1.1 Il cibo nell’arte
pag. 2 Il cibo nell’arte
Il cibo e l’atto del mangiare sono presenti in
varia misura nella letteratura di tutti i popoli e
di tutti i tempi, così come nelle altre
espressioni artistiche umane.
Nutrirsi è un atto indispensabile nella vita di
ogni uomo, pertanto l’arte, che riproduce e
reinterpreta la realtà, ha ritratto il cibo, il modo
di consumarlo e il rapporto dell’uomo o della
comunità con l’alimentazione.
Affresco con scena di
banchetto, I sec. d.C.,
proveniente da Ercolano,
oggi conservato al Museo
Archeologico Nazionale di
Napoli.
pag. 3 Il cibo nella pittura antica
Nell’antichità il cibo era un soggetto marginale
nell’arte.
Arte in Grecia - Si può trovare qualche
rappresentazione del cibo solo accidentalmente,
ovvero affiancando il protagonismo della figura
umana.
Arte a Roma - Il cibo talvolta diventa soggetto unico
della scena, in vere e proprie nature morte. Tra i cibi
preferiti: frutta, miele, verdura, uova
Affresco con fichi e altri
alimenti, I sec. d.C.,
proveniente da Pompei,
conservato al Museo
Archeologico Nazionale
di Napoli.
pag. 4 Valore simbolico del cibo nella pittura religiosa
Gli alimenti nella cultura medioevale avevano un valore simbolico ben noto, perciò i fedeli,
osservando un’opera, potevano riflettere sul suo significato più profondo.
- Mela: nel Paradiso terrestre indica il frutto proibito colto da Eva, e causa del peccato
originale, con la conseguente caduta dell’uomo.
- Pane (o ostia): nelle rappresentazioni dell’ultima cena di Gesù con i suoi discepoli e
della cena in Emmaus, simboleggia la carne, il corpo di Cristo.
- Vino: è la rappresentazione del sangue di Cristo.
- Pesce: simbolo antico del battesimo, poi rappresentazione della figura di Cristo.
- Acqua: richiama la fonte battesimale e in senso biblico rievoca Dio come sorgente di
vita. Nel mondo cristiano simboleggia lo Spirito Santo.
- Latte: è contiguo all’acqua come simbolo di primordialità creatrice, vita, nutrimento.
Rievoca la maternità della Vergine, e la rinascita spirituale.
- Melograno: simboleggia la Chiesa, che unisce in una sola fede popoli diversi.
pag. 5 L’ultima cena
Tra i temi ricorrenti dell’iconografia cristiana
legata al cibo:
- le nozze di Cana, con il miracolo della
trasformazione dell’acqua in vino
- la moltiplicazione dei pani e dei pesci
- la cena in Emmaus
- l’ultima cena, momento celebratissimo dai
pittori di tutta la storia dell’arte
Leonardo da Vinci, Ultima cena, 1498,
affresco presente nel Refettorio di
Santa Maria delle Grazie, Milano.
pag. 6 La natura morta
La natura morta, come genere pittorico a sé indipendente e svincolato dalla figura umana,
trova tra i principali artisti:
Caravaggio
Michelangelo Merisi da Caravaggio, nato a Milano ma attivo in varie città italiane tra la
fine del ’500 e l’inizio del ’600. Nella Canestra di frutta per la prima volta oggetti
semplici e volutamente non belli (es. in alcuni acini di frutta sono visibili dei parassiti)
diventano protagonisti assoluti dell’opera. Il cibo, in questo caso, non ha particolare
significato allegorico ma è ritratto nella sua naturalità.
Paul Cézanne
Pittore francese postimpressionista, con colori vivaci cerca di riprodurre la realtà
riconducendo i cibi alle figure geometriche del cono, della sfera e del cilindro.
pag. 7 Natura morta nel Novecento
Giorgio Morandi (1890-1964)
L’artista bolognese, inizialmente vicino al movimento futurista, poi surrealista, ama
rappresentare nature morte con oggetti comuni, come bottiglie, vasi. La sua arte è
definita da De Chirico “metafisica degli oggetti più comuni”.
Andy Warhol (1928-1987)
L’artista americano della Pop Art raffigura gli alimenti facenti parte del mondo
industriale e consumistico. Un esempio classico sono i barattoli di Campbell’s soup,
serie di dipinti in acrilico su tela risalenti al 1962.
Wayne Thiebaud (1920-?)
Artista americano che guarda ai prodotti alimentari come feticci della società dei
consumi, esaltandone nelle sue opere gli aspetti più seducenti, con colori invoglianti.
I suoi soggetti preferiti sono dolci, caramelle, chewing gum, hot dog.
pag. 8 L’atto di mangiare immortalato su tela
Inizialmente, nell’arte italiana il momento del
pasto assume i connotati di una “natura
morta con figura umana”, che vede cioè gli
oggetti inanimati e la figura umana posti sullo
stesso piano gerarchico.
Due esempi del Cinquecento:
- Mangiatore di fagioli di Annibale Carracci
- Mangiatori di ricotta di Vincenzo Campi
Un’altra scena realistica che rispecchia la
povertà contadina del XIX secolo è:
- Mangiatori di patate di Vincent Van Gogh
Annibale Carracci, Il mangiatore di
fagioli, 1584-1585, Galleria Colonna,
Roma.
pag. 9 I déjeuners impressionisti
Gli Impressionisti hanno immortalato sulla tela
diversi momenti legati al mangiare, i vari
“déjeuners”. Alcuni esempi:
- Déjeuner sur l’herbe di Edouard Manet, che
ritrae un pic-nic, opera che fece scandalo in quegli
anni per la presenza della donna con un luminoso
corpo nudo.
- Déjeuner sur l’herbe di Claude Monet, che
rappresenta una colazione in famiglia.
- La fin du déjeuner di Pierre-Auguste Renoir, che
rappresenta il momento del caffè di fine colazione.
Claude Monet, Déjeuner sur
l’herbe, 1865-1866, Musée
d’Orsay, Parigi.
pag. 10 Il cibo in letteratura
L’età dell’oro ovvero l’abbondanza
Uno dei temi che ricorre nella letteratura, e che coinvolge il mondo alimentare, è
quello di una lontana epoca felice, in cui la natura elargiva spontaneamente cibo in
grande abbondanza per tutti, e l’uomo era felice e sazio.
Nel mondo antico questo tópos letterario era denominato età dell’oro, e alcuni poeti
come il greco Esiodo, e il latino Virgilio, ne parlano nelle loro opere.
Anche nel libro della Genesi, nella Bibbia, si parla di un momento in cui l’uomo
viveva in un giardino, l’Eden, in cui gli alberi offrivano frutti in ognuna delle stagioni
dell’anno, senza bisogno di alcuno sforzo per curarne la coltivazione.
pag. 11/1 Il cibo in letteratura
Il paese di Cuccagna o di Bengodi
Il mito dell’età dell’oro assume i connotati del paese di Cuccagna o di Bengodi, dove
il mondo è “rovesciato” rispetto alla realtà, nella quale regna la fame e
l’ineguaglianza sociale. Alcuni esempi:
- nel Decamerone di Boccaccio, nell’ottava giornata, un personaggio scaltro vuole
far credere a Calandrino che esista nei Paesi Baschi una contrada chiamata
Bengodi, in cui “si legano le vigne con le salsicce”
- nel poema Baldus di Teofilo Folengo e in Gargantua et Pantagruel di François
Rabelais, si descrivono similari paesi di Cuccagna e comiche abbuffate (da cui
l’aggettivo pantagruelico o rabelaisiano a indicare un pasto decisamente
abbondante)
- in Pinocchio di Collodi si descrive il paese dei Balocchi, ricco di ogni sorta di
dolciumi
pag. 11/2 Il cibo in letteratura
Il cibo nella fiaba
La fiaba, espressione della cultura orale dei
popoli, presenta in modo spesso enfatizzato il
tema alimentare, es. fame/abbondanza:
- fame, es. la mancanza di cibo spinge il papà di
Hänsel e Gretel, sobillato dalla matrigna, ad
abbandonare i figli nel bosco
- abbondanza, es. nel “pentolino magico” questo
al comando “fai la pappa, pentolino!”, produce
pappa di miglio senza sosta
pag. 12 I supplizi della fame e della sete
Nell’Odissea di Omero si trova la descrizione del supplizio di Tantalo: questo ricchissimo
re della Lidia si era macchiato di diverse colpe, e per questo gli dei lo avevano punito in
modo molto severo. Doveva subire la fame e la sete, mentre nel frattempo passavano
sotto i suoi occhi delle prelibatezze, con i loro profumi, che lui non poteva mai
raggiungere.
Nella Divina Commedia di Dante:
- i falsatori di moneta sono condannati nell’Inferno a soffrire di una tremende sete,
peggiorata per volontà divina dal ricordo delle acque fresche e cristalline delle fonti del
Casentino, sull’Appennino toscano
- i golosi sono puniti nell’Inferno scuoiati dal mostruoso Cerbero e nel Purgatorio con il
digiuno
pag. 13 La fame in guerra
La fame è uno dei drammi che la guerra porta con sé,
vissuto in modo particolare dai partigiani italiani che
combattevano contro i Fascisti.
Un vero inferno in terra hanno vissuto poi le vittime dei
lager nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale.
Alcune operare letterarie che affrontano tali temi sono:
- Se questo è un uomo, di Primo Levi (1945-1947)
- Il sentiero dei nidi di ragno, di Italo Calvino (1947)
- Il partigiano Johnny, di Beppe Fenoglio (1968)
- L’Agnese va a morire, di Renata Viganò (1949)
- La storia, di Elsa Morante (1974)
pag. 14 “Pietanze letterarie”
Tra i cibi presenti nella letteratura italiana, la pasta e i dolci sono oggetto di aspre
critiche o di grande venerazione.
La pastasciutta è stata vittima di una vera e propria crociata da parte dei futuristi: nel
Manifesto della cucina futurista (1930-1931), si auspica l’abolizione della pasta dalla
dieta italiana (e del coltello e della forchetta). La pasta, infatti, appesantirebbe gli
uomini, rendendoli inoperosi e fiacchi.
I dolci sono stati celebrati in numerosissimi testi letterari:
- nel Gattopardo di Tomasi di Lampedusa è descritta, con ironia, la gelatina al rum
- in Bagheria, romanzo autobiografico di Dacia Maraini, si trovano nostalgiche
descrizioni di dolci palermitani
- il commissario Montalbano di Andrea Camilleri, in uno degli episodi porta in
macchina quantità incredibili di dolci andando in visita dalla sorella del suo vice Mimì
pag. 15 Il ristorante in letteratura
- La nausea, di Jean-Paul Sartre (1938). Il ristorante è visto come un luogo in cui ognuno
recita una parte, una farsa che vede una platea, fatta dai clienti, e attori che recitano
dietro le quinte e sul palcoscenico (cuochi e camerieri).
- Kitchen Confidential – Avventure gastronomiche a New York, dello chef scrittore
Anthony Bourdain (2000). Per la prima volta lo chef non fa solo da sfondo a personaggi
più “interessanti”, ma è protagonista ed “eroe” della storia.
- In the kitchen, di Monica Ali (2009). Romanzo ambientato nel centro di Londra, il
protagonista, Gabriel Lightfoot, aspirante chef, ci mostra a sue spese i meccanismi crudeli
dell’ambiente della haute cuisine.
- La scuola degli ingredienti segreti, di Erica Bauermeister (2009). La protagonista ha
una scuola di cucina, e con il cibo guarisce gli animi dei suoi allievi.
- Focaccine al miele, di Cemali Zeynep (2012). Romanzo per ragazzi, è ambientato in
una caffetteria di Istanbul.
pag. 16 Il cibo al cinema
- Il pranzo di Babette, film di Gabriel Axel del 1987, tratto dal racconto omonimo di
Karen Blixen. Una cuoca scappata dalla guerra civile francese (1870-71), si rifugia in
una cittadina danese, dove non c’è neanche un ristorante perché si respinge ogni
occasione di piacere terreno. Qui la protagonista offre agli abitanti un raffinatissimo
pranzo, per poter rivendicare la sua arte culinaria, suscitando scandalo, soprattutto
negli anziani.
- Chocolat, film di Lasse Hallström, del 2000. Una cioccolataia conoscitrice di ricette
antichissime e segrete, apre la sua cioccolateria in un paesino francese, in cui regna
la morale cattolica, oltretutto durante il periodo del digiuno quaresimale. Tutto questo,
oltre alla sua amicizia con uno zingaro, porterà scompiglio nella cittadina, e in alcuni
abitanti diffidenza e ostilità. Ma il potere della cioccolata riporterà l’equilibrio nella
comunità.
pag. 17 Il cibo al cinema
- Un tocco di zenzero, film di Tassos Boulmetis del 2003. Con estrema delicatezza, si
racconta la storia di un bambino, che nella bottega delle spezie del nonno, sulla riva
orientale del Bosforo, a Costantinopoli, impara la vita e l’amore. Sullo sfondo i problemi tra
Grecia e Turchia degli anni ’60 del Novecento.
- Pranzo di ferragosto, film diretto e interpretato da Gianni Di Gregorio, nel 2008.
Gianni, romano di mezza età che vive con la madre anziana dividendosi tra la casa e il
bar, si ritrova per una serie di coincidenze a dover badare, nel mese di agosto, oltre che a
sua madre, alla mamma e alla zia del suo amministratore di condominio, e alla madre del
suo medico generico. Imparerà anche grazie al cibo la gioia di vivere.
- Julia & Julia, film di Nora Ephron del 2009. Il film segue parallelamente le vicende di
Julie Powell (una ragazza di New York) e quelle di Julia Child (americana che, al seguito
del marito ambasciatore, a metà Novecento visse a Parigi, dove imparò l’arte della buona
cucina, che poi “insegnò” agli Americani).
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