ANNO IV NUMERO 34 LUCERA FEBBRAIO 2012 La voce del PASTORE QUARESIMA, TEMPO DI CORREZIONE FRATERNA! I Vescovi di Puglia riuniti nella nostra Diocesi La Chiesa impegnata sul ruolo del laicato + Domenico CORNACCHIA B enedetto XVI riassume il suo Messaggio per la Quaresima, nell’esortazione della Lettera agli Ebrei: ”Prestiamo attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle buone opere” (10, 24)! Con le Ceneri siamo proiettati verso il traguardo intermedio della Pasqua e, quello definitivo, della Santità! La Quaresima è il tempo favorevole del grande esodo, del passaggio da uno stile di vita, ripiegato su se stesso, egocentrico, ad uno stile proiettato verso Dio e verso il prossimo. Occorre prestare attenzione (=ad-tendere=tendere verso…) e premura al prossimo, alle sue debolezze e alle sue risorse! Questa è la sfida quaresimale! Oltre alla classica trilogia dell’elemosina, del digiuno e della preghiera però, c’è un altro mezzo di perfezione: il superamento dell’indifferenza celata, a volte, dietro una parvenza di rispetto per la “sfera privata”. Non di rado, ce ne usciamo con frasi come: non volevo importunare, temevo di disturbare, ecc. Ricordiamo la parabola del Buon Samaritano o del ricco epulone e il povero Lazzaro!? Bisogna vincere “una sorta di anestesia spirituale che rende ciechi alle sofferenze altrui”! Come? Risponde il Papa: non tacendo di fronte al male; riscoprendo l’importanza della correzione fraterna; riconoscendo come grande servizio aiutare e lasciarsi aiutare a leggere con verità se stessi! “L’altro mi appartiene”! Dobbiamo manifestare perciò, un vero amore per il prossimo, non solo per il suo ambito materiale, ma soprattutto per quello morale e spirituale. Il mondo è malato - diceva Paolo VI - di mancanza di fraternità tra gli uomini e i popoli! Tutti possiamo guarire questa malattia, generando frutti di solidarietà, di giustizia, di misericordia, di compassione e di gioiosa gratuità! “Gareggiamo nello stimarci a vicenda”! (Rm 12,10) e, aggiunge Benedetto XVI, sforziamoci di: non tacere di fronte al male; di non dimenticare di essere noi stessi peccatori e bisognosi di carità nella verità. Questo è il deserto attraverso il quale intravediamo già la Terra Promessa di Pasqua! Buon Cammino! PAG 2 Con amore accanto a chi soffre foto: G. Peter foto: P. Aquilino Piergiorgio AQUILINO L a Chiesa chiamata, sempre, a interrogarsi sul ruolo del laico. Questi infatti - sappiamo bene - è interpellato, da cristiano, a vivere a fondo quella sua impeccabile missione di christifideles. A lui il Maestro non cessa mai di rivolgere il suo più suo accorato invito: “Vieni e seguimi”. Rispondere all’appello del Messia, oggi, alla luce delle sempre più incalzanti e accattivanti controtendenze proposte dalla società secolare, si sa, è impresa assai ardua: l’uomo, però, in virtù del suo essere fedele cristiano, è chiamato ovunque all’unione con Dio. L’instaurare un rapporto con Lui, tendere alla perfezione cristiana, ossia alla PAG 3 Il dramma dell’incontro dell’uomo con Dio santità, invita il singolo ad aprirsi al prossimo, promuovendo quella relazione di fratellanza che solo la comunione può dare. Incarnare, infatti, nel quotidiano la piena Rivelazione e la spiritualità forte che proviene dalla koinonia (comunione) con Cristo e con la Chiesa, praticando amore, è uno dei “sentieri” che, oggi, il laico deve testimoniare. Nel piano di sfida educativa che i Vescovi hanno voluto lanciare in questi anni e, in concomitanza con loro anche il nostro Pastore in “Sentieri di Comunione”, vi è la premura di dedicare piccoli germogli spirituali, atti a presentare, nelle realtà locali, il progetto della Chiesa odierna. Una Chiesa che, “com- PAG 4 Il febbraio religioso a Lucera pagna di viaggio”, guida i laici alla corresponsabilità. Queste anche le prerogative dei Vescovi di Puglia che, in seguito al documento del terzo Convegno Ecclesiastico della Conferenza Episcopale Pugliese dello scorso aprile dal titolo “I Laici nella Chiesa e nella Società Pugliese, oggi”, hanno basato le proposizioni finali sulla figura del laico impegnato che pone, all’apice del suo progetto educativo, “la cura delle relazioni”. Sì, relazionarsi. Proprio come hanno voluto fare tutti i Vescovi della Regione ecclesiastica di Puglia che, per approfondire e meditare ancora sui testi di quel sempre attuale documento, da lunedì 30 gennaio a mercoledì 2 febbraio scorso, si sono riuniti presso il Centro di Spiritualità “Oasi Betania” della Diocesi di Lucera-Troia: “giorni di incontro e di continuità, aperti al dialogo e alla verifica delle situazioni pastorali e sociali di ogni singola Chiesa locale; un evento senza dubbio importante – lo ha commentato il vescovo monsignor Domenico Cornacchia – poiché, per la prima volta nella storia della diocesi di Lucera-troia, si è tenuta una sessione di studi della C.E.P. proprio in queste terre daune”. Un’occasione sicuramente proficua anche per le intense, seppur brevi, visite alle cittadine di Troia e Lucera, programmate per il 31 gennaio. La seconda delle tre giornate, difatti, è stata sfruttata per ammirare le bellezze artistico-religiose racchiuse all’interno delle due Cattedrali, monumenti non solo di arte, ma soprattutto di fede e storia di un popolo. I venti vescovi si sono mossi in mattinata presso la Città di Troia, ove hanno potuto respirare la fede e la devozione di un popolo celate all’interno di quella Basilica romanico-pugliese, per poi portarsi presso le sale del Tesoro Capitolare che custodiscono ori, argenti e i pregiatissimi Exultet. Nel pomeriggio, invece la visita a Lucera, con prima tappa alla cella e al Santuario di San Francesco Antonio Fasani, luogo in cui alle ore 19 è stata presieduta la Celebrazione Eucaristica dal presidente della C.E.P., Mons. Francesco Cacucci, per poi proseguire laddove riposano le spoglie del beato Agostino Kazotic, presso il gotico Duomo. INSERTO speciale IL CARDINALE PIETRO PARENTE pagina 2 febbraio 2012 anno IV n. 34 FORMAZIONEeCULTURA Chi AMA educa TESTIMONI CREDIBILI PER L’EMERGENZA EDUCATIVA EDUCAZIONE A GUARDARE OLTRE ETTY HILLESUM È tra le macerie di una giovane anima ebrea che fiorisce una tra le relazioni più autentiche tra Dio e la propria creatura “e se Dio smetterà di aiutarmi, toccherà a me aiutare Dio”, queste le parole che la creatura viveva attimo dopo attimo quando il buio del terrore e del male trionfavano apparentemente. Ester (Etty) Hillesum ha 27 anni quando 7 novembre del ‘43 viene deportata nei campi di concentramento di WesterbokAuschwitz un viaggio che la porterà a giungere nella pienezza dell’amore di un Dio che si fa avanti in un silenzio quasi assente ma che attira a sé, per trasformare ogni attimo dell’esistenza in sublime preghiera. “Cercherò di aiutarti affinchè tu non venga distrutto dentro di me, ma che a priori non posso prometterti nulla. L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini”, la giovane ebrea scrive cercando di strappare dalla sua anima la paura, la solitudine, le crisi che hanno un contrappeso nella sua attività giuridica e nel suo corpo. L’orrore della deportazione la porterà attraverso un lavoro profondo della sua anima a riconoscere che Dio esiste in lei e in tutto ciò che la circonda con una convinzione: “Il minimo atto di odio aggiunto a questo mondo lo rende più inospitale di quanto non sia già e il nostro unico dovere morale è quello di dissodare in noi stessi vaste aree di tranquillità, fintanto che si sia in grado d’irraggiarla anche sugli altri. E più pace c’è nelle persone, più pace ci sarà in questo mondo agitato”. Nello squallore del campo guarda la realtà. E in effetti l’educazione del cuore passa da quella dello sguardo. E che cosa vede Etty? Ciò che vede, al di là del male, è il cielo. Il cielo, pezzo di aria libera, che si stende tutto intero sopra lei. I piedi sono nel fango, ma il cuore rivolto al cielo, tra questi due poli opposti della realtà rimane in piedi, in una tensione da cui rifiuta di fuggire. La libertà di Etty: non avvelenare il cuore da tutto ciò che lo tormenta. Le ultime parole del suo diario prima di morire nella camera a gas: “Ho spezzato il mio corpo come se fosse pane e l’ho distribuito agli uomini”. Enza BRUNO Il messaggio del Papa per la giornata mondiale del malato CON AMORE ACCANTO A CHI SOFFRE L’ 11 febbraio, memoria liturgica delle apparizioni della Beata Vergine Maria a Lourdes, è stata celebrata la XX Giornata Mondiale del Malato, istituita dal beato Giovanni Paolo II. Lo scopo è di sensibilizzare la società a “donare” all’infermo una adeguata ed efficiente assistenza e i cristiani a stare sempre “vicino” a chi soffre; di valorizzare sul piano umano e soprannaturale la sofferenza; di far comprendere sempre meglio l’importanza dell’assistenza religiosa ai malati da parte dei sacerdoti. Per questa “giornata” il Santo Padre ha scritto un messaggio dal titolo “Alzati e và, la tua fede ti ha salvato!” In questo messaggio Benedetto XVI, ha posto l'accento sui «Sacramenti di guarigione», cioè sul Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione e su quello dell'Unzione degli Infermi, che hanno il loro naturale compimento nella Comunione Eucaristica. Sacramenti che mettono in luce "il binomio tra salute fisica e rinnova- mento dalle lacerazioni dell'anima"... Si tratta di mezzi preziosi della Grazia di Dio, che aiutano il malato a conformarsi sempre più pienamente al Mistero della Morte e Risurrezione di Cristo. “Chi, nella propria sofferenza e malattia - scrive il Papa - invoca il Signore è certo che il Suo amore non lo abbandona mai, e che anche l’amore della Chiesa (…) non viene mai meno”. “L’intera comunità ecclesiale - continua il Papa - e le comunità parrocchiali in particolare, prestino attenzione nell’assicurare la possibilità di accostarsi con frequenza alla Comunione sacramentale a coloro che, per motivi di salute o di età, non possono recarsi nei luoghi di culto”. Il Papa, ricorda come ogni sacramento esprime ed attua la prossimità di Dio Stesso. Il compito della Chiesa, è certamente l’annuncio del Regno di Dio, “ma proprio questo stesso annuncio deve essere un processo di guarigione: "...fasciare le piaghe dei cuori spezza- ti" (Is 61,1)» (ibid.), secondo l'incarico affidato da Gesù ai suoi discepoli (cfr Lc 9,1-2; Mt 10,1.5-14; Mc 6,7-13). Avviandosi al termine Benedetto XVI sottolinea come il “messaggio per la XX Giornata Mondiale del malato “Alzati e và; la tua fede ti ha salvato!” guarda anche al prossimo “anno della fede” occasione propizia e preziosa per scoprire la forza e la bellezza della fede, approfondire i contenuti e per testimoniarla nella vita di ogni giorno”. Il Papa incoraggia i malati e i sofferenti a “trovare sempre un’ancora sicura nella fede, alimentata dall’ascolto della Parola di Dio, dalla preghiera personale e dai sacramenti”, ed esorta i sacerdoti ad “essere sempre più disponibili alla loro celebrazione per gli infermi, pieni di gioia, premurosi verso i più deboli, i semplici, i peccatori, manifestando l’infinita misericordia di con le parole rassicuranti della speranza”. Donato COPPOLELLA Uomo interiore LA PERSONA UMANA E I SUOI MOLTI PROFILI F acendo tesoro del mirabile messaggio biblico, la dottrina sociale della Chiesa si sofferma anzitutto sulle principali ed inscindibili dimensioni della persona umana, così da cogliere le più rilevanti sfaccettature del suo mistero e della sua dignità. Non sono infatti mancate in passato, e si affacciano ancora drammaticamente sullo scenario della storia attuale, molteplici concezioni riduttive, di carattere ideologico o dovute semplicemente a forme diffuse del costume e del pensiero, riguardanti la considerazione dell'uomo, della sua vita e dei suoi destini, accomunate dal tentativo di offuscarne l'immagine mediante la sottolineatura di una sola delle sue caratteristiche, a scapito di tutte le altre. La persona non può mai essere pensata unicamente come assoluta indivi- dualità, edificata da se stessa e su se stessa, quasi che le sue caratteristiche proprie non dipendessero da altri che da sé. Né può essere pensata come pura cellula di un organismo disposto a riconoscerle, tutt'al più, un ruolo funzionale all'interno di un sistema. Le concezioni riduttive della piena verità dell'uomo sono state già più volte oggetto della sollecitudine sociale della Chiesa, che non ha mancato di levare la sua voce nei confronti di queste come di altre prospettive, drasticamente riduttive, preoccupandosi di annunciare invece «che gli individui non ci appaiono slegati tra loro quali granelli di sabbia; ma bensì uniti in organiche, armoniche e mutue relazioni» e che l'uomo non può essere inteso come «un semplice elemento e una molecola dell'organismo sociale», curando quindi che all'affermazione del primato della persona non corrispondesse una visione individualistica o massificata. La fede cristiana, mentre invita a ricercare ovunque ciò che è buono e degno dell'uomo, «si pone al di sopra e talvolta all'opposto delle ideologie in quanto riconosce Dio, trascendente e Creatore, che interpella, a tutti i livelli della creazione, l'uomo quale essere responsabilmente libero». La dottrina sociale si fa carico delle differenti dimensioni del mistero dell'uomo, che richiede di essere accostato «nella piena verità della sua esistenza, del suo essere personale ed insieme del suo essere comunitario e sociale», con un'attenzione specifica, così da consentirne la valutazione più puntuale. Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa SPECIALE n. 6 Cardinale Pietro Parente ANNO IV NUMERO 34 LUCERA FEBBRAIO 2012 SANTA MESSA PER LE ESEQUIE DEL CARD. PIETRO PARENTE OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II Mercoledì, 31 dicembre 1986 CENNI BIOGRAFICI Dino DE CESARE N asce a Casalnuovo Monterotaro il 18 febbraio 1891, da padre muratore e madre casalinga. Nel 1906 entra nel Seminario Arcivescovile di Benevento, dove rimane fino alla prima classe liceale. Nel 1909 entra nel Seminario Pio in Roma, fondato da Pio IX. A Roma consegue le lauree in Filosofia e Teologia a sant' Apollinare e al Laterano. Viene ordinato sacerdote il 18 marzo 1916 a Roma. Nel novembre dello stesso anno il cardinale Alessio Ascalesi lo chiama a Benevento quale rettore del Seminario, incarico che ricopre fino al 1926. In quegli anni è anche canonico del Capitolo Metropolitano di Benevento, conseguendo la laurea in Lettere e Filosofia presso la Regia Università di Napoli. Richiamato a Roma, dal 1926 al 1938 insegna Teologia dogmatica nella Pontificia Università Lateranense e dal 1930 al 1955 nella Pontificia Università Urbaniana. Dal 1934 al 1938 è Rettore del Collegio Urbano di Propaganda Fide. Nel 1938 è inviato a Napoli per rifondare la Facoltà di Teologia e Diritto canonico presso l’Ateneo Arcivescovile. Nel 1939 ritorna a Roma per riprendere l’insegnamento teologico negli Atenei Urbaniano di Propaganda Fide e del Laterano. È consultore delle Sacre Congregazioni vaticane del Santo Ufficio del Concilio, di Propaganda Fide e dei Seminari e delle Università degli studi. Il 6 agosto 1952 è inviato dal Papa Pio XII a Quebec (Canada) quale suo rappresentante per il Centenario dell’Università Laval. Il 14 giugno 1953 è nominato Canonico della Basilica di San Pietro. Dal 1929 è Esaminatore Apostolico del Clero romano; dal 1953 Socio della Pontificia Accademia di san Tommaso e dal 1954 Segretario della Pontificia Accademia Teologica. Il 15 settembre 1955 Pio XII lo nomina arcivescovo di Perugia, incarico che ricopre fino al 1959. Nello stesso anno Giovanni XXIII lo richiama a Roma nominandolo Assessore della Suprema Sacra Congregazione del Santo Uffizio. In tale veste partecipa al Concilio Vaticano II ed è presidente della commissione che tratta il tema della “collegialità episcopale”, con vari interventi orali e scritti sulla Rivelazione, sulla Chiesa, sulla libertà religiosa, sui problemi morali oggetto dello schema XIII (“Gaudium et spes”) e soprattutto sulla Mariologia. Il 26 giugno 1967 il Papa Paolo VI lo eleva alla porpora cardinalizia assegnandogli il titolo di San Lorenzo in Lucina. Il 31 maggio 1978 in rappresentanza del Pontefice torna per l’ultima volta a Foggia per pronunciare la “bolla papale” in occasione della cerimonia per l’elevazione a Basilica del santuario dell’Incoronata Si spegne a Roma il 29 dicembre del 1986, all’età di 95 anni e 10 mesi. Le sue spoglie sono custodite, per suo stesso volere, nell’antica abbazia di Maria santissima della Rocca a Casalnuovo Monterotaro. “O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia . . .”. Signori cardinali, fratelli e sorelle! 1. Le parole che abbiamo pronunziato, recitando il Salmo responsoriale, penso si addicano particolarmente al card. Pietro Parente, che ci ha lasciati alla veneranda età di novantasei anni, dopo un’intensa vita tutta spesa al servizio di Dio e della Chiesa, nell’amore e nell’insegnamento della Verità. “Nel santuario ti ho cercato - continua il Salmo - per contemplare la tua potenza e la tua gloria. A te si stringe l’anima mia, e la forza della tua destra mi sostiene” (Sal 62). Davvero, fin dalla sua prima giovinezza, il card. Parente ha stretto a Dio la sua anima, a lui, verità assoluta, conosciuta dalla ragione, rivelata da Cristo e insegnata dalla Chiesa; e dalla sua forza invincibile si è sentito sempre sostenuto. Oggi siamo qui, con la mestizia che umanamente la realtà della morte non può non portare nei nostri animi, per celebrare le esequie di un grande teologo, che è stato maestro e guida, e che ha onorato la Chiesa e il collegio cardinalizio. 2. Riandare la sua lunga vita, significa spingerci a ritroso nella storia di questo secolo, esaltato da mirabili conquiste della scienza e della tecnica, ma anche oppresso da crisi dei valori cristiani; contrassegnato da un meraviglioso progresso, ma anche insidiato dal relativismo morale e dalla violenza. In questo immane processo di contrasti e di nuove espressioni del pensiero e del costume, il card. Parente non è stato soltanto spettatore, ma persona autorevole e impegnata, e, in certo modo, anche protagonista. Nato in Casalnuovo Monterotaro, della diocesi di Lucera, fu ordinato sacerdote nel marzo del 1916. Dopo aver diretto per dieci anni il seminario arcivescovile di Benevento, assunse la cattedra di teologia dogmatica all’Ateneo Lateranense e poi, nel 1950, la cattedra di teologia dogmatica all’Ateneo di “Propaganda Fide”. Nel 1955 Papa Pio XII volle che all’intensa attività di studio e di docente, il card. Parente unisse anche l’esperienza della diretta responsabilità pastorale e lo nominò arcivescovo di Perugia. Quattro anni dopo Papa Giovanni XXIII lo richiamava a Roma per nominarlo assessore dell’allora Congregazione del Santo Uffizio, della quale poi fu segretario. Nel 1967 Paolo VI lo elesse cardinale 3. Il 18 marzo di quest’anno, in occasione del settantesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale, il card. Parente così scriveva: “Grande dono di Dio il sacerdozio, che crea però l’esigenza della nostra corrispondenza alla grazia divina. Secondo la dottrina della Chiesa il sacerdote si definisce «alter Christus» e «testis Christi»; il sacerdote deve riprodurre in sé Cristo per irradiarlo nel mondo con le parole e con l’esempio, rendendo testimonianza a lui fino al sangue. L’itinerario sacerdotale è una «Via crucis» . . . Posso dire che ho avuto la mia «Via crucis», soffrendo abbastanza per la Chiesa” (L’Osservatore Romano, 9 marzo 1986). Sono parole emblematiche, che sintetizzano la sua lunga esistenza di sacerdote e di teologo; egli ha amato la Verità e per la Verità ha anche sofferto; ha camminato nella fede - come scriveva san Paolo ai Corinzi nella seconda lettura della Messa odierna -, sempre pieno di fiducia, radicando la sua vita cristiana e sacerdotale totalmente su Cristo e orientandola totalmente verso la Gerusalemme celeste, la vera e definitiva dimora di Dio con gli uomini, convinto del valore decisivo delle consolanti parole del divin Maestro: “Non sia turbato il vostro cuore! . . . Io vado a prepararvi un posto . . . perché siate anche voi dove sono io . . .” (Gv 14, 3-6). Egli ci è di esempio e di stimolo; e noi, mentre preghiamo per lui, lo ringraziamo! 4. In una intervista concessa lo scorso anno a un quotidiano egli esprimeva la sua piena fedeltà al Concilio Vaticano II e la sua fiducia per l’avvenire della Chiesa: “Il Concilio si è aperto sotto il segno di un «aggiornamento» che non è stroncatura e condanna - così egli diceva - ma piuttosto proposito della Chiesa di ripresentarsi al mondo moderno in una nuova veste . . . Il Concilio affronta la crisi e cerca di superarla con metodo positivo, affermando la Verità che esclude l’errore. In questo atteggiamento c’è del nuovo, che è sano sviluppo, ma non travisamento . . . È mia ferma convinzione che il Concilio è stato provvidenziale, per arrestare gli errori e per suscitare nella Chiesa un salutare rinnovamento teoretico e pratico che darà i suoi frutti”. Il card. Parente, che tanto scrisse a difesa della verità contro le deviazioni dottrinali, ci ha dato una lezione di sano e costruttivo ottimismo. Ben aggiornato circa le varie correnti della cultura moderna e cosciente dei rischi che talune di esse possono comportare per le coscienze cristiane, egli ha sempre difeso apertamente il valore della ragione nella conoscenza della realtà, e quindi di Dio, della Verità annunziata da Cristo, il Verbo Incarnato, e affidata alla Chiesa. Il cristianesimo infatti non è solamente “cultura” e “civiltà”; è essenzialmente “rivelazione” e perciò “dogma” e “mistero”. Egli ha sempre appassionatamente sottolineato che il vero teologo è colui che insegna ad accettare il Mistero, e quindi insegna a pregare, ad adorare, ad amare con pazienza e sacrificio, a obbedire alla legge di Dio e alle disposizioni della Chiesa, ad attendere con ansia gioiosa l’eterna ricompensa del cielo. La vera teologia deve rendere più buoni; deve invogliare ad essere santi con l’aiuto della preghiera e dei sacramenti. In questo modo egli visse la teologia che credeva e che insegnava. Con una certa amarezza così scriveva nel suo ultimo articolo pubblicato nell’aprile di quest’anno: “La crisi di oggi è soprattutto crisi religiosa e, in concreto, è distacco da Cristo” (Palestra del clero, 15 aprile 1986). Oggi il mondo contemporaneo ha bisogno di certezze circa il senso della vita, e in questa prospettiva il card. Parente è stato maestro, ricordando ciò che scriveva san Paolo: “È Cristo che noi annunziamo, ammonendo e istruendo ogni uomo con sapienza, per rendere ciascuno perfetto in Cristo” (Col 1, 28). La Verità ricercata, amata, difesa e vissuta; la Verità che è Dio rivelante; la Verità che è Cristo, vivente nell’Eucaristia; questa si può definire la vita del nostro amato fratello card. Pietro Parente! 5. Pur con tutti i suoi meriti e la sua dedizione al servizio della Chiesa, il card. Parente attendeva con timore l’incontro con Dio: “Pensando ormai al mio prossimo giudizio finale - così scriveva nel già citato articolo per il settantesimo dell’ordinazione sacerdotale - io tremo per le mie formidabili responsabilità”, ma soggiungeva: “Ma mi attacco alla Vergine santissima, Madre di Dio, e Madre mia, che ho sempre teneramente amato, invocandola con la Chiesa Madre della grazia divina e della misericordia. E questo può cambiare il tremito del mio timore in fremito di amore e di speranza per la mia salvezza eterna”. Noi ringraziamo il Signore per aver dato alla Chiesa del nostro tempo questa testimonianza della personalità del card. Parente; e mentre preghiamo per lui, invochiamo Maria, Madre nostra, con le sue stesse commoventi parole: “O Maria, nel tuo cuore materno - chiudi i cuori che sperano in te!”. pagina 2 febbraio 2012 anno IV n. 34 Numero speciale IL PAESE DEL CARDINALE PIETRO PARENTE U n paese, Casalnuovo Monterotaro, che come altri del Preappennino dauno si caratterizza sempre più per l’invecchiamento della sua popolazione a causa, oltre che dell’emigrazione delle forze giovani e intellettuali, anche delle nascite sempre più scarse che fanno pendere la bilancia a favore della popolazione anziana. Attualmente il paese fa registrare una popolazione di circa 500 anziani su 1.671 abitanti complessivi, il che presuppone seri bisogni socio-assistenziali della fascia anziana e quindi concreti e mirati interventi nel settore. È il caso di evidenziare che proprio a favore degli anziani e, in genere, delle persone meno abbienti e più bisognose, la chiesa locale negli ultimi anni, grazie all’incisiva azione pastorale dell’ex parroco don Domenico D’Avella, di quello attuale don Mario De Crescenzo, di padre Giovanni Salerno, della Congregazione degli Oblati, che ha realizzato un’accogliente Casa di riposo, del Consiglio parrocchiale, ha fatto e sta facendo molto portando loro sempre una parola di conforto, oltre che un concreto aiuto materiale, per non farli sentire trascurati ed emarginati. Un’attenzione, questa, verso le problematiche sociali e religiose della comunità locale, che il nuovo parroco don Mario De Crescenzo vuole fortemente perseguire «per rinnovare nei cuori di tutti i Casalnovesi lo spirito della fede e il valore della pace e della riconciliazione cristiana tra tutti». Basta un nome per tutti, quello del cardinale Pietro Parente, grande educatore di generazioni di sacerdoti ed illustre teologo che ha avuto un ruolo preponderante nel Concilio Vaticano II, per dire come e quanto (sacerdoti, padri oblati e rogazionisti, suore) Casalnuovo ha dato alla Chiesa e vuole ancora dare nel solco della tradizione religiosa. Da queste considerazioni emergono alcuni essenziali punti di riferimento per “leggere” in prospettiva il futuro religioso e sociale della comunità casalnovese. Certamente occorre maggiore e più qualificato impegno cristiano da parte di tutti. Spesso si è solo “spettatori” e non “attori” della vita cristiana quotidiana, sul lavoro, nei rapporti con gli altri, rispetto ai sacramenti, limitandosi ad “andare a messa” o a sottoporsi a qualche pratica pia di rito, di fronte agli “appelli” del parroco e dei sacerdoti a dare più linfa propulsiva alle tante iniziative e attività parrocchiali che la chiesa locale intraprende per l’elevazione morale e cristiana dei ragazzi, dei giovani e delle famiglie. Un impegno che, se profuso con passione e senso cristiano, contribuirà senza dubbio a sconfiggere i mali che frenano da decenni la crescita socio-economica del paese, come la disoccupazione e il progressivo abbandono dell’attività primaria locale, che è l’agricoltura. Un impegno essenziale, questo, ribadito anche dal giovane sindaco Pasquale De Vita, perché «il paese deve guardare con fiducia al futuro senza però dimenticare il passato, valorizzando le sue risorse endemiche. La nostra Comunità deve credere nella propria volontà di riscatto e di realizzazione di nuove opportunità per i propri figli». È una “sfida” che la Comunità casalnovese deve volere fortemente vincere, abbattendo le barriere dell'individualismo, dell’antagonismo e della contrapposizione a tutti i costi. E così un “viaggio” dentro la cronaca delle problematiche locali si conclude con un anelito di speranza. D. D. C. L'ATTUALITÀ DELL’INSEGNAMENTO UMANO E TEOLOGICO DEL CARDINALE PIETRO PARENTE A 25 anni dalla scomparsa, l’Osservatore Romano ha dedicato un’intera pagina al cardinale Pietro Parente, curata dal professore Antonio Pitta, della Pontificia Università Lateranense, il quale ha concluso la sua dotta e articolata dissertazione affermando: «Senza temere di peccare di riduzionismo il termine “mistero” attraversa l’intera produzione teologica di Parente: dal e nel mistero di Cristo quello della Chiesa, perché il cristianesimo non si riduce a movimento culturale, bensì è anzitutto espressione del mistero di Dio e dell’uomo in Gesù Cristo. E, anticipando le urgenze per la nuova evangelizzazione e per la fede del nostro tempo, poco prima di morire nel 1986 non esitò a dichiarare: “La crisi di oggi è soprattutto crisi religiosa e, in concreto, è distacco da Cristo”». Era il 29 dicembre del 1986 quando, all’età di 96 anni, il cardinal Parente lasciava la vita terrena, inducendo il papa Giovanni Paolo II ad affermare, copiosa opera del porporato casalnovese e dauno, ricca di ben 427 titoli, tra monografie, opuscoli, articoli e volumi in materia prevalentemente filosofica e teologica, tra i quali “L’Io di Cristo”, tra le sue opere fondamentali, fino ad uno dei suoi ultimi libri, “La crisi della Verità e il Concilio Vaticano II”. «Anche nei periodi di profonda crisi teologica, il card. Parente ha sempre conservato la sua linea» - puntualizza Di Ruberto - «che ha rispettato il patrimonio della tradizione nella sua trama sostanziale, ma sempre sensibile e aperdurante le esequie svoltesi in Vaticano: «É morto un patriarca! Un grande teologo che è stato maestro e guida e che ha onorato la Chiesa e il Collegio cardinalizio». Una scomparsa che ha lasciato il vuoto, non solo in tutto il mondo ecclesiastico, ma soprattutto nella piccola comunità che il 16 febbraio del 1891 gli dette i natali, Casalnuovo Monterotaro, e che il 16 maggio del 1988 gli ha intitolato la via principale del paese, oggi appunto Corso Cardinale Pietro Parente (ex Corso Vittorio Emanuele II), inaugurata tra il tripudio dell’intera popolazione dal cardinale Pietro Palazzini, ed il 12 agosto del 1998 gli eresse un busto bronzeo in piazza Plebiscito alla presenza del cardinale Salvatore De Giorgi, allora arcivescovo di Palermo. «La vita del Parente fu un autentico servizio alla Chiesa e ai Pontefici che si sono succeduti sulla cattedra di Pietro» - afferma ancora Pitta sull’Osservatore Romano - «Un servizio fedele e innervato sull’amore alla Verità che è Gesù Cristo e, per questo, non esente da sofferenze». Nel 1996, nell’anniversario del decennale della morte dell’illustre Porporato, sempre sull’Osservatore Romano, Luigi Bugliolo scriveva: «L’insegnamento del card. Parente continua tuttora ad irradiare, nella parola di tanti professori e pastori d’anime da lui egregiamente preparati con la dottrina e con l’esempio in ogni parte del mondo, la luce per mezzo di quei fortunati che l’ebbero come maestro e modello di vita sacerdotale». Per anni suo intimo e prezioso collaboratore, nonché segretario particolare e biografo, monsignor Michele Di Ruberto, originario di Pietramontecorvino, nel 1991 ha raccolto in un volume (“Bibliografia del card. Pietro Parente”) la to alla cultura moderna, selezionandone e adottandone il meglio. Questo criterio di equilibrio egli lo ha dimostrato nel Concilio Vaticano II e nelle pubblicazioni più vivaci». Pietro Parente scelse come motto e programma per il suo ministero episcopale l’asserzione paolina “Veritatem facientes in caritate”. D. D. C. anno IV n. 34 febbraio 2012 pagina 3 CRONACHEedESPERIENZE VI anniversario di don Divo Barsotti IL DRAMMA DELL’INCONTRO DELL’UOMO CON DIO tale e impegna i suoi membri a vivere santamente le virtù teologali. Don Divo organizzò la sua Comunità in quattro rami, con laici e sacerdoti consacrati, che vivono nel mondo, e religiosi e religiose, che vivono in case di vita comune. I giovani monaci, discepoli del Fondatore, continuano oggi il suo apostolato. Le ‘famiglie’, nelle quali è strutturata la Comunità, sono oggi numerose in Italia (a Foggia è presente una comunità di 50 consa- UNA DONAZIONE SPECIALE PER LA crati) e nel mondo, Africa, Australia, Sri Lanka e Columbia. Anche in molte città della Puglia è presente la “Comunità”. La sede centrale è Casa ‘San Sergio’ a Settignano, Firenze, eremo dove don Divo visse fino alla morte avvenuta il 15 febbraio 2006. “Vivere la FEDE in Dio è credere in un infinito che mi ama e vuole vivere un rapporto con me” (don Divo Barsotti) Nunzia DI TOMMASO foto: S. Checchia D omenica 19 febbraio alle 8,30 nel Santuario Madre di Dio Incoronata di Foggia, padre Damiano Silva, monaco della “Comunità dei figli di Dio”, e l’Assistente generale Vito Di Ciaula commemoreranno il 6° anniversario della morte del Fondatore don Divo Barsotti, trattando il tema “Il dramma dell’incontro dell’uomo con Dio”, commentando pagine del suo diario La lotta con l’Angelo. Don Divo, oggi riconosciuto come mistico del 900 e come uno degli scrittori di spiritualità più importanti del secolo, innamorato di Dio, appassionato ricercatore della verità a tutti comunicava, attraverso i ritiri spirituali e i suoi oltre 150 libri, il suo carisma speciale che Dio gli aveva donato; (nel 1972 fu chiamato a predicare in Vaticano gli esercizi spirituali per il Papa Paolo VI). La “Comunità dei figli di Dio” è una famiglia religiosa che si ispira alla spiritualità monastica orien- Veglia per la pace Mons. Luigi Novarese S abato 21 gennaio nella cattedrale di Lucera si è tenuta la veglia di preghiera per la pace presieduta dal vescovo Domenico Cornacchia. Alla veglia, oltre alla partecipazione di molti giovani e adulti di Azione Cattolica, sono stati presenti i sindaci di Troia Domenico Beccia, di Lucera Pasquale Dotoli e di Volturino Donato Dotoli. Durante la veglia sono stati letti alcuni messaggi di Benedetto XVI. In uno il Papa rivolge una domanda: quali sono i luoghi dove matura una vera educazione alla pace e alla giustizia? La risposta che egli ci dà è: la famiglia. I ragazzi spesso sottovalutano quanto sia importante la famiglia per ciascuno e quanto sia difficile per i genitori educare un figlio. Per gli assistenti di Azione Cattolica il mese di gennaio è dedicato alla pace. Ogni giorno tutti parlano di pace spesso anche senza conoscerne il valore. Pace, parola così corta ma con un significato immenso. Pace è un fermarsi a guardare ciò che ci circonda, è un tempo privilegiato per rialzare lo sguardo, riconoscere l’altro ed è anche un’occasione per guardare l’altro negli occhi. Anche il Papa parla della pace dicendo che è dono di Dio e che per i cristiani Cristo è la loro vera pace. La pace nasce dalla giustizia di ciascuno e nessuno può eludere questo impegno essenziale di promuovere la giustizia, secondo le proprie competenze e responsabilità. B enedetto XVI, lunedì 19 dicembre scorso, ha firmato il Decreto in cui si riconosce il miracolo ottenuto per intercessione di monsignori Luigi Novarese. Il Centro Volontari per la Sofferenza diocesano ha celebrato il 10 dicembre la festa dell’adesione nella cattedrale di Lucera, con la messa presieduta dal vicario generale monsignor Ciro Fanelli. L’Anno Novaresiano in preparazione alla Beatificazione si è aperto ufficialmente a Roma il 17 dicembre nella Chiesa di Santa Maria del Suffragio in cui riposano le spoglie mortali del fondatore. Nella diocesi di Lucera-Troia l’Anno è stato aperto proponendo vari appuntamenti mensili di spiritualità e di formazione coinvolgendo le parrocchie. L’iniziativa denominata “Sui passi del Venerabile Luigi Novarese” è stata avviata il 21 gennaio scorso nella parrocchia di San Giacomo dove è stato ricordato anche don Franco D’Apollonio nel quarto anniversario della nascita al cielo. Il prossimo appuntamento sarà sabato 25 febbraio alle ore 18 nella parrocchia di San Francesco Antonio Fasani, a Lucera 2. La spiritualità di monsignor Novarese e il carisma del CVS ritengono l’ammalato non come oggetto ma come soggetto. È nato un blog diocesano su cui poter acquisire tutte le informazioni utili: www.cvsluceratroia.blogspot.com Ilaria LOMBANI Arturo DI SABATO Educare i giovani La Voce del DIRETTORE F erruccio Ulivi nel romanzo “Come il tragitto di una stella” scandaglia la figura di Giuseppe di Nazareth. Egli vive la misteriosa lotta interiore col Mistero che viaggia sul binario fatto dalle umane ragioni del cuore e dalla fiducia in Dio. Ed è un problema di fede. È l’arduo approdo della fede di fronte all’umanamente incomprensibile, specchio di quanto in vari momenti il credente sperimenta; e che Giuseppe ha incarnato esemplarmente ed emblematicamente, e che ha trovato spiegazione nelle parole della sua amata Maria: “Non siamo noi che Presto Beato Il mistero di Giuseppe scegliamo la strada da percorrere. C’è chi lo fa in vece nostra infinitamente meglio. L’uomo, o la donna, si domanda perché l’abbia fatto. Ma la risposta non ci compete; la coscienza deve seguire sicura, anche se ignora il cammino. Una mano è pronta a sostenerci nei punti facili e in quelli scabrosi. È come il tragitto di una stella. Le profondità del firmamento, o mio amato, non ci sgomentano: sgomentano chi crede solo nelle tenebre. Il dubbio non sta nelle cose, ma nei nostri animi; per questo vedo con chiarezza in te, e so di poterti parlare così”. E continua più in là: “«No» ribatté lei, «sta a te dire sì o no». La voce era decisa: «La tua non è stata rassegnazione, ma consenso. Virtù. E non ti resta che continuare come hai fatto: obbedire». «D’accordo. Ma fino a quando?». «Non lo so. Nessuno ha mai contato le stelle di una notte. Le stelle sono come gli anni della nostra vita. Ma l’infinito, l’incomputabile, sta ancora più in là»”. Andiamo avanti senza perdere l’essenziale, la fede. Leonardo CATALANO BIBLIOTECA DIOCESANA Marco TORINELLO N ata nel corso del XVIII secolo con l’istituzione del Seminario Vescovile, la Biblioteca Diocesana di Lucera è riuscita a raggiungere ed oltrepassare la soglia dei ventimila volumi, grazie ad un percorso di crescita del patrimonio librario caratterizzato soprattutto da lasciti e donazioni. Proprio in questi ultimi anni un nuovo cospicuo fondo (oltre millecinquecento volumi) è stato donato da mons. Michele Di Ruberto, arcivescovo titolare di Biccari e segretario emerito della Congregazione delle Cause dei Santi. Al di là della consistenza numerica della donazione, è da segnalare al suo interno la presenza di una collana di volumi più unica che rara. Si tratta della collezione delle “Positiones super virtutibus vel super martyrio”, ovvero gli atti dei processi di beatificazione e canonizzazione compiuti a partire dal pontificato di Giovanni Paolo II. Mons. Di Ruberto è entrato a far parte nel 1969 della Congregazione, di cui divenne successivamente sotto-segretario (1993) e segretario (2007). A conclusione del suo mandato ha voluto arricchire e rendere speciale la biblioteca della sua Diocesi di origine con la donazione di quasi novecento Positiones, dando così la possibilità a studenti, ricercatori e appassionati di agiografia, di poter consultare dei documenti preziosi sulle vite e i miracoli dei Santi. PREGHIERA PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI “T utti saremo trasformati dalla vittoria di Gesù Cristo, nostro Signore”: su questo passo della prima Lettera ai Corinzi, l’intera Chiesa Cristiana si è ritrovata a pregare, dal 18 al 25 gennaio scorso, promuovendo il dialogo interreligioso per l’unità dei cristiani. Anche nella diocesi di Lucera-Troia si è voluta una Celebrazione Ecumenica, fissata per martedì 24 gennaio, ai piedi della Madonna Mediatrice presso il Santuario omonimo di Troia, presieduta dal vescovo monsignor Domenico Cornacchia e da Giovanni Magnifico, Pastore della Comunità dei Valdesi di Orsara. “Preghiamo per una sola unità, come un distintivo da esibire della vera fede, dal quale tutti capiranno di chi ci facciamo testimoni: Gesù Cristo. Mettiamo da parte ciò che ci divide, come ci ricordava Papa Roncalli, anzi, prendiamo ciò che ci unisce”: sono state queste parole di mons. Cornacchia che possono riassumere in sintesi tutta la preghiera ecumenica che dalla nostra Diocesi si è innalzata per l’unità all’interno della Chiesa. P. A. pagina 4 febbraio 2012 anno IV n. 34 QUARTAPAGINA Il febbraio religioso nella chiesa dei Sacramentini di Lucera È davvero un percorso di intensa, fervida fede mariana quello che si fa nella chiesa dei Sacramentini con la novena in onore della Madonna di Lourdes, un cammino di preghiera. Un programma di forte partecipazione popolare, posto che qui giungono fedeli da tutte le parti della città, non curanti del freddo polare che solitamente fa da cornice atmosferica alla festività dell’11 febbraio, che coincide anche con la giornata dell’ammalato. E a proposito di quest’ultima ricorrenza, è davvero commovente vedere sfilare lungo le vie della città la statua della Madonna, al centro di un corteo illuminato, nella penombra del pomeriggio e poi della sera, dalla luce suggestiva dei flambeaux: proprio come a Lourdes. E il finale della processione non può che avere come destinazione la Cattedrale, dove sono schierati in prima fila tanti ammalati che chiedono la benedizione della Vergine Santissima, che da qualche anno viene impartita dal vescovo monsignor Domenico Cornacchia. È straordinario il destino di questa piccola chiesa, che è diventata una sorta di piccolo santuario, dopo che era stata abbandonata e ignorata per tanti anni, benché avesse un passato prestigioso. È questo forse un miracolo della Madonna di Lourdes, che in questo luogo ha inteso far vibrare forte il sentimento di intensa partecipazione alla storia straordinaria e rivoluzionaria della venuta del Cristo in terra. Il recupero di questa chiesa non ha soltanto ha un valore religioso per la città. Infatti, essa ha pure una valenza culturale e architettonica che interessa la parte più antica dell’abitato e ci riporta a tradizioni illuminanti della vita monastica della città, che è stata un tempo culla di presidi religiosi, come appunto quello dei “Sacramentini”, il cui edificio rinviene da una antichissima casa fatta erigere all’inizio del ‘500 dal nobile Falcone. Nel 1700 fu restaurato dal Parlamento lucerino e ceduto ai Padri Sacramentisti. Questi erano chierici secolari missionari, veneratori del SS. Sacramento. Appartenevano ad una Congregazione fondata a Lucera (1745) dal P. Reden- IL VANGELO DI MATTEO torista Mannarino, perciò erano anche chiamati Padri Mannarini. Tra i Rettori Maggiori si ricorda il concittadino Francesco Zunica, nominato poi Arcivescovo di Matera e di Acerenza da Papa Pio VI (1776). L’attuale chiesa, dunque, non era altro che la cappella del convento, dove si praticava uno speciale culto al SS. Sacramento, con il contributo della Arciconfraternita dei “Bianchi”, i cui aderenti, vestiti di sacco e di cappuccio, erano obbligati a prestare opera di misericordia a favore dei condannati a morte, come ci ricorda il canonico don Vincenzo Di Sabato nella sua “Storia ed arte nelle Chiese e nei Conventi di Lucera”. Con la riapertura del tempio (1985) è stato anche possibile riprendere il culto per San Biagio, che aveva avuto un momento di stasi a causa della chiusura della chiesa della “Madonna delle Grazie” in via San Domenico, dichiarata inagibile a seguito delle profonde crepe apertesi nelle strutture portanti. Tuttora tale chiesa è in fase di abbandono. San Biagio così, trovò ricovero nei locali dei “Sacramentini” e qui ogni anno, il 3 febbraio, continua in qualche maniera a fare da battistrada alla festività della Vergine di Lourdes, continua a riattualizzare la sua fervida testimonianza di Pastore (era Vescovo) al servizio della chiesa e a non far disperdere una tradizione devozionale che a Lucera ha radici molto lontane e radicata nell’animo della popolo religioso. Parallelamente al culto di San Biagio si muove la devozione per la sue reliquia (un pezzo di lingua), a cui si attribuisce un effetto taumaturgico. Antonio DI MURO ROSARIO FASANI Q uanti rosari avrà recitato nella sua vita San Francesco Antonio Fasani? Un numero infinito, e comunque direttamente proporzionale all’amore e alla devozione che il Padre Maestro di Lucera nutriva per la Vergine, in particolare per l’Immacolata. L’Anno fasaniano si è concluso da poco, ma nel 25esimo anniversario della sua canonizzazione sono fioccate diverse e meritorie iniziative legate al culto del santo lucerino. L’ultima in ordine di tempo è l’edizione di un Rosario meditato con alcuni passi del Mariale del Fasani. L’iniziativa è stata dei coniugi Luigia Maria e Donato Coppolella che hanno finanziato l’opera disponibile nel santuario di Piazza Tribunali. R. Z. SOLUZIONI VANGELO DI MARCO CONVEGNO SU BACHELET L'Azione Cattolica Diocesana - Settore Adulti - ha organizzato per venerdì 24 febbraio presso l’auditorium del Seminario Vescovile di Lucera alle ore 17,30 un convegno su Vittorio Bachelet. Interverrà Fabio Zavattaro giornalista vaticanista del TG1 della RAI. Per l'occasione sarà allestita anche una mostra su Bachelet. Mensile di informazione della diocesi di Lucera-Troia Editore Diocesi di Lucera-Troia Direttore responsabile Matteo Francavilla Direttore editoriale Leonardo Catalano Redazione Donato Coppolella Rocco Coppolella Enza Gagliardi Riccardo Zingaro Sede piazza Duomo, 13 - 71036 Lucera - Foggia Tel/Fax 0881 520882 e-mail: [email protected] Stampa Ennio Cappetta & C. srl - Foggia Anno IV, numero 34, febbraio 2012 Autorizzazione del Tribunale di Lucera n. 139 del 27 gennaio 2009.