Esperienze di
Psicomotricità
Relazionale
Istituto Comprensivo di Gallicano
Premessa
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Il mondo che conosciamo e che viviamo è complesso in sé e sempre lo è
stato: composto di più parti tra loro collegate, variegato, poliedrico,
plurimo, ma oggi “il complesso” appare più che nel passato come
difficoltà di interpretare un ruolo adeguato alla situazione vissuta o da
vivere;
come incapacità/impossibilità all’attenzione, alla riflessione, alla
concentrazione;
come contrapposizione tra un attivismo estremo e il disimpegno e
l’evasione;
come disagio relazionale e difficoltà di condividere situazioni
comunicative;
come senso di indifferenza nei confronti di quanto accade intorno a noi;
come incapacità di dare un senso alla propria esistenza.
Nella conquista della sua identità personale il bambino di oggi deve fare
i conti con:
La varietà di culture,di messaggi, e delle loro forme di espressione;
La velocità e la quantità delle stimolazioni cognitive, emozionali,
culturali;
La frammentarietà e l’episodicità dei messaggi.
Il problema: Il disagio
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Diversi sono i fattori che incidono sul disagio nell’età dell’infanzia e che si
concretizzano in futuro in difficoltà a livello di comunicazione, di socializzazione e
di apprendimento nelle diverse tappe evolutive e nel passaggio dalla scuola
materna alla scuola elementare e da quest’ultima alla scuola media.
Con l’eliminazione dei cicli scolastici e la realizzazione di una scuola unica di base
non si elimineranno certo da un punto di vista affettivo e logico le fasi evolutive e
si accentuerà probabilmente il problema di come dare continuità al progetto
pedagogico e didattico per la realizzazione di curriculi sempre più personali ed
efficaci per lo sviluppo della capacità dei ragazzi.
Il disagio è sintomo evidente di un malessere generale più allargato e riferito alla
vita sociale, economica, culturale in cui il bambino vive ed assorbe, rendendolo
maggiormente vulnerabile da un punto di vista affettivo ed innocente preda di
messaggi ambigui e contraddittori, oggetto di interessi economici e sessuali, basti
pensare alla pubblicità, alle vicende violente legate alla pedofilia, alla violenza dei
gruppi giovanili.
Fra i bisogni maggiormente disattesi c’è quello di appartenenza, legato alla
possibilità di conoscersi ed essere riconosciuto dagli altri in contesti sociali e
comunicativi positivi, sentirsi “diverso da” porta spesso alla ricerca di un’
identificazione in gruppi definiti “branchi” dai più comuni mezzi d’informazione.
La scuola è del resto da tempo consapevole che i sintomi di disagio che i bambini
manifestano non sono più come un tempo circoscritti a situazioni evidenti di
difficoltà socio- economiche-culturali della famiglia, ma interessano anche la
normalità ed i contesti socio-familiari che non dovrebbero presentare
problematiche particolari.
Tale situazione mette sempre più in evidenza una reale incomprensione da parte
di tutte le istituzioni preposte all’educazione dei minori dei loro bisogni e dei loro
diritti e fra questi quelli all’espressione ed alla comunicazione ed alla riconquista
di un’identità personale riunificata a livello fisio-psichico.
Le cause possibili
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Mancanza di fattori agevolanti il raggiungimento dell’identità
personale.
Difficoltà di comunicazione all’interno della famiglia e della
scuola.
Stati di solitudine e di isolamento legati all’uso indiscriminato
dei mass-media.
Aumento del gioco simulato al computer a scapito del gioco di
movimento.
Mancanza di spazi fisici e temporali da dedicare al gioco.
Mancanza di esperienze significative a livello di incontro e
socializzazione e comunicazione nella realtà scolastica.
Mancanza da parte degli adulti insegnanti e genitori di
strategie comuni mirate alla comunicazione ed all’acquisizione di
comportamenti facilitanti.
Mancanza da parte degli adulti genitori ed insegnanti della
disponibilità personale ad adottare e sperimentare un progetto
educativo personalizzato comune.
Le conseguenze
Atteggiamenti mentali e
comportamenti riscontrati
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Comportamenti aggressivi apparentemente immotivati.
Iperattività.
Masturbazione.
Difficoltà a distinguere la realtà da quella virtuale.
Tendenza ad adeguarsi ai falsi miti creati dai mass-media.
Tendenza allo stereotipo.
Difficoltà a livello di attenzione, concentrazione ed impegno, di
percezione della realtà.
Tendenza al consumo delle conoscenze.
Tendenza al consumismo ed all’omologazione.
Difficoltà ad acquisire comportamenti positivi nel gruppo e nei confronti
degli altri.
Difficoltà a superare comportamenti egocentrici.
Difficoltà ad assumersi responsabilità adeguate all’età.
Atteggiamenti di paura e di diffidenza verso il “mondo”.
I bisogni
• Bisogno di comunicare.
• Bisogno di ristabilire un flusso attivo con le
cose e con gli altri.
• Bisogno di senso e di significato.
• Bisogno di appartenenza.
Le finalità
• Creare un ambiente educativo
sereno, punto di riferimento
dell’educazione alla salute psicofisica collegata allo star bene a
casa, a scuola e nell’ambiente.
Gli obiettivi
• Riappropriarsi dell’unità del bambino nelle sue tre
dimensioni: corpo-mente-affetti.
• Migliorare le relezioni interpersonali fra i pari e fra le
generazioni.
• Promuovere l’orientamento come coscienza di sè e
capacità di relazionarsi con gli altri.
• Promuovere le relazioni fra scuola e famiglia su progetti
educativi comuni.
• Promuovere una continuità educativa basata sulla
conoscenza dei bambini e dei loro problemi e sulla
condivisione di obiettivi e strategie comuni.
L’esperienza vista dai bambini
Scuola dell’infanzia
• Ho giocato con il
pallone grande,le
corde,con i bastoni.
• Piangevo perché
avevano levato il
cappello a Claudia
glielo avevo dato io.
• Ho tirato la palla in
testa ad Alex perché
lui mi prendeva
sempre, mi faceva
troppo caldo. Mi ero
coperta però tutti mi
rubavano le
coperte,allora gli ho
fatto uno scherzetto
anch’io. Mi è piaciuto
tutto.
• Io e Alex
giocavamo con i pali
di gommapiuma e
facevamo la lotta.
Io ridevo perché
mi divertivo tanto,
Alex giocava con
noi con la musica
• Alex mi doveva
prendere sotto il
velo,mi piaceva
tanto io cercavo di
uscire dal velo. Le
stoffe erano pulite
e colorate. Quando
eravamo sotto il
velo facevamo finta
di essere mostri e
camminavamo
facendo il verso dei
mostri.
Scuola elementare
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Mi piaceva andare in palestrina
con Wilma perché lì ti faceva
giocare e usare il cervello,
pensare come ti sentivi che
riguardava i sentimenti e le
emozioni
La prima regola era che non si
doveva fare male agli altri, la
seconda che non si doveva far
male a noi stessi, poi eravamo
liberi.
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Io e il Fabio si faceva la casetta
con gli scatoloni. Mi sentivo bene
dentro la casetta perché c’era
caldo…
Mi piaceva il rilassamento perché
si stava calmi. Io stavo da sola in
terra sopra un tappeto…..
Io facevo i dispetti, ma era un
gioco, mi cacciavano quando gli
tiravo la carta.
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Mi piaceva perché prima ci faceva
giocare ai giochi che ci piacevano,
dopo ci faceva trovare un
posticino dove si stava per dieci
minuti a riflettere, poi la Wilma ci
chiedeva il gioco che ci era
piaciuto di più. A me piaceva
giocare con i palloni.La palla
poteva essere calciata, ma si
poteva anche usare per sedere,
saltare, dondolarci……..
Io ci stavo con la pancia sopra il
pallone giallo, cercavo di stare in
equilibrio, a volte cascavo……..
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Nella scatola io e Luca si stava
stretti ma ci stavo bene lo stesso.
Quando siamo stretti c’è caldo, se
stiamo vicini ci viene caldo che mi
fa stare bene.
C’erano delle regole. La prima era
che non ci si doveva dare i calci, la
seconda: non dare i pizzicotti, la
terza: non dare le ciaffate…..
Le Insegnanti
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Alla fine di ogni corso abbiamo potuto osservare un’evoluzione delle
dinamiche di relazione anche nella vita di classe, che sono passate
da una prevalenza di gioco individuale e spesso stereotipato ad un
maggior interesse per il gioco di gruppo, creativo e costruttivo.
Dalla dipendenza dall’adulto al gioco di relazione con i compagni.
Per noi educatori rappresenta un ulteriore verifica dei
comportamenti dei bambino, un modo per conoscerli meglio e nello
stesso tempo prendere consapevolezza del nostro modo di
relazionarci con loro, realizzando così un rapporto educativo di
crescita e di arricchimento vicendevole.
Le dinamiche relazionali emerse durante le sedute di Psicomotricità
Relazionale ci permettono infatti di mettere a punto strategie
adatte a diminuire i disagi di alcuni e stimolare lo sviluppo della
creatività e la socializzazione di tutti.
L’entusiasmo dimostrato dai bambini e condiviso anche dai genitori
rafforza la nostra convinzione che questa attività risponda in modo
adeguato ai loro bisogni più profondi.
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