ISTITUTO COMPRENSIVO “BERTO BARBARANI” Scuola Primaria e Secondaria di Primo grado di Minerbe CELEBRAZIONE DEL 4 NOVEMBRE “- 4 - NOVEMBRE 2011 -” CELEBRARE IL PASSATO PER COSTRUIRE IL FUTURO - INTRODUZIONE In occasione della cerimonia commemorativa del 4 novembre, la Scuola primaria e secondaria di Minerbe continuano a dare sviluppo al percorso, avviato da alcuni anni, di conoscenza degli avvenimenti e dei fatti di storia locale legati alla prima guerra mondiale, ma la pubblicazione di quest’anno viene ad assumere un “valore” speciale. I suoi contenuti si pongono infatti in continuità con il percorso storico-didattico avviato sin dal 2008, ricordando, da una parte, quanti sono caduti nella grande guerra per la Patria e per la Libertà, dall’altra, i nuovi “eroi” di questo tempo: i militari di tante missioni di pace che non esitano a mettere a repentaglio la propria vita per portare aiuto a quanti soffrono per guerre, povertà e ingiustizie. Un impegno, il loro, che non può e non deve essere dimenticato così come quello dei tanti caduti in guerra. Il valore “speciale” sta nel fatto che la commemorazione di quest’anno si colloca nella ricorrenza dei centocinquant’anni d’unità nazionale. Una ricorrenza che è servita a portare in luce sia quell’amor di Patria che sembrava affievolito, tra gli italiani, che il risveglio del sentimento dell’unità nazionale che è anche il segnale di un bisogno di tornare ad essere “popolo italiano”. Ed è proprio in questo ambito che si colloca il rilancio del 4 novembre come Giornata dell’Unità della Patria. DEDICATO A…. Questo fascicolo è dedicato ai soldati caduti, ma anche e soprattutto a voi giovani studenti che trasmettete freschezza, slancio, apertura al futuro e siete portatori di speranza. Ma nello stesso tempo richiamate tutti noi che abbiamo responsabilità nella vostra crescita al dovere di darvi speranza, al dovere di darvi seriamente motivi di fiducia nel domani. E ciò rende quindi ancor molto più impegnativa questa cerimonia, questa occasione di incontro. Celebrando il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, con gli insegnanti avete avuto modo di mettere in evidenza come dalla nostra storia si possano ricavare motivi di orgoglio per quello che abbiamo costruito, e di fiducia per come l’Italia ha saputo superare momenti drammatici, prove molto dure e difficili. Ma riflettendo sul passato, sul lungo cammino percorso e soprattutto sull’oggi, dobbiamo anche sapere che è venuto un altro di quei momenti in cui bisogna riuscire a fare egualmente un grande sforzo - noi italiani, noi Italia unita - per garantirci un degno futuro, per garantirlo a chi verrà dopo di noi. E perché questo accada occorre essere in tanti e che ciascuno faccia la propria parte, si applichi con impegno, abbia la comprensione e la tolleranza nei confronti degli altri, la capacità di lavorare insieme, la competenza di risolvere problemi, il desiderio di aprire nuove prospettive. Non è passato molto tempo da quando la scuola ha ripercorso i primi 150 anni di storia unitaria. È stato realizzato un grande lavoro che ha ottenuto il dovuto riconoscimento e non avrebbe raggiunto questi risultati senza l’apporto di idee e di energie, senza l’entusiasmo profuso da voi studenti, dagli insegnanti e dai collaboratori scolastici. Avete mostrato grande convinzione ideale nel riconfermare il valore storico e attuale di un’Italia unita, rispettosa dei principi democratici incardinati nella nostra Costituzione, capace di contare nel mondo d’oggi. Doveroso pertanto un ringraziamento a tutti voi, un ringraziamento di cuore per tutto ciò, sicuri che ancora una volta questa cerimonia riconfermerà il vostro impegno. MOTIVAZIONI Le motivazioni del lavoro sono molte: - innanzi tutto dare un concreto segno di riconoscimento e di vicinanza ai militari di oggi e ai soldati di ieri; - trasmettere gli ideali che sono alla base di quel patrimonio fatto di storie, di dolori e di sacrifici vissuti dai padri dei padri dei nostri giovani studenti; - interpretare e ricostruire una parte della storia di questo paese, quella dei molti giovani minerbesi alla guerra, attraverso ricerche e testimonianze; - ricordare ed onorare il loro sacrificio davanti al monumento in piazza quale luogo adibito alla loro memoria, ma anche deputato a far sì che ciò che è stato non sia dimenticato e che ciò che è non svanisca nel futuro. Lo dobbiamo fare perché crediamo fermamente nel fatto che se i giovani mutuano questi sentimenti dalla Scuola, fondamentale motore del rinnovamento etico e del benessere dell’intera società, ne diventano dapprima partecipi e poi protagonisti. Il punto centrale della questione sono proprio loro: le giovani generazioni. Fare in modo che la loro percezione della Patria sia ben radicata, sappiano bene quale prezzo è stato pagato nella lotta per l’unità prima e per la libertà poi, così che possano diventare i veri protagonisti della rinascita della Patria, è compito di tutti ed in modo particolare della Scuola. Significativo che nel corso della cerimonia sia previsto anche il dono della Bandiera: il tricolore per accogliere i piccoli che entrano nella scuola, in una Patria unita e libera con la certezza che questo simbolo di libertà trasmetterà loro e alle loro famiglie i principi di uguaglianza, di giustizia ed i valori della storia e della civiltà d’Italia. RINGRAZIAMENTI La realizzazione del presente fascicolo è stata possibile grazie alla disponibilità ed al contributo delle numerose informazioni fornite dalle famiglie Gasparello Gaetano, Tavian Giovanni, Ferrari Tullio, Gironda Beniamino, Motteran Oliva, Giovanni e Ivo. Va quindi sottolineato il lavoro e l’impegno di tutti i docenti coinvolti ed i contributi forniti dagli studenti delle varie classi. Un ringraziamento particolare - all’Archivio di Stato di Vicenza per la sollecitudine con cui ha corrisposto alle nostre richieste d’informazione - a quello di Verona per l’aiuto fornito nella ricerca dei vari fogli matricolari - all’insegnante Rosa Danese che con pazienza ha dato unitarietà a tutto il lavoro svolto. PREMESSA Nel tentativo di ricostruire un tratto della nostra storia, abbiamo cercato di ridare voce e parola a persone e a ricostruire fatti da non dimenticare. Ormai sono passati quasi cent’anni dall’inizio della cosiddetta “grande guerra” per il numero di nazioni e di eserciti coinvolti e il suo ricordo risulta molto affievolito, ma non è stato difficile trovare alunni da coinvolgere in questa ricerca anche se si è trattato di recuperare il ricordo e le storie dei padri dei loro nonni. E benché da allora si siano succedute ben quattro generazioni, per molti studenti l’aver potuto trovare un legame che li unisse a questi loro predecessori ha rappresentato qualcosa di molto sentito e significativo: il riconoscimento della propria famiglia nella storia della comunità. In particolare con questa ricerca si è data voce a frammenti di esperienze di vita compiute nello scenario tragico della prima guerra mondiale. E così, attraverso le testimonianze raccolte è stato come un rivivere, in qualche modo, sentimenti ed emozioni di quel tempo. Studiando le pagine di storia ed ascoltando i racconti resi dai parenti dei giovani partiti per il fronte, abbiamo infatti potuto conoscere, con affettuosa partecipazione, la terribile esperienza della grande guerra, tragica sia per chi stava in trincea, sia per chi stava a casa, magari in ansiosa attesa. Ma soprattutto abbiamo avuto un’ulteriore conferma del fatto che quasi tutti i giovani di Minerbe erano in guerra per cui – come afferma Don Sante Gaiardoni nelle sue Memorie “non rimasero a casa, per la coltivazione dei campi, che donne, pochi vecchi e fanciulli”. Don Sante dedica alla guerra alcune pagine, quando questa ormai è al termine, utili ad interpretare il clima di quei momenti nel paese. Su queste pagine si è focalizzata l’attenzione degli alunni con un lavoro di interpretazione e rielaborazione. A seguire sono stati messi a confronto due particolari documenti fotografici, due “Quadri d’onore”, uno dei quali già presentato lo scorso anno. Dopo il loro confronto e l’accurata ricerca dei soldati in essi inseriti, come da tradizione ne sono stati approfonditi alcuni ed in particolare quelli con legami con famiglie di oggi; significative le ricerche compiute dalla classe quinta sui soldati Pietro Maistrello, trisavolo degli alunni Marco, Gaia e Giorgia e Michele Graziani; Micheletti Gino, bisnonno di Donà Francesco; Biscuola Antonio, parente di Zanovello Claudia. Da specificare inoltre che la ricostruzione delle loro vicissitudini di guerra trova riscontro nei fogli matricolari reperiti presso l’Archivio di Stato di Verona e di Vicenza, presenti nell’ultima parte del fascicolo. La parte centrale racchiude invece il lavoro predisposto per la cerimonia davanti al monumento: è presente un interessante spaccato sulla condizione delle donne nel periodo bellico sia nel Paese che a Minerbe. INDICE Introduzione Premessa Prima parte L’eco della guerra in paese, dalle “Memorie “ parrocchiali di Don Sante Gaiardoni Quadri d’onore a confronto Storie di Soldati: Gasparello Silvio Motteran Andrea Silvio Motteran Andrea Tavian Cesare Tavian Giuseppe Ferrari Egidio Gironda Beniamino Seconda parte: il lavoro di ricerca e di riflessione degli alunni Scuola primaria Classi quinte Canti e poesie della grande guerra Storia di un soldato, Pietro Maistrello Guerra, soldati, Patria, pace…le riflessioni degli alunni Scuola secondaria Classe terza B La “Grande Guerra” delle donne. Classe terza A “ Un anno sull’altipiano” di E. Lusso: riflessioni degli studenti Classe terza C “Pappagalli verdi” di G. Strada: riflessioni degli studenti Classe seconda A “I soldati italiani caduti dal novembre scorso ad oggi in missione di pace” Terza parte: Fogli matricolari dei soldati L’ECO IN PAESE DELLA FINE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE Dal libro “Memorie” della parrocchia di Minerbe (trascrizione) Minerbe, 5 novembre 1918 Ieri mattina arrivò la notizia che i nostri soldati sono entrati in Trento e Trieste ed hanno issato la bandiera italiana sulla torre del castello di ambedue le città liberate. Appena avuta la notizia feci esporre due bandiere sul campanile e suonare le campane. Ieri, lo stesso 4 nov.: verso le sette (di sera) arrivò l’altra notizia che alle 13 fu messo in esecuzione l’armistizio con l’Austria, cessata da quest’ora ogni ostilità per terra per mare ed in aria. Se la notizia mi fosse stata comunicata avrei tosto dato ordine di suonare le campane, invece io andai a letto senza saperla. Alla mezzanotte alcuni patriotti! di Minerbe in parte imboscati, in parte nascosti! presi non da patriottismo ma da alcoolismo, ruppero le serrature del campanile e entrarono a suonare le campane da pazzi fino alle 2 e 30 dopo mezzanotte, con grande disturbo di tutto il paese e facendo piangere specialmente le 48 madri e spose che hanno perduto il figlio ed (o) il marito. Ed avrebbero continuato fino alla mattina se alle 2 e 30 non fossi disceso io a mandarli a casa. Ieri poi i medesimi patriotti (il ……., B……, il suo garzone da Orti, Angelo S….. , il daziale A….., il segretario ed altri giovinastri) apersero la porta del campanile coi grimaldelli e cominciarono a suonare. Al mio apparire se la svignarono a casa ma poi con ….. e …. e bestemmie ed insulti al parroco insistevano. Mandai a chiamare il sindaco, il quale mi pregò di concedere un paio di suonate. Entravano quindi col detto permesso nel campanile, ma poi invece di due suonate, continuarono fino a mezzanotte!...Tutto per il buon ordine e per patriottialcoolismo! Vedremo stasera che cosa avverrà, dopo che ne avrò dato avviso al brigadiere. Io ho fatto suonare quanto era conveniente e durante il giorno: essi volevano di notte recando immenso dolore alle povere vedove e madri dei caduti. 10 novembre 1918 Questa mattina dietro invito dell’arciprete interverranno alla messa ultima e al canto del Te Deum tutte le autorità civili, militari e società con le loro bandiere. Fu raccolta un’offerta per i fratelli della terra liberata che fruttò lire 152.50 spedita al comitato di Verona. Feci suonare in concerto le campane, la sera, la mattina alle 10.30 e al Te Deum. 11 Nov. Anche questa mattina ricorrendo il Natalizio del re interverranno alle ore 10 al Te Deum le autorità comunali, i RR Cavalieri, l’asilo infantile ecc. 12 Nov. Alle ore 6 fu firmato l’armistizio anche con la Germania e alle 11 cessarono le ostilità su tutti i fronti!... Deo Gratias! L’autore delle “Memorie” durante i tre anni della prima guerra mondiale è Don Sante Gaiardoni, nato a Sommacampagna nel 1869, che guiderà la parrocchia di Minerbe dal 1907 al 1925. Già lo abbiamo conosciuto esaminando le sue cronache lo scorso anno. Abbiamo rilevato la sua saggezza insieme all’indignazione del suo animo nei confronti della “orribile guerra”, la vicinanza in quei tristi momenti sia a chi dei suoi parrocchiani era al fronte, e altrettanto a chi in paese attendeva notizie: i quotidiani problemi, i commerci, le coltivazioni dei terreni minerbesi erano, dichiarava Don Sante, sulle spalle di donne, anziani e ragazzini. L’annotazione riportata è del 5 novembre del 1918, un giorno successivo a quello che celebriamo ogni anno ricordando la fine della prima guerra mondiale, le Forze Armate e l’Unità nazionale. La prima guerra mondiale è considerata anche l’ultima guerra risorgimentale, infatti all’Italia unita mancavano i territori del Trentino e il Carso, ancora governati dall’Austria. Dopo le guerre coloniali che coinvolsero anche giovani soldati minerbesi, tra interventisti e neutralisti, il 24 maggio del ’15 l’Italia entrò in guerra per la conquista di quei territori italiani ancora in mano straniera. La toponomastica di Minerbe ricorda le due città liberate: via Casotti, nella direzione sud-ovest dal centro del paese, nel tempo prenderà il nome di via Trieste. Villaraspa invece era il nome dell’attuale via Trento che conduce, in direzione nord, alla frazione di Anson. La piazza principale del paese ha assunto la denominazione 4 Novembre, giorno della cessazione delle ostilità che, da piccolo focolaio europeo, sono diventate mondiali. Trento libera - Edoardo Trieste libera - Alessandro Possiamo immaginare il bel campanile che, nella sua altezza di cinquantadue metri, fa sventolare una bandiera tricolore per ognuna delle due città. Il campanile, oltre che simbolo religioso, assunse valenza civile esponendo, con un preciso significato, il vessillo dell’appartenenza alla giovane nazione italiana. I primi giorni di novembre il freddo si fa sentire e il cielo non sempre è azzurro, ma l’animo dei cittadini avrà gioito insieme al parroco che mise all’opera i suoi campanari per suonare le campane, tradizionali ed efficaci strumenti di comunicazione. Suonavano, probabilmente a distesa, le sei campane collocate nuove nella pregevole torre campanaria circa sessant’ anni prima, ben visibili da ogni punto di accesso al paese. Ma l’altra notizia tanto attesa della fine della guerra, con la resa degli Austriaci e l’armistizio, arrivò verso sera. Il parroco racconta che non ha avuto modo di sapere la notizia per tempo, probabilmente diffusa via radio o telegrafo. E succede che l’uomo di chiesa, che ha presenti tutte le situazioni familiari dei suoi parrocchiani, si scontra con gli spiriti giovanili e intraprendenti tanto da giudicarli con forte severità. Il gesto di quei giovani di appropriarsi di notte del campanile per suonare a lungo le campane, se da un lato era riprovevole, dall’altro fa capire quanto fosse stata greve l’aria di guerra nei nostri paesi, minacciati dall’invasione nemica dopo Caporetto e continuamente colpiti dagli eventi luttuosi che riguardavano i giovani soldati al fronte. Il sollievo era probabilmente incontenibile. Ma Don Sante aveva annotato nel registro dei morti troppi nomi di miles con l’osservazione “in bello mortui”, morti in guerra. Di sicuro aveva consolato mamme e spose inconsolabili, molte volte private anche delle tombe di sepoltura su cui piangere. A piè di pagina, con un pennino che sembra differente, e quindi probabilmente in un momento successivo alla prima stesura, il parroco giustifica il proprio severo operato e il pesante giudizio: a suo parere, da parte di tutti la gioia doveva essere manifestata con misura, per evitare “l’immenso dolore” alle numerose famiglie che, interessate dal richiamo alle armi e dall’invio in zone di guerra dei loro componenti maschi più giovani e sani, ne avevano pianto la tragica morte. Oggi i bambini di terza della scuola primaria, ricordando i Caduti e apprezzando il suono delle campane del paese che segnano ancora eventi religiosi e civili, con matita e colori interpretano l’eco, nel paese, degli eventi bellici del novembre 1918, così importanti per la storia nazionale. Irina Silvia Marina Anna Jacopo Come i miei compagni, ho disegnato le campane che suonano e le mamme che piangono. Secondo me le guerre non sono belle belle perché portano odio, pianti e distruzione. Giada portano odio, pianti e distruzione. Giada mamme che piangono. Secondo me le guerre non sono belle perché portano odio, pianti e distruzione. Giada Francesco Abbiamo disegnato il campanile di Minerbe con le due bandiere italiane e i ragazzi che per la felicità hanno suonato a dismisura. Secondo noi le mamme o le mogli erano molto tristi. Francesco Simone Marcello Riccardo Alessandro Mariassunta “QUADRI D’ONORE” A CONFRONTO Il punto di partenza Il fascicolo prende avvio dall’analisi della fotografia fornitaci lo scorso anno da Don Giuseppe Bordin, riportante il ritratto a mezzobusto di 159 persone e la scritta: “Gruppo d’onore 1915 - ex combattenti per la patria”, messa quest’anno a confronto con un’altra foto, sempre a firma S. Pinazzi – Venezia, esposta nella baita degli alpini di Minerbe, di cui il signor Doriano Pesarin ci ha fornito copia, riportante la scritta “Gli eroi caduti - I mutilati ed invalidi - I reduci di Minerbe e frazione San Zenone”. In tutto le persone presenti in questo gruppo d’onore sono 246 più altre cinque disposte intorno raffiguranti personaggi significativi del tempo. La foto riporta la sigla A/VII che si presume sia l’indicazione della data di composizione del gruppo, vale a dire il settimo anno dell’era fascista quindi il 1929, dieci anni dopo la fine della guerra. I combattenti rappresentati nel primo gruppo d’onore Sono in tutto 159 e di questi, quelli raffigurati come caduti (sopra il loro ritratto è posta una croce) sono 7. Le fotografie sono disposte nel foglio in maniera molto semplice: sono affiancate in 10 file orizzontali, una sotto l’altra, ciascuna riportante 17 combattenti, mentre l’ultima, la decima, ne riporta solo 6, 3 a destra e 3 a sinistra e in mezzo la scritta: “ Gruppo d’onore ex-combattenti per la Patria, Comune di Minerbe. I loro nomi, in ordine di fila ed in successione nella riga, sono i seguenti: Antonioli Giuseppe 1888 Andreolini Pietro 1877 Baldin Pietro 1877 Baldin Tommaso 1890 Baldin Angelo 1899 Bonfante Bonfante Guglielmo Domenico 1899 1895 Buffo Borsati Cherubino 1885 Bordini Angelo 1888 Bordini Antonio 1882 + Bonfà Augusto 1895 Brusaferro Bogoncello Giacomo 1894 + Colato Augusto 1882 Corsini Silvio 1888 Casalini Mario 1892 Cortelazzi Antonio 1880 Carmeli Bernardo 1883 De Mori Luigi 1889 Doni Giuseppe 1895 Danin Mario 1896 Eminente Vittorio 1897 Fontana Antonio 1889 Favazza Attilio 1879 Gironda Beniamino 1888 Marchesini Agostino 1882 Merlin Pietro 1882 Migliorini Riccardo 1886 Rossi Antonio 1900 Benvenuto 1877 Bonfante Arturo 1899 Bonfante Gaetano 1893 Borin Carlo 1892 Borin Antonio 1882 + Bressan Giuseppe 1890 Bressan Narciso 1883 Bressan Antonio 1899 Bressan Luigi 1892 Bressan Sante 1886 Bressan Angelo ? Bozza Battista 1876 Bonato + Bernuzzi Antonio 1892 Bressello Camellato Chinaglia Domenico 1878 Bonato Gaetano 1883 Biggini Sante 1889 1893 Marco 1877 Giuseppe 1880 Antonio 1887 Catan Leone 1899 Corrà Luigi 1881 Cortese Giuseppe 1889 Costantini Pietro 1878 Coilotto Floriano 1897 Cailotto Remo 1899 Caneva Mario 1892 Chiavenato Corso Attilio 1880 Corso Menotti 1884 Corso Giovanni 1888 Castiglioni Comola Galliano 1896 Deganello Giuseppe 1898 Eminente Giacinto 1874 Ferrari Emilio 1879 Ferrari Eugenio 1895 Ferrari Guerrino 1899 Ferrari Egidio 1897 Fin Mosè 1879 Fin Giuseppe 1897 Franceschetti Fasolo Pietro 1899 Facchetto Filippini Lucindo 1894 Filippini Alessandro 1880 Franco Augusto 1891 Gironda Antonio 1879 Galantini Marino 1896 Galantini Marino 1899 + Ghellere Giovanni 1884 Guarniero Guerniero Guarniero Francesco Marino 1900 Menin Eliseo 1885 Menin Zeffirino 1892 Menin Lorenzo 1899 Goi Carlo 1880 Menegolo Albino 1891 Girardi Eugenio 1886 Lauro Augusto 1884 Merlin Riccardo 1897 Merlin Gaetano 1891 Maroccolo Molo Augusto 1894 Milanese Pietro 1874 Moro Gedeone 1895 Meggiorini Monastero Monastero Mantovani Mantovani Giovanni 1889 Felice 1899 Antonio 1895 Camillo 1896 Giuseppe 1899 Mantovani Alessandro 1894 Mengatti Antonio 1880 Motteran Andrea 1897 Motteran Domenico 1876 Morello Luigi 1881 Menini Roberto 1881 Nalin Lino 1898 Nalin Bruno 1900 Ottaviani Gino 1894 Ottaviani Augusto 1885 Ottaviani Piccoli Giovanni 1884 Prando Ernesto 1876 Peretta Angelo 1897 Peruzzolo Valentino Passarini Arturo 1897 Pironato 1884 Papavero Giovanni 1875 1881 Paganotto Giovanni 1897 Quaglia Pietro 1898 Rossi Marcello 1896 Rossini Eusebio 1877 Stegagnolo Rinetti Giuseppe 1892 Rinetti Arturo 1898 Ridolfi Ridolfi Antonio 1897 Rossin Augusto 1880 + Ruffo Ricoldi Arnaldo 1900 Santinello Tiberio 1898 Sorze Aurelio 1879 Spavieri Giuseppe 1880 Salgarello Alfonso 1881 Strabello Augusto Turcato Antonio 1895 Turcato Angelo 1888 Versobio Giuseppe 1881 Vesentini Luigi 1895 Venturi Antonio 1899 Venturi Silvio 1889 Zanini Ernesto 1878 Zambelli Luigi 1899 Zambelli Mario 1894 Zampa Placido 1899 Umberto 1888 Alessandro 1895 Ermenegildo Francesco Giovanni Anselmo 1898 1886 Stella Alfonso 1892 Taccon Stefano 1891 Taccon Scipio 1889 Zanardo Albino 1893 Zanardo Silverio 1896 Zanetti Giulio 1892 Taccon Ernesto 1897 Taccon Giovanni 1899 Taccon Domenico 1894 Tecchiato Luigi 1894 Turisendo Mario 1897 Turcato Claudio 1892 Turcato Gabriele 1899 - Mcmxv - Gruppo D’onore - Mcmxviii Ex Combattenti Per La Patria – Comune Di Minerbe Foto S. Pinazzi San Marco 5025 Venezia Natale 1892 + Pietro 1896 1877 1881 Santinello Mario 1876 Massimiliano Giovanni 1896 Giuseppe 1886 Giuseppe 1898 1886 IL SECONDO “QUADRO D’ONORE” Il Gruppo Alpini di Minerbe conserva in fotocopia un interessante documento visivo relativo alla prima guerra mondiale: concesso alla scuola per motivi di studio, il quadro d’onore realizzato dalla ditta fotografica S. Pinazzi di Venezia è riprodotto in questo fascicolo. Anni fa era stato recapitato agli Alpini dalla famiglia Dal Cero-Ferrari che l’aveva rinvenuto nella casa colonica di Ca’ del Bosco dove era venuta ad abitare proveniente dalla vicina Cologna. Una portavoce del Gruppo Alpini riferisce che era su supporto ligneo e precisa che in alto a destra sono raffigurati combattenti della famiglia Ferrari alla quale apparteneva, come oggi, la proprietà di Ca’ del Bosco. Curioso il motivo per cui il ritratto di Mussolini non è riconoscibile: l’anziana padrona di casa lo aveva volontariamente abraso “dalla rabbia”, fatto riscontabile a un attento esame. Raggruppa duecentoquarantasei foto di giovani uomini di Minerbe e San Zenone nati negli anni dal 1871 al 1899, vestiti in borghese o da militari. Nel quadro sono riuniti otto nomi di graduati, trentuno nomi di eroi caduti, undici nomi di invalidi. I rimanenti reduci di guerra sono divisi a zone, e in ognuna è rispettato l’ordine alfabetico. Intorno agli ovali delle foto è quasi sempre leggibile il nome e cognome del soldato completi dell’anno di nascita: dati importanti per rintracciare presso l’Archivio di Stato di Verona i fogli matricolari personali che riassumono le vicende militari di ciascuno, tra le quali quelle relative alla prima guerra mondiale che hanno interessato questa ricerca. In basso a sinistra appare un numero romano che potrebbe indicare la data di composizione e stampa: il settimo anno dell’era fascista, che corrisponderebbe agli anni 1928 – ’29. Il 28 settembre ’22 infatti, data della marcia su Roma, era il “capodanno” fascista secondo il regime di Mussolini che nella simbologia richiamava l’antica Roma. Si osserva infatti l’uso della V al posto di U nelle scritte a carattere stampa maiuscolo. In alto, a sinistra e a destra, si notano i fasci littori con la scure, simboli del potere nell’antichità romana. In questo caso la raffigurazione è sormontata dall’elmetto della prima guerra mondiale e diagonalmente da una spada. L’effigie, circondata da rami d’alloro, ricorda quindi il potere fascista che a dieci anni dalla vittoria commemora la guerra che portò all’unità nazionale. Completano il quadro d’onore cinque visi in posizioni preminenti perché importanti in quel momento storico. Al centro, in alto, Vittorio Emanuele III di Savoia. Nel ’29 aveva sessant’anni essendo nato nel 1869, unico figlio di Umberto II e della Regina Margherita. Il suo lungo regno, contrassegnato da eventi decisivi per la storia d’Italia, durerà ben quarantasei anni. Durante la guerra, dichiarata più sulla spinta popolare che sulla decisione del Parlamento, egli si dimostrò costantemente vicino alle truppe, visitando il fronte e le retrovie, controllando gli eventi. Ma le strategie sul campo se le divisero i due generali raffigurati ai suoi lati. A destra Luigi Cadorna, l’anziano militare destituito dopo la disfatta di Caporetto. Armando Diaz, alla sinistra del Re, è il generale che firmò il bollettino della vittoria, trascritto su lapidi in molte piazze e palazzi municipali italiani. I ritratti nei tondi in basso sono difficilmente riconoscibili, ma dal confronto con quadri simili si può desumere che la foto di sinistra sia di Benito Mussolini, allora capo del governo fascista con poteri dittatoriali. La foto di destra ritrae Carlo Delcroix, fondatore e presidente dal 1924 dell’Associazione Mutilati e Invalidi di guerra. Era lui stesso grande invalido: personaggio politico di spicco nonché letterato, ebbe la medaglia d’argento al valor militare per un tragico incidente in un episodio di eroismo e di coraggio. Dato che il subalterno si tirò indietro, sminò lui stesso una zona innevata, ma un ordigno senza sicura gli fu fatale per gli occhi e le mani. Al centro è raffigurato il monumento ai Caduti di Minerbe. Fu costruito nel ’22 come simbolo partecipato della popolazione che contribuì in prima persona istituendo perfino una lotteria, come testimonia una foto dell’epoca. È un’opera che si distingue tra i monumenti ai Caduti della zona, per finezza, simbologia e materiali. Commissionato all’artista padovano Polazzo Terzo, raffigura il soldato che difende la civiltà, rappresentata dalle due alte colonne greche, dalla barbarie della guerra. Intorno il basamento si vede la cancellata in ferro che originariamente recintava il monumento. Al centro del quadro fanno da cornice agli eroi caduti due lampade votive che simboleggiano il fuoco eterno ad onorare la loro memoria. Anche se tra la maggior parte dei cognomi dei soldati ravvisiamo famiglie minerbesi di oggi, con qualche difficoltà si è riusciti a rintracciare qualche nome tra gli antenati, tanto meno collegarli alle giovani generazioni che frequentano la nostra scuola. Ma per quanto esigui siano i risultati per ora raggiunti, sono comunque significativi nell’ottica della continuità tra passato e presente. Luigi Cadorna Capo di stato maggiore del regio esercito (1914-1917) Aramini Benvenuto 1887 Foscarin Antonio 1898 Bertelli Eugenio 1891 Galanti Luigi 1888 Bertoldi Luigi 1888 Gironda Antonio 1879 Cagalli Giuseppe 1891 Girardi Bortolo 1889 Antonioli Giuseppe 1890 Borin Antonio 1895 Andeetto Giovanni 1892 Borin Giovanni 1886 Andeetto Amedeo 1893 Borin Giovanni 1883 Arzenton Pietro 1899 Borin Antonio 1881 Casalini Basilio 1897 Guarnieri Orazio 1897 Casalini Mario 1891 Guarnieri Silvano 1899 Casalini Giuseppe 1894 Guarnieri Guido 1897 Magosso Anselmo 1899 Manara Alessandro Merlin Silvio 1898 Rossini Giuseppe 1885 Cortese Ilario 1898 Lanzerto Pietro 1887 Cortese Giovanni 1891 Marconcini Cesare 1887 Sperandio Redenzio ? Cortese Giuseppe 1890 Murari Virgilio 1883 Sperandio Sperandio ? Vittorio Emanuele III re d’Italia 1900-1946 Zanon Giuseppe Stivanello Sante 1886 Giacomelli Felice 1882 Bigin Carlo 1898 Bisin Anselmo 1894 Bisin Alberico Corso Giulio 1881 Guarniero Augustino Corso Giovanni 1888 Grigolo Silvio 1893 Corso Attilio 18880 Guerra Guerrino 1899 Corso Menotti 1884 Girardi Giovanni 1879 Donatello Giulio 1891 Granzarollo Giovanni 1880 Menghini Giuseppe 1896 Mantovani Antonio 1884 Marola Pietro 1887 Modena Romolo 1899 Mirandola Vittorio 1876 Motteran Andrea 1897 Osani Fernando 1899 Osani Santo 1897 Perina Ettore 1882 Paganotto Gianbattista 1897 Prando Leone 1888 Pavan Alberico 1899 Pedrollo Marcello Rossini Augusto 1879 Rizzi Augusto 1900 Rizzi Luigi 1897 Rossi Telesforo 1878 Turcato Vittorio 1890 Rossi Tranquillo Sorze Aurelio 1879 Vestena Cesare 1891 Schiavo Emilio 1881 Vidali Giuseppe 1890 Vesentini tiziano Ambrosi Antonio 1887 Ambroso Giovanni 1891 Bau Fortunato 1884 + Bau Marco Boldrini Antonio 1887 Balan Giovanni 1899 Bussola Giuseppe 1887 Chiochetta Silvio 1885 Chiochetta Angelo Guarinoni Antonio 1887 Rossini Antonio 1896 Gironda Beniamino 1888 Rossini Beniamino 1899 Girardi Pietro 1891 Rossini Augusto 1880 Montolli Beniamino 1874 Scarmagnan Giulio 1880 Meneghello Giulio 1878 Scarmagnan Antonio 1887 Meneghello Ernesto Murari Pietro 1876 Taccon Alippio 1889 Seghetto Giuseppe 1883 Stella Girolamo 1877 Biondani 1889 Zanon Sante 1886 Perazzolo Giuseppe Borin Rodolfo 1885 Armando Diaz Capo di stato maggiore del regio esercito (1917-1919) Ministro della guerra(1922-1924) Muschi Giovanni 1876 Salgarello Italo 1879 Coppiello Giuseppe 1887 + Bellinato Alfonso + Bornuzzi Antonio 1891 + Menegazzi Ettore 1879 + Pavan Gaetano 1889 + Borotto Ernesto 1892 + Motteran Giuseppe 1898 + Bonfante Carlo 1894 + Menegolo Giulio 1895 + Bero Pietro 1893 + Menin Roberto 1881 + Santinello Luigi 1896 + Lorenzetti Giovanni 1890 + Mirandola Umberto 1883 + Senno Ottavio 1897 + Ambrosi Angelo 1894 + Bortolo Antonio 1892 + Bau Francesco 1884 + Cortese Antonio 1893 + Chiochetta Luigi 1880 + Cortese Luigi 1895 + Murari Giacinto 1881 + Ronchini Luigi 1889 + Taccon Giuseppe 1892 + Taccon Antonio 1885 + Zanon Silvio 1898 + Zanon Antonio 1898 + Zanardo Albino 1897 + Zamperioli Emilio 1897 Carrara Cesare 1896 Benito Mussolini Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d’Italia (1922-1943) Catan Emilio Invalido Marsotto Giuseppe 1894 Invalido Carrara Giuseppe Mutilato Ruffo Giuseppe Invalido Franceschetti Ettore Invalido Piccoli Giovanni Invalido Dani Giuseppe 1895 Melotto Giovanni 1897 Lunardi Giovanni Invalido Rossini Albino Invalido Merlin Gaetano Invalido Rossi Marcello Invalido Fante Andrea 1894 Molon Augusto 1874 Ferrari Guerrino 1899 Precivalle Vittorio 1887 Ferrari Arsenio 18..? Ronchini Silvestro 1870 Ferrari Eugenio 1896 Ruffo Antonio 1884 Bertelli Alfonso 1876 Cavaliere Giovanni 1898 Bertelli Giuseppe 1879 Boaretto Antonio 1900 Colato Luigi 1896 Colato Giuseppe 1893 Franceschet ti Silvio Menegolo Luigi 1889 Galvan Giovanni 1899 Galantin Mario 1891 Manfredini Enrico 1889 Mingon Carlo 1896 Merlin Domenico 1881 Merlin Riccardo 1897 Merlin Pietro 1894 Coppiello Francesco 1879 Castiglioni Rodolfo 1889 Castiglioni Silvio 1886 Carmelli Bernardo 1883 Deganello Giobatta Franco Lodovico 1896 Lanzerotto Arturo 1891 Franco Giovanni 1889 Lorenzetti Albino 1896 Fin Giuseppe 1897 Lorenzetti Leonello Marcolong o Marino 1899 Perazzolo Gaetano Milanese Leone 1898 Merlin Pietro 1881 Balan Augusto 1894 Cadore Ermenegi ldo 1893 Finiletti Arcadio 1891 Menegol o Emilio 1889 Merlin Angelo 1898 Perazzolo Antonio 1888 Piccoli Arturo 1896 Pesenti Ernesto 1887 Quinzan Augusto 1897 Rizon Lorenzo 1897 Rinetti Giuseppe 1892 Stefani Giovanni 1897 Zucari Alessandr o Santinello Tiberio 1895 Zulin Marco 1891 Trentin Virgilio 1886 Zanetti Giulio 1892 Tavian Cesare 1892 Tobaldini Giuseppe 1896 Tadiello Ambroso Giuseppe 1894 Borolo Giuseppe ? Fante Giulio 1899 Girardi Graziano 1878 Rossini Francesco 1899 Rossini Giovanni 1894 Lovelli Giuseppe 1895 Marcolongo Giovanni 1878 Pasi Mosè 1884 Sganzerla Pietro 1891 Vico Bernardo 1894 Carrara Giuseppe 1893 ? Cagalli Gaetano 1893 Magorso Ulisse 1894 Zerbinati Enrico 1892 Carrara Ubaldo Bonfante Augusto 1897 + Bonazzo Angelo 1881 + Langoro Giovanni 1895 + Polli Giuseppe 1894 Corso Luigi 1886 Natalini Andrea 1879 Vicentini Valente 1893 Carlo Delcroix I896-1977 Presidente ANMIG (Associazione Nazionale Invalidi e Mutilati di Guerra) Stefani Umberto 1895 Vivaldi Giuseppe 1886 Carrara Pietro 1890 Crivellaro Cipriano Cortese Giovanni 1882 Frarini Gedeone 1894 Faella Antonio 1877 Murari Augusto 1883 Tartani Giuseppe 1896 Melotto Ettore 1885 Vicentini Luigi 1881 Pironato Vittorio 1891 Vesentini Luigi 1895 Precivale Giovanni 1879 Vicentini Pacifico 1874 Rossato Augusto 1888 Vicentini Malgarito 1881 Zanardi Silverio 1896 Guglielmo 1884 STORIE DI SOLDATI GASPARELLO SILVIO Gasparello Ambrogio Martinelli Teresa I Gasparello Silvio 1890 - 1936 Ambrosi Vittoria 1888 -… I ________________________________________ I I I Maria 1921 Gabriella 1923 Gaetano 1928 Il Signor Gaetano abita in via Roma e il suo negozio di alimentari riforniva fino a pochi anni fa la parte ovest del paese. Appassionato di storia, conserva con cura e orgoglio documenti storici del padre Silvio inerenti la prima guerra mondiale. I ricordi invece sono molto sfumati dato che il genitore è mancato prematuramente, quando lui aveva solo otto anni, per una malattia oggi perfettamente curabile dagli antibiotici. Rammenta solo che ai quei tempi i metodi educativi dei suoi genitori erano decisi e del tutto condivisi. Ricorda che i Gasparello erano tre fratelli originari dal vicentino. Trasferitosi a Minerbe probabilmente nel dopoguerra, il padre aveva gestito il negozio cooperativa a San Zenone come dipendente. Poi, con l’aiuto economico di un prozio sacerdote, aveva costruito la casa in via Roma dove ancora abita il figlio Gaetano che ne ha proseguito l’attività, dopo che anche la mamma Vittoria, rimasta vedova molto giovane con tre figli da crescere, si era data da fare nello stesso settore, nonostante i problemi di vario genere. Le difficoltà non le avevano impedito di dare al figlio maschio prospettive migliori facendogli frequentare le Medie al collegio Salesiano di Este. Gaetano frequentò poi l’Istituto per geometri di Este requisito dal comando tedesco negli anni della seconda guerra mondiale. Passato al prestigioso Istituto professionale Alessandro Rossi di Vicenza, non ha condiviso quegli studi e li ha interrotti, anche perché la guerra li rendeva oltremodo difficili. Oggi gode di buona salute e incontra, nel suo negozio ricco di ricordi, solo acquirenti di sigarette e di valori bollati. Dedica molte attenzioni all’unica sorella che gli è rimasta, ospite della locale Casa di riposo. I documenti di Silvio, soldato della prima guerra mondiale, sono interessanti ed esaurienti, ma il foglio matricolare ci manca. Le ricerche presso gli Archivi di Stato di Verona e Vicenza fino ad ora hanno dato esiti negativi, anche se i dati sono precisi e avvalorati da documenti originali. Tra i ricordi di Silvio possiamo vedere una bella foto-cartolina di un militare graduato con saluti e ringraziamenti. Il nome è difficilmente leggibile. È indirizzata al soldato Gasparello presso il Centro San Tommaso di Legnago; nel timbro postale è leggibile la provenienza, Vigevano-Pavia. La data risulta 23 – 3- ‘14; probabilmente è relativa al servizio militare prestato già prima della guerra. Un altro documento interessante custodito da Gaetano si riferisce al conferimento di un attestato relativo alle “fatiche di guerra” emesso nell’estate del ’16 quando il conflitto era in corso da più di un anno. Il documento racconta dati precisi: il numero di matricola di Silvio e l’arma di appartenenza. Il soldato Gasparello Silvio classe 1890 Matricola 358 del 20° Reggimento Artiglieria da Campagna è autorizzato a fregiarsi del distintivo istituito col R. Decreto 21 maggio 1916, N. 644 Padova 6 aprile 1917 Il Colonnello del deposito La rete Internet permette di visualizzare il distintivo che la famiglia non ha conservato. Era un nastrino di seta largo circa quattro centimetri formato da righe verticali nei colori della bandiera nazionale alternati, da apporre sulla giacca. Nel 1916 il Governo ritenne di riconoscere in questo modo l’operato dei soldati al fronte. Ne avevano diritto i militari che erano stati in guerra per almeno un anno nelle Alpi Carniche o della Venezia. È probabile quindi che il soldato Silvio fosse pervenuto nelle zone di guerra fin dal suo inizio. Silvio Gasparello ha partecipato per tempi lunghi alla prima guerra mondiale: lo raccontano i suoi documenti. Infatti il figlio conserva un quadro di grandi dimensioni, dalla cornice di legno e gesso, che contiene le medaglie che sostituiranno il distintivo e concluderanno la guerra. Gli anni hanno deteriorato la carta che in alcuni punti è vagamente leggibile, ma la rete Internet anche in questo caso aiuta mostrando documenti del tutto simili. Il documento, prima del cedimento della carta, era corredato dalle due medaglie appuntate in alto a sinistra e a destra. Leggiamo, all’interno di una interessante iconografia rappresentativa dello stile di quegli anni, che il Ministro della guerra decreta il caporale Silvio Gasparello autorizzato a fregiarsi della medaglia “coniata con il bronzo nemico”. Così infatti venne chiamata la medaglia commemorativa della grande guerra, istituita nel ’20 e visibile nel quadro in alto a sinistra, corredata dal nastro a sottili righe verdi, bianche e rosse. Identici erano i nastri delle medaglie commemorative delle guerre risorgimentali, per evidenziare che la guerra ’15 – ’18 ha completato l’unità della nazione. Nel fronte vediamo coniata la testa del Re Medaglia Vittorio Emanuele III, volto a sinistra, che indossa l’elmetto commemorativa della militare il cui uso diventò necessario durante la prima guerra ’15-‘18 guerra mondiale. Conserva una medaglia identica la famiglia Motteran in ricordo di Andrea Silvio. È così leggibile il retro che raffigura, posata su piedistallo formato da scudi sorretti da soldati italiani, una Vittoria alata contornata da una frase: “coniata nel bronzo nemico”. Usando il metallo derivato dalla fusione delle armi pesanti sottratte al nemico se ne evidenziava la supremazia militare e si affermava la vittoria. La medaglia che era appuntata a destra, con il nastro con i colori dell’arcobaleno replicati simmetricamente, è la Medaglia interalleata della Vittoria. Nel primo dopoguerra era stata proposta una medaglia commemorativa unica, da conferire a tutti i combattenti delle Nazioni alleate. Ogni Paese invece creò una propria medaglia pur rispettando direttive comuni. Dal rovescio il bronzo di quella italiana rappresenta una Vittoria alata con una fiaccola nella destra; ai suoi piedi due coppie di leoni. La possiamo ammirare perché un alunno di quinta ci presta qui la stessa medaglia ricevuta da un suo antenato. Dal diritto possiamo ammirare un tripode centrale dal quale si levano in volo, da parti opposte, due colombe portanti nel becco un ramoscello d’olivo. Intorno in alto la dicitura “grande guerra per la civiltà”; in basso la scritta “ai combattenti delle nazioni alleate e associate”. Ai lati del tripode in numeri romani le date 1914-1918. Era riservata a chi, come Silvio, aveva già ricevuto il Medaglia interalleata della Vittoria: il distintivo delle fatiche di guerra e comunque a chi aveva partecipato alla guerra rovescio per almeno quattro mesi. Licenza di porto d’armi Medaglia interalleata della Vittoria: il dritto La coppia di Silvio e Vittoria nel dopoguerra ebbe tre figli, ma non ebbe lunga vita insieme, come raccontano anche i documenti. Nel 1929, VII anno dell’era fascista, Silvio Gasparello ebbe dalla Questura un “libretto personale per licenza di porto d’armi” dove possiamo rilevare con certezza i suoi dati anagrafici. Probabilmente era cacciatore se nel ’32, X anno dell’era fascista, venne autorizzato a portare un fucile “anche per uso di caccia.” Nel ’40 però, la stazione dei carabinieri reali di Minerbe ratifica che è la moglie Vittoria a denunciare il possesso di “un fucile a due canne a retrocarica”. Certamente non ha voluto disfarsi, da vedova, del bene di famiglia che le ricordava il marito che oggi, attraverso i suoi documenti conservati con cura dal figlio Gaetano, racconta esperienze di vita in cui la guerra ha avuto importanza significativa. Vittoria e Silvio Gasparello MOTTERAN ANDREA SILVIO Motteran Andrea Tacconi Angela I Giovanni 1860 … Giovanni Motteran Zuccari Maria 1862 …. I ___________________________________________________________ I I I I I Virgilio 1883 Virginia Linda Carmela Andrea Silvio 1897- 1917 Lasferza Felicita I _________________________________________________ I I I I Vittorio ’09-‘98 Maria Pace Alfonsa Silvia Giuseppina Palma Angela’12-‘02 I _______________________ I I I Oliva Giovanni Ivo Maria Bellon I ______________ I I Alberto Elisabetta (Ex Alunni) Zuccari Maria La famiglia Motteran risiede da alcune generazioni in via Casteldivento dove pratica l’agricoltura, ma il capostipite Andrea era invece artigiano del ferro battuto. Di lui gli eredi conservano pregevoli e minuziosi disegni di inferriate: la vena artistica, espressa oggi nello scultore del legno Giovanni, era presente già nelle generazioni ottocentesche. Il soldato Andrea, ultimogenito tra i figli di Giovanni, che riportava il nome del nonno, non ha fatto in tempo ad esprimersi perché ha concluso anzitempo la sua esistenza nel dicembre del 1917 quando, dopo la disfatta di Caporetto di qualche mese precedente, l’esercito italiano al comando del generale Diaz era messo alla prova per fermare gli Austriaci che minacciavano di invadere la pianura. Il suo nome è riportato nel monumento ai Caduti in Piazza 4 novembre, ma occorre completarlo col nome Silvio. Con questo solo nome è registrato nelle lapidi ai Caduti in Chiesa. Infatti Don Sante Gaiardoni annota nel registro dei morti a dicembre del ’17 il miles Silvius di Joannis. Foto di famiglia: Il fratello di Andrea, Virgilio, con la sua famiglia e la mamma che ha in grembo la foto del marito Giovanni. A destra la mamma di Andrea, Maria, intorno agli anni venti. La famiglia inoltre osserva che una nipote si chiamerà Silvia in sua memoria; con il nome Silvio i parenti lo ricorderanno nella tomba di famiglia. Il foglio matricolare che lo identifica con la matricola 41492 riporta il nome completo: Andrea Silvio. In questo documento i dati personali lo descrivono un giovane di media statura; i capelli castani e lisci e il colorito bruno fanno risaltare gli occhi grigi e la dentatura sana. Domina la letto-scrittura e si dichiara di professione macellaio. Essendo nato nel 1893 è soldato di leva già nei primi mesi del 1913 e nel settembre dello stesso anno risulta nel 93° Reggimento Fanteria dove pochi mesi dopo diventerà caporale, quindi caporal maggiore. Il 24 maggio la dichiarazione di guerra lo coglierà soldato ed inviato in territorio in stato di guerra. Dall’inizio del 1916 è trattenuto alle armi nel Regio Esercito per mobilitazione. Il giovane si farà onore e nell’ottobre del ’16 viene promosso Sergente. L’ultima data che lo riguarda è l’aprile del ’17 quando viene registrato nella 93° Compagnia Mitraglieri Fiat. La tragica annotazione successiva chiude anticipatamente il suo foglio matricolare: morto in combattimento. La famiglia in verità tramanda il dato che fosse stato colpito da armi nemiche in un momento di riposo sul Monte Grappa, anzi che fosse in procinto di rientrare in famiglia. Senz’altro per una semplice licenza: il regio Esercito nel dicembre del ’17 aveva più che mai bisogno di soldati dato che la situazione era particolarmente impegnativa. Papà Giovanni e mamma Vittoria “addolorati” fecero incidere sulla sua pietra tombale le parole: Stan qui rinchiuse le spoglie gloriose del sergente Motteran Silvio colpito dal piombo nemico sul fatidico Grappa il 19 dicembre del 1917. Come si legge sulla stampiglia, la ditta fotografica di Legnago Michele Viali-Premiato Studio Fotografico ebbe l’incarico dalla famiglia di immortalarlo vestito da soldato su un supporto di cartone rigido di ampie dimensioni. Nonostante gli anni il quadro è ancora in ottimo stato, ma ha perso la cornice Pietra tombale nel cimitero di Minerbe che, secondo la moda del tempo, era di legno e gesso. Lo sguardo del soldato è severo e maturo anche se aveva solo 24 anni; si può teneramente osservare come assomigliasse un po’ alla mamma fotografata in un documento d’identità nel 1925. L’orologio da taschino di Silvio La famiglia Motteran custodisce con cura il suo orologio da taschino rovinato dall’evento bellico, inoltre un interessante libretto tascabile: il ruolino militare, con lo stemma dei Savoia, compilato di suo pugno, probabilmente per le funzioni di graduato che ricopriva nell’esercito. Sono elencati un’ottantina di nomi di militari quasi sempre completi di numero di matricola, distretto di provenienza, classe di leva e professione. La maggior parte è nata nell’ultimo decennio del secolo. Le professioni dipingono la media società del tempo: molti sono i contadini, ma ci sono anche muratori, barbieri, falegnami, panettieri. Parecchi sono i carrettieri ed è presente anche qualche ferroviere in un periodo storico in cui il trasporto su veicolo a motore era ancora lontano e quello su binari si affermava nella penisola collegando efficacemente le città. Nell’ultima pagina, tra le memorie varie, ancora una quindicina di nomi e cognomi di uomini scritti in matita, ma ben leggibili, più l’ indirizzo completo di Roberto Ruggeri, un trevigiano. I distretti del territorio italiano, che indicavano le provenienze dei soldati, sono quanto mai vari, a raccontare come la grande guerra sia stata la prima esperienza comune per gli italiani unificati in un’unica nazione da pochi decenni. Sembra nuova la medaglia conservata dalla famiglia Motteran e di certo conferita al soldato Andrea Silvio alla memoria, dato che si tratta della medaglia commemorativa della guerra ’15 -’18 istituita nel ’20. Fronte Retro I fratelli Oliva, Giovanni e Ivo Motteran, riunendo le memorie di Andrea Silvio, hanno ricordato commossi il sacrificio del loro congiunto. MOTTERAN ANDREA Motteran Angelo Saggioro Maddalena I Andrea 1897 - …… Chissà se si sono conosciuti: quasi omonimi, uniti dalla medesima esperienza della guerra, erano nati ambedue a Minerbe a pochi anni di distanza. Chi ricerca ha dovuto prestare attenzione a non fare grossolani scambi di persona. Il combattente Motteran Andrea, nato nel 1987, figlio di Angelo e Saggioro Maddalena, è rappresentato in ambedue i “Quadri d’onore” presenti in questa ricerca/fascicolo. Il suo foglio matricolare racconta che, a differenza di Andrea Silvio, è stato regolarmente congedato nel ’20 con la paga di 150 lire più 80 pel pacco vestiario. Scorrendo i dati personali si deduce che era un po’ più alto di Andrea Silvio, roseo di colorito, occhi castani come i capelli lisci. Sapeva leggere e scrivere e faceva il carrettiere. Giunse al fronte a guerra in corso, nel settembre del ’16, quando la spedizione punitiva austriaca e la serie di battaglie sull’Isonzo registravano numerose perdite di vite umane e pochi risultati positivi. La sua esperienza militare, iniziata a 19 anni, si concluse a 23 e comprese l’esperienza della guerra in vari Reggimenti di Artiglieria Fortezza; nel gennaio del ’18 per mobilitazione sarà nella Batteria Assedio. Tra i combattenti il suo ritratto si distingue per il copricapo che completa la divisa militare, e i baffi importanti che caratterizzano il suo viso giovane. Ci si immagina che, tornato dalla guerra, Andrea si sia reinserito nella società avviando una famiglia nel Minerbese, ma per ora gli eventuali suoi discendenti ci sono ignoti. TAVIAN CESARE, TAVIAN GIUSEPPE Tavian ……. I ____________________________________ I I Matteo Alessio Angelo Bertelli Luigia De Grossoli Santina I I ___________________________ _______________________________________ I I I I I Tavian Cesare ‘18 - ’68 Ester.. ‘69 Tavian Giuseppe Angelina…-’82 altre sorelle Mantoan Enrichetta 1895 - 1919 Cavallaro Gino …-‘89 | _________________________________ I I Angelo 1921 Giovanni 1920 - 1943 Flora Longero I _________________ I I Giovanni Luisanna Giovanna Zabellan I Cristina Salvatore Roscigno I ________________ I I Alessandro Alessandro Andrea ( alunno 3^A) In via Raniera abita la famiglia Tavian che nelle sue generazioni ha dato un contributo significativo alla Patria. Angelo ha partecipato alla seconda guerra mondiale della quale rimane uno dei pochissimi testimoni minerbesi. La nuora, signora Giovanna ci parla della famiglia del marito, anche se conosce solo per sentito dire le notizie su Cesare, nato nell’ottocento. Allo scoppio della prima guerra mondiale il giovane aveva ventidue anni e probabilmente doveva ancora farsi una famiglia dato che i figli nasceranno nel dopoguerra. Il figlio Angelo vedrà la luce nel vicino paese di Bonavigo, ma pochi mesi dopo la famiglia si trasferì a Minerbe dove risiede tuttora. Il lavoro di braccianti agricoli impegnò gli uomini e anche le donne della famiglia Tavian, prima a Corte Comuni di Minerbe, poi presso i proprietari terrieri Bottura di Bonavigo: quando la meccanizzazione era ancora lontana, i lavori agricoli nella zona erano molti e impegnativi. Giovanna ricorda le fatiche di quelle donne impegnate a casa e fuori, e di Cesare che aveva mansioni di responsabilità come capo uomini. Allo scoppio della seconda guerra mondiale ambedue i suoi figli maschi furono mobilitati per la guerra. Se Angelo, pur parzialmente invalido, è tornato alla vita da civile facendosi una famiglia, Giovanni rientrerà dalla guerra gravemente malato di polmonite, tanto da morire nel ’43 a soli 23 anni. Sepolto dapprima nella tomba di famiglia, riposa ora tra i Caduti per la Patria minerbesi e, in suo ricordo, il nipote ne riporterà il nome di battesimo. Il foglio matricolare di Cesare racconta che, essendo nato a Bonavigo nel 1892, già nel ’12 Vaso ricordo presso la Tomba ai Caduti venne chiamato alle armi per istruzione nel Reggimento Fanteria di Mantova e richiamato all’inizio di maggio del ’15 per costituire le truppe chi si dislocavano in territorio di guerra all’approssimarsi della dichiarazione del conflitto. L’attitudine alla responsabilità gli viene attribuita con la promozione a caporale nel ruolo di zappatore, mansione importante per preparare la zona di guerra scavando trincee e costruendo il necessario. Il 24 ottobre del ’17 è data memorabile per l’Italia dato che l’esercito Austro-ungarico a Caporetto, località oggi slovena, ha la netta prevalenza sulle nostre truppe. Non sappiamo il luogo, ma il soldato Cesare proprio in questa data viene fatto prigioniero, come ben ricorda il nipote Giovanni. Verrà rimpatriato più di un anno dopo, nel dicembre del 1918, a guerra conclusa. L’anno dopo cambia vari Reggimenti per avere il congedo illimitato nell’agosto del ’19. La stampiglia che dichiara che ha tenuto buona condotta e che ha servito la Patria con fedeltà e onore chiude le sue due esperienze militari, prima e dopo la guerra. Gli verranno riconosciuti tre anni di guerra e il foglio matricolare è corredato da due scritte stampate che testimoniano l’attribuzione di due riconoscimenti di cui la famiglia non ha traccia: la medaglia commemorativa della guerra, istituita nel ’20, con numero di fascette corrispondenti agli anni di guerra, e la medaglia interalleata della vittoria con il nastro con i colori dell’arcobaleno. Le riportiamo provenienti da altre fonti: Angelo racconta che un suo secondo cugino è morto nella guerra ’15 – ‘18: Giuseppe Tavian, il cui nome è riportato nel monumento ai Caduti in Piazza 4 novembre. Era quasi coetaneo di Cesare; la sorella di lui, Angelina, abitava nello stesso nucleo di case poi cedute dai suoi figli, emigrati all’estero, ai discendenti Tavian del ramo originato da Cesare. Angelo conferma infatti che Cesare e Giuseppe, che abitavano vicini, erano legati da parentela di primo grado quali discendenti della stessa famiglia. In seguito alla partecipazione alla prima guerra mondiale i due cugini ebbero sorti ben diverse. Giuseppe è sepolto presso la tomba dei Caduti per la patria di Minerbe. Nel registro dei morti Don Sante Gaiardoni nel marzo del 1919 chiude con il suo nome l’elenco dei miles morti in guerra o per le gravi conseguenze riportate. Il foglio matricolare racconta che era un giovane abbastanza alto e magro, con caratteristiche castane negli occhi e nei capelli lisci. Era bruno d’incarnato e aveva dentatura sana. Sapeva leggere e scrivere e si dichiarò falegname. Si presentò alle armi già nel ’14 a diciannove anni, ma nel gennaio del ’15 viene richiamato per istruzione, quindi inserito nella Fanteria. Allo scoppio del conflitto, il 24 maggio, fu destinato a zone di guerra nelle quali rimase probabilmente per tutta la sua durata, dato che l’altra data che il suo diario militare registra è quella della sua morte nell’ospedale da campo n° 332, qualche mese dopo la fine del conflitto, probabilmente per le conseguenze di ferite o per malattie contratte in quei luoghi che mettevano a dura prova le forti fibre giovanili dei nostri soldati. Tomba ai caduti nella nuova area del Cimitero Pietra tombale presso la primitiva sede FERRARI EGIDIO Ferrari Tullio Soave Giuseppina I ___________________________________ I I I Egidio 1897-1967 Guerrino 1899- 1981 Maria Migliorini Ines Carrara Leone I ______________________________ I I I I Tullio Luigi Fernanda Eugenia I ____________ I I Alessia Francesca (ex alunne) Nel quadro d’onore Egidio occupa la posizione centrale. Vicino a lui sono stati collocati altri giovani soldati con lo stesso cognome rappresentato a Minerbe da molte famiglie. In questo caso il rapporto di parentela esiste, dato che Guerrino è il fratello più giovane di Egidio; Eugenio era un cugino di Santo Stefano ed Emilio uno zio. Egidio era il più giovane dei quattro soldati, chiamati o trattenuti alle armi per la guerra del ’15’18. Allora, dice il signor Tullio, tutti i giovani sani erano chiamati alle armi; il servizio militare da obbligatorio è diventato volontario a partire dai nati nel 1986. Parla del papà Egidio, il Sindaco che ha amministrato Minerbe per sedici anni, il signor Tullio Ferrari, che riporta il nome proprio del nonno vissuto nell’ottocento. Lo fa gentilmente, rivolto agli studenti di oggi che sono interessati a conoscere i fatti e le persone della prima guerra mondiale che hanno portato all’Italia di oggi. Il foglio matricolare di Egidio è il documento che ci racconta le sue vicende militari, i dati e i contrassegni. Nato nel vicino paese di San Pietro di Morubio, era un giovane alto e robusto con i capelli ondulati, castani come gli occhi. Aveva denti sani che risaltavano nel viso dal colorito roseo. Sapeva leggere e scrivere bene, conosceva anche l’emergente mondo dei motori tanto da dichiarare la professione di automobilista che sarà determinante per l’esperienza militare, che solitamente metteva a frutto le abilità personali acquisite. Ha l’età della leva nel ’16 e subito viene inviato in zone di guerra mentre questa era in pieno svolgimento e stagnava come logorante guerra di trincea. Pochi giorni dopo è iscritto nell’ottavo Reggimento Artiglieria da Campagna con “specialità treno”. Il Signor Tullio esaudisce la curiosità degli studenti spiegando che l’artiglieria raggruppa le armi da fuoco pesanti e che il treno era usato per cannoni di lunghissima gittata, tanto pesanti da poter muoversi solo su binari. Jacopo L’attitudine al comando e a darsi da fare lo vede diventare caporale, quindi sergente. Svolge il suo ruolo in vari reparti di autoparco che, contrassegnati da numeri, raggruppavano i veicoli a disposizione dell’esercito. Racconterà in famiglia che il suo compito era far pervenire su camion al fronte ciò di cui abbisognava la guerra in corso: armi, cibo, altro. Dopo Caporetto trasportò in zone sicure perfino soldati sbandati che con fatica difenderanno poi la linea del Piave. Era pericoloso, racconta Tullio, era possibile diventare bersaglio degli Austriaci e con un carico di munizioni le conseguenze sarebbero state disastrose. A guerra finita, nel ’20, viene congedato con un’indennità di 330 lire e la dichiarazione di aver tenuto buona condotta e aver servito la Patria con fedeltà e onore. Nel ’21 la stampiglia nel suo foglio matricolare lo registra nella forza in congedo degli automobilisti. Avrà il congedo definitivo nel ’38 perché fino a questa data, spiega il signor Tullio ai ragazzi, poteva essere richiamato alle armi. Il fratello Guerrino tornò dalla guerra leso all’udito probabilmente in conseguenza dei botti d’arma da fuoco. Tullio racconta che nel dopoguerra il padre, con i numerosi fratelli, intraprese l’attività agricola. Minerbe ricorda il Signor Egidio Ferrari per un ruolo importante legato all’agricoltura: fu promotore del Consorzio Ortofrutticolo e primo presidente, dal ’56 fino all’anno della morte. Tullio spiega che in quegli anni si avvertiva presso i locali produttori di frutta la necessità di mettersi insieme in cooperativa e di vendere direttamente la frutta, conservata nei frigoriferi, nelle città, dove il crescente benessere richiedeva il consumo delle nostre ottime mele. Egidio Ferrari, favorendo l’insediamento a Minerbe piuttosto che nei paesi limitrofi della società ortofrutticola, ha contribuito a determinare lo sviluppo del paese creando possibilità di lavoro soprattutto femminile. Nella rete delle relazioni parentali, Tullio Ferrari ci dà testimonianza anche del soldato Carrara Leone, purtroppo assente dagli elenchi di combattenti per ora a nostra disposizione. Sarà il marito della zia, la maestra Ferrari Maria che insegnò a Minerbe per molti anni. Chiamato alla guerra, Leone fu inviato insieme alle truppe di occupazione alleate in Bulgaria. Qui lo colse la terribile influenza denominata “Spagnola” che fortunatamente gli risparmiò la vita, ma al rientro, con i commilitoni, venne sottoposto a un periodo di quarantena a Brindisi. Racconta il signor Tullio che nel clima del dopoguerra quei soldati vennero addirittura dimenticati. Negli anni cinquanta la coppia sarà una delle più in vista del paese, i tre figli si applicheranno agli studi con successo. L’uso dei mezzi a motore nella prima guerra mondiale Angelo Anna Silvia GIRONDA BENIAMINO Giuseppe Zanarotto Albina I _______________________ I I Beniamino 1888 – 1953 Sante – Lino e altri nove Bonfante Carlotta figli I _____________________________________________________________________________ I I I I I I I Mario ’15 – ‘82 Luigino 20 – ’43 Giuseppina ’18 Rita Luciano ’27 Stefano M. Teresa ’34 Ferrari Maria I ______________________________________________________________________________ I I I I I I I I I Annamaria Luigino Giuseppina M. Teresa Beniamino Giovanni Francesco Carlo Silvana Sonia Rossin I ______________________ I I Jonathan Nicolas (Ex alunni) Osservando l’albero genealogico della famiglia, originata dal capostipite Giovanni, si può osservare come la numerosità dei figli fosse una costante in più di una generazione, caratteristica abbastanza comune nella società del passato. Dei componenti nati nell’800 citiamo Sante quale padre di Lino, uno degli ultimi testimoni minerbesi della seconda guerra mondiale già conosciuto per le ricerche scolastiche di genere storico legate al 150° dell’Unità d’Italia. Sia la famiglia di Beniamino che quella del fratello Sante era permeata di spirito religioso: sono tre le cugine diventate suore nell’Ordine delle Sorelle della Misericordia di cui una piccola Comunità era presente nell’Asilo Infantile di San Zenone fin dall’anno 1944. Oggi Maria Teresa, col nome di Suor Pia Beniamina, opera a Crotone, in Calabria: è la figlia minore di Beniamino il cui nome, inciso nel ‘43, come quello del fratello Sante, nella lapide che comprende i benefattori dell’asilo di San Zenone, racconta la prodigalità e la stima verso la struttura religiosa del paese. Famiglie dunque dai solidi principi che si sono espressi anche nella considerazione e nel rispetto delle generazioni precedenti rinnovandone i nomi. Anche Beniamino, che vive a san Zenone in via San Feliciano con la famiglia, riporta il nome del nonno nato alla fine dell’800. Conserva gelosamente alcune foto di famiglia, tra cui il nonno Beniamino giovane soldato, impeccabile nel ritratto fotografico. È l’unico documento relativo alla guerra, della quale gli vennero riconosciuti tre anni, dal ’16 al ’18. Era originario della vicina Pressana, piuttosto basso di statura e robusto. I lineamenti armoniosi che tramanderà ai discendenti risaltavano per i folti capelli neri, occhi castani e incarnato roseo. Il foglio matricolare rileva inoltre che sapeva leggere e scrivere e che faceva l’agricoltore, attività che proseguirà dopo la guerra in una piccola azienda a San Zenone, mentre successivamente alcuni dei suoi figli si impiegheranno nelle fabbriche locali. Il nipote Beniamino ricorda che, dopo aver abitato nella grande casa oggi in via di ristrutturazione nel quartiere Ballarotto, con carro e cavallo, la famiglia del nonno, da lì, trasferì vecchi mattoni, recuperati da annessi rustici demoliti, per costruire le due case, simili e vicine, di via San Feliciano, dove si stabiliranno i due fratelli con le rispettive famiglie. Il suo documento racconta che entra nell’Esercito Regio come Il soldato Gironda Beniamino fante e nell’estate del ’16 è in territorio di guerra dal quale si assenta qualche mese per malattia. Veniamo a conoscere che l’industria Italiana Fiat era la ditta che allora forniva armi da guerra come mitragliatrici, nel cui Centro di mobilitazione venne registrato nell’estate del ’17. Passato giusto un anno, a qualche mese dalla fine della guerra, Beniamino venne fatto prigioniero dagli Austro-Ungarici e rimpatriato dopo il conflitto. La stampiglie successive dichiarano la sua buona condotta, la fedeltà e l’onore nel servizio alla Patria. Congedo assoluto e ripristino nella posizione di congedo illimitato si succedono e poi concludono definitivamente le sue esperienze militari. Il confronto con i documenti rivela che prima della guerra aveva famiglia con il primo figlio già nato. Il nipote Beniamino racconta che, basso di statura, Beniamino scelse saggiamente Carlotta, che in foto per fare bella figura col marito sceglieva la posizione da seduta. Alla coppia la Patria chiese ancora molto: il loro secondo figlio Luigino risulterà tra i dispersi della seconda guerra mondiale; il suo nome è ricordato nel monumento ai Caduti. Anche la sorte della prigionia di Beniamino fu senz’altro sofferta, come del resto quella dei soldati austro-ungarici in territorio italiano. Si ha memoria di soldati stranieri prigionieri nella zona di Villabartolomea che barattavano quel che avevano per avere di che sopravvivere. I prigionieri di guerra erano allora tutelati dalla Convenzione di Ginevra della Croce Rossa internazionale, ma se erano in cattive condizioni i soldati al fronte che decidevano le sorti degli Stati, si può ben immaginare come stavano i prigionieri nei rispettivi territori nemici. I dati contano 600.000 prigionieri italiani di cui un buon numero non è sopravvissuto. Beniamino, la moglie Carlotta, il figlio Mario Il signor Beniamino, che si dedica a lavori nell’edilizia, è felice di essere l’anello di congiunzione tra la generazione dei padri, oggi ancora rappresentata dalle due zie Rita e Suor Pia Beniamina, e quella dei suoi figli, ai quali intende tramandare i valori di famiglia, tra cui lo spirito civico. La famiglia di Beniamino con i figli ; il terzo da sinistra è Luigino, disperso in guerra nella seconda guerra mondiale. Seconda parte IL LAVORO DI RICERCA E DI RIFLESSIONE DEGLI ALUNNI Scuola primaria Classi I A/B Scuola primaria di Minerbe CANTI, POESIE DELLA GRANDE GUERRA INTRODUZIONE Il 4 novembre è un giorno molto importante per la storia del nostro Paese: si celebra non solo la data dell’armistizio che nel 1918 pose fine alla guerra tra Italia e Austria-Ungheria, ma anche il valore della pace e il grande sacrificio di tutti coloro che hanno eroicamente offerto la loro vita per la libertà della Patria e degli italiani. Anche la musica e il canto hanno senza dubbio contribuito ad infondere nei nostri soldati quel coraggio e quella forza che li ha aiutati ad essere dei piccoli grandi eroi, ai quali ogni anno vecchie e nuove generazioni doverosamente porgono con sentita gratitudine riconoscenza ed onore. Noi alunni di cl. 5^ abbiamo imparato e poi analizzato il significato storico e umano di alcune canzoni patriottiche, delle quali proponiamo di seguito il testo, seguito dal nostro commento. LA LEGGENDA DEL PIAVE 1. STROFA: Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio Dei primi fanti il ventiquattro maggio: l’Esercito marciava per raggiunger la frontiera, per far contro il nemico una barriera. Muti passaron quella notte i fanti; tacere bisognava e andare avanti. S’udiva intanto dalle amate sponde Sommesso e lieve il tripudiar de l’onde: era un passaggio dolce e lusinghiero. Il Piave mormorò: “NON PASSA LO STRANIERO”. 3. STROFA: E ritornò il nemico, per l’orgoglio e per la fame Volea sfogar tutte le sue brame. Vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora Sfamarsi e tripudiare come allor… “NO” disse il Piave, “NO” dissero i fanti, “mai più il nemico faccia un passo avanti” Si vide il Piave rigonfiar le sponde! E come i fanti combattevan l’onde. Rosso del sangue del nemico altero, Il Piave comandò: “INDIETRO VA’ STRANIERO!” 2. STROFA: Ma in una notte triste si parlò di tradimento, e il Piave udiva l’ira e lo sgomento. Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto, per l’onta consumata a Caporetto! Profughi ovunque! Dai lontani monti Venivan a gremir tutti i suoi ponti. S’udiva allor dalle violate sponde Sommesso e triste il mormorio de l’onde: come un singhiozzo in quell’affanno nero. Il Piave mormorò: “RITORNA LO STRANIERO”. 4. STROFA: E indietreggiò il nemico fino a Trieste, fino a Trento E la Vittoria sciolse le ali al vento. Fu sacro il patto antico: tra le schiere furon visti Risorgere Oberdan, Sauro e Battisti. Infranse alfin l’italico valore Le forche e l’armi dell’impiccatore. Sicure l’Alpi… libere le sponde E tacque il Piave: si placaron l’onde. Sul patrio suol, vinti i torvi imperi, la pace non trovò NE’ OPPRESSI, NE’ STRANIERI. E.A. Mario (pseudonimo di Giovanni Ermete Gaeta) COMMENTO ALLA LEGGENDA DEL PIAVE Noi ragazzi di quinta, in occasione della ricorrenza del 4 novembre, abbiamo imparato la canzone: LA LEGGENDA DEL PIAVE… Essa racchiude la storia della grande guerra iniziata il 24 maggio 1915 che vide la fanteria italiana oltrepassare il PIAVE per raggiungere la frontiera e difenderla valorosamente dall’aggressione del nemico. Anche il fiume sembrò partecipare all’ evento con il tripudio delle sue onde. Dopo due anni di vittorie, il nostro esercito conobbe la sconfitta nella disastrosa disfatta di CAPORETTO. I nostri soldati arretrarono fino alla linea difensiva del PIAVE; le sue onde diventarono così tristi che il loro mormorio sembrava un singhiozzo di dolore. Andrea R. Greta C. Ma i nostri valorosi soldati non persero il loro coraggio e la volontà di rivincita. Anche il PIAVE sembrò ritrovare la forza per aiutarli, a tal punto che rigonfiò le onde ed assalì l’esercito avversario. Lentamente le sue acque si colorarono del rosso sangue del nemico. Patryk G. Nell’ottobre del 1918 iniziò la ritirata delle truppe tedesche. Solo allora si placarono le acque del PIAVE, quando furono sconfitti gli oppressori e la pace trovò gli italiani liberi dalle ALPI al mare. Marco G. ADDIO DEL VOLONTARIO Addio mia bella addio e l’armata se ne va e se non partissi anch’io sarebbe una viltà, e se non partissi anch’io sarebbe una viltà. Il sacco è preparato e sull’omero mi sta, sono un uomo e son soldato viva la libertà sono un uomo e son soldato viva la libertà. La spada, le pistole e lo schioppo l’ho con me, all’apparir del sole io partirò da te, all’apparir del sole io partirò da te. Ma non ti lascio sola, ti resta un figlio ancor, sarà quel che ti consola nell’ora del dolor sarà quel che ti consola nell’ora del dolor. Lara S. Addio mia bella addio e l’armata se ne va e se non partissi anch’io sarebbe una viltà, e se non partissi anch’io sarebbe una viltà. “Questo canto, anche se appartenente al repertorio risorgimentale, mette in risalto il coraggio di tutti quegli uomini che volontariamente, in caso di guerra, si sentono in dovere di lasciare tutto per difendere e liberare la terra in cui vivono, la loro amata Patria”. POESIE UN SOGNO POSSIBILE Bambini liberi come uccelli in volo. NON SPARATE SUI BAMBINI! Bambini piccoli, ma forti come alberi in crescita. NON TAGLIATELI! Bambini allegri come farfalle sui fiori. NON IMPRIGIONATELI! Bambini spensierati come un’allegra festa. NON SPEGNETE I LORO SORRISI! Bambini affettuosi come le coccole in famiglia. NON STRAPPATEGLI I LORO GENITORI! Bambini fiduciosi nei loro sogni possibili. NON DELUDETE I LORO SOGNI DI PACE! Dall’alto disegni di: Nicole B . Chiara S. Erika S. GIROTONDO Se verrà la guerra, sul mare e sulla terra, chi ci salverà? Ci salverà il soldato che non la vorrà. ci salverà il soldato che la guerra rifiuterà. L’aeroplano vola, se getterà la bomba chi ci salverà? Ci salva l’aviatore che non lo farà, ci salva l’aviatore che la bomba non getterà. Ma la guerra è dappertutto, la terra è tutta in lutto, chi la consolerà? Ci penseranno gli uomini, le bestie e i fiori, i boschi e le stagioni con i mille colori. STORIA DI UN SOLDATO: PIETRO MAISTRELLO A scuola, parlando della vita dei soldati della prima guerra mondiale, abbiamo avuto l’opportunità di conoscere da vicino l’esperienza di guerra vissuta dal soldato Maistrello Pietro, classe 1893, bisnonno del nostro compagno Marco Graziani. Dall’analisi dei documenti e dalle testimonianze di altri suoi famigliari sappiamo che ha partecipato alle vicissitudini della prima guerra mondiale e nel 1916, mentre si trovava sul fronte carsico, ha dato prova di grande coraggio e valore compiendo un’azione eroica che gli fece meritare la medaglia d’argento. Ricostruiamo la sua storia di soldato partendo dal foglio matricolare: 16 sett. 1913: chiamato alle armi nel 5° Reggimento Fanteria. 16 luglio 1914: trombettiere di fanteria. 5 gen. 1915: si trova a Castrovillari nelle unità di milizia mobile. 8 giugno 1915: giunto in zona di guerra. 15 luglio 1915: Caporale Maggiore trombettiere. 21 Agosto 1916: nominato Sergente. 1°aprile 1918: nominato Sergente Maggiore . 5 settembre 1919: in congedo illimitato. NOTA: Decorato di medaglia d’argento al valor militare il 10 maggio 1917. Foglio matricolare (Archivio di Stato di Vicenza) LA MEDAGLIA D’ARGENTO AL VALOR MILITARE A Nova Villa, oggi cittadina slovena chiamata Nova Vis, è il 1° novembre 1916; mentre infuria la battaglia, il caporale Pietro esce dall’appostamento con grande coraggio e guida, tra le raffiche del fuoco nemico, il suo plotone all’assalto della trincea nemica, riuscendo così a far prigionieri 50 soldati tedeschi. Per questa dimostrazione di grande coraggio ed amor di Patria viene decorato con la medaglia d’argento al valor militare: Attestato conferito dal MINISTERO DELLA GUERRA Nello specifico del documento si può leggere quanto segue “Primo a balzar fuori dall’appostamento, con mirabile slancio ed incurante delle raffiche di fuoco con le quali il nemico tentava frenare l’impeto dell’assalto, conduceva il suo plotone alla conquista della trincea nemica, catturandone i 50 difensori”. Nova Villa, 1° novembre 1916 Guardando un successivo documento del REGIO ESERCITO ITALIANO abbiamo scoperto che gli fu assegnata anche la prestigiosa “CROCE AL MERITO DI GUERRA” nel marzo 1919: Attestato militare del Regio Esercito Italiano che gli conferisce la “Croce al Merito di Guerra” nell’ottobre 1919. ALTRI RICONOSCIMENTI Il sig. Pietro Maistrello ha ricevuto, come tanti altri soldati, altri riconoscimenti negli anni successivi alla guerra. Nella foto scattata al suo medagliere si possono vedere partendo da sinistra: La Croce dell’ “ORDINE DI VITORIO VENETO”. (La croce dell'Ordine è fatta di bronzo nero, con quattro braccia uguali appuntite e abbellite da corone di ghirlande d'alloro in rilievo; al centro, una stella circondata dall'iscrizione “ORDINE DI VITTORIO VENETO”, mentre il rovescio della medaglia è decorato da un elmo). La medaglia d’oro del “50° anniversario della vittoria 1918 - 1968”. La medaglia di bronzo celebrativa del “50° anniversario dell’inizio della prima guerra mondiale”. Inoltre ha ottenuto: L’orologio e la pergamena dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci nel 50° anniversario della vittoriosa conclusione della guerra. LA FAMIGLIA, TESTIMONE DEL PASSATO La famiglia, ha gentilmente partecipato alla ricostruzione della vita e al ricordo del sig. Pietro. Dalle testimonianze che ci hanno fornito alcuni parenti possiamo dedurre che essa è stata ricca di avvenimenti e più di una volta legata alle tristi vicende delle due guerre mondiali. Inoltre ci ha mostrato un chiaro spaccato della storia più triste d’Italia e delle problematiche legate alla precarietà della vita contadina veneta nei primi decenni del ‘900. Foto del Sig. Maistrello Pietro all’età di 33 anni, periodo in cui giunse a Minerbe TESTIMONIANZA DI UN NIPOTE Il 16 Aprile 1893 ad Arcugnano in provincia di Vicenza, da Maistrello Gaetano e Gregori Anna è nato mio nonno Pietro, secondo di 12 figli. La sua è una famiglia contadina e quindi anche lui si dedica a questa attività fino al 1914, anno in cui parte per il servizio militare in Sicilia. Nel 1915, allo scoppio della prima guerra mondiale, combatte al fronte sul Carso e nel 1916 viene decorato con la medaglia d’argento al merito per aver catturato 50 soldati nemici. Alla fine del conflitto nel 1918, dopo sei anni di servizio prestato, viene congedato con il grado di Sergente Maggiore di fanteria e tornato a casa riprende il lavoro di contadino. Dopo alcuni anni conosce e poi sposa mia nonna Amelia Marolin e dalla loro unione nascono 6 figli. Nel Novembre del 1933, insieme ai genitori, ai fratelli e alle relative famiglie si trasferisce a Minerbe in località Comuni per lavorare tutti insieme in una risaia. Dopo varie vicissitudini nel 1938 la famiglia abbandona la risaia e mio nonno parte per la Germania dove trova lavoro prima come contadino in Bassa Sassonia, passa poi nell’edilizia e in seguito diventa anche operaio in una fabbrica di Berlino. Nell’agosto del 1942, a causa della seconda guerra mondiale in corso scappa da Berlino duramente colpita dai bombardamenti e torna con mezzi di fortuna in Italia a casa dalla sua famiglia, e riprende a fare il contadino assieme ai figli ormai grandi. Successivamente verso gli anni ’70 viene insignito della Croce al Merito e nominato Cavaliere di Vittorio Veneto per aver combattuto nella Prima Guerra Mondiale. Alcuni anni più tardi con il frutto del lavoro acquista un piccolo podere che coltiva fino all’età della pensione. Dopo la pensione si è dedicato alla caccia sua grande passione, e alla coltivazione di alcune piante di ciliegio e di un piccolo vigneto. Negli ultimi anni della sua vita lo ricordo seduto davanti alla sua casa, sotto un fico che chiacchiera con la moglie Amelia o con gli amici fumando il suo sigaro. Mio nonno se ne è andato nel Febbraio del 1974 all’età di 80 anni. Paolo Maistrello TESTIMONIANZE DI ALCUNI FIGLI Il papà faceva il postino da una trincea all’altra per portare messaggi ai vari comandanti e comunicare le diverse posizioni. E’ rimasto anche quaranta giorni di fila sempre fermo sullo stesso luogo senza possibilità di spostarsi. Raccontava di aver visto tanti amici uccisi e cadaveri ammucchiati. La guerra sembrava non finisse mai, c’era la disperazione perché non cessava il pericolo di essere fucilati. Papà Pietro non parlava mai della guerra e neanche mia nonna Anna, che aveva avuto altri tre figli lontani da casa: Alberto, Napoleone, Mario (classe ’99). Il carattere era duro, autoritario, forse per la guerra e le difficoltà economiche successive. Lorenzina e Gelmina Maistrello Foto più recente, negli anni della pensione. Andò mio padre a lavorare in Germania perché di lavoro non ce n’era a Minerbe. Vi rimase dal ’38 all’Agosto del ’42, ritornando solo d’inverno. Lavorava mio padre in Germania, si dice a Berlino. Un giorno andando a Minerbe, partendo da casa in via Casteldivento, vidi un uomo seduto su una pietra all’inizio della strada. Sembrava avesse bisogno di qualcosa, mi avvicinai e gli chiesi se stava bene. Mi guardò e mi disse: “Non me conosito più?”- era mio padre, ridotto a pelle e ossa, scappato dalla Germania a causa dei bombardamenti continui nella città dove lavorava, tornato con mezzi di fortuna…arrangiandosi. Ancora oggi conservo la valigia con cui mio papà era andato a lavorare in Germania. Gaetano Maistrello “Il mio bisnonno in trincea“ Marco Graziani ALTRI MATERIALI ESAMINATI Il nostro compagno Francesco Donà ci ha portato alcuni documenti appartenenti al suo bisnonno, il combattente Micheletti Gino. Ha raccolto per noi anche una testimonianza fornita dai suoi famigliari e ci ha raccontato quanto segue: “…Il mio bisnonno durante la Prima Guerra Mondiale ha combattuto con l’esercito italiano in Francia, nostra alleata, per aiutare i soldati francesi a difendere il loro territorio dall’attacco tedesco, poi è tornato al fronte in Italia. Durante i combattimenti doveva difendersi oltre che dai proiettili e dalle bombe anche dal pericoloso gas nervino il quale, se entrava in contatto con le vie respiratorie, era mortale. Raccontava che un giorno riuscì a salvarsi miracolosamente da una nuvola di questo tremendo gas saltando con un compagno in un tombino. Tutti i soldati che erano rimasti fuori purtroppo morirono. Però, prima di balzare in quel rifugio di fortuna, un po’ di gas mortale era riuscito a raggiungerlo. Nel tempo questo gli causò tremore alle mani e asma per tutto il resto della sua vita”. Documento che gli attesta il conferimento della cittadinanza onoraria della città di Treviso nel quarantennale della Vittoria. Nel 1968 gli viene conferita la medaglia d’oro al valor militare e la cittadinanza onoraria della città di Vittorio Veneto nel 50° della Vittoria. ALCUNE DELLE SUE MEDAGLIE Croce al Merito di Guerra Medaglia in bronzo 50° della Vittoria Croce dell’Ordine di Vittorio Veneto GUERRA, SOLDATI, PATRIA, PACE… …LE NOSTRE RIFLESSIONI Ecco alcune delle riflessioni fatte da noi alunni delle classi quinte al termine di questa esperienza: “Il signor Maistrello Pietro era un uomo valoroso, forte, coraggioso, ma soprattutto era un uomo che quando vedeva i suoi amici soffrire li aiutava. Ha passato pericoli mai visti prima, è corso fuori dalla trincea ed ha catturato 50 nemici in mezzo alle raffiche di fuoco, è sopravvissuto alla prima ed alla seconda guerra mondiale, insomma è stato un eroe in terra e secondo me lo sarà per sempre anche in cielo”. CHIARA S. “Io provo sofferenza a pensare alle persone e forse anche ai miei lontani parenti morti durante la guerra, come i soldati amici del signor Pietro caduti nei combattimenti. Mi rattristano anche la miseria e la povertà che la guerra ha portato”. NICOLE B. “Io penso che il mio bisnonno abbia sofferto molto a vedere tutti quei morti, secondo me dalla sua storia si capisce che lui è sopravvissuto perché era uno che non mollava mai”. MARCO G. “Per me la guerra è la cosa più brutta che ci sia, gli Stati di tutto il mondo dovrebbero andare sempre d’accordo”. FRANCESCO D. “Io penso che nella guerra tutti i soldati siano uguali anche quelli nemici; in fondo anche loro combattevano per salvarsi la vita, hanno patito la fame e le altre sofferenze e come i nostri pregavano per rivedere la loro famiglia”. GIULIA C. “Il soldato Pietro ha compiuto un atto eroico che nessun uomo, forse, potrà ripetere perché, lasciare il proprio appostamento con piombo tutt’intorno che aspetta solo di ucciderti e catturare circa 50 soldati nemici, sicuramente non è da tutti. Grazie Pietro per quello che ha fatto per la Patria”. FEDERICO DI B. “Maistrello Pietro è stato molto coraggioso a fare prigionieri cinquanta soldati nemici; per questo motivo ha vinto una medaglia d’argento. Il gesto che ha compiuto è eroico perché è bello rischiare la vita per salvare la Patria. La guerra, secondo me, è una cosa bruttissima; speriamo che non ce ne siano più e che ritorni la pace in tutto il mondo”. LARA S. “Il signor Pietro era un uomo molto generoso perché ha compiuto un gesto giusto verso i suoi compagni. È uscito dalla trincea per primo, ha incoraggiato gli altri ad andare verso quella nemica ed ha imprigionato molti soldati avversari. Per me era una persona coraggiosa e sicura di sé stessa”. GIORGIA P. “Io penso che i nostri soldati siano stati forti e coraggiosi a combattere la guerra e vincerla pur non volendola”. NATASHA C. “ La storia del soldato Pietro è triste, ma anche molto interessante, egli ha dimostrato una grande forza di volontà e senso di sacrificio rischiando la sua vita nell’incoraggiare e nel condurre il suo plotone all’assalto del nemico ”. SILVIA A. “Il sergente maggiore Maistrello Pietro è stato super coraggioso ed ha dimostrato quanto grande fosse il valore dei soldati italiani in guerra. Io provo gratitudine per lui e per tutti quelli che hanno combattuto donando la loro vita per salvare la Patria”. ANNA M. “È stato un uomo coraggiosissimo con dei grandi valori dentro, il suo gesto è stato incredibile. Secondo me è un grande esempio per tutti noi”. ANGELICA C. …I NOSTRI DISEGNI “Le trincee” Giorgia P. Edoardo P. Anna M. UN GRAZIE A TUTTI I SOLDATI CHE HANNO DIFESO CON CORAGGIO ED ONORE LA NOSTRA PATRIA. Claudia Z. Classi V A/B Scuola Primaria di Minerbe La “Grande Guerra” delle Donne Le donne sono sempre state presenti nella storia italiana, tuttavia, salvo rare celebri personalità, sono state una sorta di lato oscuro della luna: presenti ed agenti, ma invisibili, destinate anche dalla oleografia ufficiale ad un ruolo esclusivamente domestico e non considerato, almeno fin dall’inizio del ‘900. È stato così , durante la prima guerra mondiale, anche nella nostra Bassa, tante donne invisibili, ma che, con immediatezza, commovente trasparenza, dolorosa necessità, hanno saputo portare avanti battaglie private e pubbliche, urgenze irrinunciabili anche di fronte a scelte drammatiche. Nella Prima Guerra Mondiale, più che nel passato, il prezzo pagato dalle donne fu altissimo; in un conflitto che lo storico Hermann Sudermann definì “la più gigantesca imbecillità che il genere umano abbia compiuto dal tempo delle Crociate”, per le donne il trauma bellico di lunga durata ha certamente significato lutto, sofferenza e ansia materna, ma ha causato senza dubbio anche una frattura dell'ordine familiare e sociale. Sono soprattutto donne contadine o della piccola borghesia, che a casa vedevano moltiplicati i loro compiti e le relative responsabilità che furono utilizzate nelle fabbriche, negli uffici, nell'assistenza come manodopera, alla costruzione di campi trincerati, e che, pur con mille difficoltà, intessevano stretti legami con chi combatteva. Al fronte le donne erano addette alla costruzione di trincee, all’allestimento dei graticci di contenimento dei terrapieni. Da una raccolta di lettere dal fronte, riportate in “TA-PUM” a cura di Lucia Beltrame Menini di San Pietro Di Morubio, emerge proprio un denominatore comune “il desiderio di non interrompere mai quel filo che tiene legato il soldato alla realtà della famiglia, degli affetti della propria terra” e lo sguardo rivolto da queste donne come madri, sorelle, mogli, fidanzate agli orrori della carneficina di massa sembra essere non solo rivolto all’orrore dei campi di battaglia, ma anche allo strazio dei cuori per la lontananza. Se ne riporta la pagina relativa alla lettera inviata da Guerra Amabile al soldato Guerra Antonio, nonno dell’insegnante Tognella Vanna. Sono testimonianze di donne nelle quali non si riesce a far scattare il gusto della guerra, perché sono donne normali, equilibrate, rese adulte dalla lotta quotidiana per sopravvivere in una realtà fatta di scarso pane, di case umide e miserabili, di lavoro sfiancante; sono donne abituate a lottare proprio perché profondamente e atavicamente compresse nel ruolo di custodi della sicurezza e della sopravvivenza familiare, le quali si buttano con coraggio a risolvere le enormi difficoltà che la guerra crea sul fronte interno, nei campi, nelle fabbriche, nel settore dei servizi.. Non sono mancate però anche personalità eminenti che seppero orientare i propri talenti verso ciò che poteva dare solidarietà e aiuto, rischiando anche la vita o morendo. Esse sono riuscite ad esprimere capacità organizzativa, di intuizione, di ricerca, di sensibilità, sono esempio di ciò le crocerossine. La Croce Rossa infatti nella prima guerra mondiale, che non coinvolse più soltanto gli eserciti belligeranti, ma intere popolazioni, fornì soccorso a circa 450.000 feriti e malati, curò il rimpatrio di mezzo milione di prigionieri, esaminò 18.000 biglietti al giorno, registrando informazioni o trasmettendo notizie alle famiglie di prigionieri o di persone scomparse. Il questa attività le crocerossine diedero importanti contributi. Protagoniste silenziose che si prodigarono per mantenere viva la fiamma umanitaria tra gli orrori della guerra, assistendo con pietà e amore i feriti agonizzanti sul campo, eseguendo anche i più umili servigi negli Ospedali da Campo e negli Ospedali Territoriali dell’area veneta. LA DIFFICILE VITA NEL PAESE NEGLI ANNI DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE Cronaca di un parroco: Don Sante Gaiardoni Al fronte gli uomini continuavano a morire in inutili quanto cruenti assalti alle trincee nemiche per conquistare qualche centinaio di metri: a casa le loro famiglie dovevano combattere contro mille difficoltà economiche. I prezzi dei prodotti di prima necessità, come latte, uova, polenta, zucchero, caffè, lardo, olio, legna, carne (per chi se la poteva permettere) e anche capi di abbigliamento e scarpe avevano registrato un’impennata. Sempre il parroco di allora realizzò una precisa ed esplicativa tabella con la quale ne dimostrava l’incremento: dal 20 al 50%. A San Zenone il 17 aprile l9I7, un gruppetto di minorenni, forse sobillati o solo esasperati dalle difficili condizioni di vita, presero a sassate dei loro compagni, la chiesa e il campanile; ruppero parecchi isolatori dei pali della luce, inveirono contro la pesa pubblica e alcuni edifici. Non contenti, i “giovinastri”, come vennero definiti da un giornale dell’epoca che riportò il fatto, rubarono uova, galline, anatre e oche e rimasero quasi del tutto impuniti. Oltre alle difficoltà causate dalla guerra, due terribili grandinate misero ulteriormente in ginocchio l’economia locale. La prima si verificò il 26 maggio l9l7, alle 22, colpendo particolarmente uva e frumento: rovinati anche i ponti di Colombare e Ca Rosta. Il 2 giugno se ne abbatté una seconda così violenta che in pochi minuti distrusse tutto. Al flagello della guerra che insanguinava le famiglie, si son venute ad aggiungere altre gravissime sciagure. Con la guerra poi quasi tutti gli uomini di Minerbe e San Zenone erano in trincea, privando, quindi, molte famiglie di valide braccia per il lavoro dei campi. Taluni fatti prigionieri e con i propri cari indigenti, rischiavano di non aver di che sopravvivere. Venne pertanto costituito, in paese, un comitato di signore impegnate a raccogliere fondi per i più bisognosi. Furono spediti pacchi di pane, vestiti ed altro, con cadenza quindicinale, a dodici giovani del Comune. Del comitato fecero parte: Maurina Valentini, Lina Gemma, Ida Allegroni, Ida contessa Stoppazzola, Elisa Burzio, Elisa Contessa Nichesola, Giovanna Fraccaro Guardalben, Idalia Vivaldi, Palmira Maestri, Pietro Durgante, Maria Vivaldi, Maria Nascimben, Dirce Scarmagnan, Giulia Bertelli, Emma Bertelli, Clara Tonazzi, Teresa Vivaldi e Amabilia Vivaldi. Le notizie dal fronte arrivavano con il contagocce e, spesso, erano più quelle per “sentito dire”, che quelle ufficiali. Il 9 febbraio 1918 giunse una nota della Segreteria di Stato di Roma che comunicava il decesso di tre giovani minerbesi, il sergente Andrea Motteran e i soldati Giuseppe Bertu e Silvio Zanetti. L’estate del 1918 si annunciò calda ed afosa. I temporali terrorizzavano gli abitanti con l’incubo delle grandinate. Una si abbatte sul paese, distruggendo parte dei raccolti. … speriamo che l’affresco che è risultato esalti il lato scintillante della luna, in grado di attraversare quante più coscienze e sensibilità. Classe III B scuola secondaria di primo grado di Minerbe Emilio Lussu Emilio Lussu nacque ad Armungia (Cagliari) il 4 dicembre 1890. A Cagliari si laureò in giurisprudenza nel 1914. Nel periodo universitario si schierò con gli interventisti democratici, convinto che l'Italia dovesse entrare nella Prima guerra mondiale contro gli Imperi centrali. Vi prese parte direttamente, come ufficiale di complemento decorato per quattro volte al valor militare; si congedò con il grado di capitano del 151º fanteria Brigata Sassari, costituita su base regionale per la maggior parte da contadini e pastori sardi. Nel 1916 la Brigata fu inviata sulle montagne intorno ad Asiago per creare un fronte che resistesse a qualunque costo alla discesa degli austriaci verso Vicenza e Verona; le vittorie dei sardi nei primi scontri furono seguite da un potente contrattacco che li impegnò sino al luglio dell'anno successivo. Era del resto questa la vera guerra di trincea, ed era la guerra di una truppa gestita dai suoi distanti generali con modi ed intenzioni che oggi apparirebbero intollerabili. Questa esperienza ispirò a Lussu il capolavoro per il quale è principalmente noto, Un anno sull'Altipiano, scritto nel 1937 (Francesco Rosi ne ha tratto un film intitolato “Uomini contro” nel 1970). Si tratta di un'importantissima memoria, di un prezioso documento sulla vita dei soldati italiani in trincea che, per la prima volta nella letteratura italiana, descrive l'irrazionalità e il nonsenso della guerra, della gerarchia e dell’esasperata disciplina militare in uso al tempo. In un brano di notevole efficacia, descrisse il silenzioso terrore dei momenti che precedevano l'attacco, il drammatico abbandono della "sicura" trincea per proiettarsi verso un ignoto, rischioso, indefinito mondo esterno: «...tutte le mitragliatrici ci stanno aspettando». L'esperienza drammatica della guerra gli fece capire l'assurdità di quella grande carneficina e ne trasse una serie di insegnamenti che poi ispirarono molta parte delle sue successive scelte politiche. Lottò a fianco dei contadini e pastori sardi per il loro riscatto e si oppose alle dittature fasciste e naziste in nome dei principi di giustizia sociale, libertà, autonomia. In quest'ultimo caso, fu consapevole che la vittoria sarebbe stata raggiunta soltanto militarmente: da qui l'organizzazione armata delle "camicie grigie sardiste" contro gli squadristi fascisti; la progettazione di un'insurrezione antifascista e repubblicana in Sardegna; l'intervento nella guerra di Spagna con le Brigate internazionali e la partecipazione alla lotta di liberazione nelle file del Partito d'Azione. Fu deputato nel 1921 e nel 1924 e partecipò alla secessione aventiniana. Antifascista, nel 1929 fuggì da Lipari con Carlo Rosselli e Fausto Nitti, con i quali fondò a Parigi il movimento “Giustizia e Libertà”. Fu tra i dirigenti della Resistenza e, nel dopoguerra, senatore nelle prime tre legislature. Non rinnegò mai le sue radici sarde e disprezzò sempre chi lo fece; Lussu tuttavia non fu mai un indipendentista e la sua azione politica non può essere mai accostata a questa opzione. Restò in contatto sia personale che epistolare con numerosi esponenti del mondo politico sardo; visitò numerose volte l'isola ed il paese natale di Armungia; in parlamento difese le pur deboli prerogative concesse dallo statuto autonomista sardo e richiamò l'attenzione del governo e delle altre forze politiche sulla necessità di migliorare le condizioni economiche e sociali del popolo sardo e, in particolare, delle sue classi lavoratrici e proletarie. Lussu sposò una poetessa fiorentina di origine marchigiana. Ebbero un figlio, Giovanni, che oggi è un affermato grafico editoriale. Oltre a Un anno sull'altipiano, Lussu scrisse Marcia su Roma e dintorni, in cui narrò le sue esperienze di antifascista. Morì a Roma il 5 marzo 1975. UN ANNO SULL’ALTIPIANO Scritto nel 1936, apparso per la prima volta in Francia nel 1938 e poi in Italia nel 1945, questo libro è ancora oggi una delle maggiori opere che la nostra letteratura possegga sulla Grande Guerra. L’Altipiano è quello di Asiago, l’anno dal giugno 1916 al luglio 1917. Il libro è un insieme di episodi, spesso tragici e talvolta grotteschi, attraverso i quali la guerra viene rivelata nella sua dura realtà di “ozio e sangue”, di “fango e cognac”. La narrazione incomincia dalla guerra di trincea in pianura. Dopo poco tempo la Brigata Sassari riceve l’ordine di trasferirsi sulle montagne, nella zona di Asiago, a seguito della grande offensiva austroungarica, nota come “Spedizione punitiva”, iniziata all’alba del 15 maggio 1916 e protrattasi per un mese. Lussu, all’inizio di queste vicende, era tenente aiutante maggiore in seconda del 3° battaglione del 151°. Nel libro sono molto ben descritti lo stato d’animo dei soldati e i loro sentimenti, come la paura anche nei momenti di tregua, il dolore per aver lasciato le proprie famiglie e la speranza di poterle rivedere, la rabbia per le battaglie assurde volute da comandanti pieni di retorica e vanità (tanto che i soldati, se devono essere uccisi, preferiscono esserlo mentre sono in trincea, all’improvviso). Forte era l’angoscia delle ore precedenti un assalto, che si intuiva pur senza esserne informati, perché arrivavano i tubi di esplosivo e molto liquore. Uno dei peggiori episodi raccontati è quando, pur non essendo riusciti a creare una breccia nel filo spinato o tra i cavalli di frisia, si attacca ugualmente ben sapendo di andare incontro alla morte. Del resto per gli assalti i soldati richiedono l’artiglieria, ma (come ci racconta lo stesso Lussu) l’artiglieria colpiva principalmente i propri soldati, su tutti e due i fronti. Con uno stile asciutto e a tratti ironico l’autore mette in scena una spietata requisitoria contro l’orrore della guerra senza toni polemici. Anzi, ci fa sorridere quando racconta degli stratagemmi per evitare la guerra in prima linea, per esempio quello di un soldato che finge di sapere il tedesco oppure quello di un altro soldato che si spaccia per bosniaco nel tentativo di scappare. … da “Un anno sull’Altipiano” di E. Lusso, Einaudi Chi ha assistito agli avvenimenti di quel giorno, credo che li rivedrà in punto di morte. Mentre la nostra mitragliatrice sparava, il bombardamento cessava. Il nemico aveva attaccato nello stesso istante in cui l’artiglieria sospendeva il tiro. Gli austriaci attaccavano in massa, in ordine chiuso, a battaglioni affiancati. Fucile a tracolla, essi non sparavano. Convinti che, dopo quel bombardamento, nelle nostre linee non fosse rimasta anima viva, avanzavano sicuri. Avanzavano, cantando un inno di guerra, di cui a noi non arrivava che la risonanza del coro incomprensibile. -Hurra! E il coro rispondeva. Nelle nostre linee, fu un rimescolio confuso. Gli ufficiali e i graduati correvano curvi per controllare i reparti. Il bombardamento non li aveva colpiti che in parte. Il maggiore gridava: - Attenzione! Aprite il fuoco! Pronti per contrattaccare alla baionetta! Gli ufficiali ripetevano l’ordine e fu tutto un sussulto di voci. Il battaglione riprendeva la sua vita. La linea aprì il fuoco. Delle nostre due mitragliatrici, solo una sparava. L’altra era stata distrutta da una granata. Noi non vedevamo delle colonne nemiche che quelle che avevamo di fronte, ma l’attacco doveva essere simultaneo, anche alla nostra destra. I battaglioni avanzarono al passo, lentamente, ostacolati dai sassi e dagli sterpi. La nostra mitragliatrice sparava rabbiosa, senza arresto. La puntava lo stesso comandante della sezione, il tenente Ottolenghi. Noi vedevamo reparti interi cadere falciati. I compagni si spostavano, per non passare sui caduti. I battaglioni si ricomponevano. Il canto riprendeva. La marea avanzava. - Hurra! Il vento soffiava contro di noi. Dalla parte austriaca, ci veniva un odore di cognac, carico, condensato, come se si sprigionasse da cantine umide, rimaste chiuse per anni. Durante il canto e il grido dell’hurrà! sembrava che le cantine spalancassero le porte e c’inondassero di cognac. Quel cognac mi arrivava a ondate alle narici, mi si infiltrava nei polmoni e vi restava con un odore misto di catrame, benzina, resina e vino acido. ` - Pronti per il contrattacco! - continuava a gridare il maggiore, in piedi, in mezzo ai soldati. La mia attenzione fu attirata principalmente dal capitano della II a. Egli era in piedi, ben dritto, il volto sporco di terriccio, la testa scoperta. Con la destra impugnava la pistola e con la sinistra l’elmetto. Era a pochi metri da noi. - Vili! - gridava, - venite avanti, se avete coraggio! Venite! Venite! " E si rivolgeva ora agli austriaci lontani che avanzavano, ora ai suoi soldati che stavano a terra e lo guardavano attoniti. Era l’elmetto che, con il braccio teso, egli puntava come una pistola. Ed era la pistola che, scambiandola per l’elmetto, si sforzava di mettersi in tasca. Quanto più i suoi sforzi riuscivano vani, tanto più si esasperava e gridava. Batteva la pistola sulla testa, con colpi violenti, e il sangue colava sulla faccia. Il capitano sembrava una furia insanguinata. - Hurra! Gli austriaci non erano ormai che ad una cinquantina dimetri. . -Alla baionetta! - gridò il maggiore. -Savoia! - urlarono i reparti, lanciandosi in avanti. Di quello che avvenne in quello scontro, io non ho mai conservato un ricordo chiaro L’odore di quel cognac mi aveva stordito. Ma vidi distintamente che, di fronte a noi, alla sinistra, dalle formazioni austriache, si staccò un gruppo di tre uomini con una mitragliatrice e s’appostarono dietro una roccia. Il tac—tac della Schwarzlose seguì a quel movimento rapido. Il fascio del tiro sibilò attorno a noi. Il maggiore era al mio fianco. La pistola gli cadde di mano, levò le braccia in alto e si rovesciò su di me. Feci uno sforzo per sorreggerlo ma caddi anch’io per terra. Il suo attendente si butto al suo fianco per sollevarlo. Il maggiore rimase steso, immobile. L’attendente gli sbottonò la giubba, e noi ne vedemmo il petto ricoperto di sangue. La corazza metallica, a scaglie di pesce, era crivellata di colpi. Mi levai e ripresi la corsa, avanti. Lo scontro tra i nostri e gli austriaci era già avvenuto. Confusamente frammischiati, gli uni e gli altri si arrestarono. I reparti austriaci ripiegarono, al passo, fucile a tracolla, com’erano avanzati. La resistenza imprevista li aveva scompaginati. I nostri, trattenuti dagli ufficiali, ventre a terra, aprirono il fuoco, alle spalle. Io vidi cadere solo qualcuno. I reparti, affiancati, disparvero presto, dietro le creste. Il vento continuava a soffiare e a buttarci contro ondate di cognac. Il povero maggiore aveva dato degli ordini chiari sul contrattacco. Egli voleva che, respinti gli austriaci, il battaglione rioccupasse le sue posizioni cli partenza. Io feci eseguire l’ordine rapidamente. L’ufficiale più anziano del battaglione, ·il capitano Canevacci, assunse il comando del battaglione. Il terreno era coperto di morti, ma avevamo resistito. Riportammo indietro i feriti, al meglio, ché non avevamo più barelle. Il tenente Grisoni, portato a braccia da due soldati, la gamba fratturata, pipa in bocca, scendeva zufolando. Riordinammo i reparti e facemmo l’appello dei presenti. Le ore passarono. Il sole piegava verso il Pasubio e noi eravamo ancora sulla linea, senza notizie. Gli austriaci si facevano vivi solo per qualche colpo d’artiglieria da campagna. Dopo la tempesta, era la calma. Un ordine scritto del comandante del settore ci rimise in movimento. L’ordine diceva: <<Il nemico ha potuto prender posizione in più punti. La linea di Monte Flor non era più sostenibile. Al ricevere del presente, il battaglione ripieghi in ordine su Monte Spill ». - Ripiegare su Monte Spill? - gridava il capitano Canevacci, inveendo sul portaordini. - E domani, un altro ordine ci farà attaccare Monte Flor e noi saremo spacciati. Il capitano non ammetteva che si potesse abbandonare al nemico, senza resistenza ulteriore, una posizione cosi importante. - Io mi faccio fucilare, - ripeteva, - ma non ripiego. Il portaordini chiedeva uno scritto che accusasse ricevuta dell’ordine che aveva consegnato, ma il capitano glielo rifiutò. - Di’ che io non do l’ordine di ripiegamento. Di’ che mi possono fucilare per rifiuto d’obbedienza, ma che il battaglione, finché io ne sono il comandante, non abbandona Monte Fior. Io tentai di dimostrargli che il comandante del settore era il solo competente a decidere sulla situazione e che noi non avevamo nessuno degli elementi necessari per giudicare che avesse torto. Che, in ogni caso, bisognava ubbidire. Il capitano non si convinse e rimando indietro il portaordini senza ricevuta scritta. Egli era ufficiale di carriera e rischiava moltissimo. Invano, anche dopo la partenza del portaordini, io mi sforzai di farlo ritornare sulla sua decisione. Egli era convinto che l’abbandono del monte costituisse un tradimento. Non era passata mezz’ora e un caporale del comando del nostro reggimento si presento con un altro ordine scritto. Era il colonnello in persona che lo aveva armato. Se il battaglione — diceva l’ordine — non inizia il ripiegamento ordinato, il capitano Canevacci si consideri destituito dal comando. - Io sono destituito dal comando? Ma l’esercito italiano e comandato da austriaci! E’ una vergogna! Egli era furibondo. Ma, passato il furore, dovette decidersi ad ubbidire. Ripiegammo per compagnie e riportammo indietro i morti. Quando l’ultima compagnia si ritirò da Monte Fior, il testo del battaglione, prendendo posizione fra due altri battaglioni, era schierato già a Monte Spill. A Monte Fior avevamo lasciato un velo di vedette. Esse dovevano continuare a sparare qualche colpo di fucile ogni tanto, e ritirarsi al primo tentativo di avanzata nemica. Fino al tardo pomeriggio, gli austriaci non si accorsero del nostro ripiegamento. Infine, ne ebbero il dubbio e fecero avanzare una linea di pattuglie. Le nostre vedette spararono gli ultimi colpi e tentarono al battaglione. Le pattuglie nemiche trovarono Monte Fior deserto. Io ero in linea, sul punto più elevato del Monte Spill, e guardavo Monte Fior. Gli austriaci vi affluivano disordinatamente. In poco meno di mezz’ora, la linea da noi abbandonata fu occupata da un gruppo di battaglioni. Tutta la cresta del monte fu gremita di truppe. Credo fossero le sei o le sette del pomeriggio. Nelle posizioni nemiche, io notai un fermento insolito. Che avveniva? I battaglioni s’agitavano, urlando, salutavano. Tutta la massa, come un sol uomo, si levò in piedi e un’acclamazione ci venne dalla vetta: - Hurra! Gli austriaci agitavano i fucili e i berretti, verso di noi. - Hurra! Io non mi rendevo conto di quella festa. Essa era qualcosa di più che la gioia per una posizione conquistata, senza contrasto. Perché tanto entusiasmo? Io mi voltai indietro e capii. Di fronte, tutta illuminata dal sole, come un immenso manto ricoperto di perle scintillanti, si stendeva la pianura veneta. Sotto, Bassano e il Brenta; e poi, più in fondo, a destra, Verona, Vicenza, Treviso, Padova, In fondo, a sinistra, Venezia. Venezia! Classe III A scuola secondaria di Minerbe ANCORA GUERRA …PURTROPPO Nonostante la storia abbia evidenziato l’inutilità e la crudeltà della guerra sotto ogni aspetto, tuttavia ancora in tante parti del mondo continua ad esistere Per dire il nostro NO alla guerra abbiamo analizzato alcune pagine tratte dal libro “Pappagalli verdi” di Gino Strada, chirurgo italiano che dedica la propria vita alla cura e alla riabilitazione delle vittime della guerra, toccando con mano ogni giorno gli orrori e le tragedie che essa provoca. … da “Pappagalli Verdi” di Gino Strada, Feltrinelli Un vecchio afgano con i sandali rotti e infangati, e il turbante con la coda che scendeva fino alla cintura, stava accanto al figlio di sei anni nel pronto soccorso dell'ospedale di Quetta. Il bambino si chiamava Khalil e aveva il volto e le mani, o quel che ne restava, coperti da abbondanti fasciature. Stava sdraiato, immobile, la camicia annerita dall'esplosione. Qualcuno aveva strappato una manica e ne aveva fatto un laccio, legato stretto sul braccio destro per fermare l'emorragia. "E stato ferito da una mina giocattolo, quelle che i russi tirano sui nostri villaggi" disse Mubarak, l'infermiere che faceva anche da interprete, avvicinandosi con un catino di acqua e una spugna. Non ci credo, è solo propaganda, ho pensato, osservando Mubarak che tagliava i vestiti e iniziava a lavare il torace del bambino, sfregando energicamente come se stesse strigliando un cavallo. Non si è neanche mosso, il bambino, non un lamento. In sala operatoria ho tolto le bende: la mano destra non c'era più, sostituita da un'orrenda poltiglia simile a un cavolfiore bruciacchiato, tre dita della sinistra completamente spappolate. Avrà preso in mano una granata, mi sono detto. Sarebbero passati solo tre giorni, prima di ricevere in ospedale un caso analogo, ancora un bambino. All'uscita dalla sala operatoria Mubarak mi mostra un frammento di plastica verde scuro, bruciacchiato dall'esplosione. "Guarda, questo è un pezzo di mina giocattolo, l'hanno raccolto sul luogo dell'esplosione. I nostri vecchi le chiamano pappagalli verdi..." e si mette a disegnare la forma della mina: dieci centimetri in tutto, due ali con al centro un piccolo cilindro. Sembra una farfalla più che un pappagallo, adesso posso collocare come in un puzzle il pezzo di plastica che ho in mano, e l'estremità dell'ala. "...Vengono giù a migliaia, lanciate dagli elicotteri a bassa quota. Chiedi ad Abdullah, l'autista dell’ospedale, uno dei bambini di suo fratello ne ha raccolta una l'anno scorso, ha perso due dita ed è rimasto cieco." Mine giocattolo, studiate per mutilare bambini. Ho dovuto crederci, anche se ancora oggi ho difficoltà a capire... Tre anni dopo ero in Perù. Quando me ne andai da Ayacucho, dopo mesi passati a organizzare il reparto di chirurgia, un amico peruviano, artista e poeta, mi ha regalato un retablo, una specie di presepe in gesso. Una scena di violenza e di lotta per il diritto alla terra. Intorno alle figurine di contadini incatenati, trascinati via da militari con il passamontagna, tante spighe di grano, molto alte, dorate. Sopra le spighe stormi di loros, pappagalli verdi col becco adunco e gli occhi rapaci. "Per i contadini di qui mi disse-Nestor spiegandomi il retablo - i pappagalli simboleggiano la violenza dei militari, hanno lo stesso colore delle loro uniformi. Arrivano, si prendono il raccolto, spesso uccidono, e se ne vanno via." Nestor mi raccontava la misera vita della gente di quella regione andina, le sofferenze e la rassegnazione, e la violenza sistematica. Allora gli ho detto di altri pappagalli verdi, che avevo conosciuto in Afghanistan. Mine antiuomo di fabbricazione russa, modello PFM-1. Gli ho spiegato che le gettano sui villaggi, come fossero volantini pubblicitari che invitano a non perdere lo spettacolo domenicale del circo equestre. ` E ho visto i suoi occhi increduli, come erano stati i miei, e le labbra aprirsi un poco in segno di sorpresa. La forma della mina, con le due ali laterali, serve a farla volteggiare meglio. In altre parole, non cadono a picco quando vengono rilasciate dagli elicotteri, si comportano proprio come i volantini, si sparpagliano qua e là su un territorio molto più vasto. Sono fatte così per una ragione puramente tecnica -affermano i militari-non è corretto chiamarle mine giocattolo. Ma a me non e mai successo, tra gli sventurati feriti da queste mine che mi è capitato di operare, di trovarne uno adulto. Neanche uno, in più di dieci anni, tutti rigorosamente bambini. La mina non scoppia subito, spesso non si attiva se la si calpesta. Ci vuole un po’ di tempo -funziona, come dicono i manuali, per accumulo successivo di pressione. Bisogna prenderla, maneggiarla ripetutamente, schiacciarne le ali. Chi la raccoglie, insomma, può portarsela a casa, mostrarla nel cortile agli amici incuriositi, che se la passano di mano in mano, ci giocano. Poi esploderà. E qualcun altro farà la fine di Khalil. Amputazione traumatica di una o entrambe le mani, una vampata ustionante su tutto il torace e, molto spesso, la cecità. Insopportabile. Ho visto troppo spesso bambini che si risvegliano dall'intervento chirurgico e si ritrovano senza una gamba, o senza un braccio. Hanno momenti di disperazione, poi, incredibilmente, si riprendono. Ma niente é insopportabile, per loro, come svegliarsi nel buio. I pappagalli verdi li trascinano nel buio, per sempre. Dicevo queste cose a Neston seduti nel suo laboratorio pieno di quadri e sculture, e di figurine in gesso da colorare. Discorrevamo di guerra e violenza, di repressione e libertà, di diritti umani. Che cosa spinge la mente umana a immaginare, a programmare la violenza? Mentre mi parlava delle tragedie della sua terra, del massacro dei contadini di Huanta che chiedevano solo che i loro figli potessero andare a scuola, avvertivo nelle sue parole, mescolate a un atavico pessimismo, la rabbia soffocata, il desiderio di ribellione. Ma poi, inevitabilmente, il suo pensiero tornava ai pappagalli verdi, a quelli che scendevano dal cielo nel lontano Afghanistan. E allora Nestor scuoteva la testa, e la rabbia lasciava il posto alla tristezza, quella che riempie la mente quando non c'è più la possibilità di capire, quando é svanita la ragione ed e solo follia. Così abbiamo immaginato -sapendo che era tutto maledettamente vero -un ingegnere efficiente e creativo, seduto alla scrivania a fare bozzetti, a disegnare la forma della PFM-1. E poi un chimico, a decidere i dettagli tecnici del meccanismo esplosivo, e infine un generale compiaciuto del progetto, e un politico che lo approva, e operai in un'officina che ne producono a migliaia, ogni giorno. Non sono fantasmi, purtroppo, sono esseri umani: hanno una faccia come la nostra, una famiglia come l’abbiamo noi, dei figli. E probabilmente li accompagnano a scuola la mattina, li prendono per mano mentre attraversano la strada, ché non vadano nei pericoli, li ammoniscono a non farsi avvicinare da estranei, a non accettare caramelle o giocattoli da sconosciuti...Poi se ne vanno in ufficio, a riprendere diligentemente il proprio lavoro, per essere sicuri che le mine funzionino a dovere, che altri bambini non si accorgano del trucco, che le raccolgano in tanti. Più bambini mutilati, meglio se anche ciechi, e più il nemico soffre, è terrorizzato, condannato a sfamare quegli infelici per il resto degli anni. Più bambini mutilati e ciechi, più il nemico è sconfitto, punito, umiliato. E tutto ciò avviene dalle nostre parti, nel mondo civile, tra banche e grattacieli. Al confronto anche i loros, verdi pappagalli che infestano le Ande, sembrano meno feroci, verrebbe da dire più umani. Non ho più saputo nulla di Mubarak, da sette anni. Ho in contrato molti Khalil in giro per il mondo, l'ultimo si chiama Thassim. Non è afgano, è un ragazzo curdo di quindici anni, è cieco e senza mani. L’ho operato due settimane fa, uno strano intervento chirurgico che trasforma gli avambracci e li rende simili alle chele di un granchio, o a bastoncini cinesi, perché possa afferrare oggetti, mangiare da solo, fumarsi una sigaretta. Gli stiamo insegnando ad adattarsi alla nuova forma del suo corpo, a usare al meglio quel che é rimasto. Thassim ha raccolto la sua mina, il suo maledetto pappagallo verde, vicino a Mawat, un villaggio di montagna circondato da boschi di querce, rese ancora più maestose dalla prima neve di novembre. Lo guardo mentre cerca, per ora senza successo, di portarsi un cucchiaio alla bocca senza rovesciare la zuppa. E’ stanco, e un poco frustrato, per oggi non vuole più saperne di fare esercizi. NESSUNA GUERRA E’ NECESSARIA , LA GUERRA E’ UNA SCELTA. NESSUNA GUERRA E’ INEVITABILE. LA GUERRA E’ DISTRUZIONE, E’ UCCISIONE DEI NOSTRI SIMILI. Queste parole ci hanno colpiti, abbiamo riflettuto e le condividiamo perché pensiamo che la pace sia l’unico terreno su cui potrà nascere, un giorno, un futuro migliore per l’umanità intera. Classe III C scuola secondaria di Minerbe I SOLDATI ITALIANI CADUTI DAL NOVEMBRE SCORSO AD OGGI IN MISSIONE DI PACE Attualmente sono quasi 8.000 i soldati italiani impegnati nel mondo in missioni ONU, che con termini attuali vengono definite di “peacebuilding”, in italiano letteralmente "consolidamento della pace". Per missione di pace si intende un intervento militare di risoluzione dei conflitti armati al fine di stabilire una pace sostenibile in territori devastati da guerre; sono i militari che si occupano di fornire assistenza alla popolazione civile, di mantenere l’ordine pubblico e di coordinare gli aiuti umanitari. Molti sono impiegati in Afghanistan, soprattutto ad est del Paese nella zona di Herat, sede del comando italiano della missione. La guerra in Afghanistan ha prodotto per le forze armate italiane il bilancio più pesante in termini di vite umane dalla fine della seconda guerra mondiale con ad oggi 44 militari morti. Le perdite sono imputabili per la maggiore parte ad attentati ed incidenti, meno per gli scontri a fuoco e non mancano casi di suicidio e di malore. Dallo scorso novembre, quando ci siamo ritrovati in questa stessa occasione a ricordare i militari che hanno sacrificato la loro vita per tutti noi e per le future generazioni, purtroppo il numero dei caduti è ulteriormente aumentato. Noi alunni partecipiamo al dolore e siamo vicini ai famigliari e alle comunità in lutto per la perdita di questi militari caduti mentre assolvevano i propri compiti operativi nell'ambito della missione internazionale per la pace e per la stabilità. Ricordiamo le date dei tristi eventi e i nomi dei nostri eroi della pace: - 31 dicembre 2010 1° Caporal Maggiore Scelto MIOTTO Matteo; - 18 gennaio 2011 1° Caporal Maggiore SANNA Luca; - 28 febbraio 2011 Tenente, ora Capitano RANZANI Massimo; - 04 giugno 2011 Tenente Colonnello CONGIU Cristiano; - 02 luglio 2011 Caporal Maggiore Scelto, ora Caporal Maggiore Capo Scelto, TUCCILLO Gaetano; - 12 luglio 2011 1° Caporal Maggiore, ora Primo Caporal Maggiore, MARCHINI Roberto; - 25 luglio 2011 1° Caporal Maggiore TOBINI David; - 23 settembre 2011 Tenente Riccardo Bucci, Caporal Maggiore scelto Mario Frasca, Caporal Maggiore Massimo Di Legge. Onore a tutti loro! Ci stringiamo inoltre con commozione e riconoscenza sinceri attorno ai nostri militari che ogni giorno rischiano la vita in difesa della pace e della democrazia. Gli alunni della classe II A - Scuola Secondaria di Primo Grado di Minerbe 41492 Motteran Andrea Silvio (Numero di matricola) (Cognome e nome) 1893 (Anno di nascita) DATI E CONTRASSEGNI PERSONALI ARRUOLAMENTO, SERVIZI PROMOZIONI Figlio di Gio. Battista e di Zuccari Maria nato il 19 Febbraio 1893 A Minerbe Circondario di Verona Statura m. 1,64½ Torace m. 0,83 colore castani Capelli forma liscia Occhi grigi Colorito bruno Dentatura sana Segni particolari // Arte o professione Macellaio leggere sì Se sa scrivere sì Ha estratto il N. 482 nella leva 1893 quale inscritto nel Comune di Minerbe Mandamento di Legnago Circondario di Verona SOLDATO DI LEVA 1a CATEGORIA CLASSE 1893 DISTRETTO VERONA E LASCIATO IN CONGEDO ILLIMITATO CHIAMATO ALLE ARMI E GIUNTO TALE NEL 93° REGGIMENTO Fanteria Caporale in detto Caporal maggiore in detto Tale in territorio dichiarato in istato di guerra Trattenuto alle armi per mobilitazione in base all’art. 133 del testo unico delle leggi sul reclutamento del Regio Esercito Sergente in detto Tale nella 93a bis Compagnia Mitraglieri Fiat (1160) Morto in combattimento val dei Sez. come da atto di morte inscritto al n. 13 sul reg. degli atti di morte del 93° Fanteria ED ALTRE VARIAZIONI MATRICOLARI DATA 31 Marzo 1913 12 Sett. 1913 23 Sett. 1913 23 marzo 1914 20 Maggio ‘915 24 Maggio ‘915 1° Gennaio ‘916 20 Ottobre ‘916 27 Aprile ‘917 Verona, 27-8-920 L’Ufficiale di Matricola DOMICILIO ELETTO ALL’ATTO DELL’INVIO IN CONGEDO e successivi cambiamenti (Nelle grandi città indicare anche la via e il numero) DISTINZIONI E SERVIZI SPECIALI (specchio C del foglio matricolare) ANNOTAZIONI per il personale ascritto a corpi o servizi pei quali sono stabilite dispense dalle chiamate. DATA CORPO O SERVIZIO DI ASCRIZIONE CESSAZIONE Nulla osta per conseguire il passaporto per l’estero e rimpatrii. DATA DEL RILASCIO del nulla osta e del rimpatrio REGIONE IN CUI SI RECA CAMPAGNE, AZIONI DI MERITO DECORAZIONI, ENCOMI, FERITE, LESIONI, FRATTURE, MUTILAZIONI IN GUERRA OD IN SERVIZIO (Specchio D del foglio matricolare) Tavian Cesare (Numero di matricola) DATI E CONTRASSEGNI PERSONALI (Cognome e nome) ARRUOLAMENTO, SERVIZI PROMOZIONI 1892 (Anno di nascita) DATA ED ALTRE VARIAZIONI MATRICOLARI SOLDATO DI LEVA 2a CATEGORIA, CLASSE 1892, DISTRETTO DI VERONA IN CONGEDO ILLIMITATO 26 marzo 1912 Chiamato alle armi per istruzione e giunto il 20 luglio 1913 Tale nel 72° reggimento fanteria 24 luglio 1913 Tale nel Deposito in Mantova del Reggimento Fanteria in Mantova e mandato in congedo illimitato 20 dicembre Concessa dichiarazione di aver tenuto buona condotta e 1913 d’aver servito con fedeltà ed onore VERIFICATO Verona, 10-3-1914 L’UFFICIALE DI MATRICOLA Richiamato alle armi a senso del decreto 22 aprile 1915, (circolare riservata n. 555 del Ministero della guerra Direzione Gov. leva e truppa) e quindi al 72° Reggimento Fanteria Tale in territorio dichiarato in istato di guerra Zappatore in detto 9 maggio 1915 Caporale in detto 23 maggio 1915 Tale prigioniero di guerra 5 maggio 1916 Rimpatriato 18 ottobre 1917 Assegnato all’80° Reggimento Fanteria 24 ottobre 1917 Passato al 254° Reggimento Fanteria 9 novembre 1918 DOMICILIO ELETTO ALL’ATTO Passato all’80° Reggimento Fanteria 16 gennaio 1919 DELL’INVIO IN CONGEDO Inviato in congedo illimitato ai sensi circ. 439 e successivi cambiamenti 15 marzo 1919 Tale nel Deposito Reggimento Fanteria in Mantova suo (Nelle grandi città indicare anche la via e il numero) 31 luglio 1919 centro di smobilitazione DISTINZIONI E SERVIZI 28 agosto 1919 Concessa dichiarazione di aver tenuto buona condotta e SPECIALI d’aver servito con fedeltà ed onore (specchio C del foglio matricolare) 28 agosto 1919 Verificato Verona, 1 sett. L’Ufficiale di matricola ANNOTAZIONI Autorizzato a fregiarsi della Medaglia Commemorativa per il personale ascritto a corpi o servizi pei quali sono stabilite dispense dalle Nazionale della guerra 1915-1918, istituita con Regio chiamate. decreto n. 1241, in data 20 luglio e apporre sul nastro Residenza Bonavigo della medaglia le fascette corrispondenti agli anni di DATA CORPO DI O guerra (Circ. 552 del G.M.1920) SERVIZIO ASCRIZIONE CESSAZIONE Autorizzato a fregiarsi della medaglia interalleata della Vittoria (R.D. n.°637 del 6-4-1922) concessione n.° 77743 Figlio di Matteo Alessio e di Bertelli Luigia nato il 31 Luglio 1892 a Bonavigo Circondario di Bonavigo Statura m. 1,67 Torace m. 0,85 colore neri Capelli forma lisci Occhi castani Colorito bruno Dentatura sana Segni particolari // Arte o professione contadino Leggere sì Se sa Scrivere sì Ha estratto il N. 433 nella leva 1892 quale inscritto nel Comune di Bonavigo Mandamento di Legnago Circondario di Verona CAMPAGNE, AZIONI DI MERITO Nulla osta per conseguire il passaporto per l’estero e rimpatrii. DATA DEL RILASCIO del nulla osta e del rimpatrio REGIONE IN CUI SI RECA DECORAZIONI, ENCOMI, FERITE, LESIONI, FRATTURE, MUTILAZIONI IN GUERRA OD IN SERVIZIO (Specchio D del foglio matricolare) Campagna di guerra 1915-1916-1917 Tale iscritto nel ruolo 71 B. della forza in congedo Fanteria del Distretto …. Verificato a Verona il…….. Il capo sezione Cap. Larchesini Augusto 47095 Maistrello Pietro (Numero di matricola) (Cognome e nome) DATI E CONTRASSEGNI PERSONALI ARRUOLAMENTO, SERVIZI PROMOZIONI Figlio di Gaetano e di Gregori Anna nato il 16 aprile 1893 a Montagnana Circondario di Vicenza Statura m. 1,65 Torace m. 0,93 colore castano Capelli forma lisci Occhi grigi Colorito roseo Dentatura sana Segni particolari Arte o professione contadino Leggere sì Se sa Scrivere sì Ha estratto il N. 183 nella leva 1893 quale inscritto nel Comune di Campiglia dei Berici Mandamento di Lonigo Circondario di Vicenza SOLDATO di leva 1 categoria classe 1893, distretto di VICENZA e lasciato in congedo illimitato il CHIAMATO ALLE ARMI; GIUNTO TALE nel 5° Reggimento Fanteria Tale trombettiere in detto Ha procurato al fratello Alberto, della classe 1895, del distretto di Vicenza, col numero 2645 di matricola, il ritardo della chiamata alle armi ai termini dell’art.108 della legge sul reclutamento. Tale nella sezione deposito di Castrovillari per la unità di milizia mobile TALE nel 142° Reggimento Fanteria Milizia Mobile Caporale trombettiere in detto Giunto in territorio dichiarato in stato di guerra CAPORALE MAGGIORE trombettiere in detto Esonerato della carica di trombettiere Sergente in detto Sergente maggiore in detto (ordine comando per Corpo armata in data 15-4-1918 Tale inviato in congedo illimitato DOMICILIO ELETTO ALL’ATTO DELL’INVIO IN CONGEDO e successivi cambiamenti (Nelle grandi città indicare anche la via e il numero) DISTINZIONI E SERVIZI SPECIALI (specchio C del foglio matricolare) ANNOTAZIONI per il personale ascritto a corpi o servizi pei quali sono stabilite dispense dalle chiamate. CORPO O SERVIZIO 1890 (Anno di nascita) DATA ED ALTRE VARIAZIONI MATRICOLARI a 8 aprile 1913 18 settembre 1913 26 settembre 1913 16 luglio 1914 5 gennaio 1915 5 gennaio 1915 13 aprile 1915 8 giugno 1915 15 luglio 1915 17 giugno 1916 21 agosto 1916 1 aprile 1918 5 settembre 1919 Effettuato il pagamento del premio di cui alla circolare n.114 del Giornale militare 1919 di 300 Tenuta buona condotta VERIFICATO: Vicenza 19 MARZO 1925: L’UFFICIALE Capo della Seconda sezione Inscritto nel ruolo 118 della forza in congedo arma di Fanteria del distretto militare di Verona DATA DI ASCRIZIONE CESSAZIONE CAMPAGNE, AZIONI DI MERITO Nulla osta per conseguire il passaporto per l’estero e rimpatrii. DATA DEL RILASCIO del nulla osta e del rimpatrio REGIONE IN CUI SI RECA DECORAZIONI, ENCOMI, FERITE, LESIONI, FRATTURE, MUTILAZIONI IN GUERRA OD IN SERVIZIO (Specchio D del foglio matricolare) Campagna di guerra 1915 Decorato di medaglia d’argento al valor militare con Decreto Luogotenenziale 10-5-1917 (Dispaccio 39 del 29-5 del Bollettino Ufficiale). Autorizzato a fregiarsi della Medaglia Commemorativa Nazionale della guerra 1915-1918, istituita con Regio decreto n. 1241, in data 20 luglio e apporre sul nastro della medaglia le fascette corrispondenti agli anni di campagna 1915- 1918 9473 Ferrari Egidio (Numero di matricola) (Cognome e nome) DATI E CONTRASSEGNI PERSONALI ARRUOLAMENTO, SERVIZI PROMOZIONI ED ALTRE VARIAZIONI MATRICOLARI SOLDATO DI LEVA 1a CATEGORIA, CLASSE 1897, DISTRETTO DI VERONA E LASCIATO IN CONGEDO ILLIMITATO Chiamato alle armi e giunto Giunto in territorio dichiarato in stato di guerra Ammesso al volontariato di un anno con il computo del servizio già prestato e quindi e quindi con la decorrenza dal 23 settembre 1916 (legge 4 agosto 1895 n. 479 e § 280, lettera e) dell’istruzione complementare al regolamento del reclutamento Tale nell’8° Reggimento Artiglieria Campo (specialità treno) Caporale in detto Tale nella 6a Compagnia Automobilistica Manovratore Tale nel 1° autoparco Tale sergente in detto (ordine permanente 3966 in data 89-1918 del comando 11° autoparco Tale nell’8° Reggimento Artiglieria Campagna Tale nell’11° autoparco Andato in congedo illimitato a senso della circolare 240 Giornale militare 1920 Effettuato il pagamento della indennità di cui alla circolare n°II del G.M. 1919 in lire 330 dall’11° DOMICILIO ELETTO ALL’ATTO autoparco Tenuta buona condotta e servito con fedeltà ed onore DELL’INVIO IN CONGEDO e successivi cambiamenti Tale nel distretto militare di Verona Circolare 391 G.M. n° 21 (Nelle grandi città indicare anche la via e il numero) Trasferito nella forza in congedo dell’automobilismo DISTINZIONI E SERVIZI militare – fascicolo n. 25 del Ruolo modello 116 – SPECIALI circolare n. 40039 in data 26-6-1939 XVII del ministero (specchio C del foglio matricolare) della guerra Figlio di Tullio e di Soave Giuseppina nato il 1° settembre 1897 a San Pietro Morubio Circondario diVerona Statura m. 1,69 Torace m. 0,94 Colore castano Capelli Forma ondulata Occhi castani Colorito roseo Dentatura sana Segni particolari Arte o professione automobilista Leggere sì Se sa Scrivere sì Ha estratto il N./ nella leva 1897 quale inscritto nel Comune di Minerbe Mandamento di Legnago Circondario di Verona 1897 (Anno di nascita) DATA 16 maggio 1916 23 settembre 1916 23 settembre 1916 3 ottobre 1916 3 ottobre 1916 15 maggio 1917 20 dicembre 1917 21 dicembre 1917 11 novembre 1917 10 ottobre 1916 20 gennaio 1918 22 luglio 1938 1° maggio 1920 10 settembre 1921 ANNOTAZIONI per il personale ascritto a corpi o servizi pei quali sono stabilite dispense dalle chiamate. CORPO O SERVIZIO DATA DI ASCRIZIONE CESSAZIONE TALE inscritto sul ruolo 71 B della forza in congedo 22 luglio 938 automobilisti del distretto militare di Verona VERIFICATO a Verona li 11 settembre 1929 IL CAPO SEZIONE Cap. Lachesini Augusto 1 settembre 1921 CAMPAGNE, AZIONI DI MERITO Nulla osta per conseguire il passaporto per l’estero e rimpatrii. DATA DEL RILASCIO del nulla osta e del rimpatrio REGIONE IN CUI SI RECA DECORAZIONI, ENCOMI, FERITE, LESIONI, FRATTURE, MUTILAZIONI IN GUERRA OD IN SERVIZIO (Specchio D del foglio matricolare) Campagna di guerra 1917-1918 1763 (Art. pesante) Motteran Andrea (Numero di matricola) (Cognome e nome) Vedi ruolo 1 DATI E CONTRASSEGNI PERSONALI Figlio di Augusto e di Saggioro Maddalena nato in Minerbe l’8 settembre 1897 Circondario di Verona Statura m. 1,71 Torace m. 0,86 Colore castani Capelli Forma lisci Occhi castani Colorito roseo Dentatura sana Segni particolari Arte o professione carettiere Leggere Se sa Scrivere Ha estratto il N. nella leva 18 quale inscritto nel Comune di Legnago Mandamento di Legnago Circondario di Verona a 1897 (Anno di nascita) categoria N.° 9542 ARRUOLAMENTO, SERVIZI PROMOZIONI ED ALTRE VARIAZIONI MATRICOLARI DATA Soldato di leva 1a Categoria classe 1897, Distretto di Verona e lasciato in congedo illimitato 18 maggio 1916 Chiamato alle armi e giunto 23 settembre Giunto in territorio dichiarato in istato di guerra 1916 Tale nel dep. Del 10° Regg. Art. Fortezza 23 settembre Tale nel 9° Regg. Atr. Fortezza 228 Batt. 1916 Tale nel 10° Regg.Art. Fortezza 5 ottobre 1916 Tale nel 7° Regg. Art. Fortezza 10a compagnia 1 luglio 1917 Tale nel 8° Regg. Art. Fortezza per mobilitazione 512 31 luglio 1917 Batt. Assedio 9 novembre 1917 Riconosciuto titolo 3 a categoria (Determinazione del Consiglio di leva di Verone in data ) 4 gennaio 1918 Congedato Pagato premio in £ 150 dal 9 Regg. Artigl.Fortezza più £ 80 del pacco vestiario 3 gennaio 1920 DOMICILIO ELETTO ALL’ATTO DELL’INVIO IN CONGEDO e successivi cambiamenti (Nelle grandi città indicare anche la via e il numero) DISTINZIONI E SERVIZI SPECIALI (specchio C del foglio matricolare) ANNOTAZIONI per il personale ascritto a corpi o servizi pei quali sono stabilite dispense dalle chiamate. CORPO O SERVIZIO DATA DI ASCRIZIONE CESSAZIONE CAMPAGNE, AZIONI DI MERITO Nulla osta per conseguire il passaporto per l’estero e rimpatrii. DATA DEL RILASCIO del nulla osta e del rimpatrio REGIONE IN CUI SI RECA DECORAZIONI, ENCOMI, FERITE, LESIONI, FRATTURE, MUTILAZIONI IN GUERRA OD IN SERVIZIO (Specchio D del foglio matricolare) 2053 Biscuola Antonio (Numero di matricola) (Cognome e nome) DATI E CONTRASSEGNI PERSONALI ARRUOLAMENTO, SERVIZI PROMOZIONI ED ALTRE VARIAZIONI MATRICOLARI 1884 (Anno di nascita) DATA Soldato di leva 1a categoria classe 1884 Distretto Padova e lasciato in congedo illimitato 27 luglio 1904 Designato per la ferma di due anni Chiamato alle armi e giunto 31 dicembre Tale nel 48° Regg. Fanteria 1904 Tale effettivo al Deposito del Reggimento Padova (P.) e 12 gennaio 1905 mandato in congedo illimitato Concessa dichiarazione di buona condotta 4 settembre 1906 Chiamato alle armi per istruzione, giunto Mandato in congedo illimitato 18 agosto 1909 Tale nel Deposito in Padova del Reggimento Fanteria in 4 settembre 1909 Padova-P. (Tabelle di reclut. e mobilità 1913) Tale nella milizia mobile di detto 1 luglio 1913 Chiamato alle armi per mobilità col R.D. 22 maggio 1915 31 dicembre (circ. n.370 e 741 del G.M.) e giunto 1913 Giunto in territorio dichiarato in istato di guerra Tale nel 40° Regg. Fanteria 10 ottobre 1915 Destinato alle truppe mobilitate in zona di guerra col 40° 10 ottobre 1915 Regg. Fanteria 25 ottobre 1915 Tale nel 220° Regg. Fanteria Tale prigioniero di guerra 25 ottobre 1915 Rientrato al deposito del 58° Regg. Fanteria 21 dicembre Inviato in licenza illimitata 1916 Provvisto di congedo illimitato in Patria 10 ottobre 1918 DOMICILIO ELETTO ALL’ATTO Concessa dichiarazione di aver tenuto buona condotta e 9 febbraio 1919 DELL’INVIO IN CONGEDO e successivi cambiamenti di aver servito con fedeltà ed onore 3 febbraio 1919 Effettuato il pagamento del premio di cui alla circ. 114 15 agosto 1919 (Nelle grandi città indicare anche la via e il numero) del G.M. 19019 in £ 250 DISTINZIONI E SERVIZI Prosciolto definitivamente dal servizio il SPECIALI Ripristinato nella posizione di congedo illimitato per 31 dicembre (specchio C del foglio matricolare) effetto della legge 27 giugno 1929 n. 1144 circ. 486del 1929 G.M. anno 1929 Tale inscritto nel ruolo 71 B della forza in congedo di 31 dicembre ANNOTAZIONI per il personale ascritto a corpi o servizi Fanteria del Distretto militare di Padova 1929 pei quali sono stabilite dispense dalle Padova 17-2-19… chiamate. Figlio di Pietro e di Crema Regina nato il 24 marzo a Montagnana Circondario di Statura m. Torace m. Colore Capelli Forma Occhi Colorito Dentatura Segni particolari Arte o professione Contadino Leggere Se sa Scrivere Ha estratto il N. nella leva quale inscritto nel Comune di Merlara, prov. Padova Mandamento di Circondario di CORPO O SERVIZIO DATA DI ASCRIZIONE CESSAZIONE CAMPAGNE, AZIONI DI MERITO Nulla osta per conseguire il passaporto per l’estero e rimpatrii. DATA DEL RILASCIO del nulla osta e del rimpatrio REGIONE IN CUI SI RECA DECORAZIONI, ENCOMI, FERITE, LESIONI, FRATTURE, MUTILAZIONI IN GUERRA OD IN SERVIZIO (Specchio D del foglio matricolare) 29021 Gironda Beniamino (Numero di matricola) (Cognome e nome) DATI E CONTRASSEGNI PERSONALI ARRUOLAMENTO, SERVIZI PROMOZIONI ED ALTRE VARIAZIONI MATRICOLARI 1888 (Anno di nascita) DATA Figlio di Giuseppe e di Zanarotto Albina nato il 24 febbraio 1988 a Pressana Circondario di Verona Statura m. 1,54 Torace m. 0,95 Colore scuri Capelli Forma lisci Occhi castani Colorito roseo Dentatura sana Segni particolari Arte o professione Agricoltore Leggere sì Se sa Scrivere sì Ha estratto il N. 191 nella leva 188 quale inscritto nel Comune di Pressana Mandamento di Cologna Veneta Circondario di Verona SOLDATO DI LEVA I CATEGORIA CLASSE 1888, 7 DISTRETTO DI VERONA . GIA’ RIFORMATO E RIVISITATO A SENSO DEL DECRETO LUOGOTENENZIALE 18 GENNAIO 1916 E LASCIATO IN CONGEDO ILLIMITATO 11 marzo 1916 Chiamato e giunto 3 maggio 1916 Tale nel Dep. 3° Regg. Fanteria 8 maggio 1916 Giunto in territorio dichiarato in istato di guerra 28 luglio 1916 Partito da territorio dichiarato in istato di guerra per 23 febbraio 1917 malattia 14 aprile 1917 Giunto in territorio dichiarato in istato di guerra 14 aprile 1917 Tale nel 44° Fanteria 19 giugno 1917 Tale nel centro di Mobilitazione Mitragliatrici Fiat 15 giugno 1918 Tale prigioniero di guerra 18 novembre Rimpatriato dalla prigionia 1918 Tale nel 37° Regg. Fanteria 19 novembre Inviato in licenza illimitata circ. 335 G.M. 919 1918 Partito da territorio di guerra 15 giugno 1919 Mandato in congedo illimitato a senso della circolare 424 15 giugno 1919 del Giornale Militare 919 16 agosto 1919 Pagamento della indennità di cui alla circ. …..£ 200 Dichiarazione di aver tenuto buona condotta e di aver con servito fedeltà ed impegno Verificato a Verona 31 dicembre DOMICILIO ELETTO ALL’ATTO Ripristinato nella posizione di congedo illimitato per effetto della legge 27 giugno 1929 n 415 del G.M. 1929 1927 DELL’INVIO IN CONGEDO e successivi cambiamenti Verificato a Verona il 15-12-1929 (Nelle grandi città indicare anche la via e il numero) DISTINZIONI E SERVIZI SPECIALI (specchio C del foglio matricolare) ANNOTAZIONI per il personale ascritto a corpi o servizi pei quali sono stabilite dispense dalle chiamate. CORPO O SERVIZIO DATA DI ASCRIZIONE CESSAZIONE CAMPAGNE, AZIONI DI MERITO Nulla osta per conseguire il passaporto per l’estero e rimpatrii. DATA DEL RILASCIO del nulla osta e del rimpatrio REGIONE IN CUI SI RECA DECORAZIONI, ENCOMI, FERITE, LESIONI, FRATTURE, MUTILAZIONI IN GUERRA OD IN SERVIZIO (Specchio D del foglio matricolare) Campagne di guerra 1916-1917-1918 279 Tavian Giuseppe (Numero di matricola) (Cognome e nome) DATI E CONTRASSEGNI PERSONALI ARRUOLAMENTO, SERVIZI PROMOZIONI Figlio di Angelo e di De Grossoli Santa nato il 25 agosto 1995 a Bonavigo Circondario di Legnago Statura m. 1,65 Torace m. 0,80 Colore castani Capelli Forma lisci Occhi castani Colorito bruno Dentatura sana Segni particolari Arte o professione falegname Leggere sì Se sa Scrivere sì Ha estratto il N. nella leva quale inscritto nel Comune di Minerbe Mandamento di Legnago Circondario di Verona Soldato di leva II categoria classe 1895 Distretto di Verona e lasciato in congedo illimitato Chiamato alle armi per istruzione e giunto Tale nel 14° Regg. Fanteria GIUNTO in territorio dichiarato in istato di guerra Morto nell’ospedale di campo N° 332 ED ALTRE VARIAZIONI MATRICOLARI 1895 (Anno di nascita) DATA 3 dicembre 1914 14 gennaio 1915 14 gennaio 1915 24 maggio 1915 16 marzo 1919 VERIFICATO , VERONA, 8 febbraio 1929 IL Capo Sezione ANNOTAZIONI per il personale ascritto a corpi o servizi pei quali sono stabilite dispense dalle chiamate. CORPO O SERVIZIO DATA DI ASCRIZIONE CESSAZIONE EVENTUALI INDICAZIONI circa il domicilio o la residenza in Italia e all’estero. DISTINZIONI E SERVIZI SPECIALI (specchio C del foglio matricolare) REGIONE IN CUI SI RECA CAMPAGNE, AZIONI DI MERITO DECORAZIONI, ENCOMI, FERITE, LESIONI, FRATTURE, MUTILAZIONI IN GUERRA OD IN SERVIZIO (Specchio D del foglio matricolare)