MALFORMAZIONI
GENITO-URINARIE
MALFORMAZIONI RENALI
• DI NUMERO:
Agenesia renale bilaterale: assenza dei reni,
associata solitamente ad altre anomalie quali
l’ipoplasia polmonare, il criptorchidismo, l’agenesia
testicolare. Incompatibile con la vita. Incidenza 1 su
4800 nati.
Agenesia renale monolaterale: assenza di un
rene, asintomatica. Incidenza 1 su 1100 nati.
• DI POSIZIONE:
Ectopia renale: posizione anomala di un rene,
solitamente nella piccola pelvi, si può presentare in
forma semplice (rene nello stesso lato) o crociata
(rene nel lato opposto). Asintomatica. Incidenza 1
su 900 nati.
ALTRE MALFORMAZIONI RENALI
Ipoplasia renale: minore sviluppo dell’organo che
appare morfologicamente e funzionalmente normale.
Rene a spugna midollare (Cacchi e Ricci):
Dilatazione dei tubuli collettori distali con associazione
di cisti e diverticoli. Ectasia pre caliceale canalicolare
caratterizzata da ectasia cistica dei dotti collettori
papillari. Clinicamente asintomatica o caratterizzata da
coliche renali, calcoli (ossalato di calcio o fosfato di
calcio), infezioni delle vie urinarie.
Ipercalciuria.
RENE MULTICISTICO
DEFINIZIONE
Si definisce rene multicistico o displasia renale
multicistica un’affezione renale più frequentemente
unilaterale, non ereditaria, caratterizzata dalla
presenza di cisti multiple del parenchima renale e
dall’assenza o atresia dell’uretere.
Essa costituisce la causa più frequente di massa
addominale nel neonato, predilige il lato sinistro e il
sesso maschile, interessa circa uno su 2000 nati
vivi.
RENE MULTICISTICO (RMc)
EZIOLOGIA
A tutt’oggi l’eziologia non è ancora definita. La teoria
più convincente è quella che indica il mancato
incontro della gemma ureterale con il blastema
metanefrico come causa primaria di RMc; la teoria
ostruttiva, che ha nella costante atresia dell’uretere
il suo fondamento, è tuttora controversa.
RENE MULTICISTICO (RMc)
FISIOLOGIA-ANATOMIA PATOLOGICA
Il RMc assume caratteristicamente l’aspetto di un “grappolo
d’uva” a causa della presenza di numerose cisti di diversa
grandezza, da pochi mm ad alcuni centimetri. Tali cisti,
solitamente non comunicanti, sono separate tra loro da
sottili tralci fibrosi e contengono liquido giallo citrino simile
ad urina.
Le dimensioni del rene sono variabili e dipendono dalla
grandezza delle cisti; il peduncolo vascolare è solitamente
poco sviluppato o addirittura assente.
L’uretere è quasi sempre atresico.
RENE MULTICISTICO (RMc)
SEGNI CLINICI
La diagnosi di RMc è una diagnosi pre-natale in un
numero sempre più frequente di pazienti. In
quest’ottica la descrizione dei segni e dei sintomi
clinici, scarsi di per se stessi, ha perso
ulteriormente utilità pratica. Una massa
addominale palpabile non dolente è il segno clinico
più frequente di RMc; infezioni urinarie ricorrenti,
dolore ed ematuria sono sintomi rari e solitamente
“segnali” di altre malformazioni concomitanti del
rene controlaterale.
.
RENE MULTICISTICO (RMc)
DIAGNOSI
La diagnosi viene oggi solitamente formulata in utero grazie al
largo impiego dell’ecografia prenatale, solitamente l’RMc
diviene visibile ecograficamente verso la 28a settimana.
Occasionalmente vi possono essere difficoltà dignostiche nel
caso di grosse cisti che simulino una pelvi renale dilatata da
ostruzione del giunto pieloureterale. In tal caso l’esecuzione
di un’urografia e.v. alla nascita può risolvere ogni dubbio:
infatti, all’esame urografico si assisterà alla filtrazione di
mezzo di contrasto nel parenchima renale e all’accumulo nella
pelvi, evento che non si verifica in un RMc. Alcuni autori
consigliano, a completamento dell’iter diagnostico, di
eseguire in caso di RMc sia l’urografia e.v. sia la cistografia
minzionale per escludere malformazioni associate a carico
dell’apparato urinario inferiore.
RENE MULTICISTICO (RMc)
TERAPIA
L’indicazione alla rimozione chirurgica dell’RMc è a tutt’oggi
dibattuta. Infatti, il rene multicistico non asportato nella
maggioranza dei casi tende ad una naturale involuzione fino
alla completa atresia e alla sua scomparsa. Sono state
descritte alcune complicanze dovute alla non rimozione
dell’RMc, ma la loro incidenza non è nota. Infezioni, dolore,
ipertensione e la possibilità di una degenerazione neoplastica,
sono le più frequenti. Quest’ultima, sebbene rara, costituisce
per la maggioranza degli autori l’unica ma sufficiente
indicazione alla nefrectomia. Nefrectomia che può avvenire
sia per via tradizionale laparotomica, per via laparoscopica e
per via retroperitoneoscopica (extraperitoneale).
ALTRE MALFORMAZIONI RENALI
Rene policistico infantile: affezione bilaterale, presenza di numerose
cisti a carico della midollare e della corticale. Autosomica recessiva.
Esistono 4 forme: perinatale, neonatale, infantile, giovanile, tutte
caratterizzate dalla progressiva e irreversibile comparsa di insufficienza
renale. Incidenza 1 su 1000 nati.
Rene policistico dell’adulto: affezione ereditaria trasmessa con modalità
autosomica dominante (braccio corto cromosoma 16). Presenza di
numerose cisti a carico della corticale e midollare. Incidenza 1 su 10003000 nati. Le cisti sono derivate dall’ostruzione dei tubuli da parte di
matrice extracellulare prodotta in modo abnorme. La pre-urina non viene
riversata nei dotti collettori, ma si accumula nei tubuli dilatandoli. Le
cisti, ingrandendosi sempre più, vanno a comprimere il parenchima
adiacente, con il risultato finale di un’insufficienza renale ingravescente.
La sintomatologia compare dopo il secondo, terzo decennio di
vita con presenza di dolore al fianco, ematuria, pielonefriti,
ipertensione arteriosa. A 5-10 anni dalla diagnosi la stragrande
maggioranza dei pazienti è in fase uremica e necessita di trattamento
dialitico o trapianto di rene.
Fusione renale/rene a ferro di cavallo: Fusione dei due reni uniti da un
istmo a livello del polo inferiore. Incidenza 1 su 1000.
MALFORMAZIONI DELL’URETERE
Atresia ureterale: anomalia molto rara, assenza dell’abbozzo
ureterale o presenza di un uretere rudimentale che termina
a fondo cieco.
Duplicazione ureterale: si può presentare in due forme:
incompleta; completa, caratterizzata dalla presenza di due
ureteri che sboccano in vescica con due meati ureterali; il
meato che drena il segmento renale superiore sbocca in
vescica in sede inferiore e mediale rispetto all’orifizio
dell’uretere che drena il segmento inferiore (legge di
Weigert-Meyer). Incidenza 0,9 su 100.
Ureterocele: dilatazione cistica del tratto terminale
dell’uretere (intravescicale, sottomucoso).
MALFORMAZIONI DELL’URETERE
Ectopia ureterale: spesso associata all’ureterocele e alla
duplicazione ureterale. È caratterizzata dalla posizione
anomala dello sbocco ureterale. Nell’uomo l’ectopia è
sempre prossimale allo sfintere striato uretrale, quindi non si
ha incontinenza. Nella donna l’ectopia si può localizzare in
qualsiasi segmento dell’uretra, vagina o perineo.
Megauretere: caratterizzato dalla presenza di un uretere
notevolmente dilatato. Si distingue: megauretere refluente,
ostruttivo, non ostruttivo e non refluente.
Uretere retrocavale: l’uretere è caratterizzato da un
percorso anomalo. Esso incrocia la vena cava inferiore a
livello della pelvi renale (primo tipo) o a livello di L3
(secondo tipo).
MALFORMAZIONI DELLA VESCICA
Estrofia vescicale: difetto della parete anteriore addominale
e del cingolo pelvico attraverso il quale si esteriorizza la
vescica (priva della propria parete anteriore e in parte delle
pareti laterali. All’interno della placca estrofica vescicale si
aprono i meati dai quali l’urina giunge direttamente
all’esterno. Incidenza 1 su 100.000 nati.
Persistenza dell’uraco: mancata obliterazione dell’allantoide.
Si crea un dotto tra vescica e ombelico con passaggio di
urina.
Ano imperforato: mancato o incompleto sviluppo del setto
urorettale che separa la porzione urinaria della cloaca da
quella intestinale.
MALFORMAZIONI DEL PENE E
DELL’URETRA
Apenia: assenza congenita del pene. L’uretra sbocca nel perineo
o nel lume rettale.
Micropenia: presenza di pene morfologicamente normale ma la
cui lunghezza risulti inferiore di 2,5 deviazioni standard a quella
di riferimento, associato alla presenza di borsa scrotale e dei
testicoli.
Duplicazione uretrale: presenza di doppia uretra. Può essere
associata a doppia vescica
Megalouretra: abnorme dilatazione dell’uretra. Si può
presentare sia solo in fase minzionale sia in maniera
permanente. Quest’ultima anomalia più grave è associata ad
agenesia dei corpi cavernosi e del corpo spongioso, e spesso è
associata ad altre anomalie (malformazioni anorettale e PruneBelly Syndrome).
MALFORMAZIONI DEL PENE E
DELL’URETRA
Valvole uretrali posteriori: presenza di pliche mucose a nido di
rondine dell’uretra prostatica situate di norma distalmente al
veru montanum e prossimamente allo sfintere uretrale esterno.
Responsabili di ostruzione al flusso urinario di grado variabile.
Ipospadia: sviluppo incompleto dell’uretra anteriore con
presenza del meato uretrale ventralmente e prossimamente
rispetto al glande. Si distinguono diverse forme: ipospadia
glandulare, coronale, peniena, peno-scrotale e perineale.
Incidenza 1 su 3000.
Epispadia: complessa malformazione dell’uretra e dei corpi
cavernosi nel maschio, del clitoride nella femmina e del cingolo
pelvico. Caratterizzata dalla posizione dorsale dell’uretra.
Incidenza 1 su 120.000 maschi e 1 su 500.000 femmine.
MALFORMAZIONI TESTICOLARI
Ectopia testicolare: presenza di un testicolo in posizione
anomala, diversa dalla normale via seguita dalla gonade
durante la sua discesa nel corso della sviluppo.
Criptorchidismo: arresto della discesa del testicolo durante il
suo sviluppo.
Poliorchidismo: presenza di un testicolo soprannumerario.
Anorchidismo: assenza di entrambi i testicoli.
Monorchidismo: presenza di un solo testicolo.
REFLUSSO VESCICO-URETERALE (RVU)
DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE
Si definisce reflusso vescico-ureterale il passaggio retrogrado
d’urina dalla vescica nell’uretere fin verso le cavità renali.
Possiamo classificare l’RVU in RVU primitivo e RVU
secondario.
Nel primo caso il reflusso è conseguenza di una malformazione
o di un ritardato sviluppo della giunzione ureterovescicale, nel
secondo il difetto è secondario a fattori patologici acquisiti a
carico della vescica, dell’uretere o della giunzione vescicoureterale.
L’RVU è l’uropatia più frequente in età pediatrica, colpisce
maggiormente il sesso femminile (60% circa) e la razza
bianca e ha tendenza alla bilateralità (53%). Possibile la
familiarità.
REFLUSSO VESCICO-URETERALE (RVU)
EZIOLOGIA
Il reflusso primitivo deriva da un’anomalia di sviluppo
dell’abbozzo ureterale, per cui si crea una giunzione
vescico-ureterale incompetente che favorisce la
risalita dell’urina dalla vescica all’uretere fin verso la
pelvi.
Il reflusso secondario deriva nella maggior parte dei
casi da un ostacolo, anatomico o funzionale,
congenito o acquisito, allo svuotamento vescicale;
tra le cause più frequenti le valvole dell’uretra
posteriore e l’ureterocele.
REFLUSSO VESCICO-URETERALE (RVU)
FISIOLOGIA-ANATOMIA PATOLOGICA
Fisiologicamente il passaggio dell’urina dalla vescica nell’uretere
è impedito dalla giunzione vescico-ureterale (GVU),
complesso anatomico costituito dal tratto prevescicale,
intramurale e sottomucoso dell’uretere terminale, dal trigono
vescicale superficiale e profondo dalla guaina del Waldayer e
dalla base vescicale. L’integrità anatomica delle strutture di
questo meccanismo è alla base della continenza della
giunzione, meccanismo che è principalmente di tipo passivo.
REFLUSSO VESCICO-URETERALE (RVU)
FISIOLOGIA-ANATOMIA PATOLOGICA
La pressione intravescicale infatti schiaccia il tratto sottomucoso
dell’uretere, impedendo così la risalita dell’urina; una
componente attiva è inoltre assicurata dalla contrazione delle
fibre muscolari lisce del trigono superficiale, che determinano
la chiusura del meato ureterale agendo sulle adiacenti fibre
muscolari dell’uretere. Alla luce di queste precisazioni è facile
intuire come qualsiasi “malposizionamento” o qualsiasi
alterata morfologia di queste componenti possa rendere la
giunzione incompetente.
REFLUSSO VESCICO-URETERALE (RVU)
SEGNI CLINICI
Nella maggioranza dei casi il primo segno clinico di RVU è
l’infezione delle vie urinarie, caratterizzata da febbre
preceduta da brividi. Negli RVU di grado elevato caratteristica
è la minzione in due tempi: durante la minzione parte
dell’urina presente in vescica refluisce nell’uretere dilatato; da
qui, al termine dell’aumento pressorio caratteristico della fase
minzionale, refluirà nuovamente in vescica provocando così
un nuovo stimolo urinario.
Se l’uretere non è dilatato il reflusso può distenderlo
acutamente, provocando così segni e sintomi tipici della
colica reno-ureterale.
REFLUSSO VESCICO-URETERALE (RVU)
DIAGNOSI
La cisto-uretrografia minzionale è l’esame di scelta nei
casi si sospetti un RVU. Essa consente infatti di
stabilire la presenza e il grado del reflusso ed
eventualmente di escludere anomalie a carico della
vescica e dell’uretere.
L’urografia e.v. consente una valutazione dell’apparato
urinario alto; l’ecografia e la scintigrafia renale
andrebbero utilizzati in casi selezionati.
REFLUSSO VESCICO-URETERALE (RVU)
Classificazione del RVU
Sulla base dell’esame cistografico classifichiamo il RVU
in cinque gradi:
I. grado, reflusso in uretere sottile e incompleto: il
mezzo di contrasto radiopaco refluisce dalla vescica
all’uretere, non raggiungendo la pelvi e i calici renali.
II. grado, reflusso completo con uretere e pelvi non
dilatati.
III. grado, reflusso completo con modica dilatazione
ureterale e pelvica.
IV. grado, reflusso completo con cospicua dilatazione.
V. grado, reflusso completo con massima dilatazione e
tortuosità dell’uretere e importante idronefrosi.
REFLUSSO VESCICO-URETERALE (RVU)
TERAPIA
È medica e chirurgica. Generalizzando possiamo affermare che
un RVU primitivo di I e II grado senza danno renale dovrebbe
essere trattato con terapia antibiotica per evitare il danno
renale conseguente a infezioni ricorrenti. Nel caso di
fallimento, di un aggravamento del danno e in tutti gli altri
casi la terapia di scelta è quella chirurgica. L’intervento
chirurgico consiste nel reimpianto del tratto terminale
dell’uretere con tecniche antireflusso. Alternativa alla
chirurgia è l’iniezione endoscopica endovescicale e
sottoureterale di sostanze endogene che possano creare un
supporto dell’uretere intravescicale, ottenendo cioè
l’allungamento del tratto intravescicale dell’uretere (la parte
attiva del meccanismo antireflusso). Sono state utilizzate
diverse sostanze quali il Teflon, il collagene bovino, ecc.
MALATTIA DEL GIUNTO PIELOURETERALE o IDRONEFROSI PRIMITIVA
DEFINIZIONE
Per idronefrosi primitiva intendiamo ogni dilatazione
della pelvi e dei calici renali causata da un’anomalia
congenita localizzata alla giunzione pielo-ureterale.
Essa è una delle anomalie congenite più frequenti.
L’incidenza è di 1 su 1500 neonati.
Colpisce maggiormente il sesso maschile (rapporto
maschi/femmine 2-3/1) e il lato sinistro.
MALATTIA DEL GIUNTO PIELOURETERALE o IDRONEFROSI PRIMITIVA
EZIOLOGIA
L’eziologia dell’IP non è chiara: si suppongono errori durante lo sviluppo
embriologico con conseguenti anomalie anatomiche e funzionali.
FISIOLOGIA-ANATOMIA PATOLOGICA
Distinguiamo forme di ostruzione meccanica e forme funzionali dell’IP.
Ostruzioni meccaniche:
– Da anomalie intrinseche, vere e proprie stenosi dovute a difetti degli strati
muscolari della giunzione.
– Da anomalie estrinseche, nelle quali il giunto è compresso ab estrinseco da
un peduncolo vascolare anomalo che proviene dal polo inferiore renale.
Ostruzioni funzionali.
Premessa fisiologica per la comprensione delle cause funzionali (le più
frequenti) è che il GPU rappresenti il segmento di passaggio dell’attività
peristaltica pielica in attività peristaltica ureterale; l’alterazione della
normale coordinazione motoria tra questi due segmenti creerebbe
un’ostruzione, rendendo così difficoltoso il transito dell’urina.
MALATTIA DEL GIUNTO PIELOURETERALE o IDRONEFROSI PRIMITIVA
SEGNI CLINICI
Le infezioni delle vie urinarie sono i sintomi più
frequenti nei neonati.
Nei bambini con più di un anno prevalgono i sintomi
gastrointestinali (nausea, vomito, inappetenza e
ritardo della crescita), mentre nel bambino più
grande il sintomo d’esordio è spesso rappresentato
da una colica renale con o senza ematuria.
In tutti i casi è possibile apprezzare alla palpazione una
massa addominale.
MALATTIA DEL GIUNTO PIELOURETERALE o IDRONEFROSI PRIMITIVA
DIAGNOSI
Ecografia, urografia e.v. e cistografia
sono indagini fondamentali che
devono rappresentare il normale iter
diagnostico della malattia giuntale.
La scintigrafia renale (statica o dinamica
con diuretico) consente di valutare
l’eventuale compromissione della
funzionalità renale.
MALATTIA DEL GIUNTO PIELOURETERALE o IDRONEFROSI PRIMITIVA
La variante anatomica più frequente è la presenza
di arterie renali sovrannumerarie (due o più arterie
per un solo rene; ne sono descritte fino ad un
massimo di cinque). Le vene renali sovrannumerarie
sono molto più rare specialmente le vene polari
• Le arterie renali sovrannumerarie sono leggermente più frequenti a sinistra e
raggiungono direttamente l’ilo renale o direttamente il parenchima di un polo,
più frequentemente il superiore. Le arterie soprannumerarie del polo inferiore
di entrambi i lati possono incrociare anteriormente la via urinaria causandone
una ostruzione estrinseca
MALATTIA DEL GIUNTO PIELOURETERALE o IDRONEFROSI PRIMITIVA
TERAPIA
È chirurgica: esistono diverse tecniche che consistono nella
rimozione del giunto pielo-ureterale e nella successiva
anastomosi all’uretere. Esistono anche tecniche endoscopiche
che sono però gravate, in alcune casistiche, da un maggior
tasso di recidiva.
CRIPTORCHIDISMO
DEFINIZIONE
Per criptorchidismo intendiamo l’arresto della discesa del
testicolo e il suo posizionamento lungo la via che
normalmente segue nella sua discesa durante lo sviluppo.
Il criptorchidismo è la più frequente anomalia dello sviluppo
genitale maschile. Alla nascita circa il 3,4% dei bambini ha
testicoli criptorchidi (30% in caso di nati prematuri), ma nella
metà dei casi i testicoli discendono nello scroto durante il
primo mese di vita. Si definisce portatore di criptorchidismo
chi a 6-12 mesi di vita ha ancora uno o entrambi i testicoli
non discesi nel sacco scrotale (0,5-1%).
Per ectopia testicolare intendiamo invece il posizionamento
del testicolo in una sede anatomica diversa (inguinale
superficiale, femorale, crurale, peniena, pelvica).
CRIPTORCHIDISMO
EZIOLOGIA
Il criptorchidismo ha un’eziopatogenesi complessa, tanto che i molteplici
meccanismi con cui il testicolo si forma e discende poi nello scroto non
sono del tutto ben spiegati. Riconosciamo per semplicità tre fattori che
ostacolano questa discesa: ormonali, meccanici, genetici.
Fattori ormonali: in pazienti criptorchidi sono state riscontrate alterate
concentrazioni di testosterone, ormone fondamentale per la discesa del
testicolo, oltre ad alterazioni dell’FSH e dell’LH.
Fattori meccanici: interverrebbero in un 50% dei casi; si tratta di ostacoli
anatomici quali l’incompleta persistenza del dotto peritoneo vaginale, il
canale inguinale obliterato, la brevità degli elementi del funicolo
spermatico.
Fattori genetici: in alcuni casi il criptorchidismo si accompagna ad alterazioni
cromosomiche, soprattutto nella sindrome di Klinefelter (47XXY) e nelle
sindromi con corredo cromosomico 48 XXXY.
CRIPTORCHIDISMO
FISIOLOGIA-ANATOMIA PATOLOGICA
Nel 70% circa dei casi il testicolo non disceso è normale per
forma, volume, trofismo, connessione didimo-epididimaria;
nel 26% circa sono presenti anomalie della via seminale e in
un 4% è presente un’agenesia.
Importanti sono le alterazioni istologiche che si riscontrano nel
criptorchidismo; esse sono correlate al tempo di permanenza
del testicolo al di fuori del sacco scrotale. Nel primo anno si
osservano solo modificazioni a carico delle cellule del Leydig,
mentre a partire dal secondo compaiono anomalie strutturali
dei tubuli seminiferi, del numero e del volume degli
spermatozoi. Il danno istologico si aggrava così
progressivamente, raggiungendo col tempo alterazioni
irreversibili sia della funzione endocrina (produzione di
ormoni) che di quella esocrina (spermatozoi).
CRIPTORCHIDISMO
CLASSIFICAZIONE E DIAGNOSI
Una prima distinzione clinica avviene tra il testicolo palpabile
(92% dei casi) e testicolo non palpabile (8%).
Nel primo caso si distinguerà tra un testicolo retrattile, ritenuto
ed ectopico. Nel secondo caso tra testicolo agenesico o
presente.
Il testicolo di tipo retrattile può essere facilmente portato nello
scroto, nel quale permane per qualche tempo.
Il testicolo di tipo ritenuto è situato lungo la via normale di
migrazione al di fuori dell’anello inguinale interno, rendendo
così possibile l’esplorazione manuale.
CRIPTORCHIDISMO
CLASSIFICAZIONE E DIAGNOSI
Il testicolo palpabile di tipo ectopico è al di fuori della normale
via di migrazione.
Esistono 5 ectopie topografiche più requenti:
• l’inguinale soprafasciale
• la perineale
• la pubo-peniena
• la crurale (nel tiangolo dello Scarpa)
• la crociata (ambedue i testicoli si trovano nello stesso
emiscroto).
In queste situazioni la diagnosi di criptorchidismo è
essenzialmente clinica e si fonda sull’esame obiettivo.
CRIPTORCHIDISMO
Nel caso invece di testicolo non palpabile l’ecografia
addomino-pelvica e la risonanza magnetica possono
contribuire alla localizzazione del testicolo; nei casi in
cui queste due metodiche falliscano si deve ricorrere
a tecniche cruente d’esplorazione (laparoscopia). Per
un corretto inquadramento diagnostico e terapeutico,
soprattutto nei casi di criptorchidismo bilaterale, sono
sempre necessari l’identificazione del cariotipo e il
dosaggio degli ormoni sessuali e delle gonadotropine.
CRIPTORCHIDISMO
TERAPIA
La terapia può essere sia medica (ormonale) che
chirugica.
Terapia medica: possiamo affermare che, tranne che in
caso di pervietà del dotto peritoneo vaginale (DPV), la
terapia ormonale debba essere sempre tentata. Si
utilizzano di norma cicli di HCG e di LH-RH. Il
razionale di tale terapia si fonda sul presupposto che
questi due ormoni giochino un ruolo importante nel
favorire la “discesa” del testicolo. L’indicazione a tale
metodica è data soprattutto dal testicolo retrattile e
dal testicolo ritenuto in posizione inguinale bassa.
CRIPTORCHIDISMO
TERAPIA
Terapia chirurgica: va impiegata nei casi di fallimento della
terapia medica e in tutti gli altri casi. Riguardo al tempo
dell’intervento chirurgico, attualmente tutti gli autori
concordano nel non procrastinarlo oltre i 24 mesi d’età.
Chirurgia del testicolo palpabile: prevede una soluzione in tempo
unico, con la classica tecnica dell’orchidopessi.
Chirurgia del testicolo non palpabile: secondo il trofismo della
gonade e della posizione si aprono diverse possibilità
terapeutiche: dall’orchidopessi con eventuale funicololisi
(isolando e “rettificando” i vasi e il dotto deferente) fino a
tecniche di microchirurgia (es. secondo Fowler e Stephens con
anastomosi tra l’arteria spermatica interna e la deferenziale).
CRIPTORCHIDISMO
PROGNOSI
Vanno considerati lo sviluppo degli organi sessuali, la fertilità e la
degenerazione neoplastica. Nel caso di criptorchidismo
monolaterale nella maggioranza dei casi non vi sono alterazioni
dello sviluppo sessuale, mentre nel caso di ipoplasia o
agenesia bilaterale lo sviluppo e la funzione sessuale dovranno
essere supportati da terapia ormonale.
Per quanto riguarda la fertilità le percentuali di sterilità in pazienti
con criptorchidismo variano dal 30-50% nelle forme
monolaterali e salgono fino oltre il 70% nelle bilaterali.
Il criptorchidismo ha un ruolo importante nell’eziopatogenesi
delle neoplasie testicolari, circa il 12% dei tumori testicolari
riscontrati in età adulta sono correlati a degenerazione
neoplastica di una gonade ritenuta o già sottoposta ad
orchidopessi.
URETEROCELE (UC)
DEFINIZIONE
Intendiamo per ureterocele (UC) la dilatazione cistica del tratto
terminale, intravescicale, sottomucoso dell’uretere. Esso si
riscontra più frequentemente nel sesso femminile (rapporto 7 a
1) ed è bilaterale nel 10% dei casi.
Si definisce ortotopico se è regolarmente situato alla base della
vescica, ectopico se localizzato sul collo vescicale o nell’uretra.
Classifichiamo l’UC di tipo adulto con sistema pieloureterale
singolo o infantile con un sistema duplice. In tal caso va
precisato che il distretto ureterale responsabile dell’ureterocele
è tributario sempre del distretto renale superiore ed è sempre
situato distalmente allo sbocco dell’uretere “gemello”
omolaterale.
URETEROCELE (UC)
EZIOLOGIA
A tutt’oggi non è ancora definita l’eziologia dell’ureterocele.
L’ureterocele potrebbe essere secondario ad una stenosi del
meato ureterale, oppure ad un’anomalia di sviluppo del dotto
di Wolff durante l’embriogenesi.
SEGNI CLINICI
Nei casi d’UC in sistema duplice il quadro clinico è caratterizzato
da infezione delle vie urinarie, febbre e ritardo di
accrescimento.
Nei casi di UC di piccole dimensioni i disturbi minzionali (disuria,
pollachiuria) sono i sintomi più frequenti e possono
manifestarsi anche durante la seconda o terza infanzia.
URETEROCELE (UC)
DIAGNOSI
L’ecografia è molto precisa nel definire la diagnosi e riconoscere
un UC già in epoca prenatale.
L’urografia e.v. è fondamentale per il completamento della
diagnosi, e consente inoltre di valutare anche l’apparato
urinario alto. La cisti ureterocelica appare come un “minus” di
riempimento vescicale. Utile anche la cistografia minzionale
che permette inoltre di evidenziare eventuali reflussi
vescicoureterali associati.
La scintigrafia renale e la cistoureteroscopia, a completamento
delle indagini sopra elencate consentono rispettivamente uno
studio funzionale e morfologico più accurato.
URETEROCELE (UC)
TERAPIA
Il trattamento è sempre chirurgico; per via laparotomica o
endoscopica.
Nel caso di UC in doppio distretto si rimuoverà la sacca
ureterocelica, si ricostruirà il pavimento vescicale e, secondo la
presenza o meno di un distretto renale funzionante, si
procederà al reimpianto ureterale in vescica o all’anastomosi
fra i due distretti o all’asportazione dell’uretere con
eminefrectomia.
Un’alternativa all’intervento chirurgico tradizionale è quella del
trattamento decompressivo endoscopico dell’UC attraverso
l’incisione della cisti ureterocelica, nel caso di UC in distretto
pielouretrale singolo.
VALVOLE DELL’URETRA POSTERIORE
DEFINIZIONE
Si definiscono valvole dell’uretra posteriore (VUP) formazioni
dell’uretra posteriore maschile costituite da epitelio di
transizione e da tessuto connettivo situate distalmente al veru
montanum e prossimalmente allo sfintere uretrale esterno.
Conformate a nido di rondine con la concavità rivolta verso la
vescica esse ostacolano più o meno gravemente il flusso
uretrale e di conseguenza lo svuotamento vescicale.
Costituiscono la forma più frequente di malformazione ostruttiva
maschile, e rappresentano la causa più comune d’insufficienza
renale in età pediatrica.
Colpiscono tra l’1/8.000 e l’1/25.000 dei nati vivi.
VALVOLE DELL’URETRA POSTERIORE
EZIOLOGIA
A tutt’oggi sconosciuta; la teoria più accreditata è quella
che indica la presenza delle valvole secondaria ad
un’anomala inserzione del dotto mesonefrico nella
cloaca, errore che si verificherebbe nelle primissime
settimane di vita intrauterina.
VALVOLE DELL’URETRA POSTERIORE
CLASSIFICAZIONE-FISIOLOGIA-ANATOMIA PATOLOGICA
Le VUP sono classificate in tre tipi:
Tipo I: originano dal veru montanum e si sviluppano in basso e
lateralmente, incontrandosi sulla parete anteriore dell’uretra e
costituendo così un terzo lembo.
Tipo II: originano dal veru montanum e si sviluppano verso l’alto
inserendosi sul collo vescicale.
Tipo III: sono costituite da un diaframma completo forato al
centro.
L’evento patogenetico fondamentale è dato dall’ostruzione al
deflusso d’urina durante la minzione. Per superare l’ostacolo il
detrusore è costretto a compiere un superlavoro che comporta
un’ipertrofia che è direttamente proporzionale al grado di
ostruzione; si creano nel tempo forti aumenti della pressione
detrusoriale che si trasmette lungo l’apparato urinario con
idronefrosi e conseguente danno renale.
VALVOLE DELL’URETRA POSTERIORE
VALVOLE DELL’URETRA POSTERIORE
SEGNI CLINICI
Essi sono strettamente correlati al grado di ostruzione: da una
modesta disuria, fino all’insufficienza renale; frequente anche il
riscontro di cistiti, pielonefriti e setticemie.
DIAGNOSI
Megavescica, idroureteronefrosi e ipertrofia della parete vescicale
sono i segni ecografici che fanno sospettare la presenza di VUP
già in epoca pre-natale.
Altre indagini diagnostiche, naturalmente da eseguire in epoca
post-natale sono: la cistografia con fase minzionale e
l’urografia. La scintigrafia renale e la cistoureteroscopia
completano le indagini sopra elencate, consentendo uno studio
funzionale del parenchima renale e morfologico delle valvole e
della vescica.
VALVOLE DELL’URETRA POSTERIORE
TERAPIA
La disostruzione per via endoscopica dell’uretra è il primo atto
chirurgico per la cura delle VUP. Esso spesso rappresenta nella
maggior parte dei casi il trattamento più efficace e risolutivo.
Nei casi di grave compromissione delle vie urinarie e della
funzionalità renale, è opportuno procedere a derivazione
urinaria tramite nefrostomia fino alla risoluzione dell’idronefrosi
e al ripristino della funzione renale. Infine in caso di
persistenza del reflusso vescico-ureterale si procede al
reimpianto degli ureteri.
Scarica

Criptorchidismo