ISTITUZIONI
PROFILI STORICI E POLITICI

Direttore
Federico L
Università del Salento
Comitato scientifico
Francesco I
Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”
Giorgio B
Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”
Dora M
Università di Torino
Carla S M
Sapienza Università di Roma
Guido Salvatore M
Sapienza Università di Roma
Joerg L
Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”
ISTITUZIONI
PROFILI STORICI E POLITICI
La collana si pone come luogo geometrico di incontro per tutte
quelle discipline che hanno a che fare con il campo oggettuale delle istituzioni politiche (e, in particolare, dello Stato). La
storia delle istituzioni politiche, non meno che la riflessione
politologica, sociologica, giuridica, filosofica, economica sulle forme organizzative della statualità sarà l’oggetto dei testi
che verranno proposti o riproposti. L’oggetto viene posto al
centro dell’attenzione e attorno a esso vengono collocate le
distinte angolazioni disciplinari dalle quali lo si può studiare,
diacronicamente o sincronicamente.
Mariaconcetta Basile
Costituzionalismo e formazione
dell’opinione pubblica in Sicilia
(–)
Prefazione di
Roberto Martucci
Copyright © MMXVI
Aracne editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Quarto Negroni, 
 Ariccia (RM)
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: febbraio 
Alla mia cara nonna
Indice

Prefazione

Nota introduttiva

Capitolo I
Alle origini della costituzione siciliana del : tra censura
e libertà di stampa
.. Nascita e prima diffusione delle idee costituzionali,  –
.. Due opposte fazioni “costituzionali”: cronici e anticronici, 
– .. Una significativa Lettera di un padre a suo figlio sulla libertà di
stampa, .

Capitolo II
Echi della costituzione di Cadice nel Regno di Sicilia
.. Dalla libertà di stampa costituzionale al decreto del  luglio
,  – .. Politica e istituzioni: il dibattito nei periodici siciliani durante i moti del ,  – .. Il miraggio dell’indipendenza
di un Regno di Sicilia, .

Capitolo III
La recezione a Napoli della costituzione spagnola
.. La stampa “costituzionale” napoletana nel ,  – .. La
riforma costituzionale amministrativa del Regno nei Dialoghi politici
fra due liberali: il Prudente ed il Riscaldato,  – .. I progetti di
riforma sulla libertà di stampa nella costituzione di Cadice, .

Indice


Capitolo IV
Istituzioni e formazione dell’opinione pubblica nella Sicilia
del risorgimento
.. La censura sulla stampa nel Regno delle Due Sicilie,  –
.. Il giornalismo politico siciliano,  – .. I catechismi costituzionali prerivoluzionari,  – ... Il Catechismo politico siciliano
di Michele Amari,  – ... Il Catechismo sulle rivoluzioni, .

Capitolo V
Tra rivoluzione e costituzione. La libertà di stampa nella
formazione di una coscienza politica “popolare”
.. Tra rivoluzione e costituzione: l’abolizione della censura, 
– .. Gli scritti anonimi sulla libertà di stampa,  – .. Palermo
all’ombra della libertà: un opuscolo sull’emblematico caso del
barone di Bellacera, .

Appendice
. Lettera di un padre a suo figlio sulla libertà di stampa,  – .
Problema di politica sulla indipendenza della Sicilia,  – . Dialoghi
politici fra due liberali, il Prudente e il Riscaldato,  – . Catechismo
sulle rivoluzioni,  – . Zappulla contro–rivoluzionario nel , .

Fonti e bibliografia

Indice analitico
Ringraziamenti
Nel licenziare queste pagine desidero ringraziare il personale
delle Biblioteche regionali e universitarie di Messina e Catania,
della Biblioteca centrale della regione siciliana e della Biblioteca comunale di Palermo, della Società napoletana di Storia
Patria di Napoli, di Storia moderna e contemporanea di Roma,
presso cui tale ricerca è stata condotta. La mia gratitudine va,
inoltre, al professore Livio Antonielli per i numerosi spunti
utili offertimi nell’affrontare la ricerca, al professore Antonello
Mattone per i preziosi consigli ricevuti e al professore Roberto
Martucci per la pazienza e l’attenzione mostrata nel rivedere
il testo e per le solerti indicazioni datemi. Infine, ma non per
ultimo, desidero esprimere la mia riconoscenza al mio Maestro,
professore Andrea Romano, che mi ha seguita con rigore e
entusiasmo ed indirizzata nella ricerca.

Prefazione∗
Due Sicilie, nessuna costituzione
l’illusione costituzionale in Sicilia
tra Lord Bentinck e il Quarantotto
Sono trentasei intensi anni che racchiudono esperienze altrove
maturate in tempi ben più lunghi, quelli rivisitati da Mariaconcetta Basile in questo saggio su Costituzionalismo e formazione
dell’opinione pubblica in Sicilia. La studiosa presenta una rassegna degli «scritti politici editi tra le due costituzioni del  e
del », proponendosi di riflettere «sulle vicende costituzionali dell’Ottocento siciliano» o, per meglio dire, della prima metà
dell’Ottocento. Progetto ambizioso, che investe un periodo
fondamentale per l’intero Risorgimento e non solo per quello
siciliano. Si ricordi che sono quelli gli anni in cui si compiono
i destini di Casa Borbone–Sicilia con l’irrimediabile cesura rispetto alle élites isolane già lealiste, predeterminando il tragico
epilogo finale con il collasso statuale del . Un epilogo che
possiamo considerare in gran parte una conseguenza ritardata
della revoca della costituzione siciliana del , decisa incautamente — ma non immotivatamente — da re Ferdinando con la
promulgazione della «Legge fondamentale del regno delle Due
Sicilie»  dicembre .
Infatti, l’iniziativa omologatrice, promossa dal ministro
Luigi de’ Medici dopo la Restaurazione del suo sovrano a
∗
Roberto Martucci, Professore Ordinario di Storia delle Istituzioni Politiche,
Università del Salento.
. Nota introduttiva di M. B, nel presente volume, p. ; i testi costituzionali
da me citati sono consultabili nel pregevole volume Le costituzioni italiane, curato da
Alberto Aquarone Mario D’Addio Guglielmo Negri, Milano, Edizioni di Comunità,
, pp. XVI–.


Prefazione
Napoli — che ha trovato orecchie attente nel re — non è del
tutto priva di basi razionali e ha una sua logica ìnsita nella duplice situazione legislativa esistente nei due Regni, l’indomani
dell’uscita di scena di Gioacchino Murat: al di qua del Faro,
nel Continente napoletano, dal  non esiste più il regime
feudale, mentre al di là del Faro esso è ancóra un’anacronistica
realtà, gelosamente custodita dai baroni, tumultuosamente
attivi nel Parlamento del Regno di Sicilia.
Quell’intenzione razionalizzatrice mira, dunque, ad estendere alla Sicilia i vantaggi della modernizzazione legislativa
introdotta dai Napoleonidi usurpatori nel “loro” Regno di Napoli: non solo la legislazione anti–feudale del , ma anche i
codici civile, penale e di procedura. Per farlo occorre, però, che
i due Regni che dal  hanno un solo re — dal  Ferdinando
che è, allo stesso tempo, IV a Napoli e III in Sicilia — diventino una sola realtà istituzionale: il neonato Regno delle Due
Sicilie, filtrato nelle maglie di una interpretazione estensiva dei
Trattati di Vienna. Una interpretazione, forse, non incoraggiata
ma sicuramente “coperta” dall’onnipotente ministro austriaco
Klemens von Metternich .
Tuttavia, questa decisione ha dei contraccolpi istituzionali
e politici immediati, all’epoca facilmente prevedibili e, però,
incautamente ignorati o sottovalutati a Napoli, nei palazzi del
potere. Per prima cosa, la Sicilia cessa di essere quello che era
da tempo immemoriale — fin dal  — e cioè un Regno con
un suo Parlamento, per ridursi alla sua semplice essenza di
isola mediterranea. In secondo luogo, non potendo l’unico Regno avere due capitali, necessariamente Palermo deve perdere
rango venendo declassata rispetto alla dominante Napoli, per
accontentarsi dello status ben più modesto e, quasi, oltraggioso
di capovalle . Questa inaspettata capitis deminutio statuale, aliena
. Sulla complessa vicenda, cfr. per tutti G. G, Il Regno di Napoli. V.Il
Mezzogiorno borbonico e risorgimentale (–), Torino, Utet, , soprattutto pp.
–.
. Nel presente volume, infra, p. .
Prefazione

ai Borbone la classe dirigente isolana — di cui è magna pars
quella nobiltà di già ininterrotta preminenza nel plurisecolare
Regnum Siciliæ — che si fa immediatamente frondista costruendo il mito della revocata costituzione del , oscillando tra
anèliti indipendentisti dal corto respiro (, ) e incauta ricerca di un padrone straniero, bramato alla cieca pur di
emanciparsi da Napoli ().
Tornando alle considerazioni iniziali, se il  rappresenta
per la Sicilia il punto di svolta nei suoi rapporti con Casa Borbone, è pur sempre dal contraddittorio  che occorre prendere
le mosse, con le sue antinomiche costituzioni di Cadice e Palermo, redatte entrambe sotto protezione militare britannica,
ancorché ispirate a princìpi antitetici: l’una — quella gaditana — ambiziosamente tesa a mutuare dalla nemica Francia la
sua costituzione monarchico–rappresentativa del  settembre
; l’altra — la palermitana — volta a realizzare in forma scritta quella che si era soliti denominare “costituzione inglese”.
Entrambe interessanti la Sicilia, sia pure in periodi e contesti
diversi.
Il  può, dunque, essere considerato annus mirabilis. La
grande insurrezione spagnola anti–francese — contadina e militare allo stesso tempo — fin dal  ha mostrato all’Europa
che le armate napoleoniche non sono invincibili. Dopo quattro
anni di guerra durissima la Junta Central, che guida l’insorgenza,
può convocare a Cadice, sotto protezione militare britannica,
le Cortes Constuyentes: da un dibattito appassionato nasce, quale
frutto tardivo del francese , la costituzione detta di Cadice
che fonda un sistema ampiamente rappresentativo basato sul
suffragio universale maschile.
In quello stesso anno, anche dove le armi rivestono un’importanza liminare e cioè nel sonnacchióso scacchiere italiano,
qualcos’altro si muove. A Napoleone Bonaparte, antiparlamentare protagonista del  Brumaio, viene opposto un significativo
manifesto politico che ha la sua forza nella centralità del Parlamento e nella contestuale limitazione delle prerogative regie. È
la costituzione siciliana del  luglio  che fonda anch’essa

Prefazione
un sistema rappresentativo ma, a differenza della coeva carta
gaditana, lo incardina su un suffragio maschile censitario più
che ristretto. Non di meno, per l’antico Regno mediterraneo si
tratta di un passaggio istituzionale d’indubbia rilevanza.
Tramite della raffinata operazione politica è il plenipotenziario britannico Lord William Bentinck, comandante generale
delle forze inglesi in Sicilia e convinto whig, destinato a un
avvenire politico–amministrativo di grande spessore . In quel
momento, nel Regno la tensione tra il re e l’aristocrazia isolana
ha raggiunto il suo acme, rischiando di incrinare irrimediabilmente il fronte interno in piena guerra. Forte dell’appoggio
della nobiltà liberaleggiante — per tutti, valga il riferimento ai
principi di Castelnuovo, di Belmonte e di Villafranca — Lord
Bentinck dà abilmente scacco a re e regina, rivitalizzando il
vetusto Parlamento tricamerale. Ma la sua azione non si ferma
lì, investendo gli stessi Reali di Sicilia: la regina Maria Carolina è rapidamente obbligata a rientrare nella sua Vienna dopo
un’assenza di circa mezzo secolo, mentre l’inquieto e irresoluto
Ferdinando è costretto a cedere — non senza contrasti — l’e. Lord W. B (Portland /Parigi ); combatte nelle campagne contro
la Francia rivoluzionaria, poi governatore di Madras (–) e collaboratore di Lord
Wellington in Spagna nel ; comandante delle forze inglesi e ambasciatore in Sicilia dal
, deciso whig, interviene nel conflitto fra re Ferdinando e l’aristocrazia parlamentare,
a beneficio di questa. Impone l’allontanamento della regina Maria Carolina dall’isola,
la nomina del principe ereditario Francesco, duca di Calabria, quale Vicario generale
del Regno e la formazione di un Ministero costituzionale; a lui si deve l’approvazione
della costituzione siciliana del . Lasciata la Sicilia Lord Bentinck sbarca a Livorno al
comando di  uomini nel , assedia e occupa Genova dove restaura una effimera
Repubblica (di cui restano tracce nella monetazione). Il suo ultimo incarico ufficiale lo
vede Governatore generale delle Indie (–).
. Il  gennaio ; sulla contrapposizione tra Ferdinando e i baroni e la
successiva crisi costituzionale, cfr. Antonio Capograssi, Gl’Inglesi in Italia durante le
campagne napoleoniche. Lord W. Bentinck, Bari, Gius. Laterza & Figli, , pp. –;
v. Rosario Romeo, Il Risorgimento in Sicilia, Roma–Bari, Editori Laterza,  (),
pp. –; v. Giuseppe Giarrizzo, La Sicilia dal Cinquecento all’Unità d’Italia, in
Storia d’Italia, diretta da Giuseppe Galasso, Torino, Utet, , XVI, pp. –; v.
anche Giuseppe Buttà, I Borboni di Napoli al cospetto di due secoli, [Napoli, Editore
La Discussione, ] Bologna, Forni Editore, , I, p. , inoltre, Enza Pelleriti,
–. La Sicilia fra due costituzioni, con un’appendice di testi, Milano, Giuffrè,
, pp. XI–XIV.
Prefazione

sercizio dell’autorità regia al figlio Francesco, duca di Calabria,
nominato Vicario generale del Regno.
Di conseguenza, il quasi millenario Parlamento del Regno
di Sicilia con i suoi anacronistici tre Bracci — ecclesiastico,
militare, demaniale — si ritrova investito del potere costituente,
sia pur mediato da cotanto Lord Protettore che lo indirizza
verso lidi bicamerali. Accettata obtorta gula da re Ferdinando
III di Borbone, la costituzione siciliana del  ha modificato la
forma di governo affidandone il timone, sulla falsarìga inglese
del King in Parliament, a una saggia cogestione tra ministri del
re e uomini del Parlamento .
Malgrado l’ingeneroso giudizio riduttivo formulato da un
insigne studioso circa la «sua povertà giuridica, e l’arretratezza
delle sue basi» , in parte condiviso più di recente da chi la trova
«disorganica e soprattutto prolissa» , la costituzione siciliana
del , proprio per la sua origine non octroyée, resta una delle
pietre miliari della storia costituzionale italiana . Non di meno,
il sistema rappresentativo siciliano con il suo “governo misto”
non ha un facile rodaggio, dato che immediata è la spaccatura
a Palermo tra i «Cronici» fautori della costituzione e gli «Anticronici» , suoi avversari. Mentre la libertà di stampa se, da un
lato, educa l’ultraminoritario pubblico dei pochi alfabetizzati al
dibattito politico non è, però, scevra da personalismi e abusi.
. M.T. C, In Gaium Verrem Actio secunda, , , .
. Al modello costituzionale inglese è stato dedicato un importante Convegno
internazionale a Messina (– novembre ) in memoria dell’insigne studioso
Francisco Tomás y Valiente, i cui Atti sono un fecondo punto di riferimento per gli
studiosi: Andrea Romano (a cura di), Il modello costituzionale inglese e la sua recezione
nell’area mediterranea tra la fine del  e la prima metà dell’, Milano, Giuffrè, .
. G. G, La Sicilia dal Cinquecento all’Unità d’Italia, cit., p. .
. E. P, –. La Sicilia fra due costituzioni, cit., p. XLVI.
. Meritoriamente, Andrea Romano ne ha curato la ristampa anastatica (Messina, presso l’Accademia, ): Costituzione del Regno di Sicilia stabilita dal Parlamento
dell’anno , Settima edizione palermitana riveduta, corretta, ed aumentata d’un
Indice copiosissimo di materie, e dei Diplomi, e carte emanate, Palermo, Dalla
Tipografia di Francesco Abbate Qm. Dom., .
. Nel presente volume, infra, p. .

Prefazione
Ad ogni buon conto, archiviate le operazioni militari e allontanatosi definitivamente Lord Bentinck, re Ferdinando assume
nuovamente l’iniziativa e le novità che annuncia non sono
tranquillizzanti per le élites siciliane. Dopo che il Congresso di
Vienna dal ° novembre  al  giugno  ha ridisegnato i
confini europei e gli assetti della Penisola italiana, consentendo
al Borbone di recuperare anche sul Continente Napoletano
la non più dimidiata sovranità, il re indirizza al principe di
Castelnuovo il documento detto delle «trenta linee».
Di cosa si tratta? Sono i trenta punti contenuti negli «Articoli
fondamentali d’istruzione comunicati da Sua Maestà a’ Membri
della commissione incaricata della rettifica della Costituzione»,
redatti da un antico sodàle di Gaetano Filangieri, il marchese
Donato Tommasi. Come ricorda Mariaconcetta Basile, vi si
ridimensiona «il ruolo del Parlamento a vantaggio delle antiche
prerogative del sovrano» . Possiamo dire che in nuce le «trenta
linee» annunziano il decreto  dicembre  n° , definito
non a caso «legge fondamentale del Regno delle Due Sicilie».
Questa «legge fondamentale» fa gemmare “arbitrariamente” un
nuovo soggetto di diritto internazionale pubblico sulle ceneri
di due distinte (e zoppicanti) sovranità, tanto da far assumere
a quello che amerà definirsi il “Nestore dei re” un ordinale
nuovo di zecca. In tal modo, Palermo perde Ferdinando III (e
Napoli il IV), mentre ormai sull’unico trono del nuovo Regno
c’è Ferdinando I.
Dunque, Due Sicilie ma nessuna costituzione, visto che
quella siciliana del  — con i limiti imposti all’autorità
regia — è di troppo. Decisamente, Lord Bentinck con le sue
illusioni whig, ha fatto il suo tempo. Viene, infatti, sostituito da
un diplomatico di ben altro orientamento politico, membro dei
Comuni nello schieramento tory ed elemento non secondario
dell’establishment britannico: sir William A’ Court . Infatti, a
. Infra, p. .
. W. A’ C ( VII / V ), deputato ai Comuni (–), inviato
straordinario presso le Reggenze Barbaresche (–), inviato a Napoli (–)
Prefazione

Londra il Gabinetto Liverpool — su indicazioni del ministro
degli Esteri Lord Castlereagh — privilegiando ben altri equilibri, ha lasciato spazio in tutta l’Europa continentale alla neonata
Santa Alleanza tripartita (Austria, Prussia, Russia ) e l’intera
Penisola italiana all’egemonia militare e politica austriaca.
Il Quinquennio della Restaurazione napoletana vede la sofferta coabitazione di borbonici e murattiani nella piramide
amministrativa, civile e militare del Regno, fino a quando il
pronunciamiento di Nola , il  luglio , incrina definitivamente il compromesso di Casa Lanza che aveva reso possibile
in Spagna (–) e Portogallo (–); diviene Lord Heytesbury (), poi
ambasciatore in Russia (–), Lord Luogotenente in Irlanda (–).
. R. S, Lord Castlereagh (Dublino,  VI /Loring Hall,  VIII
), uomo politico anglo–irlandese; deputato ai Comuni a Dublino (), collaboratore di William Pitt il giovane, è Segretario per l’Irlanda () nel suo Gabinetto;
Segretario di Stato per la Guerra e le Colonie nel nuovo Gabinetto Pitt (–),
mantiene l’incarico nel Gabinetto Portland* (–); ministro degli Affari Esteri
a partire dal , negozia con Austria, Prussia e Russia la Quadruplice Alleanza,
giocando un ruolo di primo piano nel Congresso di Vienna e, poi, fino al  nel
Gabinetto guidato da Lord Liverpool, quando pone fine alla propria vita.
[* William Henry Cavendish–Bentinck (Nottinghamshire,  IV /Bulstrode,
 X ), Lord Portland, padre di Lord Bentinck]
. Potenze firmatarie della dichiarazione di Parigi  settembre .
. Sugli avvenimenti del –, v., innanzi tutto, per un inquadramento
generale A. L, Storia del Mezzogiorno nel Risorgimento, Roma, Editori Riuniti,
 e, più specificatamente sul pronunciamientocarbonaro–murattiano, Idem, La
rivoluzione napoletana del –, Roma, Editori Riuniti, ; poi l’ampio affresco di G. G, Il Regno di Napoli. V.Il Mezzogiorno borbonico e risorgimentale
(–), cit., pp. –; inoltre, A. S, Dalla seconda restaurazione alla fine
del regno, in Giuseppe Galasso e Rosario Romeo (a cura di),Storia del Mezzogiorno,
IV, Roma, Edizioni del Sole, , pp. –; poi J.A. D, Napoli e Napoleone. L’Italia meridionale e le rivoluzioni europee (–), Soveria Mannelli (Cz),
Rubbettino Editore, , pp. –, tr. it. di Pasquale Palmieri, ediz. originale:
Naples and Napoleon: Southern Italy and the European Revolutions, –, Oxford
University Press, ; più sintetico, ma perspìcuo, S.J. W, Il Risorgimento
italiano. II.Dalla Restaurazione all’Unità, Torino, Einaudi, , tr. it. di Elda Negri
Monateri e Aldo Serafini, pp. – [nel volume non si fa riferimento ad alcuna
edizione inglese]; v. anche M.S. C, La Costituzione di Cadice e le rivoluzioni
italiane del –, in «Le Carte e la Storia», , , pp. –; infine, R. M,
L’Eco di Cadice: l’affievolimento della referenza gaditana nella storia del Risorgimento
italiano, in Filosofia e Politica. Studi in memoria di Laura Lippolis, Trento, Tangram
Edizioni Scientifiche, , in particolare pp. –.

Prefazione
l’amàlgama tra esponenti dei due schieramenti contrapposti .
L’intervento eversivo dell’esercito — promosso incautamente dalla Carboneria — sembra mettere all’ordine del giorno
nelle Due Sicilie la recezione della costituzione di Cadice del
 , appena richiamata in vita nella Spagna di Ferdinando
VII da un precedente pronunciamiento del  marzo  e
sùbito giurata a Napoli da re Ferdinando I, per non perdere i
diritti di successione al trono madrileno .
Ma in quanto sovrano delle Due Sicilie, il re appare molto
più prudente, preferendo deresponsabilizzarsi sotto il profilo
istituzionale, tramite una riattivazione dello schema già collaudato a Palermo nel  che gli consente di scaricare ogni
responsabilità sul principe ereditario. Questa volta, si dichiara fortemente indisposto, al punto da non poter esercitare le
prerogative sovrane: di conseguenza, egli nomina nuovamente
il figlio Francesco, duca di Calabria, Vicario generale del Regno, salvo sconfessarlo al Congresso di Laybach (gennaio )
quando si troverà di fronte Metternich.
Il testo gaditano recepito nel Regno delle Due Sicilie — come ho già ricordato — ripropone fuori contesto la costituzione
francese del  settembre  , limitando fortemente i poteri
. Cfr. A. S, Dalla seconda restaurazione alla fine del regno, cit., pp. –.
. Cfr. J.M. P V, La Nazione cattolica. Cadice : una costituzione
per la Spagna, Manduria, Piero Lacaita Editore, ; si veda poi l’esauriente studio
monografico di S. S, Da Bayonne a Cadice. Il processo di trasformazione
costituzionale in Spagna (–), Messina, Sicania, ; inoltre, la relazione
tenuta dal prof. Antonino De Francesco, nell’ambito delle Settimane maceratesi di
Storia costituzionale promosse dal Laboratorio di Storia costituzionale “Antoine
Barnave” dell’Università di Macerata: A. D F, La Costituzione di Cadice
nella cultura politica italiana del primo Ottocento, in Rivoluzione e Costituzione. Saggi
sul democratismo politico nell’Italia napoleonica, –, Napoli, Esi, .
. Cfr. A.G. N, Rafael Del Riego. La revolución de  dia a dia, Madrid,
Editorial Tecnos, , p.  ss.
. Ferdinando I delle Due Sicilie era lo zio di Ferdinando VII di Spagna, figlio
di suo fratello Carlo IV.
. Sulla costituzione del , v. R. M, L’ossessione costituente. Forma di
governo e costituzione nella Rivoluzione francese (–), Bologna, Società editrice il
Mulino, , in particolare pp. – e –.
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