Presentazione del Dirigente Scolastico
È con vero piacere che presento questo opuscolo sull’Erbario
di Emanuele Taranto Rosso. Esso costituiva parte integrante del
Gabinetto di Storia naturale ed Archeologia donato alla Reale
Accademia degli Studi di Caltagirone e trasferito poi al Liceo
Bonaventura Secusio.
Le ragioni che indussero Emanuele Taranto Rosso a rendere
disponibile al pubblico la sua collezione privata di reperti scientifici
sono riconducibili alla volontà di divulgare il sapere fra i suoi
“dolcissimi concittadini” e, soprattutto, al desiderio di stimolare i
giovani allo studio e alla ricerca scientifica; voleva, infatti, che il
Gabinetto costituisse “un incitamento alla gioventù” come ebbe a
dire nel discorso del 1843 in occasione della donazione del Gabinetto
scientifico alla Reale Accademia di Caltagirone.
Anche oggi, ciò che mi ha spinto a dare l’avvio al riordino
dell’erbario di Emanuele Taranto Rosso - nella prospettiva di un
futuro restauro per renderlo fruibile agli allievi della scuola, alla
cittadinanza e alla più vasta comunità scientifica - è la volontà di
stimolare nei giovani la conoscenza dell’uomo, della natura e del
rapporto tra queste due entità, in ossequio alla lezione del nostro
grande scienziato, contenuta nel discorso del 1843 pronunciato al
momento del dono del suo Gabinetto scientifico alla reale
Accademia: “Vi rammenta che il coesister delle cose, e il lor
rapporto con noi e tra esse, che addimandiam natura, è lo studio più
degno alla nobiltà dell’uomo; che in fatto di produzioni naturali
1
quanto più si vede, tanto più si sa; che da ogni pietra da ogni pianta
da ogni conchiglia da ogni animale da ogni essere in somma o
meglio da ogni punto materiale, la natura ci detta lezion robusta e
perenne; e che i gabinetti son quel sacro deposito, in cui
compendiate possono a bell’agio contemplarsi le molte e svariate
bellezze, che la natura istessa ci ha porto spontaneamente sulla
scorza del globo, su cui ci aggiriamo”.
Una lezione di filosofia e di moderna didattica
«laboratoriale» in cui il vedere e il fare sono posti alla base del
processo di apprendimento secondo la celebre massima di Confucio:
”Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco!”
È sempre all’interno dello stesso discorso pronunciato da
Emanuele Taranto Rosso che si auspica la formazione di giovani che
possano dare un contributo qualificato al progresso scientifico. A tal
proposito risulta significativo il seguente passo del suo discorso: “E
chi sa se un giorno forse da questi aspiranti naturalisti alcun ne
sorgerà, che mercé le sue scoperte e i suoi studi intrapresi in questo
patrio stabilimento potrà di nuove bellezze vantaggiar la scienza, e
nuovo lustro recare alla patria nostra?”
Quale migliore speranza può animare la volontà di restaurare
l’erbario e le altre collezioni del Gabinetto di Emanuele Taranto
Rosso se non quella di suscitare nei giovani studenti la passione per
lo studio e per la ricerca? Quale migliore auspicio se non quello di
promuovere le “eccellenze” affinché si possa contribuire al
progresso scientifico a favore dello sviluppo dell’umanità?
L’occasione del 150° anniversario della fondazione del Liceo
“Bonaventura Secusio” rappresenta una buona opportunità per
rilanciare l’attenzione verso i beni naturalistici e scientifici che la
2
scuola possiede, per incrementare un’attività di ricerca, di studio e di
tutela di tali beni in un’ottica di una fruizione più generalizzata.
Mi è d’obbligo ringraziare chi ha reso possibile questo
lavoro di sistematizzazione dell’erbario e di primo riordino dello
stesso; innanzitutto il mio grazie va al prof. Giuseppe Venturella e
alla prof.ssa Maria Letizia Gargano che hanno svolto sia un’azione di
selezione e di riordino dell’erbario, attribuendo a Taranto quello che
è riconducibile alla sua collezione rispetto a quanto, invece, è stato
raccolto in epoca successiva dagli studenti, sia un aggiornamento
nomenclaturale delle specie presenti nell’erbario di Emanuele
Taranto. Un ringraziamento particolare al prof. Salvatore Distefano
per il contributo di carattere storico sugli studi di botanica offerto ai
fini di inquadrare storicamente il lavoro di Emanuele Taranto Rosso
e di Saverio Gerbino. La mia riconoscenza va rivolta anche al dott.
Nicoletti, direttore della biblioteca comunale di Caltagirone, per la
disponibilità offerta nel rendere disponibili i testi da consultare.
Un augurio a tutti gli studenti che frequentano questo Liceo o
che lo frequenteranno negli anni a venire affinché la passione per la
ricerca scientifica e l’amore per la conoscenza diventi il motore che
li motivi a raggiungere i più alti traguardi di apprendimento!
Dott.ssa Concetta Mancuso
3
Appunti per una storia della Botanica
tra Oriente e Occidente
Salvatore Distefano
La recente ricognizione del Corpus Plantarum
Calatajeronenis (1854)1 di Emanuele Taranto e Saverio Gerbino tra
quanto avanza delle pregevoli collezioni del Gabinetto di Storia
Naturale ed Archeologia di Caltagirone ci autorizza, a distanza di
qualche secolo dalla compilazione dell’ampia raccolta, di esaminare
con rinnovato interesse il materiale conservato e catalogato dagli
illustri Autori.
A noi spetta il compito di compulsare per il lettore le fonti e
la documentazione antica, in particolare quella greco-romana e
medievale.2 La necessità di raccogliere le erbe nei prati e negli incolti
1 Edizioni a stampa di questo catalogo sono reperibili presso la Civica
Biblioteca comunale «E. Taranto» di Caltagirone, per un breve cenno e
qualche orientamento bibliografico cfr. S. DISTEFANO, Il Liceo”Secusio” di
Caltagirone 150 anni dopo l’Unità d’Italia, Caltagirone 2013.
2 In questa sede non saranno esaminate le fonti cinesi e dell’estremo
oriente, tuttavia si segnala che nel terzo millennio alla corte
dell’imperatore cinese Chin-Nung venne stilato un catalogo di ben
360 droghe vegetali, cfr. F.A. FLUCKIGER – D. HANDBURY, Historie
des Drogues d’origine vègètale, Parigi 1878.
4
per confezionare misture medicamentose, ovvero quella di scalzare
le tuberose radici di qualche bulbosa, di raccogliere le bacche delle
rose selvatiche sembra, a quanto si legge, antichissima a tal punto
che si assegna ai Sumeri e agli Egizi la scoperta della farmacopea e
l’uso di alcune piante medicamentose ancora oggi considerate tali. 3
I filosofi e i saggi dell’Antichità compresero ampiamente che
alcune erbe possono avere un’influenza sulla salute dell’uomo, tra
tutti si distinse Ippocrate (460-380 a.C), questi grazie ad un’attenta
osservazione fu in grado di asserire che alcuni principi nutritivi
possono essere favoriti dall’ingerimento di alcune pietanze
confezionate con erbe medicamentose.4
All’epoca alcuni fattori oggi ritenuti fondamentali nella dieta
antitumoraleerano del tutto sconosciuti eppure l’uso del cavolo, dei
broccoli, del ravizzone (senapone) era consigliato nella cura di
alcune fastidiose malattie dell’apparato digerente.
I Micenei spesso e volentieri mescolavano alle bevande e
agli oli l’estratto di ricino, le piante da cui si ricava la sostanza
oleoso sono infatti allora come oggi coltivate nei giardini e spontanee
negli incolti.
Ad Ipponatte gli antichi assegnano invece il merito di aver
curato per primo il «morbo sacro» con un infuso di erbe salutari;
nell’isola di Cos dove questi nacque intorno al 450 a.C. era infatti
3 Si ricorda a tal proposito il Papiro di Ebers rinvenuto in Egitto e
un lotto di tavolette rinvenute a Ninive. Per un primo orientamento:
G. Pollacci – L. Maffei, Botanica farmaceutica, Milano 1939.
4 G. CAMBIANO, La nascita dei trattati e dei manuali - 4. La
scrittura e il sapere medico, in «Lo Spazio Letterario delle Grecia
Antica», vol. tomo I, Roma 1992, pp. 544-548, con bibliografia e
riferimenti al Corpus hippocraticum.
5
fiorente una scuola di medici a cui appartenne anche il padre
Eraclido, allievo di Eròdico di Salimbria.
6
Fig. 1.Particolare di un cratere a volute di produzione apula, in evidenza un eroe in riposo
sotto albero di ulivo (Museo di Napoli, cat. N. 225 da Ruvo).
Per perfezionare gli studi Ipponatte5 compì numerosi viaggi
in Egitto, Libia e in Sicilia dove conobbe ed ascoltòGorgia di
Lentini.
A Creta assai apprezzate erano le qualità terapeutiche della
menta, della nipitella e persino dell’assenzio di cui già si faceva
commercio, certo è che i Greci utilizzavano il papavero chiamato
allora sesamo e forse anche l’aspleno per curare i dolori della milza
che alcuni medici lenivano con infusi di dauco e dittamo.
Plino il Vecchio, avendo approfondito la questione, aggiunge
che i Cretesi erano capaci di estrarre dalle bacche del cipresso un olio
essenziale che utilizzavano nella confezione di oli balsamici e cosa
invero insolita curavano le ragadi della mammella con impacchi di
melone e pasta di cipolle di giglio.6
Per favorire l’identificazione e la raccolta delle erbe
selvatiche ad uso dei medici nel I sec. a.C. Crateva, un medico
vissuto in Asia alla corte di Mitridate Eupatore, stilò un catalogo
delle piante medicinali, alle descrizioni aggiunse alcuni accurati
disegni che servirono da modello all’Erbario di Pedanio Dioscoride.7
5 Ipponatte di Cos morì a Larisa intorno alla metà del III sec. a.C
6 Nel Theatrum Sanitatis è annotata la seguente ricetta: nature
f(rigide) in 2° h(umide) in 3° melior ex eis Smaracandi
[Samarcanda]. Juvamentum – frangunt lapidem et mundificant
cutim. Laxant ventre et romotio nocumenti, cum bono vino vel sirupo
acetoso.
7 Crateva (visse presso la corte di Mitridate VI
Eupatore, si specializzò nel campo della botanica e ricevette il
7
Prima di procedere con la narrazione bisogna tuttavia sapere
che gli Antichi attribuivano alle erbe come alle pietre delle virtù del
tutto eccezionali, ad esempio l’erba polmonaria per la forma delle
sue foglioline era utilizzata nella cura della polmonite… certo è che
Teofrasto Paracelso consigliava un decotto di questa pianticella per
la cura del catarro bronchiale. 8
A Pedanio Dioscoride, nato ad Anazarbe presso Tarso
(Mersin), spetta comunque il merito di aver isolato questa disciplina
e di aver contribuito assieme a Plinio il Vecchio alla nascita di un
settore di studi che noi moderni chiamiamo botanica. Nell’opera da
lui compilata, dal titolo convenzionale di De re medica [Materia
medica], l’autore illustra in maniera organica l’aspetto
medicamentoso e terapeutico di molte piante. 9
sopranome di «Rizotomo» fu apprezzato per le numerose ricette
confezionate con erbe medicinali. Studi in questa direzione sono stati
avviati da A. ROLET e D. BOUVET, Plantes mèdicinales. Culture et
cueillette des Plantes suvages, Encyclopèdie Agricole, Parigi 1919.
Si vede anche SAINT LAGER, Recherches sur les anciens herbaria,
Parigi 1886
8 A Teofrasto si assegna la stesura dell’Historia Plantarum un
catalogo che include la descrizione di circa 1000 specie botaniche.
Teofrasto fu allievo di Aristotele e come il maestro un valido
farmacista.
9 In questo scritto Dioscoride ricorda spesso Asclepiade di Bitinia,
un medico nato a Chio/Prusa, noto a Plinio (XXVI.12) vivace
oppositore di qualsiasi purgante o clistere, a lui ricorre anche
Scribonio Largo nelle sue Compositiones.
8
Per compilare la Naturalis Historia Plinio il Vecchio fu
costretto a visitare moltissime località, fu in Siria, Libia, Spagna etc.
e durante questi viaggi raccolse numerose informazione a carattere
botanico, osservò molte piante e quanto appreso lo lasciò scritto in
un trattato in cinque libri (XX-XXXVII).
Nell’opera accanto alle piante medicamentose vengono
esaminate anche le piante velenose, le piante circa 600 vengono
illustrate attraverso un criterio tipologico, ovvero raggruppate per
caratteristiche, ad ogni pianta Plinio il Vecchio dedica una breve
descrizione formale, gli assegna un nome e cosa piuttosto curiosa
elenca anche i nomignoli con cui la pianta era indicata localmente.
9
Fig. 2.Tavole botaniche estratte dal Theatrum Sanitatis (Biblioteca Casanatense, codice 4182),
in ordine: granata acetosa, cedro, zucche, datteri.
Con Plinio il Vecchio nasce, per essere brevi, la moderna
“botanica” infatti oltre a descrivere le radici, il fusto e il fiore
l’autore si sofferma sulle modalità d’uso, insomma se la pianta va
usata essiccata oppure verde, se si preferisce un impiastro oppure un
10
decotto. All’opera di Plinio il Vecchio fece seguito Scribanio Largo,
un medico della corte dell’imperatore Claudio, autore di un taccuino
intitolato Compositiones medicinales, in questo registro l’autore
illustra alcune erbe da lui personalmente raccolte in Britannia
durante una spedizione e a suo dire di notevole interesse
medicamentoso.
Tra le erbe che subito conquistarono i Romani troviamo il
basilico (Ocymum basilicum) ovvero l’erba del Re, la raccolta di
questa pianticella sacra a Marte era accompagnata da un complesso
rituale, il sacerdote doveva indossare una candida veste, purificare la
mano destra con acqua di sorgente e tenersi lontano dalle donne in
periodo mestruale.
I Romani spesso inclini a certe credenze lo coltivarono negli
orti delle domus urbane, ma ad introdurlo in Liguria furono i
Saraceni! il pesto è infatti un’emulsione tipica della cucina del vicino
oriente.
La possibilità di utilizzare alcune erbe, fiori e germogli in
cucina e non solo nella confezione di unguenti e pozioni favorì
nell’antichità la raccolta del finocchio selvatico (Foeniculum
vulgare), della cicoria (Cichorium inthybus) e della borragine
(Borrago officinalis).10
10 I Romani utilizzavano le erbe selvatiche nella confezione di molte
pietanze, utile è pertanto la lettura del tratta De coquinaria di Apicio. Si
crede che quest’opera fu scritta sul finire del I sec. d.C. da un cuoco di corte
ovvero da un appassionato di cucina, nel trattato si elencano: cannella,
zafferano, limone, elenio (Enula Aelenium), alloro, cipresso, lavanda, mele
cotogne, ciliegie, tartufi, zenzero, silfio, coriandolo (Coriandrum sativus),
datteri, prezzemolo, menta, laser, mirto, pinoli, porri, origano, cumino, ruta
e tanti altri ingredienti ancora in uso nella cucina tradizionale di molte città
della Sicilia cfr. S. DISTEFANO, Notiziario della Buona Cucina, Manuale
dell’Arte di convitare a Palazzolo, dalle origini all’Unità d’Italia, Catania
2012.
11
A queste piante spesso e volentieri si dedicava un angolo del
viridarium, tra le piante alimentari ricorrenti nei giardini di Ercolano
e di Pompei frequente era l’alloro, il rosmarino, la menta lacustre, il
prezzemolo, la salvia e il timo, destinazione ornamentale ebbero
invece le mele cotogne e il pungitopo chiamato dai Romani
asparago.11
La raccolta delle piante velenose 12 era invece riservata a
medici e farmacisti capaci di identificare le piante e soprattutto in
grado di isolare i principi attivi presenti nel vegetale; nell’antichità la
cicuta (Conium maculatum L.) veniva raccolta senza alcuna
precauzione dai cercatori per il semplice fatto che tutta la pianta è
velenosa, dell’oleandro (Neriumo leander L.) si raccoglievano
viceversa solo le foglie e i fiori.
Interesse scientifico rivestono in questo settore gli studi di
Aulo Cornelio Celso autore di un trattato intitolato De medicina,
11 F. MORREALE, Piante spontanee alimentari in Sicilia, guida di
fitoalimurgia, Siracusa 2010.p. 46, il rosmarino era utilizzato a Roma
nelle cerimonie religiose, era infatti considerato di buon auspicio.
12 A questa categoria bisogna aggiungere lo Stramonio (Datura
stramonium L.) un’erbacea spontanea sulla costa e nelle terre
ghiaiose della zona sub collinare, il fusto di questa pianta come del
resto le foglie sono innervate, il fiore bianco campanulato, il frutto è
una capsula ricoperta di aculei con quattro valve con all’interno semi
reniformi. Le piante velenose o tossiche furono molto apprezzate nel
Medioevo e persino oggetto di commerci illeciti, Saladino d’Ascoli
(1450) nel Compendium aromatarium ricorda ad esempio l’herba
belladonna, una pianticella tanto delicata quanto velenosa. A questo
proposito giova ricordare che nell’Odissea Circe conosce certi veleni
estratti dalle piante tossiche.
12
un’opera enciclopedica in venti libri, ricca di spunti e consigli di
bellezza; tra le ricette da lui consigliate ricordiamo a titolo d’esempio
quella per la cura dei foruncoli 13 a suo parere da decongestionare con
il galbano, una resina gommosa ricavata da alcune piante orientali da
cui si estraeva un succo revulsivo.
13 De medicina V, 28.8.
13
14
Fig. 3.Incisione a stampa, figurazione esoterica della “Mandragola maschio” estratta da un
manuale del sec. XVII.
Dalle opere di Crateva, Dioscoride, Plinio il Vecchio,
Scribanio Largo, Celso prese comunque spunto e origine un filone di
studi che in occidente come in oriente fu di fondamentale importanza
per la nascita degli Erbari Medievali e dell’assai più celebre
Theatrum Sanitatis (Biblioteca Casanatense di Roma. Codice 4182) e
il Tacuinum Sanitatis della Biblioteca Nazionale di Parigi e Vienna.
Il Takwin al suha come riferisce Buhahyliha Byngezla (1100), un
autorevole medico cristiano di Bagdad, aveva come principale
finalità fornire ai medici una raccolta di tabulae per l’identificazione
e la raccolta delle erbe.
Tra le ricette più costose e verosimilmente anche tra quelle
più richieste si annovera la triàca o teriàca un preparato contro il
micidiale morso dei serpenti velenosi 14 e spesso la mandragora15 una
virtuosa pianticella a cui gli antichi assegnarono qualità terapeutiche
non trascurabili.16
Dopo le invasioni barbariche e l’occupazione islamica della
Sicilia si diffuse dall’oriente l’uso dei taccuini, la parola taccuino,
dall’arabo tâqwin da traslitterare in tabula/tabella, altro non significa
14 Biblioteca Casanantense – Taccuinum Sanitatis ms 459.
15 La tradizione vuole che la mandragora sia maschio (m) e
femmina (f) e che prima di usarla bisogna somministrala ad un cane
per evitare che l’uomo che assuma tale pozione possa morire.
16 Pavia - Biblioteca Universitaria, JOHANNES DA CUBA, Hortus
Sanitatis (1491) incunabolo 111-G-3
15
che tavola con disegno e breve nota scritta, nel mondo greco questo
metodo di raccolta e catalogazione aveva invece assunto la
denominazione di graphidion.17Il passo dall’erbario miniato alla
raccolta delle essiccate non fu tuttavia né breve né agevole, è infatti
evidente che nell’erbario miniato la colorazione delle piante raccolte
si conserva viceversa le essiccate perdono questa caratteristica, a
questo proposito Isidoro di Siviglia precisa che con il vocabolo
Botanicum herbarium si intende un libro in cui notantur le erbe
attraverso disegni, con il vocabolo Dynamidia l’elenco delle piante
curative.
Prestigio indiscusso ottenne per questo motivo il trattato di
Oribasio, un medico della corte di Giuliano l’Apostata, l’opera assai
nota nell’XI sec. fu commentata e annotata da Serapione, a questi e
soprattutto al suo intuito di medico si deve l’introduzione di
illustrazioni accanto al manoscritto.
In oriente e precisamente a Costantinopoli fu compilato un
erbario (512 d.C.) per l’imperatrice Anicia Juliana, questo catalogo
celebre per la fedeltà delle riproduzioni trova numerosi punti di
contatto con alcuni Codici Longobardi della Biblioteca di
Montecassino (IX sec.).
Tra i longobardi che attinsero a queste fonti ricordiamo
Gariponto († 1050) ed in modo particolare Mosue il Vecchio,
Yuhauna Ibn Masawaih, a tutti noto con il nome di Giovanni
Damasceno. A tal proposito giova sapere che gli Arabi per tradizione
rifiutano la chirurgia di conseguenza le erbe occupano un posto
rilevante nella farmacopea e nella cura di qualsiasi disturbo, non a
17 Sono disponibili in commercio molti manuali per riconoscere le
piante officinali e quelle utilizzabili in cucina, in questa sede si
segnala un piccolo schedario realizzato dall’Azienda Regionale
Foreste Demaniali: Piante spontanee siciliane in cucina, (testo di
Agostino Gatto), Palermo 2004.
16
caso il più antico corpus di farmacopea è attribuito ad Ibn al-Baitan
(1177-1248).
Tra la Tarda Antichità e il Medioevo (VII secolo), in una
bottega libraria della Roma bizantina fu redatto «Cod. gr. I» della
Biblioteca Nazionale di Napoli, noto agli addetti con il nome di
Dioscoride di Napoli, si tratta come è stato dimostrato di un
esemplare dell’erbario di Pedanio Dioscoride nel quale le piante
sono elencate in ordine alfabetico, l’opera assai simile al Dioscoride
di Vienna (Vindob. Med. gr. I) fu stilato, come abbiamo anticipato,
per Anicia Juliana nel 512. Il modello da cui dipendono entrambe le
17
Fig. 4.Tavole botaniche estratte dal Codice Atlantico di Leonardo da Vinci, Lilium
candidum (Raccolte Reali di Windsor n. 12418), foglie e frutti di Rubus idaeus
(Raccolte Reali di Windsor n. 12419), infiorescenza con frutti maturi di Pyrus
torminalis (Raccolte Reali di Windsor n. 12421).
18
raccolte e in particolare i disegni sono stati assegnati allo scriptorium
del cenobio di Vivarium.18
Il manoscritto sarebbe approdato in Italia meridionale
attraverso i funzionari di Giustiniano, ad ogni modo giova sapere che
Cassiodoro consigliava ai suoi monaci di leggere il Dioscoride
«illustrato» conservato nella loro biblioteca. 19
Ma mentre in Oriente gli studi progredivano e la scienza si
perfezionava, in Toscana un certo Piero de’ Crescenzi (1200)
consigliava ai menestrelli del Dolce Stil Novo di masticare delle
cipolle prima di esibirsi, a suo dire questa pianta favorisce
l’approccio amoroso e per dirla in breve il corteggiamento.
Le arcane virtù delle erbe divennero durante il Medioevo
fonte inesauribile di studi e ricerche, i monaci impegnati
nell’assistenza dei poveri e degli ammalati ben compresero che gli
horti ovvero i giardini dei «semplici» 20 potevano offrire un valido
supporto nella cura di alcune patologie, tra le opere che
maggiormente hanno contribuito all’avanzamento delle conoscenza
18 G. CAVALLO,La cultura italo-greca nella produzione libraria, in
«I Bizantini in Italia», Ravenna 1986, p. 502, un altro esemplare
ricavato dalla medesima fonte è il Dioscoride Ghigi/Ghigiano.
19 Per approfondimenti sull’attività di Eugenio di Palermo e
soprattutto sulla sua interdipendenza da Teofrasto e Dioscoride cfr.
M. GIGANTEin «I Bizantini in Italia», Ravenna 1986, p. 629.
20 L’uso di erbe «semplici» nella confezione di farmaci è nota a
Erofilo di Calcedone, un medico vissuto ad Alessandria, dove acquisì
grande fama di farmacologo, cfr. FR. 253. Erofilo ha lasciato alcuni
scritti di farmacologica botanica nei frammenti superstiti si accenna
all’elleboro definito nelle fonti medievali fortissimus dux FR. 255.
19
ricordiamo l’Hortus Sanitatis di Giovanni da Cuba (1484), i Taccuini
Sanitatis di Ellucasim Elimittar di Bagdad pubblicati in Europa da G.
Schott nel 1531 e non ultimo il Flos medicinae Salerni21 di recente
studiato da Adalberto Pazzini.22
Tra gli erbari più significati a titolo d’inventario si segnalano
il Tractatus de virtutibus herbarum (Piacenza 1491) e Herbarium
Apulei Platonici (Roma 1480), un libello originale è invece il Macer
Floridus di Giovanni Plateorio, un poemetto con figure di piante e
piccole didascalie.
Negli erbari antichi un posto d’eccellenza occupava
l’Anthemis nobilis L. a noi tutti assai più nota con il nome comune di
camomilla, questa piantina opportunamente essiccata è presente
anche nel catalogo redatto da E. Taranto e S. Gerbino.
Nel Papiro di Ebers (1700 a.C.) la camomilla viene chiamata
Tè-hau-ab, ma i Greci la chiamarono ἐ i Cartaginesi
21 L‘opera viene talvolta indicata anche con il titolo: Regimen
Sanitatis Salernitanum o Flos Medicinae.
22 Nei monasteri alcuni monaci «professionisti» decisero di stilare
degli hortuli ovvero delle brevi guide alla raccolta delle erbe e alla
confezioni degli infusi e dei cataplasmi. In questi scritti si precisava
cosa raccogliere della pianta, se le radici, i fiori, la corteccia etc. e
cosa sorprendente l’ora, il giorno e il mese adatto per confezionare
l’impiastro.
20
astirtiffo e i Berberi bubunigi, questa circostanza prova che gli
antichi cercavano nelle erbe sollievo per le malattie.
Negli erbari si cercavano di conseguenza soluzioni per
combattere la peste,23 per curare lo scorbuto, la scabbia ed in
particolare quei consigli per mantenere a lungo la buona salute e la
fertilità, a tal proposito giova sapere che Aldobrandino da Siena
scrisse su commissione di Beatrice di Provenza una Epistula
Sanitatis che la sovrana fece spedire alle figlie e precisamente a
Margherita, moglie del re S. Luigi di Francia, ad Eleonora, moglie di
Enrico III d’Inghilterra, a Sancia, moglie di Riccardo di Cornovaglia
e a Beatrice, moglie di Carlo d’Angiò.
Questa notizia per quanto curiosa conferma l’interesse per
questo settore di studi e soprattutto il consolidato sincretismo
culturale tra erbario-salute-felicità. L’uso delle erbe e il consumo
delle erbe dei campi divenne con il procedere delle scienza medica
uno strumento di controllo anche del peso, a quanti sentivano la
necessità di perdere qualche etto Guido da Vigevano consigliava una
dieta a base di erbe da accompagnare con abbondante sonno, lavoro
ed occupazioni all’aria aperta, l’opuscolo pubblicato con il titolo di
Liber conservationis sanitatis senis fu riproposto da Ugo Benci.
Alla categoria accennata si apparenta il De virtutis herbarum
di Emilio Macero (IX sec.), ma con un maggiore e più spiccato
interesse per le proprietà farmacologiche delle piante selvatiche e
23 Il Dragoncello (Artemisa dracunculus L.) fu molto apprezzata
dagli Arabi. I Berberi del Maghreb la chiamavano tarkum, la
utilizzavano in cucina e se accettiamo quanto afferma Avicenna era
prodigiosa contro la peste.
21
domestiche. Per quanto riguarda la restituzione miniata delle erbe
bisogna attendere il Rinascimento, infatti solo dopo la scoperta del
Nuovo Mondo la necessità di documentare in dettaglio le
caratteristiche vegetali determinò nella catalogazione anteriore una
più attenta osservazione e restituzione grafica.
A questo proposito si segnala che nel Teatrum Sanitatis24
l’Autore suggerisce le melanzane contro le emorroidi e il vomito, pur
sapendo che spesso causano infiammazioni alla testa e pustole in
bocca che si contrastano con molto aceto.25
24 UBUBCHASYM DE BALDCH, Biblioteca Casanatense di Roma, Codice
4182, Ed. Franco Maria Ricci, Parma 1969, p. 121.
25 Questa circostanza prova che le melanzane si diffusero rapidamente nel
Mediterraneo e divennero oggetto di studio per i botanici che allora si
interessavano di piante esotiche. Le mele-insane come il pomodoro
all’inizio furono considerate un alimento «cattivo» e persino tossico, il
successo di entrambi gli ortaggi si deve alla industrializzazione della
coltivazione e di recente anche alla commercializzazione, le mele-insane a
differenza del pomodoro si consumano prevalentemente fresche, cfr. La
Cucina nella formazione dell’identità nazionale 1861-2011 ed.
dell’Accademia della Cucina, Milano 2011 e S. DISTEFANO, Notiziario
della Buona Cucina, Manuale dell’Arte di convitare a Palazzolo, dalle
origini all’Unità d’Italia, Catania 2012.
22
Fig. 5.Frontespizio dell’articolo editato da Mons. Saverio Gerbino nel 1852 dal titolo
esaustivo: Memoria sopra talune mostruosità dell’opuntia del Dottor Can°
Saverio Gerbino
Un cenno anche se breve merita in questa relazione l’uso del
nero fumo (Ectypa Plantarum) nella figurazione delle varietà
vegetali preconizzato da Leonardo nel Codice Atlantico (fol. 72) e
nell’erbario Aldini del XV sec. Il metodo prevedeva l’immersione
della pianta raccolta in natura dentro una scatola contenente polveri
colorate e la successiva essicazione su un foglio predisposto in modo
da accogliere l’impronta, è chiaro che questo metodo come anche
23
quello di miniare i fogli con disegni più o meno veritieri fu sostituito
da xilografie con la scoperta della stampa.
Questo aspetto per quanto interessante esula dalla nostra
ricerca infatti l’Erbario Taranto-Gerbino è una raccolta di essiccate
ad uso didattico e scientifico, questa circostanza è documentata dalle
schede che accompagnano la raccolta, dai cartellini pervenuti
apprendiamo che alcune essenze furono raccolte nelle tenute del
circondario, altre invero ad Avola, nell’Orto Botanico di
Napoli26ovvero nel nascente Giardino Pubblico di Caltagironee in
molte altre località, certo è che il «giardino» di Caltagirone fu
progettato per accogliere essenze esotiche e locali. 27
Emanuele Taranto e Saverio Gerbino, sfrondata ogni
resistenza culturale, si propongono a dispetto delle autorità di
realizzare a Caltagirone un laboratorio per studiare dal vivo le piante
e soprattutto coltivarle nei giardini dell’agiata nobiltà e nel nascente
Giardino Pubblico.28
Non a caso tra i libri della Reale Accademia si conservano
opportunamente registrati e talvolta anche bollati: un catalogo di
26 Piante esotiche vennero coltivate anche nel giardino della Floridiana,
pare che ad introdurle fu personalmente la Duchessa di Floridia che le
affidò al capo giardiniere Denhardt, Direttore dell’Orto Botanico di Napoli,
nel parco della Floridiana furono ospitati anche alcuni animali: una tigre,
alcuni orsi, un canguro e persino costruito un sepolcro per il cane della
Duchessa cfr. S. DISTEFANO, I Borgia del Casale – Storia e vicende di una
famiglia dell’Aristocrazia siciliana, Barrafranca (Bonfirraro Editore) 2013.
27 La necessità di raccogliere le piante e di essiccarle iniziò tra il
XV e il XVI sec. sappiamo che Pandolfo Collenuccio da Pesaro
raccolse durante un viaggio in Trentino alcuni esemplari di Valeriana
celtica e di Leontopodium alpinum (stella alpina) che inviò ad
Angelo Poliziano.
24
Adriano Van Roygen edito nel 1740, l’«Erbario Italo-Siciliano» di
Vincenzo Lagusi pubblicato nel 1743 e il Catalogus Plantarum
Horti Regii Panormitanus di Vincenzo Tineo stampato a Palermo nel
1827.29
Entrambi come Goethe30 visitarono l’Orto Botanico di
Palermo fondato nel 1789-1795e studiarono le esperienze anteriori,
in particolare l’Hortus Messinensis (1638) e probabilmente anche
28 Molte sono le ville private di Caltagirone con parchi e giardini
d’interesse naturalistico, la gran parte di queste casene furono
costruite tra il ‘700 e l’800 nel piano di Santa Maria di Gesù, il
Giardino pubblico fu definito nel suo insieme nel 1852 dall’architetto
palermitano G.B. Filippo Basile cfr. M. NAVARRA p. 33 e D.
AMOROSO pp. 34-41in «Kalos – Luoghi di Sicilia»
(Gennaio/Febbraio) 1994.
29 ADRIANO VAN ROYGEN, Florae Leydensis prodromus exhibens
plantas quae in horto accademico lugduno batavo aluntur, Lugduni
Batavorum 1740, per quanto riguarda Vincenzo Lagusi è opportuno
sottolineare che svolse la professione di aromatario a Malta e rivestì
la carica di «botanico» di S.M il Re delle due Sicilia cfr. V. LAGUSI,
Erbario Italo-Siciliano, Palermo 1743, non meno interessante è
l’opera di Vincenzo Tineo per le implicazioni di carattere pratico e
scientifico V. TINEO, Catalogus Plantarum Hortii Regii
Panormitaus, Palermo 1827.
30W. GOETHE scriverà nel suo diario: (l’orto) ha qualcosa di
fiabesco (.) ci trasporta nel tempo antico. Aiuole verdeggianti
racchiudono piante esotiche (.) alberi strani (.) ancora senza
fogliame, probabilmente di paesi lontani, allargano le loro
ramificazioni curiose.
25
l’orto privato di don Giuseppe del Bosco fondato a Misilmeri nel
1692.31
31 A. BORZÌ, Per l’inaugurazione delle feste del primo Giubileo
centenario del Reale Orto Botanico di Palermo (12 maggio 1895),
Palermo 1897; A. HADIQA, L’orto botanico di Palermo, Dharba –
Palermo 1990. Dalle nostre ricerche si ricava che in Italia il più
antico Orto Botanico è quello di Pisa.
26
Fig. 6.Particolare delle tavole allegate all’articolo di Mons. Saverio Gerbino. In evidenza il
fenomeno della «mostruosità dell’opuntia» coltivata dal medesimo un giardino di
proprietà del religioso
Con la morte di Francesco Cupani (1713) purtroppo l’orto di
Misilmeri fu abbandonato e la sua definitiva scomparsa nel 1760
segnò profondamente la storia degli studi di «botanica» nell’isola.
Nell’isola comunque sia giungevano numerosi viaggiatori in
cerca di piante esotiche, di esemplari da disegnare nei loro diari di
viaggio, celeberrima è in tal senso una tavola del Voyage di JeanClaude Richard de Saint-Non32 in questa sono infatti riconoscibili:
32 JEAN-CLAUDE RICHARD DE SAINT-NON, Voyage pittoresque ou
description des Royaume de Naples et de Sicilie, Parigi 1786, volume IV,
parte seconda.
27
un’agave (‘zammarra), un piccolo fico d’India, il papiro d’Egitto, la
canna da zucchero e il cotone. 33
Il fallimento di alcune iniziative precedenti non intimorì né
l’uno né l’altro, anzi rese più determinato il loro impegno scientifico.
Alla penna di Saverio Gerbino 34 appartiene un interessante opuscolo
intitolato: Memoria sopra talune mostruosità dell’opuntia del Dottor
Can° Saverio Gerbino35da questo scritto dedicato all’osservazione di
alcuni fenomeni della fruttificazione e della ramificazione dalle
gemme portanti gli acheni apprendiamo che gli studi di Botanica
furono favoriti dalla lettura di alcuni testi di Van Roygen, Bivona
Bernardi e Lagusi.36
33 Un certo interesse riveste in tal senso il giardino di Villa
Whitaker (Palermo 1886), cfr. A. LOMBARDO, Villa Whitaker:
un’oasi di verde nel cuore di Palermo, in G. ARENA, Territori,
famiglie e dimore in Sicilia, modi e culture dell’abitare, Catania
2009, pp.93-98. Nell’ampio parco ancora oggi meta di viaggiatori e
turisti si possono ammirare numerose varietà di piante esotiche
introdotte anche a Caltagirone nella seconda metà dell’800, ad
esempio la Dracena Draco importata assieme ad altre essenze
esotiche dalla Tunisia, da Sumatra e dall’Australia, cfr. F.M.
RAIMONDO, Il Giardino di Villa Malfitano, Fondazione Giuseppe
Whitaker 1995.
34 Mons Saverio Gerbino, VII Vescovo di Caltagirone, insegnò
«scienze fisiche» e Teologia Dogmatica nel Seminario di
Caltagirone, di lui hanno scritto che era esperto «de omnibus rebus et
de quibus animalibus».
35 Stamperia Musumeci – Papale, Catania 1852.
28
La cosa che tuttavia sorprende di più è la citazione degli
studi di Gasperini e il ricorrente uso del microscopio per
l’osservazione dei fruttini del Fico d’India. Il testo inevitabilmente
richiama le edizioni antiche e soprattutto quelle a stampa infatti è
corredato da tavole in B/N che illustrano la fruttificazione. L’uso del
disegno, in questo caso necessario, dimostra ancora una volta che
all’osservazione diretta come anche alla raccolta delle erbe da
essiccare spesso seguì come nell’antichità una restituzione grafica
per documentare il campione.
Allo stato attuale della ricerca non sappiamo a quale incisore
fu affidata la stesura delle illustrazioni si può solo supporre che il
disegno preparatorio fu tracciato direttamente dall’Autore e
successivamente impresso sulla tavola di rame. A quanto evidenziato
bisogna aggiungere che S. Gerbino trascura l’aspetto farmacologico
assai caro agli autori antichi perché privilegia lo studio sistemico
delle piante ed in particolare di quelle di recente introduzione ed
36 Questi testi in riproduzione sono visibili presso il Museo di Villa
Patti – Caltagirone (inv. n. 34891, n. 34944, n. 103). Recenti studi
sulla flora del territorio di Caltagirone e Niscemi hanno confermato
le ricerche di E. Taranto e S. Gerbino cfr. R. MASCARA, Le orchidee
del comprensorio niscemese, Niscemi 1996, M. NAPOLI, Usi
popolari di Barliaro bertiana nel territorio di Santo Pietro di
Caltagirone, Siracusa 2002. In un armadio di Villa Patti si possono
ammirare due recenti raccolte di essiccate, si tratta di opere recenti
che denotano interesse per questo ambito di ricerca. Notevole
interesse hanno destato nella comunità anche alcuni eventi a carattere
florovivaistico organizzati da D. Amoroso, direttore dei Musei Civici
di Caltagirone, cfr. Le ville dei Gattopardi - Ville storiche siciliane
del Val di Noto (a cura di D. Amoroso) Caltagirone 2004, p.121 n.
65, 66.
29
assegna alla descrizione morfologica ed anatomica quella necessaria
dignità scientifica che tanto importanza avrà in epoca moderna.
30
Fig. 7.Particolare di un «piviale» con fiori di garofani e iris selvatici, in evidenza un
topolino. Manifattura siciliana sec. XVII (Messina).
La presenza di piccole collezioni di piante esotiche nei
giardini delle ville di Caltagirone suggerì probabilmente a S. Gerbino
di esaminare le Opuntiae, divenute endemiche nell’isola, pur essendo
native dell’America boreale; questa circostanza per quanto
occasionale è significativa, infatti nei giardini della nobiltà calatina i
proprietari introdussero moltissime piante esotiche ad esempio il
Ficus magnolioides, il Trichocereus macrogonus, l’Araucaria
columnaris, alcune varietà di yucche e l’antholiza aethiopica, per
non citare le numerose aloe africane e la Phoenix dactylifera.
Da quanto abbiamo compulsato in questa breve memoria si
ricava che alle fonti antiche e medievali spetta il merito di aver
sperimentato attraverso opportune osservazioni l’uso farmaceutico
delle erbe, agli autori moderni spetta quello di aver compreso che a
prescindere dalla Botanica Farmaceutica, la trattazione
dell’argomento non poteva non confluire se non in una disciplina
autonoma che comunque ha fatto fatica ad affermarsi presso le
categorie più umili della società.
Da quanto emerso durante le ricerche apprendiamo infatti
che i cercatori,venivano chiamati dal popolo siciliano erbaiuoli per
sottolineare l’umile mestiere da loro condotto;alle mogli, alle figlie e
alle sorelle degli erbaiuoli, assai esperte nella commercializzazione
delle essiccate, spettava invece il dispregiativo irvalore, per il
semplice fatto che come tante ignoranti bottegaie gestivano un punto
vendita in città,ma elargivano segreti e misture alla stregua di un
medico e di un farmacista.
Il Pitrè di questa tradizione raccolse parecchie testimonianze
e riferisce che il popolo utilizza ad esempio il succo di endivia, di
31
scalora, di cardedda e decotto di malva, altea, orzo gramigna e latte
di mandorla per rinfrescare e depurare il sangue. 37
Fig. 8.Tazzina con decorazione a «mazzetti», in evidenza un anemone rosso, ranuncoli alpestri
(in basso a destra), sfilacci di avena selvatica, un fiordaliso (di scorcio), fiori di camomilla etc.
Porcellana a pasta dura. Parigi, Manifattura - Rue de Bondy, 1790. Museo Nazionale Adrièn –
Dubouché, Limoges (da «Ceramica Europea» Milano 1982).
Agli erbari fin qui esaminati e alle tante curiosità spesso
richiamate durante la narrazione bisogna in conclusione aggiungere
una categoria insolita di disegni e tavole botaniche ovvero quelle
adoperate dai pittori delle manifatture di Derby e Chelsea, al pennino
37 G. PITRÈ, Medicina Popolare Siciliana, vol. XIX, Palermo 1870-1913,
pp. 31-34. Tra le erbe assai stimate dal popolo spicca l’erba grassudda una
singolare felce che cresce tra il pietrame dei vecchi muri.
32
di G.D. Ehretsono stati infatti assegnate alcune porcellane di Chelsea
e a William Pegg alcuni fiori cavati da illustrazioni botaniche.
Una menzione speciale merita in extremis un grande servizio
eseguito a Copenaghen (1789-1802) citato nelle edizioni con il
semplice denotativo di «Flora Danica», la fedeltà con cui le piante
sono state dipinte nel cavetto dei piatti del servizio è talmente minuta
da lasciare disorientato l’osservatore. 38
Il prezioso contributo che le fonti antiche ci hanno
consegnato attraverso i Codici e i numerosissimi ricettari è ancora
accessibile a quanti desiderano approfondire ed apprendere i segreti
delle erbe così come fecero Emanuele Taranto e Saverio Gerbino, per
questo ci piace concludere con una ricetta estratta dal Codice
Casanatense 4182.
Theatrum Sanitatis di Ububchasyn de Baladach
…. Granata Acetosa: nature f(rigide) in 2° h(umide) in 1°
melius ex eis · multe aquositatis iuvamentum · epati calido.
Nocumentum pectori et voci remotio nocumenti · cum chaloe
melita39
38 Il servizio è oggi conservato nel Palazzo Reale di Copenaghen,
ma fu realizzato per Caterina II di Russia dal Fournier in pasta
tenera, per la realizzazione impiegò tredici anni.
33
Ringraziamenti
Con questo breve opuscolo dedicato alle ricerche botaniche condotte
nell’antichità e in tempi a noi più vicini si concreta un progetto che
ha visto coinvolti numerosi docenti ed alunni del L. Secusio di
Caltagirone che con passione hanno creduto nella riscoperta delle
Collezioni in possesso dell’Istituto. Alla Dott.ssa Concetta Mancuso
esprimo il mio affetto per aver favorito e sostenuto nei giovani
l’interesse per la cultura e la conoscenza. Al Prof. Giuseppe
Venturella e ai suoi collaboratori, quale segno di stima, desidero
porgere un ringraziamento. Al personale della Biblioteca del Centro
Storico, come anche al Direttore della Biblioteca Comunale dott.
Enzo Nicoletti, al Direttore della Biblioteca Pio XI della Diocesi di
Caltagirone dott. F. Paolo Failla esprimo affetto.
La documentazione fotografica è stata estratta da: Ceramica Europea, Milano 1992 /
Ububchasyn de Baladach – Biblioteca Casanatense Codice 4182, Parma 1969 / Museo
Nazionale di Napoli, cat. N. 225 / KENNET CLARK, Catalogue of the drawings of Leonardo da
Vinci in the Collection of His Majesty the King of Windsor Castle, CAMBRIDGE, 1935 / Le fig.
5 e 6 sono state cortesemente fornite dalla Biblioteca Diocesana di Caltagirone / fig.7, non è
stato possibile rintracciare la fonte.
39 Sono di natura fredda in secondo grado e umida in primo. Le
migliori fra tutte sono quelle che posseggono molta acquosità.
Giovano particolarmente al riscaldamento del fegato, ma nuocciono
al petto e alla voce. Si può ovviare a questo difetto prendendo
“chaloe” con miele.
34
Catalogus Plantarum
in Agro Calata-Hieronensi Collectarum
AB
Emmanuele Taranto e Xaverio Gerbino
Maria Letizia Gargano
Dipartimento Scienze Agrarie e Forestali
Università di Palermo
35
PREMESSA
Il
Catalogus
Plantarum
in
Agro
Calata-Hieronensi
Collectarum di Emanuele40 Taranto e Xaverio Gerbino pubblicato nel
1845 (Allegato 1 - CD), contiene un elenco di n. 776 specie vegetali,
tra Pteridofite e Spermatofite (Gimnosperme ed Angiosperme),
spontanee e coltivate, tutte raccolte nel territorio di Caltagirone,
come si evince dall’annotazione 8 del Catalogo nel discorso del
donante.
Al catalogo di specie, classificate secondo il Sistema
Sessuale di Linneo (Species Plantarum, 1753), corrispondeva un
Erbario con altrettanti exsiccata, donato nel 1843, dallo stesso Cav.
E. Taranto Rosso, al «Gabinetto di Storia Naturale e Archeologia
40 Per esigenze grafiche si adotta in questa sede la denominazione
«Emanuele» Taranto Rosso piuttosto che quella dotta di Emmanuele
ricorrente in altre edizioni.
36
della Reale Accademia degli Studi» di Caltagirone… “Nell’Erbario,
che io vi porgo, amatissimi, il men che si accolgono sono le piante
crittogame, o eteogame che voglion dirsi, non avendo potuto a si
dilicata classe versarmi con agio; ma le fanerogame, che comprende
recan quasi tutte la descrizion corrispondente, la qualità del suolo
alla vegetazion loro acconcio, i luoghi o le contrade, ove
abbondano, l’epoca di lor fioritura, la durata di lor vita, la
sinonimia de’ vari autori, col nome sotto cui vengono dagli agricoli
nostri addimandate, e quant’altro di ciascuna può aver logo a
sapersi, perché il tipo vi presenti ai lavori, che sarete per
intraprendere per la Flora delle belle calatine contrade (8).”
(estratto dal “Discorso per l’inaugurazione del Gabinetto” 1843, p.
20).
Successivamente, la maggior parte delle collezioni e delle
strumentazioni scientifiche del «Gabinetto di Fisica, Storia Naturale
ed Archeologia della Reale Accademia degli Studi» di Caltagirone,
tra cui il prezioso Erbario di Emanuele Taranto Rosso (1801-1887),
fu traslata al Liceo “Bonaventura Secusio” di Caltagirone.
Da questo momento in poi, i campioni di piante proprie del
territorio di Caltagirone si mischiano a numerosi campioni di piante,
anch’esse donate al Gabinetto, ma provenienti da altre parti d’Italia
Queste ultime, in parte, sono state acquistate, tra il settembre
e l’ottobre del 1844, dal Canonico Saverio Gerbino presso gli Orti
Reali di Napoli e Palermo in seguito all’amicizia stretta da
37
quest’ultimo con il Cav. Giovanni Gussone ed il Cav. Vincenzo
Tineo.
Dopo una prima revisione dell’Erbario si è potuto stimare
che dall’avvenuto trasferimento al Liceo “Bonaventura Secusio” sino
ad oggi, n. 411 exsiccata corrispondenti al Catalogo sono andati
perduti o distrutti, come pure sono andate perdute numerose etichette
scritte di proprio pugno da Emanuele Taranto, anche se i campioni
sono ancora presenti nell’Erbario, ed alcune carpette rigide originali.
Ad esempio, una delle carpette rigide conservata fino ad oggi è stata
svuotata, liberata dai fogli di erbario originali e riciclata per
contenere campioni d’erbario allestiti da alunni del liceo (Fig. 1
A/B).
Tali fogli d’erbario sono sicuramente più recenti dato il
diverso allestimento del campione. Il Taranto infatti lasciava il
campione libero sul foglio d’erbario evitando legature e incollature
(Fig. 2), mentre gli alunni del liceo usavano montare le piante sui
fogli d’erbario con piccole bande di carta, spilli di acciaio
inossidabile o in maniera rudimentale con del filo di cotone (Fig. 3
C).
Inoltre si è verificata la presenza nella collezione di n. 23
exsiccata di piante, n. 2 di felci, n. 2 di funghi e n. 1 di alghe non
inseriti nel Catalogus Plantarum in Agro Calata-Hieronensi
Collectarum ma attribuibili con certezza ad E. Taranto grazie alla
presenza di etichette scritte di propria mano dallo stesso (Tab. 1).
38
Si presume che questi siano stati inseriti nella collezione
dopo l’avvenuta donazione al Gabinetto, ipotesi confermata dal fatto
che alcuni di essi (es. n. 2 exsiccata di funghi e n. 1 di alghe), anche
se inseriti nella sezione “Cryptogamia”, non abbiamo alcuna
etichetta forse perché rimasti in attesa di classificazione da parte del
Taranto.
A
39
B
Fig. 1. Caltagirone, Liceo “Secusio” Collezioni Storiche, carpetta rigida «originale» liberata dai
fogli dell’Erbario assemblato da E. Taranto per la raccolta delle essiccate e riciclata per contenere
campioni di un erbario allestito da alunni del Liceo “Secusio” postumi a Taranto, come si evince dalla
dicitura a penna «erbario di un alunno di V° ginnasio 1891-1892»
Tabella 1. Elenco dei taxa non inseriti nel Catalogus Plantarum in
Agro Calata-Hieronensi Collectarum ma attribuibili con certezza ad
Emanuele Taranto.
40
41
Fig. 2. . Caltagirone, Liceo “Secusio” Collezioni Storiche Campione d’erbario di Emanuele
Taranto Rosso, provvisto di annotazioni autografe. Asplenum
Durante gli anni di permanenza presso il Liceo “Bonaventura
Secusio” di Caltagirone, l’Erbario storico di Emanuele Taranto Rosso
42
è stato profondamente rimaneggiato con la conseguente perdita di
informazioni che hanno compromesso il significato scientifico della
raccolta stessa.
È però rimasto intatto il suo valore storico poiché
nell’Erbario è contenuta la prima consistente collezione di piante
vascolari e crittogame, esclusiva del territorio di Caltagirone.
Oggi, grazie all’interessamento e alla sensibilità del
Dirigente Scolastico, Dott.ssa Concetta Mancuso, sono state attivate
delle procedure al fine di conservare e tutelare la collezione e quindi
gli esemplari rimasti.
L’Erbario storico di Emanuele Taranto oggi conta una
collezione di n. 393 exsiccata di specie vegetali tutte proprie del
territorio di Caltagirone, di cui n. 365 corrispondenti al Catalogo e di
sicura attribuzione ad E. Taranto (Allegato 2) e n. 28 exsiccata
certamente attribuibili al Taranto (Tab. 1).
Non è escluso però che il numero possa essere incrementato
dopo una nuova e attenta revisione dell’Erbario che consentirebbe di
catalogare tra le specie proprie del Taranto altre che al momento
risultano di dubbia attribuzione.
MATERIALI E METODI
43
Si è proceduto innanzitutto alla digitalizzazione della copia
originale del Catalogus Plantarum in Agro Calata-Hieronensi
Collectarum (Allegato 1 CD), volume depositato nella Biblioteca
Comunale “Emanuele Taranto” di Caltagirone. La digitalizzazione di
tale volume ha avuto un duplice obiettivo: l’accesso e la
conservazione.
L’accesso in formato digitale permette infatti il riscatto di questo
testo antico dall’isolamento geografico rendendolo disponibile e
accessibile a tutti, mantenendo il testo originale nelle più idonee
condizioni di luce, temperatura e umidità.
Dopodiché si è passati all’analisi e alla catalogazione dei
campioni d’Erbario per verificarne la consistenza. Gli exsiccata
analizzati sono stati oggetto di un riordino e catalogazione ed è stata
avviata una fase di rideterminazione del materiale.
Inoltre è stato effettuato l’aggiornamento «nomenclaturale»
dell’elenco floristico presente nel Catalogus Plantarum in Agro
Calata-Hieronensi Collectarum secondo Giardina et al. (2007) ed
Euro Med PlantBase (2014) (Allegato 2 CD).
L’intera collezione di piante vascolari e crittogame, dopo una
preliminare pulitura da polvere, insetti ed escrementi di vari animali,
è stata al momento conservata all’interno di un armadio metallico ed
è stata suggerita alla Direzione del Liceo Secusio una preventiva
disinfestazione con canfora (Fig. 4). L’erbario è stato quindi
sistemato nell’armadio in ordine sistematico estrapolando da ogni
pacco d’erbario i campioni attribuiti a Emanuele Taranto.
44
A - bande di carta.
45
B - spilli di acciaio inossidabile.
Fig. 3. Caltagirone, Liceo “Secusio” Collezioni Storiche, campioni di un erbario
realizzato dagli alunni del Liceo “B. Secusio” in epoca successiva alla raccolta
assemblata da E. Taranto e S. Gerbino. Gli esemplari campionati sono montati sui
fogli d’erbario con piccole bande di carta (A), spilli di acciaio inossidabile (B) o con
del filo di cotone (C).
C - filo di cotone
Fig. 3. Caltagirone, Liceo “Secusio” Collezioni Storiche, esemplare montato su foglio
d’erbario con filo di cotone (C).
DISCUSSIONE
Le 776 specie vegetali presenti nel Catalogo di Emanuele
Taranto proprie del territorio di Caltagirone, secondo la moderna
nomenclatura, sarebbero da riferire a n. 105 famiglie come riportato
in Tab. 2.
Tabella 2. Elenco delle Famiglie facenti parte della collezione
originale dell’Erbario, quando esso era ancora depositato presso il
Gabinetto di Storia Naturale e Archeologia della Reale Accademia
degli Studi di Caltagirone
DIVISIONI
PTERIDOPHYTA
SPERMATOPHYTA
GYMNOSPERMAE
SPERMATOPHYTA
FAMIGLIA
Equisetaceae
Osmundaceae
Polypodiaceae
Pteridaceae
Adiantaceae
Aspleniaceae
Athyriaceae
Aspidiaceae
NUMERO
SPECIE
2
1
1
1
1
5
1
2
Cupressaceae
1
Salicaceae
Corylaceae
5
1
ANGIOSPERMAE
DIVISIONI
SPERMATOPHYTA
ANGIOSPERMAE
Fagaceae
Ulmaceae
Moraceae
Cannabaceae
Urticaceae
Santalaceae
Aristolochiaceae
Polygonaceae
Chenopodiaceae
Amaranthaceae
Portulacaceae
Caryophyllacea
e
Ranunculaceae
Paeoniaceae
Lauraceae
Papaveraceae
Capparidaceae
Brassicaceae
Resedaceae
Crassulaceae
Platanaceae
Rosaceae
FAMIGLIA
Cesalpinaceae
Fabaceae
Oxalidaceae
Geraniaceae
Zygophyllaceae
Linaceae
Euphorbiaceae
Polygalaceae
Anacardiaceae
Rhamnaceae
3
1
1
1
5
1
3
8
9
2
1
36
18
1
1
8
2
40
4
6
1
12
NUMERO
SPECIE
1
84
1
15
1
1
15
1
3
1
Vitaceae
Malvaceae
Thymelaeaceae
Clusiaceae
Violaceae
Cistaceae
Tamaricaceae
Cucurbitaceae
Cactaceae
Lythraceae
Myrtaceae
Punicaceae
Onagraceae
Theligonaceae
Cynomoriaceae
Cornaceae
Araliaceae
Apiaceae
Ericaceae
Primulaceae
Plumbaginaceae
Oleaceae
Gentianaceae
Apocynaceae
Rubiaceae
Convolvulaceae
Boraginaceae
Verbenaceae
Lamiaceae
Solanaceae
Scrophulariacea
e
Acanthaceae
Orobanchaceae
Plantaginaceae
1
7
1
3
2
5
1
2
6
4
1
2
7
1
1
1
1
22
3
5
1
1
1
1
9
5
14
1
35
11
29
1
2
7
Caprifoliaceae
Valerianaceae
DIVISIONI
SPERMATOPHYTA
ANGIOSPERMAE
ASCOMYCOTA
FAMIGLIA
Dipsacaceae
Campanulaceae
Asteraceae
Alismataceae
Potamogetonaceae
Zannichelliaceae
Asphodelaceae
Colchicaceae
Liliaceae
Hyacinthaceae
Alliaceae
Asparagaceae
Ruscaceae
Smilacaceae
Agavaceae
Amaryllidaceae
Iridaceae
Juncaceae
Poaceae
Arecaceae
Araceae
Sparganiaceae
Typhaceae
Cyperaceae
Orchidaceae
Tuberaceae
2
3
NUMERO SPEC
3
1
100
1
2
1
3
2
1
14
8
3
1
2
1
3
7
2
65
1
2
1
2
11
25
1
In realtà, le Famiglie oggi rappresentate nell’Erbario sono
solo n. 64 ed all’interno di esse il numero delle specie risulta
sensibilmente diminuito, mentre n. 41 Famiglie sono andate
completamente perdute (Tab. 3).
Questo si traduce in una notevole perdita di materiale
originale e di informazioni sulla biodiversità del territorio di
Caltagirone di quell’epoca. Inoltre, oggi, come sottolineato
nell’Allegato 2 CD, alcune specie vegetali sono cadute in sinonimia
e quindi il numero totale di specie si riduce ulteriormente.
Fig. 4. Caltagirone, Liceo “Secusio” Armadio metallico contenente la residua collezione
d’erbario facente parte dell’originale collezione donata dal «Gabinetto di Fisica, Storia
Naturale ed Archeologia della Reale Accademia degli Studi» di Caltagirone al Liceo
“Bonaventura Secusio” di Caltagirone.
Tabella 3. Elenco delle Famiglie facenti parte dell’Erbario oggi
depositato presso il Liceo “Bonaventura Secusio” di Caltagirone.
Famiglie delle specie della flora vascolare e crittogamica non più presenti
nella collezione d’Erbario.
DIVISIONI
PTERIDOPHYTA
SPERMATOPHYTA
GYMNOSPERMAE
SPERMATOPHYTA
ANGIOSPERMAE
FAMIGLIA
Equisetaceae
Osmundaceae
Polypodiaceae
Pteridaceae
Adiantaceae
Aspleniaceae
Athyriaceae
Aspidiaceae
NUMERO SPECIE
--------------1
-------1
2
-------1
Cupressaceae
--------
Salicaceae
Corylaceae
Fagaceae
Ulmaceae
Moraceae
Cannabaceae
Urticaceae
Santalaceae
Aristolochiaceae
Polygonaceae
Chenopodiaceae
Amaranthaceae
Portulacaceae
Caryophyllaceae
Ranunculaceae
Paeoniaceae
Lauraceae
Papaveraceae
Capparidaceae
------------------------------------------2
--------------3
6
--------------24
14
--------------2
2
Brassicaceae
Resedaceae
Crassulaceae
Platanaceae
Rosaceae
1
1
3
-------6
DIVISIONI
SPERMATOPHYTA
ANGIOSPERMAE
Cesalpinaceae
Fabaceae
Oxalidaceae
Geraniaceae
Zygophyllaceae
Linaceae
Euphorbiaceae
Polygalaceae
Anacardiaceae
FAMIGLIA
Rhamnaceae
Vitaceae
Malvaceae
Thymelaeaceae
Clusiaceae
Violaceae
Cistaceae
Tamaricaceae
Cucurbitaceae
Cactaceae
Lythraceae
Myrtaceae
Punicaceae
Onagraceae
Theligonaceae
Cynomoriaceae
Cornaceae
Araliaceae
Apiaceae
Ericaceae
Primulaceae
Plumbaginaceae
Oleaceae
Gentianaceae
Apocynaceae
-------42
1
8
1
1
8
-------1
NUMERO SPEC
--------------1
1
2
2
2
1
--------------2
1
1
6
--------------1
1
16
3
2
1
-------1
1
DIVISIONI
SPERMATOPHYTA
ANGIOSPERMAE
Rubiaceae
Convolvulaceae
Boraginaceae
Verbenaceae
Lamiaceae
Solanaceae
Scrophulariaceae
Acanthaceae
Orobanchaceae
Plantaginaceae
Caprifoliaceae
Valerianaceae
Dipsacaceae
Campanulaceae
Asteraceae
Alismataceae
Potamogetonaceae
Zannichelliaceae
Asphodelaceae
Colchicaceae
Liliaceae
Hyacinthaceae
FAMIGLIA
Alliaceae
Asparagaceae
Ruscaceae
Smilacaceae
Agavaceae
Amaryllidaceae
Iridaceae
Juncaceae
Poaceae
Arecaceae
Araceae
Sparganiaceae
5
4
12
1
24
6
14
-------1
6
2
-------3
-------27
1
--------------2
2
-------6
NUMERO SPEC
7
3
---------------------3
1
-------46
----------------------
ASCOMYCOTA
PEZIZOMYCETES
Typhaceae
Cyperaceae
Orchidaceae
1
2
10
Tuberaceae
--------
CONCLUSIONI
Il
presente
contributo
consente
soltanto
una
prima
valutazione della collezione scientifica di Emanuele Taranto.
L’Erbario, costituito da piante già attaccate dalle tarme ed altri
insetti, richiede una disinfestazione periodica, onde evitare ulteriori
danni. Sebbene infatti l’erbario sia mal ridotto, le piante sono in uno
stato tale da essere riconoscibili per la maggior parte. Le più piccole
sono integre, fatta eccezione per la radice o per le altre parti
sotterranee, quelle più grandi presentano soltanto la parte superiore
con fiori o frutti. Alcuni esemplari, invece, per lo più arborei,
mancano di fiore e frutto.
Sono necessari inoltre interventi di riorganizzazione,
sistemazione e catalogazione dei campioni d’erbario; di revisione e
determinazione degli exsiccata di dubbia provenienza o non
pertinenza con l’Erbario di Emanuele Taranto; di ordinamento degli
stessi secondo la moderna tassonomia.
L’auspicio
è
quindi
che,
attraverso
uno
specifico
finanziamento, l’importante collezione di Emanuele Taranto possa
essere interamente restaurata e collocata in armadi idonei,
restituendo così alla Scienza la ricchezza di informazioni sulla
biodiversità del territorio di Caltagirone che derivano da questo
patrimonio di inestimabile valore.
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
CASTAGNA A., 2000 – Scienza, fede e patria in Emmanuele Taranto
Rosso, Bollettino 7-9 della Società Calatina di Storia Patria e
Cultura, pp. 7-21.
DISTEFANO S., 2013 – Il liceo “ Secusio” di Caltagirone 150 anni
dopo l’Unità d’Italia, Caltagirone, pp. 21-24.
FASSARI G. (1998-2000). Sul Gabinetto di Storia naturale fondato
da E. Taranto Rosso. Precisazioni e smentite, Bollettino 7-9
della Società Calatina di Storia Patria e Cultura, pp. 331-332.
GIARDINA G., RAIMONDO F.M., SPADARO V., 2007 – A catalogue of
plants growing in Sicily. Bocconea 20, pp.582.
http://www.emplantbase.org/home.html
IMPRESARIO S., 1997 – Il Gabinetto di Storia naturale e di
Archeologia di Caltagirone. Inventario delle fonti archivistiche,
Bollettino 5-6 della Società Calatina di Storia Patria e Cultura,
pp. 117-166.
LINNEO C., 1758 – Systema Naturae per Regna Tria Naturae,
secundum classes, ordines, genera, species, cum characteribus,
differentiis, synonymis, locis. Decima edizione. Imprensis
Laurentii Salvii, Stoccolma.
MAZZOLA P., MINEO C., 2000 – Lettere botaniche a Emanuele
Taranto Rosso, 1845-1866, in «Il naturalista siciliano: giornale
di scienze naturali», Suppl. n. 24.
TARANTO E., GERBINO X., 1845 – Catalogus Plantarum in Agro
Calata-Hieronensi Collectarum. Ex Tipografia J. MusumeciPapale, Catania.
Scarica

Historia Plantarum - volume celebrativo pubblicato dal Liceo "B