Voci Giovani a cura dell’Oratorio-Circolo Anspi San Giovanni Elemosiniere Voci Giovani N U M E R O I X A P R I L E 2 0 1 4 Redazione Parrocchia Maria Santissima Annunziata Oratorio-Circolo Anspi “San Giovanni Elemosiniere” Corte Tancredi, 1 - 73042 Casarano (LE) Tel/Fax: 0833 501628 E-mail: [email protected] Sito web: www.oratoriosangiovannielemosiniere.it Direttore responsabile: Don Agostino Bove Coordinatore: Don Giuseppe Montenegro Caporedattore: Alberto Nutricati La redazione al lavoro Redazione: Lorenzo Casarano, Marina Mazzeo, Emanuela Panico, Rachele Panico, Federica Primiceri, Marco Schito, Isabella Scorrano, Maura Sorrone, Maria Toma L’immagine di copertina è stata realizzata dal Prof. Salvatore Mercuri Sommario VOCI Pag. 1 Solo in Cristo ritroviamo la nostra pienezza Pag. 1 La Pasqua ebraica, tra ricerca storica e Sacre Scritture Pag. 3 Convegno teologico diocesano: “Rigenerati per una speranza unita” Pag. 4 L’oratorio nel progetto formativo parrocchiale Pag. 5 Gruppo Adulti AC: un’esperienza di confronto e condivisione Pag. 5 La pace soffia forte con la festa degli aquiloni Pag. 6 Padre dei poveri, pastore di anime e testimone del Vangelo Pag. 8 Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII, due papi, due santi Pag. 9 I fedeli si mobilitano per festeggiare il Santo Patrono Pag. 10 Dal romanzo Hunger games, l’invito a non arrendersi alle ingiustizie Pag. 11 Fermare la violenza sulle donne è un dovere di tutti Pag. 12 In AC con responsabilità, servizio e gratuità Pag. 12 L’angolo della ricetta Pag. 12 Resoconto Focara di San Giuseppe Pag. 13 L’angolo del divertimento GIOVANI PAGINA Solo in Cristo ritroviamo la nostra pienezza Carissimi fratelli e sorelle, la liturgia pasquale canta con grande gioia così: “Questo è il giorno che ha fatto il Signore, esultiamo e rallegriamoci in esso”. È particolarmente incantevole e commovente questo grido; ci dichiara che solo Lui, il Signore, poteva donarci un giorno così bello, il giorno della vita nuova ed eterna, sul quale si fondano tutti gli altri. La nostra vita senza la Pasqua è vuota e vana, solo apparenza e illusione. La risurrezione di Cristo diventa dunque il fondamento su cui poggia l’uomo, la sua esistenza. San Gregorio Nazianzeno a questo proposito pronuncia parole splendide: “Accendiamo la nostra luce in questo giorno di festa. Abbracciamoci l’un l’altro… Ieri ero crocifisso con Cristo, oggi sono glorificato assieme a lui; ieri morivo con lui, oggi veniamo entrambi vivificati; ieri ero seppellito insieme con Cristo, oggi io e lui risorgeremo”. E più avanti, quasi volendo spiegare queste parole, afferma: “Restituiamo all’immagine (all’uomo immagine di Dio) quanto le si addice, riconosciamo la dignità che ci è ascritta, rendiamo onore all’archetipo (al modello), adoperiamoci a intendere l’importanza del mistero e a capire nel nome di chi Cristo è morto”. Solo in Cristo, nostra vita e nostra speranza, ciascuno di noi trova e ritrova veramente la pienezza del suo esistere. Con questi sentimenti, auguriamo a voi tutti una buona e santa Pasqua di rinascita nel Signore risorto. Questi auguri, ai quali si aggiungono quelli del nostro Vescovo, S.E. Mons. Fernando Filograna, vogliono raggiungere anche chi è lontano, chi vive nella solitudine e nella sofferenza. Don Agostino e don Giuseppe La Pasqua ebraica, tra ricerca storica e Sacre Scritture La Pasqua ebraica, anticipazione della Risurrezione di Cristo, è il sigillo dell’Alleanza che Dio ha stabilito con il suo popolo. Il termine deriva dall’ebraico Pesach che significa “passaggio”, poiché rappresenta il passaggio, appunto, dalla schiavitù alla libertà. Il rito della Pasqua ebraica nasce in Egitto nel XIII sec. a.C. All’epoca, il popolo ebraico era costretto ai lavori forzati dal faraone, che impiegava gli israeliti nella costruzione di grandi opere pubbliche. Gli storici datano la fuga dall’Egitto, e quindi l’istituzione della pasqua ebraica narrata dall’Esodo, intorno al 1250, al tempo del grande faraone Ramses II (1301-1234). Esistono prove storiche che attestano che, intorno al 1230, Israele fosse già fuori dall’Egitto, ma ancora in fuga nel deserto ed esposto a peri- coli di ogni tipo, come le rappresaglie da parte dell’esercito egizio guidato dal figlio di Ramses II, Mernefta (1234-1225). Dalla Scrittura apprendiamo che l’uscita dall’Egitto si verificò nella notte di Pasqua. L’Esodo descrive nei dettagli quella notte ed il complesso rituale seguito da tutti gli israeliti per poter scampare alla decima piaga: la morte dei primogeniti. Benché la Pasqua sia l’evento costitutivo del popolo ebraico, essa affonda le proprie radici nei più antichi usi dei popoli nomadi di origine semitica che si dedicavano alla pastorizia. Lo stato nomadico implicava una vita caratterizzata dall’incertezza. Per sopravvivere era necessario che le tribù nomadi, accomunate dallo stesso destino, rinsaldassero i vincoli di solidarietà ed assistenza reciproca essenziali per la loro sopravvivenza. Continua a pag. 2 1 PAGINA 2 Continua da pag.1 Ciò soprattutto in prossimità di un viaggio. Il rito, in questo contesto, aveva una funzione sociale e apotropaica. Il rito celebrato dagli ebrei era da collegarsi, quindi, ad un’usanza dei nomadi tipica del periodo primaverile. Prima di partire alla ricerca di nuovi pascoli, i nomadi cercavano di propiziarsi la divinità, prendendo un capo di bestiame, in genere un agnello, con il cui sangue aspergevano i sostegni delle tende. La forza vitale presente in quel sangue avrebbe protetto tutti gli abitanti della tenda e, soprattutto, avrebbe tenuto lontano il male. Dopo l’aspersione, i nomadi mangiavano insieme la carne dell’agnello, rafforzando il legame che li teneva uniti e che avrebbe rappresentato l’unica ancora di salvezza nelle difficoltà incontrate nel corso del viaggio che si accingevano a compiere. Poiché si partiva all’alba, il rito si svolgeva durante la notte. Le analogie con la Pasqua ebraica sono evidenti, tuttavia, nonostante gli elementi riscontrati siano gli stessi, i significati che essi assumono sono del tutto nuovi. Questo antico rito assume, per gli ebrei d’Egitto, un significato nuovo: da un lato il rito pasquale rinnova la precedente esperienza di popolo nomade e dall’altro il ricordo diviene premonizione, perché questa volta gli israeliti dovranno veramente affrontare un viaggio; un viaggio non più verso nuovi pascoli, ma alla ricerca della libertà. Torniamo al racconto dell’Esodo. Dovendo partire e non avendo tempo a disposizione, gli ebrei dovranno consumare l’agnello con pani azzimi ed erbe amare, «con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano». «Lo mangerete in fretta. È la pasqua del Signore!» dice il Signore a Mosè. Poi, con il sangue dell’agnello dovranno aspergere gli stipiti e l’architrave delle loro porte con il sangue dell’agnello. Nelle case contrassegnate, l’angelo della morte non entrerà e i primogeniti saranno risparmiati. “la Pasqua di redenzione passa attraverso un sacrificio non fine a se stesso, ma un sacrificio di dolore e liberazione, come quello di Cristo” VOCI GIOVANI La Pasqua, in questo momento, diventa qualcosa di nuovo: il segno di Dio che protegge e guida i suoi fedeli nel cammino del deserto; ma diventa anche il segno dell’inizio del vincolo di solidarietà tra tutti gli ebrei, ponendo le premesse per la nascita di un nuovo popolo. Quell’ultima Pasqua, celebrata in terra d’Egitto, diventerà non più un rito nomadico, ma il ricordo o, meglio, il memoriale, il ricordo che si attualizza, lo zikkaròn (dal verbo ebraico zakàr che vuol dire “ricordare”) della presenza viva di Dio nella storia. Ogni pio ebreo, ancora oggi, tutte le volte che recita i versetti contenuti in Dt 26,5-9, rammenta quanto avvenne ai suoi padri e lo rivive con loro. Qualcosa di analogo avviene per noi cristiani durante la celebrazione dell’Eucaristia, quando il sacrificio di Cristo diviene, come si recita nelle preghiere eucaristiche, “memoriale per noi”. Quello che accadde duemila anni fa a Gerusalemme, accade ancora oggi, ogni giorno, nella celebrazione eucaristica quando Gesù, l’Agnello pasquale (e di nuovo ritorna il parallelismo con la Pasqua ebraica) rinnova il suo estremo atto d’amore per il suo Popolo. Tutto ciò è stato in qualche modo anticipato da quello che avvenne la notte della fuga dall’Egitto, quando Dio decise di intervenire a favore di una col- lettività, di un insieme di schiavi a cui Dio stesso diede la dignità di popolo. È bello notare come Dio non scelga i colti e potenti egiziani, i temibili assiri o i raffinati babilonesi. Dio sceglie un gruppo di schiavi. E poiché un popolo di schiavi non è un vero popolo, Dio sceglie questo “non popolo” e lo trasforma nella nazione prediletta. È questa un’esperienza che noi facciamo ogni giorno. Dio ci chiama, ci sceglie e ci invita ad essere suoi figli. E di nuovo ci libera dalla schiavitù, non più dalla schiavitù fisica degli egiziani, ma della schiavitù morale del nostro egoismo, della nostra indifferenza, della nostra cattiveria. E, del resto, che significa cattivo, se non captivus, vale a dire prigioniero? La Pasqua diviene l’evento alla cui luce viene rivisitata l’intera storia di Israele che, solo ora, assume una prospettiva ed un significato diversi. La grandezza del popolo di Israele, dei nostri fratelli maggiori nella fede, sta proprio nell’aver compreso che l’uomo non avrebbe potuto fare nulla di tutto ciò che ha caratterizzato la prodigiosa storia di Israele senza l’intervento divino. Anche noi dovremmo leggere negli avvenimenti della nostra vita, persino nei più drammatici, la presenza di Dio. Non scordiamo che Israele conquista la libertà, vale a dire la pienezza di popolo, solo dopo la schiavitù e la sofferenza del deserto. Ecco la Pasqua di redenzione che passa attraverso il sacrificio sommo, un sacrificio non fine a se stesso, ma un sacrificio di dolore e liberazione al tempo stesso, come era stato quello degli israeliti e come, ancor di più, sarà quello di Cristo. Alberto Nutricati NUMERO IX PAGINA Convegno teologico diocesano: “Rigenerati per una speranza unita” Suor Elena Bosetti Dal 25 al 28 febbraio, nella meravigliosa cornice artistico-culturale-spirituale della Concattedrale di Gallipoli, la nostra Chiesa locale ha vissuto, come di tradizione, il Convegno Biblico diocesano dal tema: “Rigenerati per una speranza viva”. Da tutte le parrocchie della diocesi, numerosi fedeli hanno seguito con entusiasmo i lavori aperti dal nostro amato Pastore Monsignor Fernando Filograna. La prima serata Monsignor Slawomir Oder (postulatore della canonizzazione di Giovanni Paolo II) ci ha guidati a ripercorrere, rivivere e gustare il pontificato del Beato Giovanni Paolo II uomo e Pontefice di grande speranza che non solo ha vissuto ma annunciato, testimoniato e celebrato la “Speranza”; ha guidato la Chiesa e introdotto il mondo nel III millennio, abbattendo muri e costruendo ponti per avviare il dialogo con ogni uomo e donna di buona volontà, con lo sguardo puntato sul Cristo Speranza dell’umanità. Durante le altre tre serate suor Elena Bosetti (suore di Gesù Buon Pastore) con un linguaggio fresco, vivace e coinvolgente ci ha fatto ripercorrere la Prima lettera di Pietro per cogliere la dinamica contenuta in questa meravigliosa lettera che dice subito un’identità cristiana con un chiaro riferimento alla Santa Trinità e all’Alleanza. Dopo il saluto la benedizione riprende il riferimento trinitario del Padre che ci rigenera nella sua Misericordia, mediante la risurre- zione di Cristo per una speranza viva. In questa lettera, Pietro sembra dirci: “prendete consapevolezza della vostra dignità di cristiani perché per voi hanno annunziato i profeti, per voi hanno parlato gli evangelizzatori perciò siate nella gioia, sperate, siate santi in tutta la vostra condotta, comportatevi con timore, amatevi intensamente di vero cuore perché la vostra speranza sia ancorata in Dio; questa è vita vera perché rigenerati”. Pietro dice: “Adorate Cristo nei vostri cuori… pronti a dare ragione della Speranza che è in voi” (1 Pt 3,15); adora Cristo nel cuore: se io adoro Cristo che è in me devo adorare Cristo che è nel fratello, perché come Cristo abita nel mio cuore, abita nel cuore del fratello e chi ci guarda fuori della Chiesa deve poter vedere sul nostro volto lo sguardo di amore, di misericordia, di accoglienza dell’altro perché abitato da Dio come me, perché ognuno è “Ostensorio” di Gesù. Se hai Gesù nel cuore cambiano le relazioni, in ognuno vedi Gesù e a chi ti chiede perché sei così felice dirai: “perché nella mia vita ho incontrato Gesù”. Il vescovo ha definito il convegno come esperienza ecclesiale di formazione, a conclusione della quale ha lasciato alla chiesa locale un messaggio che traccia anche le linee guida per continuare a riflettere e dare continuità al convegno perché questo produca frutti di grazia e di rinnovata speranza. Prima considerazione è ridare il primato a Dio attraverso la lettura orante della Parola: dalla Parola scaturisce la speranza, dall’ascolto della parola l’ascolto della nostra storia per cogliere i segni dei tempi. E’ dovere della Chiesa non solo scrutare i segni dei tempi ma anche interpretarli alla luce del Vangelo. Grande maestro è stato il Beato Giovanni Paolo II che con il suo pontificato ha dimostrato come si può e si deve stare da credenti nella storia. Il pontificato di Papa Francesco ha riacceso la speranza nel mondo, ci incoraggia ad uscire dai nostri recinti per andare incontro ai fratelli e saperci fare “buoni samaritani”. Siamo chiamati a reagire al soggettivismo, all’individualismo, per vivere con gioia evangelica il servizio alle coscienze per formarle ai valori fondamentali perché senza di essi è in pericolo l’uomo, la vita della chiesa e della società. Troviamo il coraggio di dire la verità e seguirla. Incoraggiamo i giovani a desiderare una vita veramente bella e buona curando la vita interiore quale luogo unificatore dell’essere e dell’agire. Riconoscerci figli e figlie di Dio rallegra davvero il cuore. Il mondo ha bisogno di una rinnovata consapevolezza della speranza che abita il cuore dell’uomo per vincere le sfide e uscire dal deserto e dal vuoto. Giovanna Crudo 3 PAGINA 4 L'oratorio nel progetto formativo parrocchiale L'oratorio "strumento educativo", "luogo della missione". Suo unico scopo: educare nella fede e alla fede. In più, "strumento della parrocchia", non realtà a sé che opera con finalità, metodologie ed intendimenti diversi da quelli di tutta la comunità cristiana. Come luogo educativo, l'oratorio deve essere ambiente di crescita per tutti e caratterizzarsi come luogo di attenzioni, che si esprime proponendo cammini differenziati per la crescita umana e cristiana di ragazzi, giovani, adulti, anziani e di un privilegiato nucleo d’aggregazione che è la famiglia. Se da un lato esso permetterà di volgere lo sguardo verso chi ancora non "frequenta", liberando dal rischio della chiusura, in un reale slancio missionario, dall’altro inviterà a curare la formazione dei più motivati, per garantire un futuro alla vita delle nostre comunità ed una reale valorizzazione dei laici nella formazione e nell'evangelizzazione. Per quanto riguarda la missionarietà, l'oratorio è e deve essere “luogo di cristiani per cristiani e non cristiani”, ai quali comunque la comunità deve sempre rivolgere la propria attenzione evangelizzatrice. Gli educatori devono riconoscere la propria vocazione come scaturente dall’appartenenza alla comunità cristiana, riassunta in un ambiente, un clima, uno stile, un insieme di atteggiamenti e rapporti consoni alla natura cristiana. Ma un ambiente è anche un luogo che deve essere accogliente, pulito, regolato, non sostitutivo di altre agenzie educative (non intende prendere il posto della famiglia o fare concorrenza a sale giochi o centri sportivi); richiede a chi vi entra la disponibilità a fare un cammino, non importa con quali ritmi o risultati; chiede anche la volontà di costruire assieme, e non soltanto di adoperare, in maniera "anonima", impianti ed attrezzature. L’oratorio è l’ambiente nel quale una comunità parrocchiale concretizza un metodo educativo per la crescita cristiana delle nuove generazioni. Quindi, obiettivo specifico dell’oratorio è accompagnare queste nuove generazioni all’incontro con Dio. Per favorire questa prospettiva specifica l’oratorio adotta gli strumenti più idonei: liturgia, sacramenti, catechismo, formazione alla preghiera, iniziative di tipo sportivo (tornei, feste, serate, VOCI GIOVANI Grest…), culturale (musica, spettacoli…), per lo sviluppo cristiano armonico del bambino, ragazzo, adolescente, giovane, fidanzato, adulto, anziano e per le coppie. L'oratorio, quindi, deve essere e deve presentarsi come “soggetto credibile di evangelizzazione”. A tale scopo risulta necessario che ogni singola persona che abita l'oratorio esprima lo sforzo di una coerenza di vita che caratterizzi la propria quotidianità ed i propri rapporti personali. Per realizzare questa credibilità è fondamentale mettere i soggetti-cristiani nelle condizioni di prendere coscienza di quanto sono chiamati a compiere: assume particolare importanza la formazione degli educatori. Presentandosi dunque come soggetto credibile (o avendo tra gli educatori almeno alcune figure che dimostrano la loro assidua ricerca della coerenza di vita sopra auspicata), l'oratorio ha il compito di educare ed iniziare i più giovani ad incontrare il Signore Gesù nell'esperienza ecclesiale: ciò proprio in virtù dell'aspetto missionario che l'oratorio deve assumere e per la sua stessa natura di luogo di cristiani per cristiani e non cristiani. In questa ottica, che vede l'oratorio come luogo di crescita, è importante anche che l'oratorio si incarichi di facilitare ed accompagnare l'entrata dei giovani nella comunità adulta; in questo senso l'oratorio deve anche avere la capacità di formare persone che sappiano "partire", per camminare da sole e testimoniare la vita cristiana che hanno sperimentato. Di più: l'oratorio deve essere per i giovani trampolino di lancio della vita ecclesiale e sociale nel suo insieme e non diventare solo dimora calda e accogliente ove rimanere. Scopo dell'oratorio è quello di introdurre alla pienezza della vita cristiana. Per questo l'educazione alla fede data nell'oratorio deve essere globale, cioè deve comprendere tutte le dimensioni della persona; armonica e graduale, perché l'educazione è un cammino che ha una sua gradualità, una progressione e dei salti di qualità. Don Fernando Stefanelli Presidente zonale ANSPI NUMERO IX PAGINA Gruppo Adulti AC: un’esperienza di confronto e condivisione Il gruppo giovani adulti di Azione Cattolica rappresenta una nuova, bella esperienza parrocchiale di confronto e condivisione su temi, problematiche e difficoltà attuali, legate al mondo di adulti e coppie con fascia d’età compresa tra i 30 e i 60 anni. Un’occasione formativa che accogliamo con gioia attraverso un cammino intrapreso da pochi mesi e che prevede degli incontri ogni tre settimane, seguendo il percorso che l’Ac ha tracciato per l’anno pastorale 2013-2014. Questa realtà è linfa per il settore adulti, testimonianza autentica per l’intera associazione, apripista ed esempio per il mondo dei giovani. Il Progetto giovani adulti nasce dalla necessità di far confluire in un’esperienza formativa di gruppo, parrocchiani, educatori di Acr, coppie impegnate in varie iniziative parrocchiali, che quin- di testimoniano il mondo del laicato a tutte quelle persone che in punta di piedi si avvicinano a tale esperienza. Inoltre il gruppo ha accolto anche tante altre persone che, per la prima volta, hanno voluto unirsi a noi per crescere insieme dando l’immagine di un luogo aperto, dove chiunque è ben accolto, divenendo così, attraverso la propria persona e la propria partecipazione, fonte autentica di una formazione cristiana non solo individuale ma anche collettiva, d’insieme. Lo start esperienziale è avvenuto lunedì 3 Febbraio con un incontro introduttivo di conoscenza, nel quale è stato presentato il progetto dall’equipe del settore adulti, formata dai responsabili Leonardo Mita e Antonella Parrotto, e dalle educatrici Anna Rita Muscella e Rosaria Rizzello, che hanno sposato a pieno il nuovo progetto integrandolo a quello del gruppo adultissimi che si incontra con regolarità ogni settimana. Nel primo incontro si è riflettuto sul tema della “festa”, perché così vogliamo definire la nostra esperienza, mettendo al centro del gruppo l’immagine di Cristo. A seguire si sono tenuti due altri appuntamenti, entrambi sul tema della fiducia, con momenti di riflessione, condivisione nei gruppi, proiezione di video e dinamiche; un metodo progettuale coinvolgente e pieno di aspettative. L’AC parrocchiale procede così verso un’opera di attenzione educativa per ogni fascia d’età, a partire dai bambini di prima elementare, per arrivare agli adultissimi, persone che hanno raggiunto anche gli 80 anni di tesseramento associativo, e alle quali guardiamo con gioia ed entusiasmo. Tutto ciò a testimonianza di un cammino verso Dio che, è proprio il caso di dirlo, dura una vita. Luca Orsini La pace soffia forte con la festa degli aquiloni Quest’anno il tema scelto dall’Azione Cattolica Ragazzi per il mese della pace è stato il vento. La pace, infatti, è simile al vento, è invisibile, sempre in movimento, silenziosa, capace di arrivare ovunque e di stravolgere ogni cosa con la sua forza. Con il vento, però, si può anche giocare, lo si può usare per far volare alto un aquilone che diventa, così, il simbolo del soffio della pace, che è capace di arrivare in ogni angolo della terra, fin nel profondo del cuore degli uomini. Per tutto il mese di gennaio, gli accierrini hanno riflettuto sulla forza della pace e, nello stesso tempo, si sono impegnati a costruire, con l’aiuto dei loro educatori ed animatori, degli aquiloni che poi hanno fatto volare durante la festa conclusiva per il mese della pace. Il 15 febbraio, presso il piazzale antistante la fabbrica Elata, i ragazzi di A.C.R. della parrocchia Maria Santissima Annunziata e della parrocchia di San Domenico si sono incontrati per festeggiare insieme. Grazie al caldo sole e alla piacevole giornata, che sembrava quasi primaverile, i ragazzi si sono ritrovati nel primo pomeriggio per passare insieme alcune ore, divertendosi con le loro “opere”. Dopo alcuni bans insieme alle animatrici per attendere l’arrivo di don Agostino e don Giuseppe, per un momento di preghiera iniziale, i ragazzi si sono divisi in vari gruppi, dalla prima elementare alla terza media, e a turno hanno fatto volare i loro aquiloni. Nonostante alcuni aquiloni non abbiano preso molta quota, i ragazzi hanno assaporato il piacere di stare insieme e di divertirsi con i loro amici della parrocchia di San Domenico, come già in altre occasioni in cui le due parrocchie si sono unite per delle attività o feste fatte insieme. Rachele Panico 5 PAGINA 6 Padre dei poveri, pastore “Exemplis ac sermonibus,/consiliis et monitis/ pascebat salutaribus/ille praeceptis animas. (Egli pasceva le anime con gli esempi e le parole, con i consigli e gli ammonimenti e con salutari precetti). Con questi versi (dimetri giambici) don Felice Una sacra rappresentazione per evidenziare la statura morale, spirituale e umana di San Giovanni Elemosiniere VOCI GIOVANI Lezzi, parroco di Casarano, nonché cultore della lingua latina e socio di alcune Accademie letterarie, nel lontano 1782 ha sintetizzato le virtù, la santità e la pietà del patrono San Giovanni Elemosiniere, accogliendo l’invito del duca Giacomo D’Aquino, signore di Casarano, NUMERO IX PAGINA e di anime e testimone del Vangelo propenso a incrementare il culto verso il Santo anche attraverso un’opera letteraria che ne cantasse le lodi. A diversi secoli di distanza, pur mediante un lavoro più modesto e meno ambizioso, l’Oratorio San Giovanni Elemosiniere ha curato la messa in scena di una “Sacra rappresentazione della vita di San Giovanni Elemosiniere” scritta dal viceparroco don Giuseppe Montenegro. L’evento, tenutosi il 19 gennaio e replicato il 22 gennaio, in prossimità della commemorazione del Santo del 23 gennaio, ha voluto presentare il profilo biografico del personaggio, amatissimo patrono della città, cogliendo i momenti salienti della sua esperienza terrena così come narrati da alcuni biografi subito dopo la sua morte. Ne è emersa la possente statura morale, spirituale ed umana che lo ha reso agli occhi dei posteri autentico e coerente testimone del Vangelo, in un momento storico caratterizzato da tensioni drammatiche e violente tra impero bizantino e forze esterne (persiani e, soprattutto, musulmani ormai pronti ad avviare la conquista sia del regno persiano che dei territori bizantini dell’Asia). L’aula liturgica, per l’occasione trasformata in teatro, ha ospitato attori e comparse, oltre un centinaio, individuati tra i vari gruppi parrocchiali e le confraternite. I protagonisti, dopo essersi impegnati per mesi, hanno degnamente impersonato i ruoli loro affidati. Per molti casaranesi è stata una vera sorpresa scoprire i dettagli della vita del santo Patrono, in particolare della fase precedente alla nomina a Patriarca: di sua moglie e dei suoi due figli, tutti perduti prematuramente, pochi conoscevano l’esistenza. Così il pubblico ha potuto assistere con interesse alle vicissitudini giovanili del Santo “Elemosiniere”, alle vicende che hanno condotto alla sua nomina a Patriarca, alla sua prima Messa, fino a commuoversi per il miracoloso perdono concesso alla donna di Amatonte. Un modo alternativo, fresco e facilmente fruibile per onorare il nostro Santo con quella semplicità di fede e quell’ardore di devozione di cui egli stesso è stato credibile testimone. Marco Nicolazzo Foto di Giovanni De Micheli 7 PAGINA 8 Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII, due papi, due santi Il 27 aprile Papa Francesco, nella domenica dedicata alla Divina Misericordia, proclamerà santi papa Giovanni XXIII e papa Giovanni Paolo II. Di seguito due brevissimi ritratti. Papa Giovanni XXIII fu l’artefice del Concilio Vaticano II che riunì circa 2500 tra cardinali, patriarchi e vescovi cattolici di tutto il mondo ed è ricordato con l’appellativo del “Papa buono” perché la sua bontà verso la gente traspariva da ogni sua parola. Ma è anche grazie ad alcuni filmati di repertorio che oggi riusciamo ad apprezzarne le sue grandi doti umanitarie, soprattutto in occasione del celebre “discorso della luna” tenutosi l’11 ottobre 1962 in una piazza San Pietro gremita di fedeli, dove tenne un discorso che racchiude in sé l’amore, la dolcezza, la poesia, l’umiltà e tutta la sua umanità: «Cari figlioli, sento le vostre voci. La mia è una voce sola, ma riassume la voce del mondo intero. Qui tutto il mondo è rappresentato. Si direbbe che persino la luna si è affrettata stasera - osservatela in alto - a guardare a questo spettacolo». «La mia persona conta niente, è un fratello che parla a voi, diventato padre per volontà di Nostro Signore, ma tutti insieme paternità e fraternità è grazia di Dio (...). Facciamo onore alle impressioni di questa sera, che siano sempre i nostri sentimenti, come ora li esprimiamo davanti al cielo, e davanti alla terra: fede, speranza, carità, amore di Dio, amore dei fratelli. E poi tutti insieme, aiutati così, nella santa pace del Signore, alle opere del bene». «Tornando a casa, troverete i bambini. Date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa. Troverete qualche lacrima da asciugare, dite una parola buona: il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell'amarezza». Papa Giovanni Paolo II, indimenticabile per carisma, autorevolezza, forza e determinazione nell’esercitare il suo ministero con instancabile spirito missionario, attraverso i suoi numerosissimi viaggi apostolici in ogni angolo della terra, ha promosso con successo la diffusione del Cattolicesimo nel mondo. Ha affermato con forza la dignità dell’uomo e il diritto alla vita che è il fondamento di ogni altro diritto, in quanto ogni individuo è unico ed VOCI GIOVANI irripetibile “ogni persona è ad immagine e somiglianza di Dio”. Nelle sue omelie ha sempre sottolineato il dono della famiglia e il dono della sofferenza, ha posto le basi per il dialogo con le altre religioni, oltre al suo viscerale amore per i giovani che lo ha spinto ad istituire le Giornate Mondiali della Gioventù, incontro internazionale di spiritualità e cultura che coinvolge da anni milioni di giovani cattolici di tutto il mondo, uniti da un unico amore in Gesù Cristo morto sulla croce. Una croce di legno come quella donata ai giovani proprio da Giovanni Paolo II nel 1984, nel corso della prima giornata come simbolo dell’amore del Signore Gesù per tutta l’umanità e come annuncio che: “solo in Cristo morto e risorto c’è salvezza e redenzione”. Nei suoi 26 anni di pontificato, tante sono le immagini di Giovanni Paolo II che riaffiorano nella nostra mente da quelle drammatiche dell’attentato in piazza San Pietro, il 13 maggio del 1981, a quelle in preghiera al muro del pianto a Gerusalemme, a quelle durante le sue omelie con le frasi dal tono perentorio che colpivano dritto al cuore: “Fratelli e sorelle non abbiate paura di accogliere Cristo e di accettare la sua potestà… Non abbiate paura. Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo”. Le scene sicuramente più toccanti e di grande impatto emotivo rimangono, comunque, quelle relative agli ultimi anni di vita, dove l’età avanzata ed i segni della malattia si face- vano sempre più evidenti dove anche la incredibile difficoltà nel pronunciare alcune frasi inteneriva e scaldava i nostri cuori. Sembrava il nonno di tutti noi, tanto bisognoso d’affetto, ma nel contempo autorevole e coraggioso sia nel trasmetterci la parola di Dio che nell’applicare la stessa affrontando con grande forza e serenità il percorso impervio della malattia, con i frequenti ricoveri al policlinico Gemelli, con la sofferenza vissuta e mostrata a tutti noi come un dono ricevuto. Con gli occhi pieni di lacrime. Franco Bisanti Genny Vitali NUMERO IX PAGINA I fedeli si mobilitano per festeggiare il Santo Patrono La città di Casarano si prepara a rivivere, il 17-18 e 19 Maggio, i festeggiamenti in onore del suo Santo Patrono. Quest’anno, però, i festeggiamenti sono iniziati in anticipo, il 16 Marzo, con la Peregrinatio nelle Parrocchie e nella cappella dell’Ospedale, che oltre al Comitato Feste Patronali ha coinvolto la Confraternita del Santo. Si potrebbe partire proprio da una considerazione: nei giorni della Peregrinatio si è visto tutto l’affetto e la devozione verso il Patriarca d’Alessandria d’Egitto, conosciuto dalla cittadina di “Caesaranum” attorno al X secolo quando i monaci basiliani introdussero la sua figura. La devozione verso l’Elemosiniere non è finita, è ancora forte: deve essere esempio vivo, non d’altri tempi e la responsabilità di far conoscere alle generazioni future la sua straordinaria vita è di ogni casaranese. Proprio per questo motivo il Comitato Feste Patronali sta lavorando affinché sia una festa al Patrono da parte di tutti i casaranesi, una festa degna tenendo conto anche delle difficoltà economiche che purtroppo da diverso tempo stagnano nella nostra amata città; rispetto a pochi anni fa i costi relativi alla realizzazione della festa sono diminuiti di oltre il 35% a causa di alcuni fattori negativi concomitanti, ma la sfida del Comitato è questa: ottimizzare le risorse disponibili colmando le difficoltà economiche con l’entusiasmo di realizzare una festa che rappresenti tutta la città. In concomitanza dei festeggiamenti in onore della Madonna della Campana sarà pubblicato l’opuscolo con i programmi civili e religiosi. Non mancherà nulla rispetto agli anni precedenti, anzi il Comitato propone piccole novità che servono senz’altro ad arricchire la festa stessa. Infine vale la pena ricordare che il centro della festa non sono le bande musicali, i cantanti o le lu-minarie; il centro della festa è San Giovanni Ele-mosiniere e il nostro ringraziamento deve andare a Lui, nella certezza che, co-me ha già fatto nel passato, “continui a proteggerci sempre, fino a condurci Lui stesso dinanzi al trono di Dio nella vita eterna” (don Raffaele Martina, 1985). Francesco Cosimo Orsini Foto di Giovanni De Micheli 9 PAGINA 10 Dal romanzo Hunger games, l’invito a non arrendersi alle ingiustizie In un’epoca futura il nord America è stato diviso in tredici distretti tiranneggiati dalla capitale Capitol City, in cui vivono solo pochi privilegiati che godono della schiavitù degli abitanti del resto di Panem. Ogni anno, per ricordare alla popolazione l’errore commesso 74 anni prima nel ribellarsi, il presidente Snow organizza un reality show, gli Hunger Games in cui 24 ragazzi tra gli 11 e i 17 anni, due da ogni distretto (il tredicesimo è stato infatti distrutto dopo la guerra come monito alla popolazione) dovranno combattere l’uno contro l’altro fino alla sopravvivenza di uno solo di loro, il “vincitore” dell’edizione, a cui saranno garantiti cibo a vita, ricchezza e la certezza di non dover più prendere parte ai giochi. Katniss Everdeen proviene dal distretto dodici. Ha imparato a prendersi cura fin da piccola della famiglia: avendo infatti perso il padre a causa di un’esplosione mentre lavorava in una miniera di carbone, ha dovuto sostituire la madre caduta in depressione, imparando a guadagnarsi da vivere con l’arco e le frecce infrangendo le leggi di Capitol City andando a caccia nei boschi al di fuori del distretto. Nel giorno della mietitura, in cui vengono sorteggiati i nomi dei partecipanti alla nuova edizione del reality show, Effie Trinket estrae dalla boccia con i nomi delle ragazza l’unico biglietto con il nome della sorellina di Katniss, Prim e la ragazza che sa che sua sorella non ha nessuna possibilità di sopravvivere, si offre volontaria e parte alla volta della capitale insie- VOCI GIOVANI me al tributo maschio Peeta Mellark, “pronta” per combattere fino alla morte in un’arena speciale, sotto il controllo del presidente e degli strateghi. E’ questa la storia che Suzanne Collins narra nel primo libro della trilogia distopica degli Hunger Games che è i poco tempo diventato un best-seller spopolando soprattutto tra gli adolescenti e che ha ricevuto non poche critiche. La storia narrata dalla Collins è una storia cruenta in cui non mancano, sia nel libro che nell’omonimo film uscito nelle sale cinematografiche nel 2012, numerose scene di violenza che rendono il romanzo adatto ad un pubblico maturo che possa non fraintendere i messaggi che la scrittrice vuole comunicare. Ciò che la scrittrice descrive all’interno della sua opera è stato da molti definito crudele, diseducativo e soprattutto simbolo di una violenza che nel mondo di oggi non ha ragione di esistere e che probabilmente non esisterà mai. Però basta confrontare attentamente la storia con la realtà che ci circonda per vedere che effettivamente non è così. Ad esempio, i distretti vengono descritti come posti in cui le persone muoiono di fame o di freddo, sono costrette ai lavori forzati se non vogliono essere punite, possono essere uccise in qualsiasi momento dai pacificatori, non possono ribellarsi e non hanno la possibilità di lamentarsi per la loro condizione… un po’ come avveniva nei campi di concentramento. I ragazzi mandati nell’arena a combattere assomigliano tantissimo ai gladiatori dell’antica Roma o comunque ai tanti bambini soldato che ancora oggi vengono impiegati nelle guerre. E quello che è peggio, gli abitanti di Capitol City che si divertono guardando i ragazzi uccidersi tra di loro e che basano la loro vita su cose frivole e assolutamente insignificanti, sono l’esatto specchio della nostra società. Il romanzo della Collins non diventa perciò la semplice descrizione di una violenza gratuita senza senso, ma vuole essere un’esortazione, accentuata dall’esagerazione con cui comunque vengono presentati i fatti nel libro, a ribellarsi a tutto ciò. E l’esempio di questa ribellione è Katniss che grazie al suo coraggio, al suo carattere ribelle incapace di rassegnarsi alle ingiustizie che le vengono imposte, grazie all’aiuto delle persone che le staranno vicine, riuscirà a trasformarsi da una semplice abitante di uno dei distretti alla Ghiandaia Imitatrice, la scintilla della rivoluzione per la libertà. Marina Mazzeo NUMERO IX PAGINA Fermare la violenza è un dovere di tutti È dal 1922 che in Italia, come in molti altri Stati del mondo, l’8 marzo di ogni anno si celebra la giornata internazionale della donna. La festa della donna, come viene generalmente - e forse erroneamente - definita, con il suo corredo di mimose gialle, nasce per ricordare le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, ma oggi, forse ancora più di ieri, deve essere un’occasione per dare voce alle numerose discriminazioni e violenze delle quali esse sono ancora vittime in molte parti del mondo e individuare le strade da percorrere perché la violenza sulle donne non faccia più parte del nostro patrimonio culturale. Spesso, parlando di violenza sulle donne, si fa riferimento a violenza fisica e sessuale, mentre il concetto è molto più ampio. La Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite (1993) ha definito la violenza contro le donne come «qualsiasi atto di violenza che comporti, una sofferenza fisica, sessuale o psicologica o qualsiasi forma di sofferenza alla donna, comprese le minacce di tali violenze, forme di coercizione o forme arbitrarie di privazione della libertà personale, sia che si verifichino nel contesto della vita privata che di quella pubblica». L’ONU aggiunge che questa violenza può essere perpetrata da singoli uomini o anche da istituzioni, dichiarando che il più delle volte è strutturale, cioè culturalmente e socialmente definita. La violenza si esercita anche ostacolando l’accesso alle donne ad alcune professioni o quando queste ultime vengono relegate in casa per prendersi cura dei figli o quando, ancora, i mezzi di comunicazione veicolano l’immagine femminile degradata allo stereotipo di una donna poco vestita. Letta in questi termini, la violenza contro le donne è un fenomeno molto ampio, che non comprende solo i femicidi, cioè le uccisioni di donne avvenute per motivi di genere, ma anche i femminicidi, cioè ogni pratica sociale violenta fisicamente o psicologicamente, che attenta allo sviluppo psicofisico, alla salute, alla libertà o alla vita delle donne, mirando ad annientarne l’identità. Secondo l’ultima ricerca Istat sulla violenza di genere del 2006, il 31,9% delle donne fra i 16-70 anni ha subito violenza fisica/sessuale nel corso della sua vita. Questi dati non comprendono i casi di violenza psicologica, che priva la donna di qualsiasi libertà personale. Non bisogna dimenticare che la violenza contro le donne ha un sommerso enorme: spesso le donne non raccontano delle violenze subite e la maggior parte delle denunce viene archiviata. Purtroppo ancora oggi la violenza contro le donne è legittimata a livello sociale e culturale, è un fenomeno spesso minimizzato, giustificato e psicologizzato. Il più delle volte, questi atti di violenza sono intenzionali e conseguenza di una lunga storia di violenza che si è perpetrata senza che le donne potessero trovare un sistema di protezione efficace. Proteggere. Prevenire. Punire. Queste sono le parole chiave per affrontare e contrastare tale violenza. Bisogna comprendere che questa crudeltà non è un fatto privato, ma sociale e pubblico. Tutti siamo coinvolti in questo fenomeno. E tutti possiamo e dobbiamo fare qualcosa per fermarlo. Isabella Scorrano Maria Toma 11 PAGINA 12 In AC con responsabilità, servizio e gratuità “Un lungo periodo di cammino è necessario per interiorizzare un assoluto senza confini, per vedere fiorire il proprio cuore”: con queste parole l’Assistente Nazionale Giovani, don Tony Drazza, plaude al traguardo raggiunto dall’AC della parrocchia Cuore Immacolato di Maria che ha festeggiato i suoi 30 anni di percorso lo scorso 28 Marzo. Un’occasione colta al volo dal parroco don Antonio Pinto per riflettere insieme alla comunità cittadina sul ruolo svolto dall’AC nella nostra realtà territoriale, con l’aiuto di due personalità speciali: don Tony, già conosciuto a Casarano come viceparroco della parrocchia SS. Giuseppe e Pio, e l’attore Fabrizio Bucci, interprete di diverse fiction televisive d’argomento religioso come Maria Goretti, Don Bosco, San Pietro, Giovanni Paolo II, Chiara e Francesco, per citare solo le più note. Di certo un confronto interessante: da un lato un sacerdote, un ministro di Dio che invita a leggere il concetto di re- L’angolo della ricetta La cuddhura cu l’ou Ingredienti per l’impasto: Farina 1kg Ammoniaca 20 g Bustine di vaniglia 2 Uova 5 Zucchero 400 g Strutto 150 g Succo di una arancia Per decorare: Uova sode Confettini colorati Preparazione: Mettere in un recipiente la farina e fare un buco centrale. Aggiungere le bustine di vaniglia, le uova, lo zucchero, lo strutto fatto sciogliere in precedenza a bagnomaria e il succo di arancia. Impastare bene tutti gli ingredienti fino ad ottenere una pasta completa e omogenea. Con la rotella tagliapasta dividere la pasta, spianarla con il matterello e ritagliare le forme desiderate. Mettere su ogni forma un uovo sodo e ricoprirlo con delle striscioline di pasta. Spennellare la colomba con l’uovo sbattuto ed aggiungere le caramelline, infornare per circa 20 minuti a 200 gradi. Federica Primiceri VOCI GIOVANI sponsabilità nell’ambito di un cammino di fede inteso come risposta alla chiamata del Signore; dall’altro un attore che ama interpretare storie di uomini semplici ma grandi per aver saputo rispondere, con coerenza e tenacia, alla chiamata-vocazione di Dio. “Nella vita - ha detto l’attore nel corso del suo intervento - non ci sono scorciatoie. A tutti, soprattutto ai più giovani, vorrei lanciare questo messaggio: i risultati si ottengono solo con l’impegno e il sacrificio. Bisogna credere in ciò che si fa e non risparmiarsi. Chi vi dice il contrario, mente”. Emanuela Panico Resoconto Focara di San Giuseppe - 19 Marzo 2014 ENTRATE Totale: € 767,00 USCITE Pane: € 67,50 Carne: € 232,43 Diavolina: € 1,68 Tovaglioli: € 6,27 Guanti: € 7,55 Forchette: € 3,98 Piatti: € 7,70 Bibite: € 99,84 Carbonella: € 9,16 Fuochi: € 70,00 Protezione civile: € 50,00 ATTIVO Totale: € 210,89 NUMERO IX PAGINA 13 L’angolo del divertimento Quiz 1. A quale città si diressero i Giudei e molti dalla regione, prima della Pasqua, per purificarsi? a. Gerico b. Galilea c. Gerusalemme d. Giudea 5. Che tipo di profumo prese Marta per cospargere i piedi di Gesù? a. Profumo di rose b. Profumo di gelsomino c. Profumo di incenso d. Profumo di nardo puro 2. Quanti giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània? a. 6 b. 7 c. 5 d. 3 6. Il profumo che Maria ha cosparso sui piedi di Gesù valeva... a. 500 denari b. 300 denari c. 700 denari d. 400 denari 3. Chi era colei che serviva Gesù e Lazzaro alla mensa? a. Maria b. Maddalena c. Elisabetta d. Marta 7. Con quale momento solenne si apre la festa pasquale ebraica? a. con la celebrazione pasquale b. con la preghiera pasquale c. con la cena pasquale d. liberando la colomba, simbolo di pace 4. In casa di chi Gesù si trovava mentre stava cenando con i suoi amici? a. Pietro b. Lazzaro c. Andrea d. Giuda 8. In quale episodio Gesù si manifestò per la terza volta ai suoi discepoli, subito dopo la morte? a. mentre stavano pregando b. mentre pescavano c. mentre cenavano d. mentre parlavano con un cieco La luce di Cristo Risorto doni gioia ai vostri cuori Buona Pasqua dalla Redazione di Voci Giovani PER IL PRESENTE NUMERO E PER I PROSSIMI SI CHIEDE UN'OFFERTA ALL’UNICO SCOPO DI COPRIRE LE ONEROSE SPESE DI STAMPA WWW.ORATORIOSANGIOVANNIELEMOSINIERE .IT