Quindicinale di Arci Toscana, piazza dei Ciompi 11, Firenze [email protected] - [email protected] in redazione: Alfio Pellegrini, Vincenzo Striano, Erica Ussi Sommario N. 89 - 26 Febbraio 2010 • • • • • • Lettera aperta al candidato a Presidente della Regione Enrico Rossi La prima Assemblea congressuale UCCA Toscana Verso il congresso. Contributi........ Fuori tema Un sistema di microcredito agevolato per le famiglie in difficoltà Protocollo d’intesa Regione – Associazioni per realizzare il Progetto Microcredito Emergenza ed eccezione Si è molto parlato, in anni non lontani, e con vivo interesse, di Carl Schmitt, il giurista tedesco di fede cattolica e di simpatie naziste, antagonista di Hans Kelsen, lo strenuo assertore della democrazia pur in tempi in cui su questa piovevano critiche e derisioni da destra e da sinistra. Non ho letto tutti i giornali e non so quindi se, di fronte alla indagine della magistratura fiorentina che ha investito Guido Bertolaso e la Protezione Civile, qualcuno abbia richiamato la celebre frase con cui Schmitt apre il suo saggio Politische Theologie: “Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione.” Se nessuno lo avesse fatto, ci sarebbe motivo di meravigliarsi, poiché l’incipit è emblematico e sembra ritagliarsi alla perfezione anche sul caso in parola e sul rammarico con cui il presidente del consiglio osservava di non disporre, per poter bene operare come sarebbe suo proposito, degli stessi poteri attribuiti alla Protezione Civile ed al suo potentissimo “capo”. Non è certo un caso che di fatto, pur non raccogliendo su di sé tali poteri, della Protezione Civile e di Bertolaso egli si sia avvalso con larghezza, provocando una tale proliferazione di ordinanze eccezionali da fare impressione. Nessuno era mai ricorso all’emergenza con altrettanta spregiudicatezza. Emergenza ed eccezione si evocano a vicenda. E silenziano le leggi. L’idea di potere che vi è sottesa precede la nascita della moderna democrazia, e non è scomparsa con l’avvento di questa. Quanto più anzi la democrazia è debole, tanto più è frequente la tentazione di ricorrervi. E il fenomeno andrebbe esaminato a fondo nelle sue molte sfaccettature. Pur senza azzardare paragoni né voler fare di ogni erba un fascio, la storia ci mostra che tutte le dittature nascono dalla proclamazione dello stato eccezionale. È stato così per i regimi militari sudamericani come per gli africani. È stato così per le dittature e i totalitarismi che si sono conosciuti in Europa. Né va taciuto che anche le democrazie più stabili in virtù della loro più lontana e consolidata formazione non sono esenti da rischi del genere. Gli Stati Uniti non solo non hanno esitato ad avallare, sostenere e incoraggiare la nascita di dittature militari in varie parti del mondo ogni volta che hanno ritenuto lesi da governi legittimi gli interessi americani; a non lasciarsi offuscare lo sguardo, anche di fronte alla minaccia del terrorismo hanno compiuto scelte, sotto la presidenza di W. Bush, che si muovevano nella stessa direzione, ammettendo la pratica della tortura sui prigionieri (Guantanamo insegni) e non solo. Lo stato d’eccezione conferisce poteri che scavalcano le leggi e cancellano i diritti. La vicenda italiana allarma anche riguardandola sotto questa ottica. Poi, non c’è dubbio, la sua peculiarità, fermo restando che una più chiara e sicura valutazione complessiva sarà possibile solo quando la Giustizia avrà compiuto l’intero suo corso, sta nell’uso (ed abuso) dei poteri di emergenza a fini eminentemente affaristici. Non c’è solo lo scandalo di imprenditori che ridono dell’altrui disgrazia pregustando le ingenti risorse che avrebbero potuto essere mobilitate, con la certezza di guadagni macroscopici. Si apre la porta, per la via dell’emergenza e della eccezionalità, ad un sistema di corruzione, nelle cui maglie può inserirsi, tra amici ed amici degli amici, l’aggancio all’economia della stessa criminalità organizzata. Da una parte viene da dire che altro non c’era da aspettarsi da un ceto politico raccolto intorno ad un imprenditore senza scrupoli e largamente compromesso nei suoi maneggi. E questo potrebbe anche far sorridere amaramente, ricordando che le vicende storiche si presentano la prima volta come tragedie e la seconda come farse. Ma dall’altra la riflessione non può non articolarsi con una delle preoccupazioni che troviamo espressa con grande lucidità nell’ultimo libro del riformista Giorgio Ruffolo, Un paese troppo lungo, stampato sul finire del 2009 da Einaudi: la deriva mafiosa, come accelerazione della caduta del Mezzogiorno sotto il controllo territoriale della mafia, peggio, delle mafie. Rispetto al quale non c’è da farsi illusioni: le mafie non sono già più, e da tempo, un fenomeno a diffusione meridionale, che lascia intatto il resto del paese. Le attività mafiose si sono estese al centro e al nord, e la minaccia reale che grava su tutto il paese è quella di diventare, come scrive Ruffolo, un “Mezzogiorno d’Europa”, centro nevralgico della grande rete della criminalità mondiale. Alfio Pellegrini 1 Lettera aperta al candidato a Presidente della Regione Enrico Rossi Riportiamo di seguito il testo del documento che il Forum Toscano del Terzo Settore consegnerà al candidato alla presidenza della Regione Toscana Enrico Rossi, nel corso di un incontro previsto per domenica 28. Vi vorrei sottolineare l’importanza dell’evento. Questa riunione avrà al centro una questione fondamentale per noi, e detto con un pò di presunzione, della vita toscana. Quello che si vuole sottolineare, come emerge dal documento, è la centralità degli interventi social, particolarmente in una fase di crisi, nelle politiche che le istituzioni toscane mettono in moto. Il comparto industrialemanifatturiero toscano sta evidenziando tutte le sue difficoltà. Da più parti si evidenzia la necessità di sostenerlo. Anche noi condividiamo l’importanza di avere un piano industriale, ma guai se, per affermare questo, si sottovalutasse il ruolo fondamentale, anche sul piano economico, che il sociale può avere. [Vincenzo Striano] Il Forum Toscano del Terzo settore è attivo in Toscana dal 2000 e rappresenta le maggiori realtà dell’associazionismo, della cooperazione e del volontariato. Il Forum ha rapporti con gli enti locali e in particolar modo con la Regione Toscana, con cui ha stipulato un Protocollo d’intesa nel 2003. Scopo del Forum è di farsi portavoce delle esigenze e delle richieste del terzo settore che rappresenta. Il terzo settore svolge attività fondamentali per il benessere dei cittadini. C’è una straordinaria complessità di offerte. Da servizi irrinunciabili che si misurano con situazioni difficili e che interessano tutte le categorie di persone, ad attività via via più semplici che riguardano l’intrattenimento e la socialità, ma che sono spesso fondamentali per definire la cultura diffusa e l’identità di un territorio. Esiste una rivendicazione che attraversa, in maniera trasversale, le strutture che operano nel terzo settore. E’ la richiesta alle istituzioni di essere attente e tutelare gli interventi sociali intendendo con questo termine un ampio settore che comprende attività socioculturali, sociosanitarie, ambientali, ricreative, sportive. Queste attività sono molto apprezzate e praticate dai cittadini. Tutte le inchieste dimostrano lo straordinario consenso di cui godono questi interventi e le associazioni che li organizzano. Ma sono spesso vissute dalle istituzioni pubbliche come “un lusso”, un aspetto interessante ma superfluo. Basti solo pensare quanti anni ci sono voluti per arrivare a riconoscere l’esistenza di “un terzo settore”, con peculiarità diverse dal pubblico e dal privato nonostante che alcune associazioni siano attive da centinaia di anni. La riprova dell’importanza del terzo settore la si ha proprio analizzando le difficoltà che emergono nei territori carenti di una vita associativa democratica. In quei luoghi si assiste ad un moltiplicarsi delle marginalità e contraddizioni. In realtà la presenza del terzo settore amplifica la dimensione, le competenze e la qualità dello spazio pubblico. Questo mondo pone una domanda di protagonismo alle istituzioni che comporta una riforma della vita pubblica. Si sono moltiplicati i modi, i luoghi e gli attori della società civile. Non siamo contro i partiti, che devono riformarsi, ma hanno una funzione importantissima per i percorsi democratici di una comunità. Si deve, tuttavia, prendere atto che, in forme da definire, occorre trovare strumenti nuovi, che prevedano una cessione di sovranità alle associazioni su alcune materie e che non si limitino alla sola consultazione ma che prevedano un ruolo più forte e decisionale del mondo associativo. Si tratta di un tema delicato e difficile. L’obbiettivo non è quello di una difesa corporativa del terzo settore, ma di facilitare la partecipazione dei cittadini e aumentare la qualità dei servizi del welfare. L’utilità del terzo settore emerge ancora con maggiore forza in periodi di crisi come quello attuale. Ci sono meno risorse economiche, aumentano le tensioni soprattutto tra i settori più fragili di popolazione, si moltiplica la richiesta di servizi sociali. Occorre saper gestire i conflitti, bisogna costruire nuovi modelli di comunità ancorati a valori condivisi, occorre rafforzare i legami sociali, i percorsi di partecipazione e gli interventi di solidarietà. Si combattono la precarietà e le paure anche scommettendo sulla qualità delle relazioni tra gli uomini. Per tutto questo il terzo settore può rappresentare una risorsa straordinaria. Esso va vissuto come uno strumento che fa crescere la qualità dello spazio pubblico e le offerte del welfare locale e non come mero fattore di risparmio economico. Va inoltre sottolineato che la grande diffusione del terzo settore è una peculiarità toscana. Da noi infatti, come in nessun altra regione d’Europa, esiste un tessuto diffuso e tradizionale di associazioni in tutti i campi di intervento sociale, con orientamenti culturali e religiosi diversificati e con un pluralismo di riferimento politico. Convivono insieme e si rafforzano a vicenda piccoli gruppi di interesse locale e grandi sistemi associativi, che sviluppano al loro interno volontariato, partecipazione, professionalità, impresa e che rappresentano un importante bacino di posti di lavoro. Non va sottovalutato che il terzo settore per sua natura ha bisogno di lavoro svolto da persone assai più che industria e agricoltura, che tendono a sostituire l’intervento umano con l’utilizzo di tecnologie. Per questi motivi illustri economisti ipotizzano per il futuro il terzo settore come uno dei pochi ambiti capaci di produrre posti di lavoro.Naturalmente sottolineare le potenzialità del terzo settore toscano non equivale a non vedere anche le criticità. Per svolgere un ruolo significativo nella società toscana le associazioni, a partire da quelle più estese e complesse, devono fare un salto di qualità. Il rinnovamento deve essere anzi una tendenza sempre presente nelle associazioni per renderle adeguate a rispondere alle sfide della società moderna, che è in rapido e spesso difficile processo di trasformazione. Nascono strumenti che possono aiutare questi percorsi. Segnaliamo con favore il fatto che sia nata a Siena una Fondazione dedicata al terzo settore e con cui il Forum ha aperto una proficua collaborazione. 2 La Prima Assemblea Congressuale Ucca Toscana Si è tenuta il giorno 13 febbraio a Pontedera, presso il circolo cinematografico Agorà, la prima assemblea congressuale Ucca Toscana. La scelta del Circolo Agorà ha voluto sottolineare l’importanza di questo luogo simbolo, in quanto fortemente rappresentativo di una resistenza da parte di tanti altri Circoli Cinematografici aderenti ad UCCA. E sono stati tanti quelli presenti, tra le realtà più significative: Cinecittàcineclub e CRCS di Castello (Firenze), Palomar (Massa), Arsenale (Pisa), Terminale (Prato). L’iniziativa ha registrato una buona presenza dei referenti del Dipartimento Cultura regionale, un rappresentante per molti dei comitati provinciali: Firenze, Arezzo, Pisa, Prato, Empoli, Pontedera, Valdarno Inferiore, Viareggio. Il saluto dell’Assessore Stefano Tognarelli è andato ben oltre le formalità, egli ha sottolineato infatti l’importanza di salvaguardare la cultura e la tradizione cinematografica del nostro paese, una cultura della quale i nostri circoli si fanno portavoce. La loro attività testimonia non solo la ricchezza di una tradizione passata ma anche i segni del presente attraverso iniziative, quali ad esempio la rassegna l’Italia che non si vede, che raccontano realtà plurali, spesso quasi invisibili, alle quali si da voce, corpo visivo. Francesca chiavacci, Responsabile Dip.Cultura regionale ha introdotto collocando all’interno di un rinnovato dipartimento, riorganizzatosi nel 2008, la specificità del lavoro di UCCA Toscana, che ha puntato molto sulla creazione ed il consolidamento di una rete regionale, sulla costruzione di un sistema di intesa con i soggetti del mondo del terzo settore culturale e con le istituzioni e su un buon livello di confronto con gli organismi nazionali per garantire la riuscita degli obiettivi. A seguire la bella relazione di Paolo Bernardini che ripercorre la storia di UCCA in maniera appassionata e fedele. Bernardini sottolinea l’importanza di un tessuto associativo forte, capace di incidere strategicamente “sulla progettualità del cinema e degli audiovisivi”, la crisi del nostro cinema raramente ancora in grado di dare ottime prove di se, la necessità di poter mettere insieme opera culturale e prodotto industriale, ribadendo l’importanza che svolgono le sale classiche del cinema che ancora puntano sulla qualità della pellicola. Gli interventi successivi riprendono queste ed altre delle questioni fondamentali da lui individuate nel documento: l’importanza del rapporto con le scuole per educare alla grammatica, alla sintassi ed al contenuto del linguaggio cinematografico, il ruolo dei nostri circoli nella funzione di riorganizzazione di pubblico, nella distribuzione e valorizzazione dei prodotti dei registi emergenti, la congruenza tra una duplice rialfabetizzazione (rieducazione culturale e stimolo ad una maggiore partecipazione politica da parte dei cittadini), l’importanza di una formazione adeguata dei nostri operatori e dirigenti. Vincenzo Striano Presidente Regionale si dice soddisfatto dei risultati del dipartimento Cultura che si agganciano ad una definizione più generale del ruolo dell’Arci, che parta dalla valorizzazione del settore socio-culturale spesso sottovalutato dalla politica e dalle istituzioni, fondamentale invece per la vita dei cittadini. Conclude Greta Barbolini, Presidentessa di UCCA nazionale, che ribadisce soprattutto l’importanza dei coordinamenti regionali, costituiti da circoli e responsabili regionali in grado di recepire e trasmettere i dati necessari sulle dimensioni del nostro insediamento a carattere territoriale e la volontà di una rinnovata integrazione di questo tipo di organizzazione da parte del Consiglio Nazionale uscente. I lavori si sono conclusi con l’individuazione dei delegati e delle delegate chiamate a partecipare al congresso nazionale che, lo ricordiamo, si terrà il 26 e 27 febbraio, a Roma presso la Casa del Cinema. 3 Verso il congresso, contributi......................... Un nuovo stile di vita per la riforma culturale e morale del paese PREMESSO CHE Per le Società di Mutuo Soccorso, radice storica del movimento associativo che si riconosce nell’Arci, la sobrietà era parte fondante di quel movimento solidale di autorganizzazione sociale che seppe rispondere alle difficoltà economiche e sociali prodotte dall’accumulazione sregolata determinata nel XIX secolo dal capitalismo industriale. Sobrietà e solidarietà sono sempre andate di pari passo, rappresentando il binomio per le classi povere per sostenere la loro esistenza difficile e per avviare lotte e rivendicazioni capaci di modificare il loro stato sociale. La sobrietà degli stili di vita che caratterizzano la nostra quotidianità, è divenuta una questione urgente di educazione alla cittadinanza. I cittadini e le cittadine di oggi, giovani e meno giovani, devono confrontarsi con il fenomeno della globalizzazione, con quello della mondialità e con quello della complessità e il loro destino dipende in gran parte dalla capacità che avranno di assumere la planetarietà come strumento che favorisca una qualità della vita effettiva per tutti e per tutte, caratterizzata da bisogni reali, non indotti, e dunque sobria. In una prospettiva di chiusura e difesa, come quella che stiamo vivendo a livello nazionale ed europeo, il significato tradizionale di concetti come cittadinanza e sobrietà degli stili di vita, per affermare la propria autenticità e garantire pari diritti a tutti/e, è sempre più obsoleto. CONSIDERATO CHE Occorre educarci ed educare al “noi” piuttosto che all’ “io” per promuovere e sviluppare una cultura civica basata sul bene comune e pervenire alla consapevolezza che l’io si costruisce a partire dai bisogni profondi della nostra esistenza e non facendoci dire da altri, in particolare dal mercato, ciò di cui abbiamo bisogno. Alle origini la nostra associazione, in un contesto di vita obbligatoriamente ispirata alla sobrietà, nacque con l’idea di non soccombere, di non accettare passivamente lo stato reale delle cose e di impostare uno stile di vita “sostenibile” nell’immediato, e al contempo capace di disegnarsi un futuro. È partendo dalle loro regole fondamentali, morali e democratiche, che in seguito le Società di Mutuo Soccorso svolsero un ruolo ben più ampio di quello mutualistico e assistenziale. L’istruzione, l’alfabetizzazione degli operai, la diffusione delle conoscenze, erano gli scopi che affiancavano l’assistenza e la mutualità. Si insegnava a leggere e scrivere per ottenere il diritto al voto, si stampavano volantini ed opuscoli, s’impartivano nozioni di economia sociale, di filosofia morale e di diritto, si organizzarono le biblioteche popolari ed i primi centri di lettura. Seguendo gli stessi principi e stili di vita nel secondo dopoguerra, in condizioni economiche e sociali estremamente difficili, Circoli e Case del Popolo, parteciparono alla ricostruzione fisica e morale del paese, contribuirono alla affermazione della libertà e della democrazia. Nel nostro tempo, segnato essenzialmente dal consumismo e da stili di vita indotti e talvolta non proporzionati alle possibilità di spesa reale, riportare al centro l’idea della sobrietà non dovrebbe essere considerato un ritorno al passato. Il consumismo non può essere la nuova ideologia dominante nel mondo. Anche attraverso la critica alla vita quotidiana si può contrastare gli apparati che formano la coscienza individuale e collettiva ed avviare la riforma morale e culturale del paese. Il richiamo al binomio sobrietà-solidarietà deve essere inquadrato nel tentativo, assai difficile e complesso, di riaprire la prospettiva per un futuro migliore verso una società più giusta. Tra le finalità dell’arci deve esserci con sempre maggiore evidenza quella di contribuire a formare persone autonome, critiche e aperte, convinti come siamo che ciò che deve contare sopra ogni cosa è la capacità di dotare il bambino fin da molto piccolo degli strumenti intellettuali, culturali e socio affettivi necessari a consentirgli di compiere le sue scelte; si tratta di saper compiere quelle scelte all’interno di un contesto che non sia solo in grado di tollerare le differenze, ma di saperle utilizzare per un continuo arricchimento personale e sociale. Il progresso ha un limite, che non va interpretato come vincolo, ma come risorsa, strada da percorrere e casa da abitare per contrastare un modello effimero di benessere che ci incita a un consumo frettoloso per accaparrarsi sempre più oggetti. L’avere non costituisce il nostro essere, non dà un autentico senso alla nostra esistenza. Il senso lo dà la responsabilità morale che è il più prezioso dei diritti umani .Occorre perseguire un’autentica libertà, riappropriandoci di questo termine a livello culturale e politico per conseguire non soltanto la “libertà da” ma anche, “la libertà per”: libertà da condizionamenti, influenze, forme di etero direzione e di inautenticità da una lato, libertà per prendere posizione, agire elettivamente e democraticamente, discernere, riflettere e progettare innovazione e cambiamenti, dall’altro. 4 TENUTO CONTO CHE Arci regionale Toscana ha realizzato il progetto sperimentale di innovazione “La sobrietà come nuovo stile di vita”, che si è svolto in tre circoli – “La Rinascita” a Cascina, (arci Pisa), “Khorakhanè” a Grosseto (arci Grosseto), “Il Risorgimento” a Agliana (arci Pistoia) –, con altrettanti gruppi di adolescenti che sono stati chiamati a ragionare e riflettere con noi su temi desueti, legati al consumismo, alla comunicazione, alla legalità democratica, alla giustizia sociale, alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie, alla necessità di critica costruttiva, all’uso consapevole delle risorse. Oltreché a prendere consapevolezza che ognuno di loro può essere portatore di idee e di azioni da condividere con gli altri per far “sentire la loro voce “ nella società. Abbiamo letto tutto ciò in termini di sobrietà dando un attivo contributo alla costruzione della loro cittadinanza di singoli individui e di soggetti appartenenti in modo attivo a una collettività decostruendo l’immagine negativa che questo concetto ha assunto nella nostra società, specialmente agli occhi dei più giovani. Pur nella consapevolezza che tale progetto rappresenta una goccia nel mare ma che comunque anche una sola goccia può lasciare un piccolo segno che può essere da esempio da percorrere e rinforzare. SI PROPONE DI: Promuovere e diffondere la cultura della sobrietà come scelta di vita di comunità fondativa delle Case del Popolo e dei Circoli Arci per tutti i cittadini e le cittadine. Favorire la messa in atto di buone pratiche che possano coniugare la trasmissione della memoria con l’affermarsi anche di nuove energie giovanile attraverso stili di vita sobri. Dichiarare la sobrietà una scelta di vita comunitaria che incentiva la felicità, valore fondante di un’alta qualità della vita per tutti/e e per ciascuno. Sollecitare la programmazione e realizzazione di progetti dedicati al tema della sobrietà da svolgersi nei Circoli e Case del Popolo, coinvolgendo giovani e adulti. Ordine del Giorno presentato da: Francesca Balestri, Luciano Senatori, Stefania Bozzi, Sergio Marzocchi, Nino Mignani, Carmela Di Luigi, Stefano Carmassi, Ettore Nespoli, Simone Bartolini, Fabrizio Magazzini, Teresa Leone. Fuori Tema D di Repubblica. Dalla speranza a L’Alba. Tanto per non perdere il vizio di osservare Sabato mattina, abbastanza presto bip-bip. Un messaggino telefonico con scritto, “siete sull'inserto di Repubblica”, poi un altro ancora, “siamo sull'inserto di Repubblica”. Questo lo capisco un po' di più, è Diana la presidente de L'Alba e allora rammento che tempo fa erano passati dalla sede un giornalista e un fotografo per un servizio sulle Case del Popolo. L'Alba è uno dei due o tre posti dove faccio il vicepresidente (non mi dimettono) e fare il vicepresidente non è impegnativo, perché, come si dice, “il vicepresidente conta quando non c'è il presidente”. E allora lunga vita ai presidenti, anche a Berlusconi purché se ne vada a riposo in una delle sue tante esotiche ville. Sul tardi, quando passo dall'edicola, aggiungo anche La Repubblica ai quotidiani abituali. Cosa vuoi che abbiano scritto sulle C.d.P. su un inserto patinato, e di intrattenimento. Rimando la lettura alla sera e sfogliando pagina dopo pagina, senza disdegnare uno sguardo alle bellissime modelle che mi accompagnano alla pagina 40 dove prosegue l'indice, trovo un titolo provocatorio e invitante “Il partito (e la sinistra) cambiano, i circoli restano”. E diventano “raccoglitori di esigenze”. E allora vado alla 118, sono sei pagine ricche di foto e un testo “sullo stato delle cose”, risultato di una ricerca approfondita il cui esito è una sintesi stimolante di ricordi per chi da almeno quarant'anni frequenta l'Arci, prima come socio e poi come dirigente di base. E allora leggendo mi viene alla mente il rapporto fra i due partiti che fino ai primi anni 90 si spartivano le cariche dirigenziali nei Comitati Territoriali e non erano pochi i casi che a dirigere i comitati andassero individui che probabilmente non avevano mai messo piede in una Casa del Popolo, e in qualche caso, forse, prendevano la tessera dell'Arci dopo essere diventati dirigenti. Mentre nelle Case del Popolo il presidente e i dirigenti erano generalmente appartenenti al Partito (mi è rimasto il vezzo, quando parlo di quel partito di scriverlo con la maiuscola, nonostante il non ottimo rapporto, più che altro per la “ambiguità” di qualche dirigente che non mi considerava abbastanza comunista, io che oggi, fra quelli che conosco, non riesco più a trovarne uno. Tutti come Pietro) maggioritario, infatti circolava la “storia vera” che il segretario della sezione lo faceva il più “bravo” e a dirigere la casa del popolo era il più “obbediente”. A quel tempo usavano ancora le riunioni di “componente” e ricordo ancora che in una di queste riunioni, nei primi anni '90, ci fu qualcuno che mise in guardia i dirigenti del Partito esprimendo l'opinione che “forse bisognava prestare una attenzione diversa ai circoli e alle C.d.P. Perché quei luoghi veramente sarebbero diventati i luoghi della raccolta delle esigenze della gente”. Quelli erano, e sono ancora di più oggi, i luoghi dove amministratori e dirigenti politici dovevano e dovrebbero passare a prendere un caffè per capire gli umori di chi, già a quel tempo, era “spaesato”. Figuriamoci oggi, che le stanze dei circoli, dove avevano e hanno sede i partiti, vanno a ridurre gli spazi per le attività e sono stanze sempre più vuote. Il Partito occupava tutti gli spazi che riteneva di sua appartenenza. Per quanto mi riguarda insieme, ad altri e non solo a parole, ho sempre affermato l’autonomia delle associazioni, senza per questo credere che i partiti non dovessero avere diritto di parola e di critica su 5 quelle associazioni. Ora mi pare che sia troppa l'assenza e lasciano perplessi quelli che “più che per le cose che fanno rivendicano, surrettiziamente, spazi per appartenenza” e qualcuno, magari rivendicando spazi sussurrando la non appartenenza a nessun partito. Ma, ritornando all'articolo di Marco Ciriello, che come ho già scritto ha fatto un ottimo lavoro di sintesi, vorrei intervenire sulle trenta righe che ha scritto sull'Alba. Scrive infatti in apertura “Il circolo L'alba, a Pisa, è l'altra strada che potrebbero prendere le case del popolo” e chiude con “in questa che è una casa mensa, dove: il polipo con patate - a saper cosa c'è dietro - è meglio di un programma di governo” ecco se ci riesco vorrei provare a spiegare queste due frasi e il percorso che è stato fatto fino ad oggi. L'alba è l'acronimo di Luce, aiuto, libertà, bisogno, amicizia ed è stato coniato da Valeriana Ammannati attuale cuoca del Circolo. Quando questo acronimo è stato coniato, ed era l'anno 2000, di circolo non se ne parlava era solo la sigla di una associazione di auto aiuto psichiatrico e si arrivava a fondare questa associazione dopo circa un anno di incontri di gruppi di auto aiuto. Uno di questi gruppi si riuniva già da diversi anni nella Clinica Psichiatrica dell'Università di Pisa che, come è noto, non era certo all'avanguardia per l'attuazione della cosiddetta legge Basaglia, ne è la prova che ancora nel 2010 non è strutturato il Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura (SPDC). Conservo ancora da qualche parte un protocollo di attuazione del servizio che risale al 1990, già allora in notevole ritardo rispetto alla legge 180. L'esternalizzazione dei gruppi nacque dalla richiesta di due psichiatri il dott. Alessandro Lenzi ricercatore della Clinica Psichiatrica e il dott. Annibale Fanali, allora coordinatore del Dipartimento di Salute Mentale della ASL pisana, a cui si aggiunse il dott. Corrado Rossi, attuale coordinatore del Dipartimento di Salute Mentale della Asl 5. E' qui che entra in gioco l'Arci, e un ringraziamento è doveroso farlo a Enzo Cerretini che consentì e mise a disposizione i locali del Comitato per i primi incontri. Non fu un periodo facile, ma vedere il gruppo che cresceva, che c'erano persone che venivano tristi agli incontri e se ne andavano sorridendo ci incoraggiava ad andare avanti. Così il gruppo cominciò a necessitare di altri spazi perché diventava troppo numeroso e andava sdoppiato. Fu trovato spazio in un Circolo alla periferia della città. La novità stava nel fatto che chi veniva ai gruppi non andava in una struttura istituzionale e la frequentazione di luoghi diversi dai C.I.M li faceva sentire parte della società. Non fu facile far accettare “i matti” ma furono trovati gli spazi per i gruppi di auto aiuto, che continuavano a riunirsi, come lo fanno tutt'ora, anche presso il Comitato di Pisa. Ebbe inizio anche la ricerca di qualche contributo per l'effettuazione di alcuni corsi di formazione per volontari e grande è stata la collaborazione di psichiatri e operatori del settore. Incontri che contribuirono a stemperare anche alcune diversità di approccio alla malattia, perché comunque lo scopo ultimo era quello di far star meglio chi soffriva, unica ragione che stimolava i volontari all'impegno e alla partecipazione. Nacque poi l'idea di implementare alcuni laboratori di arte-terapia, e i primi furono quelli che venivano fatti anche nei centri diurni di salute mentale, quali pittura e musicoterapia. Intanto maturava l'integrazione anche con i soci del circolo cui ci appoggiavamo e di questo bisogna dare atto ai dirigenti del circolo San Biagio, che hanno contribuito allo sviluppo dell'associazione. Ancora oggi nei locali Arci San Biagio, oltre ai gruppi di auto aiuto, si svolgono i laboratori di musico terapia, di ascolto musicale e quello di “Esprimersi scrivendo”, che ha contribuito notevolmente al recupero della capacità di comunicazione di molte persone che, anche con una buona formazione culturale, non riuscivano più a scrivere (e qui è doveroso ricordare l’impegno dei conduttori e fondatori dei laboratori, il pittore Giorgio Fornaca, il musicista Eugenio Sanna e la scrittrice Maria Velia Lorenzi). Da diversi anni escono due numeri all'anno de “l'immaginario” periodico dell'associazione, due numeri non per mancanza di testi ma per mancanza di “mezzi” ed ha prodotto un volume con racconti e poesie pubblicato con il contributo del Cesvot a coronamento di un progetto di innovazione denominato “Auto-aiuto in circolo”, che vide coinvolti sei circoli del territorio, la Società della salute e i Comuni soci della SdS (Pisa, Cascina, San Giuliano Terme, Calci, Vecchiano Vicopisano, Fauglia, Lorenzana e Orciano Pisano). Da quegli incontri sono state avvicinate tantissime persone con disturbo psichico che mai sarebbero andate ai servizi. L’Associazione cresceva e dava i suoi risultati e fu così che maturò l’idea, venuta direttamente dalle persone sofferenti, di creare un circolo apposito, il Circolo L’Alba, con ristorazione e bar, gestito dai facilitatori sociali, con la partecipazione di tutti i cittadini del territorio e la supervisione dei servizi. Dal gruppo di auto aiuto all’inserimento lavorativo c’è un percorso lungo e impegnativo ed ecco la sintesi, “dietro a quel polpo con le patate”, c’è tanto lavoro, fatica e investimenti che vengono largamente ricompensati dal recupero delle capacità individuali delle persone e sono altamente produttivi anche in termini economici per quanto riguarda i costi sanitari. Ecco allora il valore di una associazione che nel tempo è cresciuta (nell’articolo che mi ha stimolato a scrivere questo fuori tema è citato Ferdinando Romeo amministratore de L’Alba che, quando fu fondata l’associazione, prestava servizio come obiettore all’Arci e dette la sua disponibilità a far parte del collegio dei Sindaci revisori). A fronte di tante associazioni che durano lo spazio di vita di una farfalla, questa è una farfalla che rinasce ogni giorno e dà speranza di vita. Anche se qualche volta capitano episodi che possono lasciare amarezza e sconforto. Ecco allora che i circoli e le Case del Popolo possono diventare luoghi dove la “gente” incontrandosi per giocare a tombola e a ballare, perché la vita non è solo disagio e sofferenza, divertendosi prende coscienza delle diversità che si incontrano nel microcosmo di questi luoghi. Per tutte le attività dell’Alba si può consultare il sito: www.lalbassociazione.com. dove si trovano anche i numeri de “l’immaginario” usciti fino ad oggi. Aldo Bellani Arci Pisa 6 Un sistema di microcredito agevolato per le famiglie in difficoltà Firenze - Un sostegno concreto dalla Regione alle famiglie toscane in difficoltà a far quadrare il proprio bilancio. Parte il progetto di microcredito agevolato creato dalla Regione.Punto chiave la rete di Centri di Ascolto ai quali le famiglie alle prese con problemi finanziari potranno rivolgersi per poter accedere al sistema creato in collaborazione con Anpas, Arci, Caritas, Fondazione toscana per la prevenzione dell'usura onlus e Misericordie. Stamattina, nella sede del Cesvot a Firenze, i rappresentanti dei soggetti che hanno collaborato alla realizzazione, tra i quali anche l'assessore regionale alle politiche sociali, hanno firmato il protocollo d'intesa che, a partire dal 1 marzo, da avvio al progetto di microcredito agevolato. Di fronte al quadro presentato questa mattina dall'assessore regionale che evidenzia una effettiva difficoltà economica per numerose famiglie toscane – secondo dati Cispel nel 2009 le famiglie toscane non hanno pagati 40 milioni di euro per consumo di gas, 150 milioni di euro relativi alla produzione di rifiuti ed al consumo di acqua; ed ancora, i pignoramenti immobiliari nel 2009 a Firenze sono cresciuti del 14,7% ed a Lucca del 12,5% rispetto al 2008; inoltre, il 32% della popolazione anziana toscana vive oggi con meno di 750 euro al mese – il protocollo di oggi sancisce un aiuto costante per la cittadinanza. La Regione fornirà gratuitamente alle banche le garanzie (fino all'80% dell'intero ammontare) per la concessione di prestiti fino ad un massimo di 4000 euro per far fronte a situazioni di momentanea difficoltà economica delle famiglie, che potranno restituirlo anche in piccole rate (di 70/80 euro) fino ad un massimo di 5 anni ad un tasso di interesse agevolato (del 4/5% medio annuo). Non sono previste spese di istruttoria o gestione della pratica, ed i fondi saranno erogati al massimo entro 40 giorni dall'apertura della pratica. La Regione, per garantire i finanziamenti concessi dalle banche, ha costituito un fondo di garanzia iniziale di 1,2 milioni di euro. Il microcredito è dedicato particolarmente a famiglie normalmente “non bancabili” ma che dimostrano di poter assolvere l’impegno di restituzione se aiutate a superare il momento di difficoltà. La rete territoriale dei Centri di Ascolto, 85 in tutto per ora, rappresenta il cardine del sistema. Aderiscono all'iniziativa 26 centri Arci, 40 strutture della Fondazione Antiusura, 13 centri Caritas, 9 Anpas ed 8 delle Misericordie. La rete poggia soprattutto sulle strutture già esistenti. Ai Centri ci si potrà rivolgere per avere informazione ed orientamento, per ottenere assistenza e tutoraggio economico-finanziario, per la compilazione della documentazione necessaria alla richiesta. Le famiglie potranno recarsi ai centri anche per avere un aiuto nella corretta gestione del bilancio familiare e nella regolare restituzione del prestito ricevuto. Ai Centri spetta una prima valutazione della situazione familiare e l'invio della pratica ad un comitato provinciale che completa la valutazione verificando la rispondenza della richiesta alle caratteristiche del sistema di microcredito regionale. Il protocollo prevedeinoltre una cabina di regia regionale con il compito di coordinare l'intero sistema di microcredito. Informazioni più dettagliate L’elenco aggiornato dei Centri di Ascolto e quello elle banche che hanno aderito è consultabile all'indirizzo www.regione.toscana.it/sociale/microcredito Federico Taverniti Tratto da Toscana Notizie Protocollo d’intesa Regione - Associazioni per realizzare il Progetto Microcredito E’ stato firmato questa mattina, nel corso di una conferenza stampa, il Protocollo d’intesa tra Regione Toscana, rappresentata dall’Assessore alle politiche sociali Gianni Salvadori, e ANPAS Toscana, Arci Toscana, Caritas Toscana, Fondazione toscana per la prevenzione dell’usura onlus e Federazione Regionale Misericordie per la realizzazione del progetto “Microcredito –Costituzione di un Fondo Speciale rischi per la prestazione di garanzie alle famiglie in momentanea difficoltà economica”.In tale occasione sono stati illustrati l'avvio del progetto Microcredito e l’organizzazione della rete dei Centri di Ascolto territoriali, la cui attivazione è fissata a partire dal 1° Marzo. Vincenzo Striano, Presidente Arci Toscana, dichiara che “siamo preoccupati per l’avanzata della crisi economica, che colpirà soprattutto i soggetti più deboli. Da tempo come Arci ci stiamo occupando di queste realtà, ma oggi questo tipo di intervento fa un salto di qualità, perchè parte una rete articolata sul territorio, che coinvolge sopratutto i circoli e le case del popolo”. Monsignor Renzo Chesi, Delegato regionale Caritas, dichiara che “si tratta di un’opportunità da cogliere che rafforza i servizi già esistenti”. Per Alberto Corsinovi, Presidente Federazione Regionale Misericordie, “c’è un’adesione convinta da parte della federazione a questa iniziativa, con un impegno delle sue sedi sul territorio regionale per offrire l’opportunità di una maggiore facilità di accesso ai soggetti che dovessero averne necessità”. Lelio Grossi, Presidente Fondazione toscana per la prevenzione dell’usura onlus, puntualizza che “chiunque si senta solo in un momento di difficoltà finanziaria deve sapere che esistono delle strutture che possono dare un aiuto concreto”. Romano Manetti, Presidente Anpas Toscana, conclude affermando che “è un’iniziativa importante anche perchè rispondente alle esigenze del paese, che sta vivendo sulla propria pelle una crisi spaventosa”. Erica Ussi Arci Toscana 7