notizie
n 4. 2008 anno XXVI
BREVI
dal Policlinico di Milano
Periodico di informazione del Centro Trasfusionale e di Immunoematologia
donatori
in diretta
il nostro
Centro fa
scuola anche
all’estero
In caso di mancato recapito restituire al mittente che pagherà la relativa tassa
spedizione in a.p. art: 2 comma 20/c legge 662/96 - Filiale di Milano
trapianti
news
fondazione
informa
quando si
riaccendono
i microfoni
alimentazione
e benessere
la comunità
dei trapianti
ospite a
Venezia
conoscere
i vaccini
dieta e
diabete
tempo
libero
mercatini
(& Co.)
di Natale
Quest’anno
presepe o albero?
l’importante è il dono
Anche quest’anno puoi scegliere fra presepe e albero ma
ricordati che in molti aspettano da te un grande regalo: la tua
donazione di sangue.
Per scoprire come e quando donare www.donatorisangue.org
Associazione Amici del Policlinico e della Mangiagalli Donatori di Sangue
Gioco di
squadra
sommario
i servizi
A passi rapidi ci avviamo verso l’inverno mentre
l’ombra sinistra delle malattie da raffreddamento
s’allunga sul nostro servizio trasfusionale. Dopo
una brillante estate, che ha visto un eccezionale
afflusso di donatori, ci troviamo anche noi a fare i conti con l’aumento inquietante di raffreddori, tosse, forme influenzali che, oltre ai
giorni di vera e propria malattia, richiedono spesso l’impiego di farmaci che per un certo tempo escludono dalla donazione.
Anche noi, in tempi ormai lontani, abbiamo vissuto per anni l’angoscia
di veder calare il numero delle donazioni mentre le richieste giungono
sempre più puntuali e numerose in questo periodo dell’anno. Allora ti
prende l’ansia di non riuscire a reintegrare le scorte e ti ritrovi a tempestare di telefonate la sala salasso per sapere quanti donatori sono stati
prelevati, e la segreteria per vedere quanti ancora sono in attesa del prelievo. Mi ricordo in particolare il panico di quando ci preannunciavano
un trapianto di fegato, magari di pazienti Rh negativi, e le nostre scorte
erano troppo esigue per questo tipo di intervento, che allora richiedeva
centinaia di unità di globuli rossi, plasma e piastrine. Fortunatamente
oggi non è più così: il progresso della medicina e della tecnica chirurgica
è stato di tale portata da ridurre drasticamente il fabbisogno trasfusionale in caso di trapianto. In compenso molti altri interventi sono oggi possibili e altre patologie vengono oggi trattate, con il risultato che il numero dei pazienti è in continuo aumento e le richieste di trasfusione pure.
E nei momenti di difficoltà l’organizzazione del servizio trasfusionale
deve adeguarsi con iniziative tempestive ed efficaci al fine di assicurare ad ogni malato il trattamento trasfusionale di cui ha bisogno.
Ancora una volta il successo è legato all’impegno del personale e del
gruppo di volontari ben inseriti nella struttura, che collaborano
gomito a gomito con i dipendenti. Ma come?
Sulla scia dell’esperienza passata, quando nei momenti di crisi sollecitavamo in particolare i dipendenti dell’Ospedale a donare nell’arco di
poche ore, è sorto il gruppo dell’emergenza, costituito da donatori che
danno la loro disponibilità a donare in un arco di tempo limitato (entro
le 48 ore dalla chiamata del Centro). Cosimo Santoro ha raccontato di
recente, sulle pagine di ‘Brevi’, dei progressi di questo formidabile
gruppo. In quelle stesse pagine Gianfranco Contino e Giorgio
Marmiroli in più occasioni ci hanno illustrato i loro sforzi per far
crescere il numero dei capigruppo, personaggi chiave del Centro che
si impegnano a promuovere la donazione presso colleghi, amici, conoscenti, studenti: la loro mobilitazione nel momento dell’urgenza è
spesso risultata salvavita per alcuni pazienti. Per non parlare dei
telefonisti che all’occorrenza aumentano la loro permanenza al
Centro per chiamare alla donazione quante più persone possibili.
È nei momenti di crisi che si apprezza l’importanza del lavoro di
squadra. Una squadra dove ogni giocatore ha un compito ben preciso
e tutti collaborano, ognuno al proprio posto, per vincere la partita.
Una partita che non dà accesso a premi milionari, né a audience da
capogiro, dove si vince un’unica coppa: la coppa della vita.
Direttore scientifico
donatori in diretta
4 Il nostro Centro fa scuola
anche all’estero
trapianti news
7 La comunità dei trapianti ospite a Venezia
Un pioniere del secolo scorso
fondazione informa
10 Quando si riaccendono i microfoni
13 Cultura e Scienza insieme a teatro
congressi in diretta
21 News dalla AABB
alimentazione e benessere
22 Dieta e diabete
tempo libero
26 Mercatini (& Co.) di Natale
le rubriche
inserto vaccini
14 Conoscere i vaccini
STAMINALI
18 Cellule staminali: così cresce anche il tumore
20 Un opuscolo per diffondere la donazione
di sangue placentare
caro ‘Brevi’ ti scrivo
29 Le vostre lettere
parliamo di noi
30 Storie dal Centro trasfusionale
In copertina
Immagini di Natale. (foto dal sito Office Online)
donatori in diretta
Il nostro Centro fa scuola
anche all’estero
In questa sezione vogliamo parlarvi di due esperienze che hanno visto, in modo diverso, la
partecipazione del nostro Centro ad iniziative estere. A parlarcene un nostro storico donatore,
il dottor Roberto Fonda, impegnato in un progetto sanitario in Camerun e il dottor Giorgio
Marmiroli atterrato a Mosca per esportare la cultura e l’esperienza della nostra Associazione
Una speranza per i bambini
del Camerun
di Roberto Fonda
Ho frequentato per diversi anni il
Centro trasfusionale ed ho effettuato 49 donazioni prima che il
combinato effetto dell’età e di un
piccolo problema di salute mi
costringesse a rinunciare. Mi sono
rimasti però percezioni e ricordi
molto belli e la convinzione di aver
fatto qualcosa di utile, non solo per
gli altri ma anche per me stesso.
Per ragioni professionali ho prestato attività nel settore
Amministrazione e Controllo di
Gestione anche di strutture sanitarie e dopo essere andato in pen-
sione ho continuato con ritmi un
po’ più contenuti a ‘divertirmi’
(come dice mia moglie) in qualità
di consulente. Ho destinato un
po’ di tempo al volontariato ed
ho accettato di buon grado la proposta che mi è stata fatta di coordinare altri volontari impegnati in
un progetto per la costruzione di
un Centro di Cardiochirurgia in
Camerun. La qualifica di primus
inter pares mi derivava dal fatto
che mi ero interessato di problemi
organizzativi nella ricostruzione
del Dipartimento Cardiovascolare
Sullo sfondo il nuovo Centro di
Cardiochirurgia caratterizzato dai
tetti verdi. In primo piano si può
notare una parte dell’ospedale esistente (350 posti letto) che per la
Regione costituisce una realtà
sanitaria di assoluta essenzialità
nell’offrire diagnosi e cure nelle
specialità di base (ostetricia e
ginecologia, medicina generale,
malattie infettive, pediatria e chirurgia generale).
di un grande ospedale lombardo.
Da ‘vecchio’ donatore mi sono
subito reso conto che il progetto
in corso per la costruzione di
quel Centro di Cardiochirurgia
avrebbe richiesto grandi quantità
di sangue per gli interventi a
cuore aperto.
Così ho chiesto al professor
Sirchia se poteva aiutarci a for-
mare una figura professionale
idonea a potenziare la piccola
unità già in funzione nell’ospedale esistente e presso cui il nuovo
Centro di Cardiochirurgia sta
Le anime del progetto
Associazione Cuore Fratello onlus
Associazione Bambini Cardiopatici nel Mondo
Cuore Fratello onlus è un’associazione di volontariato e cooperazione internazionale che abbraccia la causa del diritto alla salute
dei più deboli, e si impegna per garantire concretamente tale diritto
innanzitutto ai bambini, con particolare attenzione a quelli cardiopatici dei Paesi in via di sviluppo.
Nel 2005, Cuore Fratello è stata insignita del prestigioso Premio
per la Pace Lombardia, nella categoria del voto online.
Nel mondo ci sono più di 5 milioni di bambini con cardiopatia congenita. Ogni anno ne nascono 800.000 e, di questi, 600.000 muoiono prima di poter essere operati.
nel 1993 nasce a Milano, dall’ispirazione e dalla volontà di un
gruppo di medici e volontari italiani, l’Associazione Bambini
I nostri obiettivi: curare, ospitare, incontrare.
Fra i nostri progetti una Cardiochirurgia in Camerun
Cuore Fratello, in collaborazione con altri partner, sta realizzando a
Shisong, in Camerun, un Centro di Cardiochirurgia dedicato prevalentemente ai bambini. In attesa che il Centro diventi operativo, i
casi più urgenti vengono operati presso il Policlinico San Donato,
dove si sta ultimando anche la formazione del personale camerunese, che garantirà lo svolgimento delle attività mediche e chirurgiche previste a Shisong.
www.cuorefratello.org
Cardiopatici nel Mondo - Associazione Internazionale per le
Cardiopatie Infantili.
L’attività dell’Associazione si svolge sia in Italia che all’estero,
soprattutto in paesi in via di sviluppo che non ospitano strutture
ospedaliere in grado di fornire le terapie necessarie alla cura delle
cardiopatie infantili.
L’opera dell’Associazione consiste nell’effettuare, nei vari centri
stranieri, interventi cardiochirurgici su bambini affetti da patologie
congenite complesse, nell'assistere i piccoli pazienti nel post-operatorio, nel fornire materiali tecnici indispensabili per questi interventi e nell’organizzare corsi di insegnamento nelle varie discipline.
Offre in Italia borse di studio nelle varie specialità di cardiochirurgia
ai medici stranieri
www.bambinicardiopatici.it
cosa prevede il progetto
2 sale operatorie.
10 postazioni di terapia intensiva.
1 quartiere emodinamico.
Degenze bambini ed adulti per un totale di
42 posti letto, più 12 culle assistite.
> 1 ambulatorio per i pazienti esterni.
Il Centro, a pieno regime, sarà in grado di
effettuare 500 interventi di cardiochirurgia
>
>
>
>
all’anno, migliaia di esami coronarografici e
centinaia di angioplastiche.
nascendo, in modo da poterlo
gestire secondo i più aggiornati
protocolli. Il professore ha accolto
la richiesta ed è così che è arrivato, al Marangoni, Thomas Likeki,
il tecnico di laboratorio che lavora
a Shisong, nel nord ovest del
Camerun, nell’ospedale creato e
gestito dalle Suore Terziarie
Francescane dell’Ordine di
Bressanone.
Come è nato il progetto
Nel 2002 due associazioni, Cuore
Fratello onlus e Bambini
Cardiopatici nel Mondo, racco-
gliendo l’invito di un frate
Cappuccino, Fra’ Angelo Pagano,
anch’egli in missione a Shisong,
hanno deciso di impegnarsi in un
progetto molto ambizioso, con il
coinvolgimento entusiasta delle
Suore Francescane: la creazione
di un Centro di Cardiochirurgia.
Le due Associazioni conoscevano
la situazione medico-sanitaria
della Regione africana anche per i
numerosi interventi già eseguiti
nel Policlinico di San Donato
Milanese in pazienti africani. Da
quando è iniziato il progetto infatti, circa 110 bambini sono stati
operati a San Donato, richieden-
do un forte sforzo logistico e
grande impegno di risorse; ciò in
attesa che il Centro parta. Ma
l’idea forte che stava alla base del
progetto era che, invece di far
venire i bambini malati di cuore
in Italia, bisognava offrire in loco
la possibilità di trattamento e
cura, con medici, infermieri e tecnici locali. Il progetto ha previsto
ed attuato un severo ed intenso
programma di formazione al
Policlinico di San Donato per cardiochirurghi, cardiologi, anestesi-
La foto è stata fatta
sugli altopiani che circondano Shisong, con
amici e con i Frati che
gestiscono la Scuola
Agraria (quello con la
barba è Fra’ Angelo); il
quarto da sinistra è
Alessandro Giamberti,
Cardiochirurgo; chi scrive è al centro con la
macchina fotografica.
sti rianimatori, perfusionisti e ferristi. Il training sta per finire e
l’équipe sarà presto
pronta ad eseguire in
piena autonomia gli
interventi di cardiochirurgia e le procedure di
emodinamica.
I lavori, iniziati nel
dicembre del 2004, sono oggi terminati a ‘civile’ e cinque padiglioni attendono solo i montaggi
degli impianti elettrici, di condizionamento e dei gas medicali.
L’ultimo momento sarà l’arrivo
delle apparecchiature medicali.
L’inizio dell’attività è previsto
per giugno dell’anno prossimo.
Ho avuto il privilegio di recarmi quattro volte in Camerun
per seguire il progetto. Ogni
volta ho potuto apprezzare la
mitezza della gente e il forte
senso di ospitalità, non disgiunto da un alto grado di dignità,
considerando le difficili situazioni economiche in cui la
popolazione vive.
Le Suore Francescane ed i Frati
Cappuccini svolgono un’encomiabile azione di assistenza e di
presenza e sono molto benvoluti
da tutti. I contrasti interreligiosi
non appaiono in grado di scalfire
la pacifica convivenza. A titolo di
esempio: solo il 17% dei pazienti
curati nell’ospedale esistente di
Shisong sono cattolici; il resto,
animisti, musulmani, ecc.
Addestramento al Marangoni
Il training di Thomas sta proseguendo con profitto. Per l’inquadramento delle problematiche inerenti la costruzione, e lo
sviluppo di una Banca del
Da sinistra
Thomas
Likeki, il dottor Marmiroli
e le sue collaboratrici:
Sabrina,
Stefania e
Stefania.
Sangue, Thomas è stato affidato
all’attenta valutazione del dottor Marconi, il tirocinio sul
campo è seguito dal dottor
Marmiroli. Ricordo che in
Camerun, come in quasi tutti i
Paesi africani, i donatori non
raramente si fanno pagare e
soprattutto non esistono idonei
controlli che possano assicurare livelli di sicurezza accettabili.
Il compito di Thomas sarà
anche di coinvolgimento culturale dei suoi concittadini, oltre
che quello di assicurare il
rispetto di protocolli consolidati
nella scelta del donatore, nella
raccolta e conservazione del
sangue prima del suo utilizzo.
Il dottor Marconi ci ha aiutato
nell’identificare la via attraverso
la quale poter avere delle apparecchiature sanitarie dismesse
non per ragioni di mancanza di
sicurezza ma per obsolescenza
tecnica. Tali apparecchiature
potranno essere molto utili nell’attrezzare la Banca del Sangue
di Shisong e ci auguriamo di
poterne avere l’assegnazione. Al
professor Sirchia, al dottor
Marconi ed al dottor Marmiroli
un grosso grazie per la disponibilità e per il travaso di conoscenze utile alla creazione di
una Banca del Sangue sul
modello di quella milanese.
NOTIZIE BREVI
5
Il dottor Marmiroli visita la sala salasso del centro trasfusionale di
Nihznij Novgorod insieme alle infermiere.
Le buone pratiche della donazione
di sangue arrivano in Russia
La nostra Associazione è sempre stata attenta nello stabilire rapporti con altre
Associazioni a livello internazionale (congressi biennali mondiali della Croce
Rossa) così da diffondere le nostre iniziative e recepire metodi di successo di
altre realtà. Nell’ambito di questo interscambio sono stati ospitati un paio d’anni
fa alcuni funzionari di un’Associazione russa di Nihznij Novgorod che hanno
lavorato con noi per alcune settimane per recepire il nostro metodo di lavoro
nel reclutamento e mantenimento di nuovi donatori. Il problema maggiore della
donazione di sangue in Russia è quello della preponderanza della donazione
retribuita e familiare a discapito di quella volontaria e non retribuita. Per far fronte a questo problema e incrementare la donazione gratuita, di due membri
dell’Associazione russa ci hanno affiancato nelle nostre attività quotidiane di promozione presso le università e le scuole e contemporaneamente hanno contribuito alla formulazione di un piano operativo di marketing annuale. Visto il successo concreto di reclutamento donatori riportato successivamente nella città di Nihznij Novgorod, siamo stati invitati ad un
convegno nella città del Volga che riuniva associazioni tra le più importanti di tutta la Russia ed esperti del Ministero della
Salute russo: più precisamente l’incontro si è svolto in un albergo sulle rive del fiume nel mezzo di una foresta molto suggestiva.
La riunione ha permesso di mettere a fuoco gli aspetti organizzativi e operativi della nostra Associazione così da richiamare l’attenzione di altre Associazioni russe. Riceveremo infatti a breve la visita di una delegazione di Mosca per un training on the field
sulla promozione. L’esperienza è stata molto proficua anche per noi, perchè abbiamo potuto apprezzare alcune tecniche web di
coinvolgimento di giovani donatori che valuteremo e approfondiremo. L’ospitalità è stata molto calorosa, abbiamo avuto la possibilità di scambiare opinioni con i medici trasfusionisti e gustare fantastiche minestre a noi sconosciute. Personalmente non ho
gustato la vodka... con stupore dei partecipanti! (g.m.)
Natale 2008
Secondo avviso
A norma dell’art. 12 dello Statuto Associativo
sabato 13 dicembre
ore 16.00
Aula Magna Università degli Studi di Milano
via Festa del Perdono 7
Scattiamo ancora!
Avete ancora tempo per partecipare al
concorso fotografico dell’Associazione. il
tema di questa edizione è ‘l’avventura’
Dopo la fortunata edizione dello scorso anno, la nostra
Associazione ha deciso di riproporre la competizione. Scattate
ancora! E raccontateci attraverso l’occhio della vostra macchina fotografica cosa è per voi l’avventura. Anche quest’anno le
tre fotografie ritenute più belle saranno premiate in occasione
della nostra festa di Natale. In segreteria donatori trovate
regolamento e scheda di iscrizione. Tutto il materiale è disponibile anche sul sito dell’Associazione
www.donatorisangue.org. Allora quello che rimane da fare è
consegnare in segreteria o spedire all’Associazione le vostre
fotografie in cartaceo e in formato digitale (jpg a 300 dpi) firmate. Avete tempo fino al 1° dicembre.
Assemblea annuale dell’Associazione
‘Amici del Policlinico e della Mangiagalli
Donatori di Sangue’
Ordine del giorno
> Presentazione delle attività 2008
>
>
>
>
Modifiche di statuto
Sostituzione di un membro del Consiglio Direttivo
Premiazione donatori e collaboratori
Premiazione concorso fotografico
MODIFICHE DI STATUTO
Modifiche statutarie per il conseguimento della qualifica di onlus.
Il nuovo statuto è a disposizione sul sito dell’Associazione
www.donatorisangue.org nella sezione ‘Chi Siamo’
trapianti news
La comunità dei trapianti
ospite a Venezia
di Francesca Poli
Nei giorni 20 e 21 ottobre 2008 si è
svolta la Riunione TecnicoScientifica del Nord Italia Transplant
(NITp) che ha visto riuniti i rappre-
sentanti dei Centri che afferiscono a
questa organizzazione, il presidente
dell’AIRT (Associazione
Interregionale Trapianti), e il direttore del Centro Nazionale Trapianti
(CNT). Al convegno organizzato
dalla Regione Veneto, con la collaborazione del Centro Regionale e di
Eidon sotto la supervisione di
Giampietro Rupolo, coordinatore
regionale ai prelievi e direttore della programmazione
dell’assessorato alla sanità del Veneto, hanno anche partecipato i funzionari regionali Eugenio Gabardi, Luisella
Giglio, Paolo Perseghin, Franco Stazio, e oltre 400 operatori sanitari. I lavori sono stati aperti dal presidente
del NITp Cristiano Martini e da Gianpietro Rupolo.
Come nelle migliori tradizioni, la riunione ha costituito
un importante momento di confronto sulle diverse problematiche legate al trapianto di organi, oltre a rinsaldare i rapporti di collaborazione tra gli operatori del
NITp. È stata anche l’occasione per ribadire l’adesione
delle Regioni al Patto Federativo del NITp, la cui presidenza spetta quest’anno al Veneto. L’incontro si è
svolto nell’Auditorium del Padiglione intitolato a
Giovanni Rama, pioniere del trapianto di cornea in
Italia, sede della Banca degli Occhi del Veneto, nel
nuovo Ospedale dell’Angelo di Zelarino (Venezia)
inaugurati pochi mesi or sono.
Ecco qualche dato ripreso dalla presentazione di
Mario Scalamogna, direttore del Centro di
Riferimento del NITp.
Dal 1976 al 30 settembre 2008, sono stati effettuati nel
NITp, 12.817 trapianti di rene; 555 di rene-pancreas;
3.982 di cuore; 700 di polmoni e 5.486 di fegato, mentre 3.783 sono le persone ancora in lista d’attesa
(2.520 di rene, 136 di rene-pancreas, 470 di fegato, 492
di cuore, e 165 di polmoni). Mario Scalamogna ha
anche sottolineato l’ottima sopravvivenza degli organi
e dei pazienti trapiantati che, a quattro anni, è pari
all’89% per il trapianto di rene, 83% per il cuore, 76%
per il fegato e, di poco inferiore, 53% per il polmone.
L’attività di prelievo e di trapianto di tessuti con quasi
3.000 donatori e 3.263 pazienti trapiantati nei primi sei
mesi del 2008 è molto consistente. Su questi numeri
spicca il primato veneto nei tessuti donati e trapiantati.
Alessandro Nanni Costa, direttore del CNT, ha sottolineato il fatto che in Italia vengono trapiantati circa 3.000
organi solidi e circa 12-13.000 tessuti all’anno, vengono
eseguiti circa 5.000 trapianti di cellule (staminali autologhe, da famigliare, da donatore volontario, isole del
pancreas per pazienti diabetici). In Europa, l’Italia è il
Paese che compie più trapianti di cornea. Un’altra caratteristica tutta italiana è che i cittadini possono vedere i
risultati dei trapianti nei diversi centri. Nanni Costa ha
anche annunciato che in novembre, organizzato dal
Vaticano e dal CNT, si terrà a Roma l’evento ‘Gift for
Life’ cui parteciperà anche Papa Benedetto XVI.
Di particolare interesse e attualità è stata la relazione
di Paolo Grossi, professore di infettivologia
dell’Università dell’Insubria e second opinion nazionale, che ha trattato delle problematiche relative ai rischi
infettivologici. Molte sono le nuove patologie infettive
ma molte sono le misure e i mezzi che devono essere
adottati per ridurre il più possibile tali rischi.
Coinvolgente è stata anche la sessione riguardante il
trapianto da vivente. In tale sessione, animata da
Maurizio Ragagni, i partecipanti dovevano esprimere
la loro opinione su diversi temi legati alla donazione
da vivente attraverso il televoto.
Nella tavola rotonda ‘Network e Governance’ sono
intervenuti Diego Ponzin direttore generale della
Banca degli Occhi, Gianpaolo Braga vice presidente
del CORIT (consorzio per la ricerca sul trapianto di
organi e tessuti, cellule e medicina rigenerativa) e
Un importante riconoscimento
Nella riunione era prevista anche una sessione poster nella
quale sono stati presentati 42 poster prodotti dai diversi centri del NITp. Motivo di grande soddisfazione è stata l'assegnazione del primo premio al poster prodotto dal laboratorio di
sierologia della nostra Fondazione intitolato: “Rilevanza
Clinica degli anticorpi anti HLA evidenziati con Luminex nel
Trapianto di rene da cadavere”. Questo riconoscimento giunge a coronamento di un'intensa attività di servizio svolta dal
nostro laboratorio e tesa ad identificare i fattori che concorrono al successo del trapianto di organi. Il ruolo clinico degli
anticorpi anti-HLA costituisce un argomento sempre attuale
soprattutto alla luce delle tecnologie recentemente sviluppate
e che hanno una maggiore sensibilità rispetto alle tecniche
tradizionali. Sul reale valore da attribuire agli anticorpi evidenziati con i nuovi metodi, il dibattito è ancora aperto. Se da una
parte tali metodi potrebbero fornire informazioni clinicamente
importanti, dall'altra c'è il timore che tecniche troppo sensibili
potrebbero escludere dal trapianto molti pazienti solo sulla
base di un atteggiamento eccessivamente prudente.
Ubaldo Montaguti, direttore generale del Policlinico
Umberto I di Roma, che hanno sottolineato come la
rete trapiantologica per il forte coinvolgimento degli
operatori sia un modello anche in altri settori.
Durante l’incontro sono state discusse anche le luci e
le ombre delle nuove frontiere del trapianto. Tra queste, il nuovo programma che consente di utilizzare
reni, fegato e polmoni da donatori deceduti per arresto cardiaco. Già tre sono i trapianti di rene eseguiti
recentemente al Policlinico San Matteo di Pavia, attività che viene seguita con grande interesse.
Il resoconto dei gruppi di lavoro è stato al centro dei
dibattiti di queste giornate; proprio dai gruppi di
lavoro, il NITp ha tratto e trae la sua forza e valore
scientifico. Non a caso, il NITp è ai primi posti nel
mondo per la qualità dei risultati ottenuti.
A fronte di tanti risultati positivi, è stata sottolineata la
necessità di incrementare l’attività di reperimento
donatori con la consapevolezza che le regioni dovranno continuare ad investire nella formazione degli operatori e nell’informazione dei cittadini.
In occasione della cena di gala poi, sono stati premiati
quali benemeriti del trapianto Gianpiero Giron che per
tanti anni ha diretto l’Istituto di Anestesia e
Rianimazione dell’Università di Padova, Umberto
Merlin, oculista di Rovigo che ha effettuato numerosissimi di trapianti di cornea, Anna Negri infermiera di
coordinamento della sala operatoria del San Matteo di
Pavia e Duilio Testasecca da più di 20 anni in prima
linea nel reperimento e coordinatore regionale dei trapianti delle Marche. La premiazione si è svolta nella
splendida cornice della Scuola Grande di San Rocco
fondata nel 1478 e subito riconosciuta dal Consiglio dei
Dieci della Serenissima. Questa scuola, uno degli edifici più insigni di Venezia, è arricchita al suo interno
dalle illustrazioni pittoriche del Tintoretto. Un vero
gioiello rimasto indenne durante le spogliazioni
effettuate da Napoleone Bonaparte.
In conclusione, con le parole del Presidente del
NITp, Cristiano Martini, ‘la Riunione Tecnico
Scientifica è stata un’importante occasione per testimoniare la riconoscenza e confermare l’impegno
della comunità dei trapianti nella quale sono quotidianamente impegnati medici, personale infermieristico oltre alle associazioni di volontariato, le istituzioni e tutte le famiglie di donatori che con la
loro generosità hanno restituito la speranza e la
possibilità di cura ai pazienti in attesa di trapianto’.
È questa l’occasione per ringraziare Gianpietro
Rupolo e tutta la Regione Veneto per la splendida
ospitalità e per l’organizzazione della riunione che
ha riscosso molto successo in termini di partecipazione e ha fornito molti spunti di miglioramento e
sviluppo a tutta la comunità del NITp.
L’appuntamento per il 2009 sarà in Regione
Lombardia.
Quando un rene nuovo cambia la vita
Vi riportiamo la toccante testimonianza di Mariella Scagliusi: la prima canturina ad
aver subito un trapianto di rene nel 1982
“Sono 26 anni che vivo con un rene trapiantato: ma la gente è insensibile, sul tema della donazione di organi c’è ancora molta disinformazione”. Inizia così il racconto e l’appello lanciato da
Mariella Scagliusi.
Cantù, lei l’aveva lasciata tanto tempo fa, e per vent’anni ha vissuto a Roma. L’aveva lasciata salutata dall’abbraccio della gente, che s’era presa a cuore la storia di quella bella giovinetta, tanto sorridente e vitale quanto piegata dal dolore. E oggi ritrova la sua città un po’ chiusa e poco incline alla
cultura della donazione degli organi. Cultura che a lei ha regalato una nuova venuta al mondo. “È
vero, è come se fossi nata una seconda volta. Sono nata a 18 anni”. Era il 18 aprile del 1982.
Quattro ore e mezza di operazione al Policlinico di Milano, per impiantarle il rene donato dalla famiglia di una giovane deceduta in un incidente stradale.
Un gesto di immensa generosità, ancora più grande, riflette a voce alta, perché compiuto quando di
donazione degli organi si sapeva poco o nulla. “Avevo cominciato la dialisi a 13 anni - racconta
Mariella - e soffrivo moltissimo. Ricordo ancora i pomeriggi in cui uscivo da scuola e andavo all’ospedale, a Como. Erano più i giorni persi che quelli in cui davvero mi presentavo in classe. Così finivo
col pensare di non avere futuro”. “Ma la forza di combattere - ride - non mi è mai mancata, e forse
certe prove vengono davvero date in sorte a chi è in grado di affrontarle”. L'operazione, la rinascita, il
trasferimento a Roma. I viaggi, lo studio, le passioni. Persino qualche lancio col paracadute. Il ritorno
a Cantù. Sono passati 26 anni, ora è segretario generale dell’associazione ANED - che si occupa
delle problematiche riguardanti trapianti e nefropatie - membro della consulta tecnica nazionale sui
trapianti, e infaticabile divulgatrice di questi temi presso le scuole. “Vorrei che la gente capisse - continua - che ognuno di noi ha la possibilità di decidere cosa fare del proprio corpo. Sul tema dei trapianti e della donazione di organi c’è disinformazione, e questa crea paura. Paura che pagano quei
malati che forse non avranno una seconda opportunità. Come quella che ho avuto io”. (e.b.)
8
NOTIZIE BREVI
Un pioniere del secolo scorso
di Girolamo Sirchia
Ho già avuto l’onore di ricordare il
professor Piero Confortini in diverse occasioni e oggi sono felice di
poterlo ricordare in queste pagine.
Piero Confortini appartiene a quella categoria di uomini che hanno
la fortuna di essere rimpianti:
innanzitutto dagli ammalati, che
ancora ricordano la sua disponibilità, la sua pazienza, la sua dolcezza, la partecipazione al loro dolore
e alle loro paure. Lo ricordano i
collaboratori, come punto di riferimento a volte anche duro, ma
sempre giusto e soprattutto sempre teso a qualificarli e a valorizzarli. Lo ricorda la sanità pubblica
italiana, che a questi uomini, al
loro cocciuto impegno contro
ogni difficoltà, alla loro capacità
professionale e al loro entusiasmo deve il credito che ha acquistato. Mille critiche di mille persone grigie non sono sufficienti a
sbiadire immagini come quella
di Confortini, del suo credo nei
veri valori della medicina e dell’umana solidarietà. Lo ricordano
gli amici, tra i quali mi annovero;
una mutua stima e fiducia, ci
legò fin dai primi anni ‘70, quando il trapianto di rene era una
pratica ancora sperimentale, ma
già si intravedeva il suo sviluppo
clinico e quindi la necessità di
organizzarlo. Discutendo di
quale assetto dargli per renderlo
una pratica equa e trasparente,
Confortini, Malan ed io pensammo di dar vita ad un’iniziativa di
collaborazione che riunisse tutti
coloro che credevano nel prelievo e nel trapianto d’organi; così
nacque nel 1976 il Nord Italia
Transplant (NITp). Da semplice
associazione di persone, questa
si istituzionalizzò ben presto
attraverso atti convenzionali tra
le varie Regioni: alla Lombardia,
che aveva costituito nel 1973 con
propria legge il Centro Regionale
di Tipizzazione Tissutale, si unì
dapprima il Veneto (1976), quindi
la Provincia Autonoma di Trento
(1978), il Friuli-Venezia Giulia
(1979), la Liguria (1985) ed infine
le Marche (1989).
Commemorare Piero Confortini
ha molti significati. Per me, innanzitutto, quello di ricordare un caro
amico con il quale ho condiviso
ore ed ore. Ore spese a studiare
come sviluppare il trapianto di
rene, che ci diedero nel 1976 l’idea
di fondare con Malan il NITp.
Confortini era entusiasta e si prodigava in incontri di ogni genere
per potenziare il programma.
Confortini era infatti un tenace
sostenitore del trapianto, di cui
era stato pioniere; questo è il
secondo motivo per cui dobbiamo ricordarlo. Fin dal 1950 egli
aveva studiato e organizzato la
dialisi, e nel 1968, terzo in Italia,
eseguì il suo primo trapianto di
rene. In questi lunghi anni la sua
vita di lavoro non fu facile: trasferitosi da Padova a Verona, vi
organizzò la dialisi ed il reparto
chirurgico e vi fece crescere il trapianto in Italia. Il regolamento
della legge 644 del 2 dicembre
1975 colse di sorpresa anche
Confortini e fu una doccia gelata;
quando già si intravedeva il
decollo del trapianto di rene, la
brusca frenata determinata da
nuove procedure burocratiche
sembrò inaccettabile. E allora
Confortini si buttò nuovamente
nella battaglia per modificare la
legge sui trapianti; decine di riunioni a Roma, a Verona, a Milano.
Questa titanica lotta contro
l’inefficienza è un altro motivo
per cui Confortini deve essere
ricordato. Ognuno di noi che
crede nella sanità pubblica, che
ha dedicato la vita al suo ospedale, non accetta l’inefficienza e
l’indifferenza. Il continuare ad
essere coerente con i
propri principi comporta allora uno sforzo
indicibile e si finisce con il divenire anche il bersaglio di quanti
non hanno interesse al buon funzionamento delle cose.
Ciò a volte comporta rischi
anche personali. Confortini ha
subito anche questo tipo di
aggressione, quando fu preso,
imbavagliato e minacciato di
morte dai terroristi. Il 7 dicembre
1981, ultima volta in cui lo vidi,
mi confessò che il trauma subito
in quel momento era indimenticabile; due settimane dopo veniva colto da morte improvvisa. La
consecuzione degli eventi fa
dunque di Confortini un’altra
vittima della follia di quei giorni,
che ha cercato di dissestare il
sistema colpendone i punti nodali, gli uomini che lo sostenevano
con la loro intelligenza, onestà e
tenacia. Una quarta ragione per
menzionare Confortini è quindi
l’insegnamento che egli ci ha
lasciato: lavorare onestamente e
tenacemente per migliorare le
cose. I programmi di trapianto,
innanzitutto, ma anche il sistema
sanitario in genere. È tempo che i
medici più preparati facciano
sentire la loro voce, si interessino
dei problemi dell’assistenza sanitaria del Paese, escano dal piccolo mondo dei loro immediati
interessi per contribuire al bene
comune. Confortini si è battuto
per questo, a costo di riuscire
sgradito ai potenti; un insegnamento da meditare per tutti coloro che occupano posizioni chiave
nell’ambito della società, specie
quella medica.
E da ultimo Confortini va qui
ricordato per le sue doti umane:
nulla attesta le sue doti più del
rimpianto che ha lasciato tra i
suoi malati.
NOTIZIE BREVI
9
Enrico Fagnani
fondazione informa
Quando si riaccendono i microfoni
Grazie all’orecchio bionico sconfitta la sordità grave e profonda. Attivo da 15
anni il Centro Impianti Cocleari della nostra Fondazione
audiologo
Specialista in
Otorinolaringoiatria e
in Audiologia, lavora
presso la UOC di
Audiologia diretta
dal professor
Antonio Cesarani. Il
dottor Fagnani si è
interessato in particolare alle metodiche di audiometria
obiettiva nei bambini, alla terapia audioprotesico-riabilitativa
della sordità all’otoneurologia. Curatore
della biblioteca
d’Istituto e realizzatore della mediateca. Si occupa di
impianto Cocleare.
È professore a contratto dell’Università
degli Studi di Milano.
Coltiva numerosi
interessi scientifici
fra i quali quello
delle telecomunicazioni wireless applicate alle attività
sportive, sviluppando competenze che
lo hanno portato a
collaborare con
Gazzetta dello Sport,
RAI e Mediaset.
L’impianto Cocleare,
entrato ormai nella
conoscenza divulgativa anche con il
nome di orecchio
bionico, è definibile
a ragione uno dei
più importanti traguardi che la medicina ha conseguito
negli ultimi vent’anni
grazie allo sviluppo
applicativo delle tecnologie biomediche.
Per quanto di questo
argomento medico
scientifico si siano
occupati molti
mezzi d’informazione, talora se n’è parlato a sproposito e,
in generale, non è
passato il messaggio
su quale importanza
rivesta una tecnologia in grado di
abbattere il muro
della sordità.
In effetti, il vero problema è la sottovalutazione che
generalmente si è portati a dare
del problema sordità nelle sue
conseguenze famigliari e sociorelazionali.
Oggi si parla facilmente di ‘orecchio bionico’ senza in realtà
sapere esattamente di cosa si
tratti e senza fermarsi un momen-
to a considerare quale percorso di
ricerca e sviluppo abbia condotto
i cultori della materia a raggiungere gli attuali strepitosi risultati.
Si tratta di un dispositivo bioelettronico impiantabile chirurgicamente, in grado di stimolare elet10
NOTIZIE BREVI
Sistema sensoriale uditivo afferente: unità funzionale della chiocciola dove si
notano le cellule microfoniche cigliate collegate al nervo acustico e alle vie uditive fino alla corteccia cerebrale.
tricamente le fibre residue del
nervo acustico. Per funzionare
richiede un processore audio
esterno che si connette via radio
con la parte interna. L’orecchio
bionico è indicato nel trattamento
della sordità neurosensoriale
bilaterale profonda o grave-profonda.
Questo tipo di sordità colpisce le
strutture nervose della coclea o
chiocciola, le cellule cigliate, che
sono i microfoni del nostro sistema uditivo.
La chiocciola fa parte del labirinto
(è esattamente la porzione anteriore del labirinto) e si occupa di
processare i suoni; nella porzione
posteriore sono invece contenuti i
sensori dell’equilibrio.
La chiocciola lavora con circa
15.000 cellule microfoniche (o cellule appunto cigliate) e grazie al
loro lavoro coordinato riesce a
creare una rappresentazione elettrico-matematica dei segnali acustici, comprensibile alle strutture
cerebrali centrali delle vie uditive.
Nel caso della sordità o ipoacusia
neurosensoriale di natura coclea
paziente mediante l’atto chirurgico, che provvede a depolarizzare
le fibre residue del nervo acustico. È questo lo stesso compito che
la chiocciola umana realizza
mediante 3.500 microfoni principali (le cellule cigliate interne)
assistiti da circa 12.000 amplificatori picomeccanici (le cellule
cigliate esterne); la non trascurabile differenza è che tutto ciò, nell’impianto cocleare, viene effettuato con 1 microfono e 22 punti
di stimolazione costituiti dagli
elettrodi intracocleari.
L’impianto cocleare riesce a produrre risultati così straordinari
sul piano della comprensione e
della comunicazione grazie all’in-
Con il fondo rosso: processore vocale esterno di tipo retroauricolare con
antenna trasmittente. Con il fondo azzurro: ricevitore stimolatore interno, si
notano oltre al corpo principale contenente l’elettronica gli elettrodi di stimolazione ancora inseriti in un tubetto protettivo e l’antenna ricevente circolare.
re, queste cellule sono in gran
parte lesionate e la persona presenta un calo della sensibilità uditiva ma soprattutto della capacità
di analizzare messaggi complessi.
Quando la sordità neurosensoriale è di grado lieve, medio o medio
grave (parliamo di sordità che,
secondo le classificazioni internazionali, arrivano fino agli 80
deciBel nel campo frequenziale
della voce umana), l’apparecchio
acustico digitale costituisce oggi
la terapia più adeguata, in grado
di correggere il deficit con ottimi
risultati.
Quando la sordità è grave-profonda o profonda, quindi oltre gli 80
deciBel, sempre naturalmente in
entrambi gli orecchi, allora la
terapia più indicata, allo stato
attuale, è costituita dall’impianto
o protesi cocleare.
Esso è realizzato con una componente interna, la quale viene
impiantata, mediante un inter-
vento chirurgico, nell’orecchio
interno del paziente, esattamente
nella chiocciola lesionata, a contatto quindi con le fibre residue
del nervo acustico; la parte esterna può essere indossata dietro il
padiglione auricolare.
Queste due componenti non sono
in contatto fisico tra loro, ma dialogano attivamente grazie ad una
tecnologia senza fili (wireless) che
utilizza le onde radio.
La parte esterna, che assomiglia
ad una normale protesi acustica
retroauricolare di tipo tradizionale, è in realtà un processore digitale di suoni, dotato di un microfono e di complessi circuiti elettronici, il quale, come la chiocciola, produce una rappresentazione
elettrico-matematica dello spettro
acustico codificandola in segnali
elettrici impulsivi.
Questi segnali sono trasmessi via
radio al ricevitore stimolatore
interno, quello impiantato nel
credibile capacità di elaborazione
e integrazione delle informazioni
di cui è dotato il cervello umano,
una capacità che viene notevolmente implementata dalla neurostimolazione sensoriale elettrica
prodotta dall’orecchio bionico,
come è stato di recente dimostrato mediante studi di neuroimaging funzionale.
Ma quali sono i pazienti che pos
sono trarre giovamento dall’impianto cocleare?
Certamente i pazienti ideali sono i
bambini che nascono affetti da
sordità grave-profonda, i quali
grazie alle moderne tecniche di
screening e diagnosi precoce vengono identificati già alla nascita o
nei primissimi mesi di vita.
L’incidenza della sordità neurosensoriale grave profonda è di
circa 1,5 casi ogni mille nati, ciò
significa che in Italia nascono
ogni anno oltre 500 bambini affetti da sordità con caratteristiche
tali da poter essere curati con
l’orecchio bionico.
Questo dato è tendenzialmente in
aumento a causa della più frequente prematurità alla quale si
associa non di rado il danno uditivo.
L’intervento può essere ragionevolmente effettuato attorno
NOTIZIE BREVI
11
all’anno di età e, grazie all’incredibile neuroplasticità che caratterizza il cervello umano nei primi
anni di vita, i risultati sono straordinari.
Vi è da dire che purtroppo alcuni
bimbi non nascono soltanto sordi
ma affetti anche da patologie concomitanti, inseribili a volte in un
quadro sindromico o in profili di
carattere neuropsichiatrico.
L’impianto cocleare si è dimostrato, anche in alcuni di questi casi,
sempre opportunamente selezionati, un valido riattivatore non
solo del sistema uditivo ma anche
dei circuiti neuronali correlati.
L’intervento di impianto cocleare
è efficacissimo anche nelle persone che diventano sorde profonde bilateralmente nel corso delle
varie fasi della vita a causa di
traumi, malattie infettive, tossiche, metaboliche o degenerative.
Presso la Fondazione Policlinico
Mangiagalli e Regina Elena, in
seno all’Unità Operativa
Complessa di Audiologia, diretta
dal professor Antonio Cesarani, è
attivo da anni un centro di
implantologia cocleare nato dalla
lunga esperienza audiologica
dell’Istituto di Audiologia fondato nel 1973 dal professor Massimo
Del Bo.
Le figure di riferimento per
l’aspetto chirurgico sono il dottor
Arturo Zaghis, otochirurgo di
spessore internazionale ed il dottor Umberto Ambrosetti che
vanta anch’egli una trentennale
esperienza nel campo della
microchirurgia dell’orecchio,
chi scrive si occupa preferibilmente delle problematiche neurofisiologiche di selezione del
paziente e di programmazione
dello speech processor, dove si
vive quotidianamente l’attualissima tematica delle protesi sensoriali impiantabili, circuiti elettronici inorganici che devono entrare
in sintonia con processori organici biologici.
12
NOTIZIE BREVI
Non vanno dimenticate naturalmente le preziose figure del tecnico audiometrista e del logopedista, assolutamente indispensabili
in un gruppo che si occupa di
implantologia cocleare.
Premessa fondamentale, come si è
detto, è la diagnosi audiologica
precoce, vale a dire la possibilità
che oggi abbiamo di identificare
già alla nascita i deficit uditivi
neurosensoriali, precisandone poi
compiutamente la diagnosi entro i
4/5 mesi di vita.
I pazienti affetti da sordità profonde e gravi-profonde iniziano a
questo punto un training di stimolazione uditiva con le protesi acustiche e di osservazione da parte
della logopedista: questo serve per
confermare l’indicazione all’intervento di impianto cocleare.
Prima di effettuare l’intervento è
necessario sottoporre il paziente
ad indagini neurofisiologiche, i
potenziali evocati uditivi, e, per le
immagini, la tomografia computerizzata delle rocche petrose e la
risonanza magnetica del labirinto
membranoso e delle vie uditive.
Questi test servono per verificare la
possibilità di inserire gli elettrodi
stimolatori nella rampa timpanica
o vestibolare del canale cocleare e
l’integrità delle strutture labirintiche e nervose.
Effettuata la selezione del paziente
e realizzato il posizionamento della
parte impiantabile, dopo circa un
mese dall’atto chirurgico, si attiva
l’impianto tramite la programmazione del processore vocale.
La fase di accensione è sempre
emozionante e commovente sia
per i genitori del bambino che per
noi operatori.
Per il paziente è l’ingresso nel
mondo dei suoni, la possibilità di
imparare il linguaggio verbale, di
comunicare, apprendere e svilupparsi dal punto di vista psicomotorio. È l’inizio di un percorso
abilitativo che, attraverso una
serie di programmazioni successi-
ve (i cosiddetti mappaggi), effettuate da personale particolarmente esperto della materia, porteranno il paziente a recepire l'intero
spettro acustico udibile dall’orecchio umano.
I risultati ottenibili con l'impianto
cocleare sono sorprendenti, i
bambini che presentano una sordità pura, quindi non associata ad
altre problematiche, conseguono
velocemente risultati importanti
quasi paragonabili a quelli di un
coetaneo normoudente.
In questo caso il percorso di riabilitazione è molto più breve rispetto ai bambini sordi che, nelle stesse condizioni, utilizzavano anni
or sono le protesi acustiche convenzionali.
La richiesta di interventi di
impianto cocleare è notevolmente
aumentata nel tempo. Con il per-
sonale e le strutture a disposizione, il nostro centro arriva ad
effettuare circa 25 interventi l’anno, numero insufficiente a soddi-
sfare le richieste con la conseguenza inevitabile che la lista di
pazienti in attesa dell’intervento è
in continuo aumento.
Naturalmente i piccoli pazienti
hanno un percorso preferenziale
che li porta all’intervento in tempi
ragionevoli, ma questo inevita-
bilmente si riflette sui pazienti
adulti che devono attendere
maggiormente o rivolgersi ad
altri centri che nel frattempo
sono nati in Lombardia ed in
altre regioni italiane.
Gli ottimi risultati conseguiti ci
incoraggiano comunque a proseguire il lavoro di ricerca e applicazione clinica in questo straordinario e attualissimo settore delle
biotecnologie elettroniche applicate alle neuroscienze, fiduciosi
nel sostegno dell’Ente al quale
siamo orgogliosi di appartenere,
nella speranza di poter assistere
sempre meglio le persone che,
ogni giorno più numerose, si
rivolgono al nostro Centro.
fondazione informa
Cultura e Scienza insieme a teatro
A breve l’avvio del nuovo progetto della Fondazione Policlinico, dell’Università degli
Studi di Milano e della Fondazione Accademia di Comunicazione. Abbiamo chiesto di
parlarcene ad Eloisa Consales coordinatrice del progetto
Come è nata l’idea di uno spettacolo teatrale a sfondo scientifico?
L’idea potremmo definirla come la
naturale evoluzione di un percorso intrapreso da anni e che ha
visto, al principio, la ideazione da
parte della dottoressa Anna
Parravicini di incontri aperti alla
cittadinanza, ‘La salute parliamone
insieme’, che avevano l’obiettivo di
avvicinare i Milanesi alla medicina
e al loro Ospedale. Visto il successo
dell’iniziativa, negli anni seguenti
abbiamo proseguito il dibattito con
una nuova tipologia di incontri, più
approfonditi e interdisciplinari:
‘Ricerca e cura’ e, infine, nell’ultima edizione abbiamo pensato di
mettere in scena casi clinici reali e
poi, sulla base delle storie raccontate, sviluppare la discussione medico-scientifica; Così gli incontri sono
diventati ‘Ricerca e Cura: Casi
Clinici in scena’.
La riflessione di partenza che ha
accompagnato il nostro lavoro in
tutti questi anni è quella che oggi
più che mai la medicina, intesa
come pratica scientifica al servizio
della persona, ma anche la ricerca,
la tecnologia, le scienze umane,
necessitano di un dialogo continuo
e integrato nella e con la società,
un dialogo e uno scambio il cui
obiettivo è quello di costruire una
cultura della salute nel cittadino e
di una maggiore umanizzazione
della medicina. Questo vuol dire
che la medicina e la scienza, aldilà
della comunicazione del dato
scientifico, devono contribuire
attraverso il dibattito e l’educazione a promuovere, nella prassi
quotidiana la ‘buona vita’ del cittadino. Accade invece che il mondo
della scienza medica sia, molto
spesso, relegato in una torre
d’avorio inaccessibile alla conoscenza dei più e facile oggetto di
informazioni distorte, a volte
inutilmente enfatiche e generatrici di forti aspettative e speranze
che non hanno un riscontro effettivo nella realtà.
Da qui la necessità di trovare
nuove forme di comunicazione,
nuovi linguaggi e nuovi codici per
parlare al cittadino e con il cittadino. In questa ricerca il teatro e la
drammatizzazione ancora una
volta ci sono venuti incontro e così
è nata l’idea di uno spettacolo teatrale sui temi della medicina.
Questa volta sarà un vero teatro, il
Litta, ad ospitare la messa in scena.
Non è la prima volta che, in medicina, si chiama in causa la comunicazione. Perché è così importante?
È vero, riteniamo che la comunicazione sia molto importante anche
in questo campo. Essa è trasversale
e può essere veramente d’aiuto sia
nella relazione di cura fra medico e
paziente che in tutti i processi
informativi ed educativi. Ma attenzione: la comunicazione non deve
essere intesa come mera tecnica
ma deve farsi portatrice di un cambiamento nella percezione del rapporto salute-malattia, dei compor-
tamenti utili al perseguimento e al
mantenimento della salute e della
correttezza del sapere scientifico da
veicolare. La comunicazione apre
dunque il campo del senso mentre
appartiene alla pratica scientifica il
compito di aiutare ad accertare i
fatti e la successione causale. La
comunicazione può divenire così
un forte contributo per sviluppare,
nella riflessione scientifica, il con-
cetto di totalità della persona,
dove il racconto, l’ascolto, l’immagine e il messaggio diventano
gli strumenti privilegiati nel rapporto fra scienza ed individuo, sia
che si trovi nella condizione di
paziente, sia che si ponga come
cittadino fruitore dell’informazione e di un servizio e partecipe dei
processi di costruzione della propria salute.
Come di sviluppa il progetto?
Il progetto durerà un anno. L’idea
è quella di riunire in un seminario,
tenuto da docenti esperti in varie
discipline (dalla bioetica alle specialità mediche, dalla filosofia alla
comunicazione), un gruppo di studenti provenienti dalla facoltà di
lettere, di medicina e dai corsi in
copywriting della Fondazione
Accademia di Comunicazione. Gli
studenti lavoreranno in gruppo su
casi clinici reali con l’obiettivo di
costruire un canovaccio di sceneggiatura che poi sarà rivista e ‘finalizzata’ da sceneggiatori professionisti
del teatro Litta. Infine sotto la regia
del direttore artistico del Litta, con la
partecipazione di attori professionisti e il contributo degli studenti che
hanno partecipato al seminario, lo
spettacolo sarà messo in scena
secondo il calendario di programmazione del Litta. Tutti i Milanesi
potranno venire a vederlo. La particolarità sta nel fatto che sarà
anche uno spettacolo interattivo
dove è prevista la partecipazione
di medici specialisti e l’interazione
del pubblico.
Seguiremo allora le varie tappe di
questa nuova sperimentazione nell’attesa di goderci lo spettacolo!
intervista di Maria Laurora
NOTIZIE BREVI
13
conoscere
i vaccini
di Susanna Esposito
pediatra
Specialista in
Pediatria e in
malattie infettive.
Professore
Associato di
Pediatria generale
e specialistica MED/38 presso la
Facoltà di
Medicina e
Chirurgia
dell'Università di
Milano. Vice-direttore dell'Unità
Operativa
Complessa
Pediatria 1 della
Fondazione
IRCCS ‘Ospedale
Maggiore
Policlinico,
Mangiagalli e
Regina Elena’.
In questo numero la prima parte di un interessante e approfondito inserto su un
tema di grande attualità: i vaccini. Un modo non solo per acquisire competenze,
ma anche per orientarsi nelle scelte da fare. La professoressa Susanna Esposito,
vice direttore Unita Operativa Complessa Pediatria 1 della nostra Fondazione e
curatrice della sezione mamma e bambino della nostra rivista, ci chiarisce inoltre
molti dei quesiti e delle richieste che i genitori si pongono quando devono vaccinare i propri piccoli. Nel prossimo numero la seconda parte dell’inserto
Perché un
documento
sulle vaccinazioni?
La necessità di fornire
informazioni semplici
sulle vaccinazioni e
favorirne la diffusione è
stato il motivo più
importante che mi ha
spinto a preparare questo testo. In altri Paesi
come gli Stati Uniti
sono, infatti, disponibili
numerosi documenti
rivolti ai cittadini che
contengono informazioni sulle vaccinazioni, mentre in
Italia di vaccinazioni si parla ancora
troppo poco, con il risultato che
una scarsa e cattiva informazione
favorisce gli equivoci. Talvolta, i
mezzi di comunicazione di massa
mettono l’accento sui possibili
eventi sfavorevoli che possono
seguire la vaccinazione, con conseguente preoccupazione dei genitori. Ma il timore è giustificato solo
dalla mancanza di conoscenza.
Conoscere i processi elementari
che sono alla base del funzionamento di un vaccino, i benefici che
esso conferisce, ed i rischi che può
comportare, permette ai genitori di
scegliere consapevolmente. Siamo
ancora poco abituati a questo
approccio per le vaccinazioni, ma
sappiamo bene che in tutte le cure
mediche il ruolo del paziente nella
14
NOTIZIE BREVI
“
Dottore, noi preferiremmo non vaccinare
Tommaso. In fondo le malattie dalle quali
dovremmo proteggerlo sono quasi scomparse!
Pediatra: certo, molte malattie sono sotto controllo… ma si è chiesto perché? Se non continuassimo a vaccinare, ne vedremmo eccome!
decisione clinica è finalmente
diventato centrale.
Perché vaccinare?
L’introduzione delle vaccinazioni è
la più importante iniziativa di promozione della salute dopo la potabilità dell’acqua. Si è trattato di
una vera e propria rivoluzione
mondiale, grazie alla quale alcune
malattie molto pericolose sono
diminuite fino quasi a scomparire.
Nell’arco di 35 anni, le morti per
malattie infettive in Italia negli individui da 0 a 14 anni sono passate
dal primo posto (1.390 morti nel
1965) al nono posto (36 morti nel
2000). Grazie alla vaccinazione,
alcune malattie come la poliomieli> Grazie alla vaccinazione, alcu-
ne malattie, come la poliomielite,
nel nostro paese sono completamente scomparse.
> Più individui sono vaccinati,
meno i germi delle malattie
infettive possono circolare: in
questo modo sono protette
anche le poche persone che per
motivi di salute non possono
essere vaccinate.
> Per evitare che la malattia si
ripresenti e scateni delle epidemie bisogna continuare a vaccinare finché la malattia non sia
scomparsa in tutto il mondo.
“
te nel nostro Paese sono completamente scomparse. Altre sono
vicine all’eliminazione, come la difterite, il morbillo e la rosolia.
La vaccinazione è importante
anche per tutte le persone che, per
motivi di salute, non possono ricevere le vaccinazioni: per questi,
bambini e adulti, la vaccinazione
delle persone che stanno loro vicino è l’unica protezione contro le
malattie infettive, perché impedisce
al virus o al batterio di circolare.
Per lo stesso principio, anche se
nel nostro Paese non si registrano
più certe malattie infettive, è
necessario continuare la vaccinazione finché queste saranno eliminate in tutti i Paesi del mondo. Si
sa, i germi responsabili delle
malattie infettive non hanno bisogno del passaporto per attraversare le frontiere. Per questo è necessario estendere la vaccinazione
ovunque: proprio di questo si
occupano l’Organizzazione
Mondiale della Sanità e alcune
agenzie non governative. Ad
esempio nel mondo il vaiolo è
stato eliminato e la vaccinazione
non serve più, e presto la stessa
cosa succederà anche per la polio
“
Dottoressa, non ho capito bene… di cosa è
fatto e come agisce il vaccino? Dentro non ci
sarà mica il germe che provoca l’infezione!
mielite. Laddove l’attenzione verso
le vaccinazioni è diminuita ed il
numero delle persone vaccinate è
diventato troppo basso, le malattie
infettive verso le quali era diretta
la vaccinazione si sono ripresentate con forza scatenando gravi
epidemie.
Se smettessimo di vaccinare contro le malattie infettive che abbiamo finora controllato, ci ritroveremmo in breve a fronteggiare la poliomielite, la difterite, ed altre gravi
malattie che molti di noi, proprio
grazie alle vaccinazioni, hanno
avuto la fortuna di non conoscere.
Come funziona
un vaccino?
Per capire come funziona un vaccino dobbiamo sapere come si
comporta il sistema immunitario di
fronte a una malattia.
Quando un germe (virus o batterio) riesce a superare la prima barriera di difesa del corpo, che è
costituita dalla pelle e dalle mucose, ed entra nell’organismo,
comincia a riprodursi. Il sistema
immunitario allora riconosce il
germe come un invasore e reagisce creando delle cellule specializzate che producono anticorpi, che
hanno il compito di aggredire il
virus o batterio causa della malattia. Gli anticorpi non possono agire
in modo abbastanza veloce da
impedire lo sviluppo della malattia,
ma distruggendo il germe aiutano
l’individuo a guarire.
“
Passata la malattia queste cellule
che producono anticorpi restano
nel sangue e rimangono inattive
finché non si verifica un nuovo
incontro con lo stesso germe: in
questo caso, anche molto tempo
dopo, le cellule riconoscono il
virus o il batterio in tempo e consentono all’organismo di difendersi efficacemente prima che il
germe responsabile abbia il
tempo di moltiplicarsi e di causare
la malattia. Ecco perché a molte
persone è successo di aver avuto
la varicella o il morbillo una sola
volta nella loro vita, pur essendo
state a contatto con questi virus
più volte. Per buona parte delle
malattie infettive la protezione
che consegue ad una infezione è
duratura e può prolungarsi per
tutta la vita.
I vaccini sfruttano questo meccanismo di memoria del sistema
immunitario, senza però che per
prevenire delle possibili infezioni
ci si debba ammalare. Infatti i
vaccini contengono gli stessi
germi (o parte dei germi) che provocano la malattia, ma uccisi o
resi innocui, e costringono l’organismo a reagire cosicché, in caso
di infezione, avrà già pronti gli
anticorpi per difendersi prima che
la malattia possa svilupparsi.
In altre parole i vaccini servono
appunto a preparare l’organismo
a rispondere ad una infezione
come se in precedenza avesse
già incontrato l’infezione.
> Una parte del nostro sistema
immunitario è in grado di riconoscere germi che ha già incontrato nel passato.
> Le cellule che riconoscono i
germi già incontrati vengono
messe da parte e rimangono
inattive finché si verifica un
nuovo incontro con lo stesso
germe. Questo consente all’organismo di difendersi efficacemente prima che il germe abbia
il tempo di moltiplicarsi e di provocare la malattia.
> I vaccini servono a preparare
l’organismo a rispondere ad una
infezione come se in precedenza
l’avesse già incontrata.
Per fare in modo di costruire vaccini efficaci, ma che nello stesso
tempo non provochino la malattia,
si utilizzano principalmente due
tecniche. La prima consiste nell’utilizzare germi uccisi, o parti di
essi. Fanno parte di questa categoria i vaccini contro difterite,
tetano, pertosse, poliomielite,
Haemophilus influenzae tipo B,
epatite B, influenza, pneumococco e meningococco coniugato. Un
altro procedimento è preparare un
germe vivo ma attenuato, che
cioè non è in grado di provocare
la malattia, ma che stimola il
sistema immunitario a difendersi
contro di esso. Di questo tipo di
vaccini fanno parte quello contro
morbillo, parotite e rosolia, varicella, e quello contro il rotavirus.
Dopo la vaccinazione, l’organismo reagisce come in presenza
dell’infezione. Proprio perché le
componenti del vaccino non sono
capaci di provocare la malattia,
spesso è necessario somministra
Mesi
Vaccino
Nascita
3°
4°
5°
6°
11°
Anni
13°
Difterite, tetano, pertosse
Antipolio inattivato
Epatite B
Haemophilus influenzae tipo B
Morbillo, parotite, rosolia
Pneumococco coniugato eptavalente
Meningococco C coniugato
Varicella
Questi vaccini vengono somministrati con una sola iniezione (esavalente)
Questa dose viene somministrata solo nei bambini nati da madre portatrice di epatite B
L’epoca e il numero delle dosi varia secondo l’epoca di somministrazione della prima dose
15°
24°
36°
5-6
11-12 14-15
> La distinzione tra vaccinazioni
obbligatorie e vaccinazioni raccomandate è esclusivamente di
tipo legislativo: in realtà tutte le
vaccinazioni elencate prevengono malattie che è meglio evitare.
anche gravi. Il pediatra può essere di aiuto a prendere la giusta
decisione.
Quali nuovi vaccini
saranno presto
in commercio?
“
Ho letto che si raccomanda la vaccinazione contro morbillo, parotite e rosolia… ma
che vuol dire? O è obbligatoria o non è
obbligatoria! La devo far fare a mio figlio,
oppure no? Che confusione…
re più dosi di vaccino per ottenere
una protezione stabile e duratura.
Quando devono
essere eseguite le
vaccinazioni?
I tempi per eseguire le vaccinazioni sono raccomandati dal Ministero
della Salute e vengono aggiornati
man mano che sono disponibili
nuovi vaccini. Il calendario delle
vaccinazioni attualmente in vigore
è illustrato nella tabella.
Che differenza c’è tra
vaccini obbligatori e
vaccini raccomandati?
Nella maggioranza dei Paesi
europei la distinzione tra vaccinazioni obbligatorie e vaccinazioni
raccomandate non esiste: lo
Stato non obbliga a vaccinare,
ma i bambini che non hanno eseguito le vaccinazioni previste non
possono accedere all’istruzione
pubblica, proprio perché le vaccinazioni sono uno strumento di
sanità pubblica, non solo di salute personale. Recentemente il
nostro Paese si è adeguato a
questo modello, e le ultime vaccinazioni introdotte in Italia non
sono più obbligatorie. Diversi
decenni fa, quando nella popolazione la vaccinazione non era
“
La ricerca scientifica mette a
disposizione sempre nuovi vaccini
per la prevenzione delle malattie
infettive. Anche se la lista è lunga
presto avremo a disposizione due
nuovi vaccini dei quali i genitori
sanno ancora poco. Vediamo di
quali si tratta.
considerata come una responsabilità nei confronti della collettività
e le malattie che circolavano
(come il vaiolo, il tetano e la difterite) erano molto pericolose, le
leggi che stabilivano l’obbligo
delle vaccinazioni avevano lo
scopo di garantire la salute dei
cittadini. Con il passare degli anni
queste leggi non sono state
aggiornate, e oggi ci troviamo
quindi di fronte a vaccinazioni stabilite per legge, ed altre no. In
particolare, abbiamo:
> Vaccino contro le infezioni da
rotavirus: il rotavirus è un virus
> vaccinazioni obbligatorie per
tutti i nuovi nati: difterite, tetano,
> Vaccino contro le infezioni da
papillomavirus (HPV): questo virus
poliomielite, epatite B;
è responsabile nella donna di infezioni del collo dell'utero che possono evolvere verso il cancro. I vaccini che saranno a disposizione
consistono in più iniezioni. I vaccini
contro l'infezione da HPV sono
pensati per essere somministrati
nella ragazza preadolescente.
Molte altre novità sono alle porte,
e presto sentiremo parlare di
nuove opportunità per la prevenzione di malattie che per il
momento non possiamo evitare.
Non appena i rigorosi studi
necessari per la messa a punto
di nuovi vaccini avranno dimostrato che essi sono efficaci e
sicuri, sarà possibile cominciare
a vaccinare.
> vaccinazioni raccomandate per
tutti i nuovi nati: pertosse, morbil-
lo, rosolia, parotite, Haemophilus
influenzae tipo B, pneumococco,
meningococco, varicella. Spesso
nel genitore questa distinzione
genera confusione e solleva
dubbi sull’utilità delle vaccinazioni
raccomandate. In realtà questa
distinzione è da considerare
superata.
Una aperta e diffusa comunicazione ai genitori è sufficiente a far
comprendere che non esiste
alcuna differenza pratica tra vaccinazioni obbligatorie e raccomandate, tutte utili a prevenire
malattie che possono essere
che provoca la diarrea nel bambino, soprattutto nei primi due anni
di vita. Si tratta di una infezione
che colpisce quasi tutti i bambini
e che provoca una malattia generalmente lieve. In casi particolari
la malattia può richiedere il ricovero ospedaliero. I vaccini che
saranno disponibili sono somministrati per bocca in forma di gocce
in due o tre dosi a cominciare dai
due mesi di vita.
approfondimenti sul mondo dei vaccini
Abbiamo a disposizione vaccini per prevenire un grande numero di malattie infettive che rappresentano un serio pericolo per la salute. Nel primo anno di vita di norma i bambini italiani ricevono tre dosi
di vaccino esavalente (composto dai 4 obbligatori e 2 consigliati), cioè che protegge da sei malattie, e
in particolare da:
> poliomielite: una malattia provocata da un virus ancora frequente in Asia e in Africa. In Europa non si verificano casi di malattia
da molti anni. L’infezione colpisce le fibre nervose da cui dipendono i movimenti. La conseguenza più comune è quella di una paralisi
di un arto, ma talvolta la paralisi può colpire i muscoli respiratori provocando la morte o la dipendenza da un respiratore automatico
esterno;
> difterite: è provocata da un batterio che produce una grave infezione. In alcuni casi la localizzazione alla gola può impedire la
respirazione. La malattia provoca frequentemente la morte. Alcuni casi si verificano ancora nei Paesi in via di sviluppo e nei Paesi
dell’est europeo;
> tetano: non è una malattia contagiosa e si trasmette solo attraverso la contaminazione di ferite. Il batterio che la provoca è in
grado di produrre una potente tossina che causa una contrazione dolorosa permanente dei muscoli volontari. I pazienti colpiti dalla
malattia possono morire e devono comunque essere ricoverati a lungo in reparti di rianimazione o terapia intensiva;
> pertosse: la malattia è accompagnata da una tosse spasmodica che lascia senza fiato. I continui sforzi per la tosse e gli episodi di
apnea che si accompagnano ad essa possono essere responsabili di gravi complicazioni al sistema nervoso o all'apparato respiratorio, specie nel lattante di pochi mesi di vita;
> epatite B: è una malattia provocata da un virus che colpisce il fegato. La malattia può diventare cronica e complicarsi con la cirrosi
e il cancro del fegato. Può essere trasmessa da madre a figlio, ma la vaccinazione protegge anche negli anni successivi all’infanzia,
quando la malattia si trasmette principalmente per via sessuale;
> infezione da Haemophilus influenzae tipo B: provoca infezioni gravi che possono manifestarsi con una meningite. Colpisce
prevalentemente il bambino nei primi anni di vita.
Secondo la regione di appartenenza e i programmi vaccinali locali, nel primo anno di vita possono
essere anche eseguite vaccinazioni contro:
> infezioni da pneumococco: queste infezioni provocano meningiti, setticemie, polmoniti, e otiti. Si tratta di malattie più frequenti
nei primi anni di vita. Sono provocate da una famiglia di batteri che comprende numerosi sottotipi chiamati sierotipi. Il vaccino a disposizione protegge dai più frequenti;
> infezioni da meningococco C: anche queste infezioni provocano meningiti o setticemie e sono più frequenti nei primi anni di
vita. Esistono diversi sierotipi di questo batterio, dei quali il tipo C è tra i più frequenti.
Tra i 12 e i 15 mesi di vita i bambini italiani ricevono un vaccino che protegge contro tre malattie:
> morbillo: è una malattia contagiosa che può provocare temibili complicazioni a carico del sistema nervoso, o più frequentemente polmoniti ed otiti. Le complicazioni possono anche provocare il decesso. L’Italia ha in corso un piano speciale per eliminare questa malattia;
> parotite: questa malattia colpisce alcune ghiandole come quelle salivari e occasionalmente il pancreas. Talvolta può provocare
una meningite e nel ragazzo più grande altre complicazioni del sistema riproduttivo;
> rosolia: è una malattia apparentemente lieve ma estremamente pericolosa per il feto. Se contratta durante la gravidanza può
provocare gravi malformazioni o l’aborto. Anche per la rosolia esiste un piano speciale di eliminazione.
Nello stesso periodo tra 12 e 15 mesi di vita, secondo la regione di appartenenza può essere eseguita
la vaccinazione contro la:
> varicella: una malattia frequente e altamente contagiosa che può provocare complicazioni a carico del sistema nervoso o dell’apparato respiratorio.
Per alcuni che soffrono di malattie croniche, per evitare il peggioramento della malattia di base o eventuali complicazioni, viene raccomandata, a partire dall’età di 6 mesi, la vaccinazione contro l’influenza.
Altri vaccini possono essere utili quando si viaggia e si visitano Paesi nei quali esiste un’aumentata probabilità di incontrare altre malattie quali, ad esempio:
> epatite A: è una malattia a trasmissione alimentare che colpisce il fegato ed è causata da un virus. È molto frequente nei Paesi
asiatici ed africani;
> infezioni da meningococco: in alcuni Paesi circolano tipi diversi di meningococco rispetto a quelli osservati in Italia e che necessitano di vaccini diversi per essere prevenuti. Si tratta di infezioni frequenti nella regione centro africana;
> febbre gialla: è una malattia provocata da un virus che può essere mortale. Si incontra con una certa frequenza nelle zone forestali dell’America Latina;
> colera: è una malattia che occasionalmente provoca epidemie nei paesi in via di sviluppo. Provoca una diarrea acuta che in mancanza di un’adeguata reintegrazione di liquidi provoca disidratazione e talvolta morte;
> rabbia: è trasmessa dal morso di animali infetti. Contrariamente a quanto si crede non si registrano casi di malattia a sud delle
Alpi. Ha una discreta diffusione nei Paesi in via di sviluppo ed in alcune aree dell’America Latina;
> encefalite da zecche: è trasmessa, appunto, dalle zecche e si ritrova con una certa frequenza nelle zone forestali dell’Europa
centrale.
La diffusione delle malattie nei vari Paesi può modificarsi nel tempo. In caso di viaggio, quindi, è opportuno
non accontentarsi delle informazioni fornite dal tour operator, ma rivolgersi ad un centro specializzato per
la medicina dei viaggi per un consiglio sulle azioni preventive più importanti secondo la destinazione.
Federico
Colombo
Cellule staminali:
così cresce anche il tumore
Laurea
Magistrale in
Biotecnologie
Mediche e
Medicina
Molecolare.
Svolge attività
presso il laboratorio di
Citometria e
Epatologia
Sperimentale
della
Fondazione
IRCCS
Ospedale
Maggiore
Policlinico
Mangiagalli e
Regina Elena.
Coautore di
numerose pubblicazioni.
Dottor Colombo,
lei è ricercatore
presso il laboratorio di Citometria
ed Epatologia
Sperimentale della
Fondazione ed ha
presentato un interessante lavoro
sulle cellule staminali del tessuto
epatico al congresso internazionale organizzato
dall’International
Society for
Cellular Oncology
a marzo. Vuole dirci brevemente
di che si tratta?
Utilizzando due tecniche avanzate
di caratterizzazione cellulare, la
citometria e la microscopia a fluorescenza, abbiamo analizzato le
cellule staminali presenti all’interno
di tessuti epatici normali e tumorali
di pazienti che si sono sottoposti
all’asportazione chirurgica di epatocarcinomi e abbiamo potuto osservare come all’interno dei tessuti
tumorali sia presente una maggior
quantità di cellule staminali rispetto
al tessuto sano. Questo fenomeno
è dovuto alla presenza nel tumore
non solo delle staminali ‘normali’,
ma anche delle staminali ‘tumorali’.
Può spiegaci la differenza tra
staminali normali e tumorali e
qual è la funzione di queste
ultime?
Verso la fine degli anni Sessanta è
stata avanzata l’ipotesi che non
tutte le cellule che costituiscono un
tumore abbiano le stesse caratteristiche ma che solo alcune siano in
grado di sostenere la crescita e la
diffusione del
tumore stesso.
Le prime
dimostrazioni
dell’esistenza
delle cellule
staminali
In alto: cellule ottenute dalla dissociazione di un tessuto tumorale epatico. In basso: colonia di cellule
tumorali (CST)
tumorali umane dopo 20 giorni di coltura in vitro.
sono state
ottenute trapiantando in topi immunodeficienti,
cioè senza una risposta immunitaprietà con le cellule staminali norria, cellule di leucemia mieloide
mali. Come queste ultime hanno
acuta che mostravano l’espressioun lento ciclo cellulare che le
ne di antigeni diversi. Solo le cellurende resistenti alla chemioterapia,
le che esprimevano l’antigene
proprio come le cellule staminali
CD34 (caratteristico delle cellule
normali, e questo potrebbe spiegastaminali) ma non l’antigene CD38,
re come mai alcuni tumori non
sono state in grado di generare
rispondono alla terapia farmacolouna leucemia nei topi trapiantati.
gia. Per quanto riguarda la capaciDa quel primo esempio si è riusciti
tà di autoreplicarsi e differenziarsi
ad identificare le CST in diversi
in diversi tipi cellulari, sappiamo
tumori solidi come i tumori della
che le cellule staminali normali si
prostata, della mammella, dell’intereplicano durante tutta la vita di un
stino e del sistema nervoso.
individuo, dando origine ad un’altra
Le CST condividono numerose procellula staminale identica a se stes-
sa (quindi il numero di queste cellule
rimane costante), e ad una cellula
figlia, detta anche progenitore cellulare, che andrà incontro a divisioni successive e al differenziamento in cellule mature, per esempio i linfociti del
sangue. Nel caso del tumore invece
le cellule staminali tendono lentamente ad aumentare e, mano a mano
che accumulano mutazioni, perdono
la capacità di dare origine a cellule
con un aspetto maturo; è per questo
che è possibile trovare tumori che
hanno un aspetto poco differenziato.
Proprio come le cellule staminali
normali hanno la funzione di formare gli organi durante lo sviluppo e di
mantenerli funzionanti durante la
vita adulta, le CST danno origine e
accrescono il tumore, con la formazione incontrollata di nuovo tessuto.
Come si originano le cellule staminali tumorali?
L’origine delle CST è controversa;
sono state formulate tre teorie per
spiegarne la nascita:
> la prima sostiene che si accumulino delle mutazioni nel DNA
delle cellule staminali normali, che
perdono i loro meccanismi di controllo, dando così origine alle CST; >
la seconda teoria invece propone
che le mutazioni avvengano a livello
dei progenitori (le ‘figlie’ delle cellule
staminali) che riacquistano quindi le
caratteristiche di staminalità e diventano CST;
> l’ultima teoria è quella secondo
cui le mutazioni colpiscono le cellule adulte che, anche in questo
caso, riacquistano caratteristiche di
staminalità.
Nessuna di queste teorie è ancora
stata dimostrata, ma la più probabile
sembra la seconda. Infatti le mutazioni nel DNA si verificano maggiormente nelle cellule in divisione, e le
cellule che più si replicano sono
proprio i progenitori cellulari.
Le cellule staminali tumorali
sono presenti in tutti i tumori?
Al momento non sono state trova-
te CST certe per tutti i tipi di tumore e non tutti i ricercatori sono
convinti dell'esistenza delle cellule
staminali tumorali. Spesso non si
riesce ad identificare un marker
sicuro per distinguere una staminale normale da una staminale
tumorale e quindi il processo di
identificazione è lungo e difficile.
Per esempio nell’epatocarcinoma
l’identificazione delle staminali
tumorali è molto complessa proprio perché nel fegato sano sono
presenti differenti tipi di cellule
staminali. Gli epatociti stessi, cioè
le cellule mature che svolgono
tutte le funzioni del fegato, hanno
delle caratteristiche di staminalità;
infatti normalmente sono in uno
stato quiescente ma in caso di
danno tissutale sono in grado di
replicarsi numerose volte per
ripristinare il tessuto danneggiato
(fino a due terzi della massa totale dell’organo) e riportare il fegato
nelle sue condizioni fisiologiche
ottimali. Un altro tipo di cellula
staminale sono i cosiddetti progenitori epatici (od Oval Cell), che si
attivano quando gli epatociti non
sono in grado di replicarsi, per
esempio a causa di tossine o altri
veleni, per riparare il tessuto danneggiato. Vi sono poi, in minor
quantità, le cellule staminali ematopoietiche, i progenitori endoteliali e le cellule staminali mesenchimali. L’opinione comune è che
gli epatocarcinomi abbiano origine da progenitori epatici o da
epatociti maturi che accumulino
mutazioni con il passare del
tempo, tuttavia alcuni ricercatori
suggeriscono che il tumore possa
insorgere per la fusione di un epatocito con una cellula staminale
ematopoietica mutata. Inoltre i progenitori endoteliali e le cellule staminali mesenchimali possono concorrere alla crescita tumorale formando, i primi, i nuovi vasi sanguigni che alimentano il tumore stesso
e modificando, le seconde, la
matrice extracellulare. Come si
vede nel tumore epatico è difficile
distinguere tra le cellule staminali
tumorali e quelle normali.
Come proseguiranno i vostri
studi sulla caratterizzazione
della cellula staminale tumorale
dell’epatocarcinoma?
Attualmente stiamo collaborando
con il Centro Trapianto Fegato
della Fondazione per avere altri
campioni di tumori epatici da dissociare per generare delle linee
tumorali in coltura. Abbiamo già
ottenuto tre linee che stiamo
caratterizzando estensivamente e
che abbiamo anche trapiantato in
topi immunodeficienti per valutare
il potenziale di generare tumore e
successivamente scegliere quale
sia il marcatore che meglio identifichi le CST.
Cellule tumorali (verdi) cresciute in fegato di topo NOD/SCID (rosso).
ADISCOteca
Un opuscolo per diffondere la donazione
di sangue placentare
di Paolo Rebulla
L’opuscolo, intitolato ‘Dona il sangue del cordone ombelicale - Partecipa alla ricerca e alla cura’, è
stato elaborato da un gruppo di lavoro coordinato da Elena Salvaterra (giurista ed esperta in biodiritto), cui hanno contribuito operatori e volontari di ADISCO Lombardia onlus, della Fondazione
Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena, dei consultori ASL Città di Milano, dell’Università degli Studi di
Milano, della Facoltà di Ostetricia e di Aido Milano
Come per la donazione di sangue la donazione del sangue placentare è preceduta da un colloquio finalizzato a valutare l’idoneità della donatrice, sulla base dei seguenti parametri:
> lo stato di salute della mamma;
> i fattori di rischio per la trasmissione di malattie infettive dei genitori;
> la storia medica di entrambi i genitori e l’esistenza di malattie ereditarie
in famiglia.
Tra i principali criteri di esclusione dalla donazione vi sono: comportamenti a rischio
che possono portare alla trasmissione di patologie con il sangue; gestazione inferiore alle 34 settimane; positività ai marcatori dell’epatite e dell’HIV. Il nuovo opuscolo
presenta inoltre a mamme e papà le diverse opzioni di donazione, sottolineando
l’appropriatezza della donazione solidaristica, a favore di tutta la collettività, rispetto
alla donazione autologa (cioè dedicata solo al neonato stesso), non raccomandata
dagli esperti delle principali società scientifiche, in quanto priva di solide basi scientifiche. Definisce infine indicazioni e procedure per la donazione dedicata ad uno
specifico paziente. Queste donazioni vengono effettuate a favore delle famiglie nelle
quali nasce un bimbo sano e sono presenti un fratellino o una sorellina affetti da
una malattia che può essere curata con il trapianto di sangue placentare, o vi è un
elevato rischio di trasmissione di malattie ereditarie curabili con questo tipo di trapianto. L’opuscolo verrà distribuito in tutti gli ospedali lombardi e presso i consultori.
Confidiamo che il suo uso contribuisca a promuovere la donazione solidale del sangue placentare nella Regione Lombardia, che da oltre 15 anni sostiene con le associazioni di volontariato questo importante presidio terapeutico.
disegno di Athos Careghi
Come molti lettori ricorderanno dai precedenti inserti, il sangue del cordone ombelicale (detto anche ‘sangue placentare’) è
il sangue che rimane nei vasi sanguigni del cordone e della placenta al termine del parto. Questo sangue rappresenta
una risorsa preziosa perché ricco di cellule staminali emopoietiche, le cellule ‘madri’ che producono tutte le cellule del
sangue. Queste cellule sono attualmente usate per curare alcune gravi malattie nei bambini e negli adulti. Donare il sangue del
cordone ombelicale è un atto generoso, volontario e senza scopi di lucro, attraverso il quale i donatori, gli operatori
sanitari e i cittadini hanno la possibilità di giocare un ruolo attivo nella ricerca e nella cura.
Già nel 2004, considerando le necessità dei pazienti di diverse etnie che sono in attesa di trapianto, gli esperti dell’Institute of
Medicine degli Stati Uniti raccomandarono di triplicare il numero di donazioni disponibili, per offrire a tutti i pazienti donazioni più ricche di cellule staminali e con un ottimo livello di compatibilità fra donatore e ricevente.
Il ‘rilancio’ della donazione del sangue placentare in Lombardia è stato l’obiettivo di alcuni gruppi di lavoro coordinati dalla Regione e
dalle banche del sangue placentare di Milano e Pavia.
La preparazione di un nuovo opuscolo informativo per i futuri genitori che desiderano effettuare questa generosa donazione è uno
dei nuovi strumenti in campo. Attualmente il testo del libretto è in fase di presentazione ‘sperimentale’ ad un primo gruppo di
mamme, esso descrive le fasi che vanno dalla donazione all’uso clinico del sangue placentare:
> raccolta del consenso informato e dei dati sanitari dei futuri genitori;
> raccolta del sangue cordonale da parte di personale sanitario abilitato, caratterizzazione e conservazione del sangue presso la banca;
> utilizzo del sangue da parte dei Centri trapianto per il trattamento di gravi patologie, fra cui leucemie, linfomi, alcune forme di talassemia, alcuni tipi di immunodeficienza e alcune malattie metaboliche. L’opuscolo approfondisce inoltre alcuni importanti vantaggi offerti dal sangue placentare rispetto alle tradizionali sorgenti terapeutiche di cellule staminali,
come il midollo osseo:
> il suo prelievo non comporta rischi né per la partoriente, né per il neonato, in quanto viene raccolto dopo che il cordone ombelicale è stato reciso;
> è immediatamente disponibile e quindi riduce i tempi di attesa per il trapianto;
> è più facilmente compatibile poiché le cellule del sistema immunitario in esso contenute sono meno aggressive
verso il ricevente;
> riduce il rischio di trasmissione di infezioni virali da donatore a ricevente rispetto al midollo di un donatore adulto.
Inoltre, quando non contiene un numero sufficiente di cellule staminali, può essere utilizzato per ricerca, al fine di
approfondire lo studio delle funzioni delle cellule staminali, identificare la causa di gravi malattie e promuovere lo
sviluppo di nuovi farmaci per il loro trattamento.
congressi in diretta
di Antonietta Villa e Paolo Rebulla
News dalla AABB
American Association of Blood Banks
Quest’anno la riunione annuale
dell’AABB si è tenuta fuori dagli Stati
Uniti, in Canada nella città di Montreal.
Questa città è un luogo straordinario,
dove in diverse zone, come nel quartiere latino, attorniati da persone che
parlano sia francese che inglese, si
respira un’aria europea
I Centri trasfusionali aprono alla biologia molecolare
In questa cornice così poco americana si sono riuniti 7.000 congressisti, provenienti da
tutto il mondo, per conoscere i nuovi sviluppi nel campo della medicina trasfusionale e cellulare e le relative terapie biologiche. In 4 giorni di intenso lavoro si sono susseguite sessio-
ni scientifiche specifiche, sessioni educazionali (ben 20), alcune delle quali con traduzione simultanea in francese. Tra le numerose comunicazioni scientifiche, sei sono state selezionate per la
presentazione in occasione della sessione plenaria. Due le relazioni di maggior interesse per i
donatori di sangue: la prima, intitolata Human Neutrophil Antigen Antibody Prevalence in US
Blood Donors, ha ribadito il valore dello screening degli anticorpi anti-neutrofili (in aggiunta a quello degli anticorpi anti-HLA) nelle
donatrici con una precedente storia di gravidanza per la prevenzione delle reazioni trasfusionali; la seconda, dal titolo Trypanosome
cruzi Antibody Screening in US Blood Donor: One Year Experience at the American Red Cross, dove sono stati riportati i risultati del
test per la rilevazione del parassita che causa la malattia di Chagas’ e la relazione tra presenza del parassita nel sangue del donatore
e infezione nel ricevente.
Nel campo dell’immunoematologia eritrocitaria sono state numerose le sessioni riguardanti la biologia molecolare. I diversi relatori
hanno di nuovo ribadito che l’utilizzo delle tecniche molecolari per la tipizzazione, in associazione o in alcuni casi in sostituzione
alla sierologia, entreranno sempre di più nella routine di un Centro trasfusionale. Alcuni gruppi, in particolare quello canadese,
hanno presentato i primi risultati di tali tipizzazioni eseguite sui donatori di sangue utilizzando un sistema di microarray ad alta produttività, nell’ambito di un progetto che prevede di tipizzare 21.000 donatori nell’arco di 2 anni una informazione particolarmente
rilevante per la nostra Banca di donatori rari. (a.v.)
Chikungunia e sterilizzazione del sangue
Ci è voluto più tempo ad imparare come si chiama che a veder svanire l’epidemia. Parliamo del Chikungunia, un virus che la
zanzara tigre ha importato per la prima volta nell’estate del 2007 nei comuni di Cervia, Ravenna e Cesena. Il nome di questo
virus deriva da un termine della lingua dei Makonde, una popolazione della Tanzania meridionale e del Mozambico settentrionale di lingua bantu, che significa ‘ciò che fa piegare’, in riferimento alla postura che assume una persona affetta da questa infezione diffusa in Africa e in altri Paesi del sud est asiatico, a causa dei dolori articolari causati dalla stessa. I servizi trasfusionali
e i centri di trapianto che usano le cellule staminali sono stati allertati in occasione del riscontro di questa breve epidemia - che è
durata poche settimane - perché questa infezione virale è trasmissibile con il sangue e, benché essa sia generalmente benigna
nella popolazione generale, può causare gravi e fatali complicazioni in alcuni soggetti anziani, defedati o immunocompromessi,
come i pazienti trapiantati. Sono state quindi aggiunte alcune domande al questionario dei donatori di sangue e di cellule staminali, allo scopo di sospendere temporaneamente dalla donazione chi aveva fatto soggiorno nell’area interessata.
Di questa epidemia italiana - breve ma importante - si è a lungo parlato al convegno annuale dell’AABB a Montreal, nel contesto della discussione di nuove tecnologie finalizzate alla sterilizzazione del sangue e dei suoi componenti. Si tratta di procedure
finora sviluppate solo per il plasma e le piastrine ma non ancora per i globuli rossi, che si basano sull’aggiunta all’emocomponente di una sostanza che, attivata mediante illuminazione con raggi ultravioletti, si colloca all’interno del DNA o RNA del virus,
impedendone la replicazione. Al tempo stesso, questa sostanza attivata ‘uccide’ ogni cellula che contiene DNA, come i globuli
bianchi, che possono causare essi stessi effetti negativi dopo la trasfusione, senza indurre danni significativi alle piastrine, che
non contengono DNA o al plasma, che non contiene cellule.
L’uso di queste nuove procedure, che si affiancano ai numerosi test di laboratorio eseguiti per garantire la sicurezza del sangue,
comportano costi che ne rendono attualmente difficile l’applicazione su vasta scala. Per questa ragione sono attualmente in
corso in diversi Paesi studi finalizzati a definire l’efficacia degli emocomponenti trattati con questi sistemi e il rapporto
costo/beneficio del loro uso. In uno di questi studi, proposto dal Centro Nazionale Sangue e affidato al coordinamento del
nostro Centro trasfusionale, verrà effettuato nei prossimi due anni il confronto di due tecnologie di inattivazione virale messe a
punto per il trattamento dei concentrati piastrinici in sei centri trasfusionali ed ematologici italiani. (p.r.)
alimentazione e benessere
di Francesca Albani e Emanuela Orsi
Dieta e diabete
Sulla terra oggi vivono circa 1,1 miliardi di persone sovrappeso, 312 milioni obese e circa 171 milioni di persone con diabete di tipo 2. Questo articolo vuole affrontare la correlazione
con l’alimentazione e parallelamente offrire qualche consiglio
alimentare a chi soffre di diabete, perchè è possibile in presenza di questa patologia non rinunciare alla buona tavola
Il diabete è una malattia cronica
caratterizzata dalla presenza di
elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia) e dovuta a
un’alterata quantità o funzione
dell’insulina. L’insulina è l’ormone, prodotto dal pancreas, che
consente al glucosio l’ingresso
nelle cellule e il suo conseguente
utilizzo come fonte energetica.
Quando questo meccanismo è
alterato, il glucosio si accumula
nel circolo sanguigno.
Sulla terra oggi vivono circa 1,1
miliardi di persone sovrappeso,
312 milioni obesi e circa 171 milioni di persone con diabete di tipo
2. Data la sua incidenza e il suo
legame con l’obesità ci riferiremo
in particolare al diabete di tipo 2.
Il numero delle persone con diabete aumenterà a circa 366 milioni
per il 2030. Obesità e diabete tra i
bambini stanno crescendo con
conseguenze allarmanti. Negli
Stati Uniti è stato calcolato che i
nati nel 2000 hanno un rischio di
sviluppare da adulti il diabete di
tipo 2 tra il 30 ed il 50%. Ancora
più preoccupante è la situazione
nei paesi poveri che stanno attualmente vivendo la fase di industrializzazione e modernizzazione. Si stima che nel 2030 in India
si passerà da 31 a 79 milioni di
persone con diabete ed in
America Latina da 13 a 33 milioni.
L’epidemia obesità/diabete è causata dalla combinazione di una
crescente diffusione di cattive abitudini alimentari associate al calo
dei livelli di attività fisica. La
società è diventata molto più
sedentaria rispetto al secolo scorso
ed i crescenti livelli di inattività,
combinati con una dieta inadeguata, portano un numero sempre
maggiore di persone a sviluppare
condizioni come obesità e diabete
di tipo 2.
Ma cos’è il diabete di tipo 2? È
una malattia caratterizzata dall’aumento della glicemia (almeno in
due occasioni superiore a 126 mg)
che si associa spesso all’obesità
addominale (circonferenza vita
superiore a 88 cm nelle donne e
102 cm negli uomini). La glicemia,
cioè lo zucchero nel sangue,
aumenta per due motivi: una
ridotta produzione di insulina ed
una ridotta attività dell’insulina.
L’insulina è l’ormone, prodotto in
alcune cellule del pancreas (cellule beta-insulari), che serve a far
entrare e depositare lo zucchero
nei vari organi. Tra gli organi ber-
saglio dell’insulina circa il 90% è
rappresentato dal muscolo scheletrico, cioè dai muscoli che si contraggono volontariamente e servono al movimento e all’attività fisica. Lo zucchero nel muscolo viene
depositato (glicogeno muscolare)
o utilizzato prontamente per fornire l’energia per la contrazione
muscolare. In questo senso il
muscolo può essere paragonato
alimenti consigliati
> Tra gli alimenti consigliati: primi piatti semplici a
base di pasta o riso, meglio se integrali, abbinati per esempio a pomodoro, tonno e verdure.
> Non esagerare con le dosi di pasta e riso
e non consumare nello stesso pasto due alimenti amidacei come pane e pasta oppure
pane e riso, pasta e patate, pasta e pizza.
> Utilizzare dolcificanti ipocalorici al posto dello
zucchero e moderare polialcoli e fruttosio.
> Limitare il quantitativo di frutta a due porzioni al giorno, prestando
attenzione ad alcuni tipi quali banane, mandarini, uva, melograno,
fichi, cachi.
> Consumare verdure di tutti i tipi, crude o cotte a piacere, almeno 1
porzione a pasto.
Attualmente sulla terra ci sono 171 milioni di persone con diabete di tipo 2, nel 2030 saranno
più del doppio.
> Il diabete di tipo 2 è dovuto all'eccessivo accumulo di grasso, soprattutto a livello addominale e muscolare.
> Gli zuccheri nel sangue non riescono ad entrare nel muscolo per essere utilizzati come
carburante perché il grasso glielo impedisce.
> L’insulina, ormone che serve a fare entrare e depositare gli zuccheri nel muscolo, per
qualche anno riesce a compensare aumentando nel sangue ma alla lunga la produzione di
insulina cala e a quel punto la glicemia aumenta.
> Per prevenire e curare il diabete è importante utilizzare il carburante muscolare con l'attività
fisica ed evitare di mangiare cibi troppo ricchi in grassi o calorie.
ad un’automobile bi-fuel che può
muoversi a scelta con due carburanti come metano e benzina.
Anche il muscolo per contrarsi
può scegliere tra due principali
carburanti: i grassi, che possiamo
paragonare al metano, e lo zucchero che possiamo paragonare
alla benzina super. Se il muscolo
ha grassi in eccesso non utilizza
gli zuccheri che neanche riescono
a passare dal sangue al muscolo.
L’insulina che dovrebbe fare aprire dei cancelli (recettori per il glucosio) sulle fibre muscolari funziona male perché il muscolo, come
l’automobile, ha una specie di
sensore di livello di carburante,
che se vede che ci sono già troppi
grassi nella cellula muscolare non
fa produrre i recettori per il glucosio. Allora l’organismo cerca di
compensare questa situazione
producendo più insulina che è
tipicamente aumentata in chi è in
sovrappeso o obeso. Per alcuni
anni questo meccanismo di compenso funziona ma con il passare
del tempo la glicemia tende piano,
piano ad aumentare. Già una glicemia a digiuno superiore a 100
mg comincia ad essere a rischio e
tra 110 e 125 mg dovrebbe essere
eseguito un carico orale di glucosio per vedere se è già presente
una intolleranza agli zuccheri o
un vero e proprio diabete. Quindi
è chiaro che se vogliamo vera-
I vari tipi di diabete
mente prevenire o curare il diabete dobbiamo da un lato fare contrarre il muscolo con l’attività fisica regolare, e dall’altro mangiare
Diabete gestazionale. Si definisce diabete gestazionale ogni situazione in cui
si misura un elevato livello di glucosio circolante per la prima volta in gravidanza.
Questa condizione si verifica nel 4% circa delle gravidanze. La definizione prescinde dal tipo di trattamento utilizzato, sia che sia solo dietetico o che sia necessaria
l’insulina e implica una maggiore frequenza di controlli per la gravida e per il feto.
Diabete tipo 1. Riguarda circa il 10% delle persone con diabete e in genere
insorge nell’infanzia o nell’adolescenza. Nel diabete tipo 1, il pancreas non produce
insulina a causa della distruzione delle cellule ß che producono questo ormone: è
quindi necessario che essa venga iniettata ogni giorno e per tutta la vita. La velocità di distruzione delle ß-cellule è, comunque, piuttosto variabile, per cui l’insorgenza della malattia può avvenire rapidamente in alcune persone, solitamente nei
bambini e negli adolescenti, e più lentamente negli adulti (in questi rari casi si parla
di una forma particolare, detta LADA: Late Autommune Diabetes in Adults).
La causa del diabete tipo 1 è sconosciuta, ma caratteristica è la presenza nel sangue di anticorpi diretti contro antigeni presenti a livello delle cellule che producono
insulina, detti ICA, GAD, IA-2, IA-2ß. Questo danno, che il sistema immunitario
induce nei confronti delle cellule che producono insulina, potrebbe essere legato a
fattori ambientali (tra i quali, sono stati chiamati in causa fattori dietetici) oppure a
fattori genetici, individuati in una generica predisposizione a reagire contro fenomeni esterni, tra cui virus e batteri. Quest’ultima ipotesi si basa su studi condotti nei
gemelli monozigoti (identici) che hanno permesso di dimostrare che il rischio che
entrambi sviluppino diabete tipo 1 è del 30-40%, mentre scende al 5-10% nei fratelli non gemelli e del 2-5% nei figli. Si può ipotizzare una ‘predisposizione alla
malattia’ attraverso la trasmissione di geni che interessano la risposta immunitaria
e che, in corso di una banale risposta del sistema immunitario a comuni agenti
infettivi, causano una reazione anche verso le ß cellule del pancreas, con la produzione di anticorpi diretti contro di esse (auto-anticorpi). Questa alterata risposta
immunitaria causa una progressiva distruzione delle cellule ß, per cui l’insulina non
può più essere prodotta e si scatena così la malattia diabetica.
Diabete tipo 2. È la forma più comune di diabete e rappresenta circa il 90% dei
casi di questa malattia. La causa è ancora ignota, anche se è certo che il pancreas
è in grado di produrre insulina, ma le cellule dell’organismo non riescono poi a utilizzarla. In genere, la malattia si manifesta dopo i 30-40 anni e numerosi fattori di
rischio sono stati associati alla sua insorgenza. Tra questi: la familiarità per diabete, lo scarso esercizio fisico, il sovrappeso e l’appartenenza ad alcune etnie.
Riguardo la familiarità, circa il 40% dei diabetici di tipo 2 ha parenti di primo grado
(genitori, fratelli) affetti dalla stessa malattia, mentre nei gemelli monozigoti la concordanza della malattia si avvicina al 100%, suggerendo una forte componente
ereditaria per questo tipo di diabete.
Il rischio di sviluppare la malattia aumenta con l’età, con la presenza di obesità e
con la mancanza di attività fisica: questa osservazione consente di prevedere stra-
tegie di prevenzione ‘primaria’, cioè interventi in grado di prevenire l’insorgenza
della malattia e che hanno il loro cardine nell’applicazione di uno stile di vita adeguato, che comprenda gli aspetti nutrizionali e l’esercizio fisico.
meno cibi grassi e conditi. Solo se
si consumano i grassi depositati
nel muscolo si aprono i cancelli e
può entrare lo zucchero. Gli atleti
e gli sportivi allenati hanno una
grande sensibilità all’insulina e
non rischiano di sviluppare il diabete di tipo 2.
L’attuale epidemia di diabete è il
frutto di una alimentazione in
eccesso per i livelli di consumo
con l’attività fisica. Bisogna ricor-
darsi che ci siamo selezionati per
la frequente esposizione a periodiche carestie. Si sono selezionati i
geni (DNA) degli individui non
solo fisicamente più abili ma
anche ‘risparmiatori’. Chi ha i
‘geni del risparmio’ è caratterizzato dalla capacità di immagazzinare con grande efficienza le calorie
fornite da pochi cibi. Ciò consentiva di avere le riserve necessarie
per superare i lunghi digiuni ed
aumentava le possibilità di nutrirsi e cacciare, dato che al bisogno
erano disponibili preziose scorte
energetiche. Nella situazione
ambientale attuale, in cui abbiamo
grande disponibilità di cibo e non
è più necessaria l’attività fisica per
lavorare o nutrirsi, quello che era
un meccanismo di sopravvivenza
ieri, è oggi causa di obesità e di
diabete tipo 2. Ne deriva che la
pratica regolare dell’attività fisica
nel tempo libero diventa obbligatoria ai nostri giorni per consentire all’organismo di tornare alle
origini e rispettare al meglio quella che è la nostra natura.
Il ruolo dell’alimentazione nella
cura della malattia diabetica è
così importante che si parla non
di dieta ma di ‘terapia nutrizionale
medica per il diabete’ o dietotera-
pia. A seconda della tipologia di
diabete il paziente presenta
comunque delle capacità metaboliche alterate, che in presenza di
apporto eccessivo o insufficiente
di nutrienti può creare problemi
di eccesso di glucosio nel sangue
(iperglicemia) oppure la sua
carenza (ipoglicemia).
Contrariamente a quanto molti
credono l’alimentazione ideale
nelle persone con diabete non è
affatto complessa o restrittiva,
come si pensava fino a pochi anni
fa. Non esiste una vera e propria
dieta ‘per diabetici’.
Considereremo pertanto la parola
‘dieta’ come un vero e proprio
stile alimentare.
Per la maggior parte delle persone l’alimentazione va infatti semplicemente adattata alla malattia,
di certo non stravolta.
Le ricette
Mettersi ai fornelli, per chi soffre di diabete, può rappresentare spesso un problema. Bisogna stare attenti alle dosi e scegliere gli alimenti più adeguati. Ecco una
serie di gustose ricette per venire incontro alle esigenze culinarie dei diabetici
Pasta e carciofi
Ingredienti (per 4 porzioni): 300 g di pasta corta, 300 g di carciofi, 300 g di pomodori pelati, 2
cucchiai di parmigiano grattugiato, 1 limone, 4 cucchiai di olio extravergine, 1 bicchiere di vino bianco
secco, aglio, prezzemolo, dado e sale.
Preparazione: lavate e tritate finemente un ciuffo di prezzemolo insieme con uno spicchio d’aglio;
ponete il tutto in una casseruola a bordo alto ed aggiungete i carciofi ancora surgelati, il succo filtrato di mezzo limone, mezzo bicchiere di vino bianco e il dado. Incoperchiate il recipiente e cuocete
a fiamma moderata fino a che il liquido sarà quasi completamente evaporato e i carciofi risulteranno
teneri. Sgocciolate bene i pomodori, sminuzzateli con una forchetta e uniteli al sugo di carciofi; fate
restringere il sugo a recipiente scoperto. Cuocete la pasta, scolatela senza sgocciolarla eccessivamente,
ponetela in una zuppiera e conditela dapprima con l’olio e il parmigiano mescolando bene; alla fine versate
sulla pasta il ragù di carciofi, cospargete con un cucchiaino di prezzemolo tritato e servite subito.
Valori nutrizionali (approssimativi) a porzione: grassi 12 g, glucidi 67 g, proteine 12 g, calorie 400 Kcal.
Minestrone di grano
Ingredienti (per 4 porzioni): 200 g di grano spezzettato, 200 g di ceci al naturale sgocciolati, 450 g di spinaci, 50 g di uvetta, 30 g
di pinoli, 1 cipolla, 1 pizzico di zafferano, 2 cucchiaini di curry (facoltativi), 1 peperoncino piccante, 1 manciata di foglioline di
menta, brodo di verdure, 4 cucchiai di olio extravergine, sale e pepe.
Preparazione: ammollate il grano spezzato in una ciotola d’acqua fredda per 4 ore, quindi scolatelo, risciacquatelo sotto acqua
fredda in un colino e cuocetelo in abbondante acqua bollente salata per circa 1 ora, quindi scolatelo, raffredatelo immediatamente sotto acqua corrente e stendetelo su un canovaccio, sgranatelo e lasciatelo asciugare.
Mentre cuoce il grano, affettate finemente la cipolla e rosolatela nell’olio caldo con il peperoncino, in una padella, finché diventa
trasparente. Eliminate il peperoncino, aggiungete gli spinaci surgelati, i ceci, l’uvetta, i pinoli, salate, pepate, bagnate con un
mestolino di brodo caldo in cui avrete stemeperato lo zafferano e il curry (se avete deciso di utilizzarlo) e cuocete per 10 minuti
circa a fuoco basso, rigirando.
Valori nutritivi (approssimativi) per porzione: glucidi 38,7 g, proteine 21 g, lipidi 9,3 g, fibre 7,7 g, calorie 321 Kcal.
Pillole di saggezza...
Occhio
alle etichette
La cottura
dei cibi
È meglio se avviene in assenza di
grassi, sia animali sia vegetali (anche
se questi ultimi sono preferibili ai primi).
I grassi vegetali (l’olio) possono essere
aggiunti crudi sul cibo, dopo la cottura. I
metodi di cottura più indicati sono: ai
ferri, alla griglia, alla piastra, a vapore, a
microonde, a bagnomaria, al forno, allo
spiedo e alla brace. Bisogna sempre
aver cura di evitare i cibi bruciati (per
esempio se cotti alla brace o
allo spiedo).
Il fritto
Andrebbe evitato, ma se proprio
lo si ama è meglio aver cura di
usare soprattutto condimenti vegetali,
ed in particolare olio extravergine di
oliva, e non portare mai la temperatura
di questi oltre i 180°C, in quanto oltre
tale limite, si formano prodotti tossici
per l’organismo. Per le margarine tale
limite è ridotto a 100°C. Evitare
invece, o limitarlo, l’uso di
burro, strutto, pancetta e
lardo, soprattutto se
cotti.
Naturalmente, cambiare abitudini
alimentari acquisite nel corso
degli anni non è facile, ma è più
agevole se le nuove abitudini da
instaurare vengono viste come
variazioni e non come privazioni.
Per raggiungere questo obiettivo
occorre introdurre variazioni graduali nell’alimentazione quotidiana, puntando soprattutto a
stabilire un certo equilibrio tra i
diversi tipi di alimenti assunti. In
tal senso, naturalmente, la scelta
degli alimenti e la gestione dei
pasti dovranno tenere conto dei
gusti e delle preferenze individuali, integrandosi nelle abitudini dietetiche della persona e fornendo una scelta di alimenti
accettata e gradita.
Piuttosto di vietare del tutto
determinati cibi, specialmente se
molto graditi, si consiglia di
ridurre le dosi e la loro frequenza di consumo.
Sebbene alcuni alimenti vadano
consumati con moderazione esi-
na con diabete, se non è in
soprappeso e se non è in
Quando si acquistano prodotti in scapresenza di altri fattori
tola, surgelati o comunque confezionati
che ne determinano
bisogna sempre dare un’occhiata alle etichetparticolari restrizioni,
te. Infatti spesso non ci si immagina di trovare
zucchero in una salsa di pomodoro o nei piselli in
ha bisogno di un’apscatola, ancor meno in un prosciutto crudo o nel
porto calorico giornasalame, e nemmeno nella pizza. Ebbene, sembra
liero identico a quello
incredibile, ma la quantità di prodotti che utilizza
lo zucchero come aiuto alla conservazione,
dei soggetti sani.
come correttore di acidità o per altri mille motiTra gli obiettivi della
vi è veramente incredibile. Quindi, mentre
dieta per la terapia del
guardate che siano assenti conservanti
e coloranti, non dimenticate di condiabete i principali sono
trollare anche gli zuccheri.
sicuramente il controllo glicemico, il controllo del peso (là
dove è necessario) e il controllo
della lipidemia (a scopo preventivo per le patologie cardiovascolari).
La quantità e la qualità dei carboidrati consumati ad ogni pasto
rappresenta uno degli aspetti più
importanti della dieta. La quantità totale dei carboidrati da consumare nel corso della giornata
deve aggirarsi intorno al 50-55%
delle calorie quotidiane.
Andranno preferiti quelli a basso
ste comunque un’ampia gamma
indice glicemico e quelli preparadi alternative salutari tra le quali
ti con farine integrali ed associati
il paziente può scegliere.
a fibre (e in tal caso la quota di
Un altro stratagemma è la sosticarboidrati può arrivare anche al
tuzione dei metodi di cottura
60%). Il saccarosio, il normale
‘meno sani’ (come la frittura) con
zucchero da cucina, non deve
altri più leggeri (in umido, alla
superare il 5% delle calorie totali
piastra o al forno), ma non per
(max 15-20 grammi). Tale quantiquesto privi di gusto; il maggiore
tà può essere superata sempliceutilizzo di spezie, perché no
mente consumando dolci e/o
anche piccanti, aiuta ad ottenere
alcuni prodotti confezionati
sapori più forti e a rendere le
(biscotti, snack, bibite), il cui utipietanze meno insipide.
lizzo va quindi limitato. Per lo
Questo cambiamento può divensteso motivo è bene sostituire lo
tare anche un’occasione per tutta
zucchero con dolcificanti ipocala famiglia e portare alla sperilorici senza valore nutritivo.
mentazione di nuovi cibi o ricetQueste le indicazioni più generate e provare così nuovi gusti e
li. Ogni individuo, di fatto, ha le
sapori più sani, integrandoli
proprie abitudini di vita e/o
nella propria dieta quotidiana.
lavorative. Abbiamo già ribadito
L’organismo ha bisogno che
l’importanza di non dare imposisiano assunti quotidianamente
zioni con la dieta ma di adattare
alimenti in grado di fornire tutti i
uno ‘stile alimentare corretto’,
principi nutritivi, secondo deterpossibile effettuando un confronminate proporzioni che variano
to con il medico o con il nutrizioin funzione di sesso, costituzionista o dietista, in grado di fornine, età e attività svolta. La persore i suggerimenti più adeguati.
NOTIZIE BREVI
25
tempo libero
di Luca Tafuni
Mercatini (& Co.) di Natale
un itinerario magico per le prossime feste
Siamo vicini al Natale e la nostra rubrica del tempo libero questa volta sarà una utile guida
per prepararci con allegria alle festività bighellonando per i divertenti e famosi mercatini
Bolzano
28 novembre/ 23 dicembre
Per Bolzano è ormai il tradizionale
appuntamento d’avvento: il
Mercatino di Natale con tutta l’atmosfera tipica della preparazione
al Natale. Una festa di luci nelle
piazze e nei vicoli del capoluogo; i
profumi del vin brulè e della
pasticceria natalizia si mescolano
ai suoni della musica natalizia in
un concerto davvero unico. Ad
accogliervi il ricco programma di
animazione in piazza Walther (illuminata da 1.000 luci) e nelle chiese
di città: musiche tradizionali, suonatori di corno, bande musicali,
cantastorie e narratori di fiabe.
Sono gli artigiani locali che propongono il mercatino dell’artigianato in piazza Municipio: un punto
d’incontro per trovare idee regalo
e tante idee per decorare la casa. Si
possono scovare produttori di
ceramica, intagliatori del legno ed
i fioristi che predispongono creati-
Luci e colori dai mercatini di Natale.
ve idee natalizie.
C’è spazio anche per la solidarietà.
In piazza del Grano, via Argentieri,
via della Mostra e nelle vie del
centro le Associazioni onlus propongono i loro progetti sociali e la
vendita di oggetti regalo, decorazioni per la casa e gastronomia.
Associazioni bolzanine che operano in questo ambito mettono in
vendita prodotti artigianali di ottima qualità per finanziare così vari
progetti di solidarietà anche in
ambito internazionale.
oggetti realizzati a mano, senza
l’uso di macchine. Vengono
esposti articoli in pelle, in lana,
in vetro o in ceramica, strumenti
in legno, tamburi, quadretti,
incenso, giocattoli in legno, anelli
e braccialetti.
Chi volesse farsi impacchettare il
regalo appena acquistato può
rivolgersi ad uno stand dedicato
per provare così la provenienza
bolzanina del regalo stesso.
Per mangiare bene e non spendere
troppo, è bene sapere che durante
Dal 5 al 23 dicembre la piazzetta
della Mostra si trasforma in punto
il Mercatino di Natale una trentina
di ristoranti di Bolzano e San
Genesio offrono, a prezzo fisso, il
loro menù caratteristico. I menù
di incontro per chi ama le idee
regalo fatte a mano: il mercatino
organizzato dal Centro Relazioni
Umane di Bolzano propone la produzione di stoffe ricamate, lavori
su seta, bigiotteria, lavori in ceramica e vetro e tanto altro ancora.
È il mercatino alternativo quello
che va in scena dalla seconda
domenica d’avvento fino al 23
dicembre 2008. Giovani artigiani
provenienti da diverse località
italiane e straniere espongono
i loro lavori sulla piazzetta
della Mostra. Qui possono
essere venduti solamente
rivelano la straordinaria combina
“Cartoline“ suggestive dalle Alpi.
zione, particolarità unica di
Bolzano, fra la cucina tipicamente
mitteleuropea ed i sapori della
fantasiosa tradizione mediterranea. Per il dormire, gli alberghi di
Bolzano e San Genesio hanno studiato dei pacchetti vantaggiosi
per il periodo del mercatino di
Natale, le festività e Capodanno,
tutto secondo la più autentica e
tradizionale ospitalità altoatesina.
Particolarmente convenienti sono
i pacchetti infrasettimanali, creati
appositamente per premiare chi
decide di visitare Bolzano tra lunedì e giovedì. Ad accogliere i visitatori ci penseranno le statue in
legno della Val Gardena con figure sacre che guideranno i visitatori
da piazza Walther fino all’altare
del Duomo (percorso di fede), per
un momento di riflessione e di
raccoglimento.
All’interno del Palazzo Mercantile
l’associazione degli Artigiani
Altoatesini esporrà un albero di
Natale addobbato con oggetti
tipici ed artigianali, mentre il 15 e
16 dicembre si potrà vedere il
Presepe vivente.
La Croce Rossa di Bolzano metterà a disposizione di tutte le
mamme con bambini piccoli una
casetta riscaldata (Punto Bimbo)
con locali adatti per allattare i più
piccini, cambiare il pannolino e
scaldare il latte. Il servizio sarà
attivo tutti i giorni dalle 10.00 alle
19.00.
A lato della piazza Walther quest’anno apre per la terza volta il
Palazzo Campofranco, di proprietà privata, con il suo cortile interno nascosto con un’atmosfera di
pace e di ritiro con espositori e
musica dal 28 novembre al 23
dicembre. All’interno del grande
cortile si trova il ‘bosco incantato’
con molti alberi di Natale, alcune
casette per la vendita di specialità
alpine ed alcune casette che espongono oggetti decorativi.
I giovani interpretano il Natale:
quattro esposizioni in altrettanti
luoghi della città. Anche quest’anno viene riproposta per la sedicesima volta l’iniziativa ‘Bagliori di
Stelle’ promossa dall’ufficio servizi educativi e del tempo libero del
Comune di Bolzano.
I giovani artisti di sessanta classi
tra scuole elementari, medie e
superiori si cimentano infatti nella
creazione d’installazioni natalizie
che verranno esposte in quattro
siti differenti: parco della Stazione,
piazza Mazzini, piazzale ex area
fiera e piazzale Teatro Cristallo.
Il giorno 28 novembre 2008 si
svolge la ‘Lunga Notte dei Musei’:
apertura straordinaria e gratuita
(dalle ore 17.00 alle ore 1.00 senza
interruzione) di otto musei bolzanini (museo Archeologico
dell’Alto Adige, museo di Scienze
Naturali, museo Mercantile,
Museion, museo dei Presepi,
Tesoro del Duomo e museo Civico
e Castel Roncolo).
Merano
28 novembre/ 6 gennaio
È un Natale all’insegna del piacere
e del riposo quello di Merano:
pasticceria raffinata, golosità per
tutti i gusti, la via dei presepi e la
musica invitano a gironzolare
tranquillamente in questa città di
cura. In sottofondo i concerti natalizi di fiati e cori, nelle chiese o
sulle passeggiate Lungo Passirio.
Il mercatino di Natale, con i suoi
ottanta espositori, propone tante
idee, dagli addobbi natalizi, alle
pantofole in lana cotta, alle ceramiche, alle stoffe tradizionali, alle
statuine in legno, ai giocattoli ed
alla pasticceria tipica.
Merano ed il suo centro storico,
decorato a festa per l’occasione, è
uno spettacolo per gli occhi e per il
cuore. Nelle strade e nei vicoli del
centro, splendenti nelle loro decorazioni natalizie, le vetrine sottolineano la solennità della festosa
atmosfera del Natale. Visitare le
bancarelle nelle ore serali, quando
nell’intera area della manifestazione lo splendore di mille luci si
fonde armoniosamente con i suoni
ed i canti natalizi, è davvero
un’esperienza suggestiva.
Bressanone
28 novembre/ 6 gennaio
Con l’avvento inizia a Bressanone
un periodo speciale. Le luci natalizie immergono la città medioevale
in un’atmosfera di gioia e d’attesa
per il periodo più bello dell’anno.
Al mercatino di Natale di
Bressanone, nel cuore della città,
gli espositori aprono giornalmente
i loro stand offrendo artigianato
tipico: presepi, sculture in legno,
ceramiche fatte a mano, candele,
sfere e angioletti in vetro, e specialità gastronomiche dell’Alto Adige.
La suggestiva carrozza di Natale
mostrerà le bellezze del centro storico di Bressanone (ogni sabato e
domenica). I pony e la giostra a
vapore regaleranno ai bambini
momenti felici, così come il laboratorio natalizio che si svolgerà ogni
NOTIZIE BREVI
27
mercoledì pomeriggio. Il 5
dicembre San Nicolò visiterà
insieme al suo seguito il centro
storico e il mercatino di Natale in
piazza Duomo.
Brunico
28 novembre/ 6 gennaio
Il mercatino di Natale di Brunico
offre i più caratteristici prodotti
artigianali e specialità dolciarie per
tutti i gusti. Brunico, la ‘Perla della
Val Pusteria’ è l’ideale per conciliare il divertimento sulle piste da
sci con emozionanti passeggiate
tra le incantevoli case medievali
della via centrale.
Il mercatino 2008 si tiene sotto il
motto: ‘Natale in montagna - tradizione e attualità’. Durante i fine
settimana diversi complessi di
strumenti a fiato, gruppi di tromboni e suonatori di corni delle Alpi
animano Brunico nel periodo che
precede il Natale dalle 16.00 alle
18.30 (in via Bastioni ed in piazza
Municipio). Sono tantissimi i visitatori del mercatino di Natale che
ogni anno si lasciano affascinare
dall’atmosfera festosa, dal luccichio e dal profumo degli abeti:
grandi e piccini impazziscono per
le leccornie e cedono alla magia dei
concerti natalizi.
Oltre 35 bancarelle offrono preziose opere d’artigianato, meravigliose idee regalo e tesori natalizi.
Decorazioni per l’albero di Natale,
giocattoli in legno, oggettistica in
pelle, vetro e ceramica, profumato
vin brulé e moltissime specialità
culinarie, sono solo parte della
ricca offerta di prodotti.
Il commercio però non è tutto, al
centro del mercatino di Natale ci
sono l’artigianato e le tradizioni
della zona. È per questo che alcuni
artigiani mostreranno dal vivo
come vengono realizzati i prodotti
tradizionali dell’Alto Adige.
Vipiteno
28 novembre/ 6 gennaio
Il mercatino di Natale di Vipiteno
si svolge in una città che, nell’im-
pianto urbanistico e nell’architettura tardo-medievale, è fortemente
improntata all’attività mineraria.
Molti furono infatti gli imprenditori minerari che, grazie alle loro
disponibilità economiche ed alla
loro visione cosmopolitica, abitarono ed influenzarono in modo
determinante il volto della città.
Lo splendore di quell’epoca, insieme con gli esemplari interventi di
recupero e di risanamento, hanno
favorito in modo determinante
l’inserimento della città nel catalogo 2002 dei borghi più belli
d’Italia. Pini e abeti sono simboli
della vita e della pace natalizia e,
decorati per tradizione con mele,
noci, biscotti di panpepato e con i
tradizionali addobbi in legno, fungono da cornice festosa e sfavillante al mercatino.
Glorenza
6-9 dicembre
Il mercatino di Natale di
Glorenza dura 4 giorni e rimane
aperto dal pomeriggio fino alla
sera. Con l’arrivo del buio ven-
gono accese le fiaccole e l’atmosfera diventa unica. Sotto i portici ed in piazza della città di
Glorenza, i produttori dell’Alta
Val Venosta, del Sudtirolo, della
Germania, dell’Austria e della
Svizzera, offrono sulle loro bancarelle prodotti tipici per il periodo natalizio: biscotti, zelten, cesti
di vimini, giocattoli di legno, lanterne, candele e tanti altri oggetti
natalizi e dell’artigianato.
Ogni pomeriggio la
Milano
L’Artigiano in Fiera
29 novembre 8 dicembre
Ha il sapore di un mercatino di Natale,
con le centinaia di bancarelle (in realtà
veri e propri stand), l’Artigiano in Fiera è
un’alternativa più vicina… anche se
quest’anno si sposta presso l’avveniristica fiera di Rho Pero.
www.artigianoinfiera.com
La Fiera degli Oh Bej! Oh Bej!
7-10 dicembre
Questa fiera è sicuramente la più nota
fiera Milanese. Si tiene tutti gli anni in
occasione della festa di S. Ambrogio. Gli
anni passati si svolgeva appunto proprio
intorno alla Basilica di S. Ambrogio ma
da un paio di anni, essendosi estesa,
viene fatta intorno al Castello Sforzesco.
Famosa per la presenza di numerose
bancarelle ricche di colori e profumi, che
creano un’atmosfera davvero suggestiva. Vi si può trovare una grande quantità
di giocattoli, dolci tipici, oggetti d'antiquariato ed ogni sorta di cianfrusaglie. Per i
bambini la fiera è come il ‘paese dei
balocchi’ ed è l’occasione giusta per farsi
viziare da nonni e genitori.... anche in
vista del Natale ormai vicino.
Filodrammatica di Glorenza propone uno spettacolo teatrale sul
tema natalizio e numerosi concerti allietano i visitatori.
informazioni
Comune di Bolzano
Ufficio turismo T. 0471.997.350
Azienda soggiorno e turismo Bolzano T. 0471.307.000/1/2/3 F. 0471.980.128
www.comune.bolzano.it
Comune di Merano
T. 0473.250.111 F. 0473.237.690
[email protected] www.comune.merano.bz.it
Comune di Bressanone
T. 0472.062.000 F. 0472.062.022 [email protected]
Comune di Brunico
T. 0474.545.454 F. 0474.545.455 [email protected]
Comune di Vipiteno
T. 0472.723.700 F. 0472.723.709
Comune di Glorenza
T. 0473.831209 F. 0473.830.350 [email protected]
caro ‘Brevi’ ti scrivo
Rari o non rari: non è un problema di scelta
Sono da poco donatore e, in occasione di una mia visita al Centro, ho sentito parlare dei donatori di gruppo raro. Come posso farne parte?
a.p.
Una persona viene definita di ‘gruppo raro’ quando la negatività
per un determinato antigene viene riscontrata in meno di 1
soggetto ogni 1.000 esaminati. Questa caratteristica non comporta problemi di salute ma è molto importante quando deve
essere affrontata una tra le problematiche più impegnative in
campo trasfusionale, ovvero il reperimento di unità di globuli
rossi per soggetti che hanno creato anticorpi contro antigeni
dei globuli rossi. La ricerca di unità compatibili per questi soggetti può comportare la tipizzazione di un elevato numero di
donatori, procedura che se viene eseguita al momento del
bisogno non assicura in alcuni casi il reperimento delle unità in
tempo utile. Come vengono identificati i donatori di gruppo
raro? Il laboratorio di immunoematologia del Centro effettua
regolarmente la determinazione degli antigeni eritrocitari dei
donatori di sangue ed inserisce i risultati nei programmi infor-
matici, che consentono in ogni momento di identificare donatori con particolari caratteristiche, di convocarli per la donazione e di gestire le unità di sangue prelevate. Come vede l’appartenenza al gruppo dei donatori rari è stabilita ‘per natura’ e
non è frutto di scelta personale. Come per ogni altra informazione raccolta al Centro trasfusionale, anche i dati relativi allo
stato di donatore di gruppo raro sono gestiti in conformità con
le attuali disposizioni di legge sul trattamento dei dati riservati.
Se dal Centro trasfusionale le è stato comunicato di appartenere a questo gruppo anche altri membri della sua famiglia
potrebbero presentare le stesse caratteristiche. La invitiamo
pertanto a parlare di questo programma anche ai suoi familiari
e di venire a donare con loro presso il Centro Trasfusionale e
di Immunoematologia della Fondazione Ospedale Maggiore
Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena di Milano.
La fortuna di avere Notizie Brevi in tasca
La settimana scorsa, invitato dalla Fondazione OSIO alla Società del Giardino per una colazione (credevo
conviviale!) il neo presidente all’improvviso mi presenta ai soci invitandomi a parlare di qualche argomento di
interesse psicologico (anzi ‘psicosociale’).
Preso alla sprovvista mi sono ricordato che in tasca avevo l’ultimo numero di Notizie Brevi appena sfornato
dalla tipografia. In pochi secondi ho deciso di parlare proprio dell’articolo che avevo scritto col titolo molto
provocatorio (o stimolante) ‘Non facciamoci prendere dalla sindrome da rientro’.
Molte domande (battute umoristiche) e un’animata e simpatica discussione. La più bella confessione è stata
“la sindrome da rientro non mi tocca più perché io da dieci anni ho deciso di non andare più in vacanza (se
non per pochi giorni!) e sto benissimo”. La rivista (che provvidenzialmente mi ha suggerito lo spunto per la
discussione) è andata a ruba.
Ai nostri
lettori un
augurio di
buon Natale
e felice
anno nuovo
la redazione
(a.c.)
Direttore responsabile Girolamo Sirchia
Direttore scientifico Anna Parravicini
Responsabile editoriale Eloisa Consales
Progetto grafico e impaginazione Daniela Graia, Maria Laurora
Comitato di redazione Elena Benazzi, Giovanna Cremonesi,
Maurizio Marconi, Giorgio Marmiroli, Paolo Rebulla, Antonietta Villa
Hanno collaborato Francesca Albani, Luisa Calcagno, Federico
Colombo, Aronne Del Vecchio, Susanna Esposito, Enrico Fagnani,
Roberto Fonda, Francesca Poli, Luca Tafuni
Fotografie Roberto Fonda, Daniele Grioni, Maria Laurora
Disegni Athos Careghi
Pubblicazione trimestrale gratuita dell’Associazione Amici del
Policlinico e della Mangiagalli Donatori di Sangue, di ADISCO Sez.
Lombarda e del Centro Trasfusionale e di Immunoematologia della
Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e
Regina Elena di Milano
Copie distribuite: 30.000
Aut. Trib. Milano n. 335 del 4-9-1982
Stampa e fotolito Bine Editore s.r.l. - Milano
Copyright del Centro Trasfusionale della Fondazione IRCCS
Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena di
Milano Editore
Tutti i diritti riservati. Vietata la riproduzione anche parziale effettuata con qualsiasi mezzo sia elettronico sia meccanico (compresa
fotocopiatura e ogni altro sistema di riproduzione) se non dietro
autorizzazione scritta dell’Editore
Centro Trasfusionale della Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore
Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena di Milano Editore - via
Francesco Sforza, 35 - 20122 Milano
parliamo di noi
Aronne Del Vecchio... il nuotatore che sfida
le onde. Ecco il suo racconto
Sono un donatore da lunga data che si diletta a praticare sport, tra i quali il
nuoto a cui mi dedico con particolare assiduità durante il periodo delle vacanze (in ferie ci sono tutto l’anno).Quest’anno con altri 6 atleti del club nuoto
Manfredonia, abbiamo voluto provare (oltre alle altre gare di fondo) l’ebbrezza
della traversata dello stretto di Messina. Ogni atleta aveva una barca d’appoggio (ad ogni numero cuffia corrispondeva un numero barca). Siamo stati
condotti a Messina (Capo porta peloro) ed è iniziata la traversata fino alla
spiaggia di Scilla. In tutto abbiamo nuotato per 1 Km e 900 m !
Sono stati momenti emozionanti e adrenalinici soprattuto quando ci hanno
trasportati con dei barconi a Messina: abbiamo potuto constatare, tutto il percorso da fare a nuoto!
Però cari amici,quando cominci a nuotare, non pensi ad altro che a tenere
d’occhio la tua barca appoggio; non pensi alle meduse (che per fortuna non
c’erano), nè alle correnti o a quanto è profondo il mare (blu cobalto) in quel
punto. Alla fine nuoti e speri che il tuo barcaiolo ti stia portando sulla corrente
giusta e continui a nuotare ininterrottamente, fino a che non arrivi stanco ma felice al traguardo. L’anno prossimo ci riproveremo. Vuoi vedere che donare il sangue fa bene anche per questo?
Aronne Del Vecchio
Premio Ricerca a Susanna Esposito
Il ‘Premio Ricerca Soci SIP’ è stato attribuito dal Presidente della Società Italiana di Pediatria il 15 ottobre 2008,
durante la cerimonia inaugurale del 64° Congresso Nazionale della Società Italiana di Pediatria tenutosi a Genova.
È stata la prima volta che la Società Italiana di Pediatria ha voluto istituire un premio per l’impegno scientifico profuso nell’attività di ricerca di base e clinica su argomenti di rilevante interesse nell’ambito della Pediatria Generale
e Specialistica. L’attività scientifica della professoressa Esposito si è soprattutto concentrata sulla patologia infettiva del bambino con studi che hanno prevalentemente riguardato le infezioni respiratorie e la prevenzione vaccinale. In alcuni casi i risultati di queste ricerche possono essere considerati di grande rilievo perché capaci di
modificare atteggiamenti diagnostico-terapeutici o di somministrazione vaccinale da tempo codificati in campo
internazionale. Valgano a questo proposito la dimostrazione del ruolo dei batteri atipici nella genesi della faringite
acuta e dell’asma infettiva con conseguente necessità di modifica della terapia antibiotica usualmente prescritta in
queste malattie, la messa in evidenza della possibilità di semplificare la somministrazione dei vaccini antipneumococco e antimeningococco C con possibilità di utilizzare queste misure preventive con schemi nettamente più favorevoli
sia sul piano economico sia su quello della compliance. In aggiunta, la rilevazione di nuovi agenti virali implicati come
agenti eziologici nelle malattie respiratorie del bambino, la dimostrazione dell’importanza dell’influenza nel bambino
con e senza patologie cronica e i dati relativi all’efficacia di diversi vaccini antinfluenzali nei primi anni di vita.
L’insieme della sua attività scientifica ha valso a Susanna Esposito non solo un numero rilevante di pubblicazioni
su riviste internazionali di assoluto rilievo (e il raggiungimento di un valore totale di Impact Factor superiore a
400), ma anche lo stabile inserimento nella comunità scientifica internazionale, come dimostrato dalle numerose e
ripetute richieste di partecipazione come relatore a prestigiosi congressi internazionali, dall’inserimento nel
Comitato Direttivo della European Society for Pediatric Infectious Diseases, dalla nomina di membro del
Committee for Training della European Society for Pediatric Infectious Diseases e dalla chiamata come
International Editor per The Pediatric Infectious Disease Journal. L’aver dedicato molta parte della sua attività alla
ricerca scientifica non le ha, comunque, impedito di sviluppare doti didattiche e cliniche e di raggiungere importanti
successi nella carriera universitaria e assistenziale. Professore Associato di Pediatria dell'Università degli Studi di
Milano da tre anni, vice-direttore della Unità Operativa Complessa di Pediatria da due anni, è divenuta lo scorso
anno responsabile dell'Unità Operativa Semplice di Infettivologia Pediatrica della Fondazione Ospedale Maggiore
Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena.
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NOTIZIE BREVI
Appuntamenti
Donatori
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Domenica 1 febbraio
Trofeo Internazionale
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Chiesa in Valmalenco
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