ANNO IV
NUMERO 34
LUCERA
FEBBRAIO
2012
La voce
del PASTORE
QUARESIMA, TEMPO
DI CORREZIONE
FRATERNA!
I Vescovi di Puglia
riuniti nella nostra Diocesi
La Chiesa impegnata sul ruolo del laicato
+ Domenico CORNACCHIA
B enedetto XVI riassume il suo Messaggio per la Quaresima, nell’esortazione della Lettera agli Ebrei: ”Prestiamo attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle
buone opere” (10, 24)!
Con le Ceneri siamo proiettati verso il
traguardo intermedio della Pasqua e,
quello definitivo, della Santità! La
Quaresima è il tempo favorevole del
grande esodo, del passaggio da uno
stile di vita, ripiegato su se stesso,
egocentrico, ad uno stile proiettato
verso Dio e verso il prossimo.
Occorre prestare attenzione (=ad-tendere=tendere verso…) e premura al
prossimo, alle sue debolezze e alle
sue risorse! Questa è la sfida quaresimale! Oltre alla classica trilogia dell’elemosina, del digiuno e della preghiera però, c’è un altro mezzo di perfezione: il superamento dell’indifferenza celata, a volte, dietro una parvenza
di rispetto per la “sfera privata”. Non
di rado, ce ne usciamo con frasi come:
non volevo importunare, temevo di
disturbare, ecc. Ricordiamo la parabola del Buon Samaritano o del ricco
epulone e il povero Lazzaro!? Bisogna
vincere “una sorta di anestesia spirituale che rende ciechi alle sofferenze
altrui”! Come? Risponde il Papa: non
tacendo di fronte al male; riscoprendo
l’importanza della correzione fraterna;
riconoscendo come grande servizio
aiutare e lasciarsi aiutare a leggere con
verità se stessi!
“L’altro mi appartiene”! Dobbiamo
manifestare perciò, un vero amore per
il prossimo, non solo per il suo ambito
materiale, ma soprattutto per quello
morale e spirituale. Il mondo è malato
- diceva Paolo VI - di mancanza di fraternità tra gli uomini e i popoli!
Tutti possiamo guarire questa malattia, generando frutti di solidarietà, di
giustizia, di misericordia, di compassione e di gioiosa gratuità!
“Gareggiamo nello stimarci a vicenda”! (Rm 12,10) e, aggiunge Benedetto XVI, sforziamoci di: non tacere di
fronte al male; di non dimenticare di
essere noi stessi peccatori e bisognosi
di carità nella verità. Questo è il deserto attraverso il quale intravediamo già
la Terra Promessa di Pasqua!
Buon Cammino!
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Con amore
accanto
a chi soffre
foto: G. Peter
foto: P. Aquilino
Piergiorgio AQUILINO
L
a Chiesa chiamata, sempre, a interrogarsi sul ruolo del laico. Questi infatti
- sappiamo bene - è interpellato, da cristiano, a vivere a fondo quella sua
impeccabile missione di christifideles.
A lui il Maestro non cessa mai di rivolgere il suo più suo accorato invito:
“Vieni e seguimi”.
Rispondere all’appello del Messia,
oggi, alla luce delle sempre più incalzanti e accattivanti controtendenze proposte dalla società secolare, si sa, è
impresa assai ardua: l’uomo, però, in
virtù del suo essere fedele cristiano, è
chiamato ovunque all’unione con Dio.
L’instaurare un rapporto con Lui, tendere alla perfezione cristiana, ossia alla
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Il dramma
dell’incontro
dell’uomo con Dio
santità, invita il singolo ad aprirsi al
prossimo, promuovendo quella relazione di fratellanza che solo la comunione
può dare. Incarnare, infatti, nel quotidiano la piena Rivelazione e la spiritualità forte che proviene dalla koinonia
(comunione) con Cristo e con la Chiesa,
praticando amore, è uno dei “sentieri”
che, oggi, il laico deve testimoniare.
Nel piano di sfida educativa che i
Vescovi hanno voluto lanciare in questi
anni e, in concomitanza con loro anche
il nostro Pastore in “Sentieri di Comunione”, vi è la premura di dedicare piccoli germogli spirituali, atti a presentare, nelle realtà locali, il progetto della
Chiesa odierna. Una Chiesa che, “com-
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Il febbraio
religioso
a Lucera
pagna di viaggio”, guida i laici alla corresponsabilità.
Queste anche le prerogative dei
Vescovi di Puglia che, in seguito al
documento del terzo Convegno Ecclesiastico della Conferenza Episcopale
Pugliese dello scorso aprile dal titolo “I
Laici nella Chiesa e nella Società
Pugliese, oggi”, hanno basato le proposizioni finali sulla figura del laico
impegnato che pone, all’apice del suo
progetto educativo, “la cura delle relazioni”.
Sì, relazionarsi.
Proprio come hanno voluto fare tutti i
Vescovi della Regione ecclesiastica di
Puglia che, per approfondire e meditare ancora sui testi di quel sempre
attuale documento, da lunedì 30 gennaio a mercoledì 2 febbraio scorso, si
sono riuniti presso il Centro di Spiritualità “Oasi Betania” della Diocesi di
Lucera-Troia: “giorni di incontro e di
continuità, aperti al dialogo e alla verifica delle situazioni pastorali e sociali di
ogni singola Chiesa locale; un evento
senza dubbio importante – lo ha commentato il vescovo monsignor Domenico Cornacchia – poiché, per la prima
volta nella storia della diocesi di Lucera-troia, si è tenuta una sessione di studi della C.E.P. proprio in queste terre
daune”.
Un’occasione sicuramente proficua
anche per le intense, seppur brevi, visite alle cittadine di Troia e Lucera, programmate per il 31 gennaio. La seconda delle tre giornate, difatti, è stata
sfruttata per ammirare le bellezze artistico-religiose racchiuse all’interno delle due Cattedrali, monumenti non solo
di arte, ma soprattutto di fede e storia
di un popolo.
I venti vescovi si sono mossi in mattinata presso la Città di Troia, ove hanno
potuto respirare la fede e la devozione
di un popolo celate all’interno di quella Basilica romanico-pugliese, per poi
portarsi presso le sale del Tesoro Capitolare che custodiscono ori, argenti e i
pregiatissimi Exultet. Nel pomeriggio,
invece la visita a Lucera, con prima tappa alla cella e al Santuario di San Francesco Antonio Fasani, luogo in cui alle
ore 19 è stata presieduta la Celebrazione Eucaristica dal presidente della
C.E.P., Mons. Francesco Cacucci, per
poi proseguire laddove riposano le
spoglie del beato Agostino Kazotic,
presso il gotico Duomo.
INSERTO
speciale
IL CARDINALE
PIETRO
PARENTE
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febbraio 2012 anno IV n. 34
FORMAZIONEeCULTURA
Chi
AMA
educa
TESTIMONI CREDIBILI PER
L’EMERGENZA EDUCATIVA
EDUCAZIONE
A GUARDARE OLTRE
ETTY HILLESUM
È tra le macerie di una giovane anima
ebrea che fiorisce una tra le relazioni più
autentiche tra Dio e la propria creatura “e se
Dio smetterà di aiutarmi, toccherà a me aiutare Dio”, queste le parole che la creatura
viveva attimo dopo attimo quando il buio del
terrore e del male trionfavano apparentemente. Ester (Etty) Hillesum ha 27 anni quando 7 novembre del ‘43 viene deportata nei
campi di concentramento di WesterbokAuschwitz un viaggio che la porterà a giungere nella pienezza dell’amore di un Dio che
si fa avanti in un silenzio quasi assente ma
che attira a sé, per trasformare ogni attimo
dell’esistenza in sublime preghiera.
“Cercherò di aiutarti affinchè tu non venga
distrutto dentro di me, ma che a priori non
posso prometterti nulla. L’unica cosa che
possiamo salvare di questi tempi è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. E forse
possiamo anche contribuire a disseppellirti
dai cuori devastati di altri uomini”, la giovane
ebrea scrive cercando di strappare dalla sua
anima la paura, la solitudine, le crisi che hanno un contrappeso nella sua attività giuridica
e nel suo corpo.
L’orrore della deportazione la porterà attraverso un lavoro profondo della sua anima a
riconoscere che Dio esiste in lei e in tutto ciò
che la circonda con una convinzione: “Il minimo atto di odio aggiunto a questo mondo lo
rende più inospitale di quanto non sia già e il
nostro unico dovere morale è quello di dissodare in noi stessi vaste aree di tranquillità, fintanto che si sia in grado d’irraggiarla anche
sugli altri. E più pace c’è nelle persone, più
pace ci sarà in questo mondo agitato”. Nello
squallore del campo guarda la realtà. E in
effetti l’educazione del cuore passa da quella dello sguardo. E che cosa vede Etty? Ciò
che vede, al di là del male, è il cielo. Il cielo,
pezzo di aria libera, che si stende tutto intero sopra lei. I piedi sono nel fango, ma il cuore rivolto al cielo, tra questi due poli opposti
della realtà rimane in piedi, in una tensione
da cui rifiuta di fuggire. La libertà di Etty: non
avvelenare il cuore da tutto ciò che lo tormenta.
Le ultime parole del suo diario prima di morire nella camera a gas: “Ho spezzato il mio
corpo come se fosse pane e l’ho distribuito
agli uomini”.
Enza BRUNO
Il messaggio del Papa per la giornata mondiale del malato
CON AMORE ACCANTO A CHI SOFFRE
L’ 11 febbraio, memoria liturgica delle apparizioni della Beata Vergine
Maria a Lourdes, è stata celebrata la
XX Giornata Mondiale del Malato, istituita dal beato Giovanni Paolo II. Lo
scopo è di sensibilizzare la società a
“donare” all’infermo una adeguata ed
efficiente assistenza e i cristiani a stare sempre “vicino” a chi soffre; di
valorizzare sul piano umano e soprannaturale la sofferenza; di far comprendere sempre meglio l’importanza dell’assistenza religiosa ai malati da parte dei sacerdoti.
Per questa “giornata” il Santo Padre
ha scritto un messaggio dal titolo
“Alzati e và, la tua fede ti ha salvato!”
In questo messaggio Benedetto XVI,
ha posto l'accento sui «Sacramenti di
guarigione», cioè sul Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione e
su quello dell'Unzione degli Infermi,
che hanno il loro naturale compimento nella Comunione Eucaristica.
Sacramenti che mettono in luce "il
binomio tra salute fisica e rinnova-
mento dalle lacerazioni dell'anima"...
Si tratta di mezzi preziosi della Grazia
di Dio, che aiutano il malato a conformarsi sempre più pienamente al
Mistero della Morte e Risurrezione di
Cristo. “Chi, nella propria sofferenza e
malattia - scrive il Papa - invoca il
Signore è certo che il Suo amore non
lo abbandona mai, e che anche l’amore della Chiesa (…) non viene mai
meno”.
“L’intera comunità ecclesiale - continua il Papa - e le comunità parrocchiali in particolare, prestino attenzione
nell’assicurare la possibilità di accostarsi con frequenza alla Comunione
sacramentale a coloro che, per motivi
di salute o di età, non possono recarsi nei luoghi di culto”. Il Papa, ricorda
come ogni sacramento esprime ed
attua la prossimità di Dio Stesso. Il
compito della Chiesa, è certamente
l’annuncio del Regno di Dio, “ma proprio questo stesso annuncio deve
essere un processo di guarigione:
"...fasciare le piaghe dei cuori spezza-
ti" (Is 61,1)» (ibid.), secondo l'incarico
affidato da Gesù ai suoi discepoli (cfr
Lc 9,1-2; Mt 10,1.5-14; Mc 6,7-13).
Avviandosi al termine Benedetto XVI
sottolinea come il “messaggio per la
XX Giornata Mondiale del malato
“Alzati e và; la tua fede ti ha salvato!”
guarda anche al prossimo “anno della
fede” occasione propizia e preziosa
per scoprire la forza e la bellezza della fede, approfondire i contenuti e per
testimoniarla nella vita di ogni giorno”. Il Papa incoraggia i malati e i sofferenti a “trovare sempre un’ancora
sicura nella fede, alimentata dall’ascolto della Parola di Dio, dalla preghiera personale e dai sacramenti”,
ed esorta i sacerdoti ad “essere sempre più disponibili alla loro celebrazione per gli infermi, pieni di gioia, premurosi verso i più deboli, i semplici, i
peccatori, manifestando l’infinita
misericordia di con le parole rassicuranti della speranza”.
Donato COPPOLELLA
Uomo
interiore
LA PERSONA UMANA E I SUOI MOLTI PROFILI
F acendo tesoro del mirabile messaggio biblico, la dottrina sociale della Chiesa si sofferma anzitutto sulle
principali ed inscindibili dimensioni
della persona umana, così da cogliere
le più rilevanti sfaccettature del suo
mistero e della sua dignità. Non sono
infatti mancate in passato, e si affacciano ancora drammaticamente sullo
scenario della storia attuale, molteplici concezioni riduttive, di carattere
ideologico o dovute semplicemente a
forme diffuse del costume e del pensiero, riguardanti la considerazione
dell'uomo, della sua vita e dei suoi
destini, accomunate dal tentativo di
offuscarne l'immagine mediante la
sottolineatura di una sola delle sue
caratteristiche, a scapito di tutte le
altre.
La persona non può mai essere pensata unicamente come assoluta indivi-
dualità, edificata da se stessa e su se
stessa, quasi che le sue caratteristiche
proprie non dipendessero da altri che
da sé. Né può essere pensata come
pura cellula di un organismo disposto
a riconoscerle, tutt'al più, un ruolo
funzionale all'interno di un sistema. Le
concezioni riduttive della piena verità
dell'uomo sono state già più volte
oggetto della sollecitudine sociale
della Chiesa, che non ha mancato di
levare la sua voce nei confronti di queste come di altre prospettive, drasticamente riduttive, preoccupandosi di
annunciare invece «che gli individui
non ci appaiono slegati tra loro quali
granelli di sabbia; ma bensì uniti in
organiche, armoniche e mutue relazioni» e che l'uomo non può essere
inteso come «un semplice elemento e
una molecola dell'organismo sociale»,
curando quindi che all'affermazione
del primato della persona non corrispondesse una visione individualistica
o massificata.
La fede cristiana, mentre invita a ricercare ovunque ciò che è buono e
degno dell'uomo, «si pone al di sopra
e talvolta all'opposto delle ideologie
in quanto riconosce Dio, trascendente
e Creatore, che interpella, a tutti i
livelli della creazione, l'uomo quale
essere responsabilmente libero».
La dottrina sociale si fa carico delle
differenti dimensioni del mistero dell'uomo, che richiede di essere accostato «nella piena verità della sua esistenza, del suo essere personale ed
insieme del suo essere comunitario e
sociale», con un'attenzione specifica,
così da consentirne la valutazione più
puntuale.
Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa
SPECIALE n.
6
Cardinale
Pietro Parente
ANNO IV
NUMERO 34
LUCERA
FEBBRAIO
2012
SANTA MESSA PER LE ESEQUIE DEL CARD. PIETRO PARENTE
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Mercoledì, 31 dicembre 1986
CENNI BIOGRAFICI
Dino DE CESARE
N asce a Casalnuovo Monterotaro il 18
febbraio 1891, da padre muratore e
madre casalinga. Nel 1906 entra nel
Seminario Arcivescovile di Benevento,
dove rimane fino alla prima classe liceale. Nel 1909 entra nel Seminario Pio in
Roma, fondato da Pio IX. A Roma consegue le lauree in Filosofia e Teologia a
sant' Apollinare e al Laterano.
Viene ordinato sacerdote il 18 marzo
1916 a Roma. Nel novembre dello stesso anno il cardinale Alessio Ascalesi lo
chiama a Benevento quale rettore del
Seminario, incarico che ricopre fino al
1926. In quegli anni è anche canonico
del Capitolo Metropolitano di Benevento, conseguendo la laurea in Lettere e
Filosofia presso la Regia Università di
Napoli. Richiamato a Roma, dal 1926 al
1938 insegna Teologia dogmatica nella
Pontificia Università Lateranense e dal
1930 al 1955 nella Pontificia Università
Urbaniana. Dal 1934 al 1938 è Rettore
del Collegio Urbano di Propaganda
Fide. Nel 1938 è inviato a Napoli per
rifondare la Facoltà di Teologia e Diritto
canonico presso l’Ateneo Arcivescovile.
Nel 1939 ritorna a Roma per riprendere
l’insegnamento teologico negli Atenei
Urbaniano di Propaganda Fide e del
Laterano. È consultore delle Sacre Congregazioni vaticane del Santo Ufficio del
Concilio, di Propaganda Fide e dei Seminari e delle Università degli studi.
Il 6 agosto 1952 è inviato dal Papa Pio XII
a Quebec (Canada) quale suo rappresentante per il Centenario dell’Università
Laval.
Il 14 giugno 1953 è nominato Canonico
della Basilica di San Pietro. Dal 1929 è
Esaminatore Apostolico del Clero romano; dal 1953 Socio della Pontificia Accademia di san Tommaso e dal 1954
Segretario della Pontificia Accademia
Teologica. Il 15 settembre 1955 Pio XII lo
nomina arcivescovo di Perugia, incarico
che ricopre fino al 1959. Nello stesso
anno Giovanni XXIII lo richiama a Roma
nominandolo Assessore della Suprema
Sacra Congregazione del Santo Uffizio.
In tale veste partecipa al Concilio Vaticano II ed è presidente della commissione
che tratta il tema della “collegialità episcopale”, con vari interventi orali e scritti
sulla Rivelazione, sulla Chiesa, sulla libertà religiosa, sui problemi morali oggetto
dello schema XIII (“Gaudium et spes”) e
soprattutto sulla Mariologia.
Il 26 giugno 1967 il Papa Paolo VI lo eleva alla porpora cardinalizia assegnandogli il titolo di San Lorenzo in Lucina.
Il 31 maggio 1978 in rappresentanza del
Pontefice torna per l’ultima volta a Foggia per pronunciare la “bolla papale” in
occasione della cerimonia per l’elevazione a Basilica del santuario dell’Incoronata Si spegne a Roma il 29 dicembre del
1986, all’età di 95 anni e 10 mesi. Le sue
spoglie sono custodite, per suo stesso
volere, nell’antica abbazia di Maria santissima della Rocca a Casalnuovo Monterotaro.
“O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti
cerco, di te ha sete l’anima mia . . .”.
Signori cardinali, fratelli e sorelle!
1. Le parole che abbiamo pronunziato,
recitando il Salmo responsoriale, penso
si addicano particolarmente al card. Pietro Parente, che ci ha lasciati alla veneranda età di novantasei anni, dopo
un’intensa vita tutta spesa al servizio di
Dio e della Chiesa, nell’amore e nell’insegnamento della Verità.
“Nel santuario ti ho cercato - continua il
Salmo - per contemplare la tua potenza e
la tua gloria. A te si stringe l’anima mia, e
la forza della tua destra mi sostiene” (Sal
62). Davvero, fin dalla sua prima giovinezza, il card. Parente ha stretto a Dio la
sua anima, a lui, verità assoluta, conosciuta dalla ragione, rivelata da Cristo e insegnata dalla Chiesa; e dalla sua forza
invincibile si è sentito sempre sostenuto.
Oggi siamo qui, con la mestizia che umanamente la realtà della morte non può
non portare nei nostri animi, per celebrare le esequie di un grande teologo, che
è stato maestro e guida, e che ha onorato la Chiesa e il collegio cardinalizio.
2. Riandare la sua lunga vita, significa
spingerci a ritroso nella storia di questo
secolo, esaltato da mirabili conquiste
della scienza e della tecnica, ma anche
oppresso da crisi dei valori cristiani; contrassegnato da un meraviglioso progresso, ma anche insidiato dal relativismo
morale e dalla violenza. In questo immane processo di contrasti e di nuove
espressioni del pensiero e del costume,
il card. Parente non è stato soltanto spettatore, ma persona autorevole e impegnata, e, in certo modo, anche protagonista.
Nato in Casalnuovo Monterotaro, della
diocesi di Lucera, fu ordinato sacerdote
nel marzo del 1916. Dopo aver diretto
per dieci anni il seminario arcivescovile di
Benevento, assunse la cattedra di teologia dogmatica all’Ateneo Lateranense e
poi, nel 1950, la cattedra di teologia
dogmatica all’Ateneo di “Propaganda
Fide”.
Nel 1955 Papa Pio XII volle che all’intensa attività di studio e di docente, il card.
Parente unisse anche l’esperienza della
diretta responsabilità pastorale e lo
nominò arcivescovo di Perugia. Quattro
anni dopo Papa Giovanni XXIII lo richiamava a Roma per nominarlo assessore
dell’allora Congregazione del Santo Uffizio, della quale poi fu segretario. Nel
1967 Paolo VI lo elesse cardinale
3. Il 18 marzo di quest’anno, in occasione del settantesimo anniversario della
sua ordinazione sacerdotale, il card.
Parente così scriveva: “Grande dono di
Dio il sacerdozio, che crea però l’esigenza della nostra corrispondenza alla grazia
divina. Secondo la dottrina della Chiesa
il sacerdote si definisce «alter Christus» e
«testis Christi»; il sacerdote deve riprodurre in sé Cristo per irradiarlo nel mondo con le parole e con l’esempio, rendendo testimonianza a lui fino al sangue.
L’itinerario sacerdotale è una «Via crucis»
. . . Posso dire che ho avuto la mia «Via
crucis», soffrendo abbastanza per la
Chiesa” (L’Osservatore Romano, 9 marzo 1986). Sono parole emblematiche,
che sintetizzano la sua lunga esistenza di
sacerdote e di teologo; egli ha amato la
Verità e per la Verità ha anche sofferto;
ha camminato nella fede - come scriveva
san Paolo ai Corinzi nella seconda lettura della Messa odierna -, sempre pieno
di fiducia, radicando la sua vita cristiana
e sacerdotale totalmente su Cristo e
orientandola totalmente verso la Gerusalemme celeste, la vera e definitiva
dimora di Dio con gli uomini, convinto
del valore decisivo delle consolanti parole del divin Maestro: “Non sia turbato il
vostro cuore! . . . Io vado a prepararvi un
posto . . . perché siate anche voi dove
sono io . . .” (Gv 14, 3-6).
Egli ci è di esempio e di stimolo; e noi,
mentre preghiamo per lui, lo ringraziamo!
4. In una intervista concessa lo scorso
anno a un quotidiano egli esprimeva la
sua piena fedeltà al Concilio Vaticano II e
la sua fiducia per l’avvenire della Chiesa:
“Il Concilio si è aperto sotto il segno di
un «aggiornamento» che non è stroncatura e condanna - così egli diceva - ma
piuttosto proposito della Chiesa di ripresentarsi al mondo moderno in una nuova veste . . . Il Concilio affronta la crisi e
cerca di superarla con metodo positivo,
affermando la Verità che esclude l’errore. In questo atteggiamento c’è del nuovo, che è sano sviluppo, ma non travisamento . . . È mia ferma convinzione che
il Concilio è stato provvidenziale, per
arrestare gli errori e per suscitare nella
Chiesa un salutare rinnovamento teoretico e pratico che darà i suoi frutti”.
Il card. Parente, che tanto scrisse a difesa della verità contro le deviazioni dottrinali, ci ha dato una lezione di sano e
costruttivo ottimismo. Ben aggiornato
circa le varie correnti della cultura
moderna e cosciente dei rischi che talune di esse possono comportare per le
coscienze cristiane, egli ha sempre difeso apertamente il valore della ragione
nella conoscenza della realtà, e quindi di
Dio, della Verità annunziata da Cristo, il
Verbo Incarnato, e affidata alla Chiesa. Il
cristianesimo infatti non è solamente
“cultura” e “civiltà”; è essenzialmente
“rivelazione” e perciò “dogma” e
“mistero”. Egli ha sempre appassionatamente sottolineato che il vero teologo è
colui che insegna ad accettare il Mistero,
e quindi insegna a pregare, ad adorare,
ad amare con pazienza e sacrificio, a
obbedire alla legge di Dio e alle disposizioni della Chiesa, ad attendere con
ansia gioiosa l’eterna ricompensa del
cielo. La vera teologia deve rendere più
buoni; deve invogliare ad essere santi
con l’aiuto della preghiera e dei sacramenti. In questo modo egli visse la teologia che credeva e che insegnava.
Con una certa amarezza così scriveva nel
suo ultimo articolo pubblicato nell’aprile
di quest’anno: “La crisi di oggi è soprattutto crisi religiosa e, in concreto, è
distacco da Cristo” (Palestra del clero,
15 aprile 1986).
Oggi il mondo contemporaneo ha bisogno di certezze circa il senso della vita, e
in questa prospettiva il card. Parente è
stato maestro, ricordando ciò che scriveva san Paolo: “È Cristo che noi annunziamo, ammonendo e istruendo ogni
uomo con sapienza, per rendere ciascuno perfetto in Cristo” (Col 1, 28).
La Verità ricercata, amata, difesa e vissuta; la Verità che è Dio rivelante; la Verità
che è Cristo, vivente nell’Eucaristia; questa si può definire la vita del nostro amato fratello card. Pietro Parente!
5. Pur con tutti i suoi meriti e la sua dedizione al servizio della Chiesa, il card.
Parente attendeva con timore l’incontro
con Dio: “Pensando ormai al mio prossimo giudizio finale - così scriveva nel già
citato articolo per il settantesimo dell’ordinazione sacerdotale - io tremo per le
mie formidabili responsabilità”, ma soggiungeva: “Ma mi attacco alla Vergine
santissima, Madre di Dio, e Madre mia,
che ho sempre teneramente amato,
invocandola con la Chiesa Madre della
grazia divina e della misericordia. E questo può cambiare il tremito del mio timore in fremito di amore e di speranza per
la mia salvezza eterna”.
Noi ringraziamo il Signore per aver dato
alla Chiesa del nostro tempo questa
testimonianza della personalità del card.
Parente; e mentre preghiamo per lui,
invochiamo Maria, Madre nostra, con le
sue stesse commoventi parole: “O
Maria, nel tuo cuore materno - chiudi i
cuori che sperano in te!”.
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febbraio 2012 anno IV n. 34 Numero speciale
IL PAESE DEL CARDINALE PIETRO PARENTE
U n paese, Casalnuovo Monterotaro,
che come altri del Preappennino dauno
si caratterizza sempre più per l’invecchiamento della sua popolazione a causa, oltre che dell’emigrazione delle forze
giovani e intellettuali, anche delle nascite sempre più scarse che fanno pendere
la bilancia a favore della popolazione
anziana.
Attualmente il paese fa registrare una
popolazione di circa 500 anziani su
1.671 abitanti complessivi, il che presuppone seri bisogni socio-assistenziali
della fascia anziana e quindi concreti e
mirati interventi nel settore.
È il caso di evidenziare che proprio a
favore degli anziani e, in genere, delle
persone meno abbienti e più bisognose,
la chiesa locale negli ultimi anni, grazie
all’incisiva azione pastorale dell’ex parroco don Domenico D’Avella, di quello
attuale don Mario De Crescenzo, di
padre Giovanni Salerno, della Congregazione degli Oblati, che ha realizzato
un’accogliente Casa di riposo, del Consiglio parrocchiale, ha fatto e sta facendo molto portando loro sempre una
parola di conforto, oltre che un concreto
aiuto materiale, per non farli sentire trascurati ed emarginati.
Un’attenzione, questa, verso le problematiche sociali e religiose della comunità locale, che il nuovo parroco don
Mario De Crescenzo vuole fortemente
perseguire «per rinnovare nei cuori di
tutti i Casalnovesi lo spirito della fede e
il valore della pace e della riconciliazione cristiana tra tutti». Basta un nome per
tutti, quello del cardinale Pietro Parente,
grande educatore di generazioni di
sacerdoti ed illustre teologo che ha avuto un ruolo preponderante nel Concilio
Vaticano II, per dire come e quanto
(sacerdoti, padri oblati e rogazionisti,
suore) Casalnuovo ha dato alla Chiesa e
vuole ancora dare nel solco della tradizione religiosa.
Da queste considerazioni emergono
alcuni essenziali punti di riferimento per
“leggere” in prospettiva il futuro religioso e sociale della comunità casalnovese.
Certamente occorre maggiore e più
qualificato impegno cristiano da parte di
tutti. Spesso si è solo “spettatori” e non
“attori” della vita cristiana quotidiana,
sul lavoro, nei rapporti con gli altri,
rispetto ai sacramenti, limitandosi ad
“andare a messa” o a sottoporsi a qualche pratica pia di rito, di fronte agli
“appelli” del parroco e dei sacerdoti a
dare più linfa propulsiva alle tante iniziative e attività parrocchiali che la chiesa
locale intraprende per l’elevazione
morale e cristiana dei ragazzi, dei giovani e delle famiglie.
Un impegno che, se profuso con passione e senso cristiano, contribuirà senza
dubbio a sconfiggere i mali che frenano
da decenni la crescita socio-economica
del paese, come la disoccupazione e il
progressivo abbandono dell’attività primaria locale, che è l’agricoltura.
Un impegno essenziale, questo, ribadito
anche dal giovane sindaco Pasquale De
Vita, perché «il paese deve guardare
con fiducia al futuro senza però dimenticare il passato, valorizzando le sue risorse endemiche. La nostra Comunità deve
credere nella propria volontà di riscatto
e di realizzazione di nuove opportunità
per i propri figli». È una “sfida” che la
Comunità casalnovese deve volere fortemente vincere, abbattendo le barriere
dell'individualismo, dell’antagonismo e
della contrapposizione a tutti i costi.
E così un “viaggio” dentro la cronaca
delle problematiche locali si conclude
con un anelito di speranza.
D. D. C.
L'ATTUALITÀ DELL’INSEGNAMENTO UMANO E TEOLOGICO
DEL CARDINALE PIETRO PARENTE
A 25 anni dalla scomparsa, l’Osservatore Romano ha dedicato un’intera
pagina al cardinale Pietro Parente, curata dal professore Antonio Pitta, della
Pontificia Università Lateranense, il quale ha concluso la sua dotta e articolata
dissertazione affermando: «Senza temere di peccare di riduzionismo il termine
“mistero” attraversa l’intera produzione
teologica di Parente: dal e nel mistero di
Cristo quello della Chiesa, perché il cristianesimo non si riduce a movimento
culturale, bensì è anzitutto espressione
del mistero di Dio e dell’uomo in Gesù
Cristo. E, anticipando le urgenze per la
nuova evangelizzazione e per la fede del
nostro tempo, poco prima di morire nel
1986 non esitò a dichiarare: “La crisi di
oggi è soprattutto crisi religiosa e, in
concreto, è distacco da Cristo”».
Era il 29 dicembre del 1986 quando,
all’età di 96 anni, il cardinal Parente
lasciava la vita terrena, inducendo il
papa Giovanni Paolo II ad affermare,
copiosa opera del porporato casalnovese e dauno, ricca di ben 427 titoli, tra
monografie, opuscoli, articoli e volumi
in materia prevalentemente filosofica e
teologica, tra i quali “L’Io di Cristo”, tra
le sue opere fondamentali, fino ad uno
dei suoi ultimi libri, “La crisi della Verità
e il Concilio Vaticano II”.
«Anche nei periodi di profonda crisi teologica, il card. Parente ha sempre conservato la sua linea» - puntualizza Di
Ruberto - «che ha rispettato il patrimonio della tradizione nella sua trama
sostanziale, ma sempre sensibile e aperdurante le esequie svoltesi in Vaticano:
«É morto un patriarca! Un grande teologo che è stato maestro e guida e che ha
onorato la Chiesa e il Collegio cardinalizio». Una scomparsa che ha lasciato il
vuoto, non solo in tutto il mondo ecclesiastico, ma soprattutto nella piccola
comunità che il 16 febbraio del 1891 gli
dette i natali, Casalnuovo Monterotaro,
e che il 16 maggio del 1988 gli ha intitolato la via principale del paese, oggi
appunto Corso Cardinale Pietro Parente
(ex Corso Vittorio Emanuele II), inaugurata tra il tripudio dell’intera popolazione dal cardinale Pietro Palazzini, ed il 12
agosto del 1998 gli eresse un busto
bronzeo in piazza Plebiscito alla presenza del cardinale Salvatore De Giorgi,
allora arcivescovo di Palermo.
«La vita del Parente fu un autentico servizio alla Chiesa e ai Pontefici che si
sono succeduti sulla cattedra di Pietro» -
afferma ancora Pitta sull’Osservatore
Romano - «Un servizio fedele e innervato sull’amore alla Verità che è Gesù Cristo e, per questo, non esente da sofferenze». Nel 1996, nell’anniversario del
decennale della morte dell’illustre Porporato, sempre sull’Osservatore Romano, Luigi Bugliolo scriveva: «L’insegnamento del card. Parente continua tuttora ad irradiare, nella parola di tanti professori e pastori d’anime da lui egregiamente preparati con la dottrina e con
l’esempio in ogni parte del mondo, la
luce per mezzo di quei fortunati che
l’ebbero come maestro e modello di vita
sacerdotale».
Per anni suo intimo e prezioso collaboratore, nonché segretario particolare e
biografo, monsignor Michele Di Ruberto, originario di Pietramontecorvino, nel
1991 ha raccolto in un volume (“Bibliografia del card. Pietro Parente”) la
to alla cultura moderna, selezionandone
e adottandone il meglio. Questo criterio
di equilibrio egli lo ha dimostrato nel
Concilio Vaticano II e nelle pubblicazioni
più vivaci».
Pietro Parente scelse come motto e programma per il suo ministero episcopale
l’asserzione paolina “Veritatem facientes
in caritate”.
D. D. C.
anno IV n. 34 febbraio 2012
pagina
3
CRONACHEedESPERIENZE
VI anniversario di don Divo Barsotti
IL DRAMMA DELL’INCONTRO DELL’UOMO CON DIO
tale e impegna i suoi membri a vivere
santamente le virtù teologali. Don
Divo organizzò la sua Comunità in
quattro rami, con laici e sacerdoti consacrati, che vivono nel mondo, e religiosi e religiose, che vivono in case di
vita comune. I giovani monaci, discepoli del Fondatore, continuano oggi il
suo apostolato. Le ‘famiglie’, nelle
quali è strutturata la Comunità, sono
oggi numerose in Italia (a Foggia è
presente una comunità di 50 consa-
UNA DONAZIONE
SPECIALE PER LA
crati) e nel mondo, Africa, Australia,
Sri Lanka e Columbia. Anche in molte
città della Puglia è presente la
“Comunità”. La sede centrale è Casa
‘San Sergio’ a Settignano, Firenze,
eremo dove don Divo visse fino alla
morte avvenuta il 15 febbraio 2006.
“Vivere la FEDE in Dio è credere in un
infinito che mi ama e vuole vivere un
rapporto con me” (don Divo Barsotti)
Nunzia DI TOMMASO
foto: S. Checchia
D omenica 19 febbraio alle 8,30 nel
Santuario Madre di Dio Incoronata di
Foggia, padre Damiano Silva, monaco
della “Comunità dei figli di Dio”, e
l’Assistente generale Vito Di Ciaula
commemoreranno il 6° anniversario
della morte del Fondatore don Divo
Barsotti, trattando il tema “Il dramma
dell’incontro dell’uomo con Dio”,
commentando pagine del suo diario
La lotta con l’Angelo.
Don Divo, oggi riconosciuto come
mistico del 900 e come uno degli
scrittori di spiritualità più importanti
del secolo, innamorato di Dio, appassionato ricercatore della verità a tutti
comunicava, attraverso i ritiri spirituali
e i suoi oltre 150 libri, il suo carisma
speciale che Dio gli aveva donato;
(nel 1972 fu chiamato a predicare in
Vaticano gli esercizi spirituali per il
Papa Paolo VI). La “Comunità dei figli
di Dio” è una famiglia religiosa che si
ispira alla spiritualità monastica orien-
Veglia per la pace
Mons. Luigi Novarese
S abato 21 gennaio nella cattedrale di Lucera si è tenuta la
veglia di preghiera per la pace presieduta dal vescovo
Domenico Cornacchia. Alla veglia, oltre alla partecipazione
di molti giovani e adulti di Azione Cattolica, sono stati presenti i sindaci di Troia Domenico Beccia, di Lucera Pasquale
Dotoli e di Volturino Donato Dotoli. Durante la veglia sono
stati letti alcuni messaggi di Benedetto XVI. In uno il Papa
rivolge una domanda: quali sono i luoghi dove matura una
vera educazione alla pace e alla giustizia? La risposta che egli
ci dà è: la famiglia. I ragazzi spesso sottovalutano quanto sia
importante la famiglia per ciascuno e quanto sia difficile per
i genitori educare un figlio. Per gli assistenti di Azione Cattolica il mese di gennaio è dedicato alla pace. Ogni giorno tutti parlano di pace spesso anche senza conoscerne il valore.
Pace, parola così corta ma con un significato immenso. Pace
è un fermarsi a guardare ciò che ci circonda, è un tempo privilegiato per rialzare lo sguardo, riconoscere l’altro ed è
anche un’occasione per guardare l’altro negli occhi. Anche il
Papa parla della pace dicendo che è dono di Dio e che per
i cristiani Cristo è la loro vera pace. La pace nasce dalla giustizia di ciascuno e nessuno può eludere questo impegno
essenziale di promuovere la giustizia, secondo le proprie
competenze e responsabilità.
B enedetto XVI, lunedì 19 dicembre scorso, ha firmato il
Decreto in cui si riconosce il miracolo ottenuto per intercessione di monsignori Luigi Novarese. Il Centro Volontari per la
Sofferenza diocesano ha celebrato il 10 dicembre la festa
dell’adesione nella cattedrale di Lucera, con la messa presieduta dal vicario generale monsignor Ciro Fanelli.
L’Anno Novaresiano in preparazione alla Beatificazione si è
aperto ufficialmente a Roma il 17 dicembre nella Chiesa di
Santa Maria del Suffragio in cui riposano le spoglie mortali
del fondatore. Nella diocesi di Lucera-Troia l’Anno è stato
aperto proponendo vari appuntamenti mensili di spiritualità
e di formazione coinvolgendo le parrocchie. L’iniziativa
denominata “Sui passi del Venerabile Luigi Novarese” è stata avviata il 21 gennaio scorso nella parrocchia di San Giacomo dove è stato ricordato anche don Franco D’Apollonio nel
quarto anniversario della nascita al cielo. Il prossimo
appuntamento sarà sabato 25 febbraio alle ore 18 nella parrocchia di San Francesco Antonio Fasani, a Lucera 2. La spiritualità di monsignor Novarese e il carisma del CVS ritengono l’ammalato non come oggetto ma come soggetto. È nato
un blog diocesano su cui poter acquisire tutte le informazioni utili: www.cvsluceratroia.blogspot.com
Ilaria LOMBANI
Arturo DI SABATO
Educare i giovani
La Voce del DIRETTORE
F erruccio Ulivi nel romanzo
“Come il tragitto di una stella” scandaglia la figura di Giuseppe di Nazareth. Egli vive la misteriosa lotta interiore col Mistero che viaggia sul
binario fatto dalle umane ragioni del
cuore e dalla fiducia in Dio. Ed è un
problema di fede.
È l’arduo approdo della fede di fronte all’umanamente incomprensibile,
specchio di quanto in vari momenti il
credente sperimenta; e che Giuseppe ha incarnato esemplarmente ed
emblematicamente, e che ha trovato spiegazione nelle parole della sua
amata Maria: “Non siamo noi che
Presto Beato
Il mistero di Giuseppe
scegliamo la strada da percorrere.
C’è chi lo fa in vece nostra infinitamente meglio. L’uomo, o la donna,
si domanda perché l’abbia fatto.
Ma la risposta non ci compete; la
coscienza deve seguire sicura, anche
se ignora il cammino. Una mano è
pronta a sostenerci nei punti facili e
in quelli scabrosi. È come il tragitto
di una stella. Le profondità del firmamento, o mio amato, non ci sgomentano: sgomentano chi crede
solo nelle tenebre. Il dubbio non sta
nelle cose, ma nei nostri animi; per
questo vedo con chiarezza in te, e so
di poterti parlare così”. E continua
più in là: “«No» ribatté lei, «sta a te
dire sì o no». La voce era decisa: «La
tua non è stata rassegnazione, ma
consenso. Virtù. E non ti resta che
continuare come hai fatto: obbedire». «D’accordo. Ma fino a quando?». «Non lo so. Nessuno ha mai
contato le stelle di una notte. Le
stelle sono come gli anni della
nostra vita. Ma l’infinito, l’incomputabile, sta ancora più in là»”.
Andiamo avanti senza perdere l’essenziale, la fede.
Leonardo CATALANO
BIBLIOTECA DIOCESANA
Marco TORINELLO
N ata nel corso del XVIII secolo con
l’istituzione del Seminario Vescovile,
la Biblioteca Diocesana di Lucera è
riuscita a raggiungere ed oltrepassare
la soglia dei ventimila volumi, grazie
ad un percorso di crescita del patrimonio librario caratterizzato soprattutto da lasciti e donazioni.
Proprio in questi ultimi anni un nuovo
cospicuo fondo (oltre millecinquecento volumi) è stato donato da mons.
Michele Di Ruberto, arcivescovo titolare di Biccari e segretario emerito
della Congregazione delle Cause dei
Santi. Al di là della consistenza numerica della donazione, è da segnalare al
suo interno la presenza di una collana
di volumi più unica che rara. Si tratta
della collezione delle “Positiones
super virtutibus vel super martyrio”,
ovvero gli atti dei processi di beatificazione e canonizzazione compiuti a
partire dal pontificato di Giovanni
Paolo II. Mons. Di Ruberto è entrato a
far parte nel 1969 della Congregazione, di cui divenne successivamente
sotto-segretario (1993) e segretario
(2007). A conclusione del suo mandato ha voluto arricchire e rendere speciale la biblioteca della sua Diocesi di
origine con la donazione di quasi
novecento Positiones, dando così la
possibilità a studenti, ricercatori e
appassionati di agiografia, di poter
consultare dei documenti preziosi sulle vite e i miracoli dei Santi.
PREGHIERA PER
L’UNITÀ DEI CRISTIANI
“T utti saremo trasformati dalla vittoria di Gesù Cristo, nostro Signore”:
su questo passo della prima Lettera ai
Corinzi, l’intera Chiesa Cristiana si è
ritrovata a pregare, dal 18 al 25 gennaio scorso, promuovendo il dialogo
interreligioso per l’unità dei cristiani.
Anche nella diocesi di Lucera-Troia si
è voluta una Celebrazione Ecumenica, fissata per martedì 24 gennaio, ai
piedi della Madonna Mediatrice presso il Santuario omonimo di Troia, presieduta dal vescovo monsignor
Domenico Cornacchia e da Giovanni
Magnifico, Pastore della Comunità
dei Valdesi di Orsara.
“Preghiamo per una sola unità, come
un distintivo da esibire della vera
fede, dal quale tutti capiranno di chi ci
facciamo testimoni: Gesù Cristo. Mettiamo da parte ciò che ci divide, come
ci ricordava Papa Roncalli, anzi, prendiamo ciò che ci unisce”: sono state
queste parole di mons. Cornacchia
che possono riassumere in sintesi tutta la preghiera ecumenica che dalla
nostra Diocesi si è innalzata per l’unità all’interno della Chiesa.
P. A.
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febbraio 2012 anno IV n. 34
QUARTAPAGINA
Il febbraio religioso nella chiesa dei Sacramentini di Lucera
È davvero un percorso di intensa, fervida fede mariana quello che si fa nella chiesa dei Sacramentini con la novena in onore della Madonna di Lourdes, un cammino
di preghiera. Un programma di forte partecipazione popolare, posto che qui giungono fedeli da tutte le parti della città, non
curanti del freddo polare che solitamente
fa da cornice atmosferica alla festività
dell’11 febbraio, che coincide anche con la
giornata dell’ammalato. E a proposito di
quest’ultima ricorrenza, è davvero commovente vedere sfilare lungo le vie della città
la statua della Madonna, al centro di un
corteo illuminato, nella penombra del
pomeriggio e poi della sera, dalla luce
suggestiva dei flambeaux: proprio come a
Lourdes. E il finale della processione non
può che avere come destinazione la Cattedrale, dove sono schierati in prima fila tanti ammalati che chiedono la benedizione
della Vergine Santissima, che da qualche
anno viene impartita dal vescovo monsignor Domenico Cornacchia.
È straordinario il destino di questa piccola
chiesa, che è diventata una sorta di piccolo santuario, dopo che era stata abbandonata e ignorata per tanti anni, benché
avesse un passato prestigioso. È questo
forse un miracolo della Madonna di Lourdes, che in questo luogo ha inteso far
vibrare forte il sentimento di intensa partecipazione alla storia straordinaria e rivoluzionaria della venuta del Cristo in terra. Il
recupero di questa chiesa non ha soltanto
ha un valore religioso per la città. Infatti,
essa ha pure una valenza culturale e architettonica che interessa la parte più antica
dell’abitato e ci riporta a tradizioni illuminanti della vita monastica della città, che è
stata un tempo culla di presidi religiosi,
come appunto quello dei “Sacramentini”,
il cui edificio rinviene da una antichissima
casa fatta erigere all’inizio del ‘500 dal
nobile Falcone. Nel 1700 fu restaurato dal
Parlamento lucerino e ceduto ai Padri
Sacramentisti. Questi erano chierici secolari missionari, veneratori del SS. Sacramento. Appartenevano ad una Congregazione fondata a Lucera (1745) dal P. Reden-
IL VANGELO DI MATTEO
torista Mannarino, perciò erano anche
chiamati Padri Mannarini. Tra i Rettori
Maggiori si ricorda il concittadino Francesco Zunica, nominato poi Arcivescovo di
Matera e di Acerenza da Papa Pio VI
(1776). L’attuale chiesa, dunque, non era
altro che la cappella del convento, dove si
praticava uno speciale culto al SS. Sacramento, con il contributo della Arciconfraternita dei “Bianchi”, i cui aderenti, vestiti
di sacco e di cappuccio, erano obbligati a
prestare opera di misericordia a favore dei
condannati a morte, come ci ricorda il
canonico don Vincenzo Di Sabato nella sua
“Storia ed arte nelle Chiese e nei Conventi di Lucera”.
Con la riapertura del tempio (1985) è stato anche possibile riprendere il culto per
San Biagio, che aveva avuto un momento
di stasi a causa della chiusura della chiesa
della “Madonna delle Grazie” in via San
Domenico, dichiarata inagibile a seguito
delle profonde crepe apertesi nelle strutture portanti. Tuttora tale chiesa è in fase di
abbandono. San Biagio così, trovò ricovero nei locali dei “Sacramentini” e qui ogni
anno, il 3 febbraio, continua in qualche
maniera a fare da battistrada alla festività
della Vergine di Lourdes, continua a riattualizzare la sua fervida testimonianza di
Pastore (era Vescovo) al servizio della chiesa e a non far disperdere una tradizione
devozionale che a Lucera ha radici molto
lontane e radicata nell’animo della popolo
religioso. Parallelamente al culto di San
Biagio si muove la devozione per la sue
reliquia (un pezzo di lingua), a cui si attribuisce un effetto taumaturgico.
Antonio DI MURO
ROSARIO FASANI
Q uanti rosari avrà recitato nella sua vita San
Francesco Antonio Fasani? Un numero infinito, e comunque direttamente proporzionale
all’amore e alla devozione che il Padre Maestro di Lucera nutriva per la Vergine, in particolare per l’Immacolata. L’Anno fasaniano si è
concluso da poco, ma nel 25esimo anniversario della sua canonizzazione sono fioccate
diverse e meritorie iniziative legate al culto
del santo lucerino. L’ultima in ordine di tempo
è l’edizione di un Rosario meditato con alcuni passi del Mariale del Fasani. L’iniziativa è
stata dei coniugi Luigia Maria e Donato Coppolella che hanno finanziato l’opera disponibile nel santuario di Piazza Tribunali.
R. Z.
SOLUZIONI VANGELO DI MARCO
CONVEGNO SU
BACHELET
L'Azione Cattolica Diocesana
- Settore Adulti - ha organizzato per venerdì 24 febbraio
presso l’auditorium del Seminario Vescovile di Lucera alle
ore 17,30 un convegno su
Vittorio Bachelet. Interverrà
Fabio Zavattaro giornalista
vaticanista del TG1 della RAI.
Per l'occasione sarà allestita
anche una mostra su Bachelet.
Mensile di informazione
della diocesi di Lucera-Troia
Editore
Diocesi di Lucera-Troia
Direttore responsabile
Matteo Francavilla
Direttore editoriale
Leonardo Catalano
Redazione
Donato Coppolella
Rocco Coppolella
Enza Gagliardi
Riccardo Zingaro
Sede
piazza Duomo, 13 - 71036 Lucera - Foggia
Tel/Fax 0881 520882
e-mail: [email protected]
Stampa
Ennio Cappetta & C. srl - Foggia
Anno IV, numero 34, febbraio 2012
Autorizzazione del Tribunale di Lucera
n. 139 del 27 gennaio 2009.
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Il Sentiero - Diocesi di Lucera Troia