La storia
cammina nel
futuro
dalla Società di Mutua Assistenza
fra gli Operai in San Quirico (1885)
alla Associazione Casa del Popolo
Fratelli Taddei (2005)
I
n
d
i
c
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Presentazione
Giovanni Santi
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Presidente della “Casa del Popolo Fratelli Taddei”
Saluti, contributi e testimonianze
Leonardo Domenici
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Eugenio Giani
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Giuseppe D’Eugenio
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Eros Cruccolini
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Francesca Chiavacci
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Filippo Fossati
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Romano Manetti
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Maurizio De Santis
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Sindaco di Firenze
Assessore allo Sport e Tempo Libero del Comune di Firenze
Presidente del Consiglio di Quartiere 4
Presidente del Consiglio Comunale di Firenze
La storia cammina nel futuro
a cura di:
Luciano Senatori
ricerche iconografiche:
Giancarlo Matteuzzi
si ringraziano tutti coloro che hanno gentilmente
collaborato al reperimento delle immagini e alla ricostruzione
delle vicende storiche.
si ringraziano inoltre per il sostegno:
Presidente ARCI di Firenze
Presidente nazionale UISP
Presidente dell’Humanitas Scandicci
Segretario provinciale R.C. di Firenze
L’attualità e la storia
La Casa del Popolo Fratelli Taddei oggi
Alessandro Brunetti
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Le radici ed il percorso storico
Luciano Senatori
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Casa del Popolo “Fratelli Taddei”
Centro Studi e Documentazione ARCI Firenze
progetto grafico e impaginazione:
Francesco Carpi Lapi
stampa:
Genesi Gruppo Editoriale, Città di Castello
© 2005 Associazione Casa del Popolo Fratelli Taddei
Tutti i diritti riservati
Le trasformazioni del complesso edilizio
Francesco Carpi Lapi
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Architetto
I partiti della sinistra a San Quirico
Gianfranco Tomassini – Fabio Caciolli
Otello Dolfi - Alvaro Masi - Patrizio Panichi
D.S. Unità di base “P.P.Pasolini”
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Presentazione
Giovanni Santi
presidente dell’Associazione casa del Popolo Fratelli Taddei
Q
uesta pubblicazione rappresenta il tentativo di documentare con un “segno tangibile” il
grande impegno profuso e i molti risultati raggiunti dagli uomini e dalle donne che
hanno “fatto” la nostra istituzione nel corso dei centoventi anni della sua storia e che la
“fanno” oggi.
Uomini e donne impegnati a difendere, in passato come oggi, i valori della libertà,
della giustizia e della democrazia su cui è fondata la nostra Costituzione Repubblicana, ma anche impegnati “insieme” a realizzare concretamente nelle attività quotidiane tali valori, costantemente attenti
a rinnovare la loro associazione al passare del tempo insieme alla storia del nostro paese; a farla crescere,
crescendo loro stessi come soggetto politico e sociale, adeguandola alle necessità via via emergenti della
loro comunità, tra difficoltà e conflitti a volte non semplici, fino a diventare simbolo stesso della comunità e del quartiere.
Credo, infatti, che la storia della nostra Casa del Popolo, la cui storia è raccolta in questa pubblicazione,
sia un tassello fondamentale del patrimonio della nostra cultura e, in tale senso, sia necessario darle il
ruolo e la dignità di una storia importante.
In questo senso voglio ripercorrere anche la mia storia. E’ la storia, come quella di tanti amici, di chi non
ha potuto studiare da bambino per le difficili condizioni economiche della famiglia di origine (approdata dalla campagna maremmana nella grande città alla ricerca di un riscatto economico), ma che, grazie
alla sua attività all’interno della Casa del popolo, ha potuto ugualmente maturare una sua cultura; una
cultura fatta soprattutto di esperienza e di impegno civile, ma credo una cultura altrettanto importante.
Quando ho iniziato a frequentare la Casa del popolo, tanti anni fa, ero ancora un ragazzino; ero un
La storia cammina nel futuro
amante della bicicletta e così mi iscrissi alla Polisportiva e iniziai la mia attività; conobbi il Presidente
di allora Alvaro Masi e tanti altri personaggi con i quali sono cresciuto ed ho condiviso molte esperienze
(tra queste la mia gratitudine va soprattutto a Sergio Sermanni, segretario della nostra associazione,
stroncato nel 1994 da un infarto durante un raduno ciclistico amatoriale ed esempio di grande generosità e rispetto degli avversari, nello sport come nella vita). Sono stati anni di lavoro duro e di responsabilità nei confronti della mia famiglia e dei miei figli, ma la Casa del Popolo era il luogo che non solo
mi obbligava a riflettere sulla realtà che mi circondava e sul mondo che cambiava, ma mi consentiva di
operare concretamente per migliorare la realtà. Oggi sono ormai da molti anni il suo Presidente (sono
stato eletto nel 1994 con il novantacinque per cento dei voti) e, guardandomi indietro, credo di aver
realizzato con e per la Casa del popolo tantissime cose, cose che quando ho cominciato mi sembravano
impossibili. E continuo ancora ad essere un amante della bicicletta, a pedalare come all’inizio per passione ma anche per portare in giro per il nostro paese con la bicicletta messaggi di solidarietà e di pace.
Questo è lo spirito, allora, di questa pubblicazione, realizzata con i contributi del Sindaco e dell’Assessore
allo sport e tempo libero del Comune di Firenze, del Presidente del Consiglio di Quartiere, della Presidente dell’ARCI, del Presidente Nazionale dell’UISP e composta di molte parti.
Alessandro Brunetti descrive le decine d’iniziative ricreative, culturali e sportive che hanno caratterizzato
la nostra istituzione e la caratterizzano ancora oggi, una sorta di guida alla vita del circolo descritta in
modo semplice e che racconta le tante storie ed esperienze dei protagonisti.
Presentazione
L’architetto Francesco Carpi Lapi ripercorre le vicende fisiche della Casa del Popolo, dall’anno della sua
inaugurazione ai progetti, alcuni molto ambiziosi, che animano il nostro futuro, ricostruendo allo stesso
tempo le vicende di un contesto territoriale, quello che ospita la Casa del popolo, mutato profondamente
negli anni del dopoguerra e che ha mutato la Casa del Popolo.
Gianfranco Tomassini e Fabio Caciolli hanno ricostruito il rapporto, spesso conflittuale, tra la Casa del
Popolo i partiti politici ed i movimenti, dal dopoguerra ad oggi, sottolineando i momenti più difficili e
la stretta relazione che esiste tra attività politiche e attività ricreative e culturali.
Infine la storia della Società di Mutua Assistenza prima e dell’Associazione casa del popolo F.lli Taddei
dopo, intramezzata dai venti anni di associazionismo sotto la dittatura fascista. Una storia legata intimamente alla storia sociale del nostro quartiere ricostruita da Luciano Senatori, (che ha anche curato la
realizzazione del volume), attraverso i pochi documenti reperiti e le preziose testimonianze di coloro che
di questa vicenda ne sono stati i protagonisti. Alcune foto, raccolte e ordinate da Giancarlo Matteuzzi,
arricchiscono i testi e sono anch’esse testimonianza della storia.
Alla pubblicazione infine si accompagna una mostra nella quale sono state raccolte e riorganizzate alcune fotografie che documentano luoghi, personaggi e avvenimenti nel corso di questi 120 anni.
Voglio infine ringraziare, interpretando il pensiero dei Consiglieri e dei Soci tutti coloro che hanno contribuito in forme e modi diversi alla realizzazione di questa pubblicazione e di tutte le iniziative parte
del nostro programma per la celebrazione dei 120 anni di vita della nostra associazione.
saluti, contributi
e testimonianze
Saluti, contributi e testimonianze
Leonardo Domenici
Sindaco di Firenze
L
a storia della Società di Mutuo Soccorso di San Quirico non è solo la storia di una parte importante della nostra città, ma è un grande patrimonio per tutta Firenze.
Da centoventi anni quella che è diventata la Casa del Popolo “Fratelli Taddei” è un luogo di
aggregazione e ritrovo, di impegno civile, solidarietà e diritti. Grazie a questi locali e alle persone che infaticabilmente li animano, un gran numero di cittadini hanno trovato un punto di riferimento
insostituibile sotto il profilo culturale, sociale, sportivo e più semplicemente del tempo libero.
L’aggregazione di donne e uomini sulla base di un forte volontariato, ha reso possibile dapprima la nascita
e poi via via la crescita della Società, che ha saputo rinnovarsi e innovarsi, riuscendo sempre a rispondere a
nuove e diverse esigenze, divenendo ormai da tempo una delle “colonne” dell’associazionismo fiorentino.
Nata come Società di Mutua Assistenza per gli operai di San Quirico, da subito è diventata luogo, non
solo fisico, per le battaglie sindacali e sociali instaurando un legame forte col territorio e con la sua gente.
Fondamentale il ruolo nella lotta contro la dittatura fascista con molti dei suoi frequentatori protagonisti
della Resistenza e della lotta di Liberazione. Non meno importante l’attività dopolavoristica dalla quale
sono poi nate molteplici attività con l’unico scopo di migliorare la qualità della vita dei cittadini. La sua
funzione e i suoi scopi sono rimasti tali anche ai giorni nostri e per tutti vorrei ricordare la funzione di
informazione, luogo di dibattito e confronto sui profondi cambiamenti che quella parte della città sta
vivendo.
Vorrei in conclusione di questo mio breve saluto, ringraziare tutte quelle donne e quegli uomini che col loro
impegno e la loro partecipazione democratica hanno fatto vivere questa gloriosa Società. Un grazie particolare a chi ha voluto questa pubblicazione e a coloro che hanno contribuito alla sua realizzazione.
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La storia cammina nel futuro
Saluti, contributi e testimonianze
nella storia della comunità questa struttura riesce con continuità a evocare. Anonimi volontari hanno dato
vita in questi 120 anni ad una esperienza piena di solidarietà, desiderio di riscatto per la gente semplice e
umile, amore per la pace e la libertà.
Il Presidente Giovanni Santi nella sua modestia e nella sua passione trascinante è un emblema di queste
persone che hanno speso tanto del loro tempo libero per l’Associazione Casa del Popolo Fratelli Taddei di S.
Quirico. Il sottoscritto da “ragazzo di Legnaia” ieri, oggi amministratore pubblico, vuole testimoniare, in
occasione dell’anniversario dei 120 anni dalla fondazione, il grande affetto ed il sentito riconoscimento da
parte dell’amministrazione comunale per il lavoro che rende ancora quelle mura costruite fra via Pisana e
via Baccio da Montelupo con il sofferto guadagno di tanti operai, contadini, in genere cittadini caratterizzati da una forte dignità e amore per la propria comunità, un punto di riferimento importante per l’intera
città di Firenze.
Eugenio Giani
Assessore allo Sport e Tempo Libero del Comune di Firenze
S
an Quirico a Legnaia costituisce comunità storica nell’area fiorentina e il “popolo” di S. Quirico
fin dal XV secolo è citato come il riferimento istituzionale di un borgo sviluppatosi presto perché
collocato sulla strategica via di collegamento con Pisa ancor oggi nella toponomastica cittadina,
Via Pisana.
S. Quirico costituì quindi uno dei centri pulsanti della comunità di Legnaia che fino al 1865 ha rappresentato un comune autonomo da Firenze con una propria storia di borgo legato all’agricoltura, In particolare all’orticoltura, con proprie istituzioni. L’intera area di Legnaia fu assorbita istituzionalmente da Firenze solo con l’allargamento dei confini successivo al divenire capitale d’Italia nel 1865 e poi progressivamente
nel corso degli anni cinquanta del ventesimo secolo affogata dall’urbanizzazione violenta delle nuove
periferie urbane che hanno lasciato il contrasto fra le storiche stradine e le particolari abitazioni terratetto e
i nuovi palazzi pluripiano che irrompono nel precedente tessuto urbano come avvenuto a S. Quirico in via
Baccio da Montelupo o in viale Nenni con le storiche via del Ronco Corto e via del Ronco Lungo. Non vi è
quindi da meravigliarsi se accanto al flusso caotico del traffico ancora oggi emerge come affascinante residuo
di altri tempi il borgo di S. Quirico caratterizzato da un isolato che comprende l’antica chiesetta e la più
recente edificazione della Casa del Popolo, punti di riferimento per una aggregazione spontanea che ha visto
passare generazioni diverse unite dal richiamo di un’identità territoriale che S. Quirico sa esprimere ancora
oggi.
L’Associazione Casa del Popolo Fratelli Taddei di San Quirico è stata per tanti anni il luogo di ritrovo
per appassionati di sport, dl biliardo, per la ricreazione domenicale attraverso il cinematografo, per tante
manifestazioni popolari e festeggiare oggi i 120 anni dalla sua costituzione è la dimostrazione del ruolo che
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La storia cammina nel futuro
Giuseppe D’Eugenio
Presidente del Consiglio di Quartiere 4
S
e uno dei fondatori della Società di Mutuo Soccorso potesse per ventura aggirarsi nei locali dell’attuale casa del popolo e se gli venisse, per giunta, la voglia di affacciarsi sul quartiere circostante,
certo proverebbe un senso di sbigottimento e di vertigine. Quello che si troverebbe davanti poco o
nulla avrebbe da spartire con il borgo di fine ‘800 all’origine di questa storia e anche nella struttura stessa, nelle sue attività, nei suoi servizi, non sarebbe facile raccapezzarsi.
1885-2005. Fra queste due date si inserisce un’intera fase storica, dalle immense implicazioni sociali, politiche e culturali. Basta pensare agli snodi che la segnano e la caratterizzano: l’esplodere delle questione sociale,
la nascita del movimento operaio organizzato, la prima guerra mondiale e la crisi del liberalismo, il ventennio fascista culminato nella tragedia del secondo conflitto mondiale, la ricostruzione e il boom economico,
la contestazione del ’68, gli anni di piombo del terrorismo, Tangentopoli e la crisi della prima Repubblica,
per arrivare ai nostri giorni, drammatico crocevia fra un regime mediatico-plebiscitario e una democrazia
rinnovata nei suoi presupposti e nelle sue forme di partecipazione.
Eppure il brivido di questa vertigine non deve impedirci di cogliere il filo che ha attraversato tutto questo
periodo. Questo filo è la capacità di auto-organizzazione dei lavoratori di questo quartiere, un’attitudine
già efficacemente battezzata nella ragione sociale originaria di questa nostra realtà associativa così tenacemente custodita nel tempo: Società di Mutuo Soccorso. Associarsi per attenuare il peso della miseria, per
combattere lo sfruttamento, per strappare i servizi che non ci sono, per imparare ad essere cittadini consapevoli; ma associarsi anche, perché no?, per divertirsi, per praticare la gioia dell’attività fisica e dello sport,
per affinare e soddisfare il desiderio di cultura e il piacere estetico di una mostra, di un concerto, di un film.
‘Vogliamo il pane e anche le rose’, affermava lo slogan degli operai americani che proprio negli anni Ottanta
Saluti, contributi e testimonianze
del diciannovesimo secolo scendevano in piazza per le otto ore. Insomma, siamo affamati ma non di solo
pane, quella che vogliamo è una nuova qualità della vita, dove ci sia posto anche per le rose: la poesia, la
cultura, la pienezza dei sentimenti. Come direbbe il nostro Roberto Benigni: “Dopo ì ricreativo, passiamo a
ì culturale”.
Il pane e le rose ci sono, eccome, nella storia della Casa del Popolo di San Quirico e spesso si sono intrecciati
e rinforzati reciprocamente.
Penso alla straordinaria vocazione ciclistica, coltivata fin dagli anni Venti con la bici senza cambio, la
camera d’aria a tracolla e le strade polverose, che appena pochi mesi fa ha trovato una sua ideale continuità
nella biciclettata che ha raggiunto l’estrema punta della Puglia, portando un segno di pace e di solidarietà
attraverso la penisola. Penso alla sala cinematografica che tuttora rappresenta un presidio culturale cittadino
per la circolazione e la valorizzazione del cinema d’autore, proprio mentre la distribuzione è dominata da
una ristretta oligarchia di operatori che soffoca ed emargina la qualità, in nome di una sorta di ‘fast food’
dove dominano piattezza, omologazione e banalità.
Si diceva delle caratteristiche storiche del movimento mutualistico: auto-organizzazione, autogestione, iniziativa, assunzione di responsabilità, capacità di anticipare le istituzioni o addirittura di sostituirsi ad esse
quando occorre. Ebbene questo luogo ha vissuto una vicenda che compendia, meglio di ogni definizione, la
storia e la vocazione dell’associazionismo operaio fiorentino. Alludo alla nascita, nel 1951, del primo asilo
nido autogestito, un’esperienza prototipo che doveva aprire la strada alla lunga lotta per la dotazione di
servizi, destinata ad accompagnare l’espansione residenziale di questa parte della città, prima e dopo l’alluvione del 1966.
Proprio il secondo dopoguerra ha visto crescere attorno alla nostra SMS un pezzo di città. Il nostro fondatore
immaginario prima giungeva qui lungo la storica via Pisana e la via di San Quirico, più tardi ha assistito
all’apertura dello “Stradone”, come il popolo chiamava l’attuale Baccio da Montelupo, ma soprattutto se in
un primo tempo raggiungeva in breve la campagna, oltre la schiera delle case allineate sulla Pisana, nel volgere di qualche decennio ha visto crescere l’espansione della nuova residenza, ha conosciuto nuovi segmenti
di popolazione che trovava nei grandi palazzi risposta al bisogno sociale della casa. Oggi San Quirico è una
tessera importante del mosaico urbano consolidato, non più percepito come periferia ma come parte della
città.
In quella vicenda ritroviamo tutta la tensione partecipativa e tutta la capacità innovativa di cui questo
quartiere può farsi giustamente vanto. Anche perché si tratta di caratteri che precedono, e per certi aspetti
inducono, la successiva istituzionalizzazione delle circoscrizioni. Per me queste qualità rappresentano dei
requisiti pre-politici che, in un certo qual modo, vengono prima delle ideologie e delle stesse appartenenze
politiche e confessionali. Forse proprio questa umanità, in senso profondo, questa disposizione alla costruzione positiva rappresentano il segreto di una continuità che ha saputo resistere alle tempeste del Novecento.
E’ un patrimonio irrinunciabile, di cui avremo ancora molto bisogno se vogliamo affrontare con saggezza
la complessità, i conflitti e le aspre contraddizioni che la vita urbana ci sottopone in questo preambolo del
terzo millennio.
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La storia cammina nel futuro
Eros Cruccolini
presidente del Consiglio Comunale di Firenze
L
e Società di Mutuo Soccorso e le Case del Popolo sono state, e continuano ad essere, strutture di
grande importanza per lo sviluppo della democrazia nel nostro Paese.
Furono, nell’ottocento, i centri di aggregazione in cui il proletariato, il Quarto Stato del quadro
di Pellizza da Volpedo (quello che l’ARCI ha usato come manifesto per le sue campagne negli ultimi anni), cominciò ad organizzarsi, a costruire i suoi strumenti di solidarietà, a preparare le proprie lotte
e le proprie rivendicazioni, che si tradussero poi in programmi politici ed in piattaforme sindacali.
Sulla scena della politica irruppero le masse popolari e le assemblee parlamentari, i consigli comunali, gli
organi della rappresentanza istituzionale, riservati fino ad allora ai notabili borghesi, videro l’ingresso di
persone espresse dal movimento dei lavoratori.
Non a caso i fascisti, quando con la violenza, e con la connivenza del re, degli agrari, degli industriali, s’impadronirono del potere, annullando ogni forma di vita democratica, si accanirono contro le case del popolo,
le chiusero, le bruciarono, impedirono loro di svolgere le normali attività sociali (di aggregazione, di ritrovo,
di impegno solidale).
Alla fine della seconda guerra mondiale, conquistata la libertà con il grande contributo del movimento
antifascista e della Resistenza, il recupero delle case del popolo ad una funzione vitale per la stessa rinata
democrazia fu lungo e difficile.
Ma l’impresa ebbe successo e di nuovo, con i sacrifici di decine di migliaia di persone che si impegnarono a
costruire nuove strutture o a rinnovare quelle vecchie finalmente recuperate, case del popolo e circoli ricominciarono a funzionare come punti essenziali per l’organizzazione dei lavoratori, sia dal punto di vista
sociale che da quello culturale e politico.
Saluti, contributi e testimonianze
Negli anni 50 nasce anche l’ARCI, l’associazione in cui si riconoscono appunto i circoli associativi della
sinistra, e questo dà loro nuova forza (e nuovi impulsi alle loro iniziative).
Caratteristica principale delle case del popolo e delle società di mutuo soccorso, nel corso di oltre un secolo di
vita, è infatti quella di saper cogliere le esigenze ed i fermenti che man mano crescono nella società, dando
loro risposte, spazi, possibilità di svilupparsi.
Fu così che a Firenze, in seguito all’alluvione del 66, le case del popolo, insieme alle parrocchie (“La croce
e la falce e martello” si disse in un libro che ricostruiva quell’avvenimento), divennero i punti centrali
dell’autorganizzazione popolare e dei comitati che costituirono l’unica risposta realmente operante alla tragedia da cui era stata colpita la città.
Certo, tutto ciò non è avvenuto, e non avviene, in modo indolore, ma attraverso un confronto continuo,
all’interno delle stesse strutture associative, tra vecchio e nuovo, un confronto, che in certi casi, assume anche
i caratteri del conflitto.
Si sono avute discussioni serrate, ad esempio, quando si trattò alla fine degli anni 60, di dare stanze e strumenti ai doposcuola ed alle scuole popolari, che sorgevano un po’ dovunque nell’area fiorentina sull’onda
dell’esperienza di don Milani a Barbiana (e di quella “Lettera ad una professoressa”, che era stato il frutto
più maturo, e diffuso, scaturito da quell’esperienza).
Eppure è per questi profondi legami con il tessuto sociale (e con le parti più vive di tale tessuto) che le
case del popolo si sono aperte progressivamente alle tematiche dell’ambiente, del femminismo, della pace;
che hanno messo spazi a disposizione per servizi di consulenza sulle questioni dei consumi, della casa, dei
servizi; che hanno cominciato a trasformarsi, spesso con contrasti anche duri, da case del popolo in case dei
popoli, fornendo occasioni di aggregazione e d’incontro alle cittadine ed ai cittadini immigrati; che hanno
realizzato occasioni di socializzazione per la fascia, crescente, degli anziani; che hanno costruito, insieme ad
altre realtà presenti sul territorio, progetti di cooperazione internazionale e di diplomazia dal basso, nonchè
veri e propri laboratori di nuovi stili di vita (che riguardano gli “acquisti verdi”, la promozione della raccolta differenziata dei rifiuti e del risparmio energetico, il boicottaggio delle multinazionali, l’educazione al
consumo critico, il sostegno al commercio equo e solidale).
E’ per questo che nel movimento associativo si sente profondamente la “povertà” della politica, ridotta spesso
a logiche di schieramento e a tecniche di gestione del potere, e si sostengono con convinzione i processi partecipativi che hanno come fine il rinnovamento delle istituzioni e della politica stessa.
Permangono, è vero, aree di sofferenza, specie nel rapporto con i giovani, ma è soltanto con un rinnovamento ancor più coraggioso che si possono superare i problemi esistenti, dando fiducia alle forme di autorganizzazione ed alle sperimentazioni di modi diversi di aggregarsi e di condurre vita associativa.
La S.M.S. di S. Quirico è un esempio vitale di quanto qui ho detto, ripercorrendo sinteticamente oltre 100
anni di soria del movimento associativo.
Non resta che augurarle di continuare ad esserlo per moltissimo tempo ancora.
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La storia cammina nel futuro
Francesca Chiavacci
Presidente ARCI di Firenze
N
ell’introdurre l’accurato lavoro di ricostruzione e narrazione della storia più che secolare della Casa del popolo F.lli Taddei non è possibile tralasciare alcune riflessioni sul ruolo di
questa struttura e degli uomini e delle donne che negli anni hanno contribuito alle attività e
al lavoro del circolo.
Troppo spesso, incalzati dall’emergenza e dalle necessità dell’impegno quotidiano, capita di dimenticare
l’importanza del nostro passato, di non riflettere abbastanza su cosa hanno rappresentato nella storia della
nostra città alcuni luoghi.
Dall’elenco delle tante attività e dei gruppi , della politica e dell’impegno che hanno animato le stanze della
“F.lli Taddei”, infatti, emerge con grande chiarezza quanto l’associazionismo abbia saputo svolgere un ruolo
di presidio sociale, di animazione culturale, di spazio partecipativo, e , ancora prima, di presenza politica
attiva per la difesa dei valori della pace e della democrazia.
E lo ha saputo svolgere con grande coraggio, spregiudicatezza, intuendo le necessità della popolazione, “guardando avanti” e proponendo attività che altri, (ad eccezione delle parrocchie e degli oratori, che lo facevano
con finalità e obiettivi diversi), nemmeno i partiti politici della sinistra, solo successivamente avrebbero
scoperto.
La gestione di un servizio per l’infanzia che ha servito egregiamente il quartiere, una biblioteca nella quale
tanti fiorentini si sono laureati, la promozione di un gruppo di riflessione culturale composto da intellettuali
fiorentini, il cinema, l’ospitalità dei giovani partecipanti al Social Forum, le biciclettate per l’Italia per la
pace sono solo alcuni pezzi della storia passata e presente di un circolo che, negli anni, ha visto uno sviluppo
impensabile e di misure straordinarie di quella parte della città di Firenze, uno sviluppo rispetto al quale la
Saluti, contributi e testimonianze
SMS F.lli Taddei – San Quirico ha saputo dare risposte adeguate sul piano sociale e culturale. La sfida che
negli ultimi anni l’ARCI si è posta è stata proprio questa: riuscire a rappresentare il bisogno di cambiamento espresso dai movimenti e dalla società e al tempo stesso essere dentro la società stessa attraverso il rapporto
diretto, quotidiano, che nelle nostre strutture si realizza. Essere, insomma, davvero, “associazione ricreativa
e culturale” al tempo stesso; proprio nel mondo di oggi, dove la mercificazione attraversa la cultura, la
socialità , i fondamenti dello stare insieme, crediamo sia utile e necessario combatterla attraverso l’attività
delle nostre strutture, i nostri circoli, le nostre case del popolo e che si possa contribuire al cambiamento dei
rapporti tra il nord e il sud del mondo anche mediante la trasformazione degli stili di vita, dei consumi
culturali e dei modi di stare insieme.
“Arrendersi al presente è il modo peggiore per costruire il futuro”. E’ l’insegnamento che ci ha lasciato Tom
Benettollo, il nostro Presidente nazionale scomparso prematuramente che ha segnato con questi tratti il nostro patrimonio associativo.
L’ARCI che è parte del movimento contro la globalizzazione ingiusta, che è fianco dei migranti contro il
razzismo, che promuove il consumo critico non è “altra” cosa rispetto alla storia che ritroverete in questo
libro; è quell’esperienza , di cui dobbiamo conservare e mantenere memoria , e le scelte politiche fatte in
questi anni, che hanno prodotto quest’associazione, insieme al lavoro e alla fatica di migliaia di volontari e
volontarie che troppo spesso ci dimentichiamo di ringraziare.
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La storia cammina nel futuro
Filippo Fossati
Presidente nazionale UISP
M
i emoziona un po’ scrivere una presentazione per una storia della SMS S. Quirico.
Sono, da pochi mesi, presidente nazionale dell’Uisp e S. Quirico è sede di una nostra polisportiva che egregiamente ha negli anni costruito e svolto attività con ragazzi e ragazze
(e con persone di tutte le età) in diverse discipline, dal Calcio, alla Pallavolo, al Ciclismo.
Ma non è questo il motivo dell’emozione, né, credo, il motivo che ha spinto il Presidente Santi a sollecitarmi
queste righe.
Il fatto è che S. Quirico è la mia Casa del Popolo, il luogo dove ci si ferma a fare una discussione politica,
attorno ad un bicchiere e prima di una iniziativa culturale. Dove ci si dà appuntamento con gli amici
che non si vedono più da tempo e che abbiamo voglia di rivedere, con i quali abbiamo voglia di parlare.
Il luogo che non possiamo frequentare più con costanza, per le storie della vita, per la lontananza, ma che
siamo contenti che esista, siamo orgogliosi che continui a produrre relazioni umane, occasioni di incontro,
di crescita delle persone che lo frequentano.
Lo dico subito: questo è possibile perché tanti compagni (qui questa parola ha un valore particolare, è una
storia che prescinde, precede la storia dei Partiti politici) spendono tempo e fatica per mandare avanti, da
volontari , la baracca. E perché chi, a qualunque titolo, da una mano, lo fa perché ha capito qualcosa del
vero fine, l’obiettivo della Casa del Popolo. Accogliere, mettere in relazione, sollevare, aiutare le persone.
Nessuna esclusa.
Sono arrivato da ragazzo. 1975. Si poteva fare canto popolare. Suonare. Piaceva alla sezione del Partito
Comunista (anche a quella del PSI), piaceva al consiglio della Casa del Popolo. Piaceva a quella banda
fantastica di vecchi partigiani e antifascisti che ci incoraggiava, di cui eravamo tutti un po’ nipoti. Prova-
Saluti, contributi e testimonianze
vamo nella sala della tombola, la scaletta dello spettacolo la discutevamo in biblioteca. 8 marzo, 25 aprile,
canzoni nella sala del cinema. Un piccolo corteo di compagni e amici ci accompagnava da S. Quirico
quando suonavamo ( e cenavamo!) nelle case del popolo di mezza Toscana.
Anni 80. Finisce la musica. Rimane l’impegno politico, l’amicizia. Per molti di noi la Casa del popolo è
comunque il luogo degli appuntamenti, delle riunioni. Per me lo è spesso ancora.
Chi fa politica davvero, lo sa. Qui bisogna passare, bisogna venire ad ascoltare cosa pensano i tanti frequentatori. Del governo del Comune, come del dibattito infinito della sinistra. Perché qui c’è il nostro popolo,
che quando ha voglia di parlare qui parla più chiaro, è più esigente, ti cerca perché ti ha dato un compito, a
te dirigente, assessore, parlamentare e vuol capire come lo svolgi , se sei capace di rappresentarlo, se sei capace
di ascoltare le voci della strada, del lavoro,dei giovani.
120 anni. La SMS S. Quirico è una istituzione della città. Quando un moto civile, uno scatto di solidarietà come quello che portò i lavoratori del quartiere, due secoli fa, ad organizzare un vicendevole sostegno,
costruendo una casa di tutti, si riproduce per 120 lunghi anni con quello spirito e quella forza, passando
guerre e regimi, crisi economiche e disillusioni politiche, siamo di fronte a qualcosa di più di una associazione. Siamo nella trama dell’ordine di una città, di una società. Siamo nel governo, siamo nella democrazia.
Perlomeno in quella che vorremmo, piena di gente che partecipa e si impegna, che cerca di includere tutti,
tutti davvero.
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La storia cammina nel futuro
Saluti, contributi e testimonianze
avanti delle attività all’interno di un Circolo Ricreativo, far diventare una Associazione di Volontariato e
un Circolo, un punto di riferimento per i cittadini, riuscire a stimolare la partecipazione, la voglia di fare
volontariato. Ma noi non ci abbattiamo e abbiamo deciso di continuare, convinti che gli esempi concreti
valgono molto più delle parole
Un ringraziamento sincero al Circolo Taddei, al suo consiglio e al suo presidente, per aver capito che, oltre il
teatro, la collaborazione fra l’Humanitas ed il Circolo era e resta importante perché i cittadini, coltivando
interessi comuni, possono ritrovarsi, raccontarsi la vita di ogni giorno; sentirsi, forse, un po’ meno soli.
Romano Manetti
Presidente dell’Humanitas Scandicci
U
na piovigginosa serata dell’autunno del 2000; il gruppo teatrale degli “Incostanti”
della Pubblica Assistenza Humanitas di Scandicci, costituito da qualche tempo per esclusivi fini solidaristici, si ritrova presso la sede dell’Associazione in Via Bessi a Scandicci, non
sapendo dove andare a provare. E’ il problema di molti gruppi teatrali amatoriali; tanta
buona volontà ma gli spazi non ci sono. Quasi per pura combinazione mi metto a sfogliare l’elenco dei
Circoli di Firenze e vedo : Circolo Culturale Fratelli Taddei.
Immediatamente una telefonata e la disponibilità da parte del presidente per un incontro dopo mezz’ora
nella sede del circolo. Mi ritrovo così, come responsabile del gruppo teatrale e come Presidente dell’Humanitas, in compagnia del vulcanico presidente del Circolo Taddei, Giovanni Santi.
Una chiacchierata di oltre due ore ci fa piacevolmente scoprire quanto siano vicine le realtà che rappresentiamo: oltre cento anni di storia, il radicamento sul territorio, punti importanti di quella socializzazione e
aggregazione che differenziano e qualificano la Toscana dalle altre regioni d’Italia.
Durante la conversazione faccio presente a Giovanni quali sono i progetti del gruppo e, mentre parlo, vedi
che gli occhi di Giovanni brillano di contentezza. Scopro così che una collaborazione può nascere: il gruppo
teatrale si impegna per produrre spettacoli, il Circolo mette a disposizione il teatro, con l’unico scopo di
ampliare la sfera della solidarietà, quella solidarietà fatti di atti concreti, e non quella fatta di chiacchere
manifestata comodamente nelle poltrone degli studi televisivi.
Quando, qualche giorno fa, ci siamo ritrovati con Giovanni per tracciare un bilancio della nostra collaborazione, ci siamo dichiarati soddisfatti. Alcuni degli obiettivi che ci eravamo dati, erano stati realizzati.
Certo, si poteva fare di più; ma noi la sappiamo bene quanto sia difficoltoso, al giorno d’oggi, portare
23
La storia cammina nel futuro
Maurizio De Santis
Segretario provinciale PRC Firenze
Saluti, contributi e testimonianze
Il cambiamento di paradigma produttivo, che oggi chiamiamo post fordista, produce l’ impoverimento generalizzato della società e precarizza la vita.
Ecco perché diviene essenziale sapere attingere alle esperienze di solidarietà inventate dai nostri padri e i nostri nonni. Oggi più che mai la storia delle Società di Mutuo Soccorso riveste e sempre più rivestirà un’importanza per il nostro futuro. Costruire meccanismi di solidarietà dal basso, reti economiche alternative è
l’unica possibilità per sottrarsi alla tirannia di un sistema economico feroce e per costruire materialmente i
presupposti di una società diversa.
Ecco che il presente attinge al passato per creare un futuro diverso: questo è il miglior modo di mettere a
valore la nostra tradizione.
Per questi motivi, e per molti altri ancora che il poco spazio non consente di esplicare, sono a portare i saluti
miei personali e del Partito della Rifondazione Comunista, certo che ancora lunga sarà la strada che insieme percorreremo.
È
davvero un onore per il Partito della Rifondazione Comunista partecipare alle celebrazione del 120° anno di vita di uno dei luoghi più significativi della sinistra fiorentina.
La Casa del Popolo di S. Quirico rappresenta con la sua storia un itinerario concreto che unisce
memoria e tradizione alla ricerca di innovazione della propria identità, aperta alle nuove istanze sociali che si oppongono e lottano contro il nuovo paradigma dello sfruttamento capitalistico.
Nata come Società di Mutuo Soccorso, al tramonto del XIX secolo, è risorta dalle ceneri delle barbarie fascista come Casa del Popolo.
Grazie al lavoro tenace e alla passione caparbia di compagni e compagne ha attraversato l’intero Novecento
con la capacità di guardare al futuro, fino a comprendere, prima di molti partiti della sinistra, la novità e
le istanze di un nuovo movimento, che ha fatto irruzione sulla scena politica da Seattle in poi.
La Casa del Popolo ed il suo Presidente, hanno aperto senza indugio le proprie porte alle migliaia di giovani che, in occasione del Social Forum Europeo del 2002, hanno pacificamente attraversato Firenze.
Debbo dire senza retorica, che questo è il tratto che più suscita ammirazione nel nostro partito, la capacità
che avete avuto di rinnovare la tradizione, senza mai disperderla.
Avere il coraggio di metterla in discussione senza abiure ma neppure senza glorificazioni incapaci di cogliere
le reali contraddizioni del presente: questa è l’unica garanzia per la sua affermazione nel futuro, per far
sì che gli ideali e i bisogni che informano il nostro agire non siano una mera speranza, ma una concreta
possibilità.
In un’epoca di grandi cambiamenti e nuove sfide, questa è la grande questione che oggi ha di fronte a sé
tutta la sinistra. Dopo anni di crescita ci attendono tempi oscuri.
25
l’attualità e la storia
La storia cammina nel futuro
L’attualità e la storia
La Casa del Popolo
“Fratelli Taddei” oggi
tra il vecchio borgo e la recente urbanizzazione
Alessandro Brunetti
consigliere della casa del popolo fratelli taddei
“….Fino dal 1° febbraio 1885 è costituita in San
Quirico a Legnaia Comune di Firenze una Società di Mutua Assistenza la quale porta per titolo
Società di Mutua Assistenza fra gli operai in San
Quirico e si compone di un numero indefinito di
soci.
Questa Società ha per scopo:
- dare un sussidio giornaliero ai soci ammalati;
- assistere durante la notte i medesimi quando la
gravità della loro malattia lo richieda purché sia
riconosciuta dal medico…”.
Così recitava l’inizio del primo articolo dello
Statuto della nostra Casa del Popolo, la cui lunga
storia, coincide con quella difficile, talvolta drammatica del popolare quartiere dove è insediata,
tratteggiata in questa pubblicazione per ricordare i
120 anni trascorsi dalla sua fondazione.
Molte cose sono cambiate da allora ed in modo
particolare negli ultimi decenni a cavallo tra due
secoli. In questo periodo la vita della “Associazio-
ne Casa del Popolo Fratelli Taddei”, (questa è la
denominazione dal dopoguerra), cresce grazie
allo slancio dei soci, dei consiglieri, dei Presidenti
che giova ricordare : Giovanni Baldanzini, Arturo
Masi e Giovanni Santi.
A quest’ultimo e attuale presidente, con l’immancabile prezioso apporto dei consiglieri Gianni
Corsini, Franco Panichi e Bruno Cintelli, si devono le ultime consistenti trasformazioni della casa
del popolo. In pochi anni, l’associazione gestirà
nuovamente l’area ex asilo, già sede di punti di
incontro per i giovani del Comune di Firenze,
creandovi una vera e propria oasi di svago e divertimento per adulti e bambini. Verrà poi utilizzata
l’ex arena cinema, trasformandola inizialmente in
giardino estivo e successivamente in teatro tenda
una struttura polivalente capace di ospitare numerose iniziative.
Giovanni Santi e Gianni Corsini, presenti “a
tempo pieno”, affiancati dagli altri consiglieri
29
La storia cammina nel futuro
rappresentano i punti di riferimento per coloro
che hanno o vogliono intrattenere rapporti con
l’Associazione. In perfetta simbiosi, riescono
ad organizzare eventi ed iniziative di portata
straordinaria. E’ grazie alla loro opera, alla loro
attenzione verso il sociale, che l’Associazione
può esprimersi ad alti livelli nell’intero panorama
fiorentino. Con la Polisportiva San Quirico,
organizzazione integrata nella Casa del Popolo,
il ventaglio delle iniziative si estende e copre gran
parte delle opportunità di tempo libero, con strutture ed attrezzature idonee da menzionare anche
se sommariamente.
Attività cinematografica nella sala (cento posti)
completamente ristrutturata; teatro tenda polivalente; sala televisione; sala per giochi da tavolo
(carte, dama e scacchi); sale per gioco di biliardo:
a stecca con sei biliardi e tribuna, a boccette con
tre biliardi e tribuna; sala videogiochi; bar; ex asilo con giardino e sale (con attrezzatura di cucina)
per cene sociali, incontri conviviali e feste di compleanno dei bambini; due pianoforti per la scuola
di musica. Nella casa del popolo sono ospitate le
sedi dei Democratici di Sinistra e della coalizione
di centro sinistra “l’Unione”.
In queste strutture si svolgono attualmente le
seguenti attività:
Cinema
L’attività cinematografica all’interno della Casa
del Popolo ha una lunga tradizione, risale infatti
agli anni ’50, quando cominciarono le prime
proiezioni sia al chiuso, nell’attuale sala, che
all’aperto, nell’arena allestita nello spazio su Via
Baccio da Montelupo.
Cinecittà, come viene denominata la sala, negli
ultimi trent’anni si è sempre più caratterizzata,
nel panorama dell’offerta metropolitana come
il luogo nel quale si proiettano, durante il fine
settimana, film di qualità, mentre nel corso della
settimana si organizzano rassegne a tema su argomenti di scottante attualità e di rilevante interesse
culturale e sociale; si ricordano fra gli altri il ciclo
di film Paesi in guerra realizzato in collaborazione
con l’Ucca, il film su Ilaria Alpi, in collaborazione con il comitato delle vittime dell’attentato ai
Georgofili, la rassegna completa della produzione
di Ken Loack, o quella su PierPaolo Pasolini.
Completano il quadro delle attività di Cinecittà
iniziative come la rassegna Cinema e cibo, in
collaborazione con la Unicoop, o rassegne specificatamente dirette ad un pubblico di bambini,
come Giocando al cinema. Tali iniziative che sono
diventate nel periodo natalizio un appuntamento
ricorrente, sono realizzate in collaborazione con
il Quartiere 4 e prevedono oltre alla proiezione
di un film un intrattenimento con gioghi e un
piccolo spettacolo.
Non mancano poi incontri con gli autori che
presentano le loro opere: recentemente sono stati
ospitati Gillo Pontecorvo e Giuliano Montaldo.
Arena Teatro Cinecittà
La tenda polivalente ospita diverse tipologie di
intrattenimento: schermo gigante per la visione
in diretta della partite di calcio della Fiorentina ed
altre squadre partecipanti alla Champions League;
convegni ed assemblee che affrontano problemi e
questioni sociali e politiche; commedie teatrali in
vernacolo fiorentino, attività musicali corali e
strumentali; proiezione filmati per l’Università,
manifestazioni di cabaret; presentazione di libri;
organizzazione di feste per bambini; cene sociali e
feste di Carnevale.
L’attualità e la storia
Di grande rilievo è l’attività che si svolge in collaborazione con le scuole materne ed elementari
presenti sul territorio che da qualche anno festeggiano le proprie ricorrenze nella tenda polivalente.
Da ricordare le feste: di “Natale e fine anno”, di
“nonni e bambini” ed altre. Notevole è il contributo di partecipazione e collaborazione della casa
del popolo in occasione della sfilata dei bambini
per le vie del quartiere in occasione dell’ultimo
giorno di Carnevale. Nell’ultima edizione, ad
ogni bambino presente nella sfilata, la casa del
popolo ha consegnato una piccola bandiera della
pace intenso e significativo dono coerente con i
reali valori della vita.
Attività Ricreativa per la Terza Età
Intrattenimento danzante (ballo liscio), con musica dal vivo nel pomeriggio di mercoledì, tombola
sociale nel pomeriggio di giovedì.
Lega di Improvvisazione Teatrale
Correva l’anno 2001. I “match di improvvisazione
teatrale”, sebbene fatti da attori non professionisti, vedevano aumentare di anno in anno i propri
spettatori. Si poneva così il problema di trovare
un posto più adatto per effettuare lo spettacolo,
che permettesse a tutti di entrare e godersi lo
spettacolo comodamente seduti.
Un attore e regista fiorentino, Alberto di Matteo,
parlò a Giovanni Palanza, responsabile della L.I.T.
di una Casa del Popolo, dove aveva fatto delle prove, che disponeva di una specie di teatro tenda
abbastanza capiente e forse adatto alle esigenze
della Lega.
Fu così che Giovanni Palanza fissò un appuntamento con il presidente Giovanni Santi. La
prima impressione fu di un anziano signore con
una vitalità che tanti con molti anni di meno
invidierebbero. Il presidente parlò di tutte le attività del Circolo e fu subito chiara la sensazione
di trovarsi di fronte ad una situazione diversa da
quella comune a tanti circoli. Infatti sebbene economicamente il Circolo dovesse funzionare non
avevano abdicato affatto a tombola e ballo liscio, a
anzi aprivano con enorme entusiasmo al cinema,
al teatro, alla musica … un orizzonte a 360° nel
rispetto di tutti.
La scommessa fu ardita comunque da entrambe
le parti, la Casa del Popolo nelle persone di Giovanni Santi e Gianni Corsini, autentico braccio
destro del Presidente Santi, si dettero un gran da
fare per venire incontro alle esigenze della L.I.T.
e senza battere ciglio furono stabilite 12 date, 12
venerdì consecutivi, per effettuare lo spettacolo.
Da parte della Lega Improvvisazione Firenze,
c’era qualche timore nello spostare il proprio
pubblico in una zona in fondo decentrata rispetto
al passato…
I timori però si rivelarono infondati sin dalla
prima sera.. affluenza altissima, grandi pienoni e
soddisfazione sia per la L.I.T. che per il proprio
pubblico.
Iniziò così una fattiva collaborazione tra Lega Improvvisazione Firenze e SMS S. Quirico che andò
via via aumentando.
Non solo gli spettacoli del Campionato di Match
di improvvisazione teatrale, tutti gli anni da ottobre a dicembre, i saggi e le produzioni teatrali
delle scuole d’improvvisazione, tra i quali “The
Rocky Horror Picture Show” di R. O’Brein,
“l’Amleto” di S. Benni, “l’opera da tre soldi” di B.
Brecht e ultimamente “Improzac”, un innovativo
spettacolo di improvvisazione teatrale. Nel 2005
31
La storia cammina nel futuro
nella tenda polivalente si è svolto il Campionato
dei professionisti dei Match.
Negli anni si è cementato anche il rapporto personale tra tutti gli attori della Lega Improvvisazione
Firenze e i due paladini Giovanni e Gianni, vissuti
dal gruppo come due eroi di altri tempi, una sorta
di Don Chisciotte e Sancho Panza della cultura
fiorentina.
Corsi di Formazione Musicale
Dal dicembre del 1998 la casa del popolo F.lli
Taddei è sede di alcuni corsi musicali in collaborazione con il Consiglio la Commissione Cultura
del Quartiere 4.
L’obiettivo è ambizioso: creare una scuola nella
circoscrizione che risponda al bisogno sempre
crescente di educazione musicale di base e di qualità ed aperta al maggior numero possibile di fasce
sociali presenti sul territorio.
A questo progetto contribuiscono anche realtà
musicali presenti in altre strutture del Quartiere
quali la Scuola Montagnola ed il circolo “Le Torri”. Dall’unione di queste molteplici esperienze
lentamente prendono forma i Corsi di Musica del
Quartiere 4 sviluppando un proprio percorso: si
attivano, affiancate ai corsi strumentali, le lezioni
di teoria e solfeggio e di propedeutica, si aprono
nuove classi grazie ad una richiesta sempre maggiore di iscritti.
Il casa del popolo F.lli Taddei diviene centro
musicale attivo ed aperto alle attività didattico educative, ma anche promotore di manifestazioni culturali e di concerti: nel 1999 l’iniziativa di
beneficenza per l’ospedale Meyer con il concerto
della Cappella Musicale fiorentina diretta dal M°
Bruno Sorelli; nel 2001 il concerto del trio corno,
violino e pianoforte (Fattorini, Manetti, Miche-
lagnoli) in occasione del 50° anniversario della
realizzazione dell’asilo A. Garibaldi. Gli eventi
musicali si susseguono fino alla organizzazione
della stagione di concertistica nella sala “Cinecittà”, intitolata “Quartiere 4 in concerto”.
Si tratta di una rassegna di musica classica che
si svolge ogni domenica pomeriggio da febbraio
ad aprile, in collaborazione con l’Ente locale e
organizzata assieme all’Associazione Musicale F.
Landini, fondata dai docenti dei corsi di musica.
Nel 2003 la manifestazione alla sua prima edizione riscuote un indubbio successo di pubblico
in un momento invece in cui le sale da concerto
tendono a svuotarsi, così nel 2004 viene riproposta coinvolgendo un ancor più ampio numero
di cittadini; merito della ricca ed interessante
programmazione che spazia dal Rinascimento
al Novecento, alla qualità dei concerti proposti:
fra tutti gli eventi vogliamo ricordare il duo di
chitarre J. Lubina, D. Kupinski (10 Aprile 2005),
vincitori della selezione del Festival di Paganini
2004; l’Ensemble Rojo Porteno con musiche di
Astor Piazzolla (8 Febbraio 2004); il concerto in
occasione della festa della donna, ripreso e trasmesso ogni anno dalla emittente Toscana Tv.
L’attenzione verso i giovani è un altro degli aspetti
che emerge dalla rassegna: infatti vi hanno suonato giovani musicisti di valore sia del Conservatorio L. Cherubini di Firenze sia allievi dei docenti
dei Corsi di musica Q4.
Interessante anche il concerto tematico dedicato
al musicista francese E. Satie, durante il quale
sono state effettuate proiezioni adoperando il
grande schermo della sala cinema; l’ interazione
fra le arti, musica , disegno, pittura, cinema, è
stato più volte motivo di incontro tra le due real-
L’attualità e la storia
tà presenti nel circolo, il cinema “Cinecittà” e la
scuola di musica. Negli anni 2001, 2002, 2003, in
particolare, dalla collaborazione fra i maestri Alessandro Manetti, Valerio Vezzani e Michele Spina,
responsabile del cinema di S. Quirico nascono
una serie di spettacoli-concerto dedicati al cinema
muto. Le opportunità culturali offerte nel corso
degli anni presso il circolo si sono allargate anche
alla filosofia: il 28 marzo 2004 ha avuto luogo la
lezione concerto “Don Giovanni e la musica di
Mozart nell’interpretazione di Kierkegaard” con
esecuzione dal vivo di musiche del grande compositore. Pur trattandosi di argomento complesso,
riguardante l’estetica e l’estetica musicale, vi è stata grande partecipazione; soprattutto gli allievi dei
corsi di musica hanno trovato proficuo e molto
interessante questo incontro di discipline: spesso
l’insegnamento delle arti ha bisogno di aprire i
suoi orizzonti per una comprensione veramente
organica. La scuola di musica nel circolo e nelle
sue varie sedi offre infatti all’iscritto, tramite i
suoi docenti, occasioni ed eventi come questi, una
educazione alla musica che supera il confine di
una mera prassi esecutiva.
Nelle sale attrezzate del circolo nel 2005 sotto la
direzione del maestro Valerio Vezzani vi sono stati
i seguenti corsi di musica: pianoforte, chitarra
classica, sassofono, flauto traverso, canto lirico e
canto moderno, chitarra moderna e d’accompagnamento, basso elettrico, batteria, propedeutica
musicale, solfeggio, teoria ed educazione musicale
generale.
Musica Corale Gospel
Recentemente è stato sperimentato anche un
corso di musica corale gospel.
Tutto è cominciato, come per caso, tre anni
fa. The Florence Gospel Choir diretto dal
maestro americano Nehemiah Brown fu invitato per un concerto nel teatro del circolo
di S. Quirico. Era il primo di maggio e sin
dal suo arrivo in Italia al maestro sarebbe
piaciuto cantare per quell’occasione. Da
quel momento scoccò come per magia una
reciproca simpatia che è sfociata poi in
una amicizia che dura appunto ormai da
qualche anno. Anche se siamo piuttosto rumorosi, una volta alla settimana portiamo
la musica gospel nei locali del circolo e ogni volta
che è possibile allettiamo con le nostre voci le
iniziative del circolo. Il circolo è per il coro non
solamente uno spazio in cui fare le prove od
esibirsi, ma anche un punto di incontro, e ciò è
importante per la vita di un vero gruppo gospel
come siamo noi.
Coro di Canto Popolare “L’altrocanto”
A proposito del cantare..
si canta, si cantava e si continuerà a cantare nei
momenti allegri e tristi, nei giorni esaltanti o
malinconici della nostra vita. Ma c’è anche un
cantare che svela la realtà di una condizione materiale, di una speranza, di un ideale che appartiene
a tanti, talvolta a tutti. In certi momenti storici
la canzone dà la voce ai fatti che non avrebbero
spazio né dignità dentro le narrazioni ufficiali ed
è anche l’unico modo di conservare una memoria
collettiva che altrimenti si perderebbe con il fluire
del tempo e delle generazioni.
Le parole dal canto loro sono pietre e come tali
sono fragili e con il tempo si consumano. Cantare è allora dare nuova intonazione a vecchie
melodie, è far rivivere parole antiche in nuove
costruzioni, in nuove trame.
33
La storia cammina nel futuro
Noi cantiamo e invitiamo a cantare per dare voce
ad aspetti dimenticati della tradizione popolare
della Toscana ed a quelli della tradizione di altri
paesi; per ridare la bellezza musicale al canto politico, espressione di situazioni storico-sociali fra
otto e novecento; per dare infine continuità alla
tradizione popolare con nuove composizioni.
Grazie alla disponibilità della Casa del Popolo F.lli
Taddei a S. Quirico, un primo gruppo di voci si
raccoglie nel 2002 attorno alla fisarmonica di Valter Vaioli, autore di appassionati brani di grande
umanità, impegno esistenziale e denuncia sociale.
Il coro cresce a poco a poco avvalendosi all’inizio
del chitarrista Andrea Parlavecchio; ma è con
l’apporto della voce e della chitarra di Giacomo
Gentiluomo che si rafforza il già sperimentato repertorio della tradizione popolare toscana. In varie occasioni il gruppo canoro si propone anche
con canti di lavoro e di lotta, in particolare della
tradizione anarchica. Fin dalle prime esperienze il
coro, che dal 2003 si presenta al pubblico con il
nome “l’Altrocanto”, si è sempre stretto attorno
alla carismatica figura di Giulia Lorimer che con
il violino e la voce ha dato e continua a dare al
gruppo il contributo più assiduo. L’arrivo del M°
Stefano Corsi, attuale direttore de l’Altrocanto,
ha impresso all’interno del repertorio popolare
scelto dall’insieme del coro, un nuovo prezioso
impulso verso la ricerca e la qualità dei valori musicali. L’Altrocanto, che ha sede presso la Casa del
Popolo F.lli Taddei di S. Quirico, è costituito da
circa trenta elementi ed è sempre aperto a nuovi
contributi; le voci soliste sono attualmente quelle
di Giulia Lorimer, Angela Pellegrini, Elisabetta
Togni e Orazio Sciascia.
Il coro in questi anni ha tenuto numerosi concerti
in feste popolari, rassegne corali, celebrazioni di
eventi culturalmente e socialmente significativi.
Spiccano fra questi, nel 2004, la partecipazione a
Ruralia (Fiera dell’agricoltura che si tiene a Villa
Demidoff), l’organizzazione della serata musicale
per il fondo di solidarietà ESSERE ospitata nella
Casa del Popolo F.lli Taddei di S. Quirico, e ancora, la partecipazione alle celebrazioni in onore di
Pietro Gori a Rio Marina nell’Isola d’Elba e quella
a “L’Opera da tre soldi” di Bertolt Brecht, a cura
dell’Istituto Russel-Newton in scena al Teatro
Studio di Scandicci.
Sport Formativo
Ricreativo ed Agonistico
La Polisportiva San Quirico, all’interno della casa
del popolo, nasce nel 1959 ed inizia le prime
attività nel 1961 con formazioni spontanee di
cicloturisti. Si trattava di
Alcuni gruppi di amici che si ritrovavano la domenica per organizzare passeggiate in bicicletta
attraverso le deliziose colline toscane.
Negli anni altri gruppi interessati ad altre discipline sportive si aggregano e contribuiscono
allo sviluppo della polisportiva che si costituisce
ufficialmente nel 1986. Da ricordare il contributo dato da Sergio Sermanni, uno dei maggiori
artefici della crescita della nostra Polisportiva e
dell’intero sodalizio. Scomparso nel luglio 1994
durante una gita cicloturistica, ha rappresentato
per tutti noi il vero modello di dirigente sportivo,
incarnandone in pieno i reali valori, ricoprendo
per anni la figura di dirigente delle squadre
di calcio, di pallavolo, nonché di Segretario della
Associazione.
La Polisportiva ha sempre rappresentato per gli
abitanti del Quartiere, e non solo, un vero e pro-
L’attualità e la storia
prio punto di riferimento per trovare momenti di
svago, relax e divertimento attraverso manifestazioni a livello sportivo, sociale e culturale.
Attualmente la polisportiva è attiva nelle seguenti
discipline: biliardo boccette, biliardo stecca, calcio
a 11 maschile, calcio a 5 e 7 maschile , calcio a 5
femminile, cicloturismo, ginnastica per anziani,
pallavolo, pesca e surfcasting.
Biliardo a Boccette
E’ questo il settore storico della Polisportiva. Pluripremiato a livello provinciale, regionale e nazionale, nel corso degli anni ha sempre rappresentato
una delle punte di diamante a livello di risultati
della intera Polisportiva. Grandi campioni hanno militato e militano nelle nostre squadre.
Nell’ottobre del 1970 alla giovane età di 14 anni
Stefano Cecconi, uno dei pionieri del biliardo
boccette di San Quirico, iniziava a giocare all’interno del circolo. Solo pochi possono raccontare
quei tempi, perché molti hanno interrotto l’attività oppure altri ci hanno lasciato. Il ricordo va
a Guerrini, vero reclutatore di ragazzi, che oltre
al citato Cecconi, avvicinò a questa disciplina il
Pompiere, il Gatto, il Topo, Tonino, tutti soprannomi di ragazzi che si avvicinarono con passione
a questa disciplina. Da ricordare come campione
dotato di tecnica indiscussa nonché di particolare
simpatia il mitico Maggino Bolognini, autentico
campione di questo sport, in onore del quale vengono tutt’oggi organizzati tornei a lui dedicati.
Tantissimi giocatori sono passati sui nostri biliardi
prima con le buche e dopo senza, e sicuramente
non solo campioni ma anche assidui frequentatori. Da ricordare, a proposito, le innumerevoli
sfide tra Giacomino, Ronzano e Patanocco, veri
e propri eventi settimanali della sala boccette. Da
ricordare inoltre le micidiale bocciate del Barone
o le “biciclette” dell’ortolano, i tiri stravaganti di
Palla Veloce oppure i classici tiri di Bottone che
colpivano immancabilmente gli angoli al punto
di chiamarli “Antonio” come il suo nome, e non
ultime le interminabili partite e discussioni del
sabato pomeriggio tra Nando, il Cencini, Piero
e Giova.
Oltre a tante cose divertenti, vi sono stati anche
episodi tristi che hanno funestato il settore boccette. Tra tutte la prematura scomparsa, a soli
diciotto anni a causa di un infortunio sul lavoro,
di Stefano Cespugli che ha lasciato un vuoto incolmabile. E mai potremo dimenticare il fatidico
grido di vittoria “Miao” di Gino Ratti (non a caso
soprannominato Gatto) che oltre ad essere stato
un ottimo giocatore ha anche ricoperto l’incarico
di arbitro a livello nazionale. Anche per lui, come
per il citato Maggino Bolognini, vengono organizzati tornei in sua memoria. Ed in uno di questi, Stefano Cecconi riuscì a trionfare nonostante
la presenza di tanti campioni e bravi giocatori. Il
grande Stefano afferma che a guidare la sua mano
durante il torneo sia stato il mitico “Gatto”, visto
che durante le gare il Cecconi provava sensazioni
indescrivibili che gli hanno permesso di effettuare
tiri di una efficacia straordinaria fino a battere
nella finale il pluricampione D’Ambra.
Nel primo periodo di vita del settore boccette il
gioco agonistico si sviluppava tutto nella FIABS.
Successivamente, assieme al Circolo Il Ponte di
Scandicci, fu costituita nella sede della Polisportiva San Quirico la sezione biliardo boccette della
UISP. Con l’avvento dei biliardi senza buche,
Stefano Cecconi, Marco Giuliani, Gianni Conforti ed Alessandro Pellegrini uscirono dalla UISP,
35
La storia cammina nel futuro
tanto che nell’anno successivo tutti i giocatori del
circolo seguirono i colleghi al punto da costringere il circolo a sostituire tutti i biliardi con quelli
di nuova generazione. Il livello di gioco si alzò
notevolmente ed iniziarono ad arrivare giocatori
di qualità come Andrea Beccatelli, vincitore di
numerose gare tra le quali spicca senza dubbio
il Campionato Italiano a coppie vinto nel 2000
ad Alessandria assieme a Stefano Giannoni del
CSB Aurora. Arrivarono inoltre Paolo Eredi, Rodolfo Sisi, Luigi Giuliani, Massimo Cicali, Piero
Conforti, Alessandro Logli, Piras, ed altri ancora,
che hanno contribuito, grazie alle loro vittorie in
campo provinciale, regionale e nazionale, a tenere
alto il valore del nostro circolo. Nel frattempo
sono sbocciate anche due giovani promesse come
Francesco Innocenti e Massimiliano Berti, detto
“Pilos”, che si sono messi in mostra in diversi
tornei. Alla nostra attività si è anche appassionata
una donna (caso più unico che raro nella nostra
provincia), Piera Bellini, che dopo avere affrontato con discreto successo gli uomini, ha iniziato
a cimentarsi in campo nazionale nella categoria
femminile conquistando più volte il titolo nazionale e inserendosi attualmente tra le prime otto
giocatrici italiane, anche se ora milita in un’altra
squadra. Il CSB San Quirico si è molto impegnato, inoltre, nella organizzazione di numerose gare
nazionali in collaborazione con il Comitato di
Firenze. Nel 1997 Giovanni Santi, Presidente del
Circolo, grazie alla fattiva collaborazione di Paolo
Eredi, membro del Comitato FIABS di Firenze,
riuscì ad organizzare al Circolo di San Quirico
il Campionato a squadre a livello nazionale, che
permise di vedere all’opera sui biliardi della Casa
del Popolo tutti i migliori giocatori italiani. A
seguito del grande successo della manifestazione,
tale evento fu assegnato alla Polisportiva San
Quirico per altri cinque anni facendo conoscere
in tutta Italia il nostro circolo. Nel 2004 la federazione italiana ha chiesto al nostro circolo di organizzare la prestigiosa gara “Coppa delle Coppe”,
gara singola che ha visto la partecipazione di tutti
i più forti giocatori italiani.
Per finire, giova ricordare che San Quirico oltre a
vantare numerosi bravi giocatori, vanta anche una
forte tradizione nel campo arbitrale schierando
ben quattro arbitri nazionali del calibro di Cencini, Eredi, Chianucci e D’Alessandro.
Responsabile della sezione è Stefano Lecconi.
Biliardo a Stecca
In occasione della ristrutturazione della Casa del
Popolo nel 1993 ed allo scopo di trasformare l’attività ricreativa del biliardo in una vera e propria
attività sportiva con la nascita di squadre affiliate
alla più importanti federazioni biliardistiche, venne inaugurata nel 1993 la sala di biliardo a stecca,
autentico gioiello della Associazione, una delle
più belle sale da gioco della Toscana. Dalla sua
creazione sono stati organizzati importanti tornei
regionali e provinciali e le squadre partecipanti ai
vari campionati provinciali sono andate via via
aumentando. Attualmente i tesserati della sezione
stecca sono circa sessanta e compongono circa
dieci squadre ma i frequentatori della sala sono
molto più numerosi. Nel corso di questi anni diversi atleti si sono distinti sia a livello individuale
che di squadra e particolarmente con la vittoria
nell’anno 1997 del Campionato Interprovinciale
a squadre 2a Categoria UISP e conseguente piazzamento (2° posto) al Campionato Nazionale.
Tale attività è, a differenza delle altre discipline
L’attualità e la storia
sportive, svolta totalmente all’interno della Casa
del Popolo ed ha comportato quindi un notevole
incremento di frequentatori che pian piano si
sono integrati divenendo parte attiva nella gestione del Circolo. La creazione della sala, difatti,
voluta fortemente dallo scomparso Sermanni ha
senza dubbio ridato linfa vitale all’ambiente, aumentando in maniera notevole il numero dei soci
e dei frequentatori della nostra Associazione.
Responsabili della sezione sono Fabio Mancini e
Stefano Sodini.
Calcio a 11 maschile
Disciplina da sempre presente nella Polisportiva
ha ottenuto, negli anni, risultati di prestigio. Giova ricordare, a tale proposito, la conquista nella
stagione 89/90 del Campionato di seconda categoria UISP, prima importante vittoria della squadra biancorossa, nella stagione 92/93, il Torneo
“Materassi”, nella stagione 93/94, il prestigioso
torneo “I giganti della Fiorentina” - organizzato
dalla Lega Calcio UISP con la collaborazione
della A.C. Fiorentina - manifestazione alla quale
è stato abbinato per anni (successivamente al Torneo “Città di Firenze” sempre gestito dalla Lega
Calcio UISP) il Memorial “Sergio Sermanni”,
trofeo messo in palio dalla nostra Polisportiva per
ricordare lo scomparso Sergio. Poi, nella stagione
94/95, la nostra squadra ha vinto il Campionato
di prima categoria UISP, conquistando la promozione in Eccellenza, massima serie della UISP. Nel
1996 arriva però la grande impresa della squadra
di San Quirico. Dopo avere ottenuto prestigiosi
successi a livello provinciale, la nostra squadra ottiene la consacrazione a livello regionale vincendo
la Coppa Toscana 1996, manifestazione d’élite,
riportando dopo sette anni il prestigioso Trofeo
alla Lega di Firenze. A seguire, sull’onda dell’entusiasmo, la nostra squadra si impone anche nel
Torneo di Bagno di Gavorrano sconfiggendo
squadre blasonate a livello nazionale. Una serie di
successi, dovuti soprattutto alla passione del duo
Alessandro Brunetti - Oberdan Santi, il primo
efficientissimo sotto il profilo organizzativo, il
secondo compente sotto il profilo tecnico. Successivamente, dopo alcuni anni di stallo, grazie
al ritorno di Alessandro Brunetti, alla passione
ed alla professionalità del nuovo mister Stefano
Maioli, autentico protagonista da giocatore della conquista della Coppa Toscana 1996, ed alla
saggezza di Mario Fantechi, valido collaboratore
tecnico, la squadra di San Quirico si afferma con
prepotenza tra le squadre più forti del panorama
fiorentino e non solo, conquistando, oltre a numerosi tornei estivi di prestigio, un bis in Coppa
Toscana, vincendo per la seconda volta l’ambito
trofeo nell‘anno 2001. Un grosso team, insomma,
sotto tutti gli aspetti, ben coordinato dal Presidente Brunetti, che si avvale di una schiera di validi e preziosi collaboratori quali Mario Incardona,
Graziano Castagnoli, Tullio Di Leo, Fernando
Cecchi, Daniele Inturri, e Natale Leuzzi, vero e
proprio mago dell’immagine della squadra .
Da evidenziare, infine, che nelle fila biancorosse
hanno militato anche campioni quali Roberto
Galbiati e Antonio Strano, personaggi di rilievo
del panorama calcistico professionista.
Responsabile della sezione è Alessandro Brunetti,
da anni presente nel panorama sportivo dell’Associazione ricoprendo in passato anche la carica
di presidente della Polisportiva, nonché ruoli di
rilevo all’interno della Lega Calcio U.I.S.P. di
Firenze.
37
La storia cammina nel futuro
Calcio a 5 e a 7 maschile
Sull’onda dell’entusiasmo del pianeta calcio e seguendo la sempre più diffusa pratica di questa disciplina, nasce, su iniziativa di giovani frequentatori della Casa del Popolo, nella stagione 95/96, la
squadra di calcio a 5. La nostra formazione, sotto
la guida di Gino Barconi e Luca Mondì, responsabile della sezione, conquista subito un brillante
piazzamento in campionato, gettando le basi per
un concreto, solido e prosperoso cammino. Dopo
un primo campionato F.I.G.C. di media classifica, il San Quirico diventa San Quirico Firenze e
conquista la promozione in C1 vincendo tutte le
partite. Nella stagione successiva avviene la fusione con lo Scandicci che, di fatto, conclude l’era
del calcio a 5 maschile a San Quirico.
Nel 1999/2000 si passa al “calcio a 7” sotto la
responsabilità dell’inossidabile Gino Braconi
e Marco Casaredi, due ragazzi di San Quirico
che gestiscono la nuova avventura sponsorizzata
“in toto” dalla Casa del Popolo che dà così una
ulteriore possibilità ai ragazzi che formano questo
gruppo di cimentarsi in una nuova avventura. E
questa squadra, alla sua prima partecipazione,
vince subito il suo primo Campionato C.S.E.N.
provinciale, le finali regionali, classificandosi al
quarto posto alle finali nazionali disputate a Porto
Torres. Nella stagione successiva nasce anche una
seconda squadra di calcio a sette formata prevalentemente da ragazzi del Circolo che riescono a
conquistare una posizione in campionato degna
di rispetto, mentre l’altra squadra, che si avvale
anche delle prestazioni di giocatori provenienti
dalla Federcalcio, stravince ancora una volta a
livello provinciale e regionale. Nel 2001/2002 a
seguito della partenza di Gino Braconi per il cal-
cio a 5 del Pontassieve, il San Quirico affianca a
Marco Casaredi due nuovi responsabili, Massimo
Lisi e Luca Lombardo. Nonostante il cambio, il
San Quirico conquista di nuovo il campionato
provinciale. Nella stagione successiva la squadra
biancorossa si aggiudica di nuovo tutto conquistando il diritto a partecipare alle finali nazionali
che si disputano a Monopoli, dove partecipa una
“mista” di calcio a sette ed undici che conquista
un onorevole piazzamento.
Nella stagione 2004/2005 si affianca alla già navigata squadra di Casaredi, una squadra formata da
un ex giocatore di calcio a undici, Ermanno Pucci,
che partecipa con onore al campionato U.I.S.P..
Da segnalare che, per la prossima stagione, saranno tre le squadre di calcio a sette organizzate dalla
Polisportiva San Quirico, visto che alle formazioni
già citate si aggiungerà una terza squadra formata
esclusivamente da ragazzi che frequentano la Casa
del Popolo.
Calcio a 5 femminile
Nella stagione 2004/2005 la Polisportiva San
Quirico allarga i propri orizzonti verso il pianeta del calcetto femminile sponsorizzando una
squadra di calcio a 5 femminile che partecipa con
onore al campionato U.I.S.P. di Firenze. Grazie
al successo ottenuto sotto la sapiente guida di
Bardazzi e Benvenuti, nella prossima stagione
saranno due le compagini di calcio a cinque femminili che difenderanno i colori della Polisportiva
San Quirico.
Cicloturismo
Nel 1973 un gruppo di appassionati di ciclismo
decise di formare la sezione ciclistica all’interno
della Polisportiva San Quirico con affiliazione
L’attualità e la storia
alla Lega Ciclismo UISP di Firenze, allo scopo di
ritrovarsi la domenica e partecipare a manifestazioni cicloturistiche che venivano organizzate in
quel periodo.
Il primo Presidente è stato Giovanni Baldanzini,
attuale Presidente Regionale della Lega Ciclismo
UISP; tra i primi ad essere tesserati per la Polisportiva San Quirico figurano i nomi di Giancarlo
Bandinelli, Pietro Pecchioli, Alessandro Rangoni,
Marcello Salvini, Giovanni Santi e Salvatore
Scelfo.
Dopo circa due anni entrò a far parte del gruppo
Roberto Formigli, e con lui alcuni cicloamatori
come Sergio Perini, Paolo Pagliai ed altri che partecipavano esclusivamente a corse su strada. Ma il
connubio con Roberto durò solo due anni perché
vi era una netta divisione tra cicloturisti e cicloamatori e, pertanto, la Polisportiva, che operava in
maniera che tutti i propri tesserati in egual misura
fossero partecipi alla socializzazione di questo
sport ed allo stesso tempo dovessero essere tutti
considerati senza discriminazione alcuna, decise
per la scissione del gruppo amatoriale.
Ci fu in seguito un’altra breve esperienza di tipo
amatoriale con il gruppo di Giovanni Becucci ma,
sempre per gli stessi motivi, ebbe breve durata.
Da allora rimase esclusivamente il cicloturismo,
ovvero il piacere di andare in bicicletta allo scopo
di ritrovarsi, di divertirsi e di partecipare assieme
agli altri.
Nel 1980 fu organizzato il primo raduno cicloturistico intitolato ai Fratelli Taddei, che poi
negli anni a venire si è consolidato a tal punto
da diventare costantemente raduno di apertura
dell’attività provinciale della Lega Ciclismo UISP
di Firenze.
Nel 1992 fu organizzata, per la prima volta a Firenze, una prova di Campionato Italiano di Gran
Fondo di km. 150, una esperienza bellissima su
un percorso altrettanto bello alla quale parteciparono circa 500 partecipanti.
Sempre nell’anno 1992 e nei due anni successivi,
la Polisportiva San Quirico partecipò a Collegno
alla Ciclolonga del Sestriere, una corsa di km.
190. Ma l’esperienza più bella ed affascinante è
stata la partecipazione negli anni 1994, 1995 e
1996 al Giro Cicloturistico delle Dolomiti, attraverso la quale Pietro Pecchioli, Alfio ed Alessandro Rangoni, Marcello Salvini, Salvatore Scelfo e
Giovanni Santi hanno scalato le più belle salite,
ammirato meravigliosi paesaggi dallo Stelvio al
Pordoi, dal Passo Gardena al Passo Sella, e via
dicendo, pedalando e trascorrendo una settimana
di sport e divertimento assieme a ciclisti di altre
nazioni europee, quali tedeschi, danesi, spagnoli
e francesi.
Negli anni successivi la sezione Ciclismo della
Polisportiva San Quirico ha continuato ad organizzare manifestazioni cicloturistiche con un occhio di riguardo alla situazione mondiale. Difatti
nel mese di febbraio del 2004 Marcello Salvini,
Pietro Pecchioli e Raul Guernieri, assieme ad
alcuni ciclisti di altre società, hanno partecipato
ad una iniziativa di pace e solidarietà nel lontano
Nepal, pedalando dai confini dell’India fino ai
confini della Cina, incontrando persone che in
quei luoghi lavorano per migliorare le condizioni
di vita di chi ha più bisogno, in primo luogo i
bambini, ed incontrando anche persone che ricoprono cariche istituzionali, maturando così una
nuova ed intesa esperienza che ha innescato una
intensa riflessione all’interno del gruppo ciclotu-
39
La storia cammina nel futuro
ristico della Polisportiva San Quirico. Riflessione
intensa, tanto intensa al punto da fare scattare la
molla di organizzare da parte della Polisportiva
una iniziativa che ricalcasse le orme di quella
vissuta dai tre amici cicloturisti. E così, nell’anno
in corso, la Polisportiva San Quirico, in collaborazione con la Caritas di Firenze, ha organizzato
una manifestazione denominata “Biciclette, pace
e solidarietà” con partenza da Firenze il 22 agosto
ed arrivo a Santa Maria di Leuca il 31 agosto,
per km. 1.040 da percorrere in dieci giorni con
un giorno di riposo. Parteciperanno all’iniziativa
Alfio Rangoni, Raul Guernieri, Pietro Pecchioli,
Marcello Salvini, Roberto Mazzei, Alessandro
Rangoni, Salvatore Scelfo e Giovanni Santi.
Alla lodevole iniziativa hanno partecipato anche
ciclisti di altre società ed un gruppo di persone al
seguito. La comitiva arriverà nei più bei posti della
Puglia, toccando luoghi come Molfetta, Matera,
Alberobello e via dicendo. Per l’occasione sono
stati organizzati incontri con la Caritas, la UISP
e l’ARCI della Regione Puglia, sono stati visitati
centri della Caritas dedicati ai meno fortunati
senza tralasciare una doverosa visita ai luoghi di
Padre Pio. Così facendo, la sezione ciclismo della
Polisportiva San Quirico continua la sua attività
di passione per questo sport e di amicizia tra i suoi
tesserati diffondendo allo stesso tempo i valori di
pace e solidarietà ed amicizia tra i popoli.
Responsabile della sezione è Alessandro Rangoni.
Ginnastica per Anziani
Disciplina non agonistica, la ginnastica per adulti
della Polisportiva S. Quirico ha rappresentato
da sempre uno dei corsi più importanti svolti
nel nostro Quartiere, diventando negli anni un
vero e proprio punto di riferimento per coloro
che hanno l’esigenza di fare sport divertendosi,
scoprendo magari nuove amicizie, dando un forte
segnale da parte della Polisportiva agli abitanti del
Quartiere, un segnale ricreativo e sociale, offrendo la possibilità ad un folto gruppo di persone di
seguire un programma organizzato e gestito da
istruttori qualificati. Dopo alcuni anni di assenza, dalla prossima stagione, il corso di ginnastica
adulti sarà di nuovo organizzato dalla Polisportiva
San Quirico che si avvarrà della collaborazione di
validi istruttori della UISP di Firenze.
Pallavolo
Questa disciplina ha rappresentato per anni per la
Polisportiva S. Quirico un notevole movimento
di giovani che hanno militato nelle nostre squadre
femminili di pallavolo, riportando svariati successi a tutti i livelli, provinciale, regionale e nazionale. Presenti fin dal 1972 con la squadra femminile
maggiore, la nostra Polisportiva ha iniziato negli
anni successivi la leva a livello giovanile. Difatti,
nell’anno 1975 il Presidente della Polisportiva
San Quirico Aleandro Falorsi ed i Consiglieri
Massimo Checcucci, Daniele Cespugli e Sergio
Sermanni, decisero, in accordo con il Consiglio
della Casa del Popolo ed in collaborazione con
la scuola “Don Milani” di Piazza Carlo Dolci,
di iniziare dei corsi di avviamento alla pallavolo
femminile. I corsi erano composti da bambine dai
sei ai dieci anni per l’avviamento della pallavolo e
venivano gestiti da insegnanti ISEF per garantire
una sicurezza per i genitori che affidavano le loro
bambine alla Polisportiva.
Nel corso degli anni la Pallavolo San Quirico
raggiunse dei buoni risultati sia sotto il profilo
sportivo che di aggregazione, disputando ottimi
campionati sia UISP che FIPAV senza mai per-
L’attualità e la storia
dere l’obbiettivo più importante ovvero l’aggregazione delle ragazze allo sport evitando loro altre
cattive esperienze.
Questa intensa attività ha permesso alla pallavolo
San Quirico di primeggiare a livello provinciale e
regionale nei vari campionati, ottenendo importanti risultati come. Da ricordare la conquista di
2 Campionati Italiani Under 14 e Under 18, 2
Campionati Regionali Under 14 e Under 15, 6
Campionati Provinciali Under 14, Under 16 e
Under 18, 3a classificata Campionato Provinciale
UISP ragazze, 4a classificata Campionato Mini
Volley UISP, partecipazione femminile alla Serie
D FIPAV dall’anno 1984 al 1990.
Poi, nel corso dell’anno 1995, a seguito di divergenze tecniche, questa disciplina subisce una notevole riduzione. Tuttavia, pur ridotta, la nostra
sezione rimane comunque una delle più importanti dell’intero panorama toscano, grazie anche
ai brillanti risultati ottenuti dalla nostre squadre,
sotto la sapiente guida degli allenatori Lorenzo De
Majo e Alessandra Di Pasquale, gestiti brillantemente dal passionale dirigente Palmarino Vaddinelli, sotto la supervisione dell’allora responsabile
della sezione, Giovanni Santi.
E, a partire dall’anno 1998, la Pallavolo San
Quirico ha avuto un notevole sviluppo sia come
struttura societaria sia come numero di atleti,
grazie anche all’apporto tecnico-dirigenziale delle
valide allenatrici Lucia Ricciardi di Gaudesi, di
Alessandra Amato e di Fabio Meschini.
Nel 1998 la realtà societaria era costituita da una
squadra di mini volley e di una squadra Under
14: Allo stato attuale l’organico è composto dalle
squadre: Scuola Volley, Under 13, Under 16, Master, Amatori-Misto (maschile e femminile).
Lo spirito che ci contraddistingue è quello di
promuovere lo sport per i giovani e per gli adulti,
cercando di diffondere i valori sportivi, ovvero
intendere lo sport come:
a) strumento educativo utile ad accrescere il
coinvolgimento dei giovani, aiutandoli ad
identificare le loro capacità ed i loro limiti, a
superare le difficoltà alle quali sono confrontati nella vita di tutti i giorni e, pertanto, a
raggiungere i loro obbiettivi autonomamente;
b) veicolo di socializzazione, quale promotore di
principi democratici attraverso la diffusione
dei valori della solidarietà, del rispetto degli
altri, della partecipazione;
c) veicolo di tolleranza, di accettazione e rispetto
nei confronti della diversità di culture ed etnie.
Conciliando questi principi, abbiamo anche
ottenuto risultati soddisfacenti sotto il profilo
agonistico, partecipando per cinque anni consecutivi alle finali nazionali UISP di pallavolo, con
squadre appartenenti a diverse categorie.
La nostra squadra Under 12 si è classificata al terzo posto nel campionato provinciale UISP 2005.
Il settore pallavolo si è anche contraddistinto per
la sua attività di solidarietà, organizzando nell’anno 2004 un torneo di pallavolo femminile con
la squadra volley del carcere di Sollicciano e nel
mese di settembre 2005 il primo torneo di pallavolo misto “Careggi e Non” formato da squadre
composte prevalentemente da operatori sanitari
del Policlinico di Careggi, il cui incasso sarà
devoluto all’A.D.M.O. (Associazione Donatori
Midollo Osseo).
Pesca e Surf Casting
A dimostrazione della totale apertura “sociale”
della Polisportiva S. Quirico, dal marzo 1996
41
La storia cammina nel futuro
una nuova disciplina è entrata a far parte della
nostra organizzazione, la pesca e surfcasting.
Con questo ingresso, si ricrea dopo alcuni anni
di assenza, la sezione pesca della nostra Polisportiva, già presente negli anni passati all’interno
della nostra Associazione. La disciplina, è divisa
in due settori: “pesca” in acque interne e “surfcasting” in acque marine, la specialità presente
nella polisportiva.
La sezione pesca partecipa a numerose manifestazioni organizzate sul fiume Arno. Il gruppo
“surfcasting”, nato da 4 anni, ha al suo attivo il
campionato provinciale individuale e per società
degli ultimi due anni, 1995 e 1996, acquisendo
il diritto a partecipare ai Campionati Italiani
individuali e per società che si sono svolti, per la
categoria individuale, nel 1995 ad Orosei e nel
1996 a Montalto di Castro, mentre i campionati
per Società si sono svolti nel 1995 ad Agrigento
e nel 1996 a Cagliari. Questa Sezione ha nella
persona di Roberto Gironi il responsabile, coadiuvato da Marco Ruisi.
L’attualità e la storia
Le radici
ed il percorso storico
della Società di Mutua Assistenza fra gli Operai in San Quirico
nei primi anni di vita (1885/1922)
Luciano Senatori
centro studi e documentazioni arci firenze
L’Associazione Casa del Popolo Fratelli Taddei di
San Quirico a Legnaia affonda le sue radici nella
storia del movimento associativo popolare e democratico del nostro paese.
L’origine è lontana. Sono passati più di centoventi
anni da, quando alcuni cittadini della frazione di
San Quirico a Legnaia costituirono la Società di
Mutua Assistenza.
Alla fine del XIX secolo l’area attraversata dalla
“Strada Règia postale Livornese o Pisana”, formata dalle frazioni del Pignone, Monticelli, Legnaia,
Soffiano, San Quirico, San Giusto, Santa Maria,
San Bartolo a Cintoia, Ponte a Greve e Sollicciano, veniva definita suburbio fiorentino, un’area
attigua alla città, ma non ancora periferia, caratterizzata da un sistema economico misto basato
su attività agricole, artigianali, piccole industrie
manifatturiere e commerci.
L’agricoltura era contraddistinta dalla conduzione
mezzadrile ma, data la peculiarità delle colture, vi
erano anche molti coltivatori diretti, insieme ai
poderi dati in affitto ed era basata su due segmenti
produttivi: quello dei legumi, cereali e foraggio e
quello della frutta e verdura di qualità destinata al
mercato di Firenze. Era abbastanza diffuso anche
l’allevamento del bestiame sia da cortile (polli e
conigli), che per la macellazione e per il lavoro.
Il tracciato della via Pisana era tra i più urbanizzati
ed i borghi di Monticelli, Legnaia, San Quirico
erano caratterizzati da una attività artigianale abbastanza consistente soprattutto legata alla lavorazione del legno, bottai, carradori, segatori e
legnaioli in genere, affiancati da altre attività artigianali come quelle della lavorazione della paglia.
Dalla metà dell’ottocento in questa area sorgono
le prime fabbriche che segnavano l’affacciarsi della
prima civiltà industriale. La fonderia del Pignone,
il “Fornacione”, la vetreria di Legnaia, l’opificio
Campolmi, sono alcuni esempi del cambiamento
del modo di produrre e diverranno presto i luoghi
43
La storia cammina nel futuro
dove si formerà la classe operaia industriale.
Dal 1880 al 1885 lungo la via Pisana venne
costruita la linea del “Tramway” a vapore che conduceva da Firenze a Lastra a Signa ed affiancava
il servizio di diligenza, sempre sulla via Pisana,
per Scandicci – Vingone e in direzione Pignone,
Monticelli, Legnaia, Soffiano, San Giusto , Santa
Maria, San Bartolo a Cintoia, Ponte a Greve e
Sollicciano.
Le condizioni economiche degli abitanti erano in
generale di miseria, migliori quelle degli impiegati
e dei piccoli proprietari. Lo stato economico di
ogni individuo residente a San Quirico, come in
altre zone, veniva censito con le seguenti categorie
: “povero, miserevole o benestante”. Dal 1855 al
1865 Firenze e dintorni fu colpita da due epidemie di colera, con migliaia di morti.
E’ in questa situazione socio economica che nasce
la Società di Mutua Assistenza.
Il primo Statuto pubblicato il 1° gennaio 1902
all’articolo 1 recita testualmente: “Fin dal 1 Febbraio 1885 è costituita in San Quirico a Legnaia
comune di Firenze, una Società di Mutua Assistenza la quale porta per titolo Società di Mutua
Assistenza fra gli Operai in San Quirico e si compone di un numero indefinito di Soci.”
Le testimonianze raccolte concordano nell’affermare che la Società era già stata costituita fin dal
1883 con sede nell’appartamento di via Pisana,
concesso in uso dalla famiglia Panattoni, situato
di fronte alla attuale casa del popolo. Tuttavia il
primo embrione della Società risale al 12 novembre del 1882; Società finalizzata all’organizzazione
di una gita di piacere in “un giorno festivo della
prossima estate”. La Società doveva rimanere in
vita il tempo “necessario per aggiungere la somma
sufficiente alla spesa della gita suddetta”.
Nel 1902 il Presidente era Attilio Susini e il
vice Ottavio Bellini, mentre ricoprivano le altre
cariche: Alfredo Cappelli segretario; Ferdinando
Cellini cassiere, e Serafino Frullini provveditore.
La Società di San Quirico iniziò la sua attività
nella fase in cui, l’associazionismo popolare,
laico e cattolico, si stava affermando come la
forma sociale e partecipativa più importante dei
lavoratori.
Nelle frazioni del Comune di Firenze, sulla riva
sinistra dell’Arno, dal Pignone fino ad Ugnano,
dal 1878 al 1908 vennero costituite ben 35 società di mutuo soccorso e assistenza, unioni operaie
e professionali, corpi musicali, filodrammatiche,
corali, società di ginnastica e club sportivi, cooperative di consumo e agricole, alcune di queste
a San Quirico o in zone vicine come la Società
Filarmonica di San Quirico a Legnaia (1883), il
club sportivo Audax, poi Circolo la Pace di San
Quirico, la Società corale fra gli operai di Legnaia
(1883), la Coop di consumo fra gli operai di Legnaia (1903) e quella fra gli operai di San Quirico
(1891), l’Unione professionale cattolica fra gli
agricoltori di Legnaia (1903), la Cooperativa
agricola di Legnaia (1908), la Società di Mutuo
Soccorso cattolica operaia di San Quirico (1902).
Tale processo di crescita associativa si basava su
alcuni presupposti di fondo:
- la libertà di riunione stabilità per la prima
volta con lo Statuto albertino alla metà dell’800
e la conquista della libertà di associazione con
l’abrogazione degli articoli 483 e 486 del Codice
Penale;
- le profonde modificazioni economiche e sociali
conseguenti alla formazione dello Stato unitario;
L’attualità e la storia
- l’aumento notevole dei lavoratori impegnati in
attività produttive e di servizio, e la loro graduale
presa di coscienza con la conseguente crescita
della combattività e lo sviluppo dello spirito
associativo;
- le contraddizioni ed i contrasti inevitabili conseguenti allo sviluppo socio economico tra le classi
dirigenti e padronali da una parte e la massa dei
cittadini dall’altra, dove erano largamente diffuse
miseria, malattie, pessime condizioni igienico
sanitarie ed analfabetismo;
- la risposta autonoma, attiva e positiva in difesa dei lavoratori, soprattutto degli operai, alla
totale assenza dello Stato a livello di assistenza
e previdenza ed al basso profilo delle istituzioni
scolastiche e sanitarie.
La frazione di San Quirico a Legnaia, annessa al
Comune di Firenze, dopo la soppressione della
Comunità di Legnaia, risentiva della situazione
generale del Paese con alcune contraddizioni in
più dovute alla particolare posizione sul territorio
ed allo sviluppo urbanistico.
San Quirico era un piccolo centro abitato da operai, contadini, qualche addetto ai servizi, insieme
con artigiani e commercianti che formavano il
“ceto medio” di quel periodo.
Le condizioni materiali della classe operaia e dei
contadini erano pessime. L’orario di lavoro, fino
alla fine del XIX secolo, salvo alcune eccezioni,
non era mai inferiore alle dodici ore giornaliere:
dall’alba al tramonto. Il salario oscillava da una a
due lire al giorno senza nessuna forma previdenziale e assistenziale, il lavoro mezzadrile veniva
compensato con la metà (ma non sempre era la
metà effettiva) del prodotto realizzato. Artigiani
e commercianti avevano un reddito maggiore
secondo le loro capacità; solo alcune categorie
come i funzionari, gli impiegati pubblici e di
banca (ma di questi pochi erano residenti nelle
frazioni di periferia), riscuotevano salari più cospicui. Famosa, a questo proposito, una citazione
di Carlo Lorenzini, l’autore di “Pinocchio”: “Un
copista regio con cento lire al mese era braccato
e corteggiato da tutte le mamme che avevano
figliole da maritare.”
I salariati oltre ad essere mal pagati erano costantemente impegnati in lavori duri e massacranti
data la scarsità di macchine sia nelle industrie che
nei cantieri edili. Una parte notevole del tempo di
vita complessivo era impiegata nel lavoro necessario per produrre risorse materiali per la sopravvivenza individuale e delle loro famiglie. Precario
era il livello sanitario con notevoli e diffuse malattie endemiche. Basso era il livello di istruzione: all’inizio del ‘900 nell’area di Legnaia, San Quirico,
Ponte a Greve gli analfabeti erano stimati intorno
al 30%, in altre zone della provincia di Firenze
raggiungevano oltre la metà della popolazione, in
altre parti della Toscana fino all’80%.
Questo era lo scenario in cui si svilupparono
le Società di Mutuo Soccorso e le altre associazioni popolari, promosse nella prima fase dalla
borghesia e dai ceti moderati. Esse svolgevano
essenzialmente attività di assistenza, beneficenza
e mutualità. Nella prima fase furono influenzate
dalla ideologia borghese che tentava, talvolta
riuscendovi, di affratellare benestanti e lavoratori,
per ammortizzare le nascenti lotte sociali contro
l’ingiustizia. Svolsero un ruolo positivo di educazione civica per distogliere dalle bettole e dalle
bische i lavoratori abbrutiti dal lavoro.
Nel libro di Elio Conti del 1950 “le origini del so45
La storia cammina nel futuro
cialismo a Firenze” si legge: “La classe dominante,
le concepiva come uno dei metodi intelligenti di
fare beneficenza, raggiungendo il duplice scopo di
allontanare gli operai dalle agitazioni politiche, e
di attenuare i contrasti di classe.”
Anche la Società di Mutua Assistenza di San
Quirico prese vita con quelle caratteristiche e non
poteva essere diversamente. La lettura del primo
Statuto ne è la prova certa:
Nel primo articolo, già citato, erano fissati gli
scopi:
“1° Dare un sussidio giornaliero ai Soci ammalati.
2° Assistere durante la notte i medesimi quando
la gravità della loro malattia lo richieda purché sia
riconosciuta dal medico.”
Si trattava di una vera e propria cassa mutua malattia tra i soci, così come risulta chiaramente dalle
regole societarie.
Nel secondo articolo erano indicate le caratteristiche generali:
“La Società non ha scopo né politico né religioso.”
cioè quei principi della apoliticità e della neutralità
predicati dalla impostazione borghese e moderata
dell’associazionismo popolare. Nel caso specifico i
promotori erano certamente di cultura laica.
Tuttavia il ruolo della Società, come avvenne in
tutte le altre Mutuo Soccorso, risultò comunque
positivo e gradualmente negli anni, come vedremo successivamente, venne superata l’apoliticità
e si formarono correnti di pensiero repubblicane,
socialiste e anarchiche.
Fino all’inizio del ‘900 l’attività della Società
seguì le finalità e le indicazioni statutarie che vale
la pena ricordare. Per prima cosa occorre porre
l’accento sull’ambito territoriale in cui agiva,
molto più ampio della frazione di San Quirico.
Potevano associarsi e godere dei diritti di assistenza i cittadini residenti nelle frazioni: Pignone,
Monticelli, Legnaia, Soffiano, San Giusto , Santa
Maria, San Bartolo a Cintoia, Ponte a Greve e
Sollicciano. Inoltre, potevano associarsi anche chi
abitava fuori dalle frazioni indicate, senza il diritto
all’Assistenza notturna.
Per essere ammessi nel corpo sociale era necessario
pagare una tassa d’ammissione (così veniva definita nello Statuto) per fasce di età nella misura
che segue:
da 17 a 24 anni lire 1,50 in 3 rate settimanali
consecutive: 50 centesimi la
settimana
da 25 a 29 anni lire 3,00 in 4 rate settimanali
consecutive: 75 centesimi la
settimana
da 30 a 34 anni lire 4,50 in 6 rate settimanali
consecutive: 75 centesimi la
settimana
da 35 a 39 anni lire 8,00 in 10 rate settimanali
consecutive: 80 centesimi la
settimana
da 40 a 45 anni lire 10,00 in 15 rate settimanali
consecutive: 66 centesimi la
settimana
Oltre la tassa d’ammissione ogni socio, indipendentemente dall’età, doveva versare la tassa
settimanale di 25 centesimi.
In totale ogni Socio doveva versare secondo la fascia di appartenenza da 14,5 a 23 lire ogni anno,
cifra apparentemente esigua, ma non tale rispetto
alle precarietà salariali dell’epoca.
Questi erano i doveri pecuniari, insieme con
altri morali e disciplinari, rispetto ai quali i soci
L’attualità e la storia
avevano diritti precisi e regolati, tra i quali il più
significativo quello della corresponsione, da parte
della Società, della sovvenzione giornaliera di lire
1,50 per i primi 90 giorni di malattia, di 80 centesimi per i successivi 90 giorni, di 50 centesimi al
giorno per tutto il rimanente periodo di malattia
temporanea o definitiva.
Non era riconosciuta sovvenzione alcuna ai Soci
affetti da malattie derivanti da scostumatezza,
ubriachezza e rissa.
All’accertamento e certificazione della malattia
erano preposti i “Medici sociali” incaricati dal
Consiglio Direttivo della Società, i quali dovevano seguire una prassi molto rigida e minuziosa.
Inoltre, il Consiglio Direttivo, nominava in forma segreta due Soci chiamati “Visitatori”, i quali
rimanevano in carica per periodi di tempo molto
brevi per essere sostituiti a rotazione da altri Soci.
I visitatori avevano il compito di vigilare i Soci
ammalati nelle ore che il Consiglio stesso riteneva
opportune per “verificare lo stato dei malati nelle
loro case a fine di impedire che la malattia venga
simulata o protetta” ed in pari tempo controllare
il rispetto degli orari di permanenza in casa prescritti dal medico curante.
Nella sostanza il ruolo dei medici e dei visitatori
aveva precorso i tempi rispetto alle regole che negli anni successivi verranno applicate dalle prime
Casse Mutue statali.
Dallo Statuto non si evince quale era la somma
che era percepita dai medici, mentre tutte le altre
attività erano svolte a livello di volontariato, salvo
due eccezioni: l’Esattore sociale, che aveva l’incarico delle riscossioni delle tasse dovute dai Soci e
quello del pagamento delle sovvenzioni ai Soci
malati, veniva gratificato con 50 lire annue; i Soci
che prestavano l’Assistenza notturna ai malati gravi, i quali “riceveranno, per cura della Società una
tazza di caffé per ciascuno.”
Nella Società vigeva il pieno rispetto umano dei
Soci, fino al punto che al decesso “di un Socio
il Locale Sociale resterà chiuso due giorni in segno di lutto” e tutti i Soci dovevano partecipare
alle onoranze funebri al seguito della bandiera
sociale.
Una norma discriminatoria, prescriveva che “Il
Socio analfabeta non può far parte del Consiglio
Direttivo.”
Per quanto riguardava le regole del governo della
Società, lo Statuto stabiliva che “Il Corpo Sociale
è il centro del potere Assoluto ed Esecutivo”, la
democrazia guidava tutta la vita interna della
Società basata su due capisaldi.
Il primo relativo alle cariche sociali: “Tutte le
elezioni si fanno a schede segrete, l’urna resterà
aperta per otto giorni nel Locale Sociale.”
Può sorprendere la lunghezza del periodo in cui
rimaneva aperta l’urna per le votazioni, ma ciò
dimostrava il rispetto dei Soci e la garanzia, anche
con il tempo che era messo a loro disposizione,
affinché tutti potessero accedere al voto.
Il voto era considerato un diritto-dovere e coloro
che non si recavano a votare dovevano pagare
una multa di 30 centesimi. Mentre i Soci malati
potevano delegare al voto un altro socio “purché
mandino la scheda in busta chiusa.”
Il secondo concernente il possibile conflitto d’interessi. Era, infatti, vietato il voto al “Socio che
ha interesse diretto nell’affare in discussione; tale
disposizione è applicabile anche ai componenti
del Consiglio.”
Soffermarsi su questi particolari può sembrare
47
La storia cammina nel futuro
quasi superfluo, tuttavia dalle norme che regolavano la vita della Società si comprende come
questa, di fatto, rappresentava una prima scuola
di vita, di educazione civile e morale. E’ partendo
da queste regole fondamentali morali e democratiche che in seguito le Società di Mutuo Soccorso
poterono svolgere un ruolo ben più ampio di
quello mutualistico e assistenziale.
L’ impegno della Società non si esauriva nella assistenza e mutualità. Tra gli impegni stabiliti statutariamente vi era anche quello obbligatorio di
organizzare ogni anno 12 conferenze storiche ed
istruttive. Si trattava di un impegno pedagogico
educativo cui si ispirò gran parte dell’associazionismo popolare. Per questo le Società diventarono le
sedi più importanti dei lavoratori, dove si formarono e si diffusero i valori della solidarietà, della
giustizia, della libertà. Erano scuole per l’istruzione e l’alfabetizzazione degli operai, si insegnava a
leggere e scrivere necessari per poter ottenere il
diritto di voto, ed anche, come abbiamo visto, per
poter assumere incarichi direttivi all’interno della
Società, venivano divulgate nozioni elementari
della lingua italiana, di aritmetica, di storia, di
economia sociale e di diritto istituzionale.
Le Società svolsero anche il ruolo di centri d’informazione e comunicazione attraverso il rapporto personale diretto con i cittadini, utilizzando
mezzi semplici come la parola, i primi volantini e
opuscoli stampati, i primi giornali, in un crescendo che porterà in molti casi alla organizzazione
delle prime biblioteche popolari.
Non avendo reperita documentazione provante,
ma per trasmissione di testimonianze orali, risulta
abbastanza certo che anche nella Società di San
Quirico, oltre alla attività assistenziale, venivano
svolte attività sociali a carattere culturale, ricreativo e sportivo, accertata l’attività permanente ed
organica del Corpo Corale costituito in seno alla
stessa Società.
Le modalità e le abitudini della Società erano
quelle, così come tramandate, tipiche delle case
del popolo e dei circoli, ricreativo-culturali.
Il locale della Società di San Quirico era aperto
tutti i giorni feriali da ottobre a marzo, dalle ore
20 alle 23; da aprile a settembre dalle 21 alle 23.
Nelle domeniche e nei giorni festivi l’orario di
apertura era anticipato alle ore 15 e la chiusura
fissata per le 24.
In quel locale, come accade anche ai nostri tempi,
si giocava a carte e presumibilmente funzionava
un bar. Ciò si desume dal fatto che il Consiglio
Direttivo aveva al suo interno il Provveditore
e che i premi per coloro che giocavano a carte
consistevano in consumazioni. Soltanto i giochi
di “tre setti” e “terzilio” si giocava di denaro fino
ad un massimo di 50 centesimi.
La Società era un luogo dove iniziava a formarsi
l’associazionismo dei lavoratori, che andava ad
occupare e sostituire spazi di ritrovo fino ad allora
posti nelle canove, mescite di vini e bettole.
Le migliaia di Società di Mutuo Soccorso o di
Mutua Assistenza, (per l’esattezza nel 1904 se
ne contavano 6.535 in Italia tra le quali 639 in
Toscana), pur mantenendo ognuna la propria
autonomia, convocavano regolarmente il loro
congresso nazionale ogni anno o al massimo
ogni due anni, nei quali le correnti di pensiero
anarchiche, mazziniane e socialiste confrontavano
vivacemente i loro punti di vista, ma tutti insieme
avanzavano rivendicazioni e prese di posizione nei
L’attualità e la storia
confronti del Governo. E’ nel Congresso del 1860
che fu approvata la richiesta del suffragio elettorale universale, ed è organizzato dalle Società il
primo sciopero generale, contro l’eccessivo peso
delle tasse, organizzato a Bologna dal 14 al 18
aprile 1868. Sempre nei Congressi delle S.M.S.
fu rivendicata l’istituzione della Assicurazione
obbligatoria per gli infortuni sul lavoro, successivamente approvata dal Governo nel 1898,
così come la istituzione della Cassa nazionale di
maternità, la Cassa mutua malattie e l’Istituto di
previdenza per le pensioni, approvati dai Governi
molti anni dopo.
Da quel crogiuolo d’idee, di fermenti sociali, di
confronto politico e culturale, presero vita progressivamente importanti forme organizzate di
associazionismo cooperativo, sindacale e politico.
Nel 1887 fu costituita la Federazione nazionale
delle Cooperative, nel 1891 la prima Camera
del Lavoro sindacale, successivamente Confederazione Generale del Lavoro, nel 1892, a Genova,
venne fondato il Partito Socialista Italiano.
Gli ultimi anni dell’Ottocento furono segnati
da una situazione politica e sociale molto grave,
caratterizzati da sommosse, moti popolari, scioperi seguiti da feroci repressioni ed atti contro le
libertà individuali e collettive.
Il contrasto tra città e campagna, la carestia del
1897, ma soprattutto l’entrata sulla scena politica
e sociale di nuovi soggetti attivi come la classe
operaia determinano quasi ovunque conflitti
sociali.
In Toscana il quadro si presentava in modo drammatico. Nel Casentino ed in Valdelsa operai e
contadini erano alla disperazione, nel pisano i
braccianti protestavano per la mancanza di lavoro,
a Firenze come a Siena oltre alla disoccupazione,
l’aumento del prezzo del pane accentuavano la
miseria.
La risposta era immediata: scioperi, tumulti e
proteste popolari, tra questi nel 1896 i tre giorni
di sciopero dei 500 minatori di Castelnuovo dei
Sabbioni, nel 1898 l’assalto della folla inferocita
ai magazzini di frumento di Figline Valdarno
ed i tumulti di piazza di Borgo San Lorenzo e
Sesto Fiorentino dove vi furono 4 morti e 10
feriti causati dai carabinieri che spararono sui
manifestanti.
Tutta la provincia di Firenze divenne teatro di
proteste forti con la distruzione di caselli del
dazio, assalto ai forni del pane, devastazioni ed
incendi.
Particolare lo sciopero delle “trecciaiole” di Brozzi
che si estese a tutta la provincia di Firenze e interessò direttamente l’area di Legnaia e San Quirico.
Il lavoro delle trecciaiole era basato sull’arte di intrecciare la paglia di grano per fabbricare cappelli:
i famosi cappelli di paglia di Firenze. Era lavoro
a domicilio procurato dai cosiddetti “fattorini”,
intermediari tra le fabbriche di cappelli di Signa
e le lavoranti.
Le trecciaiole venivano sfruttate due volte: dai
fabbricanti e dai fattorini. Il loro salario di fame
oscillava tra i 10 ed i 20 centesimi al giorno appena sufficienti per comprare mezzo chilo di pane.
Inutile porre l’accento sul ruolo fondamentale
svolto in quella occasione dalle Società di Mutuo
Soccorso e Assistenza della zone a sostegno delle
lotte e delle rivendicazioni dei salariati.
L’impegno ed i sacrifici di quegli anni non furono
vanni. Dallo scontro sociale, con l’evolversi del lavoro industriale, gradualmente si modificarono le
49
La storia cammina nel futuro
condizioni sociali. Le lotte e le rivendicazioni dei
lavoratori approdarono ad alcuni risultati significativi come gli aumenti salariali ed alcune prime e
timide conquiste di Stato sociale.
Nei primi anni del novecento per il movimento
associativo inizia la fase di un primo cambiamento.
Da una parte, con la costituzione del movimento
cooperativo, del sindacato e del partito socialista,
la vita politica e sociale si articola attraverso l’impegno di più soggetti interessati a sostenere i diritti e le cause dei lavoratori; dall’altra il movimento
associativo, pur rimanendo impegnato ancora per
alcuni anni nel compito originario della mutualità ed assistenza, viene a perdere quel ruolo man
mano che lo Stato, accogliendo le rivendicazioni
dello stesso movimento associativo da vita ad istituti di assistenza, mutualità e previdenza.
Inevitabilmente per le S.M.S. e simili viene ad accentuarsi il ruolo associativo a carattere ricreativo
e culturale, ma è dal contatto associativo con i soci
ed i cittadini che nascono nuove forme d’iniziativa sociale volte ad affrontare problematiche nuove
legate alla risoluzione di problemi locali.
E’ del 1901 la rivendicazione di una nuova scuola, come la richiesta del 1909 per fare arrivare la
rete dell’acqua potabile fino a San Quirico. E’
la sede della Società il punto di riferimento dei
cittadini, il luogo fisico dove si incontrano e dove
organizzano concretamente e coordinano l’azione
di sollecitazione rivolta al Comune di Firenze. E’
questa una esperienza che si tramanderà nel tempo e verrà recuperata subito dopo la Liberazione
dalla dittatura fascista.
In questi anni crescono le esigenze della Società
ed è il 1907 l’anno di inaugurazione della nuova
sede in via Pisana, (quella tutt’ora esistente), sede
costruita con il lavoro volontario dei Soci.
Negli anni che precedono la prima guerra mondiale le attività delle S.M.S. e quelle del partito
socialista si compenetrano sempre più ed anche
nella sede della Società di San Quirico si insediò
una sezione di partito, l’attività della quale influenzò inevitabilmente il carattere e l’iniziativa
della Società.
Alla vigilia della guerra all’interno della Società
si formò il “Club Sportivo Audax”, gruppo
ciclistico aderente all’organizzazione nazionale
Audax. L’Audax era conosciuta in Italia per le
manifestazioni ciclistiche che organizzava caratterizzate dalla lunghezza dei percorsi più che alle
competizioni ciclistiche tradizionali. Un ciclista
era ammesso all’Audax se era in grado di percorrere almeno 200 chilometri: ad esempio la Firenze
– Roma era una classica Audax. Ciclisti forti e resistenti che utilizzavano biciclette di basso livello
tecnologico percorrendo strade per la gran parte
ancora non asfaltate, fatte salve le grandi arterie
nazionali. Ed è proprio l’influenza politica del
partito socialista che determino nel 1919 a guerra
finita il cambiamento di nome del Club Sportivo
Audax in “Circolo La Pace”.
La prima guerra mondiale (1915/1918) rallentò
notevolmente lo sviluppo del movimento associativo e ne limitò le attività. I sodalizi erano quasi
tutti diretti e frequentati da uomini, salvo rare
eccezioni, e come sappiamo gli uomini di età superiore ai 18 anni erano tutti impegnati sui fronti
di guerra o comunque in servizio militare.
La sede della Società di San Quirico, come quella
di Legnaia, in quegli anni venne utilizzata in
modo originale per finalità non associative. Nella
pubblicazione: “Quelli del Circolo quelli della
L’attualità e la storia
Cooperativa”, curata da Alessandro Del Conte si
legge che nei locali della S.M.S di Legnaia “fu impiantato un <Calzaturificio italo-americano>, che
probabilmente fu uno dei tanti piccoli ed improvvisati laboratori per produrre vestiario organizzati
un po’ in tutta l’Italia dalla Croce Rossa Americana a partire dal 1917 e in cui furono impiegati
profughi e familiari di richiamati, in gran parte
donne. (iniziative analoghe furono organizzate
anche nei locali della S.M.S. di S. Quirico).”
La testimonianza di un vecchio socio di San
Quirico racconta che i locali della Società, dopo
le opportune ristrutturazioni, furono adibiti ad
ospedale militare, anche questo gestito dalla Croce Rossa Americana.
Diversi ed opposti i risultati conclusivi delle due
esperienze: la S.M.S. di Legnaia incontrò molte
difficoltà a riprendere la normale attività sociale
per i danni subiti dalla sede; la Società di San
Quirico riprese le attività ed in occasione della
riconsegna dei locali, gli americani, dichiararono
la propria disponibilità ad acquistare, per conto
della Società, il terreno che si estendeva dalla sede
sociale fino a via Lunga. L’offerta non fu accolta in
quanto i Soci la ritenevano troppo impegnativa.
Con la ripresa delle attività la Società venne titolata a “Ugo Corsi”, un socio caduto in guerra.
Alla fine del 1918 l’Italia fu inevitabilmente colpita da una grave crisi economica e sociale. Il ritorno dei reduci dal fronte di guerra con migliaia di
feriti e malati; la riconversione di molte industrie
dalla produzione militare a quella civile; la disoccupazione di massa, crearono problemi enormi
nello Stato e nella società.
I ceti medi ed i lavoratori dipendenti a reddito
fisso, furono particolarmente colpiti e danneggiati
dall’inflazione causata dalle enormi spese militari
sostenute.
A questo si doveva aggiungere le risposte negative
alle rivendicazioni operaie con il conseguente
mancato aumento degli stipendi.
In questa fase maturò il profondo cambiamento
politico e dell’assetto statale. La fondazione dei
“fasci di combattimento”, avvenuta a Milano
nel marzo del 1919, di fatto rappresentò il primo
passo di quel percorso che portò in pochi anni al
regime dittatoriale fascista.
Tra il 1919 ed il 1920, esplose una conflittualità
sociale fino ad allora mai registrata. La classe
operaia, a seguito di risposte negative rispetto a
rivendicazioni salariali mise in atto una serie di
forti e consistenti scioperi, agitazioni e dimostrazioni in quasi tutte le fabbriche. Agli scioperi si
aggiunsero le manifestazioni di chiaro contenuto
politico influenzate dall’esito positivo della rivoluzione bolscevica.
Di rilievo anche le manifestazioni di rabbia e
scontento popolare svoltesi nella zona di Legnaia,
Ponte a Greve, San Bartolo a Cintoia e le Torri. A
questo proposito nel libro già citato di Alessandro
Del Conte si legge: “La mobilitazione assunse
subito la forma di una diffusa e capillare opera
di requisizione dei generi di prima necessità, di
imposizione di vendite a prezzi fortemente ridotti, di veri e propri saccheggi di negozi, magazzini
e fattorie (come a <Le Torri>, dove il 3 luglio un
migliaio di persone svuotarono i magazzini dell’omonima fattoria), ad opera di gruppi formati
da centinaia o anche migliaia di persone, spesso
guidate da militanti socialisti o da capi popolo
improvvisati. Per tre giorni il popolo di Firenze
51
La storia cammina nel futuro
impose così la propria <legalità> contro le speculazioni e gli affamatori, si scontrò con le forze
dell’ordine, pagò un duro prezzo alla repressione
(circa 1.400 arresti e 2 morti).”
Il movimento associativo e cooperativo era partecipe della protesta e “Non a caso tante S.M.S. si
trasformarono in depositi per le merci requisite,
mentre le cooperative di consumo furono spesso
gli unici magazzini di generi primari risparmiati
dai saccheggi.”
L’ondata di proteste e scioperi preoccuparono i
ceti industriali ed i possidenti agricoli, i quali detenevano parte delle ricchezze del paese, rispetto
ad una possibile rivoluzione comunista. Questo,
insieme alla cronica indecisione dei governi
liberali, all’atteggiamento passivo di gran parte
del clero e delle organizzazioni sociali cattoliche,
crearono le condizioni ed aprirono la strada al
fascismo.
La dittatura fascista e la
trasformazione della Società
in Casa del Fascio (1922/1944)
Inizialmente il fascismo operò in forma minoritaria e marginale caratterizzandosi con azioni di violenza e sopraffazione messe in atto dalle “squadre
d’azione” attraverso vere e proprie spedizioni punitive, spesso appoggiate dall’esercito e dalla polizia, contro le Società di Mutuo Soccorso, Case del
Popolo, Circoli ricreativi e culturali, Cooperative,
Camere del Lavoro, sezioni del partito Socialista,
Amministrazioni comunali definite “rosse”.
La sottovalutazione del fenomeno da parte delle
forze politiche liberali al governo del paese, il
cedimento della monarchia e la passività della
chiesa cattolica e del clero aprirono la strada al
processo di fascistizzazione ed al conseguente
regime dittatoriale.
A tale processo non poteva sfuggire il movimento
associativo, compreso quello di matrice cattolica,
anzi il fascismo individuò nell’associazionismo
uno dei punti fondamentali da cui partire per
imporre il proprio potere.
Il regime fascista usò tutti i mezzi a sua disposizione per “attaccare”, far chiudere e trasformare
in “case del fascio” le S.M.S., Case del Popolo e
Circoli. Dalla propaganda denigratoria, attraverso
la quale si tenta di far passare nell’opinione pubblica l’idea che i sodalizi democratici sono centri
di menzogna, vizio, odio, delinquenza e diserzione, all’uso della violenza e del terrorismo attuato
attraverso attentati, vessazioni e intimidazioni
personali, saccheggi, distruzioni e incendi delle
sedi, con risultati drammatici: danni materiali
enormi, morti, feriti e contusi.
La connivenza degli apparati statali (magistratura,
polizia, carabinieri ed esercito) facilitò l’espulsione dei lavoratori dalle loro sedi delle quali erano i
legittimi proprietari.
Queste azioni, i vari luoghi d’Italia, raggiunsero limiti incredibili come nel febbraio 1921, quando
l’Esercito Regio intervenne utilizzando l’artiglieria
leggera, come si legge in un articolo apparso su il
giornale <La Nazione> sotto il titolo <Il moto insurrezionale di Scandicci domato dall’artiglieria>:
“un pezzo da 75 è stato trasportato nella strada
dove ha sede la Società di Mutuo Soccorso, ed ha
colpito in pieno il locale, danneggiato il tetto, la
sala da ballo ed il buffet.”
Nonostante questi episodi e tutti i tentativi posti
in essere per sciogliere ed impadronirsi dei sodalizi
associativi popolari, la resistenza all’occupazione
ed al passaggio di proprietà obbligato continua
L’attualità e la storia
e si esprime in forme e modi diversi secondo le
condizioni locali, le capacità delle forze democratiche, la determinazione delle locali sezioni del
partito fascista.
In alcuni casi per impedire la trasformazione in
“casa del fascio” o l’integrazione nel “Dopolavoro”
fascista, istituito dal regime per controllare l’associazionismo di fabbrica e territoriale, i sodalizi
si autotrasformano, con regolari atti notarili, in
Società Anonime. Ogni forma di resistenza, se
non abilmente mascherata, venne troncata definitivamente con leggi eccezionali del 1926 che
abolirono tutte le libertà individuali e collettive.
Nella zona di Legnaia il fascismo si atteggiò in
modo difforme nei confronti delle Mutuo Soccorso. Mentre quella di Legnaia, occupata con la
forza e sciolta per legge nel 1926, diventò la sede
del Gruppo Rionale Fascista “Guido Fiorini”, uno
dei più importanti ed agguerriti gruppi di Firenze,
la Società di San Quirico non venne trasformata
in “casa del fascio”. Per l’opposizione interna iniziata fin dal 1922, sia per il ricorso a vie legali e
cavilli burocratici, la fascistizzazione della Società
di San Quirico avvenne solo nel 1928 con la sua
trasformazione in “Dopolavoro”. Rimase il nome
“Ugo Corsi”, diversamente da altre, che invece
vennero titolate a martiri o eroi fascisti.
Evidentemente la scelta dei fascisti di concentrare
il ruolo direzionale e di controllo della zona nella
sede di Legnaia lasciò San Quirico ai margini,
in ombra, rispetto alle decisioni della direzione
rionale del partito fascista, che comprendeva tutti
i borghi e le frazioni che andavano da Monticelli
a S. Quirico, da Soffiano a Cintoia. E’ bene
ricordare che al fiduciario del fascio di Legnaia
facevano capo tutte le organizzazioni di massa
(G.I.L., fascio femminile, massaie rurali, ecc.) e le
innumerevoli attività di propaganda, assistenziali,
sportive , ricreative.
Tutta la popolazione della frazione ed i soci continuavano a chiamare “Società” la sede dove abitualmente si ritrovavano, così come chiamavano
“Circolino” la vicina Società di Mutuo Soccorso
cattolica operaia di San Quirico nata nel 1902.
Nella Società di San Quirico era permesso
tacitamente a vecchi e riconosciuti antifascisti
di frequentare e lavorare nel sodalizio. Testimonianze ricordano Ruggero Berlincioni un antifascista, ritornato dopo alcuni anni nel quartiere,
impegnato come barista del circolo. E’ dello
stesso Berlincioni la tessera del “Soccorso Rosso
Internazionale – sezione italiana del 1924/1925”,
ritrovata nella sede del circolo, la dimostrazione
dell’esistenza di attività certamente non gradite
al regime. Il Soccorso rosso raccoglieva fondi per
sostenere le vittime della repressione fascista, per
aiutare i figli dei perseguitati politici.
Dal 1930 alla Liberazione nella Società venne
svolta attività cinematografica, tradizione culturale caratteristica del sodalizio di San Quirico rimasta viva fino ai nostri giorni, mentre negli anni
dal 1937 al 1940 ripresero i concerti della Corale
“Giuseppe Verdi”, con alcune esibizioni in concerti dell’EIAR ente radiofonico nazionale, oggi
RAI (Radio Televisione Italiana). Questa attività,
e non se ne conoscono le ragioni, non fu ripresa
dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Gli ultimi anni prima della Liberazione sono
segnati dagli eventi della seconda guerra mondiale. L’alleanza del fascismo con il nazismo e la
conseguente occupazione tedesca dell’Italia, la
lotta clandestina delle forze antifasciste, lo sbarco
53
La storia cammina nel futuro
e l’occupazione della Sicilia da parte degli eserciti
anglo americani, la caduta del fascismo (25 luglio
1943), la costituzione della Repubblica Sociale
di Salò come ultimo tentativo di ricostituzione
del fascismo, l’organizzazione delle formazioni
partigiane e la lotta di Liberazione.
Dopo la Liberazione la Società si
trasforma in “Associazione Casa del
Popolo Fratelli Taddei” (1944/1957)
Nel 1944 l’Italia era tutto un campo di battaglia,
le truppe “alleate” avanzavano da sud verso il nord
ed incontravano una forte resistenza tedesca, i
fascisti ed i tedeschi dovevano misurarsi con le
prime forme di resistenza e con le formazioni
partigiane. Molti gli scontri, tante le rappresaglie
nazi-fasciste contro le popolazioni inermi. Non
c’è angolo del nostro paese dove non vi è stato un
eccidio. Nella provincia di Firenze dal settembre
del 1943 a quello del 1944, in quasi tutti i Comuni, vennero torturati e uccisi centinaia di cittadini
inermi, tra i quali molte donne e bambini, altri
catturati e deportati nei campi di concentramento
nazisti.
Alla fine di luglio del 1944 Firenze era stremata,
ciò si evince dal rapporto del Comitato Toscano
di Liberazione Nazionale inviato in tale data al
comando delle forze alleate, che avanzavano da
Roma verso Firenze: “ Si porta a conoscenza
la seguente relazione concernente la situazione
della città di Firenze. Da notizie trapelanti dal
Comando tedesco risulterebbe che ove gli alleati
facessero un’avanzata unicamente frontale sulla
città di Firenze dal lato sud, sarebbe loro intenzione difendere la città palmo a palmo, facendo
particolarmente barricare le strade che danno
accesso ai ponti della zona centrale.
Attualmente trovasi in Firenze, circa cinquecentomila persone, cioè il doppio della popolazione
normale; fra queste un enorme quantità si sono
rifugiate in città perché dovute fuggire dalle circostanti campagne, razziate e saccheggiate dalle
truppe tedesche in ritirata.
Le condizioni sanitarie, alimentari ed economiche
sono le seguenti:
a)
sono stati asportati quasi tutti gli
impianti ospedalieri; difettano in modo assoluto
medicamenti e ferri chirurgici; si verifica già qualche caso di tifo, dovuto alla ridotta erogazione
dell’acqua potabile ed alla scarsa rimozione delle
immondizie della città;
b)
le scarse provviste alimentari sono
ormai ridotte agli estremi ed in questi giorni vengono a difettare anche i rifornimenti di frutta e
verdure che erano affluiti negli ultimi giorni nella
città; particolarmente le categorie meno abbienti
e i bambini risentono gravemente di questa situazione. A proposito dei rifornimenti della farina
per panificazione si fa presente che è stata approvvigionata dal Comando germanico limitatamente
al fabbisogno giornaliero. Dato l’attuale inizio di
sganciamento delle truppe germaniche si prevede
che la città rimanga assolutamente senza pane;
c)
le truppe tedesche in questi ultimi
tempi hanno asportato e distrutto tutto quanto
possibile; in questi giorni sono in atto provvedimenti per asportare anche le opere d’arte. Gli
impianti industriali, compresi quelli di alcuni
servizi pubblici, sono in condizioni di non poter
essere riattivati con le riserve cittadine per un
tempo imprevisto. Sono stati distrutti anche i
principali mulini. Per il momento il servizio idrico, pure ridotto, funziona, ma si prevede però che
L’attualità e la storia
sia distrutto al momento dello sganciamento. A
causa delle distruzioni e asportazioni di cui sopra
e che proseguono tuttora, si prevede debba risentirne grave disagio ogni strato della cittadinanza.
Sia per la disoccupazione, sia per la mancanza di
produzione di molti generi di necessità alla vita.
Tutto quanto sopra esposto serve per far presente
a codesto Comando l’assoluta urgenza e necessità
di prendere tutti quei provvedimenti di carattere
militare (che forse il Comando stesso avrà già studiato) tendenti ad evitare un attacco frontale alla
città, che dovesse eventualmente portare ad un
enorme aggravamento, con distruzioni, saccheggi
e massacro della popolazione, della situazione. Il
Comitato toscano di liberazione nazionale rimane
a completa disposizione con tutti i suoi mezzi,
servizi politici, amministrativi e militari, del Comando alleato e prega vivamente di stabilire un
collegamento per una proficua collaborazione.”
I primi giorni d’agosto del ’44 divennero determinanti per la liberazione di Firenze. Le truppe
anglo – americane si avvicinavano da sud, contemporaneamente le varie formazioni partigiane
dislocate nelle colline e nei dintorni iniziarono
la marcia di avvicinamento alla città. Il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale stava per
lanciare il segnale per l’insurrezione popolare preparata attraverso un lungo lavoro di propaganda
clandestina.
La notte tra il 3 ed il 4 agosto i tedeschi in ritirata
minarono e distrussero tutti i ponti sull’Arno, fatta eccezione per il Ponte Vecchio intorno al quale
ridussero in macerie diecine di antiche case torri e
palazzi storici. Anche i ponti sulla Greve subirono
la stessa sorte.
Nella zona d’Oltrarno le organizzazioni clandestine e della resistenza operavano da alcuni mesi. Nel
mese di marzo un gruppo di partigiani attaccò la
casa del fascio di Legnaia ed un tram carico di fascisti in via Pisana. Altre operazioni di sabotaggio
furono portate a termine dalle formazioni S.A.P.
Sempre in questo periodo una parte di via Pisana
venne colpita da uno dei bombardamenti aerei
alleati, che si susseguivano oramai da alcuni mesi
a partire dal 25 settembre del 1943.
Finalmente il 4 agosto, insieme a quasi tutto l’Oltrarno, anche la zona di Legnaia e San Quirico
fu liberata dai partigiani insieme alle truppe degli
eserciti alleati.
Ma la guerra non era finita, Firenze non era ancora liberata, altri lunghi giorni di scontri a fuoco
attendevano soprattutto i partigiani che sopportarono il peso maggiore nel cacciare i tedeschi
dalla città.
Proprio il 4 agosto, come si evince dalla relazione
del Colonnello Nello Piccoli, (del partito d’Azione - comandante militare del CTLN), reparti partigiani si scontrarono con alcuni reparti tedeschi
al Ponte alla Carraia e al Ponte della Vittoria, nel
tentativo, non riuscito, di impedire la distruzione
degli stessi ponti. “ Altri scontri con i tedeschi
avvengono al guado a monte dell’Isolotto nei
quali lasciarono la vita diversi tedeschi, mentre
i patrioti ebbero due feriti. In totale tra il Ponte
della Vittoria ed Ugnano vennero neutralizzate 28
mine e rimosse 122.”
Ed è proprio in quella azione di sminamento che
persero la vita cinque giovani partigiani tra i quali
due di San Quirico. In “Memorie della Resistenza”, Mario Pirricchi, commissario politico di un
battaglione SAP d’Oltrarno, ricorda così quel-
55
La storia cammina nel futuro
l’azione, riscontrata anche nella testimonianza di
Otello Dolfi: “Quel giorno del 4 agosto, i ragazzi
di Mantignano levarono 20 mine dall’acquedotto, l’ultima saltò e morirono 5 compagni: Ascanio
Taddei, Gino Del Bene, Alfredo Marzolli, Gino
Romoli e Alfredo Catarsi, altri rimasero feriti.
L’acquedotto poté essere salvato, per aver tolto
queste mine e Firenze poté avere l’acqua a breve
scadenza. Fu salvato dalla distruzione anche il
ponte di Mantignano, mentre non riuscimmo a
salvare il Ponte della Vittoria.”
E’ sempre la testimonianza di Otello Dolfi a ricordare che altri giovani partigiani di Legnaia e
San Quirico morirono in montagna o nell’armata
di liberazione, fra questi: Enzo Dolfi, Rino Cioni,
Alfredo Della Bella, Enzo Sgrilli, Danilo Calvelli
e Remo Ciapini. Ma in particolare devono essere
ricordati i fratelli Taddei. In “Firenze est per la
libertà”, Giovanni Frullini, combattente partigiano, ha scritto: “Un esempio di entusiasmo
spontaneo fu offerto quella mattina (si tratta
dell’12 agosto) anche da un uomo meno giovane,
il direttore delle officine Galileo Ettore Gamondi, sceso in strada con un fucile per unirsi a un
gruppo di giovani patrioti, che poi sopravanzò
lungo la via Madonna della Tosse fino a precederli
in via Berchet, dove cadde sotto il fuoco proveniente dalla ferrovia. Non lontano da lui caddero
Giorgio e Rodolfo Taddei, il primo nell’impeto di
attestarsi presso la spalletta del Mugnone, l’altro
per soccorrere il fratello.”
Il ricordo di Rodolfo è sempre vivo nelle testimonianze della moglie, Emma Cheloni, classe 1919,
del figlio Paolo Taddei nato nel 1941 e della
coetanea Norma Benelli. Emma Cheloni ricorda
Rodolfo e Giorgio con ammirazione mostrando
due fazzoletti rossi macchiati di sangue. Sono i
fazzoletti, gelosamente conservati dei due fratelli
partigiani che contraddistinguevano gli appartenenti alla “III Brigata Rosselli – Divisione Giustizia e Libertà”. Rodolfo Taddei, il fratello più
grande, aveva 24 anni, quando fu ucciso. Si era
sposato con Emma Cheloni nell’agosto del 1940
e subito dopo era stato chiamato alle armi. Dopo
l’otto settembre del 1943 abbandonò l’esercito ed
insieme al fratello Giorgio si portò a Monte Giovi
dove operava la Brigata Rosselli.
I fratelli Taddei insieme con altri partigiani morti
per la liberazione di Firenze vennero seppelliti in
un piccolo spazio cimiteriale provvisorio ricavato
nel Giardino dei Semplici. Le loro salme , qualche anno dopo, vennero esumate e trasferite al
cimitero di Soffiano. In tale occasione presso la
casa del popolo di San Quirico, che nel frattempo
era stata intestata ai fratelli Taddei, si svolse una
cerimonia funebre partecipata da centinaia di soci
e cittadini.
La testimonianza di Sandro Santoni ricorda quel
giorno rimasto impresso nella memoria di un
bambino: “Risiedo da più di trentacinque anni
all’estero, ma quella parte emozionale di me che
si radica negli anni giovanili rimane indissolubilmente legata a San Quirico e alla sua storia:
storia minima, certamente, ma rilevante per chi
vi è nato e vi ha trascorso ininterrottamente gli
anni formativi dell’adolescenza e della giovinezza.
Insieme con questi echi, che sovente riecheggiano
nel profondo pozzo della memoria, viene quasi
sempre a galla il ricordo di mio zio (dovuto fra
l’altro al fatto che, dal giorno della mia nascita a
quello in cui ho lasciato l’Italia, abbiamo vissuto
quotidianamente sotto lo stesso tetto), unitamen-
L’attualità e la storia
te a quello del luogo in cui egli immancabilmente
trascorreva ogni sua serata.
Uno dei miei primi ricordi collegati alla S.M.S.
di San Quirico, o meglio alla “Casa del Popolo”,
come veniva chiamata, è un ricordo funebre: una
sala piena di palme, di garofani, di bandiere rosse
e, dietro una cortina di gente dall’aria mesta, ma
composta e fiera, le bare: quelle dei fratelli Taddei,
il cui nome da quel giorno in poi ha contrassegnato quel luogo di aggregazione sociale. Ero molto
piccolo, e potevo vedere la scena proprio perché
mio zio mi teneva in collo; ora son quasi certo
che egli mi abbia alzato al disopra della folla per
imprimere nella mia mente una visione indelebile
che da grande avrei certamente dovuto situare in
un contesto storico e morale.”
Lo zio della testimonianza è Ruggero Berlincioni,
presidente del Comitato di Liberazione Nazionale
locale e responsabile politico della S.A.P. di San
Quirico (squadra di azione partigiana), figura
fondamentale nella vita politica del quartiere e
nella casa del popolo, come viene ricordata da
Enzo Mancini in “Quelli del Circolo quelli della
Cooperativa” e da suo nipote Sandro: “Così era
fatto, mio zio. Berlincioni di cognome, di nome
faceva Ruggero: un nome un po’ desueto, da antico paladino; e del paladino aveva anche l’animo
e la cavalleresca ingenuità: intendeva insegnare
le cose, come fece con me in quel caso, nel più
diretto ed effettivo dei modi: con l’esempio; un
tipo di didattica, o di pedagogia, di cui oggigiorno
ancora permangono gli effetti, e non solo in me.
Ovviamente, molti di quelli che frequentano attualmente i locali della “Fratelli Taddei” e devono
ancora superare la quarantina, non lo hanno potuto conoscere o debbono ricordarlo in modo assai
vago; ma coloro che hanno praticato quel centro
di attività formativa nell’epoca che va dal primo
dopoguerra (periodo che iniziò con una sensazione di libertà, seppur relativa, e che attraverso
la ricostruzione, il consolidamento, il cosiddetto
miracolo economico e una dirompente industrializzazione si concluse, attraverso un’ecatombe di
governi, con gli anni di piombo) all’uccisione di
Aldo Moro, lo potevano sicuramente trovare là
ogni sera. Ruggero, infatti, non ebbe mai quel
che si dice una vita privata: la sua esistenza, per la
parte lasciata libera dal lavoro, era rappresentata
dal Partito. Dal Partito con la P maiuscola, quello
animato da un’ideale, e la Casa del Popolo era il
luogo deputato per dare pragmaticamente vita
a quell’ideale. Non si era mai sposato: il posto
della moglie, e forse anche dell’amante, veniva
occupato in lui dal partito, quel partito che aveva
contribuito a fondare e a cui era stato legato per
tutta la vita, dedicandogli l’anima e il corpo. Al
pari di ogni relazione, anche questa era destinata
ad essere teatro di momenti laceranti, come al
tempo della primavera cecoslovacca, nel 1968, un
accadimento che parve scrollare fin nelle fondamenta i principî sui quali il rapporto era fondato.
Eppure egli seppe, in un’età già avanzata, attraverso un processo dialettico di elaborazione e di sintesi, superare una crisi personale tanto profonda
quanto dolorosa e riprendere il filo di un’analisi
sociale che era ed è soprattutto metastorica. Era
convinto di essere, nella storia, parte delle storia,
anche se infima: una convinzione che non lo abbandonò neanche sul letto di morte, proprio nei
giorni del delitto Moro, quando mi chiedeva di
analizzargli e commentargli gli articoli di giornale
su quel rapimento. E non si pensi che siano stati
57
La storia cammina nel futuro
soltanto i suoi coetanei a rispettare l’uomo e le sue
idee: Ruggero era venerato anche e soprattutto da
ragazzi dai quali lo separavano almeno due generazioni, anche a prescindere dal livello intellettuale o dall’estrazione sociale: caso più unico che raro
fuori dal ristretto mondo degli studî.
Rammento soprattutto le discussioni accalorate
fra noi e principalmente, con un’onda di affetto,
le critiche che rivolgeva alle mie tendenze anarcoidi (e quindi, ai suoi occhi, deviazioniste), al mio
scetticismo, al mio fatalismo. Critiche dure e forse
motivate, ma dalle quali traspariva quell’affezione
e quella tenerezza che ha sempre provato per
me, unite a una certa indulgenza, come per un
figlio che non aveva avuto; per parte mia, reciprocamente, l’ho sempre considerato un secondo
padre, e così lo ricordo.
Cos’è che gli forniva questa energia e questo calore che egli era in grado quant’altri mai di trasmettere a terzi? Oltre a solide convinzioni e a una ben
radicata coscienza di classe, credo che nel suo caso
si trattasse di una credenza tanto ingenua quanto
profonda in un destino positivo dell’uomo e del
suo progresso, unita alla convinzione che equità
e giustizia sarebbero rimaste solo vuote parole se
non fosse stata prima stabilita una parità effettiva
fra tutti coloro che compongono il corpo sociale;
e, nel contempo, della coscienza che questo ideale
sarebbe stato realizzabile solo con la creazione un
sistema che propugnasse l’emancipazione dei ceti
inferiori e la difesa dei propri simili, specie di
quelli socialmente più deboli e svantaggiati.”
L’11 di agosto la città era libera, tuttavia i combattimenti continuavano nella parte nord ed i tiri
dell’artiglieria tedesca raggiunsero anche alcune
parti della zona di San Quirico facendo altre vittime e feriti e danneggiando le abitazioni.
“Per molti giorni – ricorda Orazio Barbieri in
“Ponti sull’Arno” – dall’11 agosto al 7 settembre,
il fronte si sposta in avanti e indietro nella città e
talvolta pattuglie tedesche hanno ritorni offensivi
che le avvicinano al centro della città. E’ in questo stillicidio, su un fronte mobile e frastagliato
che popolazione e combattenti subiscono nuove
perdite.”
Il giorno stesso della liberazione i rappresentanti
del Partito d’Azione, del Partito Comunista
Italiano e del Partito Socialista a nome del Comitato di Liberazione, si insediarono nella sede
della Società di Mutua Assistenza di San Quirico
e formalmente ne fecero riprendere le attività. Il
primo atto di un’assemblea straordinaria fu quello
di eleggere il primo Consiglio del dopo guerra,
formato da vecchi soci e da un gruppo di giovani.
Gli incarichi furono attribuiti a Giovacchino
Mita presidente, Rosselli segretario, Otello Dolfi e
Licio Nannoni vice segretari, Guido Cappuccini,
Francesco Bargiacchi ed altri. Il nuovo consiglio
aveva programmato la ripresa dell’attività cinematografica, ma ciò non si realizzerà a causa delle
continue interruzioni dell’energia elettrica. Per
questo la sala del cinema, liberata dalle sedie, fu
utilizzata per ballare, mentre nel giardino durante
la buona stagione un gruppo teatrale, messo in
piedi dal presidente della casa del popolo reclutando attori tra vecchie conoscenze, riuscì a mettere
in scena delle commedie in vernacolo fiorentino
come “l’acqua cheta”, “il gatto in cantina”, “i due
sergenti” ed altre. Questa attività teatrale e ricreativa trovò riscontro positivo tra la popolazione che
partecipava con interesse e divertimento.
L’attualità e la storia
Dalla casa del popolo riprese vita anche lo spaccio
cooperativo inizialmente autogestito da un consiglio eletto dai soci. Successivamente lo spaccio
aderì alla Unione Cooperative Fiorentine ed infine
con la ricostituzione della cooperativa di Legnaia
divenne uno dei 9 spacci di questa. In questa fase i
cittadini ed i soci contribuiscono finanziariamente allo sviluppo associativo attraverso l’azionariato
sociale lanciato dal Consiglio.
Con la ripresa della vita nella casa del popolo un
ruolo importante viene svolto dai partiti politici.
Dopo vent’anni di dittatura fascista il tessuto
sociale era profondamente disgregato, le masse
popolari apparivano frastornate e sfiduciate.
I partiti, con il ruolo attivo svolto nella clandestinità antifascista e nella lotta di liberazione, erano i
soli punti di riferimento sostanziali per la riaggregazione sociale.
Ernesto Ragionieri, in “Storia d’Italia – dall’Unità ad oggi”, sostiene che i “I partiti politici
rappresentavano l’unica forma di associazione
veramente autonoma delle classi sociali.” I maggiori sindacati italiani erano stati ricostituiti dai
tre partiti: DC, PCI e PSI, così avvenne anche per
le organizzazioni cooperative, altre forme di associazionismo di massa vivevano una vita stentata
non essendoci ancora forme di coordinamento o
di organizzazione nazionale delle stesse.
Per questo a livello locale, in modo particolare,
la presenza dei partiti era quasi indispensabile per
garantire ogni forma di ripresa delle Società, dei
Circoli e delle Case del Popolo.
Questo produce modificazioni non di poco conto nel carattere e nella conduzione dei sodalizi
associativi, i quali perdono una parte di quella
autonomia che gli distingueva all’origine quando
essi generarono le altre forme associative sindacali,
cooperative e politiche.
In ogni modo si deve, alla sinergia tra coloro
che erano maggiormente impegnati nei partiti,
i giovani del Fronte della Gioventù, le donne
organizzate nell’UDI Unione Donne Italiane ed i
cittadini interessati alla ricostituzione dell’associazionismo ricreativo, la ripresa della vita associativa
e la realizzazione delle prime importanti iniziative
culturali, ricreative e sportive.
Certamente i sodalizi, nel rapporto con i cittadini,
devono tener conto oltre alle condizioni di disagio e di smarrimento politico e culturale, anche
della situazione economica e sociale del primo
dopoguerra.
La forte inflazione pesa sui lavoratori dipendenti
e sui ceti medi riducendo il potere d’acquisto dei
già miseri salari. L’aumento demografico senza un
adeguato sviluppo produttivo genera il fenomeno
della disoccupazione di massa, solo in parte alleviata, dai forti flussi di emigrazione verso i paesi
europei più vicini: Svizzera, Germania, Belgio,
ecc.
Questi problemi a Firenze sono meno accentuati
che in altre parti d’Italia, comunque le difficoltà
sono presenti e ci vorranno gli anni del cosiddetto
boom economico per superarle.
Nello stesso tempo la vita politica e istituzionale
inizia un percorso democratico, di pari passo con i
primi impegni per la ricostruzione del paese, nella
riconquistata libertà.
Il 2 giugno 1946 il popolo italiano è chiamato a
votare per il referendum repubblica – monarchia
e per eleggere l’Assemblea costituente.
Il referendum sancì, anche se di stretta misura,
l‘affermazione della repubblica con il 54,26 %
59
La storia cammina nel futuro
degli oltre 23 milioni di voti validi.
I risultati delle elezioni per l’Assemblea Costituente confermarono la netta prevalenza (74,86
% ) dei grandi partiti di massa che si erano ricostituiti dopo la liberazione, con l’affermazione
relativa della Democrazia Cristiana (35,18 %),
seguita dal PSIUP (20,72) e dal PCI (19 %).
Dopo 18 mesi d’intenso lavoro dell’Assemblea la
Costituzione Repubblicana, venne approvata il 22
dicembre 1947 ed entrò in vigore il 1° gennaio
del 1948. La Carta rispecchiò il clima politico
che aveva caratterizzato la lotta di liberazione
antifascista, e sintetizzò il risultato della più alta
e significativa mediazione tra le forze politiche
di ispirazione cattolica, socialista, comunista,
liberale e repubblicana. Il riconoscimento del
concordato pontificio e l’amnistia generale, nella
quale erano compresi anche i reati fascisti, lanciarono al paese un segnale forte di pacificazione.
La carta costituzionale stabilì, per la prima volta
nella storia d’Italia, il diritto di voto alle donne ed
il diritto dei cittadini “di associarsi liberamente,
senza autorizzazioni, per fini che non sono vietati
ai singoli dalla legge”.
Purtroppo per ragioni politiche nazionali, ma
soprattutto internazionali, il clima unitario ebbe
breve durata. Già dalla metà del 1947 si formò il
governo De Gasperi sostenuto dalla Democrazia
Cristina, dal partito Liberale e da alcuni indipendenti con l’esclusione dei partiti di sinistra. Subito
dopo le elezioni politiche del 18 aprile 1948 con
il successo conseguito dalla D.C. e la sconfitta dei
partiti di sinistra presentatisi uniti nel Fronte Popolare, segnarono la fine dei rapporti instauratosi
durante la lotta di liberazione. Il quadro politico
si deteriora ed inizia una fase di forte scontro
ideologico-politico tra le forze di centro-destra
al governo e quelle di sinistra all’opposizione. Per
oltre dieci anni i governi a guida democristiana,
sostenuti a livello internazionale dagli Stati Uniti
d’America, tentano di frenare la corretta applicazione del dettato costituzionale ed avviano una
politica di discriminazioni, attacchi alle libertà
fondamentali, al libero dispiegarsi delle attività
ricreative e culturali, allo sviluppo civile e democratico della vita associativa popolare.
Nei primi venti anni del dopoguerra, tutta l’area
Sud Ovest di Firenze subisce una profonda modificazione urbanistica, con un cambiamento
sostanziale del tessuto sociale ed economico.
La dove c’erano campi, orti, fossi vengono edificate case popolari, cooperative e residenze private,
con ciò sono stati risolti molti aspetti del problema abitativo, ma in pari tempo generano nuove
problematiche e necessari adattamenti.
Il primo intervento con la costruzione del nuovo
quartiere dell’Isolotto, occupò quasi 500 ettari di
terreno e gradualmente determinò un insediamento di circa 10.000 persone provenienti da
altre zone di Firenze e d’Italia.
Un secondo intervento, ad Ovest dell’Isolotto, tra
via Martini, via Canova e l’Argingrosso, comunemente chiamato della 167, dalla legge che permetteva ai Comuni di acquisire aree da destinarsi
all’edilizia economica e popolare, si estese su 180
ettari di terreno ed essendo più intensivo vennero
costruite abitazioni per oltre 20.000 abitanti.
Un piccolo piano di edilizia economica e popolare
interessò anche la zona di Legnaia, nel tratto tra il
Lastrico e la Federiga, su poco meno di 4 ettari di
terreno sorsero case per 1.000 abitanti.
L’attualità e la storia
Intorno a questi interventi pubblici furono costruite altre abitazioni ad edilizia privata, con una
progressione inesorabile che ha portato alla quasi
saturazione dell’area.
In “Legnaia, Cintoia e Soffiano – tre aspetti dell’antico suburbio occidentale fiorentino”, Giampaolo Trotta scrive:
”La nuova area di espansione urbana a Nord di
via del Pollaio si appoggia agli assi viari principali
costituiti da viale Talenti - viale Etruria e dalla diramazione parallela all’Argin Grosso, costituita da
via Canova una strada quest’ultima posta all’interno di un tessuto edilizio privo di qualsiasi identità
urbana. Il piano regolatore ‘Detti’ si sovrappone
brutalmente alla sedimentata realtà suburbana locale, andatasi configurando lentamente nel corso
dei secoli. Se da un lato, infatti, risolve numerosi
problemi legati alla grande viabilità, decongestionando in parte alcune delle vecchie ed inadeguate
arterie mediante la realizzazione di nuove strade
di grande scorrimento e di collegamento tra zone
diverse della città, da un altro lato si presenta
eccessivamente funzionalistico, non riuscendo a
‘capire’ le singole realtà storicizzate. In nome della
pianificazione e della razionalizzazione urbana
sono così distrutti – o ne viene proposta quanto
meno la distruzione – vecchi borghi e agglomerati
rurali, case coloniche, tipiche viuzze e tabernacoli
lungo-strada, masse arboree e antichi poderi. La
‘colata di cemento’ non si inserisce assolutamente
nel precedente contesto, non ne trae alcun principio di identità da utilizzare come elemento
conduttore nella nuova progettazione, non si
rispettano né antichi edifici, né l’organizzazione
territoriale, né gli aspetti ambientali.”
La modificazione urbana descritta nella citazio-
ne è, tra l’altro, fortemente carente per ciò che
riguarda i servizi. Si è pensato molto alla casa,
si è pensato meno, almeno nell’immediato e per
alcuni anni, alla realizzazione di asili, di scuole,
di impianti sportivi e altre attrezzature idonee e
sufficienti per la popolazione cresciuta numericamente e qualitativamente rispetto al recente
passato.
La casa del popolo di San Quirico, come tutti
gli altri luoghi dell’associazionismo popolare
laico e cattolico della zona, si trovano al centro
di questo sconvolgimento e ne risentano direttamente. I gruppi dirigenti saranno costretti dai
soci ma soprattutto dai cittadini a modificare e
caratterizzare il ruolo, i programmi e le attività,
per sopperire o per sollecitare, com’è nella storia
e nella tradizione pre fascista, l’intervento delle
istituzioni, soprattutto quelle locali, finalizzati ad
adottare provvedimenti rispondenti alle esigenze
ed ai nuovi bisogni della popolazione.
Come vedremo in seguito, si formeranno comitati di cittadini con punto di riferimento politico e
organizzativo nella casa del popolo per rivendicare
la soluzioni di problemi considerati importanti e
tal volta gravi portati dallo sviluppo economico e
dalle sue contraddizioni.
La presa di coscienza si allarga, il conflitto non è
più solo quello tra lavoratori e datori di lavoro,
le rivendicazioni per ottenere quello che viene
definito Welfaire (stato sociale) diventano sempre
più coinvolgenti e si allargheranno fino a comprendere le questioni ambientali e l’attenzione
alla qualità della vita.
Nella prima fase della ripresa del dopoguerra le
attività ricreative, culturali e politiche rappresen61
La storia cammina nel futuro
tavano l’impegno principale della casa del popolo.
Ballo, teatro, musica, attività giovanili, iniziative
per i bambini, gite turistiche domenicali, dibattiti
e comizi fanno parte dei programmi mensili del
sodalizio. A San Quirico di notevole importanza
è l’allestimento ed il programma della biblioteca
attraverso il recupero della memoria storica e della
tradizione delle Società di Mutuo Soccorso. I libri
disponibili sono messi a disposizione dei soci e dei
cittadini, in pari tempo si svolgono conferenze e
dibattiti. In questo programma assumo un notevole rilievo la presentazione di nuovi libri con la
partecipazione degli stessi autori. Tra i soci anziani
è ancora vivo il ricordo della conferenza di Gavino
Ledda durante la presentazione del suo libro “Padre padrone”. L’esperienza della biblioteca proseguirà per diversi anni e da tale iniziativa prenderà
vita, nel 1960, il “Circolo Nazim Hikmet”.
Nonostante la forte tensione politica che attraversa tutto il paese, le forze popolari iniziano a
dedicarsi in modo organico allo sviluppo della
Casa del Popolo ed alla programmazione meno
spontanea delle attività. La prima esigenza sentita
dai soci e da molte persone abitanti nella zona era
quella di migliorare le esistenti strutture sociali. Il
primo maggio del 1950, presidente dell’associazione Alvaro Masi, segna il primo grande passo in
tale direzione. Con la decisione di acquistare dalla
famiglia Masini una porzione di terreno adiacente
alla casa del popolo iniziano i lavori d’ammodernamento della sede sociale ed in particolare
l’ampliamento dell’esistente arena del cinema
estivo. A tali lavori partecipano moltissimi soci
e persone delle più svariate professioni (operai,
studenti, impiegati, artigiani) che si improvvisa-
rono per l’occasione sterratori, manovali e mezzi
muratori, sotto la guida di alcuni soci muratori.
Tra essi Dante Masini, Gino Paletti, Pietro Corsi,
(pietrino), Adolfo Ugolini (il cioccia), Ottavio
Corsinovi (pipone), Eugenio Sestini (il gasista),
che prestando tutti gratuitamente la loro opera,
nelle ore serali e notturne dei giorni feriali e fin
dalla mattina dei giorni festivi, riuscirono a completare i lavori per il giorno di apertura del cinema
estivo, i primi del mese di giugno.
Nell’occasione, anche per regolarizzare l’acquisto
del terreno, l’Assemblea dei soci approva il nuovo
statuto della casa del popolo, elaborato e proposto
dal Consiglio direttivo.
Forti di questa esperienza ma soprattutto della
grande partecipazione che tale iniziativa di volontariato aveva suscitato venne deciso di proseguire e
di affrontare immediatamente l’obbiettivo di realizzare una struttura da adibire ad asilo nido per i
bambini. L’esigenza era sentita fra la popolazione
di San Quirico, in quanto allora non esistevano
strutture pubbliche finalizzate all’accoglienza dei
bambini più piccoli.
In realtà già esisteva a San Quirico subito dopo il
passaggio della guerra e gestito dall’UDI un asilo
intitolato ad “Anita Garibaldi”, ospitato in una
vecchia casa contadina adattata allo scopo; era
necessario però realizzare una sede ed ambiente
migliore. Il progetto e la direzione dei lavori furono affidati all’ing. Romanello Massini il quale li
eseguì gratuitamente. Il Comune di Firenze concesse gratuitamente un suo cantiere edile dismesso
confinante con la Casa del Popolo ad una Società
appositamente costituita dalla Casa del Popolo. I
lavori iniziarono nel mese di giugno e si conclusero nel maggio del 1951.
L’attualità e la storia
Un contributo particolare, data la loro professionalità e specializzazione, venne offerto dai soci
Dante Matteuzzi e Nino Evangelio (per i lavori
di falegnameria), Mario Boddi (per le pavimentazioni), Ruggero Galli (per l’impianto idraulico),
Lisindo Cirri (per l’impianto elettrico), Ezio
Garuglieri e Pugi (per i lavori di verniciatura ed
imbiancatura). Accanto al lavoro volontario, in
questa occasione divenne necessario il contributo
finanziario della casa del popolo realizzato con
molti sacrifici, affiancato dal determinante esito
della sottoscrizione popolare tra i cittadini di San
Quirico e da un contributo di Lire 200.000 concesse da Eleonora Turziani, assessore comunale.
Una grande festa di popolo, con la presenza del
Sindaco di Firenze Mario Fabiani, fece da cornice
all’inaugurazione dell’asilo. Negli anni seguenti
e fino al 1971, l’asilo proseguì la sua attività
basandosi esclusivamente sul volontariato, fatta
eccezione per la maestra, con un particolare e
fondamentale ruolo svolto dalle donne dell’UDI
di San Quirico che s’impegnarono con grande
entusiasmo nella gestione, in particolare modo
Marusca Bargiacchi (per molti anni presidente
dell’asilo), Ofelia Matteuzzi, Vanda Bolognini,
Norma Magherini, Clara Melani, Annetta Mancini, la Sestini e la Zei.
In occasione delle iniziative per celebrare il cinquantesimo anniversario dell’asilo la casa del popolo realizzò una bella mostra fotografica, allestita
dagli architetti Francesco Carpi Lapi e Gabriele
Faieta e la pubblicazione: “C’era una volta un Asilo…” dalla quale sono state ricavate le fasi salienti
di tale opera.
Dal 1975, anno in cui l’asilo è spostato presso la
scuola Don Milani e diventa comunale, i locali
vengono adibiti a sede di servizi socio-sanitari
del comune, mentre dal 1999 sono utilizzati per
le attività sociali e ricreative della casa del popolo.
Negli anni 1953/54, come già accennato, il governo di centro-destra intensifica gli attacchi alle
associazioni democratiche e popolari ed agli uomini di cultura. Una decisione del Consiglio dei
Ministri datata 18 marzo 1954 stabilì di “recuperare allo Stato tutti i beni di proprietà del disciolto partito nazionale fascista e di organizzazioni
dipendenti o di altri beni demaniali attualmente
occupati da organizzazioni di parte”. Di fatto
cosa era accaduto: dopo la Liberazione i legittimi
proprietari delle Società di Mutuo Soccorso, Case
del Popolo, Circoli, etc. ripresero possesso degli
immobili che il fascismo aveva loro tolto con la
forza. Ingenuamente in gran parte dei casi non fu
legalizzato il passaggio di proprietà immobiliare,
che nel frattempo, il primo governo post fascista,
aveva passato al demanio dello Stato.
Il Governo strumentalizza tale situazione, particolarmente duro e pesante è l’intervento guidato dal
Ministro Mario Scelba, polizia e carabinieri intervengono con la forza per sfrattare le associazioni
dalle loro sedi, giustificando l’utilizzo delle stesse
per “pubblica utilità”: caserme dei Carabinieri
come nel caso di Legnaia, scuole pubbliche, ma
in molti casi, edifici requisiti inutilizzati e lasciati
abbandonati, come tutt’ora risulta essere quello di
Soffiano. La casa del popolo di San Quirico non è
coinvolta in questo processo repressivo in quanto
come abbiamo già accennato si era trovata in un
a situazione particolare rispetto alle altre. Tuttavia
partecipò attivamente al movimento di solidarietà
a sostegno dell’iniziativa legale e politica per la
63
La storia cammina nel futuro
difesa del movimento circolistico e associativo.
Dal 29 aprile 1953 al 5 marzo 1955, nella provincia di Firenze, furono eseguiti 23 sfratti forzosi,
tra i quali la Casa del Popolo di Legnaia (4 febbraio 1955); la risposta e la partecipazione popolare fu significativa: diecine di nuove, moderne ed
accoglienti case del popolo vennero costruite ed
inaugurate nel 1956.
La repressione scelbiana contro il movimento
associativo fa parte della strategia più generale
contro le forze di sinistra. Nei verbali del Consiglio dei Ministri, riferiti a quel periodo, si può
leggere: “dovere di uno stato democratico è di
impedire che le forze antidemocratiche sopprimano la libertà”. Il Governo riteneva che le forze di
sinistra agissero contro la Costituzione, in effetti,
con quel presupposto veniva giustificata ogni
azione e anche quando era, quella si, palesemente
anticostituzionale.
Nel 1955 il Prefetto di Bologna emanò alcune
disposizioni per il controllo di polizia dei circoli
associativi. Tra le altre cose era scritto: “intensificare la sorveglianza di quei circoli ricreativi
che sotto l’egida dell’ENAL sono passati mano a
mano e nella quasi totalità alla dipendenza delle
organizzazioni socialcomuniste”.
Nella realtà i sodalizi di sinistra dovevano aderire
obbligatoriamente all’ENAL (Ente Nazionale Assistenza Lavoratori), per poter ottenere le licenze
e le autorizzazioni atte allo svolgimento delle
attività di bar, buffet e simili.
Le forze politiche di sinistra nel momento della
trasformazione del Dopolavoro fascista in Ente
Nazionale si impegnarono per la sua riforma in
ente democratico e rappresentativo dei Circoli,
capace di fornire servizi ed assistenza a tutte le
L’attualità e la storia
strutture circolistiche. Dopo dieci anni di rivendicazioni e lotte il mancato raggiungimento di
una se pur minima riforma spinge il movimento
associativo democratico a cercare altre soluzioni.
In quel contesto, superando incertezze e contraddizioni avanza con maggiore forza l’idea di
costituire una organizzazione autonoma e libera
dei circoli. In molte province italiane, i Circoli e
le Case del Popolo iniziarono ad organizzarsi con
forme di difesa di tipo sindacale dando vita all’
“Alleanza dei Circoli”.
Attraverso queste iniziative, in particolar modo
promosse nelle province di Bologna, Novara,
Pisa, Torino e Firenze, possiamo affermare con
certezza, vennero gettate le basi per la nascita
della grande associazione nazionale dei circoli,
che nel maggio del 1956 prese il nome di “Alleanza per la ricreazione popolare” La stessa Alleanza
convocò a Firenze, il 25 e 26 maggio 1957 il
convegno nazionale a conclusione del dal quale
venne approvato l’atto costitutivo ed il primo statuto dell‘ARCI “Associazione Ricreativa Culturale
Italiana”.
impianto CINEMASCOPE>”
Anche le attività sportive vengono seguite con
attenzione e passione in particolar modo il ciclismo disciplina popolare avviata nel circolo fin dal
primo dopoguerra. Nel mese di giugno del 1956
venne organizzata una corsa ciclistica per dilettanti UISP intitolata ai fratelli Taddei.
Negli ultimi anni ’50, con l’acquisizione di un
terreno attiguo alla Casa del Popolo, la stessa fu
ampliata e resa più confortevole con l’installazione dell’impianto centralizzato di riscaldamento.
La Casa del Popolo cercava con tutti i mezzi
disponibili e l’impegno del volontariato di corrispondere ai mutamenti profondi in atto nel
Paese.
Gli anni ’50 lasciarono un segno indelebile anche
nella vita economica, sociale e politica italiana.
Mentre il movimento associativo era costretto a
difendere la sua libertà e autonomia, si aprirono
processi sociali e profonde modificazioni economiche che vanno ad incidere sulle abitudini,
gli usi ed i costumi della popolazione a livello
generalizzato.
La Casa del Popolo nella nuova
realtà ARCI, centro di aggregazione
e d’iniziativa ricreativa, sportiva e
culturale; punto di riferimento per le
lotte sociali (1958/1990)
In questa fase l’attività ricreativa e culturale della
casa del Popolo di San Quirico viene intensificata
e qualificata in modo particolare con l’adeguamento tecnologico della sala cinematografica. In
una pubblicità del 1956 si può leggere: “Cinema
Teatro Casa del Popolo Fratelli Taddei, via Pisana
576 – San Quirico a Legnaia, <modernamente attrezzato con grande schermo panoramico e nuovo
Negli anni cinquanta si registra, a livello nazionale, un aumento demografico del 5,8 %. L’aumento
rilevato nelle grandi città risultava tuttavia molto
superiore. Era quello il segnale inconfondibile di
una grande migrazione interna senza precedenti
dalla campagna alle città, dal Sud al Nord. Gli
emigrati interni dal Sud al Nord passano (nello
stesso periodo) da 975.000 a 1.852.000 ed in
gran parte trovano lavoro nelle fabbriche del nord
dove le moderne catene di montaggio modificano
le forme e i modi di produzione industriale. Si
espandono le esportazioni il mercato interno.
E’ l'inizio di quello che è definito "miracolo economico". Il reddito netto da lavoro dipendente
aumenta dell'89%, il Prodotto Interno Lordo
(PIL) del 111%, ed il reddito non di lavoro del
135%. Si tratta di saggi di sviluppo mai verificatisi in precedenza. La scolarizzazione raddoppia
e determina un nuovo fabbisogno di strutture
scolastiche adeguate.
Con il maggior benessere generalizzato inizia l'era
del "consumismo", segnata dall'accelerazione dei
consumi privati rispetto a quelli sociali, e l'automobile ne diviene il simbolo più vistoso, non solo
come mezzo privato di trasporto, ma anche come
simbolo di successo personale. Gli oltre 2 milioni
di auto circolanti in Italia all'inizio degli anni '60
(400.000 nel 1951), insieme al rapido diffondersi
dei motocicli e degli scooter (Vespa e Lambretta)
rappresentano nuove opportunità per il trasporto
privato e modificano rapidamente la mobilità
interna ed il modo di vita dei cittadini.
La televisione a sua volta introduce nuovi ed
imprevedibili, fino allora, modi di comunicazione, di formazione e diffusione culturale ed in
pari tempo trasmette inedite forme di messaggio
pubblicitario, fondamentali e funzionali al condizionamento dei consumi privati.
Attraverso il cinema di produzione statunitense
si diffonde nella società l’emulazione di un modello di vita “americano” che riuscì a far presa
negli strati popolari. Verso la fine degli anni '50
in alcune città appare il fenomeno dei teppismo
giovanile (i cosiddetti “teddy-boys”). Nei bar vengono installati i primi flipper, le slot-machine ed
i juke-box, nuovi strumenti di ricreazione e svago
soprattutto per le giovani generazioni. Le forme
tradizionali di aggregazione sociale e di organiz65
La storia cammina nel futuro
zazione del consenso entrarono in crisi. Anche le
organizzazioni degli oratori parrocchiali, pilastro
dell'assetto sociale della società contadina, subisce
un grave colpo e comincia a vedere diminuita la
propria forza di aggregazione sociale.
Si tratta di un grande sconvolgimento caratterizzato da forti squilibri tra Nord e Sud nella
distribuzione della ricchezza e del benessere, con
notevoli implicazioni sociali e politiche. Emergono fermenti nuovi tra le masse giovanili con
moderne forme di socialità nei luoghi di studio,
di lavoro e nel tempo libero. Si apre un esteso
conflitto sociale nelle fabbriche ed i giovani si
uniscono alle lotte dei lavoratori per rivendicare
migliori condizioni di vita, un diverso e più
equilibrato sviluppo economico, un Governo più
democratico, più libertà.
Nell’aprile del 1960, dopo una serie di ricorrenti
crisi governative, il Parlamento concede la fiducia
al Governo presieduto da Fernando Tambroni
appoggiato dai liberali e con i voti determinanti
dei post-fascisti del Movimento Sociale Italiano
(MSI).
Da una crisi che doveva spostare a sinistra l’asse
politico del governo, si rischia invece un colpo di
Stato autoritario.
A Luglio il Governo Tambroni si fa garante dello
svolgimento del Congresso nazionale del MSI a
Genova nonostante le forti proteste delle forze
democratiche. Ciò solleva una forte ribellione
popolare contro il congresso missino e contro le
forze di polizia che lo proteggono. In poche ore
si manifesta tutta la collera popolare che si era accumulata in oltre dieci anni di governi democristiani ed in quasi tutte le città italiane si svolgono
grandi manifestazioni di protesta partecipate da
migliaia di persone. La polizia interviene con le
armi ed uccide giovani lavoratori a Reggio Emilia
e a Palermo; feriti e contusi anche in altre città. A
Roma, a Porta San Paolo, lo squadrone dei carabinieri a cavallo comandato dal capitano d’Inzeo
(cavaliere della nazionale italiana di equitazione
che parteciperà pochi giorni dopo alle olimpiadi
romane) bastona e calpesta con i cavalli diecine
di dimostranti.
La reazione delle forze antifasciste e democratiche
è forte ed immediata: operai, lavoratori, studenti,
intellettuali formano un blocco unitario che va dai
comunisti alla sinistra cattolica; le lotte ottengono
un vasto consenso, cade il governo Tambroni ed
inizia una nuova fase della vita politica italiana.
I “giovani dalle magliette a strisce”, riscoprono
l’antifascismo e nelle grandi città danno vita
ad una associazione giovanile chiamata “Nuova
Resistenza”.
I Circoli e le Case del Popolo, sono punto di
riferimento per le forze democratiche e per la
loro unità, tuttavia, pur svolgendo un ruolo associativo di primaria importanza a sostegno della
crescita culturale e democratica di tutti i cittadini,
incontrano serie difficoltà a comprendere l’evoluzione sociale in atto e soprattutto non sembrano
all’altezza di rispondere alle domande delle nuove
generazioni.
Le contraddizioni, all’interno dei circoli e case
del popolo, tra le attività ricreative da una parte
e quelle culturali dall’altra, lo scontro latente tra i
fautori della cultura di massa e quelli della cultura
d’elite, tra le esigenze di innovazione e la prassi
organizzativa appiattita sulla gestione economica,
L’attualità e la storia
generano, inevitabilmente, un conflitto interno
ai sodalizi, tra giovani e anziani, tra conservatori
ed innovatori, innervato sulla critica alle attività
ricreative tradizionali, considerate dai giovani
troppo preponderanti.
Nella esperienza della Casa del Popolo di San
Quirico tale conflitto viene affrontato ed in
gran parte risolto con la creazione di un circolo
culturale giovanile all’interno della stessa Casa del
Popolo, con il concorso della sezione del PCI e del
circolo giovanile comunista.
Le testimonianze di Pier Luigi Betti, comunemente conosciuto con il soprannome “Mao” e di
Pier Lorenzo Tasselli, allora studenti liceali, sono
basilari per ricostruire in sintesi quella esperienza.
Un mixer di sollecitazioni provenienti dal vivace
movimento giovanile studentesco, dalle associazioni fiorentine degli “studenti medi” e “Nuova
Resistenza”, dalla Federazione giovanile comunista e dall’ARCI di Firenze, tutti i interessati a
sostenere la spinta rivendicativa giovanile, fanno
si che un gruppo di giovani e ragazze, alcuni giovanissimi, si incontrano nella casa del popolo di
San Quirico ed iniziano una esperienza associativa
originale.
L’iniziativa prende l’avvio da una piccola biblioteca autogestita dai giovani, dalla quale scaturisce
il “circolo culturale giovanile Nazim Hikmet”. Il
nome dato al circolo è emblematico: Nazim Hikmet è un poeta turco, nato a Salonicco nel 1902,
comunista, arrestato più volte, condannato a 32
anni di carcere, torturato ed esiliato dal regime
fascista. Nazim Hikmet, in Europa, diventa simbolo di libertà e democrazia. Le sue poesie sono
un inno all’amore, alla libertà e alla vita:
“La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
Come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla
dal di fuori o nell’al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.
La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
Ma sul serio a tal punto
Che messo contro il muro, ad esempio,
le mani legate
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali
tu muoia affinché vivano gli altri uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia
e morrai sapendo
che nulla è più bello, più povero
della vita.
Prendila sul serio
Ma sul serio a tal punto
Che a settant’anni, ad esempio,
pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte,
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.”
L’assonanza, con le lotte dei giovani contro il tentativo fascista del Governo Tambroni, è calzante.
Betti e Tasselli ricordano la gran mole di attività
svolta insieme a diecine di giovani. Tra questi
le sorelle Daniela e Paola Borghesi, Corrado
Mauceri, Roberto Salvatori, Valerio Valoriali, le
sorelle Soldani: Simonetta e le gemelle Graziella
e Patrizia, e Sergio Staino, oggi affermato disegnatore satirico creatore del popolare personaggio
“Bobo”. Enrico Beni e Sandra Fusco hanno ancora presente la loro esperienza nel circolo, come un
momento alto di vita politica e culturale, vissuta
in allegria da quel gruppo numeroso di giovani
fiorentini. Il circolo ben presto divenne un punto
di riferimento importante a livello cittadino.
Svolsero la loro attività giovani intellettuali ed
67
La storia cammina nel futuro
artisti come Vittoria e Augusto Vismara, Mario
Agostini, ai quali si aggiunsero Piero Maioli e
Tassini questi ultimi impegnati a far proseguire
l’attività del cine club quando il circolo Nazim
Hikmet cessò l’attività.
I primi passi risultano difficili, nonostante l’impegno di Ruggero Berlincioni e Otello Dolfi nell’opera di mediazione tra le posizioni divergenti
tra i giovani e parte del gruppo dirigente e del
corpo sociale. I giovani, provenienti da diverse
zone della città, iniziano il loro impegno senza
disdegnare le attività tradizionali. Insieme alla
biblioteca ed al cine club, e per contribuire al
loro sostegno economico, diventano gestori della
tombola, organizzano tornei di ping-pong, un vasto programma di gite turistiche, con il riscontro
positivo e la larga partecipazione della popolazione locale, provvedono alle pulizie dei locali dove
vengono svolti i programmi sociali.
Mostre di pittura e fotografia, dibattiti e conferenze, incontri culturali con delegazioni straniere
rappresentano l’impegno più alto del circolo
Hikmet.
L’esperienza diventa punto di riferimento del
comitato fiorentino dell’ARCI per il valore innovativo introdotto nel sodalizio attraverso la
compenetrazione di attività culturali di massa con
quelle ricreative tradizionali. Un modo nuovo di
essere casa del popolo, un modo positivo che rende compatibile i programmi culturali con quelli
ricreativi e con la gestione economica.
Sono problematiche nuove che trovano spazio
nel confronto aperto anche a livello nazionale
messe a foco nel convegno organizzato dall’ARCI
a Firenze il 21 e 22 maggio del 1961 sul tema :
“L’impegno dei circoli popolari nella lotta per il
rinnovamento e la diffusione della cultura”.
Un impegno notevole nel vasto movimento associativo fiorentino dove permangono all’interno
dei sodalizi, insieme alla separazione tra attività
culturali e ricreative, le ricorrenti impermeabilità
in buona parte del corpo sociale rispetto alle istanze giovanili, con insufficiente ricambio dei gruppi
dirigenti, essenzialmente maschilisti, in difficoltà
a mettersi al passo rispetto ai cambiamenti sociali
in atto.
I programmi del circolo giovanile occuparono la
scena per alcuni anni e quando l’esperienza giunge a conclusione assomma il patrimoni acquisito
a quello delle precedenti esperienze culturali della
casa del popolo ed a quelle in atto nel settore
cinematografico, apre la strada alle esperienze dei
gruppi di contro informazione, dei primi nuclei
di produzione culturale di base, del movimento
dei doposcuola fiorentini nati dopo la tragica
alluvione di Firenze del 1966 e nel contesto delle
lotte giovanile del 1968.
Il 4 novembre, l’Arno uscì dal suo alveo naturale
e l’acqua melmosa superò le spallette allagando
il centro storico ed alcuni quartieri periferici di
Firenze. L’alluvione provocò danni incalcolabili
lasciando ferite profonde nella popolazione, nel
patrimonio economico e nel grande ed “unico”
patrimonio storico, artistico e culturale della
città.
Nel prodigarsi di tante forze per recuperare
nell'immediato ciò che poteva essere recuperato,
venne fuori con grande risalto il ruolo dell'associazionismo fiorentino.
L’opera di soccorso, a fianco degli Enti Locali,
vede in prima fila insieme alle parrocchie ed altre
organizzazioni giovanili, l’associazionismo coordi-
L’attualità e la storia
nato dall’ARCI di Firenze.
L'alluvione, ricorda Alessandro Del Conte, fu anche una grande esperienza di solidarietà collettiva,
dove la popolazione seppe attivare grandi risorse
e capacità di reazione. Protagonisti di questa
mobilitazione furono i comitati di soccorso poi
diventati, in molti casi, comitati di quartiere. In
loro, per la prima volta in forma così massiccia e
diffusa, si incontrarono esponenti dei partiti di sinistra e dell’associazionismo popolare con attivisti
delle parrocchie e delle organizzazioni cattoliche.
Fu una esperienza straordinaria, dove culture
e linguaggi rimasti distanti per anni, spesso in
conflitto aperto, si ascoltarono, dialogarono, lavorarono insieme, gettando le basi di un movimento
collettivo destinato a durare nel tempo.
Il 1968 segnò un nuovo spartiacque nella storia
italiana. Quel nuovo soggetto sociale “i giovani”,
giunto prepotentemente alla ribalta nelle lotte politiche all’inizio degli anni ‘60, aveva sedimentato
valori e impegno di lotta per il cambiamento e
divenne nuovamente, insieme alla classe operaia
ed ai lavoratori in genere, protagonista di una
stagione storica.
In Francia, nei primi mesi del 1968, scoppiò la
rivolta studentesca contemporaneamente a forti
manifestazioni e scioperi operai. Il "maggio"
francese si propagò anche in Italia, generando un
forte movimento di contestazione che partì dalle
Università, coinvolse grandi masse di giovani
e fece da detonatore alle grandi manifestazioni
sindacali che raggiunsero l'apice con "l'autunno
caldo" del 1969.
In Italia la contestazione portò profondi cambiamenti a livello politico, sociale e soprattutto cul-
turale. Si esaurì l'esperienza del governo di "centrosinistra"; riprese vigore il movimento sindacale
unitario, che riuscì ad imporre modificazioni economiche e normative a vantaggio dei lavoratori. Si
modificarono nuovamente abitudini, modi di vita
e costumi, che stavano assuefacendosi all'avanzare
incontrastato del consumismo esasperato e dell'industria culturale.
Questo stato di cose a livello generale si riflette
anche nei Circoli e nelle Case del Popolo, inizialmente contestate dal movimento giovanile in
quanto ritenute luoghi di attività troppo tradizionali. Tuttavia i Circoli, come in altre circostanze,
trovano la forza di reagire e di mettersi nuovamente in gioco. A Firenze, in modo particolare
anche per l’esperienza associativa e solidaristica
maturata durante l’alluvione, i Circoli ancora una
volta svolgono un ruolo importante di riferimento e di aggregazione per tutte le lotte sociali.
Nel quadro di tensioni e novità sociali, alla fine
del 1969 si forma il “Comitato di coordinamento
per i problemi scolastici di Monticelli, Legnaia,
Soffiano, San Quirico”, comitato che ha come
riferito anche la casa del popolo Fratelli Taddei, e
che rivendica la costruzione di nuovi edifici scolastici, data la loro carenza rispetto alla crescita della
popolazione scolastica.
Otello Dolfi, nella sua testimonianza, ricorda
la reazione dei genitori, quando il Comune di
Firenze decise di trasportare con il pullman i
ragazzi eccedenti nella scuola elementare “Niccolini” in un altro plesso scolastico. La scuola fu
immediatamente occupata ed i genitori, riuniti in
palestra, presente il direttore didattico, presero la
decisione di indire una assemblea generale presso
69
La storia cammina nel futuro
il cinema Florida. In quella occasione negozianti
e artigiani del quartiere decisero lo sciopero come
segno di solidarietà verso i genitori, che tra l’altro
erano stati denunciati dalle autorità di pubblica
sicurezza per l’occupazione della scuola.
La mobilitazione del quartiere si concluse con
successo. L’Amministrazione comunale prese atto
delle giuste rivendicazioni dei cittadini e prese
l’impegno, poi mantenuto di costruire nuovi edifici scolastici a Monticelli, Legnaia, San Quirico e
Ponte a Greve.
Si allarga la coscienza collettiva dei cittadini ed
il rapporto con il governo della città diventa più
dialettico ed in alcuni momenti conflittuale. La
popolazione del quartiere rileva i punti deboli
delle realizzazioni comunali si organizza e lotta
per indicare soluzioni soddisfacenti per tutti.
Dopo il successo riportato attorno ai problemi
dell' edilizia scolastica si formano alti comitati popolari per affrontare altrettanti punti di sofferenza
e difficoltà della vita cittadina.
Tra questi assume particolare rilievo quello dei
cittadini della nuova zona delle Torri, quella compresa tra via Baccio da Montelupo e l’attuale via
Piombino. Un gruppo di nuove abitazioni, edificate la dove c’erano orti e campi, completamente
isolate dal restante territorio e dai relativi servizi.
Gli abitanti per raggiungere la fermata dell’ATAF
in via Baccio da Montelupo erano costretti a
seguire il tracciato di un vecchio corso d’acqua
che era stato coperto: il “fosso degli Ortolani”,
un vero e proprio sentiero, battezzato dai cittadini
come “sentiero Ho Ci Min”.
Nel 1971 a seguito della chiusura della discarica
di Bilancino, una parte dei rifiuti solidi urbani,
vengono scaricati nel piazzale in via Baccio da
Montelupo a fianco dell’edificio dove ha sede
la direzione dell’ ASNU, (azienda comunale per
la nettezza urbana), provocando la reazione dei
cittadini, alcuni dei quali, abitanti nelle case adiacenti o confinanti con il piazzale.
Le organizzazioni sindacali ed lavoratori dell’azienda con il volantinaggio porta a porta sollecitano i cittadini ad avviare l’azione di protesta
che ha per obiettivo la ricerca di modi e luoghi
idonei allo smaltimento dei rifiuti. Per protestare
contro il continuo movimento di camion pesanti
e soprattutto per i miasmi provocati dai rifiuti accatastati sotto le finestre di casa nasce il Comitato
di protesta che unisce i cittadini della nuova zona
delle Torri ed i lavoratori dell’ASNU. Il gruppo si
organizza rapidamente e convoca le prime assemblee al Circolo le Torri di via Lunga. La protesta
cresce di pari passi con l’aumento dei rifiuti giunti
nel frattempo a livello del secondo piano dei condomini adiacenti la discarica. Nel corso di una di
queste assemblee viene presa la decisione di andare ad occupare i cancelli d’accesso al piazzale della
discarica mettendo in atto il blocco permanente
della sede aziendale.
Pasquale Di Lena, allora segretario della sezione
del PCI di San Quirico, prende contatto con il
comitato e ne allarga il raggio di azione coinvolgendo anche la casa del popolo di San Quirico. Il
comitato predispone una piattaforma rivendicativa ed organizza varie forme di lotta e di protesta
tra queste quella decisiva, assunta con il consenso
ed il contributo dei lavoratori dell’ASNU, di
impedire l’entrata e l’uscita degli automezzi dal
piazzale di via Baccio e quindi inibire lo scarico
dei rifiuti. Dal primo al cinque febbraio il blocco
è totale, giorno e notte. Sono giornate di un inver-
L’attualità e la storia
no rigido; alla sera vengono accesi dei falò con cataste di legna per potersi scaldare e garantire così
i turni di notte. Il blocco rappresenta consapevolezza, forza e volontà d’iniziativa messa in atto dal
comitato sostenuto da una grande mobilitazione
popolare, che induce l’amministrazione comunale
a ricercare un rapida soluzione. Durante il blocco
i rappresentanti del comitato vengono convocati
e ricevuti dagli assessori comunali competenti
nell’intento di far togliere il blocco senza dare
garanzie di prospettiva.
Paolo Jannone (allora camionista dell’ASNU)
e sua moglie Franca Franco ricordano che nella
prima fase della trattativa le parti pervennero ad
un accordo parziale: far uscire alcuni automezzi
(una spazzatrice e due camion) per poter svolgere
la remozione dei rifiuti dagli ospedali. L’accordo
venne disatteso da parte dell’azienda e del comune. Di fatto i mezzi di servizio vennero utilizzati
per togliere immondizia dal centro storico senza
possibilità alcuna di poter essere scaricati ne in
via Baccio ne altrove non essendoci al momento
discariche disponibili. L’episodio fece aumentare la
tensione e l’impegno di lotta del comitato; il presidente dell’ASNU Bercigli venne fatto alzare in
piena notte per dare spiegazioni ai manifestanti.
Giuliana Lombardi, altra testimone che fungeva
allora da portavoce del Comitato, insieme a
Pasquale Di Lena, Anna Esposito, Remo e Ilva
Fantoni, Franca Franco, Paolo Jannone, Ovidio
Leardi, Leonardo Malavolti, Memi Medaglini,
Carlo Scali e tanti altri fecero capire che non
avrebbero più ceduto alle lusinghe ed avrebbero
tolto il blocco soltanto all’inizio della rimozione
dei rifiuti ed il loro trasferimento in altro luogo
più idoneo.
Nel contesto dei rapporti con gli amministratori
pubblici il Comitato sollecita un diverso modo
di raccolta dei rifiuti. Fino ad allora era stata
privilegiata la raccolta degli stessi con priorità per
gli ospedali ed il centro cittadino e trascurando le
zone periferiche. I cittadini si fanno promotori di
un diverso piano di raccolta che tiene conto anche
delle esigenze di coloro che vivono nei nuovi quartieri periferici, piano in gran parte disatteso dall’assessorato competente e dalla direzione aziendale.
Tuttavia a seguito delle lotte e dell’impegno profuso dal Comitato il Comune di Firenze avvia la
costruzione e la messa in funzione dell’inceneritore di San Donnino. Il nuovo impianto, attivo
per alcuni anni, pareva aver risolto in maniera
definitiva lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani
dell’area fiorentina. In realtà l’inceneritore ha vita
breve. Le pesanti emissioni di diossina ed il conseguente inquinamento della vasta area delle Piagge
(nel contempo edificata e densamente popolata),
provocano forti proteste dei cittadini e costringono l’Amministrazione comunale e l’ASNU a
fermare l’attività dell’inceneritore ancora oggi
oggetto di discussioni per i danni ambientali non
del tutto risanati.
L’iniziativa popolare allarga il proprio raggio di
azione e l’iniziativa di lotta per ottenere la costruzione della prima strada successivamente denominata via Siena, l’illuminazione stradale, il trasporto
scolastico a carico del Comune, l’avvio della nuova
linea ATAF la n. 4.
Nello stesso periodo, con sede e punto di riferimento la casa del popolo di San Quirico si organizza il comitato per la sistemazione di via Baccio
da Montelupo. Nonostante lo sviluppo urbanistico
e la costruzione di nuovi edifici, l’importante arte71
La storia cammina nel futuro
ria che unisce Firenze a Pisa (parallela alla vecchia
via Pisana) è rimasta una strada di periferia così
come era stata costruita trent’anni prima. Strada
senza marciapiedi e priva di fognatura con due fossetti laterali per lo scolo delle acque piovane, con
scarsa ed antiquata illuminazione pubblica. Con
l’aumento della circolazione di auto e motoveicoli
la strada diventa teatro di incidenti in alcuni casi
mortali. La richiesta dei cittadini, accompagnata
da critiche e proteste, si manifesta in modo
nuovo e positivo: nell’occasione viene presentato
alla amministrazione comunale un progetto di
massima per l’adeguamento della strada. L’azione
risultò efficace ed in breve tempo il Comune apre
il cantiere per i lavori di ristrutturazione ed ammodernamento.
Altra forma di protesta, che vide nuovamente insieme quelli delle Torri, con quelli di San Quirico,
venne avviata in occasione della costruzione della
nuova viabilità di penetrazione cittadina (Viale
Piombino e Viale Etruria), progettata senza aver
previsto nessun sottopasso o soprapasso, con la
conseguente separazione della zona cosiddetta
delle Torri nuove e di San Quirico, con quella
delle Torri vecchie. Ciò provocava grandi disagi
per raggiungere servizi pubblici, come le fermate
dell’ATAF, le scuole, l’ufficio postale, ed i negozi
compresi quelli di generi alimentari.
In questo caso i cittadini occupano la strada in
costruzione e piantano alcune tende da campeggio
come punto di riferimento fisico della contestazione e per ripararsi durante la notte. Il presidio si
conclude con successo quando l’amministrazione
comunale accetta le proposte dei dimostranti: il
progetto viene modificato con l’inserimento di
due sottopassi stradali.
In tutte queste manifestazioni e proteste ancora
una volta emerge il protagonismo dei giovani i
quali portano un loro contributo alle rivendicazioni caratterizzato da vivacità, allegria e radicalità. Essi sono poco inclini alle mediazioni in
pari tempo marcano la loro presenza nei presidi
cantando accompagnati dalla chitarra di Andrea
Parlavecchio. Nanni Manchia, Stefania Barbugli,
Gloria Campi, Emanuela Ginanni, Piero Bicchierai, insieme a tanti altri giovani e non affrontano
le loro prime esperienze politiche con slancio e
determinazione, esperienze che metteranno frutto
negli anni successivi assurgendo a responsabilità di
direzione nell’associazionismo, nei partiti e nelle
istituzioni: Consiglio di Quartiere 4, Consiglio
Comunale di Firenze e Consiglio provinciale.
La casa del popolo, in questa fase, assume così
un ruolo nuovo e diverso da quello storicamente
acquisito e non è più la sola sede fisica per riunirsi.
Essa diventa punto di riferimento associativo e di
confronto tra organizzazioni aventi obbiettivi e
finalità diverse ed i cittadini nel suo insieme: le
sezioni dei partiti della sinistra, i circoli giovanili
e culturali, le società sportive, le organizzazione
femminili.
In questo contesto si estrinseca l’impegno delle
donne per il successo dei referendum popolari in
difesa della legge sul divorzio e a sostegno della
legge n. 164 per l’aborto.
L’ARCI in queste occasioni svolge un’intensa e
qualificata campagna di informazione attraverso
i circoli e case del popolo, con al centro i motivi
della liberazione ed emancipazione femminile.
Nel 1974 gli italiani sono chiamati ad esprimersi
L’attualità e la storia
con il referendum sul tentativo delle forze politiche
di centro destra di modificare e annullare la legge
che da poco istituiva anche in Italia il divorzio.
Tutte le case del popolo si mobilitano attorno ai
comitati per il NO, organizzano la partecipazione
alle manifestazioni referendarie ed attivano tutto
il loro potenziale attraverso iniziative culturali,
teatrali, musicali, cinematografiche, diffusione
di giornali e pubblicazioni specifiche finalizzate
a difendere il nuovo strumento legislativo che
facilita il divorzio in modo circoscritto nei casi di
spaccatura familiare già intervenuta teso a liberare
uomini e donne da situazioni insopportabili, false
ed ipocrite.
L’esperienza si ripete in occasione del referendum
che vuole abolire la legge n. 164 da poco approvata
dal Parlamento italiano. Il movimento associativo
si schiera con le forze politiche e sociali che lottano per abolire l’illegalità dell’aborto una delle
forme più odiose di violenza sociale che colpisce
i più deboli. Si tratta di una battaglia ideale per
l’affermazione di nuovi valori e comportamenti,
con obbiettivi concreti di regolamentazione della
pratica abortiva per mettere su basi diverse i rapporti tra uomo e donna, per fra progredire nella
società la cosciente affermazione della personalità
femminile, per affrontare con impegno decisivo
l’allestimento ed il buon funzionamento dei servizi
sanitari pubblici.
Intanto nel 1975 si svolgono le elezioni regionali
ed amministrative con risultati inediti per le forze
politiche di sinistra. Nel complesso dei quindici
consigli regionali a statuto ordinario dove si è votato i tre partiti della sinistra (PCI – PSI – PdUP)
sfiorano il 47 per cento dei voti; quasi tutti i
Comuni delle grandi città registrano risultati che
pemettono la costituzione di governi locali di sinistra, in oltre il 60 per cento dei Comuni le sinistre
ottengono la maggioranza. Anche a Firenze, dopo
molti anni, si insedia una giunta di sinistra e viene
eletto Sindaco il comunista Elio Gabbuggiani.
Inizia un periodo proficuo nel rapporto tra cittadini, associazionismo e pubblica amministrazione
e tutte le esperienze di partecipazione democratica
hanno uno sbocco istituzionale con la creazione
nel 1976 dei Consigli di Quartiere e l’avvio del
decentramento comunale.
I nuovi impegni richiedono una sede adeguata
alle nuove esigenze dei soci e dei cittadini per
questo a partire dal 1978 e per alcuni anni la casa
del popolo di San Quirico è interessata da lavori
di ristrutturazione ed ammodernamento, tra i
quali un nuovo impianto di riscaldamento e la
messa a norma di quello elettrico. In questa fase si
procede alla regolarizzazione ed unificazione delle
proprietà di tutti i corpi immobiliari acquisiti nel
tempo. In pari tempo lo statuto sociale è modificato ed adattato alle nuove esigenze seguendo una
indicazione generale emanata dall’ARCI. E’ questo
lo statuto ancora vigente aggiornato a fine anni ’90
per rispondere a modificazioni legislative in materia di associazionismo.
Negli ultimi vent’anni del secondo millennio il sodalizio consolida il proprio ruolo associazionistico
e le attività ricreative, culturali e sportive. E come
nella tradizione storica e culturale diventa sede
di riferimento per comitati, movimenti e nuove
aggregazioni in particolar modo per tutto ciò che
ruota intorno ai problemi della giustizia, della
pace, della solidarietà internazionale.
73
A fianco: art.1 e art. 2 del regolamento
sotto: foto di gruppo di soci, 1921
In alto: gli organizzatori al traguardo
di una gara ciclistica, 1939
sopra: il logo della società nel 1939
a sinistra: frontespizio dello Statuto, 1902
75
a sinistra: Rodolfo e Giorgio Taddei
sotto: Emma e Paolo Taddei,
la moglie e il figlio di Rodolfo
in basso: la camera ardente
allestita nel Casa del Popoolo
In alto: corsa ciclistica
in Via Pisana, 1939
La persona in
ginocchio è Guido
Veroni, campione
italiano di fondo
a fianco: tessera del
Soccorso Rosso
Internazionale,
con validità 1924/25
a destra: corridori con
la maglia del S.Quirico
sotto: Donne di
S.Quirico in una gita
fuori porta, circa 1910
77
A destra: manifesto pubblicitario
sotto: un’Azione Sociale di L.500 della
Cooperativa del Popolo di S.Quirico del 1947
in basso: la foto ricordo dell’Associazione Nazionale
Partigiani del 1951, fra i molti soci della Casa del
Popolo si riconoscono Alvaro Masi (dirigente del
circolo per molti anni) e, in alto, i Fratelli Taddei
in alto: gita a Fiesole organizzata dalla
Casa del Popolo, 1946
Nella foto: Sestini Sestinia, Vanda
Maggino, Silvana Pastorini, Sara
Melani, Dina Dolfi, Aurelia Giovannelli,
Bruno Magherini, Norma Magherini
a fianco: i bambini con la maestra nel
giardino dell’Asilo Anita Garibaldi da
poco inaugurato.
in basso: Il Comitato dell’UDI 1950,
Marusca Bargiacchi, Vanda Bolognini,
Norma Magherini, Ofelia Matteuzzi,
Annetta Mancini, Bruna Zei,
Sestinia Sestini
79
a sinistra: il fosso, oggi coperto,
di Via Baccio da Montelupo
sotto: una manifestazione nella sala cinematografica
a destra: spettacolo nell’arena della casa del Popolo
sotto: La tessera del circolo culturale
Nazim Hikmet, 1960
in basso: il Sindaco Mario Fabiani inaugura
l’Asilo Anita Garibaldi, 1951
81
a destra:
un gruppo di pescatori della
Polisportiva San Quirico
in basso: un gruppo di ciclisti
della Polisportiva san Quirico
Si riconoscono tre presidenti:
Alvaro Masi (il 2° da sinistra),
Giovanni Baldanzini (il 4° da s.),
Giovanni Santi (il 1° da destra)
in alto:
il consiglio della Casa del Popolo in
occasione dell’inaugurazione della
sala cinematografica ristrutturata, 1989
sopra: Pilade Carrai, campione italiano
di pesca
a sinistra: Sergio Sermanni, segretario
e responsabile delle attività sportive
83
a destra: inaugurazione della sala
biuliardo, il Sindaco Gambuggiani
sotto: Lamberto Dini gioca a biliardo
a San Quirico
a sinistra: presentazione
della gara ciclistica “Alla
conquista dell’Himalaya”,
sono presenti Antonio
Mannori, giornalista
sportivo, Eugenio
Giani, assessore allo
sport, Mauro Ballauni,
commissario tecnico,
Narciso Parigi, cantante
sotto: il gruppo corale
“Altro canto”, ospite della
Casa del Popolo
in basso: Gillo Pontecorvo
presiede il dibattito in
occasione della proiezione
del suo film “La battaglia
di Algeri”
sopra:
sfilata di Carnevale
degli alunni della
scuola “Don Milani” e
dell’asilo “Ciari”
a destra:
l’assessore
all’istruzione del
Comune di Firenze,
Daniela Lastri con le
donne dell’U.D.I
85
a destra: premiazione della gara
nazionale ciclistica
con il Sindaco Leonardo Dominici,
il giornalista Fabrizio Borghini e il
Presidente Giovanni Santi
sotto: 50° anniversario della
inaugurazione dell’asilo Anita
Garibaldi, dibattito
in basso: raduno ciclistico
sopra: cena per l”Ulivo,
gruppo di volontari
a sinistra: concerto del
Conservatorio di Forlì,
con il Presidente dell’Arci
Francesca Chiavacci
sotto: cena sociale dei
tesserati dell’Associazione
Biliardo Stecca
87
sopra: Campioni Provinciali 1° categoria Uisp
1994/95, calcio a 11
a destra: Biliardo Boccette, campioni italiani
sotto: Pallavolo Femminile Giovanile
sopra: Torneo di Pallavolo
fra Polisportiva S. Quirico
e Sezione Femminile del
Carcere di Sollicciano
a fianco: Pallavolo Femminile
Giovanile
sotto: Polisporrtiva S. Quirico
Sezione Ciclismo
89
in alto: premiazione
Torneo Boccette
a destra: la premiazione
di alcune atlete
del Mini Volley
Femminile durante la
Festa annuale della
Polisportiva
in basso: la squadra
campione della Coppa
Toscana Uisp 2001,
calcio a 11
nella pagina a destra
in alto:
alcuni giocatori del
Biliardo Boccette
sotto:
alcuni partecipanti
della “Bicicletta Pace e
Solidarietà”, da Firenze
a S.Maria di Leuca
91
L’attualità e la storia
Le trasformazioni del
complesso edilizio
alla luce dell’evoluzione del contesto territoriale
Francesco Carpi Lapi
architetto
L’attuale complesso della Casa del Popolo, compreso tra via Pisana e via Baccio da Montelupo, si
compone di tre parti perfettamente individuabili:
un primo nucleo, risalente al 1907, e due aggiunte successive, l’ex asilo di infanzia, oggi destinato
ad altre attività, ed un ulteriore volume al centro
di questi due, saldato funzionalmente al nucleo
originario. Il complesso inoltre è arricchito da un
ampio spazio all’aperto su via Baccio da Montelupo, negli ultimi anni quasi totalmente occupato
da una struttura temporanea adibita a teatro, e di
un altro, di minori dimensioni, su via Pisana. Peculiare è poi il passaggio pedonale, che correndo
lungo il confine orientale del complesso, mette in
collegamento le due arterie urbane di via Pisana e
via Baccio da Montelupo.
I documenti storici utilizzati per desumere le tappe che caratterizzano la vicenda delle trasformazioni fisiche della Casa del Popolo sono prevalentemente di due tipi. Da una parte la serie storica
delle planimetrie del Catasto di impianto, istituito
nel 1939, in grado di dare conto specificatamente delle trasformazioni del complesso edilizio.
Analizzando, però, tali documenti è necessario
tenere presente che, poiché il catasto italiano non
è per sua natura “probatorio” (da un punto di
vista giuridico), alcune tappe possono non essere
state registrate o registrate con granderitardo. In
particolare è stata esaminata la serie storica delle
planimetrie in scala 1:200 riferite alle particelle
catastali 263, 264, 265 del Foglio 70, depositate
presso l’archivio dell’Ufficio Tecnico Erariale del
Comune di Firenze.
Per meglio comprendere i modi e le ragioni dell’evoluzione del complesso edilizio che ospita oggi
la Casa del Popolo Fratelli Taddei può essere utile
inquadrla nelle variazioni più ampie del contesto
territoriale in cui tale struttura è sorta ed è mutata
col passare del tempo.
Per quanto riguarda le trasformazioni dell’assetto
93
La storia cammina nel futuro
del territorio e della viabilità è possibile fare riferimento al corposo lavoro di Giampaolo Trotta,
Legnaia, Cintoia e Soffiano, Tre aspetti dell’antico
suburbio occidentale fiorentino, pubblicato a Firenze nel 1989 e che illustra, a partire da un’ampia
documentazione anche cartografica, le vicende di
tale territorio dalle origini fino ai nostri giorni. Per
la nostra ricostruzione comunque non è necessario spingersi troppo indietro con gli anni anche
perché, come spesso si è verificato in altri casi,
il territorio è rimasto sostanzialmente inalterato
fino al secondo dopoguerra, per cambiare poi velocemente negli anni seguenti. Si ripropone quindi, riprendendole dal Trotta, a partire dalla fine
del Settecento, l’assetto territoriale registrato dal
“Campione di tutte le Strade comunicative nella
Comunità di Legnaia” e dal Catasto Generale
Toscano, comunemente detto Catasto Leopoldino,
del 1884. Per gli anni più recenti, invece, le carte
prodotte dall’IGM, Istituto Geografico Militare,
in scala 1:25.000.
Il primo documento del Catasto di impianto disponibile negli archivi dell’ufficio tecnico erariale
di Firenze risale al 1939, data della sua istituzione.
Si riferisce alla particella 264, corrispondente alla
parte, a sinistra del nucleo originario, entrata per
ultima a far parte dell’intero complesso. Il documento catastale del 1939 riporta la presenza di
una conceria di proprietà di Ubaldo Panattoni,
ma registra anche alla sua sinistra la presenza del
“Gruppo Rionale Fascista Guido Fiorini”, e alla
sua destra la presenza di un cantiere comunale
(vedi immagine n°1).
La Casa del Popolo, allora Società di mutua
Assistenza (come già descritto nel contributo pre-
cedente), era stata fondata nel 1885 con sede in
alcuni locali di proprietà della famiglia Panattoni,
la stessa famiglia proprietaria della conceria e che
quindi doveva avere nella zona diversi interessi.
Nel 1907 viene invece inaugurata la nuova sede,
quella corrispondente oggi al nucleo principale
della Casa del Popolo, un semplice edificio a due
piani sul lato settentrionale di via Pisana ed in
prossimità della chiesa preesistente di San Quirico. Tale edficio a partire dal 1928 viene requisito,
come altre strutture simili, ed occupato da un
gruppo fascista.
Nel 1950, quando ormai il complesso è ritornato
ai suoi fondatori ed è diventato Casa del Popolo
intitolata a due partigiani della zona, i fratelli
Taddei, morti durante la Liberazione di Firenze,
all’edificio si aggiunge sul retro un ampio spazio
all’aperto, all’interno del quale viene organizzata
una arena cinematografica.
Il documento successivo risale al 1952 e riguarda
la particella 263 (vedi immagine n°2). Si tratta
di una denuncia di nuova costruzione redatta
dall’Ingegner Romanello Massini che si riferisce
all’edificio dell’asilo d’infanzia (le destinazioni
sono, infatti, aula, refettorio, cucina, giardino).
Alla sua sinistra compare ancora la dizione Proprietà Panattoni in riferimento alla conceria, a
nord la dizione Proprietà Società Mutuo Soccorso:
lo spazio all’aperto acquistato per organizzarvi
l’arena cinematografica. All’anno seguente, il
1953, risale il documento successivo (vedi immagine n°3), la planimetria relativa alla particella
265 riferita al nucleo originario della Casa del
Popolo, sempre redatta dall’Ing. Romanello
Massini e che aggiorna la situazione catastale dell’immobile. Al piano terreno le destinazioni sono:
L’attualità e la storia
stanza da gioco, sala biliardi, servizi e due giardini
(su via Pisana e sul retro, ma non ancora fino a via
Baccio da Montelupo), al piano superiore compare la destinazione salone cinematografo. A sinistra
dell’edificio la proprietà è ancora Panattoni.
Nel 1953 quindi l’intero complesso raggiunge
la configurazione definitiva degli spazi costruiti,
mentre si aggiungerà, negli anni immediatamente
seguenti, l’acquisto di una ultima porzione di
spazio all’aperto fino a raggiungere via Baccio
da Montelupo. Nel 1956 si aggiunge una nuova
centrale termica.
In quegli stessi anni, vale a dire dal 1885 al 1952,
si compie anche una prima parte delle rilevanti
trasformazioni che interesseranno il territorio
intorno alla Casa del Popolo.
Due carte storiche, il “Campione di tutte le Strade comunicative della Comunità di Legnaia” della
fine del Settecento (vedi immagine n°4) e il Catasto Leopoldino (vedi immagini nn°5-6) della fine
dell’Ottocento (Comunità di Firenze, Sezione U
detta di Monticelli e Pignone, Foglio 2°, scala 1:
12.500) testimoniano un contesto scarsamente
antropizzato, percorso da alcuni corsi d’acqua e su
cui spicca la direttrice storica attualmente denominata Via Pisana, prima Strada Maestra Pisana
(nella seconda carta è già segnata la chiesa ancora
oggi presente di San Quirico). Su tale direttrice
principale si attestano, in prossimità del luogo
dove sorgerà la Casa del Popolo, a sud le attuali
Via del Ronco Corto e Via del Ronco Lungo, confluenti più a sud in un’unica strada che si collega
all’altra importante direttrice storica in direzione
di Scandicci. Verso nord compare l’attuale Via di
San Quirico.
Tale sistema territoriale risulta leggibile ancora
più chiaramente in una carta a scala più ampia del
1896/97 redatta dall’Istituto Geografico Militare
(Foglio IIN.O in scala 1:25.000, relativo al F.106
della Carta d’Italia). In tale carta, subito fuori Porta San Frediano, la struttura urbana si organizza
in una serie di borghi lineari su Via Pisana, quasi
continui nella prima parte, con Legnaia e San
Quirico, poi più radi fino ad arrivare alla Greve
con San Lorenzo a Greve. Compaiono inoltre
alcune fornaci a sud ed il primo nucleo del Cimitero della Misericordia a Soffiano (vedi immagine
n°7). Il Trotta riporta anche un interessante documento, una planimetria di progetto del P.R.G
di Firenze del 1924 redatto dall’Ing. Bellincioni
e relativa all’area della Casa del Popolo in cui è
possibile leggere, sotto la grana delle previsioni
di isolati residenziali (poi non attuati in quella
forma), la chiesa di San Quirico all’incrocio con
via del Ronco, e la Casa del Popolo con accanto la
conceria, ancora oltre un’area libera più tardi occupata dall’asilo, a nord infine lo spazio all’aperto
in seguito occupato dall’arena cinematografica
(vedi immagine n°8). La carta I.G.M. successiva,
datata 1935, testimonia un territorio ancora molto simile. Alla direttrice storica di Via Pisana si è
aggiunto a nord il suo raddoppio costituito dalla
Strada Statale Tosco Romagnola n°67 e lo spazio
compreso tra queste due strade si è organizzato, a
partire dal nucleo di Firenze, in una serie di isolati urbani a maglie molto larghe (se confrontati
con quelle del vicino centro storico). In uno di
questi isolati è stata compresa anche la Casa del
Popolo. Si sono intensificate le costruzioni lungo
le altre direttrici storiche, il Cimitero di Soffiano
si è ampliato e sono comparse alcune strutture
95
La storia cammina nel futuro
industriali: tra queste in Via delle Muricce, proseguimento di via di San Quirico, la Campolmi, un
importante edificio industriale, di produzione di
concimi chimici, oggi dismesso.
Alla vigilia della seconda guerra mondiale si configura, quindi, un territorio ancora sostanzialmente
extraurbano, con presenze edilizie scarse legate alle
direttrici storiche e ad una serie di presenze isolate, anche di tipo produttivo. Si può immaginare
quindi una Società del Mutuo Soccorso, a servizio di una comunità ristretta, in qualche modo
distante sia fisicamente che culturalmente dalla
città, in parte operai, forse nelle fornaci o nella
vicina fabbrica di prodotti chimici Campolmi, ma
soprattutto contadini (vedi immagine n°9).
Anche la carta I.G.M. relativa al 1955 registra
una situazione sostanzialmente immutata, ad
esclusione dell’importante presenza del neo-nato
quartiere dell’Isolotto poco più a nord, il primo
grande quartiere di edilizia residenziale pubblica
di Firenze, progettato con criteri moderni, e
ancora oggi perfettamente individuabile (vedi
immagine n°10).
Gli anni seguenti, viceversa, cambiano completamente il contesto territoriale della Casa del
Popolo: la città comincia ad estendersi, oltre l’area
storicamente definita dalla cinta muraria, lungo
le direttrici storiche inglobando al suo interno i
borghi e gli edifici isolati preesistenti. Da questo
momento in poi la Casa del Popolo si trova a far
parte di un sistema urbano che negli anni seguenti occuperà progressivamente tutto il territorio
compreso tra l’Arno e le colline meridionali fino
a congiungersi a Scandicci, cancellando in gran
parte la struttura territoriale preesistente.
Si può immaginare quindi, a questo punto, la
Casa del Popolo come una struttura a servizio
di una comunità prevalentemente operaia di
provenienza rurale e recentemente inurbata. Una
struttura che si trova a cercare di far fronte non
solo ad esigenze di tipo materiale ma anche a problematiche di disgregazione sociale e di perdita di
identità causate da un inurbamento così repentino di grandi masse di popolazione, una struttura
che riesce a diventare nel tempo un vitale centro
di aggregazione del suo quartiere. Con tale ruolo
la Casa del Popolo ospita e promuove nel corso
del tempo diverse e numerose attività: una biblioteca pubblica, singole proiezioni e rassegne
cinematografiche all’aperto e al chiuso, mostre
temporanee, spettacoli, ma anche sedi di partito e
di altre associazioni, una nutrita poliposportiva, e
più semplicemente attività di svago come il biliardo, il bar, il gioco delle carte, le cene sociali.
In questo contesto socio-territoriale, gli anni
successivi alla seconda guerra mondiale vedono
il complesso della Casa del Popolo adeguarsi con
piccoli ampliamenti e modifiche alle esigenze via
via emergenti.
Nel 1978 l’intero complesso viene parzialmente
ristrutturato una prima volta.
Nel 1986 viene realizzato un grande bar che occupa, nel nucleo originario, un ambiente a sinistra
dell’entrata principale, e parte del piano terra
dell’edificio contiguo più recente.
Nel 1989, vengono affrontati consistenti lavori
che coinvolgono gran parte della Casa del Popolo.
L’occasione è l’adeguamento della sala cinematografica alle normative di prevenzione incedi e
di accessibilità ai disabili; in questa ottica viene
recuperata la scala in pietra di accesso al secondo
piano, rinforzandola in modo da resistere a 600
L’attualità e la storia
Kg/mq, allo stesso modo viene completamente
demolito e ricostruito il solaio della hall al primo piano e della stanza di fronte al cinema per
sopportare lo stesso carico. Viene demolita e
ricostruita, raddoppiandola, anche la cabina di
proiezione, sorretta ora da una struttura metallica
sospesa; viene installata una nuova macchina da
proiezione e un nuovo sistema di amplificazione
con dolby stereo (fino ad allora l’impianto fonica
era rimasto mono), vengono sostituiti gli arredi
della sala con materiali ignifughi, tranne le storiche poltroncine in legno, lo schermo viene sostituito con un nuovo grande schermo panoramico
e naturalmente viene completamente sostituito e
razionalizzato l’impianto elettrico. Si riorganizza il
percorso di accesso alla sala cinematografica: viene
recuperata una porta di ingresso laterale in disuso
e realizzata una nuova biglietteria, il nuovo servizio igienico per disabili e installto un servoscala
per il superamento del dislivello fra i piani terreno
e primo, oltre all’arredo di tutto il percorso fino
alla sala cinematografica. Infine vengono installate
due nuove scale di sicurezza esterne in metallo,
una sul percorso pedonale di collegamento fra via
Pisana e via Baccio da Montelupo, l’altra nel giardino dell’asilo d’infanzia, la posizione delle quali
garantisce un alto livello di sicurezza nel deflusso
dalle sale del primo piano, in caso di incendio o
calamità naturale; in questa prospettiva viene anche installata una porta tagliafuoco per separare la
zona biliardo dalla zona cinema.
Nel 1995 il primo piano dell’edificio più recente,
che ospitava oltre ad una grande sala (utilizzata
per cene sociali, ballo e tombola), un disimpegno
ed altre due stanze adibite ad uffici, viene completamente ristrutturato ed unificato in un’unico
grande vano per diventare una sala biliardo regolamentare, dove possono svolgersi competizioni a
livello internazionale. In questa occasione viene
anche installato il portavivande che collega direttamente il bar con la sala biliardo.
Nel 1998 viene realizzato il collegamento fra il
bar, e più in generale la Casa del Popolo, con
lo spazio all’aperto su Via Pisana attraverso una
nuova apertura sul giardino, questo permette l’uso
dello spazio all’aperto, attrezzato con tavolini ed
ombrelloni, e collega finalmente i locali dell’ex
Asilo al resto del complesso.
Nel 2000 viene realizzata una struttura temporanea sul resede di via Baccio da Montelupo, adibita
a spazio per spettacoli e per altre manifestazioni.
La struttura realizzata con telaio di acciaio e
membrana impermeabile è fornita di palcoscenico, sipario, camerini ed ingloba anche la
vecchia cabina di proiezione dell’arena all’aperto,
parzialmente ristrutturata ed attrezzata a sala regia
e proiezione.
Oggi sono in ponte ancora tanti altri progetti che,
nello stesso spirito maturato negli anni passati,
tentano senza sosta di adeguare la Casa del Popolo alle esigenze della sua comunità. Si tratta di
progetti molto ambiziosi ed impegnativi sui quali
sarà necessario fare confluire molte energie e molte
risorse: la ristrutturazione complessiva dell’ex asilo
e la trasformazione della struttura temporanea in
una struttura teatrale stabile simbolo, anche a livello spaziale, dell’intera comunità di San Quirico.
L’ex asilo ospita da anni una cucina ben attrezzata
utilizzata per cene e feste, il resto dei locali sono
stati parzialmente adeguati in questi ultimi anni
ma purtroppo non riescono a rispondere alle nuove
esigenze dell’associazione; è stato così sviluppato
97
La storia cammina nel futuro
un progetto di ristrutturazione con il quale l’attuale edificio viene profondamente trasformato ed
ampliato, con l’aggiunta di un secondo piano, ed
unito spazialmente ai locali del corpo di fabbrica
attiguo. In questo modo il piano terreno unito agli
spazzi attigui potrà ospitare degli idonei locali di
ristorazione, utilizzabili anche per iniziative diverse,
quali feste private e sociali, mentre il piano superiore, unito a sua volta all’attuale sala del primo piano,
potrà contenere una grande sala biliardo.
La struttura temporanea installata nell’ex arena
cinematografica era stata realizzata pochi anni fa
e risponderebbe ancora perfettamente alle esigenze dell’Associazione; in questi anni ha infatti
dimostrato una straordinaria vitalità, ospitando
spettacoli teatrali e concerti di musica classica e
moderna, eventi e feste, e distinguendosi come
l’unica struttura in grado di ospitare iniziative di
1. Ufficio Tecnico Erariale del
Comune di Firenze, planimetria
relativa alla particella 264, foglio
70, scala 1:100, 1939
questo tipo nel raggio di molti chilometri; ma lo
stato di temporaneità impone la sua sostituzione a
breve scadenza, per questo motivo è stato sviluppato il progetto per una nuova struttura tatrale
stabile. Il nuovo teatro potrà accogliere oltre 200
spettatori ed è fornito di un palcoscenico con “torre
scenica” (per il cambio rapido delle scenografie) e,
in posizione contrapposta, di una cabina di regia e
proiezione. L’esigua capacità edificatoria del terreno, prevista nel Piano Regolatore, non ha permesso
la previsione di un’adeguata hall di ingresso e biglietteria, ma queste funzioni vengono svolte al di
sotto di una grande pensilina che trasforma la corte
di ingresso in uno spazio aperto ma coperto, spazio
di transizione fra il fuori e il dentro della sala. Infine
i servizi, ed i camerini troveranno posto nel piano
interrato, come i magazzini per le attrezzature e le
scene.
2. Ufficio Tecnico Erariale del
Comune di Firenze, planimetria
relativa alla particella 263, foglio 70,
scala 1:200, 1952
3. Ufficio Tecnico Erariale del
Comune di Firenze, planimetria
relativa alla particella 265, foglio 70,
scala 1:200, 1953
99
4. Popolo di S.Quirico a
Legnaia e S.Lorenzo al Ponte
a Greve per quello che si
estendano sopra la Strada
maestra Pisana, Campione di
tutte le Strade comunicative
nella Comunità di Legnaia.
In: Giampaolo Trotta,
Legnaia, Cintoia e Soffiano,
Tre aspetti dell’antico
suburbio occidentale
fiorentino, Messaggerie
Toscane, Firenze, 1989
5. Catasto Leopoldino,
Sezione U, Foglio 2° relativo
alla Comunità di Monticelli
e Pignone, scala 1:12.500,
aggiornato al 1884.
In: Giampaolo Trotta, ibidem.
6. Catasto Leopoldino,
sviluppo. In: Giampaolo
Trotta, ibidem.
7. Istituto Geografico Militare,
scala 1:25.000, 1896
8. Firenze, P olo Trotta, ibidem
9. Istituto Geografico Militare,
scala 1:25.000, 1935
101
L’attualità e la storia
I partiti della sinistra
a San Quirico
dalla Liberazione al 1989.
Dal PCI al PDS e DS. La Casa del Popolo e i movimenti.
Gianfranco Tomassini - Fabio Caciolli
Otello Dolfi - Alvaro Masi - Patrizio Panichi
D.S. Unità di base “P.P.Pasolini”
10. Istituto
Geografico Militare,
scala 1:25.000, 1955
11. Progetto di
ristrutturazione ed
ampliamento del
complesso della
Casa del Popolo
Fratelli Taddei,
planimetria del
piano terreno
Quando, subito dopo la Liberazione, il CLN riaprì la casa del Popolo di S. Quirico, vi trovarono
sede il PSI, il PCI,ed il P d’A. Al Partito d’Azione
aderivano i fratelli Taddei, i due partigiani uccisi
dai Tedeschi cui è intitolata ancora oggi la casa
del popolo.
La sezione territoriale del PCI, che comprendeva anche la cellula di S. Quirico, aveva sede
a Legnaia, nell’edificio in via di Scandicci che
attualmente ospita i Carabinieri.
Fu in seguito alla sua requisizione ad opera di
Scelba che la sezione si trasferì presso la casa del
popolo di S. Quirico.
Il territorio originario della sezione di Legnaia
comprendeva l’attuale quartiere 4, ad eccezione
del Pignone e di Monticelli e si articolava in 12
cellule, di cui 2 aziendali.
Gli iscritti superavano il migliaio. C’erano anche
sei cellule femminili che, tra l’altro, distribuivano
l’Unità nelle case il giovedì, quando c’era l’inserto
per le donne.
La diffusione dell’Unità la domenica (circa 1000
copie) era sempre a rischio di sequestro poliziesco. Ciononostante questa attività non fu mai
abbandonata per tutta la vita del PCI, fin dal
suo lancio in una conferenza di organizzazione
tenutasi a Firenze, al cinema Puccini, ad imitazione di quanto facevano i compagni francesi
con l’Humanité. Al momento della Liberazione il
PCI era poverissimo e furono fatti grandi sacrifici
da parte dei suoi iscritti per trovare le risorse per
l’attività politica.
Ci racconta Otello Dolfi che durante la campagna
elettorale per la Costituente, i manifesti erano di
carta di giornale riciclata con uno stampo sovrapposto che invitava semplicemente al voto al PCI,
la colla era fatta con farina portata da casa ed i
pennelli erano forniti dai compagni imbianchini.
Poi riuscirono a dotarsi di tubi Innocenti per il
palco, altoparlanti, ciclostile e tutto quanto serviva
103
La storia cammina nel futuro
per le campagne elettorali di allora. L’entusiasmo
comunque era tanto: per richiedere l’Assemblea
Costituente e cancellare la legislazione fascista fu,
tra l’altro, organizzato un corteo che convergeva
sul Centro, partendo dalla lontana frazione di
Ugnano e che si andava gonfiando sempre più
man mano che ci si avvicinava alla meta.
Fra le tante iniziative prese durante la fase della ricostruzione del Paese, ci preme ricordare per il suo
significato umano e politico quella proposta da
Giorgio Amendola di accogliere presso famiglie di
compagni del Centro-Nord bambini meridionali.
Se le condizioni di vita erano certamente misere
anche da noi, in molte zone del Sud erano veramente drammatiche. A S. Quirico furono accolte
all’inizio due bambine per tre mesi, con tale affetto che, dopo una qualche difficoltà iniziale di
adattamento, è andata a finire che queste ora sono
due nostre concittadine.
Alla sezione di S. Quirico, nella successiva riorganizzazione del PCI facevano capo le cellule di
Legnaia e del Ronco, ambedue preesistenti.
Tra i segretari della cellula di S. Quirico ricordiamo Ruggero Berlincioni, Sacrati, Capaccioni,
Alvaro Masi, poi Presidente della casa del popolo,
Otello Dolfi, poi segretario della sezione per 18
anni.
Era forte anche la presenza della Federazione Giovanile di cui ricordiamo come segretari Giordano
Saccardi e il Melani. Dopo la Liberazione c’era
una nutrita e qualificata presenza di giovani. Da
sottolineare che a S. Quirico, pur con qualche
inevitabile contrasto generazionale, la presenza e
l’attività delle nuove generazioni è sempre stata
una costante per tutta la durata dell’esperienza
del PCI.
Da un registro dei verbali della sezione dall’agosto
1977 al settembre 1980 risultano discussioni e attività interessanti. Ogni anno veniva organizzata
la festa dell’Unità nell’arena, lo spazio all’aperto
normalmente usato per il cinema. C’era quindi il
problema dello smontaggio e rimontaggio delle
seggiole, che risulta assai dibattuto nel Consiglio
della CdP. La festa dava normalmente un buon
risultato economico ed una buona partecipazione
agli spettacoli; un po’ meno ai dibattiti politici.
Si trattava comunque di manifestazioni impegnative.
D’altronde feste dell’Unità se ne facevano tantissime e nei luoghi più diversi. Tra quelle delle
origini, al tempo della grande sezione di Legnaia,
se ne faceva tutti gli anni una presso il traghetto
dell’Isolotto, dove ora c’è la passerella. Lì c’era
una piccola cellula e lì si faceva politica e gran
mangiate di pesciolini fritti. Erano famose e assai
frequentate quelle organizzate dalla cellula del
Ronco e dalla sezione di S. Quirico nel grande
giardino del circolo La Concordia in via del Ronco Lungo.
Anche lì politica e raffinate specialità gastronomiche come i “granocchi” fritti del Virginio. Se
ne sono fatte nello slargo adiacente a via Cividali,
a due passi da S. Quirico e nel moncone di viale
Nenni, prima dell’apertura, insieme alla sezione
di Soffiano. Storica anche la festa, questa di tutta
la zona, nel giardino dell’ASNU, prima che fosse
sfregiato da viale Piombino, con Umberto Terracini e il Benigni delle origini.
La festa del 1978 nell’arena di S. Quirico prevedeva diverse manifestazione sportive: il Trofeo
Bartolozzi; una disfida calcistica tra S. Quirico
e Ronco; una maratona. Si teneva una rappre-
L’attualità e la storia
sentazione teatrale in vernacolo e uno spettacolo
di canzoni popolari con due grandi, come Pietrangeli e la Marini. Non mancavano spettacoli
per ragazzi, ballo, briscolone. Le manifestazioni
politiche andavano dal dibattito sul ruolo delle
sezioni con Gabbuggiani ad un incontro con
dibattito, film ed assaggi di specialità con una
delegazione vietnamita.
Non è facile ricostruire i rapporti tra socialisti e
comunisti a S. Quirico, dopo la confluenza degli
azionisti nel PSI. Avranno certamente influito
le diverse scelte nazionali dei due partiti. Tuttavia PCI e PSI convivevano nella stessa stanza,
utilizzata a giorni alterni, e definivano insieme
consiglio e presidenza della casa del popolo. Non
sempre c’era piena collaborazione; talvolta i socialisti svolgevano un ruolo critico. E’ interessante
comunque notare che personale politico dei partiti e della casa del popolo erano intercambiabili,
pur nel mantenimento dell’autonomia gestionale
del circolo. Viene riferita tuttavia una caduta
progressiva dell’autonomia della casa del popolo
e una crescente egemonia interna della sezione del
PCI. Siamo nel 1978; un direttivo della sezione
PCI sui criteri di scelta del consiglio della casa del
popolo veniva introdotto con queste parole a nome
della Commissione lavoro di massa: - la casa del
popolo non deve essere solo un centro ricreativo e
sportivo, ma polo associativo e di aggregazione: deve
essere ricercato il contributo, oltre che dei partiti che
reggono la casa del popolo, degli altri movimenti
presenti nella zona e le esigenze della popolazione.
E’ necessario trovare un’unità per questo obbiettivo
non solo a parole ma concretamente. I consiglieri
devono sentirsi investiti di responsabilità. Devono
essere evitati quei momenti di frattura che in passato
si sono manifestati.
Nel 1980 ci sono trattative con i Socialisti, che
erano usciti dal consiglio della casa del popolo e
che per rientrare richiedevano una più consistente
rappresentanza.
Il Segretario della sezione Cecchetti, durante un
incontro con i consiglieri comunisti della casa del
popolo il 26 maggio 1980, esprime un giudizio
positivo riguardo alla gestione economica ed
al rapporto con il Quartiere e delle riserve sull’attività culturale. Esprime soddisfazione per il
rientro dei Socialisti nel consiglio e per l’ingresso
di alcuni indipendenti. Propone un programma
di sviluppo relativo a biblioteca, cinema, giovani,
ristrutturazione.
A proposito della biblioteca, il segretario della sezione Magrini il 17/4/1979, ne rileva la notevole
importanza sia per rilanciare l’attività culturale
della casa del popolo che per la sua apertura alla
popolazione del quartiere (il Comune aveva
riconosciuto un contributo appunto con questa
finalità). Conclude Magrini: “si tratta dunque di
far convergere il maggior numero di consensi e di
compagni che ci permettano di aprire la biblioteca
immediatamente al quartiere e di sviluppare l’iniziativa nella e fuori dalla casa del popolo.
Le iniziative di solidarietà e di lotta sul territorio
vedevano spesso la collaborazione tra forze diverse. Alla lotta per ottenere nuovi edifici scolastici
o in quella per l’adeguamento di via Baccio parteciparono anche i cattolici. Ma il momento più
alto nel rapporto tra sinistra e mondo cattolico si
ebbe con l’alluvione del 1966 nel comitato che si
costituì insieme a Don Mazzi dell’Isolotto e Don
Gomiti della Casella. Ne nacque il Comitato per
la Pace (allora c’era la guerra in Vietnam), inizio
105
La storia cammina nel futuro
di un lungo cammino che vede unite ancora oggi
persone di diversa provenienza ideale e politica
contro la guerra e per l’educazione alla pace. Del
resto allora molti cattolici aderirono al PCI.
Dalla lettura dei verbali dei Direttivi, assemblee e
Congressi della sezione emergono alcuni problemi politici ricorrenti: non c’è sempre un buon
rapporto tra Direttivo e Segreteria. Questo non
impedisce alla sezione di svolgere una discreta attività. Si diceva delle feste dell’Unità, ma bisogna
considerare anche le campagne elettorali e referendarie, la partecipazione agli organi scolastici,
la collaborazione con il consiglio di quartiere, che
coinvolgeva diversi quadri della sezione Tutti gli
anni venivano fatte iniziative specifiche per il tesseramento. Ad esempio nel 1979, oltre all’assemblea generale della sezione, venivano organizzate
iniziative specifiche su pensioni ed equo canone,
quest’ultima insieme al PSI.
Il lavoro politico della sezione era organizzato in
gruppi operativi che andavano dal classico “lavoro
di massa” all’”organizzazione” alla “stampa e propaganda”.
Come tutte le altre sezioni del PCI, anche quella
di S. Quirico era particolarmente impegnata nel
“porta a porta” ed in generale nell’attività informativa e di propaganda in tutto il suo territorio.
Si è detto della diffusione settimanale dell’Unità.
Interessante è anche l’esposizione di “tazebao”
informativi nei luoghi di maggior frequentazione,
ad esempio alla Federiga.
La cellula di Legnaia ha un buon numero di iscritti (intorno a 90), tanto che si parla spesso della
possibilità di costituire una sezione autonoma.
Discussione che poi sfocerà nella fusione con la
sezione di Soffiano. ?
La sezione della FGCI era abbastanza attiva, come
risulta dalla pubblicazione di un giornalino e soprattutto dal notevole numero di giovani inseriti
all’epoca nel gruppo attivo della sezione e negli
organismi dirigenti, a cominciare dal segretario.
Tra i segretari della sez. di S. Quirico, ricordiamo, oltre a Dolfi, Baroncelli, Di Lena, Brachetti,
Cecchetti, Baldanzini, Sermanni, Anna Mancini,
Laura Bacci e Stefano Magrini. L’ultimo segretario della sezione, dal 1988 al ’90, è stato Patrizio
Panichi, già presidente della casa del popolo nel
1986-87. A quell’epoca nacque il cineclub Cinecittà. Fu poi adeguata la sala cinematografica,
divenuta cinema d’essais.
Dal PCI al PDS e DS
Nel rapporto tra la casa del popolo e i partiti
politici grande rilievo hanno avuto i rivolgimenti
nazionali e internazionali avvenuti tra il 1989 e i
primi anni novanta: la caduta del muro di Berlino
e la fine della prima repubblica. In quegli anni il
principale partito della sinistra, il PCI, si andava
trasformando nel PDS e cercava di adeguare anche territorialmente la propria azione politica.
Il congresso del PCI della svolta del 1990 ha visto
anche nelle sezioni del quartiere 4 di Firenze un
dibattito partecipato e appassionato, ma anche
molto amaro da parte di tanti compagni. La sezione di S. Quirico - Ronco si è divisa a metà tra
le mozioni di Occhetto e di Ingrao (la mozione
Natta - Ingrao prevale 33 a 32). Molta parte degli
iscritti del PCI sono poi confluiti nel nuovo partito, il PDS, ma anche il PRC ha avuto una discreta
adesione. Il fatto che il PCI avesse due eredi non
ha fatto certo aumentare complessivamente le
adesioni ai partiti di sinistra. Al contrario, molti
ex-PCI hanno preferito rimanerne fuori, pur con-
L’attualità e la storia
tinuando a considerarsi di sinistra.
Fra i problemi che si ponevano al PDS c’era la
costituzione delle nuove strutture di base, a partire dall’eredità del PCI. Un documento approvato
dal congresso della sez. di Soffiano poneva la necessità di avere unità di base abbastanza consistenti in termini di iscritti, ma soprattutto di attivisti,
da poter svolgere una intensa attività politica nel
territorio e soprattutto contare politicamente
all’interno del PDS, in modo da garantire una
vera democrazia interna. Il successivo dibattito si
concluse con la decisione di accorpare le vecchie
sezioni del PCI in modo da avere nel quartiere 4
solo tre sezioni territoriali. Una di queste doveva
risultare dalla convergenza degli iscritti provenienti dalle sezioni PCI di Ponte a Greve, S. Quirico e Soffiano. Il congresso costituente, tenutosi
a Ponte a Greve, scelse, tra l’altro il nome da dare
alla nuova sezione. Ci fu un notevole consenso su
Pier Paolo Pasolini, grande intellettuale ed espressione di una sinistra critica e non conformista.
I fatti successivi hanno confermato la capacità
quasi profetica di Pasolini di capire dove andasse
la società italiana. Per questo la scelta di allora si è
dimostrata felice ed anche perché in effetti la sez.
Pasolini è sempre stata poco conformista ed attenta al nuovo che si moveva e si muove all’interno
del popolo di sinistra.
I rapporti tra casa del popolo e partito sono stati
in questa fase assai meno organici rispetto al passato e la presenza della sezione è andata sempre
più assomigliando ad una specie di ospitalità e ad
uno scambio di energie tra corpo sociale della casa
del popolo e iscritti al PDS. Gli anni che hanno
contraddistinto l’azione politica nell’ambito del
PDS sono stati anni difficili, gravati dalla difficol-
tà a trovare uno spazio adeguato alla nuova formazione politica; del resto sul territorio già in seno al
PCI si era fatta forte la difficoltà nella militanza e
nella presenza nelle strutture associative e sociali.
Per la sezione Pasolini la sede politica era comunque costituita da tutte e le 5 case del popolo presenti storicamente nel suo territorio: Ponte a Greve, S. Quirico, Legnaia, Soffiano e il Ronco. Le
sede fisica era logico che fosse quella più centrale,
cioè S. Quirico. Tuttavia quell’eredità preziosa del
movimento operaio che sono le case del popolo
ha sempre comportato, accanto alle grandi opportunità anche dei problemi per il partito. In
particolare la sezione Pasolini, anche per la configurazione allungata del proprio territorio lungo
la via Pisana, ha sempre avuto la necessità di punti
di riferimento effettivi e molteplici nelle case del
popolo. Al riguardo si sono riscontrate molte difficoltà, dovute a varie cause: la minore “autorevolezza” del PDS rispetto al vecchio PCI nel quadro
di una disaffezione diffusa verso la politica e verso
la forma partito in particolare, accanto alla presenza di un circolo di RC con sede a P. a Greve;
la tendenza crescente dei soci e frequentatori delle
case del popolo ad una pigra chiusura all’interno
delle proprie abitudini e convinzioni, anche per
l’invecchiamento della generazione temprata dalla
lotta antifascista e la marginalizzazione crescente
della classe operaia; un localismo spesso esasperato che rende difficile la collaborazione tra diversi
circoli. Tuttavia i dirigenti delle case del popolo
non hanno mai messo in discussione la loro appartenenza al grande filone della sinistra ed anzi
sono profondamente consapevoli del patrimonio
trasmesso da una storia che per molte è ormai
secolare. Questo ha comportato e comporta un
107
La storia cammina nel futuro
apporto fondamentale alla battaglie della sinistra
e la premessa per un ruolo ancora più importante
nel prossimo futuro.
Nella realtà l’attività politica sia interna che esterna della sez. Pasolini si svolge nelle case del popolo
di Ponte a Greve, Legnaia e S. Quirico, oltre che
nel territorio circostante. In particolare, oltre ad
una stanza in compartecipazione con RC a Ponte
a Greve, il partito del PDS e poi dei DS ha la
disponibilità di una stanza attrezzata presso la casa
del popolo Taddei di S. Quirico. Nonostante la
minore presenza e visibilità della sezione del PDS,
si è andata sviluppando una sempre maggior sinergia con la casa del popolo, che ha consentito
ad entrambe di entrare in rete con tante esperienze della società civile.
La Casa del Popolo e i Movimenti
Accanto alle tradizionali attività di partito (riunioni degli organismi dirigenti, congressi, assemblee,
tesseramento) nella casa del popolo di San Quirico
si sono svolte, soprattutto quando il risveglio della
società civile lo ha consentito, molte altre attività
politico-culturali non strettamente di partito. Su
questo punto occorre sottolineare un aspetto importante non solo per questa casa del popolo, ma
per una possibile evoluzione positiva del ruolo di
queste strutture associative in generale.
Si tratta dell’atteggiamento costante di apertura
verso la pluralità della sinistra e le sue coalizioni,
verso movimenti culturalmente anche assai diversi, ma comunque stimolanti per il dibattito e
l’azione politica. Apertura che si è tradotta anche
in molti casi in fattiva collaborazione.
La storia dell’Ulivo nel quartiere ha trovato un
costante punto di accoglienza e di collaborazione
nella casa del popolo, a partire dai primordi dei
comitati promossi da Prodi e del loro coordinamento con le forze politiche interessate. L’Ulivo
del quartiere 4 si è organizzato, in funzione delle
campagne elettorali, in gruppi di azione territoriale comprendenti anche volontari non iscritti ai
partiti. Uno di questi gruppi, l’unico a funzionare
a pieno, era operativo nel territorio di S. Quirico
- Legnaia ed aveva sede di riferimento nella casa
del popolo di S. Quirico. Nella convinzione che la
battaglia contro il berlusconismo e per la riaffermazione dei valori democratici e di sinistra deve
essere permanente e continua, il gruppo operativo
ha deciso di rimanere in funzione dopo le elezioni, trasformandosi in Comitato dell’Ulivo di S.
Quirico -Isolotto, con sede logistica a S. Quirico. Il Comitato ha svolto una intensa attività di
produzione e diffusione di materiale informativo
e di propaganda nei mercati, davanti alle scuole
ed in genere in tutti i luoghi di aggregazione e di
passaggio possibili.
Si è parlato di art. 18, conflitto di interessi,
sanità, legge Bossi-Fini, guerra in Irak, riforma
Moratti….Si sono svolte nella casa del popolo
iniziative di autofinanziamento e di dibattito
politico promosso dal Comitato e dal Coordinamento dell’Ulivo. Sia pure con qualche difficoltà
si è costituito un Ulivo dell’Oltrarno, cioè un
coordinamento del collegio della Camera, con i
Comitati esistenti al Galluzzo e a Gavinana, che
ha consentito rapporti più stretti e collaborativi,
buona premessa per l’attività futura.
L’assemblea popolare indetta dal coordinamento
dell’Ulivo, con la partecipazione dell’associazionismo e dei cittadini del quartiere 4 che
ha promosso il forum programmatico per il
consiglio di quartiere si è tenuta a S. Quirico
L’attualità e la storia
e qui ha svolto i suoi lavori il gruppo che si è
occupato di “città vivibile e stili di vita”. L’ampia
e partecipata discussione su urbanistica, mobilità
sostenibile,ambiente, consumo critico, stili di vita
ha dato un buon contributo all’impegnativo programma elettorale dell’Ulivo.
La casa del popolo di S. Quirico è stata sede del
Comitato elettorale dell’Ulivo del quartiere in
occasione delle elezioni amministrative del 2004,
luogo di riunioni unitarie e di iniziativa politica
e alla fine di esultanza e di festa. Il Comitato dell’Ulivo di S. Quirico - Isolotto è tuttavia entrato
in crisi quando a livello nazionale si è decisa la
Federazione dell’Ulivo, con la esclusione di Verdi
e Comunisti Italiani, componenti importanti
del Comitato. Questo tuttavia non ha messo
in discussione lo spirito unitario della casa del
popolo e dei DS locali, tant’è vero che l’Unione
del q4, costituita durante un’assemblea popolare
l’ha individuata come sede politica e operativa per
la campagna elettorale del 2006.
La casa del popolo f.lli Taddei ha sempre mantenuto rapporti di collaborazione con le istituzioni
e la società civile del territorio. Con il Consiglio
di Quartiere c’è stata collaborazione per numerose iniziative culturali (cinema, teatro, musica)
sportive, assistenziali (fondo Essere ad esempio).
La presenza, nei suoi pressi, di una scuola intitolata a Don Milani è stata la felice occasione per
aderire alla prima marcia da Vicchio a Barbiana e
soprattutto per coinvolgere gli scolari in una iniziativa culturale e festosa presso la casa del popolo,
insieme ai loro insegnanti.
All’interno dei DS si è discusso molto di crisi
delle sezioni ed in generale della tradizionale
forma partito. Tra le proposte di soluzione, quella
che risponde meglio alla urgenza di recuperare
un rapporto attivo e democratico con la società
civile, sembra essere il cosiddetto “partito a rete”.
Anche la sezione Pasolini ha partecipato a questo
dibattito ed ha provato a sperimentare questo
nuovo modo di operare.
L’idea è quella di stimolare una nuova “democrazia partecipativa” contrapposta al populismo
dilagante, originata dalla messa in rete di soggetti
diversi anche per struttura e funzione all’interno
della società. Le sezioni di partito divengono, in
questa nuova visione, nodi della rete, accanto
alle sedi dell’associazionismo democratico ed alle
realtà del movimento. In questo quadro un ruolo
sempre più importante e innovativo può essere
svolto dalle “vecchie” case del popolo.
Quando in Italia ed in particolare a Firenze la
società si è rimessa in moto, le antenne sensibili
della casa del popolo e della sezione Pasolini dei
DS hanno captato subito il segnale, sia quello del
movimento no-global, prima e soprattutto dopo i
fatti di Genova, che quello del movimento per la
democrazia, contro il populismo berlusconiano.
C’è stata grande disponibilità nell’accogliere le
iniziative del Social Forum, dalla entusiasmante
manifestazione europea della Fortezza in poi.
Ma anche il Laboratorio per la Democrazia ha
trovato a S. Quirico una delle sedi preferite, per
la generosa disponibilità e apertura della casa del
popolo.
Il Tavolo del Consumo critico, che raggruppa
l’associazionismo interessato al tema, ma anche i
DS del quartiere 4, promotori, insieme ai partiti
di centrosinistra, di un corso di notevole successo
su questo tema, svolge spesso le sue riunioni a S.
Quirico.
109
La storia cammina nel futuro
Ma il movimento che ha trovato nella casa del
popolo di S. Quirico il rapporto più fattivo di
collaborazione è stato quello pacifista. La premessa è nella lunga e convinta tradizione pacifista del
nostro quartiere, che coinvolge la società civile,
accanto alla Istituzione Consiglio di Quartiere.
E’ stato per questo che la tavola della pace di Firenze, che raggruppava un ampio arco di partiti,
associazioni, movimenti, costituita per contrastare
la guerra preventiva e permanente di Bush, alla vigilia dell’attacco all’Irak, ha cominciato a riunirsi
a Villa Vogel, sede del Consiglio del Quartiere 4.
Da questo momento i rapporti con la Tavola
provinciale della pace e poi con il Comitato
Fermiamo la Guerra si sono fatti molto stretti. S.
Quirico è divenuta la sede classica delle cene di
autofinanziamento del Comitato con la generosità
di sempre. Ma soprattutto la casa del popolo si
è impegnata, con l’entusiasmo e la dedizione
del Presidente Giovanni Santi, nel sostenere in
concreto l’iniziativa più riuscita ed esaltante del
movimento: l’esposizione delle bandiere arcobaleno alle finestre.
Da S. Quirico sono passate gran parte delle bandiere
(migliaia) esposte alle finestre, sventolate nei cortei,
firmate, cucite in giganteschi striscioni, che hanno
invaso Firenze e non solo. Ne sono partite tante per
tutta Italia, per la Germania, gli Stati Uniti… Da
allora la casa del popolo, dalla facciata al teatro, è
sempre stata pavesata di bandiere della pace.
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La Casa del Popolo “Fratelli Taddei” oggi