22 marzo 2009
L’Associazione Teatrale PerStareInsieme, nel ringraziarvi per la partecipazione a
questo importante appuntamento culturale che propone, vi augura una buona
giornata con la speranza che il programma che è stato predisposto sia di vostro
gradimento.
Questo semplice opuscolo per le notizie generali sui luoghi da visitare, sul
programma e su quanto ci è sembrato utile sottoporre alla vostra attenzione.
Affinché possa essere garantita una buona riuscita dell’evento, è necessario
attenersi agli orari ed al programma sotto riportati. Per qualsiasi informazione
ed esigenza rivolgersi a Gianni (cell. 3357691590) o a Ferdinando (cell.
3401483349). Grazie e buona giornata a tutti.
PROGRAMMA
Ore 6,30 – Partenza da Pescara Colli – Parcheggio Conad
Ore 10,00 circa – Arrivo a Roma (Basilica S. Paolo Fuori le Mura)
Ore 10,30 – Partecipazione alla S. Messa Solenne. Visita alla Basilica.
Pranzo libero.
Ore 14,00 – Trasferimento in pullman al centro storico (zona teatro).
Pomeriggio libero.
Ore 16,15 – Al botteghino del Teatro Valle a ritirare i biglietti
Ore 16,45 – Inizio spettacolo
Ore 18,45 – Termine spettacolo
Ore 19,15 circa – Partenza per Pescara
Ore 22,45 circa – Rientro a Pescara
Nota: il programma non è modificabile se non per cause di forza
maggiore (es. condizioni atmosferiche sfavorevoli)
La storia
La Basilica nasce nel luogo dove probabilmente fu sepolto S. Paolo, l'Apostolo delle Genti, ucciso
nel 67 d.C. durante il dominio di
Nerone.
Grazie all'Imperatore Costantino
dopo il 313 venne realizzata una
piccola basilica per venerare il
martire. In seguito, il santuario
venne ricostruito e ampliato per
volere di altri tre imperatori e
concluso nel 395 sotto l'impero
di Onorio. Tra saccheggi,
restauri e nuovi arredi liturgici,
nell'VIII secolo il Santuario
divenne il centro di un piccolo
stato monastico-feudale,
ostituito da un borgo fortificato da Giovanni VIII, che prese il nome di Giovannopoli e abitato fino
al terremoto del 1348. Un incendio la distrusse quasi completamente nel 1823.
Il Santuario
Il Santuario ha una pianta a croce latina e la sua struttura rappresenta degnamente l' espressione
neoclassica. Ricostruita dopo l'incendio, la Basilica ha cercato di mantenere lo stile della precedente
struttura, arricchita, nel suo interno, con opere artistiche che, oltre alla religione, evidenziano l'arte e
l'architettura del periodo.
La facciata
Nel 1828 è stato realizzato il quadriportico frontale, sorretto al soffitto da 146 colonne di granito
bianco. Al centro è posta una statua di S. Paolo, che regge tra le mani la spada e un libro. Si trova
davanti alla statua di S. Luca, mentre sotto il portico principale sono situate, ai due lati, le sculture
di S. Pietro e Paolo.
L'interno della Basilica è composto da cinque navate divise da ottanta colonne monolitiche, e
contiene le quattro cappelle ai lati dell'abside: S. Stefano, del Sacramento, S. Lorenzo e S.
Benedetto. Il soffitto a cassettoni venne restaurato in stile cinquecentesco per volere di Pio IX e
sotto le arcate sono posti i medaglioni con i ritratti in mosaico di 263 papi. Nelle pareti in alto sono
raffigurate le "Storie della vita di S. Paolo", un affresco composto a più mani. Le vetrate della
precedente basilica, infatti, sono state sostituite dai dipinti che illustrano gli episodi della vita del
martire. L a porta centrale è arricchita da colonne di alabastro. Sopra la porta, due angeli in marmo
sorreggono lo stemma di Papa Pio IX, le statue degli apostoli occupano le nicchie delle pareti. In
fondo alla navata centrale è situato l'arco di trionfo, su due colonne di granito con capitelli ionici.
La decorazione a mosaico illustra, il Salvatore Benedicente tra due angeli, i simboli degli
evangelisti e i 24 seniori dell'Apocalisse. Nella parte opposta dell'arco troviamo "Cristo
Benedicente tra i simboli dei SS. Luca e Marco e i SS. Pietro e Paolo".
Il tabernacolo del 1284 creato da Arnolfo
di Cambio è posto al di sopra dell'altare
maggiore, mentre sotto l'altare si trova la
tomba con le reliquie di S. Paolo.
Davanti all'altare della Confessione, a
destra della crociera, è esposto il
candelabro Pasquale, scolpito nel 1170
da Pietro Vassalletto e Nicolò d'Angelo.
Ai lati estremi del transetto sono posti
due altari realizzati in blocchi di
malachite, con lapislazzuli e rifiniture di
marmo, arricchiti da decorazioni in
bronzo. Nell'abside è collocato il grande
mosaico del tempio di Onorio III e più avanti si trova la Cappella di S. Lorenzo,
disegnata da Carlo Manderno nel 1629. A destra dell'altare si accede alla sala del
Martirologio con affreschi del XII-XIII secolo. A sinistra è situato il battistero, con
quattro colonne antiche dai capitelli ionici. L'altare di sinistra è dominato
dall'affresco della "Conversione di S. Paolo" e ai lati sono collocate delle statue di S.
Gregorio e S. Bernardo. L'altare di destra accoglie un dipinto, copia del mosaico
"Incoronazione della Vergine" su disegno originale di Raffaello, ma realizzato dai
suoi discepoli. Le due nicchie laterali sono occupate dalle statue di S. Benedetto e S.
Scolastica.
Il chiostro
Sempre a destra troviamo il chiostro, in parte edificato dal Vassalletto e terminato
prima del 1214. La differenza di stili è ben visibile nella sequenza delle colonnine
ornate e variopinte che testimoniano la presenza di più artisti. Nelle forme ricorda
l'antica rappresentazione scultorea etrusca.
La necropoli, con diversi sepolcri, si trova vicino alla Basilica ed è sviluppata su più
piani sovrapposti. Fu utilizzata dal II sec. a.C. al V sec. d. C. ed è una valida
testimonianza del passaggio dal rito funerario della cremazione a quello
dell'inumazione.
Il campanile è a cinque piani, soprannominato "Il Faro" per la sua forma originale. I
primi tre piani sono a pianta quadrata, il quarto a forma ottagonale, mentre la cella
campanaria è chiusa da un tempietto circolare con colonne corinzie. Al centro del
quadriportico è posta una statua di S. Paolo, che regge tra le mani la spada e un libro.
Si trova davanti alla statua di S. Luca, mentre sotto il portico principale sono situate,
ai due lati, le sculture di S. Pietro e Paolo.
"Infirmorum cura ante omnia et super omnia adhibenda est”
(Regula Benedicti cap. XXXVI)
Secondo l’antica tradizione monastica, presso la Portineria dell’Abbazia, i Benedettini di San Paolo
fuori le Mura, propongono particolari rimedi erboristici che vengono dalla “Farmacia del Signore”,
la NATURA, e ne raccomandano l’uso avendoli sapientemente selezionati per l’alta qualità delle
materie prime usate, gli scrupolosi processi di lavorazione seguiti, nonché l’efficacia terapeutica
riscontrata.
La medicina nei monasteri prima dei nostri giorni
In seguito alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente, nel 476 d.C., alle invasioni barbariche e
all'instabilità politica che resero insicure le campagne, molti si ritirarono in luoghi chiusi e protetti, i
castelli e i monasteri, che divennero luoghi di riferimento per la civiltà e la cultura durante il
Medioevo.
Anche l'arte dei giardini, come le altre forme della cultura in Europa, venne preservata attraverso
queste strutture, laiche e religiose, dove si trovavano due tipologie capaci di racchiudere l'essenza
del giardino medievale: quella dell' "hortus deliciarum", giardino paradisiaco fonte di piaceri
terreni, frutto della cultura cortese e troubadour, e quella dell' "hortus conclusus", simbolo della
Chiesa, in cui si esprimono i principi fondamentali della religione cattolica. Proprio all’interno dei
monasteri, il lavoro della terra e la frequentazione delle opere naturalistiche degli antichi
consentirono la coltivazione di spazi accuratamente chiusi o recintati, nei quali si coltivavano tanto
piante aromatiche e salutari (e qui il giardino si rivelava fondamentale nella cura del corpo) quanto
legumi, ortaggi, alberi da frutto per la mensa comune e fiori per l’altare.
Il monachesimo di S. Benedetto promosse gli studi dell’arte medica fino a dar vita a quella forma di
scuola, importantissima nella nostra storia, che prende il nome di "medicina monastica". I monasteri
benedettini divennero veri centri di studio della medicina: nel silenzio e nel raccoglimento i monaci
iniziarono lo studio della medicina dell'antichità, che conobbero attraverso i codici che venivano
pazientemente copiati dagli amanuensi. Fu questo il primo segno della rinascita della medicina
medioevale, che si distinse subito e nettamente dalla medicina esercitata contemporaneamente dai
laici.
La medicina monastica basava la “speranza della guarigione” sulla misericordia di Dio e “l'azione
dei semplici”. Per “semplice” (in latino medievale “medicamentum simplex”) si intendeva un’erba
medicinale o un medicamento fatto con piante medicinali. Nasce così, dentro le mura del
monastero, l'orto dei semplici e l'armarium pigmentariorum, il primo per la coltivazione delle erbe
medicinali ed il secondo per la loro conservazione nel tempo. Nei monasteri si sceglieva un
monaco, particolarmente preparato per queste due attività, che veniva chiamato poi monachus
infirmarius in quanto rappresentava, ad un tempo, il farmacologo, il medico e lo speziale di oggi. Al
monachus infirmarius era affidato l'armarium pigmentariorum, che rappresenta la primitiva
Farmacia monastica. Abbiamo così la prova dell'autonomia di ogni Monastero in quanto poteva
disporre di un’attrezzatura primordiale, modesta quanto si voglia, ma idonea, per quei tempi,
all'assistenza non soltanto dei monaci malati, ma anche dei pellegrini, dei vecchi e dei poveri che si
rivolgevano al Monastero. Il principio assistenziale ed il nesso povertà-malattia contribuirono,
inoltre, alla forma di una medicina monastica, della quale, fino ad oggi, ci sono state tramandate
interessanti formulazioni, insegnamenti e pratiche terapeutiche.
trattato con ironia, spleen, leggerezza». Come è nata l' idea dello spettacolo? «Fellini,
28 giugno 2008 – 28 giugno 2009: Anno Paolino
L'anno che stiamo vivendo è stato voluto da Papa Benedetto XVI per celebrare il bimillenario della
nascita di San Paolo, collocata dagli storici tra il 7 e il 10 dopo Cristo. Uno speciale tempo di grazia
in cui ogni cristiano ha la possibilità di approfondire la sua conoscenza della figura dell'Apostolo
delle Genti anche per mezzo del pellegrinaggio e soprattutto accostarsi ai suoi scritti per mezzo
della meditazione, della lectio divina e della preghiera e Liturgia della Chiesa celebrata sulla tomba
di San Paolo, guidata ogni giorno, da circa 1300 anni, dalla Comunità Monastica Benedettina
dell'Abbazia di San Paolo fuori le Mura, annessa alla Basilica.
Nell'annunciare la sua indizione, il Santo Padre Benedetto XVI ha auspicato lo svolgimento nel
corso dell'anno di "una serie di eventi liturgici, culturali ed ecumenici, come pure varie iniziative
pastorali e sociali, tutte ispirate alla spiritualità paolina *…+ per far conoscere sempre meglio
l'immensa ricchezza dell'insegnamento in essi racchiuso, vero patrimonio dell'umanità redenta da
Cristo.” La Chiesa intera è invitata a vivere questo tempo prezioso di grazia in pienezza e
profondità "a vivere in ogni parte del mondo, analoghe iniziative che potranno essere realizzate
nelle diocesi, nei santuari, nei luoghi di culto da parte di Istituzioni religiose, di studio o di
assistenza, che portano il nome di san Paolo o che si ispirano alla sua figura e al suo
insegnamento". "C'è infine un particolare aspetto che dovrà essere curato con singolare
attenzione durante la celebrazione dei vari momenti del bimillenario paolino: mi riferisco alla
dimensione ecumenica. L'Apostolo delle genti, infatti, si è impegnato senza sosta a portare la
Buona Novella a tutti i popoli e si è prodigato con ogni sforzo per l'unità e la concordia di tutti i
cristiani.”
Colui che viene chiamato "l’Apostolo delle Genti”, non ha conosciuto Gesù in vita a Gerusalemme
o sulle strade della Galilea, come i Dodici Apostoli. E’ il primo ad avere avuto come esperienza solo
quella del Risorto, come l'avranno poi tutti i Cristiani. Questo ebreo nato a Tarso (attualmente
Turchia orientale), avendo ricevuto un insegnamento rigoroso della Legge, presso il rabbino
Gamaliele l’Anziano e che è anche cittadino romano, riceve come missione precisa di andare a
predicare la Parola di Dio a tutti gli uomini: prima ad Antiochia ed in Asia Minore, poi in Grecia ed a
Roma. Con Paolo, in pochi anni ed in modo ardente, “la Parola esce da Gerusalemme e la Legge da
Sion”, come era stato profetizzato dal profeta Michea (4,2). Essa “esce” con un doppio senso del
termine. Paolo andrà a testimoniare l'insegnamento avuto dai suoi Padri e da ciò che ha
sperimentato: Cristo è Risorto!
Paolo è il personaggio meglio conosciuto della prima generazione cristiana, sia per le Lettere (sette
riconosciute indubitabilmente autentiche in senso stretto) da lui scritte, sia per la storia della sua vita
narrata da Luca negli Atti degli Apostoli. Le sue Lettere rappresentano per noi una fonte
eccezionale. La sua figura rimane tuttavia misteriosa. Da una parte queste Lettere ripercorrono
soltanto una quindicina di anni della sua vita. D'altra parte, gli Atti che riportano il suo percorso
sono scritti venti anni dopo la sua morte, con il tono apologetico dell’epoca. Daremo quindi
preferenza ai dati contenuti nelle Lettere di Paolo ed alla sua cronologia, che coincide
maggiormente con la durata dei suoi spostamenti (ad esempio la data del “Concilio di
Gerusalemme”). Si può ritenere che Paolo abbia una decina di anni meno di Gesù.
Il Teatro Valle si trova
nel
Rione
sant'Eustachio. Detiene
il record di essere il più
antico
teatro
della
capitale
ancora
in
attività.
Fu costruito per un
utilizzo privato per
volere
del
nobile
Camillo Capranica, già
proprietario del Teatro
Capranica che aveva
ereditato, all'interno dei
cortili
di
Palazzo
Capranica Del Grillo. Fu
inaugurato il 7 gennaio
1727
con
la
rappresentazione della
tragedia Matilde di
Simone Falconio Pratoli.
La sua struttura era interamente lignea e si presentava come un classico teatro all'italiana, provvisto
di cinque ordini di palchi ed un loggione, senza però un foyer effettivo. La programmazione
prevedeva l'esecuzione di opere liriche, opere in musica e drammi in prosa. Il nome deriva dal
primo direttore del teatro, Domenico Valle: alcuni sostengono che questa sia in realtà solo una
coincidenza, attribuendo l'origine del nome Valle al luogo dove esso sorgeva, detto appunto "alla
valle".
Nel tempo si resero necessari nuovi lavori di ammodernamento per la manutenzione della struttura,
ma la sua struttura in legno fu mantenuta fino al 1822. La progettazione del nuovo stabile in
muratura, affidata a Giuseppe Valadier, prevedeva l'abbattimento di alcuni palazzi adiacenti il
teatro (compreso una parte dell'abitazione nobiliare della famiglia Capranica): rifiutato dalla
commissione il progetto, il rifacimento avvenne in forma più modesta, con rinuncia dell'aspetto
esterno neoclassicheggiante progettato dal Valadier.
Per l'erezione della struttura muraria la sala perse un ordine di palchi, che si ridussero a quattro,
mentre le dimensioni rimasero pressoché inalterate: gli ordini vennero comunque modulati in linee
curve che fornirono eleganza e movimento.
Lo stesso anno, il 26 dicembre, si ebbe l'inaugurazione con l'opera Il Corsaro di Filippo Celli su
libretto di Jacopo Ferretti. Il teatro divenne pubblico, ottenendo dalla chiesa il privilegio di poter
inscenare spettacoli anche fuori dai periodi canonici consentiti, ossia quelli del carnevale. Dal 1855
al 1890 operò, di fianco al teatro, un altro teatrino detto "Valletto", che aveva in comune col teatro
Valle una parete. Nato come teatro per marionette, era gestito da un burattinaio chiamato Antonio
Torrini. Venne successivamente adibito ad altri usi.Nel corso del XIX e del XX secolo il teatro fu
oggetto di ulteriori ammodernamenti, che videro coinvolti gli affreschi del soffitto, il sipario ed il
palco reale. Oggigiorno, il teatro è gestito dall'Ente Teatrale Italiano. Degno di nota l'aneddoto
relativo all'ingresso al palco reale situato all'interno del cortile, che i Reali d'Italia (in particolare
Margherita di Savoia) utilizzavano per assistere agli spettacoli. Quando l'ingresso avrebbe dovuto
consentire il passaggio non più ai Sovrani ma al Presidente Provvisorio della Repubblica Enrico De
Nicola, il vecchio amministratore di Palazzo Capranica, fedele ed irremovibile monarchico, pur di
non far utilizzare il "sacro ingresso" ad un repubblicano, lo fece murare, costringendo De Nicola ad
utilizzare l'ingresso principale.
Tutto e' cominciato con un pianto. L'avvicinamento di Tosca al personaggio di Gel
sotto i migliori auspici, copiose lacrime su un mondo di donna desolante e poetico.
ha deciso che quest'avventura dentro l'anima circense di se stessa poteva anche far
prestito le immagini visionarie di Fellini e tentando l'inosabile:
La strada, dramma con musiche tratto dal film di Federico
Massimo Venturiello, domani ad Asti Teatro. Qualcosa di
d'antico, dice Venturiello: «La sceneggiatura e' quella origina
Pinelli. E proprio Pinelli, che ha appena compiuto cent'anni
vedere in scena il suo capolavoro nell'adattamento che ne fece lui stesso per il teat
verso questa nuova versione. Rimaneggiata, con l'inserimento di musiche originali. U
per il viaggio di due anime inquiete. E' stato bello parlare con Pinelli che racconta
amico d'infanzia, e' stato bello vedere il suo entusiasmo contagioso». Dunque,
ritardata e lucidissima ha colpito Tosca al cuore e alla testa: «Quel pianto libera
superare ogni paura per un confronto con la Masina, improponibile. Mi sono con
capolavoro non lo fai e non lo rifai, muore, che solo usandolo lo mantieni attuale. M
nostalgia in quelle scene di vita italiana. Toccavano delle mie corde di malinconia
tengo nascoste. Sostanzialmente sono allegra e solare, ma in certi momenti intraved
quali non entro. Devo fidarmi, ciecamente e con Massimo c'e' un'intesa e una di
rende il lavorare insieme stupendo e faticosissimo». Un lavoro musicale perché Tosc
che ha deciso di abbandonare la canzone, quella redditizia. A Sanremo solo per
zingara, «devo ringraziare Pippo Baudo che l'anno scorso accettò la mia ballata», s
e dischi da promuovere, «ho capito che il teatro era la mia giusta dimensione.
Gabriella Ferri, di Gaber, di Jannacci». Temi musicali tutti originali per descriver
donnina ritardata che poteva servire all'umanità'. Tosca e Venturiello sono entusia
scritte da Germano Mazzocchetti (artista pluri insignito ai premi Eti-Gli Olimpi
teatro) che con loro collabora gia' da parecchie produzioni: «Germano ha super
musiche sono meravigliose, ha fatto un lavoro unico con melodie zingare-abruz
violino, una sezione di fiati fantastica». E anche qui un altro confronto-scontro con i
Rota. Dice Tosca: «Ho chiesto a Mazzocchetti come ha fatto, se si e' scostato
tutt'altro o se si e' lasciato influenzare. Lui mi ha spiegato che loro musicisti sono tu
che da ragazzino ascoltava e riascoltava le sue colonne sonore. E' normale che ci si
pur facendo tutt'altro. Non ci dimentichiamo che qui si parla di teatro musicale vici
Perché in fondo siamo anche tutti figli di Brecht e Weill». E' la
poetica dello spettacolo incentrato
sul rapporto, o meglio,
sull'impossibilita' di un rapporto tra
Zampano' (interpretato da
Venturiello) e Gelsomina-Tosca e la
loro difficolta' insormontabile di
ascoltarsi. Dall'altra parte, c'e' il
mondo in cui i due si muovono (la
strada, appunto), in mezzo a persone
che forse hanno in comune solo la ricerca disperata del sostentamento. «Il
collante - prosegue Venturiello - restera', come nel film, il circo, anche se
assumera' una valenza narrativa diversa: si propone di mostrare una certa
violenza, la tragedia quotidiana di un'umanita' dolente forse meno lontana
da noi di quanto pensiamo». E' gente che ha come valore il poco, la
sopravvivenza, l'oggi. Zingari, barboni nomadi. «L'ho interpretata per
gradi la mia Gelsomina - dice Tosca - tenendomi dentro gli umori della
Garbatella e del Portuense dove mi sono spostata per amore. Ripesco le
mie radici popolari, le interiorita' difficili ma vissute senza drammi. Io non
ho una vacca come Gelsomina ma ho un cane. Spesso lo guardo negli
occhi e mi chiedo anch'io a cosa pensa».
Michela Tamburrino, La Stampa, 3 luglio 2008, pag. 43
Gelsomina e Zampanò persi dentro una tv
UNO spettacolo che è un film, un dramma con musiche che fa pensare alla dolorosa vitalità di Brecht e Pasolini.
Pubblico entusiasta ieri sera al Manzoni di Pistoia per la prima nazionale de La strada con Massimo Venturiello e
Tosca, compagni nella vita e spesso anche in arte come già accadde con Gastone; la regia è dello stesso Venturiello. L'
opera di Bernardino Zapponi e Tullio Pinelli è tratta dal film del 1953 di Fellini con Anhony Quinn e Giulietta Masina
che, scritto con Pinelli ed Ennio Flaiano e splendidamente musicato da Rota, vinse nel 1954 il Leone d' argento a
Venezia e nel 1956 l' Oscar come miglior film straniero. La storia è nota: Zampanò è un grezzo artista girovago che si
produce in numeri di forza bruta. Al suo seguito, trattata come un animale, la poetica Gelsomina. *…+ Venturiello
perché rifare in teatro un film così famoso? «Perché il film di Fellini è attuale e allo stesso tempo è una fabbrica dei
sogni. Noi lo dedichiamo ai clochard, ai randagi. La strada ruota intorno ad un' umanità degradata e marginale, cinica,
diffidente, povera. La scenografia è un ponte, tetto e rifugio di tanti senza dimora». Uno spettacolo a favore degli
emarginati. «Certo. In una scena allo stesso tempo astratta e materica si fa capire che forse sarebbe meglio ascoltare
personaggi che in molti vorrebbero emarginare: prostitute, zingari, poveri cristi. Nella Strada c' è un omaggio alle
persone in eterno viaggio, alla tristezza dei nomadi, alla musica che si ascolta nelle feste di piazza del Meridione. Il
tutto è trattato con ironia, spleen, leggerezza». Come è nata l' idea dello spettacolo? «Fellini, vedendo una coppia di
zingari che nel più assoluto silenzio se ne andava in una strada di campagna col proprio carretto cominciò a seguirli e
spiarli. Il silenzio fra i due regnava sovrano. Fu proprio quel silenzio che ispirò il film. Quel silenzio è ancora adesso in
casa nostra, nelle famiglie davanti alla televisione». ROBERTO INCERTI Repubblica — 23 novembre 2008 pagina 14 sezione: FIRENZE
PISTOIA Teatro Manzoni
Lasciate perdere il film. Si, lo so, è un capolavoro intoccabile, la Masina è grandiosa, Fellini è un mastro
assoluto, si si si.... Però... Se cancellate quello che vi ricordate del film e vi mettete davanti a questo
spettacolo senza pre-giudizi, allora un mondo di poesia e magia vi arriverà in qualche modo. Vuoi per la
bravura degli interpreti (tutti), vuoi per la voce di Tosca che è sempre un piacere, vuoi per Venturiello che è
perfetto e generosamente gioca al ribasso il più possibile per dare maggior spazio agli altri, alla storia, alla
regia (sempre sua), pur avendo un ruolo ingombrante. La scelta direttiva non è tra le più facili e s'intuisce la
difficoltà del meccanismo in più punti ma tutto è trattato con grande capacità dall'intera compagnia. Non
c'è una sbaffatura, un momento morto, qualcosa lasciato al caso. No! Qui è tutto molto deciso, voluto e
curato. Ce ne fossero di più di Registi che sanno tenere in piedi una macchina come questa con tecnica, si,
ma anche sensibilità. Bravo! E bravi tutti gli attori che animano e danno voce al coro e a tutti i personaggi
che ruotano intorno a questa storia. Una menzione particolare a Tosca che gioca vocalmente benissimo
senza esagerare nel "belcanto" e predilige l'interpretazione alla potenza della sua voce che c'è e lo
sappiamo. Scelta azzeccatissima in questo caso, è il personaggio che lo richiede. Sarebbe impensabile
pensare Gelsomina che canta a pieni polmoni come in un concerto. Per una interprete come Tosca non
deve essere stato facile ma l'intelligenza e la sensibilità vincono. Le musiche di Germano Mazzocchetti si
lasciano ascoltare con piacere grazie anche agli interpreti chiari d'emissione e con belle voci preparate a
dovere. L'operazione in se può sembrare incomprensibile: perchè trasformare in teatro quello che già il
cinema ha reso in maniera perfetta? Non c'è risposta, ma quando quello che viene fuori è di questi livelli, va
benissimo.
Scaricato da internet, senza autore
Teatro, “La Strada” di Venturiello esalta il valore del silenzio rievocando
Fellini
di Ivano Pasqualino
Pubblicato: Mar 14, 2009 sul sito SiciliaToday Cinema&Teatro
Una “favola dolorosa”. Sono queste le due parole, riportate sulla brochure di
sala dal regista Venturiello, che descrivono al meglio ciò che è realmente “La
Strada” di Fellini. Un viaggio, anzi un pellegrinaggio attraverso anime dannate
alla pura sopravvivenza, votate al bisogno primitivo di cibarsi per riuscire a
vivere ancora un altro giorno di stenti, ma pur sempre di vita.
Avvalendosi della eccezionale sceneggiatura di Bernardino Zapponi e di Tullio
Pinelli (quest’ultimo sceneggiatore del film), la trasposizione teatrale del
capolavoro di Fellini (premio Oscar come miglior film straniero nel 1957)
acquista un proprio significato ed una poetica specifica discostata dalla
pellicola del regista emiliano, pur mantenendo in parte i dialoghi originari. La
dimensione teatrale dona nuova linfa ad un’opera già moderna e attualissima,
conferendogli inoltre un’aura epica che innalza la trama de “La Strada” al di
sopra dei canoni realistici di Fellini; il messaggio, chiaro, potente, diretto viene
religiosamente mantenuto intatto: il valore del silenzio sullo sfondo della noncomunicazione fra il burbero Zampanò e l’incompresa Gelsomina. “La poetica
dello spettacolo – spiega Venturiello, interprete di Zampanò e regista del
dramma - è centrata, da una parte, sul rapporto, o meglio sull’impossibilità di
un rapporto, tra Zampanò e Gelsomina, sulla loro difficoltà insormontabile di
ascoltarsi, e dall’altra, sul mondo in cui essi si muovono (la ‘strada’, appunto)
in mezzo a persone, che forse hanno in comune solo la ricerca disperata del
sostentamento. Il collante resterà, come nel film, il Circo”. Il silenzio fra
Zampanò e Gelsomina è la metafora dell’incapacità dell’uomo moderno di
ascoltare il suo prossimo, di confrontarsi con esso, di accettarlo. Un problema
drammaticamente attuale che divide gli individui contemporanei in tante
piccole isole separate dalla diffidenza e, appunto, dal doloroso potere del
silenzio. Quasi come a voler suggerire che senza dialogo, senza confronto,
senza l’“altro” non c’è vita. Accanto alla straordinaria interpretazione di
Zampanò da parte di Massimo Venturiello troviamo la celebre cantante
(nonché sua reale compagna nella vita) Tiziana Tosca, la quale riveste
magnificamente il ruolo della povera Gelsomina, in quella che probabilmente è
l’evoluzione completa di uno dei migliori talenti artistici completi italiani. Sulle
note dei brani inediti del maestro Germano Mazzocchetti (egregiamente
riconducibili all’atmosfera del dramma felliniano), i due attori (così come il
resto del cast) fanno sfoggio delle loro esaltanti doti canore conferendogli
quella sensibilità “umile e umana” che segna l’animo dello spettatore (i testi
delle canzoni sono di Nicola Fano e dello stesso Venturiello).
Il cast della produzione “La Contemporanea – Compagnia Mario Chiocchio”
eccelle per capacità recitative e canore, ma a colpire sono soprattutto le
qualità drammatiche e musicali di Dario Ciotoli, il suo pagliaccio commuove e
diverte al tempo stesso, come vuole la tradizione classica del circo antico; la
bellezza e il talento frizzante di Chiara di Bari (già illustre interprete di
Esmeralda e Fiordaliso nel celebre musical Notre Dame de Paris di Riccardo
Cocciante) che gestisce al meglio il ruolo tutt’altro che semplice di Samantha la
Cavallerizza, merito della sua grande esperienza nonostante la sua ancora
giovane età; l’inquietante follia del Matto di Camillo Grassi impressiona e
rispecchia magnificamente la controparte del film di Fellini; ottima anche la
caratterizzazione del Fiore di Franco Silvestri. In fondo, il pagliaccio di Dario
Ciotoli, la Cavallerizza Samantha di Chiara Di Bari, la prostituta di Gabriella
Zanchi, la locandiera di Barbara Corradini, il proprietario del circo Fiore Franco
Silvestri, il Matto di Camillo Grassi sono tutti personaggi che si illudono di
avere una vita felice procedendo faticosamente tra falsi sorrisi che celano una
triste condizione esistenziale: pur così diverse, sono infatti tutte figure
accomunate dall’affannoso desiderio di sopravvivere.
E proprio a coloro che con maggiore difficoltà vanno avanti ogni giorno,
superando la sfida quotidiana del sopravvivere, Venturiello e tutto il suo staff
ha voluto dedicare questo spettacolo: a tutti i “randagi”, zingari, poveri,
emarginati, che popolano le nostre metropoli e ai quali noi troppo spesso ci
rapportiamo con disarmante cinismo e crudele diffidenza, maltrattati, ignorati,
rifiutati, così vicini a noi eppur così lontani al tempo stesso.
Le scene che ben riproducono l’ardua impresa di raffigurare una “strada” con il
passaggio della carovana di Zampanò sono di Alessandro Chiti, i bellissimi e
ricercati costumi che hanno impressionato la platea per il loro impatto
emotivo sono di Sabrina Chiocchio, le coreografie sono a cura di Fabrizio
Angelini mentre il disegno luci è firmato Iuraj Saleri.
Ancora un altro grande successo quindi che va ad abbellire ulteriormente il
ricco cartellone 2008/09 del Teatro Stabile di Catania
Piazza Navona – Fontana dei
Borromini. – Statua di Pasquino.
DA VEDERE IN ZONA
Quattro Fiumi di Bernini – Chiesa di Sant’Agnese in Agone di
Piazza della Minerva – Chiesa della Minerva che ospita le tombe del pittore Beato Angelico e di S.Caterina
da Siena. Palazzo della Minerva ex convento domenicano e sede del Santo Uffizio.
Palazzo Madama – Sede del Senato della Repubblica.
Pantheon – Tempio romano dedicato a tutti gli dei. Uno dei più grandi esempi dell’architettura antica.
Piazza Sant’Andrea della Valle – Chiesa omonima dove Puccini ambientò il primo atto di Tosca.
Piazza S. Luigi dei Francesi – Chiesa omonima. Conserva tre stupende tele di Caravaggio: la Vocazione di S.
Matteo, il Martirio di S. Matteo e S. Matteo e l'angelo.
Piazza di Montecitorio – Palazzo omonimo sede della Camera dei Deputati.
Piazza Colonna – Colonna dedicata a Marco Aurelio – Palazzo Chigi sede della Presidenza del Consiglio –
Galleria Alberto Sordi, ricca di interessanti negozi e della fornitissima Libreria Feltrinelli.
Per informazioni artistiche ed architettoniche rivolgersi a Federica, per gli aneddoti sui monumenti e
le piazze chiedere a Ferdinando, per tutto il resto domandare a Gianni.
Ogni tanto uno sguardo all’orologio per trovarsi puntuali davanti al teatro alle ore 16,15 per ritirare i
biglietti.
Teatro Valle. L’ingresso del Teatro è situato in Via del Teatro Valle n. 21
Parrocchia
S. Giovanni Battista
e S. Benedetto
Abate
Pescara Colli
Sabato 14 marzo 2009 ore 21,00
CINEFORUM
LA STRADA
di Federico Fellini
La strada è uno dei più famosi film di Federico Fellini (1920-1993), spesso inserito nelle
programmazioni dei cineforum. Questa sera l’Associazione Teatrale PerStareInsieme, in
collaborazione con la nostra parrocchia lo presenta sia per i contenuti culturali che ci invitano ad
alcune riflessioni sulla condizione dell’uomo, sia in vista della “gita” a Roma prevista per domenica
22 marzo, per assistere alla trasposizione teatrale del film.
È un film che è entrato nella storia del cinema italiano, suscitando sempre contrastanti reazioni
sia nel pubblico che nella critica. Ad esso hanno dato interpretazioni politiche, sociologiche e
religiose. Ma, com’è giusto che sia, ogni spettatore del prodotto cinematografico si costruisce la
propria opinione e ciascuno di noi in un film spesso coglie aspetti che ad altri sfuggono. La pratica
del cineforum serve proprio a mettere tutti nella migliore condizione per esprimere le proprie idee
sul film, nello spirito di condivisione e di apertura verso l’altro, al fine di arricchirsi
vicendevolmente anche da un punto di vista culturale.
SCHEDA TECNICA
Regia: Federico Fellini
Sceneggiatura: Federico Fellini, Tullio Pinelli, con la collaborazione di Ennio Flaiano
Fotografia: Otello Martinelli
Scenografia: Mario Ravasco
Costumi: Margherita Marinari
Musica: Nino Rota
Montaggio: Leo Catozzo
Prodotto da: Dino De Laurentiis, Carlo Ponti
(Italia, 1954) Durata: 107'
Leone d’Argento – Mostra del Cinema di Venezia 1954
Oscar Miglior Film Straniero 1956
PERSONAGGI E INTERPRETI
Gelsomina Di Costanzo: Giulietta Masina
Zampanò: Anthony Quinn (voce Arnoldo Foà)
Il Matto: Richard Basehart
Signor Giraffa: Aldo Silvani
La vedova: Marcella Rovere
L’Associazione Teatrale “PerStareInsieme”, legalmente costituita, si
inserisce nelle attività socio-culturali della Parrocchia di S. Giovanni
Battista e S. Benedetto Abate di Pescara Colli.
Non persegue fini di lucro e si rivolge in particolare ai
parrocchiani affinché possano vivere un positivo clima di
condivisione di esperienze socializzanti e culturali che conducano
alla scoperta e alla pratica dello star bene insieme. Attualmente
conta oltre 40 iscritti, tutti impegnati come attori, tecnici, musicisti
nei vari spettacoli.
Tra i suoi obiettivi l’Associazione si prefigge di sviluppare
l’attenzione per la cultura teatrale attraverso:
- La fruizione dei migliori spettacoli teatrali;
- L’analisi e la comprensione del linguaggio e delle tecniche
teatrali;
- L’allestimento di spettacoli in dialetto e in lingua.
In poco meno di un anno di attività l’Associazione ha finora
proposto i seguenti spettacoli:
- Lu ziprete, riscrittura in dialetto abruzzese della famosa
commedia ‘O scarfalietto di Eduardo Scarpetta (4 repliche con
circa 520 spettatori)
- Lu diavule e l’acqua sande, riscrittura in dialetto abruzzese
dell’omonima commedia di Camillo Vittici (3 repliche con circa
540 spettatori)
- La cantata dei pastori, tradizionale commedia natalizia di
Andrea Perrucci, adattata in dialetto abruzzese (2 repliche 300
spettaori)
- La condanna dell’Innocente, sacra rappresentazione della
Passione di Cristo di Alberto Cinquino (2 repliche previste)
Per l’imminente stagione estiva sono in fase di allestimento:
- Titillo, adattamento in dialetto abruzzese dell’omonima
commedia di Eduardo Scarpetta
- La fattura, di Evaldo e Isabella Verì, liberamente ispirata ad
una delle Novelle della Pescara di Gabriele D’Annunzio.
Recentemente è stato proposto un cineforum sul film La strada di
Fellini in preparazione della visione dello spettacolo teatrale
omonimo al Teatro Valle di Roma.
Siete tutti invitati a partecipare alle nostre prossime
rappresentazioni e a contribuire trovandoci scritturazioni.
Info: Associazione Teatrale “PerStareInsieme”
Via Di Sotto n. 135 – 65125 Pescara Colli
e-mail: [email protected]
Carmine Ricciardi (presidente) 3489353713
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Roma - PerStareInsieme