PROGETTI AVIS Fra Veneto, Slovenia, Romania Indagine su tre nazioni al dono N on ci stancheremo mai di ribadirlo. L'Avis, come recita anche l'articolo 4 del Nuovo Statuto, è una rete di organizzazioni. Per la sua struttura interna, ma anche per il suo rapportarsi con le altre associazioni e istituzioni. Ed è proprio da questa felice predisposizione alla cooperazione che nasce la nuova ricerca promossa dall'Avis regionale Veneto. “La donazione di sangue e i comportamenti legati alla salute in tre nazioni europee: Slovenia, Italia (regione Veneto) e Romania” è il titolo dell'indagine realizzata da un gruppo di lavoro del Dipartimento di Psicologia dell'Università di Padova, in collaborazione con la Croce Rossa e il Centro trasfusionale sloveni e con la Fundatia Donatorilor Benevoli de Sange rumena. Alla presentazione “in anteprima”, il 16 febbraio all'Università di Psicologia di Padova, erano presenti dirigenti e responsabili Avis e dopo i saluti del presidente dell'Avis regionale, Alberto Argentoni, la parola è passata al dott. Santinello e alla dott.sa Galbiati, coordinatori del progetto. Obiettivo principale della ricerca: reperire informazioni precise e aggiornate circa i comportamenti associati alla salute e gli atteggiamenti diffusi nei confronti della donazione di sangue, così da poter poi realizzare delle campagne mirate di comunicazione e promozione del dono. Lo strumento impiegato, a tale fine, è stato quello del questionario, somministrato telefonicamente nel caso della Slovenia e mediante il metodo scientifico CATI, gestito dall'Istituto Demetra, per quanto riguarda il contesto italiano e rumeno. Come campione d'indagine, sono state selezionate persone tra i 18 e i 65 anni, residenti in una delle tre nazioni coinvolte e in possesso di telefonia fissa. Per una popolazione complessiva di oltre 3 milioni d'unità. Strano, ma vero. A livello internazionale, i dati ci dicono che i donatori non rappresentano affatto una categoria particolarmente attenta alla propria salute: il fumo o il soprappeso, infatti, colpirebbero i donatori allo stesso modo di coloro che non donano. Altre tendenze interessanti sembrerebbero accomunare le nazioni in esame: la maggior parte del campione, per esempio, “non dona ma sarebbe interessato” a farlo se potesse contare su una certa flessibilità e autonomia di organizzazione. Soprattutto in Slovenia e in Veneto, le associazioni che si occupano di donazione di sangue sono considerate molto importanti per il benessere della società. Veneti e rumeni, inoltre, sostengono che sia sufficiente il riconoscimento pubblico del donatore, ma anche il fatto di poter contare sul giorno di riposo o sull'opportunità di eseguire gratuitamente alcuni esami rappresenterebbe un valido incentivo. Passando a considerare i dati prettamente italiani, si nota che tra i dona- tori e gli ex donatori rientrano soprattutto uomini con un'età superiore ai 40 anni, mentre il genere femminile prevale fra i potenziali donatori. In tal senso, le giovani ragazze rappresenterebbero un appetibile target a cui rivolgersi con messaggi di stimolo e di invito a concretizzare la donazione. E i punti che ci dovrebbero indurre ad intervenire per migliorare i servizi offerti ai nostri donatori, non si esauriscono qui. Alla domanda “perché ha smesso di donare?”, infatti, il campione ha fatto riferimento soprattutto alle difficoltà logistiche incontrate e ad una fisiologica paura degli aghi. E come si configurano gli stili di vita dei nostri donatori? Anche a tale riguardo, le sorprese non mancano. Essi sono partico- In collaborazione con l’Università di Padova un’ampia ricerca sulle abitudini di vita dei donatori. larmente critici nel modo di percepire il proprio stato di salute, ma non fanno poi molto per aumentare il grado di benessere: fumano in media come il resto della popolazione ma in quantità superiore, sono spesso in soprappeso e bevono alcolici con una maggior frequenza, pur non superando generalmente i due bicchieri di vino a pasto. A fronte di questi dati statistici, ogni giudizio di valore risulterebbe inopportuno. Quello che realmente conta, è che l'indagine non muoia in sé stessa, ma che risulti utile per futuri sviluppi, soprattutto nell'ambito della comunicazione e dell'educazione sanitaria. Come ha evidenziato la dottoressa Galbiati: “entro la primavera, procederemo con la stesura definitiva del rapporto sulla ricerca internazionale, con la produzione di articoli per riviste scientifiche del settore e con la distribuzione-utilizzo dei dati raccolti”. Il workshop relativo è previsto a Padova il 28 marzo. L. R. 15 COOPERAZIONE INTERNAZIONALE Romania: quasi un gemellaggio Avis e donatori della Croce Rossa slovena insieme per sostenere l’associazione dei donatori volontari di Romania. I n questi ultimi anni, la sede regionale dell'Avis Veneto ha intessuto rapporti con alcune associazioni di donatori volontari vicine al nostro territorio triveneto. Così, dopo la positiva esperienza slovena, insieme si è pensato di aiutare la crescita del volontariato rumeno nel settore del sangue. Per farvi capire meglio, ecco qualche numero di questo Paese: la popolazione rumena è costituita da 22,3 milioni di persone, la superficie è di 237.500 kmq, la capitale è Bucarest con 2 milioni di abitanti e la religione maggiormente presente è quella cristiana (ortodossi, cattolici, uniati, protestanti). Confina con Bulgaria, Serbia, Ungheria, Ucraina e Moldavia. Per vostra curiosità, comprende anche il vasto altopiano della Transilvania (nostra terra d'origine….) di cui è ancora noto il signore del territorio, il conte Dracula. Grossa parte del sangue (dati 2006) viene raccolto grazie a datori di sangue a pagamento, come capita negli altri Stati vicini, e solo il 10% delle 400 mila sacche raccolte è da donatori volontari e gratuiti. Esistono piccole associazioni locali. Una sola ha una ramificazione nazionale, la “Fundatia Donatorilor Benevoli de Sange” con sede a Bucarest, guidata da anni dalla dottoressa Aimee Bugner. Ai datori di sangue a pagamento, oltre a 2 giornate di riposo, vengono concessi voucher (buoni) per comprare generi alimentari, ticket per utilizzo gratuito di bus e metro per 50 giorni ed altri incentivi. Ai donatori di sangue, invece, nulla. La Fondazione nazionale non dispone di risorse proprie e, di volta in volta, presenta progetti alle istituzioni nazionali e comunitarie (dal suo ingresso nella Comunità) chiedendo fondi. D'intesa con l'Unione Europea, nei prossimi anni il Parlamento rumeno dovrà avvicinare la propria legislazione a quella degli altri Stati membri recependo l'invito ad andare verso la sola donazione di sangue non retribuita. E non sarà facile! Sulla scorta di quanto detto, Avis, Croce Rossa e “Fundatia” hanno realizzato un progetto, in condivisione con l'Organizzazione mondiale della sanità della Comunità Europea (WHO Regional Office for Europe con sede a Copenhagen) e l'Università di Padova, che sta elaborando i dati raccolti. Finalità è una ricerca transnazionale con l'obiettivo di poter confrontare le tre diverse realtà, comprendendo i legami tra comportamenti legati alla salute ed il comportamento alla donazione. Capire tali legami può fornire un utile contributo ai progetti di promozione della salute e dall'altra ai programmi finalizzati ad incentivare le persone a diventare donatori. Il tutto con una visione allargata a territori europei che ha seguito percorsi o si trovano a stadi diversi nelle strategie sanitarie rivolte alla popolazione. Avis e Croce Rossa slovena ne hanno sostenuto interamente le spese. I risultati, disponibili a breve, saranno portati agli organi istituzionali e diffusi con convegni che organizzeremo nei tre territori e di cui daremo conto in un prossimo numero del nostro periodico. Vale la pena, però, segnalare un'altra iniziativa che i donatori veneti hanno messo in campo con l'inizio del 2008. Su richiesta della dottoressa Bugner, presidente di “Fundatia Donatorilor Benevoli de Sange” sono stati stampati a nostre spese circa 15 mila opuscoli che verranno distribuiti, durante le visite dell'associazione locale, agli studenti delle scuole di alcuni centri rumeni (Bucarest, Timisoara, Costanza ecc.) per far crescere la cultura del dono nei bambini, così come continuiamo a fare nelle nostre scuole venete. Francesco Magarotto 16 Argentina: Rosario ottava ‘provincia’? A d un anno dalla prima visita, una delegazione dell'Avis del Veneto è tornata in Argentina per incontrare i donatori di sangue argentini riuniti sotto la sigla Avas. Avas è l'associazione di donatori nata dal progetto dell'Avis nazionale: “Italia-Argentina, un legame di sangue che si rinnova”. L'iniziativa prende vita in seno alle comunità italiane, ma ha la volontà di essere una realtà capace di coinvolgere tutta la popolazione, a prescindere dalle singole origini. Importante l'obiettivo: creare un'organizzazione capace di promuovere una rete di donatori volontari di sangue, che faccia arrivare anche l'Argentina alla sicurezza e all'autosufficienza trasfusionale. Si tratta di un progetto di non facile attuazione dal momento che in Argentina il fabbisogno di sangue è soddisfatto attraverso il coinvolgimento dei familiari e dei donatori occasionali, con grandi difficoltà a garantire una terapia trasfusionale adeguata. Il Ministero della Sanità Argentina sta lavorando al problema, promuovendo campagne di sensibilizzazione e di mobilitazione, ma non è ancora chiara la strategia che intende utilizzare. Quello con la pianificazione di un programma di raccolte occasionali, supportate da attività promozionali specifiche oppure il modello italiano con la promozione e il supporto di una forte rete associativa di donatori volontari periodici? Noi siamo andati a illustrare il modello veneto, presentando con orgoglio i nostri dati e i nostri risultati. L'Avas ha già fatto i suoi primi passi: ha un suo Statuto, ha ottenuto il riconoscimento giuridico in una serie di province, ha formato una prima rete di dirigenti e intessuto una fitta serie di contatti e collaborazioni con le istituzioni politiche, sanitarie e universitarie. Siamo certi che le basi create e i presupposti siano quelli necessari per ottenere dei risultati importanti. Così come lo scorso anno, l'Avis regionale ha scelto di intraprendere il proprio viaggio (dal 26 novembre al 3 dicembre 2007) assieme alle Istituzioni politiche del Veneto, che da anni conducono un'attività di supporto e di sviluppo delle molte comunità venete presenti in quella terra. Abbiamo accompagnato l'assessore regionale ai flussi migratori, Oscar De Bona, e una rappresentanza del Comune di Belluno, che si accingevano a firmare una serie di accordi culturali-economici con le Municipalità di Bariloche e di Villa La Angostura, nella Patagonia settentrionale. La nostra presenza, così, è andata ad integrare e a completare un progetto di collaborazione e di supporto veneto-argentino, che ha molti vincoli: la comune origine e le medesime prospettive ma, anche, un simile sentire culturale e valoriale. È stato bello vedere l'apprezzamento e l'entusiasmo con cui le nostre autorità politiche si sono spese per presentare e valorizzare la nostra presenza e il nostro impegno. Così come abbiamo percepito l'immediata comprensione e la valutazione positiva del nostro progetto da parte delle comunità venete-italiane e delle autorità argentine. Che cosa viene ora richiesto all'Avis del Veneto? Di supportare per un paio di anni lo sviluppo di una realtà locale Avas per poter dimostrare la validità del suo modello organizzativo ed operativo. Queste esperienze “modello”, ovvero sperimentali, dovrebbero essere poi di esempio e di stimolo alla creazione di convenzioni e di rapporti strutturati tra Avas e Istituzioni politico-sanitarie nazionali e locali. Il nostro impegno Parte il progetto di collaborazione veneto-argentino che vedrà nella città di Rosario, ad alto tasso di discendenti di immigrati veneti e italiani, la nascita di un’Avas (Associazione volontari argentini sangue). sarà indirizzato al sostegno della sezione Avas della città di Rosario, nella provincia di Santa Fè. Si tratta di una città di oltre un milione di abitanti, collocata sulle sponde del fiume Paranà, con una grandissima comunità di origine italiana (è stata la seconda città argentina come immigrazione italiana). Il nucleo dirigente nasce attorno al Comiter e alle comunità veneta, molisana, sarda, lucana. C'è già un accordo con la locale sede dell'Università italiana di Medicina e con l'autorità sanitaria provinciale. Ora si attende il riconoscimento giuridico dell'associazione e poi l'avventura può cominciare! Alberto Argentoni 17