Quindicinale di Arci Toscana, piazza dei Ciompi 11, Firenze
[email protected] - [email protected]
in redazione: Alfio Pellegrini, Vincenzo Striano, Erica Ussi
Sommario N. 89 - 26 Febbraio 2010
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Lettera aperta al candidato a Presidente
della Regione Enrico Rossi
La prima Assemblea congressuale UCCA
Toscana
Verso il congresso. Contributi........
Fuori tema
Un sistema di microcredito agevolato per le
famiglie in difficoltà
Protocollo d’intesa Regione – Associazioni
per realizzare il Progetto Microcredito
Emergenza ed eccezione
Si è molto parlato, in anni non lontani, e con vivo
interesse, di Carl Schmitt, il giurista tedesco di fede
cattolica e di simpatie naziste, antagonista di Hans
Kelsen, lo strenuo assertore della democrazia pur in
tempi in cui su questa piovevano critiche e derisioni da
destra e da sinistra. Non ho letto tutti i giornali e non so
quindi se, di fronte alla indagine della magistratura
fiorentina che ha investito Guido Bertolaso e la
Protezione Civile, qualcuno abbia richiamato la celebre
frase con cui Schmitt apre il suo saggio Politische
Theologie: “Sovrano è chi decide sullo stato di
eccezione.” Se nessuno lo avesse fatto, ci sarebbe
motivo di meravigliarsi, poiché l’incipit è emblematico
e sembra ritagliarsi alla perfezione anche sul caso in
parola e sul rammarico con cui il presidente del
consiglio osservava di non disporre, per poter bene
operare come sarebbe suo proposito, degli stessi poteri
attribuiti alla Protezione Civile ed al suo potentissimo
“capo”. Non è certo un caso che di fatto, pur non
raccogliendo su di sé tali poteri, della Protezione Civile
e di Bertolaso egli si sia avvalso con larghezza,
provocando una tale proliferazione di ordinanze
eccezionali da fare impressione. Nessuno era mai
ricorso all’emergenza con altrettanta spregiudicatezza.
Emergenza ed eccezione si evocano a vicenda. E
silenziano le leggi. L’idea di potere che vi è sottesa
precede la nascita della moderna democrazia, e non è
scomparsa con l’avvento di questa. Quanto più anzi la
democrazia è debole, tanto più è frequente la tentazione
di ricorrervi. E il fenomeno andrebbe esaminato a
fondo nelle sue molte sfaccettature. Pur senza
azzardare paragoni né voler fare di ogni erba un fascio,
la storia ci mostra che tutte le dittature nascono dalla
proclamazione dello stato eccezionale. È stato così per
i regimi militari sudamericani come per gli africani. È
stato così per le dittature e i totalitarismi che si sono
conosciuti in Europa. Né va taciuto che anche le
democrazie più stabili in virtù della loro più lontana e
consolidata formazione non sono esenti da rischi del
genere. Gli Stati Uniti non solo non hanno esitato ad
avallare, sostenere e incoraggiare la nascita di dittature
militari in varie parti del mondo ogni volta che hanno
ritenuto lesi da governi legittimi gli interessi americani;
a non lasciarsi offuscare lo sguardo, anche di fronte alla
minaccia del terrorismo hanno compiuto scelte, sotto la
presidenza di W. Bush, che si muovevano nella stessa
direzione, ammettendo la pratica della tortura sui
prigionieri (Guantanamo insegni) e non solo. Lo stato
d’eccezione conferisce poteri che scavalcano le leggi e
cancellano i diritti. La vicenda italiana allarma anche
riguardandola sotto questa ottica. Poi, non c’è dubbio,
la sua peculiarità, fermo restando che una più chiara e
sicura valutazione complessiva sarà possibile solo
quando la Giustizia avrà compiuto l’intero suo corso,
sta nell’uso (ed abuso) dei poteri di emergenza a fini
eminentemente affaristici. Non c’è solo lo scandalo di
imprenditori che ridono dell’altrui disgrazia
pregustando le ingenti risorse che avrebbero potuto
essere mobilitate, con la certezza di guadagni
macroscopici. Si apre la porta, per la via
dell’emergenza e della eccezionalità, ad un sistema di
corruzione, nelle cui maglie può inserirsi, tra amici ed
amici degli amici, l’aggancio all’economia della stessa
criminalità organizzata. Da una parte viene da dire che
altro non c’era da aspettarsi da un ceto politico raccolto
intorno ad un imprenditore senza scrupoli e largamente
compromesso nei suoi maneggi. E questo potrebbe
anche far sorridere amaramente, ricordando che le
vicende storiche si presentano la prima volta come
tragedie e la seconda come farse. Ma dall’altra la
riflessione non può non articolarsi con una delle
preoccupazioni che troviamo espressa con grande
lucidità nell’ultimo libro del riformista
Giorgio
Ruffolo, Un paese troppo lungo, stampato sul finire del
2009 da Einaudi: la deriva mafiosa, come accelerazione
della caduta del Mezzogiorno sotto il controllo
territoriale della mafia, peggio, delle mafie. Rispetto al
quale non c’è da farsi illusioni: le mafie non sono già
più, e da tempo, un fenomeno a diffusione meridionale,
che lascia intatto il resto del paese. Le attività mafiose
si sono estese al centro e al nord, e la minaccia reale
che grava su tutto il paese è quella di diventare, come
scrive Ruffolo, un “Mezzogiorno d’Europa”, centro
nevralgico della grande rete della criminalità mondiale.
Alfio Pellegrini
1
Lettera aperta al candidato a Presidente della Regione Enrico Rossi
Riportiamo di seguito il testo del documento che il
Forum Toscano del Terzo Settore consegnerà al
candidato alla presidenza della Regione Toscana
Enrico Rossi, nel corso di un incontro previsto per
domenica 28. Vi vorrei sottolineare l’importanza
dell’evento. Questa riunione avrà al centro una
questione fondamentale per noi, e detto con un pò di
presunzione, della vita toscana. Quello che si vuole
sottolineare, come emerge dal documento, è la
centralità degli interventi social, particolarmente in
una fase di crisi, nelle politiche che le istituzioni
toscane mettono in moto. Il comparto industrialemanifatturiero toscano sta evidenziando tutte le sue
difficoltà. Da più parti si evidenzia la necessità di
sostenerlo. Anche noi condividiamo l’importanza di
avere un piano industriale, ma guai se, per affermare
questo, si sottovalutasse il ruolo fondamentale, anche
sul piano economico, che il sociale può avere.
[Vincenzo Striano]
Il Forum Toscano del Terzo settore è attivo in Toscana
dal 2000 e rappresenta le maggiori realtà
dell’associazionismo, della cooperazione e del
volontariato. Il Forum ha rapporti con gli enti locali e
in particolar modo con la Regione Toscana, con cui ha
stipulato un Protocollo d’intesa nel 2003. Scopo del
Forum è di farsi portavoce delle esigenze e delle
richieste del terzo settore che rappresenta. Il terzo
settore svolge attività fondamentali per il benessere dei
cittadini. C’è una straordinaria complessità di offerte.
Da servizi irrinunciabili che si misurano con situazioni
difficili e che interessano tutte le categorie di persone,
ad attività via via più semplici che riguardano
l’intrattenimento e la socialità, ma che sono spesso
fondamentali per definire la cultura diffusa e l’identità
di un territorio.
Esiste una rivendicazione che attraversa, in maniera
trasversale, le strutture che operano nel terzo settore. E’
la richiesta alle istituzioni di essere attente e tutelare
gli interventi sociali intendendo con questo termine un
ampio settore che comprende attività socioculturali,
sociosanitarie, ambientali, ricreative, sportive. Queste
attività sono molto apprezzate e praticate dai cittadini.
Tutte le inchieste dimostrano lo straordinario consenso
di cui godono questi interventi e le associazioni che li
organizzano. Ma sono spesso vissute dalle istituzioni
pubbliche come “un lusso”, un aspetto interessante ma
superfluo. Basti solo pensare quanti anni ci sono voluti
per arrivare a riconoscere l’esistenza di “un terzo
settore”, con peculiarità diverse dal pubblico e dal
privato nonostante che alcune associazioni siano attive
da centinaia di anni. La riprova dell’importanza del
terzo settore la si ha proprio analizzando le difficoltà
che emergono nei territori carenti di una vita
associativa democratica. In quei luoghi si assiste ad un
moltiplicarsi delle marginalità e contraddizioni. In
realtà la presenza del terzo settore amplifica la
dimensione, le competenze e la qualità dello spazio
pubblico. Questo mondo pone una domanda di
protagonismo alle istituzioni che comporta una
riforma della vita pubblica. Si sono moltiplicati i
modi, i luoghi e gli attori della società civile. Non
siamo contro i partiti, che devono riformarsi, ma hanno
una funzione importantissima per i percorsi
democratici di una comunità. Si deve, tuttavia,
prendere atto che, in forme da definire, occorre trovare
strumenti nuovi, che prevedano una cessione di
sovranità alle associazioni su alcune materie e che non
si limitino alla sola consultazione ma che prevedano un
ruolo più forte e decisionale del mondo associativo. Si
tratta di un tema delicato e difficile. L’obbiettivo non è
quello di una difesa corporativa del terzo settore, ma di
facilitare la partecipazione dei cittadini e aumentare la
qualità dei servizi del welfare.
L’utilità del terzo settore emerge ancora con
maggiore forza in periodi di crisi come quello attuale.
Ci sono meno risorse economiche, aumentano le
tensioni soprattutto tra i settori più fragili di
popolazione, si moltiplica la richiesta di servizi sociali.
Occorre saper gestire i conflitti, bisogna costruire
nuovi modelli di comunità ancorati a valori condivisi,
occorre rafforzare i legami sociali, i percorsi di
partecipazione e gli interventi di solidarietà. Si
combattono la precarietà e le paure anche
scommettendo sulla qualità delle relazioni tra gli
uomini. Per tutto questo il terzo settore può
rappresentare una risorsa straordinaria. Esso va vissuto
come uno strumento che fa crescere la qualità dello
spazio pubblico e le offerte del welfare locale e non
come mero fattore di risparmio economico. Va inoltre
sottolineato che la grande diffusione del terzo settore è
una peculiarità toscana. Da noi infatti, come in nessun
altra regione d’Europa, esiste un tessuto diffuso e
tradizionale di associazioni in tutti i campi di
intervento sociale, con orientamenti culturali e religiosi
diversificati e con un pluralismo di riferimento politico.
Convivono insieme e si rafforzano a vicenda piccoli
gruppi di interesse locale e grandi sistemi associativi,
che sviluppano al loro interno volontariato,
partecipazione, professionalità, impresa e che
rappresentano un importante bacino di posti di lavoro.
Non va sottovalutato che il terzo settore per sua natura
ha bisogno di lavoro svolto da persone assai più che
industria e agricoltura, che tendono a sostituire
l’intervento umano con l’utilizzo di tecnologie. Per
questi motivi illustri economisti ipotizzano per il
futuro il terzo settore come uno dei pochi ambiti capaci
di produrre posti di lavoro.Naturalmente sottolineare le
potenzialità del terzo settore toscano non equivale a
non vedere anche le criticità. Per svolgere un ruolo
significativo nella società toscana le associazioni, a
partire da quelle più estese e complesse, devono fare un
salto di qualità. Il rinnovamento deve essere anzi una
tendenza sempre presente nelle associazioni per
renderle adeguate a rispondere alle sfide della società
moderna, che è in rapido e spesso difficile processo di
trasformazione. Nascono strumenti che possono aiutare
questi percorsi. Segnaliamo con favore il fatto che sia
nata a Siena una Fondazione dedicata al terzo settore e
con cui il Forum ha aperto una proficua collaborazione.
2
La Prima Assemblea Congressuale Ucca Toscana
Si è tenuta il giorno 13 febbraio a Pontedera, presso il
circolo cinematografico Agorà, la prima assemblea
congressuale Ucca Toscana. La scelta del Circolo
Agorà ha voluto sottolineare l’importanza di questo
luogo simbolo, in quanto fortemente rappresentativo di
una resistenza da parte di tanti altri Circoli
Cinematografici aderenti ad UCCA. E sono stati tanti
quelli presenti, tra le realtà più significative:
Cinecittàcineclub e CRCS di Castello (Firenze),
Palomar (Massa), Arsenale (Pisa), Terminale (Prato).
L’iniziativa ha registrato una buona presenza dei
referenti del Dipartimento Cultura regionale, un
rappresentante per molti dei comitati provinciali:
Firenze, Arezzo, Pisa, Prato, Empoli, Pontedera,
Valdarno Inferiore, Viareggio. Il saluto dell’Assessore
Stefano Tognarelli è andato ben oltre le formalità, egli
ha sottolineato infatti l’importanza di salvaguardare la
cultura e la tradizione cinematografica del nostro paese,
una cultura della quale i nostri circoli si fanno
portavoce. La loro attività testimonia non solo la
ricchezza di una tradizione passata ma anche i segni del
presente attraverso iniziative, quali ad esempio la
rassegna l’Italia che non si vede, che raccontano realtà
plurali, spesso quasi invisibili, alle quali si da voce,
corpo visivo.
Francesca chiavacci, Responsabile Dip.Cultura
regionale ha introdotto collocando all’interno di un
rinnovato dipartimento, riorganizzatosi nel 2008, la
specificità del lavoro di UCCA Toscana, che ha
puntato molto sulla creazione ed il consolidamento di
una rete regionale, sulla costruzione di un sistema di
intesa con i soggetti del mondo del terzo settore
culturale e con le istituzioni e su un buon livello di
confronto con gli organismi nazionali per garantire la
riuscita degli obiettivi.
A seguire la bella relazione di Paolo Bernardini che
ripercorre la storia di UCCA in maniera appassionata e
fedele. Bernardini sottolinea l’importanza di un tessuto
associativo forte, capace di incidere strategicamente
“sulla progettualità del cinema e degli audiovisivi”, la
crisi del nostro cinema raramente ancora in grado di
dare ottime prove di se, la necessità di poter mettere
insieme opera culturale e prodotto industriale,
ribadendo l’importanza che svolgono le sale classiche
del cinema che ancora puntano sulla qualità della
pellicola. Gli interventi successivi riprendono queste ed
altre delle questioni fondamentali da lui individuate nel
documento: l’importanza del rapporto con le scuole per
educare alla grammatica, alla sintassi ed al contenuto
del linguaggio cinematografico, il ruolo dei nostri
circoli nella funzione di riorganizzazione di pubblico,
nella distribuzione e valorizzazione dei prodotti dei
registi emergenti, la congruenza tra una duplice
rialfabetizzazione (rieducazione culturale e stimolo ad
una maggiore partecipazione politica da parte dei
cittadini), l’importanza di una formazione adeguata dei
nostri operatori e dirigenti.
Vincenzo Striano Presidente Regionale si dice
soddisfatto dei risultati del dipartimento Cultura che si
agganciano ad una definizione più generale del ruolo
dell’Arci, che parta dalla valorizzazione del settore
socio-culturale spesso sottovalutato dalla politica e
dalle istituzioni, fondamentale invece per la vita dei
cittadini.
Conclude Greta Barbolini, Presidentessa di UCCA
nazionale, che ribadisce soprattutto l’importanza dei
coordinamenti regionali, costituiti da circoli e
responsabili regionali in grado di recepire e trasmettere
i dati necessari sulle dimensioni del nostro
insediamento a carattere territoriale e la volontà di una
rinnovata integrazione di questo tipo di organizzazione
da parte del Consiglio Nazionale uscente.
I lavori si sono conclusi con l’individuazione dei
delegati e delle delegate chiamate a partecipare al
congresso nazionale che, lo ricordiamo, si terrà il 26 e
27 febbraio, a Roma presso la Casa del Cinema.
3
Verso il congresso, contributi.........................
Un nuovo stile di vita per la riforma culturale e morale del paese
PREMESSO CHE
Per le Società di Mutuo Soccorso, radice storica del
movimento associativo che si riconosce nell’Arci, la
sobrietà era parte fondante di quel movimento solidale
di autorganizzazione sociale che seppe rispondere alle
difficoltà
economiche
e
sociali
prodotte
dall’accumulazione sregolata determinata nel XIX
secolo dal capitalismo industriale.
Sobrietà e solidarietà sono sempre andate di pari passo,
rappresentando il binomio per le classi povere per
sostenere la loro esistenza difficile e per avviare lotte e
rivendicazioni capaci di modificare il loro stato sociale.
La sobrietà degli stili di vita che caratterizzano la
nostra quotidianità, è divenuta una questione urgente di
educazione alla cittadinanza.
I cittadini e le cittadine di oggi, giovani e meno
giovani, devono confrontarsi con il fenomeno della
globalizzazione, con quello della mondialità e con
quello della complessità e il loro destino dipende in
gran parte dalla capacità che avranno di assumere la
planetarietà come strumento che favorisca una qualità
della vita effettiva per tutti e per tutte, caratterizzata da
bisogni reali, non indotti, e dunque sobria.
In una prospettiva di chiusura e difesa, come quella che
stiamo vivendo a livello nazionale ed europeo, il
significato tradizionale di concetti come cittadinanza e
sobrietà degli stili di vita, per affermare la propria
autenticità e garantire pari diritti a tutti/e, è sempre più
obsoleto.
CONSIDERATO CHE
Occorre educarci ed educare al “noi” piuttosto che all’
“io” per promuovere e sviluppare una cultura civica
basata sul bene comune e pervenire alla
consapevolezza che l’io si costruisce a partire dai
bisogni profondi della nostra esistenza e non facendoci
dire da altri, in particolare dal mercato, ciò di cui
abbiamo bisogno.
Alle origini la nostra associazione, in un contesto di
vita obbligatoriamente ispirata alla sobrietà, nacque
con l’idea di non soccombere, di non accettare
passivamente lo stato reale delle cose e di impostare
uno stile di vita “sostenibile” nell’immediato, e al
contempo capace di disegnarsi un futuro.
È partendo dalle loro regole fondamentali, morali e
democratiche, che in seguito le Società di Mutuo
Soccorso svolsero un ruolo ben più ampio di quello
mutualistico
e
assistenziale.
L’istruzione,
l’alfabetizzazione degli operai, la diffusione delle
conoscenze, erano gli scopi che affiancavano
l’assistenza e la mutualità.
Si insegnava a leggere e scrivere per ottenere il diritto
al voto, si stampavano volantini ed opuscoli,
s’impartivano nozioni di economia sociale, di filosofia
morale e di diritto, si organizzarono le biblioteche
popolari ed i primi centri di lettura.
Seguendo gli stessi principi e stili di vita nel secondo
dopoguerra, in condizioni economiche e sociali
estremamente difficili, Circoli e Case del Popolo,
parteciparono alla ricostruzione fisica e morale del
paese, contribuirono alla affermazione della libertà e
della democrazia.
Nel nostro tempo, segnato essenzialmente dal
consumismo e da stili di vita indotti e talvolta non
proporzionati alle possibilità di spesa reale, riportare al
centro l’idea della sobrietà non dovrebbe essere
considerato un ritorno al passato.
Il consumismo non può essere la nuova ideologia
dominante nel mondo.
Anche attraverso la critica alla vita quotidiana si può
contrastare gli apparati che formano la coscienza
individuale e collettiva ed avviare la riforma morale e
culturale del paese.
Il richiamo al binomio sobrietà-solidarietà deve essere
inquadrato nel tentativo, assai difficile e complesso, di
riaprire la prospettiva per un futuro migliore verso una
società più giusta.
Tra le finalità dell’arci deve esserci con sempre
maggiore evidenza quella di contribuire a formare
persone autonome, critiche e aperte, convinti come
siamo che ciò che deve contare sopra ogni cosa è la
capacità di dotare il bambino fin da molto piccolo degli
strumenti intellettuali, culturali e socio affettivi
necessari a consentirgli di compiere le sue scelte; si
tratta di saper compiere quelle scelte all’interno di un
contesto che non sia solo in grado di tollerare le
differenze, ma di saperle utilizzare per un continuo
arricchimento personale e sociale.
Il progresso ha un limite, che non va interpretato come
vincolo, ma come risorsa, strada da percorrere e casa
da abitare per contrastare un modello effimero di
benessere che ci incita a un consumo frettoloso per
accaparrarsi sempre più oggetti.
L’avere non costituisce il nostro essere, non dà un
autentico senso alla nostra esistenza. Il senso lo dà la
responsabilità morale che è il più prezioso dei diritti
umani .Occorre perseguire un’autentica libertà,
riappropriandoci di questo termine a livello culturale e
politico per conseguire non soltanto la “libertà da” ma
anche, “la libertà per”: libertà da condizionamenti,
influenze, forme di etero direzione e di inautenticità da
una lato, libertà per prendere posizione, agire
elettivamente e democraticamente, discernere, riflettere
e progettare innovazione e cambiamenti, dall’altro.
4
TENUTO CONTO CHE
Arci regionale Toscana ha realizzato il progetto
sperimentale di innovazione “La sobrietà come nuovo
stile di vita”, che si è svolto in tre circoli – “La
Rinascita” a Cascina, (arci Pisa), “Khorakhanè” a
Grosseto (arci Grosseto), “Il Risorgimento” a Agliana
(arci Pistoia) –, con altrettanti gruppi di adolescenti che
sono stati chiamati a ragionare e riflettere con noi su
temi
desueti,
legati
al
consumismo,
alla
comunicazione, alla legalità democratica, alla giustizia
sociale, alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie,
alla necessità di critica costruttiva, all’uso consapevole
delle risorse. Oltreché a prendere consapevolezza che
ognuno di loro può essere portatore di idee e di azioni
da condividere con gli altri per far “sentire la loro voce
“ nella società.
Abbiamo letto tutto ciò in termini di sobrietà dando un
attivo contributo alla costruzione della loro
cittadinanza di singoli individui e di soggetti
appartenenti in modo attivo a una collettività
decostruendo l’immagine negativa che questo concetto
ha assunto nella nostra società, specialmente agli occhi
dei più giovani.
Pur nella consapevolezza che tale progetto rappresenta
una goccia nel mare ma che comunque anche una sola
goccia può lasciare un piccolo segno che può essere da
esempio da percorrere e rinforzare.
SI PROPONE DI:
Promuovere e diffondere la cultura della sobrietà come
scelta di vita di comunità fondativa delle Case del
Popolo e dei Circoli Arci per tutti i cittadini e le
cittadine.
Favorire la messa in atto di buone pratiche che
possano coniugare la trasmissione della memoria con
l’affermarsi anche di nuove energie giovanile
attraverso stili di vita sobri.
Dichiarare la sobrietà una scelta di vita comunitaria
che incentiva la felicità, valore fondante di un’alta
qualità della vita per tutti/e e per ciascuno.
Sollecitare la programmazione e realizzazione di
progetti dedicati al tema della sobrietà da svolgersi nei
Circoli e Case del Popolo, coinvolgendo giovani e
adulti.
Ordine del Giorno presentato da:
Francesca Balestri, Luciano Senatori, Stefania Bozzi,
Sergio Marzocchi, Nino Mignani, Carmela Di Luigi,
Stefano Carmassi, Ettore Nespoli, Simone Bartolini,
Fabrizio Magazzini, Teresa Leone.
Fuori Tema
D di Repubblica. Dalla speranza a L’Alba. Tanto per non perdere il vizio di osservare
Sabato mattina, abbastanza presto bip-bip. Un
messaggino telefonico con scritto, “siete sull'inserto di
Repubblica”, poi un altro ancora, “siamo sull'inserto di
Repubblica”. Questo lo capisco un po' di più, è Diana
la presidente de L'Alba e allora rammento che tempo fa
erano passati dalla sede un giornalista e un fotografo
per un servizio sulle Case del Popolo. L'Alba è uno dei
due o tre posti dove faccio il vicepresidente (non mi
dimettono) e fare il vicepresidente non è impegnativo,
perché, come si dice, “il vicepresidente conta quando
non c'è il presidente”. E allora lunga vita ai presidenti,
anche a Berlusconi purché se ne vada a riposo in una
delle sue tante esotiche ville. Sul tardi, quando passo
dall'edicola, aggiungo anche La Repubblica ai
quotidiani abituali. Cosa vuoi che abbiano scritto sulle
C.d.P. su un inserto patinato, e di intrattenimento.
Rimando la lettura alla sera e sfogliando pagina dopo
pagina, senza disdegnare uno sguardo alle bellissime
modelle che mi accompagnano alla pagina 40 dove
prosegue l'indice, trovo un titolo provocatorio e
invitante “Il partito (e la sinistra) cambiano, i circoli
restano”. E diventano “raccoglitori di esigenze”. E
allora vado alla 118, sono sei pagine ricche di foto e un
testo “sullo stato delle cose”, risultato di una ricerca
approfondita il cui esito è una sintesi stimolante di
ricordi per chi da almeno quarant'anni frequenta l'Arci,
prima come socio e poi come dirigente di base. E allora
leggendo mi viene alla mente il rapporto fra i due
partiti che fino ai primi anni 90 si spartivano le cariche
dirigenziali nei Comitati Territoriali e non erano pochi
i casi che a dirigere i comitati andassero individui che
probabilmente non avevano mai messo piede in una
Casa del Popolo, e in qualche caso, forse, prendevano
la tessera dell'Arci dopo essere diventati dirigenti.
Mentre nelle Case del Popolo il presidente e i dirigenti
erano generalmente appartenenti al Partito (mi è
rimasto il vezzo, quando parlo di quel partito di
scriverlo con la maiuscola, nonostante il non ottimo
rapporto, più che altro per la “ambiguità” di qualche
dirigente che non mi considerava abbastanza
comunista, io che oggi, fra quelli che conosco, non
riesco più a trovarne uno. Tutti come Pietro)
maggioritario, infatti circolava la “storia vera” che il
segretario della sezione lo faceva il più “bravo” e a
dirigere la casa del popolo era il più “obbediente”. A
quel tempo usavano ancora le riunioni di
“componente” e ricordo ancora che in una di queste
riunioni, nei primi anni '90, ci fu qualcuno che mise in
guardia i dirigenti del Partito esprimendo l'opinione che
“forse bisognava prestare una attenzione diversa ai
circoli e alle C.d.P. Perché quei luoghi veramente
sarebbero diventati i luoghi della raccolta delle
esigenze della gente”. Quelli erano, e sono ancora di
più oggi, i luoghi dove amministratori e dirigenti
politici dovevano e dovrebbero passare a prendere un
caffè per capire gli umori di chi, già a quel tempo, era
“spaesato”. Figuriamoci oggi, che le stanze dei circoli,
dove avevano e hanno sede i partiti, vanno a ridurre gli
spazi per le attività e sono stanze sempre più vuote. Il
Partito occupava tutti gli spazi che riteneva di sua
appartenenza. Per quanto mi riguarda insieme, ad altri e
non solo a parole, ho sempre affermato l’autonomia
delle associazioni, senza per questo credere che i partiti
non dovessero avere diritto di parola e di critica su
5
quelle associazioni. Ora mi pare che sia troppa
l'assenza e lasciano perplessi quelli che “più che per le
cose che fanno rivendicano, surrettiziamente, spazi per
appartenenza” e qualcuno, magari rivendicando spazi
sussurrando la non appartenenza a nessun partito.
Ma, ritornando all'articolo di Marco Ciriello, che come
ho già scritto ha fatto un ottimo lavoro di sintesi, vorrei
intervenire sulle trenta righe che ha scritto sull'Alba.
Scrive infatti in apertura “Il circolo L'alba, a Pisa, è
l'altra strada che potrebbero prendere le case del
popolo” e chiude con “in questa che è una casa mensa,
dove: il polipo con patate - a saper cosa c'è dietro - è
meglio di un programma di governo” ecco se ci riesco
vorrei provare a spiegare queste due frasi e il percorso
che è stato fatto fino ad oggi.
L'alba è l'acronimo di Luce, aiuto, libertà, bisogno,
amicizia ed è stato coniato da Valeriana Ammannati
attuale cuoca del Circolo. Quando questo acronimo è
stato coniato, ed era l'anno 2000, di circolo non se ne
parlava era solo la sigla di una associazione di auto
aiuto psichiatrico e si arrivava a fondare questa
associazione dopo circa un anno di incontri di gruppi di
auto aiuto. Uno di questi gruppi si riuniva già da
diversi anni nella Clinica Psichiatrica dell'Università di
Pisa che, come è noto, non era certo all'avanguardia per
l'attuazione della cosiddetta legge Basaglia, ne è la
prova che ancora nel 2010 non è strutturato il Servizio
Psichiatrico Diagnosi e Cura (SPDC). Conservo ancora
da qualche parte un protocollo di attuazione del
servizio che risale al 1990, già allora in notevole
ritardo rispetto alla legge 180. L'esternalizzazione dei
gruppi nacque dalla richiesta di due psichiatri il dott.
Alessandro Lenzi ricercatore della Clinica Psichiatrica
e il dott. Annibale Fanali, allora coordinatore del
Dipartimento di Salute Mentale della ASL pisana, a cui
si aggiunse il dott. Corrado Rossi, attuale coordinatore
del Dipartimento di Salute Mentale della Asl 5. E' qui
che entra in gioco l'Arci, e un ringraziamento è
doveroso farlo a Enzo Cerretini che consentì e mise a
disposizione i locali del Comitato per i primi incontri.
Non fu un periodo facile, ma vedere il gruppo che
cresceva, che c'erano persone che venivano tristi agli
incontri e se ne andavano sorridendo ci incoraggiava ad
andare avanti. Così il gruppo cominciò a necessitare di
altri spazi perché diventava troppo numeroso e andava
sdoppiato. Fu trovato spazio in un Circolo alla periferia
della città. La novità stava nel fatto che chi veniva ai
gruppi non andava in una struttura istituzionale e la
frequentazione di luoghi diversi dai C.I.M li faceva
sentire parte della società. Non fu facile far accettare “i
matti” ma furono trovati gli spazi per i gruppi di auto
aiuto, che continuavano a riunirsi, come lo fanno
tutt'ora, anche presso il Comitato di Pisa. Ebbe inizio
anche la ricerca di qualche contributo per
l'effettuazione di alcuni corsi di formazione per
volontari e grande è stata la collaborazione di psichiatri
e operatori del settore. Incontri che contribuirono a
stemperare anche alcune diversità di approccio alla
malattia, perché comunque lo scopo ultimo era quello
di far star meglio chi soffriva, unica ragione che
stimolava i volontari all'impegno e alla partecipazione.
Nacque poi l'idea di implementare alcuni laboratori di
arte-terapia, e i primi furono quelli che venivano fatti
anche nei centri diurni di salute mentale, quali pittura e
musicoterapia. Intanto maturava l'integrazione anche
con i soci del circolo cui ci appoggiavamo e di questo
bisogna dare atto ai dirigenti del circolo San Biagio,
che hanno contribuito allo sviluppo dell'associazione.
Ancora oggi nei locali Arci San Biagio, oltre ai gruppi
di auto aiuto, si svolgono i laboratori di musico terapia,
di ascolto musicale e quello di “Esprimersi scrivendo”,
che ha contribuito notevolmente al recupero della
capacità di comunicazione di molte persone che, anche
con una buona formazione culturale, non riuscivano
più a scrivere (e qui è doveroso ricordare l’impegno dei
conduttori e fondatori dei laboratori, il pittore Giorgio
Fornaca, il musicista Eugenio Sanna e la scrittrice
Maria Velia Lorenzi). Da diversi anni escono due
numeri all'anno de “l'immaginario” periodico
dell'associazione, due numeri non per mancanza di testi
ma per mancanza di “mezzi” ed ha prodotto un volume
con racconti e poesie pubblicato con il contributo del
Cesvot a coronamento di un progetto di innovazione
denominato “Auto-aiuto in circolo”, che vide coinvolti
sei circoli del territorio, la Società della salute e i
Comuni soci della SdS (Pisa, Cascina, San Giuliano
Terme, Calci, Vecchiano Vicopisano, Fauglia,
Lorenzana e Orciano Pisano). Da quegli incontri sono
state avvicinate tantissime persone con disturbo
psichico che mai sarebbero andate ai servizi.
L’Associazione cresceva e dava i suoi risultati e fu così
che maturò l’idea, venuta direttamente dalle persone
sofferenti, di creare un circolo apposito, il Circolo
L’Alba, con ristorazione e bar, gestito dai facilitatori
sociali, con la partecipazione di tutti i cittadini del
territorio e la supervisione dei servizi. Dal gruppo di
auto aiuto all’inserimento lavorativo c’è un percorso
lungo e impegnativo ed ecco la sintesi, “dietro a quel
polpo con le patate”, c’è tanto lavoro, fatica e
investimenti che vengono largamente ricompensati dal
recupero delle capacità individuali delle persone e sono
altamente produttivi anche in termini economici per
quanto riguarda i costi sanitari. Ecco allora il valore di
una associazione che nel tempo è cresciuta
(nell’articolo che mi ha stimolato a scrivere questo
fuori tema è citato Ferdinando Romeo amministratore
de L’Alba che, quando fu fondata l’associazione,
prestava servizio come obiettore all’Arci e dette la sua
disponibilità a far parte del collegio dei Sindaci
revisori). A fronte di tante associazioni che durano lo
spazio di vita di una farfalla, questa è una farfalla che
rinasce ogni giorno e dà speranza di vita. Anche se
qualche volta capitano episodi che possono lasciare
amarezza e sconforto. Ecco allora che i circoli e le
Case del Popolo possono diventare luoghi dove la
“gente” incontrandosi per giocare a tombola e a
ballare, perché la vita non è solo disagio e sofferenza,
divertendosi prende coscienza delle diversità che si
incontrano nel microcosmo di questi luoghi.
Per tutte le attività dell’Alba si può consultare il sito:
www.lalbassociazione.com. dove si trovano anche i
numeri de “l’immaginario” usciti fino ad oggi.
Aldo Bellani
Arci Pisa
6
Un sistema di microcredito agevolato per le famiglie in difficoltà
Firenze - Un sostegno concreto dalla Regione alle
famiglie toscane in difficoltà a far quadrare il proprio
bilancio. Parte il progetto di microcredito agevolato
creato dalla Regione.Punto chiave la rete di Centri di
Ascolto ai quali le famiglie alle prese con problemi
finanziari potranno rivolgersi per poter accedere al
sistema creato in collaborazione con Anpas, Arci,
Caritas, Fondazione toscana per la prevenzione
dell'usura onlus e Misericordie. Stamattina, nella sede
del Cesvot a Firenze, i rappresentanti dei soggetti che
hanno collaborato alla realizzazione, tra i quali anche
l'assessore regionale alle politiche sociali, hanno
firmato il protocollo d'intesa che, a partire dal 1 marzo,
da avvio al progetto di microcredito agevolato. Di
fronte al quadro presentato questa mattina
dall'assessore regionale che evidenzia una effettiva
difficoltà economica per numerose famiglie toscane –
secondo dati Cispel nel 2009 le famiglie toscane non
hanno pagati 40 milioni di euro per consumo di gas,
150 milioni di euro relativi alla produzione di rifiuti ed
al consumo di acqua; ed ancora, i pignoramenti
immobiliari nel 2009 a Firenze sono cresciuti del
14,7% ed a Lucca del 12,5% rispetto al 2008; inoltre, il
32% della popolazione anziana toscana vive oggi con
meno di 750 euro al mese – il protocollo di oggi
sancisce un aiuto costante per la cittadinanza. La
Regione fornirà gratuitamente alle banche le garanzie
(fino all'80% dell'intero ammontare) per la concessione
di prestiti fino ad un massimo di 4000 euro per far
fronte a situazioni di momentanea difficoltà economica
delle famiglie, che potranno restituirlo anche in piccole
rate (di 70/80 euro) fino ad un massimo di 5 anni ad un
tasso di interesse agevolato (del 4/5% medio annuo).
Non sono previste spese di istruttoria o gestione della
pratica, ed i fondi saranno erogati al massimo entro 40
giorni dall'apertura della pratica. La Regione, per
garantire i finanziamenti concessi dalle banche, ha
costituito un fondo di garanzia iniziale di 1,2 milioni di
euro. Il microcredito è dedicato particolarmente a
famiglie normalmente “non bancabili” ma che
dimostrano di poter assolvere l’impegno di restituzione
se aiutate a superare il momento di difficoltà. La rete
territoriale dei Centri di Ascolto, 85 in tutto per ora,
rappresenta il cardine del sistema. Aderiscono
all'iniziativa 26 centri Arci, 40 strutture della
Fondazione Antiusura, 13 centri Caritas, 9 Anpas ed 8
delle Misericordie. La rete poggia soprattutto sulle
strutture già esistenti. Ai Centri ci si potrà rivolgere per
avere informazione ed orientamento, per ottenere
assistenza e tutoraggio economico-finanziario, per la
compilazione della documentazione necessaria alla
richiesta. Le famiglie potranno recarsi ai centri anche
per avere un aiuto nella corretta gestione del bilancio
familiare e nella regolare restituzione del prestito
ricevuto. Ai Centri spetta una prima valutazione della
situazione familiare e l'invio della pratica ad un
comitato provinciale che completa la valutazione
verificando la rispondenza
della richiesta alle
caratteristiche del sistema di microcredito regionale. Il
protocollo prevedeinoltre una cabina di regia regionale
con il compito di coordinare l'intero sistema di
microcredito.
Informazioni più dettagliate
L’elenco aggiornato dei Centri di Ascolto e quello elle
banche che hanno aderito è consultabile all'indirizzo
www.regione.toscana.it/sociale/microcredito
Federico Taverniti
Tratto da Toscana Notizie
Protocollo d’intesa Regione - Associazioni per realizzare il Progetto Microcredito
E’ stato firmato questa mattina, nel corso di una
conferenza stampa, il Protocollo d’intesa tra Regione
Toscana, rappresentata dall’Assessore alle politiche
sociali Gianni Salvadori, e ANPAS Toscana, Arci
Toscana, Caritas Toscana, Fondazione toscana per la
prevenzione dell’usura onlus e Federazione Regionale
Misericordie per la realizzazione del progetto
“Microcredito –Costituzione di un Fondo Speciale
rischi per la prestazione di garanzie alle famiglie in
momentanea difficoltà economica”.In tale occasione
sono stati illustrati l'avvio del progetto Microcredito e
l’organizzazione della rete dei Centri di Ascolto
territoriali, la cui attivazione è fissata a partire dal 1°
Marzo.
Vincenzo Striano, Presidente Arci Toscana, dichiara
che “siamo preoccupati per l’avanzata della crisi
economica, che colpirà soprattutto i soggetti più deboli.
Da tempo come Arci ci stiamo occupando di queste
realtà, ma oggi questo tipo di intervento fa un salto di
qualità, perchè parte una rete articolata sul territorio,
che coinvolge sopratutto i circoli e le case del popolo”.
Monsignor Renzo Chesi, Delegato regionale Caritas,
dichiara che “si tratta di un’opportunità da cogliere che
rafforza i servizi già esistenti”.
Per Alberto Corsinovi, Presidente Federazione
Regionale Misericordie, “c’è un’adesione convinta da
parte della federazione a questa iniziativa, con un
impegno delle sue sedi sul territorio regionale per
offrire l’opportunità di una maggiore facilità di accesso
ai soggetti che dovessero averne necessità”.
Lelio Grossi, Presidente Fondazione toscana per la
prevenzione dell’usura onlus, puntualizza che
“chiunque si senta solo in un momento di difficoltà
finanziaria deve sapere che esistono delle strutture che
possono dare un aiuto concreto”.
Romano Manetti, Presidente Anpas Toscana,
conclude affermando che “è un’iniziativa importante
anche perchè rispondente alle esigenze del paese, che
sta vivendo sulla propria pelle una crisi spaventosa”.
Erica Ussi
Arci Toscana
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