IL CLUB Anno XVI n. 92 (gennaio/febbraio 2008) Bimestrale di informazione per i soci del Club Plein Air BdS Pubblicazione periodica a circolazione interna inviata anche ad altre associazioni di campeggio e alla stampa Responsabile editoriale Maurizio Karra Associazione dei camperisti e degli amanti del plein air del Redazione Mimma Ferrante, Giangiacomo Sideli e Alfio Triolo Collaboratori Larisa ed Emanuele Amenta, Gabriella Braidotti, Luigi Fiscella, Enza Messina e Vittorio Parrino Aderente a In questo numero: Editoriale A.I.T.R. Associazione Italiana Turismo Responsabile pag. 3 Vita del Club Il progetto di adozioni a distanza Bianca, soffice, candida neve All’inseguimento dei formaggi 4 5 7 Tecnica e Mercato Gemellato con Camping Car Club ProvenceCote d’Azur Calabria Camper Club Sila Sede sociale Via Rosolino Pilo n.33 90139 Palermo Tel 091.608.5152 Fax 091.608.5517 Internet: www.pleinairbds.it E-mail: [email protected] Parliamo di tecnica La punta di una nuova linea Una valida idea per viaggiare in due Made in Italy o no? 10 12 15 16 Viaggi e Turismo Un solo Stato, un solo Popolo, un solo Capo Voglia di libertà Quel paradiso lassù tra i monti 17 20 24 Terra di Sicilia Acireale, non solo Carnevale La storia passò di qui L’angolo della poesia 30 32 33 Comitato di Coordinamento Maurizio Karra (Presidente); Giangiacomo Sideli (Vice Presidente); Francesco Bonsangue, Adele Crivello, Patrizia La China, Massimiliano Magno ed Elio Rea (Consiglieri); Mimma Ferrante, Enrico Gristina, Vittorio Parrino e Alfio Triolo (Collaboratori) Collegio sindacale Silvana Caruso La Rosa (Presidente); Luigi Fiscella e Franco Gulotta (Componenti) Collegio dei Probiviri Pippo Campo (Presidente); Giuseppe Carollo e Pietro Inzerillo (Componenti) Rubriche Viaggiare in modo responsabile Terza pagina Vita in camper Musica in camper Cucina da camper Riflessioni Internet, che passione News, notizie in breve L’ultima parola 34 35 38 40 40 41 42 44 48 In copertina - I nostri camper nel borgo medievale di Castroreale - foto di Maurizio Karra Questo numero è anche online sul nostro sito Internet www.pleinairbds.it IL CLUB n. 92 – pag. 2 Editoriale C i avviciniamo ai sedici anni di vita del nostro Club – il compleanno avverrà a fine marzo – e mi rendo conto che, forse proprio per questo, non è facile trovare idee nuove per la vita associativa; me ne rendo conto guardando la cartina della nostra Isola, all’interno dei cui confini siamo costretti a muoverci con i nostri camper per gran parte dell’anno, e me ne rendo conto nell’organizzare insieme al direttivo le gite e gli altri programmi che poi tutti voi, cari amici, leggete in seno alle varie circolari emanate. Non che ciò che facciamo da anni non mi piaccia più, sia chiaro; ma sono convinto che senza un continuo rinnovamento si finisca col cadere nel banale. E a tutto posso abituarmi tranne che alle banalità, voi mi conoscete. In effetti, dopo anni di gite in lungo e in largo, ma sempre in Sicilia (e solo qualche volta in Calabria o sporadicamente in altre regioni d’Italia), a parte i viaggi a più lungo raggio, credo che per noi siciliani sia davvero difficile in un fine settimana utilizzare i nostri camper senza ritornare anche più volte in luoghi già noti, per altro bellissimi; e questo nonostante alcune destinazioni risultino nuove ai soci che del Club fanno parte solo da pochi anni, non avendo vissuto quindi tutte le esperienze passate. Proprio per questo, facendo esplicito riferimento al nome di un centro commerciale alla periferia di Palermo che di tanto in tanto vado a visitare (uscendo sempre con qualcosa che non pensavo inizialmente di “dovere” acquistare), ho ipotizzato anche per il nostro Club di dare vita a una sorta di “Fabbrica delle idee”, un laboratorio aperto a disposizione di tutti i soci per costruire progetti di ogni tipo, anche al di fuori di ciò che si può fare in camper, così da consentire al direttivo di esaminare suggerimenti anche informali buttati quasi a caso da chi, magari la mattina svegliandosi, ricorda di avere avuto in sogno un’idea: un cesto in cui provare a indirizzare, come in un allenamento di basket, i tanti palloni che ci vengono davanti nella nostra vita quotidiana o che siamo in grado di raccogliere “a bordo campo”. Come realizzare tutto questo? Ci lavoriamo già da tempo insieme a Giangiacomo Sideli e stiamo parlando di un’altra sezione del nostro sito Internet, all’interno dell’area riservata ai soci, prevista già da qualche tempo e adesso finalmente concretizzatasi, una sorta di “lavagna virtuale” dove appendere dei “post-it” sugli argomenti più disparati: • l’idea di una gita da effettuare in futuro o i contatti personali messi a disposizione del direttivo per effettuarla nel miglior modo; • una mostra o un monumento di cui si chiede di gestire una visita di gruppo; • un camper, un accessorio o una videocamera posti in vendita nel “mercatino dell’usato” (vendo, cerco...); • un viaggio estivo da condividere o da programmare insieme; • un invito esteso agli amici del Club per una serata in pizzeria o una festa per bambini; • la voglia di condividere la proiezione di un film personale o di una raccolta di immagini digitali; • e tante altre cose ancora che nemmeno mi vengono in mente. Io credo che anche questo strumento, messo a disposizione di tutti i soci, possa essere concepito IL CLUB n. 92 – pag. 3 come un’ulteriore, diversa modalità di condividere il Club nel suo insieme anche per chi magari non può intervenire sempre di persona alle varie iniziative. Un modello di partecipazione attiva dove realtà materiale e realtà virtuale si fondono e si confondono avvalorando il senso di quella vita associativa che io da sempre auspico al nostro interno: un’associazione, cioè, dove tutti siano e si sentano protagonisti e dove ciascuno comprenda di dover essere custode del bene comune, ossia il Club nel suo insieme, con la sua storia e le sue potenzialità. Il camper è solo lo strumento di base che ci unisce e che ci ha indotto, all’inizio, a formare un Club o a iscriverci ad esso. Ma sono ormai anche altre le iniziative che il nostro sodalizio porta avanti oltre ai viaggi e alle gite in camper, e lo sappiamo bene; e la voglia di essere protagonisti di questa vita associativa a 360 gradi deve continuare ad essere, secondo me, ciò che più ci dà valore aggiunto rispetto ad altre associazioni di camperisti che esistono solo per portare decine di loro equipaggi a organizzare le grigliate collettive nei luoghi meno appropriati o a gozzovigliare gratis al desco delle sagre organizzate dai Comuni, quasi sempre con i soldi di Regione, Province e sponsor privati. Noi fin dall’inizio abbiamo voluto essere intimamente diversi, e abbiamo voluto gestire programmi e attività di più alto profilo, costringendoci a essere migliori di quanto magari non saremmo stati se fossimo rimasti senza una casa comune qual è stato ed è il nostro Club. Quindi, anche questa “Fabbrica delle idee” che sta per partire non deve essere solo oggetto di una fugace curiosità una tantum, ma va concepita come un momento di aggregazione come lo è questo giornale, come lo è la mostra fotografica di fine anno, il calendario dei soci, il programma di adozioni a distanza, ecc. Spero che tutti abbiate il tempo di concretizzare qualche vostra idea e di appendere in bacheca un post-it... Io li leggerò tutti, siatene certi! Maurizio Karra Il progetto di adozioni a distanza Si chiama Olive ed è ruandese la terza bambina adottata dal nostro Club S di cui la casa è dotata per tenere lontane le zanzare che infestano la zona, soggetta a malaria. La Comunità di Sant’Egidio ci ha recentemente dato notizie aggiornate anche su Annie, la terza delle nostre bambine. Intanto Annie gode di buona salute e ha iniziato a frequentare l’undicesima classe del sistema scolastico malgascio. A scuola va abbastanza bene e, grazie al sostegno dell'adozione a distanza del nostro Club, Annie ha ricevuto il materiale scolastico (libri e uniformi) oltre ad abiti e scarpe nuovi. Tutti i bambini adottati a distanza a Tulear, il villaggio dove vive Annie, hanno inoltre la possibilità di mangiare alla mensa scolastica, dove ricevono pasti ricchi e nutrienti. i chiama Olive N. e abita a Kigali in Ruanda la terza bambina che il Club Plein Air BdS ha appena adottato all’inizio di gennaio nell’ambito del progetto di adozioni a distanza varato a fine 2006 in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio. Olive, che si aggiunge ad Annie e Clarisse, le due bambine del Madagascar adottate a inizio del 2007, è anche la più piccola fra le tre, essendo nata nel 2004. La Comunità di Sant’Egidio ci comunica che la piccola abita con la madre Vestine, il padre Jean Claude e due fratelli in un quartiere molto povero della sua città. Clarisse R. Olive N. Anche la sua famiglia è molto povera in quanto il padre non ha un lavoro stabile e cerca di guadagnare qualcosa con piccoli lavori occasionali, non riuscendo così a sostenere con regolarità la famiglia in tutte le sue necessità. Olive gode comunque di buona salute e frequenta la “Creche Amizero”, una scuola materna gestita da un’associazione di donne ruandesi impegnate nella società civile, creata per ovviare al problema dei bambini costretti a lavorare anche in tenera età per dare una mano alle esigenze familiari. Nell’asilo che Olive frequenta i bambini hanno anche la possibilità di mangiare a colazione e pranzo. Inoltre l’adozione a distanza della bambina garantirà l’accesso alle cure mediche necessarie per crescere bene. E ora qualche notizia aggiornata su Clarisse: la bambina sta bene e cresce, grazie alla migliore alimentazione resa possibile dall’adozione a distanza. Continua a frequentare la scuola con regolarità e buoni voti ed è grata per il materiale scolastico che riceve nel corso dell'anno, oltre a vestiti e scarpe nuove. La sua classe ha iniziato anche un corso di educazione sanitaria. La sua famiglia vive già da qualche mese in una nuova casa, in condizioni igieniche migliori, grazie anche ad alcune zanzariere Per il progetto pluriennale di adozioni a distanza, com’è noto, il Club Plein Air BdS ha acceso un apposito conto corrente presso la Filiale 99 di Palermo del Banco di Sicilia. Invitiamo quindi tutti i nostri soci e le persone di buona volontà a offrire il loro sostegno al progetto anche con un piccolo versamento di pochi euro (ogni mese, ogni tanto, anche una tantum!). Ecco le coordinate del conto: • banca: Banco di Sicilia (ABI 01020); • filiale: Palermo 99 (CAB 02699); • intestazione: Club Plein Air BdS – progetto di adozioni a distanza; • numero del conto: 2698.32 IL CLUB n. 92 – pag. 4 Annie C. Di recente purtroppo il Paese è stato nuovamente provato da forti cicloni che hanno provocato danni ingenti e hanno distrutto i raccolti. Il sostegno garantito dall’adozione a distanza di Annie è stato quindi più che mai prezioso a lei e alla sua famiglia. E adottare a distanza un bambino costa “appena” 312 euro, cioè meno di 1 euro al giorno, meno di una tazzina di caffé presa al bar. Ma spesso salva una vita umana o comunque è in grado di offrirle serenità e dignità. Bianca, soffice, candida neve La Gita sulla Sila di inizio anno L e previsioni del tempo fanno presagire un “polare” fine settimana sulla neve; invece, a causa di un po' di vento del sud, le temperature rimarranno sempre sensibilmente sopra la media. E' giovedì mattina quando cominciamo la salita verso Camigliatello Silano; i paesaggi sono splendidi, si alternano abeti e pini, la natura esprime senza alcun dubbio la sua massima espressione. Arrivati in paese, ci sistemiamo nel parcheggio della Comunità Montana. Il centro è ancora addobbato da luci e colori tipici del Natale appena trascorso, i negozietti che si affacciano sulla via principale, offrono degustazioni di dolci tipici, salumi e latticini ( una tentazione continua!), e tra un negozio e l'altro c'è pure chi riesce a comprare da un fornito antiquario, per la felicità della consorte, una splendida scultura in bronzo. La sera, ci ritroviamo all'interno di una delle poche pizzerie del centro per assaporare l'ottima pizza ai funghi... porcini naturalmente. La mattina seguente, fatti pochi chilometri, raggiungiamo le piste da sci; la fortuna ci assiste e riusciamo a parcheggiare tutti i mezzi davanti agli impianti di risalita. Acquistate coloratissime palette, utilizzando una moderna ovovia, raggiungiamo la vetta del monte Curcio, sita a 1700 mt slm. Un vento freddo e particolarmente pungente ci accoglie sulla sommità della montagna; i paesaggi sono offuscati da una fitta nebbia, che tuttavia non frena in nessuna maniera la voglia di trascorrere una simpatica mattinata di puro e sano divertimento. Anche quest'anno non manca la mitica battaglia di palle di neve, le discese ardite utilizzando ogni mezzo di "locomozione"... Ma chi l'ha detto che sulla neve il divertimento è principalmente dei bambini??? Nulla di più falso, a giudicare dalle espressioni di gioia e di soddisfazione dei grandi. Il tepore dei nostri camper, in sosta con le fumanti stufe, ci permette di consumare un frugale pranzo che concludiamo con una meritata siesta. Nel pomeriggio decidiamo di anticipare, per ovvi motivi di parcheggio, l'escursione a Lorica. Il trasferimento avviene in modo tranquillo, le temperature di qualche grado sopra lo zero ci consentono di godere panorami dove il verde della vegetazione fa capolino tra la neve. Arriviamo al parcheggio, interamente circondato da alberi secolari, quando ormai i vacanzieri hanno lasciato il sito. Un buon film in DVD e qualche gioco di società condiscono una serata che trascorriamo in totale rilassatezza. La mattina successiva uti- lizziamo la pista da bob che si snoda all'interno del bosco, mentre altri equipaggi si dilettano a scattare foto che permettono di portare a casa incantevoli ricordi; anche a Lorica esiste un impianto di risalita che permette di raggiungere, dopo circa venti minuti, la vetta del Monte Bottone. Dopo il pranzo rientriamo a Camigliatello, dove espletiamo le varie operazioni che consentono la totale autonomia delle nostre case viaggianti. Il parcheggio adesso è stracolmo di camper; notiamo come ogni anno ( il sottoscritto ci viene da sette anni) sempre più turisti I camper in sosta a Camigliatello Silano In basso il gruppo dei nostri soci IL CLUB n. 92 – pag. 5 Un originale modello di ...discesa libera scelgono l'autocaravan come mezzo per le vacanze invernali. A completamento di un'intensa giornata, da sfrenate "caval- lette" - come ci siamo simpaticamente battezzati - non rinunciamo ad un appetitoso piatto di fettucine consumato in un caratteristico ri- Un momento di relax sulla neve IL CLUB n. 92 – pag. 6 storante, situato appena fuori dal centro. Domenica mattina, ci avviamo alla volta del Lago Cecita; la strada è un po’ tortuosa, ma libera da qualunque avversità. Giungiamo nel parcheggio del Parco Nazionale della Calabria dove sistemiamo i nostri camper con qualche difficoltà per il fondo reso viscido dalla neve e dal fango. Il paesaggio è superlativo, la fitta vegetazione, il silenzio del lago, il profumo del muschio che copre gli altissimi arbusti, ci offrono magiche sensazioni. Sulla strada del rientro ci fermiamo ad acquistare, direttamente dai contadini, le primizie della terra, le conserve, le rinomate patate silane, il liquore di finocchietto selvatico e i cestini in vimini realizzati con cura e maestria da mani esperte. E' questa l'ultima piacevole esperienza della gita di inizio d’anno in terra di Calabria; con dispiacere riprendiamo la via del ritorno consapevoli, ancora una volta, che divertimento, neve e camper, sono il connubio del vivere felici. Vittorio Parrino All’inseguimento dei formaggi Nel corso del primo week-end di febbraio siamo andati a Novara di Sicilia, a Milazzo e a Castroreale, alla scoperta di piacevoli borghi medievali e di antiche tradizioni, come quella della gara del maiorchino, il pregiato formaggio locale, senza trascurare l’atmosfera carnevalesca, grazie ai pazzi costumi dei nostri soci L’ alternanza delle stagioni ci porta a salutare l’inverno, che quest’anno è stato presente solo di nome, per immergerci nei progetti e nelle atmosfere della primavera che si avvicina sempre di più. E tra i riti di fine inverno che non potevamo perderci ci sono quelli collegati al periodo di Carnevale, con il consueto sovvertimento di ruoli e di regole, e le conseguenti manifestazioni tutte da esplorare. Così, nel pomeriggio di venerdì 1° febbraio, la carovana di camper dei nostri soci si è diretta verso la provincia di Messina per visitare un paio di borghi medievali arroccati in collina nei pressi del versante tirrenico, dove immergersi nei riti locali del Carnevale. Il pernottamento del venerdì si è effettuato però nella comoda area di servizio di Sant’Agata di Militello, sulla A.20, dove i diversi equipaggi si sono andati riunendo nel corso della serata, in attesa di formare il familiare serpentone di mezzi la mattina dopo. Il giorno seguente, sabato 2 febbraio, la carovana ha raggiunto dapprima il borgo di Novara di Sicilia, situato ad oltre 600 metri di altitudine e inserito nell’elenco dei Borghi più belli d’Italia. Dopo la sistemazione nel parcheggio messo a nostra disposizione dal Comune nel punto più elevato della cittadina, in Piazzale Annibale di Francia, hanno avuto inizio le nostre esplorazioni, sotto un cielo azzurro, anche se con una temperatura inferiore ai 10 gradi. Il borgo sorge al confine tra i Peloritani e i Nebrodi a picco su una pittoresca vallata che si affaccia sul Tirreno e le isole Eolie, e le sue origini affondano nella preistoria, come testimoniano diversi ritrovamenti avvenuti nelle vicinanze. Ma è il medioevo ad aver lasciato la sua impronta nell’abitato, dopo l’arrivo dei normanni che vi fondarono un monastero e dopo l’istituzione della ri- serva di caccia voluta da Federico II; a quell’epoca risalgono le strette stradine in pendenza, le viuzze lastricate e i cortili sormontati dagli archi, mentre un po’ ovunque si notano palazzetti nobiliari dalle facciate in pietra viva e dai portali scolpiti da valenti scalpellini. Il monumento più importante è il Duomo, caratterizzato da una monumentale facciata del XVI secolo in arenaria, al cui interno vi sono tre navate scandite da colonne monolitiche, sormontate da capitelli corinzi, sotto le quali si allarga la cripta che ospita diverse mummie, mentre nella navata sinistra vi è il pregevole altare del Sacramento, in marmo intarsiato, e nella navata destra l’altare dedicato all’Assunta, protettrice della città. Nei pressi vi è il Museo Civico, ospitato nei locali della Pro Loco, che testimonia con i reperti custo- Foto ricordo dei nostri soci a Novara di Sicilia In basso alcune fasi della gara di lancio del maiorchino IL CLUB n. 92 – pag. 7 diti al suo interno le peculiarità del territorio, dai minerali fossili, alle tradizioni locali, con esposizione di merletti e ricami, mobili e suppellettili d’epoca, oltre ad una curiosa collezione di medicine dei primi del ‘900. In alto una panoramica del borgo di Novara di Sicilia. In basso alcune forme di formaggio maiorchino, tipiche del piccolo centro del messinese Ma, come di consueto, i nostri soci non si sono dedicati soltanto alle esplorazioni monumentali, ma hanno voluto conoscere anche i prodotti locali, tuffandosi letteralmente nelle pasticcerie, per l’assaggio delle ghiottonerie del luogo, tra cui le cosiddette “dita d’apostolo”, particolari cannoli rivestiti di glassa di zucchero e cioccolato, e nelle macellerie per gustare l’ottima salsiccia asciutta e il rinomato maiorchino, il pregiato formaggio cittadino di latte di pecora e di capra, dalla forma cilindrica e dalla pasta dura invecchiato almeno 8 mesi. Viene confezionato in forme da dieci chili circa, con un diametro di 35 centimetri, una pasta giallo paglierino e un sapore a dir poco accattivante. A questo proposito nel borgo si perpetua una tradizione che risale al ‘600 e che consiste in una sorta di gara con il lancio delle forme di formaggio che ha inizio il 15 dicembre e va avanti fino al periodo di carnevale con le gare fra i vari rioni e infine, il martedì grasso, con la finalissima. Ad una delle ultime eliminatorie abbiamo avuto la possibilità di assistere con grande interesse, insieme al resto del paese che si esibiva in un tifo molto sentito. La Maiorchina, questo il nome della manifestazione ...sportiva, una delle più antiche della Sicilia, è un torneo vero e proprio, nel corso del quale si deve far rotolare una forma di maiorchino lungo un percorso, ormai consueto da secoli, che si snoda lungo le vie del centro storico in forte pendenza per oltre due chilometri. Il lancio deve essere un misto di forza, precisione, esperienza e velocità che coinvolge squadre di tre persone; il formaggio viene attorcigliato con un robusto laccio, “a lazzata”, che serve a determinare la direzione voluta e ad imprimere la necessaria forza al lancio, come se si trattasse di un gigantesco yoyo. Vince la squadra che taglia per prima il traguardo, “a sarva”, impiegando il minor numero di lanci. Dopo aver trascorso un paio di ore ad ammirare i lanci e cercare di schivare le diverse forme di maiorchino che, grazie alla velocità dei tiri e alla pendenza del percorso, schizzavano con la pericolosità di schegge impazzite, nel tardo pomeriggio siamo tornati al nostro “accampamento” per riprendere i mezzi e tornare verso il mare, fermandoci a Milazzo, nei pressi del ristorante “la Pineta”, dove avremmo trascorso la serata tutti insieme per un mascheraparty organizzato dal nostro Vittorio Parrino. Ma prima ci siamo concessi una piacevole passeggiata IL CLUB n. 92 – pag. 8 nel centro storico cittadino, ammirando le vetrine e il porticciolo. La splendida annunciazione del Gagini nel Duomo di Novara di Sicilia Appena tornati nei camper hanno avuto inizio i laboriosi preparativi da parte di diversi soci per trasformarsi in nuove identità, con una buona dose di ironia e di allegria. Così, come per magia, dai mezzi sono usciti Minnie con Topolino, un coloratissimo pagliaccio, una seducente spagnola e un sanguinario pirata, accolti dalle risate e dagli applausi dei presenti; e questa eterogenea compagnia si è poi incontrata all’interno del ristorante anche con un novello spadaccino, un affascinante elfo, un mandarino cinese e un’odalisca (vedere le foto per credere!!!). Il ballo in maschera... Quindi si è dato il via alla cena, nel corso della quale il presidente, finalmente presente, ha donato un libro su Palermo e le sue numerose chiese a Vittorio Parrino, in qualità di Socio dell’anno 2007. I nostri ...coraggiosi eroi Sono poi seguiti scatenati balli sia da parte delle nostre allegre maschere che da parte di clienti abituali del ristorante, tra liscio e allegri trenini, mentre le cavallette BdS divoravano gli ottimi e numerosi antipasti, i maccheroni con sugo di maiale, il tris di carne e la macedonia di frutta. nato con i balconi presenti, prima di poterci sistemare nel parcheggio del campo sportivo all’altra estremità dell’abitato. Quindi hanno preso il via le nostre esplorazioni, attraverso un insieme di scalinate e di vicoletti che ci hanno condotto nella piazza-belvedere su cui si affaccia il pregevole Duomo, ricco all’interno di pregevoli opere d’arte, tra cui una Santa Caterina di Gagini e un pergamo cinquecentesco, oltre ad una meridiana a camera oscura, ma che purtroppo non abbiamo potuto visitare a causa di restauri in corso. La tappa seguente è stata presso la chiesa della Candelora, risalente al XIV secolo, nella quale si trova un sontuoso altare maggiore in legno intagliato e indorato in oro zecchino del ‘600, al cui interno i soci, in occasione delle fe- stività della Candelora, si sono fatti benedire la gola con le candele di San Biagio. Grazie alla presenza di una gentile guida della Pro Loco abbiamo poi visitato anche la chiesa di Sant’Agata, che ospita il gruppo marmoreo della Annunciazione, squisita opera di Gagini, oltre al simulacro in cartapesta del SS. Crocifisso risalente al XVII secolo, oggetto della tradizione religiosa di “U Signori Longu”, nel corso della quale viene fissato su un palo alto dodici metri che viene poi trasportato a spalla per le strette vie del borgo, a dominio di tutte le costruzioni, nel corso di una processione che ha luogo nella Settimana Santa e il 23 e il 25 agosto, data in cui si commemora il miracolo della liberazione della cittadina dal colera nell’anno 1854. Dopo una passeggiata in Piazza Peculio, che deve il nome all’antico Peculio frumentario, che era il deposito del grano per i periodi di carestia, su cui affaccia il municipio e in cui è visibile un arco che doveva introdurre all’antico quartiere ebraico, i presenti sono tornati ai camper per rispettare il rito del pranzo domenicale. Ma prima del ritorno a casa, non è mancato un ulteriore momento di aggregazione tutti insieme, complice la chitarra di Mimmo Romano e le canzoni (stonate) di tutti gli altri. E poi si sono accesi i motori, in rotta verso casa, ma con la testa piena dei prossimi progetti di fuga… Testo di Mimma Ferrante Foto di Maurizio Karra Il grandioso altare in oro zecchino della chiesa della Candelora di Castroreale Dopo aver trascinato vicini alla mezzanotte le panze fluttuanti fin dentro i mezzi, i nostri soci si sono concessi una buona notte di sonno, pronti la mattina della domenica a dirigersi verso il borgo di Castroreale, anch’esso di impronta medievale, che è stato necessario attraversare con i mezzi, con qualche incontro un po’ troppo ravvici- La chitarrata del pomeriggio della domenica con le ...canzoni stonate IL CLUB n. 92 – pag. 9 Parliamo di tecnica Chiarezza, sicurezza della retta via e quindi certezze: questo vogliano soprattutto noi camperisti da un navigatore satellitare. Ma è sempre così? Anima, se ti pare che abbastanza vagabondammo per giungere a sera, vogliamo entrare nella nostra stanza, chiuderla, e farci un po’ primavera? Questi pochi versi di Umberto Saba ci fanno rivivere le nostre diuturne peregrinazioni camperistiche: giunti a sera, prepotente si affaccia un dilemma, comune a tutti gli equipaggi, che riaffiora dai primordi. Dove siamo? Dove possiamo noi dormire in pace ed in sicurezza? Abbiamo certamente seguito le cartine al 200.000, le più aggiornate, con alcuni inserti al 50.000 veramente dettagliati, ma uscendo dallo storico paesino medioevale, imboccando una rotonda perdiamo l’ultima indicazione; ci fermiamo per consultare ancora una volta la cartina, ma l’improvviso calare del sole non fa che completare la perdita di ogni riferimento. Inutile ripensare gli ultimi movimenti; i ricordi si intrecciano tra statali, superstrade, numeri a due o tre cifre, Kilometri o miglia. Tornare indietro ci riporterebbe alla sconosciuta rotonda e al paesino. Ormai da qualche anno i nostri compagni di viaggio dicono di aver superato queste problematiche con un apparecchietto diabolico chiamato navigatore; altri invece dicono che esso sarebbe veramente d’aiuto solo se lo si tenesse spento. Partendo dal presupposto che bisogna avere fiducia nella tecnica, intesa come ausilio alla pigrizia dell’uomo, mi accingo allo studio del misterioso oggetto, in vendita oggi anche al supermercato. Grazie alla digitalizzazione e sequenziazione di dati, fonia e video (cfr. “Il Club” n. 81, pag. 34 e segg.), codificati secondo opportuni protocolli, e trasmessi con doppino telefonico, emettitori radio, antenne, nel nostro caso da satelliti in posizione geostazionaria, noi sappiamo sempre dove siamo. Il GPS (Global Positioning System), che sfrutta il calcolo dei tempi di ritorno dei segnali, con triangolazioni tra alcuni degli oltre 27 satelliti in circolo, usato dalla Marina Americana sin dal 1960, ce lo dice con un’approssimazione di circa 15 metri, in attesa del sistema europeo Galileo, civile e più preciso, rifinanziato dopo non pochi contrasti, e dal costo finale di 3,5 miliardi di euro. Molto è stato scritto sul “mostruoso oggetto”, incapace di adattarsi in modo autonomo al nostro modo di vedere, sempre oscillando tra notizie tecniche e resoconti di viaggio più o meno avventurosi dovuti proprio al navigatore, ai suoi errori, spesso tragici, raccontati con dovizia di particolari, e che riguardano proprio i neofiti che si affidano totalmente alle sue indicazioni; ecco allora le cadute dagli argini nei fiumi, la scopertura dei camper nell’inserimento sotto basse gallerie o la precisa ed accurata guida fino a strade non ancora ...progettate. Trovo rifugio in un negozio specializzato, che non potrà mai essere un supermercato, dove vale solo la legge del minor costo, ma nel quale però iniziano i veri problemi, perché i modelli esposti sono un centinaio, ognuno con caratteristiche peculiari, spesso speculari tra l’uno e l’altro. Ogni modello è specializzato in un campo ben preciso: portatile, per bici, per moto, per auto, con mappe italiane o europee; autonomia la più varia; costo ben determinato imposto dalle case costruttrici; visore che spazia da 3,5 a 4,3 pollici, ma arriva anche a 5 o 5,6 pollici, per non dire 7; tutto schermo lcd touch screen o schermo contornato da tasti funzione; sensore satellitare diventato negli ultimi tipi interno; unità-disco elettromeccaniche di enorme capacità (40 giga) o memoria statica; estetica piatta o posteriormente tonda; velocità di calcolo a 300 o 400 megahertz; mappe Navteq o Tele Atlas, e così via dicendo.. Inutile chiedere informazioni al cosiddetto personale tecnico competente, che si limita a poche parole; bisogna in un primo approccio fare aprire la vetrina e leggere integralmente le informa- IL CLUB n. 92 – pag. 10 zioni stampate sulle variopinte scatole di imballaggio; queste si riferiscono a dati pseudotecnici dell’oggetto, in quanto si soffermano solo su valori estetici non funzionali e nulla dicono sul modo di operare del software operativo che controlla le mappe o su queste, rimandando al CD allegato, non consultabile in loco; per meglio dire consultabile dopo l’acquisto. Poi c’è la conoscenza diffusa dalla pubblicità della quale faccio un solo esempio. La ditta … ha presentato il nuovo navigatore, PND (portable navigation device), dotato del nuovo Digital Elevation Model 2007 e dei landmark 3D, TMC integrato, processore da 400 Mhz, 20 canali SiRF starIII, Mp3, photo-viewer, Bluetooth, FM...; ma voglio sintetizzare, perché altri modelli hanno sigle come navigation New Edition, CPU Atlas 2 Dual Core, Secure Digital Card, foto JPEG, filmati WMV o AVI, Reality View, DTM, Satellite Imagery, DVB-T, Dial a POI, flash memory. Per quanto riguarda le marche si va dalla ACER, ALDINET, ALPINE, ASUS, BECKER, BLAUPUNKT, DESTINATOR tecnology, alla GARMIN, GEOSAT, HARMAN KARDON, LG, MAGELLAN, MICHELIN, MIO Technology, NAVIGON, NAVTEQ, NOKIA, PIONEER, QUANTUM, SIEMENS, SONY, TELE System, TOM TOM, e sicuramente ce ne sono altre. Il navigatore proposto dalla rivista PLEINAIR: si tratta di un apparecchio della Geosat che utilizza le mappe della Garmin con software modificato per le esigenze dei camperisti italiani Un navigatore Tom Tom Navigatore Geosat Affinando le ricerche si comprende, infatti, che il sistema operativo è fornito quasi esclusivamente dalla Navigon, ma esistono anche quelli proprietari: vedi Avmap con mappe Tele Atlas su Quantum o la nuova Bluesense spagnola con immagini simili a quelle di LiveEarth della Microsoft; la Garmin, pur essendo molto più grande della Tom Tom, è costretta ad operare con fornitura ricontrattabile con la rivale Navtec che produce oltre l’hardware, anche le mappe per il territorio Nordamericano ed europeo. La Tom Tom olandese ha invece acquisito - con una feroce lotta per il controllo dei mercati e indebitandosi oltre misura (per 3 miliardi di dollari) - la Tele Atlas che opera in Europa, ma anche in America, e ora rifornisce con le sue mappe la MIO, mentre la Garmin le fornisce alla Sony, alla Acer o alla Geosat scelta da Plein Air, con software modificato adatto ai camper, con siti italiani. cano i controlli!); con Bluetooth, che mi permette di telefonare e di ricevere escludendo il telefonino; con scheda del digitale terrestre che capta i programmi televisivi; con il TMC (traffic message channel), bellissimo, della Porche; quello che mi riproduce i dvd; l’ultimo perfetto tipo della Tom Tom, il 720, superato però dopo qualche ora dal 720T, e da un tipo molto impertinente che riproduce la vista delle strade con indicatore di corsia: si chiama appunto reality… Un moderno telefonino può inglobare anche le funzioni di navigatore satellitare Un navigatore Garmin Il Mio H610, un navigatore GPS con riproduttore di musica MP3 e altri accessori incorporati Un navigatore Harman Ciò per dire come il navigatore sia diventato quasi un oggetto indispensabile, uno strumento con gradimento sempre maggiore, al di là della sua possibile, effettiva utilità, oltre che per l’utenza consumer anche per l’industria: l’ingordigia economica si evince dal fatto che sempre più numerose sono le aziende che personalizzano sostanzialmente gli stessi modelli e solo poche aggiornano il loro know how. Io ho allora pensato di dotarmi di una decina di navigatori, i più rappresentativi della odierna tecnologia, per avere maggiore possibile verità sul percorso da effettuare: quello del TCI con immagini e testi di 75 itinerari e borghi italiani; quello con segnalazione di curve pericolose; con livrea intonata al colore del mio camper; con registrazione vocale degli indirizzi; con i POI (point of interest); con gli allarmi Autovelox (fissi, mobili, ai semafori, sui cavalcavia, a destra o a sinistra, in un fitto reticolo di punti senza soluzione di continuità che in definitiva ci dice come bisogna rispettare i limiti di velocità sempre, e meno male che man- IL CLUB n. 92 – pag. 11 Intanto si assiste al trasferimento dei dati sul mezzo personale portatile per eccellenza, cioè il telefonino che viene fornito di sensore GPS integrato e mappe, mentre la NOKIA, vera antesignana nel settore con il sistema Simbian, acquista la Navtec e innesca nuovi processi. Le azioni Tom Tom, visti i debiti, precipitano. Intanto praticamente io sono costretto a non muovermi dall’ultimo campeggio dovendo programmare il calcolo completo dell’itinerario d’uscita dallo stesso, che richiede uno studio accurato, con basi scientifiche notevoli, una buona dose di adattabilità ed inventiva ed una accurata sensibilità allo sfioramento dello schermo tattile: guai a sollecitarlo oltre il famoso punto G... A proposito, dove siamo?? E perché il settimo navigatore, e solo lui, ancora non capta il terzo satellite? Giuseppe Eduardo Spadoni La punta di una nuova linea Il Kea M71 è un comodo e bel mansardato della nuova linea Kea, che ha sostituito nella produzione 2007/2008 Mobilvetta la linea Top Driver L’ ultima rivoluzione in casa Mobilvetta, che ha rivoluzionato la produzione da un anno all’altro, passa prima di tutto dalla sostituzione della linea Top Driver, la più venduta fino all’estate 2007, con la nuova linea Kea, che eredita dalla prima i modelli di base (mansardati e semintegrali) rinnovandoli fino in fondo soprattutto negli allestimenti interni. E il mansardato M71 è, di questa linea, il modello che certamente avrà più successo di vendite. Vediamo di capire il perché. Parliamo di un comodo veicolo su meccanica Fiat Ducato, al- lestito sia con motore 2.300 da 130 cavalli che con il più versatile e potente 3.000 da 160 cavalli; le dimensione generose del mezzo non lasciamo in questo caso alcun dubbio sulla scelta, dato che è lungo 7,34 metri. All’esterno la mansarda ha subito la modifica della volumetria della cupoletta, adesso ancor meglio inserita stilisticamente sul resto della carrozzeria che si conferma in vetroresina lucida con due finestre laterali e oblò centrale; mentre l’interno, sia di questo mezzo che di tutta la linea Kea, è stato rivisitato rispetto alla precedente serie Top Driver soprattutto L’esterno e un interno del nuovo Mobilvetta Kea M71 nei colori, sia del mobilio - adesso più scuro rispetto al ciliegio chiaro precedente - che delle tappezzerie - adesso in duplice colore coordinato. Mobilvetta Kea M71 Tipologia: autocaravan Meccanica: Fiat Ducato 2.300 da 130 cav (optional 3.000 da 160 cav) Lunghezza: m. 7,34 Larghezza: m. 2,33 Altezza: m. 3,08 Posti omologati: n. 6 Posti letto: n. 7 (1 matrimoniale in mansarda e 1 ottenibile per trasformazione della dinette centralie 2 a castello posteriori e 1 ottenibile per trasformazione della minidinette centrale) Serbatoio acque chiare: l. 120 Serbatoio acque grigie: l. 110 WC: kasset l. 17 Riscaldamento Airtop Webasto 3500 a gasolio Boiler Truma 10 litri a gas Frigorifero: trivalente l. 150 Cucina: piano cottura 3 fuochi + forno a gas Oblò: n. 1 maxi + 6 cm. 40x40 Prezzo: € 53.300 chiavi in mano Uguale è invece la pianta rispetto al passato modello M71 Top Driver, con lo schema classico della doppia dinette anteriore, ben illuminata dalla finestratura latera- IL CLUB n. 92 – pag. 12 le e dal maxi oblò al tetto, e i sette posti letto, con letti a castello e garage posteriori, ottenibile quest’ultimo dall’abbattimento del letto in basso. Accanto alla porta di ingresso, dalla parte opposta rispetto al comodo living anteriore, si trova il piano cucina con lavello e cucina a tre fuochi; accanto al piano cucina e prima dei due letti posteriori è posizionata la colonna frigo (a doppia porta automatico da 150 litri) con il forno nella parte superiore. Altre due prospettive degli interni del Kea M71: si notano l’eleganza e la funzionalità degli arredi, rinnovati rispetto alla precedente serie Top Driver che è stata sostituita quest’anno dalla linea Kea L’angolo cucina Dalla parte opposta, invece, in corrispondenza della colonna frigo è posizionato l’armadio, e in corrispondenza del piano cucina il bagnetto che, come si evidenzia dall’immagine qui accanto, è estremamente luminoso e arioso (con finestra e oblò al tetto), nonché curato sia nelle dotazioni che negli arredi: il piatto doccia, infatti, è ovviamente separato dal resto del vano da una comoda porta in vetri scorrevole a fisarmonica, il wc con cassetta Thetford è girevole e sopra e sotto il lavabo angolare sono sistemati eleganti e funzionali mobili e ripiani in legno. Le dotazioni di bordo sono anch’esse di tutto rispetto, a partire dal riscaldamento Webasto a gasolio. E il successo che avrà il mezzo è determinato anche dal suo prezzo: 53.300 euro chiavi in mano nella versione Ducato 2.300; circa 55.000 euro per la più potente 3.000. Il rapporto qualità-prezzo è obiettivamente altissimo, e per questo crediamo che Mobilvetta abbia centrato il suo obiettivo. Maurizio Karra L’elegantissimo vano bagno del nuovo mansardato Mobilvetta: anche in questo caso salta agli occhi l’eleganza e la funzionalità dell’insieme IL CLUB n. 92 – pag. 13 Una valida idea per viaggiare in due Vi presentiamo il Prince 420 L, un bel semintegrale targato Elnagh I l Prince 420 L è uno dei più interessanti modelli della gamma Prince, la produzione di fascia alta che la Elnagh propone nell’ambito dei semintegrali; un veicolo ideale per la coppia che, alla migliore meccanica attualmente sul mercato (quella del Ducato Fiat), accoppia anche l’ottima dotazione di bordo ed eleganti e funzionali interni. Elnagh Prince 420 L Tipologia: semintegrale Meccanica: Fiat Ducato 2.300 da 130 cav (optional 3.000 da 160 cav) Lunghezza: m. 7,00 Larghezza: m. 2,35 Altezza: m. 2,85 Posti omologati: n. 4 Posti letto: n. 4 (1 matrimoniale pronto in coda e 1 ottenibile per trasformazione della dinette centrale) Serbatoio acque chiare: l. 100 Serbatoio acque grigie: l. 100 WC: kasset l. 17 Riscaldamento Airtop Webasto 3500 a gasolio Boiler Truma 10 litri a gas Frigorifero: trivalente l. 150 Cucina: piano cottura 3 fuochi + forno a gas Oblò: n. 1 maxi + 2 cm. 40x40 Prezzo: € 47.300 chiavi in mano L’esterno del Prince La pianta del mezzo è una delle più classiche, con semidinette e divanetto contrapposto nella parte anteriore, zona cucina al centro e zona notte in coda con letto contrapposto al bagnetto. Entrando quindi dalla porta della cellula abitativa il grande spazio fisico del 420 L della Elnagh veicolo è subito visibile, così come l’eleganza e il calore del mobilio, colore ciliegio e con i pensili resi ancor più capienti anche dalle forme bombate delle antine; ottimamente sfruttato è anche lo spazio superiore alla cabina di guida, con spazi e ripiani laterali ricavati Visione d’insieme della parte anteriore del veicolo IL CLUB n. 92 – pag. 15 Made in Italy o no La parte posteriore dell’Elnagh all’interno della cupoletta anteriore e il vano centrale all’interno del quale è collocabile su una piattaforma reclinabile già predisposta un video lcd, facilmente nascondibile poi da un’antina scorrevole. Anche la tappezzeria è di pregio, anche se forse dei colori più chiari avrebbero dato maggiore luminosità all’insieme, comunque molto elegante; la luminosità in ogni caso è garantita dall’ampia finestratura laterale e dal maxi-oblò del tetto. (198x128), sotto il quale trova spazio un maxi gavone di uguale dimensione, con accesso sia dall’esterno che dall’interno, sollevando la rete a doghe. Il bagnetto Il funzionale angolo cucina L’angolo cucina è comodo e funzionale sia nell’arredamento che nella logistica: lavello e piano cottura in acciaio, cappa aspirante, luci spot, ripiano in materiale ignifugo, mensolina laterale porta barattoli e in basso ripiani scorrevoli e fissi oltre al classico cassetto per le posate. In coda vi è nella parte sinistra il letto matrimoniale basso Accanto al letto si trova il bagnetto, con wc girevole, lavandino angolare e vano doccia separato da una porta a vetri a fisarmonica; l’aerazione e la luce sono garantiti da finestra e oblò. Completano la pianta, accanto alla porta di ingresso del bagnetto, l’armadio e, vicino la porta di ingresso (attrezzata con pattumiera e zanzariera), il frigo da 150 litri e il forno nella parte superiore. Completa la dotazione il boiler a gas Truma e il riscaldamento a gasolio Webasto da 3500 Kcal. Maurizio Karra IL CLUB n. 92 – pag. 16 Anche fra gli amanti del viaggiare in camper esiste la diatriba fra i fautori del Made in Italy e coloro che, a volte anche per partito preso, snobbano la produzione di casa nostra e decantano sempre virtù e pregi della produzione d’oltralpe (come avviene anche con auto, elettrodomestici ecc.). Personalmente io non sto né con gli uni né con gli altri, anche se nella mia venticinquennale vita di camperista ci sono stati solo veicoli italiani. La scelta è stata però sempre legata a un’analisi del mercato, che con l’esperienza si è fatta ovviamente più attenta, relegando a un interesse marginale gli inutili abbellimenti o i costosi orpelli che come tante sirene inducono in tentazione in particolare i neofiti, e privilegiando, al contrario, la robustezza dell’insieme, l’elasticità e la potenza della meccanica, le reali comodità e le dotazioni tecniche di bordo; senza mai dimenticare la disponibilità finanziaria. Mi rendo conto però che la capacità di scegliere il veicolo più consono alle proprie necessità non è così facile, e quindi è secondario che la scelta avvenga fra un mezzo italiano e uno tedesco o francese: oltre alle dotazioni di serie (alcune francamente inutili), ci sono infatti gli optional che si è propensi a montare spendendo cifre anche molto alte, senza pensare al loro reale utilizzo futuro: per esempio, quante volte in un anno si usa il tendalino (1.000 euro) se non si va mai in campeggio? E nessuno riflette altresì sul fatto che ogni accessorio montato ha il suo peso che incide sul camper e quindi sulla sua sicurezza e stabilità in marcia; e a maggior ragione si può sbagliare strutturalmente la scelta privilegiando mezzi da 6 o 7 posti anche se si è in due. Che poi la lunghezza del camper in ambedue i casi sia uguale (ormai sono tutti di 7 metri) è un altro discorso, ma almeno se si sceglie un semintegrale con ampio living si starà meglio a bordo rispetto che in un mansardato con tante cuccette destinate a essere utilizzate poi solo come ripostigli. A questo punto, se ci riproponiamo la domanda iniziale, la risposta sarà meno ovvia: per fare una scelta intelligente bisogna toccare con mano le cose e non affidarsi solo a una bella fotografia e alle descrizioni di un catalogo: italiano, francese o tedesco, meglio scegliere il proprio camper confrontandolo concretamente con tanti altri, sedendosi sulle dinette e sdraiandosi sul letto, salendo sulla mansarda e aprendo un gavone. Pensando sempre al suo costo e alla nostra disponibilità anche di indebitarci. Che ne pensate? Un solo Stato, un solo Popolo, un solo Capo Il male simboleggiato da Auschwitz non è iniziato nel momento in cui si aprirono per la prima volta le porte del campo e non è finito nel momento in cui furono spenti i suoi forni crematori. Ed il timore che ciò possa avvenire di nuovo non può farci dimenticare Auschwitz né ci permette di minimizzarne il significato. Ecco l’articolo vincitore del 1° premio del concorso giornalistico 2007 del Club. 28 edifici di un piano, 20.000 prigionieri; 5 milioni gli internati; 1,5 milioni i morti accertati; 2000 alla volta entravano nelle docce da 250 mq; 15/20 i minuti per morire; 300.000 i marchi che ha guadagnato la ditta produttrice del gas Ziklon B; 5/7 i Kg di gas necessari per eliminare 1500 persone; 7000 kg i resti di capelli che non erano riusciti ad inviare alle fabbriche; migliaia le scarpe, i vestiti, le spazzole, i pennelli da bar- ba, gli occhiali, le protesi; 1300 pro-capite le calorie giornaliere: 1 litro di caffé, 1 litro di minestra senza carne, 300 gr. di pane duro come la pietra, 30 gr. di margarina; 23/35 kg. il peso dei corpi trovati; 200 le persone che dormivano in camerate adatte a 40/50; 1 forca mobile; 1 muro della morte; 3 forni crematori; 350 i corpi cremati ogni 24 ore… E’ una gentile, garbata e distinta signora dai capelli bianchi che ci accompagna nella visita, che parla. Una quanti- L’ingresso del campo di concentramento di Auschwitz e, in basso, alcune baracche divise anche fra di loro da barriere di filo spinato collegate ad elettricità ad alto voltaggio IL CLUB n. 92 – pag. 17 tà di numeri che ci piovono sulla testa, ancor più impressionanti in quanto legati ognuno ad un evento drammatico, sconcertante. C’eravamo già stati nel 1995 ed all’epoca il piccolo Sergio aveva cinque anni, pochi per fissare e creare un processo logico su dei fatti difficilmente comprensibili anche a noi adulti. Crescendo, ha sempre manifestato un vivo interesse per la storia di quel periodo e un po’ per curiosità, un po’ per confrontare il “sentito dire” con la narrazione diretta dei fatti ha avuto il desiderio di ritornare a visitare quei luoghi. E poiché anche a me e ad Annamaria faceva piacere tornare nella bella terra di Polonia… siam partiti. La stessa emozione che mi spinse allora a scrivere qualche riga sull’argomento muove ancora la necessità di testimoniare lo stupore, lo sgomento, l’incredulità che possa davvero essere accaduto, con queste righe che di sicuro non possono far passare i sentimenti ma che almeno possano trasmettere, con dati obiettivi ed inconfutabili, quello che è stato riconosciuto uno dei più spietati ed efferati, genocidi della storia di tutti i tempi. Un solo stato, un solo popolo, un solo capo, questo era lo slogan che faceva capo al pensiero di Hitler e dei vertici del III Reich, che non volevano la germanizzazione dell’Est europeo, ma una sua colonizzazione da parte di gente di razza pura, di pura origine tedesca. Fino al 1939 Oswiecim era un tranquillo minuscolo paese di povere case alla confluenza della Sola con la Vistola, nella regione di Cracovia; a quel tempo i nazisti cambiarono il suo nome, imponendole il più tristemente noto nome di Auschwitz. L’essere un importante nodo ferroviario, l’esistenza delle caserme polacche pre-belliche abbandonate, il trovarsi al di fuori del centro abitato con possibilità di ampliamento ed isolamento delle costruzioni, furono tutte motivazioni che determi- narono la scelta per fondarvi il campo di concentramento. Il continuo aumento degli internati (poco importa che fossero, ebrei, zingari, omosessuali, criminali, studiosi delle Sacre Scritture, detenuti ritenuti asociali dai nazisti) rese necessario l’ampliamento del campo. Ma non fu sufficiente. Così Auschwitz divenne il campo “madre” per tutta la rete dei nuovi campi. Nel 1941, a circa tre chilometri da Oswiecim, iniziò la costruzione di un altro campo chiamato in seguito Auschwitz II – Birkenau e nel 1942 ne fu costruito un altro a Monowice: Auschwitz III. Unica l’entrata al campo, ma altrettanto unica l’uscita. Nel campo di Auschwitz si accedeva da una porta sovrastata da una scritta cinica: ”ARBEIT MACHT FREI” (Il lavoro rende liberi), mentre l’unica uscita era.. dai camini dei forni crematori. Varcando quella soglia, lunghe fila di tetri edifici, le vecchie camerate dei prigionieri del campo, sono oggi gli occhi della memoria. Iniziamo dal blocco 7 dove c’erano le camere di prima “accoglienza”: centinaia di foto appese alle pareti, la marchiatura e il taglio dei capelli e lo smistamento nei vari settori. Il blocco 10, sede di criminosi esperimenti medici di massa, aveva le finestre oscurate da tavole di legno perché si affacciavano sul vicino muro della morte dove i prigionieri venivano portati nudi e fucilati, alcuni vegetavano per mesi in celle sotterranee inumane. Il blocco 11, quella della morte, era composto da celle di rigore da dove non si usciva vivi, con una piccola apertura nel muro per l’aria: alcune misuravano 90 x 90 e vi mettevano quattro prigionieri… Padre Maksymiliam Kolbe vi morì dopo aver scelto di dare la propria vita in cambio di un altro prigioniero e venne fatto Santo nel 1982 da Giovanni Paolo II. Una costruzione bassa ospita i forni crematori: c’e’ poca luce in questi locali, anche perché i muri e il soffitto sono completamente anneriti. Il blocco 5 è adibito a museo e raccoglie le migliaia di oggetti trovati dopo l’evacuazione, montagne di scarpe, capelli, valigie, vestiti, occhiali, documenti ecc… sono conservati in memoria di questo luogo. All’esterno le indimenticabili recinzioni di filo spinato con la corrente elettrica: a volte alcuni vi si lanciavano contro esau- Auschwitz II – Birchenau: in alto la fine del binario che vi conduceva i deportati; in basso uno dei dormitori sti di vivere… Ai nuovi arrivati si confiscavano i vestiti e qualsiasi effetto personale, si rasava loro i capelli, quindi venivano contrassegnati con un numero e registrati. Inizialmente ogni detenuto veniva fotografato in tre pose, ma poi per l’alto costo del sistema, fu introdotto il tatuaggio e, a secondo dei motivi dell’arresto, i detenuti venivano contrassegnati da triangoli di diverso colore cuciti sulle casacche insieme al numero di matricola. Gli Ebrei ricevevano una stella formata da un triangolo di colore giallo incrociato con un triangolo che indicava il motivo dell’arresto. Agli zingari triangolo nero, agli studiosi delle Sacre Scritture triangolo viola, agli omosessuali rosa, ai criminali verde. Dall’Alta Slesia, dalla Slovacchia, dalla Francia, dal Belgio, dall’Olanda, dalla Germania, dalla Norvegia, dalla Lituania, dall’URSS, IL CLUB n. 92 – pag. 18 dalla Grecia, dall’Ungheria e da altri Paesi dell’Europa occupata, migliaia e migliaia di Ebrei europei morirono gradualmente per fame, per le micidiali condizioni igieniche, per le malattie, le epidemie, per gli esperimenti, le vessazioni, le percosse, le violenze e per le esecuzioni singole e collettive che venivano spesso eseguite dopo 5-10 minuti di processo molto sommario. Molti degli Ebrei condotti allo sterminio nel campo di Auschwitz erano convinti di essere deportati ad abitare aree dell’Europa orientale. Furono ingannati con l’offerta di un lavoro o di una fabbriche, con la vendita di inesistenti terreni edilizi e fattorie, ed è per questo che spesso portavano con sé, al campo di concentramento, le cose più preziose che possedevano. I treni si fermavano alla stazione ferroviaria di Auschwitz dopo sette ma anche dieci giorni di viaggio, piombati e sigillati. Quando si levavano le spranghe per aprire le porte dei vagoni, spesso parte dei deportati, specialmente vecchi e bambini, era deceduta e i rimanenti si trovavano in un estremo stato di degrado e di esaurimento fisico. Si ritiene che circa il 70/75% dei deportati che arrivavano ad Auschwitz sia stato portato direttamente nelle camere a gas. Le persone entravano tranquille negli spogliatoi sotterranei, rassicurate dal fatto che si sarebbero andate a lavare. Passavano quindi in un altro locale simile ad una sala da bagno con al soffitto installate delle docce, per le quali però non è mai passata dell’acqua. Dopo la chiusura delle porte 15-20 minuti e le vittime morivano soffocate. Per i bambini nessuna particolare pietà: venivano trattati come gli adulti, contrassegnati come prigionieri politici dovevano lavorare duramente, i gemelli servivano da cavie per esperimenti criminali. Il clima malarico di Oswiecim, le pessime condizioni abitative, la fame, il freddo, il vestiario insufficiente ed impotente contro il freddo, non cambiato e non lavato per lunghi periodi, i topi e gli insetti, erano causa della diffusione di malattie ed epidemie che decimavano i prigionieri. I più deboli o coloro che non davano speranze per una pronta guarigione, venivano portati nelle camere a gas oppure soppressi in ospedale con un’iniezione di fenolo al cuore. I medici delle SS con il prof. Carl Clauberg ed il dott. Mengele sottoposero ad esperimenti criminosi di sterilizzazione molte donne ed i bambini, gemelli o menomati fisici, ad esperimenti terribili. Rottura di ossa, uso di acidi, innesti di pelle, mutilazioni permanenti. Il detenuto poteva essere punito per tutto: per aver colto una mela, per aver sbrigato un bisogno fisiologico durante il lavoro, perché ritenuto lento nel lavoro. Si punivano con le fustigazioni, appendendoli ad appositi paletti per le mani legate dietro la schiena, con lavori punitivi speciali, con esercitazioni punitive, obbligandoli a stare per ore ed ore in posizione eretta, costringendoli in minuscole celle, con un foro per l’aerazione di cinque centimetri anche in quattro, in piedi. Non ci si poteva sedere, non si poteva dormire, si poteva morire per soffocamento. Spesso i puniti ricevevano le razioni alimen- tari ridotte ed erano costretti ad eseguire i lavori più duri… Visitando Auschwitz, quindi, l'angoscia è totale. Prima di lasciare il campo mi soffermo davanti all'unico forno crematorio ancora esistente, sul quale è stata adagiata una ghirlanda tricolore... Davanti a quel forno, dove i corpi venivano bruciati, ti senti inerme, inutile. Tutta l'umanità dovrebbe almeno una volta prostrarsi davanti al più grande monumento dell'odio. Ci spostiamo col camper a pochi chilometri per raggiungere Birkenau (Auschwitz 2), posteggiamo a pochi metri dall’ingresso del campo. Quando nel 1944 fu terminata la costruzione di un apposito scalo ferroviario, i morti viventi proseguivano fino a Birzezinka (Auschwitz II – Birkenau). Entriamo da sotto la torretta di sorveglianza, chiamato il cancello della morte, da dove entravano i treni con i deportati; questo era molto più grande del campo precedente, e qui vennero sterminati 1 milione di ebrei. L'impatto è, se possibile, ancora più forte. Davanti agli occhi si estende un campo infinito, tutto delimitato da alti pali, uniti fra loro da cupi e lunghi fili spinati e vi posso garantire che, appena avvistate le baracche con i binari che tagliano in due il campo di concentramento, allora vi vengono i brividi; il giro a piedi è lungo, ma è consigliabile farlo tutto entrando nelle baracche a vedere le classiche strutture in legno trasformate in letti. Dopo questa visita avrete ancora più chiara l’idea di ciò che è stato lo sterminio degli ebrei. L'ingresso è attraverso un arco sovrastato da una grande torretta di avvistamento. Sotto l'arco scorrono i binari del treno, sui quali correvano i convogli dei deportati. I binari corrono rettilinei per circa un chilometro, terminando in un grande spiazzo dove fino al 1945, prima di essere distrutti dai tedeschi poco prima della liberazione del campo, sorgevano i tre grandi forni crematori dove allora, ufficiali e medici selezionavano gli ebrei deportati, inviando gli abili al lavoro ed i disabili alla camere a gas e dove oggi, si ergono, a memoria eterna, funebri macerie ed un monumento in ricordo dei morti. A destra e sinistra dei binari si ergono le grandi baracche in legno e muratura dove erano ammassati gli ospiti del campo. Den- IL CLUB n. 92 – pag. 19 tro quegli ambienti, camminando sullo sconnesso pavimento in cemento grezzo, fra i letti a castello fatti con rozze tavolacce, sembra di vedere i deportati, lì ammassati come bestie dentro quei cassoni in legno che di letto non hanno neanche la funzione. Non saprei spiegare meglio di come riportato da un libro, il trattamento riservato agli ospiti del campo: Le donne a Birkenau furono collocate in baracche predestinate a stalle per cavalli, senza finestre, solo piccoli vetri opachi sotto al soffitto, fra il tetto e le pareti vi erano aperture per ventilare da dove entrava pioggia, vento, neve, come del resto dal soffitto bucato. Il pavimento di argilla diventava presto infangato, le scarpe costituiscono una rarità, le poche fortunate posseggono zoccoli di legno; il cambio della biancheria è molto raro e quando avviene si ricevono solo stracci sporchi e laceri, all’inizio non era previsto lavarsi, le donne si lavavano con il caffé o tè che compravano dalle compagne in cambio di pane; i pidocchi, la scabbia, la mancanza d’acqua non erano la cosa peggiore, l’incubo era il quotidiano uso delle latrine, lunghi blocchi di cemento dove vi erano due file di fori, alla fine del blocco il canale di scolo trasformava la terra in fango misto ad escrementi una latrina serviva ad alcune migliaia di donne… Nessuno è in grado di comprendere in pieno né di ricostruire le condizioni di vita ed il dramma di oltre un milione di deportati nel campo. Auschwitz, il più grande e noto campo nazista di morte è diventato il simbolo stesso dell’olocausto, ovvero dell’annientamento sistematico di ebrei, zingari, prigionieri di guerra e deportati di varie nazionalità. Ciò che rimane dalla visita, grazie anche alle informazioni della gentile guida, è la profonda persuasione che il male simboleggiato da Auschwitz non è iniziato nel momento in cui si aprirono per la prima volta le porte del campo e non è finito nel momento in cui furono spenti i suoi forni crematori. Ed il timore che ciò possa avvenire di nuovo non può farci dimenticare Auschwitz né ci permette di minimizzarne il significato. Luigi Fiscella Voglia di libertà In giro per la Spagna, la Francia e il Portogallo I nteressati ed affascinati dal percorso del Camino di Santiago, nonché da alcune località della Spagna, della Francia e del Portogallo, nei primi del mese di Luglio decidiamo di partire con il nostro camper (si tratta del nostro primo viaggio – in camper - in Europa). Siamo desiderosi di percorrere l’itinerario del Camino di Santiago, noto anche come Camino de las Estralles: sarebbe stato, per noi, emozionante vedere i “Peregrini”, incontrare i “caminantes” dotati soltanto di capa (tabarro), cappellaccio, zucca a mò di borraccia, bastone e conchiglia. Così, animati di buona volontà, dopo aver attraversato l’Italia, abbiamo iniziato il percorso da Jaca, procurandoci anche la “Credencial del Peregrino” così da percorrere, giorno dopo giorno, le strade del cammino. La città di Jaca è situata al nord-ovest della provincia spagnola, nella valle del fiume Argon e ai piedi del monte Oroel, nel cuore dei Pirenei. Arrivati nel tardo pomeriggio dopo aver parcheggiato il camper in una piazzetta vicino al centro della città, ci siamo incamminati verso le strade del centro storico, ammirando i negozi e le indicazioni del camino e, la sera, fermandoci ad ammirare gli effetti dell’illuminazione nella zona pedonale, e infine assaggiando e gustando “Tapas variedados”. Proseguiamo poi verso la città di Pamplona con visita veloce al centro città, quindi verso Logrono, città accogliente ed allegra. Qui visitiamo le vie del centro che sono piene di bar di pinchos da accompagnare con un buon vino di denominazione Rioja; ed infine raggiungiamo Burgos, la città del Cid (dall’Arabo Sidi, cioè signore e grande guerriero), visitando la Cattedrale, dichiarata patrimonio dell’Umanità. La costruzione delle sue strutture principali richiese una quarantina d’anni di lavori, e venne consacrata nel 1260. Si passa dal gotico al rinascimentale, dal barocco al neoclassico. La facciata con le due stupende torri laterali colpisce per la maestosità e lo slancio verticale. Il viaggio prosegue fino a raggiungere Santiago de Compostela, capoluogo della Galizia, situata in provincia di A Coruna), luogo di continue peregrinazioni religiose di devoti provenienti da tutto il mondo. Qui ci dedichiamo alla visita della maestosa Cattedrale e dei luoghi dei “Peregrini”. Ultimato il Camino scendiamo verso il Portogallo. Dopo aver percorso strade interne arri- viamo così ad Oporto (in portoghese Porto), seconda città del Portogallo, situata sulla riva del fiume Douro, vicino all’Oceano Atlantico. Dopo aver parcheggiato il camper facciamo una visita veloce al centro e assaggi di baccalà, per poi proseguire il viaggio verso Braga con la visita della Cattedrale. Quindi, partenza per il Santuario “do Bom Jesus do monte barocco”, su un colle cui si accede da I Peregrinos lungo il Camino de Santiago e, in basso, la conchiglia che è il simbolo del pellegrinaggio lungo il “Camino” IL CLUB n. 92 – pag. 20 Un’immagine del centro storico di Porto In basso il lungomare di Donostia - San Sebastian una spettacolare gradinata adorna di fontane e statue allegoriche. La mattina seguente ci si avvia verso A Coruna per la visita della città: molto bello il viale della Marina, anche se quasi tutti gli edifici avevano le verande chiuse. La chiusura della veranda forma una camera termica per proteggere le facciate dalla pioggia migliorando altresì la conservazione del calore in inverno e del fresco in estate: un insieme architettonico molto bello. Questa scenografia a vetri delle verande si presenta come uno specchio che raccoglie i riflessi della luce dall’alba al tramonto e per questo A Coruna viene definita la “città di vetro”. Qui assaggiamo l’Empanada con Bonita o pulpo, una pastafrolla ripiena con tonno o polipo cotta al forno. Sempre animati di interesse per visitare anche i piccoli centri, ci avviamo a percorrere le strade che costeggiano le spiagge lungo il mar cantabrico. Da una cittadina ad un’altra arriviamo a Donostia-San Sebastiàn, a circa 20 Km. dal confine con la Francia, e ci fermiamo per tre giorni, ospiti presso una nostra carissima amica, parcheggiando il camper all’interno della sua villa situata presso il fiume Uumea, a 500 mt dal centro storico e dalla Cattedrale. Il primo giorno viene dedicato alla visita della città di Dono- IL CLUB n. 92 – pag. 21 stia San Sebastian, ammirando le varie bellezze – la Cattedrale, il centro storico, la Chiesa di San Sebastian, il pittoresco lungomare con le spiaggie, la Concha, la Zurriola, l’Ondarreta, che la rendono una città turistica, con l’esposizione di statue in bronzo sul lungomare, uno spettacolo architettonico straordinario. La sera la occupiamo con una lunga passeggiata nel centro storico con una sosta in taverna per le tapas e per rinfrescarci assaggiando un cocktail a base di coca-cola e whisky con ghiaccio. Il secondo giorno è dedicato a visitare Biarritz, centro balneare, molto raffinato e stupendo, curato in tutta la costa, con viottoli e passerelle che si inoltrano nel mare. La città di Biarritz è famosa per il turismo d’èlite, fatto di moda e locali branchès. Molto belle le dimore stile liberty sul lungomare. Facciamo una visita anche alla basilica di Arantzazu dedicata a SS. Maria, realizzata nel 1468, con accanto il convento di suore. Nel pomeriggio trasferimento ed escursione sulla montagna de la Rhune con il piccolo trenino, e poi visita alla città basca di Onati, molto bella e curata, piena di verde e fiori. La sera, a conclusione della giornata, cena in agriturismo a base di ciervo e corsero (cervo ed agnello) con asparagi e carciofi piccoli, specialità del luogo e di una qualità eccezionale. Il terzo giorno lo passiamo in vero relax a mare, su una spiaggia attrezzatissima e ben curata, “la Concha”. Nel pomeriggio, per effetto dell’alta marea, notiamo che il mare, con forte onde, entra nel fiume (uno spettacolo affascinante). Lasciata Donostia San Sebastian, continuiamo il viaggio verso i piccoli centri. Aiutati dal navigatore satellitare, percorriamo le autostrade, senza pagare, ed usciamo tranquillamente nei centri minori per il pranzo e la visita delle cittadine. Con l’aiuto sempre del navigatore usiamo le strade più veloci per non perderci in stradelle o trazzere. Attraversando le frazioni o i piccoli centri si è attratti dalle numerose chiesette, che con le loro semplici facciate e la loro articolazione animano le piazze. Si notano i prodotti artigianali e le loro tradizioni e scendendo poi per i tornanti dei Pirenei si scopre la bellezza del paesaggio. Compene- trarsi con la natura, lasciarsi sedurre dai costumi della civiltà contadina e godere del fascino del posto è meraviglioso. Il nostro viaggio continua verso Lourdes, dove ci fermiamo per una visita al Santuario ed alla grotta della Madonna, utilizzando il parcheggio “Parc Bus Arrouza”. Altra sosta a Perpignan con pranzo e visita del Palazzo Reale del Mediterraneo Medievale, un palazzofortezza in stile gotico. La pianta è organizzata intorno a tre corti (circa sessanta metri di lato). I muri, costruiti con ciottoli e mattoni legati a malta, sono rivestiti a calce e dipinti. L’entrata del palazzo è protetta da un fossato e da una feritoia merlata. Proseguiamo il viaggio verso la città di Narbonne, fermandoci lungo la strada per assaggi ed acquisto di vino e moscato, prodotti nella zona dei Pirenei Orientali (A.O.C. Muscat de Rivesaltes). La strada che si percorreva era fornita di aree idonee per pic-nic, comprendo anche zone riservate per carico e scarico del camper. Arrivati a Narbonne parcheggiamo il camper nei pressi del Canal de la Robine, in un posteggio gratuito anche per la notte di Avenue Victor Ugo: un posto sicuro, tranquillo, rilassante e vicino al centro città. Visitiamo la Cattedrale di Saint-Just e Sant Pasteur, il Tresor, la via Domitia (antica via che legava l’Italia alla Spagna ) restaurata nel 1997, la piazza del Comune, centro nevralgico della città. Ci colpiscono il giardino ed il chiostro della Cattedrale, con le gallerie sotterranee del periodo romano; e passeggiando sotto l’ombra di platani centenari che costeggiano il canale, attraversiamo il ponte dei mercanti. La mattina successiva visitiamo Les Halles (il mercato del pesce), nel cuore della città, dove assaggiamo le ostriche con una spruzzata di limone (il costo delle ostriche è di € 4,00 al Kg). Ne approfittiamo anche per fare uno stripping al nostro cane presso un salone d’estetica del cane, limitrofo al Comune. Ci avviamo il giorno successivo verso Sète, la piccola Venezia del Languedoc, che è situata fra il Mediterraneo e lo stagno di Thau, separata dal Cap d’adge da dodici chilometri di spiagge dalla sabbia finissima. Per pranzo ci fermiamo lungo la spiaggia, facen- Il mercato del pesce di Narbone. In basso vini della Camargue do anche il bagno e rilassandoci, prendendo il sole, parcheggiando il camper vicinissimo alla spiaggia. La sera ci spostiamo, per la notte, al porto di Sète. Molto caratteristici IL CLUB n. 92 – pag. 22 sono qui i quartieri dei pescatori, con le case delle facciate colorate e molti gabbiani in volo lungo i canali; la sera passeggiata e cena in un locale tipico dove assaggiamo la “bourride” (una zuppa di pesce molto buona), l’emjillòn (le cozze), l’huitres (le ostriche) e altri piatti di mare. Assistiamo anche a una giostra nautica, in cui i cavalieri moderni si affrontano sulle acque del canale nello splendido “Thèatre de la Mer” (teatro del mare). Caratteristico il giro in nave del canale, che attraversa tutta la città. Il Thèatre de la Mer a Sète L’indomani, di buon mattino partiamo percorrendo la strada che costeggia il canale du Midi. Questo canale venne costruito nel sec. XVII per collegare l’Atlantico al Mediterraneo attraverso l’Aude da ovest verso est, su più di 100 Km. Si tratta di un patrimonio architettonico eccezionale: lungo 240 Km. in totale, il canale presenta le più antiche invenzioni in termine di maestria idraulica e di opere d’arte, alcune mai modificate fin dalla loro costruzione, e una strada di alaggio costeggiata da alberi secolari (il canale du MIDI è stato inserito dall’Unesco, a dicembre 1996, nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Percorriamo anche la strada che costeggia il Golf du Lion, e nella mattinata ci fermiamo per visitare il paese medievale di Aigues Mortes con una torre massiccia e salda, emblema prestigioso della sovranità reale. Le mura di cinta della città formano un quadrilatero quasi perfetto, con torri e ponti. che si sviluppano lungo un perimetro di 1634 metri. Alle porte di Aigues Mortes si trova l’insediamento delle “Salin du MIDI “ che per la Francia rappresenta il più importante centro di produzione di sale marino. Le prime saline risalgono all’antichità e oggi si estendono su una superficie di circa 10.000 ettari di terre selvagge dove l’acqua del mare, dopo essere stata pompata, circola per un periodo di cinque mesi concentrandosi progressivamente, fino a consentire la cristallizzazione che avviene, appunto, nelle saline. Il sale raccolto vie- Riflessioni Il viaggio: E’ durato 30 giorni, con una percorrenza di Km. 7.500. Tutto è andato meravigliosamente bene, sia per la temperatura trovata, sia per la comodità di guida del nostro camper nonché delle ottime strade percorse. Il viaggio non è stato faticoso proprio perché abbiamo percorso strade che sono, come dice Braudel, “le più belle del mondo, splendidamente disegnate, che seguono le ondulazioni e parlano il linguaggio particolareggiato del rilievo”. Siamo stati aiutati molto anche dal navigatore satellitare oltre che dalle mappe stradali aggiornate, con facilità di accesso alle città e posti di parcheggio, senza mai fermarci per chiedere informazioni a passanti e quindi senza perdere del tempo inutile. Lungo tutto il percorso abbiamo parcheggiato e dormito generalmente nei centri minori, nel pieno rispetto degli usi cittadini, della popolazione residente, della natura e dell’ambiente, assaggiando e gustando i prodotti tipici del posto. E siamo stati svegliati, molto spesso, dal canto del gallo! Quasi sempre trovavamo fontanelle per il carico acqua del camper, e così non abbiamo avuto alcuna necessità di usare campeggi. Essendo autonomi nel camper anche per l’energia elettrica, grazie all’inverter nel camper, usavamo molto il computer portatile per scaricare le foto, scattate a migliaia, lungo la strada. La Spagna: Conoscevamo la Spagna ma abbiamo visto una nazione mutata, nuova, proiettata ed inserita fra le grandi potenze industriali del mondo. E abbiamo visto, entrando attraverso la più sofisticata delle vie, quel Camino di Santiago che da secoli porta i pellegrini fino in Galizia, una regione elegante e raffinata. La Francia: Molti pensano: “Parigi è la Francia”; la grande città, non c’è dubbio, domina ed affascina, ma il piccolo, con la dimensione locale, resiste ed è molto bello da vedere. In Francia, forse più che altrove, rimane viva la tradizione locale che si percepisce anche semplicemente bevendo un caffé all’ombra dei platani nelle piazze di paesi e cittadine, osservando il numero straordinario di musei locali e perfino la varietà delle tradizioni eno-gastronomiche, conservate e ostentate con fierezza. Il fascino della Francia è nella provincia, nei suoi centri minori, con i loro quartieri storici ben conservati; centri localizzati quasi sempre lungo i fiumi, piccoli corsi tranquilli collegati da reti di trasporto moderne ed efficienti, con strade splendidamente percorribili che seguono le ondulazioni del rilievo del terreno circostante. ne ammassato in cumuli, formando montagnole di oltre 20 metri di altezza e 400 di lunghezza. Dopo la visita del paese medievale ci si avvia verso Saintes Maries de la Mer, che merita una sosta per la sua atmosfera; è di fatto la “capitale” della Camargue, in Provence, un’area dove si trovano molti allevamenti di cavalli bianchi con i quali vi è la possibilità di passeggiate guidate lungo i sentieri della riserva naturale, per osservare fenicotteri. In questa zona è possibile assistere anche alla corrida di tori neri. Si pranza in un parcheggio all’ombra e si prosegue il viaggio sulla strada che costeggia il mare della “Còte d’Azur”. attraversando Frejus, Cannes, Nice, Menton. Ci fermiamo anche nel centro di Montecarlo per una visita al Casinò e al Cafè de Paris con la bellissima piazza, piena di piante e fiori; infine giungiamo per parcheggiare e dormire a San Remo. L’indomani ci avviamo per il IL CLUB n. 92 – pag. 23 rientro graduale e riposante verso casa, percorrendo la strada che costeggia il mare e fermandoci per la notte a Marina di Carrara in località Fossa Mestra in un parcheggio con possibilità di carico, assistendo anche allo spettacolo di “Fontane in Concerto” in piazza. La mattina seguente, soddisfatti del concerto, continuiamo la discesa fermandoci per la notte al lago Sirino, a 15 Km. dall’uscita di Lagonegro dell’autostrada dove di fronte a un albergo–ristorante si trova un parcheggio tranquillo e rilassante con una fontanella per l’eventuale carico di acqua nelle vicinanze. Riposati e soddisfatti, di buon mattino, ci si rimette in camper per continuare il nostro rientro e per essere la sera a casa. Come previsto, con questo viaggio ci portiamo dietro un’esperienza in più e siamo pronti a programmare e ad affrontare nuovi viaggi. Larisa ed Emanuele Amenta Quel paradiso lassù tra i monti Il Parco Nazionale del Gran Paradiso, fra la Valle Orco in Piemonte e la Valsavarenche in Valle d’Aosta, offre uno scenario naturalistico di incomparabile bellezza per passeggiate a piedi e gite in mountain bike I l Parco Nazionale del Gran Paradiso, primo Parco Nazionale istituito in Italia nel 1922, abbraccia un territorio di oltre 70 mila ettari, compreso fra le Valli Orco e Soana in Piemonte, le Valli di Cogne, Rhemes e Savarenche in Valle d’Aosta. Boschi di larici e abeti, vaste praterie alpine, rocce e ghiacciai costituiscono lo scenario ideale per la vita di una fauna straordinaria che ha nello stambecco il suo animale simbolo. La Valle Orco La Valle Orco, sul versante piemontese del Parco, prende il nome dall'omonimo torrente che nasce a ridosso dell'altipiano del Nivolet a 2300 metri di altezza e percorre l'intera vallata che nei toponimi viene anche indicata come "valle di Locana". Intorno al 1859 la Valle Orco visse un momento di grande visibilità grazie alle “incursioni” di Vittorio Emanuele II, il “Re cacciatore” al quale il Comune di Ceresole aveva ceduto il diritto di caccia su camosci e stambecchi, ottenendo in cambio il titolo onorifico “Reale”. Ceresole era anche meta delle escursioni estive della Regina Margherita, di Giosuè Carducci, di Guido Gozzano. Fra fine ‘800 e inizio ‘900, Ceresole visse una stagione di turismo di elite, di moda fra la borghesia torinese, legata alla presenza dei Savoia e alla fonte di acque minerali molto conosciuta e apprezzata. Segni di quell’epoca sono le architetture di pregio del Grand Hotel e di alcune ville. L’attività economica era legata, inoltre, all’agricoltura e all’allevamento del bestiame, soprattutto nel vasto pianoro del capoluogo. In seguito, con la realizzazione del bacino artificiale dell’Aem di Torino, inaugurato il 2 agosto del 1931 dall’allora Principe ereditario Umberto di Savoia, l’economia del centro montano cominciò a gravitare intorno ai nuovi impianti idroelettrici, esempio straordinario di sfruttamento delle acque dell’Orco e dei suoi affluenti. La vocazione turistica di Ceresole Reale ha cominciato a riprendere quota alla fine degli anni ’80, con una serie di interventi mirati alla valorizzazione di questa importante area del Parco del Gran Paradiso. La Valsavarenche Racchiusa dal massiccio del Gran Paradiso, la Valsavarenche confina con le Valli di Rhemes e Cogne, mentre proprio attraverso il Nivolet confina con la Valle Orco. E’ attraversata dal torrente Savara, che si getta nella Dora Baltea nei pressi di Villeneuve (AO). Grazie alle sue caratteristiche, la valle è rimasta a lungo isolata; l’interesse turistico nei suoi confronti si è sviluppato solo a partire dall’Ottocento, quando il re Vittorio Emanuele II la scelse come meta prediletta delle battute di caccia, di cui era grande appassionato. Oltre che da camosci e stambecchi, le montagne della Valsavarenche sono abitate da aquile reali, gipeti e i più grandi rapaci alpini. Il territorio è estremamente Panorami della Valle Orco e della Valsavarenche IL CLUB n. 92 – pag. 24 e la valle dell’Orco (Dondeynaz, Lauson, Orvieille, Nivolet e Gran Piano), passando per le valli di Cogne e Valsavarenche. Nella zona del Nivolet passa il collegamento tra la Casa reale di Orvieille e il Gran Piano di Noasca, attraverso l’attuale Rifugio Savoia (circa 55 chilometri di percorso). La costruzione della strada asfaltata ha interrotto la continuità dell’antico percorso reale, che è però ancora in larga misura percorribile, in mezzo a scenari di grande interesse naturalistico e paesaggistico, ed è parte di numerosi itinerari all’interno dell’area. Le escursioni al Nivolet Escursionisti nel Parco vario, con ghiacciai e laghi alpini, che caratterizzano il paesaggio d’alta quota, ed è base di partenza per l’ascesa al Gran Paradiso (m 4061), l’unico 4000 interamente italiano. La Valsavarenche è attraversata da una strada che dal piccolo comune di Introd, all’imbocco della valle, raggiunge Dégioz, a 1540 metri, ai piedi della Grivola e del Gran Nomenon, e arriva a Pont per terminare proprio alle falde del Gran Paradiso. Una cascata della valsavarenche L’altopiano del Nivolet L’altopiano del Nivolet si estende per circa sei chilometri fra l’alta Val Savarenche (Valle d’Aosta) e la Valle Orco (Piemonte), ad una quota media di circa 2.420 metri. E’ un pianoro particolarmente ricco di acque grazie alla Dora del Nivolet e ai due piccoli laghi alpini con accanto molte torbiere a rendere unico il paesaggio. Un delicato ecosistema in cui si possono osservare specie alpine piuttosto rare come il Ranuncolo Acquatico, con fiori bianchi galleggianti; il Sedum Villosum, con fiori rosa e foglie grasse; o i diffusi Eriofori, che durante la fioritura, dipingono caratteristici ciuffetti bianchi sulla radura del Nivolet. Fra i 1.500 e la sommità del Nivolet inoltre è ancora possibile osservare la Stella Alpina (Leontopodium alpinum), simbolo dell’alta montagna, il Génépy (Artemisia Spicata o Glacialis) da cui si ricava la famosa bevanda e il Giglio di monte (Paradisea Liliastrum), che è stato scelto come simbolo per il Giardino Botanico Paradisia (all’imbocco del Parco nazionale in Valnontey, Cogne). Dal colle del Nivolet non è raro sentire il richiamo delle marmotte e osservarle lungo i sentieri. Inoltre, specie con l’aiuto delle Guide del Parco, è possibile avvistare stambecchi, camosci, poiane, gheppi e…con un po’ di fortuna, perfino le aquile reali che ancora popolano il Parco Nazionale del Gran Paradiso. Nell’Ottocento l’area dell’odierno Parco Nazionale del Gran Paradiso fu interessata dalla realizzazione di una serie di mulattiere e sentieri voluti dai sovrani sabaudi per la loro attività venatoria. Il sistema stradale, superiore ai 156 km totali per la sola dorsale principale, collegava cinque palazzine di caccia tra la valle di Champorcher IL CLUB n. 92 – pag. 25 Il progetto di regolamentazione del traffico domenicale permette di assaporare il Nivolet e il suo territorio con maggiore attenzione, alla scoperta di scenari naturali di grande fascino. Si possono infatti visitare luoghi storici, come le case di caccia fatte costruire da Vittorio Emanuele II alla fine dell’800 o percorrere i numerosi “sentieri natura” che con l'aiuto di un opuscolo (consegnato all’inizio dell’itinerario presso il punto informativo) e indicazione sul terreno, consentono al visitatore (perfino ai nonvedenti!) di conoscere l'ambiente, le realtà locali e la flora. Le località del Serrù, del Chapili, di Ceresole Reale (che si estendono a sud del Nivolet e sono dotate di parcheggi custoditi) o della Valsavarenche (versante valdostano del Parco Nazionale Gran Paradiso) presentano molti itinerari (alcuni più brevi e altri di qualche ore) che conducono al Nivolet o nei dintorni. Eccone alcuni da percorrere a piedi. • I Sensi in gioco - Ceresole Reale (Valle Orco) - 6 km dal Nivolet: E’ un sentiero natura unico nel suo genere, indirizzato ai non-vedenti. Un itinerario guidato, lungo oltre un chilometro e con modesta pendenza, percorribile dai non vedenti e da persone con difficoltà di ambulazione che possono avvalersi del mancorrente. Permette il transito con carrozzina ma la pendenza richiede l’intervento di un accompagnatore. E’ il primo sentiero realizzato dal Parco per disabili. Il progetto è stato realizzato grazie a un contributo messo a disposizione dal Conai (Consor- • • • • zio Nazionale Imballaggi), da tempo sensibile alle tematiche ambientali e ai temi dei materiali riciclabili. Vallone del Roc - Noasca (Valle Orco) - 8 km dal Nivolet: Il sentiero natura del Roc, vallone laterale della Valle Orco, si snoda in un ambiente in cui la secolare presenza dell’uomo ha lasciato preziose testimonianze fra borgate e terrazzamenti. In frazione Maison, l’antica scuola elementare è stata trasformata in Eco museo. Il percorso si svolge interamente su un sentiero ben tracciato e segnalato, con partenza poco a monte di Noasca e arrivo, con itinerario circolare, presso la frazione Pianchetti. Il tempo medio di percorrenza è di 3 ore. Noasca (Valle Orco): Questo sentiero natura rappresenta un’utile traccia per prepararsi a conoscere il Parco Nazionale del Gran Paradiso. Il tracciato, che dal paese di Noasca si sviluppa lungo un anello al di là del torrente, è ricco di informazioni naturalistiche particolarmente utili per un lavoro didattico sui bambini ma divertente anche per le famiglie. Dal Colle del Nivolet al Lago Lillet (Valle Orco) - Dislivello in salita: 650 mt - Tempo di salita: 4 ore): L’itinerario inizia ai piedi del Colle del Nivolet nella zona denominata Losere, dove si prende la strada reale segnata, che aggira la Costa della Civetta e raggiunge l’Alpe Combetta. Da qui si può godere di uno splendido punto panoramico. Si sale quindi all’Alpe Comba per poi raggiungere, con un percorso più ripido, fino al Colle della Terra. Superato il Colle inizia la discesa verso il Lago Lillet, l’”Occhio azzurro” del Gran Paradiso, posto in una conca glaciale. Si arriva sulle sponde del lago attraverso gli ultimi tornanti della mulattiera. Gli appassionati delle lunghe camminate e delle pendenze di montagna possono proseguire e arrivare fino al Colle della Porta e godere degli splendidi panorami alpini. Dal Rifugio Savoia (2532 mt, dal colle del Nivolet verso la Valsavarenche) ai laghi - Rosset Leytaz (2703 mt) - Punta Basei (3338mt) (Valle Orco) Dislivello in salita : 8 06 mt ; T • empo di salita : ½ora fino ai laghi; 3 ore fino al Colle Basei: E’ un itinerario molto amato dai frequentatori del Nivolet: è infatti di grande bellezza paesaggistica e non presenta difficoltà anche per i meno esperti. Dal Rifugio Savoia si arriva alla zona dei laghi Rosset e Leytaz, fino al Colle Nivolet e poi al Colle Basei. Volendo da qui, in un’ora, e con capacità alpinistiche, si raggiunge la cima della punta Basei (mt 3338), dove il panorama si allarga a tutti i “4000” della valle d’Aosta. Dai Chiapili di Sopra di Ceresole Reale al Rifugio Città di Chivasso (Valle Orco) - Dislivello in salita: 800 mt Tempo di salita: 3 ore: Il circuito parte da Alpe Brengiat a monte dei Chiapili di Sopra (1754 m) di Ceresole Reale. Si segue la vecchia strada del Nivolet che corre parallela alla provinciale fino ad un ponte di legno. Di qui si prende la strada asfaltata per un centinaio di m per ritornare sul sentiero della mulattiera reale, in corrispondenze di un gruppo di baite. Proseguendo per una serie di tornanti si arriva alla comoda mulattiera che sale all’Alpe Buffà. Si continua poi a salire, fino ad incontrare il sentiero, che volgendo a destra, conduce al casotto del Bastalon. Proseguendo lungo la provinciale per più di 500 mt si arriva sotto le rocce del Nivolet e in breve al rifugio Chivasso (m 2604). • • Da Degioz (1541 m) al Colle del Nivolet (Valsavarenche) Dislivello in salita:1350 mt. Tempo di salita: 8 ore: Il luogo di partenza è Degioz. Superati il torrente Savara e le poche case di Vers le Bois, si segue l’ex strada reale di caccia. Oltre il bosco si trova la casa di caccia d’Orvieille, la prima delle costruzioni volute da Vittorio Emanuele. La seconda è l’ex rifugio Savoia, dove si raggiunge il piano del Nivolet. Per raggiungerla da Orvieille si segue il sentiero per il Col di Entrelor fino al lago Djouan. Da quest’ultimo si raggiunge il colletto della Costa della Mentò scendendo poi nel vallone delle Meyes dal quale si risale per un breve tratto fino a superare la Costa dell’Aoullier. Il sentiero prosegue con andamento prevalentemente pianeggiante passando nelle vicinanze del casotto dei guardaparco dell’Aoullier. La pista si mantiene alta sul piano del Nivolet e conduce fino ai laghi, dove si trova l’antica palazzina di caccia sabauda, oggi rifugio Savoia. Da Pont di Valsavarenche (1960 m) al Piano del Nivolet (Valsavarenche) - Dislivello in salita:450 m (600 m fino al Colle) Tempo di salita: 1 ora 30min (2 ore 30min fino al Colle): E’ uno degli itinerari classici della Valsavarenche, con panorami di grande fascino soprattutto a luglio, quando i Nel Parco anche in carrozza IL CLUB n. 92 – pag. 26 • • Un camoscio nel parco prati offrono meravigliose fioriture. Il sentiero inizia nei pressi del piazzale di Pont di Valsavarenche, salendo poi in un bosco di larici, fino alla base dei pendii per poi salire con alcuni tornanti ripidi alla croce dell’Arolley. Il sentiero prosegue salendo mantenendo la sinistra (destra idrografica) del torrente Dora del Nivolet fino al Nivolet. Ma anche gli appassionati di mountain-bike possono apprezzare la possibilità di cimentarsi lungo la strada (6 km) che conduce al Nivolet dal Serrù o da Ceresole Reale nelle domeniche estive di regolamentazione del traffico. Con una pendenza media dal 6 al 12% e un dislivello totale di 1.000 metri… infatti la strada è una prova ambita per gli appassionati e un buon allenamento per i professionisti. Per chi voglia passare dal Nivolet al versante valdostano il sentiero fino alla Croix de l'Arolley è in buona parte pedalabile anche da non esperti. Dopo la Croce, bisogna però superare i 400 metri di dislivello che separano dalla sottostante Pont. Questo tratto è da considerare come un tracciato da down hill in alcuni tratti anche esposto. Accompagnando a mano la bicicletta si raggiunge Pont in meno di un’ora. Da qui una lunga discesa porta da Pont a poco dopo Introd. Ma non basta: sono previste anche escursioni a cavallo al Colle del Nivolet, organizzate per appassionati dai 14 anni in su dal Gruppo Attacchi Valle D’Aosta (www.gruppoattacchivda.it). Il limite di età è dovuto al fatto che il cavallo è considerato un veicolo a tutti gli effetti e per transitare su strada è necessario aver compiuto il 14esimo anno di età (per informazioni: Tel. 0165/251247348/2312390 Tiziano Bedostri). • I centri visita e gli eco-musei del Parco • • • • • NOASCA, segreteria turistica del Parco. Ospita l'esposizione permanente sulla geologia e sulla geomorfologia del Parco. Il centro è un punto di educazione ambientale, che offre programmi di attività per scuole e gruppi durante tutto l’anno. Tel. 0124/901070. CERESOLE REALE in località Pian della Balma, mostra permanente sullo stambecco (durante l’estate) e ufficio turistico, Tel. 0124/953186. CERESOLE REALE località Serrù, mostra sul sentiero del Colle della Losa, che collega i parchi Gran Paradiso e Vanoise: aperto solo in estate LOCANA presso la chiesa sconsacrata di San Francesco, mostra sugli antichi mestieri delle vallate piemontesi del parco, con particolare attenzione alla figura dello spazzacamino. Tel. 0124/83557. RONCO CANAVESE, in Borgata Castellaro è situato l’ecomuseo della Fucina da rame. Il percorso di visita all'interno della Fucina, risalente alla fine del '600, segue idealmente le fasi del processo di lavorazione del metallo. L’apertura è su prenotazione e l’ingresso a pagamento. Tel. 338/6316627. SANTUARIO DI PRASCONDU’, nel Comune di Ribordone, mo- IL CLUB n. 92 – pag. 27 • stra permanente sulla cultura e sulle tradizioni religiose nel Parco Nazionale del Gran Paradiso. Tel. 0124/901070. COGNE, il nuovo centro visitatori, pensato e realizzato con l’idea di farne un laboratorio di ricerca, fornisce spunti e stimoli per sviluppare percorsi di visita sempre diversi. Fino a settembre 2007 il Centro ospita “Mémoires… vers le futur”, esposizione di artigianato. Aperto mercoledì, sabato e domenica dalle 10 alle12 e dalle 14 alle 19. Tel. 0165/749264. DEGIOZ (Valsavarenche), il centro visitatori ospita una mostra sui predatori e sulla lince, la sua rapida scomparsa e la lenta ricolonizzazione del territorio alpino. Aperto mercoledì, sabato e domenica dalle 10 alle 17. Tel. 0165/905500. RHEMES NOTRE DAME, in località Chanavey, presso il centro visitatori è possibile visitare l’esposizione dedicata alla reintroduzione del Gipeto nelle Alpi. La storia di un'estinzione, di un ritorno e, forse, di un lieto fine per il più grande uccello europeo. Tel. 0165/936193. Subito dopo Cogne, salendo verso Valnontey, alle porte del Parco Nazionale del Gran Paradiso, si trova il GIARDINO BOTANICO ALPINO PARADISIA, con circa 1500 specie di piante, tra cui rari esemplari della flora d’alta quota europea ed extra-europea. Percorsi guidati tra i licheni e nel Giardino delle Farfalle. Aperto dal 9 Giugno al 9 Settembre, Tel. 0165/74147 Le battute di caccia del re Re Vittorio si recava nella riserva del Gran Paradiso di solito nel mese di agosto e vi si fermava da una a quattro settimane. I giornali e le pubblicazioni dell'epoca esaltano il carattere bonario del re, che conversa e discute con grande affabilità, in lingua piemontese, con la popolazione locale e lo descrivono come un baldo cavaliere ed un fucile infallibile. In realtà le campagne di caccia erano organizzate in modo che il re potesse fare il tiro a segno sulle prede stando comodamente ad aspettare in una delle poste di avvistamento costruite lungo i sentieri. Il seguito del re era composto da circa 250 uomini, ingaggiati tra gli abitanti delle valli, che svolgevano le mansioni di battitori e portatori. Per quest'ultimi la caccia cominciava già nella notte. Si recavano nei luoghi frequentati dalla selvaggina, formavano un enorme cerchio attorno agli animali e poi con urla e spari li spaventavano in modo da spingerli verso la conca dove il re era in attesa dietro una vedetta semicircolare di pietre. Soltanto il sovrano poteva sparare agli ungulati; alle sue spalle stava il "grand veneur" che aveva l'ordine di dare il colpo di grazia agli esemplari feriti o sfuggiti al tiro del re. Oggetto della caccia erano i maschi di stambecco e camoscio adulti. Ne venivano abbattuti diverse decine al giorno. Nonostante queste annuali carneficine, la scelta di risparmiare le femmine ed i cuccioli favorì l'aumento del numero degli ungulati e le cacce reali divennero di anno in anno più abbondanti. Il giorno dopo la caccia il re ed il suo seguito si trasferivano alla successiva casa di caccia, la domenica era di riposo per i battitori e dai paesi qualche prete saliva a celebrare la messa all'aperto. Camper nel Parco del Gran Paradiso fino al paese di Noasca (1058 m.) lungo il vallone di ciamosseretto (come dice il nome ricchissimo di camosci). Le case di caccia maggiormente utilizzate furono quelle di Dondena (2186 m.), del Lauson (2584 m., oggi rifugio Vittorio Sella), di Orvieille e del Gran Piano di Noasca (anche quest'ultima recentemente recuperata come rifugio). Anche i successori di Re Vittorio, Umberto I e Vittorio Emanuele III, intrapresero lunghe campagne venatorie nella riserva, l'ultima delle quali risale al 1913. Vittorio Emanuele III, più colto e meno affabile con i valligiani del nonno, cambiò orientamento e decise, nel 1919, di cedere allo Stato i territori del Gran Paradiso. Nacque così il Parco Nazionale. Carducci a Ceresole Re Vittorio Emanuele II Il percorso maggiormente battuto dal re partiva da Champorcher, valicava l'omonima finestra (2828 m.), scendeva a Cogne, raggiungeva Valsavarenche passando dal Colle Lauson (3296 m.), saliva al Colle del Nivolet (2612 m.) e da qui si inoltrava nel territorio piemontese passando sopra Ceresole Reale per poi scendere Come ricorda una lapide, il poeta Giosuè Carducci, nel 1890, al cospetto delle cime del gruppo delle Lavanne, (le "dentate scintillanti vette"), compose l'ode "Piemonte": Su le dentate scintillanti vette salta il camoscio, tuona la valanga da' ghiacci immani rotolando per le selve scroscianti: ma da i silenzi de l'effuso azzurro esce nel sole l'aquila, e distende in tarde ruote digradanti il nero volo solenne. Salve Piemonte! … Il poeta fu ospite del Grand Hotel di Ceresole, dove, a partire dal 1888, data di apertura, albergò nel periodo estivo l'aristocrazia piemontese, che orbitava intorno alla famiglia reale; soggiornarono infatti nel 1890 la regina Margherita, nel 1892 il Duca degli Abruzzi, nel 1893 il Conte di Torino e nel 1894 il Re Umberto. IL CLUB n. 92 – pag. 28 Leggende delle Valli Tutto comincia con un furto di campane dal campanile della Chiesa di Ceresole Reale: l'epoca è incerta, tra il ‘500 e il ‘600. La reazione dei derubati era stata violentissima: i “ceresolini” avevano pensato di farsi giustizia da sé, fidandosi poco delle leggi dell'uomo, che di quelle di Dio, per nome e conto del quale avevano portato a termine un'autentica strage. Il furto era – meglio usare “sarebbe” – stato messo a segno dagli abitanti di Bonzo, frazione di Groscavallo, sul versante della Valgrande che si apre scendendo dal Colle della Crocetta: quelli di Bonzo volevano vendicarsi di torti mai bene chiariti patiti ad opera dei “ceresolini”. Durante la fuga per riguadagnare il Colle della Crocetta, l'imprevisto: tutta colpa dei battacchi delle campane che avevano fatto svegliare mezza Ceresole. E puntuale arrivò la rappresaglia. Raggiunti i ladri, i “ceresolini” non esitarono ad ucciderli per riprendersi le campane. Ma come sempre capita quando si tramandano le leggende, la versione del furto raccontata in Valgrande è diametralmente opposta: i ladri erano di Ceresole, ed il colpo era stato messo a segno nella chiesa di Groscavallo. Allora, per evitare successive incursioni dalla Valle Orco, venne sistemato un tavolato per chiudere la finestra del campanile. Le due opposte versioni concordano sul finale, vale a dire la strage avvenuta su quel pianoro poco sotto del Colle della Crocetta che da allora si chiama “Pian dei morti”. Un’altra leggenda, quella del "Petit mineur", risale alla fine dell'ottocento quando alcuni abitanti di una borgata dell'alto Ceresole (pian dei Gias) furono vittime di un curioso fenomeno che infondeva una certa inquietudine tra la gente. La sera, sul tetto di “lose”, si sentiva uno strano rumore come se qualcuno picchiasse sulle pietre con un martelletto. Il mistero fu svelato quando, in una giornata nebbiosa, un pastore salito all'alpeggio con il suo gregge di pecore, vide un piccolo omino nero che con un balzo saltò giù dal tetto di una casa brandendo un piccolo martello. Uno dei rifugi del Nivolet Lo spavento fu tale che le pecore e il pastore scapparono come se avessero visto uno spettro. Da quel giorno però gli abitanti della borgata dormirono sonni tranquilli perché quella sorta di folletto, sentitosi scoperto, sparì. I sapori del Nivolet Attraverso il progetto “A piedi tra le Nuvole” l’ente Parco Nazionale Gran Paradiso ha voluto valorizzare le risorse e le attività del territorio anche dal punto di vista culturale ed enogastronomico. Di qui l’idea di coinvolgere i ristoratori dell’alta Valle Orco attraverso un “cartello” dei “Sapori del Nivolet”. La torta di Nivolet Grazie anche alla partecipazione di molti professionisti della ristorazione negli scorsi anni sono così nate la “Torta del Nivolet” a Buono a sapersi I campeggi del Parco • CAMPING “PICCOLO PARADISO” - Indirizzo: Località Foiere - 10080 Ceresole Reale - Per informazioni e prenotazioni: tel. 0124-953235 • CAMPING “LA PESCHIERA” - Indirizzo: Bg. San Maniero - 10080 Ceresole Reale - Per informazioni e prenotazioni: tel. 0124/953222 • CAMPING “VILLA” - Indirizzo: Loc. Foiere - 10080 Ceresole Reale Per informazioni e prenotazioni: tel. 0124/953232 • CAMPING “PONT BREUIL” - Indirizzo: Loc. Pont, Valsavarenche Per informazioni e prenotazioni: tel. 0165/95458 • CAMPING “GRAN PARADISO” - Indirizzo: Loc. Pian de la Plesse,Valsavarenche - Per informazioni e prenotazioni: tel. 0165/905801 • CAMPING “GRIVOLA” - Indirizzo: Loc. Bien, Valsavarenche - Per informazioni e prenotazioni: tel. 0165/905743 Come raggiungere il Colle del Nivolet • Da Torino si percorre la A5 in direzione Aosta fino ad Ivrea, qui si imbocca la statale 565 in direzione Castellamonte-Cuorgnè. A Courgnè si seguono le indicazioni per Ceresole Reale e si attraversano i paesini di Pont Canavese, Locana, Noasca. Ceresole Reale è l’ultima località prima del Colle del Nivolet, distante da qui circa 20 minuti di strada. • Da Milano, invece, si percorre la Milano-Torino fino all’allacciamento con la A5 Torino-Aosta in direzione Aosta. L’uscita da prendere è quella di Ivrea, dopodiché si seguono le indicazioni sopra fornite. Per maggiori informazioni • Segreteria turistica del Parco nazionale Gran Paradiso: Via Umberto I, 1- 10080 Noasca (TO) – Tel./ Fax: 0124- 901070 - e-mail: [email protected] • Per Trekking naturalistici rivolgersi a: Parnassius Apollo Club, c/o guida del Parco Gianni Tamiozzo - Tel. 011-2680062 - e-mail: [email protected] • Per Trekking a cavallo rivolgersi a: Associazione Attacchi VdA - Per informazioni: Tiziano Bedostri, Tel. 0165/251247-348/2312390 www.gruppoattacchivda.it base di cioccolato e genepy, con la sagoma dello stambecco in evidenza sulla superficie corsparsa di zucchero vanigliato; e i “Biscotti del Nivolet”, premiati dal pubblico per la genuinità e il profumo particolare. I turisti potranno assaporare le diverse specialità all’interno dei locali contrassegnati dal marchio “Sapori del Nivolet”. Il sito di Ceresole Reale (www.ceresolereale.com) è particolarmente ricco di informazioni circa luoghi di ristoro (oltre che sistemazioni alberghiere) e altri punti di interesse. Segnaliamo per le escursioni al Nivolet: • il CAFFE’ “MORETTI” (Ceresole Reale): Affacciato sulla piazza principale, il bar-paninoteca Moretti, offre una splendida vista sul lago e sulle montagne circostanti ed è dotato di due grandi terrazze solarium con IL CLUB n. 92 – pag. 29 • sdraio e lettini. Possibilità di gustare l”aperitivo Ceresole”, con prodotti tipici del paese e del Canavese e la coppa gelato “Nivolet” col miele del posto. il RISTORANTE “LA BARACCA” (Località Serrù): Il ristorante “la Baracca” si trova all’ imbocco del parcheggio del Serrù, dove partono le navette verso il Nivolet. Punto ideale per godere di una vista panoramica sul lago e per assaggiare i piatti tipici dell’antica tradizione di questa valle, dalla polenta concia con farina macinata a pietra, allo zabaione caldo, dal pane di castagne, alla toma condita, al tortino di castagne con crema di formaggio. Gabriella Braidotti Dal sito www.threesixty.it Acireale, non solo Carnevale Ai dintorni di questa cittadina, famosa per il più rinomato Carnevale di Sicilia, è collegato uno dei miti più famosi dell'antichità, quello del pastore Aci e della ninfa Galatea, cantato da Virgilio e Ovidio e raffigurato dagli artisti innumerevoli volte dagli affreschi di Pompei alla famosa Galatea di Raffaello alla Farnesina a Roma S eguendo la S.S.114 orientale sicula per 26 Km a nord di Catania, dopo aver attraversato un paesaggio dominato da aranceti, si giunge ad Acireale, una delle più belle città della Sicilia. La privilegiata posizione su un altopiano a picco sul mare Ionio, i numerosi monumenti di età barocca e le terme di Santa Venera ne fanno una meta turistica di grande attrazione. Famosissimo pure il suo Carnevale, con la grande sfilata di carri allegorici allestiti sia in cartapesta che in fiori dai colori smaglianti. In origine, il luogo dove sarebbe sorta la cittadina era abitato da popolazioni ignote e solo in seguito fu colonizzato dai greci, che lo chiamarono Aids, da cui è derivato Aci: lo stesso nome del fiume La Piazza del Duomo di Acireale In basso una balconata barocca di un palazzo nobiliare del centro IL CLUB n. 92 – pag. 30 che un tempo la bagnava e che oggi è scomparso, legato nell'antichità al mito di Aci e Galatea. La visita della cittadina parte da quello che è considerato il vero centro, la piazza del Duomo, da cui si dipartono corso Umberto verso nord e corso Vittorio Emanuele verso sud. Sul lato est della piazza si erge il Duomo dedicato a Santa Venera che, costruito tra il 1597 e il 1618, è stato però modificato nel XVIII secolo. La facciata delimitata da due campanili, è opera del Basile e s'ispira a canoni romano-gotici. Al centro è un bel portale barocco in marmo, decorato nella parte alta con statue raffiguranti le Sante Venera e Teda e l'Annunciazione, opere di P. Blandamente. L'interno è a croce latina a tre navate. Dove le navate s'incontrano col t r a n s e tto , c ' è l a m e r i di a n a t ra c c i at a dall'astronomo tedesco Christian Peters nel 1843. La volta della navata centrale è stata affrescata nel 1905 da Giuseppe Sciuti, mentre gli affreschi della parete sinistra del transetto e della volta del presbiterio sono stati eseguiti tra il 1736 e il 1737 da Pietro Paolo Vasta. Nel braccio destro del transetto è la cappella di Santa Venera, dedicata alla patrona della città, affrescata all'inizio del '700. Sul lato est della piazza, ma piuttosto arretrata rispetto al Duomo è la basilica dei Santi Pietro e Paolo. Costruita nel '600, è rimasta praticamente inalterata, tranne il campanile a destra della facciata che risale al ‘700. Seicentesco è anche il palazzo Comunale, che prospetta sul lato sud della piazza. La facciata è ornata da un bellissimo portale, ma quello che più attira l'attenzione sono le bizzarre mensole che sostengono le balconate al primo piano, i cui motivi sono ripetuti nelle cornici delle finestre. Percorrendo la via Cavour di fronte al D u o mo s i a r r i v a a l l a c h i e s a di S a n Domenico che prospetta sulla piazza omonima. Sulla destra, in via del Marchese di San Giuliano, Il Re Burlone e il più bel Carnevale di Sicilia In ogni caso, uno dei momenti migliori in cui visitare Acireale è quello carnascialesco, quando ha luogo “Il più bel Carnevale della Sicilia”, come viene ornai da anni pubblicizzato; si tratta di una manifestazione che anima le vie cittadine per una decina di giorni, scomponendosi in una miriade di diverse occasioni per far festa e divertirsi e che raggiunge il suo fulcro nei due week-end che precedono il martedì grasso e ovviamente il martedì grasso, giorno in cui, secondo le migliori tradizioni, il Re Burlone viene allegramente bruciato su un falò di enormi dimensioni. Famose e imponenti le sfilate dei classici carri allegorici, realizzati con una buona dose di ironia tutte le magagne del vivere quotidiano; non mancano i fantasmagorici cortei di majorettes e i gruppi musicali provenienti un po' da tutta Italia; né gli allegri concerti tenuti per concludere allegramente le serate nella piazza principale. Ma agli enormi carri allegorici si aggiungono da queste parti dei caratteristici carri "infiorati", per la cui preparazione si utilizzano centinaia di garofani freschi su un'intelaiatura in fil di ferro e legno, in un alternarsi di petali dai mille colori e di foglie vellutate. Tutto il lavoro dei carri allegorici e dei carri infiorati finisce però in modo decisamente effimero nel grandioso falò di mezzanotte con cui si brucia il Re Burlone, quando tutte le composizioni vengono divorate dal fuoco crepitante, innalzando al cielo gli ultimi frammenti di materiali effimeri in una danza di grande bellezza. Mimma Ferrante hanno sede in uno stesso palazzo la biblioteca e la pinacoteca Zelantea, cosi denominate perché a commissionarne la costruzione, fu l'Accademia di scienze, lettere e belle arti degli Zelanti. Percorrendo invece il Corso Umberto I, dal lato nord di piazza Duomo si giunge alla Villa Belvedere dalla quale si può ammirare un bellissimo panorama sia verso l'Etna che verso il mare. Dopo aver attraversato piazza Roma, sulla destra è da segnalare la chiesa dei Crociferi anch'essa del 1700. Da visitare con attenzione sono pure il bellissimo palazzo Permisi di Fioristella e la vicina bellissima chiesa di San Sebastiano. Al termine di corso Vittorio Emanuele, che diventa viale Libertà dopo la confluenza con via Galatea, si apre via delle Terme, così denominata perché porta alle Terme di Santa Venera. Il grande stabilimento termale, pur costruito verso la fine dell'800, è ispirato a canoni neoclassicheggianti. Le acque sulfuree, provenienti da una sorgente a 22° posta in contrada Santa Venera al Pozzo, sono usate per tutte le varie possibilità di cura (bagni, fanghi, inalazioni) senza intervallo durante tutto l'arco dell'anno. Do ve è la sorgente erano in antichità le Terme Xiphonie: fondate dai greci e perfezionate dai romani, oggi sono ricordate da pochi ruderi. Ai piedi della rupe vulcani- ca che sbocca sul mare vi è poi la zona della Timpa, coperta dalla macchia mediterranea, con il borgo marinaro di Santa Maria della Scala che ospita una chiesetta del XVI secolo, un magnifico lungomare e la formazione lavica detta “Pietra Sappa” che è quasi un’isola. Aci Castello e il maniero normanno A circa nove chilometri a sud di Acireale, alle falde dell'Etna, è infine Aci Castello. Già villaggio di pescatori, è oggi una frequentata stazione balneare dominata da una rupe imponente che è stata più volte indicata come la più bella del mondo nel suo genere. Sui grandi globi basaltici ricoperti di una grande crosta vetrosa sorge il Castello normanno, eretto nel 1076. Solo due chilometri più a nord si trova il piccolo paese di Aci Trezza assurto agli onori della letteratura grazie ai Malavoglia di G. Verga (1881). Alfio Triolo Cosa acquistare: Acireale è una meta famosa per i golosi: dalla granita, dai mille gusti diversi, alla pasta di mandorla ai gelati, i cui colori e sapori non sembrano avere limiti, grazie alla sfrenata fantasia dei gelatai locali; i golosi non potranno perdersi nemmeno le scacciate farcite con numerosi ingredienti e le saporite zeppole con ricotta o alici. Chi poi volesse catturare i colori della Sicilia nelle ceramiche artistiche locali può visitare “Nello Ferlito”, in Piazza Indirizzo n.3. Dove mangiare: Abbiamo parlato già di prodotti per i golosi. L’imbarazzo della scelta c’è anche per i ristoranti tipici; uno in cui gustare i “maccaruna cincu puttusa” (maccheroni con cinque buchi) e la “sasizza cu sucu” (salsiccia al sugo) è “Dietro l’angolo”, in Piazza San Domenico n.23; un altro è “Opera prima”, in Corso Sicilia n.2/b. Nella frazione di Santa Maria la Scala vi è poi “La Grotta”, famosa per le grigliate di pesce, in un ambiente scavato nella roccia di Via Scalo Grande n.46; mentre uno dei templi della cucina marinara del catanese è senz’altro la “Cambusa del Capitano”, in Via Marina n.65 ad Aci Castello. Dove sostare: Il punto di approdo ideale è presso il camping “Panorama”, Via Santa Caterina 55, tel.095.7634124, situato ai piedi della cittadina, che da qui è raggiungibile a piedi. Informazioni utili: Comune: Piazza Duomo, tel. 095.895273; sito web: www.comune.acireale.com; e-mail: [email protected] IL CLUB n. 92 – pag. 31 La storia passò di qui Montalbano Elicona: anche questo piccolo paese dei Nebrodi è tutto da scoprire, in un fine settimana, "andando" e non "passando” L a storia ci dice che Montalbano Elicona sia da sempre un "posto dove si passa". Il suo principale fascino è proprio quello sprigionato dalle pietre, vestigia del paesaggio delle legioni di Pompeo in fuga da Roma o dall'attraversamento di quelle di Ottaviano Augusto. Gli arabi ne fecero uno dei più importanti posti di avvistamento per la difesa dell'isola. Costanza d'Altavilla lo ricevette in dono dal marito Federico II di Svezia, che vi eresse uno dei suoi classici castelli a pianta quadrangolare. A seguito dei moti di rivolta popolare, il paese venne raso al suolo e i suoi abitanti ribelli deportati ad Augusta e ad Agrigento. All'inizio del Trecento, il paese rinacque a nuovi splendori quando Federico d'Aragona trasformò il castello in reggia, soggiornandovi dal 1302 al 1308. All'inizio dell'Ottocento i Gesuiti apportarono gli ultimi cambiamenti al volto del paese. Poi un lento decadimento, anche a seguito di un continuo flusso dei giovani verso posti con maggiori possibilità lavorative. In alto panorama di Montalbano Elicona In basso il bosco di Malabotta Il castello di Montalbano Elicona Mentre dall'alto del belvedere Portello guardiamo il Santuario di Tindari e le isole Eolie, splendido scenario naturale, pensiamo a come la vita stia rinascendo in questo antico borgo, grazie alla volontà dei suoi abitanti. Passeggiando nel paese tra i vicoli e le antiche pietre, sentiamo i suoni noti e dolci della Sicilia, ci appropriamo degli antichi profumi, assistiamo agli antichi mestieri. La Chiesa Madre, edificata nel medioevo, con all'interno lo splendido dipinto "L'ultima cena", attribuita a Guido Reni, un Cristo ligneo del 1400 e l'altare con bassorilievi del Gagini. La piccola chiesa di Santa Caterina del 1300, il museo fotografico "Eugenio Belfiore" , e infine la salita al Castello, la reggia di Federico, dove si ha la netta testimonianza dell'importanza del luogo. Arrivando dal bosco di Malabotta (che prende il nome secondo le storie locali dal fatto che il proprietario lo perse al gioco delle carte in una serata, ed ebbe ad esclamare: "Che malabotta") possiamo poi proseguire fino all'Argimusco, per poter ammira- IL CLUB n. 92 – pag. 32 re l'Etna in tutta la sua maestà. L'inverno da queste parti è duro, freddo e bianco di neve, ma in paese si stanno recuperando ben 87 unità abitative, da destinare a case albergo. L'Università di Messina vi sta allestendo la direzione di un Centro residenziale di alti studi, le botteghe artigiane riapro no i battenti, i suo ni riprendono i loro vigori, e le grida gioiose dei bambini ritornano a rallegrare l'aria. La fresca aria dei 9 00 me- tri di altitudine permette una gastronomia ricca e calorica, dai maccheroni stirati a mano, conditi con sugo di maiale e ricotta infornata e grattugiata con guarnizioni di "scurcilla" (cotenna di maiale), prelibate provole, pancetta, lardo e “u sutta e supra” cioè lardo e carne. I dolci sono tutti a base di nocciola, perché un tempo l'economia del paese era basata sulla produzione di nocciole. Può essere un’altra ragione per visitare questo paese, non credete? Alfio Triolo L’angolo della poesia Sicilia bedda e abbannunata Nascisti tra li rosi e 'i gilsumini, lu campanaru ti saluta tutti 'i matini... 'Nu vecchiareddu stancu e malandatu ti ringrazia di lu suli ca ci ha' datu; tu si' la me' Sicilia, terra d'amuri; lu suli vasa 'sti biddizzi rari! Notizie utili Chianci 'stu cori dintra lu me pettu Come arrivare: Montalbano Elicona si raggiunge facilmente in auto o in camper dall'autostrada A.20 Messina – Palermo uscendo allo svincolo di Falcone e proseguendo quindi in direzione Belvedere. In alternativa, dall'autostrada A.18 Catania-Messina si esce allo svincolo di Giardini Naxos per proseguire quindi in direzione di Francavilla. pi 'sta Sicilia bedda senza rispettu. Dove dormire: Un buon punto sosta, sia per il parcheggio che per il pernottamento in camper, è alla fine di Via Giardino, a 200 metri dalla piazza principale, dopo le scuole (seguire indicazioni del panificio Puglisi). Sicilia bella e abbandonata Manifestazioni: Le feste più importanti si svolgono principalmente d'estate: il 15 agosto si tiene il corteo storico, con 200 personaggi in costume medievali; il 20 di agosto è invece la festa degli "smanicati", una tradizione risalente al ‘600 in onore di Maria SS. Assunta della Provvidenza tu sei la mia Sicilia, terra d'amore; Prodotti tipici: Per chi voglia apprezzare la gastronomia, Montalbano offre, oltre alle rinomate nocciole, insaccati e carni suine locali. Tra i prodotti tipici anche le provole fresche o stagionate, i biscotti, semplici o ripieni, i dolci di ricotta e i gelati alla nocciola. Si' bedda e macari abbannunata, ca pari na fimmina strasannata! ... E mi ni vaju e' 'o me' cori ruttu pi 'sti picciotti persi e 'stu munnu distruttu! Nascesti tra le rose e il gelsomino, il campanaro ti saluta al mattino... Un vecchierello stanco e malandato ti ringrazia del sole che gli hai dato; il sole bacia queste bellezze rare! Piange questo cuore dentro il mio petto per questa Sicilia bella, ma senza rispetto. Eppure sei bella anche se abbandonata che sembri una femmina malvestita! ... E me ne vado con il cuore rotto per questi ragazzi perduti in questo mondo distrutto! Alfio Triolo IL CLUB n. 92 – pag. 33 Viaggiare in modo responsabile La sostenibilità nel turismo: firmato il 7 febbraio a Ravenna un protocollo d’intesa fra l’AISA (Associazione Professionale Italiana Scienze Ambientali) e Legambiente Turismo Italia E' stato firmato il 7 febbraio u.sc. a Ravenna, tra AISA (Associazione professionale Italiana Scienze Ambientali), rappresentata dal dr. Luca Vignoli, e Legambiente Turismo, rappresentata dal suo Presidente Nazionale, Luigi Rambelli, un protocollo d’intesa finalizzato alla sempre più necessaria diffusione delle buone pratiche di sostenibilità ambientale del settore e mercato turistico, e alla creazione ed al consolidamento di nuovi ambiti e specializzazioni professionali per i dottori laureati in Scienze Ambientali. molto più alte: sfiorano in alcune aree del Paese anche il 20% del prodotto interno lordo e costituiscono il primo settore produttivo. Inoltre si tratta di una attività economica ricca di prospettive, capace di creare sinergie più di ogni altra attività, interagendo questa con l'ambiente e la società in modo assiduo. Lo sviluppo delle destinazioni turistiche è, infatti, strettamente collegato al loro contesto ambientale e naturale, alle caratteristiche culturali, all'interazione sociale, alla sicurezza e al benessere delle popolazioni locali. La sostenibilità ambientale, nel turismo, può essere anche rappresentata dalle cosiddette "greenways", da percorrere a piedi o in bicicletta L'accordo sottoscritto prevede lo scambio di informazioni e di iniziative comuni e si inserisce in una quadro nel quale il turismo costituisce una delle principali attività economiche con il maggiore potenziale per generare crescita e posti di lavoro nell'Unione Europea. Nella definizione più limitativa della materia (riferito al solo reddito da lavoro diretto nelle strutture ricettive), il turismo contribuisce oggi per il 4% alla creazione del PIL nell'UE, con percentuali variabili dal 2% in molti nuovi Stati membri al 12% di Malta. Il suo contributo indiretto alla creazione del PIL è, poi, molto più elevato: il turismo genera indirettamente oltre il 10% del PIL dell'UE e circa il 12% di tutti i posti di lavoro. In Italia queste cifre sono L’obiettivo finale è la promozione del Turismo Sostenibile, ovvero il raggiungimento di un equilibrio tra i turisti, lo sviluppo autonomo delle destinazioni turistiche e la tutela dell'ambiente (i soggetti che fruiscono del turismo) da un lato, e lo sviluppo di un'attività economica competitiva che valorizza le proprie risorse anziché consumarle, dall'altro lato (chi gestisce le attività turistiche). Integrando l'attenzione per la sostenibilità ambientale nella loro attività, gli operatori del settore proteggeranno tutti quei vantaggi competitivi che fanno dell'Italia la destinazione turistica più attraente al mondo con la sua intrinseca ricchezza e varietà di paesaggi naturali e cultura. Almeno così si spera.. IL CLUB n. 92 – pag. 34 Le vie verdi Secondo una definizione importata dagli USA le vie verdi o "greenways" sono un sistema di territori lineari tra loro connessi che sono protetti, gestiti e sviluppati in modo da ottenere benefici di tipo ecologico, ricreativo e storico-culturale. Ma le vie verdi possono essere le strade secondarie, i tratturi, i sentieri di parchi e riserve, le strade sterrate di campagna, i solchi rimasti di ferrovie dismesse, ossia quella ragnatela di percorsi secondari e talora non transitabili nemmeno su gomma la cui conoscenza può contribuire a valorizzare un territorio e la natura circostante. Affinché le vie verdi siano utilizzate al massimo e possano incentivare forme di mobilità dolce e di turismo sostenibile (a piedi, in bici, a cavallo) è necessario potenziare il loro grado di interconnessione e favorire l'intermodalità ossia la piena compatibilità con la rete di trasporti pubblici (treni, navi, aerei, autobus). La conoscenza e la tutela delle strade storiche si integra armonicamente con lo sviluppo delle vie verdi. Lo conoscenza della viabilità antica può contribuire a comprendere lo sviluppo storico di un territorio e a verificare le continuità e discontinuità verificatesi tra diverse fasi storiche. Molto più di tante testimonianze del passato, le strade rappresentano l'identità e la ricchezza di una comunità. Rappresentano l'importante eredità che antenati laboriosi ci lasciarono costruendo pietra su pietra, lastricati, selciati, ponti e muri a secco. La bicicletta o il cavallo rappresentano in questa visione strumenti di conoscenza ed esplorazione unici per comprendere la viabilità antica. Consentono di percorrere strade che le macchine non possono, il loro intercedere piano ci riporta l'eco e le sensazioni dei viandanti del passato. Molte delle vecchie strade sono oramai dimenticate e decadute. Ma in molti casi queste vecchie strade non sono del tutto scomparse bensì coincidono con strade secondarie belle e tranquille. Terza pagina Immigrazione e integrazione: quando sono gli altri a venire da noi C ittadini del mondo, ambasciatori di pace: tali cerchiamo di essere quando, a bordo dei nostri camper, viaggiamo per le strade del mondo. E’ ovvio che ci venga più facile in Francia o in Germania, Paesi della vecchia e amata Europa a noi limitrofi (e abbastanza simili al nostro per usi e costumi). Magari difficile può esserlo invece in Paesi più lontani, sia geograficamente che culturalmente, come i Paesi arabi dell’altra sponda del Mediterraneo, là dove il turista è “l’altro”, da alcuni anche invidiato e talora odiato perché “ricco” per antonomasia, più spesso poco interessato alle condizioni di sottosviluppo di un sud del mondo che vede nel nord del mondo a volte un miraggio, a volte solo un continente “estraneo” se non un vero e proprio inferno da combattere ideologicamente. Vi sono Paesi che molti di noi hanno negli anni visitato – me compreso – accorgendosi anche dell’evoluzione (o involuzione) che alcuni di essi stanno progressivamente subendo a causa soprattutto del risorgere o dell’esplodere dell’integralismo religioso, anche laddove la laicità dello stato è formalmente garantita dalla costituzione (come in Tunisia o Turchia). Tuttavia, non credo che nessuno di noi, visitando una nazione araba come, per esempio, la Turchia o l’Egitto, si sia rifiutato di togliersi le scarpe nell’entrare in una moschea, luogo sacro dell’islam al pari di una chiesa per un cristiano, dove i musulmani mai oserebbero entrare se non a piedi nudi e dopo aver effettuato i lavacri rituali; e sono certo che nessuno di noi, una volta all’interno della moschea, abbia osato “ingiuriare” Maometto o i fedeli lì in preghiera, così come ci aspettiamo analogo rispetto da un islamico che entra in una chiesa anche come semplice turista. So bene che nessuno di noi ha dubbi al riguardo, così come so bene che non per tutti gli occidentali sia così ovvio avere atteggiamenti di rispetto verso gli altri e le loro culture, soprattutto se diverse. Purtroppo, è in particolare il rozzo atteggiamento di alcuni gruppi d’oltre Atlantico che inficia la considerazione generale che spesso si ha invece di noi “occidentali” nell’insieme. E così un po’ tutti noi scontiamo pur senza colpa diretta l’effetto “trascinamento” di questo atteggiamento culturale tipico di alcuni statunitensi, così poco “sensibili” e “aperti” verso gli altri, a causa della loro visione etnocentrica del mondo, del loro bisogno patologico di esportare i loro modelli sociali e culturali (conside- rati migliori e “superiori” a qualunque altro) e della loro conseguente poca dimestichezza con la storia e la geografia, prim’ancora che con le lingue o le religioni degli altri! Atteggiamento che ricorda quello coloniale degli inglesi e dei francesi fino a poche decine di anni fa. Su questo si potrebbe continuare a scrivere tanto, ma credo che la nostra sensibilità sull’argomento sia assai omogenea e quindi fuori discussione. Vorrei invece spostare l’attenzione, in questa Un barcone di immigrati in arrivo sulle coste siciliane In basso la coda per la regolarizzazione dei lavoratori extracomunitari IL CLUB n. 92 – pag. 35 Figure diverse di lavoratori immigrati in Italia: manovalanza spicciola e professionisti in carriera mia riflessione, sul fenomeno opposto, quello dell’immigrazione nel nostro Paese di persone e gruppi di altre nazionalità che, spesso, portano con sé altri usi, altre leggi e modelli di vita rispetto ai nostri, oltre alla loro lingua e, in molti casi, anche a una religione diversa. E so anche che, trattando questo argomento così spinoso, non sarà facile non toccare nervi scoperti di una sensibilità che ogni italiano vive a modo suo, politicamente corretta o non... Partiamo quindi da una considerazione di base: c’è una grossa differenza fra i flussi turisti- ci e quelli migratori (chi meglio di un siciliano può saperlo?!). Il turista è quello che visita un Paese per pochi giorni o settimane, spesso in gruppo, e quindi ha poche ragioni per provare a integrarsi con le persone del luogo, anche perché non ve ne sarebbero né i tempi né le ragioni, anche se ovviamente non può non interagire con gli autoctoni soprattutto se viaggia da solo o in piccoli gruppi senza una guida o un capogruppo che giocoforza filtra i contatti degli uni con gli altri. Il migrante è invece colui che lascia il Paese di origine per esigenze familiari, lavorative, politiche, o magari IL CLUB n. 92 – pag. 36 perché insegue solo un sogno di ricchezza che nel proprio Paese sa che non potrà mai ottenere, un sogno spesso generato dalle pubblicità che vede attraverso la propria televisione e un’antenna satellitare; ma quel migrante, una volta immigrato nel Paese di destinazione, deve fare anche i conti con la necessità di interagire con la popolazione del luogo e con le sue leggi, le sue abitudini sociali, i suoi standard etici, politici, ecc. E più è in grado di integrarsi, più gli sarà facile interagire con gli altri, trovare lavoro, sentirsi comunque parte di una comunità. E ciò a prescindere dal fatto che, all’interno di questa macrocomunità (la società nel suo insieme), egli tenga vivi i legami con i propri connazionali e con essi aspiri a realizzare una sottocomunità che faccia sentire meno a ciascuno il peso della lontananza dalla madrepatria, come è accaduto nel passato (e come accade anche oggi) anche agli emigrati italiani negli Stati Uniti o in Australia, in Argentina o in Germania. Il problema è semmai un altro: cosa vuol dire integrazione? Vuol dire snaturare le proprie origini per omologarsi con la nuova cultura all’interno della quale si è costretti (o vogliosi) di vivere? Vuol dire rinunziare alla propria lingua o ai propri standard (alimentari, familiari, religiosi...)? Vuol dire definire per se stessi un profilo d’identità quasi binario, in modo tale da essere ciò che si è stato e apparire nel contempo come gli altri in un certo senso vogliono che si sia? E’ molto difficile sul piano culturale e prim’ancora su quello sociale trovare un equilibrio, soprattutto quando la cultura originaria (oserei dire ereditaria) di un individuo è profondamente diversa da quella che questi trova nel Paese in cui è emigrato. La libertà dell’individuo, legge inalienabile della natura umana, finisce quando inizia la legge sociale che la regola al fine di consolidarla e garantire quella degli altri, altrettanto inalienabile. Ma cosa succede allorquando la libertà del singolo, per esempio quella religiosa, si scontra con le legge del Paese in cui vive? Tutti noi – credo fortemente - riteniamo indispensabile sottometterci al principio di autorità che è regolato dalla legge, ma il nostro corpus legium è separato, per noi ovviamente, dalla re- ligione, religione per la quale lo stato garantisce libertà individuale. Ma questa separazione non è sempre un fatto assodato, né logico, dato che molti paesi musulmani considerano il Corano come la sola legge della nazione islamica (nazione in senso lato, per altro) e applicano le regole scritte nel libro sacro dell’Islam come le sole regole del vivere civile. Per noi può anche essere illogico e può apparire del tutto “innaturale” che esistano popoli la cui religione è un tutt’uno con la legge, come i musulmani o comunque come i musulmani più integralisti. Ma così non è e l’argomento merita un’attenta analisi. «Ci si dimentica – ha affermato in una recente intervista la nota antropologa Ida Magli – che il fondamento delle nostre leggi è la separazione fra il diritto civile e quello religioso. Per gli immigrati musulmani questa separazione è inconcepibile e inattuabile. Il Corano infatti è tutta la legge». Questo significa che un immigrato musulmano in un Paese occidentale può non avvertire affatto il bisogno di osservare la legge del Paese ospitante se questa è in conflitto con la “sua” legge, che è quella atavica di Maometto; e quindi può non voler affatto integrarsi. Può accadere quindi che egli voglia reiterare anche in Italia, dove ovviamente non è consentito, il matrimonio multiplo che invece l’Islam garantisce e che in alcuni Paesi arabi è legge oltre che uso tranquillamente accettato dalla comunità. Così come il cristiano può essere visto come l’infedele da convertire o uccidere solo perché così è scritto nel Corano, e ciò anche se è stato l’islamico a venire a vivere, da immigrato, in un Paese dove la religione cristiana è quella della stragrande maggioranza della popolazione locale. Non può non evidenziarsi come sia questa la ragione di base del maggior numero dei conflitti locali, anche in alcune aree del nostro Paese dove più massiccia è la presenza di stranieri immigrati, e ciò anche laddove la paura dell’altro, del diverso (per colore della pelle, per lingua, ecc.), non sia sfociata in un fenomeno isterico di massa (via gli stranieri da casa nostra!, predicano gli oltranzisti della Lega). La frattura, spesso profonda (e comunque destinata ad allargarsi ancor più), fra la popolazione locale e gli immigrati c’è ed è inutile negarla solo per voler essere politicamente corretti; ed è sentita anche da chi non è stupidamente razzista, soprattutto per colpa dei tanti che, anno dopo anno giungono in Italia sfuggendo alle norme sull’immigrazione legale e rimanendo quindi più o meno in clandestinità, lavorando pagati poco e in nero (e togliendo quindi il lavoro ai locali, come insistono vari gruppi politici) o ancor peggio vivendo di espedienti, come lavavetri o manovali dello spaccio di droga, o al limite dell’accettabilità anche per il migliore buonista, come chi ruba anche con la violenza o chi alleva proseliti della guerra santa in nome di dio, inficiando così gli standard di sicurezza sociale che oggi sono proprio fra le cose più reclamate dai cittadini ai poteri locali e dello stato. D’altronde, il problema dell’immigrazione e dell’integrazione sociale e culturale degli stranieri che vivono in Italia è anche legato all’inadeguatezza dello stato nel contrastare l’immigrazione irregolare e l’illegalità che da essa viene generata, mentre all’opposto tanti immigrati si integrano anno dopo anno perfettamente con gli italiani pur conservando, all’interno delle loro comunità, la loro lingua o la loro religione; e questa illegalità, sempre più diffusa – secondo le statistiche proprio anche a causa dell’aumento degli immigrati - poi porta i nostri istituti di detenzione ad “accogliere” circa il 50% di stranieri rispetto al totale dei detenuti mentre la percentuale di stranieri sull’intera popolazione italiana non supera il 5% (e nessuno mi convincerà che è solo “colpa” degli avvocati inesperti che difendono gli stranieri quando questi delinquono e vanno in giudizio). Da ciò può derivare la sensazione di “essere lasciati soli” dallo stato che avvertono molti cittadini, quelli stessi che chiedono alla politica fatti e non più solo parole, quelli stessi per i quali è “ovvio” provare un sentimento xenofobo che “ovviamente” non fa onore né a loro come singoli né a noi come italiani nell’insieme. Ma non saranno certamente i proclami politicamente corretti di alcuni nostri esponenti politici a fare rientrare le paure o a far cambiare le opinioni della gente, né a sconfiggere l’illegalità che continua ad aumentare, alimentando a sua volta il fenomeno della xenofobia (come il IL CLUB n. 92 – pag. 37 cane che si morde la coda, si dice abitualmente). Fatto sta che, chi ha bisogno di una badante, sa che deve rivolgersi a una rumena o a una polacca; chi necessita di una colf, non trovando più italiane sul “mercato”, cerca di trovare un aiuto fra filippini e mauriziani; le imprese che cercano operai per l’edilizia, li trovano fra gli albanesi; chi necessita di lavoratori stagionali nell’agricoltura, li recluta – magari con l’altra piaga del caporalato – fra senegalesi e arabi in genere: e così via. E la popolazione italiana nel frattempo aumenta, non tanto per un incremento delle nascite degli italiani di origine, quanto per l’aumento dei flussi migratori dall’estero e, in alcuni casi, per il ricongiungimento delle famiglie dei lavoratori stranieri, che a loro volta cominciano a dare ...una mano all’aumento delle nascite in un Paese come il nostro dove la natalità è tra le più basse del mondo e dove gli anziani stanno ormai diventando maggioranza assoluta. Una bambina del Maghreb impara la lingua italiana per integrarsi nella nuova società in cui vive Magari, quei figli di immigrati, come è capitato nelle comunità di emigrati italiani all’estero, vorranno integrarsi il più possibile agli italiani per non sentirsi emarginati e per emanciparsi socialmente ed economicamente; e forse diventeranno degli ottimi cittadini italiani contribuendo alla crescita culturale, sociale ed economica della nostra vecchia Italia; e forse saranno i primi che vorranno contrastare l’immigrazione illegale e che lotteranno contro l’illegalità. Forse... Maurizio Karra Vita in camper La difficile scelta di sostituire un vecchio camper al quale si è affezionati con un nuovo modello diventa ancora più complicata, dal punto di vista affettivo oltre che da quello economico, dalla possibilità di un recente provvedimento di legge che consente la rottamazione non solo delle autovetture ma anche dei vecchi camper Euro 0 ed Euro 1 A nche fra i nostri soci vi sono coloro che non hanno mai rinunziato al loro primo amore: non stiamo parlando della compagna o “del” compagno “della vita” (donna o uomo che sia), ma comunque di “un” compagno “di vita” quale può essere un camper, in grado di supportare la nostra voglia di viaggiare e il nostro bisogno di libertà. E infatti, accanto ai tanti veicoli nuovi presenti a ogni gita del nostro Club (ce n’è sempre uno appena immatricolato da festeggiare!) ce ne sono anche di “maggiorenni”, spesso fantasticamente mantenuti proprio per l’affetto che ne hanno i loro proprietari. Alla voglia di nuovo di alcuni, talvolta generata da consumismo e ovviamente alimentata anche da condizioni economiche favorevoli (quanto costa un camper nuovo!!!), si contrappone in altri proprio l’attaccamento affettivo al mezzo, che è una casa su ruote e non un semplice veicolo, determinando la scelta di tenerselo per anni anche quando è tecnicamente e meccanicamente obsoleto e meriterebbe, con un fare razionale, anche il pensionamento. Al riguardo, forse non tutti sanno che esiste in Italia un’associazione di proprietari di camper storici, con tanto di registro dei veicoli legato all’ASI (Automobil Club Storico Italia), guidata dall’amico Franco Galliani, che ha sede in Via 9 Agosto n. 4 34170 GORIZIA e-mail: Uno dei più classici camper “maggiorenni” ancora circolanti in Italia [email protected]. Fra gli obiettivi dell’associazione vi è quello di non disperdere la memoria storica del camperismo italiano, favorendo con iniziative anche legali i proprietari di veicoli “datati”, al pari dei proprietari di auto d’epoca. Ma spesso non è il valore affettivo per il mezzo che blocca l’acquisto del nuovo, ma il suo valore di mercato sul fronte dell’usato pari a zero o poco più: capita, infatti, che un concessionario non prenda in permuta veicoli che abbiano più di dieci anni di vita, o che comunque li stimi poche migliaia di euro; e allora si tenta, spesso senza risultati, la via della vendita fra privati, riuscendo a recuperare 5 o 6 mila euro, poco significativi rispetto al valore affettivo del camper ceduto. Un evento nuovo ha cambiato (forse) lo scenario a fine 2007, anche se non ha avuto una grande eco, e pochi ne sono a conoscenza: si tratta del Decreto Legge n. 248/2007 emanato dal governo Prodi proprio a fine anno, che ha allargato gli ecoincentivi per la rottamazione di vecchi veicoli in cambio dell’acquisto di nuovi da immatricolare, oltre che alle autovetture (come era fino a quel IL CLUB n. 92 – pag. 38 momento), anche ai camper. E così, per la prima volta, i proprietari di camper Euro 0 ed Euro 1 immatricolati fino al 1998 riceveranno per tutto il 2008 un bonus statale fino a 2.500 euro per la loro rottamazione in cambio della immatricolazione di veicoli nuovi Euro 4, rispondenti quindi alle ultime normative antinquinamento. La facilitazione riguarderà i contratti di acquisto di camper stipulati tra il 1° gennaio e il 31 dicembre di quest’anno, con la possibilità anche di immatricolare il mezzo fino al 31 marzo 2009. Un anno di tempo, dunque, per decidere se vale la pena rottamare il proprio camper e passare a un veicolo nuovo, con motore Euro 4, sia su base Fiat, che su meccanica Ford, lveco, Mercedes o Renault. Ma siamo sicuri che questi incentivi siano davvero “utili” a fare decidere i più riottosi al cambiamento? Per la rottamazione di autocaravan di massa complessiva fino a 3000 kg (come i vecchi Rimor Koala, i vecchi CI 360 su Ford, i Safariways Abidjan, i Laverda o gli Arca Scout) si riceveranno infatti solo 1.500 euro. Mentre saranno 2.500 euro per la rottazione dei camper oltre i 3.000 kg., in Nuovo o vecchio, poco importa: viaggiare in camper è un’altra cosa Un viaggio in camper è qualcosa di profondamente diverso dal classico viaggio con un mezzo tradizionale (auto, treno, aereo, ecc.) che va dal punto A al punto B; perché incorpora tante esperienze diverse, tanti momenti distinti che si incasellano l’uno dentro l’altro, formando una serie di cerchi concentrici perfettamente integrati. Viaggiando in camper ci si ritrova sempre a seguire tanti mini-itinerari, tante direttrici diverse che portano ad esplorare realtà a volte in contrapposizione tra loro, ma sempre cariche di una lezione di vita difficilmente riscontrabile in viaggi più "ortodossi"; gli spazi del vasto mondo ci si allargano davanti e ci invitano a proseguire ancora avanti, oltre l’orizzonte che si intravede appena, alla ricerca costante di tutto ciò che non si conosce, in un fantastico alternarsi di culture, di lingue, di religioni, di frontiere… E poco importa che il nostro amico di viaggio sia un veicolo nuovo fiammante o all’opposto, magari come pensano alcuni, un vecchio catorcio: il camper è solo un mezzo, non dimentichiamolo, per dare le ali alla nostra voglia e al nostro bisogno di libertà. genere più moderni (quindi più pesanti!). Da qualche anno, infatti, i modelli di camper di nuova produzione di peso inferiore alle tre tonnellate sono davvero pochissimi ed è facile riscontrare questo dato sfogliando anche via Internet i cataloghi dei vari costruttori: ci accorgiamo che in molti casi non vi è un solo modello di peso complessivo autorizzato entro le tre tonnellate, sia per la lunghezza che tutti i veicoli hanno preso anno dopo anno, sia per le dotazioni di bordo che le varie case costruttrici vi hanno sistemato (oggi un sistema di riscaldamento Webasto, molto efficiente, pesa tuttavia molto più di una stufa Truma da 3.000 kcal. montata su un mezzo di 15 o 20 anni fa!). In ogni caso, conviene davvero accedere a questi ecoincentivi? Facciamo l’esempio di un camperista che voglia provare a rottamare il suo camper Euro 0 o Euro 1 di 3000 kg di peso complessivo per acquistare un nuovo veicolo Euro 4 da 40-50.000 euro: 1.500 euro sono niente se il concessionario non gli viene incontro con uno sconto sostanzioso, dato che non prende in cambio l’usato che vale poco o niente. Altrimenti, può essere utile ottenere anche 5.000 euro per disfarsi del vecchio mezzo che non ha mercato nemmeno fra i privati dandolo in permuta del nuovo ma rinunziando (in tutto o in parte) allo sconto sul nuovo che certamente il concessionario concederà. Insomma, ogni caso va valutato con attenzione. Ma dobbiamo considerare anche che già ci sono (e saranno sempre maggiori) delle restrizioni alla circolazione per i mezzi più datati (auto o camper poco importa) a causa dei loro motori più inquinanti, soprattutto nelle regioni del nord, ma anche in singole città (fra poco anche a Palermo). Per cui, se qualcuno fosse indeciso, questi incentivi possono sicuramente spro- nare all'acquisto. <<Qualcuno obietterà che per le auto gli incentivi valgono anche per la rottamazione degli Euro 2, e quindi è stata fatta una discriminazione>>, leggiamo su AutoCaravan di febbraio che dedica un interessante articolo al tema. <<In realtà, a nessuno verrebbe in mente di rottamare un camper Euro 2, che è da considerarsi semi-nuovo, visto che ha meno di 10 anni. In più, non dimentichiamo che per le auto il bonus è 700-800 euro, quindi una cifra ben inferiore>>. Tutto ciò tenendo sempre conto, tuttavia, che il camper non è solo una “macchina”, ma anche un “compagno di viaggio” che, per quanto vecchiarello, se ne curiamo l’assistenza tecnica e non lo trascuriamo mai, per quanto più lentamente e con meno accessori dei nuovi mezzi, potrà continuare a portarci per le vie del mondo, da Capo Nord al Sahara. E non si può certo mandare alle ortiche con noncuranza un compagno fedele se lui non ti ha mai tradito! Maurizio Karra Anche un camper maggiorenne può varcare il Mediterranneo o arrivare a Capo Nord: basta che ne sia curata l’assistenza tecnica e non sia mai trascurato; sarà magari più lento, meno ricco di accessori che adesso sono di serie sui nuovi mezzi, ma un camper è sempre un amico fedele che può portarci in capo al mondo... IL CLUB n. 92 – pag. 39 Musica in camper L a primavera si avvicina sempre di più e i progetti per le nostre fughe itineranti si fanno sempre più concreti, rendendo più vicini i sogni lungamente accarezzati per i week-end più lunghi e poi per le future vacanze. In tale attesa, facciamoci almeno cullare dalle ultime novità in campo musicale. Cominciamo con un doppio album davvero da non perdere, “All the best” di Zucchero Fornaciari, il secondo best dell’artista, dopo quello uscito nel 1996; stavolta il cantautore italiano conosciuto internazionalmente come “Sugar”, dopo che una maestra l’aveva così soprannominato al tempo delle scuole elementari, sintetizza oltre vent’anni di carriera in due cd che lo consacrano nel mondo della musica soul. Si tratta di 35 splendide canzoni, di cui cinque inedite, che permettono di ripercorrere tutta la sua carriera alla riscoperta delle più belle ballate che fanno ormai parte della storia della musica (italiana e non solo). moderna con un arrangiamento perfettamente riuscito, e “Miserere”, in duetto con il grande Luciano Pavarotti. Insomma un album che testimonia l’eccellente lavoro compiuto negli ultimi 25 anni da Zucchero, che ha dato vita ad uno stile internazionale dal melodico al pop al blues, con una voce senza uguali che può fare da perfetta colonna sonora alle nostre vacanze in camper. La seconda proposta riguarda, invece, un duo irlandesenorvegese, che si dedica da una dozzina di anni alla musica new age con risultati eccellenti. Si tratta dei Secret Garden, così chiamati perché si identificano con il giardino segreto in cui ascoltare musica soft quando le asperità della vita ci conducono a necessari momenti di raccoglimento e di ricarica delle batterie; dietro questo poetico nome si celano la violoncellista irlandese Fionnouala Sherry e il compositore e pianista norvegese Rolf Lovland, che insieme hanno venduto oltre 3 milioni di dischi in tutto il mondo, vincendo anche l’Eurovision Song Contest nel 1995 con il brano “Nocturne” di struggente dolcezza. Ed è stata la prima unica volta in cui un pezzo quasi interamente strumentale ha vinto l’Eurovision. Cucina in camper Penne alle verdure Ingredienti: 400 gr. di penne, 1 zucchina, 1 melanzana, ½ peperone, 10 pomodorini, 1 cipolla piccola, 1 costa di sedano, 1 spicchio d’aglio, qualche foglia di basilico, olio extravergine d’oliva, sale q.b. Preparazione: lavate ed asciugate le verdure, tagliandole a dadini. Tagliate a metà i pomodorini. Tritate insieme la cipolla, l’aglio ed il sedano. Mettete il trito in una casseruola con un po’ d’olio. Salate e fate appassire a fiamma bassa. Unite le verdure, i pomodorini, il basilico spezzettato e continuate a tegame coperto la cottura. Unite le penne, che avrete cotto a parte, e mantecate a fiamma vivace. Scaloppine con funghi Ingredienti: gr. 600 di vitello a fettine, gr. 300 di funghi, un po’ di farina, 1 spicchio d’aglio, 1 mazzetto di prezzemolo tritato, 1 scatola di pomodori pelati, olio extravergine d’oliva, sale e pepe. Preparazione: infarinate le fettine di carne e salatele. Tritate il prezzemolo e l’aglio, facendoli soffriggere nell’olio. Aggiungete le fettine, facendole dorare. Unite i funghi affettati insieme ai pomodori. Salate, pepate e fate cuocere a fuoco lento. Enza Messina Tra gli inediti non si può non segnalare la struggente “Wonderful Life”, già portato al successo da Black, oltre al brano “Tutti i colori della mia vita”, ad “Amen”, in pieno stile Zucchero, al dolcissimo “You are so beautiful”, e a “Madre dolcissima”, realizzata con Steve Ray Vaughan. Tra i successi dell’autore ricordiamo, invece, “Nel così blu”, tratto dalla versione internazionale di Fly, l’indimenticabile “Diamante” e “Così celeste”, utilizzata per un celebre spot natalizio, oltre agli ormai classici “Overdose (d’amore)”, “Senza una donna”, “Donne”, il celeberrimo “Va pensiero”, rivisitato in chiave Dopo diversi album caratterizzati da una melodia intervallata dal suono del violoncello e del pianoforte, con risultati di grande sonorità che invitano al relax, nel mese di dicembre il duo ha pubblicato l’album “Inside I’m singing”, in cui tredici dei loro maggiori successi vengono ripresi in versione cantata, con la partecipazione di cantanti famosi, una per IL CLUB n. 92 – pag. 40 tutti l’intramontabile Barbra Streisand che ha adattato il brano “Heartstrings” trasformandolo in “I’ve dreamed of you”. Ma non mancano versioni rinnovate anche della già citata “Nocturne”, o di altri brani dolcissimi come “You raise me up”, incisa da Josh Groban e poi anche dal gruppo Il Divo. Si tratta senza dubbio di un album da ascoltare sia quando c’è bisogno di divorare la strada che ci separa dalla prossima meta, sia quando c’è bisogno di rilassarsi a fine giornata, magari davanti alla magia di un magnifico tramonto a bordo del nostro camper. Mimma Ferrante Riflessioni Il tunnel: cercare la morte per dare un senso alla vita H o tentato tante volte - riflettendo su quegli argomenti che destavano maggior interesse in me, sulle novità, sulle realtà della vita quotidiana e non - di cercare delle risposte che spesso non arrivano, e sperando, con un po’ di presunzione di far riflettere. E’ questo lo spirito con il quale a gennaio 2005 è nata questa rubrica, cioè quello di proporre un argomento prevalentemente di largo interesse, per coinvolgere quanto più possibile, pareri, considerazioni, esperienze che non solo potessero trovare sfogo in questo piccolo angolo, ma che testimoniassero il piacere e la volontà di creare una discussione, un’espressione del pensiero personale. Forse gli argomenti trattati non sono sempre stati interessanti, magari non per tutti, magari poco trattati, magari non esaustivi, ma si auspicava un confronto non un dibattito, un “consorzio di pareri” o puri parti cerebrali o frutto di esperienze che di sicuro avrebbero potuto dare un valore aggiunto accrescendo coscienza e conoscenza in chi legge. Detto ciò, desidero introdurre un argomento tanto contemporaneo quanto sconcertante. In tutta Europa, ed anche in Italia, la situazione è drammatica. Spesso per la risoluzione di questo problema ci si è affidati a Commissioni di pseudo-esperti che, non potendo non dare delle risposte, si arrampicano sugli specchi, dimo- strando spesso di vivere fuori da questa realtà. Si dice che è un problema di tutti. Si dice addirittura che si può e si deve raddoppiare la dose per uso personale di una certa sostanza, in quanto la sua assunzione non crea dipendenza, assuefazione, facendo passare il messaggio che certe sostanze sono innocue e non droghe. La legalizzazione delle droghe cosiddette “leggere” ha creato un disastro. Adesso aleggia una sorta di mea culpa generale per la permissiva politica intrapresa negli ultimi anni. Una delle trovate, forse a dir poco discutibili, è stata, negli ultimi anni, la chiusura di 200 comunità di recupero, ed i soldi risparmiati lo Stato li ha investiti in metadone e stupidaggini simili. Quella delle droghe leggere è una questione sottovalutata o quantomeno poco approfondita. Fanno credere che sia innocua perché è un gran bel mercato. La usano tutti. Direttamente o indirettamente abbiamo imparato anche noi, popolo di persone che non sapevano nemmeno di cosa stavano parlando, cos’è la cannabis, come si prepara uno spinello, come si fuma...; ci è stato anche fatto vedere in tv che a scuola c’è qualche insegnante che, oltre la propria materia, insegna anche come si confeziona una canna; in altre trasmissioni qualcuno dice pure che uno spinello ogni tanto non fa male. E se non fa male, può anche far bene! Potrebbe essere terapeutico! Sono ignorati gli studi scientifici che parlano di gravi disturbi mentali, psicosi, disturbi psichiatrici, schizofrenia, depressione, ansia, danno cerebrale cognitivo. Ma lo fanno papà e mamma, anche il professore, anche il direttore, anche l’onorevole ministro, che forse per giustificare il proprio comportamento, ha dichiarato imprudentemente che si tratta di sostanze innocue. L’Italia sembra l’unico paese dove i politici credono ancora che la cannabis sia una “droga leggera” e ne parlano in questi termini. Intanto la strage dei “giovani sognatori” continua. Giovani spesso delusi, insoddisfatti, deboli, plagiati, senza ideali, che si infilano spesso inconsciamente nel tunnel, quasi a cercare la morte per dare un senso alla vita. Ogni tentativo è per ora fallito. E’ ora di dimostrare la falsità di questa vecchia tesi datata e pericolosa per salvare i giovani, quei giovani che vivono nella solitudine, nella non gioia, nella malattia mentale, nella paura. Oggi sono tanti i Paesi che hanno finalmente deciso di attuare una politica che rifiuta la depenalizzazione della Cannabis. E’ anche da auspicare, collateralmente a queste decisioni, che si intraprendano studi seri e ricerche aggiornate che permettano di comprendere l’impatto che queste sostanze hanno sulla salute mentale. Penso che chiunque abbia figli non possa e non debba sentirsi fuori dal problema e non possa pensare che il problema riguardi gli altri e soltanto gli altri. Occhi aperti, sempre in guardia, sempre vigili, sempre sospettosi dei cambiamenti. La Cannabis non è una droga leggera! E’ una strage! E’ il cancro dei giovani, che lavora spesso in modo subdolo per tanto tempo, per poi manifestarsi, come il tumore, non dando tempo per pensare, riflettere, decidere. E’ davvero un’emergenza: disinformazione, superficialità, leggerezza, in questo campo possono essere peccato mortale. Mortale per i giovani. Luigi Fiscella IL CLUB n. 92 – pag. 41 Internet, che passione Come sarà la rete del futuro? Gli scenari possibili con le opinioni dei guru a confronto A nche fra gli appassionati della navigazione su Internet, pochi forse sanno cosa sia “Evergrow”. Si tratta di un progetto di ricerca europeo sulla futura rete che ha avuto inizio già da qualche anno. Il suo obiettivo è aprire la strada alla creazione di una Internet completamente nuova e diversa nel giro di qualche decina di anni, costruendo le fondamenta scientifiche delle reti dell’informazione globale del futuro. Partecipano a questo progetto ricercatori eccellenti provenienti da più di venti università ed istituti di tutta l’Europa, nonché di Israele ed Egitto, e grandi aziende come Ericsson, IBM ecc. Se Internet ha aperto le porte a un sapere più democratico e a uno scambio in tempo reale di conoscenze e informazioni, presto le reti non si limiteranno solo a questo, ma a una fruizione interattiva e a 360 gradi di Internet nel nostro quotidiano: l’intera società del futuro, infatti, sarà basata sulle reti, dalla vita privata al mondo del lavoro, all’industria ed ai processi dell’amministrazione e del governo degli stati. Questa Internet futura avrà ovviamente grandi potenzialità ma anche fortissime necessità. Già oggi è chiaro come la complessità cresca continuamente, e possiamo comprendere molte cose su quali saranno i problemi indotti da questa complessità, a partire dai processi che oggi sono eminentemente manuali e che dovranno essere automatizzati: pensiamo ad esempio alla gestione di reti, alla loro organizzazione o al processo di riparare un nodo di rete ad uno dei molti livelli rilevanti. Un guru d’eccezione del mondo di Internet è l’americano Leonard Kleinrock, docente presso la University of California di Los Angeles (UCLA). Per lui «la vera chiave del successo di Internet è la capacità di creare comunità annullando le barriere fisiche. In Internet si azzerano le distanze e si annullano i pregiudizi perché, attraverso la comunicazione in rete, non esistono più nazionalità, religioni, differenze sessuali e credenze politiche». Kleinrock fa anche una riflessione: Internet è nata nel 1969, l’anno in cui l’uomo è andato sulla Luna, e la sua è stata dunque una nascita in sordina, dato che nessuno ne ha parlato e nessuno ha diffuso la notizia nel mondo in quel momento. Se Armstrong, a commento del suo viaggio nello spazio, ha dichiarato “è stato un piccolo passo per l’uomo e un grande passo per l’umanità", «io devo invece confessare – ha dichiarato il professor Kleinrock in una recente conferenza – di essere riuscito a scrivere nel mio primo messaggio in rete, destinato ad un collega dell’università, soltanto le iniziali LO del termine "LOG" (che significa codice di entrata), dato che il collegamento si era bloccato prima della digitazione della terza lettera». «Fin dal principio – continua - ho intuito le enormi potenzialità di Internet, ma il mio progetto iniziale è destinato ad essere ulteriormente sviluppato in futuro – ha dichiarato lo studioso. Fino ad ora si è diffuso il principio del deskbound mentality, cioè della falsa credenza di associare il funzionamento di Internet solo ad un collegamento con un PC fisso. La vera rivoluzione sarà, invece, quella di applicare la cosiddetta "mentalità nomadica", che consiste nel poter fruire, elaborare e modificare dati in qualsiasi momento, ad esempio attraverso l’uso di una spina o di un cellulare». Per tutti gli studiosi della rete, comunque, l’accesso ad Internet è ancora troppo complesso, soprattutto in alcune parti del mondo dove le tecnologie latitano per problemi ben più gravi (malattie, carestie e fame, analfabetismo di base, ecc.), ed è necessario entrare al più presto in una nuova dimensione che sfrutti tecnologie d’avanguardia, quella della "tecnologia invisibile”. La prossima frontiera sarà dunque quella di permettere di accedere ai dati attraverso un unico "veicolo tecnologico" che assolva diverse funzioni – come, ad esempio, quelle di cellulare, radio, fotocamera, registratore - oltre a quella di permettere di accedere in rete. Internet dovrà IL CLUB n. 92 – pag. 42 trasformarsi in un "sistema nervoso globale pervasivo" in grado di “attraversare tutti i livelli di interfacciabilità”. Anche se con qualche rischio... Ad Helsinki, invece, nel 2006, è nato “Aula”, il movimento animato da Marko Athisaari e Jyri Engestrom, che già da qualche anno si occupa di confrontare ogni estate nella capitale finlandese le esperienze più avanzate e visionarie della rete. Fra i guru di Internet c’è Dan Gillmor, ex firma di punta del Mercury News, la Bibbia della Silicon Valley, e ora devoto animatore del fenomeno dei «media di cittadinanza» con il sito http://citmedia.org/blog/; c’è Tyler Brule, fondatore del fortunato magazine Wallpaper; c’è Adam Greenfield, studioso dell’ubiquitous computing, scenario non troppo futuribile in cui i computer invaderanno strade, parchi, negozi; c’è Joshua Ramo, ex ragazzo prodigio del Time magazine, ora socio di Kissinger in un’agenzia di consulting globale; c’è Martin Varsavsky, fondatore del nuovo movimento di wi-fi globale Fon, in società con Google e Skype. C’è un esercito di agguerriti blogger, da Danah Boyd, studiosa del celeberrimo sito Myspace.com, a Cory Doctorow, brillante autore di fantascienza. Ma su tutti brilla per visionarietà Joi Ito, giapponese, cresciuto anche lui nelle atmosfere della San Francisco Bay, quel misto hippy e irripetibile di tecnologia, new age, attivismo politico e suggestioni esoteriche. Ito è il visionario di una Internet aperta e comunitaria. Ito già ipotizza una Internet 3.0 mentre il mondo ancora cerca di capire cos’è l’Internet 2.0. Una Internet, come dice lui, «sempre fuori linea», sempre spenta, perchè in realtà sempre accesa nella vita reale. A chi crede che la rete sottragga tempo alla vita spingendo a vivere un’esistenza parallela e virtuale, Ito risponde che il futuro proverà il contrario. Internet sarà sempre più integrata nella vita reale, anzi le barriere fra le due vite presto cadranno, per fare una sola ed unica vita digitale. Dove il tempo sarà “policronico”. «Oggi Chi è Joi Ito Joi Ito è oggi uno dei personaggi più interessanti nella cultura digitale. Figura eclettica di manager, studioso, attivista, viaggiatore e speaker instancabile, è uno dei teorici della nuova era "mobile", uno che pensa alle tecnologie wireless come alle sole che determineranno una mutazione antropologica nel modo di pensare, vivere, e nel modo in cui la gente si relaziona ai media. Come manager, Joi ha costruito il suo successo agli albori di Internet in Giappone. Nel 2000 ha costituito Neoteny, società di venture capital quotata per 20 milioni di dollari. È stato fra i primi a investire nei blog, creando Six apart, un blog dedicato alla business community. Il World Economic Forum lo ha incluso fra i 100 leader del futuro. Come studioso, Joi - che ha vissuto a lungo a San Francisco e si è imbevuto della cultura digitale Wired style - applica all'interpretazione della nuove comunità mobili il modello dei cultural studies (la scuola sociologica inglese che a partire dagli anni Sessanta ha rivoluzionato lo studio dei meccanismi di azione sociale dei mass media). siamo abituati a pensare tutto in un tempo che va da A a B, che ha un inizio e una fine. La telefonata è un esempio perfetto di questo tempo, qualcosa che inizia e deve poi terminare», spiega Ito. «Le azioni dentro il tempo policronico sono simultanee, non iniziano e non finiscono, tutto avviene su un continuum, dove l’uomo compie azioni e conduce relazioni nello stesso momento. E tutto avviene in un dato contesto. Infatti la caratteristica principale del tempo policronico è il suo essere contestuale, il suo fare sempre riferimento ad un contesto». Per spiegare cosa intende, Ito porta ad esempio la sua nuova ossessione: si chiama World of warcraft ed è un gioco che si gioca su Internet a più mani, da tutto il mondo. I giocatori si dividono in confraternite e ognuna ha le sue regole di comportamento. Quella di cui è a capo Ito conta 300 membri, fra cui il fondatore di Napster, Shaun Fanning. Insieme collaborano simultaneamente a progettare strategie e schemi di gioco. «World of warcraft non è un semplice gioco, è il più sofisticato e potente strumento di management a distanza che io abbia mai utilizzato» dice Ito, che di gestione aziendale se ne intende, essendo uno degli investitori con il miglior fiuto rispetto al web (ha puntato su progetti come Flickr e Technorati, esponenti di spicco di quel web 2.0 che fa tanto impazzire i giornali e le borse americane). «Quello che conta dentro War of warcraft non è il gioco o il suo risultato, sono i legami che si formano nella comunità dei giocatori. Sono relazioni, legami sociali. La comunità è coesa, si aiuta a vicenda, il modo in cui vengono prese le decisioni è assolutamente orizzontale, e nel gioco il potente Shaun Fanning conta quanto il ragazzo che gioca facendo il barman a Sidney. Questo gioco è come una nuova chiesa, nel senso che restituisce quel legame comunitario che solo la religione dà. La gente non si isola, si unisce». Ito ne è convinto, e forse sta già usando lo schema del gioco per provare come funzionerebbe una democrazia in rete: connessione Internet mobile gratuita per chiunque, un web di tutti concepito come un insieme di relazioni e di contenuti generati da queste relazioni. Non una grande tv che spara contenuti a pagamento, come le grandi aziende vorrebbero. Non a caso Ito è anche uno degli animatori di Creative commons, l’alternativa al copyright che permette di scambiarsi e manipolare contenuti con il consenso degli autori. Come vedete, nel parlare IL CLUB n. 92 – pag. 43 dell’Internet che verrà, da ipotesi tecnologiche siamo giunti anche a scenari di evoluzione sociale che non potranno non avere refluenze sul piano anche normativo e legale (quello del copyright è un nodo cruciale anche odierno con i vari E-Mule, B-Torrent, ecc. che consentono di mettere in comunicazione i vario PC collegati in rete e scambiarsi file testuali, musicali, video, ecc.). Ma è ovvio che, al di là delle discussioni sul concetto legale di “proprietà intellettuale”, la rete sta di fatto democraticizzando l’informazione e la comunicazione. E oltre a tutte le informazioni che un qualsiasi motore di ricerca come Google è in grado di scovarci, in qualunque lingua, su qualunque argomento (dalla filosofia alla medicina, dalla geografia all’economia), la conferma dell’orientamento sempre più democratico dell’Internet già dei nostri giorni è Wikipedia, l’enciclopedia in tutte le lingue mondiali creata dagli utenti che strappa di fatto il sapere agli autori paludati e agli editori che la distribuiscono a pagamento. E il fenomeno Wikipedia, sociologicamente di enorme impatto sulla distribuzione, ma anche sulla formazione del sapere, non può che evolversi ulteriormente negli scenari di una Internet futura dove anche il costo di un computer potrebbe venir meno a fronte di reti wi-fi onnipresenti a cui tutti - e con qualsiasi “terminale” - potranno accedere. Ogni tanto penso agli scenari futuribili dei libri e dei film di fantascienza, non quelli con i mostri hollywoodiani o giapponesi, ma quelli di più alto livello come per esempio “Blade Runner”; penso ai mondi futuribili in cui potrò trovarmi anch’io a vivere e sono certo che la mia immaginazione ha le gambe più corte della realtà vera che fra trent’anni o quarant’anni vivremo. Visionario anch’io? Nient’affatto! Pensate al nostro mondo degli anni ’60 e ‘70: avevamo la televisione in bianco e nero e cominciavano appena ad essere commercializzate le prime tivù a colori; c’era solo la RAI e in casa si aveva solo il telefono fisso collegato ovviamente alla rete SIP; dei “calcolatori” pochi sapevano parlare. E pochi avrebbero immaginato i mille canali della tivù digitale in tutte le case, il cellulare a disposizione dei bambini anche di pochi anni che riceve e trasmette immagini, il “computer personale” quasi in ogni casa con il collegamento a banda larga con tutto il mondo, e tante altre cose che sono oggi normale realtà. Maurizio Karra News, notizie in breve Nelle acque siciliane mille reperti archeologici Sono un migliaio i reperti subacquei di età arcaica e medioevale presenti nelle acque della Sicilia e nel Mediterraneo meridionale e cinquecento i relitti di epoca contemporanea, per lo più, navi, aerei, sommergibili risalenti alla seconda guerra mondiale. La provincia più ricca di reperti è quella di Trapani con 220 beni subacquei; seguono quella di Palermo con 200 e quella di Siracusa con 118. Il dato è emerso da un censimento effettuato dalla Soprintendenza del Mare della Regione Sicilia, iniziato nel 2004 con l'obiettivo di creare un database sulle emergenze del patrimonio culturale subacqueo dell'Isola. Le informazioni sono adesso contenute in un archivio elettronico che conta 18.000 file, a disposizione di ricercatori, di enti che si occupano di tutela e valorizzazione dei beni culturali e delle Capitanerie di porto. quadro del Piano di Riqualificazione delle Aree di Servizio. Le altre Società di gestione delle Autostrade, che gestiscono un’altra metà della rete, non hanno dato risposta. Esse hanno circa 200 aree di servizio e solo 50 fornite di camper service. Nel resto delle strade, dai raccordi autostradali, alle superstrade, alle strade nazionali, provinciali e comunali, dove esistono circa 3.050 aree di servizio obbligate secondo le norme del Codice della Strada a dotarsi di tali impianti, solo 60 hanno il camper service. Va altresì detto che in buona parte tali impianti non sono gestiti e spesso sono inutilizzabili. L’ANAS, interpellata sul problema, ha risposto che l’argomento non è di sua competenza, pur avendo in concessione dallo Stato l’intera rete autostradale e stradale italiana (che poi sub concessiona) e, stimolata a non essere reticente, si è trincerata dietro un imbarazzante silenzio. Le Società Petrolifere, quelle che dovrebbero realizzare in sostanza i servizi in quanto gestori delle aree di distribuzione dei carburanti, sollecitate anche per promuoversi di fronte ai camperisti e a ai tuor operator (anche i bus turistici scaricano da qualche parte le loro acque nere), non hanno dato alcuna risposta. L’arte in Sicilia I camper service su strade e autostrade A TOUR.it, Salone del turismo itinerante, svoltosi dal 19 al 27 gennaio 2008 alla Fiera di Carrara, in occasione del Convegno “Il turismo itinerante: una risorsa da regolamentare”, sono stati forniti i dati ufficiali di un’indagine sui camper service esistenti e funzionanti sulla rete stradale e autostradale d’Italia e i progetti in corso di realizzazione. Ecco la situazione: La Società Autostrade per l’Italia, che ha la metà della rete autostradale in concessione, ha realizzato finora 45 camper service e 55 li sta realizzando; altri 100 strutture si è impegnata a realizzarli nei prossimi cinque anni nel D.P.R. n. 610/1996 (Codice della Strada). E’ emerso che Promocamp, l’associazione che riunisce le aziende del turismo all’aria aperta, ha interpellate tutte le amministrazioni locali (regioni, province e comuni), fornendo anche tutta la documentazione e proponendo le integrazioni da fare ai loro Regolamenti (sanzioni incluse), oltre a chiedere un intervento immediato sulle aree già autorizzate e prive di impianti. Solo tre regioni hanno risposto affermativamente (Veneto, Toscana, Emilia-Romagna), le altre no. Ma nessuna amministrazione locale può più dire di non conoscere la normativa. A conclusione del convegno è emerso quindi che, se anche con l’apporto di Promocamp, oltre che delle varie associazioni e dei singoli club si può contare oggi su circa 150/200 camper service realizzati nelle aree di servizio delle autostrade e strade italiane, più una diffusa consapevolezza del problema, l’obiettivo immediato deve essere quello di realizzare in poco tempo i 3.500 camper service che la legge prevederebbe, triplicando così l’attuale dotazione complessiva, dato che non occorrono risorse ingenti per la loro realizzazione e le Società petrolifere sono in grado di farvi fronte ...velocemente. Le Regioni, a seconda delle varie parti d’Italia, rilasciano le autorizzazioni all’esercizio delle aree o delegano Province e Comuni, hanno comunque il compito di emanare Norme per la distribuzione dei carburanti, che poi vengono recepite dai Regolamenti Provinciali e Comunali per il rilascio di queste autorizzazioni. Ebbene quasi tutta questa regolamentazione ignora quanto dispone l’art. 214 del IL CLUB n. 92 – pag. 44 Vi segnaliamo quattro mostre d’arte di grande livello che in queste settimane sono o saranno fra gli appuntamenti di maggiore richiamo della cultura in Sicilia. Il primo appuntamento è a Trapani: rimarrà aperta fino al 14 marzo prossimo al Museo Regionale Agostino Pepoli di Trapani la mostra "Caravaggio: l'immagine del Divino", la prima di tali manifestazioni. Tra gli sponsor dell’evento vi è la Fondazione Banco di Sicilia, il cui presidente, Giovanni Puglisi, ha dichiarato all’atto della inaugurazione, avvenuta il 13 dicembre: "La mostra è un evento unico per la Sicilia ed ha una grande valenza storica e culturale, perché, oltre a mettere in luce i molteplici aspetti legati al sacro nell'arte di Caravaggio, intende celebrare i 400 anni del passaggio del pittore nella nostra Isola. Si tratta di un'iniziativa Un’opera del Caravaggio. In basso un autoritratto di Guttuso che non poteva che trovare il pieno sostegno della Fondazione, perché consentirà di incentivare quel turismo culturale, fra le principali scommesse per la crescita del nostro territorio". L'esposizione, realizzata da RomArtificio, in collaborazione con la soprintendenza speciale del polo museale romano, presenta un percorso con quattordici dipinti, di cui due in copia, selezionati da Sir De- IL CLUB n. 92 – pag. 45 nis Mahon, che ne è stato curatore insieme a Maurizio Marini. Francamente un po’ troppo poco per parlare di “mostra” del Caravaggio, anche per il costo del biglietto d’ingresso (8 euro a persona, 5 euro per under 18 e over 60). Non può per altro non evidenziarsi la disorganizzazione logistica che costringe il pubblico a lunghe code, prima alla biglietteria e poi lungo le scale del museo di Trapani per poter accedere alle due sale dell’esposizione, mentre per la visita del resto del Museo Pepoli il biglietto si deve acquistare a parte in un’altro box di accoglienza. Peccato davvero, a meno che tutto ciò non porti a visitare, magari per la prima volta, il Museo Pepoli di Trapani, questo sì di grandissimo valore per le opere d’arte sacra e profana e i coralli artistici (fra cui opere sacre e presepi) che vi sono esposte comunque tutto l’anno. “La potenza dell’immagine – 1967/1987” è invece il titolo della mostra che il Museo di Arte Moderna Renato Guttuso di Villa Cattolica a Bagheria dedica al grande maestro bagherese; la mostra, aperta fino al 30 maggio, è la terza tappa di un percorso espositivo che ripropone l'intera ricerca del pittore siciliano attraverso opere degli ultimi due decenni, a partire dal 1967 e sino alla morte avvenuta nel 1987. Incentrata sui dipinti di grande formato che hanno scandito quegli anni, da "I funerali di Togliatti" del '72 a "La Vucciria" del '74, dal "Caffè Greco"del '76 a "Bosco d'amore" dell'84, la mostra dà spazio anche ai dipinti più intimi legati a una quotidianità antiretorica e antieroica. Completano la rassegna una selezione di disegni e opere su carta; e opere di artisti amati da Guttuso, come Picasso e De Chirico e di altri che a lui hanno guardato come Warhol e Schifano. Fino all’8 giugno resterà poi aperta un’altra grande mostra di pittura, la retrospettiva dedicata alle opere di Gianbecchina inaugurata il 15 dicembre u.sc e allestita presso il ridotto del Teatro Politeama di Palermo (gli spazi di circa 2.000 mq. che fino a qualche mese fa ospitavano la Civica Galleria d’arte moderna “Empedocle Restivo”, poi spostata presso il complesso monumentale di S. Anna). Sono esposte oltre cento opere pittoriche e circa centocinquanta grafiche del grande mae- stro di Sambuca di Sicilia; e perfino l’ultimo lavoro realizzato dal pittore due giorni prima di morire. Il percorso espositivo della mostra, allestita da Alessandro Becchina, figlio del Maestro e di Maria, che in molti conoscono per la sua dedizione costante e la spinta propulsiva all’opera del marito, e curata da Tanino Bonifacio e Francesco Gallo, segue un itinerario storico-cronologico e viene accompagnato con installazioni multimediali che raccontano l’opera, la vita ed i luoghi del pittore siciliano. Un allestimento che inizia da Gianbecchina-uomo, con un excursus bio-bibliografico attraverso foto di famiglia, cataloghi e autoritratti, e poi attraverso otto sezioni: l’esperienza giovanile, Corrente, il Realismo lirico e sociale, l’Astrattismo, Gente di Sicilia, gli affreschi del Sacro, il ciclo del pane sino ad arrivare fino al grande paesaggio. Infine, l’ultimo appuntamento è fissato per il 28 febbraio, allorquando sarà inaugurata una mostra delle opere di Giorgio De Chirico presso il polo museale di Sant’Anna a Palermo. Si tratta di una mostra dedicata a uno dei maestri della pittura europea del Novecento, che avrà purtroppo breve durata, chiudendosi solo dopo un mese, il 30 marzo 2008. Il progetto della mostra è della Key 75 srl ed è stato concordato con il Comune di Palermo a 5 euro il prezzo del biglietto d'ingresso. Giorgio de Chirico: la Metafisica continua - questo il titolo della mostra - sarà curata dal professor Maurizio Calvesi, storico dell'arte e uno dei più attenti studiosi dell'opera di de Chirico (fu indimenticabile professore di storia dell’arte all’Università di Palermo negli anni ‘70); e vedrà esposte importanti opere, fra dipinti, sculture e grafica, provenienti dalla Fondazione Isa e Giorgio de Chirico (Roma), dalla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma e dal Museo Bilotti di Roma. Un appuntamento da non perdere per comprendere non solo uno dei percorsi compiuti dall’arte del secolo scorso (quello della metafisica e del surrealismo) ma forse anche il senso di tutta l’arte contemporanea successiva. del Protocollo di Kyoto” e gli USA, fra i maggiori inquinatori del mondo, sabato 15 dicembre all’alba è cessato; e ciò grazie alle forti pressioni di tutto il mondo ambientalista fuori della sala del congresso, alla posizione decisa dell’Europa, all’ingresso dell’Australia nel trattato di Kyoto, fattori tutti che hanno giocato un importante ruolo nella “capitolazione” alla fine, in “zona Cesarini”, degli USA che hanno firmato l’accordo. Ciò vuol dire che gli USA nel prossimo protocollo di Kyoto 2 aderiranno, ma è solo una promessa. Al momento, infatti, l’accordo è ancora una volta sulle buone e volontarie intenzioni, nulla di più. La parte concreta, le decisioni che dovranno tramutarsi in leggi e norme rigorose per tutti i Paesi del Mondo sono state rinviate al 2009, a un grande summit planetario in cui si dovrà decidere delle sorti della Terra. Qualcuno comunque è soddisfatto del risultato se non altro perchè si è spazzato via il fronte del no di Kyoto. Ma i più scettici pensano che questa sia stata una manovra USA per uscire dall’isolamento in cui si era cacciato e che da qui a due anni escogiterà ancora qualcosa per non essere vincolato a nessun tipo di riduzione di emissioni di gas serra. Di concreto e di estremamente interessante dall’avventura di Bali è da segnalare la volontà delle Nazioni Unite di concentrare risorse umane e finanziarie per salvaguardare seriamente le ultime foreste tropicali della Terra. In che modo e quando si saprà tra qualche mese. Al via la strada dei castelli siciliani Un circuito per mettere in rete i quattordici comuni siciliani proprietari di castelli: è l’iniziativa denominata la “Strada dei castelli siciliani” presentata a metà gennaio nel salone delle Feste del castello di Carini ai sindaci di Caltabellotta, Geraci Siculo, Modica, Montalbano Elicona, Mussomeli, Randazzo, Sperlinga, Giuliana, Cammarata, Burgio, Valderice, Aci Castello, Pietraperzia e Carini che hanno dato l'adesione per istituire il circuito che punta alla valorizzazione e alla rivalutazione dei manieri dell’Isola. “Partendo dalla considerazione che la Sicilia è terra che conserva una numerosissima generazione di castelli - ha detto Pino Agrusa, assessore al turismo del comune di Carini - l'iniziativa intende mettere in rete un insieme di itinerari territoriali, proponendo nuove iniziative culturali e nuove offerte turistiche”. “La Sicilia che vogliamo rappresentare - ha aggiunto il sindaco di Castelbuono, Mario Cicero - è quella dell'entroterra, delle montagne, e dell'immenso patrimonio culturale che c'è e che verrebbe promosso a livello internazionale”. I risultati della conferenza su clima e ambiente di Bali La stanchezza alla fine ha vinto e il braccio forte tra i “fedeli Il castello di Mussomeli IL CLUB n. 92 – pag. 46 L’ultima parola di Giangiacomo Sideli