ISTITUTO COMPRENSIVO “BERTO BARBARANI”
Scuola Primaria e
Secondaria di Primo grado di Minerbe
CELEBRAZIONE DEL 4 NOVEMBRE
“- 4
-
NOVEMBRE 2011 -”
CELEBRARE IL PASSATO PER COSTRUIRE IL FUTURO
-
INTRODUZIONE
In occasione della cerimonia commemorativa del 4 novembre, la Scuola primaria e
secondaria di Minerbe continuano a dare sviluppo al percorso, avviato da alcuni anni, di
conoscenza degli avvenimenti e dei fatti di storia locale legati alla prima guerra mondiale,
ma la pubblicazione di quest’anno viene ad assumere un “valore” speciale.
I suoi contenuti si pongono infatti in continuità con il percorso storico-didattico avviato sin
dal 2008, ricordando, da una parte, quanti sono caduti nella grande guerra per la Patria e
per la Libertà, dall’altra, i nuovi “eroi” di questo tempo: i militari di tante missioni di pace
che non esitano a mettere a repentaglio la propria vita per portare aiuto a quanti soffrono
per guerre, povertà e ingiustizie. Un impegno, il loro, che non può e non deve essere
dimenticato così come quello dei tanti caduti in guerra.
Il valore “speciale” sta nel fatto che la commemorazione di quest’anno si colloca nella
ricorrenza dei centocinquant’anni d’unità nazionale.
Una ricorrenza che è servita a portare in luce sia quell’amor di Patria che sembrava
affievolito, tra gli italiani, che il risveglio del sentimento dell’unità nazionale che è anche il
segnale di un bisogno di tornare ad essere “popolo italiano”. Ed è proprio in questo
ambito che si colloca il rilancio del 4 novembre come Giornata dell’Unità della Patria.
DEDICATO A….
Questo fascicolo è dedicato ai soldati caduti, ma anche e soprattutto a voi giovani studenti
che trasmettete freschezza, slancio, apertura al futuro e siete portatori di speranza. Ma
nello stesso tempo richiamate tutti noi che abbiamo responsabilità nella vostra crescita al
dovere di darvi speranza, al dovere di darvi seriamente motivi di fiducia nel domani.
E ciò rende quindi ancor molto più impegnativa questa cerimonia, questa occasione di
incontro.
Celebrando il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, con gli insegnanti avete avuto modo di
mettere in evidenza come dalla nostra storia si possano ricavare motivi di orgoglio per
quello che abbiamo costruito, e di fiducia per come l’Italia ha saputo superare momenti
drammatici, prove molto dure e difficili.
Ma riflettendo sul passato, sul lungo cammino percorso e soprattutto sull’oggi, dobbiamo
anche sapere che è venuto un altro di quei momenti in cui bisogna riuscire a fare
egualmente un grande sforzo - noi italiani, noi Italia unita - per garantirci un degno futuro,
per garantirlo a chi verrà dopo di noi.
E perché questo accada occorre essere in tanti e che ciascuno faccia la propria parte, si
applichi con impegno, abbia la comprensione e la tolleranza nei confronti degli altri, la
capacità di lavorare insieme, la competenza di risolvere problemi, il desiderio di aprire
nuove prospettive.
Non è passato molto tempo da quando la scuola ha ripercorso i primi 150 anni di storia
unitaria. È stato realizzato un grande lavoro che ha ottenuto il dovuto riconoscimento e
non avrebbe raggiunto questi risultati senza l’apporto di idee e di energie, senza
l’entusiasmo profuso da voi studenti, dagli insegnanti e dai collaboratori scolastici. Avete
mostrato grande convinzione ideale nel riconfermare il valore storico e attuale di un’Italia
unita, rispettosa dei principi democratici incardinati nella nostra Costituzione, capace di
contare nel mondo d’oggi.
Doveroso pertanto un ringraziamento a tutti voi, un ringraziamento di cuore per tutto ciò,
sicuri che ancora una volta questa cerimonia riconfermerà il vostro impegno.
MOTIVAZIONI
Le motivazioni del lavoro sono molte:
-
innanzi tutto dare un concreto segno di riconoscimento e di vicinanza ai militari di
oggi e ai soldati di ieri;
- trasmettere gli ideali che sono alla base di quel patrimonio fatto di storie, di dolori e di
sacrifici vissuti dai padri dei padri dei nostri giovani studenti;
- interpretare e ricostruire una parte della storia di questo paese, quella dei molti giovani
minerbesi alla guerra, attraverso ricerche e testimonianze;
- ricordare ed onorare il loro sacrificio davanti al monumento in piazza quale luogo
adibito alla loro memoria, ma anche deputato a far sì che ciò che è stato non sia
dimenticato e che ciò che è non svanisca nel futuro.
Lo dobbiamo fare perché crediamo fermamente nel fatto che se i giovani mutuano questi
sentimenti dalla Scuola, fondamentale motore del rinnovamento etico e del benessere
dell’intera società, ne diventano dapprima partecipi e poi protagonisti.
Il punto centrale della questione sono proprio loro: le giovani generazioni.
Fare in modo che la loro percezione della Patria sia ben radicata, sappiano bene quale
prezzo è stato pagato nella lotta per l’unità prima e per la libertà poi, così che possano
diventare i veri protagonisti della rinascita della Patria, è compito di tutti ed in modo
particolare della Scuola.
Significativo che nel corso della cerimonia sia previsto anche il dono della Bandiera: il
tricolore per accogliere i piccoli che entrano nella scuola, in una Patria unita e libera con la
certezza che questo simbolo di libertà trasmetterà loro e alle loro famiglie i principi di
uguaglianza, di giustizia ed i valori della storia e della civiltà d’Italia.
RINGRAZIAMENTI
La realizzazione del presente fascicolo è stata possibile grazie alla disponibilità ed al
contributo delle numerose informazioni fornite dalle famiglie Gasparello Gaetano, Tavian
Giovanni, Ferrari Tullio, Gironda Beniamino, Motteran Oliva, Giovanni e Ivo.
Va quindi sottolineato il lavoro e l’impegno di tutti i docenti coinvolti ed i contributi
forniti dagli studenti delle varie classi.
Un ringraziamento particolare
- all’Archivio di Stato di Vicenza per la sollecitudine con cui ha corrisposto alle nostre
richieste d’informazione
- a quello di Verona per l’aiuto fornito nella ricerca dei vari fogli matricolari
- all’insegnante Rosa Danese che con pazienza ha dato unitarietà a tutto il lavoro svolto.
PREMESSA
Nel tentativo di ricostruire un tratto della nostra storia, abbiamo cercato di ridare voce e
parola a persone e a ricostruire fatti da non dimenticare.
Ormai sono passati quasi cent’anni dall’inizio della cosiddetta “grande guerra” per il
numero di nazioni e di eserciti coinvolti e il suo ricordo risulta molto affievolito, ma non è
stato difficile trovare alunni da coinvolgere in questa ricerca anche se si è trattato di
recuperare il ricordo e le storie dei padri dei loro nonni.
E benché da allora si siano succedute ben quattro generazioni, per molti studenti l’aver
potuto trovare un legame che li unisse a questi loro predecessori ha rappresentato
qualcosa di molto sentito e significativo: il riconoscimento della propria famiglia nella
storia della comunità.
In particolare con questa ricerca si è data voce a frammenti di esperienze di vita compiute
nello scenario tragico della prima guerra mondiale.
E così, attraverso le testimonianze raccolte è stato come un rivivere, in qualche modo,
sentimenti ed emozioni di quel tempo.
Studiando le pagine di storia ed ascoltando i racconti resi dai parenti dei giovani partiti
per il fronte, abbiamo infatti potuto conoscere, con affettuosa partecipazione, la terribile
esperienza della grande guerra, tragica sia per chi stava in trincea, sia per chi stava a casa,
magari in ansiosa attesa.
Ma soprattutto abbiamo avuto un’ulteriore conferma del fatto che quasi tutti i giovani di
Minerbe erano in guerra per cui – come afferma Don Sante Gaiardoni nelle sue Memorie “non rimasero a casa, per la coltivazione dei campi, che donne, pochi vecchi e fanciulli”.
Don Sante dedica alla guerra alcune pagine, quando questa ormai è al termine, utili ad
interpretare il clima di quei momenti nel paese.
Su queste pagine si è focalizzata l’attenzione degli alunni con un lavoro di interpretazione
e rielaborazione.
A seguire sono stati messi a confronto due particolari documenti fotografici, due “Quadri
d’onore”, uno dei quali già presentato lo scorso anno. Dopo il loro confronto e l’accurata
ricerca dei soldati in essi inseriti, come da tradizione ne sono stati approfonditi alcuni ed
in particolare quelli con legami con famiglie di oggi; significative le ricerche compiute
dalla classe quinta sui soldati Pietro Maistrello, trisavolo degli alunni Marco, Gaia e
Giorgia e Michele Graziani; Micheletti Gino, bisnonno di Donà Francesco; Biscuola
Antonio, parente di Zanovello Claudia.
Da specificare inoltre che la ricostruzione delle loro vicissitudini di guerra trova riscontro
nei fogli matricolari reperiti presso l’Archivio di Stato di Verona e di Vicenza, presenti
nell’ultima parte del fascicolo.
La parte centrale racchiude invece il lavoro predisposto per la cerimonia davanti al
monumento: è presente un interessante spaccato sulla condizione delle donne nel periodo
bellico sia nel Paese che a Minerbe.
INDICE
Introduzione
Premessa
Prima parte
L’eco della guerra in paese, dalle “Memorie “ parrocchiali di Don Sante Gaiardoni
Quadri d’onore a confronto
Storie di Soldati:
Gasparello Silvio
Motteran Andrea Silvio
Motteran Andrea
Tavian Cesare
Tavian Giuseppe
Ferrari Egidio
Gironda Beniamino
Seconda parte: il lavoro di ricerca e di riflessione degli alunni
Scuola primaria
Classi quinte
Canti e poesie della grande guerra
Storia di un soldato, Pietro Maistrello
Guerra, soldati, Patria, pace…le riflessioni degli alunni
Scuola secondaria
Classe terza B
La “Grande Guerra” delle donne.
Classe terza A
“ Un anno sull’altipiano” di E. Lusso: riflessioni degli studenti
Classe terza C
“Pappagalli verdi” di G. Strada: riflessioni degli studenti
Classe seconda A “I soldati italiani caduti dal novembre scorso ad oggi in
missione di pace”
Terza parte: Fogli matricolari dei soldati
L’ECO IN PAESE DELLA FINE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
Dal libro “Memorie” della parrocchia di Minerbe
(trascrizione)
Minerbe, 5 novembre 1918
Ieri mattina arrivò la notizia che i nostri soldati sono entrati in Trento e Trieste ed hanno issato la
bandiera italiana sulla torre del castello di ambedue le città liberate.
Appena avuta la notizia feci esporre due bandiere sul campanile e suonare le campane.
Ieri, lo stesso 4 nov.: verso le sette (di sera) arrivò l’altra notizia che alle 13 fu messo in esecuzione
l’armistizio con l’Austria, cessata da quest’ora ogni ostilità per terra per mare ed in aria.
Se la notizia mi fosse stata comunicata avrei tosto dato ordine di suonare le campane, invece io andai
a letto senza saperla. Alla mezzanotte alcuni patriotti! di Minerbe in parte imboscati, in parte
nascosti! presi non da patriottismo ma da alcoolismo, ruppero le serrature del campanile e entrarono
a suonare le campane da pazzi fino alle 2 e 30 dopo mezzanotte, con grande disturbo di tutto il paese
e facendo piangere specialmente le 48 madri e spose che hanno perduto il figlio ed (o) il marito. Ed
avrebbero continuato fino alla mattina se alle 2 e 30 non fossi disceso io a mandarli a casa.
Ieri poi i medesimi patriotti (il ……., B……, il suo garzone da Orti, Angelo S….. , il daziale A…..,
il segretario ed altri giovinastri) apersero la porta del campanile coi grimaldelli e cominciarono a
suonare. Al mio apparire se la svignarono a casa ma poi con ….. e …. e bestemmie ed insulti al
parroco insistevano. Mandai a chiamare il sindaco, il quale mi pregò di concedere un paio di suonate.
Entravano quindi col detto permesso nel campanile, ma poi invece di due suonate, continuarono fino
a mezzanotte!...Tutto per il buon ordine e per patriottialcoolismo! Vedremo stasera che cosa avverrà,
dopo che ne avrò dato avviso al brigadiere.
Io ho fatto suonare quanto era conveniente e durante il giorno: essi volevano di notte recando
immenso dolore alle povere vedove e madri dei caduti.
10 novembre 1918
Questa mattina dietro invito dell’arciprete interverranno alla messa ultima e al canto del Te Deum
tutte le autorità civili, militari e società con le loro bandiere. Fu raccolta un’offerta per i fratelli della
terra liberata che fruttò lire 152.50 spedita al comitato di Verona.
Feci suonare in concerto le campane, la sera, la mattina alle 10.30 e al Te Deum.
11 Nov.
Anche questa mattina ricorrendo il Natalizio del re interverranno alle ore 10 al Te Deum le autorità
comunali, i RR Cavalieri, l’asilo infantile ecc.
12 Nov.
Alle ore 6 fu firmato l’armistizio anche con la Germania e alle 11 cessarono le ostilità su tutti i
fronti!... Deo Gratias!
L’autore delle “Memorie” durante i tre anni della prima guerra mondiale è Don Sante Gaiardoni,
nato a Sommacampagna nel 1869, che guiderà la parrocchia di Minerbe dal 1907 al 1925.
Già lo abbiamo conosciuto esaminando le sue cronache lo scorso anno. Abbiamo rilevato la sua
saggezza insieme all’indignazione del suo animo nei confronti della “orribile guerra”, la vicinanza
in quei tristi momenti sia a chi dei suoi parrocchiani era al fronte, e altrettanto a chi in paese
attendeva notizie: i quotidiani problemi, i commerci, le coltivazioni dei terreni minerbesi erano,
dichiarava Don Sante, sulle spalle di donne, anziani e ragazzini.
L’annotazione riportata è del 5 novembre del 1918, un giorno successivo a quello che celebriamo
ogni anno ricordando la fine della prima guerra mondiale, le Forze Armate e l’Unità nazionale.
La prima guerra mondiale è considerata anche l’ultima guerra risorgimentale, infatti all’Italia unita
mancavano i territori del Trentino e il Carso, ancora governati dall’Austria. Dopo le guerre
coloniali che coinvolsero anche giovani soldati minerbesi, tra interventisti e neutralisti, il 24
maggio del ’15 l’Italia entrò in guerra per la conquista di quei territori italiani ancora in mano
straniera.
La toponomastica di Minerbe ricorda le due città liberate: via Casotti, nella direzione sud-ovest dal
centro del paese, nel tempo prenderà il nome di via Trieste. Villaraspa invece era il nome
dell’attuale via Trento che conduce, in direzione nord, alla frazione di Anson.
La piazza principale del paese ha assunto la denominazione 4 Novembre, giorno della cessazione
delle ostilità che, da piccolo focolaio europeo, sono diventate mondiali.
Trento libera - Edoardo
Trieste libera - Alessandro
Possiamo immaginare il bel campanile che, nella sua altezza di cinquantadue metri, fa sventolare
una bandiera tricolore per ognuna delle due città. Il campanile, oltre che simbolo religioso,
assunse valenza civile esponendo, con un preciso significato, il vessillo dell’appartenenza alla
giovane nazione italiana. I primi giorni di novembre il freddo si fa sentire e il cielo non sempre è
azzurro, ma l’animo dei cittadini avrà gioito insieme al parroco che mise all’opera i suoi campanari
per suonare le campane, tradizionali ed efficaci strumenti di comunicazione. Suonavano,
probabilmente a distesa, le sei campane collocate nuove nella pregevole torre campanaria circa
sessant’ anni prima, ben visibili da ogni punto di accesso al paese.
Ma l’altra notizia tanto attesa della fine della guerra, con la resa degli Austriaci e l’armistizio,
arrivò verso sera.
Il parroco racconta che non ha avuto modo di sapere la notizia per tempo, probabilmente diffusa
via radio o telegrafo. E succede che l’uomo di chiesa, che ha presenti tutte le situazioni familiari dei
suoi parrocchiani, si scontra con gli spiriti giovanili e intraprendenti tanto da giudicarli con forte
severità. Il gesto di quei giovani di appropriarsi di notte del campanile per suonare a lungo le
campane, se da un lato era riprovevole, dall’altro fa capire quanto fosse stata greve l’aria di guerra
nei nostri paesi, minacciati dall’invasione nemica dopo Caporetto e continuamente colpiti dagli
eventi luttuosi che riguardavano i giovani soldati al fronte. Il sollievo era probabilmente
incontenibile. Ma Don Sante aveva annotato nel registro dei morti troppi nomi di miles con
l’osservazione “in bello mortui”, morti in guerra. Di sicuro aveva consolato mamme e spose
inconsolabili, molte volte private anche delle tombe di sepoltura su cui piangere.
A piè di pagina, con un pennino che sembra differente, e quindi probabilmente in un momento
successivo alla prima stesura, il parroco giustifica il proprio severo operato e il pesante giudizio: a
suo parere, da parte di tutti la gioia doveva essere manifestata con misura, per evitare “l’immenso
dolore” alle numerose famiglie che, interessate dal richiamo alle armi e dall’invio in zone di guerra
dei loro componenti maschi più giovani e sani, ne avevano pianto la tragica morte.
Oggi i bambini di terza della scuola primaria, ricordando i Caduti e apprezzando il suono delle
campane del paese che segnano ancora eventi religiosi e civili, con matita e colori interpretano
l’eco, nel paese, degli eventi bellici del novembre 1918, così importanti per la storia nazionale.
Irina
Silvia
Marina
Anna
Jacopo
Come i miei compagni, ho disegnato le campane che suonano e
le mamme che piangono. Secondo me le guerre non sono belle
belle perché portano odio, pianti e distruzione. Giada
portano odio, pianti e distruzione. Giada
mamme che piangono.
Secondo me le guerre non sono belle perché
portano odio, pianti e distruzione. Giada
Francesco
Abbiamo disegnato il campanile di
Minerbe con le due bandiere italiane e i
ragazzi che per la felicità hanno suonato a
dismisura. Secondo noi le mamme o le
mogli erano molto tristi. Francesco
Simone
Marcello
Riccardo
Alessandro
Mariassunta
“QUADRI D’ONORE” A CONFRONTO
Il punto di partenza
Il fascicolo prende avvio dall’analisi della fotografia fornitaci lo scorso anno da Don
Giuseppe Bordin, riportante il ritratto a mezzobusto di 159 persone e la scritta: “Gruppo
d’onore 1915 - ex combattenti per la patria”, messa quest’anno a confronto con un’altra
foto, sempre a firma S. Pinazzi – Venezia, esposta nella baita degli alpini di Minerbe, di cui
il signor Doriano Pesarin ci ha fornito copia, riportante la scritta “Gli eroi caduti - I
mutilati ed invalidi - I reduci di Minerbe e frazione San Zenone”. In tutto le persone
presenti in questo gruppo d’onore sono 246 più altre cinque disposte intorno raffiguranti
personaggi significativi del tempo. La foto riporta la sigla A/VII che si presume sia
l’indicazione della data di composizione del gruppo, vale a dire il settimo anno dell’era
fascista quindi il 1929, dieci anni dopo la fine della guerra.
I combattenti rappresentati nel primo gruppo d’onore
Sono in tutto 159 e di questi, quelli raffigurati come caduti (sopra il loro ritratto è posta
una croce) sono 7. Le fotografie sono disposte nel foglio in maniera molto semplice: sono
affiancate in 10 file orizzontali, una sotto l’altra, ciascuna riportante 17 combattenti, mentre
l’ultima, la decima, ne riporta solo 6, 3 a destra e 3 a sinistra e in mezzo la scritta: “ Gruppo
d’onore ex-combattenti per la Patria, Comune di Minerbe.
I loro nomi, in ordine di fila ed in successione nella riga, sono i seguenti:
Antonioli
Giuseppe
1888
Andreolini
Pietro
1877
Baldin
Pietro
1877
Baldin
Tommaso
1890
Baldin
Angelo
1899
Bonfante
Bonfante
Guglielmo
Domenico
1899
1895
Buffo
Borsati
Cherubino
1885
Bordini
Angelo
1888
Bordini
Antonio
1882
+
Bonfà
Augusto
1895
Brusaferro
Bogoncello
Giacomo
1894
+
Colato
Augusto
1882
Corsini
Silvio
1888
Casalini
Mario
1892
Cortelazzi
Antonio
1880
Carmeli
Bernardo
1883
De Mori
Luigi
1889
Doni
Giuseppe
1895
Danin
Mario
1896
Eminente
Vittorio
1897
Fontana
Antonio
1889
Favazza
Attilio
1879
Gironda
Beniamino
1888
Marchesini
Agostino
1882
Merlin
Pietro
1882
Migliorini
Riccardo
1886
Rossi
Antonio
1900
Benvenuto
1877
Bonfante
Arturo
1899
Bonfante
Gaetano
1893
Borin
Carlo
1892
Borin
Antonio
1882
+
Bressan
Giuseppe
1890
Bressan
Narciso
1883
Bressan
Antonio
1899
Bressan
Luigi
1892
Bressan
Sante
1886
Bressan
Angelo
?
Bozza
Battista
1876
Bonato
+
Bernuzzi
Antonio
1892
Bressello
Camellato
Chinaglia
Domenico
1878
Bonato
Gaetano
1883
Biggini
Sante
1889
1893
Marco
1877
Giuseppe
1880
Antonio
1887
Catan
Leone
1899
Corrà
Luigi
1881
Cortese
Giuseppe
1889
Costantini
Pietro
1878
Coilotto
Floriano
1897
Cailotto
Remo
1899
Caneva
Mario
1892
Chiavenato
Corso
Attilio
1880
Corso
Menotti
1884
Corso
Giovanni
1888
Castiglioni
Comola
Galliano
1896
Deganello
Giuseppe
1898
Eminente
Giacinto
1874
Ferrari
Emilio
1879
Ferrari
Eugenio
1895
Ferrari
Guerrino
1899
Ferrari
Egidio
1897
Fin
Mosè
1879
Fin
Giuseppe
1897
Franceschetti
Fasolo
Pietro
1899
Facchetto
Filippini
Lucindo
1894
Filippini
Alessandro
1880
Franco
Augusto
1891
Gironda
Antonio
1879
Galantini
Marino
1896
Galantini
Marino
1899
+
Ghellere
Giovanni
1884
Guarniero
Guerniero
Guarniero
Francesco
Marino
1900
Menin
Eliseo
1885
Menin
Zeffirino
1892
Menin
Lorenzo
1899
Goi
Carlo
1880
Menegolo
Albino
1891
Girardi
Eugenio
1886
Lauro
Augusto
1884
Merlin
Riccardo
1897
Merlin
Gaetano
1891
Maroccolo
Molo
Augusto
1894
Milanese
Pietro
1874
Moro
Gedeone
1895
Meggiorini
Monastero
Monastero
Mantovani
Mantovani
Giovanni
1889
Felice
1899
Antonio
1895
Camillo
1896
Giuseppe
1899
Mantovani
Alessandro
1894
Mengatti
Antonio
1880
Motteran
Andrea
1897
Motteran
Domenico
1876
Morello
Luigi
1881
Menini
Roberto
1881
Nalin
Lino
1898
Nalin
Bruno
1900
Ottaviani
Gino
1894
Ottaviani
Augusto
1885
Ottaviani
Piccoli
Giovanni
1884
Prando
Ernesto
1876
Peretta
Angelo
1897
Peruzzolo
Valentino
Passarini
Arturo
1897
Pironato
1884
Papavero
Giovanni
1875
1881
Paganotto
Giovanni
1897
Quaglia
Pietro
1898
Rossi
Marcello
1896
Rossini
Eusebio
1877
Stegagnolo
Rinetti
Giuseppe
1892
Rinetti
Arturo
1898
Ridolfi
Ridolfi
Antonio
1897
Rossin
Augusto
1880
+
Ruffo
Ricoldi
Arnaldo
1900
Santinello
Tiberio
1898
Sorze
Aurelio
1879
Spavieri
Giuseppe
1880
Salgarello
Alfonso
1881
Strabello
Augusto
Turcato
Antonio
1895
Turcato
Angelo
1888
Versobio
Giuseppe
1881
Vesentini
Luigi
1895
Venturi
Antonio
1899
Venturi
Silvio
1889
Zanini
Ernesto
1878
Zambelli
Luigi
1899
Zambelli
Mario
1894
Zampa
Placido
1899
Umberto
1888
Alessandro
1895
Ermenegildo
Francesco
Giovanni
Anselmo
1898
1886
Stella
Alfonso
1892
Taccon
Stefano
1891
Taccon
Scipio
1889
Zanardo
Albino
1893
Zanardo
Silverio
1896
Zanetti
Giulio
1892
Taccon
Ernesto
1897
Taccon
Giovanni
1899
Taccon
Domenico
1894
Tecchiato
Luigi
1894
Turisendo
Mario
1897
Turcato
Claudio
1892
Turcato
Gabriele
1899
- Mcmxv - Gruppo D’onore - Mcmxviii
Ex Combattenti Per La Patria – Comune Di Minerbe
Foto S. Pinazzi
San Marco 5025 Venezia
Natale
1892
+
Pietro
1896
1877
1881
Santinello
Mario
1876
Massimiliano
Giovanni
1896
Giuseppe
1886
Giuseppe
1898
1886
IL SECONDO “QUADRO D’ONORE”
Il Gruppo Alpini di Minerbe conserva in fotocopia un interessante documento visivo relativo alla
prima guerra mondiale: concesso alla scuola per motivi di studio, il quadro d’onore realizzato
dalla ditta fotografica S. Pinazzi di Venezia è riprodotto in questo fascicolo. Anni fa era stato
recapitato agli Alpini dalla famiglia Dal Cero-Ferrari che l’aveva rinvenuto nella casa colonica di
Ca’ del Bosco dove era venuta ad abitare proveniente dalla vicina Cologna. Una portavoce del
Gruppo Alpini riferisce che era su supporto ligneo e precisa che in alto a destra sono raffigurati
combattenti della famiglia Ferrari alla quale apparteneva, come oggi, la proprietà di Ca’ del Bosco.
Curioso il motivo per cui il ritratto di Mussolini non è riconoscibile: l’anziana padrona di casa lo
aveva volontariamente abraso “dalla rabbia”, fatto riscontabile a un attento esame.
Raggruppa duecentoquarantasei foto di giovani uomini di Minerbe e San Zenone nati negli anni
dal 1871 al 1899, vestiti in borghese o da militari. Nel quadro sono riuniti otto nomi di graduati,
trentuno nomi di eroi caduti, undici nomi di invalidi. I rimanenti reduci di guerra sono divisi a
zone, e in ognuna è rispettato l’ordine alfabetico. Intorno agli ovali delle foto è quasi sempre
leggibile il nome e cognome del soldato completi dell’anno di nascita: dati importanti per
rintracciare presso l’Archivio di Stato di Verona i fogli matricolari personali che riassumono le
vicende militari di ciascuno, tra le quali quelle relative alla prima guerra mondiale che hanno
interessato questa ricerca.
In basso a sinistra appare un numero romano che potrebbe indicare la data di composizione e
stampa: il settimo anno dell’era fascista, che corrisponderebbe agli anni 1928 – ’29. Il 28 settembre
’22 infatti, data della marcia su Roma, era il “capodanno” fascista secondo il regime di Mussolini
che nella simbologia richiamava l’antica Roma. Si osserva infatti l’uso della V al posto di U nelle
scritte a carattere stampa maiuscolo.
In alto, a sinistra e a destra, si notano i fasci littori con la scure, simboli del potere nell’antichità
romana. In questo caso la raffigurazione è sormontata dall’elmetto della prima guerra mondiale e
diagonalmente da una spada. L’effigie, circondata da rami d’alloro,
ricorda quindi il potere fascista che a dieci anni dalla vittoria commemora
la guerra che portò all’unità nazionale.
Completano il quadro d’onore cinque visi in posizioni preminenti perché
importanti in quel momento storico. Al centro, in alto, Vittorio Emanuele
III di Savoia. Nel ’29 aveva sessant’anni essendo nato nel 1869, unico
figlio di Umberto II e della Regina Margherita. Il suo lungo regno,
contrassegnato da eventi decisivi per la storia d’Italia, durerà ben
quarantasei anni. Durante la guerra, dichiarata più sulla spinta popolare
che sulla decisione del Parlamento, egli si dimostrò costantemente vicino
alle truppe, visitando il fronte e le retrovie, controllando gli eventi.
Ma le strategie sul campo se le divisero i due generali raffigurati ai suoi
lati. A destra Luigi Cadorna, l’anziano militare destituito dopo la disfatta
di Caporetto. Armando Diaz, alla sinistra del Re, è il generale che firmò il
bollettino della vittoria, trascritto su lapidi in molte piazze e palazzi
municipali italiani.
I ritratti nei tondi in basso sono difficilmente riconoscibili, ma dal
confronto con quadri simili si può desumere che la foto di sinistra sia di
Benito Mussolini, allora capo del governo fascista con poteri dittatoriali.
La foto di destra ritrae Carlo Delcroix, fondatore e presidente dal 1924
dell’Associazione Mutilati e Invalidi di guerra. Era lui stesso grande
invalido: personaggio politico di spicco nonché letterato, ebbe la
medaglia d’argento al valor militare per un tragico incidente in un episodio di eroismo e di
coraggio. Dato che il subalterno si tirò indietro, sminò lui stesso una zona innevata, ma un ordigno
senza sicura gli fu fatale per gli occhi e le mani.
Al centro è raffigurato il monumento ai Caduti di Minerbe. Fu
costruito nel ’22 come simbolo partecipato della popolazione che
contribuì in prima persona istituendo perfino una lotteria, come
testimonia una foto dell’epoca. È un’opera che si distingue tra i
monumenti ai Caduti della zona, per finezza, simbologia e
materiali. Commissionato all’artista padovano Polazzo Terzo,
raffigura il soldato che difende la civiltà, rappresentata dalle due
alte colonne greche, dalla barbarie della guerra. Intorno il
basamento si vede la cancellata in ferro che originariamente
recintava il monumento.
Al centro del quadro fanno da cornice agli eroi caduti due lampade votive che simboleggiano il
fuoco eterno ad onorare la loro memoria.
Anche se tra la maggior parte dei cognomi dei soldati ravvisiamo famiglie minerbesi di oggi, con
qualche difficoltà si è riusciti a rintracciare qualche nome tra gli antenati, tanto meno collegarli alle
giovani generazioni che frequentano la nostra scuola.
Ma per quanto esigui siano i risultati per ora raggiunti, sono comunque significativi nell’ottica
della continuità tra passato e presente.
Luigi Cadorna
Capo di stato maggiore
del regio esercito (1914-1917)
Aramini
Benvenuto
1887
Foscarin
Antonio
1898
Bertelli
Eugenio
1891
Galanti
Luigi
1888
Bertoldi
Luigi
1888
Gironda
Antonio
1879
Cagalli
Giuseppe
1891
Girardi
Bortolo
1889
Antonioli
Giuseppe
1890
Borin
Antonio
1895
Andeetto
Giovanni
1892
Borin
Giovanni
1886
Andeetto
Amedeo
1893
Borin
Giovanni
1883
Arzenton
Pietro
1899
Borin
Antonio
1881
Casalini
Basilio
1897
Guarnieri
Orazio
1897
Casalini
Mario
1891
Guarnieri
Silvano
1899
Casalini
Giuseppe
1894
Guarnieri
Guido
1897
Magosso
Anselmo
1899
Manara
Alessandro
Merlin
Silvio
1898
Rossini
Giuseppe
1885
Cortese
Ilario
1898
Lanzerto
Pietro
1887
Cortese
Giovanni
1891
Marconcini
Cesare
1887
Sperandio
Redenzio
?
Cortese
Giuseppe
1890
Murari
Virgilio
1883
Sperandio
Sperandio
?
Vittorio Emanuele III
re d’Italia
1900-1946
Zanon
Giuseppe
Stivanello
Sante
1886
Giacomelli
Felice
1882
Bigin
Carlo
1898
Bisin
Anselmo
1894
Bisin Alberico
Corso
Giulio
1881
Guarniero
Augustino
Corso
Giovanni
1888
Grigolo
Silvio
1893
Corso
Attilio
18880
Guerra
Guerrino
1899
Corso
Menotti
1884
Girardi
Giovanni
1879
Donatello
Giulio
1891
Granzarollo
Giovanni
1880
Menghini
Giuseppe
1896
Mantovani
Antonio
1884
Marola
Pietro
1887
Modena
Romolo
1899
Mirandola
Vittorio
1876
Motteran
Andrea
1897
Osani
Fernando
1899
Osani
Santo
1897
Perina
Ettore
1882
Paganotto
Gianbattista
1897
Prando
Leone
1888
Pavan
Alberico
1899
Pedrollo
Marcello
Rossini
Augusto
1879
Rizzi
Augusto
1900
Rizzi
Luigi
1897
Rossi
Telesforo
1878
Turcato
Vittorio
1890
Rossi
Tranquillo
Sorze
Aurelio
1879
Vestena
Cesare
1891
Schiavo
Emilio
1881
Vidali
Giuseppe
1890
Vesentini
tiziano
Ambrosi
Antonio
1887
Ambroso
Giovanni
1891
Bau
Fortunato
1884
+
Bau
Marco
Boldrini
Antonio
1887
Balan
Giovanni
1899
Bussola
Giuseppe
1887
Chiochetta
Silvio
1885
Chiochetta
Angelo
Guarinoni
Antonio
1887
Rossini
Antonio
1896
Gironda
Beniamino
1888
Rossini
Beniamino
1899
Girardi
Pietro
1891
Rossini
Augusto
1880
Montolli
Beniamino
1874
Scarmagnan
Giulio
1880
Meneghello
Giulio
1878
Scarmagnan
Antonio
1887
Meneghello
Ernesto
Murari
Pietro
1876
Taccon
Alippio
1889
Seghetto
Giuseppe
1883
Stella
Girolamo
1877
Biondani
1889
Zanon Sante
1886
Perazzolo
Giuseppe
Borin
Rodolfo
1885
Armando Diaz
Capo di stato maggiore
del regio esercito (1917-1919)
Ministro della guerra(1922-1924)
Muschi
Giovanni
1876
Salgarello
Italo
1879
Coppiello
Giuseppe
1887
+
Bellinato
Alfonso
+
Bornuzzi
Antonio
1891
+
Menegazzi
Ettore
1879
+
Pavan
Gaetano
1889
+
Borotto
Ernesto
1892
+
Motteran
Giuseppe
1898
+
Bonfante
Carlo
1894
+
Menegolo
Giulio
1895
+
Bero Pietro
1893
+
Menin
Roberto
1881
+
Santinello
Luigi
1896
+
Lorenzetti
Giovanni
1890
+
Mirandola
Umberto
1883
+
Senno
Ottavio
1897
+
Ambrosi
Angelo
1894
+
Bortolo
Antonio
1892
+
Bau
Francesco
1884
+
Cortese
Antonio
1893
+
Chiochetta
Luigi
1880
+
Cortese
Luigi
1895
+
Murari
Giacinto
1881
+
Ronchini
Luigi
1889
+
Taccon
Giuseppe
1892
+
Taccon
Antonio
1885
+
Zanon
Silvio
1898
+
Zanon
Antonio
1898
+
Zanardo
Albino
1897
+
Zamperioli
Emilio
1897
Carrara
Cesare
1896
Benito Mussolini
Presidente del Consiglio dei
Ministri del Regno d’Italia
(1922-1943)
Catan
Emilio
Invalido
Marsotto
Giuseppe
1894
Invalido
Carrara
Giuseppe
Mutilato
Ruffo
Giuseppe
Invalido
Franceschetti
Ettore
Invalido
Piccoli
Giovanni
Invalido
Dani
Giuseppe
1895
Melotto
Giovanni
1897
Lunardi
Giovanni
Invalido
Rossini
Albino
Invalido
Merlin
Gaetano
Invalido
Rossi
Marcello
Invalido
Fante
Andrea
1894
Molon
Augusto
1874
Ferrari
Guerrino
1899
Precivalle
Vittorio
1887
Ferrari
Arsenio
18..?
Ronchini
Silvestro
1870
Ferrari
Eugenio
1896
Ruffo
Antonio
1884
Bertelli
Alfonso
1876
Cavaliere
Giovanni
1898
Bertelli
Giuseppe
1879
Boaretto
Antonio
1900
Colato
Luigi
1896
Colato
Giuseppe
1893
Franceschet
ti
Silvio
Menegolo
Luigi
1889
Galvan
Giovanni
1899
Galantin
Mario
1891
Manfredini
Enrico
1889
Mingon
Carlo
1896
Merlin
Domenico
1881
Merlin
Riccardo
1897
Merlin
Pietro
1894
Coppiello
Francesco
1879
Castiglioni
Rodolfo
1889
Castiglioni
Silvio
1886
Carmelli
Bernardo
1883
Deganello
Giobatta
Franco
Lodovico
1896
Lanzerotto
Arturo
1891
Franco
Giovanni
1889
Lorenzetti
Albino
1896
Fin
Giuseppe
1897
Lorenzetti
Leonello
Marcolong
o
Marino
1899
Perazzolo
Gaetano
Milanese
Leone
1898
Merlin
Pietro
1881
Balan
Augusto
1894
Cadore
Ermenegi
ldo
1893
Finiletti
Arcadio
1891
Menegol
o
Emilio
1889
Merlin
Angelo
1898
Perazzolo
Antonio
1888
Piccoli
Arturo
1896
Pesenti
Ernesto
1887
Quinzan
Augusto
1897
Rizon
Lorenzo
1897
Rinetti
Giuseppe
1892
Stefani
Giovanni
1897
Zucari
Alessandr
o
Santinello
Tiberio
1895
Zulin
Marco
1891
Trentin
Virgilio
1886
Zanetti
Giulio
1892
Tavian
Cesare
1892
Tobaldini
Giuseppe
1896
Tadiello
Ambroso
Giuseppe
1894
Borolo
Giuseppe
?
Fante
Giulio
1899
Girardi
Graziano
1878
Rossini
Francesco
1899
Rossini
Giovanni
1894
Lovelli
Giuseppe
1895
Marcolongo
Giovanni
1878
Pasi
Mosè
1884
Sganzerla
Pietro
1891
Vico
Bernardo
1894
Carrara
Giuseppe
1893
?
Cagalli
Gaetano
1893
Magorso
Ulisse
1894
Zerbinati
Enrico
1892
Carrara
Ubaldo
Bonfante
Augusto
1897
+
Bonazzo
Angelo
1881
+
Langoro
Giovanni
1895
+
Polli
Giuseppe
1894
Corso
Luigi
1886
Natalini
Andrea
1879
Vicentini
Valente
1893
Carlo Delcroix
I896-1977
Presidente ANMIG
(Associazione Nazionale
Invalidi e Mutilati di
Guerra)
Stefani
Umberto
1895
Vivaldi
Giuseppe
1886
Carrara
Pietro
1890
Crivellaro
Cipriano
Cortese
Giovanni
1882
Frarini
Gedeone
1894
Faella
Antonio
1877
Murari
Augusto
1883
Tartani
Giuseppe
1896
Melotto
Ettore
1885
Vicentini
Luigi
1881
Pironato
Vittorio
1891
Vesentini
Luigi
1895
Precivale
Giovanni
1879
Vicentini
Pacifico
1874
Rossato
Augusto
1888
Vicentini
Malgarito
1881
Zanardi
Silverio
1896
Guglielmo
1884
STORIE DI SOLDATI
GASPARELLO SILVIO
Gasparello Ambrogio
Martinelli Teresa
I
Gasparello Silvio 1890 - 1936
Ambrosi Vittoria 1888 -…
I
________________________________________
I
I
I
Maria 1921
Gabriella 1923
Gaetano 1928
Il Signor Gaetano abita in via Roma e il suo negozio di alimentari riforniva fino a pochi anni fa la
parte ovest del paese. Appassionato di storia, conserva con cura e orgoglio documenti storici del
padre Silvio inerenti la prima guerra mondiale. I ricordi invece sono molto sfumati dato che il
genitore è mancato prematuramente, quando lui aveva solo otto anni, per una malattia oggi
perfettamente curabile dagli antibiotici. Rammenta solo che ai quei tempi i metodi educativi dei
suoi genitori erano decisi e del tutto condivisi.
Ricorda che i Gasparello erano tre fratelli originari dal vicentino. Trasferitosi a Minerbe
probabilmente nel dopoguerra, il padre aveva gestito il negozio cooperativa a San Zenone come
dipendente. Poi, con l’aiuto economico di un prozio sacerdote, aveva costruito la casa in via Roma
dove ancora abita il figlio Gaetano che ne ha proseguito l’attività, dopo che anche la mamma
Vittoria, rimasta vedova molto giovane con tre figli da crescere, si era data da fare nello stesso
settore, nonostante i problemi di vario genere. Le difficoltà non le avevano impedito di dare al
figlio maschio prospettive migliori facendogli frequentare le Medie al collegio Salesiano di Este.
Gaetano frequentò poi l’Istituto per geometri di Este requisito dal comando tedesco negli anni
della seconda guerra mondiale. Passato al prestigioso Istituto professionale Alessandro Rossi di
Vicenza, non ha condiviso quegli studi e li ha interrotti, anche perché la guerra li rendeva
oltremodo difficili.
Oggi gode di buona salute e incontra, nel suo negozio ricco di ricordi, solo acquirenti di sigarette e
di valori bollati. Dedica molte attenzioni all’unica sorella che gli è rimasta, ospite della locale Casa
di riposo.
I documenti di Silvio, soldato della prima guerra mondiale, sono interessanti ed esaurienti, ma il
foglio matricolare ci manca.
Le ricerche presso gli Archivi di Stato di Verona e Vicenza fino ad ora hanno dato esiti negativi,
anche se i dati sono precisi e avvalorati da documenti originali.
Tra i ricordi di Silvio possiamo vedere una bella foto-cartolina di un militare graduato con saluti e
ringraziamenti. Il nome è difficilmente leggibile. È indirizzata al soldato Gasparello presso il
Centro San Tommaso di Legnago; nel timbro postale è leggibile la provenienza, Vigevano-Pavia.
La data risulta 23 – 3- ‘14; probabilmente è relativa al servizio militare prestato già prima della
guerra.
Un altro documento interessante custodito da Gaetano si riferisce al conferimento di un attestato
relativo alle “fatiche di guerra” emesso nell’estate del ’16 quando il conflitto era in corso da più di
un anno. Il documento racconta dati precisi: il numero di matricola di Silvio e l’arma di
appartenenza.
Il soldato Gasparello Silvio
classe 1890 Matricola 358
del 20° Reggimento Artiglieria da Campagna
è autorizzato a fregiarsi del distintivo istituito
col R. Decreto 21 maggio 1916, N. 644
Padova 6 aprile 1917
Il Colonnello del deposito
La rete Internet permette di visualizzare il
distintivo che la famiglia non ha conservato.
Era un nastrino di seta largo circa quattro
centimetri formato da righe verticali nei colori
della bandiera nazionale alternati, da apporre
sulla giacca.
Nel 1916 il Governo ritenne di riconoscere in questo modo l’operato dei soldati al fronte. Ne
avevano diritto i militari che erano stati in guerra per almeno un anno nelle Alpi Carniche o della
Venezia. È probabile quindi che il soldato Silvio fosse pervenuto nelle zone di guerra fin dal suo
inizio.
Silvio Gasparello ha partecipato per tempi lunghi alla prima guerra mondiale: lo raccontano i suoi
documenti. Infatti il figlio conserva un quadro di grandi dimensioni, dalla cornice di legno e gesso,
che contiene le medaglie che sostituiranno il distintivo e concluderanno la guerra.
Gli anni hanno deteriorato la carta che in alcuni punti è vagamente leggibile, ma la rete Internet
anche in questo caso aiuta mostrando documenti del tutto simili.
Il documento, prima del cedimento della carta, era corredato dalle due medaglie appuntate in alto
a sinistra e a destra. Leggiamo, all’interno di una interessante iconografia rappresentativa dello
stile di quegli anni, che il Ministro della guerra decreta il
caporale Silvio Gasparello autorizzato a fregiarsi della
medaglia “coniata con il bronzo nemico”.
Così infatti venne chiamata la medaglia commemorativa
della grande guerra, istituita nel ’20 e visibile nel quadro in
alto a sinistra, corredata dal nastro a sottili righe verdi,
bianche e rosse. Identici erano i nastri delle medaglie
commemorative delle guerre risorgimentali, per
evidenziare che la guerra ’15 – ’18 ha completato l’unità
della nazione. Nel fronte vediamo coniata la testa del Re
Medaglia
Vittorio Emanuele III, volto a sinistra, che indossa l’elmetto
commemorativa della
militare il cui uso diventò necessario durante la prima
guerra ’15-‘18
guerra mondiale.
Conserva una medaglia identica la famiglia Motteran in ricordo di Andrea Silvio. È così leggibile il
retro che raffigura, posata su piedistallo formato da scudi sorretti da soldati italiani, una Vittoria
alata contornata da una frase: “coniata nel bronzo nemico”. Usando il metallo derivato dalla
fusione delle armi pesanti sottratte al nemico se ne evidenziava la supremazia militare e si
affermava la vittoria.
La medaglia che era appuntata a destra, con il nastro con i colori dell’arcobaleno replicati
simmetricamente, è la Medaglia interalleata della Vittoria. Nel primo
dopoguerra era stata proposta una medaglia commemorativa unica, da
conferire a tutti i combattenti delle Nazioni alleate. Ogni Paese invece creò una
propria medaglia pur rispettando direttive comuni.
Dal rovescio il bronzo di quella italiana rappresenta una Vittoria alata con una
fiaccola nella destra; ai suoi piedi due coppie di leoni. La possiamo ammirare
perché un alunno di quinta ci presta qui la stessa medaglia ricevuta da un suo
antenato.
Dal diritto possiamo ammirare un tripode centrale dal quale si levano in volo,
da parti opposte, due colombe portanti nel becco un ramoscello d’olivo. Intorno
in alto la dicitura “grande guerra per la civiltà”; in basso la scritta “ai
combattenti delle nazioni alleate e associate”. Ai lati del tripode in numeri
romani le date 1914-1918. Era riservata a chi, come Silvio, aveva già ricevuto il Medaglia interalleata
della Vittoria: il
distintivo delle fatiche di guerra e comunque a chi aveva partecipato alla guerra
rovescio
per almeno quattro mesi.
Licenza di porto d’armi
Medaglia interalleata della Vittoria: il dritto
La coppia di Silvio e Vittoria nel dopoguerra ebbe tre figli, ma non ebbe lunga vita insieme, come
raccontano anche i documenti. Nel 1929, VII anno dell’era fascista, Silvio Gasparello ebbe dalla
Questura un “libretto personale per licenza di porto d’armi” dove possiamo rilevare con certezza i
suoi dati anagrafici. Probabilmente era cacciatore se nel
’32, X anno dell’era fascista, venne autorizzato a
portare un fucile “anche per uso di caccia.” Nel ’40
però, la stazione dei carabinieri reali di Minerbe ratifica
che è la moglie Vittoria a denunciare il possesso di “un
fucile a due canne a retrocarica”. Certamente non ha
voluto disfarsi, da vedova, del bene di famiglia che le
ricordava il marito che oggi, attraverso i suoi
documenti conservati con cura dal figlio Gaetano,
racconta esperienze di vita in cui la guerra ha avuto
importanza significativa.
Vittoria e Silvio Gasparello
MOTTERAN ANDREA SILVIO
Motteran Andrea
Tacconi Angela
I
Giovanni 1860 …
Giovanni Motteran
Zuccari Maria 1862 ….
I
___________________________________________________________
I
I
I
I
I
Virgilio 1883
Virginia
Linda
Carmela
Andrea Silvio 1897- 1917
Lasferza Felicita
I
_________________________________________________
I
I
I
I
Vittorio ’09-‘98
Maria Pace Alfonsa Silvia
Giuseppina
Palma Angela’12-‘02
I
_______________________
I
I
I
Oliva Giovanni
Ivo
Maria Bellon
I
______________
I
I
Alberto
Elisabetta (Ex Alunni)
Zuccari Maria
La famiglia Motteran risiede da alcune generazioni in via Casteldivento dove pratica l’agricoltura,
ma il capostipite Andrea era invece artigiano del ferro battuto. Di lui gli eredi conservano
pregevoli e minuziosi disegni di inferriate: la vena artistica, espressa oggi nello scultore del legno
Giovanni, era presente già nelle generazioni ottocentesche.
Il soldato Andrea, ultimogenito tra i figli di Giovanni, che riportava il nome del nonno, non ha
fatto in tempo ad esprimersi perché ha concluso anzitempo la sua esistenza nel dicembre del 1917
quando, dopo la disfatta di Caporetto di qualche mese precedente, l’esercito italiano al comando
del generale Diaz era messo alla prova per fermare gli Austriaci che minacciavano di invadere la
pianura.
Il suo nome è riportato nel monumento ai Caduti in Piazza 4 novembre, ma occorre completarlo
col nome Silvio. Con questo solo nome è registrato nelle lapidi ai Caduti in Chiesa. Infatti Don
Sante Gaiardoni annota nel registro dei morti a dicembre del ’17 il miles Silvius di Joannis.
Foto di famiglia: Il fratello di Andrea, Virgilio, con la sua famiglia e
la mamma che ha in grembo la foto del marito Giovanni. A destra
la mamma di Andrea, Maria, intorno agli anni venti.
La famiglia inoltre osserva che una nipote si chiamerà Silvia in sua memoria; con il nome Silvio i
parenti lo ricorderanno nella tomba di famiglia. Il foglio matricolare che lo identifica con la
matricola 41492 riporta il nome completo: Andrea Silvio.
In questo documento i dati personali lo descrivono un giovane di media statura; i capelli castani e
lisci e il colorito bruno fanno risaltare gli occhi grigi e la dentatura sana. Domina la letto-scrittura e
si dichiara di professione macellaio. Essendo nato nel 1893 è soldato di leva già nei primi mesi del
1913 e nel settembre dello stesso anno risulta nel 93° Reggimento Fanteria dove pochi mesi dopo
diventerà caporale, quindi caporal maggiore. Il 24 maggio la dichiarazione di guerra lo coglierà
soldato ed inviato in territorio in stato di guerra. Dall’inizio del 1916 è trattenuto alle armi nel
Regio Esercito per mobilitazione.
Il giovane si farà onore e nell’ottobre del ’16 viene promosso Sergente. L’ultima data che lo
riguarda è l’aprile del ’17 quando viene registrato nella 93° Compagnia Mitraglieri Fiat. La tragica
annotazione successiva chiude anticipatamente il suo foglio matricolare: morto in combattimento.
La famiglia in verità tramanda il dato che fosse stato colpito da armi nemiche in un momento di
riposo sul Monte Grappa, anzi che fosse in procinto di rientrare in famiglia. Senz’altro per una
semplice licenza: il regio Esercito nel dicembre del ’17 aveva più che mai bisogno di soldati dato
che la situazione era particolarmente impegnativa.
Papà Giovanni e mamma Vittoria “addolorati” fecero
incidere sulla sua pietra tombale le parole: Stan qui
rinchiuse le spoglie gloriose del sergente Motteran Silvio
colpito dal piombo nemico sul fatidico Grappa il 19
dicembre del 1917. Come si legge sulla stampiglia, la
ditta fotografica di Legnago Michele Viali-Premiato
Studio Fotografico ebbe l’incarico dalla famiglia di
immortalarlo vestito da soldato su un supporto di
cartone rigido di ampie dimensioni.
Nonostante gli anni il quadro è ancora in ottimo
stato, ma ha perso la cornice
Pietra tombale nel cimitero di Minerbe
che, secondo la moda
del tempo, era di legno e gesso. Lo sguardo del soldato è severo e maturo
anche se aveva solo 24 anni; si può teneramente osservare come
assomigliasse un po’ alla mamma fotografata in un documento d’identità
nel 1925.
L’orologio da taschino di Silvio
La famiglia Motteran custodisce con cura il suo orologio da taschino rovinato dall’evento bellico,
inoltre un interessante libretto tascabile: il ruolino militare, con lo stemma dei Savoia, compilato di
suo pugno, probabilmente per le funzioni di graduato che ricopriva nell’esercito.
Sono elencati un’ottantina di nomi di militari quasi sempre completi di numero di matricola,
distretto di provenienza, classe di leva e professione. La maggior parte è nata nell’ultimo decennio
del secolo.
Le professioni dipingono la media società del tempo: molti sono i contadini, ma ci sono anche
muratori, barbieri, falegnami, panettieri.
Parecchi sono i carrettieri ed è presente anche qualche ferroviere in un periodo storico in cui il
trasporto su veicolo a motore era ancora lontano e quello su binari si affermava nella penisola
collegando efficacemente le città. Nell’ultima pagina, tra le memorie varie, ancora una quindicina
di nomi e cognomi di uomini scritti in matita, ma ben leggibili, più l’ indirizzo completo di Roberto
Ruggeri, un trevigiano. I distretti del territorio italiano, che indicavano le provenienze dei soldati,
sono quanto mai vari, a raccontare come la grande guerra sia stata la prima esperienza comune per
gli italiani unificati in un’unica nazione da pochi decenni.
Sembra nuova la medaglia conservata dalla famiglia Motteran e di certo conferita al soldato
Andrea Silvio alla memoria, dato che si tratta della medaglia commemorativa della guerra ’15 -’18
istituita nel ’20.
Fronte
Retro
I fratelli Oliva, Giovanni e Ivo Motteran, riunendo le memorie di Andrea Silvio, hanno ricordato
commossi il sacrificio del loro congiunto.
MOTTERAN ANDREA
Motteran Angelo
Saggioro Maddalena
I
Andrea 1897 - ……
Chissà se si sono conosciuti: quasi omonimi, uniti dalla medesima esperienza della guerra, erano
nati ambedue a Minerbe a pochi anni di distanza. Chi ricerca ha dovuto prestare attenzione a non
fare grossolani scambi di persona.
Il combattente Motteran Andrea, nato nel 1987, figlio di Angelo e Saggioro Maddalena, è
rappresentato in ambedue i “Quadri d’onore” presenti in questa ricerca/fascicolo.
Il suo foglio matricolare racconta che, a differenza di Andrea Silvio, è stato regolarmente
congedato nel ’20 con la paga di 150 lire più 80 pel pacco vestiario. Scorrendo i dati personali si
deduce che era un po’ più alto di Andrea Silvio, roseo di colorito, occhi castani come i capelli lisci.
Sapeva leggere e scrivere e faceva il carrettiere.
Giunse al fronte a guerra in corso, nel settembre del ’16, quando la spedizione punitiva austriaca e
la serie di battaglie sull’Isonzo registravano numerose perdite di vite umane e pochi risultati
positivi.
La sua esperienza militare, iniziata a 19 anni, si concluse a 23 e comprese l’esperienza della guerra
in vari Reggimenti di Artiglieria Fortezza; nel gennaio del ’18 per mobilitazione sarà nella Batteria
Assedio.
Tra i combattenti il suo ritratto si distingue per il copricapo che completa la divisa militare, e i baffi
importanti che caratterizzano il suo viso giovane. Ci si immagina che, tornato dalla guerra,
Andrea si sia reinserito nella società avviando una famiglia nel Minerbese, ma per ora gli eventuali
suoi discendenti ci sono ignoti.
TAVIAN CESARE, TAVIAN GIUSEPPE
Tavian …….
I
____________________________________
I
I
Matteo Alessio
Angelo
Bertelli Luigia
De Grossoli Santina
I
I
___________________________
_______________________________________
I
I
I
I
I
Tavian Cesare ‘18 - ’68
Ester.. ‘69
Tavian Giuseppe
Angelina…-’82
altre sorelle
Mantoan Enrichetta
1895 - 1919
Cavallaro Gino …-‘89
|
_________________________________
I
I
Angelo 1921
Giovanni 1920 - 1943
Flora Longero
I
_________________
I
I
Giovanni
Luisanna
Giovanna Zabellan
I
Cristina
Salvatore Roscigno
I
________________
I
I
Alessandro
Alessandro
Andrea
( alunno 3^A)
In via Raniera abita la famiglia Tavian che nelle sue generazioni ha dato un contributo significativo
alla Patria. Angelo ha partecipato alla seconda guerra mondiale della quale rimane uno dei
pochissimi testimoni minerbesi.
La nuora, signora Giovanna ci parla della famiglia del marito, anche se conosce solo per sentito
dire le notizie su Cesare, nato nell’ottocento.
Allo scoppio della prima guerra mondiale il giovane aveva ventidue anni e probabilmente doveva
ancora farsi una famiglia dato che i figli nasceranno nel dopoguerra. Il figlio Angelo vedrà la luce
nel vicino paese di Bonavigo, ma pochi mesi dopo la famiglia si trasferì a Minerbe dove risiede
tuttora. Il lavoro di braccianti agricoli impegnò gli uomini e anche le donne della famiglia Tavian,
prima a Corte Comuni di Minerbe, poi presso i proprietari terrieri Bottura di Bonavigo: quando la
meccanizzazione era ancora lontana, i lavori agricoli nella zona erano molti e impegnativi.
Giovanna ricorda le fatiche di quelle donne impegnate a casa e fuori, e di Cesare che aveva
mansioni di responsabilità come capo uomini.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale
ambedue i suoi figli maschi furono mobilitati
per la guerra. Se Angelo, pur parzialmente
invalido, è tornato alla vita da civile facendosi
una famiglia, Giovanni rientrerà dalla guerra
gravemente malato di polmonite, tanto da
morire nel ’43 a soli 23 anni. Sepolto
dapprima nella tomba di famiglia, riposa ora
tra i Caduti per la Patria minerbesi e, in suo
ricordo, il nipote ne riporterà il nome di
battesimo.
Il foglio matricolare di Cesare racconta che,
essendo nato a Bonavigo nel 1892, già nel ’12
Vaso ricordo presso la Tomba ai Caduti
venne chiamato alle armi per istruzione nel
Reggimento Fanteria di Mantova e richiamato all’inizio di maggio del ’15 per costituire le truppe
chi si dislocavano in territorio di guerra all’approssimarsi della dichiarazione del conflitto.
L’attitudine alla responsabilità gli viene attribuita con la promozione a caporale nel ruolo di
zappatore, mansione importante per preparare la zona di guerra scavando trincee e costruendo il
necessario.
Il 24 ottobre del ’17 è data memorabile per l’Italia dato che l’esercito Austro-ungarico a Caporetto,
località oggi slovena, ha la netta prevalenza sulle nostre truppe. Non sappiamo il luogo, ma il
soldato Cesare proprio in questa data viene fatto prigioniero, come ben ricorda il nipote Giovanni.
Verrà rimpatriato più di un anno dopo, nel dicembre del 1918, a guerra conclusa. L’anno dopo
cambia vari Reggimenti per avere il congedo illimitato nell’agosto del ’19.
La stampiglia che dichiara che ha tenuto buona condotta e che ha servito la Patria con fedeltà e
onore chiude le sue due esperienze militari, prima e dopo la guerra. Gli verranno riconosciuti tre
anni di guerra e il foglio matricolare è corredato da due scritte stampate che testimoniano
l’attribuzione di due riconoscimenti di cui la famiglia non ha traccia: la medaglia commemorativa
della guerra, istituita nel ’20, con numero di fascette corrispondenti agli anni di guerra, e la
medaglia interalleata della vittoria con il nastro con i colori dell’arcobaleno.
Le riportiamo provenienti da altre fonti:
Angelo racconta che un suo secondo cugino è morto nella guerra ’15 – ‘18: Giuseppe Tavian, il cui
nome è riportato nel monumento ai Caduti in Piazza 4 novembre. Era quasi coetaneo di Cesare; la
sorella di lui, Angelina, abitava nello stesso nucleo di case poi cedute dai suoi figli, emigrati
all’estero, ai discendenti Tavian del ramo originato da Cesare.
Angelo conferma infatti che Cesare e Giuseppe, che abitavano vicini, erano legati da parentela di
primo grado quali discendenti della stessa famiglia.
In seguito alla partecipazione alla prima guerra mondiale i due cugini ebbero sorti ben diverse.
Giuseppe è sepolto presso la tomba dei Caduti per la patria di Minerbe. Nel registro dei morti Don
Sante Gaiardoni nel marzo del 1919 chiude con il suo nome l’elenco dei miles morti in guerra o per
le gravi conseguenze riportate.
Il foglio matricolare racconta che era un giovane abbastanza alto e magro, con caratteristiche
castane negli occhi e nei capelli lisci. Era bruno d’incarnato e aveva dentatura sana. Sapeva leggere
e scrivere e si dichiarò falegname. Si presentò alle armi già nel ’14 a diciannove anni, ma nel
gennaio del ’15 viene richiamato per istruzione, quindi inserito nella Fanteria.
Allo scoppio del conflitto, il 24 maggio, fu destinato a zone di guerra nelle quali rimase
probabilmente per tutta la sua durata, dato che l’altra data che il suo diario militare registra è
quella della sua morte nell’ospedale da campo n° 332, qualche mese dopo la fine del conflitto,
probabilmente per le conseguenze di ferite o per malattie contratte in quei luoghi che mettevano a
dura prova le forti fibre giovanili dei nostri soldati.
Tomba ai caduti nella nuova
area del Cimitero
Pietra tombale
presso la
primitiva sede
FERRARI EGIDIO
Ferrari Tullio
Soave Giuseppina
I
___________________________________
I
I
I
Egidio 1897-1967
Guerrino 1899- 1981
Maria
Migliorini Ines
Carrara Leone
I
______________________________
I
I
I
I
Tullio
Luigi
Fernanda Eugenia
I
____________
I
I
Alessia
Francesca (ex alunne)
Nel quadro d’onore Egidio occupa la posizione centrale. Vicino a lui sono stati collocati altri
giovani soldati con lo stesso cognome rappresentato a Minerbe da molte famiglie. In questo caso il
rapporto di parentela esiste, dato che Guerrino è il fratello più giovane di Egidio; Eugenio era un
cugino di Santo Stefano ed Emilio uno zio.
Egidio era il più giovane dei quattro soldati, chiamati o trattenuti alle armi per la guerra del ’15’18. Allora, dice il signor Tullio, tutti i giovani sani erano chiamati alle armi; il servizio militare da
obbligatorio è diventato volontario a partire dai nati nel 1986.
Parla del papà Egidio, il Sindaco che ha amministrato Minerbe per sedici anni, il signor Tullio
Ferrari, che riporta il nome proprio del nonno vissuto nell’ottocento. Lo fa gentilmente, rivolto agli
studenti di oggi che sono interessati a conoscere i fatti e le persone della prima guerra mondiale
che hanno portato all’Italia di oggi.
Il foglio matricolare di Egidio è il documento che ci racconta le sue vicende militari, i dati e i
contrassegni. Nato nel vicino paese di San Pietro di Morubio, era un giovane alto e robusto con i
capelli ondulati, castani come gli occhi. Aveva denti sani che risaltavano nel viso dal colorito roseo.
Sapeva leggere e scrivere bene, conosceva anche l’emergente mondo dei motori tanto da dichiarare
la professione di automobilista che sarà determinante per l’esperienza militare, che solitamente
metteva a frutto le abilità personali acquisite.
Ha l’età della leva nel ’16 e subito viene inviato in zone di guerra mentre questa era in pieno
svolgimento e stagnava come logorante guerra di trincea. Pochi giorni dopo è iscritto nell’ottavo
Reggimento Artiglieria da Campagna con “specialità treno”. Il Signor Tullio esaudisce la curiosità
degli studenti spiegando che l’artiglieria raggruppa le armi da fuoco pesanti e che il treno era
usato per cannoni di lunghissima gittata, tanto pesanti da poter muoversi solo su binari.
Jacopo
L’attitudine al comando e a darsi da fare lo vede diventare caporale, quindi sergente. Svolge il suo
ruolo in vari reparti di autoparco che, contrassegnati da numeri, raggruppavano i veicoli a
disposizione dell’esercito. Racconterà in famiglia che il suo compito era far pervenire su camion al
fronte ciò di cui abbisognava la guerra in corso: armi, cibo, altro. Dopo Caporetto trasportò in zone
sicure perfino soldati sbandati che con fatica difenderanno poi la linea del Piave. Era pericoloso,
racconta Tullio, era possibile diventare bersaglio degli Austriaci e con un carico di munizioni le
conseguenze sarebbero state disastrose.
A guerra finita, nel ’20, viene congedato con un’indennità di 330 lire e la dichiarazione di aver
tenuto buona condotta e aver servito la Patria con fedeltà e onore. Nel ’21 la stampiglia nel suo
foglio matricolare lo registra nella forza in congedo degli automobilisti. Avrà il congedo definitivo
nel ’38 perché fino a questa data, spiega il signor Tullio ai ragazzi, poteva essere richiamato alle
armi. Il fratello Guerrino tornò dalla guerra leso all’udito probabilmente in conseguenza dei botti
d’arma da fuoco.
Tullio racconta che nel dopoguerra il padre, con i numerosi fratelli, intraprese l’attività agricola.
Minerbe ricorda il Signor Egidio Ferrari per un ruolo importante legato all’agricoltura: fu
promotore del Consorzio Ortofrutticolo e primo presidente, dal ’56 fino all’anno della morte.
Tullio spiega che in quegli anni si avvertiva presso i locali produttori di frutta la necessità di
mettersi insieme in cooperativa e di vendere direttamente la frutta, conservata nei frigoriferi, nelle
città, dove il crescente benessere richiedeva il consumo delle nostre ottime mele.
Egidio Ferrari, favorendo l’insediamento a Minerbe piuttosto che nei paesi limitrofi della società
ortofrutticola, ha contribuito a determinare lo sviluppo del paese creando possibilità di lavoro
soprattutto femminile.
Nella rete delle relazioni parentali, Tullio Ferrari ci dà testimonianza anche del soldato Carrara
Leone, purtroppo assente dagli elenchi di combattenti per ora a nostra disposizione. Sarà il marito
della zia, la maestra Ferrari Maria che insegnò a Minerbe per molti anni. Chiamato alla guerra,
Leone fu inviato insieme alle truppe di occupazione alleate in Bulgaria. Qui lo colse la terribile
influenza denominata “Spagnola” che fortunatamente gli risparmiò la vita, ma al rientro, con i
commilitoni, venne sottoposto a un periodo di quarantena a Brindisi. Racconta il signor Tullio che
nel clima del dopoguerra quei soldati vennero addirittura dimenticati.
Negli anni cinquanta la coppia sarà una delle più in vista del paese, i tre figli si applicheranno agli
studi con successo.
L’uso dei mezzi a motore
nella prima guerra mondiale
Angelo
Anna
Silvia
GIRONDA BENIAMINO
Giuseppe
Zanarotto Albina
I
_______________________
I
I
Beniamino 1888 – 1953
Sante – Lino e altri nove
Bonfante Carlotta
figli
I
_____________________________________________________________________________
I
I
I
I
I
I
I
Mario ’15 – ‘82 Luigino 20 – ’43 Giuseppina ’18 Rita Luciano ’27 Stefano
M. Teresa ’34
Ferrari Maria
I
______________________________________________________________________________
I
I
I
I
I
I
I
I
I
Annamaria Luigino Giuseppina M. Teresa Beniamino Giovanni Francesco Carlo Silvana
Sonia Rossin
I
______________________
I
I
Jonathan
Nicolas (Ex alunni)
Osservando l’albero genealogico della famiglia, originata dal capostipite Giovanni, si può
osservare come la numerosità dei figli fosse una costante in più di una generazione, caratteristica
abbastanza comune nella società del passato. Dei componenti nati nell’800 citiamo Sante quale
padre di Lino, uno degli ultimi testimoni minerbesi della seconda guerra mondiale già conosciuto
per le ricerche scolastiche di genere storico legate al 150° dell’Unità d’Italia.
Sia la famiglia di Beniamino che quella del fratello Sante era permeata di spirito religioso: sono tre
le cugine diventate suore nell’Ordine delle Sorelle della Misericordia di cui una piccola Comunità
era presente nell’Asilo Infantile di San Zenone fin dall’anno 1944. Oggi Maria Teresa, col nome di
Suor Pia Beniamina, opera a Crotone, in Calabria: è la figlia minore di Beniamino il cui nome,
inciso nel ‘43, come quello del fratello Sante, nella lapide che comprende i benefattori dell’asilo di
San Zenone, racconta la prodigalità e la stima verso la struttura religiosa del paese.
Famiglie dunque dai solidi principi che si sono espressi anche nella considerazione e nel rispetto
delle generazioni precedenti rinnovandone i nomi. Anche Beniamino, che vive a san Zenone in via
San Feliciano con la famiglia, riporta il nome del nonno nato alla fine dell’800.
Conserva gelosamente alcune foto di famiglia, tra cui il nonno
Beniamino giovane soldato, impeccabile nel ritratto fotografico. È
l’unico documento relativo alla guerra, della quale gli vennero
riconosciuti tre anni, dal ’16 al ’18.
Era originario della vicina Pressana, piuttosto basso di statura e
robusto. I lineamenti armoniosi che tramanderà ai discendenti
risaltavano per i folti capelli neri, occhi castani e incarnato roseo. Il
foglio matricolare rileva inoltre che sapeva leggere e scrivere e che
faceva l’agricoltore, attività che proseguirà dopo la guerra in una
piccola azienda a San Zenone, mentre successivamente alcuni dei
suoi figli si impiegheranno nelle fabbriche locali.
Il nipote Beniamino ricorda che, dopo aver abitato nella grande
casa oggi in via di ristrutturazione nel quartiere Ballarotto, con
carro e cavallo, la famiglia del nonno, da lì, trasferì vecchi mattoni,
recuperati da annessi rustici demoliti, per costruire le due case,
simili e vicine, di via San Feliciano, dove si stabiliranno i due
fratelli con le rispettive famiglie.
Il suo documento racconta che entra nell’Esercito Regio come
Il soldato Gironda Beniamino
fante e nell’estate del ’16 è in territorio di guerra dal quale si
assenta qualche mese per malattia. Veniamo a conoscere che l’industria Italiana Fiat era la ditta che
allora forniva armi da guerra come mitragliatrici, nel cui Centro di mobilitazione venne registrato
nell’estate del ’17. Passato giusto un anno, a qualche mese dalla fine della guerra, Beniamino venne
fatto prigioniero dagli Austro-Ungarici e rimpatriato dopo il conflitto. La stampiglie successive
dichiarano la sua buona condotta, la fedeltà e l’onore nel servizio alla Patria. Congedo assoluto e
ripristino nella posizione di congedo illimitato si succedono e poi concludono definitivamente le
sue esperienze militari.
Il confronto con i documenti rivela che prima della guerra aveva famiglia con il primo figlio già
nato. Il nipote Beniamino racconta che, basso di statura, Beniamino scelse saggiamente Carlotta,
che in foto per fare bella figura col marito sceglieva la posizione da seduta.
Alla coppia la Patria chiese ancora molto: il loro secondo figlio Luigino risulterà tra i dispersi della
seconda guerra mondiale; il suo nome è ricordato nel
monumento ai Caduti.
Anche la sorte della prigionia di Beniamino fu senz’altro
sofferta, come del resto quella dei soldati austro-ungarici in
territorio italiano. Si ha memoria di soldati stranieri
prigionieri nella zona di Villabartolomea che barattavano quel
che avevano per avere di che sopravvivere. I prigionieri di
guerra erano allora tutelati dalla Convenzione di Ginevra
della Croce Rossa internazionale, ma se erano in cattive
condizioni i soldati al fronte che decidevano le sorti degli
Stati, si può ben immaginare come stavano i prigionieri nei
rispettivi territori nemici. I dati contano 600.000 prigionieri
italiani di cui un buon numero non è sopravvissuto.
Beniamino, la moglie Carlotta, il figlio
Mario
Il signor Beniamino, che si dedica a lavori nell’edilizia, è felice di essere l’anello di congiunzione
tra la generazione dei padri, oggi ancora rappresentata dalle due zie Rita e Suor Pia Beniamina, e
quella dei suoi figli, ai quali intende tramandare i valori di famiglia, tra cui lo spirito civico.
La famiglia di Beniamino con i figli ; il terzo da sinistra è Luigino, disperso in guerra
nella seconda guerra mondiale.
Seconda parte
IL LAVORO DI RICERCA E DI RIFLESSIONE DEGLI ALUNNI
Scuola primaria
Classi I A/B
Scuola
primaria
di Minerbe
CANTI, POESIE DELLA GRANDE GUERRA
INTRODUZIONE
Il 4 novembre è un giorno molto importante per la storia del nostro Paese: si celebra non solo la
data dell’armistizio che nel 1918 pose fine alla guerra tra Italia e Austria-Ungheria, ma anche il
valore della pace e il grande sacrificio di tutti coloro che hanno eroicamente offerto la loro vita per
la libertà della Patria e degli italiani. Anche la musica e il canto hanno senza dubbio contribuito ad
infondere nei nostri soldati quel coraggio e quella forza che li ha aiutati ad essere dei piccoli grandi
eroi, ai quali ogni anno vecchie e nuove generazioni doverosamente porgono con sentita
gratitudine riconoscenza ed onore.
Noi alunni di cl. 5^ abbiamo imparato e poi analizzato il significato storico e umano di alcune
canzoni patriottiche, delle quali proponiamo di seguito il testo, seguito dal nostro commento.
LA LEGGENDA DEL PIAVE
1. STROFA:
Il Piave mormorava calmo e placido al
passaggio
Dei primi fanti il ventiquattro maggio:
l’Esercito marciava per raggiunger la
frontiera,
per far contro il nemico una barriera.
Muti passaron quella notte i fanti;
tacere bisognava e andare avanti.
S’udiva intanto dalle amate sponde
Sommesso e lieve il tripudiar de l’onde:
era un passaggio dolce e lusinghiero.
Il Piave mormorò: “NON PASSA LO
STRANIERO”.
3. STROFA:
E ritornò il nemico, per l’orgoglio e per la
fame
Volea sfogar tutte le sue brame.
Vedeva il piano aprico di lassù: voleva
ancora
Sfamarsi e tripudiare come allor…
“NO” disse il Piave, “NO” dissero i fanti,
“mai più il nemico faccia un passo avanti”
Si vide il Piave rigonfiar le sponde!
E come i fanti combattevan l’onde.
Rosso del sangue del nemico altero,
Il Piave comandò: “INDIETRO VA’
STRANIERO!”
2. STROFA:
Ma in una notte triste si parlò di
tradimento,
e il Piave udiva l’ira e lo sgomento.
Ahi, quanta gente ha visto venir giù,
lasciare il tetto,
per l’onta consumata a Caporetto!
Profughi ovunque! Dai lontani monti
Venivan a gremir tutti i suoi ponti.
S’udiva allor dalle violate sponde
Sommesso e triste il mormorio de l’onde:
come un singhiozzo in quell’affanno
nero.
Il Piave mormorò: “RITORNA LO
STRANIERO”.
4. STROFA:
E indietreggiò il nemico fino a Trieste, fino
a Trento
E la Vittoria sciolse le ali al vento.
Fu sacro il patto antico: tra le schiere furon
visti
Risorgere Oberdan, Sauro e Battisti.
Infranse alfin l’italico valore
Le forche e l’armi dell’impiccatore.
Sicure l’Alpi… libere le sponde
E tacque il Piave: si placaron l’onde.
Sul patrio suol, vinti i torvi imperi,
la pace non trovò NE’ OPPRESSI, NE’
STRANIERI.
E.A. Mario (pseudonimo di Giovanni
Ermete Gaeta)
COMMENTO ALLA LEGGENDA DEL PIAVE
Noi ragazzi di quinta, in occasione della
ricorrenza del 4 novembre, abbiamo imparato la
canzone: LA LEGGENDA DEL PIAVE… Essa
racchiude la storia della grande guerra iniziata il
24 maggio 1915 che vide la fanteria italiana
oltrepassare il PIAVE per raggiungere la frontiera
e difenderla valorosamente dall’aggressione del
nemico. Anche il fiume sembrò partecipare all’
evento con il tripudio delle sue onde.
Dopo due anni di vittorie, il nostro esercito
conobbe la sconfitta nella disastrosa disfatta di
CAPORETTO. I nostri soldati arretrarono fino
alla linea difensiva del PIAVE; le sue onde
diventarono così tristi che il loro mormorio
sembrava un singhiozzo di dolore.
Andrea R.
Greta C.
Ma i nostri valorosi soldati non
persero il loro coraggio e la volontà di
rivincita. Anche il PIAVE sembrò
ritrovare la forza per aiutarli, a tal
punto che rigonfiò le onde ed assalì
l’esercito avversario. Lentamente le
sue acque si colorarono del rosso
sangue del nemico.
Patryk G.
Nell’ottobre del 1918 iniziò la ritirata
delle truppe tedesche. Solo allora si
placarono le acque del PIAVE, quando
furono sconfitti gli oppressori e la pace
trovò gli italiani liberi dalle ALPI al
mare.
Marco G.
ADDIO DEL VOLONTARIO
Addio mia bella addio
e l’armata se ne va
e se non partissi anch’io
sarebbe una viltà,
e se non partissi anch’io
sarebbe una viltà.
Il sacco è preparato
e sull’omero mi sta,
sono un uomo e son soldato
viva la libertà
sono un uomo e son soldato
viva la libertà.
La spada, le pistole
e lo schioppo l’ho con me,
all’apparir del sole
io partirò da te,
all’apparir del sole
io partirò da te.
Ma non ti lascio sola,
ti resta un figlio ancor,
sarà quel che ti consola
nell’ora del dolor
sarà quel che ti consola
nell’ora del dolor.
Lara S.
Addio mia bella addio
e l’armata se ne va
e se non partissi anch’io
sarebbe una viltà,
e se non partissi anch’io
sarebbe una viltà.
“Questo canto, anche se appartenente al repertorio risorgimentale, mette in risalto il
coraggio di tutti quegli uomini che volontariamente, in caso di guerra, si sentono in
dovere di lasciare tutto per difendere e liberare la terra in cui vivono, la loro amata Patria”.
POESIE
UN SOGNO POSSIBILE
Bambini liberi
come uccelli in volo.
NON SPARATE SUI BAMBINI!
Bambini piccoli, ma forti
come alberi in crescita.
NON TAGLIATELI!
Bambini allegri
come farfalle sui fiori.
NON IMPRIGIONATELI!
Bambini spensierati
come un’allegra festa.
NON SPEGNETE I LORO SORRISI!
Bambini affettuosi
come le coccole in famiglia.
NON STRAPPATEGLI
I LORO GENITORI!
Bambini fiduciosi
nei loro sogni possibili.
NON DELUDETE
I LORO SOGNI DI PACE!
Dall’alto disegni di:
Nicole B . Chiara S.
Erika S.
GIROTONDO
Se verrà la guerra,
sul mare e sulla terra,
chi ci salverà?
Ci salverà il soldato
che non la vorrà.
ci salverà il soldato
che la guerra rifiuterà.
L’aeroplano vola,
se getterà la bomba
chi ci salverà?
Ci salva l’aviatore che non lo
farà,
ci salva l’aviatore
che la bomba non getterà.
Ma la guerra è dappertutto,
la terra è tutta in lutto,
chi la consolerà?
Ci penseranno gli uomini,
le bestie e i fiori,
i boschi e le stagioni
con i mille colori.
STORIA DI UN SOLDATO: PIETRO MAISTRELLO
A scuola, parlando della vita dei soldati della prima guerra mondiale, abbiamo avuto l’opportunità
di conoscere da vicino l’esperienza di guerra vissuta dal soldato Maistrello Pietro, classe 1893,
bisnonno del nostro compagno Marco Graziani. Dall’analisi dei documenti e dalle testimonianze
di altri suoi famigliari sappiamo che ha partecipato alle vicissitudini della prima guerra mondiale e
nel 1916, mentre si trovava sul fronte carsico, ha dato prova di grande coraggio e valore
compiendo un’azione eroica che gli fece meritare la medaglia d’argento. Ricostruiamo la sua storia
di soldato partendo dal foglio matricolare:
16 sett. 1913: chiamato alle armi nel 5°
Reggimento Fanteria.
16 luglio 1914: trombettiere di fanteria.
5 gen. 1915: si trova a Castrovillari
nelle unità di milizia mobile.
8 giugno 1915: giunto in zona di
guerra.
15 luglio 1915: Caporale Maggiore
trombettiere.
21 Agosto 1916: nominato Sergente.
1°aprile 1918: nominato Sergente
Maggiore .
5 settembre 1919: in congedo illimitato.
NOTA: Decorato di medaglia
d’argento al valor militare il 10
maggio 1917.
Foglio matricolare (Archivio di Stato di Vicenza)
LA MEDAGLIA D’ARGENTO AL VALOR MILITARE
A Nova Villa, oggi cittadina slovena chiamata Nova Vis, è il 1° novembre 1916; mentre infuria la
battaglia, il caporale Pietro esce dall’appostamento con grande coraggio e guida, tra le raffiche del
fuoco nemico, il suo plotone all’assalto della trincea nemica, riuscendo così a far prigionieri 50
soldati tedeschi. Per questa dimostrazione di grande coraggio ed amor di Patria viene decorato
con la medaglia d’argento al valor militare:
Attestato conferito dal MINISTERO DELLA GUERRA
Nello specifico del documento si può leggere quanto segue
“Primo a balzar fuori dall’appostamento, con mirabile slancio ed incurante delle
raffiche di fuoco con le quali il nemico tentava frenare l’impeto dell’assalto,
conduceva il suo plotone alla conquista della trincea nemica, catturandone i 50
difensori”.
Nova Villa, 1° novembre 1916
Guardando un successivo documento del REGIO ESERCITO ITALIANO abbiamo scoperto che gli
fu assegnata anche la prestigiosa “CROCE AL MERITO DI GUERRA” nel marzo 1919:
Attestato militare del Regio Esercito Italiano che gli conferisce la
“Croce al Merito di Guerra” nell’ottobre 1919.
ALTRI RICONOSCIMENTI
Il sig. Pietro Maistrello ha ricevuto, come tanti altri soldati, altri riconoscimenti negli anni
successivi alla guerra.
Nella foto scattata al suo medagliere si possono vedere partendo da sinistra:
 La Croce dell’ “ORDINE DI VITORIO VENETO”.
(La croce dell'Ordine è fatta di bronzo nero, con quattro braccia uguali appuntite e abbellite da
corone di ghirlande d'alloro in rilievo; al centro, una stella circondata dall'iscrizione “ORDINE DI
VITTORIO VENETO”, mentre il rovescio della medaglia è decorato da un elmo).
 La medaglia d’oro del “50° anniversario della vittoria 1918 - 1968”.
 La medaglia di bronzo celebrativa del “50° anniversario dell’inizio della
prima guerra mondiale”.
Inoltre ha ottenuto:
 L’orologio e la pergamena dell’Associazione Nazionale Combattenti e
Reduci nel 50° anniversario della vittoriosa conclusione della guerra.
LA FAMIGLIA, TESTIMONE DEL PASSATO
La famiglia, ha gentilmente partecipato alla ricostruzione
della vita e al ricordo del sig. Pietro. Dalle testimonianze
che ci hanno fornito alcuni parenti possiamo dedurre che
essa è stata ricca di avvenimenti e più di una volta legata
alle tristi vicende delle due guerre mondiali. Inoltre ci ha
mostrato un chiaro spaccato della storia più triste d’Italia e
delle problematiche legate alla precarietà della vita
contadina veneta nei primi decenni del ‘900.
Foto del Sig. Maistrello Pietro
all’età di 33 anni, periodo in cui
giunse a Minerbe
TESTIMONIANZA DI UN NIPOTE
Il 16 Aprile 1893 ad Arcugnano in provincia di Vicenza, da Maistrello Gaetano e Gregori Anna è
nato mio nonno Pietro, secondo di 12 figli. La sua è una famiglia contadina e quindi anche lui si
dedica a questa attività fino al 1914, anno in cui parte per il servizio militare in Sicilia.
Nel 1915, allo scoppio della prima guerra mondiale, combatte al fronte sul Carso e nel 1916 viene
decorato con la medaglia d’argento al merito per aver catturato 50 soldati nemici. Alla fine del
conflitto nel 1918, dopo sei anni di servizio prestato, viene congedato con il grado di Sergente
Maggiore di fanteria e tornato a casa riprende il lavoro di contadino.
Dopo alcuni anni conosce e poi sposa mia nonna Amelia Marolin e dalla loro unione nascono 6
figli. Nel Novembre del 1933, insieme ai genitori, ai fratelli e alle relative famiglie si trasferisce a
Minerbe in località Comuni per lavorare tutti insieme in una risaia. Dopo varie vicissitudini nel
1938 la famiglia abbandona la risaia e mio nonno parte per la Germania dove trova lavoro prima
come contadino in Bassa Sassonia, passa poi nell’edilizia e in seguito diventa anche operaio in una
fabbrica di Berlino.
Nell’agosto del 1942, a causa della seconda guerra mondiale in corso scappa da Berlino duramente
colpita dai bombardamenti e torna con mezzi di fortuna in Italia a casa dalla sua famiglia, e
riprende a fare il contadino assieme ai figli ormai grandi. Successivamente verso gli anni ’70 viene
insignito della Croce al Merito e nominato Cavaliere di Vittorio Veneto per aver combattuto nella
Prima Guerra Mondiale.
Alcuni anni più tardi con il frutto del lavoro acquista un piccolo podere che coltiva fino all’età
della pensione. Dopo la pensione si è dedicato alla caccia sua grande passione, e alla coltivazione
di alcune piante di ciliegio e di un piccolo vigneto. Negli ultimi anni della sua vita lo ricordo
seduto davanti alla sua casa, sotto un fico che chiacchiera con la moglie Amelia o con gli amici
fumando il suo sigaro. Mio nonno se ne è andato nel Febbraio del 1974 all’età di 80 anni.
Paolo Maistrello
TESTIMONIANZE DI ALCUNI FIGLI
Il papà faceva il postino da una trincea all’altra per portare messaggi ai vari comandanti e
comunicare le diverse posizioni. E’ rimasto anche quaranta giorni di fila sempre fermo sullo stesso
luogo senza possibilità di spostarsi. Raccontava di aver visto tanti amici uccisi e cadaveri
ammucchiati. La guerra sembrava non finisse mai, c’era la disperazione perché non cessava il
pericolo di essere fucilati. Papà Pietro non parlava mai della guerra e neanche mia nonna Anna,
che aveva avuto altri tre figli lontani da casa: Alberto, Napoleone, Mario (classe ’99). Il carattere era
duro, autoritario, forse per la guerra e le difficoltà economiche successive.
Lorenzina e Gelmina Maistrello
Foto più recente, negli
anni della pensione.
Andò mio padre a lavorare in Germania perché di lavoro non ce n’era a Minerbe. Vi rimase dal ’38
all’Agosto del ’42, ritornando solo d’inverno. Lavorava mio padre in Germania, si dice a Berlino.
Un giorno andando a Minerbe, partendo da casa in via Casteldivento, vidi un uomo seduto su una
pietra all’inizio della strada. Sembrava avesse bisogno di qualcosa, mi avvicinai e gli chiesi se
stava bene. Mi guardò e mi disse: “Non me conosito più?”- era mio padre, ridotto a pelle e ossa,
scappato dalla Germania a causa dei bombardamenti continui nella città dove lavorava, tornato
con mezzi di fortuna…arrangiandosi. Ancora oggi conservo la valigia con cui mio papà era andato
a lavorare in Germania.
Gaetano Maistrello
“Il mio bisnonno in trincea“
Marco Graziani
ALTRI MATERIALI ESAMINATI
Il nostro compagno Francesco Donà ci ha portato alcuni documenti appartenenti al suo bisnonno,
il combattente Micheletti Gino. Ha raccolto per noi anche una testimonianza fornita dai suoi
famigliari e ci ha raccontato quanto segue:
“…Il mio bisnonno durante la Prima Guerra Mondiale ha combattuto con l’esercito italiano in
Francia, nostra alleata, per aiutare i soldati francesi a difendere il loro territorio dall’attacco
tedesco, poi è tornato al fronte in Italia. Durante i combattimenti doveva difendersi oltre che dai
proiettili e dalle bombe anche dal pericoloso gas nervino il quale, se entrava in contatto con le vie
respiratorie, era mortale. Raccontava che un giorno riuscì a salvarsi miracolosamente da una
nuvola di questo tremendo gas saltando con un compagno in un tombino. Tutti i soldati che erano
rimasti fuori purtroppo morirono. Però, prima di balzare in quel rifugio di fortuna, un po’ di gas
mortale era riuscito a raggiungerlo. Nel tempo questo gli causò tremore alle mani e asma per tutto
il resto della sua vita”.
Documento che gli attesta il conferimento della cittadinanza onoraria della città di Treviso nel
quarantennale della Vittoria.

Nel 1968 gli viene conferita la medaglia d’oro al valor militare e la cittadinanza onoraria
della città di Vittorio Veneto nel 50° della Vittoria.
ALCUNE DELLE SUE MEDAGLIE
Croce al Merito di Guerra
Medaglia in bronzo 50° della Vittoria
Croce dell’Ordine di Vittorio Veneto
GUERRA, SOLDATI, PATRIA, PACE…
…LE NOSTRE RIFLESSIONI
Ecco alcune delle riflessioni fatte da noi alunni delle classi quinte al termine di questa
esperienza:
“Il signor Maistrello Pietro era un uomo valoroso, forte, coraggioso, ma soprattutto era un uomo
che quando vedeva i suoi amici soffrire li aiutava. Ha passato pericoli mai visti prima, è corso fuori
dalla trincea ed ha catturato 50 nemici in mezzo alle raffiche di fuoco, è sopravvissuto alla prima
ed alla seconda guerra mondiale, insomma è stato un eroe in terra e secondo me lo sarà per sempre
anche in cielo”.
CHIARA S.
“Io provo sofferenza a pensare alle persone e forse anche ai miei lontani parenti morti durante la
guerra, come i soldati amici del signor Pietro caduti nei combattimenti. Mi rattristano anche la
miseria e la povertà che la guerra ha portato”.
NICOLE B.
“Io penso che il mio bisnonno abbia sofferto molto a vedere tutti quei morti, secondo me dalla sua
storia si capisce che lui è sopravvissuto perché era uno che non mollava mai”.
MARCO G.
“Per me la guerra è la cosa più brutta che ci sia, gli Stati di tutto il mondo dovrebbero andare
sempre d’accordo”.
FRANCESCO D.
“Io penso che nella guerra tutti i soldati siano uguali anche quelli nemici; in fondo anche loro
combattevano per salvarsi la vita, hanno patito la fame e le altre sofferenze e come i nostri
pregavano per rivedere la loro famiglia”.
GIULIA C.
“Il soldato Pietro ha compiuto un atto eroico che nessun uomo, forse, potrà ripetere perché,
lasciare il proprio appostamento con piombo tutt’intorno che aspetta solo di ucciderti e catturare
circa 50 soldati nemici, sicuramente non è da tutti. Grazie Pietro per quello che ha fatto per la
Patria”.
FEDERICO DI B.
“Maistrello Pietro è stato molto coraggioso a fare prigionieri cinquanta soldati nemici; per questo
motivo ha vinto una medaglia d’argento. Il gesto che ha compiuto è eroico perché è bello rischiare
la vita per salvare la Patria. La guerra, secondo me, è una cosa bruttissima; speriamo che non ce ne
siano più e che ritorni la pace in tutto il mondo”.
LARA S.
“Il signor Pietro era un uomo molto generoso perché ha compiuto un gesto giusto verso i suoi
compagni. È uscito dalla trincea per primo, ha incoraggiato gli altri ad andare verso quella nemica
ed ha imprigionato molti soldati avversari. Per me era una persona coraggiosa e sicura di sé
stessa”.
GIORGIA P.
“Io penso che i nostri soldati siano stati forti e coraggiosi a combattere la guerra e vincerla pur non
volendola”.
NATASHA C.
“ La storia del soldato Pietro è triste, ma anche molto interessante, egli ha dimostrato una grande
forza di volontà e senso di sacrificio rischiando la sua vita nell’incoraggiare e nel condurre il suo
plotone all’assalto del nemico ”.
SILVIA A.
“Il sergente maggiore Maistrello Pietro è stato super coraggioso ed ha dimostrato quanto grande
fosse il valore dei soldati italiani in guerra. Io provo gratitudine per lui e per tutti quelli che hanno
combattuto donando la loro vita per salvare la Patria”.
ANNA M.
“È stato un uomo coraggiosissimo con dei grandi valori dentro, il suo gesto è stato incredibile.
Secondo me è un grande esempio per tutti noi”.
ANGELICA C.
…I NOSTRI DISEGNI
“Le trincee”
Giorgia
P.
Edoardo
P.
Anna M.
UN GRAZIE A TUTTI I SOLDATI CHE HANNO DIFESO CON
CORAGGIO ED ONORE LA NOSTRA PATRIA.
Claudia Z.
Classi V A/B Scuola Primaria di Minerbe
La “Grande Guerra” delle Donne
Le donne sono sempre state presenti nella storia italiana, tuttavia, salvo rare celebri
personalità, sono state una sorta di lato oscuro della luna: presenti ed agenti, ma invisibili,
destinate anche dalla oleografia ufficiale ad un ruolo esclusivamente domestico e non
considerato, almeno fin dall’inizio del ‘900.
È stato così , durante la prima guerra mondiale, anche nella nostra Bassa, tante donne
invisibili, ma che, con immediatezza, commovente trasparenza, dolorosa necessità, hanno
saputo portare avanti battaglie private e pubbliche, urgenze irrinunciabili anche di fronte a
scelte drammatiche.
Nella Prima Guerra Mondiale, più che nel passato, il
prezzo pagato dalle donne fu altissimo; in un conflitto
che lo storico Hermann Sudermann definì “la più
gigantesca imbecillità che il genere umano abbia
compiuto dal tempo delle Crociate”, per le donne il
trauma bellico di lunga durata ha certamente
significato lutto, sofferenza e ansia materna, ma ha
causato senza dubbio anche una frattura dell'ordine
familiare e sociale. Sono soprattutto donne contadine
o della piccola borghesia, che a casa vedevano
moltiplicati i loro compiti e le relative responsabilità
che furono utilizzate nelle fabbriche, negli uffici, nell'assistenza come manodopera, alla
costruzione di campi trincerati, e che, pur con mille difficoltà, intessevano stretti legami
con chi combatteva.
Al fronte le donne erano
addette alla costruzione di
trincee, all’allestimento dei
graticci di contenimento dei
terrapieni.
Da una raccolta di lettere dal fronte, riportate in “TA-PUM” a cura di Lucia Beltrame
Menini di San Pietro Di Morubio, emerge proprio un denominatore comune “il desiderio
di non interrompere mai quel filo che tiene legato il soldato alla realtà della famiglia, degli
affetti della propria terra” e lo sguardo rivolto da queste donne come madri, sorelle,
mogli, fidanzate agli orrori della carneficina di massa sembra essere non solo rivolto
all’orrore dei campi di battaglia, ma anche allo strazio dei cuori per la lontananza.
Se ne riporta la pagina relativa alla lettera inviata da Guerra Amabile al soldato Guerra
Antonio, nonno dell’insegnante Tognella Vanna.
Sono testimonianze di donne nelle quali non si riesce a far scattare il gusto della guerra,
perché sono donne normali, equilibrate, rese adulte dalla lotta quotidiana per
sopravvivere in una realtà fatta di scarso pane, di case umide e miserabili, di lavoro
sfiancante; sono donne abituate a lottare proprio perché profondamente e atavicamente
compresse nel ruolo di custodi della sicurezza e della sopravvivenza familiare, le quali si
buttano con coraggio a risolvere le enormi difficoltà che la guerra crea sul fronte interno,
nei campi, nelle fabbriche, nel settore dei servizi..
Non sono mancate però anche personalità eminenti che seppero orientare i propri talenti
verso ciò che poteva dare solidarietà e aiuto, rischiando anche la vita o morendo.
Esse sono riuscite ad esprimere capacità organizzativa, di intuizione, di ricerca, di
sensibilità, sono esempio di ciò le crocerossine. La Croce Rossa infatti nella prima guerra
mondiale, che non coinvolse più soltanto gli eserciti belligeranti, ma intere popolazioni,
fornì soccorso a circa 450.000 feriti e malati, curò il rimpatrio di mezzo milione di
prigionieri, esaminò 18.000 biglietti al giorno, registrando informazioni o trasmettendo
notizie alle famiglie di prigionieri o di persone scomparse. Il questa attività le crocerossine
diedero importanti contributi. Protagoniste silenziose che si prodigarono per mantenere
viva la fiamma umanitaria tra gli orrori della guerra, assistendo con pietà e amore i feriti
agonizzanti sul campo, eseguendo anche i più umili servigi negli Ospedali da Campo e
negli Ospedali Territoriali dell’area veneta.
LA DIFFICILE VITA NEL PAESE NEGLI ANNI DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
Cronaca di un parroco: Don Sante Gaiardoni
Al fronte gli uomini continuavano a morire in inutili quanto cruenti assalti alle trincee
nemiche per conquistare qualche centinaio di metri: a casa le loro famiglie dovevano
combattere contro mille difficoltà economiche. I prezzi dei prodotti di prima necessità,
come latte, uova, polenta, zucchero, caffè, lardo, olio, legna, carne (per chi se la poteva
permettere) e anche capi di abbigliamento e scarpe avevano registrato un’impennata.
Sempre il parroco di allora realizzò una precisa ed esplicativa tabella con la quale ne
dimostrava l’incremento: dal 20 al 50%.
A San Zenone il 17 aprile l9I7, un gruppetto di minorenni, forse sobillati o solo esasperati
dalle difficili condizioni di vita, presero a sassate dei loro compagni, la chiesa e il
campanile; ruppero parecchi isolatori dei pali della luce, inveirono contro la pesa pubblica
e alcuni edifici. Non contenti, i “giovinastri”, come vennero definiti da un giornale
dell’epoca che riportò il fatto, rubarono uova, galline, anatre e oche e rimasero quasi del
tutto impuniti. Oltre alle difficoltà causate dalla guerra, due terribili grandinate misero
ulteriormente in ginocchio l’economia locale. La prima si verificò il 26 maggio l9l7, alle 22,
colpendo particolarmente uva e frumento: rovinati anche i ponti di Colombare e Ca Rosta.
Il 2 giugno se ne abbatté una seconda così violenta che in pochi minuti distrusse tutto.
Al flagello della guerra che insanguinava le famiglie, si son venute ad aggiungere altre
gravissime sciagure.
Con la guerra poi quasi tutti gli uomini di Minerbe e San Zenone erano in trincea,
privando, quindi, molte famiglie di valide braccia per il lavoro dei campi. Taluni fatti
prigionieri e con i propri cari indigenti, rischiavano di non aver di che sopravvivere.
Venne pertanto costituito, in paese, un comitato di signore impegnate a raccogliere fondi
per i più bisognosi. Furono spediti pacchi di pane, vestiti ed altro, con cadenza
quindicinale, a dodici giovani del Comune. Del comitato fecero parte: Maurina Valentini,
Lina Gemma, Ida Allegroni, Ida contessa Stoppazzola, Elisa Burzio, Elisa Contessa
Nichesola, Giovanna Fraccaro Guardalben, Idalia Vivaldi, Palmira Maestri, Pietro
Durgante, Maria Vivaldi, Maria Nascimben, Dirce Scarmagnan, Giulia Bertelli, Emma
Bertelli, Clara Tonazzi, Teresa Vivaldi e Amabilia Vivaldi. Le notizie dal fronte arrivavano
con il contagocce e, spesso, erano più quelle per “sentito dire”, che quelle ufficiali. Il 9
febbraio 1918 giunse una nota della Segreteria di Stato di Roma che comunicava il decesso
di tre giovani minerbesi, il sergente Andrea Motteran e i soldati Giuseppe Bertu e Silvio
Zanetti. L’estate del 1918 si annunciò calda ed afosa. I temporali terrorizzavano gli abitanti
con l’incubo delle grandinate. Una si abbatte sul paese, distruggendo parte dei raccolti.
… speriamo che l’affresco che è risultato esalti il lato scintillante
della luna, in grado di attraversare quante più coscienze e
sensibilità.
Classe III B scuola secondaria di primo grado di Minerbe
Emilio Lussu
Emilio Lussu nacque ad Armungia (Cagliari) il 4 dicembre 1890. A
Cagliari si laureò in giurisprudenza nel 1914. Nel periodo
universitario si schierò con gli interventisti democratici, convinto
che l'Italia dovesse entrare nella Prima guerra mondiale contro
gli Imperi centrali. Vi prese parte direttamente, come ufficiale di
complemento decorato per quattro volte al valor militare; si
congedò con il grado di capitano del 151º fanteria Brigata Sassari,
costituita su base regionale per la maggior parte da contadini e
pastori sardi.
Nel 1916 la Brigata fu inviata sulle montagne intorno
ad Asiago per creare un fronte che resistesse a qualunque costo
alla discesa degli austriaci verso Vicenza e Verona; le vittorie dei
sardi nei primi scontri furono seguite da un potente contrattacco
che li impegnò sino al luglio dell'anno successivo. Era del resto questa la vera guerra di trincea, ed
era la guerra di una truppa gestita dai suoi distanti generali con modi ed intenzioni che oggi
apparirebbero intollerabili.
Questa esperienza ispirò a Lussu il capolavoro per il quale è principalmente noto, Un anno
sull'Altipiano, scritto nel 1937 (Francesco Rosi ne ha tratto un film intitolato “Uomini contro” nel
1970). Si tratta di un'importantissima memoria, di un prezioso documento sulla vita dei soldati
italiani in trincea che, per la prima volta nella letteratura italiana, descrive l'irrazionalità e il nonsenso della guerra, della gerarchia e dell’esasperata disciplina militare in uso al tempo.
In un brano di notevole efficacia, descrisse il silenzioso terrore dei momenti che precedevano
l'attacco, il drammatico abbandono della "sicura" trincea per proiettarsi verso un ignoto, rischioso,
indefinito mondo esterno: «...tutte le mitragliatrici ci stanno aspettando».
L'esperienza drammatica della guerra gli fece capire l'assurdità di quella grande carneficina e ne
trasse una serie di insegnamenti che poi ispirarono molta parte delle sue successive scelte
politiche. Lottò a fianco dei contadini e pastori sardi per il loro riscatto e si oppose alle dittature
fasciste e naziste in nome dei principi di giustizia sociale, libertà, autonomia. In quest'ultimo caso,
fu consapevole che la vittoria sarebbe stata raggiunta soltanto militarmente: da qui
l'organizzazione armata delle "camicie grigie sardiste" contro gli squadristi fascisti; la
progettazione di un'insurrezione antifascista e repubblicana in Sardegna; l'intervento nella guerra
di Spagna con le Brigate internazionali e la partecipazione alla lotta di liberazione nelle file del
Partito d'Azione.
Fu deputato nel 1921 e nel 1924 e partecipò alla secessione aventiniana. Antifascista, nel 1929 fuggì
da Lipari con Carlo Rosselli e Fausto Nitti, con i quali fondò a Parigi il movimento “Giustizia e
Libertà”. Fu tra i dirigenti della Resistenza e, nel dopoguerra, senatore nelle prime tre legislature.
Non rinnegò mai le sue radici sarde e disprezzò sempre chi lo fece; Lussu tuttavia non fu mai
un indipendentista e la sua azione politica non può essere mai accostata a questa opzione. Restò in
contatto sia personale che epistolare con numerosi esponenti del mondo politico sardo; visitò
numerose volte l'isola ed il paese natale di Armungia; in parlamento difese le pur deboli
prerogative concesse dallo statuto autonomista sardo e richiamò l'attenzione del governo e delle
altre forze politiche sulla necessità di migliorare le condizioni economiche e sociali del popolo
sardo e, in particolare, delle sue classi lavoratrici e proletarie.
Lussu sposò una poetessa fiorentina di origine marchigiana. Ebbero un figlio, Giovanni, che oggi è
un affermato grafico editoriale.
Oltre a Un anno sull'altipiano, Lussu scrisse Marcia su Roma e dintorni, in cui narrò le sue esperienze
di antifascista. Morì a Roma il 5 marzo 1975.
UN ANNO SULL’ALTIPIANO
Scritto nel 1936, apparso per la prima volta in Francia nel 1938 e poi in Italia nel 1945, questo libro è
ancora oggi una delle maggiori opere che la nostra letteratura possegga sulla Grande Guerra.
L’Altipiano è quello di Asiago, l’anno dal giugno 1916 al luglio 1917.
Il libro è un insieme di episodi, spesso tragici e talvolta grotteschi, attraverso i quali la guerra viene
rivelata nella sua dura realtà di “ozio e sangue”, di “fango e cognac”. La narrazione incomincia
dalla guerra di trincea in pianura. Dopo poco tempo la Brigata Sassari riceve l’ordine di trasferirsi
sulle montagne, nella zona di Asiago, a seguito della grande offensiva austroungarica, nota come
“Spedizione punitiva”, iniziata all’alba del 15 maggio 1916 e protrattasi per un mese. Lussu,
all’inizio di queste vicende, era tenente aiutante maggiore in seconda del 3° battaglione del 151°.
Nel libro sono molto ben descritti lo stato d’animo dei soldati e i loro sentimenti, come la paura
anche nei momenti di tregua, il dolore per aver lasciato le proprie famiglie e la speranza di poterle
rivedere, la rabbia per le battaglie assurde volute da comandanti pieni di retorica e vanità (tanto
che i soldati, se devono essere uccisi, preferiscono esserlo mentre sono in trincea, all’improvviso).
Forte era l’angoscia delle ore precedenti un assalto, che si intuiva pur senza esserne informati,
perché arrivavano i tubi di esplosivo e molto liquore. Uno dei peggiori episodi raccontati è
quando, pur non essendo riusciti a creare una breccia nel filo spinato o tra i cavalli di frisia, si
attacca ugualmente ben sapendo di andare incontro alla morte. Del resto per gli assalti i soldati
richiedono l’artiglieria, ma (come ci racconta lo stesso Lussu) l’artiglieria colpiva principalmente i
propri soldati, su tutti e due i fronti.
Con uno stile asciutto e a tratti ironico l’autore mette in scena una spietata requisitoria contro
l’orrore della guerra senza toni polemici. Anzi, ci fa sorridere quando racconta degli stratagemmi
per evitare la guerra in prima linea, per esempio quello di un soldato che finge di sapere il tedesco
oppure quello di un altro soldato che si spaccia per bosniaco nel tentativo di scappare.
… da “Un anno sull’Altipiano” di E. Lusso, Einaudi
Chi ha assistito agli avvenimenti di quel giorno, credo che li rivedrà in punto di morte. Mentre la nostra
mitragliatrice sparava, il bombardamento cessava. Il nemico aveva attaccato nello stesso istante in cui
l’artiglieria sospendeva il tiro.
Gli austriaci attaccavano in massa, in ordine chiuso, a battaglioni affiancati. Fucile a tracolla, essi non
sparavano.
Convinti che, dopo quel bombardamento, nelle nostre linee non fosse rimasta anima viva, avanzavano sicuri.
Avanzavano, cantando un inno di guerra, di cui a noi non arrivava che la risonanza del coro
incomprensibile.
-Hurra!
E il coro rispondeva.
Nelle nostre linee, fu un rimescolio confuso. Gli ufficiali e i graduati correvano curvi per controllare i reparti.
Il bombardamento non li aveva colpiti che in parte. Il maggiore gridava:
- Attenzione! Aprite il fuoco! Pronti per contrattaccare alla baionetta!
Gli ufficiali ripetevano l’ordine e fu tutto un sussulto di voci. Il battaglione riprendeva la sua vita. La linea
aprì il fuoco. Delle nostre due mitragliatrici, solo una sparava. L’altra era stata distrutta da una granata. Noi
non vedevamo delle colonne nemiche che quelle che avevamo di fronte, ma l’attacco doveva essere
simultaneo, anche alla nostra destra.
I battaglioni avanzarono al passo, lentamente, ostacolati dai sassi e dagli sterpi. La nostra mitragliatrice
sparava rabbiosa, senza arresto. La puntava lo stesso comandante della sezione, il tenente Ottolenghi. Noi
vedevamo reparti interi cadere falciati. I compagni si spostavano, per non passare sui caduti. I battaglioni si
ricomponevano. Il canto riprendeva. La marea avanzava.
- Hurra!
Il vento soffiava contro di noi. Dalla parte austriaca, ci veniva un odore di cognac, carico, condensato, come
se si sprigionasse da cantine umide, rimaste chiuse per anni.
Durante il canto e il grido dell’hurrà! sembrava che le cantine spalancassero le porte e c’inondassero di
cognac. Quel cognac mi arrivava a ondate alle narici, mi si infiltrava nei polmoni e vi restava con un odore
misto di catrame, benzina, resina e vino acido. `
- Pronti per il contrattacco! - continuava a gridare il maggiore, in piedi, in mezzo ai soldati.
La mia attenzione fu attirata principalmente dal capitano della II a. Egli era in piedi, ben dritto, il volto sporco
di terriccio, la testa scoperta. Con la destra impugnava la pistola e con la sinistra l’elmetto. Era a pochi metri
da noi.
- Vili! - gridava, - venite avanti, se avete coraggio!
Venite! Venite! "
E si rivolgeva ora agli austriaci lontani che avanzavano, ora ai suoi soldati che stavano a terra e lo
guardavano attoniti. Era l’elmetto che, con il braccio teso, egli puntava come una pistola. Ed era la pistola
che, scambiandola per l’elmetto, si sforzava di mettersi in tasca. Quanto più i suoi sforzi riuscivano vani,
tanto più si esasperava e gridava.
Batteva la pistola sulla testa, con colpi violenti, e il sangue colava sulla faccia. Il capitano sembrava una furia
insanguinata.
- Hurra!
Gli austriaci non erano ormai che ad una cinquantina dimetri. .
-Alla baionetta! - gridò il maggiore.
-Savoia! - urlarono i reparti, lanciandosi in avanti.
Di quello che avvenne in quello scontro, io non ho mai conservato un ricordo chiaro
L’odore di quel cognac mi aveva stordito. Ma vidi distintamente che, di fronte a noi, alla sinistra, dalle
formazioni austriache, si staccò un gruppo di tre uomini con una mitragliatrice e s’appostarono dietro una
roccia. Il tac—tac della Schwarzlose seguì a quel movimento rapido. Il fascio del tiro sibilò attorno a noi.
Il maggiore era al mio fianco. La pistola gli cadde di mano, levò le braccia in alto e si rovesciò su di me. Feci
uno sforzo per sorreggerlo ma caddi anch’io per terra. Il suo attendente si butto al suo fianco per sollevarlo.
Il maggiore rimase steso, immobile. L’attendente gli sbottonò la giubba, e noi ne vedemmo il petto ricoperto
di sangue. La corazza metallica, a scaglie di pesce, era crivellata di colpi.
Mi levai e ripresi la corsa, avanti. Lo scontro tra i nostri e gli austriaci era già avvenuto. Confusamente
frammischiati, gli uni e gli altri si arrestarono. I reparti austriaci ripiegarono, al passo, fucile a tracolla,
com’erano avanzati. La resistenza imprevista li aveva scompaginati. I nostri, trattenuti dagli ufficiali, ventre
a terra, aprirono il fuoco, alle spalle. Io vidi cadere solo qualcuno. I reparti, affiancati, disparvero presto,
dietro le creste. Il vento continuava a soffiare e a buttarci contro ondate di cognac.
Il povero maggiore aveva dato degli ordini chiari sul contrattacco. Egli voleva che, respinti gli austriaci, il
battaglione rioccupasse le sue posizioni cli partenza. Io feci eseguire l’ordine rapidamente. L’ufficiale più
anziano del battaglione, ·il capitano Canevacci, assunse il comando del battaglione.
Il terreno era coperto di morti, ma avevamo resistito.
Riportammo indietro i feriti, al meglio, ché non avevamo più barelle. Il tenente Grisoni, portato a braccia da
due soldati, la gamba fratturata, pipa in bocca, scendeva zufolando.
Riordinammo i reparti e facemmo l’appello dei presenti.
Le ore passarono. Il sole piegava verso il Pasubio e noi eravamo ancora sulla linea, senza notizie. Gli
austriaci si facevano vivi solo per qualche colpo d’artiglieria da campagna. Dopo la tempesta, era la calma.
Un ordine scritto del comandante del settore ci rimise in movimento. L’ordine diceva: <<Il nemico ha potuto
prender posizione in più punti. La linea di Monte Flor non era più sostenibile. Al ricevere del presente, il
battaglione ripieghi in ordine su Monte Spill ».
- Ripiegare su Monte Spill? - gridava il capitano Canevacci, inveendo sul portaordini. - E domani, un altro
ordine ci farà attaccare Monte Flor e noi saremo spacciati.
Il capitano non ammetteva che si potesse abbandonare al nemico, senza resistenza ulteriore, una posizione
cosi importante.
- Io mi faccio fucilare, - ripeteva, - ma non ripiego.
Il portaordini chiedeva uno scritto che accusasse ricevuta dell’ordine che aveva consegnato, ma il capitano
glielo rifiutò.
- Di’ che io non do l’ordine di ripiegamento. Di’ che mi possono fucilare per rifiuto d’obbedienza, ma che il
battaglione, finché io ne sono il comandante, non abbandona Monte Fior.
Io tentai di dimostrargli che il comandante del settore era il solo competente a decidere sulla situazione e
che noi non avevamo nessuno degli elementi necessari per giudicare che avesse torto. Che, in ogni caso,
bisognava ubbidire. Il capitano non si convinse e rimando indietro il portaordini senza ricevuta scritta. Egli
era ufficiale di carriera e rischiava moltissimo. Invano, anche dopo la partenza del portaordini, io mi sforzai
di farlo ritornare sulla sua decisione. Egli era convinto che l’abbandono del monte costituisse un tradimento.
Non era passata mezz’ora e un caporale del comando del nostro reggimento si presento con un
altro ordine scritto. Era il colonnello in persona che lo aveva armato. Se il battaglione — diceva l’ordine —
non inizia il ripiegamento ordinato, il capitano Canevacci si consideri destituito dal comando.
- Io sono destituito dal comando? Ma l’esercito italiano e comandato da austriaci! E’ una vergogna!
Egli era furibondo. Ma, passato il furore, dovette decidersi ad ubbidire. Ripiegammo per compagnie e
riportammo indietro i morti. Quando l’ultima compagnia si ritirò da Monte Fior, il testo del battaglione,
prendendo posizione fra due altri battaglioni, era schierato già a Monte Spill.
A Monte Fior avevamo lasciato un velo di vedette. Esse dovevano continuare a sparare qualche colpo di
fucile ogni tanto, e ritirarsi al primo tentativo di avanzata nemica.
Fino al tardo pomeriggio, gli austriaci non si accorsero del nostro ripiegamento. Infine, ne ebbero il
dubbio e fecero avanzare una linea di pattuglie. Le nostre vedette spararono gli ultimi colpi e tentarono al
battaglione. Le pattuglie nemiche trovarono Monte Fior deserto.
Io ero in linea, sul punto più elevato del Monte Spill, e guardavo Monte Fior. Gli austriaci vi affluivano
disordinatamente. In poco meno di mezz’ora, la linea da noi abbandonata fu occupata da un gruppo di
battaglioni. Tutta la cresta del monte fu gremita di truppe.
Credo fossero le sei o le sette del pomeriggio. Nelle posizioni nemiche, io notai un fermento insolito. Che
avveniva? I battaglioni s’agitavano, urlando, salutavano. Tutta la massa, come un sol uomo, si levò in
piedi e un’acclamazione ci venne dalla vetta:
- Hurra!
Gli austriaci agitavano i fucili e i berretti, verso di noi.
- Hurra!
Io non mi rendevo conto di quella festa. Essa era qualcosa di più che la gioia per una posizione
conquistata, senza contrasto. Perché tanto entusiasmo? Io mi voltai indietro e capii.
Di fronte, tutta illuminata dal sole, come un immenso manto ricoperto di perle scintillanti, si stendeva la
pianura veneta. Sotto, Bassano e il Brenta; e poi, più in fondo, a destra, Verona, Vicenza, Treviso, Padova,
In fondo, a sinistra, Venezia. Venezia!
Classe III A scuola secondaria di Minerbe
ANCORA GUERRA …PURTROPPO
Nonostante la storia abbia evidenziato l’inutilità e la crudeltà della guerra sotto ogni aspetto,
tuttavia ancora in tante parti del mondo continua ad esistere
Per dire il nostro NO alla guerra abbiamo analizzato alcune pagine tratte dal libro “Pappagalli
verdi” di Gino Strada, chirurgo italiano che dedica la propria vita alla cura e alla riabilitazione
delle vittime della guerra, toccando con mano ogni giorno gli orrori e le tragedie che essa provoca.
… da “Pappagalli Verdi” di Gino Strada, Feltrinelli
Un vecchio afgano con i sandali rotti e infangati, e il turbante con la coda che scendeva fino alla cintura,
stava accanto al figlio di sei anni nel pronto soccorso dell'ospedale di Quetta.
Il bambino si chiamava Khalil e aveva il volto e le mani, o quel che ne restava, coperti da abbondanti
fasciature. Stava sdraiato, immobile, la camicia annerita dall'esplosione. Qualcuno aveva strappato una
manica e ne aveva fatto un laccio, legato stretto sul braccio destro per fermare l'emorragia.
"E stato ferito da una mina giocattolo, quelle che i russi tirano sui nostri villaggi" disse Mubarak, l'infermiere
che faceva anche da interprete, avvicinandosi con un catino di acqua e una spugna.
Non ci credo, è solo propaganda, ho pensato, osservando Mubarak che tagliava i vestiti e iniziava a lavare il
torace del bambino, sfregando energicamente come se stesse strigliando un cavallo. Non si è neanche mosso,
il bambino, non un lamento.
In sala operatoria ho tolto le bende: la mano destra non c'era più, sostituita da un'orrenda poltiglia simile a un
cavolfiore bruciacchiato, tre dita della sinistra completamente spappolate.
Avrà preso in mano una granata, mi sono detto.
Sarebbero passati solo tre giorni, prima di ricevere in ospedale un caso analogo, ancora un bambino.
All'uscita dalla sala operatoria Mubarak mi mostra un frammento di plastica verde scuro, bruciacchiato
dall'esplosione.
"Guarda, questo è un pezzo di mina giocattolo, l'hanno raccolto sul luogo dell'esplosione. I nostri vecchi le
chiamano pappagalli verdi..." e si mette a disegnare la forma della mina: dieci centimetri in tutto, due ali con
al centro un piccolo cilindro.
Sembra una farfalla più che un pappagallo, adesso posso collocare come in un puzzle il pezzo di plastica che
ho in mano, e l'estremità dell'ala. "...Vengono giù a migliaia, lanciate dagli elicotteri a bassa quota. Chiedi ad
Abdullah, l'autista dell’ospedale, uno dei bambini di suo fratello ne ha raccolta una l'anno scorso, ha perso
due dita ed è rimasto cieco."
Mine giocattolo, studiate per mutilare bambini. Ho dovuto crederci, anche se ancora oggi ho difficoltà a
capire...
Tre anni dopo ero in Perù. Quando me ne andai da Ayacucho, dopo mesi passati a organizzare il reparto di
chirurgia, un amico peruviano, artista e poeta, mi ha regalato un retablo, una specie di presepe in gesso. Una
scena di violenza e di lotta per il diritto alla terra.
Intorno alle figurine di contadini incatenati, trascinati via da militari con il passamontagna, tante spighe di
grano, molto alte, dorate.
Sopra le spighe stormi di loros, pappagalli verdi col becco adunco e gli occhi rapaci. "Per i contadini di qui mi disse-Nestor spiegandomi il retablo - i pappagalli simboleggiano la violenza dei militari, hanno lo stesso
colore delle loro uniformi. Arrivano, si prendono il raccolto, spesso uccidono, e se ne vanno via."
Nestor mi raccontava la misera vita della gente di quella regione andina, le sofferenze e la rassegnazione, e la
violenza sistematica. Allora gli ho detto di altri pappagalli verdi, che avevo conosciuto in Afghanistan.
Mine antiuomo di fabbricazione russa, modello
PFM-1. Gli ho spiegato che le gettano sui
villaggi, come fossero volantini pubblicitari che
invitano a non perdere lo spettacolo
domenicale del circo equestre. `
E ho visto i suoi occhi increduli, come erano stati i miei, e le labbra aprirsi un poco in segno di sorpresa.
La forma della mina, con le due ali laterali, serve a farla volteggiare meglio. In altre parole, non cadono a picco
quando vengono rilasciate dagli elicotteri, si comportano proprio come i volantini, si sparpagliano qua e là su un
territorio molto più vasto. Sono fatte così per una ragione puramente tecnica -affermano i militari-non è corretto
chiamarle mine giocattolo.
Ma a me non e mai successo, tra gli sventurati feriti da queste mine che mi è capitato di operare, di trovarne uno
adulto. Neanche uno, in più di dieci anni, tutti rigorosamente bambini.
La mina non scoppia subito, spesso non si attiva se la si calpesta. Ci vuole un po’ di tempo -funziona, come dicono i
manuali, per accumulo successivo di pressione. Bisogna prenderla, maneggiarla ripetutamente, schiacciarne le ali.
Chi la raccoglie, insomma, può portarsela a casa, mostrarla nel cortile agli amici incuriositi, che se la passano di
mano in mano, ci giocano.
Poi esploderà. E qualcun altro farà la fine di Khalil.
Amputazione traumatica di una o entrambe le mani, una vampata ustionante su tutto il torace e, molto spesso, la
cecità. Insopportabile.
Ho visto troppo spesso bambini che si risvegliano dall'intervento chirurgico e si ritrovano senza una gamba, o senza
un braccio. Hanno momenti di disperazione, poi, incredibilmente, si riprendono. Ma niente é insopportabile, per loro,
come svegliarsi nel buio.
I pappagalli verdi li trascinano nel buio, per sempre.
Dicevo queste cose a Neston seduti nel suo laboratorio pieno di quadri e sculture, e di figurine in gesso da colorare.
Discorrevamo di guerra e violenza, di repressione e libertà, di diritti umani. Che cosa spinge la mente umana a
immaginare, a programmare la violenza?
Mentre mi parlava delle tragedie della sua terra, del massacro dei contadini di Huanta che chiedevano solo che i loro
figli potessero andare a scuola, avvertivo nelle sue parole, mescolate a un atavico pessimismo, la rabbia soffocata, il
desiderio di ribellione.
Ma poi, inevitabilmente, il suo pensiero tornava ai pappagalli verdi, a quelli che scendevano dal cielo nel lontano
Afghanistan. E allora Nestor scuoteva la testa, e la rabbia lasciava il posto alla tristezza, quella che riempie la mente
quando non c'è più la possibilità di capire, quando é svanita la ragione ed e solo follia.
Così abbiamo immaginato -sapendo che era tutto maledettamente vero -un ingegnere efficiente e creativo, seduto alla
scrivania a fare bozzetti, a disegnare la forma della PFM-1.
E poi un chimico, a decidere i dettagli tecnici del meccanismo esplosivo, e infine un generale compiaciuto del
progetto, e un politico che lo approva, e operai in un'officina che ne producono a migliaia, ogni giorno.
Non sono fantasmi, purtroppo, sono esseri umani: hanno una faccia come la nostra, una famiglia come l’abbiamo noi,
dei figli. E probabilmente li accompagnano a scuola la mattina, li prendono per mano mentre attraversano la strada,
ché non vadano nei pericoli, li ammoniscono a non farsi avvicinare da estranei, a non accettare caramelle o giocattoli
da sconosciuti...Poi se ne vanno in ufficio, a riprendere diligentemente il proprio lavoro, per essere sicuri che le mine
funzionino a dovere, che altri bambini non si accorgano del trucco, che le raccolgano in tanti.
Più bambini mutilati, meglio se anche ciechi, e più il nemico soffre, è terrorizzato, condannato a sfamare quegli
infelici per il resto degli anni. Più bambini mutilati e ciechi, più il nemico è sconfitto, punito, umiliato.
E tutto ciò avviene dalle nostre parti, nel mondo civile, tra banche e grattacieli. Al confronto anche i loros, verdi
pappagalli che infestano le Ande, sembrano meno feroci, verrebbe da dire più umani.
Non ho più saputo nulla di Mubarak, da sette anni. Ho in contrato molti Khalil in giro per il mondo, l'ultimo si
chiama Thassim. Non è afgano, è un ragazzo curdo di quindici anni, è cieco e senza mani. L’ho operato due
settimane fa, uno strano intervento chirurgico che trasforma gli avambracci e li rende simili alle chele di un granchio,
o a bastoncini cinesi, perché possa afferrare oggetti, mangiare da solo, fumarsi una sigaretta.
Gli stiamo insegnando ad adattarsi alla nuova forma del suo corpo, a usare al meglio quel che é rimasto.
Thassim ha raccolto la sua mina, il suo maledetto pappagallo verde, vicino a Mawat, un villaggio di montagna
circondato da boschi di querce, rese ancora più maestose dalla prima neve di novembre.
Lo guardo mentre cerca, per ora senza successo, di portarsi un cucchiaio alla bocca senza rovesciare la zuppa. E’
stanco, e un poco frustrato, per oggi non vuole più saperne di fare esercizi.
NESSUNA GUERRA E’
NECESSARIA , LA
GUERRA E’ UNA
SCELTA.
NESSUNA
GUERRA E’
INEVITABILE.
LA GUERRA E’
DISTRUZIONE, E’
UCCISIONE DEI
NOSTRI
SIMILI.
Queste parole ci hanno colpiti, abbiamo riflettuto e le condividiamo perché pensiamo che la pace
sia l’unico terreno su cui potrà nascere, un giorno, un futuro migliore per l’umanità intera.
Classe III C scuola secondaria di
Minerbe
I SOLDATI ITALIANI CADUTI DAL NOVEMBRE SCORSO AD OGGI IN MISSIONE DI
PACE
Attualmente sono quasi 8.000 i soldati italiani impegnati nel mondo in missioni ONU, che con
termini attuali vengono definite di “peacebuilding”, in italiano letteralmente "consolidamento
della pace". Per missione di pace si intende un intervento militare di risoluzione dei conflitti armati
al fine di stabilire una pace sostenibile in territori devastati da guerre; sono i militari che si
occupano di fornire assistenza alla popolazione civile, di mantenere l’ordine pubblico e di
coordinare gli aiuti umanitari. Molti sono impiegati in Afghanistan, soprattutto ad est del Paese
nella zona di Herat, sede del comando italiano della missione. La guerra in Afghanistan ha
prodotto per le forze armate italiane il bilancio più pesante in termini di vite umane dalla fine della
seconda guerra mondiale con ad oggi 44 militari morti. Le perdite sono imputabili per la maggiore
parte ad attentati ed incidenti, meno per gli scontri a fuoco e non mancano casi di suicidio e di
malore.
Dallo scorso novembre, quando ci siamo ritrovati in questa stessa occasione a ricordare i militari
che hanno sacrificato la loro vita per tutti noi e per le future generazioni, purtroppo il numero dei
caduti è ulteriormente aumentato.
Noi alunni partecipiamo al dolore e siamo vicini ai famigliari e alle comunità in lutto per la perdita
di questi militari caduti mentre assolvevano i propri compiti operativi nell'ambito della missione
internazionale per la pace e per la stabilità.
Ricordiamo le date dei tristi eventi e i nomi dei nostri eroi della pace:
- 31 dicembre 2010 1° Caporal Maggiore Scelto MIOTTO Matteo;
- 18 gennaio 2011 1° Caporal Maggiore SANNA Luca;
- 28 febbraio 2011 Tenente, ora Capitano RANZANI Massimo;
- 04 giugno 2011 Tenente Colonnello CONGIU Cristiano;
- 02 luglio 2011 Caporal Maggiore Scelto, ora Caporal Maggiore Capo Scelto, TUCCILLO
Gaetano;
- 12 luglio 2011 1° Caporal Maggiore, ora Primo Caporal Maggiore, MARCHINI Roberto;
- 25 luglio 2011 1° Caporal Maggiore TOBINI David;
- 23 settembre 2011 Tenente Riccardo Bucci, Caporal Maggiore scelto Mario Frasca, Caporal
Maggiore Massimo Di Legge.
Onore a tutti loro!
Ci stringiamo inoltre con commozione e riconoscenza sinceri attorno ai nostri militari che ogni
giorno rischiano la vita in difesa della pace e della democrazia.
Gli alunni della classe II A - Scuola Secondaria di Primo Grado di Minerbe
41492
Motteran Andrea Silvio
(Numero di matricola)
(Cognome e nome)
1893
(Anno di nascita)
DATI E CONTRASSEGNI
PERSONALI
ARRUOLAMENTO, SERVIZI PROMOZIONI
Figlio di Gio. Battista
e di Zuccari Maria
nato il 19 Febbraio 1893
A Minerbe
Circondario di Verona
Statura m. 1,64½
Torace m. 0,83
colore castani
Capelli
forma liscia
Occhi grigi
Colorito bruno
Dentatura sana
Segni particolari //
Arte o professione
Macellaio
leggere sì
Se sa
scrivere sì
Ha estratto il N. 482 nella leva 1893
quale inscritto nel Comune di
Minerbe
Mandamento di Legnago
Circondario di Verona
SOLDATO DI LEVA 1a CATEGORIA CLASSE 1893
DISTRETTO VERONA E LASCIATO IN CONGEDO
ILLIMITATO
CHIAMATO ALLE ARMI E GIUNTO
TALE NEL 93° REGGIMENTO Fanteria
Caporale in detto
Caporal maggiore in detto
Tale in territorio dichiarato in istato di guerra
Trattenuto alle armi per mobilitazione in base all’art. 133 del
testo unico delle leggi sul reclutamento del Regio Esercito
Sergente in detto
Tale nella 93a bis Compagnia Mitraglieri Fiat (1160)
Morto in combattimento val dei Sez. come da atto di morte
inscritto al n. 13 sul reg. degli atti di morte del 93° Fanteria
ED ALTRE VARIAZIONI MATRICOLARI
DATA
31 Marzo 1913
12 Sett. 1913
23 Sett. 1913
23 marzo 1914
20 Maggio ‘915
24 Maggio ‘915
1° Gennaio ‘916
20 Ottobre ‘916
27 Aprile ‘917
Verona, 27-8-920
L’Ufficiale di Matricola
DOMICILIO ELETTO ALL’ATTO
DELL’INVIO IN CONGEDO
e successivi cambiamenti
(Nelle grandi città indicare anche la via e il numero)
DISTINZIONI E SERVIZI SPECIALI
(specchio C del foglio matricolare)
ANNOTAZIONI
per il personale ascritto a corpi o servizi
pei quali sono stabilite dispense dalle chiamate.
DATA
CORPO
O SERVIZIO
DI
ASCRIZIONE
CESSAZIONE
Nulla osta per conseguire il passaporto per l’estero e
rimpatrii.
DATA DEL RILASCIO del nulla
osta e del rimpatrio
REGIONE
IN CUI SI RECA
CAMPAGNE, AZIONI DI MERITO
DECORAZIONI, ENCOMI, FERITE, LESIONI, FRATTURE, MUTILAZIONI IN GUERRA OD IN SERVIZIO
(Specchio D del foglio matricolare)
Tavian Cesare
(Numero di matricola)
DATI E CONTRASSEGNI
PERSONALI
(Cognome e nome)
ARRUOLAMENTO, SERVIZI PROMOZIONI
1892
(Anno di nascita)
DATA
ED ALTRE VARIAZIONI MATRICOLARI
SOLDATO DI LEVA 2a CATEGORIA, CLASSE 1892,
DISTRETTO DI VERONA
IN CONGEDO ILLIMITATO
26 marzo 1912
Chiamato alle armi per istruzione e giunto il
20 luglio 1913
Tale nel 72° reggimento fanteria
24 luglio 1913
Tale nel Deposito in Mantova del Reggimento Fanteria
in Mantova e mandato in congedo illimitato
20 dicembre
Concessa dichiarazione di aver tenuto buona condotta e
1913
d’aver servito con fedeltà ed onore
VERIFICATO Verona, 10-3-1914
L’UFFICIALE DI MATRICOLA
Richiamato alle armi a senso del decreto 22 aprile 1915,
(circolare riservata n. 555 del Ministero della guerra
Direzione Gov. leva e truppa) e quindi al 72° Reggimento
Fanteria
Tale in territorio dichiarato in istato di guerra
Zappatore in detto
9 maggio 1915
Caporale in detto
23 maggio 1915
Tale prigioniero di guerra
5 maggio 1916
Rimpatriato
18 ottobre 1917
Assegnato all’80° Reggimento Fanteria
24 ottobre 1917
Passato al 254° Reggimento Fanteria
9
novembre 1918
DOMICILIO ELETTO ALL’ATTO Passato all’80° Reggimento Fanteria
16
gennaio 1919
DELL’INVIO IN CONGEDO
Inviato in congedo illimitato ai sensi circ. 439
e successivi cambiamenti
15 marzo 1919
Tale nel Deposito Reggimento Fanteria in Mantova suo
(Nelle grandi città indicare anche la via e il numero)
31 luglio 1919
centro di smobilitazione
DISTINZIONI E SERVIZI
28 agosto 1919
Concessa dichiarazione di aver tenuto buona condotta e
SPECIALI
d’aver servito con fedeltà ed onore
(specchio C del foglio matricolare)
28 agosto 1919
Verificato Verona, 1 sett.
L’Ufficiale di matricola
ANNOTAZIONI
Autorizzato a fregiarsi della Medaglia Commemorativa
per il personale ascritto a corpi o servizi
pei quali sono stabilite dispense dalle
Nazionale della guerra 1915-1918, istituita con Regio
chiamate.
decreto n. 1241, in data 20 luglio e apporre sul nastro
Residenza Bonavigo
della medaglia le fascette corrispondenti agli anni di
DATA
CORPO
DI
O
guerra (Circ. 552 del G.M.1920)
SERVIZIO
ASCRIZIONE CESSAZIONE Autorizzato a fregiarsi della medaglia interalleata della
Vittoria (R.D. n.°637 del 6-4-1922) concessione n.°
77743
Figlio di Matteo Alessio
e di Bertelli Luigia
nato il 31 Luglio 1892
a
Bonavigo
Circondario di Bonavigo
Statura m. 1,67
Torace m. 0,85
colore neri
Capelli
forma lisci
Occhi
castani
Colorito bruno
Dentatura sana
Segni particolari
//
Arte o professione contadino
Leggere sì
Se sa
Scrivere sì
Ha estratto il N. 433 nella
leva 1892 quale inscritto nel
Comune di Bonavigo
Mandamento di Legnago
Circondario di Verona
CAMPAGNE, AZIONI DI MERITO
Nulla osta per conseguire il passaporto
per l’estero e rimpatrii.
DATA DEL
RILASCIO del nulla
osta e del rimpatrio
REGIONE
IN CUI SI RECA
DECORAZIONI, ENCOMI, FERITE, LESIONI, FRATTURE, MUTILAZIONI IN GUERRA OD IN
SERVIZIO
(Specchio D del foglio matricolare)
Campagna di guerra 1915-1916-1917
Tale iscritto nel ruolo 71 B. della forza in congedo Fanteria del Distretto ….
Verificato a Verona il……..
Il capo sezione
Cap. Larchesini Augusto
47095
Maistrello Pietro
(Numero di matricola)
(Cognome e nome)
DATI E CONTRASSEGNI
PERSONALI
ARRUOLAMENTO, SERVIZI PROMOZIONI
Figlio di Gaetano
e di Gregori Anna
nato il 16 aprile 1893
a Montagnana
Circondario di Vicenza
Statura m. 1,65
Torace m. 0,93
colore castano
Capelli
forma lisci
Occhi grigi
Colorito roseo
Dentatura sana
Segni particolari
Arte o professione contadino
Leggere sì
Se sa
Scrivere sì
Ha estratto il N. 183 nella
leva 1893 quale inscritto nel
Comune di Campiglia dei
Berici
Mandamento di Lonigo
Circondario di Vicenza
SOLDATO di leva 1 categoria classe 1893, distretto di
VICENZA e lasciato in congedo illimitato il
CHIAMATO ALLE ARMI; GIUNTO
TALE nel 5° Reggimento Fanteria
Tale trombettiere in detto
Ha procurato al fratello Alberto, della classe 1895, del
distretto di Vicenza, col numero 2645 di matricola, il
ritardo della chiamata alle armi ai termini dell’art.108
della legge sul reclutamento.
Tale nella sezione deposito di Castrovillari per la unità di
milizia mobile
TALE nel 142° Reggimento Fanteria Milizia Mobile
Caporale trombettiere in detto
Giunto in territorio dichiarato in stato di guerra
CAPORALE MAGGIORE trombettiere in detto
Esonerato della carica di trombettiere
Sergente in detto
Sergente maggiore in detto (ordine comando per Corpo
armata in data 15-4-1918
Tale inviato in congedo illimitato
DOMICILIO ELETTO ALL’ATTO
DELL’INVIO IN CONGEDO
e successivi cambiamenti
(Nelle grandi città indicare anche la via e il numero)
DISTINZIONI E SERVIZI
SPECIALI
(specchio C del foglio matricolare)
ANNOTAZIONI
per il personale ascritto a corpi o servizi
pei quali sono stabilite dispense dalle
chiamate.
CORPO
O
SERVIZIO
1890
(Anno di nascita)
DATA
ED ALTRE VARIAZIONI MATRICOLARI
a
8 aprile 1913
18 settembre
1913
26 settembre
1913
16 luglio 1914
5 gennaio 1915
5 gennaio 1915
13 aprile 1915
8 giugno 1915
15 luglio 1915
17 giugno 1916
21 agosto 1916
1 aprile 1918
5 settembre 1919
Effettuato il pagamento del premio di cui alla circolare
n.114 del Giornale militare 1919 di 300
Tenuta buona condotta
VERIFICATO: Vicenza 19 MARZO 1925:
L’UFFICIALE
Capo della Seconda sezione
Inscritto nel ruolo 118 della forza in congedo arma di
Fanteria del distretto militare di Verona
DATA
DI
ASCRIZIONE
CESSAZIONE
CAMPAGNE, AZIONI DI MERITO
Nulla osta per conseguire il passaporto
per l’estero e rimpatrii.
DATA DEL
RILASCIO del nulla
osta e del rimpatrio
REGIONE
IN CUI SI RECA
DECORAZIONI, ENCOMI, FERITE, LESIONI, FRATTURE, MUTILAZIONI IN GUERRA OD IN
SERVIZIO
(Specchio D del foglio matricolare)
Campagna di guerra 1915
Decorato di medaglia d’argento al valor militare con Decreto
Luogotenenziale 10-5-1917 (Dispaccio 39 del 29-5 del Bollettino Ufficiale).
Autorizzato a fregiarsi della Medaglia Commemorativa Nazionale della
guerra 1915-1918, istituita con Regio decreto n. 1241, in data 20 luglio e
apporre sul nastro della medaglia le fascette corrispondenti agli anni di
campagna 1915- 1918
9473
Ferrari Egidio
(Numero di matricola)
(Cognome e nome)
DATI E CONTRASSEGNI
PERSONALI
ARRUOLAMENTO, SERVIZI PROMOZIONI
ED ALTRE VARIAZIONI MATRICOLARI
SOLDATO DI LEVA 1a CATEGORIA, CLASSE 1897,
DISTRETTO DI VERONA E LASCIATO IN
CONGEDO ILLIMITATO
Chiamato alle armi e giunto
Giunto in territorio dichiarato in stato di guerra
Ammesso al volontariato di un anno con il computo del
servizio già prestato e quindi e quindi con la decorrenza
dal 23 settembre 1916 (legge 4 agosto 1895 n. 479 e §
280, lettera e) dell’istruzione complementare al
regolamento del reclutamento
Tale nell’8° Reggimento Artiglieria Campo (specialità
treno)
Caporale in detto
Tale nella 6a Compagnia Automobilistica Manovratore
Tale nel 1° autoparco
Tale sergente in detto (ordine permanente 3966 in data 89-1918 del comando 11° autoparco
Tale nell’8° Reggimento Artiglieria Campagna
Tale nell’11° autoparco
Andato in congedo illimitato a senso della circolare 240
Giornale militare 1920
Effettuato il pagamento della indennità di cui alla
circolare n°II del G.M. 1919 in lire 330 dall’11°
DOMICILIO ELETTO ALL’ATTO autoparco
Tenuta buona condotta e servito con fedeltà ed onore
DELL’INVIO IN CONGEDO
e successivi cambiamenti
Tale nel distretto militare di Verona
Circolare 391 G.M. n° 21
(Nelle grandi città indicare anche la via e il numero)
Trasferito nella forza in congedo dell’automobilismo
DISTINZIONI E SERVIZI
militare – fascicolo n. 25 del Ruolo modello 116 –
SPECIALI
circolare n. 40039 in data 26-6-1939 XVII del ministero
(specchio C del foglio matricolare)
della guerra
Figlio di Tullio
e di Soave Giuseppina
nato il 1° settembre 1897
a San Pietro Morubio
Circondario diVerona
Statura m. 1,69
Torace m. 0,94
Colore castano
Capelli
Forma ondulata
Occhi castani
Colorito roseo
Dentatura sana
Segni particolari
Arte o professione
automobilista
Leggere sì
Se sa
Scrivere sì
Ha estratto il N./ nella leva
1897 quale inscritto nel
Comune di Minerbe
Mandamento di Legnago
Circondario di Verona
1897
(Anno di nascita)
DATA
16 maggio 1916
23 settembre
1916
23 settembre
1916
3 ottobre 1916
3 ottobre 1916
15 maggio 1917
20 dicembre
1917
21 dicembre
1917
11 novembre
1917
10 ottobre 1916
20 gennaio 1918
22 luglio 1938
1° maggio 1920
10 settembre
1921
ANNOTAZIONI
per il personale ascritto a corpi o servizi
pei quali sono stabilite dispense dalle
chiamate.
CORPO
O
SERVIZIO
DATA
DI
ASCRIZIONE
CESSAZIONE
TALE inscritto sul ruolo 71 B della forza in congedo
22 luglio 938
automobilisti del distretto militare di Verona
VERIFICATO a Verona li 11 settembre 1929
IL CAPO SEZIONE
Cap. Lachesini Augusto
1 settembre 1921
CAMPAGNE, AZIONI DI MERITO
Nulla osta per conseguire il passaporto
per l’estero e rimpatrii.
DATA DEL
RILASCIO del nulla
osta e del rimpatrio
REGIONE
IN CUI SI RECA
DECORAZIONI, ENCOMI, FERITE, LESIONI, FRATTURE, MUTILAZIONI IN GUERRA OD IN
SERVIZIO
(Specchio D del foglio matricolare)
Campagna di guerra 1917-1918
1763 (Art. pesante)
Motteran Andrea
(Numero di matricola)
(Cognome e nome)
Vedi ruolo 1
DATI E CONTRASSEGNI
PERSONALI
Figlio di Augusto
e di Saggioro Maddalena
nato in Minerbe
l’8 settembre 1897
Circondario di Verona
Statura m. 1,71
Torace m. 0,86
Colore castani
Capelli
Forma lisci
Occhi castani
Colorito roseo
Dentatura sana
Segni particolari
Arte o professione carettiere
Leggere
Se sa
Scrivere
Ha estratto il N.
nella leva
18 quale inscritto nel
Comune di Legnago
Mandamento di Legnago
Circondario di Verona
a
1897
(Anno di nascita)
categoria N.° 9542
ARRUOLAMENTO, SERVIZI PROMOZIONI
ED ALTRE VARIAZIONI MATRICOLARI
DATA
Soldato di leva 1a Categoria classe 1897, Distretto di
Verona e lasciato in congedo illimitato
18 maggio 1916
Chiamato alle armi e giunto
23 settembre
Giunto in territorio dichiarato in istato di guerra
1916
Tale nel dep. Del 10° Regg. Art. Fortezza
23 settembre
Tale nel 9° Regg. Atr. Fortezza 228 Batt.
1916
Tale nel 10° Regg.Art. Fortezza
5 ottobre 1916
Tale nel 7° Regg. Art. Fortezza 10a compagnia
1 luglio 1917
Tale nel 8° Regg. Art. Fortezza per mobilitazione 512
31 luglio 1917
Batt. Assedio
9 novembre 1917
Riconosciuto titolo 3 a categoria (Determinazione del
Consiglio di leva di Verone in data )
4 gennaio 1918
Congedato
Pagato premio in £ 150 dal 9 Regg. Artigl.Fortezza più £
80 del pacco vestiario
3 gennaio 1920
DOMICILIO ELETTO ALL’ATTO
DELL’INVIO IN CONGEDO
e successivi cambiamenti
(Nelle grandi città indicare anche la via e il numero)
DISTINZIONI E SERVIZI
SPECIALI
(specchio C del foglio matricolare)
ANNOTAZIONI
per il personale ascritto a corpi o servizi
pei quali sono stabilite dispense dalle
chiamate.
CORPO
O
SERVIZIO
DATA
DI
ASCRIZIONE
CESSAZIONE
CAMPAGNE, AZIONI DI MERITO
Nulla osta per conseguire il passaporto
per l’estero e rimpatrii.
DATA DEL
RILASCIO del nulla
osta e del rimpatrio
REGIONE
IN CUI SI RECA
DECORAZIONI, ENCOMI, FERITE, LESIONI, FRATTURE, MUTILAZIONI IN GUERRA OD IN
SERVIZIO
(Specchio D del foglio matricolare)
2053
Biscuola Antonio
(Numero di matricola)
(Cognome e nome)
DATI E CONTRASSEGNI
PERSONALI
ARRUOLAMENTO, SERVIZI PROMOZIONI
ED ALTRE VARIAZIONI MATRICOLARI
1884
(Anno di nascita)
DATA
Soldato di leva 1a categoria classe 1884
Distretto Padova e lasciato in congedo illimitato
27 luglio 1904
Designato per la ferma di due anni
Chiamato alle armi e giunto
31 dicembre
Tale nel 48° Regg. Fanteria
1904
Tale effettivo al Deposito del Reggimento Padova (P.) e 12 gennaio 1905
mandato in congedo illimitato
Concessa dichiarazione di buona condotta
4 settembre 1906
Chiamato alle armi per istruzione, giunto
Mandato in congedo illimitato
18 agosto 1909
Tale nel Deposito in Padova del Reggimento Fanteria in 4 settembre 1909
Padova-P. (Tabelle di reclut. e mobilità 1913)
Tale nella milizia mobile di detto
1 luglio 1913
Chiamato alle armi per mobilità col R.D. 22 maggio 1915
31 dicembre
(circ. n.370 e 741 del G.M.) e giunto
1913
Giunto in territorio dichiarato in istato di guerra
Tale nel 40° Regg. Fanteria
10 ottobre 1915
Destinato alle truppe mobilitate in zona di guerra col 40° 10 ottobre 1915
Regg. Fanteria
25 ottobre 1915
Tale nel 220° Regg. Fanteria
Tale prigioniero di guerra
25 ottobre 1915
Rientrato al deposito del 58° Regg. Fanteria
21 dicembre
Inviato in licenza illimitata
1916
Provvisto
di
congedo
illimitato
in
Patria
10
ottobre
1918
DOMICILIO ELETTO ALL’ATTO
Concessa dichiarazione di aver tenuto buona condotta e 9 febbraio 1919
DELL’INVIO IN CONGEDO
e successivi cambiamenti
di aver servito con fedeltà ed onore
3 febbraio 1919
Effettuato
il
pagamento
del
premio
di
cui
alla
circ.
114
15 agosto 1919
(Nelle grandi città indicare anche la via e il numero)
del G.M. 19019 in £ 250
DISTINZIONI E SERVIZI
Prosciolto definitivamente dal servizio il
SPECIALI
Ripristinato nella posizione di congedo illimitato per
31 dicembre
(specchio C del foglio matricolare)
effetto della legge 27 giugno 1929 n. 1144 circ. 486del
1929
G.M. anno 1929
Tale inscritto nel ruolo 71 B della forza in congedo di
31 dicembre
ANNOTAZIONI
per il personale ascritto a corpi o servizi
Fanteria del Distretto militare di Padova
1929
pei quali sono stabilite dispense dalle
Padova
17-2-19…
chiamate.
Figlio di Pietro
e di Crema Regina
nato il 24 marzo
a Montagnana
Circondario di
Statura m.
Torace m.
Colore
Capelli
Forma
Occhi
Colorito
Dentatura
Segni particolari
Arte o professione
Contadino
Leggere
Se sa
Scrivere
Ha estratto il N.
nella leva
quale inscritto nel Comune di
Merlara, prov. Padova
Mandamento di
Circondario di
CORPO
O
SERVIZIO
DATA
DI
ASCRIZIONE
CESSAZIONE
CAMPAGNE, AZIONI DI MERITO
Nulla osta per conseguire il passaporto
per l’estero e rimpatrii.
DATA DEL
RILASCIO del nulla
osta e del rimpatrio
REGIONE
IN CUI SI RECA
DECORAZIONI, ENCOMI, FERITE, LESIONI, FRATTURE, MUTILAZIONI IN GUERRA OD IN
SERVIZIO
(Specchio D del foglio matricolare)
29021
Gironda Beniamino
(Numero di matricola)
(Cognome e nome)
DATI E CONTRASSEGNI
PERSONALI
ARRUOLAMENTO, SERVIZI PROMOZIONI
ED ALTRE VARIAZIONI MATRICOLARI
1888
(Anno di nascita)
DATA
Figlio di Giuseppe
e di Zanarotto Albina
nato il 24 febbraio 1988
a Pressana
Circondario di Verona
Statura m. 1,54
Torace m. 0,95
Colore scuri
Capelli
Forma lisci
Occhi castani
Colorito roseo
Dentatura sana
Segni particolari
Arte o professione
Agricoltore
Leggere sì
Se sa
Scrivere sì
Ha estratto il N. 191 nella
leva 188 quale inscritto nel
Comune di Pressana
Mandamento di Cologna
Veneta
Circondario di Verona
SOLDATO DI LEVA I CATEGORIA CLASSE 1888,
7
DISTRETTO DI VERONA . GIA’ RIFORMATO E
RIVISITATO
A
SENSO
DEL
DECRETO
LUOGOTENENZIALE 18 GENNAIO 1916 E
LASCIATO IN CONGEDO ILLIMITATO
11 marzo 1916
Chiamato e giunto
3 maggio 1916
Tale nel Dep. 3° Regg. Fanteria
8 maggio 1916
Giunto in territorio dichiarato in istato di guerra
28 luglio 1916
Partito da territorio dichiarato in istato di guerra per 23 febbraio 1917
malattia
14 aprile 1917
Giunto in territorio dichiarato in istato di guerra
14 aprile 1917
Tale nel 44° Fanteria
19 giugno 1917
Tale nel centro di Mobilitazione Mitragliatrici Fiat
15 giugno 1918
Tale prigioniero di guerra
18 novembre
Rimpatriato dalla prigionia
1918
Tale nel 37° Regg. Fanteria
19 novembre
Inviato in licenza illimitata circ. 335 G.M. 919
1918
Partito da territorio di guerra
15 giugno 1919
Mandato in congedo illimitato a senso della circolare 424
15 giugno 1919
del Giornale Militare 919
16 agosto 1919
Pagamento della indennità di cui alla circ. …..£ 200
Dichiarazione di aver tenuto buona condotta e di aver con
servito fedeltà ed impegno
Verificato a Verona
31 dicembre
DOMICILIO ELETTO ALL’ATTO Ripristinato nella posizione di congedo illimitato per
effetto della legge 27 giugno 1929 n 415 del G.M. 1929
1927
DELL’INVIO IN CONGEDO
e successivi cambiamenti
Verificato
a
Verona
il
15-12-1929
(Nelle grandi città indicare anche la via e il numero)
DISTINZIONI E SERVIZI
SPECIALI
(specchio C del foglio matricolare)
ANNOTAZIONI
per il personale ascritto a corpi o servizi
pei quali sono stabilite dispense dalle
chiamate.
CORPO
O
SERVIZIO
DATA
DI
ASCRIZIONE
CESSAZIONE
CAMPAGNE, AZIONI DI MERITO
Nulla osta per conseguire il passaporto
per l’estero e rimpatrii.
DATA DEL
RILASCIO del nulla
osta e del rimpatrio
REGIONE
IN CUI SI RECA
DECORAZIONI, ENCOMI, FERITE, LESIONI, FRATTURE, MUTILAZIONI IN GUERRA OD IN
SERVIZIO
(Specchio D del foglio matricolare)
Campagne di guerra 1916-1917-1918
279
Tavian Giuseppe
(Numero di matricola)
(Cognome e nome)
DATI E CONTRASSEGNI
PERSONALI
ARRUOLAMENTO, SERVIZI PROMOZIONI
Figlio di Angelo
e di De Grossoli Santa
nato il 25 agosto 1995
a Bonavigo
Circondario di Legnago
Statura m. 1,65
Torace m. 0,80
Colore castani
Capelli
Forma lisci
Occhi castani
Colorito bruno
Dentatura sana
Segni particolari
Arte o professione
falegname
Leggere sì
Se sa
Scrivere sì
Ha estratto il N.
nella leva
quale inscritto nel Comune di
Minerbe
Mandamento di Legnago
Circondario di Verona
Soldato di leva II categoria classe 1895 Distretto di
Verona e lasciato in congedo illimitato
Chiamato alle armi per istruzione e giunto
Tale nel 14° Regg. Fanteria
GIUNTO in territorio dichiarato in istato di guerra
Morto nell’ospedale di campo N° 332
ED ALTRE VARIAZIONI MATRICOLARI
1895
(Anno di nascita)
DATA
3 dicembre 1914
14 gennaio 1915
14 gennaio 1915
24 maggio 1915
16 marzo 1919
VERIFICATO , VERONA, 8 febbraio 1929
IL Capo Sezione
ANNOTAZIONI
per il personale ascritto a corpi o servizi
pei quali sono stabilite dispense dalle
chiamate.
CORPO
O
SERVIZIO
DATA
DI
ASCRIZIONE
CESSAZIONE
EVENTUALI INDICAZIONI
circa il domicilio o la residenza in Italia e all’estero.
DISTINZIONI
E SERVIZI
SPECIALI
(specchio C del
foglio
matricolare)
REGIONE
IN CUI SI RECA
CAMPAGNE, AZIONI DI MERITO
DECORAZIONI, ENCOMI, FERITE, LESIONI, FRATTURE, MUTILAZIONI IN GUERRA OD IN
SERVIZIO
(Specchio D del foglio matricolare)
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celebrazione del 4 novembre - istituto comprensivo "berto barbarani"