La storia cammina nel futuro dalla Società di Mutua Assistenza fra gli Operai in San Quirico (1885) alla Associazione Casa del Popolo Fratelli Taddei (2005) I n d i c e Presentazione Giovanni Santi 5 Presidente della “Casa del Popolo Fratelli Taddei” Saluti, contributi e testimonianze Leonardo Domenici 11 Eugenio Giani 12 Giuseppe D’Eugenio 14 Eros Cruccolini 16 Francesca Chiavacci 18 Filippo Fossati 20 Romano Manetti 22 Maurizio De Santis 24 Sindaco di Firenze Assessore allo Sport e Tempo Libero del Comune di Firenze Presidente del Consiglio di Quartiere 4 Presidente del Consiglio Comunale di Firenze La storia cammina nel futuro a cura di: Luciano Senatori ricerche iconografiche: Giancarlo Matteuzzi si ringraziano tutti coloro che hanno gentilmente collaborato al reperimento delle immagini e alla ricostruzione delle vicende storiche. si ringraziano inoltre per il sostegno: Presidente ARCI di Firenze Presidente nazionale UISP Presidente dell’Humanitas Scandicci Segretario provinciale R.C. di Firenze L’attualità e la storia La Casa del Popolo Fratelli Taddei oggi Alessandro Brunetti 29 Le radici ed il percorso storico Luciano Senatori 43 Casa del Popolo “Fratelli Taddei” Centro Studi e Documentazione ARCI Firenze progetto grafico e impaginazione: Francesco Carpi Lapi stampa: Genesi Gruppo Editoriale, Città di Castello © 2005 Associazione Casa del Popolo Fratelli Taddei Tutti i diritti riservati Le trasformazioni del complesso edilizio Francesco Carpi Lapi 93 Architetto I partiti della sinistra a San Quirico Gianfranco Tomassini – Fabio Caciolli Otello Dolfi - Alvaro Masi - Patrizio Panichi D.S. Unità di base “P.P.Pasolini” 103 Presentazione Giovanni Santi presidente dell’Associazione casa del Popolo Fratelli Taddei Q uesta pubblicazione rappresenta il tentativo di documentare con un “segno tangibile” il grande impegno profuso e i molti risultati raggiunti dagli uomini e dalle donne che hanno “fatto” la nostra istituzione nel corso dei centoventi anni della sua storia e che la “fanno” oggi. Uomini e donne impegnati a difendere, in passato come oggi, i valori della libertà, della giustizia e della democrazia su cui è fondata la nostra Costituzione Repubblicana, ma anche impegnati “insieme” a realizzare concretamente nelle attività quotidiane tali valori, costantemente attenti a rinnovare la loro associazione al passare del tempo insieme alla storia del nostro paese; a farla crescere, crescendo loro stessi come soggetto politico e sociale, adeguandola alle necessità via via emergenti della loro comunità, tra difficoltà e conflitti a volte non semplici, fino a diventare simbolo stesso della comunità e del quartiere. Credo, infatti, che la storia della nostra Casa del Popolo, la cui storia è raccolta in questa pubblicazione, sia un tassello fondamentale del patrimonio della nostra cultura e, in tale senso, sia necessario darle il ruolo e la dignità di una storia importante. In questo senso voglio ripercorrere anche la mia storia. E’ la storia, come quella di tanti amici, di chi non ha potuto studiare da bambino per le difficili condizioni economiche della famiglia di origine (approdata dalla campagna maremmana nella grande città alla ricerca di un riscatto economico), ma che, grazie alla sua attività all’interno della Casa del popolo, ha potuto ugualmente maturare una sua cultura; una cultura fatta soprattutto di esperienza e di impegno civile, ma credo una cultura altrettanto importante. Quando ho iniziato a frequentare la Casa del popolo, tanti anni fa, ero ancora un ragazzino; ero un La storia cammina nel futuro amante della bicicletta e così mi iscrissi alla Polisportiva e iniziai la mia attività; conobbi il Presidente di allora Alvaro Masi e tanti altri personaggi con i quali sono cresciuto ed ho condiviso molte esperienze (tra queste la mia gratitudine va soprattutto a Sergio Sermanni, segretario della nostra associazione, stroncato nel 1994 da un infarto durante un raduno ciclistico amatoriale ed esempio di grande generosità e rispetto degli avversari, nello sport come nella vita). Sono stati anni di lavoro duro e di responsabilità nei confronti della mia famiglia e dei miei figli, ma la Casa del Popolo era il luogo che non solo mi obbligava a riflettere sulla realtà che mi circondava e sul mondo che cambiava, ma mi consentiva di operare concretamente per migliorare la realtà. Oggi sono ormai da molti anni il suo Presidente (sono stato eletto nel 1994 con il novantacinque per cento dei voti) e, guardandomi indietro, credo di aver realizzato con e per la Casa del popolo tantissime cose, cose che quando ho cominciato mi sembravano impossibili. E continuo ancora ad essere un amante della bicicletta, a pedalare come all’inizio per passione ma anche per portare in giro per il nostro paese con la bicicletta messaggi di solidarietà e di pace. Questo è lo spirito, allora, di questa pubblicazione, realizzata con i contributi del Sindaco e dell’Assessore allo sport e tempo libero del Comune di Firenze, del Presidente del Consiglio di Quartiere, della Presidente dell’ARCI, del Presidente Nazionale dell’UISP e composta di molte parti. Alessandro Brunetti descrive le decine d’iniziative ricreative, culturali e sportive che hanno caratterizzato la nostra istituzione e la caratterizzano ancora oggi, una sorta di guida alla vita del circolo descritta in modo semplice e che racconta le tante storie ed esperienze dei protagonisti. Presentazione L’architetto Francesco Carpi Lapi ripercorre le vicende fisiche della Casa del Popolo, dall’anno della sua inaugurazione ai progetti, alcuni molto ambiziosi, che animano il nostro futuro, ricostruendo allo stesso tempo le vicende di un contesto territoriale, quello che ospita la Casa del popolo, mutato profondamente negli anni del dopoguerra e che ha mutato la Casa del Popolo. Gianfranco Tomassini e Fabio Caciolli hanno ricostruito il rapporto, spesso conflittuale, tra la Casa del Popolo i partiti politici ed i movimenti, dal dopoguerra ad oggi, sottolineando i momenti più difficili e la stretta relazione che esiste tra attività politiche e attività ricreative e culturali. Infine la storia della Società di Mutua Assistenza prima e dell’Associazione casa del popolo F.lli Taddei dopo, intramezzata dai venti anni di associazionismo sotto la dittatura fascista. Una storia legata intimamente alla storia sociale del nostro quartiere ricostruita da Luciano Senatori, (che ha anche curato la realizzazione del volume), attraverso i pochi documenti reperiti e le preziose testimonianze di coloro che di questa vicenda ne sono stati i protagonisti. Alcune foto, raccolte e ordinate da Giancarlo Matteuzzi, arricchiscono i testi e sono anch’esse testimonianza della storia. Alla pubblicazione infine si accompagna una mostra nella quale sono state raccolte e riorganizzate alcune fotografie che documentano luoghi, personaggi e avvenimenti nel corso di questi 120 anni. Voglio infine ringraziare, interpretando il pensiero dei Consiglieri e dei Soci tutti coloro che hanno contribuito in forme e modi diversi alla realizzazione di questa pubblicazione e di tutte le iniziative parte del nostro programma per la celebrazione dei 120 anni di vita della nostra associazione. saluti, contributi e testimonianze Saluti, contributi e testimonianze Leonardo Domenici Sindaco di Firenze L a storia della Società di Mutuo Soccorso di San Quirico non è solo la storia di una parte importante della nostra città, ma è un grande patrimonio per tutta Firenze. Da centoventi anni quella che è diventata la Casa del Popolo “Fratelli Taddei” è un luogo di aggregazione e ritrovo, di impegno civile, solidarietà e diritti. Grazie a questi locali e alle persone che infaticabilmente li animano, un gran numero di cittadini hanno trovato un punto di riferimento insostituibile sotto il profilo culturale, sociale, sportivo e più semplicemente del tempo libero. L’aggregazione di donne e uomini sulla base di un forte volontariato, ha reso possibile dapprima la nascita e poi via via la crescita della Società, che ha saputo rinnovarsi e innovarsi, riuscendo sempre a rispondere a nuove e diverse esigenze, divenendo ormai da tempo una delle “colonne” dell’associazionismo fiorentino. Nata come Società di Mutua Assistenza per gli operai di San Quirico, da subito è diventata luogo, non solo fisico, per le battaglie sindacali e sociali instaurando un legame forte col territorio e con la sua gente. Fondamentale il ruolo nella lotta contro la dittatura fascista con molti dei suoi frequentatori protagonisti della Resistenza e della lotta di Liberazione. Non meno importante l’attività dopolavoristica dalla quale sono poi nate molteplici attività con l’unico scopo di migliorare la qualità della vita dei cittadini. La sua funzione e i suoi scopi sono rimasti tali anche ai giorni nostri e per tutti vorrei ricordare la funzione di informazione, luogo di dibattito e confronto sui profondi cambiamenti che quella parte della città sta vivendo. Vorrei in conclusione di questo mio breve saluto, ringraziare tutte quelle donne e quegli uomini che col loro impegno e la loro partecipazione democratica hanno fatto vivere questa gloriosa Società. Un grazie particolare a chi ha voluto questa pubblicazione e a coloro che hanno contribuito alla sua realizzazione. 11 La storia cammina nel futuro Saluti, contributi e testimonianze nella storia della comunità questa struttura riesce con continuità a evocare. Anonimi volontari hanno dato vita in questi 120 anni ad una esperienza piena di solidarietà, desiderio di riscatto per la gente semplice e umile, amore per la pace e la libertà. Il Presidente Giovanni Santi nella sua modestia e nella sua passione trascinante è un emblema di queste persone che hanno speso tanto del loro tempo libero per l’Associazione Casa del Popolo Fratelli Taddei di S. Quirico. Il sottoscritto da “ragazzo di Legnaia” ieri, oggi amministratore pubblico, vuole testimoniare, in occasione dell’anniversario dei 120 anni dalla fondazione, il grande affetto ed il sentito riconoscimento da parte dell’amministrazione comunale per il lavoro che rende ancora quelle mura costruite fra via Pisana e via Baccio da Montelupo con il sofferto guadagno di tanti operai, contadini, in genere cittadini caratterizzati da una forte dignità e amore per la propria comunità, un punto di riferimento importante per l’intera città di Firenze. Eugenio Giani Assessore allo Sport e Tempo Libero del Comune di Firenze S an Quirico a Legnaia costituisce comunità storica nell’area fiorentina e il “popolo” di S. Quirico fin dal XV secolo è citato come il riferimento istituzionale di un borgo sviluppatosi presto perché collocato sulla strategica via di collegamento con Pisa ancor oggi nella toponomastica cittadina, Via Pisana. S. Quirico costituì quindi uno dei centri pulsanti della comunità di Legnaia che fino al 1865 ha rappresentato un comune autonomo da Firenze con una propria storia di borgo legato all’agricoltura, In particolare all’orticoltura, con proprie istituzioni. L’intera area di Legnaia fu assorbita istituzionalmente da Firenze solo con l’allargamento dei confini successivo al divenire capitale d’Italia nel 1865 e poi progressivamente nel corso degli anni cinquanta del ventesimo secolo affogata dall’urbanizzazione violenta delle nuove periferie urbane che hanno lasciato il contrasto fra le storiche stradine e le particolari abitazioni terratetto e i nuovi palazzi pluripiano che irrompono nel precedente tessuto urbano come avvenuto a S. Quirico in via Baccio da Montelupo o in viale Nenni con le storiche via del Ronco Corto e via del Ronco Lungo. Non vi è quindi da meravigliarsi se accanto al flusso caotico del traffico ancora oggi emerge come affascinante residuo di altri tempi il borgo di S. Quirico caratterizzato da un isolato che comprende l’antica chiesetta e la più recente edificazione della Casa del Popolo, punti di riferimento per una aggregazione spontanea che ha visto passare generazioni diverse unite dal richiamo di un’identità territoriale che S. Quirico sa esprimere ancora oggi. L’Associazione Casa del Popolo Fratelli Taddei di San Quirico è stata per tanti anni il luogo di ritrovo per appassionati di sport, dl biliardo, per la ricreazione domenicale attraverso il cinematografo, per tante manifestazioni popolari e festeggiare oggi i 120 anni dalla sua costituzione è la dimostrazione del ruolo che 13 La storia cammina nel futuro Giuseppe D’Eugenio Presidente del Consiglio di Quartiere 4 S e uno dei fondatori della Società di Mutuo Soccorso potesse per ventura aggirarsi nei locali dell’attuale casa del popolo e se gli venisse, per giunta, la voglia di affacciarsi sul quartiere circostante, certo proverebbe un senso di sbigottimento e di vertigine. Quello che si troverebbe davanti poco o nulla avrebbe da spartire con il borgo di fine ‘800 all’origine di questa storia e anche nella struttura stessa, nelle sue attività, nei suoi servizi, non sarebbe facile raccapezzarsi. 1885-2005. Fra queste due date si inserisce un’intera fase storica, dalle immense implicazioni sociali, politiche e culturali. Basta pensare agli snodi che la segnano e la caratterizzano: l’esplodere delle questione sociale, la nascita del movimento operaio organizzato, la prima guerra mondiale e la crisi del liberalismo, il ventennio fascista culminato nella tragedia del secondo conflitto mondiale, la ricostruzione e il boom economico, la contestazione del ’68, gli anni di piombo del terrorismo, Tangentopoli e la crisi della prima Repubblica, per arrivare ai nostri giorni, drammatico crocevia fra un regime mediatico-plebiscitario e una democrazia rinnovata nei suoi presupposti e nelle sue forme di partecipazione. Eppure il brivido di questa vertigine non deve impedirci di cogliere il filo che ha attraversato tutto questo periodo. Questo filo è la capacità di auto-organizzazione dei lavoratori di questo quartiere, un’attitudine già efficacemente battezzata nella ragione sociale originaria di questa nostra realtà associativa così tenacemente custodita nel tempo: Società di Mutuo Soccorso. Associarsi per attenuare il peso della miseria, per combattere lo sfruttamento, per strappare i servizi che non ci sono, per imparare ad essere cittadini consapevoli; ma associarsi anche, perché no?, per divertirsi, per praticare la gioia dell’attività fisica e dello sport, per affinare e soddisfare il desiderio di cultura e il piacere estetico di una mostra, di un concerto, di un film. ‘Vogliamo il pane e anche le rose’, affermava lo slogan degli operai americani che proprio negli anni Ottanta Saluti, contributi e testimonianze del diciannovesimo secolo scendevano in piazza per le otto ore. Insomma, siamo affamati ma non di solo pane, quella che vogliamo è una nuova qualità della vita, dove ci sia posto anche per le rose: la poesia, la cultura, la pienezza dei sentimenti. Come direbbe il nostro Roberto Benigni: “Dopo ì ricreativo, passiamo a ì culturale”. Il pane e le rose ci sono, eccome, nella storia della Casa del Popolo di San Quirico e spesso si sono intrecciati e rinforzati reciprocamente. Penso alla straordinaria vocazione ciclistica, coltivata fin dagli anni Venti con la bici senza cambio, la camera d’aria a tracolla e le strade polverose, che appena pochi mesi fa ha trovato una sua ideale continuità nella biciclettata che ha raggiunto l’estrema punta della Puglia, portando un segno di pace e di solidarietà attraverso la penisola. Penso alla sala cinematografica che tuttora rappresenta un presidio culturale cittadino per la circolazione e la valorizzazione del cinema d’autore, proprio mentre la distribuzione è dominata da una ristretta oligarchia di operatori che soffoca ed emargina la qualità, in nome di una sorta di ‘fast food’ dove dominano piattezza, omologazione e banalità. Si diceva delle caratteristiche storiche del movimento mutualistico: auto-organizzazione, autogestione, iniziativa, assunzione di responsabilità, capacità di anticipare le istituzioni o addirittura di sostituirsi ad esse quando occorre. Ebbene questo luogo ha vissuto una vicenda che compendia, meglio di ogni definizione, la storia e la vocazione dell’associazionismo operaio fiorentino. Alludo alla nascita, nel 1951, del primo asilo nido autogestito, un’esperienza prototipo che doveva aprire la strada alla lunga lotta per la dotazione di servizi, destinata ad accompagnare l’espansione residenziale di questa parte della città, prima e dopo l’alluvione del 1966. Proprio il secondo dopoguerra ha visto crescere attorno alla nostra SMS un pezzo di città. Il nostro fondatore immaginario prima giungeva qui lungo la storica via Pisana e la via di San Quirico, più tardi ha assistito all’apertura dello “Stradone”, come il popolo chiamava l’attuale Baccio da Montelupo, ma soprattutto se in un primo tempo raggiungeva in breve la campagna, oltre la schiera delle case allineate sulla Pisana, nel volgere di qualche decennio ha visto crescere l’espansione della nuova residenza, ha conosciuto nuovi segmenti di popolazione che trovava nei grandi palazzi risposta al bisogno sociale della casa. Oggi San Quirico è una tessera importante del mosaico urbano consolidato, non più percepito come periferia ma come parte della città. In quella vicenda ritroviamo tutta la tensione partecipativa e tutta la capacità innovativa di cui questo quartiere può farsi giustamente vanto. Anche perché si tratta di caratteri che precedono, e per certi aspetti inducono, la successiva istituzionalizzazione delle circoscrizioni. Per me queste qualità rappresentano dei requisiti pre-politici che, in un certo qual modo, vengono prima delle ideologie e delle stesse appartenenze politiche e confessionali. Forse proprio questa umanità, in senso profondo, questa disposizione alla costruzione positiva rappresentano il segreto di una continuità che ha saputo resistere alle tempeste del Novecento. E’ un patrimonio irrinunciabile, di cui avremo ancora molto bisogno se vogliamo affrontare con saggezza la complessità, i conflitti e le aspre contraddizioni che la vita urbana ci sottopone in questo preambolo del terzo millennio. 15 La storia cammina nel futuro Eros Cruccolini presidente del Consiglio Comunale di Firenze L e Società di Mutuo Soccorso e le Case del Popolo sono state, e continuano ad essere, strutture di grande importanza per lo sviluppo della democrazia nel nostro Paese. Furono, nell’ottocento, i centri di aggregazione in cui il proletariato, il Quarto Stato del quadro di Pellizza da Volpedo (quello che l’ARCI ha usato come manifesto per le sue campagne negli ultimi anni), cominciò ad organizzarsi, a costruire i suoi strumenti di solidarietà, a preparare le proprie lotte e le proprie rivendicazioni, che si tradussero poi in programmi politici ed in piattaforme sindacali. Sulla scena della politica irruppero le masse popolari e le assemblee parlamentari, i consigli comunali, gli organi della rappresentanza istituzionale, riservati fino ad allora ai notabili borghesi, videro l’ingresso di persone espresse dal movimento dei lavoratori. Non a caso i fascisti, quando con la violenza, e con la connivenza del re, degli agrari, degli industriali, s’impadronirono del potere, annullando ogni forma di vita democratica, si accanirono contro le case del popolo, le chiusero, le bruciarono, impedirono loro di svolgere le normali attività sociali (di aggregazione, di ritrovo, di impegno solidale). Alla fine della seconda guerra mondiale, conquistata la libertà con il grande contributo del movimento antifascista e della Resistenza, il recupero delle case del popolo ad una funzione vitale per la stessa rinata democrazia fu lungo e difficile. Ma l’impresa ebbe successo e di nuovo, con i sacrifici di decine di migliaia di persone che si impegnarono a costruire nuove strutture o a rinnovare quelle vecchie finalmente recuperate, case del popolo e circoli ricominciarono a funzionare come punti essenziali per l’organizzazione dei lavoratori, sia dal punto di vista sociale che da quello culturale e politico. Saluti, contributi e testimonianze Negli anni 50 nasce anche l’ARCI, l’associazione in cui si riconoscono appunto i circoli associativi della sinistra, e questo dà loro nuova forza (e nuovi impulsi alle loro iniziative). Caratteristica principale delle case del popolo e delle società di mutuo soccorso, nel corso di oltre un secolo di vita, è infatti quella di saper cogliere le esigenze ed i fermenti che man mano crescono nella società, dando loro risposte, spazi, possibilità di svilupparsi. Fu così che a Firenze, in seguito all’alluvione del 66, le case del popolo, insieme alle parrocchie (“La croce e la falce e martello” si disse in un libro che ricostruiva quell’avvenimento), divennero i punti centrali dell’autorganizzazione popolare e dei comitati che costituirono l’unica risposta realmente operante alla tragedia da cui era stata colpita la città. Certo, tutto ciò non è avvenuto, e non avviene, in modo indolore, ma attraverso un confronto continuo, all’interno delle stesse strutture associative, tra vecchio e nuovo, un confronto, che in certi casi, assume anche i caratteri del conflitto. Si sono avute discussioni serrate, ad esempio, quando si trattò alla fine degli anni 60, di dare stanze e strumenti ai doposcuola ed alle scuole popolari, che sorgevano un po’ dovunque nell’area fiorentina sull’onda dell’esperienza di don Milani a Barbiana (e di quella “Lettera ad una professoressa”, che era stato il frutto più maturo, e diffuso, scaturito da quell’esperienza). Eppure è per questi profondi legami con il tessuto sociale (e con le parti più vive di tale tessuto) che le case del popolo si sono aperte progressivamente alle tematiche dell’ambiente, del femminismo, della pace; che hanno messo spazi a disposizione per servizi di consulenza sulle questioni dei consumi, della casa, dei servizi; che hanno cominciato a trasformarsi, spesso con contrasti anche duri, da case del popolo in case dei popoli, fornendo occasioni di aggregazione e d’incontro alle cittadine ed ai cittadini immigrati; che hanno realizzato occasioni di socializzazione per la fascia, crescente, degli anziani; che hanno costruito, insieme ad altre realtà presenti sul territorio, progetti di cooperazione internazionale e di diplomazia dal basso, nonchè veri e propri laboratori di nuovi stili di vita (che riguardano gli “acquisti verdi”, la promozione della raccolta differenziata dei rifiuti e del risparmio energetico, il boicottaggio delle multinazionali, l’educazione al consumo critico, il sostegno al commercio equo e solidale). E’ per questo che nel movimento associativo si sente profondamente la “povertà” della politica, ridotta spesso a logiche di schieramento e a tecniche di gestione del potere, e si sostengono con convinzione i processi partecipativi che hanno come fine il rinnovamento delle istituzioni e della politica stessa. Permangono, è vero, aree di sofferenza, specie nel rapporto con i giovani, ma è soltanto con un rinnovamento ancor più coraggioso che si possono superare i problemi esistenti, dando fiducia alle forme di autorganizzazione ed alle sperimentazioni di modi diversi di aggregarsi e di condurre vita associativa. La S.M.S. di S. Quirico è un esempio vitale di quanto qui ho detto, ripercorrendo sinteticamente oltre 100 anni di soria del movimento associativo. Non resta che augurarle di continuare ad esserlo per moltissimo tempo ancora. 17 La storia cammina nel futuro Francesca Chiavacci Presidente ARCI di Firenze N ell’introdurre l’accurato lavoro di ricostruzione e narrazione della storia più che secolare della Casa del popolo F.lli Taddei non è possibile tralasciare alcune riflessioni sul ruolo di questa struttura e degli uomini e delle donne che negli anni hanno contribuito alle attività e al lavoro del circolo. Troppo spesso, incalzati dall’emergenza e dalle necessità dell’impegno quotidiano, capita di dimenticare l’importanza del nostro passato, di non riflettere abbastanza su cosa hanno rappresentato nella storia della nostra città alcuni luoghi. Dall’elenco delle tante attività e dei gruppi , della politica e dell’impegno che hanno animato le stanze della “F.lli Taddei”, infatti, emerge con grande chiarezza quanto l’associazionismo abbia saputo svolgere un ruolo di presidio sociale, di animazione culturale, di spazio partecipativo, e , ancora prima, di presenza politica attiva per la difesa dei valori della pace e della democrazia. E lo ha saputo svolgere con grande coraggio, spregiudicatezza, intuendo le necessità della popolazione, “guardando avanti” e proponendo attività che altri, (ad eccezione delle parrocchie e degli oratori, che lo facevano con finalità e obiettivi diversi), nemmeno i partiti politici della sinistra, solo successivamente avrebbero scoperto. La gestione di un servizio per l’infanzia che ha servito egregiamente il quartiere, una biblioteca nella quale tanti fiorentini si sono laureati, la promozione di un gruppo di riflessione culturale composto da intellettuali fiorentini, il cinema, l’ospitalità dei giovani partecipanti al Social Forum, le biciclettate per l’Italia per la pace sono solo alcuni pezzi della storia passata e presente di un circolo che, negli anni, ha visto uno sviluppo impensabile e di misure straordinarie di quella parte della città di Firenze, uno sviluppo rispetto al quale la Saluti, contributi e testimonianze SMS F.lli Taddei – San Quirico ha saputo dare risposte adeguate sul piano sociale e culturale. La sfida che negli ultimi anni l’ARCI si è posta è stata proprio questa: riuscire a rappresentare il bisogno di cambiamento espresso dai movimenti e dalla società e al tempo stesso essere dentro la società stessa attraverso il rapporto diretto, quotidiano, che nelle nostre strutture si realizza. Essere, insomma, davvero, “associazione ricreativa e culturale” al tempo stesso; proprio nel mondo di oggi, dove la mercificazione attraversa la cultura, la socialità , i fondamenti dello stare insieme, crediamo sia utile e necessario combatterla attraverso l’attività delle nostre strutture, i nostri circoli, le nostre case del popolo e che si possa contribuire al cambiamento dei rapporti tra il nord e il sud del mondo anche mediante la trasformazione degli stili di vita, dei consumi culturali e dei modi di stare insieme. “Arrendersi al presente è il modo peggiore per costruire il futuro”. E’ l’insegnamento che ci ha lasciato Tom Benettollo, il nostro Presidente nazionale scomparso prematuramente che ha segnato con questi tratti il nostro patrimonio associativo. L’ARCI che è parte del movimento contro la globalizzazione ingiusta, che è fianco dei migranti contro il razzismo, che promuove il consumo critico non è “altra” cosa rispetto alla storia che ritroverete in questo libro; è quell’esperienza , di cui dobbiamo conservare e mantenere memoria , e le scelte politiche fatte in questi anni, che hanno prodotto quest’associazione, insieme al lavoro e alla fatica di migliaia di volontari e volontarie che troppo spesso ci dimentichiamo di ringraziare. 19 La storia cammina nel futuro Filippo Fossati Presidente nazionale UISP M i emoziona un po’ scrivere una presentazione per una storia della SMS S. Quirico. Sono, da pochi mesi, presidente nazionale dell’Uisp e S. Quirico è sede di una nostra polisportiva che egregiamente ha negli anni costruito e svolto attività con ragazzi e ragazze (e con persone di tutte le età) in diverse discipline, dal Calcio, alla Pallavolo, al Ciclismo. Ma non è questo il motivo dell’emozione, né, credo, il motivo che ha spinto il Presidente Santi a sollecitarmi queste righe. Il fatto è che S. Quirico è la mia Casa del Popolo, il luogo dove ci si ferma a fare una discussione politica, attorno ad un bicchiere e prima di una iniziativa culturale. Dove ci si dà appuntamento con gli amici che non si vedono più da tempo e che abbiamo voglia di rivedere, con i quali abbiamo voglia di parlare. Il luogo che non possiamo frequentare più con costanza, per le storie della vita, per la lontananza, ma che siamo contenti che esista, siamo orgogliosi che continui a produrre relazioni umane, occasioni di incontro, di crescita delle persone che lo frequentano. Lo dico subito: questo è possibile perché tanti compagni (qui questa parola ha un valore particolare, è una storia che prescinde, precede la storia dei Partiti politici) spendono tempo e fatica per mandare avanti, da volontari , la baracca. E perché chi, a qualunque titolo, da una mano, lo fa perché ha capito qualcosa del vero fine, l’obiettivo della Casa del Popolo. Accogliere, mettere in relazione, sollevare, aiutare le persone. Nessuna esclusa. Sono arrivato da ragazzo. 1975. Si poteva fare canto popolare. Suonare. Piaceva alla sezione del Partito Comunista (anche a quella del PSI), piaceva al consiglio della Casa del Popolo. Piaceva a quella banda fantastica di vecchi partigiani e antifascisti che ci incoraggiava, di cui eravamo tutti un po’ nipoti. Prova- Saluti, contributi e testimonianze vamo nella sala della tombola, la scaletta dello spettacolo la discutevamo in biblioteca. 8 marzo, 25 aprile, canzoni nella sala del cinema. Un piccolo corteo di compagni e amici ci accompagnava da S. Quirico quando suonavamo ( e cenavamo!) nelle case del popolo di mezza Toscana. Anni 80. Finisce la musica. Rimane l’impegno politico, l’amicizia. Per molti di noi la Casa del popolo è comunque il luogo degli appuntamenti, delle riunioni. Per me lo è spesso ancora. Chi fa politica davvero, lo sa. Qui bisogna passare, bisogna venire ad ascoltare cosa pensano i tanti frequentatori. Del governo del Comune, come del dibattito infinito della sinistra. Perché qui c’è il nostro popolo, che quando ha voglia di parlare qui parla più chiaro, è più esigente, ti cerca perché ti ha dato un compito, a te dirigente, assessore, parlamentare e vuol capire come lo svolgi , se sei capace di rappresentarlo, se sei capace di ascoltare le voci della strada, del lavoro,dei giovani. 120 anni. La SMS S. Quirico è una istituzione della città. Quando un moto civile, uno scatto di solidarietà come quello che portò i lavoratori del quartiere, due secoli fa, ad organizzare un vicendevole sostegno, costruendo una casa di tutti, si riproduce per 120 lunghi anni con quello spirito e quella forza, passando guerre e regimi, crisi economiche e disillusioni politiche, siamo di fronte a qualcosa di più di una associazione. Siamo nella trama dell’ordine di una città, di una società. Siamo nel governo, siamo nella democrazia. Perlomeno in quella che vorremmo, piena di gente che partecipa e si impegna, che cerca di includere tutti, tutti davvero. 21 La storia cammina nel futuro Saluti, contributi e testimonianze avanti delle attività all’interno di un Circolo Ricreativo, far diventare una Associazione di Volontariato e un Circolo, un punto di riferimento per i cittadini, riuscire a stimolare la partecipazione, la voglia di fare volontariato. Ma noi non ci abbattiamo e abbiamo deciso di continuare, convinti che gli esempi concreti valgono molto più delle parole Un ringraziamento sincero al Circolo Taddei, al suo consiglio e al suo presidente, per aver capito che, oltre il teatro, la collaborazione fra l’Humanitas ed il Circolo era e resta importante perché i cittadini, coltivando interessi comuni, possono ritrovarsi, raccontarsi la vita di ogni giorno; sentirsi, forse, un po’ meno soli. Romano Manetti Presidente dell’Humanitas Scandicci U na piovigginosa serata dell’autunno del 2000; il gruppo teatrale degli “Incostanti” della Pubblica Assistenza Humanitas di Scandicci, costituito da qualche tempo per esclusivi fini solidaristici, si ritrova presso la sede dell’Associazione in Via Bessi a Scandicci, non sapendo dove andare a provare. E’ il problema di molti gruppi teatrali amatoriali; tanta buona volontà ma gli spazi non ci sono. Quasi per pura combinazione mi metto a sfogliare l’elenco dei Circoli di Firenze e vedo : Circolo Culturale Fratelli Taddei. Immediatamente una telefonata e la disponibilità da parte del presidente per un incontro dopo mezz’ora nella sede del circolo. Mi ritrovo così, come responsabile del gruppo teatrale e come Presidente dell’Humanitas, in compagnia del vulcanico presidente del Circolo Taddei, Giovanni Santi. Una chiacchierata di oltre due ore ci fa piacevolmente scoprire quanto siano vicine le realtà che rappresentiamo: oltre cento anni di storia, il radicamento sul territorio, punti importanti di quella socializzazione e aggregazione che differenziano e qualificano la Toscana dalle altre regioni d’Italia. Durante la conversazione faccio presente a Giovanni quali sono i progetti del gruppo e, mentre parlo, vedi che gli occhi di Giovanni brillano di contentezza. Scopro così che una collaborazione può nascere: il gruppo teatrale si impegna per produrre spettacoli, il Circolo mette a disposizione il teatro, con l’unico scopo di ampliare la sfera della solidarietà, quella solidarietà fatti di atti concreti, e non quella fatta di chiacchere manifestata comodamente nelle poltrone degli studi televisivi. Quando, qualche giorno fa, ci siamo ritrovati con Giovanni per tracciare un bilancio della nostra collaborazione, ci siamo dichiarati soddisfatti. Alcuni degli obiettivi che ci eravamo dati, erano stati realizzati. Certo, si poteva fare di più; ma noi la sappiamo bene quanto sia difficoltoso, al giorno d’oggi, portare 23 La storia cammina nel futuro Maurizio De Santis Segretario provinciale PRC Firenze Saluti, contributi e testimonianze Il cambiamento di paradigma produttivo, che oggi chiamiamo post fordista, produce l’ impoverimento generalizzato della società e precarizza la vita. Ecco perché diviene essenziale sapere attingere alle esperienze di solidarietà inventate dai nostri padri e i nostri nonni. Oggi più che mai la storia delle Società di Mutuo Soccorso riveste e sempre più rivestirà un’importanza per il nostro futuro. Costruire meccanismi di solidarietà dal basso, reti economiche alternative è l’unica possibilità per sottrarsi alla tirannia di un sistema economico feroce e per costruire materialmente i presupposti di una società diversa. Ecco che il presente attinge al passato per creare un futuro diverso: questo è il miglior modo di mettere a valore la nostra tradizione. Per questi motivi, e per molti altri ancora che il poco spazio non consente di esplicare, sono a portare i saluti miei personali e del Partito della Rifondazione Comunista, certo che ancora lunga sarà la strada che insieme percorreremo. È davvero un onore per il Partito della Rifondazione Comunista partecipare alle celebrazione del 120° anno di vita di uno dei luoghi più significativi della sinistra fiorentina. La Casa del Popolo di S. Quirico rappresenta con la sua storia un itinerario concreto che unisce memoria e tradizione alla ricerca di innovazione della propria identità, aperta alle nuove istanze sociali che si oppongono e lottano contro il nuovo paradigma dello sfruttamento capitalistico. Nata come Società di Mutuo Soccorso, al tramonto del XIX secolo, è risorta dalle ceneri delle barbarie fascista come Casa del Popolo. Grazie al lavoro tenace e alla passione caparbia di compagni e compagne ha attraversato l’intero Novecento con la capacità di guardare al futuro, fino a comprendere, prima di molti partiti della sinistra, la novità e le istanze di un nuovo movimento, che ha fatto irruzione sulla scena politica da Seattle in poi. La Casa del Popolo ed il suo Presidente, hanno aperto senza indugio le proprie porte alle migliaia di giovani che, in occasione del Social Forum Europeo del 2002, hanno pacificamente attraversato Firenze. Debbo dire senza retorica, che questo è il tratto che più suscita ammirazione nel nostro partito, la capacità che avete avuto di rinnovare la tradizione, senza mai disperderla. Avere il coraggio di metterla in discussione senza abiure ma neppure senza glorificazioni incapaci di cogliere le reali contraddizioni del presente: questa è l’unica garanzia per la sua affermazione nel futuro, per far sì che gli ideali e i bisogni che informano il nostro agire non siano una mera speranza, ma una concreta possibilità. In un’epoca di grandi cambiamenti e nuove sfide, questa è la grande questione che oggi ha di fronte a sé tutta la sinistra. Dopo anni di crescita ci attendono tempi oscuri. 25 l’attualità e la storia La storia cammina nel futuro L’attualità e la storia La Casa del Popolo “Fratelli Taddei” oggi tra il vecchio borgo e la recente urbanizzazione Alessandro Brunetti consigliere della casa del popolo fratelli taddei “….Fino dal 1° febbraio 1885 è costituita in San Quirico a Legnaia Comune di Firenze una Società di Mutua Assistenza la quale porta per titolo Società di Mutua Assistenza fra gli operai in San Quirico e si compone di un numero indefinito di soci. Questa Società ha per scopo: - dare un sussidio giornaliero ai soci ammalati; - assistere durante la notte i medesimi quando la gravità della loro malattia lo richieda purché sia riconosciuta dal medico…”. Così recitava l’inizio del primo articolo dello Statuto della nostra Casa del Popolo, la cui lunga storia, coincide con quella difficile, talvolta drammatica del popolare quartiere dove è insediata, tratteggiata in questa pubblicazione per ricordare i 120 anni trascorsi dalla sua fondazione. Molte cose sono cambiate da allora ed in modo particolare negli ultimi decenni a cavallo tra due secoli. In questo periodo la vita della “Associazio- ne Casa del Popolo Fratelli Taddei”, (questa è la denominazione dal dopoguerra), cresce grazie allo slancio dei soci, dei consiglieri, dei Presidenti che giova ricordare : Giovanni Baldanzini, Arturo Masi e Giovanni Santi. A quest’ultimo e attuale presidente, con l’immancabile prezioso apporto dei consiglieri Gianni Corsini, Franco Panichi e Bruno Cintelli, si devono le ultime consistenti trasformazioni della casa del popolo. In pochi anni, l’associazione gestirà nuovamente l’area ex asilo, già sede di punti di incontro per i giovani del Comune di Firenze, creandovi una vera e propria oasi di svago e divertimento per adulti e bambini. Verrà poi utilizzata l’ex arena cinema, trasformandola inizialmente in giardino estivo e successivamente in teatro tenda una struttura polivalente capace di ospitare numerose iniziative. Giovanni Santi e Gianni Corsini, presenti “a tempo pieno”, affiancati dagli altri consiglieri 29 La storia cammina nel futuro rappresentano i punti di riferimento per coloro che hanno o vogliono intrattenere rapporti con l’Associazione. In perfetta simbiosi, riescono ad organizzare eventi ed iniziative di portata straordinaria. E’ grazie alla loro opera, alla loro attenzione verso il sociale, che l’Associazione può esprimersi ad alti livelli nell’intero panorama fiorentino. Con la Polisportiva San Quirico, organizzazione integrata nella Casa del Popolo, il ventaglio delle iniziative si estende e copre gran parte delle opportunità di tempo libero, con strutture ed attrezzature idonee da menzionare anche se sommariamente. Attività cinematografica nella sala (cento posti) completamente ristrutturata; teatro tenda polivalente; sala televisione; sala per giochi da tavolo (carte, dama e scacchi); sale per gioco di biliardo: a stecca con sei biliardi e tribuna, a boccette con tre biliardi e tribuna; sala videogiochi; bar; ex asilo con giardino e sale (con attrezzatura di cucina) per cene sociali, incontri conviviali e feste di compleanno dei bambini; due pianoforti per la scuola di musica. Nella casa del popolo sono ospitate le sedi dei Democratici di Sinistra e della coalizione di centro sinistra “l’Unione”. In queste strutture si svolgono attualmente le seguenti attività: Cinema L’attività cinematografica all’interno della Casa del Popolo ha una lunga tradizione, risale infatti agli anni ’50, quando cominciarono le prime proiezioni sia al chiuso, nell’attuale sala, che all’aperto, nell’arena allestita nello spazio su Via Baccio da Montelupo. Cinecittà, come viene denominata la sala, negli ultimi trent’anni si è sempre più caratterizzata, nel panorama dell’offerta metropolitana come il luogo nel quale si proiettano, durante il fine settimana, film di qualità, mentre nel corso della settimana si organizzano rassegne a tema su argomenti di scottante attualità e di rilevante interesse culturale e sociale; si ricordano fra gli altri il ciclo di film Paesi in guerra realizzato in collaborazione con l’Ucca, il film su Ilaria Alpi, in collaborazione con il comitato delle vittime dell’attentato ai Georgofili, la rassegna completa della produzione di Ken Loack, o quella su PierPaolo Pasolini. Completano il quadro delle attività di Cinecittà iniziative come la rassegna Cinema e cibo, in collaborazione con la Unicoop, o rassegne specificatamente dirette ad un pubblico di bambini, come Giocando al cinema. Tali iniziative che sono diventate nel periodo natalizio un appuntamento ricorrente, sono realizzate in collaborazione con il Quartiere 4 e prevedono oltre alla proiezione di un film un intrattenimento con gioghi e un piccolo spettacolo. Non mancano poi incontri con gli autori che presentano le loro opere: recentemente sono stati ospitati Gillo Pontecorvo e Giuliano Montaldo. Arena Teatro Cinecittà La tenda polivalente ospita diverse tipologie di intrattenimento: schermo gigante per la visione in diretta della partite di calcio della Fiorentina ed altre squadre partecipanti alla Champions League; convegni ed assemblee che affrontano problemi e questioni sociali e politiche; commedie teatrali in vernacolo fiorentino, attività musicali corali e strumentali; proiezione filmati per l’Università, manifestazioni di cabaret; presentazione di libri; organizzazione di feste per bambini; cene sociali e feste di Carnevale. L’attualità e la storia Di grande rilievo è l’attività che si svolge in collaborazione con le scuole materne ed elementari presenti sul territorio che da qualche anno festeggiano le proprie ricorrenze nella tenda polivalente. Da ricordare le feste: di “Natale e fine anno”, di “nonni e bambini” ed altre. Notevole è il contributo di partecipazione e collaborazione della casa del popolo in occasione della sfilata dei bambini per le vie del quartiere in occasione dell’ultimo giorno di Carnevale. Nell’ultima edizione, ad ogni bambino presente nella sfilata, la casa del popolo ha consegnato una piccola bandiera della pace intenso e significativo dono coerente con i reali valori della vita. Attività Ricreativa per la Terza Età Intrattenimento danzante (ballo liscio), con musica dal vivo nel pomeriggio di mercoledì, tombola sociale nel pomeriggio di giovedì. Lega di Improvvisazione Teatrale Correva l’anno 2001. I “match di improvvisazione teatrale”, sebbene fatti da attori non professionisti, vedevano aumentare di anno in anno i propri spettatori. Si poneva così il problema di trovare un posto più adatto per effettuare lo spettacolo, che permettesse a tutti di entrare e godersi lo spettacolo comodamente seduti. Un attore e regista fiorentino, Alberto di Matteo, parlò a Giovanni Palanza, responsabile della L.I.T. di una Casa del Popolo, dove aveva fatto delle prove, che disponeva di una specie di teatro tenda abbastanza capiente e forse adatto alle esigenze della Lega. Fu così che Giovanni Palanza fissò un appuntamento con il presidente Giovanni Santi. La prima impressione fu di un anziano signore con una vitalità che tanti con molti anni di meno invidierebbero. Il presidente parlò di tutte le attività del Circolo e fu subito chiara la sensazione di trovarsi di fronte ad una situazione diversa da quella comune a tanti circoli. Infatti sebbene economicamente il Circolo dovesse funzionare non avevano abdicato affatto a tombola e ballo liscio, a anzi aprivano con enorme entusiasmo al cinema, al teatro, alla musica … un orizzonte a 360° nel rispetto di tutti. La scommessa fu ardita comunque da entrambe le parti, la Casa del Popolo nelle persone di Giovanni Santi e Gianni Corsini, autentico braccio destro del Presidente Santi, si dettero un gran da fare per venire incontro alle esigenze della L.I.T. e senza battere ciglio furono stabilite 12 date, 12 venerdì consecutivi, per effettuare lo spettacolo. Da parte della Lega Improvvisazione Firenze, c’era qualche timore nello spostare il proprio pubblico in una zona in fondo decentrata rispetto al passato… I timori però si rivelarono infondati sin dalla prima sera.. affluenza altissima, grandi pienoni e soddisfazione sia per la L.I.T. che per il proprio pubblico. Iniziò così una fattiva collaborazione tra Lega Improvvisazione Firenze e SMS S. Quirico che andò via via aumentando. Non solo gli spettacoli del Campionato di Match di improvvisazione teatrale, tutti gli anni da ottobre a dicembre, i saggi e le produzioni teatrali delle scuole d’improvvisazione, tra i quali “The Rocky Horror Picture Show” di R. O’Brein, “l’Amleto” di S. Benni, “l’opera da tre soldi” di B. Brecht e ultimamente “Improzac”, un innovativo spettacolo di improvvisazione teatrale. Nel 2005 31 La storia cammina nel futuro nella tenda polivalente si è svolto il Campionato dei professionisti dei Match. Negli anni si è cementato anche il rapporto personale tra tutti gli attori della Lega Improvvisazione Firenze e i due paladini Giovanni e Gianni, vissuti dal gruppo come due eroi di altri tempi, una sorta di Don Chisciotte e Sancho Panza della cultura fiorentina. Corsi di Formazione Musicale Dal dicembre del 1998 la casa del popolo F.lli Taddei è sede di alcuni corsi musicali in collaborazione con il Consiglio la Commissione Cultura del Quartiere 4. L’obiettivo è ambizioso: creare una scuola nella circoscrizione che risponda al bisogno sempre crescente di educazione musicale di base e di qualità ed aperta al maggior numero possibile di fasce sociali presenti sul territorio. A questo progetto contribuiscono anche realtà musicali presenti in altre strutture del Quartiere quali la Scuola Montagnola ed il circolo “Le Torri”. Dall’unione di queste molteplici esperienze lentamente prendono forma i Corsi di Musica del Quartiere 4 sviluppando un proprio percorso: si attivano, affiancate ai corsi strumentali, le lezioni di teoria e solfeggio e di propedeutica, si aprono nuove classi grazie ad una richiesta sempre maggiore di iscritti. Il casa del popolo F.lli Taddei diviene centro musicale attivo ed aperto alle attività didattico educative, ma anche promotore di manifestazioni culturali e di concerti: nel 1999 l’iniziativa di beneficenza per l’ospedale Meyer con il concerto della Cappella Musicale fiorentina diretta dal M° Bruno Sorelli; nel 2001 il concerto del trio corno, violino e pianoforte (Fattorini, Manetti, Miche- lagnoli) in occasione del 50° anniversario della realizzazione dell’asilo A. Garibaldi. Gli eventi musicali si susseguono fino alla organizzazione della stagione di concertistica nella sala “Cinecittà”, intitolata “Quartiere 4 in concerto”. Si tratta di una rassegna di musica classica che si svolge ogni domenica pomeriggio da febbraio ad aprile, in collaborazione con l’Ente locale e organizzata assieme all’Associazione Musicale F. Landini, fondata dai docenti dei corsi di musica. Nel 2003 la manifestazione alla sua prima edizione riscuote un indubbio successo di pubblico in un momento invece in cui le sale da concerto tendono a svuotarsi, così nel 2004 viene riproposta coinvolgendo un ancor più ampio numero di cittadini; merito della ricca ed interessante programmazione che spazia dal Rinascimento al Novecento, alla qualità dei concerti proposti: fra tutti gli eventi vogliamo ricordare il duo di chitarre J. Lubina, D. Kupinski (10 Aprile 2005), vincitori della selezione del Festival di Paganini 2004; l’Ensemble Rojo Porteno con musiche di Astor Piazzolla (8 Febbraio 2004); il concerto in occasione della festa della donna, ripreso e trasmesso ogni anno dalla emittente Toscana Tv. L’attenzione verso i giovani è un altro degli aspetti che emerge dalla rassegna: infatti vi hanno suonato giovani musicisti di valore sia del Conservatorio L. Cherubini di Firenze sia allievi dei docenti dei Corsi di musica Q4. Interessante anche il concerto tematico dedicato al musicista francese E. Satie, durante il quale sono state effettuate proiezioni adoperando il grande schermo della sala cinema; l’ interazione fra le arti, musica , disegno, pittura, cinema, è stato più volte motivo di incontro tra le due real- L’attualità e la storia tà presenti nel circolo, il cinema “Cinecittà” e la scuola di musica. Negli anni 2001, 2002, 2003, in particolare, dalla collaborazione fra i maestri Alessandro Manetti, Valerio Vezzani e Michele Spina, responsabile del cinema di S. Quirico nascono una serie di spettacoli-concerto dedicati al cinema muto. Le opportunità culturali offerte nel corso degli anni presso il circolo si sono allargate anche alla filosofia: il 28 marzo 2004 ha avuto luogo la lezione concerto “Don Giovanni e la musica di Mozart nell’interpretazione di Kierkegaard” con esecuzione dal vivo di musiche del grande compositore. Pur trattandosi di argomento complesso, riguardante l’estetica e l’estetica musicale, vi è stata grande partecipazione; soprattutto gli allievi dei corsi di musica hanno trovato proficuo e molto interessante questo incontro di discipline: spesso l’insegnamento delle arti ha bisogno di aprire i suoi orizzonti per una comprensione veramente organica. La scuola di musica nel circolo e nelle sue varie sedi offre infatti all’iscritto, tramite i suoi docenti, occasioni ed eventi come questi, una educazione alla musica che supera il confine di una mera prassi esecutiva. Nelle sale attrezzate del circolo nel 2005 sotto la direzione del maestro Valerio Vezzani vi sono stati i seguenti corsi di musica: pianoforte, chitarra classica, sassofono, flauto traverso, canto lirico e canto moderno, chitarra moderna e d’accompagnamento, basso elettrico, batteria, propedeutica musicale, solfeggio, teoria ed educazione musicale generale. Musica Corale Gospel Recentemente è stato sperimentato anche un corso di musica corale gospel. Tutto è cominciato, come per caso, tre anni fa. The Florence Gospel Choir diretto dal maestro americano Nehemiah Brown fu invitato per un concerto nel teatro del circolo di S. Quirico. Era il primo di maggio e sin dal suo arrivo in Italia al maestro sarebbe piaciuto cantare per quell’occasione. Da quel momento scoccò come per magia una reciproca simpatia che è sfociata poi in una amicizia che dura appunto ormai da qualche anno. Anche se siamo piuttosto rumorosi, una volta alla settimana portiamo la musica gospel nei locali del circolo e ogni volta che è possibile allettiamo con le nostre voci le iniziative del circolo. Il circolo è per il coro non solamente uno spazio in cui fare le prove od esibirsi, ma anche un punto di incontro, e ciò è importante per la vita di un vero gruppo gospel come siamo noi. Coro di Canto Popolare “L’altrocanto” A proposito del cantare.. si canta, si cantava e si continuerà a cantare nei momenti allegri e tristi, nei giorni esaltanti o malinconici della nostra vita. Ma c’è anche un cantare che svela la realtà di una condizione materiale, di una speranza, di un ideale che appartiene a tanti, talvolta a tutti. In certi momenti storici la canzone dà la voce ai fatti che non avrebbero spazio né dignità dentro le narrazioni ufficiali ed è anche l’unico modo di conservare una memoria collettiva che altrimenti si perderebbe con il fluire del tempo e delle generazioni. Le parole dal canto loro sono pietre e come tali sono fragili e con il tempo si consumano. Cantare è allora dare nuova intonazione a vecchie melodie, è far rivivere parole antiche in nuove costruzioni, in nuove trame. 33 La storia cammina nel futuro Noi cantiamo e invitiamo a cantare per dare voce ad aspetti dimenticati della tradizione popolare della Toscana ed a quelli della tradizione di altri paesi; per ridare la bellezza musicale al canto politico, espressione di situazioni storico-sociali fra otto e novecento; per dare infine continuità alla tradizione popolare con nuove composizioni. Grazie alla disponibilità della Casa del Popolo F.lli Taddei a S. Quirico, un primo gruppo di voci si raccoglie nel 2002 attorno alla fisarmonica di Valter Vaioli, autore di appassionati brani di grande umanità, impegno esistenziale e denuncia sociale. Il coro cresce a poco a poco avvalendosi all’inizio del chitarrista Andrea Parlavecchio; ma è con l’apporto della voce e della chitarra di Giacomo Gentiluomo che si rafforza il già sperimentato repertorio della tradizione popolare toscana. In varie occasioni il gruppo canoro si propone anche con canti di lavoro e di lotta, in particolare della tradizione anarchica. Fin dalle prime esperienze il coro, che dal 2003 si presenta al pubblico con il nome “l’Altrocanto”, si è sempre stretto attorno alla carismatica figura di Giulia Lorimer che con il violino e la voce ha dato e continua a dare al gruppo il contributo più assiduo. L’arrivo del M° Stefano Corsi, attuale direttore de l’Altrocanto, ha impresso all’interno del repertorio popolare scelto dall’insieme del coro, un nuovo prezioso impulso verso la ricerca e la qualità dei valori musicali. L’Altrocanto, che ha sede presso la Casa del Popolo F.lli Taddei di S. Quirico, è costituito da circa trenta elementi ed è sempre aperto a nuovi contributi; le voci soliste sono attualmente quelle di Giulia Lorimer, Angela Pellegrini, Elisabetta Togni e Orazio Sciascia. Il coro in questi anni ha tenuto numerosi concerti in feste popolari, rassegne corali, celebrazioni di eventi culturalmente e socialmente significativi. Spiccano fra questi, nel 2004, la partecipazione a Ruralia (Fiera dell’agricoltura che si tiene a Villa Demidoff), l’organizzazione della serata musicale per il fondo di solidarietà ESSERE ospitata nella Casa del Popolo F.lli Taddei di S. Quirico, e ancora, la partecipazione alle celebrazioni in onore di Pietro Gori a Rio Marina nell’Isola d’Elba e quella a “L’Opera da tre soldi” di Bertolt Brecht, a cura dell’Istituto Russel-Newton in scena al Teatro Studio di Scandicci. Sport Formativo Ricreativo ed Agonistico La Polisportiva San Quirico, all’interno della casa del popolo, nasce nel 1959 ed inizia le prime attività nel 1961 con formazioni spontanee di cicloturisti. Si trattava di Alcuni gruppi di amici che si ritrovavano la domenica per organizzare passeggiate in bicicletta attraverso le deliziose colline toscane. Negli anni altri gruppi interessati ad altre discipline sportive si aggregano e contribuiscono allo sviluppo della polisportiva che si costituisce ufficialmente nel 1986. Da ricordare il contributo dato da Sergio Sermanni, uno dei maggiori artefici della crescita della nostra Polisportiva e dell’intero sodalizio. Scomparso nel luglio 1994 durante una gita cicloturistica, ha rappresentato per tutti noi il vero modello di dirigente sportivo, incarnandone in pieno i reali valori, ricoprendo per anni la figura di dirigente delle squadre di calcio, di pallavolo, nonché di Segretario della Associazione. La Polisportiva ha sempre rappresentato per gli abitanti del Quartiere, e non solo, un vero e pro- L’attualità e la storia prio punto di riferimento per trovare momenti di svago, relax e divertimento attraverso manifestazioni a livello sportivo, sociale e culturale. Attualmente la polisportiva è attiva nelle seguenti discipline: biliardo boccette, biliardo stecca, calcio a 11 maschile, calcio a 5 e 7 maschile , calcio a 5 femminile, cicloturismo, ginnastica per anziani, pallavolo, pesca e surfcasting. Biliardo a Boccette E’ questo il settore storico della Polisportiva. Pluripremiato a livello provinciale, regionale e nazionale, nel corso degli anni ha sempre rappresentato una delle punte di diamante a livello di risultati della intera Polisportiva. Grandi campioni hanno militato e militano nelle nostre squadre. Nell’ottobre del 1970 alla giovane età di 14 anni Stefano Cecconi, uno dei pionieri del biliardo boccette di San Quirico, iniziava a giocare all’interno del circolo. Solo pochi possono raccontare quei tempi, perché molti hanno interrotto l’attività oppure altri ci hanno lasciato. Il ricordo va a Guerrini, vero reclutatore di ragazzi, che oltre al citato Cecconi, avvicinò a questa disciplina il Pompiere, il Gatto, il Topo, Tonino, tutti soprannomi di ragazzi che si avvicinarono con passione a questa disciplina. Da ricordare come campione dotato di tecnica indiscussa nonché di particolare simpatia il mitico Maggino Bolognini, autentico campione di questo sport, in onore del quale vengono tutt’oggi organizzati tornei a lui dedicati. Tantissimi giocatori sono passati sui nostri biliardi prima con le buche e dopo senza, e sicuramente non solo campioni ma anche assidui frequentatori. Da ricordare, a proposito, le innumerevoli sfide tra Giacomino, Ronzano e Patanocco, veri e propri eventi settimanali della sala boccette. Da ricordare inoltre le micidiale bocciate del Barone o le “biciclette” dell’ortolano, i tiri stravaganti di Palla Veloce oppure i classici tiri di Bottone che colpivano immancabilmente gli angoli al punto di chiamarli “Antonio” come il suo nome, e non ultime le interminabili partite e discussioni del sabato pomeriggio tra Nando, il Cencini, Piero e Giova. Oltre a tante cose divertenti, vi sono stati anche episodi tristi che hanno funestato il settore boccette. Tra tutte la prematura scomparsa, a soli diciotto anni a causa di un infortunio sul lavoro, di Stefano Cespugli che ha lasciato un vuoto incolmabile. E mai potremo dimenticare il fatidico grido di vittoria “Miao” di Gino Ratti (non a caso soprannominato Gatto) che oltre ad essere stato un ottimo giocatore ha anche ricoperto l’incarico di arbitro a livello nazionale. Anche per lui, come per il citato Maggino Bolognini, vengono organizzati tornei in sua memoria. Ed in uno di questi, Stefano Cecconi riuscì a trionfare nonostante la presenza di tanti campioni e bravi giocatori. Il grande Stefano afferma che a guidare la sua mano durante il torneo sia stato il mitico “Gatto”, visto che durante le gare il Cecconi provava sensazioni indescrivibili che gli hanno permesso di effettuare tiri di una efficacia straordinaria fino a battere nella finale il pluricampione D’Ambra. Nel primo periodo di vita del settore boccette il gioco agonistico si sviluppava tutto nella FIABS. Successivamente, assieme al Circolo Il Ponte di Scandicci, fu costituita nella sede della Polisportiva San Quirico la sezione biliardo boccette della UISP. Con l’avvento dei biliardi senza buche, Stefano Cecconi, Marco Giuliani, Gianni Conforti ed Alessandro Pellegrini uscirono dalla UISP, 35 La storia cammina nel futuro tanto che nell’anno successivo tutti i giocatori del circolo seguirono i colleghi al punto da costringere il circolo a sostituire tutti i biliardi con quelli di nuova generazione. Il livello di gioco si alzò notevolmente ed iniziarono ad arrivare giocatori di qualità come Andrea Beccatelli, vincitore di numerose gare tra le quali spicca senza dubbio il Campionato Italiano a coppie vinto nel 2000 ad Alessandria assieme a Stefano Giannoni del CSB Aurora. Arrivarono inoltre Paolo Eredi, Rodolfo Sisi, Luigi Giuliani, Massimo Cicali, Piero Conforti, Alessandro Logli, Piras, ed altri ancora, che hanno contribuito, grazie alle loro vittorie in campo provinciale, regionale e nazionale, a tenere alto il valore del nostro circolo. Nel frattempo sono sbocciate anche due giovani promesse come Francesco Innocenti e Massimiliano Berti, detto “Pilos”, che si sono messi in mostra in diversi tornei. Alla nostra attività si è anche appassionata una donna (caso più unico che raro nella nostra provincia), Piera Bellini, che dopo avere affrontato con discreto successo gli uomini, ha iniziato a cimentarsi in campo nazionale nella categoria femminile conquistando più volte il titolo nazionale e inserendosi attualmente tra le prime otto giocatrici italiane, anche se ora milita in un’altra squadra. Il CSB San Quirico si è molto impegnato, inoltre, nella organizzazione di numerose gare nazionali in collaborazione con il Comitato di Firenze. Nel 1997 Giovanni Santi, Presidente del Circolo, grazie alla fattiva collaborazione di Paolo Eredi, membro del Comitato FIABS di Firenze, riuscì ad organizzare al Circolo di San Quirico il Campionato a squadre a livello nazionale, che permise di vedere all’opera sui biliardi della Casa del Popolo tutti i migliori giocatori italiani. A seguito del grande successo della manifestazione, tale evento fu assegnato alla Polisportiva San Quirico per altri cinque anni facendo conoscere in tutta Italia il nostro circolo. Nel 2004 la federazione italiana ha chiesto al nostro circolo di organizzare la prestigiosa gara “Coppa delle Coppe”, gara singola che ha visto la partecipazione di tutti i più forti giocatori italiani. Per finire, giova ricordare che San Quirico oltre a vantare numerosi bravi giocatori, vanta anche una forte tradizione nel campo arbitrale schierando ben quattro arbitri nazionali del calibro di Cencini, Eredi, Chianucci e D’Alessandro. Responsabile della sezione è Stefano Lecconi. Biliardo a Stecca In occasione della ristrutturazione della Casa del Popolo nel 1993 ed allo scopo di trasformare l’attività ricreativa del biliardo in una vera e propria attività sportiva con la nascita di squadre affiliate alla più importanti federazioni biliardistiche, venne inaugurata nel 1993 la sala di biliardo a stecca, autentico gioiello della Associazione, una delle più belle sale da gioco della Toscana. Dalla sua creazione sono stati organizzati importanti tornei regionali e provinciali e le squadre partecipanti ai vari campionati provinciali sono andate via via aumentando. Attualmente i tesserati della sezione stecca sono circa sessanta e compongono circa dieci squadre ma i frequentatori della sala sono molto più numerosi. Nel corso di questi anni diversi atleti si sono distinti sia a livello individuale che di squadra e particolarmente con la vittoria nell’anno 1997 del Campionato Interprovinciale a squadre 2a Categoria UISP e conseguente piazzamento (2° posto) al Campionato Nazionale. Tale attività è, a differenza delle altre discipline L’attualità e la storia sportive, svolta totalmente all’interno della Casa del Popolo ed ha comportato quindi un notevole incremento di frequentatori che pian piano si sono integrati divenendo parte attiva nella gestione del Circolo. La creazione della sala, difatti, voluta fortemente dallo scomparso Sermanni ha senza dubbio ridato linfa vitale all’ambiente, aumentando in maniera notevole il numero dei soci e dei frequentatori della nostra Associazione. Responsabili della sezione sono Fabio Mancini e Stefano Sodini. Calcio a 11 maschile Disciplina da sempre presente nella Polisportiva ha ottenuto, negli anni, risultati di prestigio. Giova ricordare, a tale proposito, la conquista nella stagione 89/90 del Campionato di seconda categoria UISP, prima importante vittoria della squadra biancorossa, nella stagione 92/93, il Torneo “Materassi”, nella stagione 93/94, il prestigioso torneo “I giganti della Fiorentina” - organizzato dalla Lega Calcio UISP con la collaborazione della A.C. Fiorentina - manifestazione alla quale è stato abbinato per anni (successivamente al Torneo “Città di Firenze” sempre gestito dalla Lega Calcio UISP) il Memorial “Sergio Sermanni”, trofeo messo in palio dalla nostra Polisportiva per ricordare lo scomparso Sergio. Poi, nella stagione 94/95, la nostra squadra ha vinto il Campionato di prima categoria UISP, conquistando la promozione in Eccellenza, massima serie della UISP. Nel 1996 arriva però la grande impresa della squadra di San Quirico. Dopo avere ottenuto prestigiosi successi a livello provinciale, la nostra squadra ottiene la consacrazione a livello regionale vincendo la Coppa Toscana 1996, manifestazione d’élite, riportando dopo sette anni il prestigioso Trofeo alla Lega di Firenze. A seguire, sull’onda dell’entusiasmo, la nostra squadra si impone anche nel Torneo di Bagno di Gavorrano sconfiggendo squadre blasonate a livello nazionale. Una serie di successi, dovuti soprattutto alla passione del duo Alessandro Brunetti - Oberdan Santi, il primo efficientissimo sotto il profilo organizzativo, il secondo compente sotto il profilo tecnico. Successivamente, dopo alcuni anni di stallo, grazie al ritorno di Alessandro Brunetti, alla passione ed alla professionalità del nuovo mister Stefano Maioli, autentico protagonista da giocatore della conquista della Coppa Toscana 1996, ed alla saggezza di Mario Fantechi, valido collaboratore tecnico, la squadra di San Quirico si afferma con prepotenza tra le squadre più forti del panorama fiorentino e non solo, conquistando, oltre a numerosi tornei estivi di prestigio, un bis in Coppa Toscana, vincendo per la seconda volta l’ambito trofeo nell‘anno 2001. Un grosso team, insomma, sotto tutti gli aspetti, ben coordinato dal Presidente Brunetti, che si avvale di una schiera di validi e preziosi collaboratori quali Mario Incardona, Graziano Castagnoli, Tullio Di Leo, Fernando Cecchi, Daniele Inturri, e Natale Leuzzi, vero e proprio mago dell’immagine della squadra . Da evidenziare, infine, che nelle fila biancorosse hanno militato anche campioni quali Roberto Galbiati e Antonio Strano, personaggi di rilievo del panorama calcistico professionista. Responsabile della sezione è Alessandro Brunetti, da anni presente nel panorama sportivo dell’Associazione ricoprendo in passato anche la carica di presidente della Polisportiva, nonché ruoli di rilevo all’interno della Lega Calcio U.I.S.P. di Firenze. 37 La storia cammina nel futuro Calcio a 5 e a 7 maschile Sull’onda dell’entusiasmo del pianeta calcio e seguendo la sempre più diffusa pratica di questa disciplina, nasce, su iniziativa di giovani frequentatori della Casa del Popolo, nella stagione 95/96, la squadra di calcio a 5. La nostra formazione, sotto la guida di Gino Barconi e Luca Mondì, responsabile della sezione, conquista subito un brillante piazzamento in campionato, gettando le basi per un concreto, solido e prosperoso cammino. Dopo un primo campionato F.I.G.C. di media classifica, il San Quirico diventa San Quirico Firenze e conquista la promozione in C1 vincendo tutte le partite. Nella stagione successiva avviene la fusione con lo Scandicci che, di fatto, conclude l’era del calcio a 5 maschile a San Quirico. Nel 1999/2000 si passa al “calcio a 7” sotto la responsabilità dell’inossidabile Gino Braconi e Marco Casaredi, due ragazzi di San Quirico che gestiscono la nuova avventura sponsorizzata “in toto” dalla Casa del Popolo che dà così una ulteriore possibilità ai ragazzi che formano questo gruppo di cimentarsi in una nuova avventura. E questa squadra, alla sua prima partecipazione, vince subito il suo primo Campionato C.S.E.N. provinciale, le finali regionali, classificandosi al quarto posto alle finali nazionali disputate a Porto Torres. Nella stagione successiva nasce anche una seconda squadra di calcio a sette formata prevalentemente da ragazzi del Circolo che riescono a conquistare una posizione in campionato degna di rispetto, mentre l’altra squadra, che si avvale anche delle prestazioni di giocatori provenienti dalla Federcalcio, stravince ancora una volta a livello provinciale e regionale. Nel 2001/2002 a seguito della partenza di Gino Braconi per il cal- cio a 5 del Pontassieve, il San Quirico affianca a Marco Casaredi due nuovi responsabili, Massimo Lisi e Luca Lombardo. Nonostante il cambio, il San Quirico conquista di nuovo il campionato provinciale. Nella stagione successiva la squadra biancorossa si aggiudica di nuovo tutto conquistando il diritto a partecipare alle finali nazionali che si disputano a Monopoli, dove partecipa una “mista” di calcio a sette ed undici che conquista un onorevole piazzamento. Nella stagione 2004/2005 si affianca alla già navigata squadra di Casaredi, una squadra formata da un ex giocatore di calcio a undici, Ermanno Pucci, che partecipa con onore al campionato U.I.S.P.. Da segnalare che, per la prossima stagione, saranno tre le squadre di calcio a sette organizzate dalla Polisportiva San Quirico, visto che alle formazioni già citate si aggiungerà una terza squadra formata esclusivamente da ragazzi che frequentano la Casa del Popolo. Calcio a 5 femminile Nella stagione 2004/2005 la Polisportiva San Quirico allarga i propri orizzonti verso il pianeta del calcetto femminile sponsorizzando una squadra di calcio a 5 femminile che partecipa con onore al campionato U.I.S.P. di Firenze. Grazie al successo ottenuto sotto la sapiente guida di Bardazzi e Benvenuti, nella prossima stagione saranno due le compagini di calcio a cinque femminili che difenderanno i colori della Polisportiva San Quirico. Cicloturismo Nel 1973 un gruppo di appassionati di ciclismo decise di formare la sezione ciclistica all’interno della Polisportiva San Quirico con affiliazione L’attualità e la storia alla Lega Ciclismo UISP di Firenze, allo scopo di ritrovarsi la domenica e partecipare a manifestazioni cicloturistiche che venivano organizzate in quel periodo. Il primo Presidente è stato Giovanni Baldanzini, attuale Presidente Regionale della Lega Ciclismo UISP; tra i primi ad essere tesserati per la Polisportiva San Quirico figurano i nomi di Giancarlo Bandinelli, Pietro Pecchioli, Alessandro Rangoni, Marcello Salvini, Giovanni Santi e Salvatore Scelfo. Dopo circa due anni entrò a far parte del gruppo Roberto Formigli, e con lui alcuni cicloamatori come Sergio Perini, Paolo Pagliai ed altri che partecipavano esclusivamente a corse su strada. Ma il connubio con Roberto durò solo due anni perché vi era una netta divisione tra cicloturisti e cicloamatori e, pertanto, la Polisportiva, che operava in maniera che tutti i propri tesserati in egual misura fossero partecipi alla socializzazione di questo sport ed allo stesso tempo dovessero essere tutti considerati senza discriminazione alcuna, decise per la scissione del gruppo amatoriale. Ci fu in seguito un’altra breve esperienza di tipo amatoriale con il gruppo di Giovanni Becucci ma, sempre per gli stessi motivi, ebbe breve durata. Da allora rimase esclusivamente il cicloturismo, ovvero il piacere di andare in bicicletta allo scopo di ritrovarsi, di divertirsi e di partecipare assieme agli altri. Nel 1980 fu organizzato il primo raduno cicloturistico intitolato ai Fratelli Taddei, che poi negli anni a venire si è consolidato a tal punto da diventare costantemente raduno di apertura dell’attività provinciale della Lega Ciclismo UISP di Firenze. Nel 1992 fu organizzata, per la prima volta a Firenze, una prova di Campionato Italiano di Gran Fondo di km. 150, una esperienza bellissima su un percorso altrettanto bello alla quale parteciparono circa 500 partecipanti. Sempre nell’anno 1992 e nei due anni successivi, la Polisportiva San Quirico partecipò a Collegno alla Ciclolonga del Sestriere, una corsa di km. 190. Ma l’esperienza più bella ed affascinante è stata la partecipazione negli anni 1994, 1995 e 1996 al Giro Cicloturistico delle Dolomiti, attraverso la quale Pietro Pecchioli, Alfio ed Alessandro Rangoni, Marcello Salvini, Salvatore Scelfo e Giovanni Santi hanno scalato le più belle salite, ammirato meravigliosi paesaggi dallo Stelvio al Pordoi, dal Passo Gardena al Passo Sella, e via dicendo, pedalando e trascorrendo una settimana di sport e divertimento assieme a ciclisti di altre nazioni europee, quali tedeschi, danesi, spagnoli e francesi. Negli anni successivi la sezione Ciclismo della Polisportiva San Quirico ha continuato ad organizzare manifestazioni cicloturistiche con un occhio di riguardo alla situazione mondiale. Difatti nel mese di febbraio del 2004 Marcello Salvini, Pietro Pecchioli e Raul Guernieri, assieme ad alcuni ciclisti di altre società, hanno partecipato ad una iniziativa di pace e solidarietà nel lontano Nepal, pedalando dai confini dell’India fino ai confini della Cina, incontrando persone che in quei luoghi lavorano per migliorare le condizioni di vita di chi ha più bisogno, in primo luogo i bambini, ed incontrando anche persone che ricoprono cariche istituzionali, maturando così una nuova ed intesa esperienza che ha innescato una intensa riflessione all’interno del gruppo ciclotu- 39 La storia cammina nel futuro ristico della Polisportiva San Quirico. Riflessione intensa, tanto intensa al punto da fare scattare la molla di organizzare da parte della Polisportiva una iniziativa che ricalcasse le orme di quella vissuta dai tre amici cicloturisti. E così, nell’anno in corso, la Polisportiva San Quirico, in collaborazione con la Caritas di Firenze, ha organizzato una manifestazione denominata “Biciclette, pace e solidarietà” con partenza da Firenze il 22 agosto ed arrivo a Santa Maria di Leuca il 31 agosto, per km. 1.040 da percorrere in dieci giorni con un giorno di riposo. Parteciperanno all’iniziativa Alfio Rangoni, Raul Guernieri, Pietro Pecchioli, Marcello Salvini, Roberto Mazzei, Alessandro Rangoni, Salvatore Scelfo e Giovanni Santi. Alla lodevole iniziativa hanno partecipato anche ciclisti di altre società ed un gruppo di persone al seguito. La comitiva arriverà nei più bei posti della Puglia, toccando luoghi come Molfetta, Matera, Alberobello e via dicendo. Per l’occasione sono stati organizzati incontri con la Caritas, la UISP e l’ARCI della Regione Puglia, sono stati visitati centri della Caritas dedicati ai meno fortunati senza tralasciare una doverosa visita ai luoghi di Padre Pio. Così facendo, la sezione ciclismo della Polisportiva San Quirico continua la sua attività di passione per questo sport e di amicizia tra i suoi tesserati diffondendo allo stesso tempo i valori di pace e solidarietà ed amicizia tra i popoli. Responsabile della sezione è Alessandro Rangoni. Ginnastica per Anziani Disciplina non agonistica, la ginnastica per adulti della Polisportiva S. Quirico ha rappresentato da sempre uno dei corsi più importanti svolti nel nostro Quartiere, diventando negli anni un vero e proprio punto di riferimento per coloro che hanno l’esigenza di fare sport divertendosi, scoprendo magari nuove amicizie, dando un forte segnale da parte della Polisportiva agli abitanti del Quartiere, un segnale ricreativo e sociale, offrendo la possibilità ad un folto gruppo di persone di seguire un programma organizzato e gestito da istruttori qualificati. Dopo alcuni anni di assenza, dalla prossima stagione, il corso di ginnastica adulti sarà di nuovo organizzato dalla Polisportiva San Quirico che si avvarrà della collaborazione di validi istruttori della UISP di Firenze. Pallavolo Questa disciplina ha rappresentato per anni per la Polisportiva S. Quirico un notevole movimento di giovani che hanno militato nelle nostre squadre femminili di pallavolo, riportando svariati successi a tutti i livelli, provinciale, regionale e nazionale. Presenti fin dal 1972 con la squadra femminile maggiore, la nostra Polisportiva ha iniziato negli anni successivi la leva a livello giovanile. Difatti, nell’anno 1975 il Presidente della Polisportiva San Quirico Aleandro Falorsi ed i Consiglieri Massimo Checcucci, Daniele Cespugli e Sergio Sermanni, decisero, in accordo con il Consiglio della Casa del Popolo ed in collaborazione con la scuola “Don Milani” di Piazza Carlo Dolci, di iniziare dei corsi di avviamento alla pallavolo femminile. I corsi erano composti da bambine dai sei ai dieci anni per l’avviamento della pallavolo e venivano gestiti da insegnanti ISEF per garantire una sicurezza per i genitori che affidavano le loro bambine alla Polisportiva. Nel corso degli anni la Pallavolo San Quirico raggiunse dei buoni risultati sia sotto il profilo sportivo che di aggregazione, disputando ottimi campionati sia UISP che FIPAV senza mai per- L’attualità e la storia dere l’obbiettivo più importante ovvero l’aggregazione delle ragazze allo sport evitando loro altre cattive esperienze. Questa intensa attività ha permesso alla pallavolo San Quirico di primeggiare a livello provinciale e regionale nei vari campionati, ottenendo importanti risultati come. Da ricordare la conquista di 2 Campionati Italiani Under 14 e Under 18, 2 Campionati Regionali Under 14 e Under 15, 6 Campionati Provinciali Under 14, Under 16 e Under 18, 3a classificata Campionato Provinciale UISP ragazze, 4a classificata Campionato Mini Volley UISP, partecipazione femminile alla Serie D FIPAV dall’anno 1984 al 1990. Poi, nel corso dell’anno 1995, a seguito di divergenze tecniche, questa disciplina subisce una notevole riduzione. Tuttavia, pur ridotta, la nostra sezione rimane comunque una delle più importanti dell’intero panorama toscano, grazie anche ai brillanti risultati ottenuti dalla nostre squadre, sotto la sapiente guida degli allenatori Lorenzo De Majo e Alessandra Di Pasquale, gestiti brillantemente dal passionale dirigente Palmarino Vaddinelli, sotto la supervisione dell’allora responsabile della sezione, Giovanni Santi. E, a partire dall’anno 1998, la Pallavolo San Quirico ha avuto un notevole sviluppo sia come struttura societaria sia come numero di atleti, grazie anche all’apporto tecnico-dirigenziale delle valide allenatrici Lucia Ricciardi di Gaudesi, di Alessandra Amato e di Fabio Meschini. Nel 1998 la realtà societaria era costituita da una squadra di mini volley e di una squadra Under 14: Allo stato attuale l’organico è composto dalle squadre: Scuola Volley, Under 13, Under 16, Master, Amatori-Misto (maschile e femminile). Lo spirito che ci contraddistingue è quello di promuovere lo sport per i giovani e per gli adulti, cercando di diffondere i valori sportivi, ovvero intendere lo sport come: a) strumento educativo utile ad accrescere il coinvolgimento dei giovani, aiutandoli ad identificare le loro capacità ed i loro limiti, a superare le difficoltà alle quali sono confrontati nella vita di tutti i giorni e, pertanto, a raggiungere i loro obbiettivi autonomamente; b) veicolo di socializzazione, quale promotore di principi democratici attraverso la diffusione dei valori della solidarietà, del rispetto degli altri, della partecipazione; c) veicolo di tolleranza, di accettazione e rispetto nei confronti della diversità di culture ed etnie. Conciliando questi principi, abbiamo anche ottenuto risultati soddisfacenti sotto il profilo agonistico, partecipando per cinque anni consecutivi alle finali nazionali UISP di pallavolo, con squadre appartenenti a diverse categorie. La nostra squadra Under 12 si è classificata al terzo posto nel campionato provinciale UISP 2005. Il settore pallavolo si è anche contraddistinto per la sua attività di solidarietà, organizzando nell’anno 2004 un torneo di pallavolo femminile con la squadra volley del carcere di Sollicciano e nel mese di settembre 2005 il primo torneo di pallavolo misto “Careggi e Non” formato da squadre composte prevalentemente da operatori sanitari del Policlinico di Careggi, il cui incasso sarà devoluto all’A.D.M.O. (Associazione Donatori Midollo Osseo). Pesca e Surf Casting A dimostrazione della totale apertura “sociale” della Polisportiva S. Quirico, dal marzo 1996 41 La storia cammina nel futuro una nuova disciplina è entrata a far parte della nostra organizzazione, la pesca e surfcasting. Con questo ingresso, si ricrea dopo alcuni anni di assenza, la sezione pesca della nostra Polisportiva, già presente negli anni passati all’interno della nostra Associazione. La disciplina, è divisa in due settori: “pesca” in acque interne e “surfcasting” in acque marine, la specialità presente nella polisportiva. La sezione pesca partecipa a numerose manifestazioni organizzate sul fiume Arno. Il gruppo “surfcasting”, nato da 4 anni, ha al suo attivo il campionato provinciale individuale e per società degli ultimi due anni, 1995 e 1996, acquisendo il diritto a partecipare ai Campionati Italiani individuali e per società che si sono svolti, per la categoria individuale, nel 1995 ad Orosei e nel 1996 a Montalto di Castro, mentre i campionati per Società si sono svolti nel 1995 ad Agrigento e nel 1996 a Cagliari. Questa Sezione ha nella persona di Roberto Gironi il responsabile, coadiuvato da Marco Ruisi. L’attualità e la storia Le radici ed il percorso storico della Società di Mutua Assistenza fra gli Operai in San Quirico nei primi anni di vita (1885/1922) Luciano Senatori centro studi e documentazioni arci firenze L’Associazione Casa del Popolo Fratelli Taddei di San Quirico a Legnaia affonda le sue radici nella storia del movimento associativo popolare e democratico del nostro paese. L’origine è lontana. Sono passati più di centoventi anni da, quando alcuni cittadini della frazione di San Quirico a Legnaia costituirono la Società di Mutua Assistenza. Alla fine del XIX secolo l’area attraversata dalla “Strada Règia postale Livornese o Pisana”, formata dalle frazioni del Pignone, Monticelli, Legnaia, Soffiano, San Quirico, San Giusto, Santa Maria, San Bartolo a Cintoia, Ponte a Greve e Sollicciano, veniva definita suburbio fiorentino, un’area attigua alla città, ma non ancora periferia, caratterizzata da un sistema economico misto basato su attività agricole, artigianali, piccole industrie manifatturiere e commerci. L’agricoltura era contraddistinta dalla conduzione mezzadrile ma, data la peculiarità delle colture, vi erano anche molti coltivatori diretti, insieme ai poderi dati in affitto ed era basata su due segmenti produttivi: quello dei legumi, cereali e foraggio e quello della frutta e verdura di qualità destinata al mercato di Firenze. Era abbastanza diffuso anche l’allevamento del bestiame sia da cortile (polli e conigli), che per la macellazione e per il lavoro. Il tracciato della via Pisana era tra i più urbanizzati ed i borghi di Monticelli, Legnaia, San Quirico erano caratterizzati da una attività artigianale abbastanza consistente soprattutto legata alla lavorazione del legno, bottai, carradori, segatori e legnaioli in genere, affiancati da altre attività artigianali come quelle della lavorazione della paglia. Dalla metà dell’ottocento in questa area sorgono le prime fabbriche che segnavano l’affacciarsi della prima civiltà industriale. La fonderia del Pignone, il “Fornacione”, la vetreria di Legnaia, l’opificio Campolmi, sono alcuni esempi del cambiamento del modo di produrre e diverranno presto i luoghi 43 La storia cammina nel futuro dove si formerà la classe operaia industriale. Dal 1880 al 1885 lungo la via Pisana venne costruita la linea del “Tramway” a vapore che conduceva da Firenze a Lastra a Signa ed affiancava il servizio di diligenza, sempre sulla via Pisana, per Scandicci – Vingone e in direzione Pignone, Monticelli, Legnaia, Soffiano, San Giusto , Santa Maria, San Bartolo a Cintoia, Ponte a Greve e Sollicciano. Le condizioni economiche degli abitanti erano in generale di miseria, migliori quelle degli impiegati e dei piccoli proprietari. Lo stato economico di ogni individuo residente a San Quirico, come in altre zone, veniva censito con le seguenti categorie : “povero, miserevole o benestante”. Dal 1855 al 1865 Firenze e dintorni fu colpita da due epidemie di colera, con migliaia di morti. E’ in questa situazione socio economica che nasce la Società di Mutua Assistenza. Il primo Statuto pubblicato il 1° gennaio 1902 all’articolo 1 recita testualmente: “Fin dal 1 Febbraio 1885 è costituita in San Quirico a Legnaia comune di Firenze, una Società di Mutua Assistenza la quale porta per titolo Società di Mutua Assistenza fra gli Operai in San Quirico e si compone di un numero indefinito di Soci.” Le testimonianze raccolte concordano nell’affermare che la Società era già stata costituita fin dal 1883 con sede nell’appartamento di via Pisana, concesso in uso dalla famiglia Panattoni, situato di fronte alla attuale casa del popolo. Tuttavia il primo embrione della Società risale al 12 novembre del 1882; Società finalizzata all’organizzazione di una gita di piacere in “un giorno festivo della prossima estate”. La Società doveva rimanere in vita il tempo “necessario per aggiungere la somma sufficiente alla spesa della gita suddetta”. Nel 1902 il Presidente era Attilio Susini e il vice Ottavio Bellini, mentre ricoprivano le altre cariche: Alfredo Cappelli segretario; Ferdinando Cellini cassiere, e Serafino Frullini provveditore. La Società di San Quirico iniziò la sua attività nella fase in cui, l’associazionismo popolare, laico e cattolico, si stava affermando come la forma sociale e partecipativa più importante dei lavoratori. Nelle frazioni del Comune di Firenze, sulla riva sinistra dell’Arno, dal Pignone fino ad Ugnano, dal 1878 al 1908 vennero costituite ben 35 società di mutuo soccorso e assistenza, unioni operaie e professionali, corpi musicali, filodrammatiche, corali, società di ginnastica e club sportivi, cooperative di consumo e agricole, alcune di queste a San Quirico o in zone vicine come la Società Filarmonica di San Quirico a Legnaia (1883), il club sportivo Audax, poi Circolo la Pace di San Quirico, la Società corale fra gli operai di Legnaia (1883), la Coop di consumo fra gli operai di Legnaia (1903) e quella fra gli operai di San Quirico (1891), l’Unione professionale cattolica fra gli agricoltori di Legnaia (1903), la Cooperativa agricola di Legnaia (1908), la Società di Mutuo Soccorso cattolica operaia di San Quirico (1902). Tale processo di crescita associativa si basava su alcuni presupposti di fondo: - la libertà di riunione stabilità per la prima volta con lo Statuto albertino alla metà dell’800 e la conquista della libertà di associazione con l’abrogazione degli articoli 483 e 486 del Codice Penale; - le profonde modificazioni economiche e sociali conseguenti alla formazione dello Stato unitario; L’attualità e la storia - l’aumento notevole dei lavoratori impegnati in attività produttive e di servizio, e la loro graduale presa di coscienza con la conseguente crescita della combattività e lo sviluppo dello spirito associativo; - le contraddizioni ed i contrasti inevitabili conseguenti allo sviluppo socio economico tra le classi dirigenti e padronali da una parte e la massa dei cittadini dall’altra, dove erano largamente diffuse miseria, malattie, pessime condizioni igienico sanitarie ed analfabetismo; - la risposta autonoma, attiva e positiva in difesa dei lavoratori, soprattutto degli operai, alla totale assenza dello Stato a livello di assistenza e previdenza ed al basso profilo delle istituzioni scolastiche e sanitarie. La frazione di San Quirico a Legnaia, annessa al Comune di Firenze, dopo la soppressione della Comunità di Legnaia, risentiva della situazione generale del Paese con alcune contraddizioni in più dovute alla particolare posizione sul territorio ed allo sviluppo urbanistico. San Quirico era un piccolo centro abitato da operai, contadini, qualche addetto ai servizi, insieme con artigiani e commercianti che formavano il “ceto medio” di quel periodo. Le condizioni materiali della classe operaia e dei contadini erano pessime. L’orario di lavoro, fino alla fine del XIX secolo, salvo alcune eccezioni, non era mai inferiore alle dodici ore giornaliere: dall’alba al tramonto. Il salario oscillava da una a due lire al giorno senza nessuna forma previdenziale e assistenziale, il lavoro mezzadrile veniva compensato con la metà (ma non sempre era la metà effettiva) del prodotto realizzato. Artigiani e commercianti avevano un reddito maggiore secondo le loro capacità; solo alcune categorie come i funzionari, gli impiegati pubblici e di banca (ma di questi pochi erano residenti nelle frazioni di periferia), riscuotevano salari più cospicui. Famosa, a questo proposito, una citazione di Carlo Lorenzini, l’autore di “Pinocchio”: “Un copista regio con cento lire al mese era braccato e corteggiato da tutte le mamme che avevano figliole da maritare.” I salariati oltre ad essere mal pagati erano costantemente impegnati in lavori duri e massacranti data la scarsità di macchine sia nelle industrie che nei cantieri edili. Una parte notevole del tempo di vita complessivo era impiegata nel lavoro necessario per produrre risorse materiali per la sopravvivenza individuale e delle loro famiglie. Precario era il livello sanitario con notevoli e diffuse malattie endemiche. Basso era il livello di istruzione: all’inizio del ‘900 nell’area di Legnaia, San Quirico, Ponte a Greve gli analfabeti erano stimati intorno al 30%, in altre zone della provincia di Firenze raggiungevano oltre la metà della popolazione, in altre parti della Toscana fino all’80%. Questo era lo scenario in cui si svilupparono le Società di Mutuo Soccorso e le altre associazioni popolari, promosse nella prima fase dalla borghesia e dai ceti moderati. Esse svolgevano essenzialmente attività di assistenza, beneficenza e mutualità. Nella prima fase furono influenzate dalla ideologia borghese che tentava, talvolta riuscendovi, di affratellare benestanti e lavoratori, per ammortizzare le nascenti lotte sociali contro l’ingiustizia. Svolsero un ruolo positivo di educazione civica per distogliere dalle bettole e dalle bische i lavoratori abbrutiti dal lavoro. Nel libro di Elio Conti del 1950 “le origini del so45 La storia cammina nel futuro cialismo a Firenze” si legge: “La classe dominante, le concepiva come uno dei metodi intelligenti di fare beneficenza, raggiungendo il duplice scopo di allontanare gli operai dalle agitazioni politiche, e di attenuare i contrasti di classe.” Anche la Società di Mutua Assistenza di San Quirico prese vita con quelle caratteristiche e non poteva essere diversamente. La lettura del primo Statuto ne è la prova certa: Nel primo articolo, già citato, erano fissati gli scopi: “1° Dare un sussidio giornaliero ai Soci ammalati. 2° Assistere durante la notte i medesimi quando la gravità della loro malattia lo richieda purché sia riconosciuta dal medico.” Si trattava di una vera e propria cassa mutua malattia tra i soci, così come risulta chiaramente dalle regole societarie. Nel secondo articolo erano indicate le caratteristiche generali: “La Società non ha scopo né politico né religioso.” cioè quei principi della apoliticità e della neutralità predicati dalla impostazione borghese e moderata dell’associazionismo popolare. Nel caso specifico i promotori erano certamente di cultura laica. Tuttavia il ruolo della Società, come avvenne in tutte le altre Mutuo Soccorso, risultò comunque positivo e gradualmente negli anni, come vedremo successivamente, venne superata l’apoliticità e si formarono correnti di pensiero repubblicane, socialiste e anarchiche. Fino all’inizio del ‘900 l’attività della Società seguì le finalità e le indicazioni statutarie che vale la pena ricordare. Per prima cosa occorre porre l’accento sull’ambito territoriale in cui agiva, molto più ampio della frazione di San Quirico. Potevano associarsi e godere dei diritti di assistenza i cittadini residenti nelle frazioni: Pignone, Monticelli, Legnaia, Soffiano, San Giusto , Santa Maria, San Bartolo a Cintoia, Ponte a Greve e Sollicciano. Inoltre, potevano associarsi anche chi abitava fuori dalle frazioni indicate, senza il diritto all’Assistenza notturna. Per essere ammessi nel corpo sociale era necessario pagare una tassa d’ammissione (così veniva definita nello Statuto) per fasce di età nella misura che segue: da 17 a 24 anni lire 1,50 in 3 rate settimanali consecutive: 50 centesimi la settimana da 25 a 29 anni lire 3,00 in 4 rate settimanali consecutive: 75 centesimi la settimana da 30 a 34 anni lire 4,50 in 6 rate settimanali consecutive: 75 centesimi la settimana da 35 a 39 anni lire 8,00 in 10 rate settimanali consecutive: 80 centesimi la settimana da 40 a 45 anni lire 10,00 in 15 rate settimanali consecutive: 66 centesimi la settimana Oltre la tassa d’ammissione ogni socio, indipendentemente dall’età, doveva versare la tassa settimanale di 25 centesimi. In totale ogni Socio doveva versare secondo la fascia di appartenenza da 14,5 a 23 lire ogni anno, cifra apparentemente esigua, ma non tale rispetto alle precarietà salariali dell’epoca. Questi erano i doveri pecuniari, insieme con altri morali e disciplinari, rispetto ai quali i soci L’attualità e la storia avevano diritti precisi e regolati, tra i quali il più significativo quello della corresponsione, da parte della Società, della sovvenzione giornaliera di lire 1,50 per i primi 90 giorni di malattia, di 80 centesimi per i successivi 90 giorni, di 50 centesimi al giorno per tutto il rimanente periodo di malattia temporanea o definitiva. Non era riconosciuta sovvenzione alcuna ai Soci affetti da malattie derivanti da scostumatezza, ubriachezza e rissa. All’accertamento e certificazione della malattia erano preposti i “Medici sociali” incaricati dal Consiglio Direttivo della Società, i quali dovevano seguire una prassi molto rigida e minuziosa. Inoltre, il Consiglio Direttivo, nominava in forma segreta due Soci chiamati “Visitatori”, i quali rimanevano in carica per periodi di tempo molto brevi per essere sostituiti a rotazione da altri Soci. I visitatori avevano il compito di vigilare i Soci ammalati nelle ore che il Consiglio stesso riteneva opportune per “verificare lo stato dei malati nelle loro case a fine di impedire che la malattia venga simulata o protetta” ed in pari tempo controllare il rispetto degli orari di permanenza in casa prescritti dal medico curante. Nella sostanza il ruolo dei medici e dei visitatori aveva precorso i tempi rispetto alle regole che negli anni successivi verranno applicate dalle prime Casse Mutue statali. Dallo Statuto non si evince quale era la somma che era percepita dai medici, mentre tutte le altre attività erano svolte a livello di volontariato, salvo due eccezioni: l’Esattore sociale, che aveva l’incarico delle riscossioni delle tasse dovute dai Soci e quello del pagamento delle sovvenzioni ai Soci malati, veniva gratificato con 50 lire annue; i Soci che prestavano l’Assistenza notturna ai malati gravi, i quali “riceveranno, per cura della Società una tazza di caffé per ciascuno.” Nella Società vigeva il pieno rispetto umano dei Soci, fino al punto che al decesso “di un Socio il Locale Sociale resterà chiuso due giorni in segno di lutto” e tutti i Soci dovevano partecipare alle onoranze funebri al seguito della bandiera sociale. Una norma discriminatoria, prescriveva che “Il Socio analfabeta non può far parte del Consiglio Direttivo.” Per quanto riguardava le regole del governo della Società, lo Statuto stabiliva che “Il Corpo Sociale è il centro del potere Assoluto ed Esecutivo”, la democrazia guidava tutta la vita interna della Società basata su due capisaldi. Il primo relativo alle cariche sociali: “Tutte le elezioni si fanno a schede segrete, l’urna resterà aperta per otto giorni nel Locale Sociale.” Può sorprendere la lunghezza del periodo in cui rimaneva aperta l’urna per le votazioni, ma ciò dimostrava il rispetto dei Soci e la garanzia, anche con il tempo che era messo a loro disposizione, affinché tutti potessero accedere al voto. Il voto era considerato un diritto-dovere e coloro che non si recavano a votare dovevano pagare una multa di 30 centesimi. Mentre i Soci malati potevano delegare al voto un altro socio “purché mandino la scheda in busta chiusa.” Il secondo concernente il possibile conflitto d’interessi. Era, infatti, vietato il voto al “Socio che ha interesse diretto nell’affare in discussione; tale disposizione è applicabile anche ai componenti del Consiglio.” Soffermarsi su questi particolari può sembrare 47 La storia cammina nel futuro quasi superfluo, tuttavia dalle norme che regolavano la vita della Società si comprende come questa, di fatto, rappresentava una prima scuola di vita, di educazione civile e morale. E’ partendo da queste regole fondamentali morali e democratiche che in seguito le Società di Mutuo Soccorso poterono svolgere un ruolo ben più ampio di quello mutualistico e assistenziale. L’ impegno della Società non si esauriva nella assistenza e mutualità. Tra gli impegni stabiliti statutariamente vi era anche quello obbligatorio di organizzare ogni anno 12 conferenze storiche ed istruttive. Si trattava di un impegno pedagogico educativo cui si ispirò gran parte dell’associazionismo popolare. Per questo le Società diventarono le sedi più importanti dei lavoratori, dove si formarono e si diffusero i valori della solidarietà, della giustizia, della libertà. Erano scuole per l’istruzione e l’alfabetizzazione degli operai, si insegnava a leggere e scrivere necessari per poter ottenere il diritto di voto, ed anche, come abbiamo visto, per poter assumere incarichi direttivi all’interno della Società, venivano divulgate nozioni elementari della lingua italiana, di aritmetica, di storia, di economia sociale e di diritto istituzionale. Le Società svolsero anche il ruolo di centri d’informazione e comunicazione attraverso il rapporto personale diretto con i cittadini, utilizzando mezzi semplici come la parola, i primi volantini e opuscoli stampati, i primi giornali, in un crescendo che porterà in molti casi alla organizzazione delle prime biblioteche popolari. Non avendo reperita documentazione provante, ma per trasmissione di testimonianze orali, risulta abbastanza certo che anche nella Società di San Quirico, oltre alla attività assistenziale, venivano svolte attività sociali a carattere culturale, ricreativo e sportivo, accertata l’attività permanente ed organica del Corpo Corale costituito in seno alla stessa Società. Le modalità e le abitudini della Società erano quelle, così come tramandate, tipiche delle case del popolo e dei circoli, ricreativo-culturali. Il locale della Società di San Quirico era aperto tutti i giorni feriali da ottobre a marzo, dalle ore 20 alle 23; da aprile a settembre dalle 21 alle 23. Nelle domeniche e nei giorni festivi l’orario di apertura era anticipato alle ore 15 e la chiusura fissata per le 24. In quel locale, come accade anche ai nostri tempi, si giocava a carte e presumibilmente funzionava un bar. Ciò si desume dal fatto che il Consiglio Direttivo aveva al suo interno il Provveditore e che i premi per coloro che giocavano a carte consistevano in consumazioni. Soltanto i giochi di “tre setti” e “terzilio” si giocava di denaro fino ad un massimo di 50 centesimi. La Società era un luogo dove iniziava a formarsi l’associazionismo dei lavoratori, che andava ad occupare e sostituire spazi di ritrovo fino ad allora posti nelle canove, mescite di vini e bettole. Le migliaia di Società di Mutuo Soccorso o di Mutua Assistenza, (per l’esattezza nel 1904 se ne contavano 6.535 in Italia tra le quali 639 in Toscana), pur mantenendo ognuna la propria autonomia, convocavano regolarmente il loro congresso nazionale ogni anno o al massimo ogni due anni, nei quali le correnti di pensiero anarchiche, mazziniane e socialiste confrontavano vivacemente i loro punti di vista, ma tutti insieme avanzavano rivendicazioni e prese di posizione nei L’attualità e la storia confronti del Governo. E’ nel Congresso del 1860 che fu approvata la richiesta del suffragio elettorale universale, ed è organizzato dalle Società il primo sciopero generale, contro l’eccessivo peso delle tasse, organizzato a Bologna dal 14 al 18 aprile 1868. Sempre nei Congressi delle S.M.S. fu rivendicata l’istituzione della Assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro, successivamente approvata dal Governo nel 1898, così come la istituzione della Cassa nazionale di maternità, la Cassa mutua malattie e l’Istituto di previdenza per le pensioni, approvati dai Governi molti anni dopo. Da quel crogiuolo d’idee, di fermenti sociali, di confronto politico e culturale, presero vita progressivamente importanti forme organizzate di associazionismo cooperativo, sindacale e politico. Nel 1887 fu costituita la Federazione nazionale delle Cooperative, nel 1891 la prima Camera del Lavoro sindacale, successivamente Confederazione Generale del Lavoro, nel 1892, a Genova, venne fondato il Partito Socialista Italiano. Gli ultimi anni dell’Ottocento furono segnati da una situazione politica e sociale molto grave, caratterizzati da sommosse, moti popolari, scioperi seguiti da feroci repressioni ed atti contro le libertà individuali e collettive. Il contrasto tra città e campagna, la carestia del 1897, ma soprattutto l’entrata sulla scena politica e sociale di nuovi soggetti attivi come la classe operaia determinano quasi ovunque conflitti sociali. In Toscana il quadro si presentava in modo drammatico. Nel Casentino ed in Valdelsa operai e contadini erano alla disperazione, nel pisano i braccianti protestavano per la mancanza di lavoro, a Firenze come a Siena oltre alla disoccupazione, l’aumento del prezzo del pane accentuavano la miseria. La risposta era immediata: scioperi, tumulti e proteste popolari, tra questi nel 1896 i tre giorni di sciopero dei 500 minatori di Castelnuovo dei Sabbioni, nel 1898 l’assalto della folla inferocita ai magazzini di frumento di Figline Valdarno ed i tumulti di piazza di Borgo San Lorenzo e Sesto Fiorentino dove vi furono 4 morti e 10 feriti causati dai carabinieri che spararono sui manifestanti. Tutta la provincia di Firenze divenne teatro di proteste forti con la distruzione di caselli del dazio, assalto ai forni del pane, devastazioni ed incendi. Particolare lo sciopero delle “trecciaiole” di Brozzi che si estese a tutta la provincia di Firenze e interessò direttamente l’area di Legnaia e San Quirico. Il lavoro delle trecciaiole era basato sull’arte di intrecciare la paglia di grano per fabbricare cappelli: i famosi cappelli di paglia di Firenze. Era lavoro a domicilio procurato dai cosiddetti “fattorini”, intermediari tra le fabbriche di cappelli di Signa e le lavoranti. Le trecciaiole venivano sfruttate due volte: dai fabbricanti e dai fattorini. Il loro salario di fame oscillava tra i 10 ed i 20 centesimi al giorno appena sufficienti per comprare mezzo chilo di pane. Inutile porre l’accento sul ruolo fondamentale svolto in quella occasione dalle Società di Mutuo Soccorso e Assistenza della zone a sostegno delle lotte e delle rivendicazioni dei salariati. L’impegno ed i sacrifici di quegli anni non furono vanni. Dallo scontro sociale, con l’evolversi del lavoro industriale, gradualmente si modificarono le 49 La storia cammina nel futuro condizioni sociali. Le lotte e le rivendicazioni dei lavoratori approdarono ad alcuni risultati significativi come gli aumenti salariali ed alcune prime e timide conquiste di Stato sociale. Nei primi anni del novecento per il movimento associativo inizia la fase di un primo cambiamento. Da una parte, con la costituzione del movimento cooperativo, del sindacato e del partito socialista, la vita politica e sociale si articola attraverso l’impegno di più soggetti interessati a sostenere i diritti e le cause dei lavoratori; dall’altra il movimento associativo, pur rimanendo impegnato ancora per alcuni anni nel compito originario della mutualità ed assistenza, viene a perdere quel ruolo man mano che lo Stato, accogliendo le rivendicazioni dello stesso movimento associativo da vita ad istituti di assistenza, mutualità e previdenza. Inevitabilmente per le S.M.S. e simili viene ad accentuarsi il ruolo associativo a carattere ricreativo e culturale, ma è dal contatto associativo con i soci ed i cittadini che nascono nuove forme d’iniziativa sociale volte ad affrontare problematiche nuove legate alla risoluzione di problemi locali. E’ del 1901 la rivendicazione di una nuova scuola, come la richiesta del 1909 per fare arrivare la rete dell’acqua potabile fino a San Quirico. E’ la sede della Società il punto di riferimento dei cittadini, il luogo fisico dove si incontrano e dove organizzano concretamente e coordinano l’azione di sollecitazione rivolta al Comune di Firenze. E’ questa una esperienza che si tramanderà nel tempo e verrà recuperata subito dopo la Liberazione dalla dittatura fascista. In questi anni crescono le esigenze della Società ed è il 1907 l’anno di inaugurazione della nuova sede in via Pisana, (quella tutt’ora esistente), sede costruita con il lavoro volontario dei Soci. Negli anni che precedono la prima guerra mondiale le attività delle S.M.S. e quelle del partito socialista si compenetrano sempre più ed anche nella sede della Società di San Quirico si insediò una sezione di partito, l’attività della quale influenzò inevitabilmente il carattere e l’iniziativa della Società. Alla vigilia della guerra all’interno della Società si formò il “Club Sportivo Audax”, gruppo ciclistico aderente all’organizzazione nazionale Audax. L’Audax era conosciuta in Italia per le manifestazioni ciclistiche che organizzava caratterizzate dalla lunghezza dei percorsi più che alle competizioni ciclistiche tradizionali. Un ciclista era ammesso all’Audax se era in grado di percorrere almeno 200 chilometri: ad esempio la Firenze – Roma era una classica Audax. Ciclisti forti e resistenti che utilizzavano biciclette di basso livello tecnologico percorrendo strade per la gran parte ancora non asfaltate, fatte salve le grandi arterie nazionali. Ed è proprio l’influenza politica del partito socialista che determino nel 1919 a guerra finita il cambiamento di nome del Club Sportivo Audax in “Circolo La Pace”. La prima guerra mondiale (1915/1918) rallentò notevolmente lo sviluppo del movimento associativo e ne limitò le attività. I sodalizi erano quasi tutti diretti e frequentati da uomini, salvo rare eccezioni, e come sappiamo gli uomini di età superiore ai 18 anni erano tutti impegnati sui fronti di guerra o comunque in servizio militare. La sede della Società di San Quirico, come quella di Legnaia, in quegli anni venne utilizzata in modo originale per finalità non associative. Nella pubblicazione: “Quelli del Circolo quelli della L’attualità e la storia Cooperativa”, curata da Alessandro Del Conte si legge che nei locali della S.M.S di Legnaia “fu impiantato un <Calzaturificio italo-americano>, che probabilmente fu uno dei tanti piccoli ed improvvisati laboratori per produrre vestiario organizzati un po’ in tutta l’Italia dalla Croce Rossa Americana a partire dal 1917 e in cui furono impiegati profughi e familiari di richiamati, in gran parte donne. (iniziative analoghe furono organizzate anche nei locali della S.M.S. di S. Quirico).” La testimonianza di un vecchio socio di San Quirico racconta che i locali della Società, dopo le opportune ristrutturazioni, furono adibiti ad ospedale militare, anche questo gestito dalla Croce Rossa Americana. Diversi ed opposti i risultati conclusivi delle due esperienze: la S.M.S. di Legnaia incontrò molte difficoltà a riprendere la normale attività sociale per i danni subiti dalla sede; la Società di San Quirico riprese le attività ed in occasione della riconsegna dei locali, gli americani, dichiararono la propria disponibilità ad acquistare, per conto della Società, il terreno che si estendeva dalla sede sociale fino a via Lunga. L’offerta non fu accolta in quanto i Soci la ritenevano troppo impegnativa. Con la ripresa delle attività la Società venne titolata a “Ugo Corsi”, un socio caduto in guerra. Alla fine del 1918 l’Italia fu inevitabilmente colpita da una grave crisi economica e sociale. Il ritorno dei reduci dal fronte di guerra con migliaia di feriti e malati; la riconversione di molte industrie dalla produzione militare a quella civile; la disoccupazione di massa, crearono problemi enormi nello Stato e nella società. I ceti medi ed i lavoratori dipendenti a reddito fisso, furono particolarmente colpiti e danneggiati dall’inflazione causata dalle enormi spese militari sostenute. A questo si doveva aggiungere le risposte negative alle rivendicazioni operaie con il conseguente mancato aumento degli stipendi. In questa fase maturò il profondo cambiamento politico e dell’assetto statale. La fondazione dei “fasci di combattimento”, avvenuta a Milano nel marzo del 1919, di fatto rappresentò il primo passo di quel percorso che portò in pochi anni al regime dittatoriale fascista. Tra il 1919 ed il 1920, esplose una conflittualità sociale fino ad allora mai registrata. La classe operaia, a seguito di risposte negative rispetto a rivendicazioni salariali mise in atto una serie di forti e consistenti scioperi, agitazioni e dimostrazioni in quasi tutte le fabbriche. Agli scioperi si aggiunsero le manifestazioni di chiaro contenuto politico influenzate dall’esito positivo della rivoluzione bolscevica. Di rilievo anche le manifestazioni di rabbia e scontento popolare svoltesi nella zona di Legnaia, Ponte a Greve, San Bartolo a Cintoia e le Torri. A questo proposito nel libro già citato di Alessandro Del Conte si legge: “La mobilitazione assunse subito la forma di una diffusa e capillare opera di requisizione dei generi di prima necessità, di imposizione di vendite a prezzi fortemente ridotti, di veri e propri saccheggi di negozi, magazzini e fattorie (come a <Le Torri>, dove il 3 luglio un migliaio di persone svuotarono i magazzini dell’omonima fattoria), ad opera di gruppi formati da centinaia o anche migliaia di persone, spesso guidate da militanti socialisti o da capi popolo improvvisati. Per tre giorni il popolo di Firenze 51 La storia cammina nel futuro impose così la propria <legalità> contro le speculazioni e gli affamatori, si scontrò con le forze dell’ordine, pagò un duro prezzo alla repressione (circa 1.400 arresti e 2 morti).” Il movimento associativo e cooperativo era partecipe della protesta e “Non a caso tante S.M.S. si trasformarono in depositi per le merci requisite, mentre le cooperative di consumo furono spesso gli unici magazzini di generi primari risparmiati dai saccheggi.” L’ondata di proteste e scioperi preoccuparono i ceti industriali ed i possidenti agricoli, i quali detenevano parte delle ricchezze del paese, rispetto ad una possibile rivoluzione comunista. Questo, insieme alla cronica indecisione dei governi liberali, all’atteggiamento passivo di gran parte del clero e delle organizzazioni sociali cattoliche, crearono le condizioni ed aprirono la strada al fascismo. La dittatura fascista e la trasformazione della Società in Casa del Fascio (1922/1944) Inizialmente il fascismo operò in forma minoritaria e marginale caratterizzandosi con azioni di violenza e sopraffazione messe in atto dalle “squadre d’azione” attraverso vere e proprie spedizioni punitive, spesso appoggiate dall’esercito e dalla polizia, contro le Società di Mutuo Soccorso, Case del Popolo, Circoli ricreativi e culturali, Cooperative, Camere del Lavoro, sezioni del partito Socialista, Amministrazioni comunali definite “rosse”. La sottovalutazione del fenomeno da parte delle forze politiche liberali al governo del paese, il cedimento della monarchia e la passività della chiesa cattolica e del clero aprirono la strada al processo di fascistizzazione ed al conseguente regime dittatoriale. A tale processo non poteva sfuggire il movimento associativo, compreso quello di matrice cattolica, anzi il fascismo individuò nell’associazionismo uno dei punti fondamentali da cui partire per imporre il proprio potere. Il regime fascista usò tutti i mezzi a sua disposizione per “attaccare”, far chiudere e trasformare in “case del fascio” le S.M.S., Case del Popolo e Circoli. Dalla propaganda denigratoria, attraverso la quale si tenta di far passare nell’opinione pubblica l’idea che i sodalizi democratici sono centri di menzogna, vizio, odio, delinquenza e diserzione, all’uso della violenza e del terrorismo attuato attraverso attentati, vessazioni e intimidazioni personali, saccheggi, distruzioni e incendi delle sedi, con risultati drammatici: danni materiali enormi, morti, feriti e contusi. La connivenza degli apparati statali (magistratura, polizia, carabinieri ed esercito) facilitò l’espulsione dei lavoratori dalle loro sedi delle quali erano i legittimi proprietari. Queste azioni, i vari luoghi d’Italia, raggiunsero limiti incredibili come nel febbraio 1921, quando l’Esercito Regio intervenne utilizzando l’artiglieria leggera, come si legge in un articolo apparso su il giornale <La Nazione> sotto il titolo <Il moto insurrezionale di Scandicci domato dall’artiglieria>: “un pezzo da 75 è stato trasportato nella strada dove ha sede la Società di Mutuo Soccorso, ed ha colpito in pieno il locale, danneggiato il tetto, la sala da ballo ed il buffet.” Nonostante questi episodi e tutti i tentativi posti in essere per sciogliere ed impadronirsi dei sodalizi associativi popolari, la resistenza all’occupazione ed al passaggio di proprietà obbligato continua L’attualità e la storia e si esprime in forme e modi diversi secondo le condizioni locali, le capacità delle forze democratiche, la determinazione delle locali sezioni del partito fascista. In alcuni casi per impedire la trasformazione in “casa del fascio” o l’integrazione nel “Dopolavoro” fascista, istituito dal regime per controllare l’associazionismo di fabbrica e territoriale, i sodalizi si autotrasformano, con regolari atti notarili, in Società Anonime. Ogni forma di resistenza, se non abilmente mascherata, venne troncata definitivamente con leggi eccezionali del 1926 che abolirono tutte le libertà individuali e collettive. Nella zona di Legnaia il fascismo si atteggiò in modo difforme nei confronti delle Mutuo Soccorso. Mentre quella di Legnaia, occupata con la forza e sciolta per legge nel 1926, diventò la sede del Gruppo Rionale Fascista “Guido Fiorini”, uno dei più importanti ed agguerriti gruppi di Firenze, la Società di San Quirico non venne trasformata in “casa del fascio”. Per l’opposizione interna iniziata fin dal 1922, sia per il ricorso a vie legali e cavilli burocratici, la fascistizzazione della Società di San Quirico avvenne solo nel 1928 con la sua trasformazione in “Dopolavoro”. Rimase il nome “Ugo Corsi”, diversamente da altre, che invece vennero titolate a martiri o eroi fascisti. Evidentemente la scelta dei fascisti di concentrare il ruolo direzionale e di controllo della zona nella sede di Legnaia lasciò San Quirico ai margini, in ombra, rispetto alle decisioni della direzione rionale del partito fascista, che comprendeva tutti i borghi e le frazioni che andavano da Monticelli a S. Quirico, da Soffiano a Cintoia. E’ bene ricordare che al fiduciario del fascio di Legnaia facevano capo tutte le organizzazioni di massa (G.I.L., fascio femminile, massaie rurali, ecc.) e le innumerevoli attività di propaganda, assistenziali, sportive , ricreative. Tutta la popolazione della frazione ed i soci continuavano a chiamare “Società” la sede dove abitualmente si ritrovavano, così come chiamavano “Circolino” la vicina Società di Mutuo Soccorso cattolica operaia di San Quirico nata nel 1902. Nella Società di San Quirico era permesso tacitamente a vecchi e riconosciuti antifascisti di frequentare e lavorare nel sodalizio. Testimonianze ricordano Ruggero Berlincioni un antifascista, ritornato dopo alcuni anni nel quartiere, impegnato come barista del circolo. E’ dello stesso Berlincioni la tessera del “Soccorso Rosso Internazionale – sezione italiana del 1924/1925”, ritrovata nella sede del circolo, la dimostrazione dell’esistenza di attività certamente non gradite al regime. Il Soccorso rosso raccoglieva fondi per sostenere le vittime della repressione fascista, per aiutare i figli dei perseguitati politici. Dal 1930 alla Liberazione nella Società venne svolta attività cinematografica, tradizione culturale caratteristica del sodalizio di San Quirico rimasta viva fino ai nostri giorni, mentre negli anni dal 1937 al 1940 ripresero i concerti della Corale “Giuseppe Verdi”, con alcune esibizioni in concerti dell’EIAR ente radiofonico nazionale, oggi RAI (Radio Televisione Italiana). Questa attività, e non se ne conoscono le ragioni, non fu ripresa dopo la fine della seconda guerra mondiale. Gli ultimi anni prima della Liberazione sono segnati dagli eventi della seconda guerra mondiale. L’alleanza del fascismo con il nazismo e la conseguente occupazione tedesca dell’Italia, la lotta clandestina delle forze antifasciste, lo sbarco 53 La storia cammina nel futuro e l’occupazione della Sicilia da parte degli eserciti anglo americani, la caduta del fascismo (25 luglio 1943), la costituzione della Repubblica Sociale di Salò come ultimo tentativo di ricostituzione del fascismo, l’organizzazione delle formazioni partigiane e la lotta di Liberazione. Dopo la Liberazione la Società si trasforma in “Associazione Casa del Popolo Fratelli Taddei” (1944/1957) Nel 1944 l’Italia era tutto un campo di battaglia, le truppe “alleate” avanzavano da sud verso il nord ed incontravano una forte resistenza tedesca, i fascisti ed i tedeschi dovevano misurarsi con le prime forme di resistenza e con le formazioni partigiane. Molti gli scontri, tante le rappresaglie nazi-fasciste contro le popolazioni inermi. Non c’è angolo del nostro paese dove non vi è stato un eccidio. Nella provincia di Firenze dal settembre del 1943 a quello del 1944, in quasi tutti i Comuni, vennero torturati e uccisi centinaia di cittadini inermi, tra i quali molte donne e bambini, altri catturati e deportati nei campi di concentramento nazisti. Alla fine di luglio del 1944 Firenze era stremata, ciò si evince dal rapporto del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale inviato in tale data al comando delle forze alleate, che avanzavano da Roma verso Firenze: “ Si porta a conoscenza la seguente relazione concernente la situazione della città di Firenze. Da notizie trapelanti dal Comando tedesco risulterebbe che ove gli alleati facessero un’avanzata unicamente frontale sulla città di Firenze dal lato sud, sarebbe loro intenzione difendere la città palmo a palmo, facendo particolarmente barricare le strade che danno accesso ai ponti della zona centrale. Attualmente trovasi in Firenze, circa cinquecentomila persone, cioè il doppio della popolazione normale; fra queste un enorme quantità si sono rifugiate in città perché dovute fuggire dalle circostanti campagne, razziate e saccheggiate dalle truppe tedesche in ritirata. Le condizioni sanitarie, alimentari ed economiche sono le seguenti: a) sono stati asportati quasi tutti gli impianti ospedalieri; difettano in modo assoluto medicamenti e ferri chirurgici; si verifica già qualche caso di tifo, dovuto alla ridotta erogazione dell’acqua potabile ed alla scarsa rimozione delle immondizie della città; b) le scarse provviste alimentari sono ormai ridotte agli estremi ed in questi giorni vengono a difettare anche i rifornimenti di frutta e verdure che erano affluiti negli ultimi giorni nella città; particolarmente le categorie meno abbienti e i bambini risentono gravemente di questa situazione. A proposito dei rifornimenti della farina per panificazione si fa presente che è stata approvvigionata dal Comando germanico limitatamente al fabbisogno giornaliero. Dato l’attuale inizio di sganciamento delle truppe germaniche si prevede che la città rimanga assolutamente senza pane; c) le truppe tedesche in questi ultimi tempi hanno asportato e distrutto tutto quanto possibile; in questi giorni sono in atto provvedimenti per asportare anche le opere d’arte. Gli impianti industriali, compresi quelli di alcuni servizi pubblici, sono in condizioni di non poter essere riattivati con le riserve cittadine per un tempo imprevisto. Sono stati distrutti anche i principali mulini. Per il momento il servizio idrico, pure ridotto, funziona, ma si prevede però che L’attualità e la storia sia distrutto al momento dello sganciamento. A causa delle distruzioni e asportazioni di cui sopra e che proseguono tuttora, si prevede debba risentirne grave disagio ogni strato della cittadinanza. Sia per la disoccupazione, sia per la mancanza di produzione di molti generi di necessità alla vita. Tutto quanto sopra esposto serve per far presente a codesto Comando l’assoluta urgenza e necessità di prendere tutti quei provvedimenti di carattere militare (che forse il Comando stesso avrà già studiato) tendenti ad evitare un attacco frontale alla città, che dovesse eventualmente portare ad un enorme aggravamento, con distruzioni, saccheggi e massacro della popolazione, della situazione. Il Comitato toscano di liberazione nazionale rimane a completa disposizione con tutti i suoi mezzi, servizi politici, amministrativi e militari, del Comando alleato e prega vivamente di stabilire un collegamento per una proficua collaborazione.” I primi giorni d’agosto del ’44 divennero determinanti per la liberazione di Firenze. Le truppe anglo – americane si avvicinavano da sud, contemporaneamente le varie formazioni partigiane dislocate nelle colline e nei dintorni iniziarono la marcia di avvicinamento alla città. Il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale stava per lanciare il segnale per l’insurrezione popolare preparata attraverso un lungo lavoro di propaganda clandestina. La notte tra il 3 ed il 4 agosto i tedeschi in ritirata minarono e distrussero tutti i ponti sull’Arno, fatta eccezione per il Ponte Vecchio intorno al quale ridussero in macerie diecine di antiche case torri e palazzi storici. Anche i ponti sulla Greve subirono la stessa sorte. Nella zona d’Oltrarno le organizzazioni clandestine e della resistenza operavano da alcuni mesi. Nel mese di marzo un gruppo di partigiani attaccò la casa del fascio di Legnaia ed un tram carico di fascisti in via Pisana. Altre operazioni di sabotaggio furono portate a termine dalle formazioni S.A.P. Sempre in questo periodo una parte di via Pisana venne colpita da uno dei bombardamenti aerei alleati, che si susseguivano oramai da alcuni mesi a partire dal 25 settembre del 1943. Finalmente il 4 agosto, insieme a quasi tutto l’Oltrarno, anche la zona di Legnaia e San Quirico fu liberata dai partigiani insieme alle truppe degli eserciti alleati. Ma la guerra non era finita, Firenze non era ancora liberata, altri lunghi giorni di scontri a fuoco attendevano soprattutto i partigiani che sopportarono il peso maggiore nel cacciare i tedeschi dalla città. Proprio il 4 agosto, come si evince dalla relazione del Colonnello Nello Piccoli, (del partito d’Azione - comandante militare del CTLN), reparti partigiani si scontrarono con alcuni reparti tedeschi al Ponte alla Carraia e al Ponte della Vittoria, nel tentativo, non riuscito, di impedire la distruzione degli stessi ponti. “ Altri scontri con i tedeschi avvengono al guado a monte dell’Isolotto nei quali lasciarono la vita diversi tedeschi, mentre i patrioti ebbero due feriti. In totale tra il Ponte della Vittoria ed Ugnano vennero neutralizzate 28 mine e rimosse 122.” Ed è proprio in quella azione di sminamento che persero la vita cinque giovani partigiani tra i quali due di San Quirico. In “Memorie della Resistenza”, Mario Pirricchi, commissario politico di un battaglione SAP d’Oltrarno, ricorda così quel- 55 La storia cammina nel futuro l’azione, riscontrata anche nella testimonianza di Otello Dolfi: “Quel giorno del 4 agosto, i ragazzi di Mantignano levarono 20 mine dall’acquedotto, l’ultima saltò e morirono 5 compagni: Ascanio Taddei, Gino Del Bene, Alfredo Marzolli, Gino Romoli e Alfredo Catarsi, altri rimasero feriti. L’acquedotto poté essere salvato, per aver tolto queste mine e Firenze poté avere l’acqua a breve scadenza. Fu salvato dalla distruzione anche il ponte di Mantignano, mentre non riuscimmo a salvare il Ponte della Vittoria.” E’ sempre la testimonianza di Otello Dolfi a ricordare che altri giovani partigiani di Legnaia e San Quirico morirono in montagna o nell’armata di liberazione, fra questi: Enzo Dolfi, Rino Cioni, Alfredo Della Bella, Enzo Sgrilli, Danilo Calvelli e Remo Ciapini. Ma in particolare devono essere ricordati i fratelli Taddei. In “Firenze est per la libertà”, Giovanni Frullini, combattente partigiano, ha scritto: “Un esempio di entusiasmo spontaneo fu offerto quella mattina (si tratta dell’12 agosto) anche da un uomo meno giovane, il direttore delle officine Galileo Ettore Gamondi, sceso in strada con un fucile per unirsi a un gruppo di giovani patrioti, che poi sopravanzò lungo la via Madonna della Tosse fino a precederli in via Berchet, dove cadde sotto il fuoco proveniente dalla ferrovia. Non lontano da lui caddero Giorgio e Rodolfo Taddei, il primo nell’impeto di attestarsi presso la spalletta del Mugnone, l’altro per soccorrere il fratello.” Il ricordo di Rodolfo è sempre vivo nelle testimonianze della moglie, Emma Cheloni, classe 1919, del figlio Paolo Taddei nato nel 1941 e della coetanea Norma Benelli. Emma Cheloni ricorda Rodolfo e Giorgio con ammirazione mostrando due fazzoletti rossi macchiati di sangue. Sono i fazzoletti, gelosamente conservati dei due fratelli partigiani che contraddistinguevano gli appartenenti alla “III Brigata Rosselli – Divisione Giustizia e Libertà”. Rodolfo Taddei, il fratello più grande, aveva 24 anni, quando fu ucciso. Si era sposato con Emma Cheloni nell’agosto del 1940 e subito dopo era stato chiamato alle armi. Dopo l’otto settembre del 1943 abbandonò l’esercito ed insieme al fratello Giorgio si portò a Monte Giovi dove operava la Brigata Rosselli. I fratelli Taddei insieme con altri partigiani morti per la liberazione di Firenze vennero seppelliti in un piccolo spazio cimiteriale provvisorio ricavato nel Giardino dei Semplici. Le loro salme , qualche anno dopo, vennero esumate e trasferite al cimitero di Soffiano. In tale occasione presso la casa del popolo di San Quirico, che nel frattempo era stata intestata ai fratelli Taddei, si svolse una cerimonia funebre partecipata da centinaia di soci e cittadini. La testimonianza di Sandro Santoni ricorda quel giorno rimasto impresso nella memoria di un bambino: “Risiedo da più di trentacinque anni all’estero, ma quella parte emozionale di me che si radica negli anni giovanili rimane indissolubilmente legata a San Quirico e alla sua storia: storia minima, certamente, ma rilevante per chi vi è nato e vi ha trascorso ininterrottamente gli anni formativi dell’adolescenza e della giovinezza. Insieme con questi echi, che sovente riecheggiano nel profondo pozzo della memoria, viene quasi sempre a galla il ricordo di mio zio (dovuto fra l’altro al fatto che, dal giorno della mia nascita a quello in cui ho lasciato l’Italia, abbiamo vissuto quotidianamente sotto lo stesso tetto), unitamen- L’attualità e la storia te a quello del luogo in cui egli immancabilmente trascorreva ogni sua serata. Uno dei miei primi ricordi collegati alla S.M.S. di San Quirico, o meglio alla “Casa del Popolo”, come veniva chiamata, è un ricordo funebre: una sala piena di palme, di garofani, di bandiere rosse e, dietro una cortina di gente dall’aria mesta, ma composta e fiera, le bare: quelle dei fratelli Taddei, il cui nome da quel giorno in poi ha contrassegnato quel luogo di aggregazione sociale. Ero molto piccolo, e potevo vedere la scena proprio perché mio zio mi teneva in collo; ora son quasi certo che egli mi abbia alzato al disopra della folla per imprimere nella mia mente una visione indelebile che da grande avrei certamente dovuto situare in un contesto storico e morale.” Lo zio della testimonianza è Ruggero Berlincioni, presidente del Comitato di Liberazione Nazionale locale e responsabile politico della S.A.P. di San Quirico (squadra di azione partigiana), figura fondamentale nella vita politica del quartiere e nella casa del popolo, come viene ricordata da Enzo Mancini in “Quelli del Circolo quelli della Cooperativa” e da suo nipote Sandro: “Così era fatto, mio zio. Berlincioni di cognome, di nome faceva Ruggero: un nome un po’ desueto, da antico paladino; e del paladino aveva anche l’animo e la cavalleresca ingenuità: intendeva insegnare le cose, come fece con me in quel caso, nel più diretto ed effettivo dei modi: con l’esempio; un tipo di didattica, o di pedagogia, di cui oggigiorno ancora permangono gli effetti, e non solo in me. Ovviamente, molti di quelli che frequentano attualmente i locali della “Fratelli Taddei” e devono ancora superare la quarantina, non lo hanno potuto conoscere o debbono ricordarlo in modo assai vago; ma coloro che hanno praticato quel centro di attività formativa nell’epoca che va dal primo dopoguerra (periodo che iniziò con una sensazione di libertà, seppur relativa, e che attraverso la ricostruzione, il consolidamento, il cosiddetto miracolo economico e una dirompente industrializzazione si concluse, attraverso un’ecatombe di governi, con gli anni di piombo) all’uccisione di Aldo Moro, lo potevano sicuramente trovare là ogni sera. Ruggero, infatti, non ebbe mai quel che si dice una vita privata: la sua esistenza, per la parte lasciata libera dal lavoro, era rappresentata dal Partito. Dal Partito con la P maiuscola, quello animato da un’ideale, e la Casa del Popolo era il luogo deputato per dare pragmaticamente vita a quell’ideale. Non si era mai sposato: il posto della moglie, e forse anche dell’amante, veniva occupato in lui dal partito, quel partito che aveva contribuito a fondare e a cui era stato legato per tutta la vita, dedicandogli l’anima e il corpo. Al pari di ogni relazione, anche questa era destinata ad essere teatro di momenti laceranti, come al tempo della primavera cecoslovacca, nel 1968, un accadimento che parve scrollare fin nelle fondamenta i principî sui quali il rapporto era fondato. Eppure egli seppe, in un’età già avanzata, attraverso un processo dialettico di elaborazione e di sintesi, superare una crisi personale tanto profonda quanto dolorosa e riprendere il filo di un’analisi sociale che era ed è soprattutto metastorica. Era convinto di essere, nella storia, parte delle storia, anche se infima: una convinzione che non lo abbandonò neanche sul letto di morte, proprio nei giorni del delitto Moro, quando mi chiedeva di analizzargli e commentargli gli articoli di giornale su quel rapimento. E non si pensi che siano stati 57 La storia cammina nel futuro soltanto i suoi coetanei a rispettare l’uomo e le sue idee: Ruggero era venerato anche e soprattutto da ragazzi dai quali lo separavano almeno due generazioni, anche a prescindere dal livello intellettuale o dall’estrazione sociale: caso più unico che raro fuori dal ristretto mondo degli studî. Rammento soprattutto le discussioni accalorate fra noi e principalmente, con un’onda di affetto, le critiche che rivolgeva alle mie tendenze anarcoidi (e quindi, ai suoi occhi, deviazioniste), al mio scetticismo, al mio fatalismo. Critiche dure e forse motivate, ma dalle quali traspariva quell’affezione e quella tenerezza che ha sempre provato per me, unite a una certa indulgenza, come per un figlio che non aveva avuto; per parte mia, reciprocamente, l’ho sempre considerato un secondo padre, e così lo ricordo. Cos’è che gli forniva questa energia e questo calore che egli era in grado quant’altri mai di trasmettere a terzi? Oltre a solide convinzioni e a una ben radicata coscienza di classe, credo che nel suo caso si trattasse di una credenza tanto ingenua quanto profonda in un destino positivo dell’uomo e del suo progresso, unita alla convinzione che equità e giustizia sarebbero rimaste solo vuote parole se non fosse stata prima stabilita una parità effettiva fra tutti coloro che compongono il corpo sociale; e, nel contempo, della coscienza che questo ideale sarebbe stato realizzabile solo con la creazione un sistema che propugnasse l’emancipazione dei ceti inferiori e la difesa dei propri simili, specie di quelli socialmente più deboli e svantaggiati.” L’11 di agosto la città era libera, tuttavia i combattimenti continuavano nella parte nord ed i tiri dell’artiglieria tedesca raggiunsero anche alcune parti della zona di San Quirico facendo altre vittime e feriti e danneggiando le abitazioni. “Per molti giorni – ricorda Orazio Barbieri in “Ponti sull’Arno” – dall’11 agosto al 7 settembre, il fronte si sposta in avanti e indietro nella città e talvolta pattuglie tedesche hanno ritorni offensivi che le avvicinano al centro della città. E’ in questo stillicidio, su un fronte mobile e frastagliato che popolazione e combattenti subiscono nuove perdite.” Il giorno stesso della liberazione i rappresentanti del Partito d’Azione, del Partito Comunista Italiano e del Partito Socialista a nome del Comitato di Liberazione, si insediarono nella sede della Società di Mutua Assistenza di San Quirico e formalmente ne fecero riprendere le attività. Il primo atto di un’assemblea straordinaria fu quello di eleggere il primo Consiglio del dopo guerra, formato da vecchi soci e da un gruppo di giovani. Gli incarichi furono attribuiti a Giovacchino Mita presidente, Rosselli segretario, Otello Dolfi e Licio Nannoni vice segretari, Guido Cappuccini, Francesco Bargiacchi ed altri. Il nuovo consiglio aveva programmato la ripresa dell’attività cinematografica, ma ciò non si realizzerà a causa delle continue interruzioni dell’energia elettrica. Per questo la sala del cinema, liberata dalle sedie, fu utilizzata per ballare, mentre nel giardino durante la buona stagione un gruppo teatrale, messo in piedi dal presidente della casa del popolo reclutando attori tra vecchie conoscenze, riuscì a mettere in scena delle commedie in vernacolo fiorentino come “l’acqua cheta”, “il gatto in cantina”, “i due sergenti” ed altre. Questa attività teatrale e ricreativa trovò riscontro positivo tra la popolazione che partecipava con interesse e divertimento. L’attualità e la storia Dalla casa del popolo riprese vita anche lo spaccio cooperativo inizialmente autogestito da un consiglio eletto dai soci. Successivamente lo spaccio aderì alla Unione Cooperative Fiorentine ed infine con la ricostituzione della cooperativa di Legnaia divenne uno dei 9 spacci di questa. In questa fase i cittadini ed i soci contribuiscono finanziariamente allo sviluppo associativo attraverso l’azionariato sociale lanciato dal Consiglio. Con la ripresa della vita nella casa del popolo un ruolo importante viene svolto dai partiti politici. Dopo vent’anni di dittatura fascista il tessuto sociale era profondamente disgregato, le masse popolari apparivano frastornate e sfiduciate. I partiti, con il ruolo attivo svolto nella clandestinità antifascista e nella lotta di liberazione, erano i soli punti di riferimento sostanziali per la riaggregazione sociale. Ernesto Ragionieri, in “Storia d’Italia – dall’Unità ad oggi”, sostiene che i “I partiti politici rappresentavano l’unica forma di associazione veramente autonoma delle classi sociali.” I maggiori sindacati italiani erano stati ricostituiti dai tre partiti: DC, PCI e PSI, così avvenne anche per le organizzazioni cooperative, altre forme di associazionismo di massa vivevano una vita stentata non essendoci ancora forme di coordinamento o di organizzazione nazionale delle stesse. Per questo a livello locale, in modo particolare, la presenza dei partiti era quasi indispensabile per garantire ogni forma di ripresa delle Società, dei Circoli e delle Case del Popolo. Questo produce modificazioni non di poco conto nel carattere e nella conduzione dei sodalizi associativi, i quali perdono una parte di quella autonomia che gli distingueva all’origine quando essi generarono le altre forme associative sindacali, cooperative e politiche. In ogni modo si deve, alla sinergia tra coloro che erano maggiormente impegnati nei partiti, i giovani del Fronte della Gioventù, le donne organizzate nell’UDI Unione Donne Italiane ed i cittadini interessati alla ricostituzione dell’associazionismo ricreativo, la ripresa della vita associativa e la realizzazione delle prime importanti iniziative culturali, ricreative e sportive. Certamente i sodalizi, nel rapporto con i cittadini, devono tener conto oltre alle condizioni di disagio e di smarrimento politico e culturale, anche della situazione economica e sociale del primo dopoguerra. La forte inflazione pesa sui lavoratori dipendenti e sui ceti medi riducendo il potere d’acquisto dei già miseri salari. L’aumento demografico senza un adeguato sviluppo produttivo genera il fenomeno della disoccupazione di massa, solo in parte alleviata, dai forti flussi di emigrazione verso i paesi europei più vicini: Svizzera, Germania, Belgio, ecc. Questi problemi a Firenze sono meno accentuati che in altre parti d’Italia, comunque le difficoltà sono presenti e ci vorranno gli anni del cosiddetto boom economico per superarle. Nello stesso tempo la vita politica e istituzionale inizia un percorso democratico, di pari passo con i primi impegni per la ricostruzione del paese, nella riconquistata libertà. Il 2 giugno 1946 il popolo italiano è chiamato a votare per il referendum repubblica – monarchia e per eleggere l’Assemblea costituente. Il referendum sancì, anche se di stretta misura, l‘affermazione della repubblica con il 54,26 % 59 La storia cammina nel futuro degli oltre 23 milioni di voti validi. I risultati delle elezioni per l’Assemblea Costituente confermarono la netta prevalenza (74,86 % ) dei grandi partiti di massa che si erano ricostituiti dopo la liberazione, con l’affermazione relativa della Democrazia Cristiana (35,18 %), seguita dal PSIUP (20,72) e dal PCI (19 %). Dopo 18 mesi d’intenso lavoro dell’Assemblea la Costituzione Repubblicana, venne approvata il 22 dicembre 1947 ed entrò in vigore il 1° gennaio del 1948. La Carta rispecchiò il clima politico che aveva caratterizzato la lotta di liberazione antifascista, e sintetizzò il risultato della più alta e significativa mediazione tra le forze politiche di ispirazione cattolica, socialista, comunista, liberale e repubblicana. Il riconoscimento del concordato pontificio e l’amnistia generale, nella quale erano compresi anche i reati fascisti, lanciarono al paese un segnale forte di pacificazione. La carta costituzionale stabilì, per la prima volta nella storia d’Italia, il diritto di voto alle donne ed il diritto dei cittadini “di associarsi liberamente, senza autorizzazioni, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge”. Purtroppo per ragioni politiche nazionali, ma soprattutto internazionali, il clima unitario ebbe breve durata. Già dalla metà del 1947 si formò il governo De Gasperi sostenuto dalla Democrazia Cristina, dal partito Liberale e da alcuni indipendenti con l’esclusione dei partiti di sinistra. Subito dopo le elezioni politiche del 18 aprile 1948 con il successo conseguito dalla D.C. e la sconfitta dei partiti di sinistra presentatisi uniti nel Fronte Popolare, segnarono la fine dei rapporti instauratosi durante la lotta di liberazione. Il quadro politico si deteriora ed inizia una fase di forte scontro ideologico-politico tra le forze di centro-destra al governo e quelle di sinistra all’opposizione. Per oltre dieci anni i governi a guida democristiana, sostenuti a livello internazionale dagli Stati Uniti d’America, tentano di frenare la corretta applicazione del dettato costituzionale ed avviano una politica di discriminazioni, attacchi alle libertà fondamentali, al libero dispiegarsi delle attività ricreative e culturali, allo sviluppo civile e democratico della vita associativa popolare. Nei primi venti anni del dopoguerra, tutta l’area Sud Ovest di Firenze subisce una profonda modificazione urbanistica, con un cambiamento sostanziale del tessuto sociale ed economico. La dove c’erano campi, orti, fossi vengono edificate case popolari, cooperative e residenze private, con ciò sono stati risolti molti aspetti del problema abitativo, ma in pari tempo generano nuove problematiche e necessari adattamenti. Il primo intervento con la costruzione del nuovo quartiere dell’Isolotto, occupò quasi 500 ettari di terreno e gradualmente determinò un insediamento di circa 10.000 persone provenienti da altre zone di Firenze e d’Italia. Un secondo intervento, ad Ovest dell’Isolotto, tra via Martini, via Canova e l’Argingrosso, comunemente chiamato della 167, dalla legge che permetteva ai Comuni di acquisire aree da destinarsi all’edilizia economica e popolare, si estese su 180 ettari di terreno ed essendo più intensivo vennero costruite abitazioni per oltre 20.000 abitanti. Un piccolo piano di edilizia economica e popolare interessò anche la zona di Legnaia, nel tratto tra il Lastrico e la Federiga, su poco meno di 4 ettari di terreno sorsero case per 1.000 abitanti. L’attualità e la storia Intorno a questi interventi pubblici furono costruite altre abitazioni ad edilizia privata, con una progressione inesorabile che ha portato alla quasi saturazione dell’area. In “Legnaia, Cintoia e Soffiano – tre aspetti dell’antico suburbio occidentale fiorentino”, Giampaolo Trotta scrive: ”La nuova area di espansione urbana a Nord di via del Pollaio si appoggia agli assi viari principali costituiti da viale Talenti - viale Etruria e dalla diramazione parallela all’Argin Grosso, costituita da via Canova una strada quest’ultima posta all’interno di un tessuto edilizio privo di qualsiasi identità urbana. Il piano regolatore ‘Detti’ si sovrappone brutalmente alla sedimentata realtà suburbana locale, andatasi configurando lentamente nel corso dei secoli. Se da un lato, infatti, risolve numerosi problemi legati alla grande viabilità, decongestionando in parte alcune delle vecchie ed inadeguate arterie mediante la realizzazione di nuove strade di grande scorrimento e di collegamento tra zone diverse della città, da un altro lato si presenta eccessivamente funzionalistico, non riuscendo a ‘capire’ le singole realtà storicizzate. In nome della pianificazione e della razionalizzazione urbana sono così distrutti – o ne viene proposta quanto meno la distruzione – vecchi borghi e agglomerati rurali, case coloniche, tipiche viuzze e tabernacoli lungo-strada, masse arboree e antichi poderi. La ‘colata di cemento’ non si inserisce assolutamente nel precedente contesto, non ne trae alcun principio di identità da utilizzare come elemento conduttore nella nuova progettazione, non si rispettano né antichi edifici, né l’organizzazione territoriale, né gli aspetti ambientali.” La modificazione urbana descritta nella citazio- ne è, tra l’altro, fortemente carente per ciò che riguarda i servizi. Si è pensato molto alla casa, si è pensato meno, almeno nell’immediato e per alcuni anni, alla realizzazione di asili, di scuole, di impianti sportivi e altre attrezzature idonee e sufficienti per la popolazione cresciuta numericamente e qualitativamente rispetto al recente passato. La casa del popolo di San Quirico, come tutti gli altri luoghi dell’associazionismo popolare laico e cattolico della zona, si trovano al centro di questo sconvolgimento e ne risentano direttamente. I gruppi dirigenti saranno costretti dai soci ma soprattutto dai cittadini a modificare e caratterizzare il ruolo, i programmi e le attività, per sopperire o per sollecitare, com’è nella storia e nella tradizione pre fascista, l’intervento delle istituzioni, soprattutto quelle locali, finalizzati ad adottare provvedimenti rispondenti alle esigenze ed ai nuovi bisogni della popolazione. Come vedremo in seguito, si formeranno comitati di cittadini con punto di riferimento politico e organizzativo nella casa del popolo per rivendicare la soluzioni di problemi considerati importanti e tal volta gravi portati dallo sviluppo economico e dalle sue contraddizioni. La presa di coscienza si allarga, il conflitto non è più solo quello tra lavoratori e datori di lavoro, le rivendicazioni per ottenere quello che viene definito Welfaire (stato sociale) diventano sempre più coinvolgenti e si allargheranno fino a comprendere le questioni ambientali e l’attenzione alla qualità della vita. Nella prima fase della ripresa del dopoguerra le attività ricreative, culturali e politiche rappresen61 La storia cammina nel futuro tavano l’impegno principale della casa del popolo. Ballo, teatro, musica, attività giovanili, iniziative per i bambini, gite turistiche domenicali, dibattiti e comizi fanno parte dei programmi mensili del sodalizio. A San Quirico di notevole importanza è l’allestimento ed il programma della biblioteca attraverso il recupero della memoria storica e della tradizione delle Società di Mutuo Soccorso. I libri disponibili sono messi a disposizione dei soci e dei cittadini, in pari tempo si svolgono conferenze e dibattiti. In questo programma assumo un notevole rilievo la presentazione di nuovi libri con la partecipazione degli stessi autori. Tra i soci anziani è ancora vivo il ricordo della conferenza di Gavino Ledda durante la presentazione del suo libro “Padre padrone”. L’esperienza della biblioteca proseguirà per diversi anni e da tale iniziativa prenderà vita, nel 1960, il “Circolo Nazim Hikmet”. Nonostante la forte tensione politica che attraversa tutto il paese, le forze popolari iniziano a dedicarsi in modo organico allo sviluppo della Casa del Popolo ed alla programmazione meno spontanea delle attività. La prima esigenza sentita dai soci e da molte persone abitanti nella zona era quella di migliorare le esistenti strutture sociali. Il primo maggio del 1950, presidente dell’associazione Alvaro Masi, segna il primo grande passo in tale direzione. Con la decisione di acquistare dalla famiglia Masini una porzione di terreno adiacente alla casa del popolo iniziano i lavori d’ammodernamento della sede sociale ed in particolare l’ampliamento dell’esistente arena del cinema estivo. A tali lavori partecipano moltissimi soci e persone delle più svariate professioni (operai, studenti, impiegati, artigiani) che si improvvisa- rono per l’occasione sterratori, manovali e mezzi muratori, sotto la guida di alcuni soci muratori. Tra essi Dante Masini, Gino Paletti, Pietro Corsi, (pietrino), Adolfo Ugolini (il cioccia), Ottavio Corsinovi (pipone), Eugenio Sestini (il gasista), che prestando tutti gratuitamente la loro opera, nelle ore serali e notturne dei giorni feriali e fin dalla mattina dei giorni festivi, riuscirono a completare i lavori per il giorno di apertura del cinema estivo, i primi del mese di giugno. Nell’occasione, anche per regolarizzare l’acquisto del terreno, l’Assemblea dei soci approva il nuovo statuto della casa del popolo, elaborato e proposto dal Consiglio direttivo. Forti di questa esperienza ma soprattutto della grande partecipazione che tale iniziativa di volontariato aveva suscitato venne deciso di proseguire e di affrontare immediatamente l’obbiettivo di realizzare una struttura da adibire ad asilo nido per i bambini. L’esigenza era sentita fra la popolazione di San Quirico, in quanto allora non esistevano strutture pubbliche finalizzate all’accoglienza dei bambini più piccoli. In realtà già esisteva a San Quirico subito dopo il passaggio della guerra e gestito dall’UDI un asilo intitolato ad “Anita Garibaldi”, ospitato in una vecchia casa contadina adattata allo scopo; era necessario però realizzare una sede ed ambiente migliore. Il progetto e la direzione dei lavori furono affidati all’ing. Romanello Massini il quale li eseguì gratuitamente. Il Comune di Firenze concesse gratuitamente un suo cantiere edile dismesso confinante con la Casa del Popolo ad una Società appositamente costituita dalla Casa del Popolo. I lavori iniziarono nel mese di giugno e si conclusero nel maggio del 1951. L’attualità e la storia Un contributo particolare, data la loro professionalità e specializzazione, venne offerto dai soci Dante Matteuzzi e Nino Evangelio (per i lavori di falegnameria), Mario Boddi (per le pavimentazioni), Ruggero Galli (per l’impianto idraulico), Lisindo Cirri (per l’impianto elettrico), Ezio Garuglieri e Pugi (per i lavori di verniciatura ed imbiancatura). Accanto al lavoro volontario, in questa occasione divenne necessario il contributo finanziario della casa del popolo realizzato con molti sacrifici, affiancato dal determinante esito della sottoscrizione popolare tra i cittadini di San Quirico e da un contributo di Lire 200.000 concesse da Eleonora Turziani, assessore comunale. Una grande festa di popolo, con la presenza del Sindaco di Firenze Mario Fabiani, fece da cornice all’inaugurazione dell’asilo. Negli anni seguenti e fino al 1971, l’asilo proseguì la sua attività basandosi esclusivamente sul volontariato, fatta eccezione per la maestra, con un particolare e fondamentale ruolo svolto dalle donne dell’UDI di San Quirico che s’impegnarono con grande entusiasmo nella gestione, in particolare modo Marusca Bargiacchi (per molti anni presidente dell’asilo), Ofelia Matteuzzi, Vanda Bolognini, Norma Magherini, Clara Melani, Annetta Mancini, la Sestini e la Zei. In occasione delle iniziative per celebrare il cinquantesimo anniversario dell’asilo la casa del popolo realizzò una bella mostra fotografica, allestita dagli architetti Francesco Carpi Lapi e Gabriele Faieta e la pubblicazione: “C’era una volta un Asilo…” dalla quale sono state ricavate le fasi salienti di tale opera. Dal 1975, anno in cui l’asilo è spostato presso la scuola Don Milani e diventa comunale, i locali vengono adibiti a sede di servizi socio-sanitari del comune, mentre dal 1999 sono utilizzati per le attività sociali e ricreative della casa del popolo. Negli anni 1953/54, come già accennato, il governo di centro-destra intensifica gli attacchi alle associazioni democratiche e popolari ed agli uomini di cultura. Una decisione del Consiglio dei Ministri datata 18 marzo 1954 stabilì di “recuperare allo Stato tutti i beni di proprietà del disciolto partito nazionale fascista e di organizzazioni dipendenti o di altri beni demaniali attualmente occupati da organizzazioni di parte”. Di fatto cosa era accaduto: dopo la Liberazione i legittimi proprietari delle Società di Mutuo Soccorso, Case del Popolo, Circoli, etc. ripresero possesso degli immobili che il fascismo aveva loro tolto con la forza. Ingenuamente in gran parte dei casi non fu legalizzato il passaggio di proprietà immobiliare, che nel frattempo, il primo governo post fascista, aveva passato al demanio dello Stato. Il Governo strumentalizza tale situazione, particolarmente duro e pesante è l’intervento guidato dal Ministro Mario Scelba, polizia e carabinieri intervengono con la forza per sfrattare le associazioni dalle loro sedi, giustificando l’utilizzo delle stesse per “pubblica utilità”: caserme dei Carabinieri come nel caso di Legnaia, scuole pubbliche, ma in molti casi, edifici requisiti inutilizzati e lasciati abbandonati, come tutt’ora risulta essere quello di Soffiano. La casa del popolo di San Quirico non è coinvolta in questo processo repressivo in quanto come abbiamo già accennato si era trovata in un a situazione particolare rispetto alle altre. Tuttavia partecipò attivamente al movimento di solidarietà a sostegno dell’iniziativa legale e politica per la 63 La storia cammina nel futuro difesa del movimento circolistico e associativo. Dal 29 aprile 1953 al 5 marzo 1955, nella provincia di Firenze, furono eseguiti 23 sfratti forzosi, tra i quali la Casa del Popolo di Legnaia (4 febbraio 1955); la risposta e la partecipazione popolare fu significativa: diecine di nuove, moderne ed accoglienti case del popolo vennero costruite ed inaugurate nel 1956. La repressione scelbiana contro il movimento associativo fa parte della strategia più generale contro le forze di sinistra. Nei verbali del Consiglio dei Ministri, riferiti a quel periodo, si può leggere: “dovere di uno stato democratico è di impedire che le forze antidemocratiche sopprimano la libertà”. Il Governo riteneva che le forze di sinistra agissero contro la Costituzione, in effetti, con quel presupposto veniva giustificata ogni azione e anche quando era, quella si, palesemente anticostituzionale. Nel 1955 il Prefetto di Bologna emanò alcune disposizioni per il controllo di polizia dei circoli associativi. Tra le altre cose era scritto: “intensificare la sorveglianza di quei circoli ricreativi che sotto l’egida dell’ENAL sono passati mano a mano e nella quasi totalità alla dipendenza delle organizzazioni socialcomuniste”. Nella realtà i sodalizi di sinistra dovevano aderire obbligatoriamente all’ENAL (Ente Nazionale Assistenza Lavoratori), per poter ottenere le licenze e le autorizzazioni atte allo svolgimento delle attività di bar, buffet e simili. Le forze politiche di sinistra nel momento della trasformazione del Dopolavoro fascista in Ente Nazionale si impegnarono per la sua riforma in ente democratico e rappresentativo dei Circoli, capace di fornire servizi ed assistenza a tutte le L’attualità e la storia strutture circolistiche. Dopo dieci anni di rivendicazioni e lotte il mancato raggiungimento di una se pur minima riforma spinge il movimento associativo democratico a cercare altre soluzioni. In quel contesto, superando incertezze e contraddizioni avanza con maggiore forza l’idea di costituire una organizzazione autonoma e libera dei circoli. In molte province italiane, i Circoli e le Case del Popolo iniziarono ad organizzarsi con forme di difesa di tipo sindacale dando vita all’ “Alleanza dei Circoli”. Attraverso queste iniziative, in particolar modo promosse nelle province di Bologna, Novara, Pisa, Torino e Firenze, possiamo affermare con certezza, vennero gettate le basi per la nascita della grande associazione nazionale dei circoli, che nel maggio del 1956 prese il nome di “Alleanza per la ricreazione popolare” La stessa Alleanza convocò a Firenze, il 25 e 26 maggio 1957 il convegno nazionale a conclusione del dal quale venne approvato l’atto costitutivo ed il primo statuto dell‘ARCI “Associazione Ricreativa Culturale Italiana”. impianto CINEMASCOPE>” Anche le attività sportive vengono seguite con attenzione e passione in particolar modo il ciclismo disciplina popolare avviata nel circolo fin dal primo dopoguerra. Nel mese di giugno del 1956 venne organizzata una corsa ciclistica per dilettanti UISP intitolata ai fratelli Taddei. Negli ultimi anni ’50, con l’acquisizione di un terreno attiguo alla Casa del Popolo, la stessa fu ampliata e resa più confortevole con l’installazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento. La Casa del Popolo cercava con tutti i mezzi disponibili e l’impegno del volontariato di corrispondere ai mutamenti profondi in atto nel Paese. Gli anni ’50 lasciarono un segno indelebile anche nella vita economica, sociale e politica italiana. Mentre il movimento associativo era costretto a difendere la sua libertà e autonomia, si aprirono processi sociali e profonde modificazioni economiche che vanno ad incidere sulle abitudini, gli usi ed i costumi della popolazione a livello generalizzato. La Casa del Popolo nella nuova realtà ARCI, centro di aggregazione e d’iniziativa ricreativa, sportiva e culturale; punto di riferimento per le lotte sociali (1958/1990) In questa fase l’attività ricreativa e culturale della casa del Popolo di San Quirico viene intensificata e qualificata in modo particolare con l’adeguamento tecnologico della sala cinematografica. In una pubblicità del 1956 si può leggere: “Cinema Teatro Casa del Popolo Fratelli Taddei, via Pisana 576 – San Quirico a Legnaia, <modernamente attrezzato con grande schermo panoramico e nuovo Negli anni cinquanta si registra, a livello nazionale, un aumento demografico del 5,8 %. L’aumento rilevato nelle grandi città risultava tuttavia molto superiore. Era quello il segnale inconfondibile di una grande migrazione interna senza precedenti dalla campagna alle città, dal Sud al Nord. Gli emigrati interni dal Sud al Nord passano (nello stesso periodo) da 975.000 a 1.852.000 ed in gran parte trovano lavoro nelle fabbriche del nord dove le moderne catene di montaggio modificano le forme e i modi di produzione industriale. Si espandono le esportazioni il mercato interno. E’ l'inizio di quello che è definito "miracolo economico". Il reddito netto da lavoro dipendente aumenta dell'89%, il Prodotto Interno Lordo (PIL) del 111%, ed il reddito non di lavoro del 135%. Si tratta di saggi di sviluppo mai verificatisi in precedenza. La scolarizzazione raddoppia e determina un nuovo fabbisogno di strutture scolastiche adeguate. Con il maggior benessere generalizzato inizia l'era del "consumismo", segnata dall'accelerazione dei consumi privati rispetto a quelli sociali, e l'automobile ne diviene il simbolo più vistoso, non solo come mezzo privato di trasporto, ma anche come simbolo di successo personale. Gli oltre 2 milioni di auto circolanti in Italia all'inizio degli anni '60 (400.000 nel 1951), insieme al rapido diffondersi dei motocicli e degli scooter (Vespa e Lambretta) rappresentano nuove opportunità per il trasporto privato e modificano rapidamente la mobilità interna ed il modo di vita dei cittadini. La televisione a sua volta introduce nuovi ed imprevedibili, fino allora, modi di comunicazione, di formazione e diffusione culturale ed in pari tempo trasmette inedite forme di messaggio pubblicitario, fondamentali e funzionali al condizionamento dei consumi privati. Attraverso il cinema di produzione statunitense si diffonde nella società l’emulazione di un modello di vita “americano” che riuscì a far presa negli strati popolari. Verso la fine degli anni '50 in alcune città appare il fenomeno dei teppismo giovanile (i cosiddetti “teddy-boys”). Nei bar vengono installati i primi flipper, le slot-machine ed i juke-box, nuovi strumenti di ricreazione e svago soprattutto per le giovani generazioni. Le forme tradizionali di aggregazione sociale e di organiz65 La storia cammina nel futuro zazione del consenso entrarono in crisi. Anche le organizzazioni degli oratori parrocchiali, pilastro dell'assetto sociale della società contadina, subisce un grave colpo e comincia a vedere diminuita la propria forza di aggregazione sociale. Si tratta di un grande sconvolgimento caratterizzato da forti squilibri tra Nord e Sud nella distribuzione della ricchezza e del benessere, con notevoli implicazioni sociali e politiche. Emergono fermenti nuovi tra le masse giovanili con moderne forme di socialità nei luoghi di studio, di lavoro e nel tempo libero. Si apre un esteso conflitto sociale nelle fabbriche ed i giovani si uniscono alle lotte dei lavoratori per rivendicare migliori condizioni di vita, un diverso e più equilibrato sviluppo economico, un Governo più democratico, più libertà. Nell’aprile del 1960, dopo una serie di ricorrenti crisi governative, il Parlamento concede la fiducia al Governo presieduto da Fernando Tambroni appoggiato dai liberali e con i voti determinanti dei post-fascisti del Movimento Sociale Italiano (MSI). Da una crisi che doveva spostare a sinistra l’asse politico del governo, si rischia invece un colpo di Stato autoritario. A Luglio il Governo Tambroni si fa garante dello svolgimento del Congresso nazionale del MSI a Genova nonostante le forti proteste delle forze democratiche. Ciò solleva una forte ribellione popolare contro il congresso missino e contro le forze di polizia che lo proteggono. In poche ore si manifesta tutta la collera popolare che si era accumulata in oltre dieci anni di governi democristiani ed in quasi tutte le città italiane si svolgono grandi manifestazioni di protesta partecipate da migliaia di persone. La polizia interviene con le armi ed uccide giovani lavoratori a Reggio Emilia e a Palermo; feriti e contusi anche in altre città. A Roma, a Porta San Paolo, lo squadrone dei carabinieri a cavallo comandato dal capitano d’Inzeo (cavaliere della nazionale italiana di equitazione che parteciperà pochi giorni dopo alle olimpiadi romane) bastona e calpesta con i cavalli diecine di dimostranti. La reazione delle forze antifasciste e democratiche è forte ed immediata: operai, lavoratori, studenti, intellettuali formano un blocco unitario che va dai comunisti alla sinistra cattolica; le lotte ottengono un vasto consenso, cade il governo Tambroni ed inizia una nuova fase della vita politica italiana. I “giovani dalle magliette a strisce”, riscoprono l’antifascismo e nelle grandi città danno vita ad una associazione giovanile chiamata “Nuova Resistenza”. I Circoli e le Case del Popolo, sono punto di riferimento per le forze democratiche e per la loro unità, tuttavia, pur svolgendo un ruolo associativo di primaria importanza a sostegno della crescita culturale e democratica di tutti i cittadini, incontrano serie difficoltà a comprendere l’evoluzione sociale in atto e soprattutto non sembrano all’altezza di rispondere alle domande delle nuove generazioni. Le contraddizioni, all’interno dei circoli e case del popolo, tra le attività ricreative da una parte e quelle culturali dall’altra, lo scontro latente tra i fautori della cultura di massa e quelli della cultura d’elite, tra le esigenze di innovazione e la prassi organizzativa appiattita sulla gestione economica, L’attualità e la storia generano, inevitabilmente, un conflitto interno ai sodalizi, tra giovani e anziani, tra conservatori ed innovatori, innervato sulla critica alle attività ricreative tradizionali, considerate dai giovani troppo preponderanti. Nella esperienza della Casa del Popolo di San Quirico tale conflitto viene affrontato ed in gran parte risolto con la creazione di un circolo culturale giovanile all’interno della stessa Casa del Popolo, con il concorso della sezione del PCI e del circolo giovanile comunista. Le testimonianze di Pier Luigi Betti, comunemente conosciuto con il soprannome “Mao” e di Pier Lorenzo Tasselli, allora studenti liceali, sono basilari per ricostruire in sintesi quella esperienza. Un mixer di sollecitazioni provenienti dal vivace movimento giovanile studentesco, dalle associazioni fiorentine degli “studenti medi” e “Nuova Resistenza”, dalla Federazione giovanile comunista e dall’ARCI di Firenze, tutti i interessati a sostenere la spinta rivendicativa giovanile, fanno si che un gruppo di giovani e ragazze, alcuni giovanissimi, si incontrano nella casa del popolo di San Quirico ed iniziano una esperienza associativa originale. L’iniziativa prende l’avvio da una piccola biblioteca autogestita dai giovani, dalla quale scaturisce il “circolo culturale giovanile Nazim Hikmet”. Il nome dato al circolo è emblematico: Nazim Hikmet è un poeta turco, nato a Salonicco nel 1902, comunista, arrestato più volte, condannato a 32 anni di carcere, torturato ed esiliato dal regime fascista. Nazim Hikmet, in Europa, diventa simbolo di libertà e democrazia. Le sue poesie sono un inno all’amore, alla libertà e alla vita: “La vita non è uno scherzo. Prendila sul serio Come fa lo scoiattolo, ad esempio, senza aspettarti nulla dal di fuori o nell’al di là. Non avrai altro da fare che vivere. La vita non è uno scherzo. Prendila sul serio Ma sul serio a tal punto Che messo contro il muro, ad esempio, le mani legate o dentro un laboratorio col camice bianco e grandi occhiali tu muoia affinché vivano gli altri uomini gli uomini di cui non conoscerai la faccia e morrai sapendo che nulla è più bello, più povero della vita. Prendila sul serio Ma sul serio a tal punto Che a settant’anni, ad esempio, pianterai degli ulivi non perché restino ai tuoi figli ma perché non crederai alla morte, pur temendola, e la vita peserà di più sulla bilancia.” L’assonanza, con le lotte dei giovani contro il tentativo fascista del Governo Tambroni, è calzante. Betti e Tasselli ricordano la gran mole di attività svolta insieme a diecine di giovani. Tra questi le sorelle Daniela e Paola Borghesi, Corrado Mauceri, Roberto Salvatori, Valerio Valoriali, le sorelle Soldani: Simonetta e le gemelle Graziella e Patrizia, e Sergio Staino, oggi affermato disegnatore satirico creatore del popolare personaggio “Bobo”. Enrico Beni e Sandra Fusco hanno ancora presente la loro esperienza nel circolo, come un momento alto di vita politica e culturale, vissuta in allegria da quel gruppo numeroso di giovani fiorentini. Il circolo ben presto divenne un punto di riferimento importante a livello cittadino. Svolsero la loro attività giovani intellettuali ed 67 La storia cammina nel futuro artisti come Vittoria e Augusto Vismara, Mario Agostini, ai quali si aggiunsero Piero Maioli e Tassini questi ultimi impegnati a far proseguire l’attività del cine club quando il circolo Nazim Hikmet cessò l’attività. I primi passi risultano difficili, nonostante l’impegno di Ruggero Berlincioni e Otello Dolfi nell’opera di mediazione tra le posizioni divergenti tra i giovani e parte del gruppo dirigente e del corpo sociale. I giovani, provenienti da diverse zone della città, iniziano il loro impegno senza disdegnare le attività tradizionali. Insieme alla biblioteca ed al cine club, e per contribuire al loro sostegno economico, diventano gestori della tombola, organizzano tornei di ping-pong, un vasto programma di gite turistiche, con il riscontro positivo e la larga partecipazione della popolazione locale, provvedono alle pulizie dei locali dove vengono svolti i programmi sociali. Mostre di pittura e fotografia, dibattiti e conferenze, incontri culturali con delegazioni straniere rappresentano l’impegno più alto del circolo Hikmet. L’esperienza diventa punto di riferimento del comitato fiorentino dell’ARCI per il valore innovativo introdotto nel sodalizio attraverso la compenetrazione di attività culturali di massa con quelle ricreative tradizionali. Un modo nuovo di essere casa del popolo, un modo positivo che rende compatibile i programmi culturali con quelli ricreativi e con la gestione economica. Sono problematiche nuove che trovano spazio nel confronto aperto anche a livello nazionale messe a foco nel convegno organizzato dall’ARCI a Firenze il 21 e 22 maggio del 1961 sul tema : “L’impegno dei circoli popolari nella lotta per il rinnovamento e la diffusione della cultura”. Un impegno notevole nel vasto movimento associativo fiorentino dove permangono all’interno dei sodalizi, insieme alla separazione tra attività culturali e ricreative, le ricorrenti impermeabilità in buona parte del corpo sociale rispetto alle istanze giovanili, con insufficiente ricambio dei gruppi dirigenti, essenzialmente maschilisti, in difficoltà a mettersi al passo rispetto ai cambiamenti sociali in atto. I programmi del circolo giovanile occuparono la scena per alcuni anni e quando l’esperienza giunge a conclusione assomma il patrimoni acquisito a quello delle precedenti esperienze culturali della casa del popolo ed a quelle in atto nel settore cinematografico, apre la strada alle esperienze dei gruppi di contro informazione, dei primi nuclei di produzione culturale di base, del movimento dei doposcuola fiorentini nati dopo la tragica alluvione di Firenze del 1966 e nel contesto delle lotte giovanile del 1968. Il 4 novembre, l’Arno uscì dal suo alveo naturale e l’acqua melmosa superò le spallette allagando il centro storico ed alcuni quartieri periferici di Firenze. L’alluvione provocò danni incalcolabili lasciando ferite profonde nella popolazione, nel patrimonio economico e nel grande ed “unico” patrimonio storico, artistico e culturale della città. Nel prodigarsi di tante forze per recuperare nell'immediato ciò che poteva essere recuperato, venne fuori con grande risalto il ruolo dell'associazionismo fiorentino. L’opera di soccorso, a fianco degli Enti Locali, vede in prima fila insieme alle parrocchie ed altre organizzazioni giovanili, l’associazionismo coordi- L’attualità e la storia nato dall’ARCI di Firenze. L'alluvione, ricorda Alessandro Del Conte, fu anche una grande esperienza di solidarietà collettiva, dove la popolazione seppe attivare grandi risorse e capacità di reazione. Protagonisti di questa mobilitazione furono i comitati di soccorso poi diventati, in molti casi, comitati di quartiere. In loro, per la prima volta in forma così massiccia e diffusa, si incontrarono esponenti dei partiti di sinistra e dell’associazionismo popolare con attivisti delle parrocchie e delle organizzazioni cattoliche. Fu una esperienza straordinaria, dove culture e linguaggi rimasti distanti per anni, spesso in conflitto aperto, si ascoltarono, dialogarono, lavorarono insieme, gettando le basi di un movimento collettivo destinato a durare nel tempo. Il 1968 segnò un nuovo spartiacque nella storia italiana. Quel nuovo soggetto sociale “i giovani”, giunto prepotentemente alla ribalta nelle lotte politiche all’inizio degli anni ‘60, aveva sedimentato valori e impegno di lotta per il cambiamento e divenne nuovamente, insieme alla classe operaia ed ai lavoratori in genere, protagonista di una stagione storica. In Francia, nei primi mesi del 1968, scoppiò la rivolta studentesca contemporaneamente a forti manifestazioni e scioperi operai. Il "maggio" francese si propagò anche in Italia, generando un forte movimento di contestazione che partì dalle Università, coinvolse grandi masse di giovani e fece da detonatore alle grandi manifestazioni sindacali che raggiunsero l'apice con "l'autunno caldo" del 1969. In Italia la contestazione portò profondi cambiamenti a livello politico, sociale e soprattutto cul- turale. Si esaurì l'esperienza del governo di "centrosinistra"; riprese vigore il movimento sindacale unitario, che riuscì ad imporre modificazioni economiche e normative a vantaggio dei lavoratori. Si modificarono nuovamente abitudini, modi di vita e costumi, che stavano assuefacendosi all'avanzare incontrastato del consumismo esasperato e dell'industria culturale. Questo stato di cose a livello generale si riflette anche nei Circoli e nelle Case del Popolo, inizialmente contestate dal movimento giovanile in quanto ritenute luoghi di attività troppo tradizionali. Tuttavia i Circoli, come in altre circostanze, trovano la forza di reagire e di mettersi nuovamente in gioco. A Firenze, in modo particolare anche per l’esperienza associativa e solidaristica maturata durante l’alluvione, i Circoli ancora una volta svolgono un ruolo importante di riferimento e di aggregazione per tutte le lotte sociali. Nel quadro di tensioni e novità sociali, alla fine del 1969 si forma il “Comitato di coordinamento per i problemi scolastici di Monticelli, Legnaia, Soffiano, San Quirico”, comitato che ha come riferito anche la casa del popolo Fratelli Taddei, e che rivendica la costruzione di nuovi edifici scolastici, data la loro carenza rispetto alla crescita della popolazione scolastica. Otello Dolfi, nella sua testimonianza, ricorda la reazione dei genitori, quando il Comune di Firenze decise di trasportare con il pullman i ragazzi eccedenti nella scuola elementare “Niccolini” in un altro plesso scolastico. La scuola fu immediatamente occupata ed i genitori, riuniti in palestra, presente il direttore didattico, presero la decisione di indire una assemblea generale presso 69 La storia cammina nel futuro il cinema Florida. In quella occasione negozianti e artigiani del quartiere decisero lo sciopero come segno di solidarietà verso i genitori, che tra l’altro erano stati denunciati dalle autorità di pubblica sicurezza per l’occupazione della scuola. La mobilitazione del quartiere si concluse con successo. L’Amministrazione comunale prese atto delle giuste rivendicazioni dei cittadini e prese l’impegno, poi mantenuto di costruire nuovi edifici scolastici a Monticelli, Legnaia, San Quirico e Ponte a Greve. Si allarga la coscienza collettiva dei cittadini ed il rapporto con il governo della città diventa più dialettico ed in alcuni momenti conflittuale. La popolazione del quartiere rileva i punti deboli delle realizzazioni comunali si organizza e lotta per indicare soluzioni soddisfacenti per tutti. Dopo il successo riportato attorno ai problemi dell' edilizia scolastica si formano alti comitati popolari per affrontare altrettanti punti di sofferenza e difficoltà della vita cittadina. Tra questi assume particolare rilievo quello dei cittadini della nuova zona delle Torri, quella compresa tra via Baccio da Montelupo e l’attuale via Piombino. Un gruppo di nuove abitazioni, edificate la dove c’erano orti e campi, completamente isolate dal restante territorio e dai relativi servizi. Gli abitanti per raggiungere la fermata dell’ATAF in via Baccio da Montelupo erano costretti a seguire il tracciato di un vecchio corso d’acqua che era stato coperto: il “fosso degli Ortolani”, un vero e proprio sentiero, battezzato dai cittadini come “sentiero Ho Ci Min”. Nel 1971 a seguito della chiusura della discarica di Bilancino, una parte dei rifiuti solidi urbani, vengono scaricati nel piazzale in via Baccio da Montelupo a fianco dell’edificio dove ha sede la direzione dell’ ASNU, (azienda comunale per la nettezza urbana), provocando la reazione dei cittadini, alcuni dei quali, abitanti nelle case adiacenti o confinanti con il piazzale. Le organizzazioni sindacali ed lavoratori dell’azienda con il volantinaggio porta a porta sollecitano i cittadini ad avviare l’azione di protesta che ha per obiettivo la ricerca di modi e luoghi idonei allo smaltimento dei rifiuti. Per protestare contro il continuo movimento di camion pesanti e soprattutto per i miasmi provocati dai rifiuti accatastati sotto le finestre di casa nasce il Comitato di protesta che unisce i cittadini della nuova zona delle Torri ed i lavoratori dell’ASNU. Il gruppo si organizza rapidamente e convoca le prime assemblee al Circolo le Torri di via Lunga. La protesta cresce di pari passi con l’aumento dei rifiuti giunti nel frattempo a livello del secondo piano dei condomini adiacenti la discarica. Nel corso di una di queste assemblee viene presa la decisione di andare ad occupare i cancelli d’accesso al piazzale della discarica mettendo in atto il blocco permanente della sede aziendale. Pasquale Di Lena, allora segretario della sezione del PCI di San Quirico, prende contatto con il comitato e ne allarga il raggio di azione coinvolgendo anche la casa del popolo di San Quirico. Il comitato predispone una piattaforma rivendicativa ed organizza varie forme di lotta e di protesta tra queste quella decisiva, assunta con il consenso ed il contributo dei lavoratori dell’ASNU, di impedire l’entrata e l’uscita degli automezzi dal piazzale di via Baccio e quindi inibire lo scarico dei rifiuti. Dal primo al cinque febbraio il blocco è totale, giorno e notte. Sono giornate di un inver- L’attualità e la storia no rigido; alla sera vengono accesi dei falò con cataste di legna per potersi scaldare e garantire così i turni di notte. Il blocco rappresenta consapevolezza, forza e volontà d’iniziativa messa in atto dal comitato sostenuto da una grande mobilitazione popolare, che induce l’amministrazione comunale a ricercare un rapida soluzione. Durante il blocco i rappresentanti del comitato vengono convocati e ricevuti dagli assessori comunali competenti nell’intento di far togliere il blocco senza dare garanzie di prospettiva. Paolo Jannone (allora camionista dell’ASNU) e sua moglie Franca Franco ricordano che nella prima fase della trattativa le parti pervennero ad un accordo parziale: far uscire alcuni automezzi (una spazzatrice e due camion) per poter svolgere la remozione dei rifiuti dagli ospedali. L’accordo venne disatteso da parte dell’azienda e del comune. Di fatto i mezzi di servizio vennero utilizzati per togliere immondizia dal centro storico senza possibilità alcuna di poter essere scaricati ne in via Baccio ne altrove non essendoci al momento discariche disponibili. L’episodio fece aumentare la tensione e l’impegno di lotta del comitato; il presidente dell’ASNU Bercigli venne fatto alzare in piena notte per dare spiegazioni ai manifestanti. Giuliana Lombardi, altra testimone che fungeva allora da portavoce del Comitato, insieme a Pasquale Di Lena, Anna Esposito, Remo e Ilva Fantoni, Franca Franco, Paolo Jannone, Ovidio Leardi, Leonardo Malavolti, Memi Medaglini, Carlo Scali e tanti altri fecero capire che non avrebbero più ceduto alle lusinghe ed avrebbero tolto il blocco soltanto all’inizio della rimozione dei rifiuti ed il loro trasferimento in altro luogo più idoneo. Nel contesto dei rapporti con gli amministratori pubblici il Comitato sollecita un diverso modo di raccolta dei rifiuti. Fino ad allora era stata privilegiata la raccolta degli stessi con priorità per gli ospedali ed il centro cittadino e trascurando le zone periferiche. I cittadini si fanno promotori di un diverso piano di raccolta che tiene conto anche delle esigenze di coloro che vivono nei nuovi quartieri periferici, piano in gran parte disatteso dall’assessorato competente e dalla direzione aziendale. Tuttavia a seguito delle lotte e dell’impegno profuso dal Comitato il Comune di Firenze avvia la costruzione e la messa in funzione dell’inceneritore di San Donnino. Il nuovo impianto, attivo per alcuni anni, pareva aver risolto in maniera definitiva lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani dell’area fiorentina. In realtà l’inceneritore ha vita breve. Le pesanti emissioni di diossina ed il conseguente inquinamento della vasta area delle Piagge (nel contempo edificata e densamente popolata), provocano forti proteste dei cittadini e costringono l’Amministrazione comunale e l’ASNU a fermare l’attività dell’inceneritore ancora oggi oggetto di discussioni per i danni ambientali non del tutto risanati. L’iniziativa popolare allarga il proprio raggio di azione e l’iniziativa di lotta per ottenere la costruzione della prima strada successivamente denominata via Siena, l’illuminazione stradale, il trasporto scolastico a carico del Comune, l’avvio della nuova linea ATAF la n. 4. Nello stesso periodo, con sede e punto di riferimento la casa del popolo di San Quirico si organizza il comitato per la sistemazione di via Baccio da Montelupo. Nonostante lo sviluppo urbanistico e la costruzione di nuovi edifici, l’importante arte71 La storia cammina nel futuro ria che unisce Firenze a Pisa (parallela alla vecchia via Pisana) è rimasta una strada di periferia così come era stata costruita trent’anni prima. Strada senza marciapiedi e priva di fognatura con due fossetti laterali per lo scolo delle acque piovane, con scarsa ed antiquata illuminazione pubblica. Con l’aumento della circolazione di auto e motoveicoli la strada diventa teatro di incidenti in alcuni casi mortali. La richiesta dei cittadini, accompagnata da critiche e proteste, si manifesta in modo nuovo e positivo: nell’occasione viene presentato alla amministrazione comunale un progetto di massima per l’adeguamento della strada. L’azione risultò efficace ed in breve tempo il Comune apre il cantiere per i lavori di ristrutturazione ed ammodernamento. Altra forma di protesta, che vide nuovamente insieme quelli delle Torri, con quelli di San Quirico, venne avviata in occasione della costruzione della nuova viabilità di penetrazione cittadina (Viale Piombino e Viale Etruria), progettata senza aver previsto nessun sottopasso o soprapasso, con la conseguente separazione della zona cosiddetta delle Torri nuove e di San Quirico, con quella delle Torri vecchie. Ciò provocava grandi disagi per raggiungere servizi pubblici, come le fermate dell’ATAF, le scuole, l’ufficio postale, ed i negozi compresi quelli di generi alimentari. In questo caso i cittadini occupano la strada in costruzione e piantano alcune tende da campeggio come punto di riferimento fisico della contestazione e per ripararsi durante la notte. Il presidio si conclude con successo quando l’amministrazione comunale accetta le proposte dei dimostranti: il progetto viene modificato con l’inserimento di due sottopassi stradali. In tutte queste manifestazioni e proteste ancora una volta emerge il protagonismo dei giovani i quali portano un loro contributo alle rivendicazioni caratterizzato da vivacità, allegria e radicalità. Essi sono poco inclini alle mediazioni in pari tempo marcano la loro presenza nei presidi cantando accompagnati dalla chitarra di Andrea Parlavecchio. Nanni Manchia, Stefania Barbugli, Gloria Campi, Emanuela Ginanni, Piero Bicchierai, insieme a tanti altri giovani e non affrontano le loro prime esperienze politiche con slancio e determinazione, esperienze che metteranno frutto negli anni successivi assurgendo a responsabilità di direzione nell’associazionismo, nei partiti e nelle istituzioni: Consiglio di Quartiere 4, Consiglio Comunale di Firenze e Consiglio provinciale. La casa del popolo, in questa fase, assume così un ruolo nuovo e diverso da quello storicamente acquisito e non è più la sola sede fisica per riunirsi. Essa diventa punto di riferimento associativo e di confronto tra organizzazioni aventi obbiettivi e finalità diverse ed i cittadini nel suo insieme: le sezioni dei partiti della sinistra, i circoli giovanili e culturali, le società sportive, le organizzazione femminili. In questo contesto si estrinseca l’impegno delle donne per il successo dei referendum popolari in difesa della legge sul divorzio e a sostegno della legge n. 164 per l’aborto. L’ARCI in queste occasioni svolge un’intensa e qualificata campagna di informazione attraverso i circoli e case del popolo, con al centro i motivi della liberazione ed emancipazione femminile. Nel 1974 gli italiani sono chiamati ad esprimersi L’attualità e la storia con il referendum sul tentativo delle forze politiche di centro destra di modificare e annullare la legge che da poco istituiva anche in Italia il divorzio. Tutte le case del popolo si mobilitano attorno ai comitati per il NO, organizzano la partecipazione alle manifestazioni referendarie ed attivano tutto il loro potenziale attraverso iniziative culturali, teatrali, musicali, cinematografiche, diffusione di giornali e pubblicazioni specifiche finalizzate a difendere il nuovo strumento legislativo che facilita il divorzio in modo circoscritto nei casi di spaccatura familiare già intervenuta teso a liberare uomini e donne da situazioni insopportabili, false ed ipocrite. L’esperienza si ripete in occasione del referendum che vuole abolire la legge n. 164 da poco approvata dal Parlamento italiano. Il movimento associativo si schiera con le forze politiche e sociali che lottano per abolire l’illegalità dell’aborto una delle forme più odiose di violenza sociale che colpisce i più deboli. Si tratta di una battaglia ideale per l’affermazione di nuovi valori e comportamenti, con obbiettivi concreti di regolamentazione della pratica abortiva per mettere su basi diverse i rapporti tra uomo e donna, per fra progredire nella società la cosciente affermazione della personalità femminile, per affrontare con impegno decisivo l’allestimento ed il buon funzionamento dei servizi sanitari pubblici. Intanto nel 1975 si svolgono le elezioni regionali ed amministrative con risultati inediti per le forze politiche di sinistra. Nel complesso dei quindici consigli regionali a statuto ordinario dove si è votato i tre partiti della sinistra (PCI – PSI – PdUP) sfiorano il 47 per cento dei voti; quasi tutti i Comuni delle grandi città registrano risultati che pemettono la costituzione di governi locali di sinistra, in oltre il 60 per cento dei Comuni le sinistre ottengono la maggioranza. Anche a Firenze, dopo molti anni, si insedia una giunta di sinistra e viene eletto Sindaco il comunista Elio Gabbuggiani. Inizia un periodo proficuo nel rapporto tra cittadini, associazionismo e pubblica amministrazione e tutte le esperienze di partecipazione democratica hanno uno sbocco istituzionale con la creazione nel 1976 dei Consigli di Quartiere e l’avvio del decentramento comunale. I nuovi impegni richiedono una sede adeguata alle nuove esigenze dei soci e dei cittadini per questo a partire dal 1978 e per alcuni anni la casa del popolo di San Quirico è interessata da lavori di ristrutturazione ed ammodernamento, tra i quali un nuovo impianto di riscaldamento e la messa a norma di quello elettrico. In questa fase si procede alla regolarizzazione ed unificazione delle proprietà di tutti i corpi immobiliari acquisiti nel tempo. In pari tempo lo statuto sociale è modificato ed adattato alle nuove esigenze seguendo una indicazione generale emanata dall’ARCI. E’ questo lo statuto ancora vigente aggiornato a fine anni ’90 per rispondere a modificazioni legislative in materia di associazionismo. Negli ultimi vent’anni del secondo millennio il sodalizio consolida il proprio ruolo associazionistico e le attività ricreative, culturali e sportive. E come nella tradizione storica e culturale diventa sede di riferimento per comitati, movimenti e nuove aggregazioni in particolar modo per tutto ciò che ruota intorno ai problemi della giustizia, della pace, della solidarietà internazionale. 73 A fianco: art.1 e art. 2 del regolamento sotto: foto di gruppo di soci, 1921 In alto: gli organizzatori al traguardo di una gara ciclistica, 1939 sopra: il logo della società nel 1939 a sinistra: frontespizio dello Statuto, 1902 75 a sinistra: Rodolfo e Giorgio Taddei sotto: Emma e Paolo Taddei, la moglie e il figlio di Rodolfo in basso: la camera ardente allestita nel Casa del Popoolo In alto: corsa ciclistica in Via Pisana, 1939 La persona in ginocchio è Guido Veroni, campione italiano di fondo a fianco: tessera del Soccorso Rosso Internazionale, con validità 1924/25 a destra: corridori con la maglia del S.Quirico sotto: Donne di S.Quirico in una gita fuori porta, circa 1910 77 A destra: manifesto pubblicitario sotto: un’Azione Sociale di L.500 della Cooperativa del Popolo di S.Quirico del 1947 in basso: la foto ricordo dell’Associazione Nazionale Partigiani del 1951, fra i molti soci della Casa del Popolo si riconoscono Alvaro Masi (dirigente del circolo per molti anni) e, in alto, i Fratelli Taddei in alto: gita a Fiesole organizzata dalla Casa del Popolo, 1946 Nella foto: Sestini Sestinia, Vanda Maggino, Silvana Pastorini, Sara Melani, Dina Dolfi, Aurelia Giovannelli, Bruno Magherini, Norma Magherini a fianco: i bambini con la maestra nel giardino dell’Asilo Anita Garibaldi da poco inaugurato. in basso: Il Comitato dell’UDI 1950, Marusca Bargiacchi, Vanda Bolognini, Norma Magherini, Ofelia Matteuzzi, Annetta Mancini, Bruna Zei, Sestinia Sestini 79 a sinistra: il fosso, oggi coperto, di Via Baccio da Montelupo sotto: una manifestazione nella sala cinematografica a destra: spettacolo nell’arena della casa del Popolo sotto: La tessera del circolo culturale Nazim Hikmet, 1960 in basso: il Sindaco Mario Fabiani inaugura l’Asilo Anita Garibaldi, 1951 81 a destra: un gruppo di pescatori della Polisportiva San Quirico in basso: un gruppo di ciclisti della Polisportiva san Quirico Si riconoscono tre presidenti: Alvaro Masi (il 2° da sinistra), Giovanni Baldanzini (il 4° da s.), Giovanni Santi (il 1° da destra) in alto: il consiglio della Casa del Popolo in occasione dell’inaugurazione della sala cinematografica ristrutturata, 1989 sopra: Pilade Carrai, campione italiano di pesca a sinistra: Sergio Sermanni, segretario e responsabile delle attività sportive 83 a destra: inaugurazione della sala biuliardo, il Sindaco Gambuggiani sotto: Lamberto Dini gioca a biliardo a San Quirico a sinistra: presentazione della gara ciclistica “Alla conquista dell’Himalaya”, sono presenti Antonio Mannori, giornalista sportivo, Eugenio Giani, assessore allo sport, Mauro Ballauni, commissario tecnico, Narciso Parigi, cantante sotto: il gruppo corale “Altro canto”, ospite della Casa del Popolo in basso: Gillo Pontecorvo presiede il dibattito in occasione della proiezione del suo film “La battaglia di Algeri” sopra: sfilata di Carnevale degli alunni della scuola “Don Milani” e dell’asilo “Ciari” a destra: l’assessore all’istruzione del Comune di Firenze, Daniela Lastri con le donne dell’U.D.I 85 a destra: premiazione della gara nazionale ciclistica con il Sindaco Leonardo Dominici, il giornalista Fabrizio Borghini e il Presidente Giovanni Santi sotto: 50° anniversario della inaugurazione dell’asilo Anita Garibaldi, dibattito in basso: raduno ciclistico sopra: cena per l”Ulivo, gruppo di volontari a sinistra: concerto del Conservatorio di Forlì, con il Presidente dell’Arci Francesca Chiavacci sotto: cena sociale dei tesserati dell’Associazione Biliardo Stecca 87 sopra: Campioni Provinciali 1° categoria Uisp 1994/95, calcio a 11 a destra: Biliardo Boccette, campioni italiani sotto: Pallavolo Femminile Giovanile sopra: Torneo di Pallavolo fra Polisportiva S. Quirico e Sezione Femminile del Carcere di Sollicciano a fianco: Pallavolo Femminile Giovanile sotto: Polisporrtiva S. Quirico Sezione Ciclismo 89 in alto: premiazione Torneo Boccette a destra: la premiazione di alcune atlete del Mini Volley Femminile durante la Festa annuale della Polisportiva in basso: la squadra campione della Coppa Toscana Uisp 2001, calcio a 11 nella pagina a destra in alto: alcuni giocatori del Biliardo Boccette sotto: alcuni partecipanti della “Bicicletta Pace e Solidarietà”, da Firenze a S.Maria di Leuca 91 L’attualità e la storia Le trasformazioni del complesso edilizio alla luce dell’evoluzione del contesto territoriale Francesco Carpi Lapi architetto L’attuale complesso della Casa del Popolo, compreso tra via Pisana e via Baccio da Montelupo, si compone di tre parti perfettamente individuabili: un primo nucleo, risalente al 1907, e due aggiunte successive, l’ex asilo di infanzia, oggi destinato ad altre attività, ed un ulteriore volume al centro di questi due, saldato funzionalmente al nucleo originario. Il complesso inoltre è arricchito da un ampio spazio all’aperto su via Baccio da Montelupo, negli ultimi anni quasi totalmente occupato da una struttura temporanea adibita a teatro, e di un altro, di minori dimensioni, su via Pisana. Peculiare è poi il passaggio pedonale, che correndo lungo il confine orientale del complesso, mette in collegamento le due arterie urbane di via Pisana e via Baccio da Montelupo. I documenti storici utilizzati per desumere le tappe che caratterizzano la vicenda delle trasformazioni fisiche della Casa del Popolo sono prevalentemente di due tipi. Da una parte la serie storica delle planimetrie del Catasto di impianto, istituito nel 1939, in grado di dare conto specificatamente delle trasformazioni del complesso edilizio. Analizzando, però, tali documenti è necessario tenere presente che, poiché il catasto italiano non è per sua natura “probatorio” (da un punto di vista giuridico), alcune tappe possono non essere state registrate o registrate con granderitardo. In particolare è stata esaminata la serie storica delle planimetrie in scala 1:200 riferite alle particelle catastali 263, 264, 265 del Foglio 70, depositate presso l’archivio dell’Ufficio Tecnico Erariale del Comune di Firenze. Per meglio comprendere i modi e le ragioni dell’evoluzione del complesso edilizio che ospita oggi la Casa del Popolo Fratelli Taddei può essere utile inquadrla nelle variazioni più ampie del contesto territoriale in cui tale struttura è sorta ed è mutata col passare del tempo. Per quanto riguarda le trasformazioni dell’assetto 93 La storia cammina nel futuro del territorio e della viabilità è possibile fare riferimento al corposo lavoro di Giampaolo Trotta, Legnaia, Cintoia e Soffiano, Tre aspetti dell’antico suburbio occidentale fiorentino, pubblicato a Firenze nel 1989 e che illustra, a partire da un’ampia documentazione anche cartografica, le vicende di tale territorio dalle origini fino ai nostri giorni. Per la nostra ricostruzione comunque non è necessario spingersi troppo indietro con gli anni anche perché, come spesso si è verificato in altri casi, il territorio è rimasto sostanzialmente inalterato fino al secondo dopoguerra, per cambiare poi velocemente negli anni seguenti. Si ripropone quindi, riprendendole dal Trotta, a partire dalla fine del Settecento, l’assetto territoriale registrato dal “Campione di tutte le Strade comunicative nella Comunità di Legnaia” e dal Catasto Generale Toscano, comunemente detto Catasto Leopoldino, del 1884. Per gli anni più recenti, invece, le carte prodotte dall’IGM, Istituto Geografico Militare, in scala 1:25.000. Il primo documento del Catasto di impianto disponibile negli archivi dell’ufficio tecnico erariale di Firenze risale al 1939, data della sua istituzione. Si riferisce alla particella 264, corrispondente alla parte, a sinistra del nucleo originario, entrata per ultima a far parte dell’intero complesso. Il documento catastale del 1939 riporta la presenza di una conceria di proprietà di Ubaldo Panattoni, ma registra anche alla sua sinistra la presenza del “Gruppo Rionale Fascista Guido Fiorini”, e alla sua destra la presenza di un cantiere comunale (vedi immagine n°1). La Casa del Popolo, allora Società di mutua Assistenza (come già descritto nel contributo pre- cedente), era stata fondata nel 1885 con sede in alcuni locali di proprietà della famiglia Panattoni, la stessa famiglia proprietaria della conceria e che quindi doveva avere nella zona diversi interessi. Nel 1907 viene invece inaugurata la nuova sede, quella corrispondente oggi al nucleo principale della Casa del Popolo, un semplice edificio a due piani sul lato settentrionale di via Pisana ed in prossimità della chiesa preesistente di San Quirico. Tale edficio a partire dal 1928 viene requisito, come altre strutture simili, ed occupato da un gruppo fascista. Nel 1950, quando ormai il complesso è ritornato ai suoi fondatori ed è diventato Casa del Popolo intitolata a due partigiani della zona, i fratelli Taddei, morti durante la Liberazione di Firenze, all’edificio si aggiunge sul retro un ampio spazio all’aperto, all’interno del quale viene organizzata una arena cinematografica. Il documento successivo risale al 1952 e riguarda la particella 263 (vedi immagine n°2). Si tratta di una denuncia di nuova costruzione redatta dall’Ingegner Romanello Massini che si riferisce all’edificio dell’asilo d’infanzia (le destinazioni sono, infatti, aula, refettorio, cucina, giardino). Alla sua sinistra compare ancora la dizione Proprietà Panattoni in riferimento alla conceria, a nord la dizione Proprietà Società Mutuo Soccorso: lo spazio all’aperto acquistato per organizzarvi l’arena cinematografica. All’anno seguente, il 1953, risale il documento successivo (vedi immagine n°3), la planimetria relativa alla particella 265 riferita al nucleo originario della Casa del Popolo, sempre redatta dall’Ing. Romanello Massini e che aggiorna la situazione catastale dell’immobile. Al piano terreno le destinazioni sono: L’attualità e la storia stanza da gioco, sala biliardi, servizi e due giardini (su via Pisana e sul retro, ma non ancora fino a via Baccio da Montelupo), al piano superiore compare la destinazione salone cinematografo. A sinistra dell’edificio la proprietà è ancora Panattoni. Nel 1953 quindi l’intero complesso raggiunge la configurazione definitiva degli spazi costruiti, mentre si aggiungerà, negli anni immediatamente seguenti, l’acquisto di una ultima porzione di spazio all’aperto fino a raggiungere via Baccio da Montelupo. Nel 1956 si aggiunge una nuova centrale termica. In quegli stessi anni, vale a dire dal 1885 al 1952, si compie anche una prima parte delle rilevanti trasformazioni che interesseranno il territorio intorno alla Casa del Popolo. Due carte storiche, il “Campione di tutte le Strade comunicative della Comunità di Legnaia” della fine del Settecento (vedi immagine n°4) e il Catasto Leopoldino (vedi immagini nn°5-6) della fine dell’Ottocento (Comunità di Firenze, Sezione U detta di Monticelli e Pignone, Foglio 2°, scala 1: 12.500) testimoniano un contesto scarsamente antropizzato, percorso da alcuni corsi d’acqua e su cui spicca la direttrice storica attualmente denominata Via Pisana, prima Strada Maestra Pisana (nella seconda carta è già segnata la chiesa ancora oggi presente di San Quirico). Su tale direttrice principale si attestano, in prossimità del luogo dove sorgerà la Casa del Popolo, a sud le attuali Via del Ronco Corto e Via del Ronco Lungo, confluenti più a sud in un’unica strada che si collega all’altra importante direttrice storica in direzione di Scandicci. Verso nord compare l’attuale Via di San Quirico. Tale sistema territoriale risulta leggibile ancora più chiaramente in una carta a scala più ampia del 1896/97 redatta dall’Istituto Geografico Militare (Foglio IIN.O in scala 1:25.000, relativo al F.106 della Carta d’Italia). In tale carta, subito fuori Porta San Frediano, la struttura urbana si organizza in una serie di borghi lineari su Via Pisana, quasi continui nella prima parte, con Legnaia e San Quirico, poi più radi fino ad arrivare alla Greve con San Lorenzo a Greve. Compaiono inoltre alcune fornaci a sud ed il primo nucleo del Cimitero della Misericordia a Soffiano (vedi immagine n°7). Il Trotta riporta anche un interessante documento, una planimetria di progetto del P.R.G di Firenze del 1924 redatto dall’Ing. Bellincioni e relativa all’area della Casa del Popolo in cui è possibile leggere, sotto la grana delle previsioni di isolati residenziali (poi non attuati in quella forma), la chiesa di San Quirico all’incrocio con via del Ronco, e la Casa del Popolo con accanto la conceria, ancora oltre un’area libera più tardi occupata dall’asilo, a nord infine lo spazio all’aperto in seguito occupato dall’arena cinematografica (vedi immagine n°8). La carta I.G.M. successiva, datata 1935, testimonia un territorio ancora molto simile. Alla direttrice storica di Via Pisana si è aggiunto a nord il suo raddoppio costituito dalla Strada Statale Tosco Romagnola n°67 e lo spazio compreso tra queste due strade si è organizzato, a partire dal nucleo di Firenze, in una serie di isolati urbani a maglie molto larghe (se confrontati con quelle del vicino centro storico). In uno di questi isolati è stata compresa anche la Casa del Popolo. Si sono intensificate le costruzioni lungo le altre direttrici storiche, il Cimitero di Soffiano si è ampliato e sono comparse alcune strutture 95 La storia cammina nel futuro industriali: tra queste in Via delle Muricce, proseguimento di via di San Quirico, la Campolmi, un importante edificio industriale, di produzione di concimi chimici, oggi dismesso. Alla vigilia della seconda guerra mondiale si configura, quindi, un territorio ancora sostanzialmente extraurbano, con presenze edilizie scarse legate alle direttrici storiche e ad una serie di presenze isolate, anche di tipo produttivo. Si può immaginare quindi una Società del Mutuo Soccorso, a servizio di una comunità ristretta, in qualche modo distante sia fisicamente che culturalmente dalla città, in parte operai, forse nelle fornaci o nella vicina fabbrica di prodotti chimici Campolmi, ma soprattutto contadini (vedi immagine n°9). Anche la carta I.G.M. relativa al 1955 registra una situazione sostanzialmente immutata, ad esclusione dell’importante presenza del neo-nato quartiere dell’Isolotto poco più a nord, il primo grande quartiere di edilizia residenziale pubblica di Firenze, progettato con criteri moderni, e ancora oggi perfettamente individuabile (vedi immagine n°10). Gli anni seguenti, viceversa, cambiano completamente il contesto territoriale della Casa del Popolo: la città comincia ad estendersi, oltre l’area storicamente definita dalla cinta muraria, lungo le direttrici storiche inglobando al suo interno i borghi e gli edifici isolati preesistenti. Da questo momento in poi la Casa del Popolo si trova a far parte di un sistema urbano che negli anni seguenti occuperà progressivamente tutto il territorio compreso tra l’Arno e le colline meridionali fino a congiungersi a Scandicci, cancellando in gran parte la struttura territoriale preesistente. Si può immaginare quindi, a questo punto, la Casa del Popolo come una struttura a servizio di una comunità prevalentemente operaia di provenienza rurale e recentemente inurbata. Una struttura che si trova a cercare di far fronte non solo ad esigenze di tipo materiale ma anche a problematiche di disgregazione sociale e di perdita di identità causate da un inurbamento così repentino di grandi masse di popolazione, una struttura che riesce a diventare nel tempo un vitale centro di aggregazione del suo quartiere. Con tale ruolo la Casa del Popolo ospita e promuove nel corso del tempo diverse e numerose attività: una biblioteca pubblica, singole proiezioni e rassegne cinematografiche all’aperto e al chiuso, mostre temporanee, spettacoli, ma anche sedi di partito e di altre associazioni, una nutrita poliposportiva, e più semplicemente attività di svago come il biliardo, il bar, il gioco delle carte, le cene sociali. In questo contesto socio-territoriale, gli anni successivi alla seconda guerra mondiale vedono il complesso della Casa del Popolo adeguarsi con piccoli ampliamenti e modifiche alle esigenze via via emergenti. Nel 1978 l’intero complesso viene parzialmente ristrutturato una prima volta. Nel 1986 viene realizzato un grande bar che occupa, nel nucleo originario, un ambiente a sinistra dell’entrata principale, e parte del piano terra dell’edificio contiguo più recente. Nel 1989, vengono affrontati consistenti lavori che coinvolgono gran parte della Casa del Popolo. L’occasione è l’adeguamento della sala cinematografica alle normative di prevenzione incedi e di accessibilità ai disabili; in questa ottica viene recuperata la scala in pietra di accesso al secondo piano, rinforzandola in modo da resistere a 600 L’attualità e la storia Kg/mq, allo stesso modo viene completamente demolito e ricostruito il solaio della hall al primo piano e della stanza di fronte al cinema per sopportare lo stesso carico. Viene demolita e ricostruita, raddoppiandola, anche la cabina di proiezione, sorretta ora da una struttura metallica sospesa; viene installata una nuova macchina da proiezione e un nuovo sistema di amplificazione con dolby stereo (fino ad allora l’impianto fonica era rimasto mono), vengono sostituiti gli arredi della sala con materiali ignifughi, tranne le storiche poltroncine in legno, lo schermo viene sostituito con un nuovo grande schermo panoramico e naturalmente viene completamente sostituito e razionalizzato l’impianto elettrico. Si riorganizza il percorso di accesso alla sala cinematografica: viene recuperata una porta di ingresso laterale in disuso e realizzata una nuova biglietteria, il nuovo servizio igienico per disabili e installto un servoscala per il superamento del dislivello fra i piani terreno e primo, oltre all’arredo di tutto il percorso fino alla sala cinematografica. Infine vengono installate due nuove scale di sicurezza esterne in metallo, una sul percorso pedonale di collegamento fra via Pisana e via Baccio da Montelupo, l’altra nel giardino dell’asilo d’infanzia, la posizione delle quali garantisce un alto livello di sicurezza nel deflusso dalle sale del primo piano, in caso di incendio o calamità naturale; in questa prospettiva viene anche installata una porta tagliafuoco per separare la zona biliardo dalla zona cinema. Nel 1995 il primo piano dell’edificio più recente, che ospitava oltre ad una grande sala (utilizzata per cene sociali, ballo e tombola), un disimpegno ed altre due stanze adibite ad uffici, viene completamente ristrutturato ed unificato in un’unico grande vano per diventare una sala biliardo regolamentare, dove possono svolgersi competizioni a livello internazionale. In questa occasione viene anche installato il portavivande che collega direttamente il bar con la sala biliardo. Nel 1998 viene realizzato il collegamento fra il bar, e più in generale la Casa del Popolo, con lo spazio all’aperto su Via Pisana attraverso una nuova apertura sul giardino, questo permette l’uso dello spazio all’aperto, attrezzato con tavolini ed ombrelloni, e collega finalmente i locali dell’ex Asilo al resto del complesso. Nel 2000 viene realizzata una struttura temporanea sul resede di via Baccio da Montelupo, adibita a spazio per spettacoli e per altre manifestazioni. La struttura realizzata con telaio di acciaio e membrana impermeabile è fornita di palcoscenico, sipario, camerini ed ingloba anche la vecchia cabina di proiezione dell’arena all’aperto, parzialmente ristrutturata ed attrezzata a sala regia e proiezione. Oggi sono in ponte ancora tanti altri progetti che, nello stesso spirito maturato negli anni passati, tentano senza sosta di adeguare la Casa del Popolo alle esigenze della sua comunità. Si tratta di progetti molto ambiziosi ed impegnativi sui quali sarà necessario fare confluire molte energie e molte risorse: la ristrutturazione complessiva dell’ex asilo e la trasformazione della struttura temporanea in una struttura teatrale stabile simbolo, anche a livello spaziale, dell’intera comunità di San Quirico. L’ex asilo ospita da anni una cucina ben attrezzata utilizzata per cene e feste, il resto dei locali sono stati parzialmente adeguati in questi ultimi anni ma purtroppo non riescono a rispondere alle nuove esigenze dell’associazione; è stato così sviluppato 97 La storia cammina nel futuro un progetto di ristrutturazione con il quale l’attuale edificio viene profondamente trasformato ed ampliato, con l’aggiunta di un secondo piano, ed unito spazialmente ai locali del corpo di fabbrica attiguo. In questo modo il piano terreno unito agli spazzi attigui potrà ospitare degli idonei locali di ristorazione, utilizzabili anche per iniziative diverse, quali feste private e sociali, mentre il piano superiore, unito a sua volta all’attuale sala del primo piano, potrà contenere una grande sala biliardo. La struttura temporanea installata nell’ex arena cinematografica era stata realizzata pochi anni fa e risponderebbe ancora perfettamente alle esigenze dell’Associazione; in questi anni ha infatti dimostrato una straordinaria vitalità, ospitando spettacoli teatrali e concerti di musica classica e moderna, eventi e feste, e distinguendosi come l’unica struttura in grado di ospitare iniziative di 1. Ufficio Tecnico Erariale del Comune di Firenze, planimetria relativa alla particella 264, foglio 70, scala 1:100, 1939 questo tipo nel raggio di molti chilometri; ma lo stato di temporaneità impone la sua sostituzione a breve scadenza, per questo motivo è stato sviluppato il progetto per una nuova struttura tatrale stabile. Il nuovo teatro potrà accogliere oltre 200 spettatori ed è fornito di un palcoscenico con “torre scenica” (per il cambio rapido delle scenografie) e, in posizione contrapposta, di una cabina di regia e proiezione. L’esigua capacità edificatoria del terreno, prevista nel Piano Regolatore, non ha permesso la previsione di un’adeguata hall di ingresso e biglietteria, ma queste funzioni vengono svolte al di sotto di una grande pensilina che trasforma la corte di ingresso in uno spazio aperto ma coperto, spazio di transizione fra il fuori e il dentro della sala. Infine i servizi, ed i camerini troveranno posto nel piano interrato, come i magazzini per le attrezzature e le scene. 2. Ufficio Tecnico Erariale del Comune di Firenze, planimetria relativa alla particella 263, foglio 70, scala 1:200, 1952 3. Ufficio Tecnico Erariale del Comune di Firenze, planimetria relativa alla particella 265, foglio 70, scala 1:200, 1953 99 4. Popolo di S.Quirico a Legnaia e S.Lorenzo al Ponte a Greve per quello che si estendano sopra la Strada maestra Pisana, Campione di tutte le Strade comunicative nella Comunità di Legnaia. In: Giampaolo Trotta, Legnaia, Cintoia e Soffiano, Tre aspetti dell’antico suburbio occidentale fiorentino, Messaggerie Toscane, Firenze, 1989 5. Catasto Leopoldino, Sezione U, Foglio 2° relativo alla Comunità di Monticelli e Pignone, scala 1:12.500, aggiornato al 1884. In: Giampaolo Trotta, ibidem. 6. Catasto Leopoldino, sviluppo. In: Giampaolo Trotta, ibidem. 7. Istituto Geografico Militare, scala 1:25.000, 1896 8. Firenze, P olo Trotta, ibidem 9. Istituto Geografico Militare, scala 1:25.000, 1935 101 L’attualità e la storia I partiti della sinistra a San Quirico dalla Liberazione al 1989. Dal PCI al PDS e DS. La Casa del Popolo e i movimenti. Gianfranco Tomassini - Fabio Caciolli Otello Dolfi - Alvaro Masi - Patrizio Panichi D.S. Unità di base “P.P.Pasolini” 10. Istituto Geografico Militare, scala 1:25.000, 1955 11. Progetto di ristrutturazione ed ampliamento del complesso della Casa del Popolo Fratelli Taddei, planimetria del piano terreno Quando, subito dopo la Liberazione, il CLN riaprì la casa del Popolo di S. Quirico, vi trovarono sede il PSI, il PCI,ed il P d’A. Al Partito d’Azione aderivano i fratelli Taddei, i due partigiani uccisi dai Tedeschi cui è intitolata ancora oggi la casa del popolo. La sezione territoriale del PCI, che comprendeva anche la cellula di S. Quirico, aveva sede a Legnaia, nell’edificio in via di Scandicci che attualmente ospita i Carabinieri. Fu in seguito alla sua requisizione ad opera di Scelba che la sezione si trasferì presso la casa del popolo di S. Quirico. Il territorio originario della sezione di Legnaia comprendeva l’attuale quartiere 4, ad eccezione del Pignone e di Monticelli e si articolava in 12 cellule, di cui 2 aziendali. Gli iscritti superavano il migliaio. C’erano anche sei cellule femminili che, tra l’altro, distribuivano l’Unità nelle case il giovedì, quando c’era l’inserto per le donne. La diffusione dell’Unità la domenica (circa 1000 copie) era sempre a rischio di sequestro poliziesco. Ciononostante questa attività non fu mai abbandonata per tutta la vita del PCI, fin dal suo lancio in una conferenza di organizzazione tenutasi a Firenze, al cinema Puccini, ad imitazione di quanto facevano i compagni francesi con l’Humanité. Al momento della Liberazione il PCI era poverissimo e furono fatti grandi sacrifici da parte dei suoi iscritti per trovare le risorse per l’attività politica. Ci racconta Otello Dolfi che durante la campagna elettorale per la Costituente, i manifesti erano di carta di giornale riciclata con uno stampo sovrapposto che invitava semplicemente al voto al PCI, la colla era fatta con farina portata da casa ed i pennelli erano forniti dai compagni imbianchini. Poi riuscirono a dotarsi di tubi Innocenti per il palco, altoparlanti, ciclostile e tutto quanto serviva 103 La storia cammina nel futuro per le campagne elettorali di allora. L’entusiasmo comunque era tanto: per richiedere l’Assemblea Costituente e cancellare la legislazione fascista fu, tra l’altro, organizzato un corteo che convergeva sul Centro, partendo dalla lontana frazione di Ugnano e che si andava gonfiando sempre più man mano che ci si avvicinava alla meta. Fra le tante iniziative prese durante la fase della ricostruzione del Paese, ci preme ricordare per il suo significato umano e politico quella proposta da Giorgio Amendola di accogliere presso famiglie di compagni del Centro-Nord bambini meridionali. Se le condizioni di vita erano certamente misere anche da noi, in molte zone del Sud erano veramente drammatiche. A S. Quirico furono accolte all’inizio due bambine per tre mesi, con tale affetto che, dopo una qualche difficoltà iniziale di adattamento, è andata a finire che queste ora sono due nostre concittadine. Alla sezione di S. Quirico, nella successiva riorganizzazione del PCI facevano capo le cellule di Legnaia e del Ronco, ambedue preesistenti. Tra i segretari della cellula di S. Quirico ricordiamo Ruggero Berlincioni, Sacrati, Capaccioni, Alvaro Masi, poi Presidente della casa del popolo, Otello Dolfi, poi segretario della sezione per 18 anni. Era forte anche la presenza della Federazione Giovanile di cui ricordiamo come segretari Giordano Saccardi e il Melani. Dopo la Liberazione c’era una nutrita e qualificata presenza di giovani. Da sottolineare che a S. Quirico, pur con qualche inevitabile contrasto generazionale, la presenza e l’attività delle nuove generazioni è sempre stata una costante per tutta la durata dell’esperienza del PCI. Da un registro dei verbali della sezione dall’agosto 1977 al settembre 1980 risultano discussioni e attività interessanti. Ogni anno veniva organizzata la festa dell’Unità nell’arena, lo spazio all’aperto normalmente usato per il cinema. C’era quindi il problema dello smontaggio e rimontaggio delle seggiole, che risulta assai dibattuto nel Consiglio della CdP. La festa dava normalmente un buon risultato economico ed una buona partecipazione agli spettacoli; un po’ meno ai dibattiti politici. Si trattava comunque di manifestazioni impegnative. D’altronde feste dell’Unità se ne facevano tantissime e nei luoghi più diversi. Tra quelle delle origini, al tempo della grande sezione di Legnaia, se ne faceva tutti gli anni una presso il traghetto dell’Isolotto, dove ora c’è la passerella. Lì c’era una piccola cellula e lì si faceva politica e gran mangiate di pesciolini fritti. Erano famose e assai frequentate quelle organizzate dalla cellula del Ronco e dalla sezione di S. Quirico nel grande giardino del circolo La Concordia in via del Ronco Lungo. Anche lì politica e raffinate specialità gastronomiche come i “granocchi” fritti del Virginio. Se ne sono fatte nello slargo adiacente a via Cividali, a due passi da S. Quirico e nel moncone di viale Nenni, prima dell’apertura, insieme alla sezione di Soffiano. Storica anche la festa, questa di tutta la zona, nel giardino dell’ASNU, prima che fosse sfregiato da viale Piombino, con Umberto Terracini e il Benigni delle origini. La festa del 1978 nell’arena di S. Quirico prevedeva diverse manifestazione sportive: il Trofeo Bartolozzi; una disfida calcistica tra S. Quirico e Ronco; una maratona. Si teneva una rappre- L’attualità e la storia sentazione teatrale in vernacolo e uno spettacolo di canzoni popolari con due grandi, come Pietrangeli e la Marini. Non mancavano spettacoli per ragazzi, ballo, briscolone. Le manifestazioni politiche andavano dal dibattito sul ruolo delle sezioni con Gabbuggiani ad un incontro con dibattito, film ed assaggi di specialità con una delegazione vietnamita. Non è facile ricostruire i rapporti tra socialisti e comunisti a S. Quirico, dopo la confluenza degli azionisti nel PSI. Avranno certamente influito le diverse scelte nazionali dei due partiti. Tuttavia PCI e PSI convivevano nella stessa stanza, utilizzata a giorni alterni, e definivano insieme consiglio e presidenza della casa del popolo. Non sempre c’era piena collaborazione; talvolta i socialisti svolgevano un ruolo critico. E’ interessante comunque notare che personale politico dei partiti e della casa del popolo erano intercambiabili, pur nel mantenimento dell’autonomia gestionale del circolo. Viene riferita tuttavia una caduta progressiva dell’autonomia della casa del popolo e una crescente egemonia interna della sezione del PCI. Siamo nel 1978; un direttivo della sezione PCI sui criteri di scelta del consiglio della casa del popolo veniva introdotto con queste parole a nome della Commissione lavoro di massa: - la casa del popolo non deve essere solo un centro ricreativo e sportivo, ma polo associativo e di aggregazione: deve essere ricercato il contributo, oltre che dei partiti che reggono la casa del popolo, degli altri movimenti presenti nella zona e le esigenze della popolazione. E’ necessario trovare un’unità per questo obbiettivo non solo a parole ma concretamente. I consiglieri devono sentirsi investiti di responsabilità. Devono essere evitati quei momenti di frattura che in passato si sono manifestati. Nel 1980 ci sono trattative con i Socialisti, che erano usciti dal consiglio della casa del popolo e che per rientrare richiedevano una più consistente rappresentanza. Il Segretario della sezione Cecchetti, durante un incontro con i consiglieri comunisti della casa del popolo il 26 maggio 1980, esprime un giudizio positivo riguardo alla gestione economica ed al rapporto con il Quartiere e delle riserve sull’attività culturale. Esprime soddisfazione per il rientro dei Socialisti nel consiglio e per l’ingresso di alcuni indipendenti. Propone un programma di sviluppo relativo a biblioteca, cinema, giovani, ristrutturazione. A proposito della biblioteca, il segretario della sezione Magrini il 17/4/1979, ne rileva la notevole importanza sia per rilanciare l’attività culturale della casa del popolo che per la sua apertura alla popolazione del quartiere (il Comune aveva riconosciuto un contributo appunto con questa finalità). Conclude Magrini: “si tratta dunque di far convergere il maggior numero di consensi e di compagni che ci permettano di aprire la biblioteca immediatamente al quartiere e di sviluppare l’iniziativa nella e fuori dalla casa del popolo. Le iniziative di solidarietà e di lotta sul territorio vedevano spesso la collaborazione tra forze diverse. Alla lotta per ottenere nuovi edifici scolastici o in quella per l’adeguamento di via Baccio parteciparono anche i cattolici. Ma il momento più alto nel rapporto tra sinistra e mondo cattolico si ebbe con l’alluvione del 1966 nel comitato che si costituì insieme a Don Mazzi dell’Isolotto e Don Gomiti della Casella. Ne nacque il Comitato per la Pace (allora c’era la guerra in Vietnam), inizio 105 La storia cammina nel futuro di un lungo cammino che vede unite ancora oggi persone di diversa provenienza ideale e politica contro la guerra e per l’educazione alla pace. Del resto allora molti cattolici aderirono al PCI. Dalla lettura dei verbali dei Direttivi, assemblee e Congressi della sezione emergono alcuni problemi politici ricorrenti: non c’è sempre un buon rapporto tra Direttivo e Segreteria. Questo non impedisce alla sezione di svolgere una discreta attività. Si diceva delle feste dell’Unità, ma bisogna considerare anche le campagne elettorali e referendarie, la partecipazione agli organi scolastici, la collaborazione con il consiglio di quartiere, che coinvolgeva diversi quadri della sezione Tutti gli anni venivano fatte iniziative specifiche per il tesseramento. Ad esempio nel 1979, oltre all’assemblea generale della sezione, venivano organizzate iniziative specifiche su pensioni ed equo canone, quest’ultima insieme al PSI. Il lavoro politico della sezione era organizzato in gruppi operativi che andavano dal classico “lavoro di massa” all’”organizzazione” alla “stampa e propaganda”. Come tutte le altre sezioni del PCI, anche quella di S. Quirico era particolarmente impegnata nel “porta a porta” ed in generale nell’attività informativa e di propaganda in tutto il suo territorio. Si è detto della diffusione settimanale dell’Unità. Interessante è anche l’esposizione di “tazebao” informativi nei luoghi di maggior frequentazione, ad esempio alla Federiga. La cellula di Legnaia ha un buon numero di iscritti (intorno a 90), tanto che si parla spesso della possibilità di costituire una sezione autonoma. Discussione che poi sfocerà nella fusione con la sezione di Soffiano. ? La sezione della FGCI era abbastanza attiva, come risulta dalla pubblicazione di un giornalino e soprattutto dal notevole numero di giovani inseriti all’epoca nel gruppo attivo della sezione e negli organismi dirigenti, a cominciare dal segretario. Tra i segretari della sez. di S. Quirico, ricordiamo, oltre a Dolfi, Baroncelli, Di Lena, Brachetti, Cecchetti, Baldanzini, Sermanni, Anna Mancini, Laura Bacci e Stefano Magrini. L’ultimo segretario della sezione, dal 1988 al ’90, è stato Patrizio Panichi, già presidente della casa del popolo nel 1986-87. A quell’epoca nacque il cineclub Cinecittà. Fu poi adeguata la sala cinematografica, divenuta cinema d’essais. Dal PCI al PDS e DS Nel rapporto tra la casa del popolo e i partiti politici grande rilievo hanno avuto i rivolgimenti nazionali e internazionali avvenuti tra il 1989 e i primi anni novanta: la caduta del muro di Berlino e la fine della prima repubblica. In quegli anni il principale partito della sinistra, il PCI, si andava trasformando nel PDS e cercava di adeguare anche territorialmente la propria azione politica. Il congresso del PCI della svolta del 1990 ha visto anche nelle sezioni del quartiere 4 di Firenze un dibattito partecipato e appassionato, ma anche molto amaro da parte di tanti compagni. La sezione di S. Quirico - Ronco si è divisa a metà tra le mozioni di Occhetto e di Ingrao (la mozione Natta - Ingrao prevale 33 a 32). Molta parte degli iscritti del PCI sono poi confluiti nel nuovo partito, il PDS, ma anche il PRC ha avuto una discreta adesione. Il fatto che il PCI avesse due eredi non ha fatto certo aumentare complessivamente le adesioni ai partiti di sinistra. Al contrario, molti ex-PCI hanno preferito rimanerne fuori, pur con- L’attualità e la storia tinuando a considerarsi di sinistra. Fra i problemi che si ponevano al PDS c’era la costituzione delle nuove strutture di base, a partire dall’eredità del PCI. Un documento approvato dal congresso della sez. di Soffiano poneva la necessità di avere unità di base abbastanza consistenti in termini di iscritti, ma soprattutto di attivisti, da poter svolgere una intensa attività politica nel territorio e soprattutto contare politicamente all’interno del PDS, in modo da garantire una vera democrazia interna. Il successivo dibattito si concluse con la decisione di accorpare le vecchie sezioni del PCI in modo da avere nel quartiere 4 solo tre sezioni territoriali. Una di queste doveva risultare dalla convergenza degli iscritti provenienti dalle sezioni PCI di Ponte a Greve, S. Quirico e Soffiano. Il congresso costituente, tenutosi a Ponte a Greve, scelse, tra l’altro il nome da dare alla nuova sezione. Ci fu un notevole consenso su Pier Paolo Pasolini, grande intellettuale ed espressione di una sinistra critica e non conformista. I fatti successivi hanno confermato la capacità quasi profetica di Pasolini di capire dove andasse la società italiana. Per questo la scelta di allora si è dimostrata felice ed anche perché in effetti la sez. Pasolini è sempre stata poco conformista ed attenta al nuovo che si moveva e si muove all’interno del popolo di sinistra. I rapporti tra casa del popolo e partito sono stati in questa fase assai meno organici rispetto al passato e la presenza della sezione è andata sempre più assomigliando ad una specie di ospitalità e ad uno scambio di energie tra corpo sociale della casa del popolo e iscritti al PDS. Gli anni che hanno contraddistinto l’azione politica nell’ambito del PDS sono stati anni difficili, gravati dalla difficol- tà a trovare uno spazio adeguato alla nuova formazione politica; del resto sul territorio già in seno al PCI si era fatta forte la difficoltà nella militanza e nella presenza nelle strutture associative e sociali. Per la sezione Pasolini la sede politica era comunque costituita da tutte e le 5 case del popolo presenti storicamente nel suo territorio: Ponte a Greve, S. Quirico, Legnaia, Soffiano e il Ronco. Le sede fisica era logico che fosse quella più centrale, cioè S. Quirico. Tuttavia quell’eredità preziosa del movimento operaio che sono le case del popolo ha sempre comportato, accanto alle grandi opportunità anche dei problemi per il partito. In particolare la sezione Pasolini, anche per la configurazione allungata del proprio territorio lungo la via Pisana, ha sempre avuto la necessità di punti di riferimento effettivi e molteplici nelle case del popolo. Al riguardo si sono riscontrate molte difficoltà, dovute a varie cause: la minore “autorevolezza” del PDS rispetto al vecchio PCI nel quadro di una disaffezione diffusa verso la politica e verso la forma partito in particolare, accanto alla presenza di un circolo di RC con sede a P. a Greve; la tendenza crescente dei soci e frequentatori delle case del popolo ad una pigra chiusura all’interno delle proprie abitudini e convinzioni, anche per l’invecchiamento della generazione temprata dalla lotta antifascista e la marginalizzazione crescente della classe operaia; un localismo spesso esasperato che rende difficile la collaborazione tra diversi circoli. Tuttavia i dirigenti delle case del popolo non hanno mai messo in discussione la loro appartenenza al grande filone della sinistra ed anzi sono profondamente consapevoli del patrimonio trasmesso da una storia che per molte è ormai secolare. Questo ha comportato e comporta un 107 La storia cammina nel futuro apporto fondamentale alla battaglie della sinistra e la premessa per un ruolo ancora più importante nel prossimo futuro. Nella realtà l’attività politica sia interna che esterna della sez. Pasolini si svolge nelle case del popolo di Ponte a Greve, Legnaia e S. Quirico, oltre che nel territorio circostante. In particolare, oltre ad una stanza in compartecipazione con RC a Ponte a Greve, il partito del PDS e poi dei DS ha la disponibilità di una stanza attrezzata presso la casa del popolo Taddei di S. Quirico. Nonostante la minore presenza e visibilità della sezione del PDS, si è andata sviluppando una sempre maggior sinergia con la casa del popolo, che ha consentito ad entrambe di entrare in rete con tante esperienze della società civile. La Casa del Popolo e i Movimenti Accanto alle tradizionali attività di partito (riunioni degli organismi dirigenti, congressi, assemblee, tesseramento) nella casa del popolo di San Quirico si sono svolte, soprattutto quando il risveglio della società civile lo ha consentito, molte altre attività politico-culturali non strettamente di partito. Su questo punto occorre sottolineare un aspetto importante non solo per questa casa del popolo, ma per una possibile evoluzione positiva del ruolo di queste strutture associative in generale. Si tratta dell’atteggiamento costante di apertura verso la pluralità della sinistra e le sue coalizioni, verso movimenti culturalmente anche assai diversi, ma comunque stimolanti per il dibattito e l’azione politica. Apertura che si è tradotta anche in molti casi in fattiva collaborazione. La storia dell’Ulivo nel quartiere ha trovato un costante punto di accoglienza e di collaborazione nella casa del popolo, a partire dai primordi dei comitati promossi da Prodi e del loro coordinamento con le forze politiche interessate. L’Ulivo del quartiere 4 si è organizzato, in funzione delle campagne elettorali, in gruppi di azione territoriale comprendenti anche volontari non iscritti ai partiti. Uno di questi gruppi, l’unico a funzionare a pieno, era operativo nel territorio di S. Quirico - Legnaia ed aveva sede di riferimento nella casa del popolo di S. Quirico. Nella convinzione che la battaglia contro il berlusconismo e per la riaffermazione dei valori democratici e di sinistra deve essere permanente e continua, il gruppo operativo ha deciso di rimanere in funzione dopo le elezioni, trasformandosi in Comitato dell’Ulivo di S. Quirico -Isolotto, con sede logistica a S. Quirico. Il Comitato ha svolto una intensa attività di produzione e diffusione di materiale informativo e di propaganda nei mercati, davanti alle scuole ed in genere in tutti i luoghi di aggregazione e di passaggio possibili. Si è parlato di art. 18, conflitto di interessi, sanità, legge Bossi-Fini, guerra in Irak, riforma Moratti….Si sono svolte nella casa del popolo iniziative di autofinanziamento e di dibattito politico promosso dal Comitato e dal Coordinamento dell’Ulivo. Sia pure con qualche difficoltà si è costituito un Ulivo dell’Oltrarno, cioè un coordinamento del collegio della Camera, con i Comitati esistenti al Galluzzo e a Gavinana, che ha consentito rapporti più stretti e collaborativi, buona premessa per l’attività futura. L’assemblea popolare indetta dal coordinamento dell’Ulivo, con la partecipazione dell’associazionismo e dei cittadini del quartiere 4 che ha promosso il forum programmatico per il consiglio di quartiere si è tenuta a S. Quirico L’attualità e la storia e qui ha svolto i suoi lavori il gruppo che si è occupato di “città vivibile e stili di vita”. L’ampia e partecipata discussione su urbanistica, mobilità sostenibile,ambiente, consumo critico, stili di vita ha dato un buon contributo all’impegnativo programma elettorale dell’Ulivo. La casa del popolo di S. Quirico è stata sede del Comitato elettorale dell’Ulivo del quartiere in occasione delle elezioni amministrative del 2004, luogo di riunioni unitarie e di iniziativa politica e alla fine di esultanza e di festa. Il Comitato dell’Ulivo di S. Quirico - Isolotto è tuttavia entrato in crisi quando a livello nazionale si è decisa la Federazione dell’Ulivo, con la esclusione di Verdi e Comunisti Italiani, componenti importanti del Comitato. Questo tuttavia non ha messo in discussione lo spirito unitario della casa del popolo e dei DS locali, tant’è vero che l’Unione del q4, costituita durante un’assemblea popolare l’ha individuata come sede politica e operativa per la campagna elettorale del 2006. La casa del popolo f.lli Taddei ha sempre mantenuto rapporti di collaborazione con le istituzioni e la società civile del territorio. Con il Consiglio di Quartiere c’è stata collaborazione per numerose iniziative culturali (cinema, teatro, musica) sportive, assistenziali (fondo Essere ad esempio). La presenza, nei suoi pressi, di una scuola intitolata a Don Milani è stata la felice occasione per aderire alla prima marcia da Vicchio a Barbiana e soprattutto per coinvolgere gli scolari in una iniziativa culturale e festosa presso la casa del popolo, insieme ai loro insegnanti. All’interno dei DS si è discusso molto di crisi delle sezioni ed in generale della tradizionale forma partito. Tra le proposte di soluzione, quella che risponde meglio alla urgenza di recuperare un rapporto attivo e democratico con la società civile, sembra essere il cosiddetto “partito a rete”. Anche la sezione Pasolini ha partecipato a questo dibattito ed ha provato a sperimentare questo nuovo modo di operare. L’idea è quella di stimolare una nuova “democrazia partecipativa” contrapposta al populismo dilagante, originata dalla messa in rete di soggetti diversi anche per struttura e funzione all’interno della società. Le sezioni di partito divengono, in questa nuova visione, nodi della rete, accanto alle sedi dell’associazionismo democratico ed alle realtà del movimento. In questo quadro un ruolo sempre più importante e innovativo può essere svolto dalle “vecchie” case del popolo. Quando in Italia ed in particolare a Firenze la società si è rimessa in moto, le antenne sensibili della casa del popolo e della sezione Pasolini dei DS hanno captato subito il segnale, sia quello del movimento no-global, prima e soprattutto dopo i fatti di Genova, che quello del movimento per la democrazia, contro il populismo berlusconiano. C’è stata grande disponibilità nell’accogliere le iniziative del Social Forum, dalla entusiasmante manifestazione europea della Fortezza in poi. Ma anche il Laboratorio per la Democrazia ha trovato a S. Quirico una delle sedi preferite, per la generosa disponibilità e apertura della casa del popolo. Il Tavolo del Consumo critico, che raggruppa l’associazionismo interessato al tema, ma anche i DS del quartiere 4, promotori, insieme ai partiti di centrosinistra, di un corso di notevole successo su questo tema, svolge spesso le sue riunioni a S. Quirico. 109 La storia cammina nel futuro Ma il movimento che ha trovato nella casa del popolo di S. Quirico il rapporto più fattivo di collaborazione è stato quello pacifista. La premessa è nella lunga e convinta tradizione pacifista del nostro quartiere, che coinvolge la società civile, accanto alla Istituzione Consiglio di Quartiere. E’ stato per questo che la tavola della pace di Firenze, che raggruppava un ampio arco di partiti, associazioni, movimenti, costituita per contrastare la guerra preventiva e permanente di Bush, alla vigilia dell’attacco all’Irak, ha cominciato a riunirsi a Villa Vogel, sede del Consiglio del Quartiere 4. Da questo momento i rapporti con la Tavola provinciale della pace e poi con il Comitato Fermiamo la Guerra si sono fatti molto stretti. S. Quirico è divenuta la sede classica delle cene di autofinanziamento del Comitato con la generosità di sempre. Ma soprattutto la casa del popolo si è impegnata, con l’entusiasmo e la dedizione del Presidente Giovanni Santi, nel sostenere in concreto l’iniziativa più riuscita ed esaltante del movimento: l’esposizione delle bandiere arcobaleno alle finestre. Da S. Quirico sono passate gran parte delle bandiere (migliaia) esposte alle finestre, sventolate nei cortei, firmate, cucite in giganteschi striscioni, che hanno invaso Firenze e non solo. Ne sono partite tante per tutta Italia, per la Germania, gli Stati Uniti… Da allora la casa del popolo, dalla facciata al teatro, è sempre stata pavesata di bandiere della pace.