sentiamo soltanto strumenti della misericordia di Dio. Forse nei primi anni da preti rischiava di prevalere anche in noi un tratto più giudicante, o un certo disagio nei confronti di alcune confessioni che avvertivamo povere, quasi inconsistenti. Ma con il passare del tempo è cresciuto so- 2 - Lettera del Parroco 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 3 Lettera del Parroco - 3 Perdono - Lettera del Parroco prattutto il senso di una profonda compassione. Da una parte ci rendiamo conto che c’è tanto male nella vita delle persone, che ci sono uomini e donne che portano dei pesi incredibili con dignità e forza. Dall’altra anche i racconti più poveri chiedono di essere ospitati e accolti: qualcuno viene solo per ricevere una parola di benedizione. Perché negargliela? Ma c’è una ragione ben più profonda della compassione: si tratta di riconoscersi partecipi dello stesso mistero di male e di grazia. Nel peccato dell’altro riconosciamo il nostro. È questo un aspetto molto delicato del ministero della confessione. Spesso l’ascolto delle storie degli altri apre antiche nostre ferite: non siamo migliori dei peccatori che accogliamo nel nome di Dio, e continua a stupirci la scelta di Dio che ha voluto uomini fragili come tutti per amministrare la grazia della sua misericordia. Ricordo di aver letto un bel pensiero del Cardinal Newman che, rivolgendosi ai suoi fedeli, diceva: “Se gli angeli fossero stati i vostri sacerdoti, cari fratelli, non avrebbero potuto partecipare alle vostre sofferenze, né compatirvi, né aver compassione per voi, né provare tenerezza nei vostri confronti e trovare motivi per giustificarvi, come possiamo noi; non avrebbero potuto essere modelli e guide per voi, ed avervi condotto dal vostro uomo vecchio a vita nuova, come lo possono quanti vengono dal vostro stesso ambiente”. Nell’esercizio del sacramento del perdono, scopriamo come la nostra fragilità possa essere una strada di comunione e di sensibilità che favorisce la misericordia. È proprio l’esperienza del male commesso e perdonato a renderci più attenti e sensibili al peccato dell’altro e ad accogliere con infinita misericordia, senza giudizio, la debolezza del fratello. È proprio quello che abbiamo imparato dalla Scrittura. Gesù sembra concedere la sua amicizia soprattutto a chi ha peccato, e rivela costantemente un tratto misericordioso del Padre suo, la gioia degli angeli tutti per chi torna a casa dopo essersi smarrito. Siamo chiamati ad essere testimoni di questa misericordia e della gioia del Padre che si commuove di fronte al più piccolo desiderio di ritorno. Stare in confessionale non è certo facile perché si tratta di sostenere una relazione impegnativa, una relazione che chiede fiducia, un’apertura di credito reciproca. Essenziale è un vero ascolto che chiede affetto e partecipazione. Chi apre il cuore lo fa a partire da un suo cammino, una sua storia che va anzitutto accolta e rispettata. La confessione permette di mettersi al fianco di una libertà che cerca la sua strada, che prova a discernere i passi veri e possibili verso il bene, chiede un cammino comune tra il penitente e il confessore. Tra coloro poi che si avvicinano al confessionale non ci sono solo credenti che provano a condurre un vero e proprio cammino di fede. Non sono poche le condizioni di umanità povera e logorata. L’elenco delle povertà umane sarebbe lungo e sempre incompleto: da chi ripete le stesse cose, a chi non ha nulla da dire; dagli scrupoli religiosi a… Questa folla di poveri chiede udienza alla misericordia e non possiamo sottrarci all’ascolto. Scriveva Timothy Radcliffe, superiore generale emerito dell’ordine dei Domenicani: “Ascoltando una confessione si prende coscienza di non essere uomini superiori. Perché se si è completamente onesti, ci si rende conto che i peccati degli altri sono quelli che anche noi abbiamo commesso, o quantomeno, che avremmo potuto facilmente commettere. Più qualcuno apre il suo cuore e confida la sua lotta interiore, più scopro di essere, come lui, un essere umano, fragile, che ha bisogno di guarigione e di misericordia. Se il prete può offrire parole di incoraggiamento, è perché sono le parole che anche lui ha bisogno di udire. Nella confessione si può dunque condividere la misericordia di Dio con l’altro, la si scopre con lui, in un medesimo pellegrinaggio di guarigione”. Don Paolo Perdono 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 4 BIBBIA: IL POEMA DEL PERDONO ella Bibbia la parola “perdono” è così frequente che sembra addirittura inflazionata. Perdono, misericordia, remissione, assoluzione, indulgenza, grazia. Sembra l’enciclopedia del perdono. Perdono cioè super-dono, arcidono, dono dal valore incalcolabile. Appena dopo lo splendore della creazione, la Bibbia ci racconta l’oscura eclisse provocata dalla caduta dei progenitori chiamati Adamo cioè Uomo ed Eva cioè Donna. E’ tutta una infinita galleria di peccati la storia umana, tutto un correre verso l’abisso della perdizione. La caduta dei progenitori, Caino che uccide il fratello Abele, un gruppo che fa guerra contro un altro gruppo, un popolo che insegue l’altro fino a distruggerlo completamente. Una società che arriva a fare sacrifici umani di bambini e di fanciulle. Un popolo che trascina schiavo un altro popolo. Una storia che arriva a provocare Dio che scatena il diluvio universale. Un popolo, quello ebraico, che giura mille volte fedeltà a Dio e lo rinnega continuamente. Gente che, nonostante la straordinaria manifestazione di Dio tra lampi e fulmini sul monte Sinai e il dono delle Dieci Parole, veri gradini che portano alla vetta della salvezza, si fabbrica idoli di metallo, di pietra e di legno: idoli che N 4 - Vita parrocchiale hanno occhi ma non vedono, orecchie ma non odono, bocca ma non parlano, mani ma non agiscono. Se Dio non ha polverizzato la stirpe umana è proprio perché in lui sta di casa il perdono. Perdona il suo popolo liberandolo dalla schiavitù d’Egitto. Perdona il suo popolo inviandogli continuamente i suoi porta-parola, i profeti anche se spesso inascoltati. Infine perdona l’avarizia degli uomini che gli negano quanto gli sarebbe dovuto come Si- gnore dell’universo e Creatore di tutti gli uomini, inviando loro il Salvatore dal cielo. Un Salvatore massacrato di botte nella passione, rifiutato ed espulso dalla città e consegnato al terribile mostro della morte. Sono così tanti e gravi i peccati degli uomini che nessuno mai è riuscito e forse ri- uscirà mai a contarli. Sono stati così enormi che nessuno è riuscito a calcolarne il volume. Eppure il grande fiume della misericordia divina non si esaurisce mai. Lampi di luce Tra le pagine dell’Antico Testamento alcune espressioni hanno la lucentezza dei diamanti, riflessi straordinari di misericordia. Ne ricordiamo solo alcuni. “Io non voglio la morte del peccatore ma che desista dalla sua condotta e viva”(Ez 33,11). “Se l’empio desiste dalla sua iniquità e compie ciò che è retto e giusto… nessuno dei peccati che ha commessi sarà più ricordato” (Ez 33, 15.16). “Anche se i vostri peccati fossero come lo scarlatto diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana” (Is 1, 18). “Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati” (Ml 7,19). “Ti sei gettato dietro le tue spalle tutti i nostri peccati” (Is 38,17). “Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati… vi darò un cuore nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne” (Ez 36, 25.26). “Io li guarirò dalla loro infedeltà, li amerò di vero cuore” (Os 14,5). Il salmo 135 martella per ben 26 volte l’espressione “eterna è la sua misericordia”. Si stancano prima gli uomini di 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 5 Dio perdona da Dio Dio perdona senza far fatica, senza riserve, senza musonerie, senza tristezza. Il perdono è una chiave che permette a chi è uscito dal cuore di Dio con tristezza di ritornarvi dentro con gioia. Peccare è proprio dell’uomo, perdonare è proprio di Dio. Ce lo ricorda quasi ad ogni pagina il libro dei libri che è la Bibbia. Quanto l’uomo sia una fabbrica dalla produzione continua di peccati è ogni giorno sotto gli occhi di tutti noi: tra gli ambienti della politica, in quelli delle finanze e dei commerci, nei partiti e nelle associazioni, persino nelle Chiese e nelle religioni. Tanto che si può dire: dove c’è un uomo c’è il peccato. Gesù stesso quando parla della sua Chiesa non afferma mai che non vi saranno peccati o mancheranno i Giuda. La paragona ad un campo dove con il grano cresce anche la gramigna, oppure ad una rete con pesci buoni ma anche con pesci cattivi. Santi e peccatori abiteranno sempre la Chiesa. Coloro che si scandalizzano per i peccati che rendono lebbrose le persone di Chiesa ad ogni livello, evidentemente non hanno letto il Vangelo oppure lo hanno letto saltando qualche pagina. Due cascate di perdono Nella Bibbia due sono le cascate del perdono: una proviene da Dio, l’altra è quella che proviene dall’uomo. Dio perdona generosamente, continuamente, gioiosamente. Anche quando l’uomo precipita nel baratro del vizio, nelle sabbie mobili del male, c’è sempre una mano che si tende per sollevarlo. E’ il Creatore che si china sulla creatura per offrirle la grazia del perdono. In una famosa omelia sant’Ambrogio ricorda che dopo sei giorni di “lavoro” per la creazione del mondo, Dio vive il riposo del sabato. “Leggo, spiega il santo, che Dio si riposa dopo la creazione. Ha creato il cielo, ma non leggo che Dio si è riposato. Ha fatto il sole, la luna, le stelle ma non leggo che si è riposato. Leggo che ha fatto l’uomo e allora Dio si è riposato perché aveva ormai qualcuno a cui perdonare”. Dio sosta non per stanchezza, non per inerzia, non per silenzio, ma per curare la sua creatura più amata. Col perdono Dio continua la sua creazione. La seconda cascata proviene dall’uomo. L’uomo deve perdonare se vuole essere perdonato da Dio. Su questo Gesù non ammette eccezioni e non fa nessun sconto. “Se non perdonerete agli altri, neppure Dio perdonerà a voi”. Dio ha condizionato il suo perdono verso di noi, a quello di noi verso gli altri nostri simili. I racconti più belli I racconti più belli sul perdono non li dobbiamo a nessuno dei più grandi letterati della storia umana, di qualunque cultura o religione, filosofia o pedagogia. Li dobbiamo a Gesù che ha inventato le parabole del perdono: vicende dolorose e tristi che hanno tutte una finale gioiosa e di pieno successo. Torna il figliol prodigo e regala una grande gioia al padre; ritrova la sua pecorella smarrita il pastore che chiama gli altri a far festa; è contenta la donna che ha ritrovato la moneta preziosa che aveva smarrito e fa festa con le sue vicine di casa. Tutte le parabole, mentre rivelano il volto misericordioso si Dio che va in cerca di chi si è colpevolmente allontanato da lui, rivelano anche ad ogni uomo la missione di figlio imitatore del padre. Se Dio, il più danneggiato e offeso dai peccati degli uo- mini, arriva a perdonare a loro sacrificando addirittura il suo amato Figlio sui legni della croce, nessun uomo può accampare delle scuse per evitare di perdonare ai suoi simili Fede è perdono: chi non perdona non può dire di credere. Quando Dio comanda un comportamento, non manca mai di dare un incoraggiamento, anzi la forza necessaria per attuarlo. L’ultimo splendido esempio lasciatoci da Gesù riguarda proprio il perdono: Gesù invoca il perdono del Padre persino per coloro che lo stanno crocifiggendo. La Bibbia non è un documento d’archivio o un libro “in folio” da offrire a golosi frequentatori di biblioteche. Non è un testo-soprammobile da non sfogliare troppo per non rovinare il labbro d’oro. La Bibbia, per il credente, è Parola di Dio, viva ed efficace, da calare nel groviglio della nostra storia. Il grande filosofo e mistico francese Pascal annotava nei suoi “Pensieri”: La Scrittura ha passi adatti a consolare tutte le condizioni”, anche quella di chi vive nel bisogno del perdono da parte di Dio e di capacità di offrirlo a dei fratelli. Padre Giuseppe Rinaldi Vita parrocchiale - 5 Perdono peccare che Dio di perdonare. Perdono 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 6 CONSERVARE SEMPRE L’UNITA’ DELLA SCAMBIEVOLE CARITA’ Abbiamo chiesto a suor Anna Benedetta Cornolti, originaria di Villa di Serio e da otto anni clarissa nel Monastero di Foligno, di inviarci la sua testimonianza; ella ha accettato con piacere e nel contempo vuol far prevenire il suo fraterno saluto alla Comunità che l’ha generata alla fede e l’ha accompagnata con la preghiera e il ricordo in questi anni di preparazione alla scelta definitiva di consacrazione sulle orme del padre S. Francesco e della madre S. Chiara. E’ da quasi otto anni che sto seguendo il Signore Gesù sui passi di Santa Chiara di Assisi, vivendo in un monastero di clausura insieme ad altre ventotto sorelle. Otto anni non sono molti, quando guardo le monache più anziane, che hanno già cinquanta, sessanta, settant’anni di vita religiosa. Nello stesso tempo nemmeno sono pochi, perché vedo già cinque sorelle più giovani di me, che hanno abbracciato la stessa forma vita nel nostro Ordine. È dalla concretezza tanto semplice della mia piccola esperienza che condivido con voi un pezzetto della nostra vita fraterna. Mi è capitato spesso, incontrando qualche gruppo di persone in parlatorio, che qualcuno, dopo aver ascoltato come si svolge la nostra vita, timidamente alla fine chiedesse: “Ma voi, litigate qualche volta o andate sempre d’accordo?”. Forse perché è presente un po’ nell’immaginario comune l’idea che il monastero sia una specie di “zona franca”, per stare al sicuro da prove, tentazioni e dalla fatica del credere, propria di ogni cristiano. Al contrario, quanto più ci si avvicina al Signore e si sta con Lui, tanto più si avverte la distanza tra il nostro modo di vivere, magari anche abbastanza buono, e le esigenze della vera carità, che non ha calcolo né mi- 6 - Vita parrocchiale sura. In proposito, mi ricordo ancora di una cosa che mi disse il nostro confessore, poco tempo dopo il mio ingresso in monastero; al termine della confessione, mi disse: “Anna, forse è tempo di iniziare a fare un cammino cristiano”. Sul momento ci rimasi male per quelle parole, che mi erano sembrate un po’ troppo dure; con un po’ di presunzione, infatti, mi dicevo: “Caspita, sono entrata in monastero, l’avrò almeno iniziato un cammino cristiano!”. Ma, dopo aver messo a tacere l’orgoglio e averci riflettuto sopra, compresi la profonda verità di quanto mi era stato detto dal confessore: che Dio mi chiamava lì non perché ero brava, ma per iniziare un cammino serio di sequela. Anche la nostra madre Santa Chiara, nel suo Testamento, parla proprio in questi termini degli inizi della sua vita religiosa a San Damiano: “Dopo che l’Altissimo Padre celeste, per sua misericordia e grazia, si degnò di illuminare il mio cuore perché, per l’insegnamento e l’esempio del beatissimo padre nostro Francesco, facessi penitenza, unita alle poche sorelle che il Signore mi aveva donato poco dopo la mia conversione, volontariamente gli promisi obbedienza” (TSCh, 24). Questo “fare penitenza”, che potrebbe sembrare roba d’altri tempi, altro non è che la quotidiana conversione, la disponi- bilità ad accogliere la grazia di Dio che cambia il nostro cuore, per renderlo mite e umile, a somiglianza di quello del Figlio. Quindi, non un ritirarsi dal mondo per vivere tranquille e senza preoccupazioni, ma iniziare a fare sul serio con il Vangelo di Cristo. E se rimane vero che ciascuna fa il suo personale cammino con Dio, è altrettanto vero che ciò non avviene mai in modo solitario, ma appunto “unita alle sorelle”, nella piccola e concreta porzione di Chiesa che è la comunità: quei volti, quei nomi, quei caratteri, quelle storie, quei pregi, quei limiti, quelle età, quelle provenienze, per tutta la vita. Ritornando allora alla fatidica domanda: “Ma voi, litigate qualche volta?”, la risposta è: “Ebbene sì, qualche volta litighiamo anche noi!” e lo stesso avrebbero risposto Santa Chiara e le sue sorelle ottocento anni fa. Infatti la vita fraterna, vissuta così alle strette, fa emergere con immediatezza la verità del nostro cuore, sia negli aspetti più luminosi, sia nelle ombre. Io stessa posso dire in tutta sincerità di aver iniziato a conoscermi più in profondità e per quello che sono proprio nella vita in monastero. Ed è molto significativo che la madre Santa Chiara, nella Regola (quella Regola che noi ancora oggi professiamo), parli proprio di questa possibili- 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 7 trova la sua origine e possibilità non nello sforzo morale o nei buoni sentimenti, ma nel cuore di Cristo, dal quale io prima di tutto devo sentirmi amata, perdonata, accolta, voluta sempre. Quando io so di essere amata così, allora per la sovrabbondanza del dono di Dio sarò capace di amare, perdonare, accogliere la sorella che vive con me, e che il Signore ama e perdona come fa con me. Il perdono ricevuto, prima di tutto, e dato è proprio al cuore della vita fraterna, è ciò che permette di “conservare l’unità della scambievole carità” e di mantenere saldo quel vincolo che ci lega le une alle altre. Mi sembra, poi, che questa esperienza del perdonarsi vicendevolmente è il modo più sicuro ed efficace per imparare a volerci bene sul serio, perché il vero perdono è senza condizioni, come l’amore. Quanto è bello quando una sorella ha il cuore aperto ad accogliere l’altra anche quando ha sbagliato, senza la pretesa che essa cambi o che diventi una persona migliore! È quello che Gesù fa con noi ed è solo un amore così, senza alcuna pretesa sull’altro e sulla sua vita, che suscita un vero pentimento e la possibilità di cambiare. Desidero condividere un’ultima cosa riguardo a questo. Tutti noi ogni giorno ci troviamo davanti alle mille sofferenze, alle guerre, alle violenze che sembrano non aver fine in questo nostro mondo e, certamente, non è in nostro potere farle cessare. Però è in nostro potere far cessare la guerra che molto spesso è nel nostro cuore, rinunciare ai sentimenti negativi che a volte albergano dentro di noi, scegliere per il vero bene nelle piccole cose di tutti i giorni e accettare anche di soffrirne. Con l’aiuto della grazia di Dio, ciascuno di noi ha in potere se stesso non gli altri o il mondo, ed è proprio questa umile, nascosta e paziente lotta quotidiana che cambia le cose e rende presente già su questa terra il Regno di Dio. Sr. Anna Benedetta Vita parrocchiale - 7 Perdono tà tanto reale e tanto concreta. Si legge infatti: “Se accadesse che tra sorella e sorella per una parola o un gesto talvolta nascesse occasione di turbamento o di scandalo, quella che avrà dato causa al turbamento, subito, prima di offrire davanti al Signore il dono della sua orazione, non solo si getti umilmente ai piedi dell’altra domandando perdono, ma anche la preghi con semplicità di intercedere per lei presso il Signore, perché la perdoni. L’altra poi, memore di quella parola del Signore: se non perdonerete di cuore, nemmeno il Padre vostro celeste perdonerà a voi, perdoni generosamente alla sua sorella ogni offesa fattale” (RSCh,IX); e anche: “Si guardino le sorelle da ogni superbia, vanagloria, invidia, avarizia, cura e sollecitudine di questo mondo, dalla detrazione e mormorazione, dalla discordia e divisione. Siano invece sempre sollecite nel conservare reciprocamente l’unità della scambievole carità, che è il vincolo della perfezione” (RSCh,X). Se quindi ci si scontra con la fragilità propria e altrui, con le resistenze e l’incapacità a vivere secondo il comandamento della carità, il Signore stesso ci indica il perdono come possibilità sempre nuova per ricominciare, per riavvicinarsi, per gustare la gioia che viene dall’esperienza della misericordia. Come per ogni comunità cristiana, anche per una fraternità monastica chi rende possibile questa esperienza è la persona del Signore Gesù, è Lui al centro della vita personale e comunitaria. Ogni gesto e parola di riconciliazione Santa Chiara, particolare di un affresco di Simone Martini nella basilica inferiore di Assisi Perdono 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 8 ASCOLTATI E ACCOLTI Il nostro santuario e il giubileo della misericordia C Madonna del Buon Consiglio on la consueta intraprendenza papa Francesco, nello scorcio dell’anno passato, ha indetto il Giubileo straordinario della Misericordia. L’apertura di una prima Porta santa, con una azione coraggiosa e profetica di grande significato, è avvenuta per mano dello stesso Papa nella sperduta, poverissima chiesa di Bangui nella Repubblica Centrafricana, una terra martoriata teatro di inauditi massacri. Sono poi seguiti, dall’otto dicembre a Roma, i riti di apertura delle Porte sante nelle basiliche papali e, per la prima volta nella storia della Chiesa, nelle cattedrali di tutte le diocesi del mondo. Il Giubileo della Misericordia ha segnato di audace speranza la fine di un anno difficile, il 2015. Un tempo in cui le deboli luci, che pur ci sono state a diradare timidamente l’ombra della grande crisi economica, non hanno impedito l’amarezza e lo sgomento per fatti e tragedie orribili: popoli interi che fuggono dalle guerre e dalla fame lasciando nel mare e sulle coste d’Italia e di Grecia migliaia di morti; terrorismo e crudele violenza che non hanno mancato di insanguinare anche l’Europa e in particolare la Francia e Parigi. Solo un’audace speranza può contrastare le difficoltà e l’impotenza che ci assale e ci impaurisce. Lo sottolineava bene il nostro parroco don Paolo nella messa di capodanno 2016. Una speranza temeraria, audace, quindi attiva, “in servizio”, non dormiente. Una speranza che ci aiuti a non dire più di fronte alle difficoltà: “Se potessi, io sì che farei…” senza poi fare nulla, ma dove ognuno faccia con coraggio e generosità 8 - Vita parrocchiale ciò che può: la sua parte. Una speranza che ci eviti di cadere «nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge»1). Per tutto il tempo del Giubileo, per riscoprire in ogni periferia del mondo la forza della misericordia nella vita quotidiana dei credenti, ogni vescovo ha potuto poi istituire nella propria diocesi luoghi ideali per la preghiera, in special modo nei santuari mariani, “per l’ottenimento della indulgenza giubilare e per incontrare l’abbraccio misericordioso del Padre nella confessione”. Uno di questi luoghi, nella Bergamasca, è il nostro santuario, dedicato alla Madonna del Buon Consiglio. Un nuovo capitolo dunque, in piena umiltà, si aggiunge alla lunga storia del nostro santuario. Ed è straordinario constatare quanta vita abbia ancora oggi, e anzi l’accresca, questo luogo voluto dalla fede semplice dei nostri vecchi in tempi che diremmo tramontati per sempre. A dispetto di ogni relativismo e dell’apparente affievolirsi del trascendente, a fronte di facili e banali consolazioni, ci accorgiamo di quanto bisogno ci sia, oggi più di prima, di luoghi di silenzio e di ascolto. Dove riemergano le istanze più intime dell’uomo vero; quelle che danno un senso a ciò che siamo, ritrovando il bisogno e la gioia di attendere e di essere attesi. Lì possiamo scoprire che l’uomo vero ha il volto che Dio gli ha impresso e che ritroviamo in Gesù Cristo, Dio che si fa uomo. Ecco il proposito sconvolgente che anima il Giubileo di papa Francesco: ritrovare il volto di Dio nel volto dell’uomo e della donna di oggi. E con il suo volto il volto della Misericordia. Allora comprendiamo come i santuari mariani siano luogo ideale: lì si venera la Madre di Gesù, Lei stessa Madre della Misericordia. Con Lei invochiamo la Misericordia che è il vero volto di Dio. Un Dio che cerca l’uomo, innamorato dell’uomo. Un Dio che perdona perché vede primavere nei nostri inverni, vede noi, oltre noi 2). Nessuna fatica quindi, anzi accrescimento di gioia, nella preghiera più vasta e corale che avviene lungo quest’anno nel nostro santuario, mentre viene inscritto il prediletto titolo di Madonna del Buon Consiglio in quello che li ricomprende tutti di Madre della Misericordia. E basterebbe liberarci dalle incrostazioni che ci hanno oscurato e indebolito il pensiero e perfino la coscienza per ritrovare il sentimento dei semplici e dei saggi verso Dio e la Madonna, spesse volte senza distinzione alcuna: il sentimento di figli. Il sentimento di chi sa di doversi affidare, non solo da bambino, ma anche da adulto, quando giustamente libero ed emancipato l’uomo è tanto sapiente da non sentirsi onnipotente. E’ iI sentimento dei figli accolti 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 9 sta letterina scritta da un nostro soldato, tra i più poveri e semplici, possiamo cogliere tutta la ricchezza e il senso più vero e più alto della Misericordia. Lontano da ogni ipocrisia intellettuale, il nostro soldato, mentre vive sulla propria pelle l’esperienza tragica della periferia esistenziale – ce n’è una più grave e più triste della guerra? – sente che la sua preghiera viene ascoltata e accolta. Ne è certo. E questo lo fa vivere. E lo fa piangere. Non di struggimento per la morte che incombe, non per le bombe e per il freddo, ma per il caldo che gli sopraggiunge nell’anima, viva più che mai. Gli bastano il ricordo delle “belle campane”, della Pasqua e delle feste del Buon Consiglio! Lui sa che in quel santuario lontano la sua gente pregherà per lui, e la Madonna, che neanche gli riesce di nominare, lo proteggerà. Casimiro Corna Note: 1. Bolla di indizione del Giubileo straordinario della Misericordia (Misericordiae Vultus), 14-15, in: Messaggio del Santo Padre Francesco per la celebrazione della XLIX Giornata mondiale della pace, 1° Gennaio 2016, cap.2. 2. Ermes Ronchi: “La parola materna che non conosce legge”, Luoghi dell’infinito, dicembre 2015, p.21. LA FAMIGLIA: UNO SPAZIO DI PERDONO L a famiglia, piccola comunità che rappresenta una Chiesa in miniatura, è una palestra di allenamento per la vita ed un luogo deputato all’educazione, alla testimonianza, ma soprattutto alla cura ed al dono gratuito di sé. Sovente i nostri nuclei familiari, contratti in rigidi ed intensi tempi di lavoro e di studio, sono portatori di disagi, di sofferenze e di conflittualità che condizionano la qualità della relazioni al loro interno. Il bisogno di cura che ogni essere umano, fin dal concepimento, porta dentro di sé determina una dipendenza dagli altri che genera legami familiari indissolubili, carichi di amore e di autenticità. In questi scenari di dedizione incondizionata e di vicinanze rassicuranti, il valore di gesti di perdono assume una rilevanza fondamentale per preservare un buon clima emotivo e per facilitare la comunicazione anche in presenza di incomprensioni e tensioni. L’atto del perdono presuppone un processo interiore che esige tempo e che necessita di rielaborazioni per medicare ferite nuove ed antiche. Perdonare presuppone innanzitutto l’intenzione di affrontare una perturbazione intima, talvolta un conflitto con se stessi e con altri, senza minimizzare né amplificare vissuti ed emozioni. In quest’ottica, esercitarsi al dialogo, all’empatia, all’accoglien- za, rappresenta un impegno fruttuoso, che mantiene le persone in cammino, alla ricerca di spazi e tempi dedicati alla tenerezza ed alla presa in carico delle proprie ed altrui fragilità. A volte, per placare gli incendi emotivi che si propagano a seguito di offese, di risentimenti, di rifiuti, servono donne ed uomini capaci di testimoniare un amore che viene assicurato a priori, un amore che prescinde dal comportamento altrui, che non conosce giudizi né chiede corresponsioni, ma che si alimenta della nostra esperienza di esseri perdonati. Non sarebbe pensabile una vita senza perdono, il perdono divino ci precede e ci accompagna lungo tutto il dipanarsi delle nostre esistenze, rendendoci sensibili, comprensivi e misericordiosi verso chi ci sta vicino, oltre che verso noi stessi. Ognuno di noi, facendo esperienza di questa grazia, è in grado di replicarla in relazioni orientate al reciproco rispetto, anche di fronte a pensieri e comportamenti divergenti delle nostre aspettative e prefigurazioni. L’atto del perdono, lontano da pregiudizi di superiorità o dall’esercizio di un egocentrico “buonismo”, assume allora un senso profondo di responsabilità umana interpersonale, improntato alla reciprocità, alla solidarietà, alla fratellanza. Essere consapevoli del nostro bisogno di dare e ricevere perdono ci aiuta ad essere clementi e ad ad abitare i territori della spiritualità e della fede con rinnovata forza e speranza. E. R. Vita parrocchiale - 9 Perdono e che a loro volta accolgono: esperienza che da sola può aprire i cuori specie nelle situazioni più tristi di sofferenza e di solitudine. Tra le carte dell’archivio parrocchiale sono conservate diverse lettere di soldati cha dal fronte scrivevano al parroco durante la seconda guerra mondiale, molte di esse citano il santuario e la “cara Madonnina”. Ne scelgo una assai breve ed emblematica: “19 aprile 1943, P.M (fronte croato), Signor Parroco … mi pare di sentire le nostre belle campane della nostra chiesa … e mi fanno venir da piangere... Date a tutti una Buona Pasqua e Buona Festa del Buon Consiglio che state per celebrare… Pregate tanto per me, Pievani Battista (Batistì)”. In que- Perdono 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 10 DON FAUSTO RESMINI, IL PRETE DEGLI ULTIMI U n “pezzo da 90” della Diocesi di Bergamo! Così padre Rinaldi ha presentato don Fausto Resmini in apertura dell’intervista rilasciata a Villaradio il 13 gennaio scorso. In effetti don Resmini è un prete davvero speciale. Da 26 anni sul difficile fronte della marginalità, è cappellano nel carcere del Gleno dal 1992, direttore del Patronato S. Vincenzo di Sorisole emComunità Don Lorenzo Milani è responsabile del Servizio Esodo che ogni sera e ogni notte assicura un pasto e assistenza a centinaia di poveri ed emarginati, giovani e adulti attorno alla Stazione di Bergamo. D) Don Fausto vuole presentarsi a chi non la conosce ? R) Sono cresciuto al Patronato S. Vincenzo di Bergamo fin da quando frequentavo la scuola elementare, poi sono passato alla Casa di Sorisole dove don Bepo Vavassori ha avuto una cura particolare per coloro che nutrivano il desiderio di mettersi a servizio degli altri e, più in particolare, per chi aspirava al sacerdozio. Fino al secondo anno di Teologia ho avuto il grande onore di stare vicino a don Bepo, lì poi sono diventato sacerdote del Patronato Attualmente svolgo un servizio nella Chiesa di Bergamo in tre grosse aree che definirei della sofferenza, piuttosto che della marginalità. Sono cappellano del carcere di Bergamo. Questa è la mia parrocchia e qui svolgo il mio mi- 10 - Vita parrocchiale nistero sacerdotale incontrando detenuti nelle varie sezioni, soprattutto ascoltando. Sono poi responsabile di una comunità di minori e giovani provenienti dal carcere minorile, il “Beccaria” di Milano: molti con situazioni familiari e problematiche assai difficili. Sono responsabile del Servizio Esodo, comunità che oggi dà anche accoglienza ai minori richiedenti asilo provenienti dagli sbarchi di Lampedusa. D) Nell’anno della Misericordia come possono anche i carcerati partecipare al Giubileo? R) Il Papa ha avuto un’ idea straordinaria nella indizione dell’Anno della Misericordia. Ai detenuti, che non potevano certamente uscire dalla prigione per andare nelle chiese giubilari, ha concesso che la porta della loro cella diventasse la porta Santa. E’ chiaro che non si tratta di un andare avanti e indietro da una porta ma di un cammino che renda consapevoli che la misericordia passa attraverso il riconoscimento del proprio errore: passa attraverso il pentimento per il male che si è fatto e compiuto. Passa per il ricordo delle vittime di quel male, di tanti gesti devianti. Passa per il pentimento, con lo scontare della pena civile, inflitta senza vendetta e infine con l’abbracciare il perdono di Dio attraverso il ministero della Riconciliazione. D) In base alla sua esperienza, per i minorenni, lei suggerisce ai genitori di insegnare ai figli sacrifici e obbedienza... R) Questa espressione è presa da un intervento nel quale si chiedeva: “A quando la maturità dei nostri adolescenti?”. Penso che la maturità debba passare attraverso alcuni valori che il vocabolario dell’esistenza dei ragazzi ha un po’ dimenticato. Per esempio il valore della fatica. Non può essere che il “guadagno” sia solo quello che pretendi dai genitori. Cosa fanno i ragazzi per dire qui io ho messo qualcosa di mio, ho faticato per averlo. La fatica, il sacrificio, sono valori ormai dimenticati: tutto e subito, questo spesse volte chiede il ragazzo. Cioè tutto ciò che il consumismo mette a disposizione. Anche la rinuncia ha un grande valore. Se noi prendiamo questo tempo di difficoltà economica: quanti genitori si sono trovati in difficoltà ad arrivare alla fine del mese, quanti ragazzi hanno deciso di dare una mano o invece hanno preteso di aver comunque tutto, quindi con nessuna rinuncia. Il tema dell’obbedienza, è un tema molto importante e si ha paura a trattarlo nei luoghi educativi. Io vedo l’obbedienza come il richiamo ai ragazzi, agli adolescenti a portare avanti la propria famiglia insieme, ognuno con la propria 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 11 zabile tutto quello che, attraverso i volontari, si verifica e si manifesta tutti i giorni alla Stazione di Bergamo. E sono molto legato ai monasteri di Clausura della nostra Diocesi perché la loro preghiera è il sostegno più vero e autentico che il nostro servizio può avere. Quindi anche questa preghiera silenziosa e nascosta è parte integrante del servizio della strada e del servizio ai poveri. D) Don Fausto, perché una Scuola di psicoterapia sistemico – dialogica? R) Anzitutto perché le fragilità umane non sono sempre identiche e i nostri impulsi presentano situazioni di fragilità che hanno bisogno di una attenzione particolare e hanno bisogno di persone qualificate che sappiano ridare la fiducia e la sicurezza a chi ne ha estremo bisogno (n.d.r.: don Resmini è anche presidente dell’Associazione Psicologia Psicoterapia “Il Conventino” diretta da don Giuseppe Belotti). D) Lei è il responsabile del Servizio Esodo, una realtà difficile, che opera ogni sera, ogni notte, ormai da vent’anni nella zona della Stazione, dove viene offerto un “posto caldo” a chi non ha nulla ma dove avvengono anche fatti gravi, qualche volta gravissimi … R) Stazione significa vita di strada. Una vita che porta rabbia dentro le persone che vivono la marginalità, e magari sono lì da 10 - 15 anni! Probabilmente questa rabbia, il fatto di non trovare una soluzione alla loro situazione, il dormire sulle panchine, non riuscire a trovare un posto letto, spinge qualcuno anche a gesti di estrema violenza come, ad esempio, incendiare carrozze di un treno e quindi creare grossi problemi alla città. D) Abbiamo avuto modo di leggere che il vostro operare si può riassumere in un versetto dell’Esodo: “Ho visto la disgrazia del mio popolo, ho ascoltato il suo lamento ed ho preso a cuore la sua sofferenza. Sono venuto a liberarlo dalla schiavitù” (Esodo, Cap 3,7-8)… R) La mia vita di sacerdote, è da 38 anni che lo sono, è sempre stata al servizio dei poveri e degli emarginati, quello che lei ha citato: Esodo Cap. 3.7-8 è il programma del nostro Servizio, sottolineando sempre che tutto avviene con la piena collaborazione della Caritas e della Chiesa di Bergamo . D) Il vostro operare così importante è difficile non sempre è capito da tutti. Anche con chi ha bisogno estremi, come chi esce dal carcere, occorre evitare convivenze, scorciatoie … Vuole parlarne? R) Mi riferisco soprattutto a quei reati di particolare allarme sociale che vengono un po’ cancellati, emarginati dalla nostra gente. Mi sono posto il problema di chi ha concluso la sua pena e ha pagato, quindi di cosa può fare questa persona, quale è il posto, anche l’ultimo, che nella società deve occupare. La società questo pensiero non l’ha ancora fatto. E’ urgente farlo perché non possiamo spingere queste persone a togliersi la vita o a compiere atti di autolesionismo. È urgente che, come comunità cristiana, si affronti anche questo problema. D) Don Fausto, lei ha avuto modo di sentire Bossetti che le “ha chiesto di Dio”, vuole parlarci di come la Misericordia e l’anno Giubilare, possono raggiungere la sua cella? R) Questa espressione, l’incontro con lui l’ho avuto quando era in isolamento. L’isolamento, quando si protrae per dei mesi, rischia di far perdere il senso della realtà, capita a tutti. Quindi è comprensibile rivolgersi al Signore. Anche in questo caso la vicinanza del sacerdote è stata importante. Il sacerdote è l’unica persona che può entrare in cella e stare con il recluso. Con il sacerdote è possibile riprendere un cammino, sapendo che nessuna persona è dimenticata da Dio. Grazie don Fausto Salvatore Tumolo Vita parrocchiale - 11 Perdono responsabilità. L’obbedienza oggi si sposa con il senso di responsabilità. D) Quali sono le persone che l’aiutano in questa Chiesa delle periferie? R) Ci sono molti volontari che io chiamo della prima ora. Sono 26 anni che noi frequentiamo la stazione e i luoghi più dimenticati della città di Bergamo, ci sono degli adulti, dei nonni, dei genitori, studenti, volontari della comunità, delle religiose; c’è anche qualche sacerdote che quando è libero presta il suo servizio alla Stazione. D) Don Bepo Vavassori. Chi era, cosa ha costruito e fondato per i giovani, per gli ammalati, per gli ultimi ? R) Don Bepo, un grande sacerdote diocesano, è passato attraverso la parrocchia come parroco e come coadiutore. Dopo essere stato Direttore dell’Eco di Bergamo, ha cominciato a raccogliere i primi ragazzi poveri in Città Alta, alla casa di via Botta. Da lì poi è sceso in via Gavazzeni dove ha raccolto anche i ragazzi rimasti soli dopo la seconda guerra mondiale. Ha voluto dare loro una istruzione, una formazione al lavoro e soprattutto una educazione. Quando parliamo di educazione intendiamo una educazione cristiana, dove i valori non sono secondari alle qualità di vita dei ragazzi, ma primari, cioè che illuminano la cultura, il servizio e l’attività pratica. D) Aiutando queste persone don Bepo, e anche noi oggi, ci rendiamo conto che questo significa mettere in pratica le opere di Misericordia, sulle quali il Santo Padre ha puntato lo sguardo perchè sono dimenticate, perchè siano riesumate. R) Io prendo coscienza ogni giorno di questo servizio che traduce le opere di Misericordia nella realtà bergamasca. Operiamo nei luoghi abbandonati e un po’ dimenticati, nella solitudine di tante persone. Dove però è possibile fare questo servizio perché c’è una Chiesa che sostiene, accompagna, aiuta, rende realiz- Perdono 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 12 IL PERDONO GENERA VITA N el Vangelo la parola perdono è espressa con un vocabolo che deriva da un verbo che indica movimento: perdonare è muoversi, andare, è uscire. E’ mettere un vento nuovo nelle vele, è ripartire verso il futuro e poter vivere. E allo stesso tempo è “per-dono”, un dono grande, per chi lo riceve e per chi lo dona. Un dono che fa vivere. Molte le testimonianze di perdono nella storia, e bellissime le parole usate per descriverlo. Basti pensare al Miserere del grande re Davide, che confessa il suo peccato: “Pietà di me Signore, secondo la tua misericordia cancella il mio peccato” e il salmo diventa, verso dopo verso, un’esplosione della misericordia di Dio e della sua azione salvifica. E misericordia è il nome più alto del perdono, non è debolezza, non è buonismo. Ci vuole un cuore coraggioso per essere misericordiosi e perdonare, non accontentandosi della rivalsa, del castigo, del “a ciascuno il suo”, del “perché io per primo”. È l’alternativa cristiana. Una meraviglia ai nostri occhi. Quando si profila un ad-Dio S e mi capitasse un giorno (e potrebbe essere anche oggi) di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era donata a Dio e a questo paese. Che essi accettassero che l'unico Padrone di ogni vita non potrebbe essere estraneo a questa dipartita brutale. Che pregassero per me: come potrei essere trovato degno di tale offerta? Che sapessero associare questa morte a tante altre ugualmente violente, lasciate nell'indifferenza dell'anonimato. La mia vita non ha più valore di un’altra. Non ne ha neanche meno. In ogni caso, non ha l'innocenza dell'infanzia. Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male che sembra, ahimè, prevalere nel mondo, e anche di quello che potrebbe colpirmi alla cieca. Venuto il momento, vorrei avere quell'attimo di lucidità che mi permettesse di sollecitare il perdono di Dio e quello dei miei fratelli in umanità, e nel tempo stesso di perdonare con tutto il cuore chi mi avesse colpito. Non potrei auspicare una tale morte. Mi sembra importante dichiararlo (…). So il disprezzo con il quale si è arrivati a circondare gli algerini globalmente presi. So anche le caricature dell'islam che un certo islamismo incoraggia. È troppo facile mettersi a posto la co12 - Vita parrocchiale scienza identificando questa via religiosa con gli integralismi dei suoi estremisti. L'Algeria e l'islam, per me, sono un'altra cosa; sono un corpo e un'anima. L'ho proclamato abbastanza, credo, in base a quanto ne ho concretamente ricevuto, ritrovandovi così spesso il filo conduttore del Vangelo imparato sulle ginocchia di mia madre, la mia primissima Chiesa, proprio in Algeria e, già allora, nel rispetto dei credenti musulmani. Evidentemente, la mia morte sembrerà dar ragione a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo o da idealista: "Dica adesso quel che ne pensa!". Ma costoro devono sapere che sarà finalmente liberata la mia più lancinante curiosità. Ecco che potrò, se piace a Dio, immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i suoi figli dell'islam come lui li vede, totalmente illuminati dalla gloria di Cristo, frutti della sua passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre lo stabilire la comu- nione e il ristabilire la somiglianza, giocando con le differenze. Di questa vita perduta, totalmente mia, e totalmente loro, io rendo grazie a Dio che sembra averla voluta tutta intera per quella gioia, attraverso e nonostante tutto. In questo grazie, in cui tutto è detto, ormai, della mia vita, includo certamente voi, amici di ieri e di oggi, e voi, amici di qui, accanto a mia madre e a mio padre, alle mie sorelle e ai miei fratelli, e ai loro, centuplo accordato come promesso! E anche te, amico dell'ultimo minuto, che non avrai saputo quel che facevi. Sì, anche per te voglio questo grazie e questo ad-Dio profilatosi con te. E che ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due. Amen! Insc'Allah. Padre Christian de Chergé Algeri, 1º dicembre 1993 Tibhirine, 1º gennaio 1994 Nella notte tra il 26 e il 27 marzo del 1996, il Padre Priore del monastero di Tibhirine in Algeria, padre Christian de Chergé, viene rapito assieme a sei monaci .Il 21 maggio il «Gruppo Islamico Armato» rivendica l’uccisione dei religiosi ed il 30 maggio fa ritrovare le loro teste. I corpi non saranno mai ritrovati. Al racconto della loro straordinaria testimonianza è dedicato il film “Uomini di Dio” (2010) 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 13 Perdono Una foto più eloquente delle parole: Giovanni Paolo II incontra Ali Agca in carcere due anni dopo l’attentato subito in Piazza San Pietro il 13 maggio 1981. “Fratello - disse il Santo Papa – io ti perdono”. La Chiesa chiede perdono: memoria, riconciliazione, conversione I l 12 marzo 2000, prima domenica di Quaresima del Grande Giubileo, San Giovanni Paolo II ha celebrato l'Eucaristia e domandato perdono al Signore per i peccati passati e presenti dei figli della Chiesa. “Come Successore di Pietro, chiedo che in questo anno di misericordia la Chiesa, forte della santità che riceve dal suo Signore, si inginocchi dinanzi a Dio ed implori il perdono per i peccati passati e presenti dei suoi figli. Tutti hanno peccato e nessuno può dirsi giusto dinanzi a Dio (…). I cristiani sono invitati a farsi carico, davanti a Dio e agli uomini offesi dai loro comportamenti, delle mancanze da loro commesse. Lo facciano senza nulla chiedere in cambio, forti solo dell’amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori”. La Chiesa quindi è capace di cantare il Magnificat per l’azione di Dio in lei e il Miserere per i peccati dei cristiani che la rendono bisognosa di purificazione, di penitenza e di rinnovamento. Queste colpe si possono così riassumere: confessione dei peccati in generale (come già fece Paolo VI), delle colpe nel servizio della verità, dei peccati che hanno compromesso l'unità del Corpo di Cristo; delle colpe nei rapporti con Israele, delle colpe commesse con comportamenti contro l'amore, la pace, i diritti dei popoli, il rispetto delle culture e delle religioni, dei peccati che hanno ferito la dignità della donna e l'unità del genere umano, dei peccati nel campo dei diritti fondamentali della persona. Questa confessione non significa semplificazione della complessità storica né giudizio su coloro che ci hanno preceduto: il giudizio spetta solo a Dio. Inoltre i cristiani di oggi non pensano di essere migliori dei loro padri e per questo nella confessione si indicano in modo chiaro alcune mancanze storiche, ma non si giudicano né si nominano i responsabili. La confessione dei peccati storici dei cristiani non vuole operare solo una purificazione della memoria: vuole essere anche un'occasione perché cambi la mentalità e perché emerga un insegnamento per il futuro, nella consapevolezza che i peccati del passato permangono come tentazione nell’oggi. La confessione dei peccati favorisce il dialogo, la riconciliazione, la pace. (cfr. www.vatican.va) Vita parrocchiale - 13 Perdono 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 14 Perdonare vuol dire ricominciare a vivere G iuseppe Soffiantini, dopo la sua liberazione, ha iniziato a parlare di perdono, un perdono cristiano. Lui stesso afferma: “Se si coltivano l’odio e la vendetta si può anche rimanere sequestrati tutta la vita. Perdonare vuol dire venirne fuori, ricominciare a vivere”. Prosegue: “Il rapimento mi ha dato possibilità di fare diverse riflessioni, sono stati mesi duri, nei quali l’aspetto psicologico è stato più che determinante su ogni altro bisogno fisiologico. Persino sulle medicine, io sono cardiopatico e devo prendere tutti i giorni un anticoagulante, se non lo faccio, rischio di morire. Ma in quei mesi, più importanti delle medicine è stato il mio animo. Pensavo al Signore, dicevo: - Tu ci sei, dammi la forza di uscirne, di andare avanti. Pensavo ai miei familiari, a mia moglie Adele. Sarà viva? (…). La fede in Gesù mi ha permesso di rimanere sereno e stabile: questo è stato il vero motivo che mi ha permesso di galleggiare il sequestro e di non lasciarmi andare, di non affondare. Tenevo i miei ra- pitori psicologicamente sotto scacco, ero riuscito a dominarli quanto bastava per non essere ucciso. Ma poi più volte ho rischiato di morire, pensato di morire… ucciso, di freddo, di fame, per gli animali, per il mio cuore che poteva cedere da un momento all’altro… riconosco che il Signore Gesù Cristo mi ha tenuto sempre per mano e non mi ha abbandonato mai”. “Dicevo fra me e me: se do spazio all’odio sono finito, mi distruggo e distruggo la mia famiglia. L’odio è un sentimento montante, o lo si stronca all’inizio oppure arriva a un punto di non ritorno. L’odio non dà speranza”. Giuseppe Soffiantini ha trovato anche il coraggio di pubblicare a sue spese alcune poesie giovanili del suo carceriere Giovanni Farina (quello che per convincere la famiglia a pagare il riscatto gli tagliò un orecchio). «Mi sembrava giusto dare una possibilità a chi paga il suo errore con il carcere. Non sono Dio, non devo perdonare nessuno. Mi limito a non odiare». Il sequestro Soffiantini è stato un caso di rapimento avvenuto in Italia nel 1997 del quale fu vittima l’imprenditore Giuseppe Soffiantini di Manerbio, operante nell’ambito del settore tessile bresciano. Il 17 giugno 1997 fu prelevato dalla sua casa di Manerbio e rinchiuso in diversi covi tra la Calvana e le campagne fra Grosseto e Siena. Solo dopo molteplici eventi ed il taglio della cartilagine delle due orecchie, è stato rilasciato il 9 febbraio 1998, dopo 237 giorni. In fondo al buio c’è la luce di Dio C arlo Castagna, detto dai giornali “papà Castagna”, è marito padre e nonno di tre delle quattro vittime della strage di Erba avvenuta l’11 dicembre 2006 e per la quale Rosa e 14 - Vita parrocchiale Olindo Romano, vicini di appartamento, sono stati condannati a vita. Uomo giusto – papà Castagna – che subito scagiona il genero tunisino dall’accusa di essere lui l’assassino. Che dice di voler perdonare, anzi di aver perdonato gli uccisori. Che ha il cuore per leggere durante la celebrazione la prima lettura dal libro della Sapienza: “Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio”. “E’ venuto il momento di perdonarli, l’odio non porta da nessuna parte” disse papà Carlo appena informato dell’arresto dei colpevoli. E a chi si stupisce per la rapidità di quel perdono: “Non capisco perché la gente si meravigli, tradirei mia moglie se non li perdonassi. Occorre chiedere al Signore di mettere una mano sulla loro testa. Io vivo la fede in questo modo“. Infine va detto che al perdono – come all’accettazione della morte – ci si prepara con tutta la vita. La dichiarazione dei figli di Carlo, chiarissime sull’atteggiamento evangelico del papà, ci fa certi che egli ha lungamente cercato di avere in sé i sentimenti di Gesù. Intervistato da Avvenire il 10 dicembre 2007 – nel primo anniversario della strage – Carlo così descrive la serenità mostrata nella tragedia: “Non è roba mia, non viene da me. Viene da lassù: mia moglie è una presenza viva che mi fa compagnia ogni giorno. Fare memoria della sua figura di moglie, di madre, di donna “N 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 15 ce di Dio”. Nella stessa intervista dà questa risposta a una domanda sul suo perdono “troppo” veloce: “Non voglio passare per un marziano. Il perdono non cancella il dolore, e neppure lo attenua. Guardi che io non m’invento niente, cammino su strade battute da altri prima di me. La disponibilità a perdonare nasce dall’educazione che ho ricevuto dai genitori, dai nonni, dai nostri vecchi: gente che non aveva grande cultura, ma con una fede che scorreva nelle vene come il sangue (…). Le prime vittime di questa storia sono gli assassini, vittime di un disegno diabolico che non li lascerà in pace. Il perdono non è frutto del buonismo, che prima o poi finisce, né della mia bravura: è un dono che Dio ci dà perché la vita possa ricominciare”. Le dichiarazioni virgolettate di Carlo Castagna sono prese dal volume di Lucia Bellaspiga con Carlo Castagna, “Il perdono di Erba”, Ancora 2009. (cfr. anche il blog sul web di Luigi Accattoli). Non avrete il mio odio “N on avrete il mio odio”. E' il titolo di un post sul profilo Facebook di Antonie Leiris, parigino: un giovane uomo, un padre. Un vedovo. Da quando dei terroristi, venerdì 13 novembre 2015, vi hanno fatto irruzione al teatro Bataclan e sparando all'impazzato hanno fatto strage. Tra le 89 vittime c'era anche la compagna di Antoine, “l'amore della mia vita", la madre del suo bambino di 17 mesi. Una lettera piena di dolore ma non di disperazione, perché nemmeno l'odio viene concesso alle "anime morte”. “Venerdì sera avete rubato la vita di un essere eccezionale, l'amore della mia vita, la madre di mio figlio ma voi non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio saperlo, siete delle anime mor- te. Se questo Dio per il quale voi uccidete ciecamente ci ha fatto a sua immagine, ogni proiettile nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore. Allora non vi farò questo regalo di odiarvi. L’avete cercato tuttavia ma rispondere all'odio con la rabbia sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi ciò che siete. Voi volete che io abbia paura, che guardi i miei concittadini con un occhio diffidente, che sacrifichi la mia libertà per la sicurezza. Perso. Lo stesso giocatore gioca ancora. L'ho vista stamattina. Infine, dopo notti e giorni d'attesa. Era così bella come quando è uscita venerdì sera, così bella come quando me ne sono innamorata perdutamente più di 12 anni fa. Naturalmente io sono devastato dal dolore, vi concedo questa pic- cola vittoria, ma sarà di breve durata. So che lei ci accompagnerà ogni giorno e che ci ritroveremo in quel paradiso delle anime libere a cui non avrete mai accesso. Siamo due, io e mio figlio, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho peraltro più tempo da dedicarvi, devo raggiungere Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha 17 mesi appena, mangerà la sua merenda come tutti i giorni, poi andremo a giocare come tutti i giorni e per tutta la sua vita questo piccolo ragazzo vi farà l'affronto di essere felice e libero. Perché no, non avrete nemmeno il suo odio”. (tratto da Avvenire) A cura di Elisabetta Corna Vita parrocchiale - 15 Perdono appassionata a Gesù e che si è donata al prossimo senza risparmio, è una molla per continuare a vivere con quella fede che lei mi ha testimoniato in 36 anni di matrimonio. Paola ha sempre affrontato la vita a viso aperto, anche quando aveva i contorni di alcune gravi malattie che hanno colpito la nostra famiglia, o delle sofferenze che accompagnano l’esistenza. Mi ha insegnato che il buio bisogna guardarlo in faccia, per scoprire che in fondo al buio c’è la verità delle cose, c’è la lu- Perdono 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 16 DA UNA VITA DI ECCESSI ALL’INCONTRO CON CRISTO La storia di Ania Goledzinowska A nia come era la tua vita prima dell’incontro con il Signore? Sono nata in Polonia nel 1982: mio padre morì quando avevo dieci anni e da quel momento mia madre entrò in una grande depressione e cominciò a portare a casa degli uomini, uno dei quali abusò di me e mia sorella. Avevo solo tredici anni e già odiavo questa vita: odiavo mia madre perché c’era mio e padre perché non c’era. Odiavo tutti e desiderai di togliermi la vita, ma io volevo realizzare i miei sogni e cercavo di realizzarli ma in modo sbagliato. Non conoscevo ancora la strada che mi avrebbe portato alla vera felicità. Così sono cresciuta sulla strada a Varsavia, i miei amici rubavano e spacciavano droga di cui anche io facevo uso. A 16 anni mi recai in Italia dove sono scappata e ho iniziato a lavorare come modella nel circuito della moda e della TV a Milano. Ho conosciuto un uomo molto ricco e per un anno e mezzo ho vissuto come in trance, in un mondo irreale di ricchezza, droghe, alcool e maschere. Ho avuto tutto ciò che si può desiderare, a cominciare da una casa da sogno fino all’aereo privato. Conoscevo tanta gente e assumevo tanta droga da non sapere cosa avevo fatto poche ore prima. Facevo quello che volevo e avevo quello che volevo ma non ero felice e mi sentivo morta dentro. Quando è arrivata la svolta? Più tardi ho conosciuto Paolo Brosio, che nel 2009 si è convertito a Medjugorje e che pubblicamente testimonia la sua fede. Attraverso di lui mi sono potuta aprire a Dio e ho permesso a Paolo di invitare un sacerdote amico, dal quale mi sono confessata per la prima volta dopo 15 anni. Quando ebbi finito, il sacerdote mi sorrise e mi prese 16 - Vita parrocchiale la mano. “Diciamo insieme l’atto di dolore” mi sussurrò. Non so perché ma improvvisamente cominciai a piangere. Le lacrime sgorgavano dai miei occhi come a una fontana. Pregai con lui. E dopo fui un’altra persona. Mi sentivo liberata da un peso, non so… è difficile dirlo: stavo bene. Nel 2010 mi invitarono a partecipare a un viaggio a Medjugorje. All’inizio ero molto scettica, ma dopo 5 giorni non volevo più ripartire. Mi hanno dato della pazza, ma io mi ero resa finalmente conto che in questo luogo Qualcosa esisteva e che nel mio cuore qualcosa stava cambiando. Alla fine della Via Crucis sono caduta in ginocchio e le labbra mi si sono aperta quasi da sole e dalla mia bocca sono uscite due parole: “Vi perdono”. Nel pronunciarle, il mio cuore indurito sembrava sciogliersi. Ho iniziato a piangere e ho pianto tutte le lacrime che non avevo più pianto da anni. Mi sono sentita pian di una pace e di una serenità indescrivibili. Solo perdonando prima noi stessi e poi gli altri possiamo iniziare una nuova vita. Sentii in me una grande liberazione: da quel momento sono rinata. Cosa è successo quando sei tornata a Milano? Ero una persona diversa. Partecipavo alle solite feste lussuriose, con degli amici sono stata a Dubai, Monte Carlo e Sanremo, ma mi sentivo nel posto sbagliato. Non ero felice perché era una vita piena di maschere. Così ho deciso di tornare a Medjugorje. Di lì a poco avrei dovuto iniziare un lavoro molto importante a Porto Cervo, ma ho scritto che non mi sarei presentata. Durante quel periodo di vita ritirata con la preghiera e il digiuno, ho udito una voce interna: “Ania, lascia tutto e seguimi!”. Allora sono tornata a Milano e ho venduto tutto ciò che possedevo. Il mio fidanzato mi ha compreso e mi ha lasciato libera, i miei amici invece hanno pensato che fossi matta. Come rileggi oggi la tua storia così burrascosa? Oggi non mi sento una vittima, penso che la sofferenza che ho vissuto non è stata solo un caso o una sfortuna, ma qualcosa che Dio ha permesso nella mia vita per avvicinarmi di più a Gesù. Penso che tutto ciò che è accaduto nella mia vita, doveva succedere perché oggi potessi dare testimonianza che Dio esiste, che Dio perdona tutto e che anche noi possiamo perdonare tutto a tutti. Nel 2011 hai dato vita a “Cuori puri-Italia” un’iniziativa per promuovere il valore della castità in vista del matrimonio o di qualsiasi altra scelta vocazionale. Per quale motivo hai deciso di dar vita a questa associazione? Perché la trasgressione più grande oggi è quella di non concedersi. Ormai il sesso è diventato una cosa scontata, si concedono tutti, tante volte senza conoscersi nemmeno e invece è un atto, cosi bello, puro… È un atto d'amore! Ci sono tanti ragazzi che come me nella vita hanno fatto tanti sbagli e magari pensano che non si possa più tornare indietro, ma la Madonna con la Confessione può restituire un cuore nuovo e quasi la stessa verginità e così tanti ritrovano la luce con questo progetto, capiscono che possono di nuovo sentirsi puri e cambiare vita. Dal 2013 Ania è sposata con Michele. Per conoscere la sua straordinaria storia consigliamo la sua autobiografia: “Salvata dall’inferno” (Sugarco 2013). Andrea Lavelli 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 17 S iamo oramai entrati nel vivo del giubileo straordinario della misericordia, iniziato l’8 dicembre, quando papa Francesco ha aperto la Porta santa della basilica di San Pietro in Vaticano. Per tutti, questo è un anno ricco di occasioni e di opportunità, che vanno sfruttate con dovizia! Stiamo infatti attraversando un tempo speciale: con particolare sollecitudine, la Chiesa ci chiede di accostarci al Signore con umiltà, portandogli tutto ciò che inquina i nostri cuori... affinché Lui possa liberarci dal peccato: il suo perdono per noi non verrà mai meno. Quanto stiamo gustando questo tempo propizio? Sentiamo il bisogno del perdono di Dio, oppure ci risulta indifferente? E come lo concepiamo, il perdono di Dio? Siamo realmente convinti che la sua misericordia non abbia limiti? Che possa arrivare dovunque, in qualsiasi caso? Numerose opere letterarie possono aiutarci a riflettere sul perdono e sulla misericordia, tematiche di fondamentale importanza nella vita di un cristiano. Una di queste opere è sicuramente la Divina Commedia di Dante Alighieri, scritta, ad opinione dei critici, tra il 1304 e il 1321. L’autore fiorentino, uno dei più celebri nella tradizione letteraria della nostra penisola, dedica infatti una cantica intera, quella del Purgatorio, a quelle anime perdonate da Dio che, non essendo ancora pronte ad accedere al Paradiso, trascorrono sul celebre “monte del Purgatorio” un periodo di espiazione e purificazione spirituale, in attesa della gioia piena a cui sono già predestinati: quella della salvezza. Lungo la narrazione, Dante compie alcune scelte sorprendenti, collocando nel purgatorio alcuni personaggi storici che, secondo le logiche umane, dovrebbero trovarsi nell’inferno. Ma le logiche divine prevaricano quelle terrene, le scardinano fin dalle fondamenta, ed il perdono del Signore arriva anche là dove non penseremmo. Prendiamo in considerazione uno di questi personaggi, il più emblematico, che figura nel canto III. Lo troviamo ai piedi del monte, nell’Antipurgatorio. In questa fase Dante, sempre accompagnato da Virgilio, si avvia ad iniziare la salita verso il Paradiso. I primi personaggi che vengono incontrati nei vari regni (quelli in cui sono ambientate le tre cantiche) assumono particolare importanza, come già è successo per Francesca nell’Inferno, e come accadrà per Piccarda nel paradiso. Ed il primo incontro con un’anima del purgatorio è sorprendente, forse proprio perché era l’ultimo che ci si poteva aspettare! Nel canto III, il poeta fiorentino incontra Manfredi di Svevia, figlio di Federico II. Alla morte del padre, nel 1250, Manfredi assunse la reggenza del regno di Sicilia per conto del fratello. In seguito, nel 1258, lui stesso fu incoronato re di Sicilia, e seguì una politica del tutto in linea con le ambizioni del padre. Cercò infatti di radunare le forze ghibelline della penisola per poterla conquistare ed aprire così una rinvigorita stagione imperiale. Sostenuto da queste forze filoimperiali, il re di Sicilia governava un regno avverso alla Chiesa: era infatti ritenuto un usurpatore e venne più volte scomunicato. I suoi progetti crollarono definitivamente nel 1266, quando venne sconfitto e ucci- Vita parrocchiale - 17 Perdono PERDONO E LETTERATURA: LA MISERICORDIA NELLA DIVINA COMMEDIA Perdono 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 18 so a Benevento dal conte francese Carlo I d’Angiò, a cui papa Urbano IV chiese supporto. La scelta di Dante è sorprendente, in quanto Manfredi morì scomunicato: questo vuol dire che tutti pensavano che l’acerrimo nemico della Chiesa fosse destinato all’Inferno. La scomunica comportava necessariamente la dannazione, secondo la mentalità del tempo. Invece, ecco che Dante ci mostra Manfredi nel purgatorio: sebbene debba espiare le proprie colpe, Dio lo ha perdonato. Secondo Dante, il perdono del Signore ha abbracciato uno dei peccatori più compromessi. Come giustifichiamo questa scelta? Il re del regno di Sicilia, sul cam- re: è questo il più profondo nucleo tematico del Purgatorio, che verrà sviluppato in vari modi nei canti successivi. po di battaglia presso Benevento, già trafitto e morente, trovò la forza di avere l’unica cosa che è richiesta alla salvezza: la conversione di un cuore pentito. Non importa se per tutta la vita si è stati peccatori: Dio è disposto a salvare chiunque si penta con sincerità di cuore, anche se questo gesto avviene nell’ultimo, breve istante di vita. La salvezza è veicolata dalla conversione del cuo- Con queste parole, Manfredi attesta la propria conversione. Quelle braccia così grandi non possono che richiamare alla mente la parabola del figliol prodigo, finemente delineata: sono le braccia di un padre raggiante che accoglie calorosamente un figlio pentitosi per i suoi errori. In ogni caso, la conversione di Manfredi non è una scelta arbitraria di Dante: ci sono infatti due 18 - Vita parrocchiale “Poscia ch’io ebbi rotta la persona Di due punte mortali, io mi rendei, piangendo, a quei che volentier perdona. Orribili furon li peccati miei; ma la bontà infinita ha sì gran braccia, che prende ciò che si rivolge a lei.” (Divina Commedia, Purgatorio, canto III; vv.118-123) “Dopo che io ebbi trafitto il corpo da due ferite mortali, io mi affidai, piangendo, a Colui che perdona volentieri. I miei peccati furono orribili, ma la infinita bontà ha braccia così grandi, che accoglie ciò che si rivolge a lei.” attestazioni che la confermerebbero, una di carattere letterario ed una di carattere cronachistico. Nel primo caso, si tratta della prefazione ad una traduzione di un’operetta araba sull’immortalità dell’anima (il “Liber de pomo sive de morte Aristotelis”) effettuata da Manfredi stesso, che testimonia la incondizionata fiducia nella misericordia di Dio. Il secondo caso riguarda invece un racconto delle parole del re morente, raccolte da uno dei suoi baroni. Vi era dunque una tradizione orale di cui si trova traccia nell’“Imago mundi” di fra Iacopo d’Acqui, un cronachista del XIII secolo. Manfredi è solo uno tra i tanti “pentiti dell’ultima ora” presenti nel Purgatorio. Altri significativi se ne trovano nel canto V, tra i morti di morte violenta, assassinati durante la loro gioventù e quindi privati di tempo utile per un cambiamento interiore. Anche in questo caso, Dio li salva per la loro sincera conversione del cuore. Si tratta di una dinamica che Dante accoglie direttamente dal Vangelo di Luca: Gesù non promise forse la salvezza al buon ladrone, salvato grazie alle sue ultime parole? Ben lontano dal voler consigliare di cedere deliberatamente al peccato perché “tanto per salvarsi c’è sempre tempo” (trascorrere una vita peccaminosa prevedendo una propria conversione in punto di morte sarebbe non solo rischioso, perché la morte può coglierci in ogni momento, ma anche controproducente ai fini del perdono da ricevere, vista la diabolica macchinazione che sottende ad un tale ragionamento), il poeta fiorentino vuole esaltare l’amore sconfinato del Signore, che si risolve in una capacità di perdono davanti alla quale non resta che meravigliarsi. La misericordia può raggiungere chiunque si pente. Guai quindi a porle dei freni! Ci ritroveremmo così dalla parte del fratello del figliol prodigo, che non accetta il pentimento di un cuore ferito… Andrea Vecchi 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 19 Una storia vera REGIA: David Lynch ANNO: 1999 Si basa su un fatto realmente accaduto e racconta la storia di Alvin Straight, un contadino dell'Iowa che nel 1994, a 73 anni di età, intraprese un lungo viaggio a bordo di un trattorino rasaerba per andare a trovare il fratello reduce da un infarto. Straight coprì in 6 settimane la distanza di 240 miglia (386 chilometri circa), viaggiando a 5 miglia all'ora (8 km/h). È stato presentato in concorso al 52º Festival di Cannes. L’isola REGIA: Pavel Longuine ANNO: 2013 1942. Mentre infuria la Seconda Guerra Mondiale, un rimorchiatore sovietico viene bloccato e assaltato dalla marina tedesca a largo del Mar Bianco. Un marinaio molto giovane, preso dal panico, esegue l'ordine impartitogli da un ufficiale nazista e uccide un altro marinaio credendo di salvarsi così la vita. Subito dopo, però, una violenta esplosione fa affondare il rimorchiatore e soltanto pochi marinai riescono a salvarsi. Più di trenta anni dopo, nel 1976, i superstiti di quel naufragio tornano nel Mar Bianco, in una piccola isola, per chiedere l'aiuto di Anatolij, un misterioso e anziano monaco che, si dice, sia in grado di operare miracolose guarigioni. La leggenda del re pescatore REGIA: Terry Gilliam ANNO: 1991 Jack Lucas è il più celebre deejay radiofonico. Un giorno, rispondendo alla telefonata di un uomo che possiede una vita personale molto solitaria, con la sua invettiva contro lo stile di vita yuppie, lo spinge a compiere una strage in un locale della città per poi togliersi la vita. Jack, devastato dal rimorso, cambia vita. Una sera, dopo aver litigato con una donna ed essersi ubriacato, decide di togliersi la vita: qui compare Parry, un bar- bone che lo salva. Jack, inizialmente, non vuole avere nulla a che fare con Parry, il cui vero nome è Henry Sagan, un eminente professore universitario la cui moglie è stata uccisa sotto i suoi occhi durante la strage di cui Jack si sente colpevole. Quest'ultimo, quindi, decide di aiutarlo per liberarsi dal suo rimorso. Le cronache di Narnia: il leone, la strega e l’armadio REGIA: Andrew Adamson ANNO: 2005 Londra, durante la seconda guerra mondiale. Lucy, Susan, Edmund e Peter Pevensie sono quattro fratelli che vengono allontanati dalla città per essere allontanati dalla guerra. Trovano un armadio che li conduce nel Regno di Narnia. Edmund tradisce i fratelli consegnandoli alla strega. Solo l’intervento del leone Arslan convincerà i fratelli a perdonarsi. Bibliografia Senza Sangue AUTORE: Alessandro Baricco ANNO: 2002 Il romanzo, diviso in due parti chiamate "Uno" e "Due", è incentrato sulla figura di Nina, figlia del proprietario della fattoria di Mato Rujo. La prima parte si svolge nella vecchia fattoria, dove Nina, ancora bambina, è protagonista passiva di ciò che le accade attorno, costretta ad assistere nascosta ed impotente all'assassinio del padre Manuel Roca e del fratello da parte di un commando in cerca di vendetta. Scampa all'eccidio grazie ad una botola dove il padre le aveva detto di nascondersi, dentro la quale rimane rannicchiata. Nella seconda parte Nina, in età matura, ritrova Tito, uno di componenti di quell'efferato delitto a cui anni prima aveva assistito. Lui viene invitato da lei in un caffè a ricordare il passato fino a giungere all'episodio che aveva profondamente segnato la vita di entrambi. Stabat Mater AUTORE: Tiziano Scarpa ANNO: 2008 (premio strega 2009) Una ragazza orfana alla ricerca della madre e di se stessa. La musica di don Antonio Vivaldi e l’arte del vivere. La testa piena di serpenti della morte. Sono i personaggi di questo romanzo. C’è un perdono da dare e una vita da iniziare. Solo perdonando la madre ignota la ragazza potrà iniziare a vivere e abbandonare la morte che le fa compagnia. Cose che nessuno sa AUTORE: Alessandro D’Avenia ANNO: 2011 Margherita è una ragazza di quattordici anni che vive insieme al fratello Andrea e con i due genitori. Un giorno, tornata a casa, nota il lampeggiare della segreteria telefonica. Ci sono due messaggi e il secondo di questi è di suo padre che le dice che non tornerà più, per ragioni a lei sconosciute. Il primo anno di liceo comincia e Margherita fa nuove amicizie: Inoltre le dà un aiuto molto importante la saggia nonna Teresa, con le sue frasi piene di riflessioni. Il professore di lettere, un nuovo supplente, invita la sua classe alla lettura dell'Odissea, un libro che la aiuterà nelle sue scelte per andare avanti... La lettera scarlatta AUTORE: Nathaniel Hawthorne ANNO: 1850 Ambientato nella Nuova Inghilterra puritana e retrograda del XVII secolo, il romanzo racconta la storia di Hester Prynne che, dopo aver commesso adulterio, ha una figlia di cui si rifiuta di rivelare il padre, lottando per crearsi una nuova vita di pentimento e dignità. Nell'insieme Hawthorne esplora i temi della grazia, della legalità e della colpa. Don Carlo Vita parrocchiale - 19 Perdono IL PERDONO: FILM E LIBRI A TEMA Vita parrocchiale 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 20 erdonare non è facile, forse l’abbiamo sperimentato un po' tutti, però qualcuno c’è riuscito... Ecco pertanto alcuni titoli di romanzi e di saggi che possono aiutarci a riflettere, a confrontarci con altri e a capire la forza di questo grande dono. P Un altro mondo, Carla Vangelista, Feltrinelli Andrea conduce una vita ai limiti dell'insignificanza e del torpore morale insieme alla compagna Livia. Poi arriva una lettera: il padre, sparito in Kenya moltissimi anni prima, sta morendo. C'è ancora il tempo per accomiatarsi da lui come un vero figlio. Il padre è in ospedale e Andrea fa appena in tempo a sentirne la stretta della mano. Andrea sta per tornare in Italia quando gli viene presentato suo fratello, il figlio che il padre ha avuto da una donna keniota… Gli angeli non hanno coda, Laura Tangorra, Mondadori Matteo ha diciassette anni e, dopo un’infanzia segnata da un dolore più grande di lui… Ma nascosta nel passato di Matteo c'è una verità che lui non conosce perché nessuno ha trovato il coraggio di rivelargliela. Sarà un uomo incontrato per caso, in apparenza sconosciuto, a svelare al ragazzo il segreto delle sue origini. Un segreto che porta con sé un'inestinguibile speranza. Perdonabile, imperdonabile, Tong Cuong, Ed. Salani In un pomeriggio d’estate, Milo, dodici anni, corre con la sua bici lungo una strada di campagna. Una discesa ripida, una curva e il ragazzo cade. Il destino non fa sconti, quando si tratta di mettere le persone di fronte a se stesse; l’imprevisto squarcia i legami familiari, ribalta le convenzioni che nel tempo hanno intrappolato, soffocato i sentimenti, rendendo l’amore un concetto astratto, vuoto. Il testimone bambino, Simon Tolkien, Piemme È passato un anno da quando la madre è stata uccisa, ma il sedicenne Thomas Robinson non riesce a dimenticare. Perché quella notte lui c'era. Nascosto dietro una libreria, ha visto e sentito tutto: gli assassini, gli spari, il 20 - Vita parrocchiale sangue. E non riesce a dimenticare perché lui in quell'antica dimora sulla costa del Suffolk, la Casa dei Quattro Venti, continua a viverci. Da solo. Il padre, noto e influente uomo politico, lo ha abbandonato a se stesso. Chi ai romanzi preferisce i saggi, può leggere: Ricordare, dimenticare, perdonare: l'enigma del passato, Paul Ricoeur, Ed. Il Mulino Esiste un’autentica fedeltà al passato? È illusorio credere che i nostri ricordi restino immutati nel tempo: per evitare la falsificazione della memoria occorre un’istanza etica che stringa un nuovo rapporto fra passato, presente e futuro, in cui vi sia posto anche per il perdono. Ricoeur propugna una cultura del perdono in cui il passato gravato dalla colpa non viene cancellato o rimosso ma alleviato mediante il riconoscimento del ricordo dell’Altro. Dono e perdono, Enzo Bianchi, Einaudi Donare è spontaneità e gratuità. La danza del dono non prevede contraccambio. «Io do perché tu dia agli altri». E il perdono è la via difficile di chi, senza dimenticare, nel dolore e nella discrezione, cambia se stesso. Perdonare è donare totalmente. Perdonare e dimenticare, Smedes Lewis, Ed. Tea Perché perdonare? Chi può essere perdonato? Come si fa? Una guida appassionata e utilissima che insegna a perdonare anche quando, apparentemente, c'è spazio solo per rabbia e odio. "Perdonare" di C. Regalia e G. Paleari, Ed. Il Mulino È giusto perdonare? Quanto può far bene alla vittima? Esiste perdono senza riconciliazione? Più semplice con se stessi o dopo un'offesa ricevuta, più complesso tra gruppi politici e religiosi, il perdono richiede tempo e fatica, ma è necessario per non dimenticare. Il perdono si prospetta come via alternativa alla vendetta o alla fuga. Sul perdono. Come si può perdonare l'imperdonabile, Holloway Richerd, Ponte alle Grazie Perché perdonare? Perché è l’u- nico modo per non sentire più il peso del passato e aprirsi al futuro, perché il bisogno di giustizia non si può risolvere nel computo esatto della pena come equivalente del danno, perché nel perdono si nasconde un mistero, che è lo stesso mistero dell’accettazione incondizionata della vita. Perché nella storia dell’umanità, non solo in quella degli individui, il perdono può rompere la catena della violenza e della vendetta. A questo punto, però, qualcuno si chiede: ma...si deve, si può perdonare TUTTO? Riusciranno gli Ebrei, gli Armeni e quanti altri hanno subito inenarrabili persecuzioni, a perdonare ai loro aguzzini? Riusciranno i Francesi e quanti altri hanno vissuto l'orrore di atti terroristici, a perdonare all'ISIS? Il perdono ha dei limiti? Simon Wiesenthal, “il cacciatore di nazisti”, internato nel 1942 nel campo di concentramento di Leopoli, un giorno fu mandato a lavorare coi suoi compagni presso l'ospedale. Avvicinato da un'infermiera, fu portato da questa, di nascosto, al capezzale di una giovane S.S. che, saltata su una granata, aveva ormai pochi giorni di vita: presa dai rimorsi, gli chiedeva di perdonarla a nome del popolo ebreo; solo così sarebbe morta in pace. Wiesenthal negò quel perdono. Ma gli rimase dentro un dubbio che non lo abbandonò più. A guerra finita, ogni tanto il pensiero tornava a quel moribondo... Finchè un giorno si decise e scrisse “Il girasole” (Ed. Garzanti) per far conoscere quell'epsodio e ne mandò una copia a un gran numero di intellettuali di tutto il mondo, chiedendo se aveva fatto bene o no a rifiutare quel perdono e cosa avrebbero fatto loro al suo posto. Risposero in molti, una cinquantina, e così il libro divenne dibattito, con argomentazioni pro e contro quella scelta; un libro che sembra sfidare anche tutti noi a prendere posizione su questa impegnativa domanda. Buona lettura! Luigina Clivio Te 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 21 Terra di mezzo - S. Vincenzo - Centro di ascolto D urante l’Avvento alcuni ragazzi della Terra di mezzo con i loro catechisti, hanno potuto fare un’esperienza semplice ma simpatica insieme a due gruppi parrocchiali che operano nell’ambito della carità: il Centro di primo ascolto che si occupa di persone in difficoltà e il gruppo S. Vincenzo che si prende a cuore gli anziani e le loro solitudini. Questa iniziativa comune ha voluto essere un semplice segno di collaborazione e di unità nella Chiesa proprio in vista del giubileo della Misericordia e dello sguardo particolare che quest’anno la nostra diocesi ha per la carità. I ragazzi sono stati invitati ad una serata nella quale dopo una breve spiegazione delle motivazioni e delle attività di ogni gruppo, si sono dedicati al confezionamento di alcuni regali e dei biglietti di auguri natalizi per le persone anziane del nostro paese e delle case di riposo, delle quali si prende cura con tanto amore e attenzione il gruppo S. Vincenzo. Ma ancora più coinvolgente è stata l’opportunità data ai ragazzi di portare questi pensieri insieme a don Paolo e ad alcune persone della S. Vincenzo e del Centro di ascolto agli anziani presenti nella casa di riposo di Scanzo. La presenza dei ragazzi ha portato una ventata di freschezza e di gioia nella casa di riposo che non troppo spesso vede passare nei corridoi un gruppetto così assortito di sorrisi pronti ad essere regalati senza riserve ed è stato per tutti una lieta sorpresa. Credo che per i nostri ragazzi figli degli sms e dei computer, sia sempre più difficile saper cogliere le tante storie nascoste dietro a sguardi di solitudine, di dolore, ma anche pieni di profondità e di serenità che ci raccontano di vite piene di esperienze e di amore dato e ricevuto. Incontrare lo sguardo dell’altro è incontrare la sua vita e riconoscere la nostra umanità. E' veramente incredibile come sia importante un gesto così semplice come uno scambio di sguardi. Alcuni ragazzi della Terra di mezzo, hanno voluto condividere con tutti l’esperienza che hanno vissuto e hanno scritto questi semplici ma profondi pensieri: “Ciò che mi ha colpito molto è che siamo riusciti a trasmettere la felicità agli anziani con un semplice regalo quindi possiamo dire che abbiamo condiviso tanto con un piccolo gesto. E stato molto interessante ascoltare le testimonianze che ci hanno raccontato perché ci hanno fatto capire la nostra fortuna. Mi dispiace veramente per chi non è potuto venire perché s’è perso un’esperienza costruttiva.” Sara – cammino di Terra di mezzo “Io e altri ragazzi della Terra di mezzo, siamo andati alla casa di riposo di Scanzorosciate con don Paolo e alcune volontarie a portare agli anziani di Villa di Serio un piccolo regalo che avevamo preparato una sera insieme. Siamo stati molto contenti di vedere come erano felici di vederci e volevano sapere chi eravamo e chi erano i nostri parenti.” Luca – cammino di Terra di mezzo “È stata proprio una bella esperienza per noi ragazzi di Terra di Mezzo, in occasione del S. Nata- le preparare e portare dei doni agli anziani ospiti nella casa di riposo di Scanzo… È così che noi ragazzi di terza media e prima superiore, accogliendo una proposta del Centro di Primo Ascolto e della San Vincenzo, abbiamo manifestato la nostra vicinanza a questi nonni speciali, insieme ai nostri catechisti ed ai sacerdoti.” “Ci siamo prima ritrovati alla Casa della Comunità per preparare insieme dei piccoli pacchi regalo che qualche giorno dopo abbiamo portato di persona agli anziani. È stato proprio bello vedere come questo piccolo gesto abbia riempito il cuore di questi simpatici vecchietti che ci hanno ricambiato con i loro racconti, i loro sorrisi e i loro abbracci.” “…Quando eravamo più piccoli erano loro a raccontarci di Gesù Bambino e dei suoi doni. Con questo gesto abbiamo cercato di ringraziarli e di contraccambiare donando a loro un pizzico di felicità…” Davide -Cammino di Terra di Mezzo A conclusione vogliamo esprimere la speranza di essere riusciti ad accorciare, anche solo di poco, le distanze che a volte si creano tra anziani e nuove generazioni, tra chi soffre e chi sta bene, tra le tante umanità che faticano ad incontrarsi e vogliamo rivolgere a tutti un invito perché i gesti di solidarietà si possano moltiplicare e possano rendere la nostra comunità, il nostro paese, il mondo, più umano e più bello. Un grazie a tutti. Loredana Vita parrocchiale - 21 Vita parrocchiale INSIEME PER ESSERE SOLIDALI Vita parrocchiale 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 22 Riparte la convenzione Parrocchia e Comune U na delle domande più frequenti che in questo anno noi del Centro di Ascolto Parrocchiale ci siamo sentiti rivolgere è stata: perché una convenzione con i servizi sociali? La nostra risposta parte sempre dal cuore del vangelo che ci invita a vivere concretamente l’amore per il prossimo e a metterci accanto alle persone in difficoltà e ai poveri per ascoltarli e accompagnarli verso possibili soluzioni. Il nostro primo impegno è quindi quello dell’ascolto ma in questi tempi dove il lavoro viene a mancare, già da parecchi anni abbiamo cercato di concretizzare la nostra accoglienza creando dei piccoli progetti lavorativi per rimettere in gioco le risorse della persona e ridarle speranza nel futuro. Se pur le motivazioni che ci spingono verso gli altri sono diverse, anche i servizi sociali sono impegnati nel rimuovere e superare le situazioni di bisogno delle persone che abitano la nostra comunità e questo ci ha portato nel- lo scorso anno, a sederci insieme intorno ad un tavolo di lavoro condividendo disponibilità finanziarie, esperienza e competenza per cercare di dare delle risposte comuni e più efficaci alle persone in difficoltà, realizzando piccoli progetti lavorativi e azioni di sostegno. Si è trattato di mettere in atto un lavoro attento e delicato che ha richiesto una prima fase di confronto per delineare finalità e modalità operative, una successiva fase di condivisione dei reali bisogni e delle risorse del territorio ciascuno dal proprio punto di osservazione e di una fase finale dove sono stati concretizzati i progetti con i quali hanno trovato occupazione ben otto persone per un periodo di circa sei mesi, inserendole in altrettante strutture lavorative privilegiando enti e cooperative che operano sul territorio. Abbiamo anche sostenuto la retta di un percorso di formazione per una giovane ragazza con l’intento di darle un’opportunità per un inserimento lavorativo futuro. Se anche sappiamo di avere an- cora parecchio margine per migliorare il nostro modo di lavorare in rete, siamo anche convinti che questa collaborazione è stata buona sia per l’efficacia dei progetti realizzati sia per il metodo di lavoro che ha richiesto a tutti una grande disponibilità e apertura ed è stata la dimostrazione che lavorare insieme è possibile pur mantenendo ciascuno la propria identità. Con questa certezza e con tanto desiderio di riuscire ad arrivare a tutte le persone in difficoltà del nostro paese, stiamo ripartendo quest’anno insieme all’assistente sociale ancora più pieni di entusiasmo, con una nuova convenzione e con tanti nuovi progetti e idee per renderla più efficace. Chiediamo a tutta la comunità di aiutarci segnalandoci persone in difficoltà ma anche ditte o enti dove sia possibile inserire delle postazioni di lavoro. Non lasciamo sole le persone nel bisogno. Per il Centro di Ascolto Loredana Offerta di lavoro La Parrocchia dà incarico al Centro di Ascolto Parrocchiale per la ricerca di una signora che abbia disponibilità di due/tre ore settimanali a partire da maggio 2016 per un aiuto nelle pulizie nell’ambito della parrocchia per mesi 6+6 (resta escluso il mese di agosto). - L'attività è articolata su due/tre giorni settimanali da 1 ora - Il lavoro sarà retribuito con voucher - Si richiede disponibilità alla mattina anche festivi e flessibilità. - Per poter presentare domanda è necessario essere residenti a Villa di Serio e non avere ricevuto aiuti dalla Parrocchia o da enti del territorio. Alla domanda dovrà essere allegato: - Isee; - breve curriculum; - autocertificazione residenza; La disponibilità al lavoro e la documentazione richiesta dovrà essere presentata entro il 30 MARZO e potrà essere recapitata nei seguenti modi: - lasciata nella cassetta postale della Casa della Comunità in via Locatelli (cancello accanto alla Chiesa Parrocchiale) ; - consegnata agli operatori del Centro di Ascolto presso la casa della comunità negli orari di apertura – mercoledì 16,30-18,30 e sabato 10,00-12,00; - consegnata presso la segreteria dell’oratorio. I candidati se selezionati verranno contattati dagli incaricati. Per la scelta si cercherà di tener conto della situazione economica e famigliare. 22 - Vita parrocchiale 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 23 Vita parrocchiale Famiglie in Festa Anniversari di matrimonio, 17 Gennaio Fotografie di Photo Art di Pegurri Vita parrocchiale - 23 Vita parrocchiale 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 24 Giornata per la Vita 2016 “L a compassione per i genitori è un sentimento che ogni medico dovrebbe avere. L’uomo che riesce ad annunciare a dei genitori che il loro bambino è gravemente malato senza sentire il cuore schiantarsi al pensiero del dolore che li assalirà, non è degno del suo mestiere. Non è commettendo un crimine che si protegge qualcuno da una disgrazia. E uccidere un bambino è semplicemente omicidio. Non si dà sollievo al dolore di un essere umano uccidendone un altro. Quando la medicina perde tale consapevolezza, non è più medicina.” (Jerome Lejeune, scopritore della causa della Sindrome di Down) Domenica 31 gennaio per la nostra parrocchia è stata la “Giornata per la Vita”, anticipata di una settimana rispetto alla data effettiva a causa della coincidenza con la festa del Carnevale. Il tutto è iniziato alle 15.00, al Santuario, dove ha avuto luogo un momento di preghiera e di riflessione insieme, quest’anno ani- 24 - Vita parrocchiale mato dal gruppo CVS della nostra parrocchia, e pensato appositamente per le famiglie e i ragazzi. A guidarlo è stato ancora una volta don Carlo, che lo ha proposto in una veste molto semplice e diretta. Veramente toccante ed emozionante è stato il momento in cui, durante la preghiera, due mamme hanno letto altrettante testimonianze di famiglie con figli con problemi di disabilità. Le riportiamo per intero qui di seguito. Prima testimonianza: “E’ molto difficile per dei genitori riuscire ad esprimere i vari sentimenti e le varie sensazioni che si provano nel corso del tempo quando si cresce e si vive con un figlio che presenta “difficoltà” e “problemi” che i figli di altri invece non hanno. Il sentimento forse più negativo che inizialmente ci ha pervaso è stata la mancanza di un senso in tutto ciò: Perché lui è così ? Come mai ci è capitato questo ? Tutte domande che non appro- La misericordia fa fiorire la vita arlare del valore della vita potrebbe sembrare ovvio, scontato. Ma è importante anche quel rispetto che si deve alla vita dell'uomo prima che questo venga alla luce. Madre Teresa diceva: “Se una madre può uccidere il suo stesso figlio nel suo stesso grembo, distruggere la carne della sua carne, vita della sua vita e frutto del suo amore, perché ci sorprendiamo della violenza e del terrorismo che si sparge intorno a noi?”. La vita ha inizio nel momento del concepimento, non, come vorrebbero farci credere teorie scientifiche e biologiche, dopo il terzo mese di gestazione o addirittura dopo la nascita. È importante quindi riconoscere la dignità dell'individuo dal suo concepimento fino alla sua morte naturale. Ma rispetto della vita non è solo questo: nel nostro mondo oggi sono in atto numerosi attentati alla vita umana. È attentato alla vita il terrorismo, così come lasciar morire i profughi e restare indifferenti, è attentato alla vita la fame nel mondo, l'eutanasia… l'elenco è veramente infinito. Come tutti gli anni, anche quest'anno nel nostro paese si è celebrata la Giornata per la Vita. Il tema scelto per quest'anno è “La misericordia fa fiorire la vita”, in occasione del Giubileo straordinario della Misericordia indetto da Papa Francesco. Noi catechiste di seconda elementare e di seconda media abbiamo deciso di far realizzare, nella settimana dal 18 al 24 gennaio, un lavoretto ai ragazzi delle elementari con l'aiuto dei ragazzi delle medie. I primi hanno scritto su una pergamena dei pensieri dedicati alla vita, mentre i secondi hanno confezionato dei fiori di cartacrespa. Nel realizzare questo lavoretto i ragazzi hanno lavorato due a due, grande e piccolo, in stretta collaborazione e cercando di aiutarsi reciprocamente nello svolgimento del loro compito, prestandosi biro, pastelli, colla… ma anche scambiandosi consigli. Questo lavoretto è stato poi lasciato in chiesa parrocchiale e al santuario: le donne incinte o che hanno da poco avuto un bambino sono state invitate a prenderlo. Inoltre Don Carlo li ha distribuiti anche alle mamme che sono in dolce attesa prima di lanciare i palloncini dopo il corteo per la vita. La realizzazione di questo lavoretto serviva per spiegare ai ragazzi cosa è la giornata della vita e, per i più grandi, che quest'anno riceveranno il sacramento della Cresima, assaporare uno dei frutti dello Spirito Santo, che è la pazienza, argomento che stanno trattando con le loro catechiste. Giulia P davano a nessuno sbocco, anzi, accrescevano il senso di frustrazione. Nel corso del tempo una risposta ci è apparsa chiara ed è simboleggiata da quanto riassunto in una splendida frase di un grande uomo di Fede come Desmond Tutu, vescovo anglicano del Sudafrica e premio Nobel per la pace, che recita così: Avete mai visto un’orchestra sinfonica?… C’è un tizio sul fondo con un triangolo. Ogni tanto il direttore si rivolgerà verso di lui, e lui farà “ting”. Potrà sembrare del tutto insignificante, ma nell’idea del compositore andrebbe perso qualcosa di insostituibile per la bellezza complessiva della sinfonia, se quel “ting” non ci fosse. La Vita di persone “fragili”, in particolare quella di coloro che manifestano difficoltà comunicative, può sembrare apparentemente insignificante, in realtà conta come quella di ogni altra persona perché ognuno di noi partecipa dell’intera Umanità come se fosse lo strumento di una grande orchestra. Anzi è proprio la mancanza del più piccolo degli strumenti che diviene immediatamente evidente, correndo persino il rischio di far perdere l’intera armonia. Seconda testimonianza: “E' molto difficile esternare ciò che si prova a essere mamma di un ragazzo "speciale". Mi ricordo il momento della sua nascita. Come tutte le mamme in una frazione di secondo l'ho squadrato tutto - era un bellissimo bambino - ho ringraziato Dio per quel dono che mi era stato fatto. In famiglia eravamo tutti felicissimi. Ho vissuto le prime giornate dalla sua nascita come in una bolla di festosa euforia e poi... ecco, arriva il pediatra il quale ci comunica che al nostro bimbo sarebbe stato opportuno fare ulteriori analisi per chiarire alcuni dubbi sorti dai primi controlli. In quel momento ho rifiutato l'idea che qualcosa non andasse, avevo fatto una bella gravidanza, tutti gli esami erano sempre stati perfetti, il mio bambino stava bene; che cosa c'era che non andava? Dopo qualche giorno, carico di ansia e trepidazione è arrivato il responso: il nostro bellissimo bimbo era nato portatore di una patologia genetica. Per un attimo io e mio marito ci siamo sentiti persi. E' stato difficile accettare la realtà, anche perché si pensa sempre che certe cose non ci possano mai accadere. Ci siamo posti tante domande e tanti "perché" ai quali purtroppo non c'erano risposte. Sono sincera, ho litigato anche con Dio, mi aveva fatto dono di questo bimbo e poi come per dispetto mi dava questa prova. Nello stesso tempo ho sperimentato tutto l'amore che c'era intorno a questo bambino, ho capito che se per ognuno di noi c'è un disegno Divino, di sicuro anche il mio piccino ne faceva parte. Tutti i miei familiari si sono mobilitati per aiutarci affinché, con tanto amore, affetto e con tutte le attenzioni possibili questo bimbo crescesse in un ambiente sereno e accogliente - questo, l'ha aiutato a crescere in modo molto allegro e socievole, ad inserirsi nell'ambiente scolastico e ora anche in quello sportivo - e a rapportarsi agli altri in modo autonomo. Certo, ogni sua conquista è una fatica, e noi genitori dobbiamo affrontare tante ap- prensioni e tanti scontri anche con una società che ancora fa tante distinzioni. E' inevitabile che a volte pensi a come sarebbe mio figlio senza quella sua "diversità", ma poi lo guardo, penso a tutte le persone che gli vogliono bene, che lo hanno aiutato e lo aiutano e proprio non riesco ad immaginare la mia famiglia senza di lui, così proprio come lui è, e poi quando lo vedo sorridente e contento mi sento appagata di tutto. Termino citando una frase di un Papa Santo, Giovanni Paolo Il: "La famiglia è lo specchio in cui Dio si guarda e vede i due grandi miracoli che ha fatto: • Donare la vita • Donare l'amore Questo è quello che penso sia avvenuto nella mia famiglia”. Successivamente, a partire dai bambini della scuola materna fino ad arrivare ai ragazzi più grandi e alle famiglie, ognuno ha preso un palloncino colorato gonfiato a elio al quale ha legato un piccolo cartoncino sul quale precedentemente si era scritta una preghiera o un pensiero o una breve riflessione sulla vita. Tutti insieme si è poi andati, formando una lunga fila colorata, in processione per le vie del paese verso l’oratorio. Qui bambini, giovani, adulti e nonni hanno lasciato volare i loro palloncini verso il cielo blu come segno di speranza e di preghiera a Dio. Al termine, presso il bar dell’oratorio si è tenuto un rinfresco per tutti per concludere il pomeriggio in comunione e amicizia. Davide Faletti Vita parrocchiale - 25 Vita parrocchiale dia ita 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 25 Foto Giuliano Marchesi Vita parrocchiale 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.57 Pagina 26 ASSOCIAZIONE SOLIDARIETA’ 1991 onlus In memoria di Don Stefano Vacaru “P ronto, telefono dalla Romania; don Stefano è morto improvvisamente il 1 dicembre!” In questo modo semplice e diretto abbiamo saputo della morte a 69 anni, di un caro amico della Comunità di Villa di Serio. Don Stefano Vacaru (parroco emerito di Faraoani e Barticesti) è stato tra i primi collaboratori dell’Associazione “Solidarietà 1991”. Infatti, la prima missione umanitaria intrapresa dall’Associazione fu proprio l’apertura di un progetto nel paese di Faraoani, nella Moldavia rumena, avente come scopo la realizzazione di una scuola materna gestita, inizialmente, dalle suore bergamasche di Maria Bambina da poco approdate in Romania. Siamo agli inizi degli anni ’90; la Romania era appena uscita dalla dittatura di Ceaucescu. Nel paese di Faraoani (1.500 famiglie) mancava tutto: cibo, vestiario, sapone, medicinali, ma soprattutto mancava la volontà di riscattarsi da decenni di dittatura comunista che aveva, tra l’altro, impedito alla Chiesa cattolica di svolgere la propria azione di annuncio del vangelo e di sostegno sociale ed educativo alle famiglie. Don Stefano, condividendo in tutto la povertà della sua comunità (abitava in una canonica di legno conducendo una vita sobria) “prende al volo” la nostra proposta e si attiva con i propri parrocchiani dando inizio ad una piccola scuola materna che in seguito amplierà aumentando i posti e fornendo un pasto caldo ai bambini. Nel frattempo, da Villa di Serio scatta una straordinaria solidarietà: si raccolgono e si inviano banchi, sedie, viveri, giocattoli ed altro materiale perché l’iniziativa abbia continuità. Per molti anni a cadenza semestrale vengono caricati su TIR giunti dalla Romania 26 - Vita parrocchiale aiuti di ogni genere con destinazione la parrocchia di Faraoni. Ma a Faraoani manca un ritrovo per i giovani e la gente (gli incontri, la catechesi e le riunioni si tengono in chiesa); di nuovo don Stefano propone all’Associazione di realizzare una casa modesta, ma accogliente. Così, con la buona volontà dei parrocchiani e la solidarietà dei villesi, viene realizzata una struttura intitolata “Casa Noastra” che viene inaugurata alla presenza festante di tutta la popolazione e dei rappresentanti dell’Associazione. L’amicizia iniziata viene ulteriormente rafforzata con le numerose visite di don Stefano a Villa di Serio; incontra don Franco Cavalieri (don Stefano è presente alla solenne celebrazione con il Vescovo Mons. Amadei per la consacrazione del nuovo altare verso il popolo), don Franco Gherardi, le Amministrazioni Comunali e le Associazioni che hanno contribuito alla realizzazione delle due importanti opere. Inoltre, a conferma dell’apprezzamento nei confronti della popolazione di Villa di Serio, anche la Diocesi di Jasi porta il proprio ringraziamento con la visita del Vescovo Aurel Perca alla nostra comunità. Dopo tanti anni di servizio presso Faraoani, don Stefano viene trasferito nella parrocchia di Barticesti (ancora più a nord verso l’Ucraina). Anche in questo paese non manca la povertà rappresentata soprattutto dalla mancanza di giovani (emigrati in cerca di lavoro), di molte famiglie senza la figura materna (le madri sono in Italia e in Spagna come badanti) e dal fenomeno dell’alcolismo e delle malattie correlate. L’Associazione, pur avendo aperto nel frattempo altri progetti in Bosnia, Moldavia, ecc. non dimentica di aiutare la comunità nella quale opera don Stefano e, per quanto possibile, invia aiuti economici finalizzati a istituire borse di studio per studenti di famiglie povere. Queste brevi note a ricordo di don Stefano stanno a significare i legami che, in questi anni, hanno unito la nostra comunità con le comunità rumene, ma soprattutto vogliono ringraziare don Stefano per l’esempio di prete totalmente dedicato alla sua gente nel nome di Cristo e della Chiesa Cattolica per tanto tempo umiliata, e costretta al silenzio. Al funerale, celebrato dal Vescovo e da oltre 120 sacerdoti nel paese natale di Frumuasa, ha partecipato un numero impressionante di persone a testimonianza della stima e dell’apprezzamento che don Stefano godeva sia tra i suoi confratelli di sacerdozio, sia tra la popolazione. (sul sito della Diocesi di Jasi www.ercis.ro è pubblicato un servizio fotografico sotto il titolo Actualitate + album). Per molti di noi, soci dell’Associazione “Solidarietà 1991” rimarrà indelebile l’esperienza umana e solidale che abbiamo condiviso con don Stefano, resterà vivo il ricordo della dolcezza e della cordialità che hanno contraddistinto la figura e la personalità di questo prete tanto lontano geograficamente, ma tanto vicino col cuore. Associazione Solidarietà 1991 Franco Cornolti 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 27 Vita parrocchiale Una corretta educazione a partire dai primi anni di vita del bambino, costituisce la prima e più efficace prevenzione. Proponiamo alcune riflessioni di Don Chino Pezzoli sul modo di porsi dei genitori nella crescita dei figli. Paurosi o psicologi: gli errori dei genitori S iamo sicuri che sono i ragazzi ad avere problemi? O piuttosto riflettono semplicemente i limiti e i difetti educativi dei loro genitori? Conta il comportamento dei genitori nel determinare l’infelicità o felicità nei bambini? E nel condizionare il carattere dei futuri adulti? MOLTISSIMO, secondo il luogo comune e anche secondo diverse ricerche che hanno messo in luce la stretta relazione tra comportamento dei genitori e sviluppo di stati di sofferenza nei figli. Ma ci interessa soprattutto sottolineare comportamenti sbagliati. Come quelli dei genitori insicuri che favoriscono scompensi nei piccoli. Tutto quello che questo genitore fa per il bambino non andrà mai bene. Si sentirà inadeguato, impreparato. Ne consegue che ogni decisione è una tortura. Legge libri di pedagogia, consulta esperti, si confronta continuamente con altri genitori, senza risultato. Ricordo una mamma che aveva letto quanto fosse importante l’allattamento al seno: il latte materno avrebbe assicurato al bambino le difese immunitarie contro le malattie infettive e inoltre avrebbe garantito i rapporti affettivi futuri. La madre quindi decise di attenersi esclusivamente all’allattamento al seno, senza nessuna integrazione nei primi sei mesi. Come facilmente prevedibile, il bambino cominciò a reclamare il latte sempre più spes- so. E la madre era ridotta in condizioni pietose per mancanza di sonno. D’altro canto aveva paura di rendere insicuro il piccolo, ignorando il suo pianto. In realtà l’insicura era lei, anche se non voleva ammetterlo. Per fortuna il pediatra le spiegò che non avrebbe fatto alcun male al bambino pian- gere prima di essere allattato. Questo modo avrebbe gradualmente favorito un’autonomia materna. Sono molti i comportamenti delle mamme insicure che possono favorire nei figli atteggiamenti protettivi. Basta pensare ai genitori apprensivi, costantemente preoccupati che al loro bambino succeda qualcosa di negativo. Questo stato, spesso, è la causa del ritardo complessivo nella crescita. Il bambino fatica a socializzare coi pari, ma soprattutto soffre di fragilità psichica che si manifesta attraverso il pianto per richiamare l’attenzione dell’adulto. Il genitore deve essere sicuro nei suoi comportamenti. Non lasciarsi guidare dalle richieste del bambino, ma educare i suoi bisogni. Conosco i genitori sicuri nelle diverse scelte lavorative, ma insicuri nel rapporto con il loro bambino. Il motivo va cercato nella relazione con il figlio che comporta spesso un’immedesimazione, una forma di recupero del rapporto uterino da parte della madre. Il padre è meno soggetto a questa forma di rapporto viscerale, subisce e può persino staccarsi sia dal figlio che dalla moglie che ha messo in crisi il rapporto con lui. La mamma insicura “sposa” il figlio e divorzia con il marito. A volte i genitori hanno paura di far mancare qualcosa ai figli e finiscono per assecondarli in tutto: in questo modo si crea un piccolo tiranno che può averla vinta in casa con i suoi capricci; ma poi scoprirà che i vizi si ritorcono contro di lui nel mondo esterno. Un rapporto accomodante è dannoso, favorisce personalità egocentriche e possessive. I bambini viziati si trovano impreparati ad affrontare difficoltà e problematiche dell’adolescenza. I genitori sono diversi, le famiglie sono diverse. Certi genitori esprimono apertamente l’affetto, altri sono riservati. Occorrono genitori sicuri che si rapportano ai loro bambini con attenzione, premura, senza tuttavia eccedere in attaccamenti morbosi. Vita parrocchiale - 27 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 28 Vita parrocchiale E' bello fidarsi di Dio anche quando il cielo è buio “M “Pietà”, opera lignea di Giovanni Sanz, 1760, chiesa prepositurale di Villa di Serio ercoledi 27 gennaio ore 15.00. Suono al cancelletto dei sigg. Sandro e Pierangela che mi aprono affacciandosi sorridenti e invitandomi a entrare; li raggiungo dopo aver attraversato un piccolo giardino coperto, sotto al quale un lungo tavolo e alcune sedie sembrano in attesa dell'estate, quando i padroni di casa e i loro ospiti riprenderanno a conversare lì sotto, al fresco. Di vista li conoscevo ma finora non c'era mai stata occasione di scambiare due parole direttamente; oggi invece sono qui per l'intervista e sicuramente avremo modo di conoscerci meglio. So che entrambi hanno, da tempo, problemi di salute, ma mi accorgo subito che prima di questa preoccupazione viene la fede e il desiderio, l'impegno, di darne testimonianza. Infatti la signora Pierangela inizia così: “Siamo qui tutti e due in attesa dei responsi ma andiamo avanti perchè con noi c'è sempre il Signore” e il marito fa segno che è della stessa idea. Al mio invito a raccontarmi un po' le loro vicissitudini, lei prosegue: “Ho cominciato da ragazza col diabete e non ho ancora finito perchè, di conseguenza, sono subentrate altre patologie, tanto che un medico, trentacinque anni fa, aveva previsto che sarei campata al massimo sei mesi, ma il Signore mi ha sempre ascoltato e aiutato e ogni volta ce l'ho fatta a tornare a casa dall'ospedale e pian piano a riprendere la vita di tutti i giorni. Ho subito tre inter28 - Vita parrocchiale venti alla gola, poi ho avuto problemi al fegato, per fortuna non così gravi come sembrava, ma sono ancora qui”. “Se almeno stessi bene io – interviene il signor Sandro - ma quindici anni fa, nel 2000, ho iniziato con seri disturbi allo stomaco, poi ai reni e via via altre cose... sono tuttora in cura”. “Però, alla messa delle 17.30 vi ho sempre visti”, dico io ricordando che al momento dell'Of- fertorio salivano tutti e due all'altare. “Ah, quella, sempre, appena si può”, dice lei con vivacità e aggiunge:” Adesso è da un po' che non esco perchè le gambe non mi reggono, ma prima andavamo anche a Bergamo dalle Sacramentine per l'Adorazione. Abbiamo dovuto interrompere per le terapie e i controlli di Sandro ma adesso che ha finito, riprenderemo.” Chiedo se sono originari di Villa e mentre lui mi dice di sì, la moglie mi dice che è di Pradalunga e che mai avrebbe pensato di finire a Villa. Data la vicinanza con l'ospedale di Alzano, si sono trasferiti qui e si sono trovati bene. “Quando stavo ancora bene, guidavo la macchina e andavo al ricovero di Scanzo a trovare e assistere gli ammalati e posso dire che il bene fatto viene sempre restituito; ho aiutato e sono stata aiutata perchè il Signore non ci lascia mai soli: quando Sandro era all'ospedale, molti mi invitavano ad andare a dormire da loro per non restare a casa di notte da sola. Ringraziavo perchè è un bel pensiero ma restavo tranquillamente a casa perchè sentivo che con me c'era il Signore, a proteggermi e a farmi compagnia”. In un momento di pausa mi guardo attorno nella loro spaziosa e bella cucina e il signor Sandro mi spiega: “Qui, la domenica, siamo in tanti che quasi non ci stiamo, perchè i parenti e gli amici ci sono sempre stati vicini e noi non possiamo dimenticarlo; e poi ci piace un po' di allegria, aiuta a non pensare sempre agli esami da fare, ai controlli, alle “sorprese” dice ridendo. “Sì, perchè ce n'è sempre una nuova...Io ho appena subito un piccolo intervento al seno – interviene la signora Pierangela - un intervento parziale perchè per il cuore non potevano farmi l'anestesia totale; adesso stiamo a vedere se basta... speriamo, perchè sono stanca, siamo stanchi. Sono anni che andiamo e veniamo da- 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 29 di uno che, riferendosi al mio intervento o a quello di altri, hanno ammesso che Qualcuno doveva aver dato una mano a far andar bene le cose...”. “Anche con gli amici di nostro figlio, che ogni tanto sono qui, lei non ha paura a parlare del Signore, a raccomandare di pregare e di aver fede”, dice il signor Sandro, e lei conferma decisa: “Una volta erano qui in tanti e il discorso è andato sulla preghiera, sul S. Rosario e io ho chiesto a uno se in casa qualche volta recitavano il Rosario. Un po' imbarazzato, un po' ridendo, mi ha fatto capire che non sapeva cos'era. Allora sono andata di là, ho preso la mia corona del Rosario e gliel'ho regalata. Chissà che non sia servita a lui o a qualcun altro in famiglia, a riprendere questa buona abitudine che per i nostri vecchi era così naturale...” “I parenti, gli amici, i sacerdoti, le ministre della Comunione e anche i medici, ci hanno sicuramente aiutato a superare tanti brutti momenti, quando tutto sembrava andare a rovescio, - dice il signor Sandro – ma entrare a far parte del Movimento Rinnovamento dello Spirito, ha aumentato la nostra fede e ci ha aiutato a conoscere meglio la Parola, insomma, ci ha dato una bella carica, è stato veramente una “lampada ai nostri passi”. “Come avete iniziato? Conoscevate qualcuno del Movimento?” chiedo. Spiega ancora la signora Pierangela: “Ero all'ospedale di Alzano, stavo male, ancora di più perchè avevo il pensiero che a casa avevo tre uomini che avevano bisogno di me: il marito, il figlio e mio papà e continuavo a chiedermi: come farò? E piangevo. Passa una signora che mi vede piangere, si ferma e mi chiede che cos'ho; mi ascolta e poi mi dice che non devo preoccuparmi, lei pregherà per me e mi invita, quando uscirò dall'ospedale, a partecipare al gruppo di preghiera del Movimento Rinnovamento dello Spirito. “Io, invece, ero un po' “tiepido”, ammette il signor Sandro, tanto che quando il Movimento ha organizzato un viaggio a Medju- gorje, non me la sono sentito di andare, è andata lei, però, quando è tornata e mi ha raccontato tutto, ho cominciato a frequentare il Movimento e pian piano ho cominciato a capire meglio la Parola e a gustarla, soprattutto il Vangelo di S. Giovannni, che mi piace molto. Quando c'è l'incontro, andiamo un momento prima, così preparo l'altare; ormai sono ventisei anni che siamo in questo gruppo e ogni volta capiamo qualcosa in più, sappiamo fare una riflessione nuova”. “Si esce ben caricati da questi incontri – interviene la moglie – ci sono mancati in questo periodo in cui siamo stati occupati con le cure, ma abbiamo voglia di riprendere, spero già dal prossimo lunedi. La preghiera è tutto! Il 16 luglio scorso ero ricoverata e dovevo entrare in sala operatoria; Sandro era a Milano per le sue terapie...non era proprio un bel momento...mi sono affidata alla Madonna. L'infermiera, che mi conosceva per avermi visto altre volte, prima che entrassi, mi ha detto: “Tranquilla, signora! Coraggio!”. “Ma io sono tranquilla” – ho risposto – sono serena perchè mi aiuta la Madonna”. Che dire di più? Non mi resta che salutarli augurando loro (ma con simili Protettori gli auguri sono ben poca cosa...) che i responsi siano favorevoli così che possano riprendere senza altre interruzioni, la vita di tutti i giorni e assicurando che, naturalmente, li ricorderò nella preghiera. Luigina Clivio Vita parrocchiale - 29 Vita parrocchiale gli ospedali...Ogni tanto me la prendo col Signore e gli chiedo quando potremo avere un po' di tranquillità...Un giorno ho detto a don Paolo che era venuto a trovaci:” Ma dov'è il Signore? Comincio appena a star bene io e si ammala lui...quando non siamo ammalati tutti e due...dov'è? “E' nel tuo cuore, mi ha risposto don Paolo, è qui con te, nella tua casa”. Sì, quel giorno ero proprio demoralizzata, ma poi l'ho sentito di nuovo vicino e ho pensato che l'unica è ancora rivolgersi a Lui e chiederGli di aiutarci ad andare avanti. Come faremmo senza di Lui e senza la nostra Madonnina? Sotto la Croce si impara ad amarLo di più, se no è troppo facile essere sereni e fiduciosi quando va tutto bene.” Le confermo che mi è capitato di pregare più intensamente in un momento di difficoltà, passato il quale mi sono “dimenticata” di continuare a pregare, se non altro per ringraziare, o comunque, la mia concentrazione si era alquanto “diluita”. Poi chiedo: “Come avete passato le giornate in questo periodo che siete rimasti in casa?”. Risponde Sandro: “La mattina faccio un po’ di mestieri qui in casa perchè lei fa fatica a camminare e non vorrei che cadesse. Di giorno guardiamo un po' di televisione ma è difficile trovare qualcosa di interessante, allora seguiamo Radio Maria, con la recita del S.Rosario. Ogni tanto viene a trovarci la Vittoria, ci porta la S. Comunione e si ferma a parlare con noi, e c'è sempre qualcuno, parenti o amici che a turno vengono a farci visita”. “Ci sono stati momenti particolarmente difficili? Come li avete superati?” chiedo. “Sì, e tanti!” risponde ancora la signora Pierangela che spiega:”E' stata tutta una vita difficile, ma con la preghiera siamo sempre riusciti a venirne fuori. Io prego anche per i medici, perchè il Signore guidi le loro mani e mantenga retta e onesta la loro mente. Non ho mai avuto paura a parlare di fede con i medici, anche perchè non è vero che credono tutti solo nella loro scienza; ne ho trovati più Spazio Oratorio 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 30 COME ALLORA, ANCHE OGGI D opo aver appreso che anche quest’anno non si sarebbe fatta nessuna capanna per Natale, noi giovani e ado abbiamo deciso di contribuire a costruirne una per dare un po’ di magia a questa festa. Abbiamo stilato un progetto in scala, con tanto di quote e dettagli, e l’idea più brillante è stata quella di ispirarci ai più moderni designer e architetti e costruirne una interamente ecologica e a costo 0. Con il sostegno di una fruttivendola, l’appoggio dei don, l’aiuto di alcuni volontari abbiamo concretizzato il nostro progetto costruendo una struttura interamente fatta di cassette di legno della frutta, paglia e sacchi di juta. Sebbene inizialmente sembrava quasi impossibile “tirar su la baracca”, con impegno e con inge- gno (e con centinaia di viti, la struttura era ben armata) ce l’abbiamo fatta, giusto in tempo per dare un luogo caldo ed accogliente alla nascita del Salvatore. Per loro non c’era posto nell’albergo. Andrea Cortinovis RAGAZZI DEL MIO CORTILE CAPODANNO GIOVANI & ADO A TORINO SULLE TRACCE DI UN GIGANTE: DON BOSCO S essantatré ragazzi. Ebbene sì, sessantatré ado e giovani (e anche meno giovani) hanno rotto i consueti schemi di luci, sballo e “musica a palla” per vivere un capodanno decisamente diverso dal solito. Per dirla tutta la musica a palla c’è stata anche nella nostra esperienza e, ammettiamolo, anche qualche goccia di alcool. Quando abbiamo iniziato a pianificare il nostro capodanno alternativo, mai avremmo pensato di avere una risposta così grande, anche perché si sa, vivere gli ultimi giorni del 2015 in oratorio, tra preghiere, messe, meditazioni non è la prima scelta dei ragazzi di oggi. Sentiamo direttamente da alcuni di loro, ragazzi educatori e mamme (i nostri angeli custodi) cosa si ricordano di questi quattro giorni passati a Torino. Carissimi ado, cosa avete trovato di più significativo in questa vacanza? Ado1: La convivenza è stato l’aspetto più significativo della vacanza, poiché puoi condividere con i tuoi amici sia momenti belli che meno belli senza mai sentirsi soli. Ado2: il gruppo, lo stare insieme, l’unione che c’era tra noi. Io è la prima volta che vivo un’esperienza del genere e devo dire che mi sono sentito subito parte di un gruppo capace di accogliere e fare comunità. Perché hai scelto l’oratorio e non una “casa isolata in cui sbocciare”? Ado1: Ho scelto l’oratorio perché anche il capodanno può risultare occasione di crescita in cui si può apprendere qualcosa da portare con sè, cosa che non avverrebbe con una proposta fuori dagli schemi. Ah, una cosa la porteresti a casa: mal di stomaco e riposo assoluto nel letto per ripigliarsi. Ado2: come ho accennato prima 30 - Vita parrocchiale ho voluto provare l’ebrezza di un’esperienza nuova, diversa, che riuscisse ad unire la bellezza del divertimento con il fascino dei momenti più formativi e anche culturali. Abbiamo avuto un altro compagno di avventura, anzi più di uno: Don Bosco, Domenico Savio, Mamma Margherita. Cosa hai imparato in questi giorni al loro fianco? (abbiamo alloggiato nella casa natale di Domenico Savio, visitato i luoghi del primo oratorio di don Bosco, la sua casa natia e la Basilica di S. M. Ausiliatrice) Ado1: Beh, dei giganti che mi hanno lasciato l’insegnamento di condividere l’esperienza del gioco e del divertimento soprattutto con i più bisognosi e più piccoli … proprio come faceva don Bosco con i “ragazzi del suo cortile”. Ado2: Da tutti ho imparato qualcosa: che si può essere ricercatori di santità sin da piccoli (Domenico Savio), che anche con l’allegria e il divertimento possiamo accrescere la fede (don Bosco) che con piccolissimi gesti si può aiutare il prossimo (mamma Margherita). Fare comunità, la convivenza, il servirsi per gli altri: oggi lavo io i piatti e tu mi prepari la colazione… cosa vuol dire per te fare per gli altri? Ado1 e 2: Troviamo solo lati positivi in questa cosa… fare per gli altri gratifica parecchio sia nelle piccolissime cose, sia nelle faccende che sono lontane dall’ordinario della nostra quotidianità (non dite alle nostre mamme che abbiamo lavato piatti o spazzato pavimenti)! I tuoi amici, il don, gli educatori … sono ingredienti necessari per la ricetta di un capodanno insieme? Ado1: penso che senza di loro questa vacanza non ci sarebbe mai stata. Ci hanno guidato quando avevamo bisogno e poi… i primi a divertirsi erano loro! Ado2: Certo! Senza qualcuno che ci indirizzava, ascoltava, consigliava ci saremmo un po’ persi… Don Bosco, Domenico e mamma Margherita sono stati dei buoni maestri! Lanciate uno spot alla comunità per descrivere questa vacanza Ado1 e 2: FORTUNATI NOI CHE C’ERAVAMO!!! --------------------------------- Ora ribaltiamo la situazione e sentiamo cosa ha chiesto un ragazzo ad un educatore Noi ragazzi ci siamo indubbiamente divertiti… voi come avete vissuto questa vacanza? Cate: penso che alla fine ci siamo divertiti più di voi ragazzi. Oltre ad avere un ruolo educativo verso voi, in certi momenti eravamo noi gli ado e voi i nostri educatori. Il fattore che ci univa (anche con i santi che ci hanno accompagnato) è stata la bellezza dello stare insieme nel gioco, nell’allegria anche nei momenti di riflessione. Si può migliorare qualcosa in queste esperienze? Cate: Assolutamente sì! Ogni esperienza ha un copione tutto personale e studiato ad “hoc”. C’è sempre qualcosa da migliorare ed è proprio negli sbagli che impariamo a fare del nostro meglio per la vacanza successiva. Tanti puntano il dito contro i giovani per le cose che fanno… come vedete questa cosa? Cate: la risposta a questa domanda l’ho trovata quando, la vigilia di Natale, abbiamo dovuto chiamare un altro autobus perché i numeri non smettevano di aumentare… i giovani ci sono, basta dargli fiducia e sono capaci di cose grandi! Noi ado siamo pronti per la Gmg a Cracovia… e voi? Cate: ci stiamo preparando al meglio anche perché l’esperienza sarà fortissima. Questa volta saremo noi insieme a voi ad essere guidati da un grande uomo: Papa Francesco! Cosa vi fa scegliere di non rimanere con la vostra compagnia di amici per le vacanze estive e il capodanno, ma di fare un sacrificio per noi? Cate: … Proprio voi ragazzi (umili bestioline di Dio come direbbe don Bosco)! Direi che non è per niente un sacrificio, anzi… voi vi divertite, ma noi ci divertiamo ancora di più! Voi imparate da noi, e noi impariamo da voi ancora di più! Il motivo della nostra scelta sono i bellissimi frutti che ci mostrate ogni giorno durante il vostro cammino di crescita all’interno di una comunità. Lancia uno spot alla comunità per descrivere questa vacanza Nessuno spot! Siete voi ado che dovete agire per contagio con i vostri amici e trascinarli in queste esperienze di vita che ci fanno diventare sempre più forti nell’amicizia e nella fede. Un’ultima domanda alle nostre mamme, o meglio, MammeChef! Cosa è significato per voi mettersi a disposizione degli ado e dei giovani proprio come fece Mamma Margherita con i piccoli del suo Giovannino? Metterci a disposizione di voi ragazzi è stato fantastico, ho incontrato ragazzi con grandi valori, sempre pronti a ringraziare, sempre disponibili per dare una mano anche a noi mamme. Una semplice ma forte esperienza accompagnati dalla fede. L’affetto puro, incondizionato e sincero che ci avete regalato sono stati dei segni di speranza per il futuro. Abbiamo donato solo tre giorni della nostra frenetica quotidianità, ma abbiamo ricevuto tanto da riempire il nostro cuore… per concludere: UNA GRAN BELLA BOTTA DI VITA! Maicol, Andrea Cortinovis, Nicolò Lizzola, Graziella, Rosanna e Rossana Vita parrocchiale - 31 Spazio Oratorio CO 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 31 Spazio Oratorio 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 32 EVVIVA! INSIEME E ’BELLO D opo aver fatto girare la voce, il giorno del laboratorio è arrivato. Le catechiste si erano preparate… Ci aspettavamo poche adesioni, quasi disinteresse per giochi passati di moda. Ma ecco che dal cancello dell’oratorio arrivano a gruppi, con le mamme, piccoli e grandi. I ragazzi schiamazzano eccitati dall’incontro e dalle attese sul gioco. La cara vecchia “caccia al tesoro” ha inizio: suddivisi grandi e più piccoli in gruppi c’è posto anche per alcuni bambini temerari della scuola dell’infanzia. Tutti elettrizzati partono alla ricerca dei biglietti che, uno dopo l’altro, li condurranno a completare l’enigmatico disegno a sequenze. Indovinelli, quiz e giochi matematici devono essere risolti per ottenere una sequenza in più. Alcuni gruppi finiscono tutte le prove in un batter d’occhio e allora… si attiva il piano B. Tutti insieme si avvia il vecchio gioco del nascondino: nell’orato- rio c’è spazio per nascondersi e cercarsi e ancora tante risate e urla felici. Sembra un salto indietro nel tempo quando all’oratorio passavamo interi pomeriggi spensierati e giocavamo incondizionatamente C’era posto per tutti: grandi e piccini si sfidavano e, a volte, i più grandi lasciavano vincere il più stanchi , felici e sereni… una serenità che vive dentro e permane nel profondo, nonostante gli anni che passano. Alla fine i nostri ragazzi e ragazze, bambini e bambine ce l’hanno fatta e hanno vinto il premio tanto meritato… e ancora eccitazione e stupore. Guadagnato e riscosso il premio, a malincuore, l’assembramento si scioglie… ma ci diamo appuntamento alla prossima puntata di giochi. Gli organizzatori fanno un resoconto dell’iniziativa e alla fine ci chiediamo: “chi si è divertito di più? noi a guardare i bambini e ragazzi a giocare o loro che si sono divertiti da matti?”. piccolo… e l’ultimo libera tuttiii! E si ricominciava! Finchè iniziavano a echeggiare le voci delle madri che chiamavano per la cena e allora tutti si tornava a casa, Ciao ciao! La prossima volta cerca di essere dei nostri. Ti divertirai sicuramente… per non parlare dei premi!!! Bruna Brena CARNEVALE … UNA MERAVILLA! P uò la pioggia spegnere l’entusiasmo dei bambini? Certamente no! ...E lo ha dimostrato l’inaspettata partecipazione al momento ludico, organizzato in oratorio dal Gruppo Animazione in occasione del car- 32 - Vita parrocchiale nevale. Con balli, disegni e coriandoli ci siamo immersi nel mondo di Meravilla, dove per un giorno grandi e piccini hanno indossato gli insoliti panni di un personaggio dei cartoni animati, di un animale fantastico o, ancora, del proprio supereroe preferito. L’anima del carnevale? I bambini e la loro voglia di giocare! Per quanto tu possa sentirti “serioso” o “normale”, finirai comunque per farti travolgere! Simona, Gruppo Animazione 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 33 Spazio Oratorio 1996 – 2016 VENT’ANNI DI CALCIO E DIVERTIMENTO V ent’anni sono un traguardo davvero ragguardevole e, se riferiti all’attività di una società sportiva, sono la conferma di quanto “bene” può fare lo sport ed il calcio. Provate un poco ad immaginare quanti calci, quante gioie, soddisfazioni e delusioni si sono alternate sul nostro campo polveroso, tanto più considerando che il 1996 è sì l’anno di ufficializzazione dell’Oratorio Villese come società sportiva ma il suo vero incipit risale... alla notte dei tempi. Il calcio ha sempre fatto parte della vita dell’oratorio e molti sono gli atleti che proprio su questo campo hanno cominciato una bella e gloriosa carriera. Per festeggiare questo ventennio sarà presto in distribuzione un opuscolo che racconterà la storia dell’Oratorio Villese: un “documento” commemorativo di tanto calcio e divertimento. E chissà che non possa arrivare anche qualche bella soddisfazione dal campionato in corso a coronamento di un anno da ricordare!!!!! Le nostre squadre stanno recuperando le forze per lo sprint finale del campionato che, per alcune di loro, potrà essere davvero ENTUSIASMANTE. I nostri Pulcini Blu sono saldamente in testa alla classifica e proveranno a vincere il loro campionato. La nostra prima squadra milita tra le prime posizio- ni e ci fa sperare in un’incredibile ed inaspettata promozione. Le squadre dei Pulcini Rossi ed Esordienti Blu e Rossi sono invece posizionate a metà classifica ma siamo certi che si impegneranno per scalare la cima. I più “eccitati” ed impazienti sono in realtà i nostri campioncini della Scuola Calcio e i piccolini dei Primi Calci. Per loro la primavera rappresenta davvero un risveglio dei sensi. La Scuola Calcio parteciperà a diversi tornei uno dei quali davvero impegnativo: “Saranno comunque Campioni” organizzato dalla Polisportiva Monterosso e dedicato a Piermario Morosini. Si tratta di una sorta di minicampionato che coinvolgerà una cinquantina di squadre e che prenderà il via il 18 marzo per terminare il 29 maggio con una manifestazione sul fantastico manto erboso del Comunale di Bergamo. I piccoli dei Primi Calci affronteranno diverse amichevoli e tornei a loro dedicati in cui dimostreranno agli orgogliosi genitori e nonni di essere ormai dei “veri campioni”!!!! Per tutti quanti ci sarà comunque la possibilità di ben onorare i nostri colori durante la manifestazione A TEMPO DI VILLA. Quindici giorni di calcio a … tutto campo con contorno di golosità. Quest’anno la manifestazione avrà una formula diversa davvero avvincente ed entusiasmante. E per chi proprio di calcio non se ne intende, non mancherà l’occasione per momenti di convivialità e sano divertimento grazie al nostro servizio ristoro e il menù non proprio…..frugale. Un tripudio di pane e cotechino, piadine, taglieri, hamburger, pizza; una cascata di patatine fritte, fiumi di birra e tante golosità: che dire il paradiso terrestre!!! Vi invitiamo comunque a consultare il programma ed a tenervi aggiornati sul nostro sito www.oratoriovillese.altervista .org e su Facebook Oratorio villese. Vita parrocchiale - 33 Spazio Oratorio 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 34 A TEMPO DI VILLA 2016 DAL 22 MAGGIO AL 5 GIUGNO ORATORIO VILLESE CALCIO IN FESTA OGNI GIORNO CALCIO, DIVERTIMENTO E … GOLOSITA’ P RO G R A M M A DOMENICA 22 MAGGIO Ore 17,00 cerimonia inaugurale - Ore 17,30 Triangolare PRIMI CALCI - Ore 18,30 Triangolare SCUOLA CALCIO Da LUNEDI’ 23 a VENERDI’ 27 MAGGIO Ore 18,00 fase a gironi torneo SCUOLA CALCIO - Ore 19,00 fase a gironi torneo PULCINI Ore 20,00 fase a gironi torneo ESORDIENTI - Ore 21,00 fase a gironi torneo DILETTANTI SABATO 28 MAGGIO Dalle ore 14,00 alle ore 21,00 proseguono le fasi a gironi delle categorie: SCUOLA CALCIO / PULCINI / ESORDIENTI / DILETTANTI Da LUNEDI’ 30 a MERCOLEDI’ 1 GIUGNO Ore 18,00 fase a gironi torneo SCUOLA CALCIO - Ore 19,00 fase a gironi torneo PULCINI Ore 20,00 fase a gironi torneo ESORDIENTI - Ore 21,00 fase a gironi torneo DILETTANTI GIOVEDI’ 2 GIUGNO Dalle ore 14,00 alle ore 21,00 proseguono le fasi a gironi delle categorie: SCUOLA CALCIO / PULCINI / ESORDIENTI / DILETTANTI VENERDI’ 3 GIUGNO Ore 17,00-19,00 QUADRANGOLARE PRIMI CALCI - Ore 19,00 – 20,00 Partita giovanissimi Ore 20,00 – 21,00 Sfida tra Papà e Corsari Ore 21,00 VECCHIE GLORIE CALCISTICHE - RAPPRESENTATIVA SACERDOTI SABATO 4 GIUGNO Dalle ore 14,00 alle ore 21,00 SEMIFINALI categorie: SCUOLA CALCIO / PULCINI / ESORDIENTI / DILETTANTI DOMENICA 5 GIUGNO Dalle ore 14,00 alle ore 21,00 FINALI categorie: SCUOLA CALCIO / PULCINI / ESORDIENTI / DILETTANTI OGNI GIORNO ATTIVO SERVIZIO BAR, RISTORO. SI POSSONO GUSTARE PATATINE FRITTE, PANINI CON COTECCHINO, HAMBURGHER, PIADINE, TAGLIERI DI SALUMI, E ….… VI ASPETTIAMO NUMEROSI 34 - Vita parrocchiale 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 35 Scuola dell’Infanzia Vita parrocchiale - 35 Scuola dell’Infanzia 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 36 Il Villese 2015 M ercoledì 6 Gennaio 2016, presso la chiesa parrocchiale di Villa di Serio, al termine del concerto per le festività natalizie, da parte dell’Amministrazione Comunale di Villa di Serio, è stato premiato il “Villese 2015” in occasione della consegna delle borse di studio agli studenti meritevoli. Le protagoniste della scelta per il 2015 sono state le nostre Suore che ormai hanno lasciato la nostra comunità (ad eccezione del coordinamento della Scuola dell’Infanzia affidato ancora a Sr. Emilia, pur non essendo più stanziale). In un singolare momento di commozione comune, alla presenza di molti cittadini villesi, il Sindaco ha consegnato loro un meraviglioso piatto realizzato a mano e decorato con materiali pregevoli e rappresentante tutti i simboli della nostra cittadina, nonché una dedica esplicitamente rivolta alle interessate… EXEMPLA TRAHUNT: MAGNAE VIRTUTIS VIR, AMORE MORE ORE RE, COGNOSCITUR “Gli esempi tracinano: un uomo di grande vitrù si conosce dall’affetto, dal comportamento, dalle parole, dai fatti.” “Le rev. Suore Sacramentine, fedeli al carisma della Fondatrice hanno servito la comunità di Villa di Serio accogliendo, accompagnando e formando i nostri bambini e le nostre bambine contribuendo fattivamente all’educazione e all’apertura alla vita. Le Famiglie e l’Amministrazione Comunale sono grate alle religiose che, nei 105 anni di presenza, hanno condiviso l’amore per i più piccoli” Elisabetta Asperti Ringraziamento Le Suore attraverso queste pagine colgono l’occasione per ringraziare tutte le Famiglie ed in particolare l’Amministrazione Comunale per la sensibilità e l’attenzione dimostrate per la presenza dell’Istituto della Suore Sacramentine di Bergamo per ben 105 anni, nella nostra comunità di Villa di Serio Serio. 36 - Vita parrocchiale 18 febbraio 2016 - Un momento di preghiera per la Santa Geltrude Comensoli, alla Scuola dell’Infanzia “Apri le mani… apri l’abbraccio” Attraverso la musica, pregare con i bambini nel Mistero della Pasqua G esù ha aperto le sue mani, ha aperto il suo abbraccio d’amore per liberare, perdonare, fortificare, rallegrare, guarire, calmare, consolare e amare. In questo percorso, i bambini verranno aiutati a comprendere meglio il mistero della morte e risurrezione di Gesù, attraverso l’utilizzo del loro corpo, delle sonorità, di brani musicali che faranno emergere l’aspetto emozionale del bambino, portandolo a vivere, attraverso il linguaggio non verbale, un momento “forte” della Vita di Gesù, che è, nello stesso tempo, carico di emozioni. Emergerà, quindi, l’aspetto della spiritualità. La spiritualità e i bambini hanno in comune molti aspetti. Se si riflette bene, attraverso lo scritto “ La spiritualità e i bambini ”, di Elisabeth Loh Manna, “…sia la spiritualità che i bambini prediligono il linguaggio non verbale, il sapere intuitivo e il vissuto. Vivere la spiritualità non dipende prima di tutto da quello che comprendiamo o da quello che sappiamo, consiste piuttosto in un modo di essere. Una definizione minima per spiritualità potrebbe essere proprio questa: è il modo di Dio di essere con noi e il nostro modo di essere con Dio. Questa definizione accenna già a un secondo aspetto della spiritualità: la relazione. La spiritualità include una profonda sensibilità verso l’essere in relazione, la consapevolezza che esiste qualcuno oltre noi stessi che ci chiama a relazione. I bambini hanno una spiritualità naturale. Si intende, con questa affermazione, una sensibilità naturale del bambino di percepire il sacro, di sentirsi vicino a Dio, di porre delle domande sulle questioni spirituali e di cercare di dare un senso a ciò che lui vive. Qualche volta il bambino parla delle sue esperienze ed espri- me i suoi interrogativi, ma non tutti i bambini ne sono capaci. Però, non per questo, sono meno spirituali. La loro spiritualità può essere meglio notata nel gioco libero, nell’espressione artistica, nelle relazioni fisiche, come nell’essere molto silenziosi e concentrati in alcuni momenti o esuberanti in altri… Il bambino vive la sua spiritualità soprattutto nella vita quotidiana, non in chiesa o in momenti speciali (…). La spiritualità dei bambini non inizia con la conoscenza di Gesù”. Il bambino utilizza per essere e per fare esperienza il proprio corpo. “Gesù si fa corpo, si fa carne, per venire ad abitare in mezzo a noi”. Attraverso il loro corpo, i bambini sperimenteranno questo dono straordinario, gratuito. Attraverso le sonorità, coglieranno l’aspetto della gioia dell’incontro con Gesù, con la sua entrata a Gerusalemme, l’aspetto del servizio di Gesù, attraverso la lavanda dei piedi (“Io sono venuto per servire e non per essere servito…”), l’aspetto del donarsi di Gesù, attraverso lo spezzare il pane e il versare il vino, che si compirà, prima, sulla croce e nella Risurrezione, poi. Le sonorità, aiuteranno i bambini e le bambine ad entrare in contatto, in modo emozionale, con questi aspetti. Il corpo, diventerà poi, insieme alle sonorità, strumento per capire meglio. I bambini hanno bisogno di ritualità, perché le cose lasciate al caso, creano confusione. I riti, sono fondamentali non solo nel rapporto con gli altri, ma anche per acquistare sicurezza e fiducia in sè e nelle proprie capacità Esperienze, a capire meglio anche quelle cose che sembrano difficili da capire. • Parte Pratica/Laboratoriale Ascolto di alcuni brani che saranno utilizzati nel Laboratorio e nel cammino di Quaresima con i bambini e le bambine. Ritualità: 1° Momento: I bambini saranno in cerchio, seduti in terra, con gli occhi chiusi. Dovranno stare in silenzio, per non disturbare l’ascolto dei compagni. 2° Momento: Verrà chiesto ai bambini di togliersi le scarpe, per entrare ancor più a contatto con lo spazio che avranno a disposizione. Il loro corpo si lascerà trasportare dall’armonia dei brani proposti. Non dovranno toccarsi tra di loro. E’ come se fossero da soli nella stanza, nello spazio a loro disposizione. Saranno solo loro, con il loro corpo e la musica. 3° Momento: Ogni brano sarà legato ad un brano di Vangelo,che verrà letto ai bambini prima di farlo “vivere”, attraverso il supporto e l’ausilio dei brani musicali. Durante il momento dell’ascolto del brano musicale, i bambini e le bambine vivranno con il corpo ciò che hanno appena sentito leggere. Ci sarà una breve spiegazione di come dovranno “vivere” il brano di Vangelo stesso,ma solo dopo si aprirà il dialogo con loro. Attraverso il cammino di Quaresima, con i bambini e le bambine, cercheremo di dare una risposta a queste grandi domande. Il team docente e Sr. Emilia Scuola dell’Infanzia - 37 Scuola dell’Infanzia oli, 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 37 Scuola dell’Infanzia 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 38 S celta dell’8 per mille per la Chiesa cattolica e del 5 per mille per la Scuola dell’Infanzia CERTIFICAZIONE UNICA 2016 – per chi non è tenuto alla compilazione del Mod. 730 e Unico Sotto, il modello della CERTIFICAZIONE UNICA 2016 su cui vanno apposte le firme del dichiarante. E’ possibile recapitare direttamente i propri documenti (dalle ore 9.00 alle ore 11.00, tutti i giorni escluso il mercoledì) alla segreteria della Scuola dell’Infanzia che provvederà all’inoltro. CERTIFICAZIONE UNICA2016 PERIODO D’IMPOSTA 2015 Scheda per la scelta della destinazione dell’8 per mille, del 5 per mille e del 2 per mille dell'IRPEF CODICE FISCALE SCELTA PER LA DESTINAZIONE DEL CINQUE PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE in UNO degli spazi sottostanti) Da utilizzare esclusivamente nei casi di esonero dalla presentazione della dichiarazione (per le modalità di presentazione vedasi il paragrafo 3.4) SOSTEGNO DEL VOLONTARIATO E DELLE ALTRE ORGANIZZAZIONI NON LUCRATIVE DI UTILITA’ SOCIALE, DELLE ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE SOCIALE E DELLE ASSOCIAZIONI E FONDAZIONI RICONOSCIUTE CHE OPERANO NEI SETTORI DI CUI ALL’ART. 10, C. 1, LETT A), DEL D.LGS. N. 460 DEL 1997 FIRMA SOSTITUTO D’IMPOSTA .................................................................... Codice fiscale del beneficiario (eventuale) CODICE FISCALE CONTRIBUENTE FIRMA FIRMA .................................................................... Codice fiscale del beneficiario (eventuale) FINANZIAMENTO DELLA RICERCA SANITARIA (obbligatorio) FINANZIAMENTO DELLA RICERCA SCIENTIFICA E DELLA UNIVERSITA’ .................................................................... FINANZIAMENTO A FAVORE DI ORGANISMI PRIVATI DELLE ATTIVITA’ DI TUTELA, PROMOZIONE E VALORIZZAZIONE DEI BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI FIRMA .................................................................... Codice fiscale del beneficiario (eventuale) CODICE FISCALE (obbligatorio) SOSTEGNO DELLE ATTIVITA’ SOCIALI SVOLTE DAL COMUNE DI RESIDENZA COGNOME (per le donne indicare il cognome da nubile) NOME SESSO (M o F) DATI ANAGRAFICI FIRMA DATA DI NASCITA GIORNO MESE COMUNE (O STATO ESTERO) DI NASCITA .................................................................... FIRMA .................................................................... Codice fiscale del beneficiario (eventuale) PROVINCIA (sigla) ANNO SOSTEGNO ALLE ASSOCIAZIONI SPORTIVE DILETTANTISTICHE RICONOSCIUTE AI FINI SPORTIVI DAL CONI A NORMA DI LEGGE CHE SVOLGONO UNA RILEVANTE ATTIVITA’ DI INTERESSE SOCIALE AVVERTENZE Per esprimere la scelta a favore di una delle finalità destinatarie della quota del cinque per mille dell’IRPEF, il contribuente deve apporre la propria firma nel riquadro corrispondente. Il contribuente ha inoltre la facoltà di indicare anche il codice fiscale di un soggetto beneficiario. La scelta deve essere fatta esclusivamente per una sola delle finalità beneficiarie. LE SCELTE PER LA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE, DEL CINQUE PER MILLE E DEL DUE PER MILLE DELL’IRPEF NON SONO IN ALCUN MODO ALTERNATIVE FRA LORO. SCELTA PER LA DESTINAZIONE DEL DUE PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE nello spazio sottostante) PERTANTO POSSONO ESSERE ESPRESSE TUTTE E QUATTRO LE SCELTE. PARTITO POLITICO CODICE SCELTA PER LA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE in UNO degli spazi sottostanti) STATO CHIESA CATTOLICA UNIONE CHIESE CRISTIANE AVVENTISTE DEL 7° GIORNO ASSEMBLEE DI DIO IN ITALIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CHIESA EVANGELICA VALDESE (Unione delle Chiese metodiste e Valdesi) CHIESA EVANGELICA LUTERANA IN ITALIA UNIONE COMUNITA’ EBRAICHE ITALIANE SACRA ARCIDIOCESI ORTODOSSA D’ITALIA ED ESARCATO PER L’EUROPA MERIDIONALE FIRMA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . AVVERTENZE Per esprimere la scelta a favore di uno dei partiti politici beneficiari del due per mille dell’IRPEF, il contribuente deve apporre la propria firma nel riquadro, indicando il codice del partito prescelto. La scelta deve essere fatta esclusivamente per uno solo dei partiti politici beneficiari. SCELTA PER LA DESTINAZIONE DEL DUE PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE nello spazio sottostante) ASSOCIAZIONE CULTURALE FIRMA .................................................................... Indicare il codice fiscale del beneficiario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CHIESA APOSTOLICA IN ITALIA UNIONE CRISTIANA EVANGELICA BATTISTA D’ITALIA UNIONE BUDDHISTA ITALIANA UNIONE INDUISTA ITALIANA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . AVVERTENZE Per esprimere la scelta a favore di una delle istituzioni beneficiarie della quota dell'otto per mille dell'IRPEF, il contribuente deve apporre la propria firma nel riquadro corrispondente. La scelta deve essere fatta esclusivamente per una delle istituzioni beneficiarie. La mancanza della firma in uno dei riquadri previsti costituisce scelta non espressa da parte del contribuente. In tal caso, la ripartizione della quota d’imposta non attribuita è stabilita in proporzione alle scelte espresse. La quota non attribuita spettante alle Assemblee di Dio in Italia e alla Chiesa Apostolica in Italia è devoluta alla gestione statale. Un momento dell’attività con “Elmer”, l’elefantino variopinto 38 - Scuola dell’Infanzia AVVERTENZE Per esprimere la scelta a favore di una delle associazioni culturali destinatarie del due per mille dell’IRPEF, il contribuente deve apporre la propria firma nel riquadro, indicando il codice fiscale del soggetto beneficiario. La scelta deve essere fatta esclusivamente per una sola delle associazioni culturali beneficiarie. In aggiunta a quanto indicato nellinformativa sul trattamento dei dati, contenuta nelle istruzioni, si precisa che i dati personali del contribuente verranno utilizzati solo dallAgenzia delle Entrate per attuare la scelta. IN CASO DI UNA O PIU’ SCELTE E’ NECESSARIO APPORRE LA FIRMA ANCHE NEL RIQUADRO SOTTOSTANTE. Il sottoscritto dichiara, sotto la propria responsabilità, che non è tenuto né intende avvalersi della facoltà di presentare la dichiarazione dei redditi (Mod. 730 o UNICO - Persone fisiche). Per le modalità di invio della scheda, vedere il paragrafo 3.4 “Modalità di invio della scheda”. FIRMA 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 39 Suggestioni nell’incontro con la natura… L e educatrici del nido “In Cammino” da cinque anni stanno partecipando a percorsi di formazione organizzati dall’Ambito territoriale della Val Seriana con formatrice la dottoressa Monica Guerra, ricercatrice di didattica e ricerca educativa presso il Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione dell’Università di Milano - Bicocca. Trattasi di appuntamenti importanti che cercano di cogliere i segni dei tempi e promuovere elaborazioni innovative con l’intenzione di incidere sulla cultura dell’infanzia: esplorare, apprendere nelle relazioni, stabilire connessioni, documentare l’esperienza e guidarla con professionalità, sapienza organizzativa, cultura e sistematicità creativa assumendosi responsabilità che interpellano tutti gli attori coinvolti nel processo – prima di tutto i bambini – al fine di offrire piste e acquistare consapevolezza delle proprie potenzialità, delle conquiste progressive, dell’impegno neces- sario… Sono inviti a noi educatori ad interpretare l’esperienza dei piccoli e ad individuare con passione e razionalità, flessibilità e metodo, esperienze che i bambini compiono negli ambienti da noi predisposti e ad identificare i passi possibili con i quali accompagnarli verso una crescita più ricca. Il percorso sta toccando i seguenti argomenti: progettazione e documentazione nella relazione con le famiglie ed educazione naturale. E’ in questa prospettiva che si discutono significati e potenzialità dell’esperienza in natura per i bambini; infatti tra i più giovani e la natura pare esserci una vicinanza verrebbe da dire naturale, una tensione connaturata che gli adulti sembrano spesso non avvertire più ma che è ben visibile laddove e qualora si permetta ai bambini di stare all’esterno secondo tempi e modi non totalmente predefiniti dagli adulti. E stare in natura fa bene a molti livelli: un primo livello è quello fisico, l’esperienza all’aperto giova al corpo, alla sua capacità di movimento, alla sua elasticità e flessibilità … un secondo livello più nascosto e tuttavia rilevante attiene ad un benessere psicofisico; diverse ricerche mostrano infatti come lo stress cali in natura: per questo da più parti giunge l’invito a spronare a giocare all’aperto, in spazi verdi, a far uscire i bambini nel giardino dell’asilo. Tutto ciò contribuisce ad evidenziare come la carenza di esperienze in natura possa produrre dei disturbi da deficit di natura. Infatti la natura accresce le capacità sensoriali che sono il primo e più importante strumento di autodifesa di un bambino non dimenticando che il gioco nella natura può infondere un’istintiva fiducia in se stessi. La pedagogista non esita a rimarcare l’importanza dello stare all’aperto a contatto con la natura come fonte di benessere. Anche i pediatri sostengono ultimamen- Carità in azione - 39 Scuola dell’Infanzia Percorsi di naturalità Scuola dell’Infanzia 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 40 te i benefici delle ore trascorse nel verde sia per la salute che per lo sviluppo intellettivo. Inoltre l’educazione naturale ha anche lo scopo più globale di reincentivare l’amore per la natura, che ultimamente nelle nuove generazioni si sta perdendo, al fine di custodire il pianeta. Quest’anno il corso è iniziato nel mese di gennaio con un seminario di otto ore svoltosi presso l’asilo nido di Albino, con l’obiettivo di sperimentare la ricerca di materiali trovati nel giardino a cui far seguire momenti di riflessione e condivisione sull’utilizzo che se ne può fare nei singoli servizi e con i bambini. Il cuore del percorso si svolgerà il fine settimana del 30 aprile 1° maggio 2016 con un convegno a Borgo Valsugana nei pressi del parco Arte Sella dove esperti botanici ed esperti dell’Associazione Natura e Bambini coinvolgeranno le partecipanti in attività ed escursioni per sperimentare in prima persona il vivere a contatto con la natura e trovare spunti per riporre esperienze di educazione naturale ai bambini nei contesti di appartenenza. Il materiale raccolto in natura ha grandi potenzialità in quanto è multi ed inter disciplinare ed offre ai bambini occasioni di apprendimento (seriazione, classificazione, concetti topologici, esplorazioni sensoriali, osservazione delle trasformazioni dettate dallo scorrere del tempo...). L’educatore anche in questa situazione si gioca nel ruolo di regia progettando e scegliendo lo stare in natura. Traendo spunto da questi incontri nel nostro nido già dallo scorso anno abbiamo incrementato l’utilizzo di giochi di legno, ma anche di materiali naturali quali pigne, conchiglie, sezioni di tronchi d’albero, rametti, sassi, foglie, bucce di agrumi essicate… per allinearci sempre più alla linea di pensiero offerta e proposta da una grande esperta. Il Team educante Piccole azioni di cura, interessanti segnali di impegno all’interno dei locali del Nido… 40 - Carità in azione 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 41 !"#$%&''('"'$%( !"#$%&''('"'$%( ! )*+, *-./ ! )*+, *-./ ! ).0 , *-./ ! ).0 , *-./ Ζ !" ! #$#$#$ Ζ !#$#$#$ no " " )+.0 , *-./ )+.0 , *-./ % & '()*+ % & '()*+ $,--$,.#$$-$#/0120$#$,3 $,--$,.#$$-$#/0120$#$,3 " " )/ ) / , *-./ , *-./ ,10-$4$5## ,10-$4$5## !" !" " 1 "1 1 0 11 1 0 11 (2% (2% equentato da vostro/a vostro/a figlio/a Rivolgersi del servizio servizio fr frequentato R ivolgersi alla segreteria del figlio/a o telefonare te le fo alla segreteria onare al operativa Sociale Il C ant a ie r e” 33894911733389491173- Co Cooperativa Sociale “I “Il Cantiere” «Famiglia sii grande» M olto interessante il volumetto «Piccolo manuale della famiglia» (Giunti Editore) che ripropone – subito dopo il Sinodo per la famiglia – alcune meditazioni che l’arcivescovo di Milano scomparso nel 2012 propose nel 1994 sotto il titolo «Il vino nuovo» e riservate appunto a coppie e famiglie: l’educazione religiosa dei figli, l’approccio ad anziani e adolescenti, il nodo della scelta. Si intitola «Fuori dalla schiavitù di un mondo distratto» la presentazione che la scrittrice Mariapia Veladiano antepone al libro e di cui pubblichiamo un piccolo stralcio. “Il tradimento più terribile della promessa educativa è sottilmente far passare nei figli l’idea che 'così è la vita' e che il massimo che possiamo desiderare è trovare la misura piccola del nostro compromesso quotidiano. Fare come tutti, o appena un poco meglio di tutti. Essere cristiani non è questa cosa qua (…). Libertà è forse la parola che ritorna di più in questi scritti e Martini la spiega ai genitori come risultato possibile di un’alleanza fra famiglia e società intera. La solitudine dei genitori di fronte al compito educativo è micidiale. Un figlio libero è un figlio felice e questa parola la si può osare più di quanto la nostra paura oggi lo permetta perché il credente sa che questo mondo non è il paradiso ma sa che nelle relazioni costruite, nella giustizia minutamente agita può crescere il buon giardino in cui già ora vivere bene, abbastanza bene. È questa la promessa”. Carità in azione - 41 Scuola dell’Infanzia Carità in azione 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 42 Padre Filippo, festa per il suo 25° di ordinazione! S ignore, insegnami che la mia vita è un cammino con te, per imparare, come te, a donarmi per amore. Con questa preghiera finale si è conclusa la S. Messa celebrata l’otto dicembre scorso durante la quale si è festeggiato Padre Filippo Rondi missionario saveriano, per il suo 25° di ordinazione sacerdotale. L’immagine del cammino si manifesta con forza nella vita di Padre Filippo che ha scelto di spendere la propria vita camminando a fianco di chi ha più bisogno; animato dall’ardente desiderio di farsi compagno di viaggio della gente che si trova ai margini, nelle periferie esistenziali e materiali del mondo, prima in Bangladesh e ora in Italia, Padre Filippo non ha mai smesso di “camminare”! Durante l’omelia, Padre Filippo ha tratteggiato alcuni dei momenti più significativi della sua vita, evidenziando come il Signore lo abbia chiamato a svolgere compiti e attività in modi e tempi sempre diversi. Nonostante a volte non siano mancate e non manchino tuttora, come nella vita di ogni uomo, fatiche e difficoltà, Padre Filippo sceglie ogni giorno di porsi al servizio e in ascolto di tutti, a partire da chi ha più bisogno: questa testimonianza deve essere quindi da stimolo per tutti noi, perché non permettiamo alle nostre coscienze di assopirsi ma cerchiamo di mantenerci sempre in movimento, in ascolto, con generosità e intelligenza, del mondo che ci circonda. 42 - Vita parrocchiale Con questa celebrazione solenne l’intera comunità ha voluto ringraziare il Signore per il dono grande della presenza di Padre Filippo come uomo religioso e missionario, testimone credente e credibile di vita, di fede, di carità e amore verso il prossimo. Al termine della Messa, il gruppo missionario di Villa di Serio, a nome della comunità, ha consegnato, alcuni doni a Padre Filippo, a segno della riconoscenza per quanto ha compiuto in terra di missione e continua a fare ora in diversi luoghi e tempi, al servizio dei fratelli. Nella stessa celebrazione è stato ricordato anche Padre Giuseppe Rinaldi, anch’egli missionario saveriano, che ha festeggiato il 56° di ordinazione sacerdotale. Per il Gruppo Missionario Maria Corna Il Gruppo Missionario augura una serena Santa Pasqua a tutta la comunità, con le parole che ci ha scritto in una delle sue lettere più recenti suor Nives, dall’Etiopia, auspicando “che i cristiani si riconoscano perché non pregano il pane al singolare dicendo “Dammi oggi il mio pane”, ma Lo pregano al plurale: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”. La S. Pasqua aiuti quindi a far comprendere a tutti noi “la necessità che ci sia pane per tutti, a cominciare da quelli per i quali la vita non è vita, per coloro che piangono e che hanno fame”. 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 43 L’appartenenza a una famiglia povera e numerosa, 13 fratelli in 13 anni, la reazione a situazioni di grande difficoltà, orfano di padre e madre a 18 anni, con la perdita di un figlio morto tragicamente, è una caratteristica tra le persone che senza enfasi alcuna accettano di parlare di sé per trasmettere il loro vissuto. Nei periodi di crisi profonda saper non rassegnarsi ed assumersi responsabilità diverse, magari verso gli altri, potrebbe sembrare un semplice modo per estraniarsi dalla tragica realtà in cui ti trovi a vivere, insomma, può dare l’idea di voler scappare da sé stessi. Tutt’altro, l’animo di chi oggi si racconta è invece un impeto di volontà per voler lottare e impegnarsi con un imperativo di vita e di coscienza che vuole dire: ci sono e voglio esserci comunque, costi quel che costi. La vita è un dono, siamo di passaggio, ma questo grandissimo dono non va sprecato in sterili pianti su sé stessi pur in tragiche situazioni. Già, facile a dirsi ma difficile a farsi. Ecco allora gli esempi. Persone che hanno speso tutto per la famiglia e gli affetti più cari senza trascurare nulla, soprattutto il vicino, il loro prossimo. Se poi la tragedia ti opprime, il tuo impegno non viene comunque a scemare pur se in difficoltà. Uomini che hanno coltivato e continuano a coltivare la speranza per raccogliere frutti che siano il loro e l’altrui futuro. Uomini forse in su con gli anni, sempre attivi, giovani soprattutto dentro, che spendono il loro vivere con un ideale che sa di gioventù: gaudeamus igitur, juvenes sumus. Questa forza interiore fa nascere dal cuore la preghiera di speranza che il nostro intervistato eleva al Signore: Signore, fa che io sia del mio tempo e non della mia eta`, che io sappia comprendere piu` che giudicare, incoraggiare piu` che diffidare. E d eccoci a lei sig. Camillo, villese doc, nato e vissuto sempre a Villa. Ci parli un poco di lei. “Mi chiamo Corti Camillo Luigi, nome del nonno, e Isaia, nome del bisnonno; sono nato a Villa di Serio il 24 luglio del 1931. Quando nacqui i miei abitavano al “Signur di lonc” , il signore dei lunghi, in contraddizione col nostro cognome, Corti. Signur di lonc era ed è la santella dedicata a Gesù che si trova poco avanti il sagrato della chiesa parrocchiale scendendo sulla sinistra ed era così chiamata perché la famiglia Longhi, storica famiglia di sagristi, era quella che si occupava del suo decoro. Mio padre estraeva la sabbia sul greto del Serio. Con una rete metallica, un piccone ed un badile setacciava la sabbia che poi vendeva ai carrettieri che la consegnavano ai muratori. Non c’erano i frantoi come adesso e per il loro setacciare venivano Fa che resista alla tentazione di raccontarmi. Fammi capire che e` importante cio` che faccio oggi, non cio` che ho fatto dieci anni fa. chiamati “crielì” dal dialetto “crielà” che significa vagliare, setacciare. Era un lavoro pesante che papà svolgeva con altri colleghi senza diritto alcuno. Non c’erano né ferie né malattia. Mia madre invece si occupava della famiglia. Dal loro matrimonio sono nati ben tredici figli. Tredici anni, tredici figli, ed io sono il primogenito. Alcuni fratelli sono morti quando ancora erano molto piccoli. Quattro di loro in sedici mesi. Una sorellina è morta per una grave scottatura, un’altra di difterite, uno di broncopolmonite e uno di gastroenterite. Si moriva spesso per malattie infettive, come la gastroenterite in quanto l’igiene era quel che era, non esistevano fognature né acqua corrente in casa. Ci si approvvigionava presso le cinque fontane del paese”. Sicuramente il periodo storico relativo alla sua infanzia non è sta- to uno dei più floridi dal punto di vista economico, la povertà era diffusa, oltretutto ci si avvicinava anche alla seconda guerra mondiale. “Ho frequentato la suola dell’obbligo fino alla quarta elementare, poi la maestra, la chiamavano “stomeghì de fer”, si rivolse a mio padre per proporgli per me la continuazione degli studi in quanto pare fossi bravo e portato. Ricordo che dopo poche settimane dall’inizio dell’anno scolastico avevo già imparato a memoria diverse pagine del sussidiario. Mi piaceva studiare. Mi piacevano la storia e la geografia. Purtroppo però non vi era la disponibilità economica per poter continuare gli studi e quindi non ho potuto proseguire. Ciò però non mi ha impedito di soddisfare la mia sete di conoscenza. Presso la parrocchia infatti c’era una biblioteca dove mi recavo spesso per leggere i libri che lì erano raccolti. Vita parrocchiale - 43 Voci della nostra storia Impegno Comunitario Voci della nostra storia 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 44 Erano libri che narravano per lo più le esperienze di padri missionari ma c’erano anche quelli di Emilio Salgari che mi affascinavano. Mi chiederà poi quali altri divertimenti e svaghi praticavo da piccolo con gli amici. Le dico subito che erano pochi, sia perché non è che ce ne fossero a disposizione, sia perché tutti, anche i piccoli, nei tempi liberi dalla scuola dovevano aiutare in famiglia: chi in casa, chi nella stalla, chi nell’orto. Una volta liberi c’era l’oratorio. L’oratorio era la nostra seconda casa. Lì si giocava con niente, qualche volta a pallone quando non giocavano i grandi. Era un posto di aggregazione, era bello il solo fatto di stare insieme”. Mi par di capire che pur nelle ristrettezze la sua infanzia sia stata spensierata o no? “Direi di no! La mia vita è stata segnata dalla morte di mia madre. Improvvisamente ha iniziato a soffrire di esaurimenti. Allora le attenzioni e soprattutto le cure di oggi contro le malattie psichico - neurologiche erano latenti. Non esistevano in ospedale reparti ad esse preposti. C’era solo il manicomio. Lì purtroppo mia madre veniva ricoverata per trenta o quaranta giorni per essere sottoposta alle terapie di allora: l’elettroshock. Rimessa un poco in sesto, si fa per dire, la rimandavano a casa. In una di queste terapie mia madre è venuta a mancare. L’ennesimo elettroshock l’ha in pratica fatta morire. Ricordo che erano le 10 di mattina. Saputo della tragedia con una bicicletta prestata io e tata, così chiamavamo papà, abbiamo raggiunto l’ospedale. Una suora, dopo i poveri convenevoli di rito, ci ha chiamati alla realtà dicendoci che dovevamo occuparci della salma. Non avendo disponibilità, la suora ci ha allora indirizzato al sindaco di Bergamo. Era il dott. Galmozzi il quale ci ha messo a disposizione un carro trainato da cavallo per il trasporto della salma dal manicomio al cimitero. Siamo andati al cimitero di Bergamo dove un frate ci ha accolto e ci ha garan44 - Vita parrocchiale tito il funerale. Al rito funebre erano presenti sette persone: due fratelli della mamma, una sua zia, il marito di lei alcuni figli. Mia mamma avrebbe meritato ben altro. Avevo quindici anni e la vita segnata”. Momenti purtroppo assai tristi, lutti continui, perdita della mamma, la guerra appena finita, e miseria ovunque. “Rimasti senza madre è stato papà ad occuparsi di noi. E per farci capire che aria tirasse ci diceva sempre che la nostra era la casa delle quattro f: fame, fumo, fastidio e fatica. Consideri che la colazione consisteva in un litro di latte da suddividere in otto persone. Era più acqua che latte. Pasta non c’era perché era appena terminata la guerra. Alle volte avevamo un poco di farina, polenta che avanzava ad altri e pane duro. Non buttavamo nulla. Quando c’era stata data la possibilità di coltivare un pezzettino di orto, seminavamo patate. Mangiavamo patate nel latte. Non era molto indovinato come abbinamento ma quando “la fam la gha resù”, e la fame ha sempre ragione, andava bene anche quello. Eravamo poveri e basta. Anche i vestiti erano quelli donatici da altri. Piccoli o grandi che fossero una volta indossati erano perfetti”. Ma non sarà sempre stato così? “No, ma quasi! Finalmente mio padre trova una degna occupa- zione alla Sacelit di Alzano Lombardo, una ditta con sede nei pressi dell’ospedale dove realizzavano manufatti edili. Nello stabilimento c’era la mensa e, conoscendo la nostra situazione, le donne che servivano in mensa consegnavano a papà la minestra e quel poco che avanzava da portare a casa. Già poco perché se noi eravamo in miseria non è che gli altri stessero molto meglio e avanzare pietanza era peccato mortale. Quando arrivava a casa noi mangiavamo quello che ci aveva portato. Lui si accontentava di un “crostel de pa” e un quartino di vino. Le mie sono state un’infanzia ed un’adolescenza di privazioni gravate dall’inevitabile carico familiare e dalla perdita di mamma. Mia madre mi diceva sempre: almeno tu che sei il primo dammi una mano. Io piangevo, mi ribellavo un poco perché volevo vivere anch’io la mia infanzia e la mia adolescenza. Lamentavo il fatto che toccasse sempre a me per il solo fatto di essere il primogenito, ma presumo, col senno di poi, che sarà stata così anche per gli altri fratelli. Mio padre aveva ragione, nella casa delle 4 f, fame, fumo, fastidio e fatica, queste compagne non ti abbandonano facilmente, anzi se ad esse aggiungi anche qualche tragedia pare proprio la fine. Mio padre era piccolo e minuto ma era un grandissimo lavoratore. Tutti i giorni scaricava duecento e più quintali di cemento con un suo collega di Albino. Un giorno scoppia un incendio nello stabilimento. Papà prodigandosi per aiutare a spegnerlo scivola, cade e si frattura entrambe le gambe in vari punti. Disgraziatamente è iniziato il suo calvario, alle fratture subentra la cancrena. Quando le cose sembravano cambiare ecco una nuova tragedia sull’uscio di casa. Si cominciava a stare discretamente, dicevo, infatti avevamo ammazzato il nostro primo maiale. L’avevamo comprato e l’avevamo allevato per bene. Centoquaranta chili. Per festeggiare l’ultimo giorno dell’anno abbiamo invitato il nonno, le zie e lo zio. Una gran festa, finita non bene perché 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 45 mamma.” La perdita di entrambi i genitori in poco tempo è una tragedia su tragedia. A lei poi è caduta addosso pure la responsabilità dei fratelli. Quale fu la sua reazione? “Il primo dell’anno è stato fatto il funerale. Io avevo speso tutti i miei risparmi ed avrei preso lo stipendio solo dopo otto giorni. Ricordo che ero seduto in cucina con i miei fratelli e pensavo a come avremmo potuto o dovuto fare per mangiare un boccone. Non avevamo proprio nulla. Ero preoccupato. D’improvviso mi son sentito chiamare fuori casa e ho trovato di fronte a me alcune persone del paese con un cesto in mano. Era colmo di prodotti alimentari e come se ciò non bastasse ci hanno consegnato pure 20.000 lire. Questo gesto di solidarietà ci ha permesso di andare avanti per un bel po’ anche se era dura, perché prima di tutto eravamo soli, ed io ero quello che doveva occuparsi della famiglia col sostegno del mio solo stipendio che non era faraonico, anzi. Spesso mi domandavo: ma io, quando e come potrò vivere la mia gioventù? La reazione è nata dal desiderio di riscatto e dall’orgoglio. Riscatto dalle privazioni, dalle umiliazioni, dal dover indossare l’abbigliamento degli altri. Volevo riscattarmi da tutto quello che la miseria mi ha obbligato a subire, ma anche dalle umiliazioni, tante e cattive. Quando andavo all’oratorio quelli che avrebbero dovuto essere amici, compagni, spesso, annuendo a mia mamma, dicevano che era matta, non malata, ma matta Non era vero, avrei voluto dire che non era vero ma era impossibile: cattiveria e malelingue ci sono state e sempre ci saranno”. Prosegue nel prossimo numero. Simona Camolese Battesimi ZANGA GABRIELE di Diego e Cuni Silvia BALOSSI ANDREA GIULIA di Alessandro e Sorrentino Tiziana PEZZOTTA FILIPPO di Marco e Marcassoli Nadia ALBORGHETTI MARTINA di Giuseppe e Lenzi Francesca BARCELLA DYLAN di Luigi e Marchetti Jessica MORETTINI RICCARDO di Raul e Bagni Marzia SARHEI GABRIEL di Vahid e Roncoroni Tiziana BERZI LINDA di Angelo e Pagani Valentina FORLANI OMAR di Mauro e Rivellini Silvia CASTELLETI LAURA di Gianfranco e Pievani Cristina Tornati alla Casa del Padre PERSICO LEONE SEMINATI PAOLINA MANTOVANI TRIESTE PULIN ZANOIA ENNIO FACHERIS MARIO MAGLIA GUIDO ROSSI GIAMBATTISTA LONGHI ANNA LORENZI MARIA MARCHESI GIUSEPPE ZANCHI ESTER SALVI LIDIA ANNI 47 ANNI 90 ANNI 83 ANNI 90 ANNI 56 ANNI 90 ANNI 69 ANNI 86 ANNI 91 ANNI 88 ANNI 80 ANNI 89 Vita parrocchiale - 45 Anagrafe ci siamo sentiti male tutti in quanto non eravamo abituati a mangiare. Questa però non è stata un’avversità, la tragedia era dietro l’angolo, Ricordo che avevo diciotto anni. Mio padre continuava a peggiorare e circa un anno dopo chiamatomi al suo capezzale mi disse: “so dre’ che ndò”. Abbiamo chiamato don Giuseppe che è venuto per dargli l’estrema unzione e per accompagnarlo nel suo ultimo viatico. Ricordo che prima di morire mio padre, ormai senza voce, mi ha preso il braccio e con l’indice dell’altra mano mi indicato gli altri fratelli e poi mi ha fatto un gesto significativo come a dire: mi raccomando, te li raccomando. Poi è spirato. Anche io lavoravo alla Sacelit e avevo messo da parte alcuni risparmi, 90.000 lire per comprarmi una moto. Quei risparmi li ho spesi tutti per il funerale di papà perché non volevo che avesse un funerale come quello di Grandangolo 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.58 Pagina 46 Papà e mamma,miglior culla dell’identità umana Don RENZO CASERI (Consulente etico dei Consultori familiari della Fondazione Angelo Custo de Onlus) in l’Eco di Bergamo, Lunedì 15 febbraio 2016, prima pagina e pag. 9 “S i faccia una discussione seria e poi il Parlamento decida” ha detto Renzi a riguardo del dibattito in corso sulle unioni civili. Ma stando a ciò che viene riportato dai media è proprio questa “serietà” che sembra mancare. Mi riferisco alla capacità dei nostri parlamentari di dialogare fornendo argomentazioni ragionevoli che possano condurre a un accordo. Sta prevalendo invece il buttare in faccia la propria idea aspettando il momento della conta dei voti. Ora se la questione è approvare una legge che istituisca le unioni civili per garantire in modo automatico dei diritti per le coppie omosessuali, su questo la maggioranza degli italiani e dei parlamentari è d’accordo, se invece la questione è approvare le unioni civili perché si possa poi rivendicare il diritto al figlio allora la maggioranza degli italiani non è d’accordo. Forse perché si vanno a toccare le basi dell’esistenza umana, della famiglia e della società. Di questo bisognerebbe discutere. Per esempio la questione dell’origine personale. E’ evidente che colui che è messo al mondo è in relazione con coloro che lo hanno messo al mondo. Ma chi è intervenuto nel mettere al mondo questa bambina o questo bambino fornendo l’ovulo, il seme o l’u46 - Vita parrocchiale tero, ha il dovere di essere in relazione con lei/lui o può disinteressarsene? In altre parole c’è una responsabilità in chi partecipa alla generazione di un bambino oppure si può bypassare questo dato oggettivo utilizzando termini tecnici come “donatore di gameti” e “maternità surrogata”, oppure introducendo nuove figure legali come “genitore biologico” , “coppia committente” o “genitori affettivi”? Se si fa a pezzettini l’origine biologica di una persona vuol dire privarla delle sue radici. Non è uguale a chi perde i genitori, perché l’orfano può risalire alle sue origini, attraverso il racconto dei parenti per esempio. Perché un bimbo non dovrebbe avere il diritto di sapere da chi ha preso gli occhi verdi e i capelli castani? Solo perché noi riteniamo che sia più importante l’amore della biologia? La prima domanda del medico quando un bambino ha qualche disturbo è se c’è familiarità con qualcuno dei suoi parenti. L’identità biologica incide in modo importante sulla propria storia personale. Uguale importanza ha il sapere con certezza chi è la propria mamma e il proprio papà. Con l’utero in affitto abbiamo invece la moltiplicazione delle figure genitoriali. Ora qual è la condizione migliore per un bambino? Di certo quella della continuità genitoriale cioè che i suoi genitori siano i medesimi che gli hanno dato l’i- dentità biologica e poi quella affettiva e sociale. Ogni discontinuità produce traumi e crea confusione. Si è anche detto che è meglio che un bambino cresca dentro una coppia omosessuale che vive in armonia affettiva piuttosto che dentro una coppia eterosessuale conflittuale. Posta così la questione è subdola e ingannevole. Perché ci sia confronto ci devono essere parità di condizioni. E’ meglio allora che cresca dentro una coppia omosessuale armonica o dentro una coppia eterosessuale armonica? A parità di condizioni a me sembra che la differenza sessuale sia un elemento di ricchezza. Ovviamente da sola non basta perché ci sia un buon rapporto educativo. Ma dire che la differenza sessuale è indifferente per la crescita personale di un bambino è mistificare la realtà, oltre che contraddire quanto insegna la moderna psicologia dello sviluppo. Ci si potrebbe anche chiedere se il bambino che ha a che fare con persone di sesso diverso non faccia un’esperienza relazionale tendenzialmente più ricca del bambino che si relaziona prevalentemente con persone dello stesso sesso. Altra questione interessante è quel- g. 9 la sociale. La società deve garantirsi vitalità e futuro facendo in modo che nascano figli e che all’interno di essa vi sia una mappa genealogica chiara, perché laddove non è chiaro da dove si proviene, possono nascere seri inconvenienti. Tanto è vero che alcune legislazioni, come quella inglese, sono già intervenute perché a seguito della fecondazione eterologa è possibile che un numero imprecisato di bambini abbiano lo stesso genitore biologico. Questo in futuro po- trebbe portare a rapporti incestuosi tra persone che ignorano di avere lo stesso padre biologico. È un problema socialmente consistente che rimanda ancora una volta al rapporto tra chi è generato e chi genera. A me pare che la famiglia concepita come uomo e donna, padre e madre dei loro figli, possa essere ancora compresa come la migliore culla per il concepimento e lo sviluppo dell’identità personale. E a chi si presenta al nostro mondo non si deve forse offrire il meglio disponibile? Purtroppo nel dibattito in corso questi aspetti non appaiono, mentre predomina la rivendicazione del diritto al figlio, come diritto degli adulti, forse perché i piccoli di queste unioni non hanno ancora la forza per rivendicare i loro diritti. Ma i diritti dei minori sono “diritti minori”? Forse è solo questione di tempo. Campania Felix e Roma “Pellegrinaggio giubilare del Bello e del Buono” Udienza generale con Papa Francesco 13 - 18 giugno 2016 Le tappe del pellegrinaggio VILLA DI SERIO – CASSINO – NAPOLI: “La bellezza e la bontà dell’ospitalità” NAPOLI – Escursione POMPEI: “La bellezza e la bontà di Maria” NAPOLI: “La bellezza e la bontà della città” Escursione COSTIERA AMALFITANA: “La bellezza e la bontà del creato” NAPOLI – ROMA: “La bellezza e la bontà della misericordia” ROMA – VILLA DI SERIO: “La bellezza e la bontà del pellegrinaggio” Quota di partecipazione Minimo 40 partecipanti € 770,00 Minimo 50 partecipanti € 720,00 Supplemento camera singola € 160,00 PER MAGGIORI INFORMAZIONI E ISCRIZIONI RIVOLGERSI ALLA CASA PARROCCHIALE Vita parrocchiale - 47 Grandangolo a 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.59 Pagina 47 Verso la S. Pasqua 5 Notiz-Marzo 2016 OK_RIVISTA OTTOBRE 2007 08/03/16 12.59 Pagina 48 Celebriamo insieme con gioia la S. Pasqua Confessioni per i ragazzi in Chiesa Parrocchiale Giovedì Sabato Domenica Martedì 17 Marzo: 19 Marzo: 20 Marzo: 22 Marzo: ore 14,30 ore 14,30 ore 9,30 ore 14,30 Confessioni per giovani e adulti: in chiesa parrocchiale Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 23 Marzo: 24 Marzo: 25 Marzo: 26 Marzo: ore 20,30 dalle ore 16,30 alle 18,30 dalle ore 9,30 - 12,00 e 16,30 alle 18,30 dalle ore 9,00 alle 12,00 e dalle 15,00 alle 19,00 Celebrazioni particolari: Domenica 20 Marzo: Festa delle Palme. ore 10,00 Processione con i rami di olivo dal Santuario alla Chiesa Parrocchiale Lunedì 21 Marzo: ore 18,00 in chiesa parrocchiale Pasqua dello sportivo. Giovedì 24 Marzo: Giovedì Santo. ore 15,00 preghiera al Santuario per ragazzi ore 20,30 in chiesa parrocchiale Messa in Coena Domini con la lavanda dei piedi. e presentazione alla comunità dei bambini della prima Comunione Dalle ore 22 inizia l’Adorazione Eucaristica dapprima comunitaria. Dalle 23.00 alle 24.00 ragazzi di Terra di Mezzo Dalle 24.00 all’1.00 adolescenti e giovani e poi per tutta la notte in forma personale. Venerdì 25 Marzo: ore 8,00 ore 15,00 ore 20,30 Sabato 26 Marzo: Sabato Santo. ore 14,30 in chiesa parrocchiale Benedizione delle uova. ore 20,30 in chiesa parrocchiale Solenne Veglia Pasquale e presentazione alla comunità dei ragazzi che riceveranno la Cresima. Venerdì Santo. inizio dei turni di Adorazione per adulti e ragazzi fino alle ore 14,30 in Chiesa Parrocchiale: “Actio liturgica” in memoria della morte di Gesù. Via Crucis per le vie del paese animata dai giovani. Domenica 27 Marzo: Solennità della Pasqua. Le S.S. Messe sono celebrate al solito orario festivo. Lunedì 28 Marzo: Lunedì dell’Angelo. Sante Messe in chiesa parrocchiale ore 7,30 – 10,30 - 18,30 S. Messa al Santuario ore 9.00 (è sospesa la Messa delle 20.30). 48 - Cammino di Avvento