LE DONNE E LA CITTA’
Un documento programmatico per le elezioni 2004
La città è un patrimonio sociale e in quanto tale è una risorsa che deve essere disponibile all’uso di
tutte e tutti.
Con i suoi spazi, i suoi tempi, i suoi servizi e le sue norme d’uso configura uno specifico modello di
socialità.
Ogni Piano programmatico – di norma – si pone un obiettivo di maggiore equità collettiva
attraverso un progetto di vita sociale; fa emergere la complessità delle figure e dei soggetti sociali
che abitano la città con i loro bisogni, desideri e punti di vista, per una cittadinanza dell’uguaglianza
nelle differenze.
Nel caso specifico, il punto di vista delle donne ridefinisce complessivamente la filosofia di fondo
del progetto di città, così come ogni suo singolo aspetto materiale.
Il concetto di cittadinanza e dei diritti connessi è mutato nel tempo e oggi deve fare i conti con un
ruolo diverso della donna nella società e nel mondo del lavoro. Non è così perseguibile un obiettivo
di equità e giustizia, né può realizzarsi un progetto di vita sociale senza riconoscere il valore
essenziale del lavoro di cura svolto dalle donne nella vita quotidiana. Far uscire questo lavoro dalla
pura dimensione familiare e individuale e assumerlo come responsabilità pubblica, rende visibile
l’enorme mole di lavoro nascosto e innominato con il quale le donne permettono la vita materiale,
psichica ed esistenziale di tutte e tutti. Il riconoscimento del valore sociale del lavoro di cura passa
attraverso la richiesta e l’ottenimento di spazi, servizi, aiuti economici che ne garantiscano il pieno
sviluppo.
La città nelle sue parti costruite, come quelle non costruite, è un patrimonio sociale e costituisce un
aspetto di quelle condizioni materiali che possono permettere o meno di attuare progetti di vita
individuali e collettivi. Una città con una buona rete di trasporto pubblico, con case ben costruite e a
costi accessibili per tutti e tutte, con parchi e piazze vivibili, con servizi che rispondano ai bisogni
differenziati delle persone nelle varie età della vita, con spazi pubblici da “abitare” e animare, è una
città dove si vive bene, che si ama, che rimane nel cuore, anche quando si è lontano.
Una città senza luoghi di incontro, come alcuni quartieri della nostra periferia, rende difficile la vita
pubblica, così come è difficile prendere “possesso” della città, sentirla propria, se il traffico
automobilistico la fa da padrone in ogni suo angolo e non permette di viverla con agio.
Va preso atto che, alla crescita economica, non sempre si accompagna la qualità della vita per tutte
e tutti e che, anzi, accanto alla ricchezza di pochi cresce la povertà per tanti. Pertanto deve essere
considerato inalienabile il diritto di ogni persona alla casa e ad una adeguata dotazione di servizi
pubblici (e su questo correntemente adoperarsi).
Così come deve essere incentivato e garantito il diritto alla partecipazione promuovendo solidarietà
e cooperazione tra le persone nel rispetto delle relazioni sociali.
Si deve intervenire per migliorare la vivibilità complessiva. E in questo contesto considerare il
punto di vista delle donne è fondamentale. Le donne sono i soggetti più appesantiti del “carico”
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della città mal pensata: la difficoltà a conciliare tempi e orari, il muoversi nel traffico sempre più
pesante, la mancanza di servizi e luoghi.
Occorre guardare la città e vederne i soggetti reali. Le donne, oggi, sono anche i soggetti a maggior
rischio di povertà, non solo economica, ma anche psichica. E a queste donne, la città deve offrire
accoglienza, cura, luoghi.
La cultura delle donne deve diventare “riferimento” per governare la città.
Dalla necessità di trasformare due uova in un momento di convivialità, un pezzo di legno in una
tavola imbandita, quattro mura in un luogo di vita, le donne ne hanno fatto un’arte (l’arte del buon
governo) che oggi – ritengono – di poter condividere con la città. Questa arte applicata alla città si
traduce in un uso sapiente di ciò che esiste, è il “recupero” di ogni cosa esistente, valorizzando il
patrimonio umano e urbano. Ciò significa occuparsi della politica del quotidiano che non esclude
una grande e nuova progettualità, anzi ne è strettamente collegata.
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IL NOSTRO PROGRAMMA:
LA QUALITÀ DELLA VITA DELLA CITTA’
UNA CITTA’ SOSTENIBILE
In un programma di intervento per ben amministrare la città vanno poste come nodali le
problematiche riguardanti la “qualità della vita”, in una ricerca di armonia nel vivere spazi e tempi
urbani, per rendere Bergamo una città sempre più sostenibile per le cittadine e i cittadini.
Gli spazi di approfondimento si presentano quindi estremamente vasti e complessi, ma altresì
offrono la possibilità di effettuare scelte mirate e condivise.
Nella centralità dell’applicazione delle Disposizioni della Legge n°53 dell’8/3/2000 “Le
disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione
per il coordinamento dei tempi delle città” è essenziale avere un Piano Regolatore dei Tempi e degli
Orari della città. Questo dovrà tener conto di vari aspetti (la mobilità urbana, la sicurezza, la cultura,
la democrazia partecipata...) che si integrano nel piano generale di una città che si anima, che si
organizza, che è aderente alle urgenze del territorio, come luogo primario di conoscenza e di
intervento per rispondere ai bisogni delle cittadine e dei cittadini .
Per UN PIANO REGOLATORE DEI TEMPI E DEGLI ORARI NELLA CITTÀ
Il tempo è una risorsa personale che si spartisce ogni giorno con gli altri: per obbligo o per scelta,
gran parte del tempo dipende anche dall’organizzazione della città, dal traffico, dagli orari degli
sportelli pubblici, dai calendari scolastici, dagli orari di lavoro, dalle distanze dei servizi.
All’origine delle politiche temporali c’è una riflessione delle donne sulla loro vita, riflessione
cominciata attorno al tema del doppio lavoro per la famiglia e per il mercato, che è proseguita fino
ad oggi dando luogo a proposte ed esperienze che mirano a liberare tempo e facilitare il vivere
quotidiano delle cittadine e dei cittadini.
Con l’applicazione della Legge n. 53 dell’8/03/2000, l’Amministrazione Comunale può contribuire
a migliorare l’organizzazione complessiva della città, in particolare l’ottimizzazione dei tempi e
degli orari.
E’ ora necessario:
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•
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attivarsi per l’applicazione della legge tenendo conto di quanto è stato fatto finora, anche in
rapporto alla possibilità di rapporto con una rete regionale di città che hanno già esperienze in
atto;
sostenere il neo-nato “Ufficio dei tempi e orari della città” che progetta e realizza iniziative
sperimentali di connessione tra i tempi di vita e i tempi di lavoro delle cittadine e dei cittadini;
costituire una consulta cittadina degli orari sostenuta da un osservatorio per l’ascolto dei
problemi temporali dei cittadini e degli operatori economici;
istituire tavoli di concertazione per singoli progetti.
Il Consiglio delle Donne, che già nell’attuale legislatura, ha promosso e ottenuto l’istituzione
dell’“Ufficio dei tempi e orari della città”, può essere un interlocutore costruttivo nell’elaborazione
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di un Piano Regolatore dei Tempi e degli Orari per la città di Bergamo, sia in sede di “consulta” che
di “tavolo di concertazione”.
Per affrontare “LA MOBILITA’ URBANA”
Il tempo nel traffico, al pari del tempo impiegato negli uffici pubblici, viene sentito come tempo
perso, un tempo morto. Uno degli aspetti più pesanti avvertiti a Bergamo, sia dagli abitanti che dai
transitanti, è senz’altro l’impossibilità di muoversi rapidamente ed in un tempo prevedibile.
La dimensione quantitativa del problema e la sua crescita per così dire “naturale” sta diffondendo
allarme nella popolazione ed anche il cittadino o la cittadina costretta ad utilizzare il mezzo privato,
si rende conto della necessità di provvedimenti radicali.
Le politiche per la mobilità godono di un vantaggio rispetto ad altre riforme: i cittadini capiscono
che il trend spontaneo tende al peggioramento ed un piano è indispensabile. Inoltre, mentre, per
esempio, gli utenti della macchina burocratica hanno una certa difficoltà a capire le sue regole
interne, la mobilità cittadina è governata da una logica intuitiva. Chiunque, circolando nel traffico,
può rendersi conto del perché gli autobus siano costretti a rallentare quando si dà la preferenza, in
una strada o in fascia oraria, alle auto private. O come la scorrevolezza dei motorini sia a scapito
della mobilità dei pedoni, se non si creano spazi a sufficienza per parcheggiarli fuori dai
marciapiedi.
Le scelte quotidiane degli individui che si muovono, producono degli effetti collettivi a tutti palese.
Questa evidenza delle regole di sistema è una risorsa importante: per l’Amministrazione che si
adopera ad ascoltare,è più facile stabilire regole condivise, quando i cittadini e le cittadine ne
colgono il senso e l’utilità.
Bisogna creare uno strumento permanente di collegamento tra un Piano dei tempi e quello della
Mobilità, al fine di trasferire ai tecnici del traffico conoscenze e sensibilità proprie della cultura dei
tempi. Presentiamo alcune proposte operative che sarebbero utili per ridurre il tempo speso nella
mobilità e migliorarne la qualità, negli obiettivi;
• ridurre la mobilità non necessaria nelle ore di punta del mattino, dalle 7,30 alle 8,30 (flessibilità
orari di lavoro - ridefinizione orari scuole medie superiori);
• incentivare la mobilità individuale su mezzo pubblico o privato collettivo e sui mezzi “leggeri”
(telelavoro, car-pool, percorsi protetti per bambini, scuolabus, promozione dell’intermodalità)
anche attraverso l’incremento e nuovi interventi infrastrutturali di trasporto pubblico;
• aumentare la prevedibilità del tempo di trasporto;
• adattare in modo flessibile gli orari dei trasporti ai diversi ritmi urbani (incentivi per la modifica
dei comportamenti orari, promozione dell’intermodalità e del trasporto pubblico, servizi per
l’accessibilità);
• aumentare la sicurezza notturna.
Per affrontare I PROBLEMI DELLA SICUREZZA
Al tema della sicurezza va rivolta attenzione, per gli aspetti del problema vissuti quotidianamente e
per i suoi aspetti psicologici, in particolare la percezione di insicurezza, spesso indotta da fattori
aggiunti, che vanno studiati e rimossi.
Si ribadisce la necessità di mantenere il Protocollo d'Intesa tra Prefettura e Comune di Bergamo,
siglato nel 1998.
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Vediamo il problema della sicurezza nell'ambito generale della riformulazione dei sistemi temporali
e sociali, quindi al ricupero e alla rivitalizzazione del tessuto urbano, alla ricostruzione di un legame
fiduciario con il territorio, nella visione di una “città permanentemente attiva”.
Il problema è dunque legato anche all'idea di Circoscrizione come luogo in cui la vita dei cittadini
deve acquisire qualità, nella partecipazione attiva della collettività e nel buon funzionamento degli
organismi preposti.
Si tratta ancora una volta della qualità della vita quotidiana, vista in questo caso come libertà dai
pericoli e libertà dalla paura.
I modi e i mezzi che indichiamo sono prevenzione, informazione, controllo, corresponsabilità con i
cittadini, come modalità di agire della Polizia Municipale, in collaborazione con le altre Forze
dell'Ordine, e in sinergia con l'Amministrazione, che operi in un progetto "Bergamo città sicura",
con una strategia complessiva di città, per cui si prevede di:
• ricuperare gli spazi degradati, sottoutilizzati o addirittura inutilizzati (invece possibili spazi per
l’accoglienza e il recupero sociale), curare l'illuminazione e la sorveglianza (pensiamo
all'abbandono del centro di Bergamo dopo le 20,00 o zone pedonali che potrebbero essere spazi
di vita collettiva);
• creare un sistema di percorsi in cui siano valorizzati elementi già esistenti, come bar, parchi,
negozi, luoghi di culto, d'incontro, di spettacolo; percorsi resi sicuri e vitali per le persone che li
animano, creando così occasione di rinascita della fiducia verso i propri simili;
• monitorare le risorse positive di ogni territorio, le periferie povere in particolare, per
valorizzarle, rendendole godibili ai cittadini;
• attivare un comitato di aiuto volontario alle vittime dei reati, all’interno della Circoscrizione;
• istituire della formazione specifica dei coordinatori locali alla sicurezza, non necessariamente
soltanto i vigili urbani, cui sia attribuito il compito di valutare i problemi zona per zona, recepire
i bisogni sociali di sicurezza, stimolare la collettività a comportamenti culturalmente attivi e a
relazioni di solidarietà reciproca.
È evidente che la nostra proposta di “città animata e quindi sicura” fa parte del disegno
complessivo di una città vivibile per tutti, cittadini e cittadine di ogni età, dall'infanzia alla
vecchiaia, nell'ottica della riqualificazione dell'esistente, dell'intervento mirato per rimuovere la
microcriminalità, della prevenzione e rieducazione a un legame fiduciario nella collettività.
Per la cultura nella città con il Sistema Bibliotecario Urbano e i Centri SocioCulturali
Sul tema particolare del Sistema Bibliotecario Urbano si afferma l'esigenza di una ristrutturazione
del S.B.U. che ne migliori il servizio e ottimizzi le risorse.
Va ripreso l'uso della biblioteca come "centro servizi per la cultura" quindi con locali per dibattiti,
piccole mostre e quant'altro possa servire ad associazioni per promuovere incontri e dibattiti.
Va valorizzato il potenziamento dell’orario di apertura delle biblioteche a 40 ore e anche nell’orario
serale per la biblioteca del centro: sarebbe un valido contributo per rendere il centro cittadino più
vivo e frequentato nelle ore serali e si inserirebbe in una generale nuova politica dei tempi della
città.
Si ritiene indispensabile che i compiti delle biblioteche siano distinti dalle funzioni dei Centri Socio
Culturali la cui attuale distribuzione sul territorio è essenziale.
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Così come appare necessario che i C.S.C. affidati alla responsabilità delle singole Circoscrizioni
(che debbono essere supportate economicamente in modo adeguato) si propongano di elaborare
“progetti-obiettivo di riqualificazione del territorio”, operando in sinergia con la figura di un
animatore culturale professionalmente qualificato e responsabile del C.S.C.
E’ quindi necessario che i singoli Consigli di Circoscrizione trovino forme di coordinamento della
progettazione culturale, che nel suo insieme viene offerta alla collettività cittadina.
Si auspica che per l’attuazione di tali progetti (riassetto S.B.U., ridefinizione compiti C.S.C. e ruolo
Circoscrizioni) l’Amministrazione Comunale si confronti con i diversi soggetti coinvolti operando
nell’intento di creare connessioni funzionali e partecipate, nella logica di operare in rete.
Per una riforma e un superamento dei Consigli Circoscrizionali
Avendo percepito il senso di insoddisfazione diffusa per la scarsa incisività del lavoro dei Consigli
di Circoscrizione cittadini, profondamente convinte che la Circoscrizione debba essere il luogo in
cui il territorio gestisce la sua vita e rigenera il suo progetto sulla base di cambiamenti e bisogni, in
collaborazione con le Consigliere Circoscrizionali abbiamo rivolto la nostra attenzione ad una
riformulazione del regolamento attuale delle Circoscrizioni.
Mutati i tempi e le leggi di riferimento (Leggi 142/90, 241/90, 81/93, 53/00, 328/00, leggi
Bassanini, Decreto 306/99) è ora necessario non solo riformulare lo Statuto e i regolamenti
comunali, ma attualizzare il ruolo delle Circoscrizioni e rimodellarle soprattutto alla luce dell’ormai
maturata esperienza.
Proponiamo alcuni dei punti fondativi per definire un progetto di riforma che fa assumere alla
Circoscrizione il ruolo di “luogo di progettazione continuamente animato dalla conoscenza del suo
territorio”, dove le si attribuiscono nuove competenze, si aumentano i fondi stanziati per ogni
circoscrizione, si rafforza la capacità amministrativa gestionale:
• conservando l'identità delle Circoscrizioni e l'uniformità generale di organizzazione, lavorare
sulle specificità di alcuni quartieri, in particolare di zone periferiche prive di strutture, o di alta
intensità abitativa con scarsi servizi
• riformulate e precisate le competenze , i poteri e i finanziamenti adeguati delle Circoscrizioni,
attribuire loro una responsabilità amministrativa di programmazione, che preveda anche
autonomia di gestione e di spesa, che nelle debite proporzioni e nell'ambito delle competenze
assegnate, è simile a quella del Consiglio Comunale e della Giunta
• dotare le strutture di personale qualificato (tecnici) per potere operare interventi diretti
tempestivamente ed efficacemente
• che le Circoscrizioni possano gestire propri "progetti obiettivo" aderenti al territorio
• potenziare i servizi alla persona, sia per il sostegno sociale, sia per l'accesso alla cultura, di cui
siano centro le biblioteche e i Centri socio-culturali
• avviare le sedi decentrate della polizia municipale all’interno di un progetto “Bergamo città
sicura”.
Le Circoscrizioni sono nate non solo per rendere più efficiente l’azione amministrativa e gli
interventi tecnici ma soprattutto per avvicinare il governo della città ai cittadini. Il modello adottato,
riproduttivo dello schema di rappresentanza delegata proprio del Consiglio Comunale, le rende oggi
poco utili per sostenere e promuovere una sostanziale democrazia partecipata.
Dobbiamo quindi porci l’obiettivo di valorizzare strumenti di coinvolgimento più diretto dei
cittadini nelle scelte fondamentali del Progetto di città. In questo senso le Circoscrizioni, come
strumento più vicino al territorio, possono assumersi il ruolo di attivare forme di democrazia diretta
nell’ottica di costruire un Municipio Partecipato.
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LE FAMIGLIE
E LE POLITICHE FAMILIARI INNOVATIVE
Alcuni dati
Anche gli ultimi censimenti hanno indicato una progressiva mutazione nelle caratteristiche della
popolazione italiana.
I consistenti cambiamenti nella struttura della popolazione si ripercuotono direttamente sulla
fisionomia della famiglia, soprattutto il calo demografico e l’invecchiamento della popolazione:
meno bambini e più anziani che vivono più a lungo e soli (il comune di Bergamo non fa eccezione:
ogni 100 bambini 0/14 anni, vi sono180 persone di 65 anni e oltre)1.
Il ruolo ed il significato della famiglia nella nostra società si sono modificati nel corso degli ultimi
decenni, in correlazione con il variare di concause ed elementi culturali, economici, demografici,
ecc. Conseguentemente, sia le indagini teoriche che gli interventi operativi sono in grande
cambiamento.
L’oggetto/soggetto famiglia si presenta quindi oggi di complessa interpretazione e di difficile
definizione concettuale, anche in seguito al passaggio da una dimensione plurinucleare ed estesa ad
una dimensione mononucleare e ristretta.
La stessa ricerca sociologica2, ci informa che nel Comune di Bergamo, su una popolazione di quasi
117.000 abitanti, (nel 2002 eravamo 1000 persone in meno, a fronte di un aumento di 6.000
immigrati, da cui si deduce che la città di Bergamo ha perso 7000 abitanti) si avevano 49.700
famiglie. Le famiglie con 3 componenti erano il 19,60%, le monoparentali il 34,8%, mentre le
monogenitoriali il 26,09%; gli ultrasessantacinquenni erano 24.174 unità, mentre gli ultraottantenni
erano 2.858. Le vedove erano più di 10.000. Sempre nel 1997, 243 bambini 0/14 anni vivevano con
la madre divorziata, mentre 4 bambini su 100 erano di madre nubile.
Dal punto di vista delle dimensioni, cioè del numero dei componenti, nel Comune di Bergamo le
famiglie di uno o due componenti costituiscono, insieme, il 60,59% delle famiglie. Dal punto di
vista della composizione si può affermare che se la famiglia “modale” classica, composta cioè da
genitori e figli, ancora regge, aumentano però le famiglie composte dalla sola coppia senza figli ed
aumentano le famiglie monogenitoriali, dove la sola presenza di un solo genitore non è più
imputabile solo alla vedovanza, ma anche alla separazione dei coniugi. Una buona fetta di famiglie
è formata dalle “famiglie di fatto”.
Le famiglie di oggi
Il volto della famiglia muta dunque con grande rapidità rispetto all’immagine che ancora domina la
nostra cultura e la nostra formazione: nell’arco di una generazione si sono moltiplicate le famiglie
monogenitoriali, i nuovi figli delle seconde unioni, i figli unici, i figli adottati, i figli in affido, le
coppie senza figli, i divorziati, le convivenze di fatto, i figli naturali, ecc.
Se fino a una, due generazioni fa esistevano molte relazioni tra coetanei (fratelli e cugini) e poche
tra anziani e giovani, i bambini che nascono oggi hanno mediamente almeno tre nonni e molto
spesso non hanno fratelli: mancano quindi modelli di relazioni “longitudinali” che devono essere
favoriti e inventati.
1
Vedovati B., Persistenze e mutamenti delle famiglie a Bergamo: aspetti socio-demografici,
Comune di Bergamo/Assessorato alle Politiche Sociali, gennaio 1999.
2
idem
7
Modelli e culture diverse si mescolano inoltre continuamente nel confronto con le popolazioni
straniere immigrate.
Alle novità legate agli stili di vita, alla presenza femminile nel mondo del lavoro, sono poi da
collegare aspetti decisivi per la vita familiare legati ai tempi di lavoro e ai tempi di vita, la cui
conciliazione può favorire una migliore vita familiare.
La notevole diminuzione dei matrimoni e l’elevato numero dei divorzi e delle separazioni, la
tendenza a non procreare e la conseguente denatalità, sono certamente segnali di un diffuso disagio
familiare, nelle relazioni dentro la famiglia e nelle relazioni tra la famiglia e la società.
Questo contesto rende necessario un ripensamento delle politiche familiari, non solo a livello
nazionale, ma anche e soprattutto locale, privilegiando la dimensione del “sostegno” a quella
“assistenziale”.
Il “sostegno” della comunità
Il “sostegno” è di fatto un “aiuto”- materiale e non - offerto alle famiglie che, nella società attuale,
vivono con faticosità la propria realtà familiare, una modalità preventiva ad una sofferenza.
In particolare sono le “famiglie giovani” che vivono queste situazioni (il coniugare famiglia e
lavoro, la mancanza di servizi, l’alto costo della vita) e per questo si possono annoverare fra le
“fasce deboli” della società attuale.
Per questo motivo, noi riteniamo che le priorità delle politiche familiari di chi governa, devono
essere rivolte alle “famiglie giovani”, che rappresentano il futuro di una città, di una società.
Nello specifico delle politiche familiari, nell’ottica di attenzione alle “nuove famiglie” e
all’”infanzia”, significa prendere in considerazione alcuni strumenti ormai noti e diffusi in tutta
Europa:
• promozione delle politiche legate ai congedi parentali (come previsto dalla legge 53/2000)
accompagnati da contributi integrativi al reddito della famiglia e contributi all’Azienda;
• promozione e sostegno alle responsabilità genitoriali potenziando servizi socio-educativi per
l’infanzia e le famiglie; formazione ai genitori; sostegno alla maternità; sostegno e cura delle
famiglie e dei minori in difficoltà; sostegno alla cittadinanza attiva delle famiglie; sostegno e
supporto ai minori stranieri e alle loro famiglie;
• “prestiti sull’onore” ai genitori per aiuti temporanei nella crescita dei figli;
• politiche per la casa: all’interno di regole generali, individuazione di azioni positive a favore
delle giovani coppie, dei ricongiungimenti delle famiglie immigrate e dei nuclei monogenitoriali
per gli alloggi di edilizia sociale;
• politiche dei servizi (riduzione del 50% della rette per il 2° figlio e gratuità dal 3° figlio) sulle
rette degli asili nido, mense scolastiche, centri ricreativi estivi, trasporto scolastico, trasporto
pubblico;
• sostenibilità della città: dalla qualificazione degli spazi urbani (dagli spazi verdi agli spazi
“pubblici”) alla mobilità possibile.
Benché si ritenga che prioritari debbano essere i sostegni alle “famiglie giovani”, non vogliamo
sottovalutare i bisogni delle persone anziane e molto anziane, altra “fascia debole” della società
attuale. Sono da ripensare i servizi per le persone che invecchiano, perché possano vivere il più
possibile, in modo degno, laddove hanno scelto di vivere. Servizi che siano anche di sostegno alle
famiglie con parenti anziani perchè, se sono rilevanti i problemi delle persone non autosufficienti,
altrettanto lo sono quelli dei familiari, quasi sempre donne, su cui ricade un oneroso lavoro di cura.
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DISAGIO FAMILIARE E DISAGIO DELLE DONNE
Il Consiglio delle Donne, attraverso una sua Commissione, si è occupato del disagio familiare con
particolare attenzione a quello delle donne.
Da un monitoraggio sul territorio è emersa la mancanza di un servizio mirato ad affrontare ed attenuare
tale disagio.
La Commissione, con il patrocinio dell’Assessorato alle Politiche Sociali ha affrontato questo tema
ponendosi due obiettivi: uno culturale con incontri e conferenze cui è seguito un corso formativo e uno
operativo, con un questionario teso alla rilevazione quantitativa del fenomeno.
Le risposte giunte fanno riflettere sulla necessità di un riscontro fattivo ed efficace ad un grave problema
che si presenta sommerso ma particolarmente diffuso: la violenza sulle donne in ambito familiare.
Poiché le risorse dell’amministrazione non permettevano la realizzazione di un progetto adeguato, è
scaturita la volontà di costituire una associazione di volontariato Onlus che si facesse carico del problema.
Nasce così nel 1999 l’”Associazione Aiuto Donna – Uscire dalla Violenza” che, grazie al contributo delle
volontarie è ormai diventata una presenza fattiva, un punto di riferimento nella nostra provincia, con
riconoscimenti a livello regionale e con collegamenti e messa in rete con tutti i centri antiviolenza nazionali
ed europei.
L’associazione si propone di combattere la violenza familiare in tutte le sue manifestazioni e per
sensibilizzare l’opinione pubblica cittadina ha pubblicato un opuscolo informativo che permette di
riconoscere le varie forme di maltrattamento che coinvolgono la famiglia
È un contributo che l’Associazione offre per informare, far riflettere e soprattutto aiutare.
Compito di un’Amministrazione sarà quello di gestire in proprio e/o supportare quelle
organizzazioni che – in forme diversificate – da tempo si sono attivate sul territorio per diffondere
una cultura della non violenza.
L’apertura di una casa di “accoglienza temporanea” per donne e bambini in stato di grave
disagio, dovrà essere un obiettivo primario per un’amministrazione che ha cura dei suoi cittadini e
cittadine più deboli.
In particolare va preso in carico il problema della prostituzione, date le sue implicazioni di ordine
sociale e per quelle relative alla sicurezza e all’ordine pubblico. Si ritiene utile e corretta per
l’Amministrazione la metodologia di porsi in ascolto dei soggetti coinvolti, in questo caso
soprattutto gli operatori ed il volontariato del territorio, nel sostegno di progetti sinergici tra Enti
come l’Amministrazione Cittadina (attivando collaborazioni con gli Assessorati alla Sicurezza ed
alle Politiche Sociali), l’Amministrazione Provinciale, l’ASL, i Distretti Sanitari, la Caritas, gli Enti
Locali, le Associazioni del Volontariato Sociale.
È evidente che in parte la soluzione del problema della prostituzione richiede oltre che precisi
interventi legislativi, anche un lavoro formativo e culturale che preluda ad un cambiamento
radicale nel pensare le persone (uomini e donne) e la loro sessualità, interrogando tutti perciò, dalle
Istituzioni al singolo individuo, su come diffondiamo culture, modi di vivere ed educhiamo anche ai
rapporti affettivi.
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CULTURA DELLE DIFFERENZE
Senza la prospettiva di genere ci sono parti essenziali di noi, della nostra identità, delle nostre
relazioni e della realtà tutta – dai fatti ai simboli ai linguaggi ai saperi – che restano muti, senza
significato, senza interpretazione, illeggibili.
Riconoscere la soggettività femminile non significa ritagliare tra le altre una specifica “questione
femminile”, ma attraversare tutta la politica con un’ottica di genere, restituendo a ogni soggetto la
parzialità e l’originalità del proprio punto di vista.
Tutte le forme, i temi, le scelte della vita politica devono essere letti in un’ottica di genere, da punti
di vista femminili e maschili, in quanto l’essere uomini o donne segna ogni aspetto della nostra
esistenza individuale e sociale, delle comunicazioni, della relazione fra soggetti, delle forme di
convivenza, dei saperi. L’essere uomini o donne segna i nostri bisogni, desideri, aspettative,
rappresentazioni, significati, modi di conoscere. L’essere uomini o donne condiziona i nostri
comportamenti, atteggiamenti, emozioni, pensieri. Il maschile e il femminile sono dunque chiavi di
lettura indispensabili di saperi, linguaggi, simboli.
Assumere nell’azione di Governo la cultura delle differenze vuol dire proporsi di contribuire alla
costruzione di una cultura che sappia declinarsi al plurale, che sia capace di valorizzare i legami e le
trasformazioni, che coniughi vicino e lontano, locale e globale in un’ottica di scambio e incontro,
che si esprima nella vita quotidiana e nelle relazioni materiali dando dimensione a soggetti diversi, a
diversi punti di vista e a diversi linguaggi.
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Rendere visibili le competenze, i pensieri e le pratiche delle donne
Fornire supporto organizzativo ed economico alle forme di aggregazione e associazione delle
donne
Favorire reti di relazioni
Favorire la presenza e la partecipazione delle donne negli organismi decisionali
Costruire luoghi, occasioni, strumenti di conoscenza, incontro e confronto tra soggetti portatori
di storie, saperi, esperienze diverse
Costruire strumenti e percorsi di analisi e riflessione che valorizzino chiavi di lettura di genere
di ogni aspetto della realtà sociale, della vita politica, delle forme del sapere e della cultura
Costruire memoria delle diverse forme di espressione e di partecipazione della soggettività delle
donne
Tutto ciò deve essere tradotto in iniziative e buone pratiche quali:
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Potenziamento di sinergie tra associazioni femminili attorno ad obiettivi ed attività condivisi
Preparazione e pubblicizzazione delle esperienze delle associazioni
Analisi dei bisogni, delle aspettative, delle competenze delle donne nei riguardi della politica
Formazione politica per le donne
Organizzazione in luoghi di aggregazione (come scuole, biblioteche, circoscrizioni, ecc.) di
percorsi interculturali
Attivazione e valorizzazione di archivi sul contributo delle donne alla cultura della città
Individuazione di percorsi all’interno delle iniziative teatrali, musicali e culturali cittadine per
valorizzare la creatività e la professionalità delle donne.
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E' a partire da questo programma che il Consiglio delle Donne è convinto che la
città di Bergamo abbia necessità di un Assessorato dove vengano colti e raccolti i
bisogni dei singoli e delle singole cittadine e, attraverso forme di democrazia
partecipata, vengano attivate azioni positive utili a tutte e tutti.
Chiediamo l’istituzione dell’Assessorato alla Cittadinanza, Qualità della vita
urbana e Cultura delle Differenze.
IL CONSIGLIO DELLE DONNE DEL COMUNE DI BERGAMO
Bergamo, novembre 2003-11-28
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