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FORM ZIONE
NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
tappe evolutive e scenari futuri
Milano, 3 febbraio 2009
Atti del convegno
Apertura dei lavori
Relazioni
Alberto Grancini
Renato Bisceglie
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Prima sessione
Tappe evolutive della formazione del personale nella PA
Confronto sulle tappe fondamentali con cui, nelle organizzazioni
pubbliche, si è strutturato un sistema formativo per il personale
dipendente, dalla prima Direttiva Frattini ad oggi.
Ernesto Vidotto
Sergio Crescimanno
Donatella Gambino
Maria Cecilia Scaldalai
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Seconda sessione
Scenari futuri
Analisi delle prospettive della formazione nella Pubblica
amministrazione in un contesto di elevata complessità.
Linee di sviluppo di una formazione proiettata verso il futuro.
Gianni Agnesa
Anna Malaguti
Giancarlo Dardano
Pier Sergio Caltabiano
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A
Appeerrttuurraa ddeeii llaavvoorrii
Alberto Grancini
Assessore al personale della Provincia di Milano
È un piacere per me essere qui oggi e poter presentare questo evento, organizzato dal Settore
organizzazione e formazione della Provincia di Milano, dedicato a un tema al quale sono
particolarmente sensibile: la formazione e lo sviluppo del personale. Sensibile come del resto lo è la
Provincia di Milano, che da anni investe notevoli risorse, umane, economiche e strumentali, per la
formazione del proprio personale, per una ragione semplice - anche se non scontata - e cioè che la
conoscenza, il sapere, rappresentano un valore fondamentale per un’organizzazione.
A tale proposito, mi pare cosa significativa il fatto che la “funzione formazione” sia stata collocata
dall’attuale amministrazione nella Direzione generale. È il segnale tangibile della forte attenzione
riservata appunto alla formazione del personale, ed è chiaramente una manifestazione concreta e decisa
dell’importanza che riveste per noi il poter contare su un personale qualificato e competente. In questi
anni la Provincia di Milano ha destinato alla formazione risorse economiche e umane consistenti.
La ragione di tale scelta risiede nella convinzione che la preparazione del personale sia elemento indispensabile
per fare della Provincia un Ente attento ai bisogni del territorio, e quindi capace di rapportarsi, di entrare in
relazione coi cittadini, di intercettare i bisogni e di dare risposte efficaci.
Spesso sottolineo che un’amministrazione pubblica non è un’industria manifatturiera, non genera
prodotti, ma servizi alle singole persone, alla collettività, ad altre istituzioni. È chiaro che poter contare
su persone qualificate e sempre aggiornate significa rendere questi servizi più efficaci e più rispondenti
alle esigenze dei cittadini. Oltre a ciò, la Provincia riveste istituzionalmente una funzione di stretta
relazione con gli altri enti locali, in un sistema territoriale sempre più complesso.
Per affrontare tale complessità è indispensabile poter esprimere una forte capacità di interrelazione, di
costruzione di rapporti collaborativi, e la formazione del proprio personale è sempre più uno strumento
indispensabile per sostenere l’Ente in questa sua funzione di governo locale, concorrendo
efficacemente con la propria struttura alla sussidiarietà con i comuni.
Questo è il senso del lavoro svolto in tanti anni. Abbiamo ottenuto risultati importanti grazie
all’impegno e alla professionalità dei funzionari responsabili della formazione, in particolare il dottor
Giancarlo Dardano e la dottoressa Cecilia Scaldalai, ai quali va il mio ringraziamento e quello di tutta
l’Amministrazione.
In questi ultimi anni la Provincia di Milano ha costruito un sistema formativo efficiente, puntando su
elementi fondamentali quali: la certezza di uno stanziamento economico consistente; la disponibilità di
un Servizio espressamente dedicato alla formazione, in grado di esprimere un’elevata competenza
professionale e di dare unitarietà e coerenza alle attività realizzate; il coinvolgimento responsabile di
tutta l’organizzazione.
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A partire dai dirigenti e dai responsabili dei servizi, fino ai collaboratori, tutti concorrono a costruire un
programma di iniziative formative mirate a realizzare gli obiettivi che l’Amministrazione si dà, a
sostenere il lavoro quotidiano delle persone.
Questo è l’impegno che ci siamo dati e che abbiamo cercato di mantenere costante negli anni. E anche
quest’anno, benché sia un anno di scadenza elettorale e di grandi tagli, abbiamo assicurato al nostro
personale la disponibilità di circa cento corsi, che equivalgono a circa quarantamila ore/uomo di
formazione. Uno sforzo notevole, coerente con l’orientamento espresso in questi anni. Il sistema
formazione come lo pensiamo noi e come abbiamo cercato di costruirlo nel tempo si fonda su queste
linee strategiche e su questi principi.
Come la formazione si possa ancora sviluppare, con quali logiche e strategie, con quali nuove
prospettive, lo sentiremo direttamente dagli “addetti ai lavori” che oggi sono qui presenti: la Provincia
di Milano, la Provincia di Torino e il Comune di Venezia, in un confronto che sarà arricchito dal
contributo di esperti della formazione del Formez e dell’AIF.
Mi auguro che questo evento possa essere utile e stimolante non solo per coloro che oggi sono qui, ma
anche per quanti vorranno prendere visione della documentazione prodotta dagli intervenuti, che sarà
accessibile a tutti attraverso il sito Internet della Provincia, con l’intento di promuovere uno scambio di
esperienze il più possibile ampio.
Grazie e buon lavoro.
Renato Bisceglie
Presidente AIF Lombardia
“Forte attenzione” ed “esperienze”: mi collego a due espressioni usate dall’Assessore Grancini per
parlarvi delle motivazioni che ci hanno spinto ad organizzare questo convegno.
Il discorso che ci vede partecipi in questa sala è nato proprio dall’attenzione alla formazione. È sorto
qualche mese fa nel corso di un incontro con la responsabile del Servizio formazione della Provincia di
Milano - Cecilia Scaldalai, quando un interesse spontaneo e reciproco ha portato alla decisione di far
collaborare Provincia di Milano e Associazione Italiana Formatori (AIF).
Dall’attenzione alla formazione siamo passati quindi al secondo aspetto evidenziato: la volontà di
organizzare un confronto di esperienze. Alla fine della giornata penso che possa risultare evidente il
nostro intento di dare vita a un incontro con alcune realtà, sicuramente locali, ma anche diverse da
quella milanese. Realizzando in questo modo anche un confronto tra Provincia di Milano e AIF. Infatti
noi, come Associazione Italiana Formatori, siamo sempre stati visti in Lombardia in un’ottica più
privata che pubblica, anche se l’interesse per l’area pubblica è sempre più presente ed evidente.
Alla fine del 2007, per esempio, abbiamo organizzato a Milano il convegno “AIF - Pubblica
amministrazione” e ci sono state anche altre occasioni di incontro e scambio che ritengo possano
continuare nella giornata di oggi.
Mi auguro che questo convegno ci porti a qualcosa di concreto, visto che la certezza di stanziamento di
cui ci ha parlato l’Assessore non è un dato scontato. In questo momento gli investimenti sulla
formazione, anche del settore pubblico, sono in contrazione. Auspico perciò che questa giornata
costituisca uno stimolo per future iniziative comuni di sviluppo.
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1^ SESSIONE
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Introduzione
Ernesto Vidotto
Responsabile Nazionale AIF Settore Pubblica amministrazione
Ringrazio la Provincia di Milano per aver offerto a tutti noi la possibilità di realizzare un confronto fra
diverse esperienze in ambito formativo, perché il confronto è una modalità fondamentale per
migliorare. Chi ha realizzato le prime esperienze di formazione in ambito pubblico ha iniziato a
misurarsi con altre pratiche formative proprio in Lombardia, con le proposte di AIF, la cui nascita è
datata 1975. In quegli anni AIF organizzava eventi di grosso spessore e chi, come me, si affacciava
per la prima volta nell’ambito pubblico, ne usciva con una sensazione di “invidia positiva”, che è il
motore che alimenta la creatività e l’innovazione.
Negli anni Ottanta, le buone pratiche di formazione pubblica erano una scommessa su un futuro
incerto. AIF è stata una grande scuola di formazione e ora la Pubblica amministrazione sta restituendo
all’Associazione un valore aggiunto attraverso il patrimonio di esperienze maturate.
La formazione è stata di grande aiuto per crescere professionalmente ed ha contribuito, pur con molte
difficoltà, a rendere più efficiente una Pubblica amministrazione che ha indubbiamente tante criticità, ma i
cui molti punti di forza costituiscono un preciso riferimento per i cittadini.
La formazione è stata una leva strategica che ha accompagnato il cambiamento e, a livello formativo,
il cambiamento è stato molto rapido, proprio perché ha dovuto accompagnare e sostenere una società
in continua evoluzione. Nonostante la formazione sia la prima area su cui si operano i tagli nei
momenti di deficit di risorse, resta uno strumento di crescita straordinario.
AIF ha accettato con entusiasmo questa opportunità di confronto perché la formula che è stata
individuata non solo pone a confronto esperienze diverse, ma mette in gioco anche le nostre radici.
Infatti, da una parte recupera le esperienze di un passato che ha contribuito agli esempi virtuosi del
presente, dall’altro li mette a confronto con le linee di evoluzione che stanno maturando in ambito
formativo in senso più ampio. Le due sessioni della mattinata coinvolgono colleghi ed amici con i
quali abbiamo condiviso momenti importanti, a partire dalla prima conferenza sulla formazione
pubblica svoltasi a Roma nel 1996. Ripercorreremo l’evoluzione della formazione dalla seconda metà
degli anni Novanta, con le Direttive Frattini, senza dimenticare la Direttiva Nicolais del 2006 che, pur
non essendo specificamente incentrata sulla formazione, ma sulla qualità della Pubblica
amministrazione, ha comunque un rilievo significativo, seppure indiretto.
Un’esperienza molto importante e virtuosa è il Rapporto nazionale sulla formazione – a cura di
Formez per conto del Dipartimento della Funzione pubblica - che giunge quest’anno alla sua
dodicesima edizione e che è stata una delle prime, e per ora unica, opportunità di raccogliere in un
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unico strumento lo stato dell’arte della formazione anno per anno. Questo strumento necessiterebbe di
alcune revisioni, ma allo stato attuale è l’unico in grado di fornire un quadro rappresentativo della
formazione pubblica. Oggi, le nuove linee di sviluppo della formazione pubblica non passano più
soltanto attraverso le risorse impegnate e la qualità del servizio, ma puntano all’efficienza passando
anche attraverso lo sviluppo di competenze e la costruzione di una rete nella Pubblica
amministrazione. La costruzione di reti che favoriscano lo scambio di buone pratiche è da sempre una
modalità importante per crescere e migliorare la Pubblica amministrazione.
Nel passato ho vissuto in prima persona un’esperienza molto importante, quella del Tavolo tecnico
delle regioni sulla formazione, di cui Sergio Crescimanno era il coordinatore. Le regioni si erano
dotate di un gruppo di lavoro tecnico, che ha prodotto una serie di scambi di esperienze a livello
interregionale. Significative le esperienze di Cantieri e quelle realizzate nel corso degli anni dal
Formez.
Oggi assistiamo ad una riduzione di queste opportunità. AIF è particolarmente impegnata a sostenere
iniziative che favoriscano lo scambio di buone pratiche e la costruzione di reti: il Premio Basile e le
iniziative ad esso collegate, quali le Vetrine delle Eccellenze ed i Laboratori, ne rappresentano una
testimonianza attiva.
L’attuazione delle politiche formative nelle pubbliche amministrazioni
sul territorio nazionale: la situazione attuale
Sergio Crescimanno
Direttore Amministrazione e personale del Consiglio Regionale del Piemonte
L’evoluzione normativa, a partire dai primi anni Novanta, ha avviato un radicale processo di
modernizzazione della Pubblica amministrazione, creando i presupposti per una rivoluzione di enorme
portata, caratterizzata dalla consapevolezza che l’organizzazione del sistema pubblico sottende a
logiche aziendali. Basta pensare alla legge 142/90, alla legge 241/90, al dlgs 29/93, alla privatizzazione
del rapporto di lavoro e ai processi di semplificazione, fattori che hanno fortemente influenzato
l’evoluzione del sistema formativo nella Pubblica amministrazione. Una Pubblica amministrazione che
deve essere di qualità, perché il recupero di competitività del “Sistema Italia” è fortemente correlato
alla sua qualità, efficienza e funzionalità.
È proprio dalla efficienza che dipendono, risultandone strettamente collegate, la qualità delle politiche
pubbliche e la qualità dei servizi resi ai cittadini e alle imprese. È però necessario che non ci si limiti a
porre la nostra attenzione alla qualità del prodotto o del servizio, ma bisogna passare a una visione più
ampia e porre attenzione alla qualità del processo e dell’intera organizzazione.
Il processo di modernizzazione della Pubblica amministrazione comporta un profondo cambiamento del rapporto
amministrazione-cittadini: i bisogni dei cittadini divengono costitutivi della missione dell’ente pubblico,
rappresentano il termine di riferimento per la definizione delle caratteristiche dei servizi resi; i servizi stessi
esistono ed hanno ragione di esistere in virtù dei bisogni del cittadino.
Vi è in questa concezione la trasformazione dell’utente in cliente, che è in primo luogo l’acquirente del
servizio, ossia chi decide attivamente se accedere o meno a determinate prestazioni, per dare
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soddisfazione ai propri bisogni. Il cliente si pone sempre in posizione attiva, ed è orientato alla
partecipazione. La formazione sicuramente rappresenta una leva strategica che accompagna e introduce
i presupposti di partenza per questa profonda innovazione culturale.
Un altro punto fondamentale, anticipato in premessa, è costituito dal recupero di competitività del
“Sistema Italia”, che ruota sicuramente intorno al miglioramento della qualità dei servizi resi dalla
Pubblica amministrazione, sia ai cittadini, sia alle imprese.
Evidentemente con l’ingresso nell’Unione Europea nasce una forte competitività tra i paesi membri e la
sfida si gioca sicuramente sui livelli di qualità, di efficienza, di funzionamento della Pubblica
amministrazione. Ad esemplificazione, ritengo di poter affermare che costituisce sicuramente un
elemento distorcente della concorrenza interna, nell’ambito del Mercato Unico Europeo, il fatto che un
autotrasportatore di un’altra nazione ottenga il rimborso dell’Iva in due mesi, mentre quello italiano
deve aspettare almeno due anni. Si tratta, evidentemente, di un vantaggio competitivo a favore
dell’impresa estera, che danneggia quella italiana.
C’è la necessità di una profonda trasformazione delle strutture operative, ma soprattutto di una
formazione che sia mirata anche a processi di valorizzazione del personale. Il concetto di mercato
non deve limitarsi a considerare esclusivamente la risorsa finanziaria, anche perché nel nostro paese
essa è la più tutelata: basta pensare alla Corte dei Conti, alla Ragioneria centrale dello Stato, alla Banca
d’Italia.
C’è un’altra risorsa quanto meno altrettanto strategica: l’informazione.
L’informazione spesso viene sottovalutata e invece rappresenta un bene pubblico, un servizio,
un’esternalità che la Pubblica amministrazione deve garantire in termini di correttezza, di tempestività,
di qualità, a vantaggio dell’intera collettività. Spesso si pone attenzione al fatto che il denaro non venga
sprecato, mentre non si presta altrettanta attenzione al fatto che l’informazione spesso venga nascosta e,
a volte, addirittura alterata o mistificata.
Un altro fattore che ha condizionato l’evoluzione dei sistemi formativi è costituito dalle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione che hanno consentito una semplificazione e un miglioramento
delle procedure. Hanno permesso, inoltre, l’interconnessione tra le diverse sedi operative di uno stesso
ente, il collegamento tra sedi di enti diversi, nonché l’interattività dei destinatari dei servizi.
Ci troviamo però di fronte a un paradosso.
Da una parte c’è una grande evoluzione dei sistemi a disposizione e la possibilità di ricorrere in
maniera più ampia alle tecnologie, dall’altra però non c’è un’attenzione sufficientemente diffusa
rispetto ai percorsi di miglioramento della qualità. Questi non sono presenti se non in modo parziale e
discontinuo. Io ritengo, invece, che l’informatica e la telematica devono essere elementi di un unico
complessivo disegno strategico che incide sul funzionamento delle amministrazioni pubbliche e che si
ripercuote sull’intero tessuto produttivo del paese. Pensiamo alla rete unitaria della Pubblica
amministrazione regionale, a quella nazionale, alla firma digitale, al protocollo informatizzato,
all’archiviazione ottica e a tutte le opportunità che l’informatica e le nuove tecnologie ci mettono a
disposizione.
Ernesto Vidotto ha parlato della Direttiva Frattini. In questa prima direttiva abbiamo avuto stimoli di
grande importanza e l’accentuazione dell’attenzione alla qualità quale supporto al processo di
cambiamento.
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Il decentramento e il rafforzamento dei livelli locali di governo e l’attuazione del principio di sussidiarietà non
possono che realizzarsi attraverso il coinvolgimento del personale, attraverso processi di riqualificazione e di
formazione.
La stessa realizzazione dell’e-government nasce da una serie di azioni del Governo tese a finanziare e a
mettere sul campo enormi contributi per l’utilizzo delle tecnologie informatiche.
Si parlava prima della copertura finanziaria delle risorse, io ritengo che la via da seguire debba essere
obbligatoriamente quella del ricorso ai fondi comunitari e al fondo sociale europeo. Noi ne abbiamo
fatto nel passato largo uso – in aggiunta agli stanziamenti ordinari, nazionali e regionali – utilizzando
anche economie di spesa derivanti da processi di esternalizzazione.
Quali gli obiettivi? La previsione che gli investimenti siano almeno pari all’1% del monte retributivo;
la pianificazione di una rilevazione dei fabbisogni formativi; una programmazione dell’attività
formativa; il coinvolgimento di tutti i dipendenti e un numero di ore minimo di formazione garantito a
tutti i dipendenti.
Ne deriva l’esigenza di una struttura interna dedicata alla formazione che deve affrontare
fondamentalmente tre sfide: la domanda di nuove competenze, l’informatizzazione della Pubblica
amministrazione e, soprattutto, il processo di riforma della dirigenza.
Quando si attacca il pubblico impiego, affermando che ci sono dipendenti che non lavorano, ritengo
che il problema debba essere trattato approfondendo il tema della dirigenza. Una dirigenza che
funziona, fa lavorare tutti i propri collaboratori.
La Direttiva Nicolais, come diceva Ernesto Vidotto, individua nell’autovalutazione e nelle tecniche
CAF uno strumento da adottare nella Pubblica amministrazione. Oggi sono più in uso altri strumenti:
gli standard ISO 9000, il modello EFQM, i sistemi di accreditamento nel sistema sanitario, la carta dei
servizi. L’obiettivo della direttiva intende richiamare l’attenzione della Pubblica amministrazione sulla
qualità, sul miglioramento continuo e indica il ricorso all’autovalutazione della prestazione quale punto
di partenza necessario, obbligato, per i percorsi di miglioramento continuo. Soprattutto si rileva
l’interesse ad una chiara prospettiva di sviluppo politico per la qualità, da parte del Dipartimento della
Funzione Pubblica.
Il settore pubblico stenta ad adeguarsi perché gli strumenti rappresentano un percorso volontario e non
obbligatorio. Molto spesso riscontriamo che c’è una mancanza di cultura aziendale, c’è una difficoltà a
comprendere i reali benefici derivanti dall’adozione di un sistema di qualità che comporta una
maggiore efficienza aziendale, una riduzione dei costi, un maggiore controllo del processo. Questi
strumenti si originano dai principi del Quality Management.
Ma allora, se sono veri questi presupposti, si tratta di passare da un’istituzione burocratica ad una istituzione di
mercato, da una Pubblica amministrazione che si occupa di una domanda generica e generalizzata, ad una
Pubblica amministrazione che prenda in considerazione le esigenze specifiche dell’utenza; da una logica
burocratica a una logica di funzione e servizio; da una produttività misurata in base al numero dei
provvedimenti ed al numero degli atti, ad una produttività misurata in base alla soddisfazione dei clienti.
L’efficacia dell’azione amministrativa è collegata alle aspettative, all’indice di gradimento dei nostri clienti.
C’è un ulteriore passaggio altrettanto importante: l’eliminazione completa delle tasse occulte e delle
tasse palesi oggi sopportate dai cittadini. Una Pubblica amministrazione funzionante impone meno
tasse palesi, eliminando praticamente tutte le attività inutili che oggi purtroppo appesantiscono i
procedimenti amministrativi e sopprime le tasse occulte, in quanto non scarica incombenze sugli utenti
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costretti a passare, per il disbrigo delle proprie pratiche, nei rapporti con la Pubblica amministrazione,
quindici - venti giorni all’anno. Meno incombenze per l’impresa rendono meno costosi gli investimenti
a condizione che la Pubblica amministrazione sia più efficace e più efficiente.
Qual è la nuova configurazione della Pubblica amministrazione?
Nella rappresentazione odierna della Pubblica amministrazione sono evidenziate nel front office le
tasse occulte e nel back office le tasse palesi. Finora quando il cittadino deve presentare una domanda
alla Pubblica amministrazione lo fa mediante lettera, che spedisce o consegna a mano presso gli uffici.
Questo comporta ovviamente un dispendio di risorse, sia da parte del cittadino che si deve spostare con
tutti i disagi che ne possono derivare, sia da parte della regione, che deve strutturare gli uffici in
funzione dell’accoglimento delle domande.
Per non parlare delle fasi spesso inutili e ripetitive dei procedimenti amministrativi. In ogni caso
circola solo e sempre carta!
Con le possibilità offerte dalla firma digitale e dalle infrastrutture di rete il cittadino potrà inviare la sua
domanda in formato elettronico direttamente da casa, dall’ufficio o da punti presidiati presso la
Pubblica amministrazione, dotata di un server, che tiene in memoria tutte le domande ricevute. Il
funzionario addetto al protocollo informatizzato provvederà a protocollare le domande ed
automaticamente avverrà la registrazione della pratica nel work-flow e l’invio della comunicazione di
avvenuto ricevimento e di avvio del procedimento, sempre in forma digitale e tramite posta elettronica.
Il work-flow integrato analizzerà il flusso seguito dalla pratica all’interno degli uffici.
Sicuramente comprendiamo come, per la realizzazione di questa nuova configurazione, un ruolo
fondamentale viene giocato dalle reti unitarie delle Pubbliche amministrazioni regionali.
Ma allora, qual è la valenza strategica della formazione? La formazione è la leva strategica per:
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promuovere una cultura di servizio come nuova cultura dei rapporti cittadino-istituzioni;
favorire una cultura delle responsabilità e dei risultati attraverso lo sviluppo di competenze
manageriali e gestionali;
supportare la riprogettazione degli assetti organizzativi e gestionali;
sviluppare professionalità congruenti con i nuovi modelli di organizzazione del lavoro e con
l’introduzione di nuove tecnologie e di nuove tecniche gestionali;
sostenere i processi di delega e di trasferimento di funzioni.
La formazione non può limitarsi a corsi d’aula, ma deve collegarsi, arricchirsi, integrarsi, essere
espletata nell’ambito del posto di lavoro, che diventa il reale terreno di apprendimento in cui si “impara
ad imparare”. Ciò presuppone un passaggio da corsi di formazione professionale a percorsi formativi,
da formazione addestramento a processi di apprendimento, da lezione tradizionale a piani di lavoro
individuali o di gruppo, (in relazione a specifiche esigenze), da formazione preordinata
verticisticamente, a formazione condivisa in quanto nasce attraverso una rete di referenti formativi,
presenti in tutte le strutture e che costituiscono l’interfaccia per la rilevazione dei fabbisogni formativi
e per la conseguente definizione del piano di formazione.
In questa ottica, la formazione si correla strettamente a quattro variabili fondamentali:
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la variabile “organizzativa”, rispetto alla quale costituisce il supporto indispensabile per attivare i
processi di revisione organizzativa e consente di sviluppare le professionalità necessarie a
ricoprire i nuovi ruoli, che presuppongono competenze diffuse su tutte le fasi del processo di
lavoro;
„
„
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la variabile “tecnologica”, rispetto alla quale è diretta a sviluppare conoscenze informatiche per il
migliore utilizzo delle apparecchiature e delle procedure automatizzate e per la riassunzione sul
posto di lavoro di tutte le attività necessarie alla fornitura del servizio;
la variabile “risorse umane”, rispetto alla quale rappresenta l’elemento fondamentale per attuare
politiche di sviluppo professionale fondate sull’accrescimento delle abilità conoscenze e
competenze;
la variabile “obiettivi di servizio”, rispetto alla quale è funzionale allo sviluppo della cultura e
delle competenze strettamente connesse agli obiettivi organizzativi, allo scopo di produrre un
reale miglioramento dell’efficienza e della qualità dei servizi nonché dei livelli di soddisfazione
del cliente/utente (il cittadino).
Riprendendo il concetto della centralità delle risorse umane ricordo che le organizzazioni non sono
fatte soltanto di mattoni, calce, prodotti e denaro; esse sono fatte anche e soprattutto di persone.
Sono proprio le persone che le creano, le fanno funzionare, le fanno vivere, le nutrono nei loro cuori e nelle
loro menti; quindi, sono proprio le persone l’aspetto più importante delle organizzazioni, e spesso della vita
quotidiana del lavoro. Si deduce, allora, che un’organizzazione rappresenta un sistema di energie. È fattore
vincente liberare le energie dei dipendenti attraverso la formazione.
In un’ottica ingegneristica si fa riferimento a un sistema “einsteiniano”, che consente di favorire lo
sviluppo di una persona sino alla realizzazione del suo pieno potenziale. La fisica, come scienza,
prende in considerazione anche il modello “newtoniano”, che comporta esclusivamente una variazione
del tipo e non della quantità di energia e che, pertanto, rappresenta un modello assimilabile
all’addestramento. Infatti, nei soggetti non si ottiene nulla di più di quello che si è messo dentro, che si
è dato, che si è profuso. In un modello einsteiniano, invece, l’immissione di un erg di natura
radiazionale, di un neutrone ad altissima velocità, determina in sequenza successiva una reazione a
catena, che consente di ottenere in emissione 100ⁿ erg (con valore di n vicino all’infinito).
L’immissione di un erg del tipo giusto (ad alta velocità) in un sistema contenente l’unità di materia, lo
induce a rilasciare l’incalcolabile energia trattenuta.
Il ruolo della nuova formazione, nell’ottica di organizzazione considerata come aggregato di energia, è
quello di rappresentare le immissioni di energia, gli input che consentono di scoprire, facendolo
esplodere e valorizzare, il potenziale dei soggetti, sprigionando una positiva azione di ricaduta
sull’ente. Questo è l’ingegnere che si esprime confliggendo, apparentemente, con la cultura di tipo
umanistico che va immediatamente recuperata.
Non ci si può occupare di formazione se non la si ama. La formazione è anche un’arte. L’arte consiste nel fare
scoccare la scintilla al momento giusto, nel punto giusto.
Sistemi di governance della formazione a confronto: la Provincia di Torino
Donatella Gambino
Responsabile Ufficio sviluppo e ricerca – Progetti formativi strategici e/o trasversali all’Ente
Il sistema formativo della Provincia di Torino, che vi presento oggi, è il risultato del lavoro e
dell’esperienza di diversi anni. Il sistema formativo così come concepito, e portato a regime negli
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ultimi anni, ci ha permesso di ricevere dei riconoscimenti di eccellenza, come ad esempio nelle
edizioni passate del Premio Basile, o il primo premio assoluto del premio stesso, edizione 2008, per il
sistema di valutazione.
Ciò non significa che pensiamo di essere arrivati, anzi, crediamo che quello che può essere il passato
per alcune amministrazioni, per noi invece è la vision per il futuro.
Mi riferisco in questo senso proprio alla Provincia di Milano, alla cui esperienza da tempo guardiamo
con interesse per alcuni aspetti, come quello dei Piani Individuali di Sviluppo – PINS o al modello
delle competenze che per noi è ancora un traguardo da raggiungere. Ciò non toglie che lo sforzo fatto
in questi anni dalla nostra Amministrazione, in modo particolare dalla dottoressa Ricciarelli, dirigente
responsabile del Servizio formazione dal 2005, è stato quello di portare a coerenza il sistema puntando
su alcuni prodotti, in particolare sulla programmazione e sulla pianificazione della formazione, nonché
sulla valutazione.
Presento alcuni dati che possono contribuire a comprendere lo sviluppo del nostro sistema. La
Provincia di Torino ha avuto una crescita esponenziale negli anni, effetto del trasferimento delle
competenze e del decentramento. Dagli anni precedenti al trasferimento delle competenze, alla fine
degli anni Novanta, fino al 2004 quando si è verificato il picco massimo di funzioni, uffici e servizi con
il trasferimento da altri enti, i dipendenti di ruolo sono passati da 800 a quasi 2.000.
Successivamente si è verificata una variazione che ha portato attualmente a 1.800 i dipendenti
provinciali. Questa crescita ha generato ovviamente dei problemi organizzativi e di accompagnamento
formativo. Nel 2004 avevamo ancora problemi di accesso alla formazione: dei 2.000 dipendenti solo
1.500 avevano partecipato ad attività formative. Questo problema ora è stato risolto.
Per quanto riguarda una valutazione di genere, le donne che accedono alla formazione sono in
percentuale maggiore, sia perché c’è una differenza quantitativa di fatto, in relazione al numero
complessivo dei dipendenti, sia perché si è riservata molta attenzione a garantire un accesso equo,
anche perché le donne non ricoprono ancora in proporzione significativa posizioni apicali.
Nel 2005 abbiamo deciso di utilizzare come criterio di classificazione per la redazione del Piano di
formazione quello fornito da Formez, che ci ha permesso di avere dati aggregati e funzionali al
Rapporto della Pubblica amministrazione curato dall’Osservatorio. Utilizzando questa classificazione
per leggere le partecipazioni per aree tematiche, è possibile osservare che nei primi anni siamo stati
impegnati nella formazione di accompagnamento al decentramento, focalizzata sulla formazione
istituzionale, sugli aggiornamenti giuridici normativi e sul miglioramento delle competenze
amministrative, anche nei contenuti tecnici.
A partire dal 2005 è stato possibile promuovere e diffondere una formazione di tipo manageriale, sia
perché richiesta in sede di rilevazione dei fabbisogni formativi, sia perché la dirigente della formazione
si è fatta portavoce delle esigenze presso la Direzione dell’area e generale, al fine di condividerne la
sponsorship. I destinatari erano soprattutto dipendenti che, su base volontaria, volevano crescere dal
punto di vista organizzativo. Tra il 2007 e il 2008 abbiamo esteso la formazione a contenuto
manageriale anche ai titolari delle posizioni organizzative sui temi delle competenze manageriali,
dell’organizzazione e della qualità. Per l’anno in corso l’intento è di promuovere interventi formativi
specifici per i dirigenti, ai quali è stato dedicato un piano negli anni 2001-2004.
Per quanto riguarda gli ambiti su cui la Provincia ha investito, inizialmente l’investimento maggiore ha
riguardato temi istituzionali: dal decentramento, come già detto, allo sviluppo e alla crescita in termini
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organizzativi e gestionali. Negli ultimi anni ci si è maggiormente concentrati sulle competenze tecnicospecialistiche, unitamente alla formazione comportamentale citata. In particolare l’attenzione allo
sviluppo del territorio, che ha reso la Provincia un territorio di attrazione e di investimento, ha reso
rilevanti gli impegni nella formazione sui temi: attività produttive, internalizzazione, collaborazione e
cooperazione internazionale.
Infine segnalo, quale dato significativo, l’investimento in formazione sugli aspetti gestionali delle
attività amministrative, anche alla luce delle ultime riforme in ambito contabile e finanziario.
Per il 2008, anche se i dati sono ancora in fase di elaborazione, si può affermare che: 1.407 persone
hanno partecipato a 160 corsi realizzati, utilizzando un ammontare di fondi pari a € 183.000,00. La
previsione di fondi assegnati per il 2009 è di € 150.000,00. Anche noi avvertiamo una flessione degli
stanziamenti. Negli ultimi anni abbiamo utilizzato fondi europei e speriamo di poterci avvalere di
questa fonte anche per il prossimo triennio.
A fronte della carenza di risorse cerchiamo di lavorare attualmente sulla qualità del servizio che
eroghiamo. Il nostro sistema formativo si basa sostanzialmente su tre prodotti:
„
„
„
il Piano pluriennale;
il Piano annuale;
il Sistema di valutazione.
Il Piano pluriennale, come ho già detto, attinge a quella classificazione che ci permette di avere dati già
aggregati, leggibili ed incrociabili con il dato nazionale. Il piano di formazione del triennio 2005-2008
è nato da una rilevazione dei fabbisogni formativi, coniugata con una rilettura della struttura del
documento nel suo insieme. Forti di un’esperienza fatta con il Dipartimento della Funzione pubblica
negli anni 2003-2004, abbiamo attinto alle esperienze di altri enti e, personalizzandola, siamo arrivati a
fornire quest’articolazione.
L’offerta è stata suddivisa per macrocategorie formative, a loro volta declinate in linee formative che
tengono conto dei livelli di base, intermedi e delle esigenze continue.
Le macrocategorie individuate sono state tre: la formazione istituzionale, la formazione continua, la
formazione tecnico-specialistica. Abbiamo deciso di tenere a sé la formazione informatica; infatti,
gradualmente abbiamo dedicato molta attenzione a uniformare tutte le competenze informatiche dei
dipendenti. Questo ci ha portato a riservare all’informatica una categoria autonoma, con una
destinazione di budget autonoma.
All’interno delle macrocategorie, abbiamo individuato delle linee formative. Ad esempio, per la
formazione istituzionale le linee si declinano con una particolare attenzione alle iniziative rivolte ai neo
assunti, prevedendo una formazione di base di tipo istituzionale amministrativo, una formazione di
affiancamento alla mobilità ed infine una formazione di accompagnamento per le progressioni
verticali.
La declinazione della formazione continua è più connessa ai concetti: base, trasversale e specialistica,
che attingiamo dalla formazione professionale in generale. Nella “formazione trasversale” posto
centrale assume la formazione manageriale di cui parlavo prima.
Il piano di formazione è stato concepito “a preventivo” e “a consuntivo”. I Piani annuali replicano la
logica e la struttura del Piano pluriennale. Il Piano pluriennale è in rete, a disposizione di tutti i
dipendenti e fornisce una descrizione dei fabbisogni formativi.
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L’analisi dei fabbisogni formativi è stata condotta attraverso conferenze di servizio che hanno
coinvolto tutti i dipendenti. Nel corso di questi incontri si è proposta una lettura dell’analisi
documentale svolta dai nostri uffici, da cui si traggono delle correlazioni con riferimento agli obiettivi
gestionali prefissati, ai documenti di PEG, ma anche ai programmi di mandato e ai documenti messi a
disposizione dai direttori delle diverse aree.
Gli stimoli forniti sono stati integrati sia dai dirigenti delle aree sia dai dipendenti, durante le
conferenze di servizio. Nel documento pluriennale vengono così fornite delle previsioni per argomenti,
declinate per area e per target. Viene operata altresì una previsione dei tempi di realizzazione, della
modalità di svolgimento, con una prima indicazione di metodologie formative. È inoltre indicata la
tipologia di docenza che può essere coinvolta ed infine la fonte di finanziamento di riferimento. Il
Piano pluriennale, assunto con delibera, è il documento su cui l’Amministrazione si impegna per il
triennio.
Dopo che abbiamo introdotto le versioni a preventivo e a consuntivo, abbiamo la possibilità di fare
ogni anno un consuntivo dell’annuale che, ben riferito altresì al pluriennale, ci permette di monitorare
l’impegno assunto con il pluriennale stesso. Rispetto alla previsione di massima è infatti possibile
verificare come, quando e chi ha realizzato un’iniziativa formativa. Questo rappresenta appunto uno
strumento di monitoraggio che indica a che punto si è della programmazione triennale.
Il Piano annuale ci permette di fare delle previsioni più puntuali di anno in anno e anche di contrattare
con i sindacati il budget da destinare annualmente; inoltre, ci permette di avere una visione dell’offerta
formativa più dettagliata; in questo modo è possibile dedurre ciò che è stato realizzato, per chi, con
quali fornitori e come sono stati utilizzati i fondi.
Fin qui per quanto riguarda gli strumenti di pianificazione e di programmazione.
L’altro prodotto su cui abbiamo puntato per lo sviluppo del nostro sistema formativo è il Sistema di
valutazione della formazione. Come già accennato il sistema, nel suo complesso, e gli strumenti di
valutazione della formazione erogata, nello specifico, ci hanno valso il Premio Basile nella scorsa
edizione. Il Sistema di valutazione si fonda su tre strumenti fondamentali.
Il primo è il “questionario di gradimento”, erogato in formato elettronico via e-mail il giorno dopo la
fine del corso, con invito a riconsegnarlo entro due giorni. Con il questionario si propone di esprimere
il proprio gradimento del servizio ricevuto con una scala che va dal “soddisfacente” al “non
soddisfacente”, passando per cinque gradi. In particolare viene chiesto agli utenti di esprimersi sulle
seguenti dimensioni: utilità percepita, interesse alla partecipazione, organizzazione dei servizi e, da
ultimo, gli aspetti progettuali; ciò mette in gioco il nostro operato e l’operato del fornitore con cui
cogestiamo l’organizzazione per i corsi in house.
Chiediamo inoltre di esprimere il gradimento sullo stile di conduzione, che riguarda il servizio di
docenza vera e propria, e infine il grado di soddisfazione rispetto al percorso nel suo complesso. Il
questionario in formato elettronico ci permette di elaborare i dati più velocemente e ci consente di
fornire un report complessivo, corredato da grafici e sintesi, alla Direzione generale, alla Direzione
dell’area e al fornitore.
Un altro strumento che ci ha permesso di ottenere il riconoscimento del bollino qualità è quello
relativo alla “valutazione della ricaduta formativa”. Grazie a questo strumento rientreremo
gratuitamente nel terzo perimetro della certificazione dell’Ente perché il nostro sforzo, essendo un
processo indiretto a supporto dei processi di lavoro dei servizi certificati, si è svolto in coerenza con gli
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standard di qualità. La valutazione della ricaduta formativa per il sistema qualità è molto importante.
Entro il 2009 speriamo di riuscire ad ancorare la lettura della ricaduta formativa a percorsi formativi
personalizzati, con riferimento alle competenze di ruolo. Il nostro sistema di valutazione della ricaduta
formativa si basa sulla raccolta e sull’analisi della percezione di utilità espressa dai fruitori.
A distanza di sei/dodici mesi dalla formazione ricevuta, chiediamo al discente e al suo diretto apicale,
che ha modo di osservare la prestazione, una valutazione sui seguenti item:
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„
„
coerenza tra contesto organizzativo ed esperienza formativa;
effetti sui destinatari rispetto al lavoro;
impatto sull’organizzazione.
L’intervista all’apicale si concentra principalmente sul giudizio relativo all’incremento di efficacia
dell’attività del collaboratore che abbia una qualche connessione con la formazione ricevuta.
Abbiamo predisposto uno strumento che è ampio sui campi base e viene personalizzato di volta in
volta, di anno in anno, rispetto ai singoli corsi che con la qualità decidiamo di sottoporre alla
valutazione della ricaduta formativa.
Questo strumento è molto impegnativo se confrontato con il questionario di gradimento, che ha invece
degli elementi standard, salvo poi utilizzare l’elemento del non applicabile per quegli item che non
sono rintracciabili in determinate esperienze formative.
La ricaduta formativa richiede una predisposizione personalizzata per ciascun discente, apicale e per
ogni corso cui si partecipa. Questo è il motivo per cui non riusciamo ad estenderla a grandi numeri.
Anche se negli ultimi anni vi abbiamo fatto scarso ricorso, vi è la formazione a distanza, che per un po’
di anni siamo riusciti ad erogare sia in forma on line che in forma off line.
Ciò ci ha portato a diversificare gli strumenti di valutazione, prevedendo dei questionari per la FAD per
percorsi fatti on line e per percorsi fatti off line, fondamentalmente la differenziazione nel rilevare il
gradimento per i diversi servizi accessori che sono previsti. La valutazione dei corsi FAD prevede un
focus sull’attività di tutoring affidata al tutor.
Ultima esperienza che porto all’attenzione è il Piano di formazione che la Provincia di Torino eroga,
ormai da sei anni, per i dipendenti dei comuni e delle comunità montane e che ha visto negli ultimi anni
una partecipazione elevatissima.
Abbiamo diversificato gli strumenti di pianificazione, mantenendo fondamentalmente la stessa
struttura, anche perché è proprio la qualità che richiede di preservare l’omogeneità di struttura, a
prescindere dal fatto che i destinatari siano esterni. I capitoli sono diversificati. L’impegno sia in
termini di contenuti, sia in termini di realizzabilità è stato riconosciuto e premiato da una fondazione,
che l’ha ritenuto meritevole al punto di finanziarlo nelle proprie linee di progetto per lo sviluppo locale.
Uno degli ambiti su cui sappiamo di dover migliorare è l’integrazione con il sistema informativo.
Abbiamo cercato di metterci in linea con le previsioni della Direttiva Frattini sulla qualità, ora
dovremo lavorare all’integrazione del sistema informativo del processo di lavoro, in attesa che a
livello nazionale ci diano delle indicazioni e degli orientamenti per il futuro, anche a fronte della
carenza di risorse.
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Sistemi di governance della formazione a confronto: la Provincia di Milano
Maria Cecilia Scaldalai
Responsabile Servizio formazione
Nel mio intervento vi parlerò dell’evoluzione del sistema formativo della Provincia di Milano dal punto
di vista organizzativo, gestionale e strutturale. Vi mostrerò anche come l’evoluzione delle politiche e
delle culture hanno influenzato l’aspetto gestionale della formazione.
Mi sono ritrovata nelle parole del dottor Crescimanno. Credo che noi stiamo lavorando nella direzione
giusta, anche se ho visto quanto siamo ancora lontani dal raggiungere certi risultati. La preparazione di
questo intervento ci ha dato l’opportunità di realizzare una sintesi del nostro fare formazione col quarto
Quaderno della formazione, che trovate in cartellina, e ci ha fornito l’occasione per concederci il
“lusso” di riflettere sul lavoro svolto da dieci anni a questa parte, per analizzare, nel complesso, la linea
che ha guidato questo percorso decennale. Le nostre riflessioni sono sempre contingenti, legate
all’operare, di breve respiro; raramente capita di fermarsi e riflettere su sé stessi, osservandosi in un
lasso temporale più lungo.
Ricostruendo, quindi, la nostra storia, abbiamo individuato nel 1997 l’inizio di una nuova stagione
della formazione nel nostro Ente. Non a caso, perché il 2007 coincide col cambiamento derivato
dall’avvio di tutte le attività che dovevano condurre al recepimento della prima direttiva ministeriale in
materia di formazione del personale nella Pubblica amministrazione del 1995. Questo è stato il
momento a partire dal quale la formazione ha iniziato a essere gestita con una logica di sistema. Nel
1997 abbiamo infatti condotto la prima analisi del fabbisogno formativo in tutto l’Ente e abbiamo
approvato il primo Piano di formazione generale.
Ma qual’era la situazione da cui siamo partiti? Quando nel 1997 fui assegnata alla formazione dei
dipendenti, chiesi ai colleghi che lasciavano il servizio che cosa era stato fatto l’anno precedente. Mi fu
risposto che erano stati spesi 800.000.000 di Lire in corsi esterni, cioè interaziendali.
Il sistema era semplice: le società di formazione offrivano i cataloghi dei corsi, questi venivano
distribuiti ai dirigenti che durante l’anno li esaminavano e richiedevano quindi l’iscrizione ai corsi per
alcuni dipendenti. Tutto ciò avveniva fino ad esaurimento del budget a disposizione, senza alcuna
pianificazione. Non era assolutamente presente l’idea di “sistema formativo”, di azione su tutto l’Ente,
concordata, programmata, complessivamente coerente con gli obiettivi di lavoro. Questo è stato il
punto di partenza.
Cercando di sintetizzare il percorso svolto dalla Provincia di Milano in questi anni, direi che esso si può definire
come un impegno costante per costruire un sistema che ha consentito di dare alla funzione formazione un
valore ed un peso in ambito organizzativo.
È una strada che stiamo ancora percorrendo, sempre orientata a dare alla formazione una posizione
all’interno dell’organizzazione. La parola “sistema” è significativa. La formazione non è
autoreferenziale, bensì rimanda alle relazioni, alle connessioni, al “mettere insieme”. Collocarsi
all’interno dell’organizzazione fra gli altri strumenti di gestione delle persone in modo coerente e
sinergico sembra un concetto scontato, ma non lo è.
Ci sono cose scontate nella formazione che in realtà però non vengono praticate perché le grandi
organizzazioni soffrono di frammentazione e faticano a lavorare in modo coordinato. Non è stato un
percorso facile e abbiamo sofferto molto.
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Infatti, è solo da quando formazione e organizzazione sono state unificate sotto un’unica direzione,
cioè solo da pochi anni, che la formazione viene inserita in tutti i progetti di riorganizzazione, di
cambiamento e di evoluzione.
Non è neppure scontato, per la dirigenza, capire che la formazione è una leva, è uno strumento
gestionale potentissimo. La ragione per cui nel passato si faceva formazione era di tipo amministrativo:
perché era previsto dal contratto di lavoro. Il nostro sforzo è stato quello di fare in modo che non fosse
più così, che l’attività di formazione derivasse dalla consapevolezza del “valore del lavoro” delle
persone e quindi del “valore della conoscenza” quale patrimonio fondamentale per l’Ente.
Queste cose che sembrano scontate sono in realtà frutto di un percorso, di un lavoro.
Per arrivare dove siamo oggi è stato necessario un cambiamento continuo. Prima di tutto un
cambiamento della cultura amministrativa. Lo sviluppo della formazione dell’Ente è andato di pari
passo con il cambiamento culturale in ambito organizzativo. Un cambiamento che è consistito in un
apprendimento continuo. Abbiamo imparato noi che lavoriamo nel Servizio, ci siamo evoluti nelle
nostre funzioni, nel nostro ruolo, nelle nostre competenze; hanno imparato i dirigenti ad utilizzare
secondo logiche organizzative la formazione, e hanno imparato i dipendenti a rendersi consapevoli e
partecipi della propria crescita professionale. Siamo cresciuti insieme cercando di seguire
quest’obiettivo.
I risvolti del cambiamento avvenuto nella Pubblica amministrazione negli ultimi anni sono molti, ma la
novità più rilevante e dirompente, a mio parere, è che la Pubblica amministrazione ha scoperto le
persone. Cosa che ha cambiato il punto di vista del fare organizzazione.
Diversi sono i fattori che hanno inciso su questo cambiamento, ne cito solo alcuni in quanto più
direttamente coinvolti nel tema che trattiamo oggi:
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„
i concetti di autonomia e di responsabilità che sono entrati nell’ente con la separazione delle
responsabilità gestionali dalle responsabilità politiche. In particolare, il concetto di responsabilità
ha rappresentato una svolta importante;
lo schema di classificazione del personale in categorie come macro contenitori con i profili
professionali, che risponde ad un concetto di flessibilità e che ha spazzato via gli otto livelli fissi
e il famoso “è di mia competenza, non è di mia competenza” del mansionarismo;
l’introduzione dei sistemi di valutazione delle prestazioni. Mi ricordo l’impatto che ebbe la prima
valutazione: contestazioni di ogni genere, si metteva in discussione la legittimità del valutare.
Adesso non è più così, se è il caso discutiamo del modello della valutazione adottato, della
validità dello strumento prescelto, ma la accettiamo e soprattutto “vogliamo essere valutati”,
magari correttamente;
cito anche l’introduzione della figura delle posizioni organizzative che hanno inciso molto. Sono
state rivoluzionarie, hanno introdotto il concetto di incarico temporaneo, commisurato alla
professionalità, legato ai risultati.
Queste sono le riforme che hanno fatto cambiare l’organizzazione. Abbiamo sentito molto parlare di
cambiamento, ma cambiare significa soprattutto cambiare la testa delle persone che è la cosa più
difficile e che avviene solo attraverso un processo di sviluppo consapevole della conoscenza. La
formazione ha accompagnato la Pubblica amministrazione in questo cambiamento e alcune volte,
quando è stata capace, l’ha prefigurato.
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La formazione in questi anni lavora, infatti, per accompagnare l’organizzazione in una complessa operazione di:
destrutturazione della logica per adempimenti, a favore di una logica per obiettivi e risultati e abbandono
del mansionarismo, per aprire la strada a una gestione fondata sulla conoscenza, in cui la formazione ha il
compito di valorizzare le competenze delle persone.
L’evoluzione della formazione alla Provincia di Milano sta dentro questo cambiamento.
Brevemente: prima del 1997 la formazione era spontanea, interaziendale, su richiesta individuale,
generale e contingente. In dieci anni abbiamo costruito un sistema che ci ha portato ad una formazione
programmata e continua con piani di formazione annuali e pluriennali, garantita con uno stanziamento
in bilancio, erogata da un servizio dedicato che ha significato avere a disposizione elevate
professionalità, personalizzata sulla base di bisogni rilevati e coerente con la mission aziendale.
Abbiamo cercato di fare in modo che la formazione fosse sempre più capace di rispondere ai bisogni
contingenti, ma anche capace di proiettarsi nel futuro prefigurando il cambiamento.
Possiamo suddividere questi dodici anni di evoluzione della formazione in due fasi:
1^ FASE:
2^ FASE:
costruzione del sistema formativo
concentrazione sull’apprendimento
Nella 1^ FASE, ci siamo preoccupati di costruire il sistema, iniziando dalla definizione del processo di
lavoro. Lo scopo era quello di dare continuità, legittimità alle azioni formative e efficienza al servizio.
Nel tempo il processo di lavoro - dall’analisi del fabbisogno formativo, ai piani di formazione,
all’erogazione e valutazione dei corsi - è stato informatizzato e stiamo ancora lavorando per
migliorarne l’efficienza. Il focus di questa fase è rappresentato:
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„
dai ruoli e dagli attori che dovevano entrare in campo in questo processo (la committenza,
rappresentata dai dirigenti, i destinatari, il Servizio formazione, i sindacati, i tutor dei corsi, i
referenti interni della formazione);
dalle regole. Ci siamo infatti dati delle linee guida per la formazione che fossero condivise dai
dirigenti, dai dipendenti e dai sindacati;
dagli strumenti operativi e tecnologici che nel tempo ci hanno liberato dal lavoro routinario
dandoci la possibilità di dedicare tempo ad attività più professionali.
Nella 2^ FASE, stabilizzato il sistema, ci siamo concentrati su quello che era il senso del fare
formazione. Negli ultimi cinque anni abbiamo goduto del lavoro fatto per organizzare il nostro servizio
e abbiamo messo al centro del nostro lavoro non più il sistema ma l’apprendimento. Questo ha
significato mettere al centro le persone con i loro bisogni e le loro aspettative.
Ha significato ripartire dalla motivazione all’apprendere che è diventato il nostro punto di riferimento,
il baricentro della nostra azione. Non c’è corso che tenga se il livello motivazionale è basso. Abbiamo
concentrato quindi la nostra attività sulle competenze intese come contributo per il raggiungimento
degli obiettivi, cercando di migliorare la nostra capacità di mettere in sintonia le persone con
l’organizzazione.
Tutto ciò ha fatto nascere in noi l’esigenza di lavorare maggiormente in sinergia con gli altri strumenti
di gestione delle risorse umane, di entrare di più nell’organizzazione, ma anche di potenziare la nostra
capacità di ascoltare le persone, di guidare, orientarle.
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Vediamo ora in rapida successione, per ragioni di tempo, alcuni dei principali strumenti operativi
sviluppati nel tempo, in particolare nella prima fase di evoluzione del sistema, per soffermarci invece
un pochino di più su alcuni strumenti organizzativi di maggior impatto sulla qualità del servizio. Mi
riferisco in particolare ad alcuni ruoli gestionali particolarmente incisivi nel processo di lavoro: gli
operatori del Servizio formazione, i referenti interni della formazione, i tutor dei corsi.
„
Per quanto riguarda gli strumenti operativi, la prima cosa realizzata è stato il sistema
informativo, che poi si è sviluppato parallelamente allo sviluppo della formazione. Il sistema
informativo accompagna l’intero processo di lavoro, producendo tutti i dati che ci servono per
analizzare il fabbisogno, monitorare e gestire le attività, per valutare le azioni formative, secondo
i tempi della programmazione generale. Il Servizio formazione infatti presidia l’intero processo di
lavoro in modo centralizzato: predispone i piani di formazione; progetta i corsi all’interno (macro
progettazione); acquisisce le forniture dei servizi didattici, delle competenze sulle varie materie,
all’esterno e gestisce i corsi all’interno, nelle aule della Provincia.
„
Nel tempo abbiamo costruito una serie di applicativi informatici - ora confluiti tutti in un unico
luogo: il Sito Intranet della formazione - che ci servono per molti aspetti del nostro lavoro:
dall’analisi del fabbisogno, alla gestione delle iscrizioni ai corsi, alla gestione delle aule, delle
partecipazioni. Chiunque, all’interno della Provincia di Milano, trova sul sito Intranet tutto ciò
che è legato alla formazione. In un unico luogo sono raccolti: i piani di formazione, i programmi
dei corsi, le regole, le logiche, i calendari, le iscrizioni, le partecipazioni e i training formativi
individuali, la formazione on line, la documentazione didattica prodotta in aula. Il Sito è il nostro
strumento forte di comunicazione. Ci consente di arrivare a tutti, con chiarezza, trasparenza e
partecipazione. Con tale sistema, ogni dipendente è in grado, attraverso la Intranet, di visionare
l’elenco dei corsi di formazione a cui ha partecipato e le competenze che ha sviluppato, i dirigenti
possono vedere il training formativo di ciascun dipendente, e accedere in tempo reale al planning
formativo di Settore.
„
Rispetto ad alcuni particolari strumenti, che trovate descritti nell’Opuscolo n. 4 della formazione,
spendo alcune parole sull’applicativo per l’analisi del fabbisogno, a mio parere particolarmente
interessante. Per dirla in breve, l’aspetto interessante è che il lavoro di interviste guidate per
l’analisi del fabbisogno avviene con alcune schede che abbiamo costruito nel tempo e che
rappresentano una guida per i dirigenti per compiere un’analisi organizzativa ai fini della
definizione del fabbisogno di formazione. Noi chiediamo ai dirigenti di pensare alla formazione,
e quindi alle competenze necessarie, nel momento in cui programmano le attività. Le schede sono
collegate al profilo professionale di ogni dipendente e al training formativo di ciascuno, in questo
modo è possibile verificare subito la coerenza delle richieste con il contesto in cui il dipendente
lavora. Sono inoltre collegate ad un repertorio di competenze, articolato in abilità e conoscenze,
che sono le competenze fondamentali per lavorare alla Provincia di Milano. Il repertorio deriva
da un progetto di valorizzazione del potenziale che abbiamo realizzato nel passato e che
continuiamo a utilizzare alimentandolo in relazione al cambiamento delle competenze. Le schede
per il fabbisogno, che trovate sempre nell’opuscolo, sono informatizzate e sono collegate ai
sistemi di programmazione e controllo.
„
Un altro applicativo importante è l’applicativo che gestisce l’apertura dei corsi, le iscrizioni, la
formazione delle classi, le comunicazioni, le convocazioni. Il tempo che abbiamo recuperato con
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l’introduzione di queste strumentazioni informatiche lo abbiamo utilizzato per imparare a
migliorare la nostra capacità di analisi, di progettazione e di valutazione della formazione.
Concludo con qualche parola sul lavoro svolto dai tre ruoli gestionali più significativi ai fini del
processo formativo: quello del Servizio formazione, quello dei referenti interni alla formazione e
quello dei tutor. Sui ruoli, e quindi sulle persone e sulle loro competenze professionali abbiamo
lavorato molto.
La formazione non è solo il sistema, come lo abbiamo visto, ma è innanzitutto il lavoro delle persone,
il contributo che esse danno mettendo in campo professionalità e competenza.
Il Servizio formazione
Abbiamo visto che il nostro è un servizio centralizzato, attraverso il quale gestiamo tutto il processo di
lavoro: dall’analisi del fabbisogno alla valutazione. Come penso sia emerso dalla presentazione qui
svolta, ciò richiede una professionalità adeguata. Sulla professionalità abbiamo lavorato e stiamo
lavorando ancora.
Per ogni fase del processo di lavoro abbiamo individuato le figure professionali che entrano in campo
(vi invito a prendere visione della tabella “competenze per la formazione” riportata nell’opuscolo) e
lavorato per definire quali sono le capacità e le conoscenze richieste per svolgere il nostro lavoro. Il
repertorio come vedete è ampio, ricco, stimolante. Questo quadro di sintesi ci è utile per svolgere il
nostro lavoro, per pianificare la nostra crescita professionale, per costruire i parametri con cui valutare
le nostre prestazioni.
Con la personalizzazione della formazione, con il passaggio all’attenzione per l’apprendimento, siamo
diventati sempre più orientatori, capaci di fare accompagnamento, di sostenere le persone nella
costruzione della propria crescita professionale. Infatti, all’interno del nostro Servizio sono nate nel
tempo professionalità prima non presenti, o quanto meno poco delineate: l’analista dell’organizzazione,
il progettista, l’esperto di qualità, l’informatico. Oggi abbiamo anche il counselor, ossia l’orientatore e
l’esperto di comunicazione.
I referenti interni della formazione
Un altro importante ruolo è quello della rete dei referenti interni della formazione. I referenti interni
sono nati quando abbiamo concentrato la nostra attività sulla capacità di intercettare il bisogno di
ciascun dipendente, specialmente in riferimento al bisogno che nasce dalla specificità del lavoro svolto
in ciascuna direzione (fabbisogno specialistico). È evidente che non possiamo arrivare a conoscere il
lavoro e le esigenze di 2.500 dipendenti.
Per questo motivo abbiamo costruito una rete di persone, i referenti, che sono colleghi che lavorano nei
servizi e che contemporaneamente collaborano con la formazione nel definire i Piani di formazione.
Rappresentano il raccordo tra noi e i settori, tra i dirigenti ed i rispettivi collaboratori; supportano la
dirigenza nell’analisi del fabbisogno per l’intercettazione dei bisogni specialistici, collaborano al
monitoraggio delle attività, in particolare svolgono un’importante funzione di controllo della domanda
formativa.
Anche per questa figura abbiamo costruito il profilo definendone: aspetti e caratteri della personalità
(qualità indispensabili), competenze, abilità, conoscenze.
pag. 19
I tutor d’aula
E veniamo ai nostri tutor, che sono più di assistenti d’aula. Noi gestiamo i corsi in house, e i tutor
gestiscono l’impatto con l’utenza.
Tutti conosciamo l’importanza dell’impatto di un prodotto sull’utenza. Un buon prodotto formativo
viene distrutto se non c’è la capacità di gestire l’aula. Il tutor è lì in aula; rappresenta il Servizio
formazione, l’organizzazione. Egli è responsabile dell’organizzazione dell’evento nella fase di
erogazione, della strumentazione d’aula, della preparazione della documentazione didattica, della
rilevazione delle presenze, della customer satisfaction che viene consegnata a tutti i corsisti. È
elemento essenziale anche della valutazione, quanto meno della prima valutazione che si riferisce alla
rilevazione del clima d’aula, alle modalità con cui viene svolto il programma, a come vengono
operativamente gestiti i vari momenti formativi. La percezione quindi che il destinatario ha del corso
passa attraverso il lavoro del tutor.
Per garantire uno standard di qualità minimo ed omogeneo abbiamo strutturato il protocollo
dell’assistente d’aula che indica funzioni, responsabilità, spazio di intervento e autonomia del tutor.
Per supportare il suo lavoro abbiamo predisposto altri strumenti, quali per esempio la scheda di
osservazione d’aula (sempre visibile nell’opuscolo). Anche per svolgere questa attività occorrono, oltre
a particolari caratteristiche e qualità, specifiche competenze. È quindi costante il nostro lavoro di
definizione e aggiornamento degli elementi che determinano la professionalità di questa figura.
Vorrei concludere dicendo che, come ho cercato di evidenziare e spero di esserci almeno in parte
riuscita, la nostra idea di formazione è sempre stata ed è quella di: sostenere l’organizzazione
sostenendo le persone. Crediamo che il nostro obiettivo sia quello di aiutare l’organizzazione a
imparare continuamente, per gestire il cambiamento e magari prefigurarlo.
Grazie.
pag. 20
2^ SESSIONE
SScceennaarrii ffuuttuurrii
Gianni Agnesa
Consigliere nazionale AIF - Responsabile formazione Formez
Partecipo in rappresentanza del Formez – Agenzia della Presidenza del consiglio dei ministri Dipartimento della funzione pubblica, di cui è socia anche Regione Lombardia insieme a Basilicata,
Calabria, Campania, Molise, Sardegna, Sicilia e Toscana. Operiamo su indicazione del Ministro della
Funzione Pubblica e delle regioni associate.
All’ingresso del Bauhaus, la celeberrima Scuola di formazione per architetti della Germania prenazista, c’era scritto: “dal cucchiaio alla città”, a significare che l’architetto eccellente doveva saper
progettare oggetti, ma anche elaborare i piani urbanistici per le città. Direi che questa definizione
rispecchia più o meno gli impegni attuali del Formez. Se vi collegate al portale www.formez.it, in
home page troverete il progetto cui faceva riferimento Ernesto (Vidotto) e cioè l’attivazione di un
numero unico della Pubblica amministrazione, così come un corso per formatori in agricoltura della
Mongolia, o un intervento per le ASL a Trento. Insomma, dal cucchiaio alla città.
Vorrei presentare un breve quadro di confronto tra alcuni dei paesi europei, maggiormente attivi nel
campo della formazione pubblica. Devo dire che noi in Italia patiamo della mancanza di una direzione
costante. Negli ultimi 10 anni abbiamo infatti cambiato 8 ministri: Bassanini, Piazza, Frattini;
Mazzella, Baccini, Nicolais, Brunetta ... sembra la formazione di una squadra di calcio.
Assieme al cambio dei ministri c’è stato spesso anche il cambio del direttore dell’UFFPA (Ufficio
Formazione della Pubblica amministrazione) presso il Dipartimento funzione pubblica. Anche qui
dovrei elencare un’altra formazione, con l’unico elemento di rilevo, forse, e cioè che si è trattato
sempre di cariche ricoperte da donne. Non c’è stata quindi in questi anni una direzione coerente ed
univoca nel campo della formazione pubblica.
In Europa, al contrario, si consolidano dei modelli formativi molto interessanti ed efficaci.
„
Il modello regionale spagnolo, che nell’arco di una decina di anni ha costruito una invidiabile
rete di collaborazione fra le regioni. Ogni regione si è dotata di un sistema formativo a supporto
della Pubblica amministrazione. Il sistema spagnolo ha dunque nelle regioni l’elemento
strutturante, di riferimento. L’altro aspetto saliente del sistema formativo pubblico è la creazione
di una rete all’interno delle singole regioni. Tutte le amministrazioni operanti nello stesso
territorio, come la Catalogna, la Galizia, l’Andalusia, le Asturie, hanno costruito dei sistemi
formativi integrati, in cui i diversi livelli (dallo Stato agli enti locali) collaborano tra loro in
maniera incredibile (ne è un esempio l’Aragona che, grazie a questa integrazione, ha vinto la
sfida dell’Expo internazionale del 2008). Il coordinamento, a dir il vero molto light ma anche
molto efficace, è svolto poi dall’INAP (Istituto Nacional de Administración Pública) che fa capo
al Dipartimento della funzione pubblica.
pag. 21
„
Il modello francese è invece un modello statale che sta puntando molto al decentramento. Il
governo guidato da Sarkozy ha varato nel 2007 una nuova legge sull’organizzazione e
sull’inquadramento dei dipendenti pubblici, con un intero titolo dedicato alla formazione. Il
decreto attuativo è del 2008 ed è stato accompagnato da quasi un raddoppio degli investimenti per
la formazione della Pubblica amministrazione. In Francia esiste il fondo unico nazionale per la
formazione, pari all’1% della massa salariale di tutti i dipendenti delle pubbliche
amministrazioni, con una parte perequativa che va in soccorso alle amministrazioni più deboli e
piccole. La Francia ha infatti ben 32.000 comuni, dei quali tantissimi con non più di 150 abitanti,
che hanno comunque garantita la formazione grazie al fondo unico che garantisce le risorse, alla
creazione di strutture formative regionali e dipartimentali ed a una straordinaria rete tecnologica
che consente di attuare un’ottima formazione a distanza, funzionale e decisamente compatibile
con le distanze e con l’orario di lavoro.
„
Il sistema tedesco è un sistema federale. Ogni Land si è dotato di un proprio sistema formativo,
anche se nessun Land ha adottato una specifica legge di settore. Nei Länder si è puntato molto
sulle Università quali straordinari presidi di competenza territoriale. Per svolgere questa funzione
però le Università tedesche hanno modificato ampiamente la propria struttura e modalità
operativa, creando istituti appositi per la formazione per la Pubblica amministrazione locale.
Quindi i docenti universitari hanno dovuto imparare a diventare analisti, progettisti, valutatori.
Sono ora in grado di svolgere un’analisi dei fabbisogni ed una programmazione formativa, non
sono solo docenti d’aula, ma sanno anche condurre un’attività di gruppo, insomma sono dei veri e
propri formatori.
„
Il sistema anglosassone è caratterizzato da un’azione tutta orientata allo scambio di buone
pratiche. Vi suggerisco di andare sul sito Improvement and Development Agency for local
government (I&DEA), www.idea.gov.uk, ed esaminare con attenzione il progetto Beacon Council
(Beacon sta per Faro n.d.t.) il faro delle amministrazioni. Uno straordinario progetto che supporta
ormai da 15 anni, con degli incentivi finanziari e con un’assistenza reale, lo scambio di buone
pratiche fra centinaia di amministrazioni.
Questo è ciò che succede al di là dalle Alpi. Da noi i sistemi regionali non hanno mai preso piede dopo
la riforma del Titolo V e il nostro Ministro lo ricorda correntemente. Da un lato, Brunetta dice: “non è
compito mio occuparmi della formazione in Lombardia o nel Lazio” e invita ciascuna regione ad
andare per proprio conto; da un altro, però, interviene su tutte le pubbliche amministrazioni e
suggerisce di mettere i tornelli in ogni comune. Le regioni non hanno fatto proprie le indicazioni
contenute nella modifica al Titolo V e non si sono organizzate come in Spagna, bensì hanno proceduto
ognuna per conto proprio, o meglio, non hanno proceduto.
La Provincia di Milano, il Comune di Venezia, la Regione Piemonte, il Comune di Siracusa fanno delle
cose straordinarie, interessanti, ma non come elementi di un sistema, ma come isole di un grande
arcipelago con un ecosistema più o meno florido. Qualche “isola” infatti, dal punto di vista formativo,
si sta inaridendo e farà la fine dell’isola di Pasqua.
Per la formazione pubblica vorrei utilizzare un’altra metafora, ed è questa.
Mi sembra che la formazione in Italia sia un po’ come un reticolo idrografico: c’è stata una pioggia,
alcuni percorsi sono diventati fiumi e hanno scavato un loro alveo e procedono tranquillamente dalla
fonte al mare, “dall’analisi dei fabbisogni al monitoraggio”; un bel fiume che scorre normalmente. Poi
ci sono alcuni ruscelli che dopo essersi formati sono diventati dei fiumiciattoli striminziti; alcuni si
stanno inaridendo dopo aver segnato un loro percorso, ahimè solo temporaneo; qualcuno ha lasciato un
pag. 22
piccolo solco e non c’è più acqua; qualcuno infine è andato sotto terra, ma come succede per l’acqua, è
possibile che in quel solco tracciato il fiume riprenda a scorrere al giungere delle nuove piogge o che ci
sia qualche risorgiva, e non sia andato tutto sprecato.
Vi mostro ora le slide della rilevazione, che abbiamo compiuto nel 2006, sullo stato della formazione
in Italia, andando un po’ al di là di quello che appare dal rapporto annuale. Sono immagini abbastanza
conosciute, le riprendo per memoria comune.
figura 1
La figura 1 è un diagramma che mostra
quali comuni siano dotati di un piano di
formazione, per classi di ampiezza
demografica: si va dall’82% dei comuni
capoluogo al 6% dei comuni con meno di
5000 abitanti. C’è dunque uno stretto
legame fra dimensione demografica e
programmazione dell’attività formativa,
cioè la formazione propriamente detta;
altrimenti si tratta di interventi-spot che
lasciano il tempo che trovano.
% di Comuni con Piano di formazione, per
classe di ampiezza demografica
90
82
80
70
60
49
50
41
%
40
30
23
20
10
13
6
0
1. Fino a
5000
2. 500115000
3. 15001 30000
4. Oltre
30000
5. Comune
capoluogo
Totale
figura 2
% di Comuni dotati di ufficio formazione, per
classe di ampiezza demografica
60
60
50
40
30
18
5
3
Totale
2
%
Comune
capoluogo
1
Oltre
30000
0
15001 30000
10
500115000
20
Fino a
5000
La figura 2, rappresenta l’istituzione dei
servizi formativi, cioè di una funzione
formazione formalmente costituita.
Il diagramma indica la presenza di tale
servizio, definito obbligatorio dalla
Direttiva Frattini del 2001, solo nel 60%
dei comuni capoluogo e addirittura solo
nell’1% dei comuni sotto i 5000 abitanti
(dati 2006-2007).
figura 3
pag. 23
% di Province con piano di formazione, per
ripartizione territoriale
90
84
80
89
72
80
70
60
44
50
40
%
30
20
Italia
Italia Nord
Orientale
Italia Nord
Occidentale
0
Italia
Meridionale
10
Italia
Centrale
In figura 3, vediamo in particolare quali
province sono dotate di Piano di
formazione. La media nazionale è del 72%,
con l’Italia orientale all’89% (Lombardia
esclusa). L’Italia settentrionale è messa
molto meglio dell’Italia centrale, mentre il
meridione è il solito fanalino di coda, con il
44% delle province dotate di Piano di
formazione. Gli uffici formazione presenti
nelle province sono il 34% in Italia: il 37%
nell’Italia nord-occidentale, l’Italia centrale
in questo caso è avanti (45%).
Ci sono addirittura due regioni meridionali che non hanno un piano di formazione. Questa era la
situazione del 2006.
Nel 2008, con il “progetto competenze”, abbiamo rifatto questa ricognizione e a un certo punto
l’abbiamo interrotta, perché i dati erano ovunque pari a zero; nelle piccole amministrazioni non si fa
più formazione (come i ruscelli inariditi). La Direttiva Frattini è passata da un po’ di tempo e non c’è
più nessuno che la segua. In altri casi ci sono le eccellenze (i fiumi che procedono e sempre di più
scavano il loro solco costituendo l’ecosistema).
Cosa ci attende per il domani?
Si stanno costituendo alcune comunità interessanti. Alcune comunità di competenze come quella
promossa dall’AIF - Pubblica amministrazione, che consente, ad esempio, al Comune di Siracusa di
scambiare esperienze con il Comune di Venezia, o alla Regione Lombardia di confrontarsi con la
Provincia di Pisa. Al di là di qualunque logica amministrativo-istituzionale o di vicinato, dunque, si
creano delle vere e proprie collaborazioni, si scambiano materiali, ci si copia, con quella “invidia
positiva” di cui parlava Ernesto Vidotto e con la logica del benchmarking, si costituiscono insomma
delle comunità di competenze.
Anche se non ci sono indirizzi, programmi, regole dettate dal Dipartimento o dalle regioni, le
amministrazioni più attive non restano con le mani in mano, ma si adoperano per migliorarsi, per
aiutarsi. Si costituiscono inoltre alcune comunità territoriali per la formazione pubblica. È successo in
occasione dei piani strategici o in occasione di alcune misure particolari, come con le unioni di comuni
(comunità istituzionali); queste comunità si sono costituite e hanno posto la formazione come elemento
saldante. La comunità territoriale crea una rete interna, di vera e propria governance della formazione,
in cui operano diversi attori.
Manca dunque, sostanzialmente, la creazione di un sistema pubblico: vi confesso che quando andiamo
alle conferenze europee, allorché tutti presentano i loro sistemi pubblici, la loro struttura e le loro fonti
legislative, sento un senso di smarrimento a parlare solo di comunità locali o di comunità basate sulle
competenze. È davvero una situazione anacronistica, extra-europea e abbastanza imbarazzante.
Quali possibilità esistono per migliorare la situazione attuale?
Una possibilità è quella che si convochi una Conferenza Stato-Regioni o che venga interessata la
Conferenza unificata con il coinvolgimento anche degli enti locali. Occorre che si prenda una decisione
comune sulla suddivisione delle competenze in materia di formazione, definendo quali accordi
prendere perché la formazione sia una cosa seria e che supporti i cambiamenti della Pubblica
amministrazione.
Occorre mettere in chiaro se la formazione serva davvero e svolga una funzione strategica che, insieme
alle misure dell’organizzazione ed alla comunicazione, aiuti la Pubblica amministrazione a migliorare.
In questo caso si deve essere conseguenti, a tutti i livelli, e deve essere dunque garantita.
Oppure, se risulta essere un inutile orpello, chiudiamola qui e torniamocene a casa.
Stato, regioni ed enti locali devono chiarire se realizzare innovazioni tragga beneficio da specifici
programmi formativi e se è importante realizzare un sistema formativo che supporti l’accesso, la
specializzazione, lo sviluppo di competenze dei dipendenti pubblici, secondo una politica condivisa.
Il sistema pubblico, lo ricordava prima l’ingegner Crescimanno, è la base per la competitività di un
sistema continentale, nazionale, regionale e locale. Non si può avere una macchina con un motore che
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funziona e i freni e il circuito di raffreddamento no. Tutto deve funzionare; occorre una visione
sistemica.
Brunetta privilegia i rapporti bilaterali, è interessato prioritariamente a stabilire degli accordi con una o
due regioni, probabilmente diffida della complessità di lavorare su un accordo più ampio, basato sulla
Conferenza Unificata. È possibile che ci trascineremo ancora per un po’ di tempo in una situazione di
indeterminatezza, temo che dopo Brunetta ci sarà un altro signor Rossi e così via. Vorrei essere
positivo, ma ho difficoltà ad esserlo.
Sulla dimensione finanziaria, potete immaginare cosa stia accadendo: già il Rapporto annuale sulla
formazione, che lavora con le amministrazioni più virtuose, con i comuni oltre i 10.000 abitanti,
segnala tassi di spesa che sono enormemente inferiori all’1% della massa salariale. L’unica nota
positiva è che le amministrazioni che lavorano continuano a scambiarsi informazioni, costruendo
sempre più esperienze interessanti.
All’interno del “progetto competenze” del Dfp (Dipartimento funzione pubblica) stiamo anche
lavorando per definire al meglio le competenze di diverse figure che sono impegnate all’interno della
funzione formazione; stiamo inoltre realizzando una più attenta mappatura degli attori che entrano in
gioco quando si parla di circuito della formazione.
Nel rapporto consegnatoci oggi dalla Provincia di Milano vengono citati diversi di questi attori: i
dirigenti, i responsabili della funziona formazione, la rete dei referenti, i sindacati, gli esperti che
vengono coinvolti; io aggiungerei anche i responsabili dei servizi formazione degli altri enti, con cui si
stabiliscono spesso rapporti di scambio. Se leggete il piano della Provincia di Milano, probabilmente
molte delle radici di queste decisioni sono a Torino o all’ufficio formazione della Regione Lombardia;
molti degli attori che entrano in gioco e che contano al momento delle decisioni che vengono prese
operano in amministrazioni differenti. Direi di più: oggi il cittadino stesso entra in gioco come vero e
proprio attore, per i motivi cui si riferiva Sergio Crescimanno. Sempre di più, non è solo un cliente o
un punto di riferimento, ma viene materialmente coinvolto all’interno delle azioni formative, svolte,
per esempio, a supporto dei programmi di sviluppo locale o dei servizi sociali.
Stiamo lavorando sulla mappatura degli attori e devo dire che anche su questo aspetto ci stiamo
confrontando con l’Europa e vengono fuori delle differenze interessanti. Per esempio, il peso marginale
delle rappresentanze sindacali nella definizione dei bisogni e della programmazione in Italia è molto
basso.
Mi fermerei a questo punto, ringraziando la Provincia di Milano e l’AIF Lombardia. Avete organizzato
questo incontro per raccontare giustamente ciò che avete fatto, per renderne conto a chi lavora
all’interno della Provincia, ai dirigenti, agli altri formatori.
È stata anche una dimostrazione delle possibili sinergie attivabili con l’AIF, associazione che pure
nasce con un orientamento rivolto verso la formazione per l’azienda privata. Ma l’incontro di oggi
rappresenta anche per tutti noi, che veniamo da amministrazioni diverse, un’importante possibilità di
diffusione ed analisi di esperienze, ed è dunque un’occasione per costruire il sistema pubblico, al quale,
come responsabile della formazione del Formez, sono ovviamente interessato.
pag. 25
Anna Malaguti
Responsabile Servizio formazione e aggiornamento professionale - Comune di Venezia
Ringrazio sinceramente la Provincia di Milano per avermi invitata in rappresentanza dell’attività
formativa del mio Ente, il Comune di Venezia, e AIF – Pubblica amministrazione, che costituisce in
questo momento il nostro accompagnatore, il nostro motore per l’innovazione.
Non ho preparato le classiche slide di Powerpoint, pensando che il mio intervento avrebbe finito per
ripercorrere le linee dei contributi che mi hanno preceduta. In allegato avrete le immagini di alcuni
strumenti – applicazioni web per la comunicazione con il cittadino o tra colleghi, di cui si è dotato il
Comune di Venezia e che stanno a cavallo tra la formazione e l’innovazione che il Comune ha
promosso in questi anni. Come hanno ben espresso le colleghe che mi hanno preceduta, anche il
Comune di Venezia ha una storia che parte dagli anni Novanta, ha accolto la Direttiva Frattini con
entusiasmo e dispone di un sistema di formazione consolidato da almeno 10 anni.
Mi sono annotata alcuni concetti chiave. Uno di questi è il sistema della formazione, che implica il
passaggio dall’entusiasmo iniziale, dallo spontaneismo, dal lavorare a testa bassa senza riflettere
eccessivamente sull’impostazione di un sistema, ad avere delle sicurezze su quello che si farà nel
futuro e a trovare, anche con grande fatica, dei tempi di riflessione sulle proprie esperienze per passare,
altro concetto chiave, al miglioramento continuo.
Il nostro sistema della formazione tiene conto della fase di analisi dei fabbisogni, che viene condotta
con modalità, tempi e strumenti differenti a seconda che sia finalizzata al prodotto Piano triennale o
alla raccolta annuale delle richieste. Da anni ci si dota di un Piano triennale, in realtà due piani per
mandato del Sindaco, di cui il secondo è a scavalco. Durante il primo anno di mandato i sindaci hanno
altro da fare che pensare alla formazione. Il nostro Servizio formazione non è in staff alla Direzione
generale e l’interpretazione delle linee strategiche dell’Amministrazione e la loro traduzione in
concrete politiche della formazione è sempre abbastanza impegnativa.
Dividiamo anche noi le attività in attività trasversali, che riguardano la trasversalità delle funzioni
dell’Ente e delle direzioni (sapete bene che i compiti di un ente locale territoriale passano
dall’erogazione di una licenza edilizia, alla gestione di un asilo nido e quindi il numero delle
professionalità è davvero vasto), ed attività specialistiche, distribuite verticalmente sulle varie
direzioni e che si rivolgono a diverse esigenze. Si è deciso di riassumere tutte le attività in aree che
coincidano con quelle che il Formez annualmente ci richiede nel suo rapporto, al quale da molti anni
siamo orgogliosi di rispondere.
Siamo dotati di un software gestionale per la formazione che raccoglie la banca dati dei corsi erogati
dal 1999 in poi. Il sistema gestionale è orientato nel classificare la formazione sulle aree del Formez
per permettere di estrarre rapidamente i dati ed è molto utile per alleggerire anche il lavoro di back
office di organizzazione delle attività. Da quest’anno, nell’ambito del progetto di “dematerializzazione”
dei documenti, il personale potrà accedere con propria matricola e password al database e verificare
personalmente la formazione che ha fatto.
Negli anni è stata costruita una rete robusta di referenti della formazione, che hanno sostenuto più di
un processo formativo completo e che svolgono le fondamentali funzioni di raccordo, con i direttori e
dirigenti, e di lettura dei bisogni formativi. Anche loro possono accedere al software gestionale, per
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iscrivere i dipendenti ai corsi e verificarne la formazione fatta, per fornire ai dirigenti le informazioni
necessarie.
Da quest’anno abbiamo fatto uno sforzo molto grande per dotarci di un Albo di docenti interni, cioè
abbiamo cercato di sistematizzare quello che avveniva già da anni, l’utilizzo di risorse tecniche interne
specialistiche. Abbiamo creato un albo in base ai curricula dei dipendenti che ne hanno fatto richiesta
e, con l’aiuto dell’Università di Ca’ Foscari di Venezia, sono state valutate le competenze ed assegnati i
punteggi.
Ora ci accingiamo ad erogare a tutti loro, senior e junior, una formazione sulla tenuta dell’aula. È
prerogativa assoluta del Servizio formazione definire che anche i docenti interni debbano sapere come
comportarsi in aula e siano consapevoli che esiste un sistema di valutazione, della formazione erogata,
che valuta anche il docente. È importante che conoscano l’utilizzo di strumenti, quali le schede di
osservazione, le schede che raccolgono le osservazioni del docente, i questionari di gradimento che
contengono valutazioni dei corsisti rispetto al docente; che quindi si rendano conto di far parte di un
sistema più complesso sulla qualità della formazione, al quale vengono chiamati a contribuire.
Un’altra novità è che da quest’anno il Nucleo di Valutazione dei dirigenti ha posto l‘attività di
formazione erogata all’interno dell’Ente, da parte dei dirigenti e a favore dei dipendenti, come una
delle performances attese, delle quali il Nucleo terrà conto. Se i dirigenti offriranno la loro disponibilità
ad erogare della formazione, questa rappresenterà uno degli indicatori su cui verranno valutati. Preciso,
a spiegazione di tale decisione, che l’attività di docenza della dirigenza non viene retribuita, mentre è
retribuita quella del personale non dirigente.
Il Comune di Venezia sta investendo moltissimo sul web 2.0, cioè su quella modalità assolutamente
interattiva che permette al cittadino di raggiungere il suo Ente in maniera immediata e con una grande
trasparenza. Non più una trasparenza come slogan, obbligata dalle norme, ma una trasparenza di fatto.
Alcuni dei sistemi su cui stiamo lavorando, ognuno con il proprio ruolo, in tutto l’Ente, sono:
„
I.R.I.S. (Internet Reporting Information System) è una georeferenziazione di tutto il territorio
comunale, attraverso la quale il cittadino può segnalare un problema del proprio territorio: una
buca sull’asfalto, dei rifiuti dimenticati in un angolo. Nel back office viene smistata la domanda
giunta on line e indirizzata ai vari e diversi attori che possono intervenire, da chi gestisce il verde
o l’asporto rifiuti ai tecnici dei Lavori Pubblici che devono provvedere alla riparazione della buca
sull’asfalto. Tutto resta visibile on line, ogni cittadino può osservare le segnalazioni che sono
state fatte, comprese data e ora dei messaggi e nominativo dei cittadini che vogliano identificarsi.
La procedura di segnalazione del disservizio viene aperta e resterà visibile sino al momento in cui
il Comune, risolto il problema esporrà l’avviso: “È stato risolto il problema”. In questo modo
chiunque potrà verificare i tempi e la correttezza dell’intervento. Tutto ciò costituisce un atto di
grande trasparenza senza alcuna intermediazione, senza particolari favoritismi e cortesie.
„
B.A.R.I.S (Boat Areas Research Information System) è un altro di questi sistemi. È molto
particolare perché tratta della distribuzione degli spazi acquei, equivalenti per voi ai parcheggi
sotto casa, per i quali i cittadini pagano con le loro tasche dei bei soldini all’Amministrazione, per
poter ormeggiare le loro barche, sia per ragioni da diporto e personali, che commerciali.
L’occupazione degli spazi acquei lungo le rive dei canali è sempre stata una fonte di enorme
contenzioso. Negli ultimi anni è stato concluso un lavoro di georeferenziazione, veramente
pag. 27
faticoso, che ha portato a realizzare un’ulteriore operazione di trasparenza grazie alla quale non ci
sono recriminazioni per presunti favoritismi. Anche in questo caso si tratta di operazioni molto
rilevanti e visibili ai cittadini.
Cosa facciamo noi della Formazione a supporto di questi processi così innovativi? Facciamo un lavoro
di affiancamento e di sostegno delle persone per aiutare a superare molte barriere, in parte
generazionali.
Sta entrando in questi anni nei nostri enti la generazione dei così detti “nativi digitali”, di coloro che
sono nati con Internet, che chattano, che usano Messenger, che ci fregano con il computer da tutti i
punti di vista. Con il loro aiuto vorremmo portare avanti un accompagnamento anche generazionale,
ma non solo, alle nuove forme di comunicazione con il web. Perché questi nativi digitali entrano al
lavoro nell’organizzazione senza disporre di orientamento al cittadino e di conoscenza della mission
della Pubblica amministrazione, hanno piuttosto un orientamento alla chat coi loro amici, con i loro
gruppi di discussione e quindi li vorremmo portare da un utilizzo di Internet a tutto campo, ad un
utilizzo del web 2.0 all’interno dell’azienda, allo scopo di essere orientati al servizio verso il cittadino.
Da qualche anno abbiamo promosso, con grande fatica, due comunità di pratica professionali.
Una community con uno sguardo più all’interno, che raccorda gli operatori dei Servizi affari
istituzionali delle diverse municipalità, per una uniformazione delle procedure, delle pratiche e
modulistiche e una community con un respiro più ampio, perché rivolta al welfare cittadino, che
attualmente si sta aprendo, con un progetto sostenuto dalla Conferenza dei Sindaci, per diventare un
luogo di repository di documenti, di forum di discussione e di formazione per i Piani di zona e per
l’assistenza domiciliare ai cittadini anziani e la residenzialità. Stanno quindi accedendo a questa nostra
community non solo i nostri operatori, ma anche gli operatori dell’Asl e quelli del terzo settore, del
privato sociale.
È stato avviato con l’Università di Padova un corso che potete anche trovare nel sito dell’Università
stessa all’indirizzo http://www.educazione.unipd.it/perfezionamento/social_software/
Si tratta di un corso di perfezionamento sul web 2.0 e la didattica, giunto al secondo anno e che
riunisce un bellissimo target di persone, provenienti dal mondo della Pubblica amministrazione e da
quello della scuola, al quale quest’anno, su impulso del Servizio formazione, ci siamo iscritti in 15.
Il gruppo comprende molti colleghi che in questo momento fanno da interfaccia con le innovazioni del
web 2.0: l’ufficio Stampa, i colleghi della Comunicazione, quelli che gestiscono il sito web, ma anche
quelli che si occupano di georeferenziazione nelle municipalità, con l’obiettivo di costruire non solo
una formazione comune all’uso di questi strumenti, ma anche una formazione culturale comune, cioè
condividere strumenti innovativi come questi con la chiarezza strategica dell’utilità per un Ente locale.
Che cosa ci accomuna oggi in questa sede, qui alla Provincia di Milano?
Mi pare che ci accomunino gli sforzi di andare in una certa direzione, gli strumenti, le strategie, i
risultati che vanno in una direzione coerente. Ernesto Vidotto parlava precedentemente “dell’invidia
positiva”, che è un bellissimo sentimento, una specie di altra faccia del benchmarking, con una
risonanza interiore. Si riparte da queste occasioni di incontro con la voglia di fare ancora di più, di
recuperare aspetti magari trascurati nella propria attività. Ci stiamo spingendo su queste nuove
frontiere, molto diverse dalla pur recente esperienza dell’e-learning, molto più interattive. Ci
accorgiamo che anche nella formazione si riescono ad usare di più strumenti di confronto, di coprogettazione, di scrittura condivisa.
pag. 28
Ci troviamo a fare i conti con i problemi della sicurezza informatica, di accesso alle reti. Sono
questioni che in un mondo così veloce in pochi mesi probabilmente verranno superate, qui il
cambiamento è rapido e la promozione ed il sostegno all’e-government è un processo in cui la
formazione non può che stare a pieno titolo.
Ringrazio ancora la Provincia di Milano per l’occasione di confronto che ci ha dato.
Giancarlo Dardano
Direttore Settore organizzazione e formazione – Provincia di Milano
In che modo si sia costituito e consolidato alla Provincia di Milano un servizio dedicato alla
formazione, l’ha già delineato molto bene Cecilia Scaldalai nel suo intervento. Io ripartirei da qui, per
sottolineare alcuni concetti ed indirizzi di carattere generale, per dare poi brevemente conto di alcune
iniziative che abbiamo realizzato nell’ultimo biennio e che di quegli indirizzi sono l’espressione.
Dotarsi di una struttura dedicata, con professionalità specifiche e strumenti operativi ed organizzativi
idonei, è evidentemente fondamentale, ma altrettanto importante ritengo sia avere indirizzi ed obiettivi
di fondo, in base ai quali orientare l’insieme dell’attività.
Prima di entrare nel merito, vorrei ricordare alcuni dati di sintesi, utili a meglio inquadrare l’attività di
formazione di cui stiamo parlando.
Il nostro Piano, aggiornato annualmente e quindi in continua evoluzione, anche se in un solco di
continuità, è articolato in 3 macroaree: competenze trasversali (comunicazione e relazione
interpersonali, scrittura e linguaggio, informatica di base), competenze tecnico-specialistiche e un’area
che chiamiamo formazione a supporto del cambiamento organizzativo e di progetti strategici.
La distribuzione del Piano su queste aree, in termini di ore/uomo, è: 45% sulle competenze trasversali,
40% su quelle tecnico-specialistiche e 15% sulla formazione a supporto del cambiamento e dei progetti
strategici. Per quanto riguarda il dato relativo ai volumi annui, richiamo queste cifre: circa 100
iniziative formative (dai corsi più complessi e articolati, che coinvolgono un cospicuo numero di
dipendenti, a iniziative di partecipazione individuale, o di piccoli gruppi, ai corsi “a catalogo”); 3.500
ore d’aula e dalle 35.000 alle 40.000 ore/uomo; 15-16 ore pro capite e 50-60% del personale coinvolto.
Dicevo prima: “indirizzi ed obiettivi strategici”.
Come indirizzo strategico, individuerei quello di coniugare le esigenze dell’organizzazione con
quelle delle persone.
Definire, proporre e realizzare una formazione che serve all’organizzazione è il nostro primo,
fondamentale compito; una formazione che sia funzionale agli obiettivi di lavoro delle varie strutture
organizzative dell’Ente. Questo obiettivo, questa priorità, che è, come dire, ovvia, nella pratica talvolta
si perde, sbiadisce. È importante quindi richiamarla e ribadirla sempre, sia a noi stessi, sia ai nostri
interlocutori, che sono i committenti e gli utenti della formazione. D’altra parte, ci si deve anche
preoccupare di non cadere nell’eccesso opposto, di non sottovalutare cioè, quella che è l’esigenza di
sviluppo professionale delle persone. Formulare il principio di un equilibrio tra queste due esigenze è
facile; realizzarlo nella pratica lo è molto meno.
Potremmo anche riformulare questo slogan in “coniugare, equilibrare le esigenze dell’organizzazione
nel breve periodo, con quelle dell’organizzazione stessa in un periodo più lungo”.
pag. 29
La formazione infatti, se va al di là del semplice addestramento, rappresenta comunque un
investimento e, come è connaturato al concetto di investimento, implica capacità di previsione e
comporta un margine di rischio: l’investimento formativo cioè, si rivela tanto più rischioso quanto più
bassa è la capacità di previsione e di pianificazione dell’organizzazione; e viceversa.
A partire da queste considerazioni, individuiamo due macro-obiettivi di miglioramento, consistenti nel
”regolare la domanda di formazione” e “migliorare l’efficacia della formazione”.
Regolare la domanda di formazione significa, innanzitutto, contenerne il volume. Abbiamo visto
che, annualmente, noi eroghiamo circa 40.000 ore all’anno di formazione/uomo, ma 4-5 anni fa
eravamo su livelli anche superiori, circa 50.000 ore. Abbiamo quindi registrato una riduzione del 20%
circa, dovuta non tanto a un problema di budget, almeno finora, ma soprattutto ad una scelta. Una
riduzione quantitativa che non riteniamo un dato negativo, perché non è la quantità della formazione
che dà valore all’attività, ma piuttosto la sua qualità e la capacità di produrre risultati. Abbiamo quindi
contenuto il volume delle attività formative, anche stabilendo, nella stesura del piano, sia pure con una
certa elasticità, dei limiti annui al numero di corsi per persona o al numero di ore/uomo per Direzione.
Un altro aspetto importante è quello della diffusione: normalmente, registriamo un 50-60% di persone
coinvolte ogni anno nella formazione; naturalmente, negli anni, le persone non sono le stesse, ma
sappiamo che vi sono delle aree, individuabili per categoria professionale e per settore, che tendono a
restare ai margini della formazione; uno sforzo per coinvolgere anche queste aree è doveroso.
Mi rendo conto che questa esposizione ha un carattere piuttosto schematico e anche un po’ didascalico,
ma spero che la giustificherete, dati i tempi molto ristretti.
L’altro macro-obiettivo è quello di migliorare l’efficacia della formazione, tramite una serie di
azioni, strumenti e progetti, che riassumo in questo modo:
„
„
„
„
orientare e selezionare la domanda: mi ricollego qui al discorso sul contenimento dei volumi, ma
soprattutto allo sforzo di indirizzare meglio le richieste di formazione. Poco fa parlavo
dell’obiettivo di coniugare le ragioni dell’Ente con quelle delle persone, evitando di eccedere in un
senso o in un altro. Ma esiste anche una terza eventualità, diciamo così “diabolica”, quella di una
formazione che serve poco sia all’Ente che alle persone, come a volte risulta dalle richieste che ci
arrivano. E’ questo il senso dell’espressione “setacciare le richieste di partecipazione”, che vedete
nella slide;
sviluppare la progettazione personalizzata degli interventi formativi;
ricorrere alla coprogettazione, coinvolgendo direttamente committenti e destinatari;
utilizzare metodologie di apprendimento diversificate (project work, consulenza d’aula, ecc.).
E ancora:
„ legare la formazione a percorsi guidati;
„ intervenire con la formazione a sostegno del cambiamento organizzativo, nell’ambito di progetti e
obiettivi specifici.
Tutti questi principi, obiettivi, azioni, possono apparire abbastanza scontati per gli addetti ai lavori, ma
credo che proprio gli addetti ai lavori sappiano bene come, passare dai propositi alla loro realizzazione
pratica, sia tutt’altro che semplice ed è proprio su questo che si misura, giorno per giorno, la capacità di
incidere e produrre risultati significativi. E una delle condizioni fondamentali, per realizzare questi
obiettivi, è senz’altro il coinvolgimento e la responsabilizzazione dei dirigenti e dei capi intermedi.
Questa “condizione di successo” è un aspetto fondamentale che voglio sottolineare.
pag. 30
Passerei quindi a ricordare alcune iniziative recenti, che illustrano e sono espressione degli indirizzi
prima indicati.
1. Nell’ultimo biennio abbiamo sviluppato un progetto di formazione in ingresso per il personale
stabilizzato in ruolo. Anche in passato abbiamo organizzato iniziative destinate ai neoassunti, ma
non con un approccio così sistematico. I destinatari di questa iniziativa sono stati 350 dipendenti
che la Provincia di Milano ha stabilizzato nel corso dell’anno 2007, utilizzando le norme della
legge Finanziaria. L’obiettivo era quello di fornire ad ogni dipendente le competenze di base
richieste dal profilo di appartenenza, in un’ottica di flessibilità operativa.
Per ciascun profilo professionale, è stata realizzata una mappatura delle competenze richieste, e su
questa base sono stati formulati degli specifici percorsi formativi, cioè sono stati definiti una serie
di corsi, a cui avrebbero dovuto partecipare i neoassunti con quel determinato profilo.
Per darvi un’idea più concreta, vedete proiettati i profili coinvolti nel processo di stabilizzazione: in
relazione a questi profili sono state individuate delle macroaree formative e, per ciascuna di queste,
alcuni corsi; quindi, nell’area amministrativa: diritto amministrativo (incentrato sugli enti locali),
bilancio e contabilità base, procedimento amministrativo e acquisizione di beni e servizi, ecc.
Successivamente, per ciascun dipendente, si è promosso un bilancio di competenze, un’analisi del
gap rispetto alle competenze attese dal profilo.
Trattandosi di personale che era stato stabilizzato e che lavorava già da tempo in Provincia, buona
parte di questo personale aveva già seguito una serie di corsi. Pertanto, definite le competenze e
quindi i corsi che si ritenevano necessari, per sottrazione, eliminando i corsi già frequentati, si è
arrivati a definire il percorso di completamento formativo.
Quest’analisi preliminare, condotta a “tavolino”, è stata inserita in una scheda individuale di analisi
del gap (messa a disposizione on line), che ha consentito, attraverso colloqui individuali capocollaboratore, una verifica personalizzata.
Riassumendo: dal bilancio delle competenze, all’analisi del gap, attraverso colloqui individuali
capo-collaboratore, col supporto metodologico del Servizio formazione e con l’ausilio di una
scheda individuale “pre-compilata”. Il risultato è stata la definizione di piani di formazione
individuali, condivisi da dirigente e dipendente, finalizzati prioritariamente al completamento delle
competenze di base e articolati su un periodo di circa 2 anni.
I percorsi formativi proposti dal Servizio formazione - percorsi guidati ma non rigidi - sono stati
confermati per il 70% dalle varie direzioni, mentre per il 30% sono stati modificati e integrati.
Infine, ultimo risultato, indiretto, di questo progetto è stata la messa a punto di un modello di
ricognizione delle competenze, utilizzabile più in generale.
2. Un’altra iniziativa di formazione che voglio ricordare riguarda la gestione delle risorse umane e,
più precisamente, la valutazione delle prestazioni lavorative.
Sono stati coinvolti 126 responsabili di servizio (posizioni organizzative o, in qualche caso, titolari
di ufficio), considerati quali valutatori intermedi, con l’obiettivo di migliorare l’applicazione del
nuovo sistema di valutazione.
Non è possibile in questa sede entrare nel tema della valutazione. Dico quindi, semplicemente, che
parliamo della valutazione delle prestazioni lavorative del personale dipendente, esclusi dirigenti e
titolari di posizione organizzativa.
Fino al 2006, avevamo un sistema che portava a un forte appiattimento, sia nelle valutazioni che
nell’erogazione dell’incentivo di produttività, collegato alla valutazione delle prestazioni.
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Il nuovo sistema puntava ad incoraggiare una maggiore e più trasparente assunzione di
responsabilità, da parte dei dirigenti e dei capi intermedi, e anche una diversificazione del
compenso, magari modesta in termini quantitativi, ma simbolicamente significativa. Il meccanismo
fondamentale che abbiamo utilizzato è quello dei budget di direzione, che rende il dirigente
direttamente responsabile delle scelte, anche rispetto ai compensi che vengono erogati.
Per sostenere l’introduzione del nuovo sistema di valutazione, abbiamo svolto una formazione
specifica, nel primo anno per i dirigenti e l’anno successivo, specificamente, per il livello
intermedio delle posizioni organizzative, attraverso 3 incontri d’aula (proposti in 8 edizioni).
I temi affrontati sono quelli classici della valutazione, legando però le problematiche generali a
quelle specifiche, cioè all’adozione del nuovo sistema, con una nuova scheda di valutazione e
nuovi meccanismi.
Abbiamo anche sperimentato, su richiesta dei responsabili di servizio e d’accordo coi relativi
dirigenti, il metodo della consulenza d’aula. Sono stati costituiti alcuni gruppi, assistiti da un
esperto, che hanno approfondito temi come la raccolta degli elementi utili per la valutazione,
l’osservazione della prestazione lavorativa e la personalizzazione della scheda di valutazione.
3. Un’altra iniziativa è stata sviluppata, nel biennio 2007-2008, su specifica richiesta della Direzione
interessata, a sostegno del progetto di costituzione delle Agenzie per la formazione e il lavoro,
in cui la Provincia di Milano ha fatto confluire i Centri di formazione professionale, trasferiti dalla
Regione, e i Centri per l’impiego, trasferiti dallo Stato.
Sono stati coinvolti i 13 responsabili e i 94 operatori dei Centri per l’impiego. L’obiettivo era
facilitare la trasformazione di queste strutture (gli ex uffici di collocamento), che portavano con sé
un certo tipo di storia e di cultura, in strutture di servizio al mercato del lavoro, orientate ai risultati
e alla qualità.
A tal fine, abbiamo compiuto una serie di interventi, nell’arco di due anni. Prima, per tutti i
soggetti, sulle competenze tecniche e relazionali. In seguito, per i singoli operatori, un’attività di
counseling (a richiesta) e una serie di project work, che hanno prodotto progetti di cambiamento
organizzativo delle strutture e della loro organizzazione lavorativa. Infine un corso sulle tecniche di
preselezione, per operatori, e un corso per responsabili e referenti.
4. Ultimo esempio del nostro sforzo di legare la formazione all’organizzazione e al cambiamento
organizzativo è un progetto per la riorganizzazione di due direzioni centrali fondamentali
dell’Ente: Trasporti e viabilità, Istruzione ed edilizia scolastica, con il coinvolgimento di tutti i
dirigenti e delle posizioni organizzative e con l’obiettivo di accompagnarne il processo di
trasformazione organizzativa.
Abbiamo programmato diverse iniziative ad hoc. Siamo partiti con un talk show, una specie di
intervista, che un conduttore della società incaricata ha effettuato ai direttori centrali, con la
partecipazione del Direttore generale e dell’Assessore al personale.
L’idea era quella di coinvolgere nell’iniziativa formativa anche i vertici dell’Ente e delle due
direzioni. In questa forma “spettacolare”, si sono individuate le criticità e le aree di intervento. A
seguire, è stata organizzata una formazione d’aula per le posizioni organizzative, con vari moduli;
sono stati definiti dai dirigenti e dalle stesse P.O. i temi per i lavori di gruppo, che hanno prodotto
una serie di output relativi alle singole realtà lavorative, con l’intento di “agire” concretamente il
cambiamento.
Ecco, questo è un po’ quello che abbiamo fatto ultimamente; gli orientamenti a cui ci siamo ispirati e a
cui intendiamo ispirarci nel prossimo futuro.
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La formazione che evolve
Pier Sergio Caltabiano
Presidente nazionale AIF
Mi preme intanto sottolineare che non siete soli a soffrire per le carenze di finanziamenti: in Italia gli
investimenti in formazione nelle aziende private non vantano una spettacolarizzazione particolare, in
quanto siamo terz’ultimi in Europa per quello che concerne gli investimenti di tutte le aziende private.
Dopo di noi ci sono solamente la Grecia e il Portogallo.
Nel 2004 eravamo sest’ultimi e avevamo un investimento sistematico del 24% nelle aziende con più di
9 dipendenti, oggi siamo terz’ultimi con un investimento del 32% nelle aziende con più di 9 dipendenti.
Sono aumentate le aziende che investono sistematicamente in formazione, ma regrediamo perché gli
altri crescono sempre di più.
Il quadro generale è un quadro di una cultura non orientata agli investimenti in formazione nel
nostro paese, e non è un problema solo della Pubblica amministrazione. Ritengo quindi che occorra
innanzitutto una scossa forte a livello culturale nel nostro paese, per far sì che si cominci a sottolineare
come questo stato di cose non possa più andare avanti.
Certo, ci sono poi varie tendenze che si sviluppano in modo autonomo, come diceva prima Gianni
Agnesa. Ci sono delle regioni, delle province, dei comuni che investono in formazione, che elaborano
piani - e a questo riguardo ringrazio la Provincia di Milano, che ha dimostrato forte sensibilità al tema
della formazione nell’ambito della Pubblica amministrazione - così come ci sono imprese private che
investono in modo sistematico in formazione, prevalentemente collegate a grandi gruppi
multinazionali. Se pensiamo a quello che avviene in Francia, in Germania e in Gran Bretagna, dove ci
sono 4 volte gli investimenti in formazione rispetto all’Italia, per non parlare poi del Nord Europa,
della Scandinavia e del Nord America.
In questo scenario, noi dobbiamo creare delle scosse. Intanto AIF pubblicherà a brevissimo un
manifesto dello sviluppo della formazione in Italia, che sarà un atto di richiamo e di attenzione
proattivo a tutte le amministrazioni pubbliche e private, a tutte le governance pubbliche e private, a
tutti i formatori italiani, per sviluppare una formazione che nel nostro paese non c’è, tenendo presente
che la qualità riconosciuta anche dai nostri colleghi stranieri è, nei nostri confronti, alta. I formatori
italiani hanno un buon livello di riconoscimento purtroppo, però, non vedono un sistema, una cultura,
un paese, uno scenario, un macroambiente, che possa far emergere queste risorse e ricchezze, quindi
dobbiamo insistere su questa problematica.
Lo scenario futuro sarà caratterizzato da persone orientate al futuro. Nell’ambito anche del
riconoscimento “junghiano” dei metaprogrammi che ci caratterizzano come parte soft del nostro
carattere, ci sono persone che sono orientate più al passato, persone orientate più al carpe diem, al
presente, e persone orientate al futuro.
Ora, dobbiamo avere persone che a livello della governance pubblica e privata, nei vari ambiti di
responsabilità, comincino a pensare in un’ottica orientata al futuro, non a quello che succederà al
prossimo sondaggio, alla prossima elezione amministrativa o europea, bensì, come si è autorevolmente
detto, orientando il nostro lavoro a come vivranno le future generazioni.
I leader si riconoscono da questo, rispetto ai capi: i capi pensano alla prossima scadenza, al prossimo
bilancio, alla prossima elezione, i leader pensano alla prossima generazione, e noi dobbiamo lavorare
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in un’ottica di futuro, tenendo appunto presente quelle che sono le criticità che oggi ci
contraddistinguono, che vado ora a sottolineare.
Nel mondo pubblico abbiamo innanzitutto criticità legate ai principi. Se le organizzazioni devono
essere eticamente orientate, e abbiamo visto quello che è successo a livello di sistemi economicofinanziari, le istituzioni pubbliche, che rappresentano tutti i cittadini, devono avere questa eticità dentro
il loro DNA, in modo ancora più sottolineato e forte. Tutto ciò che è corruzione, concussione, tutto ciò
che rappresenta il diritto penale applicato alla Pubblica amministrazione ha nella percezione della
pubblica cittadinanza una divergenza molto più accentuata, perché alla fine quello che viene a essere
rappresentato come pubblico dipendente è la rappresentanza civile e sociale di quella che è la propria
manifestazione di cittadinanza da parte del singolo cittadino e del singolo personaggio e individuo che
vive nella società civile. Di questa responsabilità devono farsi carico in modo ancora superiore tutti
coloro che operano all’interno della Pubblica amministrazione. Non c’è un’etica di serie A e una di
serie B; è la percezione dell’etica, del senso di responsabilità, che vede una diversa considerazione.
Un secondo aspetto legato ai principi sono tutti i valori che dentro un’organizzazione devono valere;
quindi la visione, la missione. I valori dovrebbero essere presenti e forti in ogni comune, in ogni
provincia, in ogni regione del nostro paese, cosa che, come abbiamo visto prima, assolutamente così
non è; allora dobbiamo lavorare perché questo tipo di crescita valoriale venga a essere considerata e
sottolineata.
Vi è un aspetto poi legato ai processi; se ne è parlato in questa mattinata, una mattinata ricca di
esperienze, di progettualità, di riferimenti e anche di benchmarking in un ambito di pubbliche
amministrazioni che hanno nei valori un chiaro riferimento. Ora, i processi vanno da una parte snelliti,
legati più a un riferimento che possa vedere il cittadino come primaria figura centrale nel processo di
evoluzione del paese, ma appunto per questo vanno assolutamente considerati nei loro aspetti
qualitativi e vanno assolutamente migliorati sotto la loro efficienza ed efficacia. È una domanda che
viene dal paese. Allora dobbiamo farci carico di persone che operino per lo sviluppo degli
apprendimenti, per lo sviluppo dei processi all’interno delle organizzazioni, oltre ad acquisire e
sviluppare sempre di più un senso di responsabilità che nelle amministrazioni pubbliche è presente, ma
va sviluppato in modo molto più trasversale di quanto fino a oggi sia stato percepito.
Un ulteriore aspetto è quello del prodotto-servizio, che è l’output generato nei confronti del cittadino.
Nel nostro paese c’è un orientamento forte alla lamentela, a sostenere che c’è sempre comunque
qualcuno che opera meglio di noi. Vi sono infatti amministrazioni che hanno migliorato moltissimo il
loro output generato, altre purtroppo sono indietro, quindi vanno coinvolte, come AIF cerca di fare
nell’ambito delle best performances e delle best practices nell’ambito della formazione. Una
formazione che vede grandi attori nazionali e piccole amministrazioni che cominciano ad avvicinarsi,
studiando esempi che possono rappresentare un traino per le loro attività.
Infine, un elemento centrale è rappresentato dalle persone, figure centrali nell’ambito delle
pubbliche amministrazioni.
La persona non più come risorsa umana, un elemento quasi materiale della performance organizzativa, ma una
persona che ha valori, convinzioni, credenze, sistemi di capacità, di conoscenze e tratti soggettivi che la
distinguono dalle altre.
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Lo sottolineiamo nelle attività formative, ma manca nella percezione interna ed esterna, almeno per
quello che è la mia impressione. Rispetto agli investimenti veri e propri, anzi, il dipendente pubblico
viene ad essere individuato come un punto di riferimento di responsabilizzazione del processo civile
nella nostra intera società italiana, una figura che spesso rappresenta una forma di furto di lavoro, di
performance, di retribuzione e via discorrendo. Questa è un’immagine deleteria, che va combattuta
anzitutto all’interno della Pubblica amministrazione, per fare pulizia e portare all’esterno un risultato
positivo, per modificare quello stato di conflittualità sociale che si verifica nel nostro paese tra privato
e pubblico. Dobbiamo entrare in un’ottica di interazione fra questi due mondi, facendoli dialogare in
un’ottica proattiva e non andando a sottolineare una conflittualità che non fa bene a nessuno.
Occorre quel senso di responsabilità che a volte nella Pubblica amministrazione è mancato da parte dei
dirigenti che dovevano controllare e non hanno controllato, è mancato da parte di alcune persone, senza
generalizzare (la generalizzazione è uno dei difetti maggiori che esiste nella governance politica
italiana), che hanno determinato una percezione negativa nell’ambito di tutto il sistema della Pubblica
amministrazione in tutto il paese.
La modalità principale per valorizzare una persona è la formazione. Prima si diceva invece come
gli investimenti in formazione negli altri paesi aumentano e in alcuni casi vengono raddoppiati, nel
nostro paese vengono diminuiti. Sarebbe come se, in un periodo di crisi, una famiglia per prima cosa
tagliasse le risorse ai propri figli per andare a scuola allo scopo di ridurre i costi: significherebbe
tagliare le gambe alla crescita.
Una competitività del sistema-paese può avvenire soltanto nell’ambito dell’innovazione, degli investimenti sulle
persone e le organizzazioni.
In Italia, sia a livello di pubblico che di privato, facciamo esattamente il contrario. Se siamo terz’ultimi
in Europa per la formazione, siamo ampiamente l’ultimo paese di tutto il mondo industrializzato.
Questo è un problema di cultura, che dobbiamo cominciare a denunciare in tutti gli ambiti e fra tutti
coloro che ci credono, una denuncia proattiva, senza colore politico, che riguarda un costume
nazionale.
Come dovrà esser quindi la formazione?
La nostra formazione dovrà essere desiderabile. Le persone dovranno avere il piacere di andare in
formazione. Vi sono scarsi investimenti e ancora oggi nelle organizzazioni pubbliche e private le
persone, quando devono andare in formazione, non hanno entusiasmo. Dobbiamo aumentare il tasso di
felicità all’intraprendere un percorso formativo, tramite le metodologie, i contenuti, la professionalità
del corpo docente e di coloro che insistono nel mondo del progetto formativo, con gli aspetti, i contesti,
le configurazioni, gli investimenti. Tutto ciò può sviluppare anche un senso virtuoso di applicazione a
una modalità diversa del fare e dell’essere agenti di sviluppo nel nostro paese, soprattutto a livello di
Pubblica amministrazione.
La formazione dovrà essere generativa, generare nuovi apprendimenti, conoscenze, dare maggiori
possibilità, creare empowerment, potere personale nelle singole persone. Tale formazione deve poter
contare su una spinta istintuale e motivazionale da parte dei dirigenti delle amministrazioni pubbliche
verso questo tipo di orientamento.
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E ancora, la formazione dovrà essere responsabile. Non possiamo misurare sempre il ROI della
formazione, il ritorno sugli investimenti, ma dobbiamo sviluppare una cultura che sia orientata a
maturare un’attenzione al ritorno sugli investimenti. Dobbiamo sottolineare noi per primi che questo
nella formazione italiana non viene fatto, perché ci sono attori che nell’ambito della loro formazione,
prevalentemente da “formatori”, fanno la loro performance, divertono, si divertono e poi salutano. Non
si vanno a vedere le ricadute che la formazione ha generato.
Dobbiamo sottolineare la necessità di misurare il più possibile i risultati della formazione, ciò che a
volte le stesse aziende committenti non vogliono, perché valutare la formazione costa troppo. Si
capirebbe finalmente qual è il valore aggiunto che la formazione genera.
Negli altri paesi non ce n’è bisogno, perché sono assolutamente consapevoli che la formazione serve.
Nel nostro paese, per rompere questo paradigma di assoluta involuzione, dobbiamo creare la
consapevolezza dei risultati che la formazione agisce.
Occorre soprattutto il senso di responsabilità, ce l’hanno insegnato da Sant’Agostino a Emmanuel
Kant, da Max Weber a Hans Jonas e Emmanuel Lévinas, tutti filosofi che sottolineano il fatto che i
generatori di valore, come mi piace definire i formatori, devono farsi carico responsabilmente dei
risultati che generano. Il futuro è fatto anche di responsabilità, Obama ha impostato il suo primo
discorso da presidente sulla responsabilità. AIF ha organizzato nel 2007 un convegno a Napoli sulle
“formazioni responsabili”, per cui sotto questo aspetto abbiamo lanciato a Obama l’input per il suo
discorso inaugurale (d’altronde i formatori sono anticipatori di conoscenze).
Dobbiamo lavorare anche in un’ottica di riflessività, di attenzione agli aspetti esterni, e di flessibilità:
dobbiamo essere più flessibili generativamente parlando, aumentare il cambiamento anche nella
Pubblica amministrazione nella comprensione dei cambiamenti legati a comportamenti da anni
perpetuati e che vanno modificati perché questo serve al sistema-paese. Non solo nelle Pubbliche
amministrazioni, anche nelle imprese italiane, dalle piccole alle grandi, molti comportamenti vanno
modificati, in particolare la consapevolezza al cambiamento, che in Italia è troppo lontana rispetto alle
modificazioni che si producono negli scenari macro e microeconomici. La rigidità non paga, chi è più
rigido di fronte alle burrasche ai terremoti e agli uragani cede di colpo, mentre chi è più flessibile si
adegua in modo generativo agli scenari che cambiano.
Le persone che accedono alla formazione hanno bisogno di alcuni punti di riferimento, come
competenza e disponibilità.
Competenza è quell’insieme di conoscenze, capacità, atteggiamenti, tratti, valori, motivazioni,
credenze che caratterizzano la persona in un modo eticamente combinato, dove l’etica è al centro della
competenza. Le persone che sono competenti in modo antietico nelle organizzazioni sviluppate non
portano del bene. Dobbiamo entrare in un’ottica di eticità e di anticipazione combinatoria, come dice
anche Guy Le Boterf, che mi piace richiamare. Dobbiamo combinare gli elementi che ci caratterizzano,
in un’ottica focalizzata allo sviluppo delle organizzazioni macro e micro, comprese le nostre famiglie, i
nostri set di amicizie, i sistemi in cui lavoriamo.
Competenza e disponibilità, perché una competenza riservata, intima e repressa non serve agli altri e al
sistema, al massimo a noi stessi. Occorre quindi disponibilità, l’atto di donare la competenza in un’ottica
organizzativa. Tutto questo porta alla professionalità, l’unione fra competenza e disponibilità. Chi si può
considerare un professionista nell’ambito del suo compito organizzativo lo è in quanto disponibile e
competente.
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Un quarto elemento che voglio sottolineare è quello della reliability, l’affidabilità. Di persone
competenti nell’ambito delle organizzazioni ce ne facciamo abbastanza poco se non sono poi affidabili.
I grandi talenti, così definiti dalle scuole di management, hanno la loro importanza, ma quello che mi
piace ripetere e che ho ripetuto recentemente in un convegno di direttori del personale, è l’inutilità di
un talento che dopo un anno e mezzo prende e ci saluta con tutto il know-how che gli abbiamo
trasferito. Il talento ha un riferimento e un sostegno all’interno dell’organizzazione di appartenenza, ma
deve da parte sua “dare” all’organizzazione di appartenenza.
Non deve mancare la riflessività: riflettere sul nostro futuro, considerando in modo critico la nostra
esperienza passata. La riflessività è un modo per poter vedere le cose da una posizione percettiva
diversa; ci sono persone che vivono sempre nella loro associazione, valutano le esperienze sempre dal
proprio punto di vista, non si mettono mai nel punto di vista dell’altro.
Un formatore sa bene che il suo must è quello di mettersi nella posizione percettiva dell’altro, di tutti
coloro che sono in una posizione di ascolto, di attenzione, di cambiamento. La riflessività è una dote
che è possibile migliorare, dobbiamo sviluppare nelle organizzazioni pubbliche e private l’attenzione a
essere riflessivi, a cogliere la diversità e a valorizzare le differenze che possono manifestare
potenzialità.
Questa riflessività sta però in noi, dobbiamo vedere per primi noi stessi dall’esterno, cogliere come
possiamo generare sempre di più un’attenzione dall’esterno, dove l’esterno è ricchezza, perché oltre
alla riduzione degli investimenti pubblici nell’ambito della formazione c’è anche l’orientamento,
manifestato da più parti, di impostare la formazione come un processo prevalentemente interno. Dentro
le pubbliche amministrazioni ci possono essere ottime risorse, ma se la Pubblica amministrazione
investisse solo sulla formazione interna, oltre a essere poco riflessiva non sarebbe in grado di crescere,
di sfruttare la crescita potenziale proveniente dall’esterno. Occorre un giusto mix: una valorizzazione
delle risorse interne, ma anche una contaminazione esterna con altri mondi e visioni che intendono la
realtà che ci circonda.
Una maggiore riflessività anche perché, come dice José Saramago
è giusto vedere l’isola dal proprio interno, per i propri boschi, per i propri sentieri, ma l’isola si vede meglio
nella sua interezza allontanandosi con un battello.
Grazie a tutti.
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Team Servizio formazione
Maria Cecilia Scaldalai (Responsabile del Servizio)
Paola Francesca Agugliaro, Marta Anelli, Fabiola Buda,
Silvia Fozzer, Alberto Grilli, Maria Rita Zanini
[email protected]
Trascrizione, revisione testi
Alberto Grilli, Maria Rita Zanini
Impaginazione, editing
Marta Anelli
Milano, marzo 2009
pag. 38
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Atti del convegno - Città metropolitana di Milano