ALTA UOTA
Anno 10 Numero 50 edizione Luglio-Dicembre 2014
Periodico bimestrale gratuito - Tiratura 1.000 copie - Registrazione Tribunale di Udine n. 15 del 15 marzo 2005
Il Ricreatorio San Michele è iscritto nel Registro
Regionale delle Associazioni di Promozione Sociale al n. 121
www. fvgsolidale.regione.fvg.it
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Rusin, Giuseppe Ancona, don Moris Tonso, Sandro Campisi, Vanni Veronesi, Christian Franetovich, Marco Simeon, Manuela
Fraioli, Giulia Bonifacio, Cinzia Borsatti, Marco Giovanetti, Francesco Perusin, Michela Zanier.
Responsabile web: Riccardo Rigonat Responsabile marketing: Alex Zanetti Stampa: Goliardica Editrice, Bagnaria Arsa
- ore 17.30 in piazza Indipendenza
- ore 18.00 in Ricreatorio
THE E CIOCCOLATA
CALDA PER TUTTI!
DALL’ARTE DI IMPARARE ALLA DIFFICOLTÀ DI FARE IMPRESA
Se cento, o anche cinquant’anni fa avessimo chiesto al figlio d’un
fabbro «che mestiere vuoi fare?», questi nella maggior parte dei
casi avrebbe risposto: «quello di mio padre». Non si trattava di
una libera scelta, ma della logica prosecuzione di un percorso
che, attraverso le generazioni, avrebbe mantenuto viva l’arte.
Oggi, a seguire la tradizione di famiglia sono in pochi: troppo
soffocante, troppo scontata. La voglia di farcela con le proprie
forze, o forse il poco interesse per un’attività che richiede tempo,
attenzione, talento trattengono molti dal seguire le orme di chi li
ha preceduti. Accanto a questo fenomeno, però, se ne nota un altro: quello dei giovani che scelgono di iniziare da zero un’attività
artigiana. Molti, evidentemente, continuano a essere affascinati
dalla possibilità di poter produrre qualcosa di concreto e di bello
con le proprie mani; mentre molti artigiani esperti sono costretti
a chiudere per difficoltà economiche o semplice mancanza di ricambio generazionale.
In questa contraddizione sta il nucleo del problema: chi fa un
mestiere, di questi tempi, vede allontanarsi sempre di più la possibilità di tramandare il proprio sapere. Lo dimostrano i dati: sono
di più gli artigiani che aprono una nuova impresa rispetto a quelli
che riescono a proseguire un’attività già avviata. Conoscere il
proprio mestiere e saperlo svolgere alla perfezione, oggi, non basta più. Certo, non tutto l’artigianato è uguale. Nel lessico comune, per artigiano s’intende chi produce qualcosa di pregevole con
le proprie mani: sono artigiani i falegnami, i calzolai, i sarti, gli
orafi. Nell’accezione utilizzata in economia, tuttavia, il termine si
riferisce a tutte quelle attività condotte su piccola scala e in cui la
componente tecnico-pratica e manuale siano preponderanti: sono
considerati artigiani anche gli impresari edili, gli elettricisti, i
parrucchieri, gl’imbianchini. Per ognuno di questi lavori, servono
capacità imprenditoriali e di promozione che non tutti posseggono. Tassazione punitiva, difficoltà nell’assumere, pochi incentivi
per chi lavora bene sono solo alcuni aspetti del problema, che per
alcune attività produttive raggiunge dimensioni drammatiche.
Non bisogna, però, perdere la speranza. La citazione sarà fuori
luogo, ma più rifletto sulle caratteristiche ideali dell’ ‘artigiano
del terzo millennio’, più mi affascina pensare al Calvino delle
Lezioni Americane. Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità,
Molteplicità, Coerenza. Non pretendo di spiegare l’associazione
di idee, voglio solo fare qualche esempio.
Il primo è quello della molteplicità: in un’economia dominata
dall’omologazione e dalla produzione in serie, il sarto che ti cuce
un vestito addosso, sapendo che in qualcosa è diverso da tutti
gli altri vestiti che i sarti hanno cucito fino a quel momento, è
un lusso che non possiamo permetterci di perdere. Il secondo è
quello dell’esattezza: la capacità di trasformare con precisione un
concetto astratto in un oggetto concreto, plasmando i materiali
secondo le proprie idee. L’ultimo esempio non può che riguar-
dare la leggerezza: la facoltà di liberarsi, se serve, dagli orpelli
troppo pesanti della tradizione; di scegliere cosa tenere e cosa
buttare, come fa lo scultore quando estrae la forma dal marmo.
Una missione troppo difficile, più da filosofi che da lavoratori
manuali? Forse, ma c’è qualcuno che ha già accettato la sfida.
Comunque si voglia intendere la questione, un fatto è innegabile:
in questo campo è fondamentale avere qualcuno da cui imparare.
Se un tempo il mestiere si apprendeva affiancando il papà e il
nonno nel laboratorio di famiglia, oggi si sente la necessità di una
formazione adeguata. Le opinioni sulla efficacia dell’insegnamento nelle scuole professionali sono molto discordanti, tuttavia
molti dati sembrano suggerire la tendenza ad una progressiva ‘licealizzazione’ di queste scuole: si aumentano le ore dedicate alle
materie di studio e si riduce il tempo a disposizione per l’apprendimento pratico. Molte volte mi sono chiesto se ciò abbia l’intento, indubbiamente nobile, di aumentare il livello culturale di chi
esce da queste scuole, o sia solo espressione di una incapacità a
insegnare un mestiere. Abbiamo affidato la risposta a chi studia o
lavora nelle scuole professionali, resta il fatto che non possiamo
fare a meno di un sapere pratico, che sia acquisito con l’esperienza diretta, respirando l’odore del legno e della stoffa.
Chissà, se ce lo ricordassimo un po’ più spesso, avremmo qualche
scienziato disoccupato in meno, e qualche bravo sarto in più.
ALESSANDRO MORLACCO
NANDO p. 5
BRICIOLE D’ARTE p. 12
50
ALTA U TA
50 NUMERI DI ALTA QUOTA p. 10
ASILO p. 6
ARTIGIANI IN VIA
D’ESTINZIONE
CLAUDIO ZANIER p. 3
Centro Giovanile di Cultura e Ricreazione “Ricreatorio San Michele” via Mercato, 1 - 33052 Cervignano del Friuli (UD) www.ricre.org
2
IL PUNTO SU
LE ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA
Artigianato e mestieri tradizionali: i dati di CNA (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media
Impresa) e Confartigianato.
Ciò che emerge subito, da una rapida analisi dei dati di CNA
e Confartigianato, è che artigiani non sono solo i ‘mestieri
di una volta’, oggi quanto mai di nicchia a livello numerico, come il calzolaio o l’orafo. Il gran numero delle imprese
artigiane appartengono infatti al settore edilizio, all’impiantistica e alla falegnameria in particolare. Inoltre, sono fisiologicamente artigiani anche vari mestieri cui normalmente
non si pensa: ovviamente i parrucchieri e barbieri, ma anche
i fotografi, e, da ultimo, i programmatori di computer. La
composizione del dato associativo, quindi, deve essere vista
in quest’ottica: la maggioranza degli artigiani sono ‘artigiani
non tradizionali’, o comunque non quelli dell’immaginario
collettivo da ‘mestieri di una volta’.
Per la CNA ci siamo rivolti a CARLO TOMASIN, Responsabile dell’Ufficio Territoriale di Cervignano e Coordinato-
re Sindacale di Zona.
Tomasin mi fa notare che, per quello che riguarda il trend
dell’Associazione, la CNA di Udine registra un dato in
controtendenza, come si vede dalla tabella e cioè, nell’anno 2014, un aumento degli iscritti rispetto al 2013. Come si
vede, invece, il dato complessivo sia di CNA sia di Confartigianato fa registrare un deciso segno negativo, con la perdita
di molti iscritti alle Associazioni.
Le ragioni del fenomeno, secondo Tomasin, sono varie. Da
un lato sicuramente la crisi economica, che colpisce pesantemente anche il settore artigiano, soprattutto per tutto quello
che riguarda l’artigianato dell’edilizia. Quindi, buona parte
degli iscritti persi sono da imputarsi a imprese che hanno
chiuso i battenti. Nella sola zona della Bassa Friulana, del
resto, nell’ultimo anno si sono avute circa 700 richieste di
Cassa Integrazione in Deroga per gli iscritti, precisa Tomasin. Dall’altro lato, giocano molto anche una certa disaffezione diffusa rispetto all’Associazione come organo capace
di tutelare i diritti dell’imprenditore e la fine della contrapposizione ‘ideologica’, che portava a vedere l’Associazione
come soggetto in cui riconoscersi anche politicamente.
Per quanto riguarda il ricambio generazionale, secondo Tomasin è scarsissimo: meno del dieci per cento dei figli di
artigiani seguono il mestiere familiare. Paradossalmente,
invece, sono più i giovani che iniziano per primi un’attività
artigianale.
Per la Confartigianato abbiamo parlato con ANDREA
MARCELLO, funzionario responsabile degli Uffici di Cervignano, Palmanova, San Giorgio e Latisana.
Per Marcello, il dato che si può sicuramente trarre nel settore
artigianato è uno spostamento della specializzazione dall’artigianato ‘classico’ verso i ‘servizi per la persona’ (ad esempio parrucchiere e barbieri). Ad essere in crisi, per riflesso
della generale crisi del settore, è senza dubbio l’artigianato
legato all’edilizia. Tutto sommato però, il calo degli iscritti
all’Associazione è da imputare solo in parte a imprese che
uotattualità
 DATI DEGLI ISCRITTI ALLE ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA: ARTIGIANI (ART.) E COMMERCIANTI (COMM.)
Val d’Aosta
Piemonte
Liguria
Lombardia
Trentino
Abb.
comm.
2014 CNA
Totale
2014 CNA
Abb. art.
2013 CNA
Abb.
comm.
2013 CNA
Totale
2013 CNA
892
139
1.031
927
142
1.069
-38
1.242
137
1.379
1.271
148
1.419
-40
0
15.002
2.403
17.405
15.484
2.284
17.768
-363
23.171
1.144
24.315
24.268
1.058
25.326
-1.011
1.467
Abb. art.
2014 CGIA
+/-
Abb.
Abb.
Totale
Abb. art.
Totale
comm.
comm.
2014 CGIA 2013 CGIA
2013 CGIA
2014 CGIA
2013 CGIA
Abb. art.
2014
CASA
+/-
6.905
967
7.872
7.188
944
8.132
-260
4.520
475
4.995
4.877
463
5.340
-345
272
13.904
1.334
15.238
14.181
1.263
15.444
-206
42.964
1.506
44.470
44.589
1.330
15.919
-1.449
1.968
742
22
764
756
21
777
-13
10.744
134
10.878
10.877
114
10.991
-113
1
1.963
175
2.138
1.993
182
2.175
-37
9.424
213
9.637
9.637
187
9.824
-187
80
Veneto
10.764
1.124
11.888
11.201
1.108
12.309
-421
35.926
419
63.345
37.471
405
37.876
-1.531
2.847
Emilia Romagna
38.042
4.139
42.181
40.765
4.335
45.100
-2.919
15.267
1.724
16.991
15.972
1.724
17.696
-705
526
Toscana
24.752
1.952
26.704
26.075
1.882
27.957
-1.253
14.681
1.281
15.962
15.472
1.257
16.729
-767
1.013
Marche
13.559
3.171
16.730
13.819
3.144
16.963
-233
15.950
3.241
19.191
16.400
3.028
19.428
-237
1.262
Friuli Venezia Giulia
Umbria
6.146
414
6.560
6.402
341
6.743
-183
5.969
997
6.966
6.395
992
7.387
-421
191
15.317
3.670
18.987
15.272
3.363
18.635
352
5.600
844
6.444
5.953
830
6.783
-339
1.844
Campania
4.065
839
4.904
4.276
821
5.097
-193
3.788
1.208
4.996
3.490
964
4.454
542
3.629
Molise
1.005
109
1.114
1.095
112
1.207
-93
316
19
335
329
17
346
-11
603
Abruzzo
6.960
1.792
8.752
7.163
1.721
8.884
-132
5.261
546
5.807
5.486
454
5.940
-133
2.575
Puglia
6.399
2.284
8.683
6.876
2.411
9.284
-601
12.834
2.444
15.278
13.450
2.290
15.740
-462
1.038
Basilicata
1.103
191
1.294
1.185
207
1.392
-98
3.531
206
3.737
3.575
189
3.764
-27
1.336
Calabria
3.702
633
4.335
3.831
516
4.347
-12
6.682
2.341
9.023
6.938
2.047
8.985
38
4.196
Lazio
Sicilia
in
Abb. art.
2014 CNA
13.910
2.172
16.082
14.648
2.110
16.758
-676
7.444
2.991
10.435
7.870
2.715
10.585
-150
6.739
Sardegna
5.810
579
6.389
6.078
585
6.663
-274
5.427
189
5.616
5.589
173
5.762
-146
1.852
TOTALE
190.942
28.109
219.051
199.212
27.492
226.704
-7.653
230.741
22.059
252.800
239.909
20.385
260.294
-7.494
33.439
ALTA UOTA
LA SCUOLA TECNICA E PROFESSIONALE: UNA PANORAMICA
Quando ebbe trovato il nome al suo burattino, allora cominciò a lavorare a buono, e gli fece subito i capelli, poi la
fronte, poi gli occhi. Fatti gli occhi, figuratevi la sua meraviglia quando si accorse che gli occhi si muovevano e che
lo guardavano fisso fisso. Geppetto, vedendosi guardare da
quei due occhi di legno, se n’ebbe quasi per male, e disse
con accento risentito: «Occhiacci di legno, perché mi guardate?» Nessuno rispose. Allora, dopo gli occhi, gli fece il
naso; ma il naso, appena fatto, cominciò a crescere: e cresci,
cresci, cresci diventò in pochi minuti un nasone che non finiva mai. Il povero Geppetto si affaticava a ritagliarglielo; ma
più lo ritagliava e lo scorciava, e più quel naso impertinente
diventava lungo. Dopo il naso, gli fece la bocca. La bocca
non era ancora finita di fare, che cominciò subito a ridere e
a canzonarlo. «Smetti di ridere!» disse Geppetto impermalito; ma fu come dire al muro. «Smetti di ridere, ti ripeto!»
urlò con voce minacciosa. Allora la bocca smise di ridere,
ma cacciò fuori tutta la lingua.
Geppetto, per non guastare i fatti suoi, finse di non avvedersene e continuò a lavorare. Dopo la bocca, gli fece il mento,
poi il collo, le spalle, lo stomaco, le braccia e le mani. Appena finite le mani, Geppetto sentì portarsi via la parrucca dal
capo. Si voltò in su, e che cosa vide? Vide la sua parrucca
gialla in mano del burattino.
Riportando queste celebri parole di Carlo Collodi, salta
all’occhio il modo in cui lo scrittore descrive il paziente lavoro del falegname che crea la sua opera. Un’arte che ormai,
soprattutto nell’ultimo decennio, si sta andando a perdere.
Quando Collodi scrisse la raccolta di racconti che sarebbe
andata poi a comporre la celebre opera erano passati appena
vent’anni dalla nascita di una vera e propria legge riguardante la scuola italiana: la legge Casati del 13 novembre 1859,
che proponeva la netta separazione tra la formazione classica
da tutte le altre forme di istruzione, in particolare da quella
tecnica.
Questa separazione tra i due diversi tipi di istruzione rispecchiava il timore che la ristretta classe dominante provava nei
confronti di un cambiamento sociale di qualunque genere.
Dopotutto, secondo la concezione liberale ottocentesca, uno
dei requisiti essenziali per ricoprire un ruolo attivo all’interno della vita politica era il saper leggere i giornali in modo
tale da aggiornarsi per poter partecipare attivamente ai dibattiti sociali ed economici. Il controllo scolastico diventava
così uno strumento di controllo politico, cristallizzando la
società attraverso una struttura alquanto rigida.
La classe dirigente sarebbe stata ispirata da studi classici,
a differenza della piccola borghesia, la cui formazione era
invece volta a un sapere dettato dalle scuole tecniche. I restanti ceti sociali erano destinati all’analfabetismo o a vaghe
scuole di carattere professionale.
Il ginnasio-liceo era la scuola superiore per eccellenza, in
quanto una volta frequentata era possibile proseguire verso
una formazione universitaria. La scuola tecnica, invece, veniva posta sullo stesso piano delle scuole elementari e prevedeva «il fine di dare ai giovani che intendono dedicarsi
a determinate carriere del pubblico servizio, ai commerci e
alla condotta delle cose agrarie, la conveniente cultura generale e speciale» (art. 272 della legge Casati).
Lo scopo della legge era quello di unificare la sensibilità e
i valori all’interno del paese, generando un nuovo consenso
sociale all’interno della classe borghese. Il modo migliore
per far sì che ciò avvenisse era sfruttare la lingua italiana
come strumento per dare un’impostazione umanistica al liceo.
L’appesantimento delle discipline umanistiche è un retaggio
culturale difficilmente superabile. Infatti questo processo,
definito dagli analisti come ‘licealizzazione’, ha particolarmente intaccato le scuole tecniche a partire dagli anni Novanta, con la crescita dell’insegnamento di discipline non
professionalizzanti e l’aumento esponenziale del monte ore
di lezione, al fine di permettere a un numero sempre più
vasto di persone il proseguimento della carriera scolastica
verso studi universitari. L’istruzione tecnica ha così subito
un calo di iscrizioni che, dal 1992 al 1998, corrisponde al
21% e, in termini relativi dal 1998 al 2004, con una ulteriore
discesa del 3,72% a favore di licei e istituti professionali.
Probabilmente sarebbe errato ritenere che studi tecnico-professionali non siano in grado di fornire anche una formazione generale, ma per raggiungere questo grado di conoscenza
per il quale si sa di tutto un po’ si continuano a ridurre gli insegnamenti di discipline non umanistiche. Questo processo
ha portato alla creazione di ibridi, ossia a scuole che talvolta
non sono né pienamente licei né sufficientemente professionalizzanti.
Dando uno sguardo generale al resto del mondo, la situazione risulta ben diversa.
Basta spostarsi di pochi chilometri dalla nostra realtà quotidiana per scoprire che in paesi come la vicina Austria o il
nord Europa i ragazzi vengono esortati a frequentare scuole
di ordine pratico, per poi poter iniziare un percorso lavorativo consono al tipo di studio svolto. Visuale non troppo
diversa dal lontano Oriente: ampliando il raggio d’osserva-
3
IL PUNTO SU
sono uscite dal mercato: è molto rilevante anche il dato degli
artigiani che chiudono per raggiunti limiti di età, in particolare per lo scarsissimo ricambio generazionale all’interno
delle imprese familiari.
Secondo Marcello però, per dare la dimensione della crisi
del settore, si deve vedere non solo il numero delle imprese
che chiudono, ma ad esempio il gran numero di imprese che,
pur restando sul mercato, riducono drasticamente il numero
dei dipendenti; il che, in imprese artigiane spesso fondate
su rapporti personali molto stretti, diventa ancora più drammatico.
Per quanto riguarda il calo degli iscritti, si deve poi registrare una certa riluttanza delle imprese oggi ad associarsi solo
in funzione della tutela di interessi di categoria: quello che
ricercano gli artigiani e i commercianti da parte dell’Associazione è la prestazione di servizi effettivi, come l’ausilio
alla contabilità.
MARCO SIMEON
Totale
2014
CASA
Abb.
comm.
2013
CASA
Abb. art.
2013
CASA
Totale
2013
CASA
+/-
0
0
0
0
0
123
1.590
1.590
134
1.724
-134
69
341
275
65
340
1
257
2.225
2.037
193
2.230
-5
0
1
0
0
0
1
20
100
80
21
101
-1
464
3.311
2.879
413
3.292
19
89
615
576
89
665
-50
243
1.256
1.024
231
1.255
1
143
1.405
1.347
157
1.504
-99
15
206
165
16
181
25
129
1.973
1.961
110
2.071
1.888
5.517
3.425
1.806
5.231
variazioni
30/06/2014
30/06/2013
variazione
30/06/2014
1
4
3
-1
23
9
-14
-19
73
71
-5
134
132
-2
alimentari vari produzione
3
3
0
6
5
-1
1
1
0
2
2
0
antennisti ed elettronici
3
3
0
3
5
2
3
2
-1
3
2
-1
28
26
-2
127
114
-13
21
20
-1
96
102
6
6
5
-1
9
9
0
1
1
0
1
1
0
13
12
-1
26
23
-3
6
5
-1
12
10
-2
8
9
1
25
29
4
2
2
0
5
5
0
1
1
0
1
1
0
calzaturieri
7
5
-2
58
46
-12
calzetteria e accessoristica varia
2
2
0
3
3
0
carpenteria e serramenti per l’edilizia
4
4
0
15
15
0
carpenteria meccanica
63
64
1
204
189
-15
19
19
0
63
62
-1
carrozzieri
30
30
0
88
69
-19
10
9
-1
34
19
-15
carta
2
1
-1
6
1
-5
caseari
1
1
0
3
3
0
ceramisti
3
4
1
39
37
-2
1
1
0
1
1
0
chimici plastici gomma
6
6
0
17
19
2
6
6
0
18
18
0
cinema
1
1
0
1
1
0
2
2
0
2
2
0
cioccolatieri
1
1
0
5
2
-3
1
1
0
5
2
-3
arredo
ascensoristi
autobus operator e servizi turistici
autoscuole agenzie e servizi
bruciatoristi
commercio intermediazione e altri servizi professionali
confartigianato trasporti
costruzioni e prodotti edili
21
29
8
68
78
10
14
12
-2
41
39
-2
133
126
-7
312
281
-31
45
42
-3
95
76
-19
19
15
-4
59
44
-15
5
5
0
8
8
0
1.010
992
-18
1.619
1.540
-79
237
236
-1
382
384
2
elettricisti
183
180
-3
458
458
0
44
41
-3
94
91
-3
elettronica
5
6
1
13
14
1
3
3
0
3
3
0
estetica
58
59
1
79
80
1
16
18
2
21
23
2
fitness
13
13
0
19
17
-2
7
6
-1
9
6
-3
fotografi
20
18
-2
36
33
-3
4
4
0
5
5
0
frigoristi
6
6
0
18
17
-1
2
2
0
2
2
0
11
9
-2
20
16
-4
edilizia
gelatieri
1
1
0
1
2
1
gelatieri/pasticceri
51
50
-1
119
102
-17
-98
grafici
23
24
1
42
43
1
5
5
0
7
7
0
286
green
86
86
0
156
158
2
18
15
-3
32
33
1
idraulici
625
15
640
-21
2.737
958
3.695
-212
404
1.442
1.072
307
1.379
63
informatica
503
1.839
1.329
474
1.803
36
lavorazione carni
2.410
6.606
4.493
2.375
6.868
-262
legno
idraulici/bruciatoristi manutentori
944
7.683
7.293
832
8.125
-442
logistica
455
2.307
1.942
452
2.394
-87
marmisti
43.498
30/06/2013
20
400
619
8.648
variazioni
19
419
3.483
34.850
30/06/2014
0
-12
16
42.519
30/06/2013
12
217
908
9.080
variazione
12
229
acconciatori
-979
FONTE: ELABORAZIONI UFFICIO STUDI 
CONFARTIGIANATO UDINE SU DATI STOCKVIEW.
36
-10
70
50
-20
13
12
-1
28
17
-11
128
3
376
364
-12
40
41
1
126
128
2
60
57
-3
107
100
-7
16
18
2
23
26
3
3
3
0
24
25
1
62
64
2
144
140
-4
24
25
1
65
64
-1
1
2
1
3
3
0
11
11
0
36
37
1
4
4
0
16
14
-2
meccanica e subfornitura
109
100
-9
393
361
-32
34
29
-5
118
115
-3
meccanici elettrauti gommisti
109
109
0
305
320
15
34
33
-1
86
97
11
5
5
0
25
27
2
1
1
0
2
2
0
14
13
-1
19
15
-4
meccatronica
molitori
1
1
0
2
2
0
nautica
80
83
3
142
134
-8
0
1
1
0
1
1
odontotecnici
28
27
-1
49
47
-2
12
11
-1
17
15
-2
orafi
10
10
0
15
15
0
2
2
0
4
4
0
nidi e assistenza anziani
ortopedici ottici e altre attività professionali
9
9
0
18
18
0
2
2
0
3
3
0
43
43
0
206
201
-5
17
17
0
90
88
-2
pasticceri
3
2
-1
13
10
-3
2
2
0
12
10
-2
pelletteria
3
3
0
6
6
0
1
1
0
4
4
0
pellicceria
3
3
0
10
8
-2
1
1
0
3
3
0
pubblicitari
7
5
-2
36
32
-4
1
1
0
2
2
0
restauro
8
7
-1
15
14
-1
4
4
0
6
6
0
rifiuti recupero riciclaggio
6
6
0
23
20
-3
3
3
0
8
6
-2
panificatori
riparatori calzature
7
7
0
6
7
1
3
3
0
3
3
0
riparatori elettrodomestici
17
17
0
27
25
-2
3
3
0
3
3
0
riparazione manutenzione installazione macchine apparecchiature
27
29
2
87
92
5
4
5
1
7
5
-2
8
9
1
11
13
2
2
3
1
4
18
14
ristorazione
38
35
-3
98
77
-21
8
8
0
32
21
-11
sarti stilisti
11
11
0
14
14
0
3
3
0
3
3
0
servizi funebri
13
11
-2
50
45
-5
5
3
-2
15
11
-4
servizi pulizia
39
37
-2
140
130
-10
13
13
0
48
47
-1
tappezzeria
16
14
-2
26
20
-6
6
6
0
22
36
14
taxi
15
15
0
15
15
0
2
2
0
2
2
0
tessile
12
14
2
41
44
3
4
4
0
4
4
0
tintolavanderie
16
15
-1
30
28
-2
4
4
0
5
5
0
vetro musica e arti varie
17
17
0
32
31
-1
7
7
0
16
16
0
4
2
-2
2
1
-1
1
2
1
1
3
2
3023
2959
-64
6669
6334
-335
855
828
-27
1916
1857
-59
riparazione noleggio biciclette
nd
TOTALE
ALTA UOTA
zione, infatti, possiamo notare che in paesi come il Giappone
la situazione sia molto diversa da quella italiana, in quanto
i giovani scelgono il loro percorso scolastico già da piccoli.
Questo viene segnato soprattutto dal fatto che la scuola e
l’università sono molto più costose e di conseguenza meno
famiglie possono permettersi di far continuare gli studi ai
propri figli. Ciò comporta una maggioranza di ragazzi frequentanti scuole specializzate e tecniche, capaci di formare
l’individuo a svolgere un mestiere. All’interno del contesto
sociale la differenza tra laureato e non laureato non viene
percepita negativamente. Se in paesi come l’Austria un ragazzo non ritenuto brillante viene indirizzato già dalle classi
inferiori a prendere una strada lavorativa diversa da quella
del Dottore finendo a svolgere, ben pagato, il suo mestiere;
in Giappone, invece, viene attenuata questa discriminazione
tra persone portate allo studio e non.. L’individuo, infatti,
passa in secondo piano rispetto alla collettività: tanto un laureato quanto un idraulico sono indirizzati al bene comune.
Un altro scenario importante su cui concentrarsi è quello degli Stati Uniti, dove l’importanza della frequentazione di un
College è primaria, non tanto per lo studio in sé - che in certe
situazioni viene posto addirittura in secondo piano -, quanto per l’inserimento dell’individuo nella società. Per questo
motivo ogni studente frequenta attività complementari allo
studio, come ad esempio il cheerleading, i vari circoli e club
o le squadre sportive. Iniziative che molte volte superano
l’importanza del rendimento scolastico, ma che permettono,
assieme alla valutazione del reddito familiare, l’ingresso alle
università e, di conseguenza, la possibilità di diventare un
carattere di spicco all’interno del proprio Paese.
GIULIA BONIFACIO
46
125
uotattualità
0
CERVIGNANO
Imprese artigiane
Addetti
in
Abb.
comm.
2014
CASA
abbigliamento
30/06/2014
30/06/2013
BASSO FRIULI
Imprese artigiane
Addetti
4
IL PUNTO SU
FALEGNAMI ALLA TERZA GENERAZIONE
Si chiama CLAUDIO ZANIER e ci conosciamo da sempre. Assieme al fratello Fabrizio
ha una falegnameria in via Terza Armata. Lo incontro nel suo laboratorio, una specie di
paese dei balocchi per chi, come me, ha la passione del ‘fai da te’. C’è un odore pungente
e diffuso di legno, colla e vernice, quell’odore che sa di nuovo, che ti fa cercare in giro
con lo sguardo, alla ricerca di qualcosa di lucido. Ci raccontiamo le cose più recenti, ci
rassicuriamo a vicenda sullo stato di salute e sembra di riprendere un discorso lasciato
appena ieri. Gli spiego che ho bisogno di capire con lui qualcosa del suo mestiere, di come
sia stato prima il mestiere di suo padre Aniceto e un giorno, forse, quello di suo figlio Luca
ed entriamo subito nel vivo.
in
uotattualità
- Qual è il percorso che ti ha portato a fare il mestiere che fu di tuo papà?
«Gli studi mi hanno portato a diplomarmi geometra e, dopo la maturità, ho fatto il militare.
Al tempo c’era la leva e io frequentai il corso ufficiali; solo alla fine del servizio mi sono
ritrovato al bivio. Era il 1982 e le opzioni erano diverse: da
una parte la ferma permanente dell’esercito e quindi la carriera militare; dall’altra la libera professione, con il percorso necessario all’iscrizione all’albo professionale oppure il
mestiere di falegname. Devo dire che fino ad allora tutte le
vacanze le avevo passate in laboratorio: in qualche modo,
in casa, quello era considerato lo sbocco naturale; decidere altrimenti avrebbe avuto il sapore del tradimento, ma in
effetti quel lavoro mi piaceva. Non ci pensai molto, anzi,
forse non ci pensai affatto: in quel periodo un operaio di
mio padre se ne era andato via e così un giorno dopo l’altro
mi ritrovai in laboratorio e presto considerai quello il lavoro
della mia vita».
- Quali sono allora i pro e i contro di avere un padre datore di
lavoro e come è avvenuto l’avvicendamento?
«Penso di dover dividere due aspetti nel rapporto di padre/titolare rispetto a figlio/dipendente. Da un lato vi è
l’aspetto relazionale. Sicuramente nel rapporto di lavoro
c’era allora un rispetto dovuto essenzialmente all’affetto
familiare e che non potrebbe esistere in una condizione
esclusivamente contrattuale. A distanza di tempo, devo
ammettere che esisteva una consapevolezza, mai dichiarata, che la nostra collaborazione era finalizzata al bene
reciproco, anche se questo mi ha costretto a ingoiare qualche rospo. Devo dire anche
che ho sempre potuto gestire il mio tempo assecondando le mie necessità e nello stesso
tempo, quando necessario, a rispondere ai bisogni dell’attività. C’è poi l’aspetto professionale, il cosiddetto ‘mestiere’: io ho imparato a fare un po’ di tutto, a cercare soluzioni
- E tuo figlio? Ha fatto la scuola professionale, ti pare sia un buon falegname?
«L’IPSIA è una scuola nata in funzione del distretto produttivo manzanese della sedia e della produzione di serie; offre sicuramente una preparazione teorica importante e una buona
tecnica, ma è finalizzata alla programmazione di macchine a controllo numerico. La scuola risponde al bisogno del
mondo produttivo, che richiede in fretta di tecnici pronti a
entrare nel mondo della produzione di serie. Mio figlio Luca
ha acquisito una ottima padronanza delle tecniche moderne,
ha una confidenza coi sistemi informatici ai quali io sono
allergico e nel contempo ha fatto il percorso che ho fatto io
in gioventù, passando le vacanze in laboratorio a imparare
davvero il mestiere. Inoltre so che ama questo lavoro».
- Ma allora perché non è qui?
«Questo è un aspetto un po’ complesso (colgo nella voce
e nei toni una certa amarezza). Noi siamo artigiani, siamo
quindi anche imprenditori, non possiamo prescindere dal
dover far quadrare i conti. Mio padre a suo tempo lavorava
un anno per l’altro: aveva sicuramente davanti a sé dodici
mesi di ordinativi. Le cose funzionavano così, era normale,
non c’era la concorrenza delle imprese fuori regione o della
produzione di serie oppure dei prodotti in materiali sintetici.
Questo significava poter programmare gli investimenti e gli
incassi, gestire le prospettive temporali in tutt’altro modo
rispetto al tutto subito dei nostri tempi. Mio figlio Luca sarebbe felice di essere qui, sarebbe la persona giusta al posto
giusto, ha anche caratteristiche importanti e potenzialmente
utili alla nostra realtà, ma l’azienda non potrebbe sostenere un reddito che per lui oggi è
sicuro e irrinunciabile. Direi che un ricambio generazionale oggi è condizionato dalla complessità di questi tempi difficili che viviamo».
GIUSEPPE ANCONA
«INCONTRARE IL MONDO REALE PER
METTERSI ALLA PROVA»
Per sentire la voce di chi sarà il protagonista del nostro futuro, abbiamo intervistato ALEX IURLARO, un ragazzo di
Chiopris iscritto al secondo anno del CIVIFORM, a Cividale, che nella vita vuole fare il cameriere di sala.
Che tipo di scuola è il CIVIFORM?
«Il Civiform è una scuola professionale alberghiera organizzata in tre anni di corsi, un primo anno generico e due anni di
specializzazione in un preciso ambito lavorativo. Al termine
di ogni hanno è obbligatorio sostenere un esame pratico, che
permette di accedere all’anno successivo; questo avviene nei
primi due anni, mentre il terzo anno l’esame si struttura in
una parte orale e in una scritta. Al termine di quest’ultimo
viene rilasciato l’attestato di diploma abilitante a una precisa
figura lavorativa (barman, cameriere di sala, cuoco, parrucchiere, ecc.). La peculiarità del Civiform è inoltre la presenza di un quarto anno facoltativo, in conclusione del quale si
riceve il diploma in un secondo ambito professionale, aumentando ulteriormente le proprie qualifiche».
Cosa ti ha spinto a fare questa scelta per il tuo futuro?
«Ho scelto questa scuola perché voglio entrare nel mondo
del lavoro il prima possibile: qui posso sviluppare le mie capacità pratiche e apprendere, grazie a insegnanti preparati,
un vero e proprio mestiere».
In che modo questo istituto ti prepara al mondo lavorativo?
ALTA UOTA
anche quando pareva non ce ne fossero, ho imparato a fare le cose a mano prima che a
utilizzare le macchine. Mi è stato insegnato a evitare gli sprechi, a rimediare gli errori, a
non buttare via mai nulla. A volte non è stato facile trovare accordo quando vi erano divergenze di opinione, soprattutto su aspetti gestionali, così come trovare il giusto equilibrio
nell’esercizio delle mansioni. In effetti il passaggio di consegne non è stato un tempo
definito, ma un percorso che ha visto mio padre farsi da parte progressivamente. Le prime
cose che mi sono state affidate completamente sono state le incombenze amministrative e
contabili, ma sulle cose da fare l’ultima parola era sempre la sua. La presenza, però dopo
la pensione si è fatta via via più sporadica, ma se entrava in laboratorio aveva comunque
qualcosa da rimproverare».
«Oltre ai classici corsi, quali italiano, matematica, diritto ed
economia, nella mia scuola vengono investite ore sia pratiche sia teoriche per l’acquisizione di certe abilità. Io ho scel-
to di specializzarmi come cameriere/barman e ho tra i miei
corsi, infatti, anche chimica e tecnologia, che nello specifico
trattano la chimica degli alimenti e di igiene (come sterilizzare i materiali e prevenire muffe e batteri). Il nostro curriculum di studi prevede inoltre lo studio obbligatorio di due
lingue: inglese e tedesco, poiché il mondo della ristorazione
necessita ogni giorno di più di professionisti multilingue. La
parte più importante, però, sono le lezione pratiche: siamo
infatti seguiti da due maitre, ossia un esperto nella gestione
della sala e un barman. Loro ci insegnano come preparare e
servire caffè, preparati alcolici e altro, come servire ai tavoli
e non da meno la cortesia che bisogna mantenere verso il
cliente. Tutte queste cose le mettiamo subito in atto: metà
classe finge di essere cliente di un locale e l’altra si occupa
del servizio e così ad alternanza, fino a far diventare queste
pratiche dei meccanismi consolidati».
In quali momenti e in che modi vi mettete davvero alla prova?
«Durante alcune festività la scuola organizza degli eventi a
buffet in cui noi ragazzi ci occupiamo del servizio: succede
ad esempio per il 25 aprile, per la festa dei Santi e in occasione della cena organizzata della Banca di Cividale. Ma il vero
momento in cui si apprende davvero il mestiere è durante gli
stage: ne esistono di obbligatori e di facoltativi. Da gennaio
a marzo, tutti gli studenti svolgono un praticantato che dura
più o meno un mese: durante questo periodo iniziano a lavorare per un hotel o ristorante in una località vicina al proprio
paese, incontrando la vita reale con i suoi ritmi e i suoi inconvenienti; e lì davvero ci si mette alla prova e si impara. I
più fortunati e i più bravi guadagnano la possibilità di fare un
tirocinio estivo all’estero, spesso in Svizzera, Austria, Francia e Russia, in ristoranti e hotel anche a cinque stelle; non
esiste nulla di meglio per imparare e arricchire notevolmente
il proprio curriculum».
Pensi quindi che la tua scuola adempia al suo scopo formativo?
«Si, sicuramente. Non cambierei nulla a livello di corsi, sono
proprio le molte ore di pratica che vengono spese durante
l’anno che la rendono così efficace».
MICHELA ZANIER
credifriuli.pdf 15/02/2010 13.46.47
nuova
sede!
Via Roma 44
33052 Cervignano del Friuli
tel/fax 0431 31024
[email protected]
IL PUNTO SU
«OGGI È IMPOSSIBILE ASSUMERE UN
APPRENDISTA E TRAMANDARE L’ARTE»
Siamo andati ad intervistare il mitico NANDO della Val di
Resia, volto noto del mercato del giovedì di Cervignano, dove
è presente da decenni come arrotino e aggiusta-ombrelli. Ho
avuto il piacere di conoscerlo già alcuni anni fa grazie alla
lunga amicizia con i donatori di sangue dell’Afds: da tutti gli
amici è soprannominato il ‘Gua’.
artigiano sono tante rispetto ad un tempo e non puoi permetterti nemmeno di prendere con te un apprendista in modo
da tramandare ed insegnare l’arte. Oggi è difficile poter
svolgere questo lavoro in maniera continuativa: un tempo
la somma che si pagava di contributi era sostenibile, oggi
è molto più onerosa, adesso devi pagare una persona che ti
tenga la contabilità, c’è un sacco di burocrazia per cui diventa tutto più difficile se non impossibile. Se cambiassero
sistema sarebbe ancora possibile fare l’arrotino, perché la
gente ha ancora bisogno di questa figura o di qualcuno che
ripari gli ombrelli».
Quando hai cominciato a fare l’arrotino?
«A dodici anni ho cominciato questo mestiere, nel lontano
1955, seguendo le orme del papà e del nonno nel mio paese
natale a Stolvizza di Resia. All’epoca si usava andare in giro
per le case a domandare se c’era bisogno dell’arrotino o di
qualcuno che aggiustava ombrelli».
Le scuole professionali dell’epoca insegnavano anche questo
mestiere?
Così ebbe inizio il tuo lungo cammino…
«Tre anni dopo, a quindici anni, mio papà si ammalò e i miei
fratelli erano già tutti fuori casa, quindi ho dovuto proseguire
il mestiere da solo. All’inizio è stata dura, ma col tempo mi
sono abituato. Giravo tutti i comuni del Friuli, dalla montagna alla pianura, fino ad arrivare al Veneto nelle province di
Venezia, Treviso e Belluno. I contadini ti ospitavano nei loro
fienili e qualcuno ti dava anche da mangiare. Così le giornate e i mesi passavano in fretta in giro per i paesi. Ricordo
ancora la prima casa che mi aveva dato lavoro a Pozzuolo».
«Sempre all’età di dodici anni, con mio padre, quindi si può
dire che sono Cervignanese di adozione. Fra l’altro venendo
le prime volte qui da voi mi sono perso e da quel giorno
mio papà mi ha insegnato che per orientarmi devo sempre
guardare il campanile, in modo tale da avere un punto di
riferimento, altro che internet!»
piccola impresa. Quando noi resiani arrotini ci incontravamo
in giro per l’Italia era sempre una grande festa, si beveva
sempre qualche ‘taj in plui’ e se qualcuno non aveva dove
dormire lo si ospitava dal contadino di turno. Tra di noi non
c’era invidia o scontri, nel nostro lavoro c’era molta unione
e ci si aiutava a vicenda».
I figli hanno seguito le tue orme?
«La categoria si è modernizzata, ci siamo attrezzati con macchine e furgoni e abbiamo cominciato a vendere i nostri articoli, qualcuno addirittura mettendo su bottega e creando una
«Quello che ci ha penalizzato sulla vendita è sicuramente
l’importazione straniera e poi il fatto che le tasse per un
Come si è evoluto il mestiere di arrotino in tutti questi anni?
Quanto ha influenzato sul tuo mestiere l’industrializzazione e
il cambiamento del mercati?
Per concludere, non possiamo non citare il bellissimo museo
degli arrotini che c’è a Stolvizza di Resia!
«Naturalmente: un museo realizzato da una decina di anni
dalla nostra associazione di arrotini che prende il nome di
Cama. All’interno ci sono immagini, foto, quadri, biciclette
e le cama, cavalletti smontabili che all’epoca si mettevano
sulla vespa. Per noi è motivo di orgoglio: la gente che viene a visitare è sempre molto contenta ed entusiasta, spesso
vengono organizzate gite dalle scuole elementari e medie per
conoscere la nostra storia e vedere le attrezzature di uno dei
mestieri più vecchi del mondo. Siamo fieri di accompagnarli
e raccontare loro un pezzo di storia della nostra piccola comunità».
SANDRO CAMPISI
«L’ARTIGIANO? NON SMETTE MAI
DI MIGLIORARSI»
Sarto teatrale: un mestiere che pochi conoscono, ma che assomma in sé le attrattive
dell’attività artigianale e il fascino del mondo dello spettacolo. Ne parliamo con SONIA
MARIANNI, ventottenne di Chirignago (Venezia), che già da parecchi anni veste Arlecchini, Otelli e don Giovanni.
Cosa ti ha spinta a cominciare questo lavoro, e come hai cominciato?
«Forse è stato un caso: a 16 anni ho fatto uno stage nella più grossa sartoria teatrale
di Venezia. In quell’occasione ho potuto conoscere un mondo fatto di persone che
inventavano e creavano costumi e questo mi ha fatto sognare un futuro in quel
campo. Ho conosciuto una sarta, che si è offerta di insegnarmi il mestiere... così,
prima frequentavo il laboratorio un giorno alla settimana, poi tutte le estati, e poi
sempre di più, finché è diventato il mio lavoro».
Come si impara a fare la sarta?
«Questo mestiere si impara con la pratica continua e paziente, avendo dei buoni
maestri e osservandone il lavoro, studiando taglio, facendo dei corsi... Si impara in molti anni, e non si smette mai di migliorarsi».
Che tipo di istruzione scolastica hai ricevuto? Ritieni ti sia stata utile?
«Ho studiato prima all’Istituto d’Arte e poi ho seguito un corso di laurea
triennale in Arti Visive e dello Spettacolo. Anche se non è diretto e ovvio il
collegamento tra la scuola che ho frequentato e il lavoro che faccio, credo che
l’istruzione scolastica mi sia servita per sviluppare e coltivare la manualità e
per avere delle conoscenze di base sulla storia dell’arte e del teatro: il mio lavoro
non è solo manuale, ma richiede un’approfondita comprensione del contesto culturale in
cui ci si muove».
«Di sicuro il mio non è un mestiere che offra grandi possibilità per masse di giovani, ma
Cosa ti auguri per il tuo futuro?
«Tante cose, a dire la verità. La prima è di poter scegliere: decidere di lavorare sempre per
progetti che mi interessano, lasciando magari da parte ciò che mi attrae di meno. In questo
campo, solo chi è affermato può “dire di no”, altrimenti si cerca di rispondere alle esigenze di chiunque possa offrire lavoro. Mi auguro inoltre di aumentare le mie conoscenze
e le mie competenze, collaborando con persone valide. Vorrei ingrandire il laboratorio,
anche se di questi tempi non è la cosa più facile. E magari guadagnare un po’ di più,
mica mi dispiacerebbe!»
Se potessi fare delle proposte a chi si occupa di regolamentare il tuo settore, cosa
consiglieresti per poter agevolare la tua vita e quella dei tuoi colleghi?
«Questo è un tasto un po’ dolente, e mi spiace concludere così: avrei preferito finire parlando di sogni per il futuro. Di proposte ne avrei tante, ma tutte si
basano su un principio: lavorare come artigiani nel mondo dello spettacolo
non è come aprire una fabbrica. Spesso si lavora con piccole compagnie
che hanno capacità di spesa limitate. In questo, non si può dire che lo Stato
venga incontro a chi vuol rispettare le regole: la tassazione imposta è spesso
insostenibile ed è facile capire quale sia la tentazione di molti. Da quando ho
a che fare con i grandi enti lirici, invece, mi sono accorta dell’esistenza di un
mondo di privilegi, gerarchie, di regole costruite apposta per aggirarne di altre. Insomma, a volte è persino difficile ricordarsi che si lavora in un teatro! Tutto
questo andrebbe snellito, se si vuole recuperare l’autentico spirito di ciò che facciamo!
Più che proposte, mi rendo conto che le mie siano utopie. Per fortuna, pur tra mille difficoltà, se mi si chiede di pensare al mio lavoro non sono certamente questi problemi le
prime cose che mi vengono in mente».
ALESSANDRO MORLACCO
comelli.pdf 15/02/2010 13.46.30
ALTA UOTA
Credi che il tuo lavoro possa rappresentare uno sbocco professionale appetibile per i giovani?
per chi lo vuole scegliere è un lavoro molto bello e che può dare grandi soddisfazioni,
anche se a fronte di pazienza e sacrifici!»
uotattualità
«O facevi un mestiere o morivi di fame. In montagna a quei
tempi tutti seguivano il mestiere del papà o l’attività di famiglia, altrimenti si doveva emigrare e farsi una vita altrove».
«No, perché ho avuto tre femmine di cui una è infermiera
all’ospedale di Udine, una lavora presso la Danieli e una in
supermercato. Ho due nipotini che non vedono l’ora di vedermi all’opera e mi dicono sempre che da grandi vorrebbero
fare gli arrotini, anche se so già che non lo faranno mai».
Cosa voleva dire in quegli anni intraprendere un mestiere?
«No, non esisteva una scuola per questo mestiere, si imparava sul campo guardando il lavoro; non c’erano difficoltà
o pericoli per eventuali infortuni sul lavoro, perché dovevi
arrangiarti da solo, mentre oggi se un dipendente si fa male
vai incontro a una serie di problematiche non indifferenti.
Quando si faceva in bicicletta era più facile insegnare, oggi
con gli strumenti a motore è più pericoloso e quindi personalmente non mi prendo la responsabilità di insegnare correndo dei rischi. Chi vuole fare questo lavoro deve imparare
guardando: io gli spiego e la persona se poi vuole comincia a
fare per conto suo, un po’ alla volta».
in
Quando sei venuto per la prima volta in quel di Cervignano?
5
6 Altritempi
A L T R I T E M P I
IMMAGINI DELL’ASILO PARROCCHIALE DI CERVIGNANO
© ph. SILVIA GIRARDI
© ph. LORENZA SINATRA
 ASILO PARROCCHIALE DI CERVIGNANO, ANNO 1964.
da destra a sinistra: Ornella Giolo, Annalisa De Lazzari, Lorenza Sinatra, Magda Fornasin,
Elisabetta Perini, Beatrice Bonato, Maria Grazia Titotto, Maria Grazia Bradaschia.
ALTA UOTA
 ASILO PARROCCHIALE DI CERVIGNANO, ANNO 1986.
Direttrice suor Efisia (accanto Silvia Girardi con grembiule bianco).
Foto di gruppo: Piccoli, Medi e Grandi.
 ASILO PARROCCHIALE DI CERVIGNANO, ANNO 1985.
da sinistra a destra, dall’alto: maestra Gabriella, Daniela Bean, Emanuela Fabbro, (?) , Andrea Amico,
Silvia Girardi, Thomas (?), Tania Brach, Sara Tomasin, Elena Nardin, Anna Allotto, Virgilio Padrone,
Claudia Vigo, Emanuele Spessot, Giovanna Drigani, Paolo Nicola, Giovanni Stocco, Giovanni Soranzo,
Luca D’Agostinis, Francesco Malacrea, Gianluca Breggion, Sara Torcello, Gloria Catto.
© ph. SILVIA GIRARDI
© ph. SILVIA GIRARDI
ba eka
 ASILO PARROCCHIALE DI CERVIGNANO, ANNO 1984.
da sinistra a destra, dall’alto: maestra Gabriella, Sara Torcello, Giovanni Stocco,
Daniela Bean, Tania Brach, Luca D’Agostinis, Sara Tomasin, Emanuela Fabbro, Palo
Nicola, Elena Nardin, Anna Allotto, Gloria Catto, Andrea Amico, Emanuele Spessot,
Thomas (?) , Virgilio Padrone, Gianluca Breggion, Silvia Girardi, Simona Cavattoni.
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capocasale.pdf 15/02/2010 19.42.54
crogiolo.pdf 15/02/2010 13.47.03
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(si fa sempre per dire)
di Alberto Landi
LE LENTICCHIE: VITA VISSUTA TRA MITO E CRONACA CITTADINA
MINESTRONE DI PASTA E LENTICCHIE
Dopo una messa a bagno di circa 12 ore, scolatele e mettetele
a bollire in abbondante (dovrete usarla anche per cuocervi
la pasta) acqua aromatizzata con cipolla, sedano e sale. Nel
frattempo in una pentola fate leggermente soffriggere un pesto di lardo o della pancetta o parte di uno stinco di maiale,
aglio, una costa di sedano, una cipolla media, un ciuffo di
prezzemolo, dei pomodori maturi (senza pelle tagliati a pezzettoni) o anche della passata, un po’ di peperoncino rosso,
sale quanto basta; bagnate se necessario con l’acqua di cottura lasciando cuocere per una decina di minuti. Appena pronte
le lenticchie, scolatele e unitele al soffritto lasciandole insaporire. A questo punto aggiungete parte dell’acqua di cottura
(*), fate riprendere il bollore e aggiungete la pasta che più vi
aggrada (conchigliette, spaghetti spezzati in piccole parti, tubettini); a cottura ultimata spegnete, aspettate che si addensi
e servite. In genere non serve il formaggio.
(*) Attenzione: non troppa né troppo poca, tenetela bollente
quella avanzata in modo da poterla aggiungerla se dovesse
servire.
TRA MITO…
Eravamo rimasti, cara signora Bice, alla 2a. fatica d’Ercole
dopo aver raccontato la 5a. e la 6a.; facciamo ordine e riprendiamo ora dalla prima. Riguarda il Leone di Nemea, figlio
del mostro Echidna generato con Ortro, il terribile cane, figlio a sua volta della stessa Echidna. Il leone viveva in una
grotta con due uscite ed era un vero flagello per il popolo
di Nemea, in quanto assaliva e sbranava uomini e animali e
non poteva essere ferito, perché la sua pelle era invulnerabile. Racconta Teocrito che Ercole (Eracle) lo assalì di spalle
affinché il leone non gli dilaniasse le carni con gli artigli, e lo
soffocò. Per incidergli la pelle e scuoiarlo fu necessario usare
i suoi stessi artigli, perché non c’era ferro che potesse farlo.
Con la pelle si cinse i fianchi quale protezione nelle lotte che
straziano i corpi.
…E CRONACA CITTADINA.
Sono tanti gli avvenimenti che hanno attraversato Cervignano in tutti i mesi passati. Ne scelgo alcuni, per curiosità, per
importanza, secondo il mio parere.
OLTRE LO SPECCHIO
PEDALANDOMIPERDO
In questi ultimi mesi ho scoperto il piacere della corsa e della bicicletta. E usare la parola
piacere mi fa sorridere, perché li avevo sempre considerati
come sport di scarso interesse, troppo noiosi o troppo faticosi. Ma, come natura insegna, anche noi cambiamo.
Io ho poco tempo per andare in palestra e forse questa è stata
la motivazione iniziale che mi ha portata a provare la corsa,
IL PLATANO ULTRACENTENARIO. Salvo per il momento l’antico platano che ha oltre centocinquanta anni e vive a
Scodovacca, in via Fredda all’incrocio con via Veneto, che
l’età e disastri meteorologici hanno, a quanto sembra, minato e condannato all’abbattimento, stando a una perizia della
provincia. Ma l’amministrazione comunale prima di arrivare a
quella che sarebbe la “soluzione finale” vuole cercare di salvare il maestoso albero. Da qui un autentico monitoraggio della
vetustissima pianta, con l’applicazione di sensori, e sottoposta
a diverse prove di trazione con simulazione di raffiche di vento, dalle meno potenti fino ad arrivare a quella di maggiore intensità avutesi nella zona. Al termine delle operazioni, i tecnici
intervenuti sono sembrati ottimisti, anche se bisogna attendere
l’elaborazione dei dati rilevati per la decisione finale.
VIA ROMA. Sempre più negozi chiusi in via Roma e le immediate adiacenze. Dopo la chiusura de I sapori della costiera amalfitana, quella di Benetton e di un altro negozio
sempre nel campo dell’abbigliamento; infine all’inizio del
mese ha chiuso anche Avant Garde, ben noto ai cervignanesi
e non solo. L’apertura di un nuovo negozio di moda femminile, chiamato appunto Via Roma, dunque non può che
rallegrarci, tanto più che la sua titolare è una collaboratrice
di Alta Quota… la nostra Cinzia Borsatti!
ACQUA BENE COMUNE. Che fine faranno i nostri pozzi
artesiani? La regione ha dato il via al Piano Regionale Tutela
Acque che prevede, tra l’altro, l’eccessiva strozzatura delle fontane sì da compromettere la funzionalità dei fontanili,
essendo prevista un’emissione per uso domestico pari a un
massimo di 0,1 litri al secondo, cioè una riduzione pari al
90% dell’attuale emissione.
mentre l’utilizzo della bici è stato dettato da una scelta ecosostenibile.
Vivendo in città da qualche anno ho iniziato a sentire la
pesantezza mentale e fisica di prendere uno o più mezzi al
giorno. Il rumore delle macchine e il rumore delle persone,
inoltre, amplificavano lo stress che accumulavo durante le
giornate. Per non parlare dell’inquinamento presente in una
città, seppur piccola, come Milano.
Così ho iniziato a usare la bicicletta per muovermi e ho riscoperto il piacere dell’aria fresca la mattina presto, ma anche il
freddo pungente sulle mani delle prime visite dell’autunno.
Ed è così che, col passare delle giornate, incontro le stagioni
e le vedo mutare attraverso la luce del sole che cambia di ora
in ora, di giorno in giorno.
Come ogni persona curiosa ho iniziato a cercare e seguire siti
dedicati alla corsa e alla bici, non solo come attività sportiva ma come opportunità di vivere diversamente. Una delle
scoperte più interessanti è il sito/blog Pedalandomiperdo di
Pierre Cesaratto, un giovane friulano di Prepotto che dopo
aver percorso 6000 km in Europa da agosto pedala lungo la
penisola Indiana.
Quello che si può fare per il pianeta parte anche da piccole
cose come queste, ma quello che conta è che a farlo è il nostro corpo, con le sue fantastiche possibilità.
MANUELA FRAIOLI
ba eka
di Manuela Fraioli
LENTICCHIE RIPASSATE IN PADELLA
Bollite che avete le lenticchie, se ne avete di proposito messe
in più, passatele in una padella dove avrete scaldato dell’olio
extravergine, un aglio che avrete tolto appena imbiondito e
sostituito con un po’ di cipolla tritata, un “niente” di peperoncino rosso e pezzettini di guanciale. Pomodoro a piacere.
Consumate come contorno o come piatto a sé stante.
N. B. Per chi non ha tempo per far bollire le lenticchie non è
scandaloso usare quelle già pronte in commercio.
E
LENTICCHIE
Nonostante siano un alimento di prim’ordine ricco di proteine, carboidrati e ferro, sono di gran lunga meno “gettonate”
di fagioli e piselli nella preparazione di minestroni e pietanze
varie. Trovano largo consumo, invece, nelle festività natalizie, soprattutto nel cenone di Capodanno, perché “portano
buono”. E via così ad accompagnare zamponi, cotechini,
stinchi, oche e anatre.
http://pedalandomiperdo.it
https://www.facebook.com/pedalandomiperdo
RADIO PRESENZA: ECCO LA NUOVA STAGIONE
P rogettare
A bitare
Un progetto importantissimo che vuole trasmettere il meglio delle emozioni dell’universo bianconero, gestito da una redazione giovane e preparata, condotto dalla coppia Stefano Pontoni, giornalista e caporedattore di
tuttoudinese.it, e Stefano Tomat, coordinatore di Radio Presenza. Molti gli ospiti già dalle
prime puntate: calciatori, presidenti, direttori e giornalisti, per fare un punto in casa Udinese
e sulle altre squadra della famiglia Pozzo, con la voglia di raccontare tutto il meglio di questa
prima grande ed entusiasmante parte di stagione.
A breve, inoltre, partiranno altre due nuove trasmissioni: Nicoletta condurrà Ho fatto centro,
che intende spiegare a giovani e non l’applicazione sportiva delle armi, attraverso la conoscenza degli strumenti, delle attività, dei luoghi deputati a questo esercizio; Adriana sarà invece al
timone di Sfoglia che ti passa. Ma sfoglia cosa? Sfoglia un libro, sfoglia un giornale: sfoglia
qualunque cosa che ti faccia passare il tempo, la noia, la malinconia, la fila alla posta, ma che
ti trasmetta sensazioni positive, interessanti, magiche o magari solo curiose. Continueranno
infine le rubriche Insieme si può, a cura dei volontari dell’Auser, e Prezzemolo e Cannella.
Non mancano, naturalmente, i vari spazi dedicati agli ascoltatori, che possono intervenire in
diretta e interagire con i conduttori o mandare sms. Insieme a Radio Presenza c’è la possibilità
di trovare anche la diretta in streaming sul sito internet dell’emittente, www.radiopresenza.org,
portale costantemente aggiornato che dà anche la possibilità di ascoltare tutta la programmazione della radio. È presente anche un app dedicata da scaricare su tutti gli smartphone, così
da portare sempre con voi il meglio delle trasmissioni, mentre per la zona di Cervignano e
dintorni basta sintonizzarsi sui 99.0 mhz.
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Riparte la programmazione autunnale di Radio Presenza e sono molte sia le conferme sia
le novità per questa stagione 2014/15. Rimangono nel palinseto trasmissioni “storiche”,
giunti ormai al terzo anno di produzione: il Caffettiere Filosofico, programma di cultura
a 360° con Cinzia e Marco; Modulazione di Presenza, dove si parla di avvenimenti sul
territorio con Stefano; nonché Spin The Black Circle, ex It’s Time To Rock & Roll, con le
band emergenti e Sasha e
I NOSTRI CONTATTI
Flora ai microfoni.
Non mancano, però, le
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novità importanti, con
ancora più spazio all’inAERIAL FM
99,0 MHz FM
formazione: iniziato ad
ottobre, A Tuttoudinese
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va in onda ogni sabato
dalle 15 alle 16 ed è la
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fonica di tuttoudinese.it
(network della testata miWWW.FACEBOOK.COM
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interamente all’Udinese.
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CERVIGNANO FILM FESTIVAL: UNA 2ª EDIZIONE DA RECORD!
«Innanzitutto noi dobbiamo lavorare alle nostre idee come
fossero dei manufatti. Io sono pronto a vedere il non detto,
il non avvenuto, il non vergine per mancanza di lucidità»:
parole strascicate dalla voce incerta di Pino, protagonista
del cortometraggio America, vincitore del prestigioso Cervo d’oro per il 2º Cervignano Film festival – Il cinema del
limite e del confine, svoltosi dal 23 al 28 settembre scorso.
Ma chi è veramente Pino, alias Giuseppe D’Angelo Bertuna?
Difficile dirlo. La sua vita, raccontata in prima persona, è
un’esistenza immaginata a far correre i nani, fatta di castelli
in aria e amorevoli gesti terreni, vissuta «in un altro cortile,
un altro mondo» e dedicata ad abbellire i volti dei cadaveri
prima dell’ultimo viaggio: un ‘tanatocosmeta’, dunque, ma
Pino preferisce definirsi «il primario del reparto eternità».
Il regista, l’aostano Alessandro Stevanon (vedi foto), ha
conquistato la giuria del Cervignano Film Festival – presieduta dalla critica cinematografica Beatrice Fiorentino e
composta dai cineasti Alberto Fasulo e Lorenzo Bianchini –
con la sua opera spiazzante, un mockumentary che conferma
la vocazione del nostro Festival a proporre film sospesi fra
realtà e fiction, con linguaggi adatti a raccontare un mondo
sempre più complesso e poliforme. Così, infatti, la Giuria ha
motivato la sua scelta:
Con un inedito racconto del sogno, America ci ha
permesso di sentire il palpito emotivo di un uomo e
della sua generazione che ha vissuto sulla propria
pelle una forte disillusione, attraverso un linguaggio
cinematografico che supera il limitato discorso del
documentario e della finzione.
More than two hours, dell’iraniano Ali Asgari, si è invece
aggiudicato il Gran Premio della Giuria intitolato a Pier Paolo Pasolini, raccontando senza compromessi la difficile realtà
dell’Iran, dove il sesso prematrimoniale è vietato per legge.
Di seguito gli altri premi:
•MIGLIOR REGIA (PREMIO SHOOTOOLS): Mienin, di
David Cordero.
•MIGLIOR SCENEGGIATURA: Bella di notte, di Paolo
Zucca.
•MIGLIOR FOTOGRAFIA: Janvier, di Pier Paolo Patti.
•MIGLIOR INTERPRETE MASCHILE: Didier Daimonax, per Janvier.
•MIGLIOR INTERPRETE FEMMINILE: Christelle Cornil per Electric Indigo.
•PREMIO DEL PUBBLICO: Lego assault on the Police
Station, di Andrea Baldini.
•CERVO D’ORO AL MIGLIOR VIDEOCLIP: Gli impressionisti dei Freak Opera, regia di Pier Paolo Patti.
•MIGLIOR VIDEOCLIP FVG: Formigole, di Toni Bruna,
regia di Fabio Capalbo.
•PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA: Sons, dei Concorde, regia di Alexis Beaumont & Rémi Godin.
•FINESTRA SUL CINEMA FVG: The Editing, di Andrea
Cerovac.
•SEZIONE SCUOLE: Istituto ‘Ascanio Sobrero’ di Casale
Monferrato per All In.
Difficile riassumere in poche righe un’edizione che, al di là
dei tanti e bellissimi eventi collaterali (concerti, proiezioni
fuori concorso e una finestra sul cinema della Grande Guerra), ha visto sfidarsi - fra fiction e documentari - 27 corti internazionali, 5 regionali e 6 realizzati da scuole di tutta Italia,
nonché 14 videoclip nazionali e altri 14 made in FVG: una
rassegna, come ha scritto Eleonora Degrassi su Mediacritica, «giovane, energica e priva di paure, cresciuta rispetto
alla passata edizione, che sviscera sotto tutti i punti di vista
un concetto di per sé complesso e proteiforme; l’evento offre
un ventaglio di proposte che danno modo, mostrando al pubblico opere che non sempre sono reperibili e comprensibili
immediatamente, di aprire la mente e riflettere». Di certo, io
sto già contando i giorni che ci separano dall’edizione 2015!
VANNI VERONESI
uotati
RITORNA IL PRESEPE IN DUOMO!
È ricominciata a fine settembre la lavorazione del presepe destinato all’esposizione nel
nostro Duomo durante il periodo natalizio. Il gruppo si ritrova regolarmente per elaborare il progetto originario, che nel tempo si sta evolvendo con sempre nuove scenografie. Si tratta di un paesaggio di fantasia, ambientato nella campagna friulana all’inizio
del secolo scorso, ma che quest’anno cercherà di riprodurre anche una ambientazione
locale. I materiali impiegati sono dei più vari e vanno dalla tecnologia elettronica di
ultima generazione al recupero di materiali e oggetti di uso comune. Non è raro, poi,
il contributo di alcuni simpatizzanti che mettono a disposizione oggetti e miniature,
anche di ottima fattura. L’attività coinvolge grandi e piccoli e ognuno può esprimere le
proprie capacità: ci sono le menti che elaborano le idee e le braccia che le realizzano;
spesso, in corso d’opera, capita di cambiare idea e di apportare alcune modifiche ma,
alla fine, con grande soddisfazione tutto prende forma e nulla è lasciato al caso! In questi giorni in particolare si sta sperimentando il funzionamento di un movimento meccanico, a cui è affidato il compito di introdurre un cambio di scena nel corso delle fasi di
aurora e tramonto. Il tutto è auto-costruito e utilizza un vecchio motore di tergicristallo
automobilistico e quello di un alzacristalli. Chissà se riusciremo a farcela?! Al centro
di tutto, non dimentichiamolo, c’è sempre la Natività con il mistero dell’incarnazione.
GIUSEPPE ANCONA
i più
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Semplici occhiate buttate qua e là
di Simone Bearzot
ALTA UOTA
DICA TRENTA(TRE)
Ci sono le età di passaggio, di transizione, di cambiamento.
E poi ci sono i 30 anni.
Che si tratti di qualcosa di speciale lo conferma una breve
ricerca su Google, dove il tema è tra i più trattati e descritti
(vincere contro i dieci anni o i novanta è gioco facile, ma già
venti e quaranta rappresentano avversari dignitosissimi). E
quindi, immergendomi in dieci minuti buoni di crisi esistenziale pret-a-porter, tanto vale prendere il toro per le corna.
Saltando Cose da sapere a 30 anni sulle pensioni per manifesta fantascienza del tema, ciò che resta invita sottilmente
a un primo flebile bilancio, soprattutto quando sono negate
in partenza le prerogative nobiliari di Henry d’Inghilterra,
il conto in banca di Mark Zuckerberg o le abilità di LeBron
James (tre casi di nati nell’84). Tutto parte dalla lista più temuta, le Dieci
cose che
un uomo
dovrebbe evitare dopo i 30
klimatherm.pdf
1 05/07/2013
08:33:58
anni. Elenco severo che include non mangiare al fast food,
smetterla di giocare ai videogiochi, fare una cernita delle
vecchie t-shirt e soprattutto dormire di più. A questo c’ero
già arrivato da solo, alla luce delle attuali 48 ore di ripresa
da serata. Matusa.
Di maggiore ispirazione le Cose da fare prima dei trenta.
Anche se visitare il Nepal zaino in spalla può risultare effettivamente un po’ ambizioso, e Rimettiti in forma è uno dei
mantra che la vocina fastidiosa del mio Io interiore ripete
senza sosta né risultati da anni. Che poi, immagino serva una
certa preparazione fisica per andare in Nepal zaino in spalla,
quindi possiamo bocciare due proposte in un colpo solo.
A questo punto il livello sale: meno Facebook, più amici
(banale ma sempre attuale, inoltre ci permette una piccola
vendetta sul trentenne e ricchissimo Mark), ma soprattutto Nomina dei guardiani della tua vita, persone fidate che
sappiano consigliare, valutare e all’occorrenza bacchettare
quando necessario. Bello, lo teniamo, mi piace.
Quasi quanto il blog USA che invita a cambiare il concetto di
età: «C’è stato un momento in cui hai pensato che un trentenne fosse vecchio. Bene, non lo è, e nemmeno un quarantenne». L’autore del blog dev’essere un trentanovenne immersosi per dieci minuti in una crisi esistenziale pret-a-porter.
S: tra una settimana compio trent’anni.
PS2: AQ uscirà solo in seguito, quindi potrò dividere sadicamente l’universo di amici e conoscenti tra chi si è ricordato
gli auguri e chi no.
PS3: Facebook sarà di aiuto a molti per beccare la data. Dannato Zuckerberg!
PS4: Cose da non dimenticare dopo i 30 anni punto numero
1 - Non prenderti troppo sul serio.
.
.
.
caffetteria stuzzicheria
di Colic Rossana
33052 Cervignano del Friuli (Ud) • Piazza Libertà, 9
Tel. e Fax 0431.30312
IL CAFFETTIERE FILOSOFICO
ARTI E MESTIERI
NELLA
CULTURA ITALIANA
di Marco Giovanetti
Le arti e i mestieri. Le abbiamo sentite nominare nei nostri
studi umanistici, ci sono restate impresse nella mente e molte volte non sappiamo nemmeno il perché. Soprattutto ce le
ricordiamo legate al nome della città di Firenze. Infatti, nella
città toscana, gli artigiani cominciarono a costituirsi come
corporazioni delle arti e mestieri tra il XII e il XIII secolo. Si trattava di vere e proprie associazioni laiche, nate per
la difesa e il perseguimento di scopi comuni che riunivano
gli appartenenti a una stessa categoria professionale, oppure persone che esercitavano lo stesso mestiere. Un’unione
che portò i suoi frutti: Firenze ebbe un incredibile sviluppo
economico e diventò una delle città più ricche e potenti del
medioevo europeo. Quando si dice l’unione fa la forza!
Queste corporazioni non si svilupparono solo in Italia, ma
anche in Francia, dove presero il nome di Guildes, in Inghilterra Guilds, in Spagna Gremios e in Germania Zünfte.
L’ingresso nelle corporazioni era regolato da precise condizioni: essere figli legittimi di un membro della stessa arte,
dare prova della propria abilità artigiana e pagare una tassa.
Il popolo minuto, così, venne escluso dalla possibilità di appartenere a un’arte fino alla rivolta dei Ciompi, nel 1378.
Ciascuna arte aveva il proprio Statuto, con pieno valore di
legge, e poteva emettere sentenze nelle controversie tra i
membri o tra questi e i loro sottoposti. Fin dall’inizio, però,
le Arti non ebbero tutte pari dignità; inizialmente furono divise in sette Arti Maggiori e quattordici Arti Minori.
Ma perché ci ricordiamo di queste arti nella letteratura? Perché alcuni dei nomi più importanti della cultura fecero parte
di queste arti. Uno su tutti Dante Alighieri, che con Masaccio
e Giotto fece parte dell’Arte dei Medici e Speziali. Dante
IN
PRINCIPIO
ERA
IL
non fu mai un medico, ma l’entrata in una delle arti era requisito indispensabile per poter entrare nel mondo politico.
Non solo questi personaggi, comunque, furono iscritti a una
delle arti. Nell’arte dei giudici e notai troviamo umanisti
come Brunetto Latini, Coluccio Salutati e Francesco Guicciardini. Dino Compagni, lo storico, faceva parte dell’Arte
della Seta. Macchiavelli, lo scrittore de Il Principe, era invece iscritto all’Arte dei Vinattieri.
9
Dopo il grande sviluppo e la potenza assunta dalle Arti nel
Trecento, il loro peso politico risultava già ridimensionato nel
Quattrocento durante la signoria Medicea. Dopo la scoperta
delle Americhe, le nuove rotte commerciali misero in crisi il
sistema corporativo che si avviò verso un lento declino. Le
14 Arti Minori vennero quindi raggruppate in 4 Università:
•l’Università di Por San Piero, che riunì gli appartenenti
alle Arti dei Beccai, Fornai e Oliandoli;
•l’Università dei Fabbricanti, che riunì gli appartenenti alle
Arti dei Fabbri, Chivaioli, Maestri di Pietra e Legname,
Corazzai e Spadai e Legnaioli;
•l’Università dei Maestri di Cuoiame, che riunì gli appartenenti alle Arti dei Calzolai, Galigai e Correggiai;
•l’Università dei Linaioli, che riunì gli appartenenti alle Arti
dei Linaioli, Rigattieri, Vinattieri e Albergatori.
Nel 1770 il granduca di Toscana soppresse tutte le Arti ad
eccezione di quella dei Giudici e Notai, spostandone le funzioni alla Camera di Commercio, Arti e Manifatture. L’Arte
dei Giudici e Notai continuò ad esistere fino al 1777, quando
un nuovo bando granducale ne passò le prerogative al Magistrato del Conservatorio delle Leggi. Da lì non ci fu più arte!
VERBO /4
di Vanni Veronesi
SE VOGLIAMO L’EUROPA, STUDIAMO GRECO E LATINO
Tuttavia, chi ha mai detto che una materia, per essere
bella e interessante, debba per forza risultare sempli-
 Tiziano, Il ratto di Europa, 1562, olio su tela, 205×178 cm,
Isabella Stewart-Gardner Museum, Boston (www.gardnermuseum.com).
La Redazione di Alta Quota augura a tutti
buon Natale & felice Anno Nuovo 2015
non dire suggestivo, senza contare che il valore didattico
di questo tipo di metodo è altissimo: abitua al rigore nella
ricerca, addestra la mente all’elasticità, sviluppa il senso
critico.
Eppure, dai dibattiti televisivi a quelli sulla carta stampata,
i detrattori delle lingue classiche sono sempre più numerosi. La Cina avanza, il mondo arabo entra ogni giorno nella
nostra cronaca politica, esplode la rivoluzione informatica:
che ci importa - si pensa - di Omero e Catullo? Niente di
più sbagliato. Se vogliamo essere pronti al confronto con la
modernità, dobbiamo avere gli strumenti per affrontarla: le
nostre radici. Paradossalmente, mai come in quest’epoca di
mutamenti continui, improvvisi e globali abbiamo bisogno
delle materie classiche, ovvero di un punto fermo e indiscutibile per l’educazione scolastica e per la nostra identità.
L’Occidente è il risultato dell’incontro fra la cultura grecoromana e quella cristiana; negarlo è antistorico e sappiamo
quanto male abbiano fatto, nel secolo che ci siamo lasciati
alle spalle, quei regimi che hanno voluto azzerare la storia
presentandosi come iniziatori di nuove epoche.
Parliamo lingue che, in molti casi, sono una semplice evoluzione del latino con enormi apporti dal greco; ragioniamo
con le categorie che ha inventato Aristotele; ci vantiamo di
vivere in una democrazia, ma questa forma di stato nacque
nell’Atene del V secolo a.C.; a Giurisprudenza studiamo ancora il diritto romano; percorriamo piazze, vie
e strade tracciate da millenni e beviamo l’acqua degli
acquedotti romani; dalla pittura all’architettura, dalla scultura alla letteratura, tutte le nostre forme d’arte
sono una proiezione dei modelli classici; abbiamo decodificato i geroglifici egiziani grazie al greco antico;
abbiamo addirittura scoperto l’America partendo dalle
opere di Seneca; a Medicina recitiamo ancora il giuramento di Ippocrate. Se tutto ciò sembra poca cosa,
vorrei ricordare che anche il Cristianesimo poté diffondersi proprio grazie all’uso del latino e del greco; in
compenso, salvò, attraverso l’opera dei monaci amanuensi, l’immenso patrimonio letterario dell’antichità,
traghettandolo fino ai giorni nostri.
«Si deridono con ragione i progetti di riforma universale. Frattanto è evidente che v’ha che riformare nel
mondo, e fra tutti gli abusi, quelli che riguardano l’educazione sono, dopo quelli che interessano il culto, i più
perniciosi». Così scriveva, nell’apertura del suo Saggio
sopra gli errori popolari degli antichi, un diciassettenne Giacomo Leopardi. Speriamo che il ministro Giannini le tenga ben presenti. Perché l’Europa non può fare
luilei 83x26.pdf 15/02/2010 13.45.19
a meno
del greco e del latino.
ALTA UOTA
Nei primi giorni del ginnasio, quando i professori pongono
alla classe la fatidica domanda «perché, si insegnano il latino e il greco?», le risposte più frequenti sono anche quelle
più ovvie: «Perché le nostre parole derivano dal latino e dal
greco, perché la nostra cultura è la diretta emanazione della
civiltà greco-romana e con essa ha molti debiti» e così via.
Tutto vero, ma occorre precisare in che termini.
Parlare di ‘debito’ nei confronti dei Greci e dei Romani, in
realtà, pone la questione da un punto di vista che non
aiuta ad affrontarla, perché il termine evoca un’idea negativa, quasi un tributo da pagare, volenti o nolenti, allo
studio del passato. Platone fu senz’altro il “fondatore
della metafisica”, Erodoto il “padre della storia”, Cicerone una “tappa fondamentale della retorica e dell’oratoria”, ma finché non si dà ragione di queste definizioni,
qualsiasi discorso sull’attualità dell’antico non ha alcun
senso: il risultato è una parata di busti da gipsoteca a cui
dover rendere omaggio senza alcun sentimento.
A dire il vero, le materie classiche richiedono proprio
un atteggiamento opposto: svestirsi dei panni della modernità ed entrare in un mondo che per diversi aspetti
non ha nulla a che fare con il nostro. Un mondo in cui
una qualsiasi persona erudita era in grado di ricordare
a memoria decine di migliaia di versi senza alcuna difficoltà, e in cui un periodo di un testo poteva estendersi per tredici, quindici, venti righe, ovviamente con il
verbo principale collocato negli angoli più improbabili
(per noi). Diciamolo pure: chi vuole presentare il latino
e il greco come discipline facili da apprendere senza
alcuno sforzo, non fa che prendere in giro gli studenti.
ce? Se poi il problema viene identificato nella grammatica,
considerata ostica e quindi da aggirare, possiamo anche
chiudere bottega e dedicarci ad altro, perché tutti i tentativi
di insegnamento ‘alternativo’ di queste lingue sono tanto
stupidi quanto pericolosi; sarebbe come occuparsi di fisica
senza conoscere la matematica. Molto meglio, al contrario,
approfondire la morfologia in tutti i suoi aspetti, ricostruire
i fenomeni fonetici nel corso del tempo, render conto del
perché di una costruzione sintattica particolare, chiarire le
differenze più sottili - e proprio per questo più affascinanti
- fra le parole e nell’uso dei verbi. Non solo: troppe volte ci
si dimentica che proprio lo studio puntuale del lessico può
chiarire molti aspetti delle società che l’ha prodotto, al pari
della storia e dell’archeologia. Un esempio? Quali funzioni
aveva, in origine, il rex romano? Il linguista Emile Benveniste, nel suo Vocabolario delle istituzioni indoeuropee,
ha sottolineato la comune origine del latino rex e del greco
orégo, verbo che significa ‘stendere in linea retta’, procedendo inoltre a un esame dei valori antichi della radice reg
in latino, dal sostantivo regio, regionis all’aggettivo rectus.
Ne esce un’autorità «più simile […] al sacerdote che al re
in senso moderno», in grado di «tracciare i limiti delle città
e determinare le regole del diritto»: la linea ‘retta’, appunto, in senso tanto fisico (confini) quanto morale (giustizia).
Sfido chiunque a dire che tutto ciò non sia interessante, per
t
ultura
Europa: quante volte leggiamo o sentiamo questo termine?
«Ce lo chiede l’Europa» è la classica frase riempi-bocca del
politico medio, anche di coloro che vedono in Bruxelles il
centro del complotto giudaico-massonico-plutocratico che
stritola noi poveracci con la moneta unica.
Ultimamente, la comparsa del documento La buona scuola,
il pdf dalla copertina rosa caramella con le linee guida della
riforma che ha in mente il ministro Giannini, è stato salutato
con soddisfazione da varie parti. Qualcuno, però, ha esortato
il governo Renzi a spingersi oltre: se è vero che il rottamatore
Matteo vuole un’Italia «smart», allora è arrivato il momento
di eliminare il greco e il latino dalla scuola. Perché? Ovvio:
per «allineare l’Italia all’Europa». Peccato che proprio nel
resto d’Europa lo studio della lingua latina stia vivendo un
nuovo slancio, voluto dalle autorità pubbliche, ma sostenuto
anche dai privati. Chi ha ragione, dunque?
ALTA UOTA
i più
uotati
10
50
ALTA U TA
PER IL 50° NUMERO DI
ALTA QUOTA
LA VOCE DI UNA COMUNITÀ
Ho fatto conoscenza con Alta Quota a partire dall’edizione speciale
dell’aprile 2008, dedicata alla figura di don Silvano, mio compianto predecessore alla guida della parrocchia di Cervignano: sono subito rimasto
colpito dalla freschezza, originalità, colore, comunicativa di quei dodici
fogli dal formato fin troppo grande e dai caratteri fin troppo piccoli. Uno
strumento davvero efficace per fissare nella memoria di tutti le testimonianze su chi era stato per dieci anni l’amato e coraggioso pastore di questa comunità. Era il supplemento al nº 19. Poi sono stato intervistato da
Simone Bearzot in vista del mio ingresso quale nuovo parroco di questa
città e avevo manifestato a tutti che avrei proseguito, ovviamente a mio
modo, la linea pastorale di don Silvano, sulla quale mi trovavo in perfetta
sintonia.
Da allora la redazione del giornale mi ha spesso richiesto di fare degli
articoli ed esprimere il mio pensiero sulle varie tematiche che venivano
toccate. Passando in rassegna gli argomenti trattati in questi ultimi anni,
li trovo tutti interessanti e stimolanti: morire sulle strade, la mafia, la corruzione, l’usura , il gioco d’azzardo, la crisi delle vocazioni religiose, le
missioni, il lavoro, la burocrazia, il ricreatorio e così avanti. Alta Quota
faceva e fa parlare i cittadini di Cervignano, mette a confronto le loro
idee e le loro proposte, li informa su aspetti meno noti della sua storia e
delle sue bellezze artistiche. Questo coinvolgimento di tante persone, in
gran parte giovani, in un lavoro serio, accurato, di buon livello culturale
è un’attività preziosissima e imperdibile per la nostra città. Non si tratta
infatti di un bollettino parrocchiale o di un Santuario e non è neppure una
rivista di nicchia: è veramente voce di una città che pensa, ricorda, gusta,
fa attenzione, esprime desideri e rammarichi, denuncia inadempienze e
mette in risalto valori e ricchezze umane di vario genere.
Non sempre è facile questo lavoro, non sempre viene bene, non sempre
accontenta tutti, ma è una palestra attrezzata e moderna dove viene dato
un bel contributo alla crescita umana, intellettuale e spirituale dei cittadini.
Allora “coraggio Alta Quota”, continua a volare alto e a scuotere i Cervignanesi dal loro torpore, almeno per altri 50 numeri: continua il tuo
servizio di “aquila” che trascina verso la luce, che ha la vista acuta per
individuare la preda (il marcio che c’è in mezzo a noi) e la rapidità di
ghermirla (cioè di ripulirci). Buon 50º, buon cammino e “buona caccia”
e un immenso grazie ad Andrea Doncovio, a tutta la redazione e a tutti
i collaboratori che con tanta competenza e generosità hanno portato (e
porteranno) avanti questa impresa.
DON DARIO FRANCO
Talvolta le cifre sintetizzano i concetti meglio di quanto facciano le parole. Anche per questo il cinquantesimo
numero di Alta Quota non è un’edizione come le altre. Non tanto dal punto di vista contenutistico – che ci auguriamo i nostri lettori possano apprezzare come per i numeri precedenti – quanto piuttosto dal punto di vista
simbolico.
Eppure, in questa mia riflessione intendo soffermarmi non sul numero 50, ma su un altro, all’apparenza minore.
Il numero 9, risultato della differenza tra due annate: 2014 e 2005. L’oggi e la data di fondazione del nuovo Alta
Quota, concepito come giornale della comunità cervignanese edito dal Ricreatorio San Michele.
Un traguardo inimmaginabile al momento dell'esordio di questa testata. Perché in questi nove anni ho visto
nascere e morire decine di giornali, pubblicazioni e opuscoli realizzati da professionisti del settore, colpiti dalla
crisi editoriale che sta mutando gli scenari della carta stampata. Alta Quota, invece, continua a pulsare.
Ciò, di per sé, è già un evento straordinario. Pensando poi che queste pagine, così come quelle di tutte e 49 le
edizioni precedenti, sono state realizzate da volontari che – tra i loro mille impegni – trovano il tempo per incontrarsi, confrontarsi, scontrarsi, giungere a una sintesi, scrivere, reperire sponsor, rispettare scadenze, impaginare,
correggere bozze, piegare e distribuire giornali, Alta Quota rappresenta un esempio – a oggi – probabilmente
non replicabile altrove. Per due caratteristiche peculiari: la durata nel tempo e la complessità del prodotto.
Realizzare un giornale, infatti, è un’operazione che richiede testa, senso critico, precisione, puntualità, capacità
di analisi e di sintesi. Ma anche tenacia, fatica e tempo. E quando il tempo scarseggia, va ugualmente trovato
perché le scadenze di stampa non aspettano nessuno: né i professionisti né i volontari. A costo di correggere
bozze a mezzanotte e perdere ore di sonno prima della giornata di lavoro.
Dopo nove anni, negli ultimi mesi mi sono spesso domandato dove stia la motivazione di tutto questo. Alla
ricerca della risposta, ho sfogliato il nostro archivio e sono tornato dritto all’origine, a quel numero 1 con cui
tutto è iniziato. Ho riletto il titolo: “Nasce una voce. Di tutti” e ho ripensato a quelle prime riunioni di redazione.
Serate in cui non si pensava in primis a scrivere un giornale, ma si dibatteva su temi comunitari o mondiali, si
discuteva di politica.
Se dovessi trovare un’immagine per definire il concetto “laboratorio di idee”, quelle riunioni ricche di persone
che si confrontavano nelle stanze del Ricreatorio e che finivano le serate condividendo un brindisi in qualche
locale cittadino, rappresenterebbero l’affresco più veritiero e immediato.
In questi nove anni – e non potrebbe essere altrimenti – il mondo e la comunità attorno a noi sono cambiati, così
come la redazione di Alta Quota. Qualcuno è volato oltreoceano o in altri luoghi d’Italia, qualcuno si è sposato,
molti si sono laureati. Altri hanno deciso di interrompere questa esperienza e nuove forze sono entrate a farvi
parte. Ma tutti loro – di questo sono convinto, senza retorica – quando ripensano ad Alta Quota, ripensano a un
momento della propria vita in cui hanno potuto esprimere se stessi, facendo sentire la propria voce, spiegando
agli altri il proprio pensiero.
Ecco perché non serve aggiungere altro. Ed ecco perché un giornale come Alta Quota, pur tra le tante fatiche che
di questi tempi non risparmiano nessuno – i volontari così come i professionisti –, ha il dovere di non mollare.
Perché il suo significato educativo, civico e comunitario rappresenta l’essenza stessa della società.
Patrimonio prezioso da tramandare alle generazioni future, affinché possano essere a loro volta migliori di coloro che le hanno precedute.
ANDREA DONCOVIO
CINQUANTA NUMERI DI ALTA QUOTA
№ 1 / Marzo-aprile 2005. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . NASCE UNA VOCE. DI TUTTI.
Mondo giovanile, attualità, appuntamenti cittadini: è il giornale di Cervignano.
Il primo, storico numero di Alta Quota. Dal bisogno di una comunità, una scommessa da affrontare.
№ 2 / Maggio-giugno 2005 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .TRATTI D’ESTATE
L’ottavo Torneo dei Borghi saluta l’ingresso della bella stagione.
L’arrivo dell’estate cervignanese e i suoi protagonisti: dai maturandi delle superiori, con le loro attese e i
loro progetti per il futuro, agli atleti del Torneo dei Borghi.
№ 3 / Luglio-agosto 2005. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . INVENTIAMOCELA
L’estate di chi fa e chi mangia il gelato. Doppia inchiesta estiva: i cervignanesi tra lavoro e
vacanza.
№ 4 / Settembre-ottobre 2005 . . . . . . . . . . . . . . . . .BUSSATE… VI SARÀ APERTO?
Casa di accoglienza: il nuovo progetto provoca e interroga le coscienze
Inchiesta sul progetto della casa di accoglienza voluta da don Silvano Cocolin, allora solo sulla carta e
oggi realtà consolidata.
№ 5 / Novembre-dicembre 2005. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .NATALE CON I TUOI?
Divorzio: a pranzo col papà… e a cena con la mamma
№ 6 / Gennaio-febbraio 2006. . . . . . . . . MAMMA VOGLIO FARE IL MUSICISTA
Sublime o commerciale, lavoro o svago: la nostra musica quotidiana
№ 7 / Marzo-aprile 2006. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . PER UN PEZZO DI PANE
Cervignano tra carovita e nuove povertà
Dov’è finito lo stipendio? Alta Quota, in anticipo sui tempi, coglie i primi segnali della futura crisi
economica.
№ 8 / Maggio-giugno 2006 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . WEEK-END STUPEFACENTI
Sballo tra i giovani cervignanesi
№ 9 / Luglio-agosto 2006. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . TRA PALCO E REALTÀ
Dietro alle quinte del successo
№ 10 / Settembre-ottobre 2006. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . SEX & THE CITY
Inchiesta sesso: sentimenti, gioco, devianze
Alta Quota rompe il tabù e parla di sesso: un’analisi complessa sul tema, con la voce di sociologi,
medici, psicologi, sacerdoti… e un sondaggio su 100 giovani cervignanesi.
№ 11 / Novembre-dicembre 2006. . . . . . . . . . .CREDO IN UN SOLO DIO. QUALE?
Fedi in evoluzione
№ 12 / Gennaio-febbraio 2007 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ESCLUSI
Barriere architettoniche e verde ridotto e distante: inchiesta urbanistica
№ 13 / Marzo-aprile 2007. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .RIFIUTIAMO
Dal carrello alla spazzatura: dove finiscono i nostri soldi?
№ 14 / Maggio-giugno 2007 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .GIOCARSI LA VITA
Azzardo, illusioni e una certezza: il banco vince sempre
№ 15 / Luglio-agosto 2007. . . . . . . . . . . . . . . . . . .IO SPERIAMO CHE ME LA CAVO
Bullismo a Cervignano: viaggio tra paure e violenze
№ 16 / Settembre-ottobre 2007. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . HA UN SENSO?
Giovani e politica: divorzio all’italiana
№ 17 / Novembre-dicembre 2007. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . FAME DA MORIRE
Anoressia e bulimia: quando la mente annienta il corpo
№ 18 / Gennaio-febbraio 2008 . . . . . . . . . . . . . . . . . I DUE VOLTI DEL PROGRESSO
Ambiente e sviluppo: un compromesso possibile
№ 19 / Marzo-aprile 2008. . . . . . . . . . . . . . . . SIAMO UNA SQUOLA FORTISSIMI!
Insegnanti con le mani legate, studenti arroganti, genitori accondiscendenti: quale società
ci aspetta?
№ 20 / Maggio-giugno 2008 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . BERSI IL CERVELLO
Da costume a piaga sociale: come affogare la gioventù nell’alcol
№ 21 / Luglio-agosto 2008. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L’OMBELICO DEL MONDO
Il punto sull’immigrazione a Cervignano
№ 22 / Settembre-ottobre 2008. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . SOLA ANDATA
Morti sulle strade: la guerra d’Italia
№ 23 / Novembre-dicembre 2008. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . DONNE
C’era una volta l’altra metà del cielo
№ 24 / Gennaio-febbraio 2009 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . WWW.E POI?
Internet e mondo virtuale: ai confini dell’uomo
№ 25 / Marzo-aprile 2009. . . . . . . . . . . . . . . . .GLI EROI DELLA PORTA ACCANTO
La forza del coraggio
№ 26 / Maggio-giugno 2009 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .DOTTORE… E ADESSO?
Giovani e laureati: dopo tanta strada, cominciare a correre
№ 27 / Doppia ediz. luglio-agosto, settembre-ottobre 2009. . .I MIEI PRIMI 50 ANNI
Il grande speciale sul cinquantenario del Ricreatorio San Michele, andato letteralmente a ruba
№ 28 / Novembre-dicembre 2009. . . . . . . . . . . . . . . . AI CONFINI DELLA RAGIONE
Salute mentale: il tabù della diversità
№ 29 / Gennaio-febbraio 2010 . . . . . . . . . . . . . CHE SAPORE DIAMO ALLA VITA?
Siamo quello che mangiamo. Quando abbiamo tempo
№ 30 / Marzo-aprile 2010. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .IL CIELO IN UNA STANZA
Giustizia della pena e recupero della persona: il bivio dietro le sbarre
№ 31 / Maggio-giugno 2010 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . QUELLI DELLA NOTTE
Al lavoro mentre gli altri dormono
№ 32 / Luglio-agosto, settembre-ottobre 2010. . . . . . . SANTI, POETI ED EVASORI
Tra furbetti e responsabilità: chi paga Pantalone?
№ 33 / Novembre-dicembre 2010. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IL VOLTO DELL’ORCO
Cos’ha negli occhi l’uomo nero?
№ 34 / Gennaio-febbraio 2011 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L’OMBRA DEL DIAVOLO
Satanismo e occultismo: l’uomo nella trama del male
№ 35 / Marzo-aprile 2011. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . VIAGGIATORI DEL MONDO
Racconti di Cervignanesi in viaggio
№ 36 / Maggio-giugno 2011 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . SPORC
Ripulire il mondo dello sport: istruzioni per l’uso
№ 37 / Luglio-agosto, settembre-ottobre 2011. . . . . . NULLA VIDI, NULLA SENTII
Mafie: il grande silenzio
№ 38 / Novembre-dicembre 2011. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ORO BUTTATO
L’Italia ha il più grande patrimonio culturale al mondo: perché non lo valorizziamo?
№ 39 / Gennaio-febbraio 2012 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . L’ENERGIA DEL CUORE
Volontariato: arricchirsi donando
№ 40 / Marzo-aprile 2012. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .ESSERE O NON ESSERE?
Aborto: il dramma di una scelta
№ 41 / Maggio-giugno 2012 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . MOBBING
Quando il lavoro diventa un inferno
№ 42 / Luglio-agosto, settembre-ottobre 2012. . . . . .SONO STUFO. ME NE VADO
Burocrazia, clientelismo, ingiustizia: i perché della fuga dall’Italia
№ 43 / Novembre-dicembre 2012. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . BIMBI SPERDUTI
Case famiglia, affidamenti, adozioni: l’odissea dell’orfano
№ 44 / Gennaio-febbraio 2013 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ESSERE PRETE
I 70 anni di sacerdozio di don Giovanni Trevisan e le vocazioni di oggi: crisi o rinnovamento?
№ 45 / Marzo-aprile 2013. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .QUARTO POTERE
E se la notizia più importante fosse quella non detta?
№ 46 / Maggio-agosto 2013. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . VENTI D’ESTATE…INSIEME!
Edizione speciale per il ventennale di Estate Insieme
№ 47 / Settembre-dicembre 2013 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . STROZZINI
Un amico si vede nel momento del bisogno…
№ 48 / Gennaio-febbraio 2014 . . . . . . . . . . . . . . . . . QUANTO VAL€ LA CU£TURA?
La cultura, roba da ricchi…
№ 49 / Marzo-giugno 2014. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . LA CULLA DELLA COMUNITÀ
Passato, presente e futuro della Scuola dell’Infanzia “Maria Immacolata”
…E DUE NUMERI SPECIALI
№ 19 bis / Edizione speciale
SILVANO COCOLIN,
21/09/1939–13/04/2008
Un numero che fece storia, realizzato
a tempo di record per omaggiare il
ricordo di don Silvano Cocolin.
№ 24 bis / Edizione speciale
LA NOSTRA AFRICA
26 gennaio / 4 febbraio 2009: la
Diocesi di Gorizia in Costa d’Avorio
Un anno dopo la morte di don Silvano, il
racconto del viaggio in Africa compiuto
dalla Diocesi di Gorizia per l’inaugurazione
di una chiesa intitolata all’ex parroco di
Cervignano.
ri rreatorio
o
12
BRICIOLE D’ARTE: NEL TEATRO DELLA VITA!
Alcune favole nascono “sotto una buona
stella”… la nostra è nata dalle Briciole…
piccole e grandi, tutte insieme, raccattate
qua e là nel lontano 2001. E dopo 13 anni
la storia continua con nuove forme e nuovi
interpreti, ma con la stessa grande passione: dopo i successi di Hallo Polly, L’isola
che non c’è ed Essere una suora è proprio
ok!, andati in scena lo scorso maggio sul palco del Sala Aurora e in
replica al teatro Pasolini, sono ripartiti a settembre i nuovi progetti
delle Briciole d’Arte.
Sabato 16 maggio 2015 sarà la volta delle Briciole di Mezzo con una
nuova commedia musicale liberamente ispirata al film La rivincita
delle Bionde. Elle Woods (interpretata da Claudia Schiff) è una giovane studentessa che passa le sue giornate con le amiche Serena (Alice
Zanon) e Margot (Fanny Banino) tra shopping e riviste di moda. Improvvisamente viene lasciata dal suo fidanzato Warner (Pierluigi Bernardis), che la giudica troppo frivola per poter stare accanto a lui. Per
dimostrargli di non essere una superficiale bionda, affronta la difficile
facoltà di giurisprudenza di Harvard, dove incontrerà Emmet (Edoardo
Battaglia), un riservato ricercatore dell’Università, e la nuova affascinante ragazza di Warner, Vivienne (Giulia Bruniera). Elle si prenderà
poi la responsabilità di indagare su un caso di omicidio, che risolverà
grazie alle sue particolari conoscenze. Uno spettacolo dinamico, arricchito dalle coreografie di una vulcanica Sofia Romagnolo, e attraverso
lo studio e la realizzazione delle canzoni con la maestra Anna Bonutti.
Agli storici interpreti come Elvis Montina, Alan Francis Aguirre, Daniela Gioppo, Sofia Brunato, Benedicta Follo, Ludovica Russo e Marcella Casola si sono aggiunte quest’anno le Briciole-non-più-Junior
Emma Zanirato e Alessia Digiusto, e le promettenti nuove leve Ginevra Bianchin, Benedetta Zorzenon, Elena Squizzato e Melissa Barone.
Alla fine di maggio, precisamente sabato 30, sarà la volta dei più piccoli, le Briciole Junior, il gruppo più vivace e numeroso: abbandonati isole, pirati e tesori, rivisiteranno la classica favola di Cappuccetto
Rosso. Una pericolosa banda di ladri metterà a soqquadro il bosco,
rubando preziose ricette di dolci, costringendo così i negozi ad un inesorabile fallimento. Sarà l’investigatore privato Niki Baffi (Sara Pellegrin) a mettere insieme le storie di Rossa (Anna Muz), Lupo (Elia
Ranù), Nonnina Packet (Anna Pascolat) e dell’aspirante boscaiolo
Kirk (Francesco Gigante) per arrivare alla verità. Sarà aiutato dal capo
Grizzly (Matteo Buttiglieri), scontroso commissario di polizia, e dai
suoi agenti (Noemi de Martino, Matteo Zacchigna e Sara Galassi). Si
avvicenderanno sul palco, rimbalzando tra le varie storie e interpretando vari personaggi, Chiara Rogani, Nicole Pasqualini, Martina Florit,
Agnese Zanirato, Martina Dreossi, Lorenzo Minoia, Irina Portelli, Isabel Cillo, Martina D’Acunzo, Giuseppe Chiaramonte, Sofia Sguasse-
ro, Elisa Cepellot, Sabina Trevisan, Elisa Cescutti, Francesco Fabiano e Davide. La regia è affidata al sottoscritto e
all’insostituibile Giulia Bruniera, con l’aiuto di Pierluigi Bernardis, già interpreti nelle Briciole di Mezzo. Lo spettacolo sarà arricchito da coreografie e colpi di scena che renderanno più coinvolgente la messa in scena.
Infine, tutte le Briciole d’Arte parteciperanno alla 3° edizione di E se una notte un Musical, in programma per domenica 10 febbraio 2015, al teatro comunale di Monfalcone: non solo una vetrina per tutti i gruppi teatrali diocesani,
ma anche un’occasione di condivisione, crescita e formazione per tutti.
Ad accompagnarci in tutti questi appuntamenti ci sono, puntualissimi e professionali, Giacomo Bortolossi ed Emanuele Battistella del DP Service audio e luci, gli instancabili Marco Giusti e Gabriele Soardo, preziosi e ingegnosi
scenografi, autori di tutte le strutture delle nostre rappresentazioni, e Radio Presenza che, nella figura del suo responsabile, Stefano Tomat, e dei suoi tecnici Maurizio Trevisan e Michele Carbonera, mettono a servizio le loro
conoscenze e i loro strumenti per dare sempre più qualità e visibilità alle Briciole d’Arte.
Nell’arco vitale del gruppo tante persone ci hanno sostenuto e a tutti voglio rivolgere il mio e nostro grazie per tutto
ciò che faremo ancora insieme. Qualcuno ci ha lasciato, certamente a malincuore, e anche a loro va il mio e il nostro
grazie, di cuore, per tutto quello che abbiamo fatto insieme. Procediamo, quindi, sempre con grande entusiasmo,
coscienti dei nostri limiti e pronti a ricevere e a far tesoro di ogni consiglio e critica, nell’umile convinzione che tutto
è importante per la crescita del gruppo.
Speriamo di potervi divertire e farvi battere il cuore, come batte a noi quando saliamo sul palco e vediamo il nostro
pubblico, senza il quale noi non potremmo esistere.
GABRIELE SCOLARO
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Il contributo versato potrà essere dedotto dalle tue spese
nella denuncia dei redditi!
Info: www.ricre.org/Come-sostenerci.12.0.html
Impariamo ad imparare
IL DOPOSCUOLA DEL RICRE
PER i ragazzi della scuola secondaria di primo grado
dalle 15.00 alle 17.30
attività in piccoli gruppi (1 educatore ogni 2/3 ragazzi) e/o individualizzate per lo
ofondimento e il ripasso
costo: 40 mensili (+ tessera annuale NOI associazione)
PER i bambini della scuola primaria
LE GIORNATE saranno stabilite in base alle iscrizioni
dalle 14.30 alle 17.00
svolgimento dei compiti in piccolo gruppo (1 educatore ogni 5 bambini)
ALTA UOTA
costo: 25 mensili (+ tessera annuale NOI associazione)
CON CHI gli educatori del RSM
in collaborazione con insegnanti
CAMPO IN SINTETICO: VIENI A GIOCARE ANCHE TU!
Il campo di calcio in sintetico del Ricreatorio San Michele
può essere prenotato ogni giorno, dal lunedì al venerdì
dalle 18.30 alle 22.30, per organizzare partite tra amici,
con la possibilità di usufruire degli spogliatoi per le
docce a fine gara. Per le prenotazioni è sufficiente
contattare il responsabile del campo, Matteo
Comuzzi, telefonando al numero 345 4549770.
DOVE
LOCALI DEL RSM
INFORMAZIONI E ISCRIZIONI
ogni pomeriggio
043135233
[email protected]
www.ricre.org
Responsabile: dott.ssa MARINA BIANCOTTO cell. 3407103351
Coordinatore: ALEX ZANETTI cell. 3403611418
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Numero 50 - Ricreatorio San Michele