Un articolo di Alberoni
Chi agisce per invidia rinuncia a realizzare se stesso
Il merito di una persona non viene riconosciuto, ma anzi,
vilipeso, in tre casi. Quando ciò che essa dice è in contrasto
con la concezione scientifica o ideologica dominante.
Quando il suo successo urta gli interessi politici o
economici di un gruppo potente. Infine per invidia. Un
esempio del primo tipo è quello di Galileo, che metteva in
crisi gli aristotelici. Un altro l' ostracismo dato per molto
tempo a Pasteur perché, con la sua concezione dei microbi,
svalutava il pensiero degli scienziati del suo tempo. Ancora
più numerose le ingiustizie compiute dai gruppi politici. Per
esempio la condanna della psicoanalisi fatta da Hitler
perché la considerava una scienza ebraica. Oppure il caso
dei nostri critici di sinistra che condannavano tutti i film di
Hollywood. Come esempio di interesse economico,
ricordiamo che gli americani ancora oggi favoriscono
sfacciatamente solo i loro scrittori ed il loro cinema, e non
lasciano nessuno spazio ai concorrenti. Si tratta di
meccanismi collettivi in cui il gruppo, scientifico,
ideologico, o economico, difende il suo potere contro una
sfida esterna. L' invidia invece è individuale. Essa nasce dal
nostro desiderio di avere un valore. E il valore ce lo
possono dare solo gli altri con i loro elogi, il loro applauso,
il loro premio. Quando vediamo che viene premiato
qualcun altro al nostro posto ci restiamo male, soffriamo.
Soprattutto se svolge la nostra stessa attività e non ci
sembra molto diverso da noi. Allora non possiamo evitare
di do mandarci: perché lui sì ed io no? Finora però non c' è
invidia. L' invidia nasce quando noi sentiamo che l' altro,
anche se ci dispiace, anche se ci fa rabbia, vale veramente,
e che la giuria ha ragione. Ma non vogliamo ammetterlo e
cerchiamo ad ogni costo di abbatterlo, di sconfiggere il
giudizio della società.
Ci convinciamo e cerchiamo di convincere gli altri che
non vale nulla e lo facciamo in modo tanto più
ossessivo e cattivo quanto più sappiamo che stiamo
mentendo. Ne parliamo male, lo denigriamo, gli
facciamo del male. L' invidia, non è solo un
sentimento, è un' azione cattiva. L' invidia, perciò, si
rivolge inesorabilmente verso tutti coloro che sono
dotati e tende a frenarli. In ogni impresa ci sono
colleghi che, anziché collabora re fra loro, si
ostacolano e si danneggiano. Esistono insegnanti
invidiosi degli allievi, dirigenti invidiosi dei loro
collaboratori più bravi, editori che ostacolano i loro
scrittori. Attorno ad ogni leader politico, ad ogni
artista affermato, troviamo persone che lo invidiano in
modo feroce. Per questo chi ha ricevuto grandi doti ha
bisogno, soprattutto da giovane, di qualcuno che lo
protegga dall' azione devastante dell' invidia altrui.
All' inizio abbiamo detto che il merito non viene
riconosciuto in tre casi: quando ostacola un modo
diffuso di pensare, quando danneggia gli interessi di
un gruppo potente e, infine, nell' invida. I primi due
casi, sebbene ingiusti e socialmente dannosi, sono
comprensibili dal punto di vista dell' interesse
egoistico. La gente difende le proprie convinzioni e le
proprie abitudini. I gruppi politici esaltano gli amici e
cercano di indebolire i nemici. Quelli economici
combattono la concorrenza. Ma l' invidioso cosa ci
guadagna? Niente. Abbacinato dalla persona che
invidia, non fa che pensare a lei, si rode il fegato, sta
male. Spreca la sua vita in azioni meschine, passa il
suo tempo a denigrarla, danneggiarla. E così rinuncia
a realizzare se stesso, ad inventare, a creare.
Commento di un testo
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ritiene convincente ed efficace, debole e
criticabile ecc.). Motiva il tuo giudizio
5. Formula un giudizio personale sulla tematica
affrontata
Breve introduzione
Una società come la nostra,
basata sul merito tanto da
essere definita meritocratica, se
vuole
essere
giusta
e
democratica deve assicurare a
ciascun
individuo
il
riconoscimento
delle
sue
benemerenze
e
delle
sue
capacità. Ciò non sempre accade.
Sintesi dell’articolo
Alberoni nel suo articolo cita tre
possibili casi di misconoscimento
dei meriti acquisiti. Si dà il primo
caso quando il “meritevole” dice o
fa qualcosa che contrasta con i
pregiudizi sociali ed ideologici
dominanti. E qui vale l’esempio di
Galileo
Galilei
richiamato
nell’articolo.
C’è poi un secondo caso. Se c’è
qualcosa o qualcuno che ostacola
gli interessi economici consolidati
si può star certi che il merito farà
fatica
ad
affermarsi.
Ne
forniscono una testimonianza gli
assetti di Hollywood che ancora
“oggi favoriscono sfacciatamente
solo i loro scrittori ed il loro
cinema, e non lasciano nessuno
spazio ai concorrenti.”.
Sono meccanismi assai dannosi sostiene Alberoni -, e tuttavia sono
in parte giustificati. Chi li pratica ha
di mira un preciso interesse da
difendere e dunque spera di ottenere
un qualche beneficio dal suo
comportamento, beneficio di cui
possono godere anche altre persone,
essendo in gioco interessi e
convincimenti collettivi.
E’
mosso
da
motivazioni
esclusivamente individuali chi è
spinto dall’indivia. Quest’ultimo è il
caso in cui è l’invidia a causare il
mancato riconoscimento dei meriti
altrui.
Tema centrale e tesi dell’autore
Alberoni concentra la sua attenzione
su tale fenomeno che costituisce il
tema fondamentale del suo discorso e
sostiene che l’invidia “non è solo un
sentimento, è un'azione cattiva”.
Infatti essa spinge chi ne è affetto a
denigrare colui che si è reso
meritevole
di
elogi
e
di
riconoscimenti, nel tentativo di
limitarne i meriti e di screditarlo di
fronte all’opinione pubblica.
Ma in questo modo egli ottiene una
ben magra soddisfazione: procura un
danno agli altri senza ricavarne un
reale beneficio per se stesso.
Anzi, èd è questa la tesi centrale
dello scrittore, l’invidia è un
sentimento che danneggia anche chi
la
prova,
poiché,
ossessionato
dall’idea di recar danno agli altri, non
si preoccupa dei propri interessi e
rinuncia a realizzare se stesso.
Insomma è un sentimento egoistico e
controproducente.
L’argomentazione dell’autore
Il ragionamento di Alberoni si avvale
per lo più di numerosi esempi. Oltre a
quelli già citati egli ci ricorda anche
alcune situazione di comune esperienza
quotidiana, quali quelli che riguardano
gli incomprensibili risentimenti che
oppongono fra loro i colleghi di lavoro,
gli insegnanti agli studenti brillanti e
meritevoli, gli editori agli scrittori di
successo. Tale strategia argomentativa
è particolarmente efficace perché
mette il lettore in condizione di intuire
immediatamente quali effetti rovinosi
può
produrre
un
comportamento
dettato dall’invidia. Di qui la proposta,
condivisibile , che avanza Alberoni di
proteggere i giovani di valore “dall'
azione devastante dell' invidia altrui”.
Giudizio sulla modalità ed efficacia
argomentativa dell’autore
L’argomentazione del sociologo è
dunque assai efficace e consegue a
pieno l’obiettivo di convincere un
ampio pubblico di lettori, quale quello
di un grande quotidiano nazionale,
proprio perché evita di formulare
concetti troppo astratti e teorici, ma
si affida all’esemplificazione ed a un
linguaggio che usa un lessico
piuttosto semplice e comune.
Giudizio personale sulla tematica affrontata
dall’autore
Del resto, anche se non proprio del
tutto scontata, la tesi di Alberoni è
altamente stimolante e tocca nel vivo un
aspetto
delicato
del
nostro
comportamento.
L’invidia
è
un
sentimento
piuttosto
diffuso
e,
sebbene ciascuno di noi in fondo se ne
vergogna, fatichiamo tuttavia a tenerlo
sotto controllo. Ha fatto bene lo
scrittore a ricordarci le implicazione
negative che essa ha anche e
soprattutto per chi la prova. Tale
osservazione può essere utile a
spingerci ad evitare di perdere il tempo
a tentare di svilire chi ci sta attorno e
a
rivolgere
l’invidia
sterile
in
emulazione, quindi a dedicare più tempo
e ed energie a migliorare e crescere.
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