FACOLTA DI LETTERE E FILOSOFIA CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN LINGUE E CULTURE DEL MONDO MODERNO “Maria Mitchell, la sua cometa ed il Grand Tour” RELATORE Alessandro Gebbia CORRELATORE Costantino Sigismondi LAUREANDA VANESSA DEL BROCCO Anno accademico 2008/09 Sessione invernale i A tutti coloro che mi hanno sostenuta e hanno creduto in me, in modo particolare ai miei genitori che hanno mantenuto i miei studi ed alla mia amica Maria Giovanna senza la quale questo percorso sarebbe stato meno piacevole! ii INDICE Introduzione 1 Cap. 1: Infanzia ed adolescenza di Maria Mitchell 1.1 L’infanzia a Nantucket 1.2 Lavorando tra i libri di navigazione e quelli sulla schiavitù 4 6 16 Cap. 2: La scoperta della Cometa 2.1 Esplorando il cielo di Nantucket 2.2 La cometa Mitchell (1847-1849) 2.3 La famosa astronoma bibliotecaria dell’isola di Nantucket 23 25 29 38 Cap. 3: Il gran tour negli Stati Uniti ed in Europa 3.1 Un Grand Tour dell’America nel 1857 3.2 L’arrivo in Europa: l’Inghilterra 3.3 Un interludio parigino 49 51 60 68 Cap. 4: Il Vassar College ed il suo ritiro Poesia: nel vento 4.1 Il suo osservatorio ed il Vassar College 4.2 Gli ultimi viaggi, l’insegnamento ed il suo ritiro 70 72 74 80 Appendice: Il Grand Tour d’Italia (Traduzione) Il Grand Tour d’Italia (Versione originale) 84 Conclusioni 126 Bibliografia 128 iii iv “Abbiamo soprattutto bisogno d’immaginazione nella scienza. Essa non è solo matematica, o solo logica, Ma è qualcosa di bello E poetico.” v Introduzione L’idea di trattare questo argomento mi è venuta quando, alcuni anni fa, ho seguito dei corsi con il professor Sigismondi che trattavano d’astronomia e dei personaggi che l’avevano caratterizzata. Maria Mitchell in particolare mi era piaciuta per essere stata una persona semplice nel modo di comportarsi e nel modo di apparire, basti pensare al suo abbigliamento per niente ricercato, e per essere stata, allo stesso momento, una persona che attirava l’attenzione solo per il suo carisma. Era molto intelligente, e i suoi calcoli astronomici ne sono la prova, ma molto modesta nell’ammetterlo, o addirittura insicura. Ed ancora, per essere stata molto schietta nei suoi discorsi, ma allo stesso tempo tenera per la sua femminile timidezza, forze dovuta alla sua educazione religiosa. Mi hanno colpito anche le foto ed i dipinti che la ritraggono, che mi hanno permesso di vedere lei e di notare le abitudini dell’epoca, mi è piaciuto vedere nelle sue foto soprattutto il modo di vestire delle donne dell’800 e quel loro mettersi in posa senza sorridere. Reperire le fonti non è stato particolarmente semplice, e tutte quelle disponibili sono rigorosamente in inglese, proprio perché in Italia lei non è mai diventata famosa, nonostante esserci venuta durante il suo Grand Tour, e quindi mai nessuno aveva parlato di lei. Non si hanno notizie di questa donna in Italia al di fuori del nostro ambiente scientifico. Questa può essere una delle differenze culturali tra gli Stati Uniti e noi, il fatto di occuparsi in modo diverso dell’astronomia. Ho dovuto cercare molto per avere notizie più dettagliate di lei che non fossero quelle della sua vita riassunta in poche parole sui vari siti internet. Ho dovuto far arrivare un libro direttamente dagli Stati Uniti, che uscito nel 2007, mi avrebbe permesso di avere anche qualche aggiornamento a riguardo. 1 Un altro dei motivo per cui ho scelto proprio questo argomento è perché lei è stata tra gli americani che vennero ad espandere la propria cultura in un’Europa che era all’avanguardia nel campo scientifico Venire qua comportava un viaggio lungo e stressante su di una nave che oltre ad essere scomoda, non dava sicurezza ai passeggeri allarmati dai frequenti naufragi. Però una volta arrivati potevano fare non solo una visita turistica di un continente tanto diverso dal loro e pieno di storia, ma avevano anche la possibilità di ampliare la cultura nel loro campo scientifico d’interesse, vedendo con i propri occhi gli strumenti e le scoperte fatte, che altrimenti avrebbero potuto conoscere solo leggendo una rivista, che ogni tanto aggiornava gli americani delle innovazioni europee. Quella del Grand Tour è rimasta una tradizione che si è tramandata negli anni tra gli studenti americani, i quali ancora oggi vengono a visitare l’Europa come viaggio d’istruzione. Prendendo parte ad un tirocinio durante il mio percorso universitario, ho avuto modo di svolgere un’attività per una società che si occupava proprio di questi ragazzi. In quell’esperienza, oltre ad essere uno scambio linguistico, ho potuto mettere a confronto le due culture e capire che sono diverse. Anche a Maria piacque notare le differenze culturali una volta arrivata qui e trascriverle nel suo diario di viaggio. Quello che forse è cambiato del Grand Tour a mio avviso, è l’approccio con l’altra cultura. Leggendo un libro sulla vita di Maria Mitchell ho notato che inizialmente si cercava di entrare all’interno della realtà delle popolazioni che si visitavano, mediante un contatto diretto che faceva capire molte più cose di quelle che possono intuire i ragazzi che, fanno lo stesso tipo di viaggio oggi, si limita a visitare il territorio ed i momumenti, non uscendo dalla proprio cerchia d’amicizie, evitando molto spesso d’interagire con la gente del luogo, senza quindi vivere veramente il viaggio. Ho trovato 2 però anche una cosa in comune sia nelle descrizioni di Mitchell che in quelle di altri ragazzi statunitensi che ho conosciuto, e cioè la simpatia che questi trovano per la nostra cultura, che mi ha fatto capire quanto il nostro popolo è straordinario. Infine ho deciso di parlare di questa donna straordinaria per essere stata un punto di riferimento molto importante per la scolarizzazione femminile e non solo, in un periodo in cui le altre donne avevano un ruolo sociale del tutto marginale. Tra questi mi ero interessata maggiormente alle donne che ne erano state protagoniste come Maria Mitchell ed Caroline Herschel, che nonostante gli ostacoli che incontrarono, erano andate avanti diventando famose. Questo è un periodo delicato nel nostro paese per quel che riguarda i diritti delle donne, che nonostante siamo ormai nel 2009, alle volte si vuole negare il cambiamento sociale che ci ha riguardate, cercando mantenere la tradizione che ci vedeva confinate nei lavori domestici. In fatto di non accettare questo cambiamento del ruolo femminile porta troppo spesso ad episodi di violenza. Questo sono causate soprattutto dalla religione e da un modo di pensare radicato nella società, quindi ci sono diversi modi di vedere la cosa, e si va dai paesi più civili a quelli in cui la donna è addirittura merce di scambio, i quali uomini alle volte, venendo nel nostro paese, commettono dei gravi reati. Il nostro paese è molto legato alle tradizioni ed alla religione per sfruttare al meglio il contributo che possiamo dare all’interno della società, è quindi normale che prende le novità con più lentezza, ma sono sicura che le cose miglioreranno. Spero di aver fatto un buon lavoro parlando di tutta la vita di questa donna in modo omogeneo e facendo una traduzione completa di un capitolo, quello relativo al suo viaggio in Italia. 3 Capitolo 1 Infanzia ed adolescenza di Maria Mitchell 4 “Preferisci imparare la teoria da un libro o osservare le cose direttamente dal cielo?” - Maria Mitchell 5 1.1 L’infanzia a Nantucket Durante un freddo autunno del 1659, dopo un viaggio tra il mare increspato e pericoli di vario genere, una piccola barca arrivò a Nantucket.1 A bordo c’erano i primi abitanti bianchi che popolarono l’isola, un piccolo gruppo di uomini e donne inglesi in cerca di opportunità economiche e tolleranza religiosa non disponibile nel New England puritano. Nell’isola che era a ventiquattro miglia da la costa sud di Cape Cod in Massachusetts, i primi colonizzatori sfruttarono la pesca dei capodogli, che negli anni ebbe un’inimmaginabile crescita, diventando nel tardo ‘700 l’attività economica principale dell’isola, e portando ad una forte crescita della popolazione e del ruolo importante delle donne. Queste infatti, oltre ai lavori domestici, dovevano assumere un ruolo di primo ordine all’interno delle mura domestiche quando i mariti partivano con le baleniere. Dovuto quindi alla mancanza degli uomini impegnati per molto tempo nell’oceano ed al quaccherismo, la religione fortemente influente sull’isola conosciuta anche come società religiosa dei quaccheri, l’isola era caratterizzata dalla direzione femminile, nonostante però per legge non avevano gli stessi diritti degli uomini, dovuto al ruolo marginale che avevano nel resto del paese. William Mitchell lavorò per qualche tempo con suo padre nell’industria dell’olio di balena e sapone, fino alla guerra del 1812 che frenò momentaneamente l’industria baleniera, per ridarle slancio alla fine del conflitto, quando l’America guadagnava finalmente l’indipendenza dall’Inghilterra. Poco prima della guerra si sposò con Lydia Coleman e si trasferirono da un posto all’altro della città fino alla 1 Welcome to Nantucket, Copyright 1996-2009 Nantucket Inquirer and Mirror, Nantucket, Mass. http://www.ack.net/culture_and_history.html (16/01/2009). 6 sistemazione stabile al civico 1 di Vestal Street, nel centro della città. Dopo Andrew e Sally, il 1 agosto nel 1818 nacque Maria Mitchell in quella casa, arrivando fino a nove fratelli nel 1833. Quando Maria aveva quattro anni William aprì scuola una nella propria quale insegnava. Maria oltre avere ad antenati nell’industria baleniera, discendeva anche da educatori e scienziati. Basti pensare che era parente del primo scienziato ed inventore dell’America del diciottesimo secolo Benjamin Franklin e di Walter Folger Jr, un astronomo, matematico, avvocato, giudice e legislatore, nella cui biblioteca Maria da piccola leggeva libri di astronomia, chimica, storia ed altre materie. Data la severità e l’istruzione equa per tutti i figli senza distinzione di sesso, i due genitori imposero a lei ed ai suoi fratelli e sorelle una buona educazione.2 La religione quacchera professava l’uguaglianza religiosa ed individuale dei due sessi e delle diverse classi sociali, influenzando i religiosi anche sull’abbigliamento, che doveva essere sobrio ed essenziale e sul lavoro, che doveva essere onesto. Questa religione imponeva ai suoi piccoli fedeli l’apprendimento della lingua inglese, olandese e danese, anche se su questa isola fu più 2 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, 2007, pp. 3-2. 7 importante insegnare navigazione, data l’importanza economica che aveva. Per studiare navigazione, che era l’ambizione di tutti i bambini maschi, si doveva avere buone basi in matematica e astronomia.3 William e Lydia con gli altri appartenenti alla loro religione si consultavano settimanalmente in una riunione, dove anche le donne esprimevano la propria opinione. Ebbe una forte influenza su Maria quell’ambiente in cui l’indipendenza femminile era abbastanza accettata. Oltre a leggere spesso la Bibbia, la famiglia Mitchell faceva in modo che anche i figli si rendessero utili, così tutte le ragazze sapevano cucirsi i vestiti, cucinare e pulire, mentre i ragazzi aiutavano William nella vicina campagna. La prima insegnate di Maria fu sua madre, quando fu più grande ed andò a scuola dalla signorina Elizabeth Gardner,4 iniziò a seguire anche gli insegnamenti di suo padre di sera, finché non divenne un’allieva del padre stesso che fu chiamato ad insegnare alla “North Grammar School.” Qui le materie principali erano l’ortografia, leggere, scrivere, la grammatica e la geografia, le stesso studiate anche alla scuola privata “Coffin Lancasterian School”, di cui William successivamente negli anni divenne preside ed amministratore. Dopo due anni di insegnamento nella scuola pubblica William aprì una propria scuola, con quindici iscritti di entrambi i sessi, in cui studiò anche Maria, undicenne all’epoca. Quando successivamente fu impossibile per il padre mantenere la sua famiglia numerosa con così pochi iscritti, fu Maria che prese in mano la situazione. Assunse un professore laureato all’Università di Harvard, così continuò ad avere aperta la scuola, che fu 3 Henry Mitchell, Maria Mitchell in « Proceedings of the American Academy of Arts and Sciences», 25, (May, 1889- May, 1890), p. 331. 4 Sarah Josepha Hale, Woman’s Record; or, Sketches of All Distinguished Women, New York, Harper & Brothers, Pubblishers, 1855, p. 744. 8 poi trasferita a casa dei Mitchell, insegnando oltre alle materie standard anche francese, spagnolo, latino, greco, algebra e navigazione. Con l’affluenza di bambini a casa sua però le venne a mancare quella intimità che le permetteva di poter studiare bene, tanto che dovette ricavarsi un piccolo posticino appartato solo per lei. Maria era piuttosto timida e schiva nei rapporti sociali che non fossero quelli riguardanti la sua famiglia. Il suo tempo libero lei lo passava con suo padre, generalmente di sera, ad osservare i fenomeni celesti dal tetto di casa loro. William era appassionato di astronomia ed osservando il cielo aveva imparato a riconoscere le costellazioni e i movimenti planetari ed aveva riservato particolare attenzione nella luna di settembre, trasmettendo questa sua passione a Maria che era la sua assistente principale tra tutti i suoi figli. Lui per i calcoli che fece guadagnò l’appellativo di astronomo a quei tempi. Il primo strumento utilizzato era un telescopio rudimentale costruito da un orologiaio del luogo. A dodici anni iniziò a fare i calcoli per suo padre, necessari per le osservazioni, l’aiutò la passione per la matematica, nonché la buona salute necessaria per la costanza del loro lavoro di calcolo. Esattamente iniziò le osservazioni con l’eclisse anulare di Sole del 12 febbraio del 1831, mentre William osservava, lei, che aveva 12 anni, gli stava accanto a cronometrare il tempo, contando ad alta voce. Quella eclissi sarà poi riportata nell’“American Almanac” come qualcosa di splendido e spettacolare. Per quella osservazione usarono un buon telescopio costruito da “The Donald Company”, uno dei pochi fatti a quel tempo, che gli permise certamente di osservare l’evento in modo più dettagliato, e che poi sarà usato per circa sei decadi da Maria per le sue esplorazioni. Quella osservazione fu fatta da William, raccontava suo figlio Henry, per 9 10 determinare la longitudine della loro casa, aiutato dal cronometro di Greenwich usato sulle baleniere di Nantucket, uno strumento accurato e preciso, importante per i capitani che in alto mare dovevano calcolare la longitudine. Infatti a quei tempi era un grosso problema per chi andava per mare calcolare la posizione e questa fu una delle cause delle morti in mare in quegli anni, quando non riuscivano ad orientarsi in mare. Anche i treni avevano problemi, non avendo tutti lo stesso orario, spesso c’erano incidenti. I telescopi, i corpi celesti e gli argomenti astronomici erano parte della vita quotidiana di Maria, con cui aveva familiarità anche da bambina. Inoltre lei ha sempre avuto contatto con alcuni astronomi amici di famiglia, come William C. Bond, a cui suo padre inviava cronometri per farli migliorare. Questo fu uno dei primi astronomi di rilievo (17891859), che, pur di modeste origini e privo di una rilevante formazione accademica, fu tuttavia il primo direttore dell’osservatorio dell’Università di Harvard. Dal suo osservatorio privato trasferì ad Harvard le sue attrezzature, dove grazie anche all’istallazione di un rifrattore di 38 cm, cioè delle stesse dimensioni di quello più grande del mondo, poté studiare meglio Saturno e la nebulosa di Orione e realizzò alcune tra le prime fotografie astronomiche insieme a suo figlio, che poi 11 gli successe alla direzione dell’osservatorio.5 Avrà, insieme a suo figlio, un ruolo fondamentale come amico e consigliere nella vita di Maria. Oltre a lui William aveva altre amicizie nel ramo astronomico, tra i quali Alexandre Dallas Bache, una delle menti più brillanti del tempo. Maria oltre ad aiutare con il cronometro, assisteva suo padre nel lavoro svolto per determinare la longitudine e la latitudine per la “U.S. Coast Survey”, una delle prime agenzie scientifiche del governo federale, fondata per fare una mappa del paese e delle sue coste. Diversi collaboratori di quella agenzia visitarono suo padre, così lei poté avere un rapporto diretto con le principali figure scientifiche del primo e mezzo diciannovesimo secolo, appassionandosi sempre di più a tale materia. 5 ENCICLOPEDIA ITALIANA GROLIER, Editrice Eraclea S.r.l., Milano, 1987, vol. 3, p. 390. 12 Lo studio delle stelle per la navigazione era cosa assai diffusa sull’isola di Nantucket, insieme a quello meteorologico data la sua popolazione di gente di mare, diventava indispensabile capire il tempo prima di affrontare un viaggio in baleniera, così, dipendendo dal mare, erano bravi a capire i segni della natura. Oltre ad essere brava a fare i calcoli per le osservazioni, Maria era brava anche nel campo letterario, così era ancora una bambina quando scrisse il primo racconto di narra tiva e fu la picco la redat trice di un setti mana le per bamb ini chia mato “The Juvenile Inquirer”, scritto con un una piccola grafia e su piccoli pezzi di carta. La famiglia in generale amava anche l’arte, così si facevano spesso ritrarre di profilo, come era consuetudine per la comunità quacchera. A sedici anni Maria ottenne il lavoro di assistente di Cyrus Peirce nelle sue aule scolastiche dove prima era stata una studentessa. Da 13 questo momento e per tutta la sua vita Maria sarà indipendente economicamente e capace di sostenersi da sola lavorando, in un’America in cui nel periodo Jacksoniano le donne non avevano diritti, e dopo quel periodo iniziavano ad averli, poco alla volta.6 Successivamente Maria aprì una propria scuola, in cui si potevano iscrivere bambini con più di sei anni, prendeva tre dollari a quadrimestre. Si chiamava “Navigator” e fu subito soprannominata “Epitome” (compendio), fu la via d’accesso dei giovani all’arte nella navigazione. Siccome era molto difficile per i ragazzi capire le formule matematiche che si celavano dietro alla navigazione, Maria dovette consultare diversi libri scientifici fino ad arrivare ad argomenti trattati da quello di Nathaniel Bowditch,7 il matematico ed astronomo americano che scrisse “The new American Practical Navigator,” il libro di navigazione più importante del tempo.8 Oltre a quelle materie offriva loro lezioni di lettura, gli insegnava a leggere, geografia, grammatica, storia, filosofia naturale, aritmetica, geometria ed algebra. A questo punto della vita di Maria sarebbe stato opportuno che lei seguitasse a studiare date le sue capacità intellettuali, ma la vita dell’isola non lo prevedeva, ed era garantito lo studio fino a poter diventare maestro delle scuola elementare. Spostandosi nell’entroterra del New England avrebbe trovato buone università, ma queste non ammettevano ragazze tra i loro iscritti. Si dovrà arrivare al 1833 per le prime donne iscritte all’università in America. Vivendo a Nantucket Maria aveva l’opportunità di istruirsi occasionalmente grazie alle lezioni tenute in biblioteca da importanti 6 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 14-25. 7 Henry Mitchell, Maria Mitchell in « Proceedings of the American Academy of Arts and Sciences», 25, (May, 1889- May, 1890), p. 334. 8 Nathaniel Bowditch, 2009 Encyclopædia Britannica, Inc. http://www.britannica.com/EBchecked/topic/76106/Nathaniel-Bowdich, (17/01/2008). 14 personaggi come Benjamin Silliman, uno degli scienziati più influenti degli Stati Uniti. Era professore all’Università di Yale e fu lui a stabilire la scienza come professione in America, tra l’ altro la sua lezione ebbe grande successo a Nantucket. Visto che l’insegnamento nella scuola di Cyrus Peirce durò poco, a diciotto anni Maria si ritrovò ad essere una candidata per il lavoro nella biblioteca Atheneum della sua città. Lo stesso anno suo padre accettò un nuovo lavoro come cassiere della “Pacific Bank” e divenne il tesoriere della “Savings Bank,” Ciò comportò il trasferimento della famiglia nel cuore dell’economia della città e la vendita della casa al civico 1 della Vestal Street al fratello più giovane di William, Peleg Mitchell Jr., uno stagnaio. Seguendo l’uso dei dipendenti delle banche di trasferirsi vicino al loro posto di lavoro, i Mitchell si stabilirono in un appartamento nella banca. Al piano terra della loro nuova casa c’era il salotto, la biblioteca e la sala da pranzo e il piano superiore era costituito dalle camere da letto ed una grande sala usata dalla famiglia per tutte le loro occasioni sociali. Da lì William e Maria facevano anche le osservazioni, le donne cucivano, in generale era il posto dove la famiglia si riuniva. Anche se per William Mitchell il lavoro di cassiere gli assicurava un entrata economica sicura, questo non prevedeva un aumento di stipendio, così dovette continuare a lavorare anche per il Coast Survey e continuò a tenere i cronometri per l’isola sull’osservatorio costruito sul tetto della banca, dove Maria lo aiutava quando non era impegnata con il nuovo lavoro. Continuarono quindi a studiare le eclissi ed il loro osservatorio divenne anche un posto visitato dagli scolari della città. Ed indubbiamente il nuovo lavoro di Maria le dava un gran prestigio per l’importanza educativa, culturale e letteraria. 15 1.2 Lavorando tra i libri di navigazione e quelli sulla schiavitù Nella strada fangosa che portava alla biblioteca si percepiva un forte odore di olio di balena bollito proveniente dalle raffinerie e dalle industrie di candele, l’edificio era bianco con delle finestre dalle arcate gotiche, secondo lo stile ecclesiastico della Società Universalista Unitariana da cui era stato costruito. La bella struttura in legno era un misto tra lo stile greco e quello gotico, un’architettura alla moda in quegli anni sull’isola. Il suo interno era stato cambiato in modo da includere una sala di lettura tanto grande da contenere centocinquanta persone a sedere, delle stanze appositamente organizzate per contenere i libri, un piccolo museo e delle sale per le riunioni. 9 Maria Mitchell fu la prima persona ad essere stata assunta a tempo pieno in quella struttura, ed ancora la prima donna negli Stati Uniti d’America ad avere una tale posizione in quel campo, stando a quello che disse Duncan Wall,10 si dovrà aspettare il 1850 per iniziare ad assumere altre donne nelle biblioteche del resto del paese. La sua posizione era influente dato che dirigeva il lavoro quotidiano della biblioteca, doveva selezionare i libri da comprare, oltre ad occuparsi dell’infinita catalogazione di essi. La religione quacchera credeva nell’uguaglianza tra i sessi e con l’esempio di Maria le donne dell’isola 9 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 25-34. 10 Ducan Wall, The Morning Star of the Atheneum “The Nantucket Atheneum: A Commemorative Review”, Nantucket, Nantucket Atheneum, 1996, pp. 51-54. 16 ebbero un’occasione in più di impegnarsi in lavori più impegnativi delle questioni religiose ed educative di cui gia si occupavano. Maria gia aveva una passione per i libri ereditata dai genitori ed in quel periodo iniziò ad imparare le tecniche di archiviazione sul posto di lavoro. L’Atheneum era una biblioteca privata i cui proprietari erano un gruppo di azionisti.11 Alla fine del 1830 a Maria erano stati affidati più di duemila volumi ed un museo eclettico costituito da numerose curiosità incluse delle armi, dei vestiti ed utensili riportati dai balenieri dalle diverse isole del Pacifico.12 Nel primo anno di lavoro Maria constatò una forte espansione economica dovuta al buon andamento dell’industria baleniera, che aveva favorito anche l’apertura di una nuova scuola secondaria ed un piroscafo metteva quotidianamente in comunicazione l’isola con il continente. Una ottima situazione anche sotto il profilo religioso visto che guadagnarono la diversità come episcopaliani e congregazionalisti, gli anabattisti costruirono nuove chiese e gli unitariani ed i metodisti guadagnarono nuovi fedeli. L’“Atheneum” fu l’università di Maria Mitchell, che ebbe la fortuna di poter accedere alla collezione della biblioteca. A quel tempo alle donne negli Stati Uniti era raramente data la possibilità di accrescere la propria cultura ed a Nantucket in particolare le possibilità erano addirittura nulle. In quel periodo gli scienziati americani dipendevano dalle importazioni di libri e di giornali per poter espandere la propria conoscenza nel loro campo di ricerca. Un altro vantaggio per Maria fu di poter accedere ai giornali della biblioteca, tra cui il “Silliman’s Journal” 11 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 33-34. 12 John Warder Barber, Historical Collection of Every Town in Massachusetts, Worcester, Dorr, Howland & Co., 1939, pp. 446-447. 17 (conosciuto anche come “Journal of Art and Science”) pubblicato da Benjamin Silliman, professore di scienze dell’Università di Yale. Quel giornale fu il mezzo di comunicazione della comunità scientifica della metà del diciannovesimo secolo e proprio lì erano stati pubblicati diversi articoli di suo padre sulle comete e sull’aurora. La collezione dell’“Atheneum” conteneva volumi che fornirono a Maria la consapevolezza del ruolo femminile e dei diritti che ne derivavano, tra questi c’erano i libri di Mary Hays “Female Biography” e “Memories of Illustrious and Celebrated Woman of All Ages and Countries” (1807). Hays fu un’importante figura intellettuale del tardo diciottesimo e del primo diciannovesimo secolo in Inghilterra, ardentemente impegnata nei diritti delle donne.13 Mitchell iniziò a lavorare come bibliotecaria in un periodo in cui alcuni dei personaggi più conosciuti nell’isola intensificavano le loro partecipazioni con il movimento degli abolizionisti della schiavitù di Boston. Lo schiavismo fu un argomento cruciale della politica americana tra il 1830 allo scoppio della Guerra Civile e divise l’opinione pubblica di Nantucket per diversi anni. L’influenza della religione quacchera fece formare sull’isola un attivo gruppo di abolizionisti gia nel 1716, in quanto in un incontro tra i religiosi era stato stabilito che non era giusto lo sfruttamento.14 Ciononostante questa isola ebbe un passato schiavista come attestato da alcuni documenti del diciottesimo secolo che riportano la proprietà di alcune famiglie bianche di schiavi nativi americani e di afro- americani. Lo schiavismo nell’isola fu abolito nel 1770. All’inizio del 1838, un decennio prima che l’assemblea per i diritti delle donne 13 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 34-36. 14 Barbara Linebaugh, The African School and the Integration of Nantucket Public School 1825-47, Boston, Boston University Afro-American Studies Center, 1978, p. 11. 18 fosse tenuta a Seneca Fall, nello stato di New York, si era formata una società femminile anti-schiavitù a Nantucket, come in altre città americane. Queste partecipavano a comizi politici e parlavano in pubblico. Alcune si convertirono al quaccherismo per poter avere la possibilità di esprimere la propria opinione davanti a quel numeroso gruppo religioso. Quello era un periodo in cui la stampa, il clero ed in generale la società decretava il silenzio e la sottomissione per la donna. Il lavoro quotidiano di Maria fu influenzato dai dibattiti razzisti che vennero tenuti nell’“Atheneum” fino al gennaio del 1838, quando gli amministratori decisero che la sala di riunione sarebbe stata usata solo per argomenti di carattere letterario e scientifico, un’anomala chiusura alla libera discussione di un’aula costruita per finalità di pubblico interesse. Gli amministratori ebbero ben altre preoccupazioni dopo il 2 giugno del 1838 alle due del mattino quando un incendio attaccò anche l’“Atheneum” bruciando tra l’altro la collezione di libri curata da Maria. Il fuoco fu alimentato dalla presenza di olio di balena data la vicinanza alle industrie ed il valore delle cose bruciate ammontò a 100000 dollari. Le conseguenze furono pesanti per tutti gli abitanti dell’isola, compresa la famiglia Mitchell. La biblioteca riassumerà un ruolo fondamentale per i dibattiti politici quando dopo essere stata restaurata, nell’agosto del 1841 affitterà la sala per un assemblea durata tre giorni. Era frequente tra gli anni trenta e quaranta del 1800 che le assemblee abolizionisti fossero disturbate da bande violente e quando successe a Nantucket, la notizia fu subito riportata dai giornali del continente, che scrissero “Ci sono stati molti assalti a Nantucket, dove i vetri delle finestre dell’‘Atheneum’e delle case sono state rotti”. Non ci sono documenti che attestino l’appoggio di Maria per l’uno o l’altro gruppo, anche perché molte cose dei Mitchell andarono perse durante il grande incendio del 1846, ma data 19 la tradizione quacchera, lei fu contraria alla schiavitù come vedremo in seguito. Infatti per la comunità religiosa in cui era cresciuta ridurre una persona in schiavitù era peccato. Tra l’altro erano presenti in biblioteca libri di autori contrari alla schiavitù come “Appeal in Favor of the Class of Americans Called Africans” di Oliver Gardner. L’agitazione contro la schiavitù potrebbe essere stata una dei motivi per cui Maria Mitchell iniziò a dubitare della sua religione. Infatti con l’aumento dell’influenza della politica e delle tendenze intellettuali dell’entroterra, le convinzioni quacchere iniziarono ad avere meno interesse nelle convinzioni portate avanti fino ad allora. Come suggeriscono i documenti relativi agli incontri dei quaccheri, la generazione di Maria cominciò ad avvicinarsi a congregazioni più liberali. Nata ed educata secondo quella religione, da bambina attendeva con ansia gli incontri religiosi, crescendo si allontanò progressivamente finché nel 1843 Maria rifiutò di andare all’incontro mensile del gruppo di donne quacchere. Fu una questione delicata tanto che il comitato andò a casa dai Mitchell, all’appartamento della banca, per parlare con Maria. Dopo l’incontro fu riportato che lei non si sentiva vicina alla religione in quel periodo e che non voleva quindi sentirsi un membro del loro gruppo andando alle riunioni, così dopo l’approvazione anche degli uomini del gruppo, Maria fu esclusa dal gruppo con la colpa di non voler partecipare agli incontri. Non sappiamo quale fu la reazione di Maria a tale disonore. Sicuramente un motivo per cui Maria si allontanò dalla sua religione fu che suo fratello Andrew fu disconosciuto per aver sposato una donna appartenente ad un’altra religione, cosa che succederà più di dieci anni più tardi anche ad Henry. Un altro probabile motivo per cui Maria possa essere stata allontanata dal gruppo è anche che non era permesso svagarsi con musica o balli, i bambini della famiglia usavano spesso 20 cantare di sera per intrattenere la famiglia, e che era stato comprato un pianoforte di nascosto in famiglia con l’aiuto di Maria, probabilmente da sua sorella Phebe, e che nonostante l’indignazione di Lydia, William ne approfittò per ascoltare musica. Per questo episodio fu fatto un colloquio anche a lui, che si difese egregiamente ed essendo una persona influente nel gruppo, non fu punito. Lo stesso anno del disconoscimento dai quaccheri, Maria si unì alla chiesa unitariana di Orange Street, dove comprò il banco della chiesa numero ventidue, pagandolo diciotto dollari. La rapidità con cui si unì all’altro culto fece pensare che era un desiderio che aveva gia da tempo, anche se qualche anno dopo nel suo diario dichiarò di sentirsi religiosa nell’animo, a prescindere da quale culto professava. E’ però anche vero che Maria ebbe modo di parlare con il principale rappresentante della chiesa Unitariana del tempo, Theodore Parker. Quando non era occupata a lavorare Maria aiutava suo padre nella misurazione dell’intera isola al fine di disegnare una mappa, dato che era eccellente in matematica ed usava aiutare suo padre nei calcoli, poi fu sua sorella Sally a riportare tutto il lavoro sulla carta. Per quel compito l’“Inquirer and Mirror” lodò William per il lavoro topografico che aveva compiuto, per gli accurati calcoli matematici essersi preso responsabilità e per la di rappresentare sulla mappa la loro isola, il territorio più tortuoso del nostro pianeta. Come altre persone 21 ragguardevoli di Nantucket, anche William Mitchell si fece fare dei ritratti dagli artisti itineranti che regolarmente arrivavano sull’isola. E sempre nel tempo libero Maria si occupava della piccola ma buona collezione del museo della biblioteca, che ormai comprendeva anche minerali, conchiglie, insetti e pesci, oltre a diverse armi, utensili domestici e altri oggetti proveniente dalla Polinesia. Lei si occupava di annotare il nome dei donatore così come le qualità specifiche che lo caratterizzavano. Il buon lavoro compiuto da Mitchell nella biblioteca le faceva onore, tanto da avere influenza sia sulla lettura dei giovani che su quella delle persone più grandi di lei. 15 15 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 37-52. 22 Capitolo 2 La scoperta della Cometa 23 “Sono nata dotata di una comune capacità, ma con una straordinaria perseveranza” 24 - Maria Mitchell 2.1 Esplorando il cielo di Nantucket A Nantucket la gente si lamentava della scarsa illuminazione delle strade dell’isola, che per tale motivo causavano incidenti, ma per Maria era la situazione ideale per le osservazioni e con il suo piccolo telescopio Dollond riusciva ad osservare affascinati fenomeni celesti. Era tanto appassionata delle osservazioni che non importava quanti ospiti avevano, durate la sera lei osservava il cielo dal loro tetto. Era tanto costante che se il padre era in viaggio per affari o per tenere delle lezioni, lei continuava i calcoli che lui aveva iniziato. In un diario rilegato in cuoio e con i bordi dorati, lei appuntava il tempo giornaliero e le osservazioni notturne fornendo un’immagine del suo lavoro intorno al 1840.16 Prese nota di meravigliose aurore boreali osservate alle 3 del mattino ed annotando la media nuvolosità tra l’aprile del 1843 ed luglio del 1845, ottiene la pubblicazione di tali osservazioni nel 1845 su The American Journal of Sciences and Art ( o detto Silliman’s Journal), un onore per la giovane astronoma ventisettenne visto che fu la prima osservazione di una donna a venire pubblicata in un giornale scientifico.17 Maria e suo padre poterono approfittare dello sviluppo che la scienza stava constatando a metà del diciannovesimo secolo. In particolare nel 1844 poterono servirsi delle pubblicazioni fatte dall’ammiraglio William Smyth in A Cycle of Celestial Objects per studiare le nebulose e le stelle doppie. Acquistato da William, rimase 16 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 53-54. 17 Maria Mitchell, Meteorological Observations at Nantucket, Mass., in «The American Journal of Science and Art», 49 (October 1845), p. 406. 25 custodito nella biblioteca di famiglia come una delle cose più care.18 Il giornale più importante per gli scienziati americani era appunto l’American Journal of Sciences and Arts per conoscere gli sviluppi della scienza in Europa, anche se però molti andavano proprio sul posto per tornare nel loro paese con un rilevante bagaglio culturale. Iniziò anche l’America a portare avanti i propri lavori e fu Boston la capitale scientifica del tempo, dove i migliori scienziati del paese si trasferirono. Tra loro anche il famoso orologiaio William C. Bond, assunto per calcolare la longitudine e fare altri calcoli per la “U.S. Exploring Expedition” tra il 1838 ed il 1842. Bond successivamente ricevette l’offerta del presidente dell’Università di Harvard di trasferire il suo osservatorio e gli strumenti che lo componevano a Cambridge, nel Massachusetts, per dirigere il primo osservatorio dell’università. Maria visitò quel osservatorio da subito e lo descrisse come piccolo, circolare e con un piccolo telescopio. William Mitchell e William Bond iniziarono una costante corrispondenza che gli permetteva di confrontarsi e di supportarsi l’un l’altro, tanto che quando a Bond fu offerto un lavoro di praticante astronomo per la “U. S. Naval Observatory,” rifiutò proponendo per tale lavoro il suo amico Mitchell, che lo ringraziò inviandogli dell’olio di balena per uso domestico. Maria fu particolarmente amica con suo figlio, George Phillips Bond, un astronomo laureato ad Harvard che come lei aveva passato l’infanzia ad aiutare il padre nello stesso lavoro. L’amicizia tra le due famiglie sarà importante per Maria perché l’aiuterà nelle sue ricerche, grazie all’appoggio ed alla possibilità di entrare nell’osservatorio di Harvard 18 Henry Mitchell, A Biographical Notice of Maria Mitchell, in «Proceedings of the American Academy of Art and Sciences», 25 (1890) , p. 335. 26 come qualunque studente di sesso maschile.19 Instaurazione di un contatto tra i molti astronomi fu importante al fine di collaborare. All’inizio del settembre del 1844 un interessante fenomeno solare fu visto nei cieli di Nantucket, e mentre Maria stava lavorando, William ebbe la possibilità di salire sul tetto della loro casa per osservarlo. Il sole era circondato da un alone con un raggio di 20 gradi dal prismatico colore dell’arcobaleno.20 Maria lavorava duramente nel museo dell’Atheneum per catalogare i vari oggetti che venivano da ogni parte dell’Atlantico, finché un grande incendio nel 1846 non distrusse quella collezione e mezza città. La perdita della libreria fu una cosa terribile per la piccola comunità. Il fuoco bruciò anche parte dell’osservatorio dei Mitchell, i loro documenti, danneggiò gli strumenti risparmiando solo una piccola parte di esso, che però non fu sufficiente per il continuo delle osservazioni che furono bloccate fino alla fine dell’anno. Secondo una leggenda Maria durante quell’incendio salvò la maestosa chiesa metodista correndo verso di lei. Si dice che ad un certo punto Maria sia uscita fuori dicendo “Ti ho sfidato per salvare la chiesa,”21 anche se un articolo sull’Inquirer and Mirror dell’ottobre del 1874 dichiarava che era stato un ufficiale della marina a salvarla dal fuoco. Poco dopo l’incendio, la biblioteca rinasceva più bella di prima. Fu ricostruita seguendo lo stile greco, non a caso la parola athenaeum richiama al tempio dedicato ad Atena, la dea della saggezza, delle arti e 19 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 55-60. 20 William Mitchell, Phenomenon, in «Telegraph», (10 September 1844). 21 Helen Wright, Sweeper in the Sky: The Life of Maria Mitchell, New York, The Macmillan Company, 1949, p. 59. 27 dell’ingegnoso operare.22 Maria si occupava degli acquisti delle nuove collezioni e suo padre chiedeva sia agli istituti che ai privati del continente di mandare da loro qualche libro visto che i loro erano andati bruciati. Di conseguenza molte persone donarono libri e giornali alla biblioteca e fu presto ricostituita. C’era però anche il museo da ricostruire, che grazie alle donazioni di monete, conchiglie ed oggetti vari provenienti dalla Polinesia, non ci mise molto a riempirsi. Nel 1847 ci fu l’inaugurazione dell’intera biblioteca.23 Il fatto di essere stata rimodernata attirò molta più gente che in passato. In questo periodo c’era una novità in materia astronomica, un altro pianeta era stato visto dagli astronomi inglesi e francesi. Localizzato e mostrato a Maria ed a suo fratello George per mezzo del loro piccolo telescopio, fu detto da William che “appare esattamente come una piccola stella,” e tra i primi ad avvistare il corpo celeste in America oltre a loro furono anche i Bond. Successivamente alla scoperta ci fu un dibattito tra inglesi e francesi per contendersi la scoperta e per sceglierne il nome, che alla fine fu Nettuno. Alcune settimane dopo Maria incontrò Ralph Waldo Emerson che era stato chiamato per presentare una serie di sei conferenze su “Rappresentative Man” nella nuova ed elegante struttura dell’ Atheneum. La biblioteca aveva nella sua collezione “Natura” di questo autore tanto carismatico che era da diversi anni che gli amministratori avevano cercato di farlo parlare nella loro struttura. A quel tempo Emerson aveva quarantatre anni, viveva a Concord nel Massachusetts ed era conosciuto come filosofo, saggista, prete, conferenziere e poeta. Era 22 Laura Patricia Brugger, Constructing Taste: Athenaeums and Academies of Art in the United States, Ph. D. Diss., Columbia University, 2003, p. 17. 23 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, p. 65. 28 la persona principale e più influente di un gruppo di pensatori e scrittori radicali conosciuti con l’appellativo di Trascendentalisti. La sua conferenza all’“Atheneum” fu centrata su Platone, Montaigne e Shakespeare che si avvicinavano a lui rispettivamente il primo come filosofo, il secondo come scettico ed il terzo come poeta. Lui sosteneva che fu grazie a quegli uomini che fiorirono alcuni aspetti della nostra natura.24 Non viene riportato cosa si dissero durante il loro incontro e neanche le impressioni che lei ebbe su quest’uomo, però più in avanti negli anni lei dirà le sue impressioni dopo averlo sentito parlare a Concord. Durante il suo soggiorno nell’isola Emerson visitò le cose significative e la casa dei Mitchell, compreso l’osservatorio sul tetto della banca. In “Natura” ritroviamo la passione di Emerson per le stelle. Durante un pomeriggio d’aprile del 1847, Maria si allontanò dal posto di lavoro per osservare un inusuale fenomeno solare. In un articolo per l’“Inquirer” William scrisse “Ieri intorno alle tre di pomeriggio ci siamo deliziati della vista di anelli colorati e particolarmente belli che raramente accompagnano il sole intersecandosi l’un l’altro.” Questa fu solo una delle meraviglie che Maria studiò dal cielo quel anno, il 1847, un anno che grazie alle sue osservazioni le cambierà la vita. 2.2 La cometa Mitchell (1847-1849) Le comete con le loro code brillanti si estendono per milioni di miglia lungo il cielo notturno, rimanendo in cielo per pochi giorni come 24 Robert D. Richardson jr., Emerson: The Mind on Fire, Berkeley, University of California Press, 1995, p. 414. 29 visioni soprannaturali, per poi sparire. Per diversi secoli la comparsa di queste visioni notturne misteriose fu considerata come l’arrivo di vagabondi che portavano con loro un senso di paura, quasi terrore. Molti credevano che erano in via di collisione con la terra, gli astronomi moderni invece hanno dichiarato l’improbabilità che esse possano creare disastri. Per Maria erano semplicemente straniere provenienti da una terra sconosciuta. L’ampiezza di questa tipologia di stelle destava particolare interesse nell’America del diciannovesimo secolo tanto che venivano costruiti speciali telescopi per poterle osservare meglio. Durante una fredda serata autunnale dal cielo limpido, il 1 ottobre del 1847, Maria era seduta su uno sgabello con il suo piccolo Dollond nello stretto osservatorio della “Pacific Banc”, dove era solita osservare il cielo. Si rese subito conto che quella brillante cometa era il corpo celeste che tanto aveva aspettato. Puntò il telescopio in senso quasi verticale, cinque gradi al di sopra della stella Polare, ed annotò che erano le 10:50 della sera. Fece osservare anche a suo padre ed entrambi furono convinti che fosse una cometa. Col passare dei giorni Maria notò un costante aumento di luminosità della stella. Il 5 ottobre osservò che la cometa transitava verso una stella fissa e quando la fissa fu al centro di essa, sembrava che il nucleo della cometa brillasse attraverso di essa senza perdere di brillantezza. La sera dopo era visibile ad occhio nudo, Maria osservò che la sua orbita era iperbolica e che al suo più vicino accostamento era a trentadue milioni di miglia dal Sole. Suo padre, particolarmente orgoglioso di lei e della sua scoperta, la esortò a renderla pubblica il prima possibile. L’“Inquirer and Mirror” dette subito la notizia senza però specificare chi fosse la giovane ragazza25 mentre lei si 25 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp.69-71. 30 celava dietro ad una timidezza tipica della comunità religiosa in cui era cresciuta che vantava l’umiltà. In generale però anche le altre donne lo erano, dato lo stereotipo della donna contenuta sotto il punto di vista psicologico ed emozionale durante l’età vittoriana.26 Probabilmente se suo padre non fosse intervenuto in quella circostanza, Maria non avrebbe mai ottenuto tanti riconoscimenti e un gran successo, avrebbe vissuto la sua vita nell’ombra, senza diventare degna di nota. Così William scrisse al suo amico Bond chiedendogli di verificare se la cometa avvistata da sua figlia era stata scoperta già da qualcun’altro. Un giornale di Boston riportò che “La signorina Maria Mitchell aveva scoperto una cometa e che la posizione era stata determinata e scritta da William C. Bond. Queste date confermate dai Bond furono importanti ai fini dell’attribuzione di una medaglia d’oro da parte di Federico VI, re di Danimarca.27 Il valore di essa stava intorno ai venti ducati ed era stata messa in palio per chi avrebbe scoperto una cometa con un semplice telescopio. La stessa cometa fu avvistata in diversi luoghi dell’Europa, ma con qualche giorno di ritardo. Se Maria non avesse reso pubblica la sua scoperta, quella sarebbe stata attribuita sicuramente al direttore dell’Osservatorio del Collegio Romano di Roma, che la vide due giorni dopo di lei. Fu così che quella cometa fu chiamata “la cometa Mitchell.”28 Da quel momento in poi Maria darà una svolta alla sua vita di aiutante di suo padre e semplice bibliotecaria di una piccola isola, per essere riconosciuta come la prima donna astronomo degli Stati Uniti. Nei 26 Gail Collins, America’s Women: 400 Years of Dolls, Drudges, Helpmates, and Heroines, New York, William Morrow, 2003, p. 88. 27 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 72-73. 28 «Proceeding of the American Academy of Art and Sciences», 1, (May 1846- May 1848), pp. 182183. 31 mesi seguenti alla scoperta, la notizia fu pubblicata da importanti giornali scientifici quali “Scientific American”, “Proceedings of the American Academy of Arts and Sciences”, “American Journal of Science and Arts” e da importanti mensili astronomici britannici. William scrisse un articolo sulla scoperta della cometa includendo ai calcoli di sua figlia quelli di George P. Bond a Cambridge. All’insaputa di William Mitchell, l’attribuzione della scoperta di una cometa e la successiva consegna della medaglia comportava che la notizia doveva essere immediatamente inviata per lettera a George Airy dell’Osservatorio Reale di Greenwich in Inghilterra. Già altri tra cui il loro amico George Bond si erano visti negare tale medaglia per aver esitato un giorno prima di annunciare la scoperta. La lettera fu inviata a Bond e non arrivò fino al giorno 7. Si interessò del caso anche il presidente dell’Università di Harvard, che scrisse a William per sapere come procedeva l’assegnazione della medaglia. Venuto a conoscenza della difficoltà per ottenerla, lui stesso si batté data la generale timidezza delle donne e la posizione isolata che difficilmente gli avrebbe permesso di trasmettere velocemente la notizia. Tra l’altro fece presente anche che i termini del regolamento non erano tanto chiari in America. 32 Fu da allora che Maria e George Bond iniziarono una costante corrispondenza che la condusse a fargli visita diverse volte. Poté così avere accesso ad uno degli osservatori più importanti del paese, quello di Harvard. Era situato su una collina ed era collegato telegraficamente con molte aree del paese, inoltre aveva un eccellente telescopio equatoriale costruito in Germania. Le visite di Maria divennero più frequenti e ad accompagnarla erano spesso le sue sorelle Anne, Phebe o suo padre. La casa della famiglia Bond era vicina all’Osservatorio di Cambridge. Divenne particolarmente amica anche della moglie e della figlia di Bond che come lei studiava il cielo. Molti parlavano di una storia d’amore tra Maria e George, di sette anni più giovane, dall’animo buono ed il carattere forte. Successivamente però lui si sposò con una ragazza del suo stesso paese. Tra la primavera e l’estate del 1848 Edward Everett, il presidente di Harvard e governatore del Massachusetts, era ancora impegnato nel suo sforzo di ottenere la medaglia danese per Maria, per riuscire nella sua impresa il successivo novembre. Fu con una lettera ai Mitchell che Everett informò che la medaglia stava già attraversando l’oceano per arrivare finalmente da lei. Questo faceva si che fosse 33 lei la donna più onorata al mondo. Il premio aveva un ritratto in rilievo del re di Danimarca e con dietro l’immagine in rilievo di Urania, la musa dell’astronomia. Nell’orlo esterno c’era il nome di Maria Mitchell. In tutto era formata di due once di oro puro, con un design casto ed artistico. Quando si diffuse anche la notizia dell’attribuzione della medaglia Maria divenne una celebrità. Basti pensare che una delle associazioni più importanti negli Stati Uniti, “The American Academy of Arts and Sciences” di Boston, composta di soli uomini, apriva finalmente le porte al suo primo membro donna nel maggio nel 1848. Fondata nel 1780, l’accademia era formata dai migliori scienziati, studiosi, artisti e leader del paese. C’era anche il suo noto antenato Benjamin Franklin, eletto membro dell’accademia nel 1791.29 Maria fu la prima donna ed essere eletta da quel gruppo e si dovranno aspettare altri novantacinque anni prima che un’altra donna possa avere la stessa sorte in tale associazione. Ovviamente non fu accolta da tutti a braccia aperte dato che era l’unica donna, ed era anche il primo membro onorario eletto, mentre tutti gli altri erano soci.30 Nel 1855 però divenne un socio a tutti gli effetti, per poi divenire “Membro Associato” per essersi trasferita vicino New York, quella era la categoria riservata a chi di loro si trasferiva fuori dal Massachusetts. Come ogni altro uomo della società anche i suoi colleghi pensavano la stessa cosa sulle donne. Nell’opinione comune la donna sarebbe stata creata da Dio per allevare i bambini e per abbellire la 29 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 73-81. 30 Sally Gregory Kohlstedt, Maria Mitchell and the Advancement of Woman in Sciences, in «Uneasy Careers and Intimate Lives: Women in Sciences, 1789- 1979», New Brunswick, Rutgers UniversityPress, 1987, p. 130. 34 società, quindi gli argomenti astronomici non erano considerati alla loro portata. Il suo successo non ebbe un’immediata valorizzazione ed il suo lavoro rimase quello di bibliotecaria e di aiutante di suo padre. Però nel 1849 fu assunta dalla “American Nautical Almanac” per fare dei calcoli relativi al pianeta Venere. Questi calcoli erano molto elaborati e le richiedevano di essere molto meticolosa in quanto erano relativi all’ascensione e declinazione di quel pianeta nel corso degli anni. Quell’ufficio era stato fondato dall’Osservatorio Navale di Washington, che decise di localizzarlo vicino all’osservatorio di Cambridge. La vicinanza all’Università di Harvard infatti gli avrebbe garantito l’accesso alla sua illustre biblioteca scientifica nonché a professori dall’eccellente talento matematico. 31 Quest’ufficio era incaricato di pubblicare annualmente il “American Ephemeris and Nautical Almanac,” delle tavole astronomiche di vitale importanza per la navigazione. Divenne un documento tanto accurato da sostituire il suo corrispondente britannico da cui gli americani avevano dipeso fino ad allora.32 Anche qui Maria era l’unica donna del gruppo ed il suo stipendio era lo stesso dei suoi colleghi uomini. Si sentì alquanto intimorita dalla sua posizione e dai suoi colleghi data la sua timidezza, tanto da rispondere al direttore che gli 31 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 81-83. 32 Steven J. Dick, Sky and Ocean Joined: The U. S. Naval Observatory, 1830- 2000, Cambridge England, Cambridge University Press, 2003, p. 119. 35 aveva offerto tale posizione, “Temo di non poter accettare un compito per il quale non sono competente.” Invece si rivelò essere tanto veloce nel fare i suoi calcoli da avere lavoro aggiuntivo. Il direttore era Charles H. Davis, che oltre ad essere un laureato di Harvard, un tenente della U. S. Navy e membro di un circolo letterario di Boston, fu per Maria anche un ottimo collega e consigliere. Con lui instaurò un rapporto speciale tanto da essere l’unico membro dell’ associazione a potergli scrivere lettere in maniera informale. Una volta accettato l’incarico proposto da Davis, fu invitata ad andare all’ ufficio di Cambridge, dove poté fare la conoscenza anche del sovrintendente della “United States Coast Alexander Survey” Dallas Bache. L’istituzione per cui lavorava aveva il compito di disegnare la mappa delle coste dello stato, fornendone possibili tutte le informazioni geografiche, topografiche ed idrografiche. Anche Bache la invitò a lavorare per lui. Anche qui accettando ritrovata ad si essere sarebbe l’unico membro donna, di quella che sarebbe stata poi considerata la più importante istituzione a sostegno della scienza in America, prima della Guerra Civile. Bache scrisse una lettera a William Mitchell chiedendo il 36 suo consenso per avere Maria come assistente nella sede di Portland. 33 Specificò “Utilizzeremo il settore ed il telescopio zenit. Ci sarà anche mia moglie e Maria sarebbe considerata parte della famiglia. Se lei vuole venire, le insegnerò l’uso di tali strumentazioni.” Maria, accompagnata da sua sorella Anne, prese parte alle lezioni insieme ad altri studenti, trovando che Bache era un insegnante paziente.34 La notizia di una donna nel Coast Survey scatenò polemiche da parte dei circoli scientifici del paese, così non fu ben accolta dai colleghi. Questo la scoraggiò fortemente, facendole pensare che probabilmente non era decoroso per una donna passare la notte su di un tetto a guardare il cielo. Anche suo padre fu preoccupato dello scandalo, tanto da chiedere a Bache se fosse veramente il caso tenerla li, scatenando delle polemiche contro un’agenzia tanto rinomata. Maria non solo ebbe successo nel suo lavoro, ma aprì la strada ad altre donne assunte da Bache che rimase impressionato dalla competenza di Maria. Dopo alcuni anni diverse donne furono assunte in quella struttura, a lavorare in ufficio ed alcune addirittura per lavori prestigiosi, arrivando a percepire stipendi più alti dei colleghi maschi impiegati nelle stesse mansioni.35 Uno dei vantaggi di lavorare per la Coast Survey fu di poter avere in prestito strumenti sofisticati che Maria e William usavano per le osservazioni che facevano da casa loro. Rimase sempre forte il legame con la sua famiglia tanto che nonostante il lavoro alla biblioteca e le osservazioni che le erano richieste, quando suo fratello Henry fu malato, lei avvertì che il suo lavoro riguardo a Venere sarebbe ritardato. Non fu 33 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 84-86. 34 Alexander D. Bache to William Mitchell, 22 August 1849. 35 Eliza Greene Radeke, Miss Maria Mitchell, Holograph tribute, Brown University Library Archives. 37 un caso isolato e ogni volta che la sua famiglia aveva bisogno, lei sacrificava tutto il resto. Durante l’estate del 1848 Maria fu nuovamente premiata dalla sua scoperta ricevendo un invito scritto da parte dello “Smithsonian Institute.” Le veniva chiesto di scrivere un articolo riguardo scoperta della la sua cometa, includendone i calcoli inerenti, per poterlo pubblicare nella loro rivista, il “Contributions to Knowledge.” Maria scrisse il breve articolo durante il suo tempo libero, ma una volta inviato, nonostante fu considerato degno di essere pubblicato nella loro rivista, effettivamente non lo fu mai. Questo però le fece comunque guadagnare l’approvazione e l’amicizia del suo amministratore Joseph Henry, oltre a farle ottenere maggiori riconoscimenti da parte dei gruppi astronomici ed intellettuali di Washington. 2.3 La famosa astronoma bibliotecaria dell’isola di Nantucket La fama di Maria era positiva per la biblioteca. Molte persone venendo per vedere lei, compravano anche qualche libro o facevano una 38 visita al museo. Inoltre ricevettero diverse donazioni dalle associazioni scientifiche di cui lei faceva parte. Iniziò quindi a percepire uno stipendio più cospicuo da parte della biblioteca, che a sua volta guadagnava molto grazie a lei, iniziandola a pagare cento dollari l’anno. Lavorava anche per il museo dell’Atheneum che comportava la catalogazione degli oggetti riportati dalle baleniere che facevano soste nei porti esotici. Tale periodo non durò poi molto e presto si ritrovarono a soffrire la generale crisi dovuta allo spopolamento dell’isola. Risentirono della “febbre dell’oro” che spopolava l’est verso la ricerca dell’oro in California. Basti pensare che ben nove navi nel 1849 partirono da Nantucket dirette a San Francisco, tra i tanti che partirono c’era anche Andrew, il fratello più grande di Maria. Di conseguenza l’industria baleniera era in declino per la mancanza di marinai. Inoltre la struttura del museo era fatiscente e durante i temporali si formavano pozzanghere nel pavimento. Anche sotto il punto di vista astronomico il 1850 non fu un buon anno, in quanto il tempo atmosferico non era buono e si dovette aspettare il mese di giugno per avere il cielo limpido. In quel periodo i Bond avvertirono che era visibile una nuova cometa sul New England e poco dopo George andò far visita a Maria nell’Atheneum. In quel periodo i Bond furono premiati per essere stati i primi astronomi in America ad attuare processi fotografici per immortalare le stelle. Riuscendo a sviluppare tale processo, riuscirono a fare circa 300 fotografie astronomiche della luna, delle stelle e dei pianeti. Durante quell’anno ebbe un riconoscimento da parte di una delle organizzazioni scientifiche più importanti del paese, la American Advancement of Sciences (AAAS). Fu eletta all’unanimità come prima 39 donna a farne parte durante l’incontro annuale svoltosi nel Connecticut, in cui partecipò anche Alexader D. Bache che era sovrintendente alla Coast Survey di cui lei faceva gia parte.36 Prima di lei le donne ammesse in quella associazione non erano considerate membri e potevano semplicemente partecipare alle sessioni dai loro colleghi maschi, ma senza poter proporre argomenti da discutere. Nei successivi dieci anni solo altre due donne, oltre a Maria, furono elette membri dell’organizzazione.37 Tra i suoi colleghi molti si occupavano della scienza in modo amatoriale, mentre molti altri erano professionisti, tra cui il presidente dello Smithsonian Institution Joseph Henry, Il matematico Benjamin Peirce, Charles H. Davis che l’assunse per compiere calcoli su Venere per il “American Nautical Almanac”, e molti altri astronomi. Maria andò agli incontri di quella associazione, ma senza partecipare alle discussioni e senza proporre lei stessa gli argomenti, ne rimase piuttosto distante.38 Qualche anno più tardi Maria ebbe anche l’attenzione della famosa Sarah Josepha Hale, una delle donne più influenti del diciannovesimo secolo negli Stati Uniti, era una scrittrice di successo e l’editrice della Godey’s Lady’s Book. Alle prese con il suo Woman Record, un’enciclopedia di circa 900 pagine dedicata alle donne distintesi nella storia per diversi meriti e dei scoraggiamenti ed ostacoli di ogni tipo incontrati nel loro cammino. Sarah era interessata ad inserire Maria Mitchell tra le donne di talento a cui rendere omaggio nella sua enciclopedia, per questo chiese a William la redazione di un breve 36 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 88-96. 37 Sally Gregory Kohlstedt, The Formation of the American Scientific Community:The American Association for the Advancement of Sciences, 1848-60, Chicago, University of Illinois Press, 1976, p. 103. 38 Sarah J. Hale, Woman’s Record: Sketches of All Distinguished Women, from the Creation to A. D. 1854, New York, Harper & Brothers Publishers, 1855, p. 8. 40 profilo riguardante le occupazioni letterarie e scientifiche di sua figlia. Quando fu pubblicata l’opera quattro anni dopo, compariva una bibliografia di Maria Mitchell, presumibilmente fornita da suo padre, che parlava della sua istruzione, delle ricerche scientifiche e la scoperta della cometa. Chi aveva scritto la sua biografia non si era dimenticato di aggiungere che, nonostante lei studiasse con zelo il firmamento, non trascurava mai i bisogni della famiglia, occupandosi delle faccende domestiche come qualunque altra donna.39 Era l’ottobre del 1851 quando finalmente dopo tre anni di duro lavoro e di calcoli precisi riguardo gli effemeridi di Venere, Maria terminò il suo compito. Questo venne pubblicato nel primo volume dell’American Ephemeris and Nautical Almanac che uscì l’anno successivo e che sarebbe diventato il punto di riferimento per tutti coloro che si occupavano di astronomia, navigazione e geografia.40 Successivamente, all’età di trentacinque anni Maria iniziò a scrivere un proprio diario contenente la descrizione delle sue attività, critiche dei libri che leggeva o delle lezioni che teneva, le sue esperienze di osservatrice del cielo ed il suo parere personale riguardo il mondo che la circondava. Continuò a scriverlo per i successivi trentasei anni ed ebbe molto successo anche tra donne famose come Louisa May Alcott, che lo seguiva assiduamente, in quanto conteneva argomenti da cui prendere spunto nelle conversazioni e nelle riflessioni. Venivano scritti un buon numero di diari femminili intorno a quel periodo nel New England. Conscia di scrivere troppo e che il suo diario poteva essere letto anche 39 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 97-98. 40 Steven J. Dick, Sky and Ocean Joined: The U. Naval Observatory, 1830-2000, Cambridge England, Cambridge University Press, 2003, p.131. 41 dopo la sua morte, Maria spesso tornò sui suoi passi per cancellare dove aveva rivelato troppo. Nella biblioteca cercava di convincere i proprietari ad aggiungere libri che andassero oltre la narrativa, e che avrebbero fatto della lettura motivo d’apprendimento oltre ad essere un passatempo, così Shakespeare e Newton erano tra gli scrittori che avrebbero migliorato la cultura generale, che avrebbero aiutato le persone a migliorarsi. Avrebbero esposto non i libri che la gente voleva, ma sarebbero andati oltre le loro aspettative, andando ad elevare la cultura e scoraggiare ciò che riguardava le classiche storie d’avventura ed i pettegolezzi. Tra le sue richieste compariva La Capanna dello zio Tom di E. Beecher Stowe, un libro che parlava della legge sulla schiavitù. Divenne molto influente per essere andato a colpire i punti deboli dello schiavismo e per aver fatto molto di più dei normali libri per condizionare il sentimento della gente del nord contro quella piaga sociale. Qualunque sia stato il merito o demerito di quel libro, fu molto famoso e l’autrice divenne un modello femminile di riferimento per Maria. 42 Tra i diversi ritratti che lei e le sue quattro sorelle si fecero fare ce n’è uno che in modo particolare riporta i vestiti che usavano indossare al tempo, è un dagherrotipo, un modo economico di trovare un artista che dipingesse ad olio. Le sorelle non seguivano le mode del diciannovesimo secolo, le quali proponevano accessori che andavano dai cappelli alle scarpe. Loro indossavano vestiti semplici e cuciti da loro stesse. Nella foto in questione avevano vestiti di seta nera a maniche corte da cui uscivano tessuti di stoffa pesante, i corpetti erano imbottiti, i colli alti e le collane bianche cucite a mano. Dai vestiti si capiva che il ritratto era stato fatto durante l’inverno. I capelli erano pettinati secondo la moda del 1850, così le tre più piccole avevano uno stile più giovanile, mentre Maria e Sally li avevano in modo da coprire le orecchie e legati dietro, lo stile considerato appropriato per le donne mature. Approssimativamente Maria aveva 32 anni, Sally 34, Anne 30, Phebe 22 e Kate 17. Sally era l’unica ad essere sposata a quel tempo. Per questi abiti ed i tagli di 43 capelli le ragazze avevano seguito i consigli che dava Sarah Hale nella sua rivista Godey’s Lady’s Book, che influenzava le mode femminili della metà del diciannovesimo secolo. Herminia Dassel, una famosa ritrattista di New York, diventata famosa per aver ritratto ricchi personaggi della società, diventando una delle prime donne membri della National Academy of Design, nel 1849 si stabilì provvisoriamente nell’isola di Nantucket. Arrivò soprattutto per dipingere Maria, nel cui ritratto guardava dal suo telescopio Dollond e sembrava più giovane che in quelli precedenti. “La signorina Dassel mi ha ritrattata in ginocchio davanti al mio telescopio”, ed anche se quel ritratto non le piacque molto, Maria aveva molta ammirazione per la tecnica dell’artista. Fu ritrattata anche una scena in cui William e l’altra figlia Kate lavoravano l’uno vicino all’altra. Kate indossava un vestito fornitole da Dassel e prese il posto di Maria in quel ritratto che sosteneva di non essere tanto carina quanto Kate, tra l’altro anche quest’ultima aiutò suo padre per un periodo di tempo, studiando astronomia. Maria e Dassel si ammiravano reciprocamente, e siccome l’artista era incinta durate il soggiorno a Nantucket, scelse Maria come madrina per sua figlia. Durante l’estate del 1852 Maria ebbe il piacere di incontrare Herman Melville, uno degli scrittori americani più famosi del diciannovesimo secolo, autore di libri come Omoo e Typee. Il loro incontro è documentato da una lettera che il suocero e compagno di viaggio di Malville scrisse dopo una giornata a cavallo nell’isola, “Abbiamo passato la serata dal famoso astronomo Mitchell ed abbiamo conosciuto la sua celebre figlia che ha scoperto la cometa.” L’incontro tra Maria e Melville produsse interesse da entrambi le parti in quanto si sentivano simili. Entrambi erano diventati famosi da giovani, vivevano 44 ancora con le loro famiglie ed erano appassionati di letteratura ed astronomia. Molti credevano che Melville si era inspirato a lei nel personaggio di Urania in After the Pleasure Party, che scrisse diversi anni dopo nel 1891. Il poema esprimeva l’angoscia di una donna divisa dalla passione per la scienza ed il desiderio di avere un uomo. 41 Oltre a scrittori come Melville, Mitchell lavorando all’Atheneum ebbe l’occasione di conoscere altri illustri personaggi del New England come Lucy Stone, che affittò la sala della biblioteca per parlare dei diritti delle donne. Era una coetanea di Maria e fu lei la prima donna del Massachusetts a laurearsi,42 successivamente iniziò delle conferenze sui diritti delle donne e degli schiavi, in un periodo in cui era considerato volgare per una donna parlare in pubblico. Maria era d’accordo su molti dei punti di vista di Stone ed in particolar modo erano d’accordo nel ritenere che si dava troppa importanza al cucire, che rubava troppo tempo alle donne, che invece dovevano sfruttarlo per ampliare la cultura personale e lasciare l’ago ai sarti. Nel 1854 ci fu l’osservazione di un’altra cometa, Maria fu chiamata durante la notte da un ragazzo in strada che l’avvertiva della stella, alzandosi trovò suo padre già sveglio che cercava di calcolarne la posizione, disturbato dalla luce abbagliante della luna. Questo era uno degli inconvenienti durante le osservazioni, anche se erano le raffiche di vento ed i ragni che la infastidivano in modo particolare, oltre ai topi ed i piccioni che trovò nel loro osservatorio. Maria iniziava ad essere stanca del suo lavoro come bibliotecaria, che era frustrante soprattutto per l’affluenza di persone curiose di 41 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 99-107. 42 Elizabeth Frost and Kathryn Cullen-DuPont, eds., Woman Suffrage in America, New York, Facts on File Eyewitness History Series, 1992, p. 423. 45 conoscerla. Inoltre era un posto di ritrovo e, nonostante i suoi aiutanti, diventava più difficile da gestire durante il sabato sera. Ormai nel 1854 aveva trentacinque anni, vedeva i suoi capelli ingrigirsi e diventata particolarmente malinconica per il matrimonio della sorella Phebe, che si era trasferita a Jamaica Plain vicino Boston, scriveva “Piangerei ogni giorno per quanto mi manca.” L’astronomia era lo svago necessario che l’allontanava dalla malinconia e nel settembre dello stesso anno scoprì un’altra cometa, ma a causa della sua eccessiva timidezza prima proibì al padre di pubblicare la notizia, e quando vide che era stata avvistata anche in Europa chiese invece di pubblicarla. L’Inquirer scrisse: “La signorina Mitchell con il suo piccolo telescopio ha scoperto una cometa vicino l’Orsa Maggiore, era il 18 alle 8,20 della sera, la stessa era stata vista a Newark, nel New Jersey, il giorno 13.” L’autunno e l’inverno erano i periodi durante i quali Maria si dedicava maggiormente alla lettura e si divertiva con i libri sui viaggi, visitando quei posti come una turista, ma dalla poltrona di casa sua.43 Avendo più tempo si dedicava anche alla corrispondenza con le sue amiche, tra cui la sorella di George Bond, alle quali teneva in modo particolare soprattutto in questo 43 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 107-116. 46 periodo della sua vita. Scrisse sul suo diario, “L’amore per le persone del proprio sesso diventa speciale per non essere limitato alla vanità, è genuino e sincero. Sono grata per averne avuto molto durante tutta la mia vita.” Riguardo alle amicizie romantiche, l’amore tra le ragazze della classe media era considerata un rapporto di tutto rispetto. Ed aggiunse, “Ho diverse amiche molto legate a me e per tutta la mia vita darò valore all’amore per il mio sesso.”44 A trentasei anni diminuivano le prospettive di matrimonio, forse evitato per non interferire con la carriera di astronoma visto che in America queste due cose erano considerate incompatibili, anche se diverse donne soprattutto di Nantucket riuscivano a gestirle entrambi. E’ probabile che quando sua sorella Anne dovette lasciare il lavoro di professoressa dopo essersi sposata, Maria pensò che in quel modo si sarebbe anche lei dovuta rassegnare alla vita domestica e non l’accettò mai. Faceva parte del numeroso gruppo di donne nubili, molte delle quali essendo in maggioranza rispetto agli uomini, non si erano potute sposare. In particolare il Massachusetts contava 30.000 donne in più che avrebbe voluto inviare nell’Ovest degli Stati Uniti, dove in maggioranza erano gli uomini e quindi c’era abbondanza di scapoli. Andò a fare visita agli abitanti dell’isola anche Henry David Thoreau, il cui nuovo libro Walden era stato pubblicato recentemente e stava riscuotendo parecchio successo. La lezione che tenne all’Atheneum si intitolava “Qual è il profitto che un uomo trae nel guadagnare l’intero mondo e perdere la propria anima.” La stessa lettura non fu capita ed apprezzata altrove come a Nantucket, e di questo lui fu particolarmente felice. Non ci sono testimonianze di lei che incontrò o ascoltò le lezioni 44 Lillian Faderman, Old Girls and Twilight Lovers:A History of Lesbian Life in Twentieth-Century America, New York, Penguin, 1991, vol.2, pp. 11-14. 47 dello scrittore, ma difficilmente sarebbe mancata ad un evento di questo tipo. Nel novembre del 1855 fu Ralph Waldo Emerson a tenere delle lezioni in biblioteca a Nantucket e successivamente Maria annotò nel suo diario, “Ho iniziato ad ascoltarlo attentamente per ricordarmi l’ordine del discorso, ma lui non aveva un metodo o un sistema, era come il raggio di luce di una meteora, ondulante come l’onda del mare. Riusciva ad incantarci in modo esagerato ed alla fine del suo discorso eravamo tutti d’accordo sulla veridicità delle sue parole.” Durante sera era impaziente di vedere qualche nuovo corpo celeste, quando finalmente a metà dicembre fu premiata. Un’altra cometa era presente nel cielo anche se da Nantucket era difficile vederla per la posizione della luna ed anche per il loro telescopio inadeguato. Arrivò un altro anno, il più pesante per Maria data la morte di un’amica e per la malattia di sua madre, che la costrinse a casa per prendersi cura di lei e di tutta la famiglia, compresi i nipoti. Fu l’anno più difficile e triste.45 45 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 107-126. 48 Capitolo 3 Il gran tour degli Stati Uniti e dell’Europa 49 “”l vantaggio di studiare la scienza è che essa ci eleva al di sopra della noia quotidiana. Ci insegna a vivere nell’Universo come parte di esso Da cui siamo indivisibili ed influenzati. 50 Ogni nostra azione lo influenza” - Maria Mitchel 3.1 Un gran tour dell’ America nel 1857 Ormai stanca del lavoro all’Atheneum, Maria fantasticava di partire per i posti che aveva visto solo nei libri della biblioteca e fare un Grand Tour d’America e d’Europa. A tale proposito risparmiava una piccola somma di denaro per l’ipotetico viaggio, da quando aveva iniziato a lavorare. Un viaggio all’estero era importante per gli scienziati del tempo in cui l’Europa era all’avanguardia in quel settore, quindi si decise a vivere quell’esperienza invece di limitarsi ad immaginare di farlo. L’isola era piccola e la notizia che Maria voleva andare in Europa arrivò ai datori di lavoro. In quello stesso periodo c’erano le presidenziali che vedevano candidati il democratico James Buchanan ed il repubblicano John C. Fremont, che era il favorito a Nantuchet. Inoltre un cavo della linea del telegrafo metteva in comunicazione l’isola con la terra ferma, e aiutando Nantucket a non essere un mondo solitario e lontano, soprattutto poi l’inverno quando le navi erano bloccate. Quando il tempo non permetteva gli spostamenti le notizie arrivavano lo stesso grazie a questa innovazione. Arrivò il suo trentottesimo compleanno e tra i suoi regali ci fu una penna d’oro da parte degli amministratori della biblioteca. Su di sé aveva incastonata una gemma, ed aveva anche un cappio d’oro dove poter far passare il laccio d’oro per legarla al collo. C’erano incise le sue iniziali ed il giorno in cui era nata. Maria la conservò gelosamente. 51 Il viaggio era sempre più vicino e Maria aveva l’occasione d’accompagnare una ragazza giovane e ricca, così prima di partire chiese l’autorizzazione al responsabile inaspettatamente rifiutò. Ciò del Nautical nonostante, Maria Almanac si che licenziò dall’Atheneum, liberandosi dell’obbligo della catalogazione dei libri, che proprio lei aveva reso più pratica adottando il metodo in uso nelle più importanti biblioteche di Boston. Per ringraziarla del contributo dato in quella struttura per diversi anni, i dirigenti l’autorizzarono a prendersi tutti i libri di scienza che voleva. Per sopperire alla mancanza dello stipendio della biblioteca, Maria fece un dipinto ad olio che le fruttò un dollaro in una festa di paese. Fortunatamente il sovrintendente del Nautical Almanac cambiò e Maria ebbe l’autorizzazione ad andare in Europa a patto di continuare i calcoli relativi a Venere. Seguì un inverno particolarmente noioso in cui non lavorando e non potendo osservare a causa del cielo nuvoloso, Maria si sentiva particolarmente frustrata. Circa cinque mesi dopo partì con un piroscafo per andare a visitare la terra ferma. A quel tempo le donne non potevano viaggiare sole, così un noto banchiere di Chicago, il signor H. K. Swift aveva chiesto a Maria di accompagnare sua figlia Prudence, in cambio di viaggiare anche lei a sue spese. Maria accettò quel viaggio lungo sedici settimane che all’inizio le avrebbe fatto visitare il sud e l’ovest del paese. In quel periodo erano state costruite nuove strade e ferrovie ed i paesaggi che le circondavano erano pittoreschi. Andarono verso il sud, dove destava particolare interesse la schiavitù che da molti era considerata la macchia dello stato più innovativo al mondo. Ma questa non era l’unica pecca del sud del paese, c’era anche la mancanza di scuole pubbliche, le strade non erano adeguate e le industrie non erano innovative. 52 A quei tempi era una consuetudine femminile scrivere un diario, anche Maria ne aveva uno riportava in cui l’esperienza del viaggio e delle differenze culturali, lo aveva iniziato durante la visita fatta a marzo a sua sorella Phebe ed al cognato Joshua Kendal in Pennsylvania. piaceva annotare Le le differenze culturali che incontrava oltre alle esperienze ed i luoghi che visitava. Successivamente andò a Chicago, che trovò essere una fiorente metropoli raggiungibile comodamente con la ferrovia. L’architettura si differenziava per l’uso del marmo dell’Illinois e per le grandi ville. Il signor Swift avvertì diverse persone dell’arrivo di Maria, che fu accolta dalla notizia del suo arrivo pubblicata sui quotidiani locali, che scrivevano “Maria Mitchell da Nantucket sta venendo a trascorrere alcuni giorni a Chicago ospite di H. K. Swift. Alcuni dei nostri lettori ricorderanno che è la matematica ed astronoma più importante degli Stati Uniti, e probabilmente non ha eguali nel mondo della matematica, eccetto la signora Somerville.” Iniziò il viaggio delle due donne accompagnate dal padre di Prudence, o Prudie come veniva chiamata affettuosamente da Maria, stranamente però Maria non scrisse niente dei suoi compagni di viaggio, 53 i quali molto probabilmente erano ben vestiti e dalla condotta impeccabile. Andarono a St. Louis nel Missouri e quando arrivarono ebbero l’impressione che era una città scarsamente popolata, dalle grandi strade e abbastanza scura e grigia. Oltre a girare la città, furono curiosi di andare a vedere gli argini del fiume Mississippi, costruiti per difendere la città dagli allagamenti e di prendere un piroscafo che li avrebbe portati a fare una gita lungo il fiume. Il nome della barca era Magnolia ed i tre partirono ignari dei pericoli che avrebbero corso lungo quel fiume. All’inizio trovarono un grande affollamento di imbarcazioni ed erano infastiditi dal rumore dei remi, che nel caso di Maria e Prudie fu relativo visto che, essendo le uniche donne a bordo, poterono scegliere dove sistemarsi. Il viaggio proseguiva lungo i vari scenari del paesaggio circostante, non erano molti sulla barca ed il comandante era un uomo molto affabile, ma il Mississippi era difficile da navigare per le diverse insidie che nascondeva. Uno dei pericoli più frequenti era rappresentato dall’acqua fangosa che nascondeva la sabbia e ne ebbero un’esperienza diretta appena cinque ore dopo aver lasciato il porto, quando sentendo un forte trambusto vennero a sapere che avevano toccato il fondo. In quel periodo erano molte le leggende che parlavano di storie disastrose riguardanti i piroscafi. La situazione non cambiò per alcuni giorni e l’equipaggio fu costretto a portare i passeggeri in salvo su un altro piroscafo. Questo si chiamava Woodruff ed era più nuovo e pieno di passeggeri. L’unico inconveniente era rappresentato dal rifornimento di carbone che li costringeva a fermarsi spesso. Navigando lungo le coste del Kentucky videro tanti alberi di pesco in fiore e giardini di rose e le osservazioni del cielo non furono mai trascurate, neanche sul Mississippi, così non si persero l’eclissi di sole di quel Marzo. Il signor Swift aveva conservato il vetro di una finestra della precedente 54 imbarcazione, che insieme alla cera di una candela, servirono ad evitare che i raggi potessero danneggiargli gli occhi. Diversi passeggeri si ritrovarono sul ponte per ammirare il fenomeno nonostante il cielo era nuvoloso. La successiva fermata importante che fecero fu nella città di Memphis nel Tennessee, che a vederla sembrava particolarmente interessante per la sua posizione. Si trovava su di una scogliera sovrastante il fiume ed aveva tanti negozi. Successivamente visitarono la città di Natchez nel Mississippi, nota per essere particolarmente romantica e per le ville bellissime disposte lungo le rive del fiume e dall’elaborato stile architettonico,.46 Arrivando a New Orleans si trovarono davanti la città più grande del profondo sud, un territorio in costante espansione. Cotone, zucchero, riso e cipressi erano i suoi punti forti, oltre agli altri prodotti agricoli esportati in tutto il mondo.47 I francesi l’avevano colonizzata nel lontano 1700, ma ancora era forte l’atmosfera francese in quella città tanto visitata sia dagli americani che dagli europei. Lei annotò sul diario le particolarità dell’abbigliamento, in particolare i bambini erano vestiti in modo molto appariscente, le donne indossavano gonne a fantasia, e quelle afro- americane avevano turbanti in testa. Occasionalmente però Maria doveva interrompere il giro della città per potersi dedicare ai suoi calcoli astronomici. Un giorno i tre si avventurarono lungo le corsie strette dei quartieri francesi, dove la maggior parte delle strade erano fangose e piene di animali come i maiali, le capre, le mucche ed i cavalli che pascolavano liberamente tra l’immondizia. Al tempo della visita di 46 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 137 -144. 47 Mary Louise Christovich, et al., New Orleans Architecture, vol. 2, New Orleans, Pelican Publishing Company, 1972, pp.. 201-203. 55 Mitchell New Orleans aveva guadagnato la fama di essere la città meno salutare del mondo, dovuta alle pessime condizioni sanitarie ed alle zanzare favorite dal territorio paludoso. Durante una mattina d’aprile Maria andò a visitare la chiesa cattolica di Saint Louis che trovò gremita di fedeli.4849 In quel periodo poi il sud ed il nord erano divisi per le diverse opinioni sulla schiavitù, quindi spesso chiacchierando con la gente del posto si ritrovavano a discutere di quell’argomento. In particolare New Orleans era il centro dello schiavismo, la città più interessata dal fenomeno, bastava camminare per le sue strade per notare attaccati ai muri i manifesti che proponevano gli schiavi, nei giornali c’erano tanti annunci a riguardo ed era uno dei principali argomenti di conversazione nei bar. Durante il loro soggiorno andarono a curiosare in un negozio di schiavi per vedere come si svolgeva la compravendita. Maria era una persona molto sensibile e quell’esperienza la turbò. Arrivati nel supermercato il venditore disse loro di camminare lungo gli sgabelli dove erano sedute persone di colore e di parlare con loro se ne avevamo voglia. Gli schiavi erano all’apparenza persone intelligenti, con una buona salute e puliti. Andarono a visitare anche una chiesa frequentata dagli afro- americani, scoprendo che anche se fuori l’edificio appariva misero, all’interno le persone partecipavano con passione alla messa, contrariamente ai Quaccheri ed agli Unitariani, che invece pregavano in calma e silenzio. Questa esperienza le fece aprire gli occhi, oltre a farle fare un confronto con il culto secondo cui era stata educata. 48 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 144-146. 49 Walter Johnson, Soul by Soul: Life Inside the Antebellum Slave Market, Cambridge, Mass., Harvard University Press, 1999, pp. 46-48. 56 Sicuramente New Orleans fu la città del sud preferita dalla comitiva, a renderla speciale era quel suo aroma francese e quell’architettura a metà strada tra lo stile francese e quello spagnolo. In generale trovarono nelle città del sud quiete e moderazione ed un ritmo della vita abbastanza lento, con quella mancanza di frenesia da cui si distinguevano dal nord. Lì la gente era indignata per l’intromissione del nord, che essendo contrario alla schiavitù, si intrometteva troppo nei loro affari interni e tale distacco era tanto rilevante da poter causare una divisione definitiva tra le due parti. La gente del luogo giustificava lo schiavismo dicendo che era presente anche nella bibbia e dicendo che sicuramente gli africani deportati erano più ricchi di quelli rimasti nel paese nativo. Un’altra cosa che la sorprese era che i meridionali erano aggiornati su quello che succedeva nel nord e che in molti consideravano la gente del Massachusetts come quella più istruita. C’erano però anche quelli che avevano pregiudizi verso di loro perché li consideravano presuntuosi ed ipocriti.50 Inoltre nel sud la gente era conservatrice e non vedevano di buon occhio la libertà delle ragazze. Nel settentrione l’economia era più sviluppata e le donne erano più libere di provvedere a se stesse.51 Qui invece il movimento femminista dormiva non facendo niente per cambiare l’opinione pubblica, ed accettando passivamente la situazione d’inferiorità in una società patriarcale dove il loro compito, oltre a quelli di procreare e di gestire gli schiavi, era di obbedire al capofamiglia.52 50 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 147-150. 51 Catherine Clinton, The Plantation Mistress: Woman’sWorld in the South, New York, Pantheon Book, 1982, pp. 14-16. 52 Anne Firor Scott, The Southern Lady: From Pedestal to Politics, 1830-1930, Chicago, The University of Chicago Press, 1970, p. 14. 57 Annotava i paragoni tra la gente del sud e quella del New England ed annotava tutto sul suo diario, compresi discorsi che trattava con loro. Continuando a viaggiare, si spostarono nell’Alabama con l’intento di visitare la città di Montgomery, dove trovarono delle belle residenze, tante rose e larghe strade fangose. Da questo punto del viaggio in poi le due donne continuarono da sole. Si spostarono in Georgia visitando Savannah ed i suoi dintorni, dove grazie al clima mite, c’erano diverse specie di piante esotiche che le piacquero molto. Visitarono anche una grande villa di un produttore di riso, dove videro le condizioni di vita dei suoi schiavi, le grandi querce ed i campi di riso. Il posto in cui spostarsi in seguito era Charleston nel South Carolina, che a giudicare dalle stradine sembrava Boston, ma si distingueva da essa per la caratteristica calma del sud. La strada principale era costeggiata da grandi ville e dal Ashley River, che qualche scrittore del tempo aveva definito come uno dei viali del sud più eleganti e piacevoli all’olfatto per l’odore del sale marino.53 Qui la sua fama di prima astronoma in America l’aveva chiaramente preceduta, dandole un caldo benvenuto e diversi appuntamenti. Gli uomini del luogo si dimostravano sensibili e parlavano liberamente delle proprie emozioni diversamente da quelli intellettuali nel New England. Qui i padroni degli schiavi si prendevano cura di loro come se fossero stati bambini. 53 Edward King, The Great South: A Record of Journeys, New York, Arno Press, 1969, pp. 444-446. 58 In generale però rimaneva il fatto che quelle persone, anche se trattate bene, erano pur sempre schiave e che alle volte erano sfruttate sessualmente. padrone Il poteva fare di loro quello che voleva, non c’erano leggi al riguardo, c’era il vantaggio che le eventuali gravidanze avrebbero permesso di avere più schiavi quindi e più capitale. Il viaggio continuò per il Tennessee dove le giovani donne visitarono la città di Nashville, che costeggiava il fiume, per poi dirigersi nel Kentucky, dove Maria visse la più terrificante esperienza di tutto il viaggio. L’attrazione maggiore del posto erano le Mammoth Cave, delle cave lunghe 350 miglia. Nonostante l’ansia che suscitavano, andarono lo 59 stesso ma accompagnate da una guida esperta. Nel buio rabbrividirono per la paura con la loro piccola torcia con una luce tanto leggera che non riuscivano a vedere neanche i loro piedi. Il loro abbigliamento non era dei migliori visto che indossavano gonne pompose, busti stretti e scialli che ritardavano i loro movimenti. La particolarità del posto era la totale oscurità ed il silenzio. L’ultima destinazione del loro viaggio fu il Natural Bridge in Virginia, dove il loro viaggio terminava, prima di arrivare a Washington dove imbarcare le valige. A luglio Maria fu menzionata nella rivista United States Magazine di Emerson, il quale aveva intrapreso l’iniziativa di raccogliere soldi per comprarle un buon telescopio. La successiva partenza sarebbe stata per l’Europa insieme a Prudie, che come le altre ragazze ricche della classe media, partiva per il Grand Tour d’Europa prima di sposarsi. 3.2 L’arrivo in Europa: l’Inghilterra I transatlantici del 1850 impiegavano diverso tempo per passare da un continente all’altro, partivano da Boston, passavano per New York ed arrivavano a Liverpool in Inghilterra. I rischi che si correvano in questi viaggi erano noti per essere pubblicati su tutti i giornali, facendo aumentare l’apprensione dei viaggiatori. Maria non aveva paura dell’attraversata, ma dopo aver passato diversi giorni in mezzo alla nebbia divenne un po’ nervosa. Gli inconvenienti a cui i passeggeri a quei tempi andavano incontro erano relativi alla struttura delle navi, che essendo vecchie, disturbavano continuamente con il rumore degli 60 ingranaggi, non avevano un buon sistema idraulico. Il continuo vibrare metteva sotto sopra lo stomaco e rendevano spesso impossibile la lettura e la scrittura, incidendo così anche sul sistema nervoso, che risentiva della noia. Oltre a questi, il cibo era scadente e c’era una sola mucca a bordo, così il latte fresco era scarso. Inoltre la camera di Maria era scura, così lei preferiva passare il tempo nel soggiorno a disposizione di tutti i viaggiatori e di sera amava andare fuori a guardare il cielo.54 Uno dei motivi per cui in quel periodo le persone andavano in Europa era di visitare terre e popolazioni sconosciute, ampliando gli orizzonti e la cultura. Per di più Maria andava a visitare gli osservatori del vecchio continente, nei quali fu la benvenuta e poté incontrare molti astronomi famosi. Aveva con lei molte lettere da parte di suoi amici che prima di lei erano stati in Europa, anche Geroge P. Bond ne scrisse molte per le persone che aveva precedentemente conosciuto.55 In molti casi non ne avrebbe avuto bisogno perché era già molto conosciuta tra gli scienziati. Con lei portava anche le foto che i Bond avevano fatto dall’Osservatorio di Cambridge, che solo loro erano riusciti a fare. Anche in questa occasione Maria non dimenticò di annotare le differenze culturali ed inoltre portò con sé un quaderno per conservare foglie e fiori dell’altro continente. Arrivarono al porto di Liverpool dove le due ragazze alloggiarono in un hotel dallo stile georgiano particolarmente pulito. Dopo una piccola visita, le due furono invitate a bere una tazza di tè da un astronomo e mercante di cotone di nome John Taylor, che aveva contribuito alla costruzione dell’osservatorio della sua città, per cui Benjamin Silliman 54 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 156-162. 55 Ella Rodman Church, Maria Mitchell, in «Godey’s Lady’s Book and Magazine», 593 (November 1879), pp. 446-448. 61 aveva scritto una lettera. Il loro obiettivo divenne la visita dell’osservatorio di Waterloo Dock che era stato costruito inizialmente per stabilire l’ora nel porto di Liverpool, dove c’era un telescopio chiamato Liverpool Equatorial. Poco dopo essere arrivate, Maria mandò una lettera al famoso autore Nathaniel Hawthorne, al quale doveva scadere l’incarico di console degli Stati Uniti a Liverpool. Sapendo che era un uomo particolarmente timido non si aspettava una risposta da parte rimanendo sua, piacevolmente sorpresa quando invece lui le fece una chiamata. Continuò ad incontrare famosi nel dell’astronomia, personaggi campo avendo il piacere di conoscere William Lassell, colui che aveva scoperto Tritone, il satellite di Nettuno e due satelliti di Urano. La meta successiva fu Manchester, la città più industrializzata, dove, andando a vedere una mostra di dipinti, Maria fu particolarmente interessata alle statue delle donne. Andata a visitare il Royal Observatory di Edinburgo in Scozia, fu indignata dalla mancanza di donne come aiutanti in quella struttura. Tra le differenze culturali che Maria notò paragonandosi agli inglesi, come già aveva fatto con la gente del sud del suo paese, c’era l’attenzione con cui erano trattati gli anziani, i genitori e poi la colpì 62 molto la carnagione rossastra della gente che incontrava per strada. Trovò i bambini inglesi essere più educati di quelli americani, specialmente a tavola. Riguardo agli uomini non notò particolari differenze tra quelli americani e quelli inglesi, c’era invece parecchia disuguaglianza tra le donne dei due paesi perché le inglesi parlavano in modo aggraziato, come se stessero cantando. A metà agosto arrivò nella città di Londra e la sua eccitazione venne ben rappresentata nel suo diario. Presero in affitto un appartamento di un sarto militare che si trovava vicino alla via dello shopping Regent Street, dove passarono parecchio tempo guardando le vetrine. Nell’affitto era compresa una donna delle pulizie. Anche se era felice di stare a Londra, non si dimenticava di scrivere a casa e a sua sorella Phebe, nonostante le tremila miglia che li dividevano. Inviarono diverse lettere di presentazione a quelle persone che si auguravano d’incontrare, ma il problema era che in quel periodo umido e caldo in molti avevano lasciato la città di Londra per andare in campagna o al mare. Uno dei posti più belli che visitarono fu l’abbazia di Westmister, dove ammirarono la tomba in marmo giallo e nero di Isaac Newton.56 Questo fu probabilmente il più grande genio scientifico di tutti i tempi, contribuendo in tutti i campi più importanti del pensiero scientifico della sua generazione, in particolare alla fisica, all’astronomia ed alla matematica.57 Questo personaggio le interessava in modo particolare ed andò a vedere un paio di lettere scritte da lui conservate al British Museum, qui usò la lettera di presentazione che soprannominò “Apriti sesamo”, una lettera scritta da Joseph Henry, il direttore dello 56 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 160-170. 57 ENCICLOPEDIA ITALIANA GROLIER, Editrice Eraclea S.r.l., Milano, 1987, vol. 13, p. 142. 63 Smithsonian, che le aprì innumerevoli porte, “E’ incredibile vedere con quanti enti lo Smithsonian ha rapporti.” Alcuni giorni dopo, continuando ad interessarsi a tutto ciò che riguardava Newton, Maria andò a visitare anche la sua casa a St. Martin Street che descrisse come una piccola abitazione rettangolare, annerita dal fumo e dal tempo, come ogni cosa a Londra. A Burlington House invece trovò una sua collezione di oggetti, tra cui una ciocca di capelli, un piccolo telescopio e la prima edizione di Principia,58 che scritto da lui nel 1687, era considerato da molti la più grande opera della scienza moderna, dove spiegava le leggi del moto e della gravitazione universale.59 L’aspetto educativo delle ragazze durante in Grand Tour continuò con delle lezioni di francese. Nonostante molte delle persone che voleva incontrare erano in vacanza al mare, c’era in città un famoso astronomo tornato da una vacanza in Scozia, questo era George Biddell Airy,60 che lavorava per il Royal Observatory di Greenwich. Qui aveva incrementato l’attività e l’importanza della struttura, incaricato di pubblicarne anche le osservazioni. Era considerato uno dei migliori uomini a cui l’Inghilterra aveva dato i natali. Dopo averlo conosciuto diceva a sua sorella Phebe, “Quando pensavo di voler incontrare quell’uomo, ritenevo impossibile poterlo avvicinare, trovandomi addirittura a mio agio una volta averlo conosciuto.” Aveva stretto una bella amicizia con sua moglie Richarda, che le sembrò una donna tranquilla e con la quale strinse un’amicizia che durò per corrispondenza per diversi anni dopo il suo ritorno in patria. Ironicamente, lui era tra le persone che non volevano dare la medaglia d’oro della Danimarca a Maria, perché riteneva che avrebbe dovuto 58 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, 2007, p. 171. 59 ENCICLOPEDIA ITALIANA GROLIER, Editrice Eraclea S.r.l., Milano, 1987, vol. 13, p. 142. 60 William Hunter McCrea, Royal Observatory Greenwich: An Historical Review, London, Her Majesty’s Stationery Office, 1975, p.21. 64 seguire le regole e quindi pubblicare la scoperta senza aspettare. Ben collegato al circolo di scienziati europei e cercando di rendere la permanenza di Maria più piacevole possibile, scrisse diverse lettere per introdurla alle persone importanti e per farla entrare nei posti rilevanti sotto l’aspetto scientifico, sia di Londra che al di fuori della città. Il Royal Observatory era situato su di una collinetta vicino al Tamigi nel paesaggio rurale di Greenwich Park, che fu considerato da Maria il più bel parco che avesse mai visto, reso particolare dalle sue colline. Dall’osservatorio la vista era bellissima con il paesaggio avvolto dal fumo. Ma la cosa più rilevante di quella visita fu il tempo che passò con Airy all’interno della struttura, il quale lavorava incessantemente e raramente incontrava gente, facendo quindi un’eccezione per la famosa astronoma americana. Nel suo diario la donna prese nota degli strumenti della struttura, includendo dettagli riguardo ai discorsi trattati.61 Recarsi all’interno dell’osservatorio era come visitare un museo, che girarono dalle sale di calcolo alla libreria, conoscendo però anche il lato umano dell’uomo, che inaspettatamente si mise a ballare e cantare dei versetti a memoria. Maria in cambiò mostrò le foto fatte dai Bond al cielo, le prime foto delle stelle. Airy rimase particolarmente colpito da quelle foto, che le esibì al Royal Astronomial Society di Londra. Maria aveva portato un’innovazione americana attraverso l’oceano, alla comunità scientifica più importante al mondo in quel periodo.62 Non conoscendo le classi sociali inglesi e le loro peculiarità, le due ragazze fecero dei grossolani errori di comportamento come andare all’opera e sedere in prima classe, indossando vestiti qualunque e dei 61 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 171-175. 62 Bessie Zabn Jones and Lyle Giffon Boyd, The Harvard College Observatory: The First Four Directorships, 1839-1919, Cambridge, The Belknap Press of Harvard University Press, 1971, pp.8283. 65 berretti. Le altre donne avevano i capelli ben pettinati ed una voce dietro di lei chiese all’uomo al suo lato se Maria, vestita in quel modo, stava con lui. In quell’occasione rischiò di essere cacciata dal teatro. Iniziarono però dei problemi relativi alla permanenza di Prudie in Europa data la crisi che aveva colpito la posizione di suo padre, “Ci sono dubbi riguardo al proseguimento del mio viaggio e da un momento all’altro potrei ritrovarmi a dover dipendere dalle mie poche risorse economiche,” scrisse nel diario. Incontrò il famoso Admiral William Smyth che era un famoso idrografo, astronomo amatoriale ed il redattore del catalogo delle doppie stelle A Cycle of Celestial Objects, for the Use of Naval, Military and Private Astronomers, e quando lui chiese se il libro era arrivato anche a Nantucket, lei rispose, “Durante le belle serate mio padre tiene il suo libro sulle ginocchia, mentre cerca di osservare i corpi celesti descritti.” Con questo aveva in comune l’amore per la poesia e ricevette dei versi scritti e pubblicati da lui. Le due andarono a visitare Edimburgo al nord dove accompagnate dell’eccentrico figlio di Admiral Smyth, entrarono nell’osservatorio della città. Costruito nel 1818, era un piccolo edificio ben fornito di strumenti all’avanguardia ed aveva anche il telescopio equatoriale. In generale in Scozia ebbero molto successo grazie proprio agli Smyth che le aveva introdotte nella comunità scientifica di Edimburgo con una festa in loro onore. Andarono poi a Glasgow sempre per l’osservatorio. Scrivendo a suo padre Maria si lamentava per la mancanza di conoscenza delle scoperte fatte in America da parte degli inglesi, li trovava così pieni di sé da ignorare che c’era un’altra grande nazione sotto il punto di vista scientifico oltre a loro. Sempre nel diario collezionò diversi opuscoli raccolti in Inghilterra e Scozia, compresi 66 quelli delle poesie di Smyth, oltre agli autografi delle persone famose che incontrarono. Arrivò il momento di ritornare a casa per Prudie, che Maria accompagnò da una famiglia americana, la quale ritornando a casa l’avrebbero tenuta con loro per non farla viaggiare sola. Maria perdeva sia una compagna di viaggio che il sostentamento economico, ed al padre preoccupato per la situazione scriveva, “Nonostante mi preghi di tornare a casa, io rimango!” Ancora riguardo ad Isaac Newton, Maria andò a visitare il posto dove aveva studiato, quindi a Cambridge, dove tra i diciassette colleges ricchi di storia alle spalle, il Trinity si distingueva per aver avuto tra i suoi iscritti proprio Newton. Scrisse a riguardo, “Se qualcuno è curioso di vedere i costumi dell’Inghilterra dei secoli passati deve venire a Cambridge, dove ogni cosa parla di storia.” Qui andò a visitare l’osservatorio ovviamente. Arrivò il tempo per Prudence di partire, così Maria dovette accompagnarla a Liverpool, da dove avrebbe preso la nave accompagnata dalla famiglia precedentemente conosciuta. Maria fu orgogliosa della condotta della giovane ragazza, come scrisse a suo padre, con il quale lei si vantò di non aver potuto fare di più per la giovane. Occasionalmente le due si scrissero delle lettere, e da queste giunse la notizia che pochi anni dopo il viaggio Prudence si sposò. A metà novembre Maria accettò con molto entusiasmo l’invito di andare a trovare la famiglia di John Herschel, i famosi astronomi inglesi. Maria arrivò di sera tardi nel loro paese, per colpa del treno in ritardo, ma ciò nonostante fu aspettata e ben accolta in famiglia. John le diede compagnia fino a notte e lei poté osservare i dipinti che si erano fatti fare, le incisioni e le sculture, mentre sorseggiava del tè con lui. Di 67 particolare interesse erano le statue di suo padre William, lo scopritore del pianeta Urano, e di sua zia Caroline che fu la prima donna a scoprire una cometa. Questa aiutava suo fratello nelle osservazioni e divenne un’astronoma lei stessa, scrivendo estese osservazioni ed essendo eletta come membro della Royal Astronomical Society. Nonostante la sua professionalità, visse sempre all’ombra di suo fratello. Osservò il quaderno dove riportava le osservazioni e notò che era particolarmente ordinata. Anche ad Oxford c’era un osservatorio e così Maria come ultima tappa della gita in Inghilterra si diresse li, dove si occupavano delle previsioni meteorologiche, a cui lei era particolarmente interessata, visto che lo stesso compito lo aveva lei a Nantucket. Adesso sperava solo di partire per Parigi, ma aveva bisogno di qualche accompagnatore, non si fidava ad andare da sola nonostante la sicurezza che aveva in se stessa. 3.3 Un interludio parigino A novembre Maria si decise ad attraversare il mare con una barca per andare in Francia, nonostante sapeva bene che avrebbe sofferto di mal di mare. Siccome stava da sola, all’inizio visitò solo i posti che la facevano sentire a suo agio e sicura, visto che era stata avvertita più volte di non fidarsi di nessuno in quella città, soprattutto di quelli che si proponevano come amici. Quando usciva le piaceva guardare le vetrine ed osservare i francesi, le piacevano in modo particolare i cappelli che le donne indossavano. Fu colpita anche dall’informalità della vita parigina, dove si socializzava nei luoghi pubblici, si passava molto tempo nei 68 caffè e nei parchi dove andavano anche di notte, dove era bello stare per l’illuminazione. Come era consuetudine per Maria, come prima tappa volle andare a visitare l’osservatorio al sud della città, dove grazie ad una lettera di Airy, le furono aperte le porte. Trovò un po’ difficile la comprensione visto che il suo francese non era particolarmente buono, e che molti osservatori sembravano essere costruiti come dei templi, anziché come luoghi di studio. Le difficoltà linguistiche non le impedirono di avere un’agenda piena d’appuntamenti. Visitò i monumenti più importanti della città come la cattedrale di Notre Dame. Ma non si sentì effettivamente a Parigi fino a quando non andò al Louvre, la più famosa galleria d’arte del mondo, dove tra i diversi artisti ammirò Andrea del Sarto. Alcuni aspetti del comportamento della gente del luogo le rimasero impressi, come “l’indifferenza delle persone incontrate per strada, che se ti trovavano davanti a loro, ti urtavano con quelle baguette lunghe una o due yard.” Arrivò il momento di lasciare quella città che tanto l’aveva colpita per l’arte, la storia ed il romanticismo, delusa però per non aver avuto modo di migliorare il suo francese.63 63 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 174-194. 69 Capitolo 4 Il Vassar College ed il suo ritiro 70 “Nessuna donna dovrebbe dire‘Sono solo una donna.’ Noi siamo nate con l’altra parte del cervello dell’umanità, E con più cuore degli uomini” 71 - Maria Mitchell In the Wind “”I let the wind whistle and pass, I shut my eyes to the frost on the pane, I shut my ears to the creaking vane I think of the girls soon women to be Who daily bring joy and peace to me Who watch the Bear whirl round in his lair, Who get up too soon to look at the moon, Who go somewhat mad on the last Preiad, Who seek to try on the sword of Onion Who lifting their hearts to the heavenly blue, Will do woman’s work for the good and the true And as sister or daughters or mothers or wives, 72 Will take the starlight into their lives.” 64 Maria Mitchell Nel Vento Lascio che il vento passi e fischi, Ho chiuso gli occhi al gelo sul vetro, E gli orecchi allo scricchiolio della pala del mulino a vento Penso alle ragazze che saranno presto donne Che ogni giorno mi portano gioia e pace Che guardano l’ Orsa roteare intorno al suo covo, Che si svegliano presto per guardare la luna, Che diventano matte per la costellazione delle Pleiadi, 64 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, p. 343. 73 Che cercano di provare la spada di Orione Che sollevano i loro cuori al blu paradisiaco, Sarà il lavoro della donna nel buono e nel vero E come sorelle, figlie, madri o mogli, Porteranno la luce delle stelle nella loro vita. 4.1 Il suo osservatorio ed il Vassar College Al suo ritorno oltre alla schiera di familiari ed amici intimi, c’era anche tutto il paese, dato il suo annunciato arrivo da parte dei giornali del posto nel periodo in cui si stavano raccogliendo fondi per un osservatorio tutto suo. Lei seppe quest’iniziativa una di volta arrivata a Nantucket. Era stata un’idea di alcuni famosi scienziati del periodo, i quali si auguravano di riuscire a 74 comprare un osservatorio ben attrezzato che era in vendita nella periferia di Filadelfia. Il regalo veniva soprattutto dai fondi raccolti tra le donne ed in particolare da Elizabeth Palmer Peabody, un’accanita sostenitrice dei diritti delle donne, mentre il giornale di Emerson United States Magazine riportava tutti gli aggiornamenti sulla raccolta fondi. Non si arrivò alla cifra desiderata, così si cercò di costruire un osservatorio nuovo. Prima di comprare i giusti strumenti al suo interno, Maria incontrò un costruttore di telescopi e si consultò con i suoi amici William e George Bond di Cambridge. Questi edifici erano rari negli Stati Uniti e la sua costruzione fu costantemente seguita da giornali comuni e quelli scientifici ed era di particolare interesse per la comunità dell’isola. Qualche tempo dopo, il 7 luglio del 1861 all’età di 67 anni Lydia 75 Mitchell morì dopo diverso tempo di malattia. Successivamente Maria e William si trasferirono a Lynn dove viveva Kate, la sorella più piccola, e per stare più vicini alla comunità scientifica di Cambridge e a Boston, i centri della vita scientifica. In quel periodo le venne fatta una proposta di lavoro come insegnante di astronomia del college femminile di Vassar. All’inizio lei non accettò, poi con il tempo riflettendoci bene le interessò la cosa, tra l’altro in quel periodo di tempo in America il fatto di essere stata a studiare per un anno circa in Europa era considerata un’esperienza rilevante che migliorava la cultura. La costruzione del college era stata rallentata per causa della Guerra Civile. In questo periodo morì il suo caro amico George P. Bond, e questo la rese particolarmente triste, non mancarono al funerale che sarebbe stato fatto a Cambridge dove andarono diverse persone importanti del campo scientifico, per date l’ultimo saluto a quell’uomo che aveva dato un importante contributo ad Harvard. Finalmente Maria ebbe la notizia della sua assunzione come professoressa e direttrice dell’osservatorio del college.65 Matthew Vassar, un produttore di birra nato in Inghilterra, ha scelto una piccola città sul fiume Hudson come Poughkeepsie nello stato di New York per posizionare il suo college, a 75 miglia appena dalla città di New York. Poco dopo aver aperto le proprie porte, si guadagnò una buona reputazione per i rigori intellettuali imposti ai propri studenti. All’inizio l’offerta didattica variava nell’insegnamento di storia dell’arte, educazione fisica, geologia, astronomia, musica, matematica e chimica, gli studi più seguiti dell’epoca. Questo college offrì alle sue iscritte uno 65 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, 2007, pp. 255274. 76 standard d’insegnamento di pari livello dei migliori istituti maschili, fino a che dopo aver rifiutato la proposta di fusione con l’Università di Yale, il Vassar decise di aprire le porte anche a studenti di sesso maschile nel 1969 e fu riconosciuto come uno dei migliori istituti del paese per l’apprendimento delle discipline umanistiche.66 La prima struttura completata al Vassar è stata poi chiamata Maria Mitchell Observatory. Questa eccezionale astronoma fece di questo osservatorio un luogo d’insegnamento dove fece includere un piccolo appartamento per sé e per suo padre, che si trasferì li con lei.67 Li fu comprato un telescopio all’avanguardia, uno strumento costruito a New York da Henry Fitz, il primo costruttore di telescopi di successo, che era superato in grandezza solo da quello dell’Università di Harvard. All’inizio ci furono alcuni problemi per farlo funzionare data la sua complessità, ma presto divenne lo strumento ideale per fare importanti ricerche. A parte questo strumento però i direttori dell’istituto non spesero altri soldi per migliorare altri aspetti della struttura, per cui Maria fu indignata. Divenne una pioniera dell’insegnamento dell’astronomia anche alle donne, nell’era Vittoriana in cui non esistevano università per dare insegnamento a quelle donne a cui lei doveva dare incoraggiamento ed essere da modello. L’istituto e la sua innovazione ebbero successo sin dall’inizio, quando l’opinione pubblica iniziò a pensare che quelle donne dovevano avere una buona cultura in quanto sarebbero diventate le madri di uomini, quindi continuando a vedere il genere femminile solo sotto il punto di vista della procreazione. 66 Charles S. Ferrar, Maria Mitchell Observatory , Vassar College copyright 2009, http://admissions.vassar.edu/about_hist.html, (18/12/2008). 67 Charles S. Ferrar, Maria Mitchell Observatory , Vassar College copyright 2009, http://vcencyclopedia.vassar.edu/index.php/Maria_Mitchell_Observatory, (18/12/2008). 77 Però la cosa che all’inizio la preoccupò fu il gran numero di studentesse che aveva e l’aumentare dei suoi compiti visto che, avendo assunto un ruolo così importante, veniva spesso chiamata anche a tenere lezioni fuori dal college. La prima lezione che ebbe davanti ad un grande pubblico fu descritto da una studentessa in una lettera in cui diceva che nonostante la sua timidezza, riuscì a rendere piacevole in suo racconto della sua gita in Europa, rimanendo sempre semplice e senza pretese. In quel periodo era considerato volgare per una donna parlare in pubblico, ma Maria si sentiva protetta dalle mura di quel college che dava sempre un gran supporto alle donne. Arrivò anche la morte di William in quella struttura. Maria fu sollevata dall’avere l’appoggio di familiari ed amici, nonché delle sue care studentesse. Ritornò nel suo paese natale per portare suo padre, per poi tornare al Vassar College, dove le cose ripresero il loro andamento. Una cosa interessante che fece con le sue studentesse fu andare a vedere il cielo fuori dall’università per un paio di volte. La prima fu a Burlington nel Iowa per osservare l’eclisse di sole. Usava condividere le sue osservazioni con le studentesse, quindi è normale che abbia organizzato di fare una gita con loro. Il 4 agosto, dopo aver percorso 1500 miglia in pullman da Buffalo a Chicago, Mitchell e le sue studentesse arrivarono nell’Iowa. Furono raggiunte da altre otto studentesse che avevano chiesto ospitalità a due laureate del college che vivevano proprio in quella città. Quello fu l’anno delle spedizioni per le osservazioni delle eclissi. Quando iniziarono a posizionare i loro telescopi ci fu agitazione da parte di tutti gli uomini visto che loro erano le uniche donne a partecipare all’evento. Quello di Maria fu solo uno dei gruppi che si organizzarono per andare li, dove il U. S. Congress stanziava $5000 per vedere 78 quell’eclisse, da cui Maria ne ricevette $100 per la pubblicazione del suo resoconto e di quello delle sue compagne di viaggio sul Reports of Observations of the Total Eclipse of the Sun, August 7, 1869. Nel suo articolo raccontò che l’ansia era tanta prima dell’evento e che non riuscivano a contare nonostante lo facessero ad alta voce, per l’euforia delle compagne. Come la luna si muoveva lentamente davanti al sole, un crescente bagliore all’orlo diveniva sempre più stretto. Notarono che come il momento si avvicinava, il fiume Mississipi che avevano al lato assumeva il colore plumbeo e che un verde pallido si espanse nel paesaggio, mentre gli uccelli emettevano un lamento. 68 Per il giornale del posto fu chiesta una foto di Maria con una sua studentessa, quella che aiutò a contare e dietro di loro si misero in posa alcuni dei più importanti astronomi dell’epoca come John Coffin della U. S. Navi, che assistettero all’eclisse come loro. Nella foto in questione, tutti sono rivolti verso di lei per essere la signora dell’astronomia. La notizia del suo successo per questa spedizione arrivò anche al college, dove fu onorata per il suo l’iniziativa, articolo oltre ad e per ottenere riconoscimenti anche nel resto del paese. Dopo questa iniziativa ne intraprese un’altra, quella di fare dell’osservatorio diretto da lei al Vassar College, una stazione meteorologica dato che erano 68 Steven J. Dick, Sky and Ocean Joined: The U. S. Naval Observatory, 1830-2000, Cambridge England, Cambridge Universit Press, 2003, p. 197. 79 forniti di barometri e termometri per la misurazione del tempo. La richiesta la fece scrivendo una lettera al suo amico Joseph Henry dello Smithsonian, il quale fu molto felice di acconsentire a questa attività che avrebbe permesso agli studenti di mettere in pratica i loro studi. Lei continuò a tenere lezioni in pubblico e ad invitare suoi amici che erano famosi nella scienza per fargli tenere delle lezioni davanti all’intero college, come motivo d’istruzione. Tornò anche all’Atheneum di Nantucket quando tra i proprietari compariva suo cognato, il marito di Anne, per tenere lei stessa una lezione sull’eclissi osservata nell’Iowa. Fu accolta nel migliore dei modi e da un grande pubblico, se ne andò lasciando però alla biblioteca quello che aveva guadagnato per scrivere un articolo su tale argomento. Tornò nel college dove il giugno successivo iniziò una tradizione, quella di organizzare il Dome Party dove i suoi studenti più affezionati ed ingegnosi potevano incontrare distinti visitatori del College e tutti insieme potevano recitare poesie originali a memoria. La Mitchell continuò ad insegnare e fare ricerche nel suo osservatorio fino a poco prima della sua morte avvenuta nel 1889, per un centinaio di anni quella struttura continuò a svolgere quelle stesse funzioni. Nel 1991 divenne la seconda struttura del Vassar College ad essere considerata una pietra miliare nazionale storica.69 4.2 Gli ultimi viaggi, l’insegnamento ed il suo ritiro 69 Charles S. Ferrar, Maria Mitchell Observatory , Vassar College copyright 2009, http://vcencyclopedia.vassar.edu/index.php/Maria_Mitchell_Observatory, (20/12/2008). 80 Passarono diversi anni e Maria iniziò a sentirsi sempre meno bene, continuando a lavorare finché poté. Arrivò il gennaio del 1888 e lei dovette dimettersi dal suo lavoro al Vassar College senza poter terminare l’anno accademico a giugno. Si trasferì da sua sorella Kate che viveva a Lynn. La notizia fu pubblicata su molti giornali che parlarono di un suo periodo di pausa, sperando che non fosse un definitivo allontanamento dal suo lavoro. Lei intanto dichiarava di andarsene perché era ormai ora di farlo, e così, dopo 23 anni di insegnamento Maria se ne andò lasciando le sue studentesse alle quali era molto legata, le quali sentirono la mancanza di un sostegno alla loro indipendenza. Le fu proposto di rimanere al college a spese dell’istituto, ma lei rifiutò. Dopo qualche tempo a Lynn, iniziò a sentire la mancanza della sua attività e mandò diverse lettere ai suoi colleghi, impossibilitata a tornare per via della sua malattia. Sapeva che ormai non le rimaneva molto da vivere e quando le venivano fatti degli inviti da parte delle associazioni per i diritti delle donne lei rifiutava. Mentre risiedeva a Lynn, suo nipote William Mitchell Kendall, il figlio di Phebe, che era diventato un noto architetto, le costruì un piccolo osservatorio, dove lei poteva trascorrere le sue giornate e di cui fu molto orgogliosa proprio per essere stato fatto ad opera del nipote. Si trovava dietro casa di Kate, e durante la primavera era circondato di foglie di melo. Passava il tempo tra qualche osservazione e tenendosi in contatto con i suoi amici e la sua famiglia a Nantucket, che la tenevano aggiornata di cosa succedeva di nuovo. La salute di Maria peggiorava così fu portata a casa di una signora che viveva vicino la famiglia di Kate che all’età di 55 anni doveva accudire i suoi cinque figli. Visse gli ultimi sei mesi della sua vita in modo miserevole per non parlare degli ultimi due in cui fu molto malata. 81 Gli ultimi giorni era incosciente, diceva appena qualche parola alla sua famiglia che l’aveva raggiunta e aveva passato gli ultimi giorni della sua vita vicino al suo letto. Il giorno 28 giugno del 1889 Maria morì, probabilmente per un male che aveva colpito il suo cervello. Il 30 fu riportata nel suo paese natale, a Nantucket, dove riposa in pace vicino ai suoi genitori. Tutti furono dispiaciuti della sua morte, ma in particolare sua sorella Phebe che era particolarmente legata a lei. Al funerale nell’isola di Nantucket il preside del Vassar College disse durante il suo discorso: “Se dovessi scegliere quale parte del suo carattere è quello che merita particolar nota è la sua genuinità, quella genuinità che in parte derivava dell’educazione religiosa ricevuta. E’ stata anche una ricercatrice del vero, ed una persona che aspirava alla luce ed alla vita spirituale.”70 70 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 82 APPENDICE Il Grand Tour d’Italia 83 (Traduzione) “Sono stata a Roma un inverno – un ozio di sei settimane necessario. E’ proprio il posto migliore di tutto il mondo per oziare. In quei giorni piacevoli ci sono le rovine da visitare, la campagna dove passeggiare, le ville ed i loro giardini dove raccogliere i fiori, i fori per riflettere, la collina del Pincio o i Capitolini per passeggiare chiacchierando con gli amici. Nei giorni di pioggia è tutta arte. Ci sono le cattedrali, le gallerie e gli studi di mille artisti, d’inverno ce ne sono un migliaio a Roma.” Roma fu la sosta preferita da Mitchell nel suo viaggio intorno al continente europeo. Oltre ad essere incantata dalla città antica, era affascinata anche dagli accompagnatori: il depresso e generoso Nathaniel Hawthorne, la sua fragile moglie Sophia, che era una brava pittrice, ed i suoi piccoli figli. Prima di lasciare Parigi 84 Mitchell contattò Hawthorne e venne a sapere che stava per dirigersi verso Roma. L’inverno successivo ricordò quell’incontro e la prima impressione su Mitchell nel suo Franch and Italian NoteBook: “Questa mattina la signorina Mitchell, la celebre astronoma di Nantucket mi ha chiamato. Aveva portato una lettera di presentazione per me, il suo scopo era di vedere se potevamo prenderla come parte della nostra comitiva per Roma, a cui era comunque costretta. Abbiamo acconsentito subito visto che è sembrata una donna semplice, forte e di buon umore, che non sarebbe stata un peso sulle nostre spalle, il mio stupore è che una persona così evidentemente in grado di prendersi cura di se stessa possa augurarsi di avere degli accompagnatori. In realtà, come Mitchell in seguito scoprì, Sophia Hawthorne all’inizio si oppose all’inaspettata aggiunta nel loro gruppo in vacanza. Ma Nathaniel le assicurò che Mitchell era il tipo di persona che non avrebbe dato problemi, così Sophia di malavoglia acconsentì. Uno dei membri del seguito di Hawthorne che fu particolarmente lieto di avere Mitchell insieme a loro fu Ann “Ada” Adaline Shepard. A ventitre anni Shepard era energica, intelligente e bella con un viso ovale incorniciato da lunghi boccoli castani chiari. In una lettera per un amico Shepard scrisse, “E’ deciso che la signorina Mitchell debba viaggiare con noi ed io ne sono molto felice perché sembra un’anima forte e seria che mi piacerà conoscere. Una volta conosciuta Mitchell, lei diventò subito una appassionata e le due svilupparono un legame speciale. Avevano molto in comune, tra cui una simile passione per lo studio e per la cultura ed un’ammirazione per Ralph Waldo Emerson. Dopo appena due settimane insieme Shepard dichiarò “ Ho visto molto della signorina Mitchell e ne sono affascinata. E’ una donna forte e seria ed un onore per il sesso femminile. Originaria di Dorchester nel Massachusetts, Shepard fu tra le prime a laurearsi a Antioch College, il primo ad essere misto in America, si trovava a Yellow Spring nell’Ohio, nell’anno 1857. Il primo rettore dell’Antioch fu il noto educatore Horace Mann che Mitchell aveva incontrato e sentito parlare all’Atheneum di Nantucket alcuni anni prima. Mann era sposato con la sorella di Sophia Hawthorne, Mary Peabody Mann, una ex-insegnante ed una nota autrice. Fu Mary a raccomandarsi a Sophia e Nathaniel Hawthorne di assumere Shepard come insegnante e compagna dei loro tre figli (Una di 13, Julian di 11 e Rose di 6 anni). 85 Come studentessa di lingue fluente nell’ italiano, Shepard fu utile alla famiglia come interprete nel loro soggiorno all’estero. Come molte donne americane della classe media, Shepard faceva il “gran tour” dell’Europa per sperimentare la vita all’estero prima di legarsi nel vincolo del matrimonio. Era fidanzata con Henry Clay Badger che voleva sposare al suo ritorno negli Stati Uniti. Il “gran tour” fornì un insegnamento superiore che Shepard avrebbe necessitato per il lavoro come insegnante di lingue straniere – il lavoro che l’aspettava a Antioch. I progetti per il viaggio erano stati fatti e Mitchell si stabilì con la comitiva di Hawthorne per i dieci giorni in Italia. La prima tappa comprendeva uno scomodo tragitto di undici ore col treno da Parigi a Lione, con solo dei recipienti di latta di acqua calda messi sotto i piedi per scaldarsi. Maria trovò la regione piatta, monotona e non interessante. Si divertì a parlare con la più piccola degli Hawthorne, a sporgere la testa fuori dal finestrino durante le fermate alle stazioni ed a mettere in pratica il suo francese chiedendo de l’eau froid (acqua fredda). Passò anche il tempo a chiacchierare con la tutrice dei bambini, che era cresciuta in un sobborgo di Boston. Mitchell e Shepard parlarono rapidamente e a lungo della gente del Massachusetts che conoscevano in comune. Stranamente, Mitchell raramente menzionò Shepard non nominandola nei suoi diari di viaggio o nelle lettere a casa. In netto contrasto, Shepard spesso riferiva della sua amicizia con Mitchell e dell’esperienza che condivisero a Roma, nella grande quantità di lettere che lei scrisse a casa al suo fidanzato. Le lettere fanno pensare che Shepard manifestò una forte ammirazione per Mitchell, forse era un po’ infatuata di quella donna più grande. In una lettere Shepard scrisse, “Mitchell è una persona dalla grande energia, come potrai immaginare. Ha trentanove anni, ha una faccia robusta, sincera ed onesta, senza bellezza ma non senza educazione e raffinatezza. Nonostante è stata educata sul temerario suolo di Nantucket, lei è educata e delicata, ha un minuzioso senso del decoro e un buon gusto poetico. Il suo aspetto non è attraente per chi guarda solo all’apparenza fisica, invece a me è piaciuta da subito e più la vedo, più mi piace. Io e lei stiamo dormendo insieme da quando abbiamo lasciato Parigi.” Quando Mitchell, gli Hawthorne e Shepard arrivarono a Lione alloggiarono in quello che Maria definì un hotel strano e in vecchio stile, chiamato Hôtel de 86 Provence, dove dovettero salire mezza dozzina di rampe di scale per arrivare alle loro stanze. Mitchell scrisse nel suo diario che gli hotel nella campagna francese erano generalmente le prime residenze dei nobili e le stanze erano immense, non riscaldate e senza moquette. Quella notte Mitchell era colpita da quanto erano brillanti le stelle e Sophia Hawthorne le chiese di andare nella sua stanza per guardarle. “Orione e Perseo erano più brillanti di quanto le avesse mai viste,” Mitchell specificò nel suo diario. Dopo una rinfrescante tazza di tè la comitiva dormì meglio che potesse e si alzò presto per passeggiare nelle larghe strade di Lione. Come Nathaniel Hawthorne spiegò nei suoi appunti di viaggio, a Lione fu scoperto un errore con i bagagli: “ Noi abbiamo perso un grande sacca da viaggio e dopo abbiamo constatato che era stata sostituita con un baule della signorina Mitchell, quindi c’era il giusto numero di bagagli come registrato, fu impossibile convincere gli ufficiali che qualcosa non andava bene. Noi iniziammo a generalizzare... La signorina Mitchell insinuò che c’erano cause simili durante la Rivoluzione Francese quando il numero assegnato veniva cacciato dalla prigione per essere ghigliottinato, la prigione non teneva conto se essi erano i carcerati designati dal tribunale o meno. Il giorno seguente, durante il lungo viaggio per Marsiglia, Mitchell trovò la vista della campagna circostante pittoresca e piacevole. Di sera passava il tempo insegnando pazientemente ai figli di Nathaniel e Sophia - Rose, Julian e Una – come leggere il cielo notturno. Hawthorne ricordò: “Dopo essere arrivato il buio le stelle brillavano e la signorina Mitchell - dal suo finestrino indicava alcuni pianeti ai bambini, lei aveva familiarizzato con loro tanto quanto un giardiniere coi suoi fiori. Erano brillanti come i diamanti.” Dopo un altro giorno di viaggio Mitchell ed i suoi compagni di viaggio arrivarono impolverati, stanchi ed affamati nella città di Marsiglia alle undici in punto della sera. Riservarono all’Hôtel d’Angleterre, che il gruppo trovò deludente ma sopportabile. Nathaniel Hawthorne scrisse nel suo diario che era un posto molto povero. Mitchell commentò nel suo diario che “il signor Hawthorne non è per niente pratico ed è incapace di parlare un’altra lingua che non fosse l’inglese, quindi la signorina Shepard negoziava tutti gli affari e stabiliva i contratti.” La mattina dopo si accorsero che a solo un centinaio di iarde più in la c’era lo sbalorditivo Mar 87 Mediterraneo e che gli alberi delle barche erano visibili dalle finestre dell’hotel. Nel pomeriggio Mitchell e Shepard andarono a fare un giro per la città, comprarono nocciole, chiacchierarono con le donne del posto e scesero delle scale da dove ebbero la prima vista del Mediterraneo. Tentata da un’edicola a Marsiglia, Mitchell comprò una elogiata novella del romanziere Edmund About intitolata Tolla. Quando Mitchell e Shepard si fermarono per strada a comprare alcuni souvenir da un venditore ambulante, un buon numero di curiosi residenti locali si accalcarono intono a loro. Shepard scrisse, “La signorina Mitchell sembrò essere allarmata. Ma loro ci guardavano solamente.” Prima di partire Mitchell andò a fare un giro in carrozza con Shepard e i figli degli Hawthorne per vedere la costa e le sue spiagge. Essendo affascinata dalla vista del mare e sentendo la mancanza della circonferenza marittima intono alla sua isola, Mitchell implorò il cocchiere di fermarsi così da poter passeggiare lungo la spiaggia e battezzarsi nell’acqua azzurra e limpida. La tappa successiva del loro viaggio era a bordo del piroscafo napoletano Calabrese, che li ha portati lungo le spiagge rocciose della Francia meridionale e l’Italia settentrionale – incredibile scenario di colline in contrasto al vibrante blu del cielo e del mare. Nonostante lo scenario sbalorditivo, Mitchell soffrì di mal di mare e passò parecchio tempo nella sua cuccetta. Quando il mare diveniva calmo di sera, si unì ai suoi compagni sul ponte da dove descrisse le stelle ed i pianeti visibili nel cielo e guardò la vivace fosforescenza del mare. Il chiaro di luna illuminava le montagne innevate a distanza. Senza altre donne a bordo, Mitchell era soddisfatta del fatto che lei, Sophia e Ada avessero l’intera cabina delle signore tutta per loro e quindi non erano obbligate a vestirsi nelle piccole e tristi cabine. La prima fermata in Italia fu Genova dove Mitchell e gli Hawthorne scesero per visitare l’antica città. Dopo essere stati remati a riva Nathaniel Hawthorne ingaggiò una guida – un uomo in mantello, all’apparenza discreto – e per il resto della giornata fecero una veloce visita per chiese di marmo, palazzi e giardini in fiore. Sopraffatti dal numero dei posti che visitarono, Mitchell si lamentò nel suo diario, “Fu faticoso salire così tanti gradini e rimanere sconcertati alla vista di così tante immagini.” Mitchell disse alla sua amica Shepard che se qualcuno di loro 88 sarebbe deceduto in conseguenza della loro visita a Genova, la vittima sarebbe morta per colpa dei palazzi di marmo. Il giorno seguente il piroscafo si fermò a Livorno. Dopo essere stati remati a riva per una visita, Mitchell e Shepard furono immediatamente assillate da una mezza dozzina di cocchieri che gli urlavano in francese, italiano ed inglese, offrendo loro una visita in carrozza o il tragitto in hotel. Shepard riportò, “La signorina Mitchell ed io siamo state le guardie del gruppo respingendo quelle creature fastidiose, ma nonostante i nostri sforzi, uno camminava e raccontava insistentemente delle meraviglie della città che ci avrebbe mostrato per due franchi a testa.” Nathaniel Hawthorne si intenerì per implorazione di un cocchiere così l’intero gruppo salì nella larga carrozza. Girarono intorno alle grandi piazze e passarono a gran velocità davanti alle cattedrali, palazzi, ad una sinagoga e ad un cimitero inglese. Quando Mitchell ritornò sul piroscafo, osservò uno scorcio che aveva tutto il fascino della vera scena italiana e lo riportò nel suo diario: “La baia era bella liscia ed il cielo e il mare rivaleggiavano con i loro colori, con le montagne con la nebbia in lontananza, le barche accalcate di marinai pittoreschi con costumi appariscenti e la musicalità della lingua italiana ci faceva sentire di essere effettivamente in una terra del sud.” Nathaniel Hawthorne era poco entusiasmato dell’esperienza nel porto italiano. Scrisse nel suo quaderno, “ A Livorno, come dovunque, sentivamo freddo al cuore, tranne quando avevamo i raggi del sole diretti su di noi, e tornavamo sul piroscafo con la sensazione che stavamo tornando nella nostra casa, per la miserabile vita di vagabondo stare tre giorni in un posto lo fa sembrare la propria casa.” Il piroscafo lasciò il porto di Livorno tardi quel giorno e di nuovo durante la notte Maria stette con gli Hawthorne ed i loro bambini sul ponte a guardare il profilo delle isole con il cielo stellato controluce. Passarono l’Isola d’Elba, dove Napoleone aveva vissuto in esilio. Nathaniel Hawthorne scrisse sul duo diario, “ Quella sera era bella, con una luna nuova brillante, non sufficientemente da sovrastare le stelle e siccome abbiamo passeggiato sul ponte, la signorina Mitchell ha mostrato le costellazioni ai bambini e ne ha detto i nomi.” Arrivarono nel piccolo porto di Civita Vecchia molto presto la mattina seguente. Dopo una lunga ispezione della dogana, Hawthorne affittò una vettura privata (una carrozza a quattro ruote) per portare la comitiva per le quaranta miglia 89 necessarie ad arrivare a Roma. Il lungo viaggio su un terreno sterile e sabbioso ricordò a Mitchell Nantucket. Era considerato un tragitto pericoloso per la frequenza di “banditi”. Mitchell in seguito si riferì al tragitto tra Civita Vecchia e Roma come ad un “percorso disgraziato.” Come spiegò nel suo diario, erano senza cibo (solo pane secco ed acido e formaggio di latte di capra), fuori piovigginava, nessuno parlava ed anche i bambini avevano cessato di essere vivaci. Mitchell commentò, “Se il signor Hawthorne fosse stato tanto gradevole nella conversazione come nel suo scrivere, non sarebbe riuscito comunque a rendere piacevole la giornata.” Quando la loro vettura si imbatté nel freddo e nell’ oscurità di Roma a mezzanotte, furono tutti privi di entusiasmo. La prima cosa che visitarono fu il colonnato della basilica di S. Pietro. Maria ricordava che Julian Hawthorne aveva così tanta fame che “avrebbe voluto che la cupola di S. Pietro fosse di carne di montone da poter mangiare”. Poco dopo il loro arrivo a Roma, Mitchell esclamò sul suo diario, “Sono a Roma! Sono qui da quattro giorni e gia sento che ho voluto più questi quattro a Roma che tutti gli altri del mio viaggio! Sono stata a disagio, stanca, ho preso freddo e soggetta a tutti gli aspetti cattivi del viaggio, ma nonostante ciò, non avrei mai voluto perdermi la sensazione di realizzazione che ho per l’esistenza del passato di grande gloria, neanche se avessi avuto mille afflizioni. Rose Hawthorne più tardi ricordava che Mitchell sorrideva felicemente a Roma come se stesse visitando una costellazione. Con l’ aiuto di Ada Shepard, Mitchell affittò una stanza al quinto piano di un edificio al numero 60 di via Bocca di Leone. Questa stanza era migliore di quella che aveva a Parigi, era costituita da un grande salotto con un piccolo focolare, una grande camera da letto ed una stanza che lei usava per cenare. Pulita e ben ammobiliata, costava a Mitchell venti dollari al mese. Per un dollaro in più alla settimana, la moglie del proprietario, una donna bassa e mora, con un bel viso, l’avrebbe servita, si prendeva cura delle sue camere, le portava la colazione al mattino, le lavava i piatti e le prendeva la cena da una trattoria locale. L’appartamento di Mitchell si trovava proprio dietro l’angolo di Piazza di Spagna ed i gradini di Trinità dei Monti, dove vivevano diversi artisti americani espatriati. Vedeva ogni giorno gli Hawthorne e Shepard, che soggiornavano in una costosa suite di dieci stanze in un palazzo nelle vicinanze di via Porta Pinciara. Si 90 univa a Shepard ed ai bambini per la loro passeggiata pomeridiana e spesso li invitava al suo appartamento per la colazione o per un tè. Come Mitchell spiegò in una lettera per la sua famiglia, “Gli Hawthorne sono impagabili con me, i piccoli vengono nella mia stanza ogni giorno ed io vado da loro quando voglio. La signora Hawthorne alle volte passeggia con noi, il signor Hawthorne mai. Lui ha l’ansia durante le visite turistiche e per le emozioni in generale, ma mi piace tanto.” Nathaniel Hawthorne alla fine fece un’estesa visita della città, ma durante i primi giorni a Roma, prese un raffreddore ed era febbricitante, era così penoso che raramente venne fuori. Erano tutti sorpresi dal freddo fuori stagione che li afflisse durante il primo mese nell’ assolata Italia, e dovettero accumulare mantelle e scialli anche al coperto. Sophia raccontò in una lettera alla sorella che quello fu l’inverno di Roma più freddo degli ultimi venti anni. Ma per Sophia, come per Maria, niente poteva scoraggiare il loro entusiasmo di essere a “Roma, Roma, Roma!” e di ammirare la grandezza stupefacente della vecchia città. Per Sophia, Roma era un sogno divenuto realtà, insieme all’infinita galleria della gloriosa arte italiana. Prima di sposarsi con Nathaniel, Sophia era una rinomata pittrice e scultrice di Boston. Durante il soggiorno a Roma Sophia fece dei meticolosi schizzi a matita di posti e persone ricorse a lei. Mitchell ebbe modo di conoscere Sophia durante le lunghe visite ai grandi palazzi d’arte ed alle rovine storiche, e quando aspettavano insieme i servizi della chiesa. Nel suo diario Mitchell riportò che trovava che Sophia avesse una visione seria e religiosa. Nove anni più grande di Maria, Sophia aveva un viso rotondo con caratteri piani e bei capelli lunghi pettinati all’ ultima moda. Era magra e piuttosto fragile avendo sofferto per la migrazione da bambina. Mitchell notò che Sophia aveva una forte tosse e mal di testa durante i giorni del viaggio ed era come assente all’arrivo a Roma. Mitchell raccontò che la prima notte a Roma, mentre Sophia stava particolarmente male, suo marito provò invano di far capire ai loro servitori dell’hotel la necessità di un fuoco in camera. Come non parlava una parola d’italiano, francese o tedesco, Hawthorne poté solo strillare impetuosamente “Fate un fuoco nella stanza del signor Hawthorne.” Maria ricordava, “Sfinito per i suoi sforzi, venne da me e disse ‘signorina Mitchell dì ai servitori cosa voglio, il tuo francese è eccellente...’ Così io chiesi in un orribile francese, ‘Fate un fuoco e mettete una griglia ’ – di sicuro la gestualità fu capita.” 91 Col passare del tempo,lo spirito e la salute di Sophia si ravvivarono e si unì a Mitchell ed ai bambini per delle escursioni di famiglia. I figli degli Hawthorne, ed in special modo Julian di dodici anni, si affezionavano in modo piuttosto crescente a Mitchell mentre stavano a Roma. Mitchell disse alla sua famiglia a Nantucket, “Julian, il ragazzo, è affascinato da me. L’ultima volta che sono stata da loro il signor Hawthorne è tornato a casa con me, come si mise il cappotto si girò verso Julian e gli disse ‘Julian, credo che per il tuo tenero interesse per Maria Mitchell non vorresti che sia io ad accompagnarla a casa sua.’” Alcuni anni più tardi, sia Rose che Julian Hawthorne scrissero racconti amorevoli del tempo passato con Mitchell a Roma. Rose, che aveva sei anni durante quella gita, raccontò che la voce di Maria era ricca di melodie, come quella di suo padre, e che la sua intelligenza era come un allegra manifestazione di profondo pensiero. Scrivendo i suoi ricordi, Julian fece una descrizione rivelatrice di quella Maria di trentanove anni: Era la più chiara, semplice e cordiale delle donne, col viso scurito dal sole, col quale era evidentemente abituata a guardare molto più delle stelle nel cielo. La sua bocca era risoluta e ricca di espressioni, ma la cosa più straordinaria erano i suoi occhi, scuri e potenti, che avevano la gentilezza ed il magnetismo della solidarietà per i suoi compagni. I capelli scuri stavano un po’ ingrigendosi. Si vestiva di grigio chiaro ed era attiva ed energica nei suoi movimenti. Era, come il mondo la conosceva, una donna dall’intelletto ed dal carattere inusuale, ma era vissuta da sola con le sue costellazioni ed aveva avuto poco contatto col mondo e la conoscenza pratica di esso, così in diverse occasioni era tanto bambina quanto lo ero io, e immediatamente l’ho considerata mia amica e compagna di giochi e l’ho apprezzata con tutto il mio cuore. C’era un’affascinante singolarità ed innocenza in lei ed un’immensa e sana curiosità riguardo al nuovo vecchio mondo ed il suo contenuto. Aveva un flusso di naturale e spontaneo umorismo e non avrebbe detto niente che non fosse stato consistente ed acuto. Era all’antica, ma piena di moderni impulsi e tendenze, di buon cuore ed impulsiva ma ricca di semplice 92 buonsenso. Sebbene coraggiosa come un leone, ciò nonostante era assalita da una simpatica timidezza femminile e da apprensione dovute principalmente, io credo, alla familiarità che non aveva con il mondo. La storia e le vecchie arti erano una parte importante ed impressionante del richiamo che Roma aveva sui turisti, e durante il primo giorno di visita della città Mitchell, tenendo una mappa ed il Murray’s Handbook to Italy, trovò i Fori Romani ed ammirò il loro sgretolamento, le rovine pittoresche e l’anzianità dei templi e degli archi. Raccontò sul suo diario, “Ho camminato per lungo tempo sopraffatta da meraviglia ed ammirazione. Mi è sembrato di sognare, e che quelle prove dell’esistenza di persone tanto colte, così tanti secoli fa non potessero esistere davvero.” Più tardi in giornata visitò altre cose da sola, con la sua guida come fosse un’insegnate. “Non ero dispiaciuta di essere sola” Mitchell scrisse sul suo diario, “perché sentivo la solennità di Roma e mi è sembrato che una concezione del tempo e degli anni del mondo mi ha riempito la testa nella prima parte della mia vita.” “Penso veramente che ho più piacere a girare da sola e ritrovare me stessa” concluse. Tra le cose che visitò, Mitchell fu particolarmente colpita dal Colosseo e spiegò, “A stento posso credere che io veramente sono tra le rovine e che non sto sognando!” Maria era affascinata dai cambiamenti ottenuti per mezzo del tempo e della natura, trovando che il cielo di Roma fosse “il più blu dei blu e profondo quando visto attraverso la struttura marrone di un arco rovinato” del Colosseo. Quando ricordava le sue avventure romane alcuni anni più tardi, Mitchell raccontava di aver passato molte ore a prendere piccoli sassi sul Colosseo, a raccogliere le viole nelle camere superiori del palazzo di Cesare, rese facilmente rampicanti dalle pareti coperte. Concludendo con le statue rotte nel foro, abbiamo ammirato gli archi del tempio della Pace col ricco blu proiettato dal cielo assolato.” Uno scrittore del periodo suggerì che “appena della polvere durante il viaggio viene scossa dai loro piedi, i turisti a Roma si affrettano verso la magnifica e vasta basilica di San Pietro. Quasi sicuramente, questa è stata uno dei primi posti che Mitchell esplorò e di cui fosse davvero spaventata. Visitò la chiesa per la prima volta con la famiglia Hawthorne, Mitchell in seguito raccontò che quando Nathaniel Hawthorne vide la famosa basilica si girò indietro dicendo, “San Pietro nella mia 93 immaginazione era molto meglio.” Nathaniel ricordò sul suo proprio diario che San Pietro lo aveva deluso “terribilmente per lo sforzo d’effetto” sull’esteriorità, però l’interno gli luccicò con l’inaspettata magnificenza”. Mitchell trovò che la chiesa potesse essere paragonata in grandezza con le vaste e belle Cascate del Niagara, e durante la sua visita di tre ore il meraviglioso mosaico e la maestosa Cappella Sistina di Michelangelo la impressionarono tanto. Mitchell osservava gli italiani entrare uno dietro l’altro ed inginocchiarsi davanti alla scultura di San Pietro e baciare la punta del piede. Scrisse sul suo diario “Come possono illuminarsi nel baciare il dito di un brutto pezzo d’arte quando il più bello è intorno – bisognerebbe essere devoti in quel modo per capirlo. Durante una visita ai Musei Vaticani si concentrò a studiare l’Apollo Belvedere, una delle sculture classiche più ammirate del momento. “La figura è una delle più belle, quasi troppo effeminato per essere una bellezza virile,” Mitchell disse. Si sedette vicino alla scultura di marmo e lesse la descrizione eloquente di Byron riguardo il famoso lavoro d’arte. “Trovo che poeti come Scott e Byron aiutino molto per il senso della bellezza della natura e dell’arte, il poeta sembra avere un’aguzza percezione delle affascinanti caratteristiche,” spiegò nel suo diario. Dopo aver visitato le altre stanze del museo, concluse, “Nessuno può guardare le statue ed i dipinti nel museo senza percepire la loro superiorità su tutto quello che furono prima. La convinzione della vita nel marmo e nella tela è più sentita che mai, e già il drappeggio... è tanto bello come se fosse una caratteristica e sembra avere una propria fisionomia.” La gita in Europa di Mitchell le fece aprire gli occhi e non solo per quel che riguardava l’arte. La sua etica Quacchera veniva sfidata in numerose occasioni. Quando si avventurò in un teatro francese durante una serata a Roma, commentò, “Questi spettacoli mi fanno rilassare dalla morale, come altri, quando sono lontana da casa.” In un’altra occasione Mitchell era stata avvertita che i dipinti dell’Accademia di San Luca erano grossolani. Andò comunque e disse, “Percepisco solo la nudità tanto comune nelle figure delle gallerie in Europa” e trovò che la grossolanità allegorica e mitologica non la angosciavano affatto. C’era un senso di libertà a Roma richiamava Mitchell. “C’è un abbandonarsi alla vita [ a Roma] che è affascinante,” confidò nel suo diario. 94 La guida che Maria si era portata avvisava, “Tra le caratteristiche della Roma moderna capaci di offrire il più alto interesse tra i visitatori intellettuali, non conosciamo nessuno che abbia un fascino più grande di quello degli studi degli artisti.” Mitchell capì che effettivamente a Roma “L’attrazione principale è l’arte, 1000 artisti vivono a Roma, i loro negozi sono dappertutto, sono liberamente aperti e ci si sente intrattenuti nel camminare ed esaminare i loro lavori.” Visitare gli studi degli artisti divenne una caratteristica del soggiorno di Mitchell a Roma e ci andava ogni settimana, generalmente accompagnata da Ada Shepard. Gli studi erano sulla strada addiacente alla scalinata di Piazza di Spagna, dove gli artisti si sono uniti sin dal diciassettesimo secolo, e stavano a due passi dall’appartamento di Mitchell. Julian Hawthorne raccontò che quando Mitchell e Shepard visitavano qualcosa insieme, “discutevano tra loro sulle statue ed i dipinti.” A Mitchell piaceva chiacchierare con gli artisti, che indicavano i loro metodi nelle opere e le storie che potevano esserci dietro. Lei spiegò, “A Roma incontri non solo l’artista come parte di un gruppo, ma incontri anche le loro Ruth e le Eva e le Rebecca – parlano di loro come farebbero dei bambini.” Durante un caratteristico giorni di pioggia a Roma, Maria visitò lo studio dello scultore americano Paul Akers, che stava modellando un busto di Milton per un cliente di Filadelfia. Mentre esaminava i suoi gessi, si aprì la porta dello studio ed entrò la scultrice americana Harriet Hosmer. Hosmer aveva ventotto anni ed era malfamata dal suo comportamento vivace, come per fumare sigari e cavalcare da sola per le strade di Roma. Era la prima e più importante di un gruppo di nove scultrici che avevano stabilito i loro studi vicino a Piazza di Spagna ed erano definite da Henry James come un “gregge di marmo bianco.” Questo gregge di donne emancipate sono venute a Roma a ricevere lo stesso insegnamento che ricevevano gli scultori americani maschi e per competere nello steso mercato. Il loro successo all’estero come in patria ha portato alle altre scultrici degli Stati Uniti un grande riconoscimento e rilievo. L’esponente dell’esodo delle scultrici a Roma fu l’attrice di Boston Charlotte Cushman, che Mitchell incontrò alcuni anni più tardi a New York. Mitchell fu sorpresa dallo stile di vita libero che osservò in Hosmer e dalle altre artiste che incontrò. Vivendo a miglia di distanza da casa, passeggiavano impavidamente nelle strade di Roma, di notte come di giorno, senza usi nazionali da 95 seguire e quindi sole con le loro regole. Quando la prima volta incontrò Hosmer nello studio di Akers, l’eccentricità dell’artista, l’atteggiamento scervellato e i modi di fare infantili stupirono Mitchell. Hosmer parlò a Mitchell rapidamente e con vivacità prima di precipitarsi ad un appuntamento a pranzo. Dopo l’incontro Mitchell descrisse l’artista come una “bella ragazza piccola ed attiva coi ricci che spuntano sotto un cappello gitano”, che appare più come una musa della poetica che come una donna forte. Come attestano le fotografie dell’epoca, Hosmer era piccola con i capelli ricci e scuri, occhi luminosi e sempre vestita con abiti maschili inusuali. Una visita allo studio di Hosmer, una stanza alta piena di sculture ed illuminata da un lucernario, era di rigore per i turisti americani ed inglesi che visitavano Roma. Dettagliatamente Mitchell ricorda il viaggio per vedere l’artista: “Ho chiamato Hosmer nel suo studio oggi. Lei è balzata dalla sedia in cui era seduta e mi ha dato un piacevole benvenuto. Aveva i capelli corti come un ragazzo, con i ricci dietro le orecchie, indossava una giacca marrone stretta come se fosse un maschio, con bottoni da ragazzo e fornita di tasche maschili. Da l’impressione di essere estremamente giovane ed è bella e fresca, ma mi hanno colpito subito le sue maniere brusche – è una bellezza sprecata... Lei incrociava le gambe e batteva le mani sulle ginocchia quando parlava ed occasionalmente usava frasi poco eleganti. Insieme abbiamo parlato piacevolmente ma allo stesso tempo un po’ di femminile timidezza l’avrebbe resa più amabile. Hosmer descrisse il processo di scultura a Mitchell e le mostrò il suo Puck, l’allegra scultura di marmo in stile neoclassico che ha fatto di Hosmer un’artista supportata. Basato sul carattere del Sogno di una notte d’estate di Shakespeare, l’alato, riccio e biricchino Puck seduto con le gambe incrociate su di un fungo velenoso, tiene uno scarabeo che sta per lanciare. Maria era divertita dalla scultura che definì “tutta divertente ed allegra.” Vide anche il disegno di Hosmer per una fontana, un monumento ad una giovane donna, una Beatrice Cenci reclinata e disegnata per una rappresentazione di bassa prospettiva dell’alzarsi. Hosmer condivise con Mitchell il suo parere su di una scultura che stava disegnando chiamata Zenobia – Una statua di marmo di sette piedi della Regina di Palmyra, una famosa guerriera, intellettuale e protettrice delle arti. Mitchell rimase impressionata dallo studio profondo di Hosmer sul soggetto, per poter rappresentarne 96 il giusto aspetto, il costume e le caratteristiche del viso della regina. In seguito Mitchell spiegò, “Se Hosmer avesse sentito che in una sacrestia di una certa cattedrale a mille miglia giacevano i vestiti delle regine orientali, avrebbe montato il suo cavallo e cavalcato fino quel posto, per poter imparare la lezione che avrebbero potuto insegnare.” Dopo aver parlato un po’ con Hosmer, Mitchell trovò ammirazione per il talento dell’artista e lo spirito indipendente. Concluse che Hosmer “fa battute misere, è un po’ rude, abbastanza eccentrica, ma è sempre vera.” Fu molto impressionata anche quando Hosmer offrì assistenza ad una giovane artista che era stata evitata dalle altre artiste americane a Roma. Mitchell scrisse nel suo diario, “Gli artisti che ho visto dicevano che la signorina Hosmer non potesse classificarsi come una scultrice, tra gli uomini, ma lei non è d’accordo con quel giudizio. Dopo essere tornata a casa, Mitchell seguì la carriera di Hosmer ed alcuni anni più tardi, in una lettura agli studenti, descrisse Hosmer come un esempio di donna forte degna di grande ammirazione e con un talento “sopra la media degli artisti.” Come nei viaggi dovunque in America ed all’estero, Maria era affascinata non solo dall’arte e dall’architettura che vide in Italia, ma anche dalle circostanze della vita quotidiana. Raccontò nel suo diario il comportamento sociale, lo stile dell’abbigliamento e le caratteristiche delle differenti classi che lei osservò a Roma. “Dopo la cortesia di tutte le classi nelle strade di Parigi, le maniere degli italiani non mi sono piaciute”, scrisse. La maggior parte dei mendicanti, dei poveri e disoccupati di Roma disturbarono Mitchell. Scrisse in privato sul suo diario “Dopo i cappelli costosi delle donne francesi, che non indossavano cuffie, il grossolano ed aggrovigliato blocco di italiani della stessa classe erano particolarmente disgustosi. I berretti non erano tollerati a Parigi... a Roma gran parte della popolazione li indossa e ad eccezione degli uomini a lavoro. Ho contato trenta uomini robusti sugli scalini condursi alla collina del Pincio, durante una giornata di sole, proponendosi come gli schiavi del sud, crogiolando per il calore. Quando teneva una conferenza sul suo viaggio a Roma gli anni seguenti, Mitchell non ripeté mai quei commenti, piuttosto dava una visione più lusinghiera, suggerendo, “A Roma la familiarità che le persone comuni hanno nel mostrare arte è stupefacente.” 97 Riguardo gli alloggi a Roma, Mitchell scoprì che in molti casi gli edifici erano tanto fragili che una clausola che proibisse di ballare dovrebbe essere inclusa nel contratto d’affitto. Mitchell annotò con umorismo sul diario, “Quando sono entrata la prima volta nel mio alloggio, ho pensato ci fosse stata una scossa di terremoto, ma ho capito che era solo la piccola padrona di casa che veniva verso di me.” Fu sorpresa di vedere che in Italia “Ogni cosa si fa fuori casa più che a Parigi. In una delle strade principali ho visto un uomo riempire il materasso del letto con della paglia.... Un’altra volta ho visto un uomo seduto sul ciglio della strada che spennava una gallina.” Un giorno Mitchell capitò in un negozio di cammeo e mosaico dove osservò affascinata l’artigiano al lavoro. Dopo, scrisse sul diario, “Casualmente ho visto quelli che fanno i mosaici, i tagliatori dei cammei e quelli che cucinavano i maccheroni mentre compivano il loro lavoro.” Potrebbe essere stato a quel negozio di cammeo che Mitchell commissionò il bel guscio, intagliato con un ritratto della madre che si riportò come regalo. Normalmente timida e riservata, Mitchell dovette imparare ad essere forte con i proprietari dei negozi italiani e negoziare per il prezzo. Spiegò nel diario, “In Italia si aspettano che lo abbatti. Nessuno pone il prezzo sugli articoli – ti propongono il prezzo che potresti pagare e tu proponi quello a cui lo vuoi. Mitchell ammise di non essere molto brava a mercanteggiare. Raccontò che in un’occasione lei “offrì 10 centesimi per un cesto per cui loro ne chiedevano 20, che probabilmente ne valeva 5.” All’ inizio di febbraio, nonostante il clima freddo e piovoso, le strade di Roma erano affollate con la baldoria del carnevale, che inizia con l’inizio dell’anno e continua fino alla quaresima. Mitchell e Shepard affrontarono la cosa ed andarono a passeggiare per guardare la preparazione. Shepard raccontò, “Vedemmo poche carrozze andare rapidamente per le strade, portando persone mascherate.... Tutti i balconi del Corso erano addobbati di rosso e bianco e riempiti apparentemente in prevalenza da americani ed inglesi.... Abbiamo visto le persone sui balconi lanciare bon bon all’altra parte della strada, agli opposti. Spesso battevano sul pavimento e... ragazzini italiani lottavano per loro.... Uomini anziani pittoreschi e donne che infastidivano con le loro giganti ceste in testa di mazzolini che di continuo cercavano 98 di vendere in saldo. Le persone gettavano i mazzolini furiosamente nel periodo del carnevale, come anche i confetti.” Lo stesso giorno Mitchell e Shepard visitarono lo studio di Louisa Lander, un’artista amica di Hawthorne. Nata a Salem nel Massachusetts, Lander si trasferì a Roma a metà del 1850 e divenne una studente di Thomas Crawford, il primo americano a vivere a Roma ed a creare sculture in marmo in stile neoclassico. Lander in seguito aprì uno studio proprio che Mitchell e Shepard visitarono spesso. Sembra che Mitchell e Lander diventarono amiche e diverse volte furono chiamate entrambi dagli Hawthorne alla sera. Lo studio di Lander fu descritto da Hawthorne come “largo, alto e cupo per la necessità di un tappeto, di mobili e qualunque cosa non era creta ed intonaco.” Quando descrisse la sua visita Mitchell raccontò, “La signorina Lander è più grande della signorina Hosmer e non piacevole all’apparenza e per le sue maniere, ma il suo lavoro mi è piaciuto molto... perché c’era l’espressione nei visi.” Lander stava finendo una scultura di marmo di tre piedi di Virginia Dare – la prima bambina di origine inglese nata in America, che secondo la leggenda fu rapita ed allevata dagli indiani. Lander l’aveva adornata di perline sulle braccia nude e sul collo. L’unico vestito che aveva era un nailon gettato intorno a lei. Mitchell non ne fu scioccata, ma osservò semplicemente che “la figura era bella.” Usando la creta del fiume del Tibet, Lander fu chiamata a modellare altre figure classiche e letterarie, inclusa la statua dell’Evangeline – la tragica eroina del poema di Longfellow. In questa scultura Mitchell trovò “una buona espressione della stanchezza.” Lander invitò Nathaniel Hawthorne a posare per un busto che accettò con onore. Mitchell e Shepard occasionalmente visitavano il suo studio per vedere il progresso del ritratto ed una sera invitarono l’artista ad una piccola festa. Dopo una visita Mitchell scrisse sul diario, “La signorina Lander pensa che per modellare la faccia del signor Hawthorne debba prima disegnarla – così dove lui ha perso i denti lei riempirebbe un po’ le guance. Non ho capito perché lo farebbe così se quello che vuole è un ritratto.” Pochi giorni dopo, Mitchell e Shepard furono compiaciute del busto quasi terminato. Shepard commentò, “Il signor Hawthorne è un uomo splendido dall’aspetto simile a quello di un vecchio senatore romano. Lei ha rappresentato perfettamente la sua immagine.” Il busto di marmo di Hawthorne fatto 99 da Lander può essere visto oggi alla Concord Free Library di Condord, nel Massachusetts. Il giorno seguente Maria fece “un buon affare,” affittò una finestra con balcone sul Corso – uno dei viali principali nel cuore di Roma – ed invitò Shepard e Una Hawthorne a raggiungerla per vedere le attività del carnevale. Le vie che conducevano al Corso erano come “un letto di fiori,” ricordò Mitchell. Il suo balcone, come gli altri, era decorato con drappeggi scarlatti, blu e bianchi con frange e lacci dorati. Gli arlecchini in costumi sgargianti si mescolavano tra la folla e le carrozze che trasportavano persone con costumi fantastici assomigliavano a dei bouquet enormi. Guardando alla festa Mitchell commentò, “Il buon carattere dell’intera massa di persone è veramente meraviglioso.” Durante il secondo giorno dell’affitto del balcone, il trio entrò più nello spirito dell’evento. Shepard raccontò, “Specialmente Una e la signorina Mitchell entrarono nello spirito con grande entusiasmo e colpivano furiosamente le persone nelle carrozze con i confetti ed i mazzetti. Io l’ho fatto per un po’, ma solo per far felice la signorina Mitchell.... Lasciai Una e la Mitchell a raccogliere i mazzetti ed i bon bon che erano stati lanciati alla nostra finestra.” Contrariamente a cosa descrisse Shepard, Mitchell scrisse sul diario che lei aveva solo preso parte al lancio dei mazzetti, “in parte per capire cosa fosse e poi per indurre le due belle ragazze che erano con me a partecipare all’evento e ricevere dei mazzi.” Il trio ne ricevette molti, oltre ai zuccherini ed erano talvolta ricoperte da piogge di confetti. Uno dei momenti più importanti del carnevale è la corsa dei cavalli, un evento svolto di sera. Con un rullo di tamburi, le carrozze si ritiravano ed i soldati pulivano la strada per i cavalli senza fantini che venivano forzati a correre lungo le strade, colpiti da palle e piatti di metallo ricoperti di spuntoni. Maria osservò la cosa con angoscia. Raccontò sul diario che, “non avevo mai visto tanto orrore.... I cavalli erano senza fantino, colpiti con piccole sbarre di ferro.... e si lanciavano selvaggiamente lungo le strade, visibilmente frenetici per la paura. Fu terribile vederli.” Verso gli ultimi giorni del carnevale, quando il tempo finalmente tornò luminoso e bello, Mitchell chiese a Shepard di andare a fare una camminata e visitare lo studio dello scultore americano Joseph Mozier. Nativo di Burlington nel Vermont, 100 studiò la scultura a Firenze nel tardo 1840 prima di trasferirsi a Roma. Come molti scultori americani a Roma, Mozier fu attratto dalle fonti letterarie per i suoi soggetti. Quando Maria lo visitò lui stava lavorando su una figura femminile prevalentemente nuda in creta inspirata dal poema The Indian Girl Lament di William Cullen Bryant. Mitchell scrisse nel diario, “E’ di creta proveniente dagli Stati Uniti, di un ricco color cioccolato, molto bella ed il drappeggio della coperta indiana sembra quasi seta.” Come ogni nuova esperienza in Europa, Mitchell fece delle visite agli studi un’attività educativa. Scoprì, per esempio, che la ragione per cui molti scultori americani venivano a Roma era che lo stimato marmo italiano era più accessibile, la disponibilità di lavoratori italiani addestrati nell’intagliatura della scultura, e l’opportunità di avere una prospettiva di clienti tra i molti turisti che soggiornavano nella città cosmopolita. Lei fu esposta in quegli studi a quella che era considerata la scuola di scultura americana. Oltre agli studi, le rovine erano parte del giro cittadino quotidiano o settimanale di Mitchell. Per ciò che concerne il palazzo di Cesare sul Colle Palatino, Mitchell scrisse: “Ci si scorda completamente della sua storia nella piacevole passeggiata in mezzo ai suoi archi pittoreschi, ricoperti da erbacce ed arbusti... e riempito da gusci. Era un giorno assolato e noi stavamo vagabondando senza cognizione del tempo, prendendo pezzi del pavimento, cogliendo l’edera dalla parete di mattoni e prendendo una pausa nell’ammirare il profilo annebbiato dei Colli Albani e il pendio innevato della Sabina. Per Mitchell il tempio di Vesta – una piccola costruzione circolare con colonne corinzie che includeva una cella cilindrica di un blocco di marmo bianco – era assolutamente una gemma. Visitò il tempio pagano dedicato al dio sole, una volta da sola con la sua guida Murray in mano ed una volta con Shepard. Mentre ci stava andando da sola, non si sentì a suo agio con le gomitate della folla della classi basse lungo una “disgraziata corsia italiana (stretta, scura e sporca). La compagna principale di Mitchell a Roma continuò ad essere Ada Shepard. In una lettera al fidanzato la giovane ragazza spiegò, “Stiamo molto tempo insieme e nonostante lei è diciassette anni più grande di me, sembra tanto giovane per il suo spirito quando lo sono i miei amici coetanei. E’ anche l’unica conoscenza che ho a Roma, a parte gli Hawthorne.” L’affetto che Shepard provava per Mitchell è andato 101 sempre crescendo dal primo incontro a gennaio. Nel tardo febbraio lei scrisse a casa, “Vi ho detto quanto mi piace la signorina Mitchell?... Lei è molto socievole ed ha un genuino amore per la natura, per ogni tipo di bellezza e, soprattutto, per il fatto che mi piace e l’ammiro veramente.” Shepard era particolarmente attratta dalla franchezza di Mitchell. Andò nella stanza di Mitchell una mattina, mentre Maria aveva appena ricevuto delle lettere che non aveva finito di leggere. Shepard spiegò, “Dopo esserci cordialmente salutate, lei disse ‘Ora voglio che torni a casa perché io devo leggere le mie lettere.’ Le dissi che mi era piaciuta ancora di più per avermi mandata a casa... perché quello dimostrò tanta sicurezza in quell’amicizia da escludere la possibilità che potessi sentirmi offesa da un discorso così chiaro.” Oltre agli studi degli artisti, anche le molte gallerie e palazzi attraevano Mitchell. In ogni posto lei scelse di concentrare il suo studio sui dipinti che le interessavano di più. Alla Pinacoteca, nel Vaticano, fu meravigliata dal realismo della celebrazione della Trasfigurazione di Raffaello. Mitchell scrisse sul suo diario che quel dipinto l’aveva “colpita” subito – non per la testa del Cristo, ma per le ombreggiature sui visi di quelli inginocchiati intorno. “Mi sembrava di sentire la voglia di cercare la luce abbagliante e di voler mettermi le mani davanti al viso.” A volte Sophia Hawthorne accompagnava Mitchell nei suoi giri ai palazzi. Insieme visitarono lo splendido Palazzo Doria, con le sue quindici grandi sale piene di famosi dipinti e di statue. Un altro giorno, nonostante un forte vento, si avventurarono fuori per affrontare la vasta e impressionante collezione del Palazzo Borghese, dove Mitchell e Hawthorne furono completamente rapite dal dipinto Trasporto del Cristo Morto di Raffaello. Mitchell in seguito esclamò nel suo diario, “Mi sorprendo che ognuno può abbandonarsi a guardare la grandezza di Raffaello,” e Sophia ugualmente commentò tra le sue note, “Ho sentito la preminenza di Raffaello per la prima volta oggi. Bellezza, forza, grazia, espressione, colore, tutti erano eccellenti.” Quando Mitchell seppe che ci sarebbe dovuta essere un’eclisse di sole il 15 di marzo, pianificò di vederla dall’osservatorio papale dell’ Università di Roma. Situato nella torre a est del Palazzo Senatorio, l’osservatorio e gli strumenti erano sotto la direzione del professor Ignazio Calandrelli. Mitchell descrisse il professore nel suo diario come un “uomo benevolo ed apparentemente anziano” ed “un uomo di cultura.” Trovò anche che “Con il suo berretto da osservazione di velluto nero, le 102 fibbie delle scarpe chiare e la sua bella scatola di tabacco in mano, appariva molto pittoresco.” Calandrelli non parlava inglese, così per comunicare parlavano entrambi un pessimo francese. Il professore aveva posizionato tre telescopi su una terrazza per l’eclissi, ma il cielo era troppo nuvoloso e così tutto quello che Mitchell poté fare fu gustarsi la magnifica visione dei colli Albani e della Sabina. Mitchell fece un giro dell’osservatorio e scoprì che la “gloria del piccolo osservatorio era il suo strumento meridiano, uno strumento bello del Santo Padre.” Siccome poté visitare altri aspetti astronomici con delle facilitazioni, con cura prese note dettagliate degli strumenti che vide, incluso il circolo meridiano fatto in Germania. Quando fu presentata ad un gruppo di studenti di Calandrelli, Mitchell prese nota del rapporto che il direttore aveva con loro. “La tranquillità tra il professore e gli scolari mi è piaciuta, risero parecchio insieme scambiandosi battute spiritose,” sottolineò nel suo diario. Quando Mitchell divenne una professoressa di astronomia meno di dieci anni dopo, sviluppò una simile relazione serena con i suoi studenti. Durante un’altra visita all’osservatorio Mitchell osservò la luna e Giove attraverso il vetro e nella luce fioca della luna crescente si poté compiacere alla vista del Foro Romano sotto di loro. Sentendosi un po’ nostalgica e desiderando che i suoi cari fossero con lei per vedere quel panorama straordinario, successivamente spiegò nel suo diario, “Non posso percepire le glorie dell’antica Roma... Ho guardato i magnifici pilastri del Tempio di Saturno e mi sono sentita effettivamente in una terra straniera a molte miglia da casa. Una bella e calda serata, Mitchell, Shepard, Una e Julian Hawthorne visitarono vari siti storici di Roma. La loro guida fu l’artista Paul Akers, al quale Mitchell e Shepard si affezionarono in modo crescente. Il gruppo trovò che ogni cosa sembrava più grande al chiaro di luna che alla luce del giorno. La loro ultima destinazione quella notte fu il Colosseo. George Stillman Hillard, di cui Mitchell lesse il libro Six Months in Italy durante il suo soggiorno, avvertiva i suoi lettori che il Colosseo, la rovina più famosa e più misteriosa di Roma, si vedeva meglio al chiaro di luna. Shepard descrisse la serata in una lettera: “Alla fine la magnifica rovina del Colosseo catturò l’intera visione. Ci siamo avvicinati in silenziosa reverenza. Fino ad allora i bambini... stavano parlando allegramente con la signorina 103 Mitchell, con il signor Akers e con me. Ma come abbiamo realizzato che la più grande di tutte le rovine, era di gran lunga più grande sotto quella luce che in quella del giorno, involontariamente abbiamo preso una pausa nel parlare e senza respiro e in ammirazione ci siamo avvicinati ad esso.” Dopo aver visitato le rovine un’altra sera Mitchell scrisse nel diario, “ La scorsa notte sono andata a vedere la luna quasi piena sul Colosseo ed è stato solo nel grigio del chiaro di luna che ho realizzato che sono proprio in una città antica. La luce fioca richiamava tutte le incisioni che avevo sempre visto e ho dimenticato la volgarità della Roma moderna.... Attraverso gli archi le stelle luccicano debolmente e le luci della città splendono e le altre vecchie rovine formano un bel panorama distante.” Mitchell era un po’ nervosa perché erano solo in tre. Scrisse, “Avevo brividi di freddo all’idea che gli spettri di chi era morto in quel arena potessero rivisitarlo ancora... E lo stridere dei gufi è un suono solitario anche quando uno è in buona compagnia.” Dopo lunghe giornate di visite, Mitchell e Shepard diventarono amiche intime e discussero su tutto, dai libri all’amore romantico. Durante una di quelle discussioni Mitchell confidò di non essersi mai innamorata di un uomo. Shepard raccontò, “Ieri sera sono stata dalla signorina Mitchell ed abbiamo avuto una lunga conversazione. Lei ama sentirmi parlare di te, caro Clay, e mi capisce tanto bene quanto una che non si è mai innamorata, nei confronti di una la cui intera vita è concentrata nell’amore. Disse di non aver mai percepito quel forte sentimento che è l’amore che una donna prova per un uomo. Penso che a questo punto avrà un’esperienza notevole, dati i suoi trentanove anni.” Mitchell non tentò di avvisare Shepard della relazione con Cray Badger, ma cercò di proteggerla da cosa lei ritenesse essere una situazione impropria con quegli uomini che Shepard incontrò durante in viaggio. Chiaramente affettuosa con Shepard, Maria promise di scrivere a Clay ed invitare la giovane coppia a visitare la famiglia Mitchell a Nantucket durante il loro viaggio di nozze. Alla fine di marzo le cerimonie per la Settimana Santa a Roma iniziarono e l’intera città è fu addobbata per la festa. Come Mitchell notò, perfino il droghiere appese fila di rami di corone d’alloro ai lati dei balconi attaccati al soffitto e mise luci e mazzi di fiori sugli scaffali macchiati di grasso. Mitchell soventemente accompagnata da Shepard e dagli Hawthorne, partecipò a tutte le messe tenute nella basilica di San Pietro quella settimana. Iniziarono la domenica delle palme quando – 104 alle sette di mattina – Mitchell raggiunse Shepard, Shopia e Una Hawthorne in una carrozza per dirigersi a San Pietro. Come era di consuetudine, le donne erano vestite in nero dalla testa ai piedi, con veli bianchi a coprire le loro teste. L’intero evento – i canti e le suonate, gli elaborati cortei di cardinali, vescovi, arcivescovi, soldati, il papa che benediva le palme e le persone e le folle di inglesi, americani, italiani in attesa – fecero una forte impressione su Mitchell. Comunque trovò qualcosa di cui lamentarsi: rimase scioccata dal fatto che durante quella che sarebbe dovuta essere una processione solenne alcune persone chiacchieravano, leggevano e addirittura mangiavano. Durante la domenica di Pasqua Mitchell si faceva posto attraverso le strade affollate per andare al Vaticano, con i suoi due enormi colonnati appena fuori da San Pietro. Create da Bellini a metà del diciassettesimo secolo, è dove tradizionalmente il papa da la benedizione di Pasqua. Le strade che portavano alla piazza erano tanto affollate che a volte i piedi ed il traffico dei cavalli si dovevano fermare. Dopo essere passata rapidamente avanti o indietro alle entrate che sembravano dei fienili, per proteggersi dai cavalli indisciplinati, arrivò al colonnato riempito da una “folla di tutte le nazioni” e si sedette su una panca per vedere meglio il papa al balcone “fatta a perfezione per lui.” Quando il papa alzò la mano per benedire la folla, tutti si sono inginocchiati all’unisono. La sera della grande illuminazione di San Pietro Mitchell prese una sedia sotto ad un pilastro del colonnato. “Nessuna descrizione, nessuna rappresentazione può descrivere l’illuminazione di San Pietro – delle prime luci, dirette in linee orizzontali e perpendicolari nello spazio immenso,” scrisse sul diario. Dopo l’illuminazione iniziale, Mitchell si affrettava a mettersi elevata da Piazza Barberini per avere un pieno effetto. Da qui Mitchell scrisse, “San Pietro sembra abbracciare come una bella bagattella contro il cielo – come se il diadema del papa riccamente ingioiellato fosse innalzato davanti ad un mondo in culto.” La settimana della Pasqua terminò con i fuochi d’artificio fatti esplodere dal Pincio e Maria si unì alla folla formatasi a Piazza del Popolo per guardare. Descrisse l’evento come “una demoniaca creazione di fuoco... gettati intorno all’impazzata” che la fece tremare dallo spavento. Tra le persone famose che Mitchell incontrò a Roma c’era la scrittrice e suffragista svedese Fredrika Bremer, il cui libro di viaggi The Homes of the 105 NewWorld Mitchell lesse durante la sua gita nel sud degli Stati Uniti. Avendo sentito che Bremer la voleva incontrare, Mitchell chiamò l’autrice nel suo appartamento in una grande e vecchia costruzione vicino la Rupe Tarpèa. Gli alloggi di Bremer, che avevano una bella vista sulla campagna e su San Pietro, furono descritti da Nathaniel Hawthorne come il “più piccolo ed umile domicilio di Roma, largo abbastanza da comprendere il suo piccolo letto, il tavolo da tè ed un tavolino coperto di libri – una fotografia delle rovine di Roma – ed alcune pagine scritte da lei.” Mitchell definì Bremer come “una donna minuta e pulita, vestita di nero e con un cappello di mussola bianca ed una fascia in testa.... Non capivo perché fosse ritenuta tanto insignificante – Non percepii mai che il suo naso fosse tanto grosso.” La scrittrice sembrò tranquilla e sincera a Maria e le due “chiacchierarono per un bel pezzo” sull’astronomia ed altri argomenti. Bremer si complimentò con Maria per il suo “buon occhio”, che incitò Mitchell a scrivere sul suo diario, “Era da tanto che qualcuno non me lo diceva!” Era un’emozione per Mitchell essere a Roma, non solo per le persone affascinanti che incontrò, l’architettura storica ed i capolavori dell’arte studiati, ma ancora più per le associazioni della città sulla scienza e sulla storia. Come scrisse in maniera succinta nelle sue note di viaggio: “Questa è la terra di Galileo.” Alcuni anni successivi spiegò, “Io so che non ci sono foto più tristi nella storia della scienza di quelle del vecchio Galileo, consumato da una vita di ricerca scientifica, debole e fiacco, tremolante davanti a quel tribunale... e dichiarando di dire il falso, sapeva di affermare il vero. E so che non ci sono foto così debolmente deplorevoli nella storia della religione di quelle della Santa Chiesa tremante davanti a Galileo che lo denunciava per aver trovato nel libro della natura, delle verità non affermate nel loro Libro di Dio – dimenticando che il libro della natura è anche quello di Dio.” Mitchell trovò ironico che duecento anni dopo l’osservatorio papale del Collegio Romano fu costruito all’angolo della chiesa di Santa Maria Sopra Minerva, dove Galileo fu processato per eresia. Anche se Maria era contenta di continuare ad andare in giro per le rovine e gli studi degli artisti, programmò di fare uno sforzo serio: visitare l’osservatorio papale o pontificale. Situato sul tetto della chiesa di San Ignazio ed attaccato al Collegio Romano, l’osservatorio era celebre in Europa per le scoperte dei suoi direttori, padre 106 P. Angelo Secchi, che dedicò molto del suo tempo nello studio del sole. L’osservatorio servì come contatore giornaliero delle ore di lavori a Roma, ogni giorno una palla era lasciata cadere giù da un’asta eretta sul soffitto della chiesa vicina, seguita da uno sparo di cannone dalla Fortezza di Castel S. Angelo. Mitchell scrisse una lettera di introduzione a padre Secchi, che le rispose chiamandola al suo alloggio. Durante il loro primo incontro, Secchi condivise con lei i suoi interessi per le fotografie celestiali, mostrandole dei negativi del pianeta Saturno. Commentò nel suo diario che anche se le immagini erano di mezzo pollice di grandezza, gli anelli di Saturno “erano belli evidenti.” Mitchell fu colpita da cosa successe di seguito, padre Secchi rifiutò la sua richiesta di visitare l’osservatorio papale per la sua locazione fra il Collegio Romano ed i frati gesuiti. Spiegò nel suo diario, “Ero abbastanza ignorante per gli strumenti papali ed effettivamente di tutta l’Italia per aver chiesto di visitare l’osservatorio romano. Mi sono ricordata che i giorni di Galileo erano giorni passati da due secoli. Non sapevo che i miei piedi eretici non potevano entrare nel santuario – i miei vestiti da donna non potevano fregare le sedie della cultura. Il rifiuto del padre fu visto prima nel suo viso! Ed io mi sono sentita come se avessi fatto qualcosa di fortemente improprio!” All’inizio solo pacatamente desiderosa di visitare l’osservatorio, dopo il rifiuto Mitchell fu caparbiamente ed intensamente ansiosa di vederlo. Fu una magra consolazione scoprire che Mary Somerville – una delle donna di maggior cultura in Europa ed una figlia dell’astronomo John Herschel, ebbero anche loro negato l’accesso. Niente era perduto. Padre Secchi le spiegò che avrebbe potuto avere un’udienza con il cardinale Antonelli al Vaticano per ottenere il permesso di vedere l’osservatorio. A questo Mitchell rispose, “Non è neanche pensabile! Chiedere un colloquio con il cardinale più astuto.” L’esitazione di Mitchell non era inaspettata. Il cardinale Antonelli, il segretario di stato del papa, era stato descritto da un osservatore come uno che aveva “la faccia più maligna al mondo” ed era conosciuto per gettare “occhiate scintillanti, terribili ed oblique sulle persone.” Mitchell spiegò cosa provava in quella situazione in una lettera al padre: “Mi sto impegnando per ottenere l’autorizzazione a vedere l’osservatorio, ma questo non è possibile senza un permesso speciale del papa, ed io non voglio essergli ‘presentata.’ Se posso avere il 107 permesso senza la falsità di indossare un velo nero e di ricevere una benedizione da Pio, sarebbe meglio, io indietreggio di fronte alla formalità della presentazione.” John Henry Alexander, uno scienziato americano che era stato a Roma per cercare gli antichi manufatti, cercò d’intervenire per conto di Mitchell e chiedere a Secchi perché lei non potesse visitare l’osservatorio. Padre Secchi gli disse che era assolutamente impossibile che una donna potesse entrare senza il permesso del “Supremo Pontefice.” Alexander chiese “se l’obiezione fosse per il sesso o per la sottoveste” e Secchi gli disse che era per la seconda motivazione perché non c’era una “giuria di signore anziane.” Quando Alexander vide Mitchell di nuovo le disse di averle risolto la difficoltà, l’avrebbe “vestita in abito maschile” e l’avrebbe portata lui stesso all’università. Come si sarebbe aspettato, Mitchell fu colpita dal suo suggerimento. Alexander scrisse ad un amico, “Avessi visto lo sguardo d’indescrivibile sgomento quando ascoltò la mia proposta: è una creatura semplice e l’idea di una cosa così non femminile la lasciò muta per un po’. Quando recuperò la parola disse che per lei era piuttosto no, se per me era lo stesso.” Resa imperterrita da tutti gli ostacoli che dovette fronteggiare, Mitchell andò avanti attraverso tutta la burocrazia necessaria, finché non ricevette il permesso che desiderava. Quando finalmente ebbe un documento formale scritto in italiano e firmato dal cardinale Antonelli, Ada Shepard gliela tradusse. Le direttive erano di incontrare padre Secchi alla chiesa di San Ignazio prima di sera, esattamente un’ora e mezza prima del suono delle campane dell’Angelus. La bella giornata successiva, all’ora dell’appuntamento, Mitchell e Shepard partirono per la loro missione. Padre Secchi aspettò Mitchell dietro ad una colonna nella chiesa. Quando vide che un’altra donna la accompagnava, si rifiutò di far entrare anche Shepard. “No, il Santo Padre ha dato il permesso ad una soltanto,” disse padre Secchi a Mitchell. E così, come Mitchell in seguito spiegò nel suo diario, “entrai da sola nelle mura monastiche!” Dopo averla condotta attraverso gli atri lunghi e scuri e le scale della chiesa, del monastero e la libreria astronomica, occasionalmente passavano gli studenti o i preti che ti toccavano i larghi cappelli in segno di riconoscimento, Mitchell finalmente arrivò alla cupola – un posto dove nessuna altra donna era mai entrata. Immediatamente esaminò tutto quello che era davanti ai suoi occhi. San Ignazio era un vecchio edificio romano e poté vedere che le scale che conducevano 108 all’osservatorio erano state scavate in un muro romano. Osservò anche che padre Secchi non aveva compiti prescritti, così poteva “cogliere le stelle come coglieva pezzi di mosaico dai fori romani.” A Mitchell fu permesso di vedere dal grande telescopio ed osservò il pianeta Venere, Giove e Saturno, così come la luna. Dopo questa esperienza scrisse nel diario, “L’Italia dovrebbe essere il paradiso degli astronomi – certamente non ho visto mai le cose così bene – la purezza dell’aria dovrebbe essere superiore alle altre.” Mitchell voleva stare finché faceva buio per osservare le nebulose, ma padre Secchi la informò che il suo permesso di visitare l’osservatorio romano non si estendevano oltre la luce del giorno. Mitchell spiegò, “Mi accompagnò alla porta, mi informò che sarei dovuta tornare a casa da sola, aggiungendo ‘noi viviamo in un paese civilizzato.’ Non gli ho espresso i dubbi che affioravano nei miei pensieri.” Quando che le campane dell’Angelus suonarono un’ora e mezza dopo il tramonto, Mitchell stava sulla strada di casa. Nonostante le sue apprensioni riguardo l’ammissione di Mitchell al sacro osservatorio papale, padre Secchi le dette un regalo di congedo: un copia delle ‘Memorie Dell’ Osservatorio Del Collegio Romano, 1852-55,’” scritte da Secchi in persona. In una delle sue gite in solitario intorno alla città Maria incontrò per caso Sophia e Nathaniel Hawthorne nella galleria di Palazzo Barberini. Sophia raramente menzionò dei nomi durante la gita romana, preferendo invece scrivere gli illustri titoli dei tesori dell’arte che lei aveva “molto desiderato vedere,” però fece un’annotazione speciale di Mitchell (riferendosi a lei come “la signorina M.”) diverse volte, incluso il giorno che si incontrarono a Barberini. Insieme Sophia, Maria e Nathaniel ammirarono uno dei dipinti più famosi in mostra a Roma: Beatrice Cenci, un ritratto di una giovane donna tragica alla vigilia dell’esecuzione (era rimproverata di aver preso parte al complotto per l’uccisione del padre vizioso). Attribuita al pittore italiano del barocco Guido Reni, il dipinto era stato copiato da diversi artisti ed era in vendita come stampa nelle gallerie di tutta la città. Mitchell e gli Hawthorne furono profondamente impressionate dalla bellezza e dall’emozione del dipinto e furono inspirati a scrivere le loro impressioni sui loro diari. Sophia, alla fine, entusiasmata per aver visto quel capolavoro, scrisse che “l’infinita desolazione” ed il “dolore incomprensibile” che sentiva Beatrice era “reso evidente dalla 109 caratteristica bellezza perfetta” dall’artista. Mitchell scrisse, “Sentii che lei è l’eroina della tragedia ed ancora la protagonista di una storia fortemente realistica.” Nathaniel spiegò, “E’ il dipinto più triste che sia mai stato fatto... C’è un oscura profondità e del dolore negli occhi.. E’ infinitamente pietoso incontrare i suoi occhi e sentire che niente può essere fatto per aiutarla e confortarla. Dopo aver visitato il palazzo, Sophia suggerì a Mitchell di unirsi a loro per il Palazzo Rospigliosi per vedere l’Aurora il capolavoro di Guido Reni conosciuto in tutto il mondo. Sulla loro strada passarono davanti la casa dove lo scrittore Milton abitò mentre era a Roma, come salirono sulla collina capitolina notarono le colonne massicce delle sagome delle rovine del tempio di Castore e Polluce, in contrasto al profondo blu del cielo romano. Mentre Sophia chiedeva informazioni sul palazzo, Maria e Nathaniel esploravono i resti di pietre alterate del tempio dedicato ai due figli di Giove. Una volta al Rospigliosi, Sophia, Nathaniel e Maria dedicarono parecchio tempo a visitare l’Aurora, un affresco dipinto sul soffitto di una camera larga del piano terra. Mandati in estasi dalla bellezza del lavoro e dai colori lucenti, tutti e tre furono ispirati ad una successiva lunga descrizione del dipinto nei loro diari. Erano tutti d’accordo, come specificò Nathaniel, che l’immagine era “così fresca e brillante” come se l’artista l’avesse dipinta lo stesso giorno. Più tempo Mitchell passava con gli Hawthorne e più era interessata a loro, specialmente all’affascinante e noto autore dai capelli scuri. Annotò nel suo diario le tante sfaccettature della personalità di Nathaniel Hawthorne e del suo stile di vita, come erano visti da lei. “Trovo il signor Hawthorne molto taciturno. Nelle sue poche parole, comunque, esprime molto,” scrisse un giorno. Ed ancora, lo trovò “minutamente e scrupolosamente onesto.” Lei raccontò la volta quando sei di loro stavano cenando una sera e quando lei andò a pagare i conto, Hawthorne disse ad Ada Shepard, “Non far pagare alla signorina Mitchell [che si è astenuta dal bere] il brandy.” In generale, Mitchell pensava che Hawthorne fosse ammalato. Non ne capì mai la ragione, però notava che non era psicologicamente attivo e rimase senza respiro salendo i cinque piani del suo alloggio. Quando usciva per una camminata, Mitchell notava che portava sempre con se la figlia Rose di cinque anni, soffiando al sigaro e assorto nei suoi propri discorsi, andava con sua figlia al Pincio soprattutto la 110 domenica pomeriggio. Mitchell riteneva anche che Nathaniel Hawthorne fosse un uomo triste, sebbene non potesse ancora spiegare il perché e provò invano di capire il suo punto di vista religioso. Mitchell amava i suoi “piccoli commenti satirici,” come quando le disse che il mazzolino di viole che aveva comprato per la piccola Rose Hawthorne con un foglio bianco seghettato avvolto intorno, sembravano come se avessero un increspatura arruffata. Mitchell fu sorpresa di scoprire in seguito che Nathaniel Hawthorne fece dei commenti personali severi sul suo diario. “Da tre mesi che lo conosco, non ho sentito dire una parola scortese, - era sempre cortese, gentile e solitario,” spiegò Maria nel suo diario. Vide che gli Hawthorne erano una bella coppia. Sophia Hawthorne, spiegò Maria, era una “moglie orgogliosa del suo Nathaniel per non avere piccoli vizi” e “quasi lo adorava.” E Nathaniel riferì a Maria che non aveva ancora trovato un difetto in sua moglie. A Mitchell Nathaniel Hawthorne sembrò felicissimo quando “era seduto davanti ad un fuoco, con i suoi piedi spinti verso il carbone ed un volume di Thackeray aperto sulle sue ginocchia. Diceva che Thackeray era il più grande novellista mai esistito. Io alle volte sospettavo che il volume di Thackeray era preso come una cosa da mettere in risalto, di cui avrebbe potuto non parlare. Lui era ritirato dalla società – non andò mai ad una festa, ma cavalcava e andava a passeggio.” Alcuni degli sconforti ed il carattere irritabile di Hawthorne poteva essere dovuto al tempo meteorologico durante il giro a Roma. Freddo, piovoso e ventilato era la norma. Shepard riportò che, “Il signor Hawthorne che non è rinomato per persistenza per piccoli obiettivi, borbotta costantemente... all’inclemenza del tempo. Anche se Nathaniel Hawthorne dubitava del tempo, lui si stabiliva in un serio lavoro letterario a Roma, un giorno Sophia andò all’appartamento di Mitchell, tenendo un calamaio da scrittore e annunciò “Il nuovo libro sarà iniziato stasera.” Si stava sicuramente riferendo a quello che divenne la novella The Marble Faun – una fantastica storia romantica collocata a Roma che Hawthorne iniziò ad impostare a la stessa sera. Rose Hawthorne raccontò che a Roma il padre “non era mai sembrato tanto serio” e quando lei camminava per le strade con lui, era “penetrato da un’atmosfera di percezione” e “contemplativo ed assorto come una nuvola.” 111 Successivamente si rese conto che lui era completamente assorto nell’impostazione della storia di The Marbre Faun. Hawthorne, successivamente Sophia spiegò a Mitchell, scriveva il libro nel silenzio della tarda sera, dopo che tutti erano andati a letto. Lei disse a Mitchell che quando suo marito scriveva una storia, non sapeva mai come i caratteri sarebbero stati, piuttosto aspettava che fossero stati loro ad influenzarlo. Quando Mitchell e Sophia ebbero l’occasione di discutere del libro The Blithedale Romance (1852) di Hawthorne, Mitchell chiese se Zenobia era basata sullo scritto di Margaret Fuller, come gli era spesso attribuito. Sophia disse a Mitchell che Nathaniel “ammise che nel carattere di Zenobia lui sentiva la presenza di Margaret Fuller. Lei disse che lui aveva scritto completamente per sua inspirazione.” Dopo aver letto The Marble Faun quando fu pubblicato nel 1860, Mitchell ritrovò alcune caratteristiche familiari tracciate dal suo soggiorno a Roma con gli Hawthorne. Il ritratto di Beatrice Cenci, che Mitchell aveva visto con gli Hawthorne, era una prominente caratteristica del libro. Un bracciale descritto nel libro apparteneva a Ada Shepard. E secondo Mitchell, Hawthorne fu inspirato a scrivere i passaggi successivi dopo averla osservata ricucire un vestito mentre erano a Roma: “Un ago è familiare alle dita di tutte loro. Una regina, senza dubbio, lo maneggia in poche occasioni, la donna poetessa lo può usare così abilmente come usa la penna; gli occhi delle donne, che hanno scoperto una stella, si distolgono dalla gloria per muovere il piccolo strumento luccicante lungo l’orlo del fazzoletto per la testa, o per rammendare una casuale zuffa nel vestito.” Anche un altro passaggio poteva essere una referenza per Mitchell: “Il ricamo è un segno di salute e gentili caratteristiche, quando le donne di alto pensiero e di talento amavano cucire, in particolare non sarebbero state più presenti a casa con i loro cuori di quanto erano occupate in quel modo.” Ci sono diversi esempi nel libro di quando Hawthorne discusse un ruolo della donna nella società, ed anche se non erano direttamente riferiti a Mitchell, sicuro per la conoscenza del suo talento, la sua indipendenza e le sue filosofie influenzarono il suo scritto. Lui descrisse, per esempio, come le artiste di Roma abbiano una “libertà” che non gli è concessa altrove. Lui spiegò che “forse un’indicazione che, ogniqualvolta noi ammettiamo che le donne abbiano una grande capacità d’esercizio 112 e di professione, dovremmo anche rimuovere le restrizioni delle nostre attuali regole convenzionali, che diventerebbero un’insofferente restrizione sulle ragazze e sulle mogli.” Lui stava, forse, ammettendo che una donna compiuta come Mitchell, così come altre donne conosciute nella sua vita, inclusa sua moglie Sophia (un’artista ineccepibile prima di sposarsi) e sua sorella Elizabeth (una professionista letteraria), dovrebbero avere gli stessi diritti e libertà all’interno della società. Inoltre, “Miriam” – un’artista ed una dei personaggi principali di The Marble Faun, esprimeva punti di vista che potevano rappresentare cosa Hawthorne pensava riguardo le donne professioniste nubili come Mitchell: “Quando le donne hanno altri scopi nella vita, non sono adatte ad innamorarsi. Posso pensare a diverse donne, distintesi nell’arte, letteratura e scienza – e molteplici di cui il cuore e la mente trovano buoni impieghi con meno stenti – che conducono vite intense e solitarie e sono consce del non sacrificio tanto lontano quanto l’importanza del loro sesso.” Quando Mitchell si divise dagli Hawthorne il primo Aprile, lei ricevette un dettagliato schizzo a matita di Villa Medici a Roma che Sophia aveva disegnato precedentemente, durante il mese. La piccola Rose Hawthorne dette a Mitchell una viola del pensiero, che Maria successivamente schiacciò nel suo libro curato teneramente di piante del viaggio europeo. Ricevette anche una gentile nota da parte di Nathaniel in cui scrisse, “Per favore, qualche volta ricordaci, quando non starai pensando alle stelle ed alle comete.” Mitchell più tardi incollò quei cari promemoria nel suo diario di viaggio. Prima di partire, Mitchell fece le visite turistiche dell’ultimo minuto, visitò le Terme di Caracalla, dove collezionò una tasca di pezzi di mosaico rotto da portare a casa come regalo. Gli altri promemoria da Roma che Mitchell prese con sé furono un ramoscello d’ulivo portata nelle strade di Roma nella Domenica delle Palme ed un pezzo di marmo delle Catacombe di Roma, entrambi dei quali successivamente donò alla collezione del museo dell’Atheneum di Nantucket. Estremamente dispiaciuta dalla partenza di Mitchell, Ada Shepard scrisse al fidanzato, “Siamo andati tutti a visitare la signorina Mitchell questo pomeriggio che deve partire. Dovrei vederla una volta anche in mattinata. La sua partenza lascerà una dolorosa lacuna.” Shepard si entusiasmò, “E’ un’amica alla quale avresti voluto che mi associassi, potessi tu conoscerla. E’ forte, saggia e buona. E’ colta ed è 113 corteggiata nella società. Ed ancora, è tanto semplice e franca quanto è una bambina piccola, e perfettamente, rigidamente vera.” Nella stessa lettera Shepard sfruttò l’opportunità di fare alcuni commenti che non erano particolarmente complimentosi. Disse, Mitchell è “molto critica, molto sospettosa... riguardo alle persone” e Shepard ammise che Mitchell “non è bella per niente – alcuni la chiamano brutta – e le sue maniere sono molto brusche da non poter essere considerata elegante.” Ma nonostante ciò, Shepard disse al fidanzato, “Ma se impari a conoscerla... l’ammiri totalmente e la ami come me. L’ho ammirata più di quanto io abbia fatto con gli altri, eccetto te, carissimo.” Maria era triste di lasciare Roma. Anche se era una donna che raramente mostrava emozioni ed affetto, quando salutò Shepard si complimentò con la sua giovane amica dicendole, “E’ valsa la pena conoscerti.” Espresse nel suo diario come era lasciare la città eterna: “Abbiamo lasciato Roma alle otto e mezzo non con gli occhi lacrimanti, come ognuno mi disse che sarebbe sicuramente successo.... La strada conduceva a Piazza del Popolo e guardammo a San Pietro ancora ed ancora una volta prima di andarcene e fu impossibile per me pensare che quella sarebbe stata l’ultima volta, senza provarne un senso di rammarico - ma il rammarico di lasciare un posto non è comparabile a quello di lasciare delle persone e Roma, come è stato per me, sentitami più a casa che negli altri posti in Europa.” Anche se Mitchell aveva conosciuto persone affascinanti a Roma ed in tutti i suoi viaggi, non poteva compararle con quelle conosciute nella sua isola natale. Scrisse alla sua amica Elizabeth Pinkham Crosby, “Anche dopo Roma, e dopo 8 mesi in Europa, penso che la nostra gente di Nantucket è brillante... Se penso bene di Nantucket intellettualmente dopo aver ‘visto il mondo,’ io devo pensare bene di loro moralmente. Credo veramente che ci siano poche comunità al mondo con cui compararlo sotto questo aspetto e fuori dal New England ho paura che non ce ne siano. Così, come vedi, io non potevo tornare disprezzando la circonferenza dell’isola.” Con dei compagni di viaggio americani, consistenti nella famiglia Nichols, che erano in contatto con la famiglia Mitchell a Nantucket, ed una certa signorina Pickering, il 12 aprile Maria lasciò Roma per continuare il suo giro dell’Italia. Successivamente disse a suo padre “Non ho mai avuto un miglior gruppo di viaggio 114 – la signorina Pickering è una delle migliori donne che io abbia mai conosciuto.” Viaggiando in carrozza, il gruppo si fermò in molti villaggi. Ad uno, Mitchell visitò (anche se non sapeva perché) una prigione per incontrare “il noto ladro Gasparoni” – che trovò essere attraente, un uomo di sessantaquattro anni ben vestito. Gasparoni e la sua banda di ladri erano stati “il terrore del paese – ed uno poteva ben immaginarlo,” espresse Mitchell nel suo diario. Il panorama intorno a Mitchell nel viaggio variava dal selvaggio, aperta campagna ai piani d’appartamenti e salite ripide per il villaggio sulla cima della collina. Lungo la strade vide rovine, asini, gruppi di pellegrini vestiti da contadini, boschetti di ulivi, vigneti, donne che raggomitolavano il filo di lino, e molti mendicanti. Si fermarono a Spoleto (dove lei studiò un vecchio acquedotto), Trevi (dove fu svegliata dal suo sonno pomeridiano per vedere un incantevole tempio classico inspirato a Byron), e Assisi (dove visitò diverse chiese celebri di cui si interessò). Ad un certo punto, Maria era tanto stanca di vedere chiese (neanche gli affreschi di Giotto la tentarono) che preferì non scendere dalla carrozza. Fu attratta dal suo sedile dalla vista delle tombe etrusche con le loro figure abilmente scolpite. “E’ veramente divertente ricordare che un popolo di uomini esistito prima di Cristo aveva le arti così perfette come le nostre. Venendo da un altro paese è ancora difficile per me di crederlo,” scrisse Mitchell. A Perugia, Mitchell fu particolarmente affascinata degli affreschi di Perugino e durante una sosta ad Arezzo, prese nota nella sua guida che era il posto dove era nato Petrarca ed altri famosi italiani. Avvicinandosi a Firenze, Mitchell prese una pausa dal viaggio in carrozza e camminò in avanti lungo la strada. E, come spiegò nel suo diario, fu “accompagnata da una truppa di ragazze mendicanti e dopo da una di ragazzi – entrambi ragazze e ragazzi avevano occhi ridenti e guance grasse, ma dichiaravano di morire di fame.” Mitchell trovò incredibile l’entrata di Firenze: “Vedemmo piccole valli giacere lungo i pendii delle montagne nelle sue vicinanze prima che potessimo vedere la città e la cupola della cattedrale.” Dopo esserci sistemati in hotel, scoprì una bella visuale del fiume Arno e quella sera trovò “deliziosa la combinazione tra stelle e luna.” 115 Più piccola e tranquilla di Roma, Firenze era una fermata del Gran Tour che cresceva di popolarità. Oltre ad essere una mecca per gli amanti dell’arte, la città stava diventando qualcosa come una meta invernale per chi cerca una fuga piacevole. Attraeva soprattutto i britannici, che facevano pellegrinaggi annuali a Firenze per visitare le gallerie d’arte, godere del piacevole clima invernale e visitare gli altri turisti. Tra gli espatriati dalle isole britanniche c’era a Firenze una donna che Mitchell ammirava molto e sperava d’incontrare – la distinta scienziata e matematica Mary Somerville. Era stata ammessa a The Royal Astronomical Society di Londra, e tra le sue opere c’era la traduzione dell’infinitamente importante e difficile libro di Pierre Simon Laplace , Mécanique Céleste. Mitchell successivamente scrisse che Somerville era “probabilmente l’unica donna al mondo che abbia letto quel libro nella versione origine.” Somerville aveva pubblicato anche due lavori sperimentali: On the Connection of the Physical Sciences (1834) e Physical Geography (1848). Mitchell descrisse gli ultimi due libri come “vaste collezioni di fatti riguardanti tutti i rami della Scienza Fisica, collegati insieme dalla delicata rete di pensiero della signorina Somerville.” Mitchell credeva che Somerville era una “delle poche donne geniali a divenire una rivale di successo degli uomini, nel percorso in cui loro erano... preferiti.” Durante una fresca giornata di primavera, afferrando una lettera d’introduzione per la signora Herschel, Mitchell chiamò Somerville al suo alloggio temporaneo a Firenze. (Per il marito malato, Somerville passò molto del resto della sua vita viaggiando in Italia alla ricerca di un clima caldo.) Mitchell attese con pazienza in un largo salotto, dove un tronco ardeva in un focolare. Dopo poco tempo il dottor Somerville, “un uomo anziano esageratamente alto” che indossava una “bandana a turbante rossa” in testa, entrò nella stanza. Mitchell scrisse nel suo diario che mentre parlava con lui, “ero sorpresa di vedere il signor Somerville camminare con passo agile e leggero nella stanza e parlare con la vivacità di un giovane. Di lei si dice che ha sessantasette anni e ne dimostra cinquantasette.” Mitchell descrisse quella matematica come una donna con un viso piacevole, la fronte bassa, capelli pettinati, occhi azzurri e con “i suoi propri denti.” Mitchell osservò che Somerville parlava con un accento scozzese forte, ed era leggermente sorda. 116 Durante questo primo incontro, mentre il dottor Somerville “era impegnato a tostare una fetta di pane in un forcone” sul fuoco dalle legne, Mary e Maria subito si accorsero di avere uno spirito affine e di avere una conversazione “familiare e chiacchierona”. Quando Mitchell visitò Somerville , aveva appena finito di riscrivere il suo Physical Geography, era alle stampe a Londra e lei stava già scrivendo Physical Science. Anche se “facilmente stanca,” la settantacinquenne Somerville faceva il suo pisolino pomeridiano allo scopo di lavorare meglio ogni giorno. Mostrò a Mitchell i calcoli che aveva fatto per il suo primo lavoro e Mitchell successivamente commentò che “la semplice vista” del manoscritto massiccio e pulito dei calcoli di Somerville “avrebbe fatto venire il mal di testa alla maggior parte delle donne.” Mitchell fece un appunto di nota sul diario, dopo la prima visita, sull’istruzione della Somerville che non era come la sua – per di più si istruì da sola. Quando era molto giovane Somerville iniziò a leggere i libri di matematica dello studio di suo padre, convinse il tutore di suo fratello a prestarle un libro su Euclide e dopo lei “costantemente, anche quando molto assorbita nella cura per la famiglia, dedicò alcune ore al giorno allo studio.” Il marito di Somerville spiegò che sua moglie inizialmente nascondeva la sua istruzione, a quel tempo lo studio della matematica “faceva male al carattere delle donne.” Effettivamente, come Somerville spiegò a Mitchell in un altro incontro, i suoi genitori le permisero di seguire il suo interesse nella matematica a casa come una forma di svago. Ma, come loro erano “in quella società,” era necessario nascondere il suo interesse dagli altri per paura lei potesse essere considerata una donna pedantescamente intellettuale. Comunque, come Mitchell, Somerville ebbe dei consiglieri che l’assistettero nei suoi studi. Somerville lavorava di mattina e non rifiutava mai una chiamata per un incontro di pomeriggio ogni giorno, soprattutto da un anima affine, così Mitchell la visitò in diverse occasioni. Tra gli argomenti che Somerville toccò con la sua nuova amica, c’erano le nuove scoperte della scienza, la febbre dell’oro in California e la sua influenza nell’aumento dei viaggi via oceano, ed argomenti astronomici come le nebulose, le code delle comete, e se gli altri pianeti potevano essere abitati da “esseri di un ordine superiore al nostro.” Nelle altre visite Somerville ansiosamente fece a Mitchell diverse domande riguardo il progresso della scienza in America. Chiese a 117 Maria se poteva portare con sé una foto delle stelle inviate dai Bond, siccome lei non aveva mai sentito che erano state fatte con successo. Altri nomi familiari a tutte e due - Bowditch, Pierce e Maury – erano argomenti di conversazione. Durante i loro ultimi pomeriggi insieme, Somerville mostrò la sua casa a Mitchell e la portò nel suo giardino per mostrarle le sue rose fiorite, per le quali nutriva un grande orgoglio. Mitchell di nascosto prese una bella foglia da una pianta che ammirò che successivamente incollò come un tenero ricordo nel suo quaderno. Uno dei giornali di Firenze parlò della presenza di Mitchell in città e delle sue visite dai Somerville. Il giornalista riportò, “Tra i nostri visitatori americani recenti merita una particolare nota il signor Winthrop e la sua famiglia di Boston, con la signorina Mitchell. Durante il loro breve soggiorno questa famosa signora ha sfruttato l’opportunità di conoscere i Somerville, e, come potete immaginare, i rapporti con la famosa matematica sono stati di reciproco gradimento.” L’articolo fu poi ristampato in diverse pubblicazioni americane, inclusa quella del Advertiser di Newark, Evening Transcipts di Boston e, ovviamente, sul Weekly Mirror di Nantucket. Le diverse visite di Mitchell a Somerville le lasciarono una forte impressione su di lei. Scrisse un articolo sulla vita di Somerville per il Atlantic Monthly, in cui spiegò, “Nessuno può fare la conoscenza di questa donna straordinaria senza aumentare l’ammirazione che si ha per lei. L’ascesa incredibile e disagevole della traiettoria della scienza non ha scoraggiato lei dal circolo dei ricevimenti, le ore di devozione nella conclusione degli studi non sono stati incompatibili coi doveri di madre e moglie, la mente che ha portato a rigide dimostrazioni non ha con ciò perso la fede nel vero che le cifre non possono dimostrare.” Mitchell in seguito usò il conseguimento di Somerville come un esempio per i suoi studenti per la pazienza ed il lungo e costante lavoro di alta eccellenza. Tra le sue visite a Somerville, Mitchell visitò anche il grande palazzo d’arte di Firenze ed organizzava i giri in modo da evitare il caldo del mezzogiorno. Nel suo diario, fece una lista numerosa di pittori italiani del quindicesimo secolo che le erano piaciuti di più. Non le piacevano i lavori largamente figurativi osservando che “gli uomini messi in una posizione scomoda non sono piacevoli oggetti di contemplazione.” Di sera Mitchell godeva della bella vista notturna della città. “Dal 118 giardino della villa di Lorenzo de Medici guardavamo giù verso Firenze ed intorno la larga espansione del paese, punteggiato da vallate e ville, che sembravano irradiate dalla cattedrale dato che ne è al centro. Il sole scese su Carrara e la linea rossa si vedeva riccamente colorata sulla cima delle montagne, e più leggera verso il viola per via delle nebbie. Non ho visto mai una così bella vista e l’ho lasciata con rammarico, sapendo di guardarla per l’ultima volta. Maria fece una piccola visita alla villa sulla collina di Arcetri, poco a sud da Firenze, dove Galileo passo gli ultimi anni della sua vita negli arresti domiciliari. Arrivarono sulla cima della torre dove lui aveva fatto la sua ultima osservazione. “Sarebbe stato un bel posto per esplorare il cielo con un piccolo vetro,” Maria scrisse, “la posizione è elevata e non c’è niente intorno per alcune miglia, a parte il piacevole scenario e il cielo della Toscana sopra. Sull’agenda di Mitchell la successiva tappa d’Italia era la romantica Venezia, dove andò in gondola, scivolando lungo il Canal Grande ed i stretti canali per vedere le cose interessanti, dal Palazzo del doge al Ponte dei sospiri. Di notte andò in escursione con la gondola, dalle nove all’una in punto, nel chiaro di luna, e scoprì che “Le luci a gas della città mettono in mostra l’architettura meglio di come fa la luna che c’era stata solo per mezz’ora.” Come molti americani che visitavano Venezia a metà secolo, Mitchell era in estasi per quella città – ma non pensava che fosse una buona città per viverci. Non le piaceva il fatto che quando apriva le finestre della sua stanza d’hotel, guardava giù nell’acqua e nei bacini e le sembrava di vivere lungo una banchina. “L’odore dei bacini non è dei più piacevoli,” scrisse al padre. Quando il compagno del New England Ralph Waldo Emerson visitò la città, commentò che Venezia era “una città per castori... una residenza molto sgradevole.” L’unico articolo che si sa che Mitchell si sia portata con lei come ricordo di Venezia fu un gambo e le sue piccole foglie per la sua collezione botanica. Dopo essersi divisa amichevolmente dai Nicholses, i suoi compagni di viaggio, che le fecero dei piccoli regali, Mitchell viaggiò per sei ore con un piroscafo da Venezia a Trieste da sola. Per il primo momento si ritrovò in un posto dove nessuno parlava la sua lingua e ricorse alla lingua tedesca per poter essere capita. Divise la cabina con una donna che viaggiava con un cane. “Se c’è qualcosa tra le accompagnatrici in Europa non immorale ma spregevole è questo dominio dei cani,” 119 Mitchell esclamò nel suo diario. Si stancò del cane frequentemente nella sua parte di stanza, e si lamentò finché la sua padrona non lo tenne ritirato. Dopo una notte in un hotel di Trieste, Mitchell andò con il treno a Vienna – un estenuante viaggio di ventiquattro ore. Lei stava in una carrozza di seconda classe siccome era meno affollata della prima ed aveva dei sedili comodi che la fecero dormire meglio. Eccetto per le donne passeggere che parlavano per venti ore in posizione dritta, Mitchell trovò il viaggio tollerabile e godette della vista. Quando arrivò a Vienna, scrisse a suo padre, “Ho fretta di tornare a casa ma non sono nostalgica.” Nel suo giorno e mezzo a Vienna, Mitchell prese parte all’abitudine europea della domenica pomeriggio di fare una passeggiata in luoghi pubblici e noleggiò un “commissario” che le avrebbe mostrato cosa vedere. Al Imperial Picture Gallery vide una Madonna con Bambino di Raffaello, dipinto da Rubens che non le piacque perché “le facce sono di un rosa fresco,” e lavorate da Titian che erano “troppo sensuali.” Deviando l’itinerario classico del gran tour, nel primo maggio Mitchell andò a Berlino. Prima di arrivare nella città scrisse orgogliosamente a suo padre, “Tu percepirai che non sono codarda... Così lontana, io trovo che non c’è niente di più facile che viaggiare in Europa da sola. Quando esco dal vagone, mi precipito da un soldato e gli chiedo (in tedesco) ‘cosa dovrei fare ’ e lui mi manda da un mestierante, questo mi da un numero e mi dice di chiamare un fattorino, e così via.” Quando si spostava dall’hotel alla carrozza aveva spesso un facchino dell’hotel che l’accompagnava finché non era al sicuro seduta sul treno. “Ho incontrato di continuo da Venezia a Berlino altre donne che viaggiavano da sole. Hanno l’indipendenza della donna americana.” A Berlino Mitchell fu colpita subito dalla “bellezza tedesca e dalla carnagione.” Molti visitatori di Berlino in quegli anni consideravano la città oscura e cupa, ma a Mitchell apparse di essere una città “nobile.” Trovò la Under den Linder lunga cinque miglia, con i percorsi ombreggiati dagli alberi, che attraversava il centro, essere la più eccellente tra i viali alberati della città. Non pensò molto al fiume Spree e commentò nel suo diario che “i fiumi europei mi sono sembrati piccoli e sporchi – il nostro Hudson è quello che vale di più tra tutti quelli che ho visto.” 120 Le mete di Mitchell a Berlino erano in giro degli osservatori, il cui direttore era l’astronomo Johann Franz Encke, e di incontrare l’anziano naturalista tedesco ed esploratore Alexander von Humboldt. Poco dopo essere arrivata ricevette un invito da Encke di visitare le stanze dell’osservatorio. Costruito sotto la direzione di Encke nel 1831, la struttura dell’osservatorio era, come Mitchell scrisse nel suo diario, “ una nobile e spaziosa dimora.” Fu conquistata dal telescopio equatoriale come dall’ eliometro – un telescopio rifrangente usato per misurare piccole separazioni angolari. Le fu permesso di provare l’ultimo, il quale fu considerato da Mitchell come un sestante ma più semplice. Anche se lei parlava inglese con difficoltà ed il suo tedesco fosse un po’ arrugginito, Encke riuscì a condividere la sua ricerca con Mitchell. A quel tempo lui stava “calcolando il posto della ‘cometa di breve periodo.’” Quando descrisse l’astronomo tedesco in una lettera diretta al padre, Mitchell non ebbe niente di buono da dire riguardo la sua apparenza ed infatti lo trovò “eccessivamente brutto.” Forse sentendosi molto stanca e un po’ triste di viaggiare, Mitchell scrisse a casa da Berlino: “Penso di non stare bene perché mi sento dispettosa e di cattivo umore e di non gradire le fortune degli altri. Spero di non diventare invidiosa con il diventare vecchia – una zitella invidiosa è peggio che una semplice zitella.” (E’ chiaro che Mitchell, all’età di trentanove anni, fosse rassegnata al fatto di non sposarsi.” Mitchell sgobbò e passò due ore visitando l’Università di Berlino dove vide immense stanze riempite di collezioni di campioni geologici, animali ed uccelli usati dai professori per illustrare le lezioni. Dopo commentò, “Uno inizia una passeggiata con interesse e la finisce inclinandosi su ogni pilastro per vedere un piccolo resto.” Lei era, comunque, affascinata nel vedere armadietti che esponevano campioni mineralogici che erano stati collezionati da Humboldt in Messico, ed una grande collezione di meteoriti che erano caduti in diversi posti ed in differenti periodi nel continente, dal 1803 al 1851. Mitchell conosceva Humboldt ed i suoi conseguimenti già dalla sua giovinezza a Nantucket, la famiglia Mitchell aveva acquistato la traduzione della sua maggiore opera Cosmos: Sketch of a Physical Desciption of the Universe, dei volumi di materia astronomica, geofisica e geografica pubblicati diverse decadi prima. In 121 quel tempo Maria lo incontrò, Humboldt aveva ottantanove anni e riconosciuto come “il padre e patrono delle scienze maturali.” A lui era stata conferita ogni decorazione e categoria che l’Europa poté offrire. Negli Stati Uniti fu fortemente ammirato come un pioniere, come uno degli esploratori più grandi del mondo, e come l’autore di Cosmo. Dal 1839, quando il servizio transoceanico dei piroscafi da New York a Bremen fu inaugurato, Humboldt ricevette molti visitatori americani a casa sua a Berlino. Quando Mitchell fu invitata al piccolo appartamento di Humboldt, in un edificio di Berlino nord, lei trovò ordinario l’aspetto esteriore, ma delizioso il suo interno. Ricordò nel suo diario: “Il servitore mi condusse prima lungo un ingresso, con appeso intorno corna di cervo e tappezzato di pelli di tigre, dopo nello studio... dove evidentemente la comodità era attentamente considerata dati i cuscini in giro, il divano era bellamente coperto da tessuti di lana pettinata. Un lungo tavolo di studio era pieno di libri e fogli.” Quando Humboldt entrò nella stanza salutò Mitchell “in maniera elegante” e lei osservò che era “un piccolo uomo rispetto a come me lo aspettavo.” Lei descrisse l’anziano Humboldt come sdentato, un po’ sordo e con capelli scarsi e molto bianchi, occhi blu ed un naso troppo largo e piatto – ed “ancora è un bel uomo.” Era elegantemente vestito in un cappotto nero ed un tessuto di lana al collo. In generale lo trovò più elegante in persona che nel ritratto che lei aveva visto di lui. Lei è rimasta solo mezz’ora durante la quale parlò costantemente e su una varietà di argomenti, dagli osservatori europei ed astronomi alla considerazione americana e il riconoscimento del Kansas come stato schiavista. Dalla sua visita in America nel 1804 Humboldt aveva un grande affetto per l’America ed un acuto interesse negli affari del paese. Disse a Mitchell che nei tre mesi che era stato in America era stato quasi interamente con Thomas Jefferson, poi servente come terzo presidente. Humboldt condivise con Mitchell – che non aveva continuato a leggere i giornali americani durante la sua gita europea – tutte le ultime novità politiche e scientifiche della sua terra natia. Disse anche a Mitchell che stava lavorando sul quindicesimo volume della sua famosa serie Cosmo e discussero sulle loro conoscenze reciproche, inclusa Mary Somerville e del sopraintendente della Coast Survey A. D. Bache. Verso la fine del loro appuntamento quando Humboldt 122 accompagnò Mitchell alla porta, le dette alcuni consigli. Riguardo al secondo, Mitchell scrisse nel suo diario, “Fu singolare che lui mi spingesse ad usare il sestante – era il primo strumento che usai ed era molto difficile.” Mitchell fu fortunata ad aver avuto questi pochi minuti con Humboldt, visto che il leggendario scienziato morì l’anno dopo. Nel viaggio di ritorno a casa, Mitchell lasciò Ostende in Belgio, la sera del 16 Maggio. Ricordò nel suo diario, “Io subito mi stabilii sul divano, l’unico posto rimanente per i passeggeri con mal di mare e mi rassegnai al fatto. Fui molto triste durante quattro delle sei ore della traversata.” Il piroscafo arrivò a Dover a mezzanotte e come preannunciato dal capitano Mitchell fu scortata da un rispettabile gentiluomo in una casa d’affitto per rinfrescarsi e poi passare la dogana. Da Dover a Londra lei fu sola nella carrozza di prima classe del treno. A Londra, Mitchell si organizzò per assistere alla lettura di Charles Dickens del The Cricket on the Hearth, una storia di natale pubblicata la prima volta nel 1854. Mitchell fu fortunata di aver ottenuto il biglietto per ascoltare il dinamico Dickens che presentava la sua storia di vita con intuito e dramma, era conosciuto per affascinare i suoi ascoltatori traducendo in pratica i caratteri individuali, usando innumerevoli voci, facce e gesti. Nel suo diario, Mitchell annotò che Dickens era basso, capelli scuri, aveva “uno sguardo frivolo” e portava un “mazzetto di fiori nella parte sinistra dell’occhiello del suo cappotto – una moda piuttosto dominante a Londra.” Si sedette abbastanza lontana dal palcoscenico e così fu “obbligata ad ascoltare attentamente.” Concluse che Dickens “non aveva una buona elocuzione – diceva sempre ‘fico’ – e pronunciava altre parole molto cattive.” Mitchell fu sorpresa di come era silenzioso il pubblico, commentando nel suo diario: “Ridevano poco alle parti comiche e nessuno pianse nelle patetiche. Il signor D. dimostrava una buona qualità d’attore specialmente nei tratti allegri.” Lei ebbe anche il piacere di vedere lo spettacolo di Charles Kean in King Lean, ricordando nel suo diario che “era un meraviglioso pezzo recitato... Ho finito per ascoltare che non avevo mai letto Lear prima – che era Lean e non Kean davanti ai miei occhi.” Lei fece un’ultima visita a Greenwich, per vedere il suo buon amico Airy. In tutto il suo viaggio nel continente Richarda Airy inviò a Maria molte lettere di notizie riguardo la famiglia Airy ed altre conoscenze che Mitchell aveva fatto in 123 Inghilterra, e Mitchell scrisse lunghe lettere condividendo racconti delle avventure a Parigi e Roma. Dopo il ritorno a casa di Mitchell, Richarda continuò ad essere il contatto di Maria con il circolo di amici che aveva conosciuto in Inghilterra e l’aggiornò del miglioramento dell’osservatorio di Greenwich e del benessere degli Herschel e degli altri astronomi che Maria aveva conosciuto. Le esperienze di Mitchell nel gran tour naturalmente le fecero comparare la cultura e la vita intellettuale europea con quella della sua terra originaria. La sua conclusione fu, “Non dovremmo mai conoscere, in questo paese, la scolarizzazione del mondo o l’originalità dei grandi uomini dell’Europa, finché non abbiamo una donazione per le ricerche fatte, finché le scienze e l’arte e la letteratura non siano promosse come non sono ancora. Facciamo un grande affare per la diffusione della conoscenza, molto poco per il suo incremento.” Fu stupita di scoprire che una persona in un’università in Inghilterra ha il “vantaggio di avere il perfetto controllo del suo tempo. Si aspettano che risieda a Cambridge o Oxford – non gli sono richiesti altri doveri. Hanno un buon salario, buone stanze e forse un piccolo giardino, né lezioni né letture. Ci si aspetta che queste ricerche di studiosi potessero dare onore all’università.” Negli anni seguenti, presentando letture sull’esperienza sul soggiorno all’estero, Mitchell diceva al suo pubblico (spesso studenti) che “viaggiare è imparare e soprattutto è ampliarsi.” Espresse anche quanto cruciale fosse per un astronomo incontrare e consultarsi con i colleghi del campo. Come quelli prima di lei, inclusi Bache, Henry e Silliman, il pellegrinaggio europeo di Mitchell l’aiutò a formarsi una visuale su come le scienze americane e soprattutto l’astronomia dovrebbero essere. Sette anni più tardi lei sarà al comando di un osservatorio e di un dipartimento universitario dove questa possibilità divenne reale. Il viaggio fu pieno d’onori per Mitchell e una celebrazione di successi su molti aspetti. Dovunque lei fosse ricevuta, era trattata con un speciale cortesia e privilegio dovuti ad un ospite speciale. Godette della conoscenza di astronomi, spiegando alcuni anni dopo durante una lezione, “Nessun uomo che io abbia conosciuto è più geniale e più di buon umore che gli uomini della scienza.” Carica di un buon numero di libri astronomici, opuscoli, giornali e note come ricordi e regali per la famiglia, Mitchell prese il piroscafo Asia a Liverpool il giugno 124 del 1858. L’ultima cosa scritta sul suo diario fu: “Sto andando a Kensington Park per la mia strada per fare una chiamata, avevo dei dubbi riguardo alla mia strada e chiesi ad una raffinata donna inglese di mezz’età il percorso. Lei mi accompagnò per un po’ per essere sicura che stessi andando bene. Dopo disse ‘Sei straniera?’ io risposi ‘Sono americana.’ ‘Parli un buon inglese,’ disse.” APPENDICE Il Grand Tour d’Italia (Versione originale) 125 Conclusioni Nel trattare questo argomento le problematiche che sorte sono state relative al traduzione, visto che era tutto rigorosamente in inglese. I problemi del traduttore si sa, sono molteplici. La traduzione è un’attività che comprende l’interpretazione del significato di un testo preso in esame, e la riproduzione dello stesso in un’altra lingua, in modo da mantenerne inalterato il significato iniziale. Esiste però anche il problema di tradurre la cultura, infatti i linguisti affermano che il traduttore dovrebbe essere bilingue, nel senso che dovrebbe conoscere entrambi le lingue, dovrebbe essere anche biculturale senza però trascurare la profonda importanza della cultura che esse si portano dietro. Questa infatti oltre ad essere trasmessa tramite gli usi e costumi, attraverso le arti culinarie, o le tradizioni, ma soprattutto attraverso la sua lingua. Un’altra difficoltà che ho riscontrato è stata quella relativa al diverso modo di esprimersi che ogni popolo o gruppo o anche un ceto sociale ha, mi riferisco ai proverbi o alle parole di uso locale, che in un’altra lingua risultano essere impossibili da tradurre. Un esempio può essere il fatto che nei paesi nordici ci sono tantissimi modi per definire il ghiaccio, come nei paesi africani ce ne sono molti distinguere i diversi tipi di cammelli, quando da noi la differente fauna ed il clima non prevedono una particolare specificazione. 126 Bisogna riprodurre un secondo testo in un’altra lingua mantenendo una coerenza nella struttura globale dei due testi. A tal fine nell’atto del tradurre si deve ottenere al meglio la finalità comunicativa, deve quindi comprendere al meglio il punto di vista ed il messaggio che l’autore vuole trasmettere, e riprodurli. Nel mio caso ho riscontrato qualche problema nel capire cosa Maria Mitchell volesse dire nelle sue lettere, che essendo scritte in un periodo abbastanza lontano dal nostro, presentano un inglese diverso da quello che siamo abituati a tradurre. Questo è l’ultimo lavoro che mi rimane di fare dopo diversi anni di studio in un’università che a parte i tanti sacrifici, mi ha portato anche molte soddisfazioni. Sperando che porti anche qualche buon lavoro, spero intanto di laurearmi con il miglior voto possibile. 127 Bibliografia 1 Welcome to Nantucket, Copyright 1996-2009 Nantucket Inquirer and Mirror, Nantucket, Mass. http://www.ack.net/culture_and_history.html (16/01/2009). 2 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, 2007, pp. 3-2. 3 Henry Mitchell, Maria Mitchell in « Proceedings of the American Academy of Arts and Sciences», 25, (May, 1889- May, 1890), p. 331. 4 Sarah Josepha Hale, Woman’s Record; or, Sketches of All Distinguished Women, New York, Harper & Brothers, Pubblishers, 1855, p. 744. 5 ENCICLOPEDIA ITALIANA GROLIER, Editrice Eraclea S.r.l., Milano, 1987, vol. 3, p. 390. 6 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 14-25. 7 Henry Mitchell, Maria Mitchell in « Proceedings of the American Academy of Arts and Sciences», 25, (May, 1889- May, 1890), p. 334. 8 Nathaniel Bowditch, 2009 Encyclopædia Britannica, http://www.britannica.com/EBchecked/topic/76106/Nathaniel-Bowdich, (17/01/2008). Inc. 9 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 25-34. 10 Ducan Wall, The Morning Star of the Atheneum “The Nantucket Atheneum: A Commemorative Review”, Nantucket, Nantucket Atheneum, 1996, pp. 51-54. 11 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 33-34. 12 John Warder Barber, Historical Collection of Every Town in Massachusetts, Worcester, Dorr, Howland & Co., 1939, pp. 446-447. 13 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 34-36. 14 Barbara Linebaugh, The African School and the Integration of Nantucket Public School 1825-47, Boston, Boston University Afro-American Studies Center, 1978, p. 11. 128 15 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 37-52. 16 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 53-54. 17 Maria Mitchell, Meteorological Observations at Nantucket, Mass., in «The American Journal of Science and Art», 49 (October 1845), p. 406. 18 Henry Mitchell, A Biographical Notice of Maria Mitchell, in «Proceedings of the American Academy of Art and Sciences», 25 (1890) , p. 335. 19 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 55-60. 20 William Mitchell, Phenomenon, in «Telegraph», (10 September 1844). 21 Helen Wright, Sweeper in the Sky: The Life of Maria Mitchell, New York, The Macmillan Company, 1949, p. 59. 22 Laura Patricia Brugger, Constructing Taste: Athenaeums and Academies of Art in the United States, Ph. D. Diss., Columbia University, 2003, p. 17. 23 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, p. 65. 24 Robert D. Richardson jr., Emerson: The Mind on Fire, Berkeley, University of California Press, 1995, p. 414. 25 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp.69-71. 26 Gail Collins, America’s Women: 400 Years of Dolls, Drudges, Helpmates, and Heroines, New York, William Morrow, 2003, p. 88. 27 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 72-73. 28 «Proceeding of the American Academy of Art and Sciences», 1, (May 1846- May 1848), pp. 182183. 29 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 73-81. 30 Sally Gregory Kohlstedt, Maria Mitchell and the Advancement of Woman in Sciences, in «Uneasy Careers and Intimate Lives: Women in Sciences, 1789- 1979», New Brunswick, Rutgers UniversityPress, 1987, p. 130. 31 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 81-83. 32 Steven J. Dick, Sky and Ocean Joined: The U. S. Naval Observatory, 1830- 2000, Cambridge England, Cambridge University Press, 2003, p. 119. 33 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 84-86. 129 34 Alexander D. Bache to William Mitchell, 22 August 1849. 35 Eliza Greene Radeke, Miss Maria Mitchell, Holograph tribute, Brown University Library Archives. 36 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 88-96. 37 Sally Gregory Kohlstedt, The Formation of the American Scientific Community:The American Association for the Advancement of Sciences, 1848-60, Chicago, University of Illinois Press, 1976, p. 103. 38 Sarah J. Hale, Woman’s Record: Sketches of All Distinguished Women, from the Creation to A. D. 1854, New York, Harper & Brothers Publishers, 1855, p. 8. 39 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 97-98. 40 Steven J. Dick, Sky and Ocean Joined: The U. Naval Observatory, 1830-2000, Cambridge England, Cambridge University Press, 2003, p.131. 41 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 99-107. 42 Elizabeth Frost and Kathryn Cullen-DuPont, eds., Woman Suffrage in America, New York, Facts on File Eyewitness History Series, 1992, p. 423. 43 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 107-116. 44 Lillian Faderman, Old Girls and Twilight Lovers:A History of Lesbian Life in Twentieth-Century America, New York, Penguin, 1991, vol.2, pp. 11-14. 45 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 107-126. 46 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 137 -144. 47 Mary Louise Christovich, et al., New Orleans Architecture, vol. 2, New Orleans, Pelican Publishing Company, 1972, pp.. 201-203. 48 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 144-146. 49 Walter Johnson, Soul by Soul: Life Inside the Antebellum Slave Market, Cambridge, Mass., Harvard University Press, 1999, pp. 46-48. 50 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 147-150. 51 Catherine Clinton, The Plantation Mistress: Woman’sWorld in the South, New York, Pantheon Book, 1982, pp. 14-16. 52 Anne Firor Scott, The Southern Lady: From Pedestal to Politics, 1830-1930, Chicago, The University of Chicago Press, 1970, p. 14. 130 53 Edward King, The Great South: A Record of Journeys, New York, Arno Press, 1969, pp. 444-446. 54 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 156-162. 55 Ella Rodman Church, Maria Mitchell, in «Godey’s Lady’s Book and Magazine», 593 (November 1879), pp. 446-448. 56 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. 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The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 171-175. 62 Bessie Zabn Jones and Lyle Giffon Boyd, The Harvard College Observatory: The First Four Directorships, 1839-1919, Cambridge, The Belknap Press of Harvard University Press, 1971, pp.8283. 63 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 174-194. 64 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, p. 343. 65 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, 2007, pp. 255274. 66 Charles S. Ferrar, Maria Mitchell Observatory , Vassar College copyright 2009, http://admissions.vassar.edu/about_hist.html, (18/12/2008). 67 Charles S. Ferrar, Maria Mitchell Observatory , Vassar College copyright 2009, http://vcencyclopedia.vassar.edu/index.php/Maria_Mitchell_Observatory, (18/12/2008). 68 Steven J. Dick, Sky and Ocean Joined: The U. S. Naval Observatory, 1830-2000, Cambridge England, Cambridge Universit Press, 2003, p. 197. 69 Charles S. Ferrar, Maria Mitchell Observatory , Vassar College copyright 2009, http://vcencyclopedia.vassar.edu/index.php/Maria_Mitchell_Observatory, (20/12/2008). 70 Moore Booker, Margaret, Among the Stars. The Life of Maria Mitchell: Astronomer, Educator, Women’s Rights Activist, First Edition 2007, Nantucket Massachusetts, Mill Hill Press, pp. 131