CIVILTÀ DELLA TAVOLA AC A C IN I L I ANA L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA ISTITUZIONE CULTURALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA È STATA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI www.accademia1953.it N. 229, LUGLIO 2011 / MENSILE, POSTE ITALIANE SPA, SPED. ABB. POST. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1 COMMA 1 - DCB ROMA LA C U C EM I A EL AD D TA N. 229 ● LUGLIO 2011 ISSN 1974-2681 CIVILTÀ TAVOLA DELLA ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA S O M M A R I O CARI ACCADEMICI... 3 Caro Gianni (Giovanni Ballarini) RICORDO DI GIANNI FRANCESCHI 5 7 8 Il Grillo parlante Un indimenticabile amico (Giovanni Marzi) Ciao, Direttore L’ASSEMBLEA DEI DELEGATI 10 Ballarini confermato Presidente L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA È STATA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI E DA LUIGI BERTETT, DINO BUZZATI TRAVERSO, CESARE CHIODI, GIANNINO CITTERIO, ERNESTO DONÀ DALLE ROSE, MICHELE GUIDO FRANCI, GIANNI MAZZOCCHI BASTONI, ARNOLDO MONDADORI, ATTILIO NAVA, ARTURO ORVIETO, SEVERINO PAGANI, ALDO PASSANTE, GIAN LUIGI PONTI, GIÒ PONTI, DINO VILLANI, EDOARDO VISCONTI DI MODRONE, CON MASSIMO ALBERINI E VINCENZO BUONASSISI. 24 Il(Giancarlo pemmican di Salgari Burri) 25 Analisi della storia della cucina (Donato Pasquariello) (Francesco Ricciardi) 27 La(Sandro mostarda fina di Carpi Bellei) 30 Evoluzione del piatto (Alfredo Pelle) 32 America “supersize” (Marino de Medici) CONSULTA ACCADEMICA 13 Sessione di primavera IL CONVEGNO INTERNAZIONALE 14 Identità plurale della cucina italiana 34 In(Pietro val Resia Adami) 35 A(Donatella tavola con il Risorgimento Clinanti) 37 L’arte di fare i vini (Giorgio Cirilli) 38 La(Luisa cucina nei conventi Benedetti) 40 Utilizzare gli avanzi (Tito Trombacco) 41 Più uomini ai fornelli (Antonio Ravidà) PREMIO “ORIO VERGANI” 22 “Montalbano” ritira il premio (Silvia De Lorenzo) BIBLIOTECA NAZIONALE GIUSEPPE DELL’OSSO 28 Il(Lorena “Libro novo” di Messisbugo Gallina) SICUREZZA & QUALITÀ (Silvia De Lorenzo) 42 La(Gabriele colazione degli italiani Gasparro) I NOSTRI CONVEGNI 16 Il(Maria fantasma della fame Cristina Carbonelli di Letino) 18 Pepe come cucina rosa come donna (Giovanni Canelli) CULTURA & RICERCA 20 Cucina d’Italia in Ungheria (Szabó Gyözö) LE RUBRICHE 4 17 29 43 44 45 65 68 78 Calendario accademico Ricette d’Autore Accademici in primo piano Notiziario In libreria Vita dell’Accademia Carnet degli Accademici Dalle Delegazioni International Summary La copertina: particolare di “Cuoca in cucina e banchetto del ricco Epulone” di Giacomo Legi (o Liegi), pittore attivo verso la metà del XVII secolo. L’opera fa parte della mostra “Vanitas - Lotto, Caravaggio, Guercino nella Collezione Doria Pamphilj”, Roma, Palazzo Doria Pamphilj, fino al 25 settembre. La mostra affronta il tema della caducità delle cose terrene attraverso 4 sezioni tematiche: la pittura di genere e la natura morta (di cui fa parte l’opera in copertina), il soggetto sacro, una galleria di ritratti di filosofi e le allegorie; oltre ai dipinti, sono in mostra sculture, oggetti decorativi, libri e musica. Tutti i pezzi - che comprendono alcuni capolavori assoluti - sono tuttora parte del patrimonio della famiglia Doria Pamphilj, conservato nel proprio, storico, palazzo di via del Corso. C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 1 COORDINATORI TERRITORIALI Piemonte Est Piero Bava Piemonte Ovest Paolo Bertani Liguria Paolo Lingua Lombardia Est Giuseppe Masserdotti Lombardia Ovest Umberto Guarnaschelli Alto Adige Ottokar Polasek Veneto Beppo Zoppelli Friuli-Venezia Giulia Renzo Mattioni Emilia Vittorio Brandonisio Romagna Gianni Carciofi Toscana Est Gianni Limberti Toscana Ovest Franco Cocco Marche Mauro Magagnini Umbria Guido Schiaroli Lazio Roma Gabriele Gasparro Lazio provincia Massimo Borghetti Abruzzo Mimmo D’Alessio Molise Giovanna M. Maj Campania Mario De Simone Puglia Luigi Altobella Basilicata in corso di attribuzione Calabria Francesco Menichini Sicilia Est Mario Ursino Sicilia Ovest Antonio Ravidà Sardegna Marcello Bedogni C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 2 C A R I A C C A D E M I C I . . . Caro Gianni DI GIOVANNI BALLARINI Presidente dell’Accademia “Non un addio, caro Gianni, perché ogni volta che rileggeremo uno dei tuoi scritti, sarai di nuovo e sempre con noi”. ari Accademici, ogni volta che mi rivolgo a voi in questa rubrica penso e penserò a Gianni Franceschi. Appena divenuto Presidente, infatti, chiesi a lui consiglio su quale titolo dare all’articolo di apertura di ogni numero della “Civiltà della Tavola” ed Egli, quasi di getto, mi disse: “Cari Accademici”, una intestazione semplice e diretta, quale si addiceva allo scopo di dare ai lettori una idea in cinquemila battute. Un consiglio che ho subito sposato e che di mese in mese mi ricorderà sempre l’amico Gianni. Giovanni Battista Franceschi, giornalista, scrittore e soprattutto Accademico, alla fine di maggio ci ha lasciati. Gianni per tutti gli Accademici e come firmava i suoi pezzi, apparteneva a una razza di giornalisti sempre più rara, anche se non estinta. Giornalista perché scriveva sui giornali ed era iscritto all’albo, ma soprattutto perché, da uomo di vasta e profonda cultura quale era, si era formato partendo dai fogli di provincia e dalla cronaca, dai fatti cioè, anche da quelli alimentari e gastronomici. Per questo non si era trovato a disagio, anzi a suo completo comodo, quando a un certo punto della sua lunga carriera umana e professionale e su invito di Franco Marenghi approdò alla rivista della nostra Accademia, contribuendo in modo significativo all’elevazione del suo livello culturale e partecipando in misura determinante a trasformarla nell’attuale, molto apprezzata “Civiltà della Tavola”. Provincia - quella di Reggio Emilia - e cronaca - quella di tutti i giorni e di ogni tipo, anche giudiziaria - furono la duplice faccia di una severa palestra nella quale imparò non solo a individuare i fatti, ma soprattutto a comunicarli come C “notizia”, sempre esatta, e accompagnata da una presentazione, inquadramenti e pertinenti commenti che gli derivavano da una vasta cultura, ma soprattutto dal culto della verità e della precisione. Di eccezionale memoria e di vivacissimo intelletto è stato un abilissimo uomo di penna, capace, fino all’ultimo giorno, di scrivere un articolo con un linguaggio fluido e a tutti accessibile, sempre di alto livello, mai banale, ricco di riferimenti. Tre erano le sue doti di giornalista: precisione, precisione e precisione, quindi anche controlli, controlli e controlli, usando una grande memoria, ma sempre diffidandone. Severo con se stesso, ma anche blandamente tollerante con gli altri, era abilissimo nel “taglio” degli articoli quando doveva ricondurli alle dimensioni imposte dagli equilibri editoriali della rivista (anche lo spazio è tiranno…) e debbo confessare che non di rado ne ho io stesso approfittato, con ottimi risultati. Diversi i libri di Gianni Franceschi e tra gli ultimi la trilogia della cucina reggiana: “Duemila anni a tavola” (i cibi della tradizione), “Duemila metri a tavola” (i cibi tipici del territorio) e “A tavola nel Duemila” (con Giovanni Marzi, le nuove tendenze di una cucina viva). Libri nei quali, con una profonda ricerca e un attento studio, risaltano il saggio culto della memoria e una chiara visione di antiche rimembranze mai sopite, come ben dimostrano le gustose testimonianze che corredano le ricette. Reggiano di nascita e di sentimenti, è vissuto a lungo a Roma senza dimenticare le proprie origini ben radicate sulle rive del Crostolo. Accademico a tutto tondo nella Delegazione di Reggio Emilia, perché qui è nata la C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 3 C A R I sua passione gastronomica, stare a tavola con Gianni Franceschi era un vero piacere, in qualunque parte d’Italia, della quale conosceva la cucina come le sue tasche. Un pranzo o una cena con Gianni, assieme anche alla sua Dolorita, nutriva forse più la mente del corpo e quando si lasciava la tavola si era sempre più ricchi. Un Accademico informato e al tempo stesso sempre a caccia di notizie, abile nel nutrirsi quanto nel far crescere gli altri, fortemente legato alle tradizioni, soprattutto a quelle della A C C A D E M I C I . . . sua terra reggiana, ma aperto anche a valutare le innovazioni, pur diffidando delle sperimentazioni e soprattutto di quelle più spericolate e avventurose. Preciso e apprezzato oratore, le sue relazioni hanno dato smalto in tanti convegni accademici. La vasta e variegata serie di scritti che sono stati pubblicati su questa rivista è la migliore testimonianza di quanto Gianni Franceschi abbia dato non solo alla nostra Accademia, ma anche alla cultura gastronomica italiana, formando un corpus che supe- ra le contingenze dei singoli articoli e segnando un lungo percorso culturale di saggezza e di buon senso o senso comune. E mai come in questi tempi ci rendiamo conto di quanto il “buon senso comune” sia poco comune. Mentre altri in questo fascicolo ti ricorderanno, a Te, caro Gianni, non un addio, perché ogni volta che io o altri rileggeremo uno dei tuoi tanti scritti, sarai sempre con noi. GIOVANNI BALLARINI See English text page 78 CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI ACCADEMICHE 2011 SETTEMBRE OTTOBRE 2 settembre - Campobasso Convegno “Il Molise e l’Unità d’Italia: storia, fonti documentarie, arte, musica e gastronomia” 1-2 ottobre - Pisa Cinquantennale della Delegazione Convegno “Sensi e gastronomia” 2-4 settembre - Pollino-Policastro Inaugurazione della Delegazione a Maratea 15 ottobre - Lariana Cinquantennale della Delegazione Convegno “Cinquanta - Cento Centocinquanta” 9-11 settembre - Maremma-Presidi Convegno a Saturnia “Maremma: terra di sapori forti e di briganti” 20 ottobre - Cena ecumenica “La cucina della frutta” 20 ottobre - Bergamo Cinquantennale della Delegazione 10-11 settembre - Pescara Convegno “L’acqua: risorsa per l’ambiente ed elemento essenziale per gli alimenti e per la cucina” 20 ottobre - Pisa IV edizione del premio al miglior allievo dell’Ipssar “Matteotti” di Pisa 15 settembre - Udine Convegno “La cucina friulana dopo l’Unità d’Italia” 22 ottobre - Trapani Convegno “I venti piatti che hanno unito l’Italia: 150 anni... di cucina” 17-18 settembre - Ancona “Verdicchio d’oro” a Staffolo 28-30 ottobre - Bologna Riunione della Consulta accademica 24 settembre - Gorizia Convegno “La cucina mitteleuropea a Gorizia” 24-25 settembre - Modena Convegno “Aceti balsamici di Modena. Usi e abusi” 11-13 novembre - Siena-Valdelsa Decennale della Delegazione Convegno “La cucina nell’arte senese e toscana” 16-20 novembre - Londra Escursione annuale 19 novembre - Lodi Convegno “La cucina in televisione” 19 novembre - Londra Cena di gala per i 150 anni dell’Unità d’Italia 19 novembre - Padova Cinquantennale della Delegazione Convegno “Aspetti sociali della cucina del Padovano dagli anni Sessanta a oggi” Premio alla gastronomia che opera nel sociale 25-26 novembre - Bruxelles Venticinquantennale della Delegazione 26 novembre - Lucca Cinquantennale della Delegazione Convegno “I fagioli della Lucchesia” NOVEMBRE 5 novembre - Prato Venticinquennale della Delegazione DICEMBRE 9 novembre - Reggio Emilia Cinquantennale della Delegazione 1 dicembre - Cagliari 2 dicembre - Sassari Seminario sulla celiachia 24-25 settembre - Vercelli Cinquantennale della Delegazione Convegno “Il risotto di Cavour” 25 settembre - Cento Città del Guercino Quarantennale della Delegazione C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 4 R I C O R D O D I G I A N N I F R A N C E S C H I Il Grillo parlante L’intervista a Gianni Franceschi, raccolta da Silvia De Lorenzo in occasione del cinquantenario dell’Accademia e pubblicata sul primo volume della “Collana di cultura gastronomica”. C ome è iniziato il suo lungo cammino con l’Accademia e quale era “lo stato di salute” dell’Accademia stessa in quel periodo? Mi ha introdotto nell’Accademia, nel 1986, l’allora Segretario nazionale Franco Marenghi, che mi ha subito coinvolto nella redazione della rivista accademica, che proprio allora aveva preso il posto dell’antico bollettino interno. Lo stato di salute? Era un momento di intensa febbre di crescenza. Lei è, all’interno dell’Accademia, “l’uomo della comunicazione”. Gran parte dell’attività editoriale si svolge sotto i suoi occhi e la sua penna. Iniziamo dalla rivista dell’Accademia, di cui lei è Direttore da molti anni. Ce ne potrebbe riassumere la storia? Più che “uomo della comunicazione”, mi ritengo l’artigiano dell’informazione interna. E la rivista dell’Accademia è proprio un prodotto artigianale, che cerco di mantenere al più alto livello possibile, sia pure attraverso alcune difficoltà, più che altro di carattere operativo. La rivista ricopre anche la funzione fondamentale di organo di informazione dell’attività accademica in Italia e all’estero. E l’informazione, in quanto comunicazione, unisce, crea un linguaggio proprio che accomuna lettori e redattori e lettori tra loro. Come si traduce in pratica questo ruolo di trait-d’union che la rivista svolge per gli Accademici di tutto il mondo? Quando era in uso il latino, la Chiesa parlava con una voce sola. Oggi è un coro a più voci. Così è la rivista dell’Accademia (mi si perdoni il confronto forse irriverente), perché accoglie gli scritti degli Accademici d’ogni parte d’Italia e del mondo, che usano linguaggi ed espressioni di vario genere ma tutti concordanti verso un unico obiettivo culturale: la civiltà della tavola. E proprio “civiltà della tavola” è diventata (da una proposta di Francesco Ricciardi) la nuova testata della rivista, che non prende il posto de “L’Accademia” ma ne prosegue, sia pure con una differente veste, l’attività e la storia. E che progetti ha in mente per il futuro, ora che anche chi naviga in Internet ha accesso a questo bel periodico? La rivista su Internet non è che la proiezione multimediale della carta stampata. Io lavoro per la carta stampata, se poi va a finire su Internet non è né merito né colpa mia. Progetti per il futuro? Riuscire a mantenere sempre alto il livello culturale della rivista, specialmente ora che l’Accademia ha ricevuto il crisma ufficiale di istituzione culturale. Nei “Quaderni dell’Accademia” trovano collocazione gli atti dei più importanti convegni di carattere culturale-gastronomico cui partecipano gli Accademici. Quale è la fisionomia di un convegno accademico (scelta dei temi, obiettivi, svolgimento)? Tranne i convegni biennali dedicati alla civiltà della tavola, organizzati a carattere nazionale direttamente dalla Presidenza su indicazione del Centro Studi, tutti gli altri vengono organizzati per iniziativa e cura delle varie Delegazioni (o gruppi di Delegazioni). Proprio per questo la fisionomia di un convegno varia da un luogo all’altro: sempre, però, nel solco di un unico obiettivo culturale. Le guide ai ristoranti dell’Accademia, nel corso degli anni, hanno as- C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 5 R I C O R D O sunto nomi diversi. A quale di queste pubblicazioni va il suo ricordo più affettuoso? Ricordo con un po’ di rimpianto gli “Itinerari della buona tavola”, di alto livello culturale oltre che informativo, in veste editoriale molto elegante, frutto di un impegno notevole da parte di chi allora (io non ero ancora Accademico) si occupava dell’informazione. Dal Centro Studi, di cui lei è VicePresidente, partono le proposte e le elaborazioni dei programmi culturali dell’Accademia che poi vengono sottoposti al Consiglio di Presidenza per la loro esecuzione pratica. A partire dalla sua costituzione, ogni anno il Centro Studi ha elaborato un documento sullo stato della cucina italiana. Quale è stato quello più incisivo per l’argomento trattato e per gli sviluppi successivi? Non esiste il più o il meno. Ciascun “rapporto” ha una propria fisionomia come ogni anno si presenta, con caratteristiche diverse. Il Centro Studi “fotografa” una realtà in continuo divenire, sempre diversa e mutevole. Come è strutturato il Centro Studi “Franco Marenghi”? La struttura è molto semplice. I vari componenti si riuniscono un paio di volte all’anno per discutere non dei massimi sistemi ma dei minimi denominatori della civiltà della tavola. Dato un tema, illustrato dal Presidente del Centro Studi, si esprimono pareri, si discute, si ascoltano consigli e proposte. Poi ciascuno elabora un testo con le proprie considerazioni alla luce della discussione e delle proposte e lo invia al Presidente che, con il Vice-Presidente e il Segretario, prepara un documento finale da proporre alla successiva riunione. I giovani, dal “villaggio globale” in cui attualmente vivono, come guardano alla tradizione gastronomica? Le nuove generazioni, nate con il fast food e cresciute con hamburger e patatine, esaurita la curiosità per questi cibi extrafamiliari sono ora colte D I G I A N N I F R A N C E S C H I da ulteriori curiosità per quello che hanno perduto o non hanno mai conosciuto. Così, dalla curiosità per i piatti tradizionali possono passare all’interesse e quindi all’apprezzamento. È un cammino lungo e non facile, ma comunque promettente. quando assiste o partecipa a un convegno o a una tavola rotonda fa, o almeno dovrebbe fare, un profondo esame di coscienza. E attraverso questo esame riesce a proiettare verso l’esterno le proprie conoscenze e le proprie convinzioni. A suo parere, come si colloca l’Accademia di fronte alla globalizzazione? Ci sono due tipi diversi di globalizzazione: quella evidente e quella strisciante. La seconda, ovviamente, è la più pericolosa, perché è subdola, insinuante, spesso impercettibile. Ci troviamo “globalizzati” senza saperlo di fronte alla frutta che arriva dall’emisfero meridionale, davanti a un piatto la cui origine è ben lontana dalle nostre abitudini e dalle altrettanto nostre tradizioni. Poi c’è la globalizzazione palese, quella che spesso non riconosciamo, che vede la nostra rete commerciale agroalimentare in gran parte nelle mani di multinazionali che rappresentano solo un tessuto finanziario, ben diverso dall’esperienza imprenditoriale italiana o, almeno, europea. Se, poi, vogliamo tornare alle radici “storiche” dell’Accademia, potremmo affermare che Orio Vergani è stato un “no global” ante litteram, un veggente, un precursore, un saggio e intelligente anticipatore del tempo che sarà. È proprio questa la strada che, a mio modesto parere, l’Accademia deve percorrere con determinazione, proprio alla luce dell’importante riconoscimento ufficiale come istituzione culturale, che impone a tutti una più attiva e coerente partecipazione. La storia dell’Accademia ci consente questo orgoglio e questa lealtà. Qualche anno fa, lei è stato definito dal Vice-Presidente dell’Accademia, Giovanni Goria, il “Grillo parlante”, a proposito delle sue osservazioni, sagge e argute insieme, sulla figura dell’Accademico e sul ruolo delle Delegazioni. Si riconosce in questo ruolo? Ritengo che l’amico Goria intendesse fare solo una battuta. Io spero soltanto che non salti fuori qualche Pinocchio a schiacciarmi contro il muro con un martello di legno… Ci vuole parlare della filosofia (e anche della sua esperienza pratica) riguardo agli eventi culturali e conviviali organizzati dall’Accademia? Più che di filosofia accademica parlerei di coscienza accademica. Ogni Accademico, infatti, quando approfondisce la propria conoscenza della storia e della tradizione, quando affronta una riunione conviviale, Quale grido di dolore, lei pensa, potrebbe levare oggi Orio Vergani, sempre nell’ambito del panorama della cultura gastronomica italiana, e quale potrebbe essere la risposta dell’Accademia? Gridi di dolore si levano da ogni parte d’Italia, come disse Vittorio Emanuele II, gridi ai quali l’Accademia, come il re di Sardegna, non è insensibile. L’iniziativa promossa dal Centro Studi di dedicare ogni anno a un prodotto da proteggere è la risposta migliore. L’Accademia ha appena compiuto 50 anni. Con quale augurio ha accompagnato il suo brindisi? Brindando con spumante italiano, naturalmente, e gridando “Cento di questi anni”, senza mettere per questo un limite alla provvidenza divina. C’è un argomento, che riguardi la storia dell’Accademia, di cui non abbiamo parlato e che le piacerebbe invece ricordare in questa intervista? Non s’è parlato del volontariato, del disinteresse, della dedizione, della passione, dell’altruismo degli Accademici. Credo che questi elementi siano poi la chiave del nostro successo. SILVIA DE LORENZO See International Summary page 78 C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 6 R I C O R D O D I G I A N N I F R A N C E S C H I Un indimenticabile amico DI GIOVANNI MARZI Accademico di Reggio Emilia La Delegazione reggiana, della quale faceva parte da 25 anni, ne ricorda la discrezione, la signorilità, l’amicizia. n quel caldo pomeriggio del 22 maggio 2011 l’amico carissimo Gianfranco (così lo chiamavo fin da quando eravamo ragazzi) ha concluso i suoi tormenti. Le ripetute lotte contro la malasorte avevano profondamente minato le sue speranze di un ricupero fisico accettabile, che gli consentisse, pur nei dovuti limiti, di poter manifestare ancora la sua presenza nella famiglia, tra gli amici, nell’impegno di assolvere quei compiti che gli erano stati da tempo affidati nell’Accademia. Nella prestigiosa nostra rivista “Civiltà della Tavola” (da lui diretta) non sono mai venuti meno i suoi contributi, anche quando le complicanze di malaugurate fratture lo costrinsero a sottomettersi alle severe norme ortopediche. Giornalista di qualità, riuscì sempre a nobilitare il suo lavoro coniugandolo sapientemente con l’attività accademica: ac- I canto ai libri e ai numerosi saggi di cucina è stato parte attiva in tavole rotonde e convegni in diverse città non soltanto italiane. Mentre scrivo queste tristissime note, il pensiero corre a quei giorni lontani, quando ci trovammo a essere vicini di casa e frequentatori, anche se in classi diverse, dello stesso ginnasio. Posso dire di aver maturato con lui quella sincera reggianità che in anni recenti si sarebbe poi chiaramente manifestata. Usciti dal turbine della seconda guerra mondiale, abbiamo intrapreso strade diverse, che hanno condotto Gianfranco a muoversi prima nel campo della carta stampata (quante belle edizioni di opere letterarie famose ebbi agio di conoscere per merito suo!), per dedicarsi poi totalmente a quel giornalismo che era stato per anni una componente silenziosa del suo carattere, della sua cultura. Raggiunto il sospirato obiettivo, si trovò amaramente costretto a lasciare la natia Reggio per trasferirsi a Roma, dove ebbe modo di affermare, nei diversi campi ai quali fu indirizzato, quella serietà intellettuale che lo ha accompagnato con rara intensità per tutta la vita. I suoi molteplici campi di interesse non furono mai tali da offuscare la memoria dei suoi anni reggiani, ai quali indirizzava spesso il pensiero, nei quali anzi amava rifugiarsi; non per evadere da quella realtà che tenacemente aveva conquistato, ma piuttosto per riaffermare in se stesso la sacralità dei ricordi: ricordi di persone, di cose, di luoghi soprattutto, ridisegnati con stupefacente chiarezza. Anche la voce si addolciva, concedendosi tutta alla trasmissione dei sentimenti, riprendendosi poi in una franca risata all’improvviso richiamo di un episodio o di un semplice particolare intensamente ri- vissuto nel corso di un breve dialogo tra amici. A Roma come a Reggio. Acquista così significativo rilievo la sua figura di Direttore della “Civiltà della Tavola”, mentre come Accademico ritenne estremamente onorato il geloso rispetto delle sue radici quando entrò a far parte della Delegazione reggiana. Naturalmente le sue presenze tra noi non poterono essere che saltuarie, ma tutte intensamente vissute, esaltate dalle condivise amicizie, nella più aperta e serena convivialità. E quando la Delegazione di Reggio deliberò di affrontare un piano editoriale che illustrasse gli aspetti storici e gastronomici delle nostre terre, ecco in prima fila Gianni Franceschi, pronto a offrire la propria collaborazione, competente e appassionata. Nei cinque volumi pubblicati da Tecnograf, dal 2005 al 2010, è stata puntualmente attiva la sua operosità, ora divenuta per noi Accademici reggiani parte importante di quell’eredità culturale che l’amico Gianfranco ha voluto lasciarci, con la discrezione e la signorilità che lo hanno sempre caratterizzato. L’annuale appuntamento che riuniva in una sala cittadina, con le autorità, un vario pubblico di amici, di estimatori e di curiosi, è sempre stato contrassegnato da diffusi consensi per quelle iniziative che mettevano a fuoco aspetti meno noti di una reggianità organicamente riscoperta e valorizzata. “La cucina reggiana”, la fortunata serie di questi ultimi anni, può ritenersi forse conclusa: riemergono nel ricordo gli applausi che, mediati da noi, erano diretti proprio anche a Chi, nel suo silenzio lontano, sorrideva lieto della propria sempre rinnovata reggianità. Era il silenzio operoso di un uomo saggio, di un indimenticabile amico. See International Summary page 78 C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 7 R I C O R D O D I G I A N N I F R A N C E S C H I Ciao, Direttore Alcune testimonianze per ricordare con affetto Gianni Franceschi. o saputo solo lo scorso anno (perché me lo aveva detto lui) che il suo vero nome di battesimo era Giovanni Battista, ma che tutti in famiglia lo chiamavano Gianfranco; per noi era Gianni. E così l’ho sempre chiamato, come tutti i suoi amici. E io mi ritenevo tale, nonostante il “tu” arrivato molto tardi come si conveniva a gente della nostra generazione. Sono stato per trenta anni il suo editore, prima come a.d. dell’Editrice dell’Automobile e poi come responsabile editoriale dell’Accademia e, proprio per questo, posso darne una valutazione professionale obiettiva e consapevole. Era della schiatta di quei giornalisti “artigiani” che riuscivano a fare tutto e che oggi è difficile, se non impossibile, trovare. La specializzazione anche in questo mestiere, come lui lo chiamava, ha avuto il sopravvento, ma lui dimostrava ancora di essere capace di adattarsi alle nuove tecnologie e ai nuovi lavori. Non a caso, quando con l’allora Segretario nazionale, Franco Marenghi, si decise nel 1985 di trasformare un bollettino in una rivista, si ricorse a lui per la direzione responsabile e a Francesco Ricciardi per la direzione artistica. Ci sentivamo raramente per problemi professionali perché non ce ne era necessità: tutto andava “in automatico” sulla base di una fiducia reciproca. E quando lo facevamo era per lo più per scambiarci parole di amicizia. Come è stato a metà maggio per l’ultima volta. Ciao Gianni. H PAOLO BASILI onobbi Gianni Franceschi nel 1976 quando, verso la metà di ogni mese, veniva presso la redazione de “L’Automobile”, la rivista in cui C lavoravo, a portare l’articolo per la rubrica “Andar per vino”, una proposta turistico-enologica che in questa chiave proponeva con cadenza mensile ai lettori un piccolo pezzo del nostro Paese. Dopo qualche tempo la rubrica venne soppressa; all’Automobile club d’Italia, di cui la rivista era anche “house organ”, non sembrava opportuno invitare gli automobilisti italiani, dopo aver degustato, a mettersi al volante un po’ brilli... Sulle strade d’Italia l’etilometro era di là da venire, ma l’indicazione dell’editore era ragionevole e fu accolta. L’interruzione della collaborazione fu però di breve durata, poco dopo infatti, intorno al 1980, Gianni entrò a far parte della redazione. Il lavoro si era fatto più impegnativo e occorreva per il ruolo di capo servizio un giornalista di esperienza. Gianni ne aveva da vendere. Era intorno alla cinquantina e, a parte la rubrichetta di cui sopra scritta quasi per diletto, poteva vantare un curriculum di tutto rispetto: veniva dai quotidiani, giornalista esperto di cronaca mondana e giudiziaria (oltre che di storia della gastronomia), portava in quella redazione tutto il suo bagaglio di esperienza. Ebbi allora modo di conoscere la sua capacità sorprendente di “macinare” testi, in quantità e qualità, in tempi brevissimi. Era un retaggio della gavetta fatta nei quotidiani, una capacità che lasciava sbigottiti non solo il sottoscritto - che della rivista era il grafico e scriveva solo saltuariamente - ma anche i colleghi, redattori di un mensile, dunque abituati a ritmi differenti e più blandi. Questa sua capacità Gianni l’ha conservata fino all’ultimo: la sua penna e la sua testa hanno lavorato a pieno ritmo anche quando - è storia C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 8 R I C O R D O degli ultimi tre anni - sfortunati incidenti ne hanno accelerato il declino fisico. Dagli anni de “L’Automobile” la sua strada non si è più allontanata dalla mia. Nel 1985 Franco Marenghi ci aveva affidato la redazione del notiziario dell’Accademia; insieme ne avevamo fatto una vera rivista, un’esperienza condivisa fino alla triste sera del 22 maggio scorso. Da quel 1976 sono trascorsi ben trentacinque anni... una vita. Ero poco più che un ragazzo quando ho conosciuto Gianni; per tutti questi anni abbiamo lavorato spalla a spalla e nonostante la differenza di età tra noi c’è stata subito amicizia. E rispetto reciproco; naturale e dovuto da parte del collega più giovane verso l’anziano ma non scontato il contrario, specie nel nostro ambiente. Un lungo percorso, durante il quale ci sarà stata - è naturale - qualche incomprensione (subito chiarita), qualche diversità di vedute (per contarle le dita di una mano sono largamente sufficienti), ma mai uno screzio tra noi. Gianni è stato un signore, nella vita e sul lavoro. Con l’impegno e con ciò che ci ha insegnato cercheremo di far sentire un po’ meno la sua mancanza. Sarà motivo d’orgoglio per noi e - chissà - forse anche per lui. Gli è dovuto. FRANCESCO RICCIARDI iao Gianni, è davvero difficile credere che tu non sia più con noi. Abbiamo lavorato per oltre 25 anni e voglio ringraziarti per quanto mi hai dato sotto il profilo sia umano che professionale. Da te ho imparato molto: te ne sono grata. Insieme, ma per merito tuo, abbiamo visto crescere in bellezza e ricchezza di contenuti la rivista dell’Accademia da te coordinata e poi diretta dal 1996. Oggi è una vera rivista e giustamente ricordo il tuo disappunto quando qualcuno “osava” chiamarla ancora “Notiziario” o, peggio, “Bollettino”. Sei stato un protagonista importan- C D I G I A N N I F R A N C E S C H I te del processo culturale che, soprattutto attraverso “Civiltà della Tavola”, l’Accademia ha saputo far scaturire nella società civile. Ricorderò sempre la tua figura esemplare di Accademico e di uomo di cultura, la tua disponibilità e amicizia che concedevi a tutti. Un vero amico: l’amico che tutti vorrebbero avere. TILDE MATTIELLO i piace immaginare che sia partito per un altro dei suoi viaggi, quelli che faceva come inviato per intervistare personaggi famosi, di cui mi parlava spesso, qui in redazione. Ma non era solo di questo che mi parlava, perché non c’era argomento per il quale, data la sua vasta cultura, il suo acume e la sua sempre giovanile curiosità, gli mancassero parole, giudizi, osservazioni. Ed era un piacere ascoltarlo. Sì, ho sfruttato molto il suo sapere e la sua capacità di approfondire, ma anche l’ottica giornalistica di arrivare al succo delle cose, delle notizie, degli avvenimenti. Nulla però cadeva dall’alto: la comunicazione era sempre orizzontale, da pari a pari. Anzi, ricordo con nostalgia il nostro quasi quotidiano “minuetto” nel passarci i pezzi che scrivevamo: non ha mancato mai di sottoporre i suoi scritti al vaglio di un secondo parere, pronto ad accogliere, con molta modestia, un’ottica diversa, anche se accadeva di rado che ci fosse bisogno di revisioni. È stata questa sua capacità di sapersi sempre mettere in discussione, di non dare mai niente per scontato, che in quasi dieci anni trascorsi a lavorare fianco a fianco mi ha arricchito molto, sul piano professionale e umano. Ed è per questo che per chi resta posso dire che se ne è andato un Maestro, uno dei pochi che si ha la fortuna di trovare e riconoscere nella vita, che mi ha lasciato molto più ricca. Ma oggi, anche molto più povera. M SILVIA DE LORENZO ianni Franceschi, che avevamo imparato ad amare e apprezzare dai suoi scritti, dal suo bel parlare, dalla sua umanità, ha lasciato sospesa la sua penna eccellente. Ci uniamo al cordoglio di tutta l’Accademia nel rimpianto per un uomo che ha tracciato, con il suo insegnamento e il suo esempio discreto, fondamentali linee guida del percorso culturale di questa nostra istituzione. È stato un onore e un piacere per tutti noi aver conosciuto una persona di così grande valore e lo ricorderemo sempre senza tanti aggettivi ma solo con il nostro affettuoso e commosso rimpianto.Siamo onorati per avergli conferito, proprio un anno fa qui a Isernia, il “Premio alla carriera” per le sue impareggiabili qualità di studioso, di uomo di cultura e di superbo narratore. G GIOVANNA MARIA MAJ e la Delegazione di Isernia a perdita di Gianni Franceschi ci ha addolorato molto. A parte la sua bravura giornalistica, in una conviviale a Termoli, cui partecipò con la sua gentile signora, si fece apprezzare per il suo garbo e la sua non comune signorilità. Le più sentite condoglianze, a nome mio personale e di tutti gli amici Accademici, come d’intesa col nostro Delegato Italo Sciarretta. L AMEDEO SANTARELLI rofondamente rattristato dalla notizia della scomparsa di Gianni Franceschi, desidero esprimere alla Redazione i miei sentimenti di sincero cordoglio per la perdita dello storico Direttore della rivista, che ricordo con grande stima e simpatia. P ROMOLO CIABATTI i prego di far giungere le mie sentite condoglianze alla famiglia del collega Franceschi, un giornalista professionista di grande valore e un pilastro della nostra Accademia. V MARINO DE MEDICI See International Summary page 78 C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 9 L ’ A S S E M B L E A D E I D E L E G A T I A R O M A Ballarini confermato Presidente DI FRANCESCO RICCIARDI La quattordicesima Assemblea dei Delegati si è riunita nella capitale, confermando Giovanni Ballarini per un nuovo mandato. opo i due grandi convegni di Torino e Firenze, dedicati dall’Accademia ai 150 anni dell’Unità, il terzo e ultimo degli eventi organizzati nelle tre capitali d’Italia si è tenuto il 28 maggio a Roma: XXII convegno internazionale sulla civiltà della tavola, sul tema “Formazione di una identità plurale della cucina in Italia”. Dunque, anche la quattordicesima Assemblea dei Delegati dell’Accademia si è riunita nella capitale, confermando, come dato saliente, il Presidente uscente Giovanni Ballarini per un nuovo mandato. Nel suo discorso di apertura dei lavori, nelle sale dell’hotel “NH Vittorio Veneto” (che ha fatto da base logistica ai vari impegni accademici), Ballarini si era congratulato per la folta rappresentanza di Delegati, tra le più alte degli ultimi anni, rivolgendo un ringraziamento a quanti si erano adoperati per la buona riuscita dell’impegnativo appuntamento romano. Oltre infatti al convegno internazionale e D all’Assemblea, alle votazioni per l’elezione delle nuove cariche, alle varie riunioni, Consiglio di Presidenza e Consulta accademica, per tutti erano previsti tre momenti conviviali: la cena di benvenuto, la sera del venerdì, e l’indomani un pranzo di lavoro a buffet e la cena di gala in onore del Presidente. “Cari Accademici...” ha esordito Ballarini nel dare inizio ai lavori, volendo in questo modo ricordare Gianni Franceschi, Direttore della rivista “Civiltà della Tavola”, venuto a mancare pochi giorni prima (22 maggio). Quest’occhiello, che accompagna i suoi editoriali sulla rivista, gli fu infatti suggerito proprio da Franceschi. “La sua scomparsa è per noi una grave perdita - ha detto Ballarini - ma sono sicuro che Gianni non avrebbe voluto essere ricordato con il silenzio ma con l’operatività; dedichiamo dunque a lui questa giornata di lavoro”. Ballarini ha poi proseguito soffermandosi sul momento che stiamo vi- C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 1 0 L ’ A S S E M B L E A D E I D E L E G A T I CENA DI BENVENUTO “NH Vittorio Veneto”, Roma - 27 maggio 2011 MENU Carciofo alla romana Spaghetti “cacio e pepe” Mezze maniche all’amatriciana Assaggio di trippa alla romana con la mentuccia Saltimbocca alla romana con cicoria spadellata Torta di ricotta classica Caffè VINI Lazio bianco Igt “Antinoo” 2009, Casale del Giglio Lazio rosso Igt “Madreselva” 2008, Casale del Giglio Marsala “Rubino”, Pellegrino vendo, che ha definito interessante e difficile al tempo stesso; in una società che cambia, con le diverse stratificazioni culturali che nel loro riflesso nella cucina generano talvolta situazioni che possono lasciare perplessi, perfino turbati. “È una sorta di «autunno dorato» della grande cucina borghese quello che stiamo vivendo, un momento nel quale il ruolo della nostra Accademia si fa indispensabile, quale soggetto portatore di alta cultura, di convivialità e di amicizia”. Elementi questi, che insieme allo stile, sono alla base dell’autorevolezza e del successo raggiunti dall’Accademia; un’Accademia in cambiamento ma che cambia nel solco della tradizione. “Abbiamo bisogno della tradizione” ha aggiunto Ballarini, che poi è passato ad analizzare il biennio appena concluso. Un biennio positivo, che ha visto un salto di qualità nella “governance”, grazie all’impegno e al coinvolgimento degli amici del Consiglio di Presidenza. Un’azione corale che si è fatta carico dei vari compiti, tanto onerosi e diversificati da non potere essere assunti da una sola persona. Attraverso la riforma dello Statuto e del Regolamento, le deleghe ai Consiglieri, si sono creati un affiatamento e un gioco di squadra che ha portato a grandi risultati. La squadra ha funzionato grazie all’affiatamento e allo svilupparsi dei rapporti di amicizia e di collaborazione. Ballarini si è poi soffermato su ciò che ha definito “indicatori di attività”, quali le riunioni conviviali e i convegni organizzati grazie agli apporti dei Centri Studi territoriali. “Stiamo costruendo un sistema che suscita invidia e che desta stupore all’estero, come ho potuto constatare nel corso dei miei frequenti rapporti con l’Académie Internationale de la Gastronomie”. È stata quindi la volta dell’analisi degli strumenti di comunicazione di cui l’Accademia dispone per raggiungere sia gli Accademici sia la società italiana. Strumenti culturali, quali la rivista “Civiltà della Tavola”, sempre più importante e strategica, scaricabile in pdf dal sito in edizione italiana e internazionale, consultata quest’ultima soprattutto dai giornalisti all’estero; A R O M A quali la “Guida ai ristoranti” on line sul sito e su i-phone (50.000 persone, di cui 42.000 non accademici, consultano la guida attraverso i-phone); quali la guida “Le buone tavole della tradizione” curata dal Segretario Generale Paolo Petroni (che sta lavorando alla prossima edizione, integrata e ampliata) e che ha riscosso un grande successo. Ballarini ha poi citato i titoli pubblicati, a cadenza annuale, nella “Collana di cultura gastronomica” e in quella degli “Itinerari di cultura gastronomica”, accennando a un progetto di informatizzazione per trasformarli anche in e-book. Passando al ricettario in lingua inglese “La Cucina”, ha reso noto che il libro è stato venduto sul mercato americano in 41.000 copie, un successo incredibile per una guida di solo testo, senza illustrazioni, piena solo di contenuti, diventata ormai una sorta di “Bibbia” della cucina italiana e utilizzata anche nelle scuole come libro di testo. In questo ambito Ballarini ha voluto sensibilizzare i presenti sul lavoro necessario alla realizzazione dell’edizione aggiornata del “Ricettario nazionale” (in lingua italiana), un’opera prestigiosa e strategica, da ultimare per l’Expo 2015, e sull’incessante azione di stimolo verso i Delegati finalizzata alla revisione critica delle ricette condotta da Paolo Petroni. L’Accademia, istituzione culturale della Repubblica italiana, affronta la vigilia di questo importante appuntamento internazionale a piè fermo ha assicurato Ballarini -, forte anche di rapporti saldi e consolidati nel tempo con i Ministeri dei Beni culturali, delle Politiche agricole e degli Affari esteri. Il 2011 è stato ed è tuttora un anno eccezionale. L’Accademia ha festeggiato i 150 anni dell’Unità d’Italia con un libro prestigioso che ha riscosso un grande successo, “I menu del Quirinale”, di cui lo stesso Presidente Napolitano si è mostrato entusiasta, volendo scriverne personalmente la presentazione. Ballarini ha ringrazia- C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 1 1 L ’ A S S E M B L E A to gli Accademici che vi hanno lavorato, sottolineando come il Quirinale abbia voluto 300 copie del volume e il Ministero degli Affari esteri 50. Ma l’Unità è stata celebrata anche dai tre convegni nazionali organizzati dall’Accademia nelle tre città (Torino, Firenze e Roma) che, da capitali, sono state la guida della nazione. Ulteriori approfondimenti sul tema sono stati affidati alla “Collana di cultura gastronomica” con un volume, già ultimato e di prossima distribuzione agli Accademici, dal titolo “18612011: la cucina nella formazione dell’identità nazionale”, e sviluppati nel corso di molti convegni nazionali e locali organizzati dalle varie Delegazioni. “Si chiude dunque un biennio - ha concluso Ballarini - caratterizzato da risultati positivi e programmi chiari”. La parola è dunque passata al Segretario Generale Paolo Petroni e al Vice-Presidente vicario Severino Sani, che hanno ricondotto l’Assemblea nel solco della piena operatività, incentrata soprattutto sulle votazioni per l’elezione dei nuovi organi direttivi dell’Accademia. Individuati gli scrutatori si è passati al voto dei 148 Delegati convenuti a Roma, partecipazione tra le più consistenti della storia recente dell’Accademia. A conclusione dello spoglio, Giovanni Bal- D E I D E L E G A T I A R O M A PRANZO A BUFFET “NH Vittorio Veneto”, Roma - 28 maggio 2011 MENU Pomodori ripieni di riso Frittatine di asparagi Prosciutto e melone Varietà di torte rustiche Strigoli al pesto leggero Maccheroncini con fiori di zucca Fantasia di dessert al taglio e al cucchiaio VINI Chardonnay del Veneto Igt, Palazzi Cabernet del Veneto Igt, Palazzi larini, nel commentare i risultati - 140 preferenze per lui - ha ringraziato brevemente i presenti per la sua rielezione e con la sobrietà e la praticità che lo contraddistinguono ha promesso uguale impegno per il prossimo biennio, invitando l’Assemblea a proseguire i lavori. Il Vice-Presidente vicario Severino MICHELE BONINO E LUIGI MARRA NELL’ALBO D’ONORE Una parentesi intensa e densa di commozione è stata, a margine dei lavori dell’Assemblea, l’annuncio dell’ingresso nell’albo d’onore dell’Accademico Michele Bonino, Presidente uscente del Collegio dei Revisori dei conti, e di Luigi Marra già Consigliere di Presidenza, Consultore e storico Delegato dell’Aquila. La breve cerimonia della consegna della medaglia (un riconoscimento conferito a Bonino e Marra per la lunga militanza accademica e per i ruoli ricoperti con competenza e dedizione a favore del nostro sodalizio) è stata accompagnata dagli applausi di congratulazione dei Delegati. Sani ha dunque annuciato la nuova composizione dei Collegi dei Probiviri e dei Revisori dei conti (quest’ultimo con un nuovo Presidente nella persona di Roberto Ariani, Delegato di Firenze). È stata poi la volta dei membri elettivi della Consulta accademica, che ha visto l’ingresso nelle sue file di Leonardo Bianchi, Cesare Bisantis, David Bixio, Gianni Carciofi, Sergio Corbino, Mimmo D’Alessio e Annabella di Montaperto. Dopo uno spazio dedicato agli interventi di alcuni Delegati (tra cui Teresa Perissinotto, Giuseppe Masserdotti, Cettina Princi Lupini, Roberto Pirino, Carlo Lincio, Giovanna Maj, Pietro Fracanzani, Antonio Ravidà), si è passati al momento conviviale rappresentato dal pranzo di lavoro a buffet. Qui i Delegati sono stati raggiunti dagli accompagnatori, in prevalenza gentili signore, reduci da una piacevole visita alla non lontana Galleria Borghese, un’alternativa per loro certo più allettante dell’Assemblea. FRANCESCO RICCIARDI See International Summary page 78 C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 1 2 C O N S U L T A A C C A D E M I C A A R O M A Sessione di primavera Le due riunioni della Consulta Accademica: le decisioni e i programmi. abato 28 maggio, nelle sale dell’hotel “NH Vittorio Veneto”, la Consulta accademica si è riunita due volte, prima e dopo l’Assemblea dei Delegati che ha eletto i nuovo organi direttivi dell’Accademia Italiana della Cucina. La prima riunione della Consulta è avvenuta alle 8,30 (presenti 21 Consultori, Consulta regolarmente costituita). Dopo il saluto, il Presidente Ballarini ha ceduto subito la parola al Tesoriere Giuseppe De Martino che ha illustrato il conto consuntivo a confronto 2009-2010, soffermandosi in particolare su alcuni aspetti e rivolgendo quindi uno speciale apprezzamento all’opera preziosa e meritoria dei Revisori dei conti e del personale dell’Accademia. Roberto Ariani ha quindi dato lettura della relazione del Collegio dei Revisori. Si è passati poi alla cooptazione dei nuovi membri della Consulta accademica, resasi necessaria a seguito delle dimissioni di Luigi Marra. All’unanimità è stata approvata la proposta del Consiglio di Presidenza che indicava Maurizio Moreno come nuovo membro. S Il Segretario Generale Paolo Petroni ha quindi segnalato la disponibilità di 15 membri elettivi, da votarsi da parte dell’Assemblea. Poi (ore 9,30) si è riunita l’Assemblea dei Delegati, di cui si è riferito a parte. In seguito si è tenuta (ore 11,30) la seconda riunione della Consulta accademica, risultata anch’essa regolarmente costituita grazie alla presenza di 28 Consultori. Il riconfermato Presidente Ballarini ha introdotto i lavori con brevi parole riconducibili al ruolo della Consulta, ha rinnovato l’incarico di Segretario verbalizzante a Gianni Fossati anche per il biennio 2011-2013 e ha illustrato l’importanza del Consiglio di Presidenza e della scelta dei suoi componenti. Si è passati dunque alla votazione (votanti 28, voti validi 27, schede bianche 1) che ha visto eletti Paolo Basili, Mimmo D’Alessio, Giuseppe De Martino, Benito Fiore, Giovanni Fossati, Maurizio Moreno, Paolo Petroni, Severino Sani. A conclusione della riunione è stata anche stabilita la data della prossima Consulta accademica: 29 ottobre 2011. See International Summary page 78 C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 1 3 I L C O N V E G N O I N T E R N A Z I O N A L E Identità plurale della cucina italiana DI SILVIA DE LORENZO Aperto sulle note dell’inno di Mameli il convegno, moderato dal Segretario Generale Paolo Petroni, si è articolato attraverso le relazioni del Presidente Giovanni Ballarini e dei professori Fiorenza Tarozzi, Carlo Magni e Alberto Capatti. l XXII convegno internazionale sulla civiltà della tavola, sul tema “Formazione di un’identità plurale della cucina in Italia”, è iniziato sulle note dell’inno di Mameli: un momento di vera emozione e partecipazione per i numerosi Accademici che riempivano la sala. Ha aperto i lavori il Segretario Generale Paolo Petroni, presentando i relatori ed entrando subito nel tema di questo terzo convegno celebrativo dei 150 anni dell’Unità d’Italia, dopo quelli di Torino e Firenze. Paolo Petroni ha ricordato che la cucina italiana, evidentemente, già esisteva prima dell’unificazione dello Stato: l’età aurea delle cuciniere regionali o comunque territoriali va collocata in Italia già nella prima metà del XIX secolo ed era comunque precedente (vedi “Il cuoco milanese”, “Il cuoco perfetto marchigiano”, “La cuciniera bo- I lognese”, “La cuciniera piemontese”, “genovese”, ecc.) all’opera dell’Artusi. Si trattava però o di una cucina povera, spesso “della fame”, che si produceva in casa, o di una cucina di corte, illustrata, nei loro trattati, dagli stessi cuochi (vedi il Vialardi) dei palazzi reali. Una cucina, quest’ultima, abbastanza uniforme ed esportabile in qualsiasi posto la corte o il cuoco si trasferissero. Solo alla fine del secolo, con l’opera di Pellegrino Artusi, si riportò ordine in una cucina contaminata da francesismi e dalla contrapposizione tra cucina di palazzo e cucina di famiglia, proponendo un libro di cucina nazionale, sia pure rivolto alle classi più agiate, e offrendo alle famiglie i piatti tradizionali già esistenti sul territorio. Primo relatore, il Presidente Giovanni Ballarini che ha affrontato il lungo cammino della formazione di un’identità della cucina italiana, un’identità comunque “plurale”. Prendendo le mosse da Federico II, appassionato ricercatore e sperimentatore di ricette, passando a Dante per citare il tema della continuità linguistica, il Presidente Ballarini ha tracciato un percorso attraverso i vecchi e nuovi paradigmi di una società che cambia anche nelle sue regole alimentari. Intorno all’anno Mille, nella società occidentale, viene individuato un nuovo paradigma che, sia pure con alti e bassi, si mantiene per poco meno di un millennio. È quello di un “triplice popolo”, cioè di tre categorie o classi distinte e complementari: gli “oratores”, i “bellatores” e i “laboratores”. Nel paradigma di questa società tripartita, la cucina, con le sue regole, ha un forte ruolo identitario di ciascuna classe: cibo penitente per gli “oratores” (i cenci o frappe); cibi forti per i secondi (lasa- gne bianche o rosse); cibi grossolani per i terzi (tigelle). La tripartizione della società, con i suoi riflessi sulla cucina, in Occidente regge fino alla Rivoluzione francese, passando, in Italia, anche attraverso una cucina ostensiva della ricchezza che sarà esportata in Spagna, Francia e Germania. C’è ancora la presenza di tre stati, ma la società tripartita si avvia a un progressivo superamento. Nel 1815 si sviluppa la cucina borghese europea e, in Italia, quella dei 1.000 campanili, una cucina familiare urbana, che sa leggere il territorio, e che essendo numerosa e multigenerazionale è capace di trasmettere conoscenza. Inizialmente, tuttavia, è anche una cucina che mantiene ancora un rapporto con quella del palazzo. Il periodo di dissoluzione della società tripartita in Italia coincide con i primi centocinquanta anni dello Stato italiano unitario, durante i quali la cucina borghese scopre anche il ruolo dei ristoranti ai quali, negli anni Cinquanta del Novecento, volge la sua attenzione Orio Vergani. Da allora a oggi la società muta velocemente e tramonta definitivamente anche il paradigma di una cucina borghese. Nuove tecniche e nuovi modelli si impongono: la cucina artistica dei grandi chef, ma anche l’omologazione della cucina della Gdo e dei mezzi di comunicazione. Nell’ambito di un nuovo paradigma postmoderno e postoccidentale, quale è quello attuale, sarà importante, ha concluso il Presidente, pensare al territorio, di cui il cibo è diretta espressione, come elemento di diversità. Donna e cucina è stato l’argomento trattato dalla prof.ssa Fiorenza Tarozzi dell’Università di Bologna, che ha esaminato il rapporto tra la donna e il cibo attraverso una serie di modelli C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 1 4 I L C O N V E G N O culturali. Dalla donna vista come nutrice e procacciatrice di cibo, con l’allattamento - grazie alla quale noi continuiamo nella nostra vita a “mangiare con i nostri ricordi” -, alla figura della donna in cucina del periodo fascista, dove però la figura femminile è anche protagonista della protesta per il pane e il lavoro. Dalla donna massaia, tutta casa e cucina, responsabile dell’economia domestica, alla donna consumatrice sulla spinta della I N T E R N A Z I O N A L E pubblicità, ma da questa anche spesso considerata testimonial rassicurante di prodotti alimentari. “Dalla rivoluzione della «boîte» ai precucinati: stili di vita e abitudini alimentari dell’Italia industriale” il titolo della relazione del prof. Carlo Magni, dell’Università La Sapienza di Roma. La rivoluzione alimentare industriale prende le mosse, ha esordito Magni, dai cibi conservati in scatola (“boîte”), quelli standardizzati e porzionati, sul CENA DI GALA IN ONORE DEL PRESIDENTE “Palazzo Colonna - Galleria del cardinale” Roma - 28 maggio 2011 MENU Aperitivo Marsala “Vergine” Mirabella con scaglie di parmigiano reggiano spumante brut, Bellini e Mimosa, vino bianco secco succo di ananas, succo di arancia, succo di pompelmo Fagottino di melanzana con fiocchetto di erba cipollina su crostoncino, piccola caprese con fogliolina al basilico su tartina di pane bianco, blinis di grano saraceno con panna acida al caviale, rotolino di salmone marinato e ribes su crostoncino di segale, pomodorini cherry farciti con mousse di tonno e capperi, piccolo involtino di pasta fresca farcito con ragù di verdure, spiedini di salmone all’aneto, spiedini di pollo al curry Al tavolo Flan di zucchine con salsa besciamella, parmigiano, uovo e menta croccante Cavatelli al ragù di spigola e cicorietta selvatica al sentore di peperoncino Lombetto di vitello con battuto cremolato di limone e rosmarino, melanzane grigliate e patate a lamelle gratinate Semifreddo di crema e agrumi di Sicilia con fili d’arancia caramellati e salsa al Grand Marnier Caffè Piccoli cannoli siciliani Piccoli babà al rum I VINI IN TAVOLA Pinot grigio 2009, Collavini Rosso di Montefalco 2008, Arnaldo Caprai Marsala “Oro”, Pellegrino modello americano del periodo bellico. Con il boom economico, finisce la povertà di massa, si comincia a pranzare sul posto di lavoro e, successivamente, frigo, tv, pubblicità e supermercati cambiano gli stili di vita: dall’euforia degli anni Settanta si passa al consumismo degli anni Ottanta-Novanta, fino ad arrivare, col nuovo millennio, alla ricerca della qualità, al richiamo del territorio, al cibo inteso come soddisfazione del gusto. E poiché l’innovazione in cucina non si ferma, ha concluso Magni, sarà importante una sintesi fra tradizione e innovazione nel rispetto della qualità. Ultimo intervento quello del prof. Alberto Capatti, dell’Università di Scienze gastronomiche di Pollenzo (Cuneo), su “La cucina militare”, per non dimenticare l’aspetto della disciplina militare, naturalmente dal punto di vista alimentare, nel processo unitario. Il relatore si è proposto di dimostrare che non esiste differenza, come invece si potrebbe supporre, tra i canoni della cucina militare e quelli della cucina civile. E per farlo ha esaminato una serie di testi, pubblicati negli anni Trenta (“Il cuciniere militare”, “Le grandi cucine militari e conviviali”, ecc.), in cui le ricette riportate spesso ricalcano quelle dell’Artusi, quando non sono proprio identiche, e comunque di quelle artusiane seguono la regionalità. Le ricette trainanti nel cibo delle caserme sono infatti principalmente quelle del Bolognese, che costituisce il modello più appetibile, o del Milanese; non derivano da regioni più a Sud di Napoli, tanto che tutti i soldati meridionali non mangiarono, per molto tempo, altro che preparazioni del Centro Nord. Esempi artusiani si trovano anche nelle ricette militari di pubblicazioni successive per cui, ha concluso il relatore, la cucina militare sembrerebbe essere un grande plagio, una sorta di fotocopia della cucina artusiana. Concluso il convegno, ha avuto luogo la cena di gala nelle belle sale del Palazzo Colonna, nel centro di Roma. See International Summary page 78 C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 1 5 I N O S T R I C O N V E G N I Il fantasma della fame DI MARIA CRISTINA CARBONELLI DI LETINO Accademica di Isernia La prima tappa di un progetto che coinvolge i giovani attraverso la storia nazionale e quella del Molise in particolare. ella sala dell’Itis di Isernia si è coronato il primo degli importanti, impegnativi progetti regionali promossi e attuati dal Centro Studi del Molise e dalle tre Delegazioni della regione, condivisi e incoraggiati dal prefetto di Campobasso. Il convegno, dal titolo “Il fantasma della fame… storie nella storia d’Italia, 1861-2011”, è un primo contributo che la Delegazione di Isernia ha dato per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Questo progetto è nato con l’intento di dare ai giovani una maggiore conoscenza storica dei problemi del quotidiano, che non può essere ignorata, e la consapevolezza delle loro radici, perché su di esse si costruisce il futuro, e loro sono il futuro, parte continua di un divenire storico. Guidati dalla bravissima docente di lettere prof.ssa Ida Di Ianni, la risposta degli studenti della classe III E del liceo scientifico “E. Majorana” di Isernia, cui si è rivolto il progetto, è stata eccellente. Nei mesi precedenti, gli studenti hanno seguito con interesse incontri formativi nati per promuovere la cultura gastronomica regionale attraverso la pluralità dei saperi, nell’innesto storico, sociale, culturale e cinematografico dall’Unità d’Italia a oggi, attraverso il filo conduttore della fame. Gli incontri sono stati organizzati dalla Delegazione di Isernia e tenuti da esperti di chiara fama, studiosi del panorama regionale e nazionale, quali il prof. N Norberto Lombardi, la prof.ssa Simonetta Tassinari, la prof.ssa Carmela di Soccio, il prof. Giampaolo Colavita, il dott. Enrico Gaudenzi, il dott. Tommaso Lucchetti che, generosamente, hanno attuato dei seminari e delle ore di laboratorio, trattando temi fondamentali come l’emigrazione con i suoi effetti e le sue conseguenze, la cinematografia come specchio di costume, la letteratura voce del tempo, l’alimentazione come scienza. In occasione del convegno, introdotti dalle note dell’inno nazionale, sono stati gli studenti stessi relatori e protagonisti di questo evento, traendo le conclusioni, parlando di quanto appreso ed elaborato. Dal tema della fame, hanno ripercorso le tappe che in questi 150 anni hanno dato vita alla storia nazionale e a quella del Molise in particolare. Il fantasma della fame è stato presente come piaga comune ma anche come realtà della storia, perché il cibo non è una merce ma una forza portante, e tutto quanto lo concerne diventa costume, civiltà, scienza. La storia della fame diventa quindi quella del cibo, del suo valore nella vita sociale, della cultura alimentare. Ripercorrendo le tappe essenziali della centralità del cibo, l’Accademica Ersilia Caporale, con molta capacità e scioltezza, ha introdotto e accompagnato le relazioni dei ragazzi coordinando brillantemente questo incontro, che è stato anche arricchito dalla presenza del dott. Giampaolo D’Uva e C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 1 6 I N O S T R I della prof.ssa Carmela di Soccio. Questi due bravissimi “attori” hanno rafforzato e colorato il dire dei giovani recitando poesie e brani in vernacolo, dando voce a una cultura popolare e saggia che, nata nel Molise, ha in sé significati che vanno ben oltre i confini regionali. Piacevolissimo l’ultimo estemporaneo duetto con cui magistralmente hanno raccontato il brigantaggio, una pagina di storia in un momento molto difficile del nostro Meridione. Molto applauditi sono stati la sapiente colonna sonora di questo vivace, riuscitissimo incontro che ha gratificato i giovani protagonisti e l’impegno di tutti loro anche nell’elaborazione tecnica delle proiezioni, nel progetto grafico, nella sceneggiatura, nell’accoglienza degli ospiti. È stato coinvolto e interessato il numeroso pubblico dove tanti erano i ragazzi, fra cui quelli dell’istituto alberghiero di Agnone e la loro dirigente scolastica, molti studenti liceali, gli Accademici di Isernia e la Delegata di Campobasso. Questo progetto ha dimostrato di avere una valenza notevole, visti l’interesse suscitato e il successo ottenuto, ed è stato accolto con entusiasmo dal dirigente scolastico prof. Eugenio Silvestre, che ne ha chiesto la prosecuzione anche per il prossimo anno scolastico perché, per la prima volta, gli studenti hanno avuto l’opportunità di conoscere la storia dell’alimentazione locale “scoprendola” attraverso la storia della propria regione e sarà quindi necessario un approfondimento. L’evento, come da programma regionale, verrà replicato nei centri più importanti della provincia di Isernia e nuovamente realizzato e articolato dagli studenti del liceo scientifico “Romita” di Campobasso, e poi ripetuto in altre scuole della stessa provincia. Un incontro molto ben riuscito, che premia nei risultati tutti quelli che con passione e determinazione tanto si sono impegnati alla sua organizzazione, a cui rivolgiamo il nostro grazie, e quanti vi hanno assistito con manifestato piacere. C O N V E G N I LE RICETTE D’AUTORE Le pesche Si ritiene che le pesche, umide e fredde, non giovino allo stomaco, dato che inacidiscono immediatamente e si trasformano in umori flemmatici. Il loro uso, dal quale i medici negano che si ottenga qualche nutrimento, non reca alcun vantaggio. Ciononostante le pesche mangiate prima del pasto stimolano l’appetito, sono diuretiche, sciolgono l’intestino e levano il cattivo odore dall’alito. Mangiate secche dopo il pasto, sebbene non siano nutrienti, sigillano lo stomaco perché hanno un certo potere astringente. Alcuni affermano che dopo aver mangiato delle pesche convenga, prima di prendere altri cibi, bere del buon vino per impedire che imputridiscano. Non è nemmeno da disapprovare il parere di altri, i quali asseriscono che dopo i pasti è bene mangiare pesche tagliate a pezzetti e messe a bagno in eccellente vino puro, perché così rinfrescano la bocca dello stomaco e la cavità orale, cosa che però è da farsi dopo aver cenato con degli arrosti. Le foglie del pesco, tritate e poste sul ventre, aiutano a espellere i vermi o li distruggono; fatte seccare e polverizzate, cicatrizzano le piaghe sanguinolente. Il nocciolo delle pesche, tritato e mescolato con un po’ di olio, guarisce il mal di capo. BARTOLOMEO PLATINA da “De honesta voluptate” (1474) Come se debbe tagliare li perseghi Prenderai il Persico nella sinistra mano con la puncta del parvoletto coltello il monderai tutto sottilmente, e havendoli tolta la scorza tutta taglierai el resto a fette, e volendolo tagliare nell’aria: metrailo sopra la forcina la frutta che e la più piccola: dico de quella parte che stano attacati nello naturale arbore, e cosi el monderai, come del modo preditto: cominciando sempre nella sopranea cima: e anchora lo potrai mondare in giu come il pero, hor dun modo, hor de unaltro potrai fare con gratia e con destrezza. GIOVAN FRANCESCO COLLE da “Refugio de povero gentilhuomo” (1520) Pesche nelle chicchere Passa allo staccio tre belle pesche mature, uniscivi quattro once di zuccaro in polvere, sei tuorli d’uovo ed un bicchiero di vino bianco. Ciò fatto, riempine delle chicchere, che metterai a cuocere nel bagnomaria finchè la crema sia inspessita. Servila nelle stesse chicchere fredda od anche gelata. da “La cucina degli stomachi deboli” (1862) See International Summary page 78 C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 1 7 I N O S T R I C O N V E G N I Pepe come cucina rosa come donna DI GIOVANNI CANELLI Delegato di Vigevano e della Lomellina “Il contributo femminile alla crescita del sistema Italia”. Accademia ha promosso, come contributo storico dell’evolversi della cucina nei 150 anni dell’Unità d’Italia, tre convegni nelle città che hanno assunto il ruolo di capitale dello stato unitario. La Delegazione di Vigevano e della Lomellina, con un po’ di sfacciataggine, ha voluto aggiungere alle tre capitali una quarta: Vigevano. Nell’agosto del 1848 Carlo Alberto, infatti, abbandonata Milano andò a Vigevano, ospite del vescovo Pio Vincenzo Forzani, e per alcuni giorni la cittadina diventò capitale del Regno di Sardegna. Qui il 10 agosto 1848 Carlo Alberto ratificò l’armistizio con gli austriaci ed emanò un proclama “ai popoli del regno” confermando la volontà di proseguire la guerra per l’indipendenza italiana. Nel segno di Vigevano “capitale” gli Accademici della Delegazione hanno voluto celebrare anche i 25 anni di vita accademica, con il convegno intitolato “Peperosa, pepe come cucina rosa come donna”, che si è fregiato del logo del Comitato nazionale per le manifestazioni. Grazie alla Fondazione Piacenza e Vigevano il convegno ha trovato sede nel prestigioso auditorium San Dionigi, una vecchia chiesa risalente agli ultimi anni del Settecento. Dopo i saluti al Presidente Giovanni Ballarini, al sindaco di Vigevano Sala, al vicario generale della diocesi di Vigevano mons. Zanotti, al capitano Gennaro Cassese, comandante della compagnia dei Carabinieri di Vigevano, al maresciallo Massimo Berolacci, ai Delegati stranieri, a quelli di molte regioni d’Italia, il Delegato Giovanni Canelli, nel presentare il convegno, ha sottolineato il valore dei due termini: pepe come serrata rivendicazione di quel L’ diritto alla conoscenza che in cucina alle donne non sempre viene riconosciuto; rosa, la regina dei fiori che sboccia non solo nei giardini ma anche in cucina aprendo una nuova strada, forse un po’ meno convenzionale, nella storia dell’evoluzione al femminile della cucina. Il “fil rouge” che ha legato le relazioni (economia, filosofia, arte e costume) è stato mirabilmente dipanato dal moderatore Gianni Fossati, giornalista e componente del Consiglio di Presidenza dell’Accademia. Il moderatore ha sottolineato che l’originalità del tema del convegno può considerarsi un “topos” per la componente rosa dell’Accademia, poiché il contributo femminile alla crescita del sistema Italia è, nel mondo del lavoro, della scienza e della cultura, fattore di innovazione, di progresso e di competitività. La prof.ssa Emanuela Scarpellini, docente di Storia contemporanea all’Università di Milano, ha tratteggiato l’innovazione della cucina, nei 150 anni dell’Unità, dal punto di vista della qualità e della quantità dei consumi alimentari. Pasti più ricchi, sani e variati, ha concluso la relatrice, non devono farci dimenticare la tradizione, intesa come pratica cucinaria, ma anche come rispetto per l’ambiente, confidando nell’equilibrio fra tradizione e innovazione: la giusta “ricetta” per il futuro della cucina. Dall’economia alla filosofia. Teoria e pratica del cucinar parole è il percorso che ha proposto la prof.ssa Francesca Rigotti, docente di Concetti e metafore della politica all’Università della Svizzera italiana di Lugano. Molte sono le metafore alimentari (divorare un libro, ruminare un’idea, parole dolci), che dicono che pensare è cucinare, è trasforma- C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 1 8 I N O S T R I re le idee crude mediante il potere del fuoco e di chi lo governa: il cuoco, che cucina cibi e parole. Il filosofo Platone accomunava in un’unica condanna cuochi e retori: cucina e retorica. L’arte del mangiare e l’arte del parlare coincidono entrambe nello stesso vizio: eccesso di cibo, eccesso di parola. A tutti va ricordata la regola del pensiero greco: la moderazione. La prof.ssa Luigia Favalli, docente di Farmacologia applicata all’Università di Pavia, ha ricordato le figure di Ada Boni, Petronilla, Lisa Biondi, Ottorina Perna Bozzi, Annalisa Alberici e tante altre che hanno lasciato un’impronta nella storia della cucina italiana. Il difficile rapporto tra la donna e il cibo, ricco di una complicata e contradittoria ambiguità, è stato il concetto sviluppato, con una simbolica iconografia, da Maria Emilia Moro, Accademica di Lodi e componente del Centro Studi territoriale. Superati antichi tabù, i pittori impressionisti C O N V E G N I sono stati testimoni di una donna che in totale libertà si accosta al cibo in locali pubblici, mentre nelle case, non solo borghesi, si operava una rivalutazione del ruolo femminile in cucina. Non più un ingrato dovere ma il piacere di esprimere equilibrio, sensibilità, fantasia - qualità femminili - nella preparazione del cibo. “Petronilla, storia di una modernissima donna d’altri tempi” è il titolo del libro che Alessandra De Vizzi, giornalista, traduttrice e scrittrice, ha scritto con Roberta Schira. Libro ricco di spunti e di aneddoti storici che ci ha consegnato una Petronilla moglie, medico, popolarissima scrittrice di cucina; un profilo di donna davvero eccezionale e coraggiosa che ha incrociato le grandi figure femminili del secolo scorso interpretando un ruolo di femminista “ante litteram”. Il Delegato Giovanni Canelli ha chiuso il convegno, ricco di spunti culturali, riconoscendo alla Delegazione di Vigevano e della Lomellina di aver dato testimonianza che l’uo- mo non è solo ciò che mangia ma anche ciò che legge, realizzando l’insegnamento del fondatore Orio Vergani di salvaguardare non solo la cucina ma soprattutto la cultura della civiltà della tavola. Il Presidente Giovanni Ballarini ha ribadito l’importanza della donna nel mondo cucinario. Il ruolo femminile sta proprio nel tramandare, nel tempo, usi, tradizioni, conoscenze raffinate e tecniche cucinarie. Grandi uomini come Artusi e Vergani sono stati “accompagnati” e sostenuti da donne che cucinavano per loro. Il Presidente ha concluso con un ringraziamento alla Delegazione di Vigevano e della Lomellina e al Delegato Giovanni Canelli per l’impegno e per lo sforzo nell’organizzare l’evento e per la scelta del tema, “utile e profondo” e di grande attualità. Sono le donne le vere maestre di cucina e attraverso il loro sapere nessuno potrà mai affermare che la cucina italiana è morta. See International Summary page 78 IL PIATTO BLU Si è svolta ad Albenga la seconda edizione del convegno della Delegazione, intitolato “Il piatto blu”. Questo piatto, che risale al I secolo d.C., è oggi custodito in Palazzo Oddo insieme ad altri bellissimi reperti in vetro di epoca romana che arricchiscono Albenga, una città importante dal punto di vista storico e archeologico. La rilevanza della città e del suo territorio per quanto riguarda le tradizioni agroalimentari ha ispirato il Delegato Roberto Pirino, che ha ideato nel 2010 questo convegno, premiando ogni anno un grande cuoco, interprete e ambasciatore della cucina italiana, con una riproduzione del famoso piatto, eseguita dai maestri vetrai di Altare. Quest’anno, accompagnato da Gualtiero Marchesi, è stato premiato Ezio Santin, famoso cuoco e proprietario dell’“Antica Osteria del Ponte” di Cassinetta di Lugagnano. Al convegno ha partecipato, in rappresentanza del Presidente Giovanni Ballarini, il Consultore nazionale Giorgio Zò. Numerosi Delegati e Accademici hanno dato vita al dibattito sullo stato attuale della cucina italiana, dopo aver ascoltato il pensiero e i ricordi dei due gran- di maestri Santin e Marchesi, che hanno seguito in questi ultimi 50 anni l’evoluzione del costume italiano a tavola. Particolarmente interessante è stata la descrizione del rapporto che lega i due grandi cuochi di origine lombarda con i prodotti dell’Albenganese - i carciofi spinosi, gli asparagi violetti, le zucchine trombette e i pomodori cuore di bue - e con la Liguria di Ponente e le sue tradizioni. Tra le tante domande, molte sono state rivolte dai giovani allievi dell’istituto alberghiero di Alassio, che hanno anche presentato una loro ricetta con gli asparagi di Albenga, molto apprezzata dal maestro Santin, il quale ha donato alla Delegazione due sue ricette innovative con gli asparagi e i carciofi. La giornata si è conclusa con una cena al ristorante “Pernambucco” di Albenga, durante la quale si è svolta la cerimonia del passaggio della campana da Silvio Torre a Roberto Pirino, alla presenza anche del Coordinatore territoriale per la Liguria Paolo Lingua. Un clima di festa e di amicizia accademica ha fatto trascorrere a tutti una bellissima serata. (Roberto Pirino) C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 1 9 C U L T U R A & R I C E R C A Cucina d’Italia in Ungheria DI SZABÓ GYÖZÖ Università “Eötvös Loránd”, Budapest L’articolo è tratto dall’intervento del professore ungherese al convegno “Specificità e diversità nella cucina italiana a 150 anni dall’Unità”, organizzato dalla Delegazione di Budapest, di cui parleremo nel prossimo numero della rivista. redo che la parola Risorgimento non sia sconosciuta al pubblico ungherese colto, dato che nel dizionario dei forestierismi dell’ungherese, edito dall’Osiris, la sua prima comparsa è datata al 1941. A ogni modo, il termine che indica l’epoca dell’unificazione d’Italia deriva dal verbo “risorgere”, i cui sinonimi sono “rinascere, rifiorire, riprendersi” e anche “levarsi in piedi”. Quest’ultimo rievoca l’incitazione “Talpra magyar” (“In piedi, ungheresi”), con la quale il poeta Sándor Petöfi si rivolge nel ’48 ai propri compatrioti. In un’altra sua poesia intitolata “Olaszország” (“Italia”), ispirata dai moti rivoluzionari italiani, appare la stessa immagine: “Uno dopo l’altro si levano in piedi / i sospiri in guerre dei cieli / si sono trasformati, e al posto delle catene tintinnano le spade. / Al posto delle pallide arance, gli alberi del sud / di rose rosse di sangue saranno carichi / essi sono i tuoi gloriosi sacri soldati, /aiutali, dio della libertà!” (trad. di Gianni Toti e Marinka Dallos). Un altro poeta ungherese, Endre Ady, definisce l’Italia “narancsvirágos ország”, paese dei fiori d’arancio. La parola “narancs” (arancia), assurta a simbolo d’Italia, appartiene al gruppo più nutrito dei primi prestiti italiani dell’ungherese, cioè a quello relativo all’ortofrutticultura mediterranea, comprendente anche “füge” (fico), “mandula” (mandorla, triestino “mándula”), “spárga” (asparago, triestino-giuliano “sparago, spargo”), “articsóka” (carciofo, triestino-giuliano “articioco”), per menzionare soltanto i più noti. La sfera delle parole ungheresi di origine italiana si è gradualmente ampliata nel corso dei secoli, grazie al mantenimento ininterrotto dei rapporti dina- C stici, culturali, economici e commerciali italo-ungheresi, dal regno di Santo Stefano, attraverso l’epoca angioina, fino al rinascimentale Mattia Corvino. Con la seconda moglie del sovrano, Beatrice, si stabilirono in Ungheria anche cuochi italiani che diffusero l’uso dello zafferano, della castagna e di vari tipi di panini nonché di pastasciutta. Dopo la morte di re Mattia i rapporti diretti italo-ungheresi divennero difficoltosi e nel periodo asburgico, succeduto al dominio ottomano, la maggior parte dei prestiti lessicali italiani pervenne in Ungheria con la mediazione della lingua tedesca. Ma all’inizio dell’Ottocento, con l’avvento della “primavera dei popoli”, risorse anche la fratellanza italo-ungherese. Ne saranno fulgidi esempi la partecipazione della legione italiana di Alessandro Monti alle lotte d’indipendenza del popolo ungherese e le gesta dei garibaldini ungheresi, capeggiati da Türr e Tüköry. Ancora prima degli atti bellici, nella cosiddetta “età delle riforme”, vengono fatte importanti e pacifiche conquiste nella gastronomia ungherese. Soprattutto nell’arricchimento della gamma delle varietà di gelati possiamo notare un’influenza italiana, comprovata anche dai nomi dei prodotti. I documenti d’allora attestano una ventina di gelati diversi, soprattutto a base di frutta: maraschino, arancia, ananas, tutti frutti. Nel 1848 una delle pasticcerie della vecchia Pest proponeva ai clienti gelati stratificati rappresentanti il tricolore. Gli avventori nelle pasticcerie e nelle caffetterie potevano già sorbire anche limonate e “kapuziner”. “Avventore” e “cliente” possono essere tradotti in ungherese con “vendég”, il cui primo significato è C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 2 0 C U L T U R A “ospite”. Chi avrebbe pensato, prima della scoperta fatta dal linguista János Balázs nel 1978, che in questo termine tanto gentile, si nascondesse un “venedigo”, cioè un veneziano? Infatti, erano prevalentemente veneziani i nostri primi “ospiti” stranieri che, con San Gerardo in testa, ci aiutavano ad acquisire le nozioni della civiltà latina e cristiana. L’elemento “venedigo” è incastonato anche nella parola “vendégl” (trattoria), sebbene, a giudicare dalle targhe che vediamo in giro, sia numericamente superata da “étterem” o addirittura da “ristorante”. Con tutto ciò, una volta accomodati in un “vendégl” o in un “étte- & R I C E R C A rem”, ci troviamo davanti a un “tányér” (da “tagliere”), con accanto la “szalvéta” (salvietta), mentre le bevande vengono servite in una “tálca” (da “tazza”). Con tutta probabilità non è attribuibile al caso che lo scrittore ungherese più suscettibile all’arte della cucina, Gyula Krúdy, sia di remote origini italiane. In una delle scene leggendarie del film “Szindbád”, rievocante atmosfere “fin de siècle”, tratto dalle opere dello scrittore, l’attore protagonista, studiando la carta delle vivande, si rivolge così al cameriere: “Fagiano, ripieno di castagne. Ora sorge la domanda: queste castagne sono italiane o ungheresi?”. UN AFFRESCO ACCADEMICO Filippo Cianfanelli, Accademico di Firenze, medico e pittore, ha realizzato un affresco collocato nella “Sala delle miniature” in Palazzo Vecchio a Firenze, per ricordare la figura di Francesco Ferrucci, eroe, simbolo della libertà della Repubblica fiorentina, caduto durante l’assedio di Firenze del 1530. L’affresco, ispirato al ciclo sugli “uomini e donne illustri” di Andrea Del Castagno, è stato realizzato con le tecniche tradizionali nella stessa bottega usata dal maestro Talani per l’opera che si trova all’interno della stazione ferroviaria di Santa Maria Novella a Firenze. Filippo Cianfanelli ha dipinto un vero affresco con la tecnica classica, ma l’opera è stata realizzata in un locale diverso da quello di esposizione in quanto in Palazzo Vecchio non è permesso dipingere direttamente sull’intonaco. Successivamente si è proceduto allo “strappo” dal muro per riportare l’opera su un supporto trasportabile. L’inaugurazione, alla presenza delle autorità cittadine, è avvenuta a fine maggio, nel corso di una cerimonia commemorativa in ricordo dei caduti nella battaglia di Curtatone e Montanara. Filippo Cianfanelli è anche l’autore del nuovo diploma dell’Accademia per i diversi riconoscimenti agli Accademici. Negli anni Cinquanta del secolo scorso, periodo definibile come l’inizio del secondo assoggettamento a una potenza straniera, si poteva viaggiare soltanto seduti al cinema. Fortunatamente, molte pellicole italiane di qualità sono riuscite ad attraversare il muro. Guardando queste opere abbiamo potuto farci un’idea di come vivevano e mangiavano gli italiani. Poiché la maggior parte di questi film era ancora in bianco e nero, non era del tutto chiaro con che cosa fossero conditi gli spaghetti. Chi scrive, da bambino, pensava che anche gli italiani mangiassero la pastasciutta con la marmellata. A cominciare dagli anni Settanta, il mondo cominciava ad aprirsi ancora di più. Nei mercati rispuntavano i “brokkoli” dimenticati. Aprirono i battenti i ristoranti italiani e italianizzanti. Accanto ai preesistenti “makaróni” e “spagetti”, apparvero “lazannya” e “fuzili”. Le pizzerie gestite da ungheresi sfoggiavano e sfoggiano tutt’ora insegne come “Don Pepe”. “Sta nascendo un nuovo folclore ungherese - scrive Béla Fehér sul quotidiano “Magyar Nemzet” - che per ragioni imperscrutabili ha abbracciato la cucina italiana, la sta piegando e plasmando al proprio gusto. [...] Sono nate dal nulla nuove famiglie di pizze”. Le pizze distinte con l’appellativo “Vesuvio” sono preparate in generale con paprika piccantissima. La piccantezza così cara al palato ungherese viene segnalata da nomi fantasiosi come “Bugaci betyáros” (alla brigante di Bugac), “Égö Pokol” (Inferno ardente), o “Piedone”, denominazione multiuso e preferita soprattutto per la pizza farcita di fagioli e cipolla. Quest’ultima va anche sotto il nome “Botond” e poiché detta persona, un forzuto incursore ungaro, è più nota per la sua mazza con cui ruppe la porta di Bisanzio che per i fagioli con la cipolla, la scelta del nome può essere considerata una delicata manifestazione dell’anima ungherese. See International Summary page 78 C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 2 1 P R E M I O “ O R I O V E R G A N I ” “Montalbano” ritira il premio DI SILVIA DE LORENZO Il premio ad Andrea Camilleri e a Luca Zingaretti. Consegna e conferenza stampa a Roma con numerosa partecipazione di giornalisti . Accanto, l’attestato per Luca Zingaretti, analogo, nella motivazione, a quello di Andrea Camilleri. ieta. “Questa probabilmente è stata la parola che ho pronunciato addirittura prima di dire mamma e papà”. Così esordisce il commissario Montalbano, pardon, Luca Zingaretti in occasione della conferenza stampa organizzata dall’Accademia per la consegna del premio “Vergani” 2011. Ma poi via via si smentisce, perché come la madre, che gli ha insegnato quella prima parola, mostra invece di amare molto la buona cucina. Una cucina che, come ha sottolineato il Presidente Ballarini, oggi mostra spesso una “voglia di tradizione”, così come alla tradizione si è ispirata l’Accademia nell’attribuire il premio, intitolato al suo Fondatore, a un personaggio che fosse testimone del valore della cucina italiana in Italia e nel mondo. Già, un personaggio, ha fatto notare il Presidente Ballarini, che però è un uomo reale, come accade per quelle figure, per esempio Ulisse o Sherlock Holmes, D che nell’immaginario collettivo sono diventate vere, reali. Montalbano vive tramite Luca Zingaretti che ha assunto nella mente dei lettori e dei telespettatori il ruolo di mediatore tra lo scrittore e la realtà. Ma il personaggio non sarebbe così reale se non mangiasse e Montalbano non solo mangia ma è anche un critico gastronomico quando, spesso, parla di cucina con chi gli prepara i piatti che gusta. Luca Zingaretti ha dichiarato di essere lusingato e onorato di ricevere il premio da un’Istituzione come l’Accademia. Conoscerne gli obiettivi, ha detto, gli ha fatto ritornare il sorriso e l’ha fatto sentire fiero di essere italiano, sinonimo, nel mondo, di cultura, eleganza e qualità della cucina. Nel rispondere poi alle domande che gli sono state rivolte dal Presidente Ballarini e dal Segretario Generale Paolo Petroni, oltre che dai numerosi giornalisti intervenuti, si è C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 2 2 P R E M I O UN PRANZO SICILIANO “Grand hotel Flora”, Roma 15 giugno 2011 Arancini e caponatina Pasta al nero di seppia Pasta con le sarde Pasta alla Norma Sarde a beccafico Involtini di carne alla siciliana Cannoli, formaggio ragusano VINI Santagostino bianco Baglio Soria 2009 - Firriato Harmonium 2008 - Firriato Firriato Ecrù 2008 - Firriato “ O R I O V E R G A N I ” soffermato a parlare del suo personaggio riconoscendogli il ruolo per cui è stato premiato, insieme al suo autore Andrea Camilleri: quello di ambasciatore della cucina italiana di qualità nel mondo, in quanto i libri che lo vedono protagonista sono diffusi e tradotti in moltissimi Paesi stranieri. Montalbano piace, ha aggiunto Zingaretti, perché vive in pieno la sua esistenza e trova dentro di sé ciò di cui ha bisogno per essere felice. E la cultura della buona cucina, un aspetto tipicamente italiano, è per lui uno dei primi piaceri della vita, oltre a essere un modo per leggere un ambiente, un territorio, una storia. E a questo proposito Zingaretti si è soffermato, sollecitato anche dalle domande della stampa, a parlare dei luoghi in cui vengono girati gli episodi televisivi. Sono quelli della provincia di Ragusa, fuori dai circuiti turistici, caratterizzati dal candore e dalla semplicità delle persone laboriose che li abitano. È in questi luoghi che anche lui, ritrovandosi la sera a cena con la troupe, ha conosciuto la vera cucina regionale siciliana della quale ha imparato ad apprezzare le ricette, comprendendone anche i valori identitari. La conferenza stampa ha avuto un seguito gastronomico, sulla terrazza e poi nella bella veranda dell’hotel “Flora”, a Roma, dove è stato servito un pranzo con menu siciliano, interamente ispirato ai piatti preferiti del commissario Montalbano. See International Summary page 78 RASSEGNA STAMPA C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 2 3 C U L T U R A & R I C E R C A Il pemmican di Salgari DI GIANCARLO BURRI Accademico di Padova Lo scrittore si è ispirato agli “sfilacci”, antica e tipica preparazione veneta. Emilio Salgari con la sua famiglia. ra i tanti, ottimi motivi per ricordare Emilio Salgari, nel centenario della sua tragica morte, ne vorrei proporre uno di cultura gastronomica, legato alla memoria dello scrittore degli avvincenti romanzi che hanno caratterizzato la nostra adolescenza (Salgari è il quarto scrittore letto e conosciuto al mondo). In molti di essi (da “Sulle frontiere del Far West” a “I minatori dell’Alaska”, da “I pescatori di balene” a “Le T meraviglie del Duemila”), ricorre la citazione di un cibo che dalle verdi praterie ai ghiacci del Nord gli avventurieri usavano consumare: il pemmican. Il vocabolo, originario del linguaggio dei pellirosse “Cree”, indica la carne di bisonte, opportunamente trattata in modo da poter essere conservata. Cosce, lombata, spalla, tagliate in strisce lunghe e sottili, lasciate essiccare per alcuni giorni al sole su appositi trespoli sollevati dal terreno, poi finite di essiccare (e affumicare) sul fuoco, fino a quando la carne non raggiungeva una consistenza tale da poter essere sbriciolata e ridotta in polvere. Impastata con sego, la carne veniva poi “confezionata” in sacche di pelle, pronta e di sicura conservazione per i lunghi viaggi e per lunghi periodi. Non sappiamo se Salgari, veronese, avesse tratto ispirazione, citando il pemmican, dall’antica e tipica preparazione veneta, gli “sfilacci”, certo è che anche l’Italia, in più zone, vanta diverse tradizioni conserviere di carni essiccate. Gli sfilacci, prodotti - secondo la più originale ricetta veneta - con carne di cavallo essiccata, affumicata e sfilacciata (a mano, nella costumanza artigianale), si presentano come filamenti di colore rosso scuro, di gusto saporito. Vengono solitamente consumati assieme alla polenta oppure conditi con olio, sale e limone, ma si prestano anche a interessanti interpretazioni gastronomiche come ingrediente per salse, sughi, insalate. Cibo usuale di tutti quelli che dovevano mangiare fuori casa, come i boscaioli, i pastori transumanti e gli zatterieri del Piave, le “pendole” bellunesi erano fatte utilizzando carni particolarmente saporite: di pecora, di cavallo, di asino, di capra e di selvag- gina (oggi si usa anche la carne del suino). Con il nome di “pindulis” si producono invece, in val Canale e Canal del Ferro (Friuli), tranci di carne di ovino o caprino adulto, sgrassata, speziata, affumicata ed essiccata. Diverse, nelle due zone, le speziature e le essenze usate per i fumi. Più a Nord, nata sempre dall’antica esigenza di conservare a lungo la carne per il fabbisogno invernale della famiglia, ecco la “motzetta” valdostana, carne essiccata di bovino, equino, camoscio (ma anche cervo o cinghiale). Ideale come antipasto, non abbisogna di alcun condimento in quanto il suo sapore, intriso di spezie e aromi di montagna, è già da sé completo. Antica specialità delle veraci osterie romane le “coppiette”, tagli di carne equina (oggi anche bovina e suina), tradizionalmente piegati a metà su un filo posto a essiccare davanti al fuoco. Vanno gustate tagliando delle fettine non troppo sottili, che devono essere ammorbidite tenendole a lungo in bocca prima di essere inghiottite. Prodotto strettamente legato all’attività della pastorizia transumante, in Abruzzo, la “micischia”, dal sapore deciso e sapido piuttosto forte, dovuto alla carne di pecora (occasionalmente di capra), non giovane e non troppo grassa, utilizzata. Dalle zone collinari e montane del Gargano ecco invece la “muscisca” di capra (oggi anche di pecora e vitello), preparazione tipicamente pastorale, di origini antichissime, addirittura preistoriche. Questa elencazione, che certamente non ha la pretesa di essere completa, vuole essere ancora un invito a scoprire un elemento inconsueto dei nostri più tradizionali valori gastronomici regionali. See International Summary page 78 C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 2 4 C U L T U R A & R I C E R C A Analisi della storia della cucina DI DONATO PASQUARIELLO Accademico di Roma Appia Un contributo metodologico per spiegare l’evoluzione di una materia, la cucina, che può essere definita scientifica. a cucina - singolare prodotto esperienziale e intellettivo dell’uomo, confinante per diversi profili anche con l’estetica e con l’arte, e oggetto dei nostri vivi interessi di Accademici - presenta requisiti propri della “scienza” e quindi è tale da prestarsi agevolmente ad approfondite analisi storiche, che valgano a spiegarne la naturale evoluzione. Lo stesso Pellegrino Artusi volle adoperare, nel titolo del suo famoso manuale pratico “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, il termine “scienza” nel limitato significato “strumentale-applicativo”, a motivo verosimilmente della inesauribile serie di norme, precetti e informazioni pratiche, pure di tipo salutistico, che egli si sentì in dovere di accompagnare alle sue ricette e che all’epoca rappresentavano quanto di più aggiornato si potesse compendiare a livello di conoscenze scientifiche in tema di cucina. La cucina può ben essere riguardata, sotto più di un aspetto, alla stregua di vera e propria scienza o quanto meno di materia che non può assolutamente prescindere dalle acquisizioni della scienza; costituiscono infatti connotazioni proprie delle scienze: i metodi sperimentali adottati, a volte dettati dal caso ma comunque legati alla sistematica osservazione di caratteristiche e comportamenti di quanto disponibile in natura per uso alimentare; le conseguenti elaborazioni teorico-concettuali; le pratiche e le tecniche di cucina escogitate e consolidate nel tempo; il continuo aggiornamento delle conoscenze in fatto di assunzione di quanto ritenuto utile all’organismo; le metodologie preordinate alla preparazione, al semplice accostamento o al più intenso trattamento delle materie pri- L me; i tempi, le modalità e le forme di cottura e di conservazione degli alimenti; il sempre più diffuso ricorso alle tecnologie nelle fasi strettamente operative dei processi di cucina; la perdurante esistenza di spazi teoricamente percorribili per l’affinamento di pratiche e tecniche. L’intera materia acquisisce poi spessore, dimensioni e articolazioni veramente ragguardevoli quando riferita alla italica civiltà della tavola, le cui radici affondano in un passato a volte anteriore alla stessa memoria certa e le cui attuali espressioni risentono di una gamma di apporti storicamente determinanti, degni per loro natura di approfondite e sistematiche analisi. Anche la cucina quindi, come la scienza, non procede uniformemente nel suo sviluppo storico, ma vede alternarsi fasi di accumulazione di esperienze e conoscenze, tese al progressivo affinamento delle soluzioni elaborate, con fasi contrassegnate da profondi mutamenti, in senso “paradigmatico”, del contesto di riferimento, conseguenti a eventi del tutto straordinari; questi ultimi risultano tali da imporre alle varie comunità familiari e sociali e ai maggiori interpreti della materia, vale a dire a quei soggetti capaci nelle varie epoche di emergere per creatività e originalità, nuovi modi di vedere la realtà della cucina e di ripensare criticamente all’insieme delle abitudini e delle credenze sino allora accumulate. Eventi questi che, riconosciutane la generale portata anche a livello di circoscritte comunità, danno luogo a veri e propri cambi di paradigma, ossia a nuove concezioni in materia da utilizzarsi come base e riferimento per i successivi sviluppi. Ciò determina in alcuni casi pure l’abbandono di C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 2 5 C U L T U R A & R I C E R C A CENA ECUMENICA 2011 La cena ecumenica è ormai diventata istituzionale per l’Accademia. Quest’anno, quindi, la riunione conviviale, che vedrà insieme, alla stessa mensa virtuale, gli oltre settemila Accademici in Italia e nel mondo, si svolgerà il 20 ottobre alle 20,30. I Delegati cureranno che la cena ecumenica sia accompagnata da una idonea relazione di carattere culturale che illustri l’importante tema proposto. preesistenti forme di vita, dando occasione e spazio per l’avvio di nuove e vaste aree di esperienza e di conoscenza capaci di dar origine, col tempo, a tradizioni del tutto nuove sulle ceneri di quelle di più antica data. Scorrendo, sia pure grossolanamente per comprensibile ristrettezza di spazio, la storia della nostra cucina, è facile osservare una infinità di tali eventi, alcuni dello stesso tipo altri non categorizzabili in quanto del tutto singolari, che hanno avuto impatti rivoluzionari su abitudini alimentari lungamente sperimentate. Già in epoca preromana è accertato l’influsso esperienziale di popoli più evoluti, quali gli Etruschi o i Greci colonizzatori di vaste aree del Meridione, sulle prassi di cucina delle primitive popolazioni italiche. È seguito poi l’avvento dei Romani, con le numerose guerre dell’età sia repubblicana sia imperiale, che ha dato vita in tutti i campi, grazie a una straordinaria capacità di discernimento e di assimilazione, a meravigliose sintesi dei saperi dei popoli di volta in volta sottomessi. La caduta dell’impero romano e le diverse invasioni barbariche, interessanti gran parte della penisola, sono stati ulteriori eventi dirompenti anche nella storia della cucina, per l’influenza che hanno avuto su tanti importanti aspetti, dalle forme di vita sociale ai profondi cambiamenti intervenuti nello stesso senso del gusto. Le crociate cristiane medievali costitui- rono a loro volta occasione di numerosi contatti, di ogni tipo, fra europei e popoli del vicino Oriente. L’insorgere e l’affermarsi delle comunità monastiche, con le conseguenti cure riservate al mantenimento e alla conservazione delle tradizioni, e le varie dominazioni straniere succedutesi nel tempo (Longobardi, Normanni, Arabi, Svevi, Angioini, Spagnoli, Francesi, Austriaci ecc.), per periodi non brevi in vaste aree geografiche, non potevano non lasciare il segno sulle abitudini di cucina, a volte incorporando a volte trasmettendo le rispettive conoscenze ed esperienze. Quelli appena accennati sono, per grandi linee, solo alcuni degli eventi “rivoluzionari” che hanno favorito l’incontro e il confronto tra popoli e culture profondamente diversi consentendo, attraverso il reciproco arricchimento delle conoscenze, di selezionare il meglio delle acquisizioni cui si era pervenuti e di modificare, a volte anche radicalmente, abitudini e prassi alimentari largamente in uso. Altri eventi di differente natura si sono altresì verificati con impatti di assai variabile incidenza: per esempio, l’introduzione e il consumo di nuovi prodotti, quali quelli importati in Europa a seguito della scoperta delle Americhe, che tanta rilevante parte hanno poi finito per avere nella nostra odierna cucina (mais, patata, pomodoro, melanzana, peperone ecc.); il progressivo utilizzo di mate- rie prime esotiche e coloniali (tè, caffè, cacao, spezie ecc.) provenienti dai più remoti Paesi; l’avvento di nuove tecnologie al servizio della cucina (dai primi rudimentali utensili a quelli estremamente sofisticati di oggi); l’affermarsi di mode o nuovi stili di vita, conseguenti alla progressiva modernizzazione e, da ultimo, alla sempre più spinta globalizzazione, che permette di avvicinare, come mai prima, popoli e culture attraverso strumenti e reti facilmente accessibili a soggetti di ogni parte del mondo. A ciascun evento di carattere dirompente è sempre naturalmente seguita una lunga fase di riflessione, di ripensamento e di assestamento - con conseguente proliferazione di campi conoscitivi, specializzazioni, pensieri convergenti ma anche divergenti che ha permesso di sviluppare e cumulare tanti piccoli rivoli di esperienze essenziali per l’ulteriore, sia pur lento, avanzamento della materia. La cucina italiana comunque - per una sua certa disomogenea configurazione, spiccatamente regionalistica se non addirittura localistica, sulla quale hanno diversamente pesato i singoli eventi innanzi richiamati - può rivelarsi realtà troppo complessa per essere analizzata secondo un sistematico approccio di tipo globale del genere di quello delineato; occorre considerare, d’altra parte, che una vera e propria cucina nazionale è cominciata lentamente ad affiorare solo nella fase più matura, in tempi relativamente più vicini, del lungo processo di unificazione politica del Paese. Risultati indubbiamente più produttivi potrebbero allora conseguirsi attraverso preliminari e più circoscritte analisi, da condurre su base locale a seconda della variabile sfera territoriale d’influenza, tendenti a far luce su fatti ed eventi storicamente accertati che abbiano potuto avere conseguenze di rilievo sull’assetto strutturale e sulle dominanti fondamentali delle singole cucine prima di una loro considerazione a livello nazionale. DONATO PASQUARIELLO See International Summary page 78 C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 2 6 C U L T U R A & R I C E R C A La mostarda fina di Carpi DI SANDRO BELLEI Accademico di Modena Recuperato il gusto di un’antica preparazione. a storia del territorio carpigiano è assai ricca di ricette che trovano nell’uva l’indispensabile materia prima per realizzarle. Tra queste occupa uno spazio importante la mostarda fina di Carpi, una tipica preparazione della stagione autunnale che, come si deduce dall’etimologia della parola, ha come partenza il mosto. Della ricetta di questa mostarda si hanno testimonianze già dal 1300, ma la paternità è legata alla famiglia degli “speziali” carpigiani Sebellini, i quali, secondo la tradizione, ne sarebbero stati i creatori. Alla corte dei Pio, i signori di Carpi, questa specialità era conosciuta e apprezzata già nel Cinquecento, ma a differenza delle altre mostarde, quella nata a Carpi ebbe origini nobili. Ogni famiglia abbiente conservava gelosamente la propria ricetta. Nel secolo successivo, l’uso della mostarda fina L si diffuse, diventando una prelibatezza inviata in dono in Vaticano, a cardinali e papi. Nei documenti rinvenuti, si legge che questo prodotto era talmente gradito da essere considerato un pegno per assolvere debiti e tributi di servitù. Anche Alessandro Tassoni nel suo poema “La secchia rapita”, del 1622, la nomina nel novero dei doni che i modenesi offrono al legato pontificio Ottaviano degli Ubaldini, venuto da Roma a tentare di fare da paciere nella contesa fra modenesi e bolognesi. Nell’opera si legge che “la città gli donò, fra l’altro, due cupelle di mostarda di Carpi isquisitissime”. Quella del Tassoni è la più lusinghiera menzione letteraria di questo antico preparato gastronomico. Un altro che ne parla è Bartolomeo Stefani, cuoco bolognese, attivo alla corte dei Gonzaga a Mantova. Nell’opera intitolata “L’arte del ben cucinare et instruire i men periti in questa lodevole professione”, pubblicata nel 1662, nel descrivere le modalità di preparazione e presentazione di molteplici portate a base di pesce d’acqua dolce, accosta a questi piatti “un intreccio di quattro tondini di mostarda di Carpi, ornata con canella e zuccaro”. Purtroppo, alla fine del XIX secolo, probabilmente con la scomparsa dell’ultimo speziale della famiglia Sebellini, che custodiva il segreto della ricetta, termina anche la produzione della mostarda a Carpi. Nella ricetta originale, un ingrediente fondamentale è la mela carpigiana Gagliardina, una varietà molto dolce, divenuta introvabile dall’inizio del Novecento. A distanza di oltre un secolo, dopo accurati studi di antiche ricette, e la pubblicazione di un libro nel 2004, è stato recuperato il raffinato gusto rinascimentale della mostarda fina di Carpi, rivisitandolo per compiacere i moderni palati. Tra i vari utilizzi, la mostarda fina può essere servita come accompagnamento di bolliti, compresi i classici zampone e cotechino, di formaggi piccanti e ogni tipo di salume. Infine, una curiosità: questo preparato aveva dato origine, già dal XVI secolo, a una maschera tipica carpigiana, il Mostardino, che rappresentava il garzone di bottega dello speziale. See International Summary page 78 LA RICETTA Ingredienti per circa 2 kg di mostarda: 4 kg di mosto cotto (da uva rossa); 1,5 kg di mele; 750 gr di pere; 350 gr di mele cotogne; la buccia di mezza arancia. Preparazione: bollire il mosto per circa 15 ore, finché non si è ridotto della metà e non ha assunto l’aspetto denso dello sciroppo. Privare la buccia di arancia della parte bianca, tagliarla a pezzetti e lasciarla a bagno per 24 ore, cambiando l’acqua 3 o 4 volte. Aggiungere al mosto cotto la frutta sbucciata e tagliata a pezzi, compresa la buccia d’arancia, e lasciar bollire finché il volume non si è ridotto della metà. Invasare la mostarda in contenitori preriscaldati, e conservarli in un luogo fresco e asciutto, buio e ben aerato. Attendere almeno 12 giorni per consumarla. C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 2 7 BIBLIOTECA NAZIONALE GIUSEPPE DELL’OSSO Il “Libro novo” di Messisbugo DI LORENA GALLINA Sfarzosi banchetti e ricchi menu per soddisfare il palato e il gusto artistico della nobiltà. a Biblioteca nazionale braidense conserva un prezioso esemplare del “Libro novo” di Cristoforo da Messisbugo, la cui prima edizione venne realizzata a Ferrara nel 1549, un anno dopo la scomparsa dell’autore; l’opera, un vero e proprio trattato di costume, ebbe una notevole fortuna editoriale tanto da essere ristampata più volte fino ai primi decenni del Seicento. L’edizione presente in Braidense, in ottimo stato di conservazione, venne realizzata a Venezia nel 1564 per i tipi di Francesco Leno. Il Messisbugo nacque a Ferrara alla fine del Quattrocento, probabilmente da una famiglia originaria delle Fiandre, e grazie alle nozze con una nobildonna entrò a far parte della corte estense in veste di amministratore di fondi ducali e soprattutto di scalco, a quel tempo ruolo di estremo prestigio; in virtù di questo incarico, nel 1533 l’imperatore Carlo V gli concesse il titolo di conte palatino. Secondo la consuetudine del tempo, il “Libro novo” è introdotto da una dedica a Ippolito d’Este, cardinale di Ferrara (1479-1520), seguita dal “Memoriale per fare uno apparecchio generale, per la venuta di ogni gran Principe, o per ogni andata, o Banchetti diversi, o per Nozze, o qualunque altra cosa che possa accadere d’importanza”: si tratta di una scrupolosa rassegna dell’apparecchiatura generale del palazzo di corte, che spazia dall’arredamento alla tappezzeria alle provviste di cibo. Ampio spazio è dedicato proprio alle masserizie della cucina, comprendenti padelle, mortai, mestoli, taglieri, e agli “offitiali”, ovvero il personale: la lunga lista prevede un siniscalco generale, uno che si occu- L pi della credenza e uno del tinello, credenzieri e bottiglieri, due persone per la gestione della dispensa, uomini per sbrigare le tavole e ravvivare il fuoco e altri che tolgano i piatti dal tavolo per portarli in cucina, nonché personale per la mescita del vino. Da non dimenticare cuochi, aiutanti e “guattari” (sguatteri) per le provviste di legna e acqua e una persona sempre presente alla porta del palazzo, che si prenda cura degli ospiti in arrivo. Grazie al “Memoriale” anche il lettore moderno può facilmente immaginare la cucina del tempo come una enorme fucina, ricca di strumenti e di uomini intenti a preparare scenografiche vivande in grado di soddisfare il palato nonché il gusto artistico del nobile padrone di casa e dei suoi ospiti. Particolarmente apprezzato era l’intrattenimento ludico, soprattutto in villa, la residenza di campagna in cui la corte si trasferiva durante la stagione estiva. La credenza doveva essere sempre ben fornita, con fornaio e beccaio attivi in cucina, mentre a disposizione degli ospiti c’erano un guardaroba con sarto e barbiere nonché una ricca collezione di armi per la caccia, giochi, tra cui “pallette piccole con le racchette”, antesignane del tennis moderno, e materiale di cancelleria (carta, calamai e forbicine). Segue un elenco di dieci cene, tre desinari e un festino approntato dal Messisbugo nella sua residenza. Il ricettario dell’opera comprende ben 315 ricette suddivise in categorie: dalle paste alle sfogliate al pesce alle torte a potacci e brodi fino ai sapori diversi, sì da grasso come da magro ovvero le salse. Appaiono evidenti al lettore di oggi lo sfarzoso allestimento dei banchetti e la pantagruelica ampiezza C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 2 8 BIBLIOTECA NAZIONALE dei menu proposti, caratterizzati da un alto numero di vivande e da preparazioni elaborate e ricche di spezie e sapori. Merita una menzione la lista delle vivande servite al festino del 14 febbraio 1548, in occasione del Carnevale, nella dimora del Messisbugo, per il duca, il principe e i loro ospiti, in tutto 27 invitati. La serata ha inizio intorno alla mezzanotte con la rappresentazione della commedia “La notte”, opera di Girolamo Parabosco da Bologna, la cui messa in scena si conclude a notte fonda (alle 3.30 del mattino!). “Et finita la Comedia” fu apparecchiata una tavola. L’autore descrive con dovizia di particolari l’imbandigione della tavola, illuminata da lucerne d’argento e sulla quale erano disposti una salvietta, e coltello, un pane intorno, e una “crescentina di butiro, zuccaro, e torli d’uova” per persona. Il menu è aperto da due insalate, una a base di radicchio, indivia e ramponzoli e l’altra con polpa di pavone e spicchi di cedro, conditi con zucchero, pepe e aceto rosato. Si continua con salami, lingue e prosciutti seguiti da fiadoncelli d’uva passa, polpette, pernici e piccioni. Dopo aver portato agli ospiti acqua profumata per le mani, viene servita la carne: pollastrelli, capponi, fagiani arrosto, tortelle brusche di fegatelli con zucchero e cannella, caprettini da latte arrosto e un pavone. Seguono altre vivande sempre di carne, dai petti di pollo alle porchette da latte arrosto fino ad arrivare a “pastelli di ostreghe grandi e ostreghe numero 400 con arancie, e pevere”. Vengono poi servite in tavola frutta - uva, pere e datteri - e “confettioni” ovvero sciroppi più e meno forti. A conclusione della cena la padrona di casa porta in tavola due cestelli di fiori, uno per il duca e uno per il principe, che provvedono a distribuire l’omaggio floreale a ciascun commensale. Terminata la burla de “i pachetti”, si sgombra la sala e si aprono le danze che proseguono fino alle nove del mattino: l’allegra fe- GIUSEPPE sta trova il suo compimento ancora una volta a tavola, con una colazione “d’acqua zuccarata, uva fresca, e pome” e altre cosette. Da notare il brevissimo paragrafo dedicato ai vini (c. 38) in cui il Messisbugo afferma di aver volutamente DELL’OSSO tralasciato le bevande servite in ciascuno dei banchetti da lui descritti nell’opera poiché, egli annota, si mesce a ciascun commensale ciò che desidera secondo gli appetiti di ciascuno. See International Summary page 78 ACCADEMICI IN PRIMO PIANO L’Accademica Angela Barusi, della Delegazione di Barcellona, ha ricevuto il “Premio speciale all’eccellenza nella comunicazione” in occasione degli F&C award 2011. L’Accademico di Asti Carlo Alberto Goria è stato rieletto sindaco di San Paolo Solbrito (Asti). L’Accademico di Asti Massimo Malfa è stato eletto presidente del Rotary club Asti per l’anno 2011-2012. L’Accademica della Delegazione Roma Eur Tiziana Marconi Martino De Carles è stata eletta presidentessa del club Inner wheel Roma Eur Centro per l’anno sociale 2011-2012. Il Delegato di Brescia Giuseppe Masserdotti è stato nominato socio del Rotary Salò e Desenzano. L’Accademico Fabio Morvilli della Delegazione di Lussemburgo ha ricevuto l’onorificenza di ufficiale dell’ordine al merito conferita dal granduca Henri. L’Accademico Raffaello Picchi, della Delegazione della Maremma (Grosseto), è stato eletto presidente del Rotary club Grosseto per l’anno 2011-2012. L’Accademico Raffaello Ragaglini della Delegazione Roma Olgiata Sabazia-Cassia è stato confermato ai vertici dell’Unione delle associazioni degli industriali pastai europei. L’Accademico Giancarlo Saran, della Delegazione di Treviso, è stato eletto presidente della Fondazione “Giuseppe Mazzotti” per la civiltà veneta. L’Accademico della Delegazione di Gorizia Rodolfo Vittori è stato eletto presidente del Rotary club Monfalcone-Grado per l’anno 2011-2012. C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 2 9 C U L T U R A & R I C E R C A Evoluzione del piatto DI ALFREDO PELLE Accademico apuano Centro Studi “F. Marenghi” “Perfino il nome dei piatti tende al diminutivo, come se fosse peccato mangiare”. e è vero che è cambiato, negli ultimi cinquant’anni, il modo di produrre gli alimenti, perché sono cambiati l’agricoltura, l’allevamento, la preparazione dei cibi e la loro conservazione, perché l’uomo ha tutto voluto e tutto avuto (parlo del mondo occidentale, quello che non sa più cos’è la fame), perché abbiamo perso, in gran parte, l’orologio biologico, dato per scontato che sempre, sulle nostre tavole, ci sono zucchine, fagiolini, pomodori, indipendentemente dalla stagione e dall’intrinseca bontà, se è vero tutto questo, mi sono chiesto: come sono cambiati i piatti nell’ultimo mezzo secolo? Cosa mangiavamo quando, finita la guerra e iniziato, qualche anno dopo, il miracolo economico, le nostre tavole ci davano un piacere diverso da quello che ancor oggi proviamo? Ricordo quando, giovanissimo, alla fine della guerra, mio padre invitava a casa qualche suo amico. Gli diceva: “Mangia, che ce n’è ancora” in segno d’abbondanza. E l’ospite lasciava nel piatto il “boccone della creanza”, cioè una piccola parte del cibo, a dimostrazione che proprio non ce la faceva più a terminare data l’abbondanza! Ora abbiamo cambiato perfino il nome alle cose e al ristorante senti camerieri che ti offrono un “antipastino” prima di un “risottino” e poi ti propongono un “filettino” di pesce e così via. Perfino il nome dei piatti tende al diminutivo, come se fosse peccato mangiare e il peccato fosse minore secondo la quantità. La verità è che in questi ultimi cinquant’anni il tempo che le donne dedicano al cibo è progressivamente diminuito perché la donna, nel frattempo, è entrata nel mondo del lavoro in modo più determinato, il che l’ha obbligata ad allontanarsi sempre più dal fornello, dall’ago e da tutto S quel mondo “domestico” che l’aveva vista, per secoli “domina”. Il che ha portato a conseguenze ormai visibili in modo sempre più palese: l’insalata è in sacchetti prelavata (e ora anche precondita), i banconi dei supermercati hanno decine di metri di prodotti di gastronomia già pronti, il “similpollo” che mangiamo è tagliato secondo necessità (cosce, fusi, petto, ali), sempre che non sia già stato arrostito sullo spiedo industriale a gas del negoziante; le paste e i tortelli sono già pronti; i sughi altrettanto e la surgelazione ha tolto il senso del tempo e delle stagioni, oltre a dare piatti già pronti solo da riscaldare. E qui è la maggior differenza fra la cucina d’oggi e quella di oltre mezzo secolo fa: vi era, un tempo, oltre alla maggior semplicità di “confezione”, la prevalenza dell’impiego di prodotti freschi di produzione locale, dato che il commercio si teneva in ambiti più ristretti (le comunicazioni erano più difficoltose) di quanto non avvenga ora. Altra variabile è l’uso della pentola a pressione: completamente sconosciuta alla fine della guerra si è imposta per un tipo di cucina che, sostanzialmente, elimina il tempo di cottura. Il ragù di carne, quello d’anatra, i minestroni, le zuppe di verdura, le paste e fagioli erano sul fuoco durante la mattina e profumavano la casa; i grandi pranzi festivi o delle ricorrenze prevedevano tempi di preparazione ancor più lunghi del solito. Il bollito (non il lesso, quello che ci tocca ora se vogliamo un buon brodo), aveva, oltre al manzo, la gallina, il cappone, anche la lingua, il cotechino, la testina, a volte anche i piedini e le costine di maiale e tutto questo richiedeva tempo, pentole e passione. Poi gli arrosti, gli stracotti (che la “nouvelle cuisine” ha fatto, in gran C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 3 0 C U L T U R A parte, abbandonare) e i dolci, in larga misura casalinghi: ricordo certe torte che mia madre portava di domenica mattina al fornaio, che le cuoceva per ora di pranzo, pagando un modesto contributo. Ma ricordo anche la frutta a fine pranzo, quasi un obbligo. D’inverno si facevano le mele o le pere al forno, sulla stessa stufa a cerchi dove si mettevano le bucce d’arancia per profumare la cucina. Poi, poco alla volta, la cucina cambiò e si fece largo la panna: vennero nei ristoranti i piatti tris, quelli delle tre P, ossia panna, prosciutto, piselli. I locali iniziarono a servire la faraona alla panna. I negozi d’alimentari cominciarono a proporre il roastbeef già pronto, il vitello tonnato, l’insalata russa, gli gnocchi alla romana solo da & R I C E R C A riscaldare: era l’inizio di un certo modo di mangiare d’oggi. Ho sfogliato la “Cucina italiana” del 1952 e ho trovato un mondo di differenza: sempre nella stessa rivista, recentemente, si propone un “arrosto di vitello con wuster (sic)” che prevede un arrotolato con formaggio, salvia e rosmarino e dentro tre “wurster”. Terrificante insieme gastronomico. Cerchiamo, infine, di arrivare a una sommaria conclusione. Ogni tanto qualche buongustaio anziano dichiara: “La religione della buona tavola è in decadenza, non ci si capisce più niente”. Forse c’è una parte di vero. Di sicuro c’è una generazione “in discesa” che cerca di consolarsi ricordando i vent’anni, quando si facevano colossali mangiate; c’è l’inevitabile ritornel- lo “ai nostri tempi...” che sembra dover umiliare le nuove generazioni e invece è solo una romantica giaculatoria della propria gioventù. Di vero c’è che, sicuramente, si mangia più in fretta che in passato ma, certamente, abbiamo più cose da mettere nei piatti e il gusto si è affinato. E il mangiare è talmente importante che, ancor oggi, quando parliamo, per esempio, di un bel libro, diciamo “È un romanzo che si divora”, ma non si dice mai “È un pranzo che si legge tanto è buono”. “È difficile il confronto - scrisse Arnaldo Fraccaroli - perché si tratta di due arti diverse con ideali e scopi diversi, ma certamente il mangiare è più universale del leggere”. Potete anche dissentire, ma è così che stanno le cose. See International Summary page 78 RISO E RISORGIMENTO Il 23 marzo 1849, l’esercito austriaco al comando del maresciallo Radetzky, dopo aspri scontri con le truppe piemontesi, è attestato alla periferia Sud di Novara, in località Bicocca. È una zona dove giungono le ultime propaggini delle colline moreniche, vestigia del tempo delle glaciazioni, e inizia la pianura padana caratterizzata dalla linea dei fontanili, polle di acqua sorgiva, che costituiscono una preziosa riserva idrica grazie alla quale i monaci cistercensi avevano realizzato, nel XV secolo, le famose marcite. Nello stesso secolo gli Sforza, duchi di Milano, iniziarono a coltivare riso, coltura originaria dell’Estremo Oriente. Le risaie offrivano diversi vantaggi: rendere redditizie molte zone paludose, dare lavoro, ottenere una nuova fonte alimentare. Il piatto preferito dai novaresi divenne la “paniscia”, una specie di risotto. A nord di Novara, sulle colline moreniche, invece, si coltivano le viti, dalle quali si ottengono ottimi vini come il Gattinara, il Ghemme, il Sizzano, il Boca, compagni della “paniscia”. Da qui il detto “Il riso nasce nell’acqua e muore nel vino”. Con la battaglia di Novara termina la prima Guerra d’indipendenza e Carlo Alberto abdica in favore del figlio Vittorio Emanuele che, a Vignale, una frazione di Novara, in una cascina tutt’ora esistente, concorda con Radetzky i termini dell’armistizio. Il 23 aprile 1859, dopo dieci anni dalla bruciante sconfitta di Novara, l’ora della rivincita era giunta. È il Sabato santo quando arriva a Torino l’ultimatum dell’Austria ed è ciò che il Piemonte aspettava. Il 26 aprile l’ultimatum viene respinto: è l’inizio della seconda Guerra d’indipendenza. In virtù di un precedente accordo il Piemonte poteva contare sull’intervento della Francia di Napoleone III, qualora il piccolo regno fosse stato aggredito. È il trionfo della politica di Cavour, che dimostrò anche una brillante arguzia come stratega militare. È questo un evento poco noto. I francesi potevano giungere in Piemonte via mare o via terra, ma ciò richiedeva tempo che i piemontesi non avevano. Il fiume Ticino costituiva il confine tra i due contendenti e il grosso delle truppe austriache era a Pavia, a pochi passi dal confine. Per consentire un tempestivo arrivo degli alleati francesi, i piemontesi dovevano rallentare il più possibile i movimenti delle truppe austriache condotte da Gyulai, che aveva sostituito Radetzky. Cavour, con Alfonso Lamarmora ministro della guerra, e l’ingegnere Carlo Noè, buon conoscitore della fitta rete di fiumi, torrenti, canali della pianura piemontese, mise a punto un ben preciso piano: allagare rapidamente le terre dove avrebbe dovuto transitare l’esercito austriaco. Si tratta di un’area di ben 48.000 ettari, che viene allagata e privata di ogni possibile riferimento (alberi, pali ecc.) in soli quattro giorni. Il 22 aprile Lamarmora allerta il Noè, le operazioni di allagamento iniziano il 25 aprile e terminano quattro giorni dopo. Pur considerando che alla fine di aprile le risaie sono già allagate, tutto ciò può configurarsi, per progettazione, realizzazione e tempestività, come un’operazione da manuale di cui andare fieri, disse Cavour. E la fortuna arrise agli audaci; infatti, come si cantava allora, “Al Gyulai l’à turnà ‘dre cun la pauta tacà i pé” (Il Gyulai è tornato indietro con il fango attaccato ai piedi). (Pier Luigi Manachini) C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 3 1 C U L T U R A & R I C E R C A America “supersize” DI MARINO DE MEDICI Accademico della Virginia “Vi sono città dove è impossibile ordinare una pietanza senza vedersi portare un piatto stracolmo”. ome tutti sanno, in America non ci sono misure e dimensioni normali. Le pizze sono large ed extra large, le uova jumbo o extra large, le bevande gassate sono “giant”, gli hamburger fanno paura, dal Triple whopper al Colossal burger. I caffè sono altrettanto mostruosi, definiti da una catena con parole italiane, “Venti” e “Trenta”. La stessa catena di vendita del caffè, che ha copiato l’espresso italiano e ne ha corrotto la misura, la qualità e il gusto, ha recentemente introdotto infatti un formato di caffè americano chiamato “Trenta”, che contiene, guarda caso, 31 once ossia 916 ml. Ha così scavalcato la misura precedente, quella del “Venti”, di ben 7 once, ossia 207 ml. Ma il confronto è drammatico se si pensa che venti anni fa una tazza di caffè americano (non espresso), con latte e zucchero, conteneva 8 once ossia 236 ml, con un potere nutritivo di 45 calorie. Oggi un gran “cafè mocha” con crema è costituito da 16 once (473 ml) per un totale di 330 calorie, le calorie, insomma, di un pasto generico. Benvenuti nell’America “supersize”, dove le porzioni dei ristoranti, le misure delle bevande gassate o no, e la quantità di snack supercarichi di calorie hanno innestato una vera e propria epidemia, quella dell’obesità. Nel 1970, il 47% degli americani era sovrappeso o obeso. Nel 2011, si calcola che il 66% sia sovrappeso, e in particolare che gli obesi siano passati dal 15 al 30% della popolazione. La ragione è sotto gli occhi di tutti: il cibo americano è “supersize”, dagli hamburger alle salsicce, e vi sono città dove è impossibile ordinare una pietanza senza vedersi portare C un piatto stracolmo, sufficiente a nutrire più di tre persone. Le patate fritte, o “French fries”, accompagnano praticamente ogni piatto in quantità superabbondanti. Si dice che fu il presidente Jefferson il primo a servire patate “alla maniera francese” in un pranzo alla Casa bianca nel 1802, ma i belgi hanno costantemente rivendicato di essere stati loro i primi a friggere le patate. Né si capisce perché tengano tanto a questo primato. Ma c’è qualcosa di vero perché pare che furono i soldati americani in Belgio, nella prima guerra mondiale, a gustare le patatine fritte servite dall’esercito belga, che naturalmente parlava francese. Nel 2004 ha fatto furore il documentario “Supersize me”, la storia di un regista americano che, in vena di provocazione, per trenta giorni si è cibato esclusivamente presso la gigantesca catena McDonald’s, con il risultato di ingrassare di oltre 11 chilogrammi, di arrivare a un altissimo livello di colesterolo e di soffrire altre nocive conseguenze dell’incipiente obesità, dall’aumento della pressione all’ingrossamento del fegato. Fu salvato dalla moglie che lo disintossicò con piatti vegetariani. Ma ci volle più di un anno. Basti citare un fatto che, nel 1955, quando la McDonald’s cominciò a servire i suoi hamburger, un hamburger pesava 1,6 once, pari a 45 grammi. Oggi, la catena di ristoranti più grande del mondo serve hamburger che in media pesano 8 once, ossia 226 grammi. Quanto alle benemerite “French fries”, sono passate da 2,4 once ossia 68 grammi a 8 once pari a 195 grammi. Un altro esempio: il sandwich di tacchino, un classico del lunch frettoloso, è passato dalle 350 calorie a ben 850. C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 3 2 C U L T U R A Non mancano, è vero, i tentativi di servire porzioni più piccole, ma per una perversa legge di Gresham alimentare, i piatti cattivi scacciano quelli buoni. Una catena di ristoranti popolari ci ha provato, accompagnando le porzioni più ragionevoli & R I C E R C A con una brochure di informazioni sui valori nutritivi di ogni piatto. La novità è durata cinque mesi perché i clienti non ne volevano sapere. E dire che altre due catene avevano cominciato a offrire porzioni più piccole a minor costo. Non è andata, e LA PASTA CON LE SARDE Ricetta depositata dalla Delegazione di Palermo Si narra che il generale arabo Eufemio, durante la conquista della Sicilia, si trovò nella necessità di escogitare qualcosa per dare da mangiare ai soldati affamati. Ordinò allora ai cuochi di darsi da fare, di andare in giro per campi e spiagge e di portare tutto ciò che era possibile reperire. I cuochi misero nelle pentole finocchietti selvatici e pesce, uva secca e zafferano. Sarebbe nato così un condimento rimasto famoso. Ma si tratta di una leggenda. Piatto base della cucina palermitana, erroneamente è considerato il più rappresentativo della gastronomia di questa nobile città. Senza nulla togliere alla notorietà e al gusto del piatto, non sempre è presentato sulle mense più signorili. In alcuni casi la ricetta rivisitata e arricchita poteva sostituire i timballi di anelletti o i maccheroni, per tradizione primo piatto dei pranzi festivi. La ricetta che segue è un’antica ricetta di famiglia e si discosta in alcuni ingredienti e nella presentazione da quella pubblicata da Giuseppe Pitrè, famoso medico etnografo palermitano, nel 1886. Ingredienti (per 6-8 persone): 4 mazzetti di finocchietti di montagna; 2 cipolle bianche; 5 acciughe sotto olio o salate; 700 gr di sarde freschissime; 700 gr di bucatini; 30 gr di uva passolina; 30 gr di pinoli; 2 bustine di zafferano; 30 gr di graniglia di mandorle tostate; 1 bicchiere grande di olio extravergine di oliva, sale. Preparazione: pulire accuratamente i finocchietti e lessarli in abbondante acqua, scolarli mettendo da parte l’acqua che servirà a cuocere la pasta. Tritare finemente i finocchietti e metterli a insaporire in padella con la cipolla grattugiata e l’olio nel quale saranno già state sciolte le acciughe e lo zafferano. Pulire le sarde privandole delle squame, delle lische e delle teste e sciacquarle in acqua e sale, unirne 500 grammi all’intingolo di finocchietti, e fare insaporire sul fuoco curando che si spezzettino un poco; aggiungere la passolina e i pinoli. Cuocere molto al dente la pasta nell’acqua dei finocchietti, scolarla bene in acqua fredda. Mescolare un poco più di metà dell’intingolo con la pasta, preparare una teglia unta di olio e spolverata di pangrattato, sistemare uno strato di pasta e uno di condimento fino all’esaurimento degli ingredienti. Completare con uno strato di pasta ricoperto dai rimanenti 200 grammi di sarde ripassate in padella con un poco di olio e sale, con l’accortezza di lasciarle jntere, spolverare con la graniglia di mandorle. Passare in forno caldo per 8-10 minuti. Ricetta di Maricetta Messina tutti sanno perché. La grande maggioranza degli avventori dei ristoranti americani non finisce la pietanza nel piatto ma chiede un recipiente di plastica per portarsi a casa il resto del pranzo. Un tempo avanzavano la scusa del cane. Adesso non se ne parla nemmeno. A più livelli in America si dibatte animatamente sulla natura dell’obesità. È una malattia o una condizione particolare dell’organismo? Una cosa è certa, ed è che l’obesità è la seconda maggior causa di morte evitabile, dopo il fumo. Secondo gli esperti, anzi, si avvia a divenire la prima. Tra i tanti studi in materia, vale la pena di segnalare quello dei ricercatori di due università, Penn State e Clemson, secondo cui il 76% degli chef interpellati giudica “regolari” le porzioni di cibo servite. Da parte loro, le autorità federali nel settore dell’alimentazione contestano il fatto che tali porzioni sono da due a quattro volte superiori alle quantità suggerite nei loro studi. Per esempio, gli studi in questione raccomandano mezza “cup” ovvero mezza tazza di pasta per porzione, mentre i ristoranti servono porzioni da una a due tazze. I cuochi più anziani si attengono alle porzioni più ridotte che cucinavano all’inizio della professione, quelli giovani sono evidentemente addestrati a eccedere. Le conseguenze di questa involuzione nelle cucine commerciali sono pesanti, se si pensa che il 60% dei pasti nei ristoranti contiene un 60% di calorie in più rispetto a un pasto casalingo. Fatto tanto più increscioso, in quanto gli americani in media consumano ogni anno 209 pasti al ristorante. La conclusione è purtroppo questa: per una somma di ragioni – concorrenziali, finanziarie, sociali e ambientali - i ristoranti incoraggiano i clienti a consumare più cibo. Osservava un ricercatore universitario: un pasto singolo in un ristorante americano basterebbe a nutrire un’intera famiglia sudamericana. See International Summary page 78 C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 3 3 C U L T U R A & R I C E R C A In val Resia DI PIETRO ADAMI Accademico di Udine Un’isola culturale e gastronomica con un’identità molto marcata. hiamata anche Valle dei Fiori, la val Resia è un’isola culturale con profili linguistici particolarmente marcati. La vallata è suddivisa in cinque principali frazioni; ci vive una popolazione che si fa risalire al VII secolo e che vi si è insediata dopo aver abbandonato il nomadismo. Ebbe una certa importanza sotto il dominio veneziano per la difesa delle selle di Carnizza e di Guarda, che permettevano di raggiungere la valle dall’Isonzo in Slovenia. A questo scopo vi fu anche la presenza di una guarnigione militare con fortificazioni a Stolvizza e a San Giorgio. I resiani custodiscono gelosamente i loro costumi. Il territorio è povero in termini di risorse agricole e strutture produttive e quindi l’alimentazione tradizionale un tempo era basata su polenta, patate, legumi, derivati del latte e uova. Alcuni piatti tipici della valle costi- C tuiscono interessanti testimonianze etnografiche, come, per esempio, il “mucnik”, una polenta molle su cui si versava del latte caldo; la “panada”, pane raffermo cotto nell’acqua con l’aggiunta di burro, uovo e offerto in particolare alle puerpere; il “calcüne”, gnocchi di patate dalla particolare forma, ripieni con erbe e conditi con burro fuso; lo “zmirhle”, lardo a pezzettini o salsiccia tagliata a fette, fritti nel burro o nella panna. In primavera si usa fare un foro nel contenitore dell’aceto e mettere un pezzo di corteccia a mo’ di grondaia. Si lascia uscire la linfa e la si raccoglie 3 litri al giorno in un recipiente. Si prepara quindi la “minjëctra ziz briznjo”, minestra a base di linfa di betulla, ottenuta alla stessa guisa della linfa d’acero. Popolare è l’“ovän”, cioè il montone, che può essere preparato semplicemente con cipolla, aglio, carota, sedano selvatico, pepe, sale, salvia, oppure sotto forma di “teowncwje klobasce”, cioè salsicce con sale, pepe, mosto di frutta e spicchi d’aglio, o con vino di ciliege (“teowncwje kühane klobasce”); o ancora con rape acide, bacche di ginepro e spicchi d’aglio e strutto (“suk anu klobasce”); o con ricotta affumicata, maggiorana, timo, burro cotto, mosto fermentato di mele, aglio (“ovän ziz sküto”, “to ta-na petrë”). Non va dimenticata poi la “öwca”, cioè la pecora cucinata in diversi modi: con maggiorana, farina di mais, cipolla, aglio, sale, pepe, strutto (“ziz majarunon”), oppure in padella, con patate, rape, cuore di verza, strutto, sale, pepe, aglio, cipolla, mosto, timo, maggiorana (“tu-w pondwë”), o ancora sotto la campana, con rape acide, lardo, bacche di ginepro, foglie di alloro, sale, mosto (“ta-pod arjavico”). Per Pasqua, o comunque per i giorni di festa, è corrente ancora oggi il “bujadnik”, tipico dolce che non ha una forma particolare poiché un tempo l’impasto veniva cotto non in contenitori, ma avvolto in foglie di verza collocate nel focolare sotto la cenere e le braci. Oggi l’impasto (composto di farina di granoturco e frumento, uova, zucchero, panna, mele o pere, fichi secchi, uva sultanina, frutta secca, lievito, semi di finocchio selvatico, cannella o carrube) viene completamente sparso sulla piastra del forno, di cui assume la forma, e cotto a temperatura moderata per mezz’ora. Va ricordato che di grande importanza è l’“ai di Resie” ovvero “roganski Strok”, la cui produzione interessa le frazioni di S. Giorgio, Oseacco, Stolvizza, Pustigost, Scia, Ruscis. Vi viene coltivato in piccoli appezzamenti sparsi qua e là fino a 1.000 metri di altitudine. Peculiari sono le caratteristiche organolettiche di questo aglio, che si manifestano in aroma e sapore molto più accentuati degli agli normalmente in commercio. Vi sono numerose occasioni in cui è possibile lasciarsi sorprendere dall'inconfondibile gusto dello “Strok” in tutte le sue declinazioni. Basta ricordare, per esempio: la “miniëstra is”, minestra d’aglio con patate, brodo vegetale, sale e pepe; “tö rosajanskö smuskänö”, una sorta di pesto resiano, con silene, formaggio stravecchio, noci, sale e pepe. Va ricordato infine il “masti”, ovvero il burro all’aglio di Resia che si ottiene pestando in un mortaio tre spicchi di “Strok” e amalgamandoli con 50 grammi di burro ammorbidito e sale; si lavora la crema con un cucchiaio di legno e si fa raffreddare. See International Summary page 78 C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 3 4 C U L T U R A & R I C E R C A A tavola con il Risorgimento DI DONATELLA CLINANTI Accademica di Asti La contessa di Castiglione brillò anche per la sua competenza gastronomica. el corso dell’Ottocento, il Piemonte svolse sempre di più il ruolo di sintesi tra Italia e Francia in campo gastronomico, divenendo un vivaio di cuochi, tra cui i due più importanti furono Vialardi e Chapusot. Tuttavia le abitudini del re Vittorio Emanuele II non erano quelle di un gastronomo Doc: era un gran bevitore, soprattutto di Barbera, adorava le rustiche mangiate in campagna durante le cacce e i piatti ben agliati che gli preparava la sua Rosin, ma rifuggiva la raffinatezza dei pranzi di corte (dicono i maligni dell’epoca che fosse perché non aveva grande dimestichezza con l’uso delle posate). Da buon piemontese, però, amava molto il tartufo. Si narra che Vialardi avesse inventato per lui una corroborante minestra costituita da una vellutata di carni di selvaggina e arricchita da lamelle di ovolo reale e da una ricca grattata di trifola. Vanno inoltre sottolineati alcuni eventi gastronomici che si verificarono durante il suo regno: i piemontesi mandati a combattere in Crimea portarono con sé dei piselli, che un lungimirante nicese di nome Cirio aveva trovato il modo di conservare in scatola. In questo stesso periodo, Giuseppe Gibelli, direttore dell’orto botanico di Torino, incominciò a studiare il tartufo. Nel 1870, Domenico Rossi, pasticciere in Casale, creò i suoi celebri biscotti, i krumiri, dando loro la forma dei baffi del re. Di Cavour si diceva che parlasse in francese, pensasse in italiano e mangiasse in piemontese. Grande gastronomo e fiero mangiatore, stupiva i genitori, fin dalla più tenera età, per le dosi di cibo che riusciva a ingurgitare. Con il passare degli anni, da mangione diventò gastronomo: non gli bastava fare scorpacciate dei suoi N cibi preferiti, ma volle anche imparare a cucinarli. Scendeva nelle cucine per elaborare in particolare piatti di carne, che amava arrostire o brasare arricchiti da frattaglie di pollo o di selvaggina, aromatizzandoli con erbe spontanee. E fu uno dei primi a introdurre l’uso del Marsala nella cottura delle carni. Naturalmente adorava il tartufo e pare avesse inventato, con la collaborazione dei cuochi de “Il Cambio”, due piatti che ancora oggi si possono trovare nei menu di grandi ristoranti piemontesi. Uno è progenitore della “ciotola del trifolao”: uno strato di funghi trifolati adagiato su un crostone di polenta, poi un uovo al paletto e una nevicata di tartufo. Il secondo è l’intingolo di fegatini e funghi su letto di polenta, coperto di trifola. Per le bevande, era un grande amante del “bicerin”, rigorosamente mai sorbito dopo mezzogiorno, e del Vermouth, sempre presente sui suoi tavolini. Grazie a Cavour il Barolo assurge alla dignità di grande vino, in grado di competere con Bordeaux e Borgogna, e a seguirlo in quest’impresa fu Giulia Colbert Falletti, marchesa di Barolo. E fu Cavour a introdurre la moda, presso i senatori del parlamento di Torino, di masticare delle pastiglie balsamiche alla liquirizia prodotte da un artigiano di Alba, tale Luigi Leone, che le battezza “senateur”. La trovata ha grande successo, vengono apprezzate anche altre pastiglie e Leone sposta l’attività a Torino, dove in breve tempo diventa fornitore della real casa. Da qui deriva il detto “Marca Leone” per indicare un lavoro fatto a regola d’arte. Anche Mazzini, severo e ieratico pensatore, aveva un suo lato debole, pur non indulgendo molto ai piaceri della buona tavola. Adorava il cioc- C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 3 5 C U L T U R A colato ed era felice quando l’amica e compagna di battaglie Giuditta Sidoli gli confezionava una sobria torta a base di pasta sfoglia su cui veniva adagiato un composto di mandorle, zucchero, uova e scorza di limone. Garibaldi era invece un gran mangiatore dei cibi semplici della sua terra natia, ma ben si adattava ai piatti tipici del territorio in cui si trovava. Prima di andare in Sudamerica mangiava pochissima carne e privilegiava “panisse”, “pissaladière”, “pan bagnat” e “pistou”, i piatti classici della sua Nizza; raramente si concedeva un bollito. In Sudamerica assaggerà “churrasco” e “asado” e diventerà carnivoro. Da buon marinaio (e soprattutto a Caprera) amava mangiare il pesce pescato, appena tolto dalla lenza e pulito, senza neppure condirlo. La leggenda narra che l’abbinamento di maccheroni e vermicelli col sugo di pomodoro fu inventato per celebrare il rosso delle camicie dei liberatori. Ma è certo che fu grazie alla spedizione dei Mille che il pomodoro arrivò in Piemonte come alimento. Ad aprirgli la strada furono i due grandi dell’epoca, Chapusot e Vialardi, che ne capirono la freschezza e la leggerezza. Il solito lungimirante Cirio ne arguì l’importanza e pensò di inscatolarli, per permettere ai piemontesi di condire i vermicelli e i maccheroni portati dai garibaldini nel viaggio di ritorno, anche fuori stagione, con quello che diventerà un’icona della cucina italiana all’estero. Bella, intelligente, golosissima e anche ottima cuoca: Virginia di Castiglione. Pare che durante il suo soggiorno a Parigi, Cavour, fra le altre prebende, le facesse versare 25.000 franchi al mese per i dolciumi, che comparivano in tutte le stanze, alcova compresa, delle sue residenze. Certo gli uomini che impazzivano per lei non la frequentavano per le sue doti cucinarie, ma in Francia brillò anche per la sua competenza gastronomica. Fu lei che fece battezzare uno dei suoi formaggi preferiti col nome del paese d’origine, ed è così che nacque il camembert. Amava cu- & R I C E R C A cinare per Napoleone III, con grande rabbia dell’imperatrice Eugenia, la selvaggina, soprattutto il paté di fagiano, naturalmente ben arricchito da una pioggia di tartufi. In occasione di una visita di Francesco Giuseppe a Parigi, promise a Costantino Nigra: “Farò ingoiare a Cecco Beppe il tricolore”, e inventò un piatto in cui la pasta degli agnolotti era rossa (per l’aggiunta di barbabietole), verde (spinaci) e bianca (in purezza). Il Kaiser mangiò con gusto, ma il giorno dopo qualcuno (pare ci fosse lo zampino di Eugenia) gli fece notare la particolarità del piatto e si rischiò l’incidente diplomatico. Per la “par condicio” voglio citare anche Francesco Giuseppe, che ebbe un’escalation gastronomica molto interessante. La sua infanzia e la sua giovinezza non furono certo caratterizzate da ricchi pasti o ghiotte merende, perché la madre, l’austera e severissima Sofia di Baviera, non ammetteva che il figlio indulgesse ai piaceri della buona tavola. La giovane sposa, la splendida Sissi, frustrata dall’etichetta e dal bigottismo che la suocera aveva imposto alla corte asburgica, ben presto si ammalò di anoressia: quindi per il povero imperatore ai noiosissimi pranzi ufficiali si alternavano quelli solitari o in compagnia di una moglie che si nutriva del liquido che fuoriusciva da bistecche scottate e pressate al torchio. Poi un giorno i suoi destini si incrociarono con quelli di Katharina Sch- ratt, giovane attrice dagli appetiti vivaci. Figlia di un mugnaio, era da sempre abituata a mangiare bene e a cucinare cibi semplici, ma ghiotti. E da quel momento le abitudini gastronomiche del Kaiser cambiarono: si alzava all’alba per poter essere dall’amata e fare con lei la prima colazione e pare divorasse mezza dozzina di uova fritte accompagnate da quei prodotti da forno nella cui esecuzione la Schratt era maestra. Da veloce mangiatore, tanto per nutrirsi, l’imperatore diventò non solo un buon mangiatore, ma anche un gastronomo. Mantenne una ricca corrispondenza con Katharina, ove, fra gli altri argomenti, si dissertava anche di cucina. Da allora cominciarono a trovarsi nei più famosi locali di Vienna piatti il cui nome era preceduto dalla dicitura Kaiser per indicare che erano stati elaborati per lui o che erano i suoi preferiti. Deliziosa è la Kaisersuppe, una crema di pollo arricchita di mandorle che la Schratt inventò per lui, e così pure la Kaiserfleisch (arista di maiale leggermente affumicata) e le Kaiserscharrn (crêpe dolci servite coperte di zucchero vanigliato e accompagnate da marmellata di ribes). Dovei parlare anche di Ferdinando II e Francesco II di Borbone, ma la cucina del Regno delle due Sicilie di quell’epoca è così ricca e variegata per la presenza dei “monzù” che merita da sola una chiacchierata. DONATELLA CLINANTI See International Summary page 78 IL NUOVO PIATTO D’ARGENTO DELL’ACCADEMIA L’Accademia ha fatto realizzare un nuovo piatto in silver plate, in formato più grande ed elegante, che reca inciso, sul fondo, il tempietto accademico, il tutto circondato da una corona di stelle traforate che intendono rappresentare l’universalità della nostra Accademia. Questo oggetto simbolico è consigliato come omaggio da consegnare ai ristoratori visitati che si siano dimostrati particolarmente meritevoli. Per ogni ulteriore notizia in merito e per le eventuali richieste i Delegati possono rivolgersi alla Segreteria di Milano ([email protected]). C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 3 6 C U L T U R A & R I C E R C A L’arte di fare i vini DI GIORGIO CIRILLI Delegato del Tigullio Un volume del Cinquecento che tratta della conservazione dei vini. a riscoperta di antiche prassi si può trovare nel volume “Le vinti giornate dell’agricoltura” del nobile bresciano messer Agostino Gallo (1499-1569), contenente un vasto repertorio di informazioni sulla bevanda principe della tavola. Il testo data attorno al 1560 e già dalle sue prime edizioni, nella Venezia dei tempi del Manuzio, ebbe vasta diffusione non solo in Italia ma nell’Europa, con ristampe fino al Settecento. La narrazione si avvale della formula, insolita per l’argomento trattato, del dialogo tra due personaggi, i nobili messer Gio.Battista Avogadro e messer Vincenzo Maggio, il primo quale “cultore della materia” e il secondo desideroso di apprendere. La trattazione, in lingua volgare dell’Italia settentrionale, assai chiara, insegna tecniche di coltivazione con modi di scienza empirica, priva di contenuti eruditi. Vi L si trova, in sintesi, la trama di un credo laico derivato da razionali pratiche agricole: l’arte del ben coltivare. Il fine dell’opera è riconducibile a tre aspetti: pratico, pedagogico, morale. Tra le venti giornate in cui è divisa l’opera, la quarta è dedicata al vino, che “essendo bevuto con misura, conforta il calor naturale, chiarifica il sangue torbido, apre tutti i meati del corpo, leva ogni opilazione del fegato, e le tenebrose fumosità del cuore generazione d’ogni tristezza: dimostrando la sua gran virtù; non pure nelle membra de i corpi nostri, ma eziandio nell’anima facendola stare allegra acciochè sia maggiormente capace d’investigar le cose sottili e difficili”. Andando a leggere, dopo la coltivazione della vite e i modi di vendemmiare, si trovano trattati i metodi per ben conservare il vino con l’aggiunta, in varie proporzioni, di sostanze assai diverse: zolfo, allume di rocca, sale, mercurio, pepe, noce moscata, olio, aromi vari. Nel nostro tempo, così attento alle coltivazioni bio e a km 0, gli accorgimenti indicati dall’agronomo Agostino Gallo suscitano grande interesse. Si scoprono così ben dieci pratiche, invero di natura singolare. La prima consiste nell’aggiunta di 3 once di allume di rocca, ben pestato e setacciato, poi rinchiuso in sacchetti “cartocci” che si pongono nel vino che si vuol conservare, in rapporto di 1 per “brenta”, misura di quantità allora in uso, circa 50 litri. La seconda pratica richiede di aggiungere a una “brenta” di vino 12 once di allume, quindi fare bollire il tutto e schiumare “per cinque bolli”; quando tutto si è raffreddato si aggiungeranno 11 “brente” travasando in un “vasello”, botticella in legno, in modo che “si manterrà benissimo per la compositione, che sarà entrata nel- la feccia secca e nel legno”. La terza prescrive l’aggiunta al travasato di 6 once di sale e 6 once di allume per 12 “brente” di vino. La quarta pratica aggiunge a 12 “brente” di vino 8 once di sale e 4 di zolfo, pestati tra loro e mescolati al vino, che viene poi chiuso in “vasello” per 4 giorni. La quinta, per 12 “brente”, consiglia di prendere da 8 a 10 pugni di ghiaia lavata di torrente posti in una scodella, poi rovesciata sul coperchio del “vasello”, sigillato con creta, a far peso, così il vino non potendo “esalare” si rinforza come se “fusse acquaviva”. La sesta pratica prevede, “volendo conciare 12 brente”, di aggiungere 12x3 once di acquavite “di quattro cotte”. La settima, nel caso di vini “deboli”, consiglia di aggiungere 12 once di sale ben bollito con 4 once di acquavite. L’ottava è sicuramente la più singolare in quanto prevede l’immersione, sospesa a metà del livello del vino, di un’ampolla sigillata con ceralacca, contenente mercurio (“argento vivo”). La nona, più rassicurante, consiglia di versare 4 once di olio che, galleggiando sulla superficie, evita il contatto con l’aria. La decima, infine, consiglia l’aggiunta di aromatizzanti quali: zolfo, chiodi di garofano, incenso, meleghetta, cinnamomo, pepe, noce moscata, tra loro pestati e diluiti a caldo nel vino che si intende trattare. Non sfugge che i “trattamenti” correttivi, come indicati, dovessero sortire effetti assai variegati sulla qualità finale del vino; se lo scopo era la conservazione e lo schiarimento, resta molto incerto il gusto finale della preziosa bevanda, che però all’epoca sembravano apprezzare. Ne fa fede il proverbio tramandatoci sempre da Agostino Gallo: “Non lodar mai (intendi contadino) tua bella moglie, caval o buon vino”. See International Summary page 78 C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 3 7 C U L T U R A & R I C E R C A La cucina nei conventi DI LUISA BENEDETTI Accademica di Biella Le ricette della badessa Maria Caterina Operti conquistarono i nobili piemontesi. argomento non è certo nuovo, ed è stato affrontato già diverse volte: esistono infatti parecchie pubblicazioni, ormai, sulla cucina dei conventi e il cibo dei pellegrini. Ma intanto il luogo dove si è svolta questa relazione, lo splendido complesso monastico dello Juvarra, è sicuramente uno tra i più indicati per riparlarne. Poi, c’è da sottolineare l’importanza del turismo religioso nel nostro Paese, cresciuto parecchio proprio in questi ultimi anni. Un po’ una moda, qualcuno potrebbe dire, ma comunque un dato importante. Sono sempre di più i turisti, soprattutto stranieri, che desiderano trascorrere qualche giorno in un monastero, nel silenzio e nella quiete di strutture per lo più antiche, di grande fascino, che ci portano indietro nel tempo, oltretutto a prezzi molto convenienti. Non solo un ritiro spirituale, quindi, L’ ma un avvicinarsi alla semplicità e alla genuinità di posti che purtroppo stanno scomparendo, anche a causa del calo delle vocazioni, e un modo per visitare le bellezze della zona. In queste strutture, è noto, si mangia anche molto bene, con prodotti genuini che spesso derivano dai loro orti, e con ricette antiche che si continua per fortuna a tramandare. Se infatti fino all’anno Mille nei conventi si mangiavano solo pane e legumi, uova e formaggi (e solo nei giorni consentiti) e qualche frutto di stagione, ecco che, dopo il periodo medievale, digiuni e astinenze cominciarono ad alternarsi a diversi giorni di festa distribuiti nell’arco dell’anno, in cui il piacere della tavola coincideva con un ringraziamento a Dio e ai prodotti della terra. L’antico detto spagnolo “Pane e vino fanno il cammino” lasciò il posto a ricette via via sempre più elaborate. Diventarono quindi parecchi i giorni durante l’anno in cui si poteva consumare un pasto completo e ricco di piatti gustosi, tanto che cominciarono ad arrivare da fuori non solo pellegrini affamati ma anche signori benestanti che non disdegnavano la genuina cucina dei conventi, anzi, cominciarono ad apprezzarla. Poche cose reperite negli orti, ma anche verdure selvatiche e carni di animali da cortile. La regola di San Benedetto “De mensura cibi” (per cui il cibo deve essere anche ben presentato e trattato con profondo rispetto), ci insegna che mangiare bene è importante quasi come pregare. Umili minestre di erbe e cereali si arricchirono della tipica focaccia in Liguria, della frittata di uova con patate (a imitare la tortilla spagnola) sul cammino di Santiago de Compostela, di lenticchie e pane fritto nel Teramano, della caponata nella zona di Pa- lermo, della fonduta di formaggio caratteristica del tratto della via Francigena al valico del Gran San Bernardo, e della polenta concia con le tome d’alpeggio nata proprio nella zona del santuario di Oropa, per superare freddo e fatica. E qui a Oropa, non dimentichiamo il dolce tipico, il mucroncino (con amaretti, cioccolato e nocciole), e il liquore Ratafià. Ancora oggi nei conventi si possono acquistare ottimi prodotti gastronomici: soprattutto le marmellate, il miele, la cioccolata, le tisane, gli oli d’oliva, i vini e tutti i distillati (liquori a base di china e di eucalipto, di gemme di abete o centerbe, nocino, grappe). Non dimentichiamo, infatti, che proprio nei monasteri vengono ancora oggi conservati numerosi libri di scienza, botanica e agricoltura, che riportano lo studio preciso e attento di piante e fiori, specialmente di quelle ritenute salutari e commestibili, che potevano quindi curare disturbi e malattie e poi essere usate in cucina. Negli orti dei monaci non mancavano mai salvia, rosmarino, borragine, melissa e valeriana, tutte erbe che venivano utilizzate in creme e unguenti medicamentosi. E cosa dire delle birre che nacquero proprio nei conventi dei frati trappisti? Senza dubbio, ancora oggi sono tra le più apprezzate. Ma dato che siamo nell’anno che celebra il 150° dell’Unità d’Italia, ricordiamo volentieri Maria Caterina Operti di Cervasca, nata nel 1801 nel Marchesato di Saluzzo, divenuta badessa del monastero della Santissima Annunziata. Intorno al 1831, all’epoca dei moti mazziniani, il convento accolse numerosi feriti, e fra questi vi era un soldato che si innamorò, ricambiato, della badessa. La religiosa decise di abbandonare il monastero e seguì il soldato diventando vivandiera. In seguito a un’e- C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 3 8 C U L T U R A pidemia, purtroppo l’amato morì e la badessa si rifugiò a Torino dove trovò un posto presso le cucine della corte dei Savoia, nascondendo però la sua vera identità. Qui ebbe modo di imparare la raffinata cucina di corte, fino a diventare, per la sua bravura, la cuciniera personale della regina Maria Teresa d’Asburgo, moglie di Carlo Alberto. E fu & R I C E R C A proprio la regina a convincerla a tornare in convento come badessa dopo aver scoperto la sua vera identità. Maria Caterina riprese quindi il suo ruolo, ma ormai la sua fama di abile cuoca si era diffusa tanto da far arrivare al suo convento numerosi nobili piemontesi e alti prelati che potevano unire il ritiro spirituale a cibi perfetti. Della sua cucina si conservano alcune ricette, soprattutto minestre, bolliti e ortaggi, alcune particolarmente raffinate, come l’insalata di robiola, le frittelle di topinambur con fonduta al tartufo, il rifreddo di salmone; altre più rustiche, come proprio la polenta concia della badessa, che somiglia molto a quella di Oropa. See International Summary page 78 MENU PIEMONTESI IN MOSTRA Nell’ambito delle manifestazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, l’Accademico Domenico Musci, membro del Centro Studi territoriali del Piemonte, ha contribuito con l’apporto di materiale (menu, libri di cucina, scatole pubblicitarie, insegne) e relativa consulenza, a diverse iniziative piemontesi. In particolare ha avuto l’occasione di far conoscere e commentare la sua ampia raccolta di menu piemontesi in due mostre: la prima a Torino, presso la Biblioteca della Regione Piemonte: “Menu piemontesi dall’Unità d’Italia al primo conflitto mondiale”; la seconda a Forlimpopoli presso CasArtusi: “Piemontesi a tavola” (nell’ambito dell’annuale “Festa artusiana”). Le due mostre hanno naturalmente menu e impostazioni diversi; la prima segue un ordine cronologico, la seconda privilegia i temi suddivisi in: Pranzi al ristorante, Ristoranti d’albergo, Pranzi di nozze, Combattenti, reduci e coscritti, Cavalieri della Corona d’Italia, Pranzi d’onore, Associazioni e comitati, Festeggiamenti e inaugurazioni, Grafici e stili, Ridere a tavola. In entrambe, si è fornito materiale storico con l’intendimento di far conoscere la cucina piemontese da un punto di vista inusuale, non attraverso i libri di cucina, ma attraverso lo svolgimento dei pranzi dai menu originali che ne svelano anche gli aspetti sociali, del costume, del gusto grafico e naturalmente della gastronomia. Nessun documento è più affidabile del menu posto a tavola per riportare con esattezza inconfutabile la successione delle portate, la data e la specifica occasione. Il Piemonte, a confronto con altre regioni d’Italia, grazie alla sua storia particolare, dispone di un enorme patrimonio di queste “piccole carte” che sono state conservate sia da enti pubblici sia da collezionisti privati, per raccontarci la storia a tavola dei momenti di festa, indicando esplicitamente l’andamento dei tempi, splendore o mediocrità, opulenza o ristrettezza. In tutti e due i casi, la rassegna dei menu piemontesi attraversa tre periodi del regno di casa Savoia, da Vittorio Emanuele II a Umberto I e a Vittorio Emanuele III, in situazioni di grande fermento storico, dalla nascita della capitale a Torino fino al doloroso trasferimento e alla caparbia rinascita come capitale artigianale e industriale, testimoniata dalle numerose esposizioni nazionali e universali. Nei menu è possibile riscontrare la testimonianza della vita che scorre, in tutte le sue manifestazioni, sia pubbliche che private, non necessaria- mente legata solo ad avvenimenti e a personaggi famosi, ma cogliendo piuttosto il pulsare della vita quotidiana, rivelando un’umanità che coglie ogni occasione per incontrarsi a tavola. Il menu si evolve da “menu aristocratico” a “menu borghese” con una lenta trasformazione che abolisce i prodotti lussuosi e il numero delle portate, scopre gli alimenti freschi del territorio ed evita le preparazioni complesse e occultate, mantenendo tuttavia una riconoscibile schematizzazione dell’impostazione iniziale: la prima voce del menu diventa l’antipasto, ma il vero primo posto spetta alla minestra, servita all’inizio del pasto come ci informa il cuoco reale Giovanni Vialardi: “Le buone zuppe o minestre sono l’annunzio foriero di un buon pranzo, e preparano lo stomaco a ben pranzare”. Seguiva un piatto di pesce o il fritto, che precedeva le grandi portate di carni; è poi la volta del “rilievo” (relevé), appunto costituito da un grande piatto di carne rossa (bue alla moda, brasato, filetto) con relativa guarnizione di legumi. Viene mantenuta la portata degli arrosti, costituita da pollame o selvaggina arrostita, effettuando l’alternanza di carne rossa e carne bianca. Frutta e formaggio concludono il pranzo insieme al dessert, con tante variabili dovute alle diverse occasioni e luoghi. Per i vini è naturale che la scelta sia per la vasta gamma dei rossi del territorio, dal Grignolino alla Barbera, alla Bonarda, al Dolcetto, al Nebbiolo, al Barolo, e anche dei più locali Freisa, Lessona, Vigliano, Gattinara, mentre tra i vini bianchi serviti a inizio pasto, prevalgono il Capri bianco, il pugliese S. Severo, il siciliano Corvo, la sarda Vernaccia, il napoletano Vesusio blanc. Il brindisi finale privilegia lo Champagne frappé (ghiacciato), mentre fanno timidamente capolino gli spumanti italiani delle emergenti produttrici Cinzano, Gancia e più tardi Martini & Rossi. Curiosa è l’assegnazione della quantità di vino segnata nei menu più popolari, come quelli delle società operaie o dei coscritti, in cui viene appositamente segnata la dicitura “Un litro di vino cadauno e una bottiglia ogni quattro”. Il menu testimonia una consolidata tradizione gastronomica piemontese maturata nel tempo, conferma una cultura derivata dalla somma di quanti hanno operato per la sua esistenza, per la sua conservazione, diventando un patrimonio che merita di essere conosciuto e tramandato. (Domenico Musci) C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 3 9 C U L T U R A & R I C E R C A Utilizzare gli avanzi DI TITO TROMBACCO Accademico di Bologna dei Bentivoglio L’opera di Olindo Guerrini insegna l’arte di una cucina povera. ur non essendoci ricorrenze particolari da celebrare, come invece accade quest’anno per l’Artusi, vorrei ricordare la figura di Olindo Guerrini e la sua opera “L’arte di utilizzare gli avanzi della mensa”, pubblicata dopo la sua morte, nel 1918. Se la “Scienza” dell’Artusi è da tutti considerata l’opera che ha sancito la nascita di una cucina nazionale, codificando le ricette di un’Italia unificata, “L’arte” del Guerrini ha avuto nel tempo, per una ricostruzione storica della cucina italiana, un impatto di altrettanta importanza, rappresentando una cucina quotidiana con meno disponibilità, una cucina più povera, dove la donna si ingegna a rendere quel poco che ha, o che può trovare, il più possibile soddisfacente e saziante. Una testimonianza diretta di un percorso, di un utilizzo concreto e pratico, dei tanti P momenti in cui nelle case della maggioranza degli italiani solo l’ingegnosità e l’operosità della donna hanno consentito nel tempo, prima la sopravvivenza, poi lo sviluppo, sino all’attuale benessere. Si potrebbe affermare che le due opere si integrano e si completano a formare un documentato, completo e generale quadro per una storia della civiltà della tavola e del cibo italiano. L’opera del Guerrini rappresenta la fatica di mettere insieme e conciliare il pranzo con la cena, tutti i giorni del mese, per tutto l’anno, comprese le domeniche, gli anniversari e le feste comandate. È la storia della cucina italiana, che si ripresenta anche negli anni seguiti alle due guerre mondiali, negli anni dell’autarchia, tutti periodi nei quali in cucina non si buttava via niente, compresi quelli successivi, in cui in molti casi si economizzava non per necessità, ma per ragioni morali, e l’uso dell’avanzo era comunque la misura di una buona economia. A volte, anche nelle case meno abbienti, l’imbandire pranzi ricchi e sostanziosi era lecito, perché dopo, con gli avanzi, si sbarcava il lunario per una settimana. Concretamente “L’arte” del Guerrini è una raccolta di ricette spigolate qua e là nei libri italiani, e talora stranieri, o nei giornali di cucina dell’epoca, dove sono sparpagliate, tenendo conto che la bibliografia e la letteratura dei trattati di cucina, in buona parte, erano ancora quelle elitarie di fine Ottocento-inizio Novecento, le cui ricette e piatti non erano per tutte le cucine, dove il recupero e l’utilizzo degli ingredienti era ancora legato e riservato a un numero abbastanza limitato di famiglie. Con la graduale diffusione del benessere si è avuta sempre più la pos- sibilità di utilizzare gli avanzi di pasti sempre più ricchi; oggi, si è raggiunto un cumulo di sprechi e rifiuti non utilizzati veramente impressionante, e si guarda con sospetto un piatto di polpette che qualche vecchia trattoria ci propone, cucinato seguendo i canoni di una tipica vecchia ricetta. Eppure, solo pochi decenni fa, la polpettina era tra i piatti più comuni, non solo di casa, e non c’era famiglia o trattoria che non avesse la sua ricetta tipica ed esclusiva delle polpette in umido, prelibato utilizzo delle carni avanzate dai pranzi domenicali. Altro classico era il polpettone, uno dei prodotti più rappresentativi usciti dal genio cucinario e dalla fantasia della donna di casa italiana, dove anche solo una parvenza di carne, o come variante di magro del venerdì il tonno, era sufficiente ad arricchire, con un uovo, un poco di formaggio grana, aglio e prezzemolo tritati, il grosso impasto di pane ammorbidito nel latte, il tutto ben amalgamato, così da ottenere un volume e un peso tali da poter accontentare le tante bocche da sfamare. Questo tipo di cucina, come già accennato, era stato anche la base della cucina italiana autarchica, quando le ricette di Petronilla, o quelle della rivista “La cucina italiana” e di altre pubblicazioni, in parte rispecchiavano i canoni e i sani principi della cucina degli avanzi. Anche se la diffusione del volume del Guerrini non ha raggiunto, per numero di edizioni e copie vendute, la fama e la notorietà del lavoro dell’Artusi, ha non di meno avuto un peso e una rilevanza, seppur indiretti, egualmente fondamentali per lo sviluppo e l’affermazione delle realtà della cucina italiana. See International Summary page 78 C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 4 0 C U L T U R A & R I C E R C A Più uomini ai fornelli DI ANTONIO RAVIDÀ Delegato di Palermo Mondello “Spesso nella coppia all’opera in cucina, lui dirige l’orchestra e lei va di rincalzo”. anto trionfale (dunque ben più che determinata dalla carriera) è la marcia degli chef uomini nel mondo cosiddetto civilizzato, quanto fragile e cagionevole, marginalizzato e persino umiliato appare il ruolo delle donne, a cominciare dalle cucine dei ristoranti pluristellati. Forse le generazioni a venire, da come si stanno mettendo le cose, utilizzeranno le ricette del nonno e non più quelle delle nonne, spesso geniali e sentimentalmente ispirate all’amore familiare. Anche nelle case, pian piano, a grandi passi avanza la figura del padre-marito-compagno-figlio (anche nonno) in cucina, che sempre più spesso diventa terreno di scontroconfronto tra i due sessi. È un fatto significativo e importante - che la gastronomia e soprattutto l’ideazione del piatto e la sua preparazione coin- T volgano direttamente un crescente numero di ragazzi forse più che di ragazze. E tutt’altro che di rado, nella coppia all’opera in cucina, lui dirige l’orchestra e lei va di rincalzo. Sta avvenendo una rivoluzione? Certo se ne avvertono i prodromi. È da elogiare quanto l’Accademia fa ponendo attenzione al ruolo delle donne. Lo scorso anno, la Delegazione di Reggio Calabria ha individuato molti obiettivi nell’incontro sul tema “I valori dell’universo femminile attraverso la civiltà della tavola”. E quest’anno, a Roma, nel convegno sulla civiltà della tavola, la professoressa Fiorenza Tarozzi, storica dell’Università di Bologna, ha illustrato i profili più interessanti delle problematiche femminili. Ma alle donne desidero dire di non temere di essere soppiantate tra i fornelli dagli uomini, infatti sono le donne, a centinaia di milioni, a cucinare per le loro famiglie (e i single uomini le rimpiangono) ed è insensato chi finge di ignorare che comunque in gran parte dei ristoranti, delle trattorie, delle osterie, sono pur sempre le donne d’ogni età in cucina, anche se spesso in ruoli meno appariscenti. In ogni caso, anche al di là di meriti e demeriti, è il galateo a gettare un’ancora di salvezza in soccorso del bistrattato (gastronomicamente) “sesso debole”. Anche quando è il padrone di casa a cucinare, la gestione complessiva dell’evento “stasera pranzo da noi” è per lo più al femminile. Non occorre una lezione di bon ton per ricordare che è la padrona di casa a fare gli inviti e che sempre lei ha il carico dei fiori, della tavola ben apparecchiata, delle candele, dell’asse- gnazione dei posti, della distribuzione delle pietanze. Ci si accorge, allora, che la vera regina è lei. Se pensiamo a quando le donne, specialmente nel contesto rurale, cucinavano per gli uomini e mangiavano a parte in cucina, sembrano trascorsi mille anni e non neppure un secolo. In ultima analisi si potrebbe meglio dire che anche in questo campo l’ideale è la felice corrispondenza tra uomo e donna, magari in leale confronto, non tanto tra i due sessi ma nell’intento comune della buona cucina e dello stare insieme bene anche a tavola. See International Summary page 78 C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 4 1 S I C U R E Z Z A & Q U A L I T À La colazione degli italiani al mattino, quando ci si avvia al lavoro, e si prende il tradizionale cappuccino al bar, che ci accorgiamo dello strisciante aumento dei prezzi. Per un caffè o un cappuccino, con il classico cornetto, cominciamo a spendere più di 2 euro, quasi il 13,5% in più rispetto allo scorso anno, e non va meglio a casa, dove si risparmia qualcosa, ma si spende sempre molto per il lievitare dei costi di tutti i prodotti. I rincari incidono non solo sul portafogli, ma anche sugli stili di vita degli italiani: secondo un sondaggio dell’Associazione consumatori Adoc è in aumento il numero degli italiani che la mattina non fa più colazione fuori casa. I prezzi elevati dei bar spingono l’86% dei consumatori a fare abitualmente, almeno 5 giorni a settimana, colazione a casa. Percentuale che scende al 77% nel weekend e durante le feste. Che cosa mangiano gli italiani di primo mattino? Il 60% prepara una colazione semplice, composta da una bevanda e da un alimento solido; il 23% aggiunge una bevanda o un alimento in più e solo l’11% la fa abbondante, con una o due bevande e due o più alimenti. Infine il 6% si accontenta di una sola tazzina di caffè. È EMERGENZE SANITARIE La preoccupazione degli italiani sulle contaminazioni del cibo, che in questi ultimi anni sono cresciute sempre di più, ha avuto recentemente una nuova impennata dopo il diffondersi del “batterio killer” di provenienza tedesca. Un’indagine “Eurobarometro” ha evidenziato che il fenomeno delle emergenze sanitarie preoccupa ben l’86% degli italiani. La sicurezza del cibo è addirittura associata a un rischio potenziale superiore alla criminalità, agli incidenti automobilistici, alle malattie. Secondo la ricerca, il 57% degli italiani teme le contaminazioni del cibo a causa delle confezioni, l’80% del virus dell’influenza aviaria, l’82% è preoccupato che nelle carni ci siano ormoni e l’83% teme la presenza di mercurio nel pesce o di diossina nella carne. In queste situazioni di psicosi collettiva, il settore agroalimentare, specialmente quello primario, soffre danni notevolissimi, che si aggiungono ad altri fattori di crisi che affliggono il comparto produttivo. Nelle situazioni ormai ricorrenti di contaminazioni alimentari, la comunicazione della carta stampata e della televisione contribuisce a enfatizzare l’accaduto, non essendo, fra l’altro, in grado di dare informazioni certe o comunque rassicuranti. Il consumatore deve essere edotto e, se vogliamo, opportunamente “istruito” su come acquisire corrette informazioni su come si acquista, sulle indicazioni riportate sul prodotto ecc. In proposito l’indagine ha rivelato che il 20% dei negozi di frutta e verdura espone ancora un’etichetta irregolare e non indica la provenienza del prodotto agricolo. La conseguenza è che gli italiani, se non capiscono da dove arriva il prodotto che stanno per comprare, si astengono dall’acquisto. Di ciò soffre non solo chi vende ma tutta la filiera, che parte dai campi e arriva ai punti vendita. LE ANGUILLE DEL LAGO DI GARDA “Conosci tu il paese, dove fioriscono i limoni?”. Questi sono i versi di una famosa poesia di Goethe del 1876, nella quale egli esprime la sua nostalgia per il nostro Paese e per i nostri meravigliosi agrumi. Il grande poeta era ispirato dall’incantevole visione del lago di Garda, l’antico “Benacus” dei Romani, tanto decantato dal poeta Catullo. Ora questo vanto del nostro Paese, il più grande e il più caratteristico dei laghi prealpini, dall’azzurro inconfondibile delle sue acque, ha subito l’oltraggio del terribile inquinamento da diossina. Nei suoi pesci, e in particolare nelle anguille, vanto della gastronomia locale, si è riscontrata la presenza di tale sostanza. La sottosegretaria alla Salute, Francesca Martini, ha firmato un’ordinanza che, per un anno, proibisce di immettere sul mercato o commercializzare al dettaglio le anguille. I consumatori del luogo dovranno essere informati, dalle locali amministrazioni, sui rischi per la salute legati al consumo delle anguille. La diossina, che è considerata una delle più tossiche sostanze prodotte dall’uomo, può trovarsi a elevate concentrazioni negli alimenti soltanto quando accadono degli incidenti industriali, come per esempio accadde a Seveso. Quindi, molto probabilmente, sono state versate nelle acque del lago sostante molto tossiche. Le prelibatezze gastronomiche locali subiranno l’assenza di una delle specialità più tipiche del lago, l’anguilla alla gardesana, una vecchia ricetta che ritroviamo anche nel “Libro de arte coquinaria” del grande Mastro Martino da Como (il più importante cuoco del XV secolo), caposaldo della letteratura gastronomica italiana, che testimonia il passaggio dalla cucina medievale a quella rinascimentale. Le anguille alla gardesana sono cotte semplicemente sulla griglia per permettere l’ottimale sgrassamento delle carni; accompagnate da un buon bicchiere di Chiaretto del Garda, sono una delizia da gustarsi su una delle trattorie con vista sul lago. Speriamo che presto si possa bonificare il luogo individuando la fonte dell’inquinamento. C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 4 2 GABRIELE GASPARRO Delegato di Roma N O T I Z I A R I O PASTA FRESCA, ADDIO La Confederazione italiana agricoltori, in un’indagine presentata nel corso della Conferenza economica a Lecce, ha dato l’allarme circa il consumo della pasta fresca. Pur rimanendo la pasta uno dei piatti più amati dagli italiani, ogni anno scende, in modo sensibile, il numero delle persone in grado di farla in casa. Solo 2 persone su 100 (principalmente ultrasessantenni) hanno dimestichezza con matterello, uova, acqua e farina e nel 2020 questa percentuale scenderà allo 0,4. Una tradizione così tipica della buona cucina italiana è quindi vicina all’estinzione, tenuta in vita da pochi gourmet e da corsi e iniziative per riportare gli italiani alla pasta fatta in casa, anche se non numerosi - nel 2010 e nei primi quattro mesi del 2011 in Italia si sono organizzati meno di cento laboratori di cucina, escludendo quelli a pagamento o scolastici -, ma questa disaffezione è sempre più palese e include anche il pane fatto in casa. Potrebbe accadere, dunque, che termini come “semola di grano duro”, “trafilata al bronzo” o “lievito madre” diventino patrimonio di sapienza per pochi, visto che l’85% degli italiani che leggono l’etichetta della pasta fa caso al peso, al prezzo e ai minuti che servono per cuocerla, mostrando disinteresse per ingredienti e metodi di produzione. E pensare che se si cronometra il tempo che occorre a preparare quattro piatti di pasta fatta a mano (certamente da mani esperte), ci si accorge che i dieci minuti necessari per farlo sono anche inferiori al tempo che occorre per uscire di casa, recarsi in negozio, comprare la pasta e tornare. ridotto del 39% rispetto ai non bevitori di caffè. L’evidenza di un effetto protettivo della bevanda su una patologia di elevata incidenza riveste anche una notevole importanza nel campo della prevenzione. Per questo studio la dottoressa Galeone ha ottenuto, nel 2010, il premio “Giulio Maccacaro” riservato ai giovani ricercatori. GIORNATA DELLA CULTURA DEL VINO AZIONE PROTETTIVA DEL CAFFÈ CONTRO I TUMORI Il caffè, una bevanda molto diffusa nel mondo, è stato oggetto fin dagli anni Settanta di numerosi studi in relazione all’insorgenza di tumori dell’apparato digerente. Tali studi avevano già messo in evidenza una possibile azione protettiva del caffè rispetto al tumore del colon retto, senza tuttavia poter escludere l’effetto di molti altri fattori. Un recente studio, condotto in America e in Europa su oltre 5.000 soggetti con oltre 9.000 controlli, è stato pubblicato dalla dottoressa Carlotta Galeone dell’Istituto “Mario Negri” di Milano. Vi si dimostra che i soggetti che avevano consumato 4 o più tazzine di caffè al giorno, avevano un rischio di tumore del cavo orale e della faringe È un appuntamento importante e Ais Veneto non poteva mancare. È la prima volta, infatti, che in Italia si festeggia la cultura del vino con un evento nazionale. Dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, le strutture regionali dell’Ais hanno dato vita a una serie di incontri e dibattiti per divulgare la conoscenza del vino al grande pubblico nella manifestazione “Vino in villa”, sul tema dell’anno: “Fatto a mano”. In questa occasione, infatti, si è parlato di vino come di espressione del sapere manuale dell’uomo, di un’abilità che, nei secoli, i viticoltori italiani hanno saputo conservare e sviluppare. Il “sapere manuale” dei viticoltori italiani non ha permesso solo di ottenere vini espressione di terroir unici, ma anche di conservare ambienti straordinari. Oggi, in BUONE VACANZE Gli uffici della Segreteria di Milano resteranno chiusi, per le vacanze estive, dal 15 al 28 agosto. La redazione di Roma resterà chiusa dall’8 al 28 agosto. Un amichevole augurio di buone vacanze a tutti gli Accademici. Italia, come è stato ricordato nel convegno che si è svolto al castello di San Salvatore di Susegana (Treviso), solo 7 milioni di consumatori conoscono adeguatamente il vino e la cultura che c’è dietro. Gli altri lo bevono in maniera non del tutto consapevole, senza gli strumenti necessari per avvicinarsi a questa bevanda nel modo giusto e responsabile. Solo mettendo la cultura al centro del “sistema vino” si possono ricreare attenzione e cultura verso questo prodotto. MATURITÀ E ALIMENTAZIONE “Siamo ciò che mangiamo?”, si chiedeva Feuerbach. Dopo un secolo e mezzo gli hanno risposto 500.000 studenti, che hanno scelto il tema sull’alimentazione alla prima prova dell’esame di maturità di quest’anno. Sarà che le riflessioni intorno al cibo, sotto tanti aspetti, sono sempre più presenti nella quotidianità, fatto sta che gli studenti hanno affrontato le implicazioni che l’alimentazione ha per la salute, e il fatto che mangiare sia qualcosa da “pianificare” con attenzione e non come capita. E ancora gli stili di vita che cambiano il modo di mangiare, con sempre più persone che mangiano davanti a un computer in ufficio o in un bar. E, ovviamente, gli effetti sociali e ambientali che lo stile alimentare implica, l’impatto sulla salute pubblica, sull’economia, sul lavoro e sui paesaggi. La scelta di un tema così è un fatto importante, che potrebbe anche aiutare a misurare la consapevolezza dei giovani in tema di alimentazione, su quello che rappresenta e, di conseguenza, anche sul ruolo che ha oggi per loro tutta la filiera del cibo. a cura di SILVIA DE LORENZO C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 4 3 I N DIMAGRIRE SENZA BILANCIA di Maria Makarovic Mondadori www.geomondadori.com € 19,00 “Devo proprio usare la bilancia? Devo controllare la quantità di tutto quello che mangio? Come mi piacerebbe una dieta dove non devo pesare nulla!”. Il modo sincero e diretto con il quale alcuni pazienti che vogliono perdere qualche chilo le si rivolgono ha indotto la dott.ssa Maria Makarovic (specializzata in Scienze dell’alimentazione, lavora a Milano e Gorizia ed è docente presso l’Academy school of practical esthetic medicine - Aspem) a realizzare questo libro. È basata infatti sull’immagine la nuova dieta proposta dalla nota nutrizionista milanese, che in quest’ultimo libro, il decimo (con Mondadori ha pubblicato nel 2007 “Più sane più snelle” e “Più forti più magri”), propone due programmi studiati per perdere rispettivamente 3 chili in 21 giorni e 1 chilo in 3 giorni, seguendo la formula del “vedi ciò che mangi”. Una formula che consiste nell’imparare a misurare gli alimenti a occhio, senza pesarli, grazie alle porzioni presentate nei piatti illustrati da efficaci fotografie, e già calibrate nella dose corretta da assumere ogni giorno. L I B R E R I A ELENCO DEI DONATORI DELLA BIBLIOTECA NAZIONALE “GIUSEPPE DELL’OSSO” Wladimiro Abbate - Delegato di Caserta Luigi Altobella - Delegato di Foggia-Lucera Marco Battiglia - Accademico di Pinerolo Remigio Bazzano - Accademico di Novara Mario Boeri - Delegato di Santo Domingo Ottavio Cavalcanti - Accademico onorario di Cosenza Gerardo Landulfo - Delegato di San Paolo del Brasile Domenico Musci - Accademico di Ciriè Gerardo Rasetti - Delegato di Pescara Aternum Antonio Vincelli - Delegato onorario di Campobasso Orazio Patti Delegazione di Napoli Alfredo Guida editore - Napoli Arnoldo Mondadori Editore - Verona Locali storici d’Italia - Milano Zefiro - Fermo-Perugia L’introduzione presenta le caratteristiche delle diete proposte, fornisce una panoramica sui principi generali dell’alimentazione, sul benessere e l’importanza dell’attività fisica. Poi vengono le diete, illustrate giorno per giorno e suddivise tra colazione, spuntino, pranzo, merenda e cena. All’interno di ogni tipologia di piatto primo, secondo, contorno... si danno tre alternative (sia perché la dieta possa essere seguita anche fuori casa sia per renderla più libera possibile). Le pietanze proposte sono dunque interscambiabili e abbinabili a piacere tra loro. Si impara così a pesare “a occhio” gli alimenti (di cui sono comunque indicati il peso e le calorie). Ogni giorno è accompagnato da uno o più box di approfondimento su singoli temi: proprietà nutritive, abbinamenti consigliati, vitamine, l’uso delle spezie, i grassi e altro. Alcune tabelle forniscono il valore calorico per 100 grammi dei principali alimenti a crudo e, quando variano molto, anche cotti. LE RICETTE ABRUZZESI DI ALBERTO E CARLOTTA di Barbara D’Egidio Casa Editrice Tinari Contrada Fonte Grande, 30 66010 Villamagna (Chieti) € 27,00 Un percorso, quello dell’Accademica di Pescara Aternum, attraverso le ricette antiche tradizionali del territorio compreso tra Castellammare Adriatico e le pendici del Gran Sasso. C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 4 4 L’indagine condotta presso i vecchi marinai della costa, i contadini e i pastori delle vallate e dei monti garantisce che i piatti sono quelli di un tempo, così come gli ingredienti, che sono quelli prodotti, trasformati e conservati in terra abruzzese. Ci sono poi, nelle ricette, le caratteristiche proprie della massaia d’Abruzzo, parca nelle spese e nei consumi, che non ammette sprechi e che impiega in modo gustoso anche gli avanzi. E così si snodano nel libro le ricette, arricchite anche da informazioni che ne raccontano la storia, di quasi duecento preparazioni, da quelle più antiche, come le patellotte o le granitte con le fave, ai cinque classici, i gioielli cucinari d’Abruzzo: maccheroni alla chitarra e scrippelle “’mbusse”, il timballo di scrippelle e le meno conosciute panciocche, fino alle famose virtù. Con garbo e con passione, l’autrice riserva al lettore un lungo viaggio gastronomico in terra d’Abruzzo che fa venire la voglia di riscoprire antichi sapori. V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A ● Parcheggio incustodito e sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie dall’1 gennaio al 10 febbraio; giorno di chiusura lunedì e martedì a pranzo. ●Valutazione 8; prezzo € 35,00. PIEMONTE ALBA-LANGHE 28 aprile 2011 “Ristorante del Real Castello di Verduno” della famiglia Burlotto, fondato nel 1953. ●Via Umberto I 9, Verduno (Cuneo); =0172 470125, fax 0172 470298; coperti 40. ●Parcheggio custodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie da dicembre a febbraio; giorno di chiusura mercoledì. ●Valutazione 8; prezzo € 60,00; elegante. Le vivande servite: Vermut e stuzzichini; baccalà mantecato con patate e olive taggiasche; “macarun del fret” al ragù di salsiccia; finanziera; glace alla Cavour; savoiardi; caffè, grappa, Marsala e Barolo chinato. I vini in tavola: Langhe Favorita (F.lli Alessandria); Verduno Pelaverga (Castello di Verduno); Barbaresco (Bondonio); Moscato d’Asti (Vajra). Commenti: Nell’ambito dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia si è voluto preparare un menu che ne cogliesse lo spirito, con un omaggio alla Liguria da cui partirono i Mille. Maccheroni perché ogni regione ha il suo maccherone; poi, la finanziera diventata famosa nell’Ottocento quando da pietanza dei poveri si trasforma in un manicaretto per l’alta società e piatto molto gradito a Cavour. Le settecentesche sale del piano terra del castello hanno fatto da cornice ai piatti delle cucine, accompagnati da grandi vini di Langa. Amabilità e competenza delle signore Burlotto nel suggerire e preparare i piatti. ALESSANDRIA 16 aprile 2011 Ristorante “Da Fausto” di Fausto Ivaldi e Rosella Olivieri, fondato nel 2000. ●Località Valle Prati 2, Cavatore (Alessandria); =0144 325387, fax 0144 325384; coperti 60. Le vivande servite: aperitivo della casa con salumi e frittelle di verdure con Prosecco; uova ripiene; tortino di carciofi e fricassea di capretto con polenta; capretto al forno con patate; costine di capretto impanate con insalata; gelato di Rosella al fior di latte e nocciola e colomba pasquale. un’antica cascina che Fausto ha recentemente restaurato con l’aiuto di un giovane architetto del luogo, aggiungendo un bel dehors. La giornata splendida ci ha permesso di godere della magnifica vista sull’Acquese verde di primavera. I Simposiarchi Baccalario e Benzi, che per l’occasione hanno presentato un menu veramente originale, hanno eliminato un primo per inserire una classica fricassea di capretto con polenta, da tutti gradita. Ottimo il capretto cucinato nelle due tradizionali forme ma eccezionale il gelato di Rosella che ha chiuso il pranzo. I vini in tavola: Prosecco di Valdobbiadene, Pinot grigio e Roero Arneis, Chianti e Moscato di Strevi. CIRIÈ 14 aprile 2011 Commenti: La riunione conviviale ha avuto luogo in Ristorante “Locanda del Sole” di Daniela Buzio, fondato nel 2007. ● Via Roma 16, Chivasso (Torino); =011 9121229, fax 011 9131968; coperti 90. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie dal 7 al 24 agosto; giorno di chiusura domenica sera e lunedì. ●Valutazione 7,50; prezzo € 40,00; elegante, accogliente. Le vivande servite: rotolino di trota della Valchiusella con ristretto di aceto balsamico e insalata novella; vellutata di carote e zucchine con gambero in bellavista; fagottini ai tre arrosti fatti a mano; risotto alle verdure dell’orto; filetto di fassone della “Locanda” con asparagi e patate novelle al forno; fagottino con mele e crema pasticciera. I vini in tavola: Erbaluce di Caluso; Rosso canavese; Passito di Caluso. INDICE Piemonte Liguria, Lombardia Trentino-Alto Adige Veneto Friuli-Venezia Giulia Emilia Romagna Toscana Marche, Umbria Lazio Abruzzo Molise Campania, Puglia Basilicata, Sicilia Europa Nel mondo CARNET DEGLI ACCADEMICI DALLE DELEGAZIONI pagina 45 46 48 49 50 51 53 56 57 58 59 60 61 62 63 65 68 Ai Delegati: imprescindibili ragioni editoriali rendono necessario mantenere i “Commenti” delle riunioni conviviali in uno spazio limitato. La direzione della rivista ha provveduto a tagliare i “Commenti” che superano il limite, indicato (peraltro da sempre) sulle schede prestampate, di dieci righe dattiloscritte. La decisione è stata presa nella convinzione che le ragioni di fondo che l’hanno determinata verranno comprese e applicate. C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 4 5 Commenti: Ambiente elegante e sobrio, cucina raffinata ma tradizionale e familiare, molti primi sono fatti a mano dai proprietari secondo antiche ricette. Molto piacevole pranzare e cenare nel giardino d’inverno. La cena è stata ispirata alle ricette di Pellegrino Artusi e in particolare a quelle n. 464, 8, 75, 340, 70, tutte rivisitate secondo il gusto moderno, ma con l’attenzione al famoso autore, del quale, durante la serata, è stato tracciato un profilo storico e gastronomico. CUNEO-SALUZZO 20 maggio 2011 Ristorante “Locanda da Elisa” di Patrizia Chesta e Irma Sarace, fondato nel 2010. ●Via IV Novembre 86, Pradleves (Cuneo); =340 2180173; coperti 60. ●Parcheggio custodito; prenotazione consigliabile; ferie dall’1 all’8 settembre; giorno di chiusura da lunedì a mercoledì. ●Valutazione 7,68; prezzo € 38,00; tradizionale, accogliente, caratteristico. Le vivande servite: trota salmonata della valle Grana marinata con crostini di pane integrale; battuta di carne cruda con sale nero di Cipro; tonno di coniglio servito in burnia con verdurine; gnocchi al castelmagno; stracotto al Barbera con patate; gelatina di pera; mousse al cioccolato con fragole al Rum. I vini in tavola: Barbera (Bric dei Banditi - Franco Martinetti); Sauvignon. Commenti: Il giovane cuoco Matteo Fumero, beato tra le donne, non ha deluso le nostre aspettative. In sala ci hanno accolto due cugine, Irma e Patrizia, che ci hanno raccontato di aver coltivato per ben 23 anni il sogno della ristorazione. Particolarmente gradito tra gli antipasti è stato il tonno di coniglio sia per la sua eccellente qualità che per la sua originale presentazione. Gli gnocchi hanno riscosso un indiscusso successo e il secondo è stato apprezzato soprattutto per la sua morbidezza, sinonimo di qualità della materia prima e di cottura azzeccata. Si tratta sicuramente di un posto in cui ritornare. Bravi. V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A PIEMONTE segue IVREA 29 aprile 2011 Ristorante “Cantine Morbelli” di Giovanni Morbelli, fondato nel 1890. ●Via Dora Baltea 20/A, Ivrea (Torino); =0125 641675; coperti 80. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile. ● Valutazione 7,80; prezzo € 40,00; rustico. Le vivande servite: aperitivo con degustazione di stuzzichini; frittelle di baccalà su fonduta al basilico; involtino delle “Cantine” di tometta della Valchiusella avvolto in bresaola e saltato in padella su rucola al balsamico; taglierini all’uovo saltati al burro di montagna, agretto e parmigiano reggiano; cosciotto di anatra magret disossato in glassatura fumé agli agrumi con sauté di mele verdi; crema al Passito di Pantelleria con cantucci fatti in casa. I vini in tavola: Franciacorta Blanc de Blanc Docg, sboccatura 2005 da Jéroboam (Cavalleri); Terlaner classico Alto Adige Doc 2009 (Kellerei Terlan); Vitiano rosso Umbria Igt 2008 (Falesco); Monferrato rosso “Le Grive” Docg 2008 (Forteto della Luja); Pinot nero “Ritratti” Trentino Doc 2006 (cantine La Vis); Passito di Pantelleria naturale “Nes” 2006 (Duca di Castelmonte). Commenti: Serata riuscita in un’antica enoteca di Ivrea, fondata nel 1890 dai nonni degli attuali gestori come azienda vinicola e nota in Canavese per l’ottima selezione dei vini. Da una decina d’anni l’offerta dell’enoteca è estesa a un servizio di cucina che ha raggiunto un livello di tutto rispetto e oggi è un vero e proprio ristorante. Il risultato lo si è visto nella serata, ben organizzata dalla Simposiarca Laura Salvetti, che ha ricevuto i complimenti del Delegato, e in cui il tema dell’abbinamento portate-vini ha assunto un ruolo centrale. Ogni piatto è stato abbinato a un vino specifico che ben ne esaltava il sapore. Molto apprezzati i taglierini all’agretto e la crema di Passito. Tutti graditi i vini anche se qualcuno non ha trovato ottimale l’abbinamento Le Grive-taglierini. L’ottimo servi- zio, gentile e attento, e la grande cordialità dei gestori hanno reso la serata decisamente simpatica, con gran finale nella fornitissima cantina dove è stato servito il dessert e si sono stappate bottiglie d’epoca. graduatoria per quanto riguarda l’indice di gradimento dei vari piatti. VERBANO CUSIO OSSOLA 28 aprile 2011 nuti a questa bella festa che si è svolta in un clima di amicizia e di grande partecipazione, allietato anche dalla bella serata primaverile. Servizio attento e preciso, vini ottimi e sala accogliente per una riunione conviviale che resterà nella memoria di tutti. Consorzio del pesto genovese, ha intrattenuto i convitati sulla sua attività di rappresentante della cucina ligure all’estero e sul lavoro svolto nelle competenti sedi istituzionali per la difesa della tipicità e unicità di questa specialità ligure. GENOVA 20 aprile 2011 LIGURIA Ristorante “La Sacca” di Wanda Pozzoni con le figlie, Manuela e Loredana, fondato nel 1931. ●Via Sempione, Stresa (Novara); = 0323 31165. ●Parcheggio incustodito ma comodo e ben in vista; ferie da novembre a gennaio. ●Valutazione 8,15; prezzo € 35,00; accogliente, gradevole e con ottima vista sul lago Maggiore. Le vivande servite: involtini di mazzancolle e alghe in tempura con caramello al peperoncino; capesante gratinate al mosto di vino; scampo del Mediterraneo leggermente scottato al burro di cacao, succo d’arancia, sedano bianco, cipolla di Tropea e polvere di liquirizia; spaghetti di Gragnano alla carbonara di mare leggermente affumicati, astice, zabaione di ricci, lardo di Colonnata e pepe di Sechuan; pesce spada in crosta di patate, moutarde de meaux, salsa al mandarino fiore farcito con alicette e provola; soufflé ai frutti della passione, crema al cioccolato bianco e bocche di leone; caffè e golosità. I vini in tavola: aperitivo Ca’ del Bosco cuvée Prestige; Gewurztraminer aa Ritterhof 2010; Moscato di Pantelleria Kabir di Donnafugata. Commenti: La scelta del menu, inizialmente ipotizzata a base di pesce di lago e quindi legata al territorio, ha dovuto essere forzatamente orientata al pesce di mare a causa della temporanea scarsità delle varietà disponibili e del periodo di divieto per alcune specie. Nell’occasione, lo chef Doriani, oltre che a disporre di ottimi prodotti, è riuscito, grazie alla sua grande abilità, a entusiasmare tutti i commensali con inusuali e coraggiose preparazioni, al punto da rendere difficile stilare una ALBENGA E DEL PONENTE LIGURE 8 maggio 2011 Ristorante “Pernambucco” di Luciano e Ivana Alessandri, fondato nel 1972. ●Viale Italia 35, Albenga (Savona); =0182 555118, fax 0182 53458; coperti 50+20. ● Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie dall’1 al 10 ottobre; giorno di chiusura mercoledì. ●Valutazione 8,50; prezzo € 60,00; elegante, tradizionale, cucina del territorio con particolare ricerca delle materie prime locali. Le vivande servite: insalata di asparagi violetti di Albenga con code di gamberi e olio extravergine di oliva; asparagi violetti di Albenga “mimosa”; asparagi violetti di Albenga alla parmigiana; ravioli di verdure con gamberi di Oneglia e punte di asparagi; dentice di lenza al forno con carciofi spinosi di Albenga; parfait al “Pernambucco” con sorbetto di frutti di bosco e frutta secca. I vini in tavola: Riviera Ligure di Ponente Pigato ”Vigne veggie” Doc 2009; Rosso “A Seiana” 2007 (azienda agricola Massimo Alessandri, Ranzo). Commenti: Per celebrare Ezio Santin, il premio “Il Piatto blu” e il passaggio della campana, il Delegato Roberto Pirino ha organizzato una cena a base di asparagi e carciofi di Albenga, uniti ai migliori prodotti offerti dal Mar Ligure e dai campi della piana. Un successo senza precedenti, che ha visto nell’insalata di asparagi e gamberi, nei ravioli e nel pesce le vette più alte. Unanime apprezzamento da parte degli Accademici e dei Delegati interve- Ristorante “Da Andrea” di Andrea Della Gatta, fondato nel 1978. ●Via Trieste 9/C, Genova; =010 312033, anche fax; coperti 50. ● Parcheggio incustodito; prenotazione consigliabile; ferie agosto; giorno di chiusura domenica sera e lunedì. ●Valutazione 7,50; prezzo € 45,00; accogliente. Le vivande servite: antipasto con cuculli di baccalà, cuculli di gamberi con erbette liguri e cozze ripiene; trenette al pesto con pinoli, fagiolini e patate; sorbetto al limone; baccalà alla “catramai” con patate, cipolle e peperoni, cotto al forno e gratinato; crema bavarese ai frutti di bosco guarnita con panna montata; quaresimali (tradizionali dolcetti genovesi di mandorle e zucchero, privi di latte, uova e grassi animali) della pasticceria “Tagliafico”. I vini in tavola: spumante “Tertium Millennium”, Vermentino Colli di Luni “Lunae” etichetta grigia e rosso Colli di Luni “Auxo” (cantine Lunae Bosoni); Passito “Acini Rari” (Bisson). Commenti: La serata ha avuto per tema la Quaresima, con piatti della cucina genovese, come il baccalà e i quaresimali, che sono stati illustrati dall’Accademico Mario Lombardi. Nella norma i cuculli, rigorose le trenette con un ottimo pesto. Particolarmente apprezzato il baccalà alla “catramai”, versione rivisitata di un piatto preparato una volta per i lavoratori del porto, i cui componenti, elaborati separatamente, vengono riuniti nella fase finale, dando al tutto un sapore equilibrato e deciso al tempo stesso. Etichette regionali per i vini, tutti validi con una menzione particolare per il Passito. Al termine della cena il titolare, presidente del C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 4 6 LOMBARDIA ALTO MANTOVANO GARDA BRESCIANO 27 aprile 2011 Albergo ristorante “Monte Ubaldo” di Mario Usardi, fondato nel 1957. ●Via Porto 29, Limone del Garda (Brescia); =0365 954021, anche fax; coperti 60. ●Parcheggio custodito; prenotazione consigliabile; ferie novembre, aprile; giorno di chiusura nessuno. ●Valutazione 7,50; prezzo € 50,00; accogliente. Le vivande servite: mantecato di tinca con polentina di grano saraceno e tapenade di olive gardesane; tronchetto di anguilla marinata con cipolla della val di Cresta e bacche di ginepro; insalatina di salmerino stufato, finocchi e capperi al profumo di limone; strigoli al coregone, punte di asparagi e dadolata di mele croccanti; tagliata di persico e porcini su fondo Parmentier alla maggiorana; carpaccio di limone fresco, zucchero di canna all’olio di limone; semifreddo di pandolce e cedro candito del Garda. I vini in tavola: Soave (Pieropan); Shoner (cantina Montecicogna); Bianco di Custoza (azienda agricola Cavalchina); Lugana San Benedetto (cantine Zenato); Soave Tomellini (Le Bine di Costiola). Commenti: La Delegazione ha “scoperto”, a Limone del Garda, questo ristorante, gestito in cucina da un giovane (30 anni) e capace chef del luogo che ai clienti propone uno sconto se scelgono pro- V I T A dotti del territorio. Una cucina curata che raggiunge livelli di alta qualità in grado di nobilitare il pescato fresco del lago. Nel menu servito particolare menzione va agli antipasti. Ottimo il rapporto qualità/prezzo, al punto di meritare la vetrofania dell’Accademia. Non trascurabile, infine, la posizione eccezionale del ristorante le cui finestre si affacciano sul delizioso porticciolo. Arrivare a Limone del Garda richiede tempo, ma si è ampiamente ripagati da una squisita accoglienza, come sottolineato dall’alta votazione espressa dagli Accademici. ALTO MILANESE 17 maggio 2011 Ristorante “Hostaria al Visconte” di Luciano Fiore, fondato nel 2006. ● Largo Sant’Angelo 6/8, Canegrate (Milano); =0331 441318, anche fax; coperti 50. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie 16-21 agosto; chiusura a mezzogiorno. ● Valutazione 8; prezzo € 30,00; familiare, accogliente. Le vivande servite: paté per crostini toscani; paté di fegatini di pollo con scorza di arancia; paté di fegatini di coniglio al Marsala; lingua bollita; pipette condite con perdè di pollo e fegatini; busecca alla milanese; polenta di Storo; cuore con cipolline; fegato alla veneta; rognoncini trifolati; perdè di pollo alla rumena; “frutura” (padellata di frattaglie in piccoli tranci); animelle e giustacuore saporiti. I vini in tavola: Barbaresco 2005 (Fondatore Domizio). Commenti: L’indole particolarmente amichevole dei proprietari, i coniugi Fiore, e la preparazione cucinaria di Luciano, fanno di questo piccolo locale una simpatica oasi di serenità conviviale pronta ad accogliere anche le richieste di una cena realizzata interamente con le frattaglie. Chiacchierando con lo chef patron i ricordi hanno seguito un filo conduttore che si è srotolato nel tempo e ha consentito di parlare di momenti caratterizzati da povertà e indigenza, ma rivalutati dalla D E L L ’ A C C A D E M I A fantasia della massaie italiane che, anche con gli scarti, riuscivano a realizzare preparazioni diventate tradizione e simbolo di alcuni territori. Una cena che ha lasciato tutti più che soddisfatti. BERGAMO 12 maggio 2011 Ristorante “Papillon” di Antonio Ghilardi, fondato nel 1981. ●Via Gaito 36, Torre Boldone (Bergamo); =035 340555, anche fax; coperti 130. ●Parcheggio custodito; prenotazione consigliabile; ferie mai; giorno di chiusura lunedì. ●Valutazione 8,10; prezzo € 47,00; elegante. Le vivande servite: fiori di zucca in pastella con acqua frizzante e nipitella; sfoglia croccante con cicoria e verdure primaverili; spicchi di carciofi fritti; finger food di caprino, uva e noci; puntarelle e guanciale croccante; rosso fresco di pomodoro e provatura di bufala; crostini con ragù di cinghiale; crema di fagioli e pecorino; polpettine vegetali con salsa di zafferano; crostini alla mediterranea; spiedini di cipolle candite all’aceto di ciliegie; budino di piselli e peperoni a listarelle; fave fresche con guanciale; spaghetti “a cacio e pepe”; abbacchio arrosto con patate al rosmarino e carciofi alla romana; budino di ricotta fresca con sciroppo di visciole e pasticcetti di gnocchi. I vini in tavola: Frascati Doc 2010, azienda Fontana Candida; Est! Est!! Est!!! San Flaviano Doc 2010 e Rufus Colli Etruschi Doc 2010, cantina di Montefiascone. Commenti: Continuando un viaggio virtuale fra le cucine regionali più note, la Delegazione è giunta a Roma, terza capitale d’Italia dopo Torino e Firenze, e, sull’argomento, l’impareggiabile chef Antonio Ghilardi ha centrato un menu davvero tipico. Dopo un gran numero di antipasti, tutti riferiti al Lazio, ha toccato vette davvero alte con un perfetto abbacchio che si scioglieva in bocca. Nel salone centrale dell’elegante ristorante, gli Accademici hanno goduto anche di uno splendido panorama verso l’imbocco della val Seriana e di una dotta illustrazione a stampa dei piatti gustati, redatta dal Vice-Delegato Paolo Fuzier che l’ha esposta dopo una relazione del Delegato Lucio Piombi relativa alle splendide manifestazioni accademiche di Torino e Firenze alle quali aveva partecipato. Si sono poi festeggiati i nuovi ingressi che erano tutti “rosa”. DESTRA OGLIO 12 maggio 2011 Ristorante “Osteria Terra” di Antonio Mori, fondato nel 2010. ●Via Pangona 76, Cogozzo di Viadana (Mantova); =0375 833858; coperti 50. ●Parcheggio sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie non comunicate; giorno di chiusura martedì. ●Valutazione 6,50; prezzo € 35,00; elegante. Le vivande servite: battuta al coltello di fassona con carciofi bio e capperi di Sicilia; ravioli con sfoglia di carrube ripieni al formaggio fresco di capra aromatizzato al limone; guancialino di vitello da latte di fassona brasato a bassa temperatura con asparagi nostrani; mousse di cioccolato fondente Amadei. I vini in tavola: Prosecco (azienda agricola Coste Piane); Langhett (azienda agricola Giulio Viglione); Moscato d’Asti (azienda agricola Pera). Commenti: All’interno del Lavadera Village, in ambienti belli e curati con ampi spazi anche all’esterno, è stato riaperto il ristorante con la gestione di Antonio Mori, un nome storico della ristorazione viadanese. Il nome del locale ha come sotto titolo “materia prima” per esprime la volontà di mettere al centro della proposta la qualità dei prodotti usati in cucina e la chef Claudia Dellavecchia ha predisposto il menu per mostrarci l’assunto. In tavola sono stati apprezzati lo straordinario sapore della battuta di fassona e il gusto originale dei ravioli con sfoglia di carrube e ripieno di formaggio di capra; qualche imbarazzo ha invece suscitato la dura consistenza del guancialino di vitello. I tempi di servizio sono stati esaspe- ranti mentre ottimi la qualità e la quantità dei vini e il rapporto qualità/prezzo. LECCO 30 aprile 2011 Ristorante “Dac a Tra’” di Roberto Donadoni, Marco Spreafico, Mauro Tassotti, fondato nel 2009. ●Via San Lorenzo 1, Castello di Brianza (Lecco); =039 5312410; coperti 35. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie agosto; giorno di chiusura martedì. ●Valutazione 7,10; prezzo € 50,00; elegante. Le vivande servite: terrina di branzino e mazzancolle, salsa alla crema acida; carnaroli mantecato alla bietola rossa e zafferano; carré di agnello in crosta di pistacchi di Bronte; bavarese alla vaniglia con coulis di fragole; piccola pasticceria. I vini in tavola: Bollicine “Blanquette de Limoux” brut (Aimery); bianco “Costamolino” Vermentino di Sardegna 2008 (Argiolas); rosso “Grumello” 2008 Valtellina superiore (Mamete Prevostini). Commenti: Il Simposiarca Massimo Campidori ha organizzato la riunione conviviale pasquale, che ha previsto una prima visita ufficiale della Delegazione a un locale frequentato nel passato un paio di volte con altra gestione e altra filosofia di ristorazione. Gli Accademici hanno ritrovato lo chef Mirco Zanlorenzi, conosciuto precedentemente in altri locali, che qui ha messo a disposizione la sua esperienza e la sua fantasia, coadiuvato dal figlio Nicholas. Nel complesso una piacevole serata, con particolare apprezzamento per il risotto alla bietola rossa e zafferano, sia per il gusto che per l’aspetto cromatico. Gradevole l’ambiente, buono il servizio, discreto l’abbinamento cibi/vini, equilibrato il rapporto qualità/prezzo. MILANO BRERA 12 maggio 2011 Ristorante “Il Sale Grosso”. ●Via Ippolito Nievo 33, Milano; =02 341290. ●Giorno di chiusura sabato a mezzo- C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 4 7 giorno e domenica. ●Valutazione 6,90; prezzo € 60,00; accogliente. Le vivande servite: aperitivo di benvenuto, selezione di crudi di pesce (carpacci di tonno, ricciola, salmone, calamaretto, capasanta); tartare di spada, salmone, tonno, scampetto di San Benedetto, gambero rosso di Mazara; polpo croccante con schiacciata di patate e stracciatella; insalatina tiepida di mare, capasanta gratinata, alici fritte, risotto con scampetti zucchine e i loro fiori, grigliatina di pesce (pescatrice, ricciola, scampo, gamberone, calamaretto); assaggio di fritturina leggera (calamaretto, gamberetti, zucchine e patate chips); insalatina di stagione mista; sorbetto artigianale alla mela verde. I vini in tavola: Ribolla gialla “Polencic”. Commenti: Serata molto piacevole, in un nuovo ristorante con cucina di pesce aperto da un anno. Il patron Fabrizio Chiappini, di origine marchigiana, ha proposto una cucina tradizionale con materia prima freschissima. Da segnalare soprattutto i numerosi antipasti e in particolare il polpo croccante, l’insalatina tiepida di mare e la capasanta gratinata. Nonostante il numero elevato di Accademici e ospiti, il risotto con scampetti e fiori di zucchine è risultato buono e ben cucinato. La relazione del prof. Roberto Giacomelli (ordinario di Glottologia e linguistica), con il titolo “Cucina creativa o tradizionale? Divagazioni tra cucina e linguaggio”, ha suscitato molto interesse. Il prof. Giacomelli è autore del libro di cucina “La cucina del professore”, che è stato donato ai commensali dai Simposiarchi Luisa Tedeschi e Francesco Malerba. Senza infamia e senza lode la grigliata arrivata tiepida, forse per il prolungarsi della conversazione. Ottimi la Ribolla gialla e il rapporto qualità/prezzo. MILANO DUOMO 14 aprile 2011 Ristorante “Moscara Charlie Brown” di Antonio Moscara, fondato nel 1986. ● Via V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A LOMBARDIA segue Spartaco 37, Milano; =02 55010609, fax 02 5453834; coperti 200. ●Parcheggio incustodito; prenotazione necessaria; ferie Natale, Pasqua e Capodanno; giorno di chiusura nessuno. ●Valutazione 7,54; prezzo € 55,00; caratteristico. Le vivande servite: puntarelle croccanti con stracciatella; misto di latticini pugliesi; scurtighiata; ferretti, pomodoro e ricotta; orecchiette, ricotta di pecora e sfilaccino di cavallo; maialino con cime di rapa; sorbetto al pompelmo rosa; biscottini pugliesi. I vini in tavola: Negramaro “Il Nobile” 2009. Commenti: Grazie all’interessamento delle due Simposiarche, Annelie Kleffman e Marisa Zipoli, è proseguita la ricerca di locali che continuano e sviluppano le tradizioni delle varie regioni italiane. Questa volta è stato il turno della Puglia. Il menu ha riportato l’attenzione degli Accademici sulla cucina delle verdure, assai di rado presenti sulle tavole della ristorazione milanese. Materie prime di notevole freschezza, con arrivi pressoché giornalieri, cucinate secondo ricette antiche; preparazioni nuove per il gusto di Milano, sconosciute alla maggioranza degli Accademici, come per esempio gli sfilaccini di cavallo abbinati alle orecchiette e alla ricotta di pecora. Notevole il gradimento da parte di tutti gli Accademici che hanno dimostrato di apprezzare particolarmente una cucina diversa, variegata, ma con salde radici nella tradizione custodita e tramandata nei tempi. VALLECAMONICA 13 maggio 2011 Ristorante “La Storia” di Mino d’Amico e Stefano Azzini, fondato nel 1997. ●Via Fontanelli 1, Darfo Boario Terme (Brescia); =0364 538787; coperti 120. ●Parcheggio sufficiente; prenotazione non necessaria; ferie mai; giorno di chiusura mercoledì. ●Valutazione 8,50; prezzo € 35,00; accogliente. Le vivande servite: frittatina in riccioli; sformato di finocchi; crostini di fegatini e ac- ciughe; tortelli di carne di piccione in brodo; risotto nero con le seppie; pappardelle col sugo di coniglio; arrosto morto di pollo alla bolognese; costolette di agnello vestite; torta di mele caramellate in pasta sfoglia, torta alle noci. I vini in tavola: Chiaretto del Garda Rosamara “Costaripa”; Chianti classico toscano; Moscato “La Bruciata”. Commenti: Cena artusiana, con ricette della tradizione, portata a termine con grande sapienza e gusto dallo chef Stefano Azzini, che ha riproposto alcune delle ricette contenute nel libro di Pellegrino Artusi “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, dimostrando che, nonostante siano passati oltre 100 anni dalla prima edizione di questo libro, si tratta di ricette ancora attuali e saporite. Eccezionali il risotto e la torta alle noci che, fatta senza utilizzare farina, può essere proposta anche nei menu per celiaci. VARESE 14 aprile 2011 Ristorante “L’Osteria di Nerito” di Rosy e Valter Nerito, fondato nel 1990. ●Via Roma 4, Cantello (Varese); =0332 417802; coperti 50. ●Parcheggio incustodito, insufficiente; ferie agosto; giorno di chiusura martedì. ●Valutazione 7,50; prezzo € 40,00; caratteristico. Le vivande servite: quiche agli asparagi con asparagi in carpione; assaggio di sformatino agli asparagi; risotto; tortello crespella agli asparagi; rollato di coniglio ruspante agli asparagi; zuccotto alla frutta o “bunet”. I vini in tavola: Brut Marchesini Franciacorta; Riesling renano San Giovanni Reissende Tier 12,5; Rosso di Montalcino San Giorgio Ciampoleto 13,5. Commenti: Dopo tanti anni la Delegazione è ritornata all’“Osteria” di Cantello, ove tutto è rimasto com’era. L’arredo modesto da osteria di una volta, ma molto curato e pulito, la cucina piccolissima, il banco bar dove Valter serve le bevande riportano alla memoria un locale di 50 anni fa. La cena è stata discreta, contrariamente all’eccellenza raggiunta durante una visita fatta alcune settimane prima da quattro Accademici; di qui la decisione di contenere, in futuro, il numero dei partecipanti per favorire la qualità. Le portate più apprezzate sono state la quiche, il tortello e il “bunet”, mentre il risotto e il coniglio, specialità del ristorante, sono stati giudicati scarsi di sapore. Simposiarca della serata è stato il simpatico Fausto Bianchi, che ha raccontato alcuni aneddoti sulle tradizioni del locale e la composizione dei piatti. I vini sono stati scelti, portati e commentati dall’amico Manuel Pezzoli (aspirante Accademico). Gradito ospite è stato Roberto Restelli. La Delegazione ritornerà quando sarà terminato il periodo degli asparagi, per degustare la tradizionale cucina di Rosy sempre piena di proposte e idee originali. VOGHERA-OLTREPÒ PAVESE 30 aprile 2011 Agriturismo “Chiericoni” di Alberto Lucotti, fondato nel 2002. ●Cascina Chiericoni, Rivanazzano (Pavia); =0383 92957; coperti 40. ●Parcheggio comodo; prenotazione consigliata; ferie mai; giorno di chiusura da lunedì a giovedì. ●Prezzo € 30,00; rustico, accogliente. Le vivande servite: crostoni all’aglio selvatico; tagliere di salumi; frittatina di luppolo; risotto alle ortiche; ravioli di grano saraceno al tarassaco; petto di faraona alle erbe fini con patate al forno; crostata di mele. I vini in tavola: vini di produzione propria. Commenti: “Le piante aromatiche, belle, buone, selvatiche” è stato il tema sviluppato in collaborazione con la dott.ssa Barbara Gatti, esperta di piante ed erbe del Museo di scienze naturali di Voghera. La giornata è iniziata alle 10.30 del mattino con un interessante percorso guidato attraverso i sentieri dell’azienda agricola biologica all’interno della quale si trova l’agriturismo. Al termine, è seguita una piacevole lezio- ne della relatrice. Il pranzo è stato il culmine della giornata: semplice, genuino, cucinato con perizia e tutto di stagione. Bravi i signori Lucotti per la conduzione (faticosa) dell’azienda e per la gestione del ristorante, che tra l’altro è arredato con grande gusto. Il locale è tramandato da generazioni poiché è stato ricavato nella vecchia casa di famiglia, dove i mobili e le suppellettili sono sempre rimasti al loro posto. ha fatto intuire l’elevata qualità della cucina. Una particolare menzione va alla presentazione delle portate, originale e curata nei dettagli. Buono l’antipasto e in particolare il piccolo sandwich con il petto d’anatra tiepido e croccante, ottima la crema di patate, che ha riscosso il successo maggiore, tanto che se ne sarebbe gradita una porzione più abbondante. Il capretto purtroppo è risultato scarso, piuttosto salato e alcuni pezzi un po’ duri; la cena ha ripreso comunque quota con gli sfiziosi dessert: lo “Scheiterhaufen” (antico dolce alle mele) in versione moderna è stato presentato con la salsa di vaniglia, ottimo il gelato di pistacchio, deliziosa la piccola pasticceria. Gradevoli i vini. TRENTINO - ALTO ADIGE BOLZANO 19 maggio 2011 MERANO 10 maggio 2011 Ristorante “Sassegg” della famiglia Mafertheiner, fondato nel 2003. ● Via Sciliar 9, Siusi (Bolzano); = 0471 704290, anche fax; coperti 40. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie tre settimane a giugno e tre a ottobre; giorno di chiusura lunedì e dal martedì al sabato a mezzogiorno. ●Valutazione 8,20; prezzo € 50,00; elegante, accogliente. Ristorante “Miil” di Othmar Raich, fondato nel 2010. ●Via Pallade 1, Cermes (Bolzano); =0473 56733; coperti 50. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie variabili; giorno di chiusura domenica sera e lunedì. ●Valutazione 7,40; prezzo € 65,00; accogliente, caratteristico. Le vivande servite: saluto dalla cucina (crema di carote e zenzero, piccolo hamburger, canederlino su insalata di cappucci); piccolo sandwich di brioche con petto d’anatra affumicato e fegato grasso d’oca; crema di patate della nonna con animelle; capretto al forno con erbette dell’orto su patate novelle e verdure miste; “Scheiterhaufen” su crema alla vaniglia e gelato al pistacchio; piccola pasticceria. I vini in tavola: Prosecco Jeio; Kerner Prepositus 2009 (cantina di Novacella); Merlot Fihl 2006 (Peter Dipoli); Riesling Spätlese Juval 2008 (cantina Unterortl). Commenti: I Simposiarchi Ferruccio Rosanelli e Giancarlo Burei hanno organizzato con cura e ottimo risultato questa riunione conviviale e già l’aperitivo offerto assieme a piccole tartine di vari tipi C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 4 8 Le vivande servite: insalatina di erbe selvatiche, speck e uovo affogato; tortelloni ripieni con asparagi e crema alla senape; agnello brasato con verdure e patate; dado di cioccolato ripieno di crema allo yogurt. I vini in tavola: Spumante Haderburg pas dosé 2009; Pinot bianco (tenuta Kraenzl) 2009; Nebbiolo (Rinaldi) 2008. Commenti: Una sapiente ristrutturazione ha dato nuovo lustro a questo vecchio mulino che ora dispone anche di un romantico giardino. Ma anche in cucina ci sono novità. La nuova gestione di Othmar Raich cerca di presentare piatti moderni e leggermente elaborati. Il “finger food” iniziale agli asparagi era squisito, croccante e con presentazione originale. Rinfrescante l’insalata di erbe con l’uovo affogato. Buoni i tortelloni con qualche riserva sulla salsa, troppo carica di V I T A senape. Il tenero agnello nostrano ha incontrato il favore dei commensali. Accattivante il dado di cioccolato ripieno di fresca crema di yogurt. In complesso una cucina interessante e attenta alle materie prime. Autentica sorpresa il Pinot bianco del conte Pfeil, talmente carico di aroma da far pensare a una vendemmia tardiva. La serata è stata allietata dalla presenza di numerosi Accademici e amici di altre Delegazioni. Grazie a Patricia Benussi, Andreas Plannger, Piergiorgio Barrucchello, Paolo Foradori, Elio Franzone, Andrea Radice per aver fatto tanta strada. TRENTO 5 maggio 2011 Trattoria “Maso Finisterre”. ● Località Vela di Trento, Trento; =0461 825752; coperti 80. ●Parcheggio comodo; prenotazione consigliabile; giorno di chiusura lunedì. ● Valutazione 7,70; prezzo € 40,00; tradizionale, rustico. Le vivande servite: antipasto con asparagi di Zambana, uovo sodo e salsa bolzanina; tagliolini con salsa agli asparagi verdi e pomodorini; capretto alla trentina con polenta di patate alla piastra, radicchietto di campo e dentice di cane; mosaico di frutta fresca con gelato al fior di latte. I vini in tavola: Spumante Altemasi riserva 2006; Müller Thurgau Bottega dei Vinai; Merzemino Grigoletti. Commenti: Opportuna riscoperta di un locale dove il cuoco, a Trento dalla Bielorussia dopo Chernobyl, si è dedicato a mantenere i piatti della tradizione locale. Quella cucina che in passato apparteneva alle famiglie attente nel tramandare le ricette di piatti semplici ma sani e appetitosi. Il ristorante, posto su un’altura da cui si gode uno spettacolare colpo d’occhio sulla città, e la serata proposta, hanno incontrato la piena approvazione degli Accademici. Felice la scelta del menu per una cena di primavera: i celebrati asparagi di Zambana, località che sta a pochi chilometri più a Nord, e poi il capretto arrosto. Vale a dire i piatti della tradizione D E L L ’ A C C A D E M I A pasquale. Appropriata anche la scelta delle bevande con un ottimo Müller Thurgau assieme ad asparagi e tagliolini, e un gradevole Marzemino, che bene si accoppiava alla carne bianca. La serata è filata via tra aneddoti e piacevoli conversazioni. VENETO ALTO VICENTINO 4 maggio 2011 Ristorante “La Marescialla” della famiglia Bertola, fondato nel 1997. ●Via Capitello 3, Montebello Vicentino (Vicenza); =0444 649216, fax 0444 686456; coperti 46. ● Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie 1-6 gennaio e 10-31 agosto; giorno di chiusura domenica sera e lunedì. ●Valutazione 7,50; prezzo € 38,00; elegante, familiare, accogliente. Le vivande servite: stuzzichini della casa, ossocolo con sfogliatina, verdure fritte di stagione; mazzancolle al vapore, asparagi bianchi di Montebello marinati, sfilacci di pomodoro e burrata; risotto con piselli di Grancona croccanti e capesante di laguna scottate; capretto bianco di Gambellara con coradella, polentina, radicchietto e tarassaco alla vecchia maniera; zabaione morbido di Recioto con piccoli frutti di stagione; frittelle dolci all’erba maresina. I vini in tavola: Durello spumante Doc metodo charmat (Cantina di Gambellara); Durello La Marescialla Doc 36 mesi metodo classico (azienda agricola Marcato); Ca’ Fischele Gambellara classico Doc 2010 (azienda agricola Dal Maso Luigino); Carmenere più rosso veneto Igt 2008 (azienda agricola Inama); Recioto passito podere Il Giangio Doc 2004 (azienda agricola Zonin). Commenti: La Delegazione ha degustato dei piatti di sta- gione presentati dal Simposiarca Enzo Dalla Valle. Dopo un assaggio degli stuzzichini, si è passati all’antipasto, piatto molto fresco e invitante con le mazzancolle delicate di sapore, abbinate armoniosamente alla burrata e al pomodoro sfilettato. Ottimo il risotto, perfetto nella cottura, dal gusto equilibrato e deciso, con i piselli di stagione provenienti da una località vicina, abbinati alle capesante. Buono anche il classico capretto bianco di Gambellara con gli aromi e contorno di radicchietto e di tarassaco passato in padella come si faceva una volta. Per finire una coppa di zabaione morbido, realizzato con del Recioto passito di Gambellara. Complimenti allo staff del ristorante, al quale è stato consegnato il piatto dell’Accademia per la buona riuscita della serata, curata nei minimi particolari, compreso l’abbinamento piatto-vino. PADOVA 29 aprile 2011 Ristorante “Dorio” di Davide Benetton, fondato nel 1865. ●Via Roma 26/A, Vigodarzere (Padova); =049 700854, anche fax; coperti 60. ●Parcheggio comodo, incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie seconda settimana di agosto e di gennaio; giorno di chiusura domenica. ● Valutazione 8; prezzo € 45,00; elegante. Le vivande servite: chips di sardine al mais e zenzero; frittura di seppioline; mazzancolle al forno al miele, limone e rosmarino; risotto di mare; dentice con salsa di zafferano ed erbe fresche; variazioni di cioccolati. I vini in tavola: Prosecco Verv brut Doc Andreola; Lugana Limne Doc 2009 tenuta Roveglia; Sauvignon blanc Doc 2009 Castel Sollegg; Sangue Morlacco Luxardo. Commenti: Il ristorante, in circa 150 anni, ha superato varie vicissitudini, con cambi di gestione e due periodi bellici a cui è sopravvissuto. Recentemente ristrutturato e completamente rinnovato nelle preparazioni, si propone come punto d’incontro per momenti di convivialità, con nuove idee di fare cucina, mantenendo le migliori scelte di pesce ma non tralasciando mai il rispetto e la salvaguardia delle tradizioni del territorio, anche quelle più antiche. La sala, calda e accogliente, ricca di oggetti d’arredo dal design moderno, è stata studiata per esaltare i piaceri del buon cibo. Un plauso al giovane chef Davide Benetton e al sommelier Luciano Zanovello e un grazie alle due Siniscalche: Matilde Bevilacqua Zambusi e Maria Pavanato Bandelloni. ROVIGO ADRIA-CHIOGGIA 12 maggio 2011 Ristorante “Osteria del Gallo” di Ilaria Canali & C. sas, fondato nel 1999. ●Via Cigno 25, Badia Polesine (Rovigo); =0425 594760; coperti 40+20. ●Parcheggio comodo; prenotazione consigliabile; ferie una settimana a gennaio e due tra luglio e agosto; giorno di chiusura lunedì sera e martedì. ●Valutazione 7,85; prezzo € 45,00; elegante, accogliente. Le vivande servite: aperitivo in giardino (grissini con prosciutto crudo di Montagnana e con lardo di Moncalieri, pecorino di Pienza, peperoncini rossi farciti al tonno, piccole brioche al formaggio); saccottino di pasta fillo al monte veronese con miele e noci; fiore di zucca ripieno di ricotta su crema di parmigiano; carpaccio di angus al pepe rosa con insalatina; risotto con asparagi e Morlacco del Grappa; copertina di spalla di vitello al forno con contorni di stagione (patate al forno, erbe di campo in padella, piselli con pancetta); delizia al cioccolato. I vini in tavola: Prosecco extra dry (Vito Piazza); Lugana Prestige 2009 (cantine Provenza); Pinot nero Alto Adige 2009 (Cantina di Terlano); Recioto della Valpolicella Domini Veneti 2008 (Cantina di Negrar). Commenti: Ottima cena in questo bel ristorantino del centro storico badiese. Ilaria Canali, brava e ben coadiuvata dallo chef Alex Bellan, ha dimostrato tutta la sua passione per la cucina e la C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 4 9 cura nei particolari con un menu ispirato ai prodotti di stagione che ha riscosso unanimi apprezzamenti. Dopo il gradevole aperitivo in giardino, la cena è proseguita con uno splendido tris di antipasti (8), cui sono seguiti un classico risotto (8) e una tenerissima copertina di spalla di vitello, taglio “povero” ma saporitissimo, che ha entusiasmato i presenti (8,20), abbinata a buoni contorni di stagione (7,60). Un originale dolce al cioccolato (7,60) ha chiuso la piacevole serata, ben accompagnata da vini all’altezza (7,70), soprattutto il Recioto, il cui abbinamento con il dolce è stato particolarmente apprezzato. Prima della consegna del guidoncino e dei meritati applausi, il Delegato Giorgio Golfetti ha intrattenuto i presenti con cenni e aneddoti sull’antica “Osteria del Gallo”, storico locale badiese che cessò l’attività negli anni Sessanta, e ha sottolineato, oltre che la qualità della cucina, l’impegno e la cura nella scelta degli ingredienti. TREVISO 19 maggio 2011 Ristorante “Miron” di Roberto Miron, fondato nel 1959. ●Via Brigata Aosta 26, Nervesa della Battaglia (Treviso); =0422 885185, fax 0422 885165; coperti 60. ● Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie 15 giorni a febbraio e 15 giorni a luglio; giorno di chiusura lunedì. ●Valutazione 6,60; prezzo € 45,00; tradizionale. Le vivande servite: asparagi fritti, fricassea con spugnole, sfogliatine con erbette spontanee; baccalà mantecato con pane di seppia; porcino all’Angela; risotto alle morchelle; capretto con funghi di primavera e polentina alle erbe; sorbetto di frutta e tortino ai frutti rossi. I vini in tavola: Prosecco “Sur Lie”, F. Follador, S. Stefano di Valdobbiadene (TV); Friulano (Tokai) Branco, Cormons (GO); Colli di Conegliano rosso “Ser Bele” Sorelle Bronca, Colbertaldo (TV); Moscato rosa passito, azienda agricola Zeni, S. Michele all’Adige (TN). V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A VENETO segue Commenti: Altalena di apprezzamenti e critiche per un menu concordato con il gestore Roberto Miron che, come ha spiegato il Simposiarca Paolo Trevisi, ha proposto un connubio tra le erbette di stagione e i rari funghi di primavera. Apprezzate, proprio perché rare in questo periodo, le uova strapazzate con le spugnole (o morchelle) insieme alle sfogliatine con erbette; dubbi sugli asparagi, non più teneri per la stagione in chiusura, e il pane al nero di seppia che accompagnava un buon baccalà mantecato. Delicato e insieme saporito l’antipasto, con un unico neo: la non stagionalità locale del porcino. Bene accolto, in generale, il risotto alle morchelle, cui ha fatto seguito il capretto con funghi di primavera e polentina alle erbe, che ha un po’ deluso parte dei commensali per l’atipicità della cottura. A consolare i palati, il fresco sorbetto alla frutta e il dolcissimo tortino ai frutti rossi, sicuramente di stagione. Fra i vini: apprezzato il Friulano (Tokai), qualche riserva per gli altri. Dopo una riflessione conclusiva della Delegata, Teresa Vendramel Perissinotto, con l’invito a sentirsi Accademici anche nelle “uscite vacanziere”, la consegna del guidoncino dell’Accademia a Roberto Miron e al suo staff (i figli Enrica e Andrea) e dei menu firmati da tutti i commensali a due stagisti di cucina dell’istituto alberghiero “Alberini”. TREVISO ALTA MARCA 28 aprile 2011 Ristorante “Alla Torre” di Luigi Artuso, fondato nel 1969. ● Via Castellaro 25, San Zenone degli Ezzelini (Treviso); =0423 567086, anche fax; coperti 150. ● Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie 1-15 gennaio; giorno di chiusura mercoledì a mezzogiorno e martedì. ●Valutazione 6,50; prezzo € 42,00; elegante, accogliente. Le vivande servite: tempura di fiori di sambuco, fiori di acacia, salvia selvatica e asparagi di Bassano; “fortaje” alle erbe spontanee; risotto ai bruscandoli; gnocchetti di patate alle ortiche con asparagi e casatella; capretto allo spiedo con patate al forno e asparagi di Bassano alla griglia; crostatina di pasta frolla con confettura di bacche di sambuco e focaccia con crema vaniglia. I vini in tavola: Verdiso sur Lie (azienda Gregoletto); Garganega Doc 2010 (cantina Vignato); Cabernet 2008 (cantina Torreselli); Recioto spumante (cantina Vignato). Commenti: La riunione conviviale di primavera, che la Delegazione ogni anno dedica alle erbe spontanee, ha avuto come sede un ristorante di nuova acquisizione territoriale ma che vanta una ricca tradizione. Il posto suggestivo, all’ombra della torre degli Ezzelini, ha fatto da scenario per l’aperitivo servito con il Verdiso, la frittura saporita e croccante e le frittatine di tante erbe e fiori raccolti dal proprietario. A tavola, si sono succeduti interventi dell’esperto botanico Silvano Rodato e dei due Simposiarchi Gasparetto e Granzotto che hanno diffusamente commentato sia i piatti che le erbe utilizzate. I primi, soprattutto il risotto, sono stati degni di menzione e hanno trovato ampi consensi mentre per il capretto, fatto allo spiedo, non si è avuto il risultato sperato. È arrivato in tavola, per molti, poco cotto e per qualcuno molto indietro di cottura. Segno che la cottura dello spiedo non è avvenuta in modo uniforme. Di questo ha preso atto anche il cuoco al quale, alla fine della serata conviviale, è stato ugualmente rilasciato il guidoncino della Delegazione con le firme. VERONA 28 aprile 2011 Trattoria “Lavarini” di Maria Lavarini, fondata nel 1910. ●Via Monte Pastello 79, Lughezzano (Verona); =045 7085111; coperti 55. ●Parcheggio comodo; prenotazione consigliata; ferie settembre; giorno di chiusura mercoledì. ● Valutazione 7,40; prezzo € 35,00; familiare. Le vivande servite: assaggio di antipasti; fagottino di asparagi gratinato al forno; tortelli all’Amarone; gnocchi di malga con farina integrale al burro fuso e ricotta affumicata; lonza di maiale in crosta di pane alla crema di aceto balsamico di Modena; patate saltate all’olio di oliva e rosmarino; cestino di erbette; primizie della casa. I vini in tavola: Durello Marcato; Verduzzo friulano in caraffa: Rafael Tommasi; Passito Le Mandolare. Commenti: Serata piacevole caratterizzata da una cucina tradizionale, rinnovata dalla signora Mara che ha divertito i commensali con sapori e presentazioni veramente ammirevoli. Il locale, vecchia osteria diventata locanda e poi trattoria, vanta una tradizione nella preparazione della sala, nell’atmosfera di montagna, nell’abbinamento di cibi e di vini piacevoli. GRAZIE DELLA COLLABORAZIONE Si ricorda che, come già specificato nelle istruzioni per la collaborazione alla rivista, non sono e non saranno pubblicate le schede giunte in Segreteria oltre il termine di 30 giorni dalla data di effettuazione della riunione conviviale. Particolarmente apprezzati la mousse di formaggi della Lessinia tra gli antipasti, i tortelli all’Amarone, i gustosi contorni serviti in crostini di patata. Il Delegato ha letto una relazione predisposta dall’Accademico Antonio Peretti, assente per motivi personali, sullo zafferano, con dati e curiosità interessanti. Alla fine, dopo vari commenti, c’è stata la consegna del piatto accademico. FRIULI - VENEZIA GIULIA GORIZIA 13 maggio 2011 Ristorante “Al Cjant dal Rusignul” della famiglia Sgubin. ●Frazione Mernico 8/1, Dolegna del Collio (Gorizia); =0481 639966, fax 0481 634356; coperti 200. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile nei giorni festivi; ferie da definire; giorno di chiusura da lunedì a mercoledì. ●Valutazione 8; prezzo € 45,00; accogliente, elegante. Le vivande servite: vol-auvent caldo di benvenuto; flan alle erbe spontanee di primavera con briciole di salame all’aceto; orzotto agli asparagi di Medea e bruscandoli con crema di montasio e ovetto di quaglia; ravioli di coniglio su letto di cipolla novella e favette; carré di agnello dorato al timo con asparagi verdi dorati; gelatina di Verduzzo con pesche e lamponi; omelette al miele con composta di fragole e lamponi. I vini in tavola: Spumante Aurora, azienda Pez Norina; Sauvignon “Petruss” 2009, azienda Ferruccio Sgubin; Redmont (Merlot) 2007, azienda Ferruccio Sgubin; Picolit. Commenti: Gli Accademici sono rimasti piacevolmente colpiti dall’accoglienza affabile e dal servizio premuroso e professionale. I piatti e i vi- C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 5 0 ni, così come la storia dell’azienda, sono stati illustrati dal patron Gianni Sgubin e dalla chef Lucia Sgubin, assistiti in sala dalla consorte di Gianni, Nadia. Particolarmente graditi sono stati il flan alle erbe spontanee accompagnato dal salame all’aceto (un classico della cucina friulana) e il carré d’agnello (prima leggermente dorato e poi passato in forno), ma l’applauso spontaneo è stato riservato all’omelette al miele con composta di fragole e lamponi, davvero eccellente. Molto interessante è stato giudicato anche l’orzotto (preferito al risotto per sottolineare ulteriormente il legame del menu con il territorio) agli asparagi. La serata, assai ben riuscita, ha dimostrato come con l’impegno e la serietà anche locali capaci di accogliere grandi numeri possano fare cucina di alta qualità. PORDENONE 16 aprile 2011 Ristorante “Al Gallo” di Andrea Spina e Diletta Pitton, fondato nel 1850. ●Via San Marco 10, Pordenone; =0434 521610, anche fax; coperti 50+15. ●Parcheggio nelle vicinanze; prenotazione consigliabile; ferie primo fine settimana di febbraio e secondo e terzo di agosto; giorno di chiusura lunedì. ●Valutazione 7,50; prezzo € 55,00; accogliente. Le vivande servite: cicchetti del “Gallo”; insalata di grancevola al naturale con aria di prezzemolo; millefoglie di baccalà mantecato con pane carasau; paccheri di Gragnano con sarde fresche, pomodoro, uvetta e pinoli; “boreto” di rombo alla gradese con polenta bianca; tortino al pistacchio cotto al vapore con gelato alla nocciola. I vini in tavola: Prosecco extra dry (Cantone di Rauscedo); Malvasia (Fiegl, Oslavia); Sauvignon (Villa Russiz); Merlot e Traminer passito (Borgo delle Oche, Valvasone). Commenti: Andrea Spina propone pietanze di mare, legate alla sua permanenza in quel di Grado. Piatti aggiornati, dice, non “rivisitati”. Estro e abbondanza nei suoi V I T A cicchetti, che già da soli possono fare cena; tanto per citare, una scioglievole piovra e un capolavoro di piccolo fritto, poi gamberi, seppie con presentazioni, queste sì, innovative. Per la grancevola, unica rivoluzione una “nuvola” di profumo di prezzemolo. Baccalà giustamente delicato, ma con personalità, insolitamante presentato con il pane sardo. Gustosi e particolari i paccheri con le sarde fresche arricchite da uvetta e pinoli. Da elogiare l’interpretazione del “boreto” di rombo. Altissimo il voto per il tortino di pistacchio che ha chiuso il convivio. Vini ben abbinati, menzione per il Sauvignon. Servizio di buonissimo livello. D E L L ’ A C C A D E M I A ti è stata graditissima la presenza del noto professore Michele Mirabella, cui il Delegato, Renzo Mattioni, ha richiesto un’opinione sull’“unità” della cucina italiana nel centocinquantesimo anniversario dell’unificazione d’Italia. Il professor Mirabella, convinto assertore dell’italianità con la sua pluralità di contributi antropologici, ritiene che si debbano mantenere vive le cucine regionali e locali perché tutte sono guidate e sorrette dalla saggezza antichissima che contraddistingue questo Paese. E ogni regione riflette la sua storia anche nella cucina. CENTO CITTÀ DEL GUERCINO 15 maggio 2011 UDINE 16 aprile 2011 Ristorante “Da Toni” di Aldo Morassutti. ●Via Sentinis 1, Gradiscutta di Varmo (Udine); =0432 778003; coperti 120. ●Parcheggio custodito; prenotazione consigliabile; giorno di chiusura lunedì. ●Valutazione 8,50; prezzo € 50,00; elegante, accogliente. Le vivande servite: calice di benvenuto con fritti di erbe spontanee del Tagliamento e bocconcini di prosciutto e melone; composizione di punte viola, “tale”, ricotta al dolce sapore di fumo; crema di ortiche con formaggio montasio; capretto della val Tramontina allo spiedo, patate novelle, insalatina e rapanelli; sorbetto allo zenzero; dolce pasqualino. I vini in tavola: Spumante brut vigneti Pittaro, riserva “Al Camarin”; Friulano Doc Castello di Spessa 2009; Chardonnay Doc Cof azienda agricola Benincasa 2009; Merlot Doc Collio Russig superiore 2008; Valzer in Rosa vigneti Pittaro. Commenti: La Vice-Delegata, Pucci Stroili, aveva provveduto a orchestrare il menu scegliendo le pietanze che più si addicono al periodo, nel rigoroso rispetto della tradizione. Non è mancato il capretto, e si sono gustati piatti con erbe di stagione elaborati sapientemente e con fantasia dal cuoco Roberto Cozzarolo. Fra gli ospi- pietanze è denominato il principe dei funghi, hanno riscosso vivo apprezzamento. Il Simposiarca della riunione conviviale, Luigi Fedele, nel suo intervento ricco di curiosità sulla natura magica di questo fungo e soprattutto sulle sue proprietà organolettiche, ha catturato l’attenzione di tutti i commensali per la chiarezza degli argomenti trattati. Prelibati i tagliolini al sugo di prugnolo e la frittata di prugnoli. Piatti unici nella loro preparazione, dal gusto delicato grazie al profumo intenso che tale fungo riesce a fornire nella preparazione. Adeguati i vini, ottimo il rapporto qualità/ prezzo. Soddisfacente il servizio. EMILIA ROMAGNA BORGO VAL DI TARO 30 aprile 2011 Ristorante “Berzolla” di Anita Berzolla, fondato nel 1888. ●Via della Repubblica 29, Albareto (Parma); =0525 999828; coperti 200. ●Parcheggio insufficiente; prenotazione non necessaria; ferie mai; giorno di chiusura venerdì. ● Valutazione 7,30; prezzo € 30,00; tradizionale, familiare. Le vivande servite: torta d’erbe, di patate e riso, crostini caldi con crema di funghi prugnoli; tagliolini ai funghi porcini prugnoli; arrosto di vitello con funghi prugnoli trifolati; frittata di prugnoli; crêpe con crema e fragoline di bosco. Ristorante “Osteria Razmataz” di Monica Gardosi e C., fondato nel 2009. ●Via Garibaldi 29, Crevalcore (Bologna); =051 983218; coperti 30. ●Parcheggio incustodito; prenotazione consigliabile; ferie due settimane a giugno; giorno di chiusura lunedì, sabato a pranzo. ●Valutazione 7,50; prezzo € 38,00; accogliente, familiare, caratteristico. Le vivande servite: tonno di coniglio con zucchine tostate e pomodorini; risotto alla parmigiana di basilico; tagliata di scamone su letto di misticanza; Tropea fritta e patate arrosto; spuma di yogurt e fragole; biscotteria. I vini in tavola: Malvasia dei Colli Parmensi; Chianti della cantina Berzolla. I vini in tavola: Ferrari perlé (cantine Ferrari); Malamatta Collio bianco Doc 2009 (Marco Felluga); Camastra Nero d’Avola/Merlot Igt 2006 (Tasca d’Almerita); Pignoletto passito Colli Bolognesi (Bonfiglio). Commenti: La riunione conviviale ad Albereto ha inaugurato l’apertura della stagione del fungo prugnolo, detto fungo di San Giorgio, in quanto si raccoglie solo in periodo primaverile, tipico prodotto della val di Taro. Le pietanze, improntate all’esaltazione del sapore di questo fungo, a molti sconosciuto, ma che per il profumo che emana e il sapore che dà alle Commenti: Il Simposiarca Roberto Vicenzi ha proposto, per la riunione conviviale dedicata all’Unità d’Italia, questo simpatico e accogliente locale che Piero Pedroni e Monica Gardosi in cucina conducono con passione, competenza e spontanea disponibilità verso il cliente. L’approvazione per la scelta è stata incondizionata. Il tonno di coniglio ha ottenuto il massimo della valutazione per il curioso e intelligente uso della materia prima, per la delicata armonia dei sapori e la bella presentazione a richiamare il tricolore. Ottima e giustamente apprezzata la scelta dei vini nel segno dell’Unità, dal Friuli alla Sicilia. In apertura della riunione conviviale, l’Accademico Paolo Borghi ha svolto un’interessante e dotta relazione sulla sicurezza alimentare dall’Unità d’Italia ai giorni nostri, seguita con grande interesse e attenzione. CERVIA 14 aprile 2011 Ristorante “Osteria del Gran Fritto” di Stefano Bartolini, fondato nel 2004. ● Viale Leoncavallo 11, Milano Marittima (Ravenna); =0544 974348, anche fax; coperti 160+120. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie dal 2-30 novembre; dal 16 settembre al 16 aprile aperto solo nei week-end. ●Valutazione 8,10; prezzo € 40,00; accogliente, elegante. Le vivande servite: aperitivo di benvenuto; sardoncino al cartoccio in olio e limone; cozze del mercato di Cesenatico gratinate; risotto alla moda di una volta; saraghina alla griglia con piadina, radicchio e cipolla; gran fritto di pesce del Mare Adriatico; crema di gelato alle bucce di arancia e caramello. I vini in tavola: Lambrusco Grasparossa Doc 2009 (vigneto E. Cialdini); La mia Albana Doc Albana 2010 (vit. Conti); Petrignone Sangiovese riserva 2008 Doc (cantina Tre Monti, Imola); Arrocco Albana passita Doc 2007 (fattoria Zerbina) Commenti: La Delegazione ha organizzato la riunione conviviale presso questa struttura posizionata a pochissimi metri dal mare; il menu riprende ricette semplici e genuine dei vecchi pescatori del luogo. Il Delegato, dopo i saluti rivolti agli Accademici e ai graditi ospiti, tra cui il Vice-Presidente vicario Severino Sani, il Presidente del Collegio dei Revisori dei conti Michele Bonino, il Consultore nazionale Umberto C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 5 1 Cenni e il Coordinatore territoriale Gianni Carciofi, ha dato inizio alla riunione conviviale attraverso il tocco della campana. Le pietanze servite hanno trovato riscontri più che positivi; delicato il risotto; giusti i vini abbinati ai piatti e gradevole il Grasparossa servito nell’aperitivo. A conclusione della serata, il Delegato, assieme al VicePresidente vicario, dinanzi alla brigata di cucina, ha consegnato al titolare del locale il meritato guidoncino tricolore dell’Accademia e la vetrofania 2011. CESENA 14 aprile 2011 Ristorante “Il Mare nel Castello” di Gianmarco Casadei, fondato nel 2008. ●Piazza Castello 30, Savignano sul Rubicone (ForlìCesena); =0541 944432; coperti 50. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie mai; giorno di chiusura martedì. ● Valutazione 8; prezzo € 55,00; raffinato, accogliente, caratteristico. Le vivande servite: pesce bianco al vapore, insalatina di mare e pesce azzurro marinato; polentina di riso con vongole bianche; carciofo ripieno di mazzancolle gratinato al forno; filetto di sgombro croccante su crema di fagioli cannellini; strozzapreti fatti in casa ai sapori di mare; pesce cotto sulla teglia di Montetiffi; semifreddo al miele e pistacchi di Bronte con caramello all’arancia. I vini in tavola: Franciacorta Docg Blanc de blancs brut (Cavalleri); Sauvignon Winkl 2009 (Terlano); Albana di Romagna Docg Ladoro 2009 (tenuta Volpe). Commenti: Il Simposiarca Wilfrido Franceschini ha proposto un menu a base di pesce fresco in un ristorante non ancora visitato dalla Delegazione. Il locale, situato nel suggestivo centro storico di Savignano sul Rubicone, è stato recentemente ristrutturato con il recupero di antiche grotte e arredato con gusto in un gradevole equilibrio fra antico e moderno. Nella lunga sequenza di piatti, tutti ben preparati e serviti, sono V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A EMILIA ROMAGNA segue stati particolarmente apprezzati gli antipasti, composti da diverse portate fredde e calde, abbondanti e gustose, e propriamente accompagnate da un ottimo Sauvignon Winkl, il pesce cotto sulla teglia di Montetiffi, nonché il delicato semifreddo al miele e pistacchi che ha completato degnamente la cena. Più controverso il giudizio sul carciofo ripieno di mazzancolle e gratinato al forno, anche in relazione al difficile abbinamento con il vino. Ottimo il rapporto qualità/prezzo. In complesso un’esperienza molto positiva nello spirito di ricerca della cultura gastronomica ed enologica del territorio. FAENZA 18 aprile 2011 Ristorante “La Cavallina” di Vincenzo Casadio, fondato nel 2002. ●Via Antonio Masironi 6, Brisighella (Ravenna); = 0546 80520, fax 0546 81828; coperti 60+70. ● Parcheggio incustodito; prenotazione consigliabile; ferie due settimane a ottobre e febbraio; giorno di chiusura martedì. ● Valutazione 7,50; prezzo € 30,00; accogliente. Le vivande servite: bavarese di formaggio caprino; “curzul” con guanciale e scalogno; guanciale di vitellone su vellutata di fagioli cannellini; millefoglie con crema chantilly e fragole. I vini in tavola: bianco Manzoni 2009 (cantina Furlan); Pignoletto frizzante (cantina Quattro Ville); Sangiovese superiore Novilunio (cantina Romandiola); Moscato d’Asti (cantina La Gatta). Commenti: La riunione conviviale si è svolta presso questo piacevole locale immerso nella valle del Lamone a 300 metri dal centro storico di Brisighella. La struttura, ricavata da antichi edifici rurali, era una vecchia stazione di posta dell’Ottocento. I piatti serviti, sapientemente presentati dal proprietario, il sig. Vincenzo Casadio, sono stati abilmente preparati, con prodotti del territorio, dallo chef, il figlio Marco. Molto apprezzati la bavarese di caprino, i “curzul” conditi con un sugo particolarmente equilibrato e il dessert. Unico aspetto poco favorevole del locale, l’acustica. Buono il rapporto qualità/prezzo. FERRARA 5 maggio 2011 “Il Ristorantino di Colomba” di Colomba Ghiglia, fondato nel 2002. ● Vicolo Mozzo della Agucchie 15, Ferrara; =0532 761517, anche fax; coperti 40. ●Parcheggio scomodo; prenotazione consigliabile; ferie dal 4 al 20 luglio; giorno di chiusura mercoledì. ● Valutazione 7,50; prezzo € 50,00; accogliente. Le vivande servite: melanzane alla giudia su crostini con salsa di melanzana affumicata e melone; salame d’oca e petto d’oca affumicato e affettato con insalatina di misticanza; pappardelle di kamut e segale integrale condite con sugo vegetariano; girello di manzo affumicato a legna in carpaccio su insalata di finocchi, mele e arance; crostata di mele alla giudia. I vini in tavola: Roero Arneis 2009 (azienda Cornarea); Refosco dal Peduncolo rosso (azienda Conte D’Attimis Maniago); Liquore Mon Amour di Fortana (azienda Mattarelli). Commenti: Il menu ha rievocato alcune tradizioni della cucina ebraica ed è stato molto gradito. Particolarmente apprezzato un vino liquoroso proprio della tradizione ebraica. A fine cena la chef Colomba Ghiglia, lasciati i fornelli, ha dottamente intrattenuto i convitati su abitudini, usanze e preparazioni di cibi di cultura ebraica. LUGO DI ROMAGNA 14 aprile 2011 Ristorante “Roccà” di Lorenzo Xella, Alessandro Dembech e Fabrizio Marchetti, fondato nel 2011. ●Via Magnapassi 22, Lugo (Ravenna); =093 0551670; coperti 70. ●Parcheggio scomodo; prenotazione consigliabile; ferie ottobre; giorno di chiusura lunedì. ●Valutazione 7,20; prezzo € 45,00; tradizionale, caratteristico. Le vivande servite: tartare di filetto di manzo con mozzarella di bufala e avocado; tortelli ripieni di ricotta con fave fresche al profumo di zenzero; tagliata di manzo al sale di Cervia con sfiandrine grigliate; mascarpone di Dembech. I vini in tavola: Tocai Collio Doc 2009 (Gradis’ Ciutta San Floriano del Collio, Friuli); Estremo 2009 Igt (tenuta Pennita, Forlì); Drei Donà Doc 2007 (Sauvignon superiore riserva, tenuta La Palazza). Commenti: La riunione conviviale si apre con un originale antipasto, bianco rosso e verde in tema con i festeggiamenti relativi ai 150 anni di Unità nazionale. I sapori si sposano perfettamente con i due vini: il fresco Tocai e il particolare Estremo. I tortelli sono delicati ma di poca personalità, un poco insipidi, le fave sono deliziose. La pasta arriva un po’ scotta e non si sente lo zenzero. La carne è di ottima qualità e molto tenera, accompagnata con funghi assai saporiti. Il mascarpone è molto particolare, certamente abbondante, e lo chef Dembech ha creato una mousse leggera e deliziosa. PARMA BASSA PARMENSE 18 maggio 2011 Ristorante “Locanda Stendhal” di Federica e Laura Monici, fondato nel 1946. ●Località Sacca 80, Colorno (Parma); =0521 815493, anche fax; coperti 100. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile. ●Valutazione 7,50; prezzo € 40,00; elegante, tradizionale, accogliente. Le vivande servite: selezione di salumi; sformatino di ricotta al parmigiano con vellutata di piselli, uova di quaglia e tartufo nero; bomba di riso al piccione; bomba di riso all’anatra; verdure gratinate e al forno; sorbetto salvia e timo. I vini in tavola: Lambrusco, Malvasia (ambedue dello “Stendhal”). Commenti: Piacevolissima serata alla scoperta di un piatto di grande tradizione ma di rara presenza nella ri- storazione. Le Simposiarche Giusi Sassi e Roberta Paladini hanno pensato di proporre la bomba di riso, piatto del quale Elisabetta Farnese, regina di Spagna (moglie di Filippo V), era particolarmente ghiotta. Questa è un’antica specialità che veniva preparata in occasione della festa della Madonna, il 15 agosto. Il Delegato Massimo Gelati ha introdotto i due relatori d’eccezione, il dott. Andrea Zanlari, presidente della Camera di commercio locale e docente di storia della cucina, e il dott. Marino Marini, bibliotecario di “Alma”, che hanno deliziato i presenti con interessanti aneddoti sulla storia della bomba di riso. Presente il Coordinatore territoriale Vittorio Brandonisio. Molto apprezzate le preparazioni dello chef, sia nella versione di bomba al piccione che di bomba all’anatra. REGGIO EMILIA 27 aprile 2011 Ristorante “La Ruota” di Giacomo Quantelli, fondato nel 2005. ●Via Livatino 8, Dinazano di Casalgrande (Reggio Emilia); =0522 848266, fax 0522 722450; coperti 50. ● Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie 15 giorni in agosto; giorno di chiusura domenica. ● Valutazione 7,50; prezzo € 35,00; raffinato, tradizionale, familiare. Le vivande servite: aperitivo con stuzzichini; crema di ceci con chips di pancetta; risotto con asparagi; tortelli di bietole alla “Ruota”; tagliata di scottona con soffritto; scaldadito di agnello con contorno di bastoncini di zucchine in tempura; sorbetti di frutta assortiti; torte e dolci della casa. I vini in tavola: Prosecco Motivo (azienda agricola Borgo Melino - Treviso); Lambrusco di Sorbara Dop (cantina Villa di Corlo); Sangiovese di Romagna Vqprd 2008 (Medonio di Bertinoro). Commenti: Numerosi Accademici reggiani si sono ritrovati in un locale, non ancora visitato dalla Delegazione, ove hanno gustato dei piatti sapientemente preparati secondo un menu predisposto dal Simposiarca Renzo Casta- C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 5 2 gnetti. Nelle varie portate si alternavano piatti tradizionali e altri frutto della fantasia e dell’abilità del cuoco. Buono nel complesso il giudizio (se espresso come valutazione complessiva della cucina ancora migliore: 8 anziché 7,50). REGGIO EMILIA 18 maggio 2011 Trattoria “Osteria Giardino” di Curzio Carretta, fondata nel 2010. ●Strada statale 63 m 275, Santa Vittoria di Gualtieri (Reggio Emilia); =348 4555610; coperti 200. ● Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione non necessaria; ferie 13-20 agosto; giorno di chiusura lunedì sera e martedì. ● Valutazione 7,70; prezzo € 30,00; tradizionale, familiare, accogliente, caratteristico. Le vivande servite: aperitivo con stuzzichini (scaglie di grana, ciccioli, polenta fritta, frittatine ecc); tortelli verdi di spinacetti e ricotta con burro e salvia; risotto “Biliana” con salsiccia; lombo di maiale al forno, punta di vitella al forno; contorni (spinaci al burro e patate al forno); crema mantecata con fragole; zuppa inglese “vittorina”. I vini in tavola: Lambrusco (cantina Chiara del Pescatore); Lambrusco mantovano (Cantina di Sabbioneta); Lambruscone reggiano (cantina Casali); Gutturnio piacentino; Prosecco di Valdobbiadene (Cantina di Soligo). Commenti: Numerosi Accademici e familiari sono intervenuti alla “cena all’osteria”, che si avvia a essere una tradizione della Delegazione. In questa occasione il Delegato ha illustrato i punti principali del programma autunnale che comprende anche la celebrazione del cinquantenario della Delegazione reggiana. La cena ha meritato un’eccellente valutazione gastronomica che ha avuto i punti forti nel ricco aperitivo svoltosi nel giardino fiorito del locale, nel risotto con la salsiccia preparato con il riso della storica risaia locale Biliana, nelle carni al forno, nella zuppa inglese con le varianti locali. Buoni i vini serviti in abbinamento con le varie portate. V I T A RICCIONE E CATTOLICA 17 maggio 2011 Ristorante “Le Vele” di Fabio Venturini, fondato nel 1999. ●Via Litoranea sud, spiaggia zona 70, Misano Adriatico (Rimini); =0541 611399, anche fax; coperti 90. ●Parcheggio incustodito; prenotazione consigliabile; ferie dal 10 al 20 febbraio; giorno di chiusura mercoledì (tranne in agosto). ●Valutazione 8,90; prezzo € 50,00; accogliente. Le vivande servite: panetti tostati con burro salato, salmone selvatico Alaska e alici spagnole; zuppetta di canocchie; baccalà crudo, cotto e mantecato; risotto al sugo di vongole e cannelli; trancio di ombrina alla griglia con spinacio croccante e finocchio gratinato; sorbetto esotico al frutto della passione, granita al lime e acqua di fragole. I vini in tavola: Brut cuvée Prestige 2011 Docg Franciacorta (Ca’ del Bosco, Erbusco - BS); Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc classico “Le Vaglie” 2010 e Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc classico riserva “Le Vaglie” 2008 (ambedue dell’azienda Santa Barbara di Stefano Antonucci, Barbara - AN). Commenti: Il ristorante si trova sulla spiaggia di Misano Adriatico. Il titolare signor Fabio Leardini accoglie gli avventori con entusiasmo e passione, doti che ha saputo trasfondere a tutti i suoi collaboratori, in sala e in cucina, formando due brigate molto ben organizzate. I piatti proposti agli Accademici e ai loro ospiti si sono rivelati eccellenti sia per le materie prime utilizzate, sia per la presentazione, sia per la loro piacevolezza al palato; una menzione particolare meritano la zuppetta di canocchie, l’ombrina e il sorbetto. Molto gradito l’abbinamento con i vini, cordiale ed efficiente il servizio, piacevole l’ambiente. RIMINI 19 maggio 2011 Ristorante “Il Pesce Innamorato” di Bruno e Daniele Angeli, fondato nel 2009. ● Via Trieste 3/A, Rimini; D E L L ’ A C C A D E M I A =0541 55305, anche fax; coperti 100. ● Parcheggio sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie variabili; giorno di chiusura lunedì. ● Valutazione 7; prezzo € 48,00; caratteristico. ce di balsamico; risotto allo zafferano di Navelli con gelato di parmigiano delle vacche rosse; ossobuco di vitello e cappuccino di patate; cristalli di sorbetto alla mela verde su coulis di fragole. Le vivande servite: insalata di crostacei al pompelmo rosa e olive nere, misticanza d’insalate all’olio vanigliato; filetto di ombrina marinato al miele e rosolato al rosmarino con crema di cannellini e porri croccanti; involtino di rombo con asparagi e guanciale su crudo di germogli e asparagi; timballo di riso, piselli e pesce spada con parmigiana fluida di spinaci; gnocchetti neri con cipollotti, branzino e peperoni in emulsione di basilico; filetto di orata, patate e carciofi in salsa caprese tiepida; semifreddo alle nocciole e anice glassato. I vini in tavola: Le Volte (Tenuta dell’Ornellaia). I vini in tavola: Gewürztraminer (Hofstätter). Commenti: Il ristorante è un locale caratteristico di Rimini, molto frequentato e di successo. Non è molto grande, ma è arredato piacevolmente, con possibilità nel periodo estivo di mangiare all’esterno. Lo chef Loris Casanova è molto fantasioso, proponendo piatti di pesce tradizionali con gradevoli rivisitazioni. Il menu offerto, quindi, ha sorpreso positivamente e sono stati frequenti i commenti degli Accademici, che cercavano di capire le modifiche apportate alle varie pietanze. Il vino Gewürztraminer esaltava i piatti proposti ed è stato molto apprezzato. SALSOMAGGIORE TERME 5 maggio 2011 Ristorante “I Due Foscari” di Marco Bergonzi e Roberto Morsia, fondato nel 1965. ●Piazza Carlo Rossi 15, Busseto (Parma); = 0524 930039, fax 0524 91625; coperti 35. ●Parcheggio incustodito; prenotazione consigliabile; ferie prime tre settimane di agosto; giorno di chiusura lunedì. ● Valutazione 8; prezzo € 63,00; elegante. Le vivande servite: millefoglie di foie gras d’oca e cotechino con gel al Porto e goc- Commenti: Il ristorante si conferma uno dei migliori ritrovi enogastronomici della zona. Come ha sottolineato il Vice-Delegato Roberto Tanzi, la riunione conviviale è stata resa particolarmente interessante dalla relazione dell’Accademico Elio Rinaldi, che ha avuto come argomento “Il lardo di Colonnata: alimento e… farmaco”. Apprezzato anche il menu concordato dall’Accademico Simposiarca Angelo Campanini con Marco Bergonzi e Roberto Morsia, una proposta di piatti non ancora in carta che gli Accademici hanno positivamente valutato. L’antipasto ha incontrato profumi e sapori di tre nazioni, mentre il primo ha fuso la tradizione del risotto accompagnandolo con l’innovazione di un gelato di parmigiano. Innovazione proseguita col secondo, una particolarissima variante dell’ossobuco, dove osso e midollo sono stati cucinati insieme e l’osso ricreato da un sedano rapa con all’interno la pasta ottenuta con questa particolare preparazione. Poi un finissimo sorbetto e, a tutto pasto, la personalità di un vino della Tenuta dell’Ornellaia. SALSOMAGGIORE TERME 19 maggio 2011 Ristorante dell’agriturismo “Ciao Latte” di Roberto Peveri, fondato nel 2004. ●Via Borghetto 15, Borghetto di Noceto (Parma); =0521 624035, fax 0521 624400; coperti 100. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie gennaio e dal 15 luglio al 15 agosto; aperto venerdì e sabato sera, domenica a mezzogiorno. ●Valutazione 6,50; prezzo € 25,00; rustico. al prezzemolo e peperone; tosone condito con cipolle cotte al forno e uvetta sultanina; bocconcini di ricotta con salsa di legumi, prezzemolo e mele; crema di formaggio e schiacciatina; palline di parmigiano e di ricotta fritte, con salsa di cipolle; frittatina alle ortiche; polenta fritta, stracchino e rucolina; tortelli d’erbette; risotto ai formaggi; guancialini di manzo in umido; torta del vescovo; torta di ricotta. I vini in tavola: Gutturnio (Sforza Fogliani); Gutturnio (azienda agricola Roberto Carciofi di Bacedasco); Franciacorta brut (Fratus). Commenti: La Delegazione ha posto attenzione agli agriturismi del territorio visitando il “Ciao Latte” di Borghetto di Noceto. La riunione conviviale ha avuto come ospiti il Delegato di Parma Gioacchino Iapichino e il Past-Delegato Giorgio Orlandini, assieme ad alcuni altri Accademici parmigiani. Simposiarca della serata è stato il Vice-Delegato Roberto Tanzi, che tracciando una breve storia del luogo, posto lungo la via dei pellegrini romei, ha spiegato come si sia voluto focalizzare il menu della serata sui prodotti lattiero-caseari di un agriturismo vocato all’agricoltura biologica. L’allevamento di capi bovini di razza frisona e vacche rosse reggiane con foraggi e cereali biologici fa risaltare il ciclo produttivo della trasformazione del latte in parmigiano reggiano e permettere la lavorazione di formaggi di qualità superiore. Questo il motivo di una lunga ma piacevole sequenza di antipasti a base di tutti i tipi di formaggi prodotti direttamente nel caseificio aziendale e presentati con abbinamenti curiosi e interessanti. Prodotti caseari alla base anche dei due primi, mentre i guancialini in umido provengono dagli animali allevati in loco. Le vivande servite: scaglie di parmigiano con salsa di cipolle e peperoni, e pere cotte nel vino rosso; fiocchi di ricotta di giornata con salsa C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 5 3 TOSCANA APUANA 19 maggio 2011 Ristorante “Gene” del “Bagno Conte” di Manuel e Nicola Frediani, fondato nel 2011. ●Viale Amerigo Vespucci 46, Marina di Carrara (Massa Carrara); =0585 855335, fax 0585 630209; coperti 50+70. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie una settimana a novembre e una a gennaio; giorno di chiusura lunedì (da settembre a giugno). ●Valutazione 7,20; prezzo € 45,00; elegante. Le vivande servite: tapas di mare: tartara di palamita con terryaki e wasabi; salmone con dijon e aneto; cannolicchio scottato all’aglio; polpo con patate, porro e olive taggiasche; pacchero con ragù di pesce di fondale; spada alla fiamma con salmoriglio di capperi e olive e verdure croccanti; nido di pasta cataifi con fragole e crema chantilly. I vini in tavola: Ribolla gialla e Friulano (ambedue di Cozzarolo 2010); Chardonnay Di Leonardo. Commenti: Serata dedicata alle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, durante la quale il dott. Lanmarco Laquidara ha presentato una relazione dal titolo “La cucina del Risorgimento”, con un’appendice di ricette che si richiamavano al periodo risorgimentale. Per l’occasione si sono attivati due Simposiarchi, Vannini e Maggini, che hanno curato sia gli aspetti storici che quelli gastronomici. Il locale è piacevole, posto su una terrazza sul mare dove si è gustato l’aperitivo osservando il tramonto dietro l’isola del Tino. Molto godibile la cena, curata la presentazione dei piatti con un servizio semplice ma svelto. Eccellenti i paccheri al ragù di pesce di fondale. Gli Accademici, solitamente parchi nel formu- V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A TOSCANA segue lare i giudizi, nell’occasione hanno elargito votazioni importanti. La Delegazione rivisiterà il locale, tra qualche mese, per verificare se lo standard della cucina rimane così buono o, meglio ancora, si eleva maggiormente. Ha partecipato Franco Cocco, Coordinatore territoriale, che ha portato i saluti del Presidente Ballarini. CHIANCIANO 30 aprile 2011 Ristorante “Zaira” di F. Fastelli e D. Rubechi, fondato nel 1960. ●Via Arunte 12, Chiusi (Siena); = 0578 20260; coperti 60. ● Parcheggio incustodito, scomodo; prenotazione consigliabile; ferie da stabilire; giorno di chiusura lunedì. ●Valutazione 7,50; prezzo € 40,00; tradizionale, accogliente. Le vivande servite: frittura di verdure di stagione, cipolle cotte al forno, patate al sale grosso; gnocchetti di pane al pecorino di Pienza in crosta; tagliatelle ai porcini e zafferano; noce di vitellina impepata con macedonia di verdura; anatra disossata con finocchio selvatico e sformato di zucca; crostata di farro; bavarese al caffè. I vini in tavola: Prosecco superiore Valdobbiadene Mionetto; Chianti Poggio alle Ripe 2006; Brunello di Montalcino Campogiovanni 2005; Muffa Nobile azienda Palazzone 2007. Commenti: Ristorante di vecchia tradizione ora preso in gestione dai familiari del precedente proprietario. Cucina tradizionale molto curata. Molto apprezzati gli gnocchetti di pane al pecorino di Pienza e l’anatra al finocchio selvatico. Ottima la scelta dei vini. COSTA DEGLI ETRUSCHI 25 marzo 2011 Ristorante “Bagatelle” di Fabio Creatini e Mauro Bazzichi, fondato nel 1992. ●Via Carlo Ginori 51, Cecina Mare (Livorno); =0586 620089; coperti 50+20. ● Parcheggio incustodito; prenotazione consigliabile; giorno di chiusura mercoledì, giovedì a pranzo. ●Valutazione 7,50; prezzo € 45,00; accogliente, elegante. Le vivande servite: aperitivo con il suo arancino; tonno in crosta di riso nero con salsa di Franciacorta e pistacchi; stoccafisso e polenta alla garibaldina; chitarrine astice e tartufo; raviolo di patata all’affumicato con calamari e asparagi; spigola di mare con spuma di gambero, cotta sottovuoto con crema di crostacei e tortino di spinaci; bonetto dei Mille. I vini in tavola: Valentina Vermentino Doc 2009, Gualdo del Re; Falanghina Docg 2009, Cantina dei Monaci; Moscato d’Asti Docg, Gianni Doglia. Commenti: In occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, la Delegazione ha organizzato una riunione conviviale nell’intento di ricordare quest’avvenimento con riferimento ai particolari legami tra Garibaldi e il nostro territorio. Oltre ad Accademici e gentili ospiti hanno partecipato alla serata: Giampaolo Ladu, Delegato di Pisa-Valdera, e Maurizio Luperi, Delegato di Volterra. Rossana Ragionieri, giornalista e scrittrice, appassionata di storia del Risorgimento, nonché Accademica di Empoli, ci ha parlato del suo bel libro “Garibaldi a Livorno”. In particolare ha fatto riferimento al Garibaldi a tavola, con notizie sulle sue pietanze preferite e illustrando gusti e curiosità cucinarie legate all’Eroe dei due mondi. Fra i piatti serviti due in particolare hanno ricordato la speciale occasione della serata: lo stoccafisso e polenta alla garibaldina e il bonetto dei Mille. Apprezzati il tonno in crosta di riso nero, le chitarrine astice e tartufo e il dolce. Buono il servizio, veloce e competente. EMPOLI 11 maggio 2011 Agriturismo “Tenuta Bacco a Petroio” della famiglia Pratelli, fondato nel 2010. ● Via Villa Alessandri 18, Vinci (Firenze); = 0571 509583, fax 0571 1833447; coperti 50. ●Parcheggio in- custodito; prenotazione consigliabile; giorno di chiusura mercoledì a mezzogiorno. ●Valutazione 7,20; prezzo € 35,00; familiare, tradizionale, accogliente, caratteristico. Le vivande servite: aperitivo con schiacciate toscane all’olio extravergine d’oliva; antipasto di salumi di cinta senese, crostini tipici toscani ai fegatini, pomodorini freschi e bruschetta all’olio extravergine d’oliva con sott’oli, pane arrostito con cavolfiore bollito e condito con olio extravergine d’oliva; coniglio in umido con carducci e carciofi; formaggio e pere; torta di mele. I vini in tavola: Orpello Igt, Sangiovese Igt, Chianti riserva Sagace Docg, Vin santo Doc (tutti della tenuta Bacco a Petroio). Commenti: Il menu scelto centra l’obiettivo dell’Accademia: conoscere, recuperare e salvare i prodotti tipici della cucina tradizionale locale. In questa fattoria, proprietà della famiglia Pratelli, viene curata la produzione dell’olivo, vengono allevati bovini di razza chianina e suini di cinta senese. Lo chef non è uno solo ma un’intera famiglia. Il Simposiarca Simone Pezzatini ha svolto egregiamente il suo ruolo riscuotendo l’apprezzamento degli Accademici. LIVORNO 16 aprile 2011 Circolo ufficiali della Marina militare “Amm. F. Mimbelli”, diretto dal comandante Luigi Grossi. ●Valutazione non effettuata. Le vivande servite: crostini all’acciuga sotto sale, melanzane in carrozza e trancio di pissaladiere; involtini di ricotta e verdure al sugo di pomodoro; stoccafisso alla garibaldina; bignè alla crema e al cioccolato, torta di noci. I vini in tavola: Vino rosso e vino rosato di aziende delle colline livornesi annata 2009, della cantina del Circolo. Commenti: Il pranzo tematico “Garibaldi a tavola e… innamorato”, si è svolto nell’elegante contesto del Circo- lo ufficiali della Marina militare di Livorno, grazie all’interessamento del comandante dell’Accademia navale ammiraglio Pier Luigi Rosati, presente con il Segretario Generale dell’Accademia Paolo Petroni, e altre autorità accademiche e cittadine. Molto apprezzata la scelta delle pietanze, svolta mediante un “confronto ai fornelli” di qualche giorno prima nell’istituto alberghiero statale di Rosignano Solvay, tra uno degli chef dell’Accademia navale, Riccardo Bracaloni, e la contitolare e chef del ristorante enoteca “Via di Guinceri” (Collesalvetti), signora Cristina Fagiolini. Non molti conoscevano la pizza bianca alle cipolle, o pissaladiere, di origine nizzarda, che era molto cara all’Eroe dei due mondi. LUCCA 29 aprile 2011 Ristorante “Al Lombardo” di Anna Maria Puccetti, fondato nel 1960. ●Località Pieve Santo Stefano, Lucca; =0583 394268, fax 0583 349091; coperti 80. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione necessaria; ferie gennaio; giorno di chiusura lunedì. ● Valutazione 7,40; prezzo € 35,00; familiare. Le vivande servite: verdure fritte e bocconcini di grana; tortino di melanzane, pomodori e salsa di parmigiano; tortelli di carne al ragù; lombo di coniglio farcito con cipolline padellate; pepolino fagioli cannellini e patate; semifreddo di biadina lucchese e pinoli. I vini in tavola: Prosecco; Urlo di Lupo, fattoria Maria Teresa. Commenti: La brava Francesca, figlia della proprietaria, ci ha servito per dessert un semifreddo di pinoli e biadina, secondo un’antica ricetta lucchese, ricca di un mélange di vari liquori. La serata si è svolta in un clima di particolare convivialità, come non si vedeva da tempo: cene come questa, che hanno il sapore delle vecchie gite fuori porta, andrebbero fatte più spesso perché gli ambienti campestri stimolano la serenità più di ogni altro; il servizio, piuttosto lento, è stato C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 5 4 tuttavia molto preciso; gradevole l’ambiente, molto disponibili i proprietari. Giusto il rapporto qualità/prezzo. LUCCA 13 maggio 2011 Ristorante “Bar Tambellini” di Manuela Tambellini, fondato nel 1870. ● Via per Sant’Alessio 1043, Sant’Alessio (Lucca); =0583 342077; coperti 45. ●Parcheggio incustodito; ferie agosto; giorno di chiusura domenica. ●Valutazione 7,65; prezzo € 35,00; raffinato. Le vivande servite: entrée di garmugia; risotto all’antica; scottiglia; dolce della casa. I vini in tavola: Prosecco di Valdobbiadene Casalini; Rosso della Colline Lucchesi azienda agricola “Val di Sole”. Commenti: La serata si è svolta in un clima di familiarità grazie all’ambiente piacevole e allo stile di una locanda ben arredata, ma soprattutto grazie alla sapiente organizzazione del Simposiarca, l’Accademico Pierluigi Pierallini, che ha saputo mettere la signora Manuela Tambellini in condizione di esprimere le sue doti cucinarie, che hanno regalato piatti della tradizione lucchese assai ben cucinati e presentati. La serata ha avuto inizio nel cortile dove è stato servito l’aperitivo, molto apprezzato. Il risotto al ragù era cucinato come una volta. Il dessert infine era ottimo. Una bella serata gastronomica basata su piatti semplici ma ottimamente cucinati con gran merito, degli artefici, che gli Accademici e i numerosi ospiti hanno dimostrato di gradire molto, così come gli interventi del Delegato, del Simposiarca e della signora Manuela Tambellini, che ha illustrato le scelte dei piatti nonché la loro origine. MAREMMA (GROSSETO) 15 aprile 2011 Ristorante “Terra di Nello, Osteria Rurale” di Gianni Massai, fondato nel 2006. ●Località Poggetti, Castiglione della Pescaia (Grosseto); =347 9546258; coperti 40. ●Parcheggio custodito; pre- V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A notazione consigliabile; ferie dal 2 novembre al 15 dicembre e due settimane in primavera; giorno di chiusura martedì. ●Valutazione 7,40; prezzo € 40,00; accogliente. sto; giorno di chiusura da lunedì a mercoledì, domenica, e dal giovedì al sabato a mezzogiorno. ●Valutazione 7,70; prezzo € 40,00; accogliente, caratteristico. Le vivande servite: uovo in coppetta di pasta sfoglia con pomodorini al forno, scaglie di pecorino e condita di fave sbucciate; pan di ricotta e anacini con capocollo in carta gialla e salsa verde all’aglietto selvatico; cannellone di ricotta e patate con ragù bianco di asparagina in secondo raccolto e asparagi selvatici; fricassea d’agnello; brasato di guancia e garretto di manzo con olive taggiasche; fagioli cannellini ripassati in rosso con bietole selvatiche; crostata di ricotta al profumo di Maraschino. Le vivande servite: antipasto a buffet (frittelline di fiori di zucca, zuppa toscana, pappa col pomodoro, torta di verdura, formaggi con composta di radicchio, piccole crêpe ripiene di melanzana e tartufo); tagliolini alla pernice; raviolotti di Pienza con ripieno di pecorino e pinoli con scaglie di parmigiano e tartufo nero; filetti di maiale al Porto con pistacchi e nocciole; peposo con polenta; assaggi di torta tenerina, sfoglie con crema chantilly e tiramisu alle fragole. I vini in tavola: Ciliegiolo in purezza Rotulaia 2009 (azienda Rascioni Cecconello in Fonteblanda); Senziente Igt (podere Ranieri in Massa Marittima); Moscato d’Asti Vigna Senza Nome (Giacomo Bologna Braida in Asti). Commenti: Il ristorante, situato subito fuori dal centro abitato, è definito rurale ma in realtà è molto accogliente, rifinito nei dettagli, con stile semplice che ti fa sentire subito bene. Si può comunque definire un pezzo di Maremma vera anche se modernizzata. Il menu, scelto dal Simposiarca Ulisse Vivarelli, è stato in stile col carattere rurale del posto e ha ripercorso la tradizione locale adoperando materie prime trattate con attenzione e capacità dalla chef Alessia Morabito. Durante lo svolgimento della riunione conviviale il proprietario Gianni Massai ha illustrato le portate con vero amore e dovizia di particolari. La serata è risultata piacevole e ha incontrato il favore degli Accademici e degli ospiti. PISA 19 aprile 2011 Ristorante “Al Canto del Maggio” di Daniela e Fiorella Bacciardi, fondato nel 2003. ●Via Pugnano 10, Valtriano di Fauglia (Pisa); =050 642263; coperti 45+15 all’aperto. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie 7-21 ago- I vini in tavola: Cenaia Vermentino Igt 2007, Pitti rosso Igt 2007, Torre del Vajo rosso Igt 2006, Dolce Peccato Igt 2006 (tutti i vini proposti sono prodotti dall’azienda agricola Torre a Cenaia di Crespina, Toscana). Commenti: La Delegazione ha ripreso il programma volto alla riscoperta di esercizi di ristorazione situati fuori dalla cinta del comune, alla ricerca di antichi sapori. Il locale visitato si presenta come osteria-enoteca vocata a offrire “sapori genuini di Toscana secondo tradizione”, come riportato sul proprio biglietto da visita, e ha proposto, in accordo con il Simposiarca Savino Sardella, un menu particolarmente inte- ressante sia come cibo che come cantina. Gli Accademici hanno apprezzato le varie portate; molto graditi gli ottimi secondi, in particolare il sapido peposo, ottimi e ben presentati gli assaggi del dessert, la preparazione dei quali purtroppo ha fatto dilatare i tempi del servizio, inconveniente sottolineato da diversi partecipanti. Graditi i vini e il loro abbinamento. VALDINIEVOLE 20 maggio 2011 Ristorante “La Pecora Nera” di Luciana Armento Cenni, fondato nel 2010. ●Via San Martino 18, Montecatini Terme (Pistoia); = 057 270331, fax 057 271624; coperti 45. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie gennaio; chiusura a mezzogiorno e il lunedì in inverno. ● Valutazione 7,80; prezzo € 40,00; raffinato, elegante. Le vivande servite: aperitivi con crostini con gelato di parmigiano, melone e scamorza, prosciutto di Praga, mela renetta e Calvados, frittelline di zucchine con menta e caprino, finger di culatello e melone; asparagi al vapore ai tre sapori; risotto allo Champagne e provola affumicata; reginette con mozzarella di bufala, pomodoro fresco e carciofi croccanti; carré di maialino al tè nero Lapsang con purè di patate al camembert; coniglio in umi- do alla “Pecora Nera”; tagliata di frutta con gelato. I vini in tavola: Loccareto 2008, di solo Canaiolo (fattoria Casabianca). Commenti: Per iniziativa dell’amico Alberto Scalabrino la Delegazione torna in questo locale, che della gioventù mostra la voglia di nuovo e l’originalità, e dall’esperienza della gestione trae misura e buon gusto. Ci torna volentieri, nella convinzione di trovare qualcosa di non usuale e scontato, ma al riparo da sperimentazioni fini a se stesse. Aspettativa anche stavolta soddisfatta: ambiente d’eleganza nota, servizio puntuale e attento sotto il controllo premuroso della titolare Luciana Armento Cenni. Il ricco menu ha presentato un saggio assai apprezzato della varia offerta del locale: particolarmente graditi il risotto e le carni, la cui preparazione conferma la già detta tendenza alla “variazione”, sempre un po’ ostica ai toscani. Una menzione merita la tagliata di frutta per l’eleganza e la fantasia della presentazione. Molto buono il vino. Insomma una serata ben riuscita, confermata anche dal prezzo in rapporto alla prestazione. VERSILIA STORICA 6 maggio 2011 Ristorante “Bistrot”. ●Viale Franceschi 14, Forte dei Marmi (Lucca); =0584 89879; coperti 70-120. ●Parcheggio custodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; chiusura martedì e a mezzogiorno tranne sabato e domenica. ●Valutazione 8-9; prezzo € 80-160; elegante e raffinato con un’enoteca fornita. Le vivande servite: antipasti con saltimbocca di pescatrice con patatine saporite e battuto di pomodoro e olive taggiasche, gambero in crosta di mandorle, cipolline brasate ed emulsione di sedano e mela verde; classica bavettina sul pesce; rombo chiodato croccante agli aromi e spezie, con fave, pisellini novelli, calamaretti e salsa ai fiori di zucca; composta di frutta e sorbetti o flan alla Nutella e mantecato di mandorle. I vini in tavola: Ribolla gialla Borgo Conventi. Commenti: Antipasti originali e appetitosi. Per la classica bavettina si riconosce la maestria dello chef: è il suo piatto forte. Ottimo il pesce servito con verdurine di stagione. Apprezzato il dessert per la particolare presentazione. Curato il servizio. La Delegata Anna Ricci, Simposiarca per la serata, ha presentato il menu e ha ringraziato a nome della Delegazione il titolare David Vaiani per aver presenziato come giurato al 1° concorso enogastronomico “La cucina delle terre medicee tra innovazione e tradizione”. Al termine della riunione conviviale il Segretario LA CARNE “HALÀDA” DELLA VALLE CAMONICA Nel primo dopoguerra nasce la carne salata della Valle Camonica. Giacché in Valle Camonica erano usati molti cavalli, muli e asini, quando un animale moriva o doveva essere abbattuto non si poteva sprecarne la carne e di conseguenza l’unico modo per conservarne grosse quantità era di ricoprirla con sale e mantenerla nei luoghi più freschi della casa, solitamente la cantina, in botti o direttamente in fosse scavate nel pavimento delle cantine stesse. Quando si voleva mangiare questa carne, per togliere l’odore dovuto a una non proprio adeguata conservazione essa veniva fatta bollire con spezie e aromi e si condiva con la cipolla. Era comunque l’unico modo per assicurarsi la possibilità di mangiare una carne molto nutriente, ricca di proteine e ferro. Col passare degli anni, la carne salata venne prodotta nelle macellerie con pezzi di scarto, riposta in barili e ricoperta di sale per almeno un mese prima di essere venduta. Oggi la carne salata della Valle Camonica è stata reinventata da una macelleria della zona che la realizza con carne fresca massaggiata con sale e aromi e cotta al vapore. C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 5 5 V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A TOSCANA segue Generale Paolo Petroni, presente assieme al Coordinatore Toscana Ovest, Franco Cocco, si è complimentato per l’ottima riuscita del concorso e della riunione conviviale, consegnando il nuovo piatto d’argento dell’Accademia al titolare del ristorante. La piacevole serata si è conclusa sorseggiando un ottimo Marsala offerto dal Segretario Generale per ricordare i 150 anni dell’Unità d’Italia. MARCHE ANCONA 17 aprile 2011 Ristorante “La Pianella” di Raul Ballarini e famiglia, fondato nel 1995. ● Via Gramsci, Serra San Quirico (Ancona); =0731 880054, anche fax; coperti 80. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie novembre e gennaio; giorno di chiusura lunedì. ●Valutazione 8,50; prezzo € 40,00; familiare, rustico, immerso nel bosco con ampio spazio esterno. Le vivande servite: a buffet ciauscolo, pecorino, formaggio di fossa, prosciutto, salame di cinghiale, lardo, ricotta, pizza al formaggio, calcioni, guanciale con aceto e salvia, frittata con carciofi, frittata alle erbe pasquali, baccalà fritto, uova sode con battuto di acciughe; a tavola coratella di agnello con carciofi e budellucci, frittata ai consigli e pomodoro, trippa, ciambella pasquale, crema abbrustolita e semifreddo al bacio, caffè di cicoria con Varnelli; in giardino spaghetti primavera. I vini in tavola: Brut rosé (azienda Garofoli); Verdicchio dei Castelli di Jesi; Lacrima di Morro d’Alba; liquori ditta Varnelli. Commenti: La tradizionale rievocazione della colazione di Pasqua, che documenti fanno risalire al XVI secolo, ha avuto anche quest’anno (XII edizione) grande successo nel riproporre, in mezzo al bosco, i piatti più tradizionali, e in parte ormai abbandonati, della tradizione pasquale marchigiana. Splendida la frittata con il sugo dei consigli e pomodoro. Il dolce di Raul - crema abbrustolita e semifreddo al bacio - e la ciambella pasquale hanno completato un cammino gastronomico delizioso; il tutto prima che, in finale, nel giardino arrivassero ottimi spaghetti con sugo alle erbe. Erano presenti il Delegato di Cesena e Giuseppe Fatati della Delegazione di Terni. Un’esperienza esclusiva e indimenticabile per originalità e per le tante squisitezze rivisitate e gustate. Un modo originale di fare Accademia che ci si augura possa continuare. Il tradizionale omaggio del Delegato, un piattino decorato a mano e l’uovo pinto, ha concluso la manifestazione in un clima gioioso. ANCONA RIVIERA DEL CONERO MACERATA 15 maggio 2011 Agriturismo “L’Antico Gusto” di Stefania Moretti, fondato nel 2001. ●Contrada Biordi 12, Penna San Giovanni (Macerata); =0733 669293; coperti 90. ● Parcheggio custodito; prenotazione consigliabile. ●Valutazione 6,50; prezzo € 28,00; familiare. Le vivande servite: affettati di salumi (ciauscolo, coppa, lonzino), formaggi freschi e ricotta di pecora, tutti e tre dell’azienda, coratella di agnello, fagioli con cotiche; frescarelli; lasagne con rigaglie di pollo; carni alla brace; zuppa inglese. I vini in tavola: vino rosso di produzione aziendale. Commenti: La riunione conviviale organizzata dalle due Delegazioni di Macerata e Ancona-Riviera del Conero si è svolta in un agriturismo a conduzione familiare, in posizione incantevole, immerso nella natura. Eccellente la scelta delle materie prime che si è evidenziata sin dagli antipasti. Meno brillante è apparsa la cura della carne alla brace. Molto apprezzate le lasagne al forno con sugo di rigaglie di pollo. Gli interventi dei Delegati Ugo Bellesi e Sandro Marani sono serviti a illustrare l’origine e le caratteristiche dei “vincisgrassi”, nettamente diversi dalle lasagne. Nel complesso è stato un appuntamento gastronomico piacevole, concluso con la consegna alla chef Stefania Moretti del piatto d’argento dell’Accademia e con un doveroso ringraziamento ai Simposiarchi Luciano Squartini e Gianni Cammertoni. Da segnalare il giusto rapporto qualità/prezzo e l’ottimo servizio ai tavoli. FERMO 8 aprile 2011 Ristorante “Nautilus” presso l’hotel “Royal” di Royalre srl, fondato nel 1993. ●Piazza O. Adami, Casabiaca di Fermo (Fermo); =0734 642244; coperti 120. ●Parcheggio sufficiente; prenotazione necessaria; ferie non previste; giorno di chiusura nessuno. ● Valutazione 8; prezzo € 50,00; elegante. Le vivande servite: entrée di melanzane Elia (mousse di melanzane con paprika dolce); felafel (polpettine di legumi e vegetali fritte); uova nere (uova sode bollite con fondi di caffè); hummus (mousse di ceci); palline di azzime in brodo di carne; gnocchi di Pesach (gnocchi di patate al burro fuso e zenzero); agnello arrosto; carciofi alla giudia; frittelle di zucca allo zenzero; charoset (mostarda di frutta secca al cucchiaio); datteri. I vini in tavola: Lacrima di Morro d’Alba (azienda Velenosi); Rosso Piceno superiore Brecciarolo. Commenti: La Delegazione ha celebrato il mese della cultura sostenendo l’iniziativa dell’Accademica Clarissa Marzialetti, la quale ha proposto un itinerario che, partendo dal libro di Moni Ovadia, “Il conto dell’ultima cena”, ha condotto alla realizzazione di un convivio con piatti della cucina ebraica. Grazie alla passione e all’entusiasmo della Simposiarca e alla “complicità” dei due giovani e bravi cuochi, Massimiliano Fabi e Simone Amabili, gli Accademici sono stati piacevolmente conquistati da questa cucina etnica, povera di ingredienti (legumi, verdure, pane azzimo in molteplici usi di cucina) ma ricca di aromi (zenzero, paprika, cumino, cannella). Altro elemento importante è stato la molteplicità degli interventi degli Accademici con domande sui vari piatti cui esaurientemente ha fornito spiegazioni la Simposiarca. Il gradimento degli Accademici per questa degustazione sta a dimostrare la grande professionalità dello staff del “Nautilus”, anche quando viene chiamato a cimentarsi con una cucina distante dalla routine quotidiana, nella quale peraltro raggiunge degli ottimi livelli, come abbiamo potuto appurare in altre occasioni. MACERATA 14 aprile 2011 Ristorante “Apollo 17” di Maria Cristina Sagretti, fondato nel 1966. ●Via Liguria 2, Colbuccaro (Macerata); =0733 203250, fax 0733 203935; coperti 250. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione necessaria; ferie 10-20 agosto; giorno di chiusura sabato. ●Valutazione 7,50; prezzo € 30,00; familiare. Le vivande servite: coratella d’agnello con le uova; pizza dolce, “crescia” di Pasqua, ciauscolo e uova sode dipinte; caciù; minestra con fette di pane indorate nell’uovo, fritte e immerse in brodo di gallina; agnello alla Diana; braciole di agnello fritte e a scottadito; frittata di mentuccia; insalata fiorita; ciammella di Pasqua; “picù”. I vini in tavola: vino della casa. Commenti: La riunione conviviale si è svolta in una sala riservata allestita con tavoli apparecchiati in modo sobrio e ben curato. Cucina esclusivamente tradizionale, molto attenta sotto l’aspetto gastronomico e nella scelta della materia prima, privilegiando l’origine locale. Molto apprezzati sono stati: la pizza dolce, la crescia di Pasqua, i caciù, tutte le carni e i dolci. Buone la professionalità del ristoratore e l’accoglienza degli addetti C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 5 6 di sala. Presente alla manifestazione il Coordinatore territoriale Mauro Magagnini il quale ha avuto parole di encomio per la bravura della chef Silvana - che ci ha fatto apprezzare alcuni antichi sapori della locale tradizione pasquale - facendole omaggio del piatto dell’Accademia. UMBRIA PERUGIA 16 aprile 2011 Ristorante “Bigi” di Alviero Bigi. ● Località Ponte alla Pietra, Perugia; = 075 388160, anche fax. ● Parcheggio esterno non custodito; giorno di chiusura lunedì. ● Valutazione 7,50; prezzo € 45,00. Le vivande servite: fritto di carciofi, funghetti e cipolla, scaglie di pecorino; quadrucci di grano saraceno con ceci di Colfiorito; carrello di bolliti misti (petto di manzo, lingua, pollo, testina e zampetti di maiale, zampone e stinco di vitello, salsa verde, mostarda di frutta, salsa alla diavola, all’aglio, tartara, vinaigrette, radici di rafano e senape); assortimento di verdure bollite e crudité; gran buffet di dolci e frutta. I vini in tavola: Prosecco di Valdobbiadene; Monterone Grechetto Doc 2009, Colli del Trasimeno; Nero Cavalieri Pinot nero Igt 2007 Umbria, cantine Castello di Magione. Commenti: La Delegazione ha celebrato il pranzo del bollito ormai entrato di diritto fra gli appuntamenti tradizionali. Il forte richiamo esercitato sugli Accademici dal bollito è forse dovuto al fatto che in Umbria non esiste una consuetudine per questa preparazione, essendo la nostra terra adusa al consumo di cibi tipici della cucina contadina, tendenzialmente povera e legata ai campi. I numerosi Accademici e i loro ospiti hanno particolarmente apprezzato i quadrucci di grano V I T A saraceno con ceci di Colfiorito al profumo di rosmarino e hanno fatto onore alla ricchissima varietà di carni, contorni e salse proposti in abbondanza dallo chef Alviero Bigi, vero intenditore e appassionato a questa preparazione. Particolarmente apprezzato è risultato il vino Nero Cavalieri 2007. Ha partecipato al convivio, ospite del Delegato Mannarino, l’attore Paolo Villaggio, che ha intrattenuto i commensali con un gustoso e paradossale intervento sulle sue personali preferenze in materia di bolliti. Per la qualità del pranzo, per la piacevolezza della giornata, per l’ottima accoglienza, gli Accademici hanno salutato e ringraziato il Delegato con un lungo applauso. SPOLETO 29 aprile 2011 Ristorante “La Torretta” di Elio e Stefano Salvucci. ●Via Filitteria 43, Spoleto (Perugia); =0743 44954, anche fax; coperti 45+20. ●Giorno di chiusura martedì. ●Valutazione 7,70; prezzo € 30,00. Le vivande servite: bruschetta con purea di fave, involtino rustico, insalata di farro, salumi, carciofino pastellato; gnocchetti con fave fresche e prosciutto; strengozzi alla spoletina con asparagi al pomodoro; piccata di manzo in insalata ai carciofi freschi e scaglie di parmigiano; dolci misti al cucchiaio. I vini in tavola: Rosso di Montefalco (Scacciadiavoli). Commenti: Il locale è situato nella cantina di un antico palazzo con una vecchia torre medievale; all’esterno c’è una bella vista della parte antica della città, l’interno è gradevole e simpatico, l’apparecchiatura è curata e il servizio cortese e attento. Molti turisti frequentano il ristorante grazie alla vicinanza con i principali monumenti, ma questo non ha snaturato la qualità dell’offerta, anzi si possono provare piatti tipici e prodotti locali spesso preparati in maniera semplice e leggera. La visita occasionale ha confermato la buona memoria che gli Accademici avevano del locale; piccole modifiche alle ricette tradi- D E L L ’ A C C A D E M I A zionali offrono pietanze di gradevole aspetto che non risultano mai troppo grasse né pesanti. Risultato: piatti piacevoli da assaggiare in cui le verdure di stagione dominano o fanno da condimento e al termine ci si alza da tavola senza alcuna pesantezza. TERNI 11 maggio 2011 Ristorante “Taverna La Mola” di Anna Maria Felci, fondato nel 1998. ●Via del Sacramento 2, Stroncone (Terni); =0744 608100, fax 0744 609252; coperti 120. ●Parcheggio sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie variabili; chiusura a mezzogiorno tranne domenica e festivi. ●Valutazione 8; prezzo € 37,00; tradizionale, familiare. Le vivande servite: antipasto di crostini tipici di fegatini, salsetta piccante, lardo caldo, olive nere; maltagliati della nonna; taglierini Anna Maria; capretto di montagna girato alla fiamma; patata sotto la cenere e insalatina di radicchio e rucola all’aceto caldo; zuppa inglese. I vini in tavola: Bianco delle Regine 2008, Castello delle Regine, Amelia; Le Difese 2009, tenuta San Guido, Bolgheri; Bacca Rossa 2006, La Palazzola, Stroncone. Commenti: Il locale è stato riservato alla riunione conviviale e uno splendido tavolo imperiale accoglie gli Accademici; servizio professionale, il tutto orchestrato da Anna Maria Felci, chef, e da suo marito Massimo. Merito anche dei giovani Simposiarchi Giuseppe Malvetani e Luca Cipiccia che si sono dedicati alla serata con particolare cura: il risultato è stato eccellente. L’antipasto rispetta la tradizione del paese, ma il meglio arriva con i maltagliati della nonna, ricetta di famiglia che segue la stagione: pasta all’uovo tirata a mano, cotta al punto giusto e amalgamata da una vellutata crema di piselli, salsiccia, il resto è segreto della chef. Seguono i taglierini: pasta sempre perfetta, un accenno di pomodoro, profumo di erbe aromatiche, giusto livello di piccante. Capolavoro della sera- ta il capretto di montagna girato alla fiamma, presentato allo spiedo e subito servito, caldo e fragrante di profumi e sapori. Non allo stesso livello la zuppa inglese, risultata un po’ asciutta: l’uso della “bagna” (mix di liquori sul pan di Spagna) è stato intenzionalmente ridotto per non interferire con il passito Bacca Rossa, gioiello dell’azienda stroncolina La Palazzola, che l’ha accompagnata. Dei vini ottimo il rosso curato a Bolgheri da Giacomo Tachis, in abbinamento con il capretto. Gradimento unanime. LAZIO CIOCIARIA 16 aprile 2011 Ristorante “Lo Schiaffo” di Guido Tagliaboschi, fondato nel 1996. ●Via Vittorio Emanuele 270, Anagni (Frosinone); =0775 739148; coperti 60. ●Parcheggio incustodito; prenotazione gradita; ferie ultima settimana di luglio; giorno di chiusura lunedì. ●Valutazione 7,67; prezzo € 40,00; più locali molto accoglienti di ambientazione moderna. Le vivande servite: fiori di zucca farciti di ricotta al vapore, purea di patate e prosciutto di Guarcino; finifini con guanciale, asparagi selvatici e caciotta primo sale; agnello da latte al forno con salsa di alici; cicorie di campo e patate arrosto; sfogliatine con crema, pere mandorlate e cioccolato tiepido. I vini in tavola: Spumante azienda Garofoli (metodo charmat); bianco Satrico, Casal del Piglio, Aprilia; Alagna, Cesanese del Piglio; Moscato di Terracina, Templum, azienda agricola Sant’Andrea. Commenti: All’insegna della cultura e della buona tavola, la Delegazione ha trascorso una piacevolissima giornata ad Anagni, ospite Publio Viola, Coordinatore territoriale del Lazio. La Delegata, Valeria Marasca Mancini, Simposiarca per l’occasione, ha predisposto prima della colazione una visita guidata alla cattedrale. Al ristorante, dopo i saluti di benvenuto, la Delegata ha raccontato con mirabile sintesi la storia della Delegazione e le iniziative intraprese nell’arco dei 25 anni trascorsi. È seguita, rallegrata da ottimi vini, una piacevole, ottima colazione. Dalla votazione delle portate è risultato che le preferenze sono andate ai fiori di zucca farciti, ai finifini con guanciale e asparagi selvatici ma, ancor di più, alla buonissima sfogliatina con crema, pere mandorlate e cioccolato tiepido. Durante la colazione Publio Viola ha intrattenuto brillantemente i commensali sui principi formatori dell’Accademia e sulle sue finalità, spronando gli Accademici (con il suggerimento di aumentarne il numero) a lavorare per la salvaguardia dei prodotti e dei piatti tipici di zona e a incontrarsi con le altre Delegazioni limitrofe per uno scambio di idee e di iniziative. CIVITAVECCHIA 10 maggio 2011 Ristorante “Taverna dell’Olmo” di Carla Di Michele, fondato nel 1991. ●Via Tevere 4, Civitavecchia (Roma); =0766 501331; coperti 80. ● Parcheggio incustodito; prenotazione consigliabile; ferie metà novembre; giorno di chiusura lunedì. ●Valutazione 8; prezzo € 35,00; accogliente. Le vivande servite: foglie di spinaci in pastella; macedonia di polpo su foglie di mango e melone invernale; alici di paranza marinate con insalatina di finocchi e aceto balsamico di Modena; caprese di pesce con pesto di rucola e porro croccante; polpettine di tonno su vellutata di ceci; tortellini di pescatrice con salsa di Pachino al basilico su crema allo zafferano; risotto all’astice su cestino di grana; crostacei in crosta di lardo di pata negra su flan di asparagi; trancetti di pesce al finocchio selvatico; duchesse aromatiche; torta al limone su crema inglese al mandarinetto. I vini in tavola: Prosecco cuvée Heritage rosé Neirano C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 5 7 (Te. Ne. Spa Mombaruzzo); bianco Doc Terre di Franciacorta (azienda agricola Fratelli Berlucchi, Cortefranca); bianco Doc Masaccio (azienda agricola Fazi e Battaglia); bianco Dies (Abbazia Novacella, Vigneti delle Dolomiti). Commenti: Simposiarca l’Accademica Gabriella Sarracco che ha proposto la visita conviviale. La cuoca signora Carla ha preparato e servito le varie pietanze con professionalità e bravura. A partire dalla varietà degli antipasti per finire ai crostacei in crosta di lardo di pata negra, è stato un susseguirsi di piacevoli piatti. Unanime, quindi, la valutazione positiva degli Accademici anche se con una nota stonata (l’unica): dover stare strettissimi intorno ai tavoli e quindi mangiare scomodamente, data la ristrettezza della sala. LATINA 17 aprile 2011 Ristorante “Il Seminario” di Gianni Fiori, fondato nel 1995. ●Via Foresta II tratto 48, Sezze (Latina); =0773 803243, anche fax; coperti 200. ●Parcheggio custodito; prenotazione consigliabile; ferie dal 15 al 30 ottobre; giorno di chiusura lunedì. ●Prezzo € 25,00; familiare, accogliente, rustico. Le vivande servite: antipasto al “Seminario”; lacne e fagioli; tonnarelli ai carciofi; capretto e pollo al forno; carciofi e insalata; sorbetto, dolcetti. I vini in tavola: rosso Rudestro e Bianco di Caprolace, cantina Villa Gianna di Sabaudia. Commenti: Convivio per la ricorrenza della Santa Pasqua. All’inizio, dopo il saluto del Delegato Benedetto Prandi e la presentazione degli ospiti fatta dal Vice-Delegato Gianluigi Chizzoni, la Simposiarca della manifestazione Anna De Donato Nascani ha tenuto una bellissima relazione sul carciofo. Per quanto riguarda l’aspetto cucinario della manifestazione, il pranzo è stato gradito e di altro livello; le pietanze, il vino e il servizio hanno meritato il plauso. Lode a Gianni Fiori e alla sua équipe. V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A LAZIO segue ROMA 18 aprile 2011 Ristorante pizzeria “Sforno” di Antonio Praticò e Stefano Caligari. ●Via Statilio Ottato 110/116, Roma; = 06 71546118; coperti 45. ●Parcheggio scomodo; prenotazione necessaria; ferie variabili; giorno di chiusura domenica. ●Valutazione 8; prezzo € 40,00; tradizionale. Le vivande servite: selezione di antipasti; pizza cacio e pepe; pizza Greenwich; pizza Testarossa; pizza Iblea; panzanella di baccalà; verdure grigliate; sorbetti; degustazione di birre. Commenti: Simposiarchi gli Accademici Sandro Tomassi e Luca Fortis, che hanno testato una delle più celebri pizzerie di Roma, a Cinecittà. Ottime le pizze fatte con lievitazioni lunghe e mix di farina su misura: la più interessante è stata la Greenwich (mozzarella, blue stilton, riduzione di Porto). Molto buona anche la Margherita, vero banco di prova di ogni pizzaiolo che si rispetti. Il ristorante si segnala anche per l’eccellente qualità del baccalà, fatto sia in panzanelle che fritto per le crocchette, i supplì e gli anelli di cipolla. Infine tutte le portate sono state accompagnate da un’ottima degustazione di birre artigianali. Voto complessivo 8. Il ristorante è consigliato per chi cerca un posto con un giusto mix tra le vecchie trattorie di un tempo e gli orientamenti moderni. I giovani della Delegazione continuano a verificare le nuove tendenze della ristorazione, specialmente quella che risponde alle esigenze dei consumatori più giovani, controllando che anche nella nuova offerta si mantenga alta la qualità e il riferimento alle esigenze di un gusto selezionato. ROMA APPIA 20 maggio 2011 Ristorante “Osteria del Velodromo Vecchio” di Matteo Ballarini e Alessandra Sabelli, fondato nel 1995. ●Via Genzano 139, Roma; =06 7886793, anche fax; coperti 50+15. ●Parcheggio scomodo; prenotazione consiglia- bile; ferie dalla seconda settimana alla fine del mese di agosto; giorno di chiusura domenica. ● Valutazione 7,70; prezzo € 43,00; tradizionale, familiare. Le vivande servite: antipasti misti a base di pesce (con il pescato del giorno); quadrucci con piselli freschi in brodo di arzilla; linguine al coccio; cernia in guazzetto con patate; concia di zucchine; torta di ricotta e cioccolato, crostata di visciole. I vini in tavola: Greco 2009 (Cantine di Taurasi); Passito speciale del “Velodromo”. Commenti: Simposiarca il Vice-Delegato Donato Pasquariello, che nei consueti riferimenti di apertura della serata ha illustrato le caratteristiche del locale e le scelte che hanno guidato la preparazione del menu, in stretta collaborazione con lo chef Matteo Ballarini. La Delegazione ha riproposto, a distanza di alcuni anni, questo tradizionale locale romano, che prende il nome dal velodromo. I commensali - tra i quali il Delegato Publio Viola e quello di Latina Benedetto Prandi - hanno avuto la possibilità di gustare, in un ambiente familiare, alcune riuscite soluzioni di cucina marinara romana, preparate con prodotti stagionali rigorosamente del territorio. Particolare gradimento è stato espresso, oltre che per alcuni dei numerosi antipasti, per le classiche linguine al coccio e la squisita cernia in guazzetto, nonché per i tradizionali dolci fatti in casa. Unica nota stonata una certa lungaggine del servizio, che ha dilatato i tempi di chiusura della pur piacevole e simpatica serata. VITERBO 27 aprile 2011 Ristorante “Al Girasole” di Ginevra Nevi De Dominicis, fondato nel 1980. ●Località Cerasa snc, Marta (Viterbo); =0761 871448; coperti 120+70. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie non previste; giorno di chiusura martedì. ● Valutazione 7; prezzo € 35,00; familiare. Le vivande servite: carpac- cio di salmone, insalatina tiepida di calamari con carciofi, zuppetta di vongole; tagliatelle strette con scampetti, gamberi, canocchie, calamari, cozze e vongole; filetto di coregone in guazzetto con cicorietta di campo; lattarini dorati con insalatina; semifreddo al torroncino con caramello al miele; frutta in bambù. I vini in tavola: Pecorino d’Abruzzo Unico. Commenti: L’Accademico e Consultore Mario Quatrini è stato organizzatore e Simposiarca di una riunione conviviale presso un ristorante a conduzione familiare (madre in cucina e figlie in sala) in Marta, sul lago di Bolsena. Numerosa presenza di Accademici. La figlia della proprietaria, dott.ssa Laura, ha piacevolmente intrattenuto gli ospiti sui prodotti del lago e l’economia della zona, elargendo preziosi consigli sulla cucina e in particolare sul pescato del lago. Serata ben riuscita, graditi il menu misto di pesci di mare e di lago, la fattura e la simpatica ed esauriente relazione sul tema, non disgiunta dalla cordialità della famiglia titolare della struttura. ABRUZZO CHIETI 28 aprile 2011 Ristorante “Osteria la Volpe e l’Uva” di Marcello Potente, fondato nel 2009. ●Via XX Settembre 33, Cupello (Chieti); =0873 316631, anche fax; coperti 25. ● Parcheggio incustodito; prenotazione consigliabile; ferie settembre; giorno di chiusura mercoledì e domenica sera d’inverno. ●Valutazione 7,50; prezzo € 30,00; rustico. Le vivande servite: mazzaferrata a cavallo; tre calori di Cupello; maccheroncini alla cynara; polentina della campana muta; sapori alla coppa; pupe e core di mamme. I vini in tavola: Trento Doc (Cantina d’Isere); Cerasuolo d’Abruzzo Doc e Capammond e Core d’Eure (ambedue dell’azienda Sergio del Casale). Commenti: Una serata eccezionale è stata quella organizzata sotto la guida pregevole del Simposiarca, l’Accademico Filippo Pietrocola, dedicata all’impareggiabile carciofo di Cupello, capitale abruzzese della straordinaria specie mazzaferrata. L’altro aspetto di eccezionalità l’ha dato il giovane chef, Marcello Potente, che è riuscito a superarsi con un menu capace di esaltare tutte le qualità e l’estrema duttilità cucinaria del carciofo di Cupello, nonché di raccontare, con i piatti, nicchie di particolare importanza della tradizione della cittadina e del suo circondario. Preziosa e illuminante è stata la consulenza del dott. Antonio D’Adamo, direttore della Coop San Rocco, che ogni anno lavora da uno a tre milioni di succulenti carciofi per i mercati italiani e di tutto il mondo. CHIETI 14 maggio 2011 Ristorante “Al Vecchio Teatro” di Armando Carusi, fondato nel 1996. ● Corso Garibaldi 35, Ortona (Chieti); =085 9064495; coperti 60. ●Parcheggio insufficiente; prenotazione consigliabile; ferie mai; giorno di chiusura mercoledì. ●Valutazione 8; prezzo € 84,00; accogliente. Le vivande servite: preludio di pesci nell’orto; sinfonia dei trinciarelli; duetto della pescatrice e della spigola; romanza del pasticciere; nevola dal vivo. I vini in tavola: Pecorino brut Igt Terre di Chieti Unico (tenuta Ulisse); Rosato Igt Terre di Chieti Lapis e Passito di Montepulciano Suavitis (ambedue di Dora Sarchese). Commenti: La spettacolare veduta del mare di Ortona e la squisita arte cucinaria dello chef Armando Carusi e della sua brigata di cucina hanno allietato gli Accademici, in occasione della giornata dedicata a un importante even- C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 5 8 to culturale: la registrazione, con atto notarile, della ricetta della nevola, dolce tipico di Ortona, le cui radici storiche risalgono all’epoca romana e la cui tradizionale preparazione è patrimonio di tutte le case ortonesi. La riunione conviviale ha vissuto momenti esaltanti a partire dagli antipasti di pesce sposato con ortaggi di stagione, passando per i trinciarelli con scampi, fave e piselli; poi per il duetto di spigola e pescatrice fino ad arrivare a un primo dolce di gelato e torta di mele che ha introdotto la nevola, realizzata, come tradizione vuole, direttamente davanti ai commensali con la maestria e l’abilità necessarie a preparare una pasta cotta in un ferro da cialda e lavorata, a mano, a forma di cono: una specialità unica. PESCARA ATERNUM 17 aprile 2011 Ristorante “Villa Alessandra” di Riccardo De Melis, fondato nel 1973. ● Via D’Annunzio 15, Alanno (Pescara); =085 8573108, fax 085 8573687; coperti 250. ●Parcheggio custodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; giorno di chiusura domenica sera e martedì. ● Valutazione 8,25; prezzo € 35,00. Le vivande servite: gran antipasto di Pasqua: tortino di zucchine, purea di fave con crostini, torta rustica agli asparagi, fiadone, fegatini d’agnello cacio e ovo, uova sode e polpettine di ricotta; brodo con tagliolini tricolore; timballino di scrippelle; agnello farcito alla menta selvatica con ventaglio di patate e insalata di campo; cialda con fragole al limone; tris di dolci dei 150 anni (mont blanc, pastiera e cassata). I vini in tavola: Cerasuolo Villa Gemma Doc (azienda vinicola Masciarelli); Incanto Doc (azienda vinicola Marramiero); Moscato d’Asti Docg Le Fronde riserva. Commenti: Nella splendida cornice del ristorante, gli Accademici hanno festeggiato la tradizionale riunione conviviale della Domenica delle palme. La Simposiarca Barbara D’Egidio ha scelto come V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A titolo del simposio “La Pasqua e i 150 anni dell’Unità d’Italia”, creando un menu tipico della tradizione, arricchito con i piatti preferiti dai personaggi dell’epoca. Si è iniziato con un gran antipasto di Pasqua composto da varie pietanze in un’alternanza di sapori che ha riscosso grande successo. Delicato il brodo con i tagliolini tricolore, molto buono l’immancabile timballino di scrippelle, eccezionale l’agnello farcito alla menta selvatica, portato intero in sala: tutti sono rimasti entusiasti dell’armonico accostamento dei sapori. Croccante la cialda con le fragole, un’ovazione per il tris di dolci. Perfetto l’abbinamento con i vini. La chitarrina all’ortica all’unanimità è risultata il piatto più gustoso (la ricetta è un segreto della titolare, come i suoi deliziosi amaretti). Anche l’entrecote in salsa di senape e zucchine è risultata un piatto molto apprezzato. La cena si è conclusa con la crostata di ricotta e gli amaretti fatta in casa dalla signora Maria Di Felice, alla quale va il nostro plauso così come al figlio e allo chef Giuseppe Fiadone. La Delegata Paola Pelino, tra gli applausi, ha consegnato la vetrofania dell’Accademia annoverando il ristorante tra i consigliati della cucina italiana. SULMONA 27 maggio 2011 Ristorante “La Tana della Volpe” di Maria Iaconi, fondato nel 1970. ●Via Mirabilii 20, Sant’Onofrio (Teramo); =0861 553267, anche fax; coperti 70. ●Parcheggio scomodo; prenotazione consigliabile; giorno di chiusura lunedì. ●Valutazione 8,50; prezzo € 30,00; rustico. Ristorante “Excelsior” di Maria Di Felice, fondato nel 1984. ● Località Corfinio, (L’Aquila); =0864 728300; coperti 100+50. ●Parcheggio comodo, privato; ferie 1-15 novembre; giorno di chiusura lunedì. ●Valutazione 8; prezzo € 30,00; familiare, accogliente. Le vivande servite: varietà di affettati e formaggi locali, castrato in umido con carciofi, polpettine cacio e uovo, insalata di farro tiepida, caciotta di capra in padella; chitarrina all’ortica e strozzapreti all’“Excelsior”; entrecote in salsa di senape e zucchine; contorni dell’orto; grigliata di verdure; tagliata di frutta; crostata di ricotta e amaretti. I vini in tavola: Montepulciano, Trebbiano e Cerasuolo d’Abruzzo linea Cerano di Pietrantoni; Vittorito. Commenti: Su suggerimento del Delegato di Livorno, la consueta cena di inizio estate si è svolta presso questo ristorante, nel ridente paese di Corfinio, antica capitale del popolo italico. L’accoglienza viene fatta da Marianna, nuora della titolare, che ha anche curato il menu con bravura e competenza. Buoni gli antipasti, specialmente le polpettine cacio e uova e il castrato in umido con carciofi. Gustose le mozzarelline allo zafferano e la caciotta di capra in padella. TERAMO 15 aprile 2011 Le vivande servite: crostini con sardelle e peperoni fritti; “‘ndocca ‘ndocca”; mazzarella al forno, granitti; tagliolini e fagioli; timballo della tradizione teramana; spezzatino di agnello con profumi del territorio e verze strascinate; costatella di maiale con insalata mista; pizza “dogge”, pizza di Pasqua, cestino di frutta tradizionale. I vini in tavola: Pecorino Igt 2009, Montepulciano d’Abruzzo 2007, Sammarco rosso Colli Aprutini Igt 2002, Montepulciano d’Abruzzo Docg 2004, vino cotto (tutti dell’azienda vitivinicola Scialletti). Commenti: Aria da osteria ricreata nella taverna in occasione della riunione conviviale superbamente organizzata dal Simposiarca Fausto Camillini: già nel corso dell’aperitivo, i numerosi ospiti e Accademici sono entrati nel clima, con una confusione festosa. Sulle lunghe tavolate, illuminate da candele su vecchie fiaschette impagliate, sono giunti gli antipasti “robusti” come da antica tradizione teramana. Le portate sono state abbinate non con vini da osteria, ma con prelibati rossi dell’azienda Scialletti, che ha offerto una degustazione in crescendo della sua produzione. Agnello e maiale sono stati protagonisti dei secondi, cucinati secondo le antiche tradizioni caserecce della cuoca Maria, che ha consentito di riassaporare antichi gusti che solo le nostre mamme sapevano creare con i pochi mezzi allora a disposizione. nivano riempite: in molti hanno degustato solo questo piatto tralasciando i secondi, egualmente buoni ma più comuni sulle tavole. Le virtù, invece, hanno vita breve, potendosi allestire solo nei primi giorni di maggio, quando l’orto è al culmine della sua produzione di spezie, verdure e aromi, poi, ahimè, come tutte le cose preziose, scompaiono rapidamente. E bisogna aspettare un altro anno. TERAMO 7 maggio 2011 Ristorante “Antico Cantinone” di Paolo Pompa, fondato nel 1906. ●Via Ciotti 5, Teramo; =0861 250881, anche fax; coperti 90. ● Parcheggio scomodo; prenotazione consigliabile; ferie una settimana a luglio; giorno di chiusura mercoledì. ●Valutazione 8,50; prezzo € 35,00; caratteristico. Le vivande servite: appetitosi della casa; virtù teramane; agnello della “Laga” agli odori e mazzarella di primavera con patatine alla ghiotta, insalatina di stagione; pizza dolce all’antica; frutta fresca. I vini in tavola: Pecorino Doc “Ekuo” 2010, “Mario’s 37” (da uve trebbiano), Montepulciano d’Abruzzo Doc “Lui” 2009 (tutti dell’azienda agricola tenuta Terraviva Tortoreto alto, Teramo). Commenti: I numerosi Accademici e ospiti si sono ritrovati nella sala dello storico locale, il più antico della città, per degustare le virtù più classiche della tradizione, e non sono rimasti delusi. Dopo un aperitivo stuzzicante, innaffiato dai vini dell’azienda Terraviva, che si è presentata al pubblico in questa occasione, sono state prontamente servite le virtù in zuppiere fumanti e degustate in un silenzio quasi religioso. Difficile descrivere questo piatto, che si presenta all’apparenza come un minestrone, ma in realtà è tutt’altra cosa: tripudio di aromi, mix di verdure, di legumi e di paste secche e all’uovo, la cui difficoltà consiste esclusivamente nel far sì che nulla prevarichi e qui è l’abilità del cuoco. Le zuppiere, rapidamente vuotate, altrettanto rapidamente ve- MOLISE CAMPOBASSO 8 aprile 2011 Ristorante “Miseria e Nobiltà” di Maria Assunta Palazzo, fondato nel 2000. ●Via Sant’Abate 16, Campobasso; =0874 94268, anche fax; coperti 79. ●Parcheggio scomodo; prenotazione consigliabile; ferie ultime due settimane di luglio e una settimana inizio anno; giorno di chiusura domenica. ●Valutazione 8,19; prezzo € 35,00; raffinato. Le vivande servite: patate, fagioli e laccio; lasagne con stinco di maiale; crioli all’unto e cipolla con spiedo di coniglio e agnello; cagliata tricolore. I vini in tavola: Biberius Montepulciano del Molise (azienda agricola Salvatore, Ururi, CB). Commenti: Riuscitissima interpretazione a tavola del tema del convegno sulla società molisana al tempo dell’Unità d’Italia. Tre sole portate a rappresentare i tre ceti dell’epoca, tre piatti composti di primo e secondo insieme, presentati con cura anche nella scelta del pane di accompagnamento per ognuno: con farina di polenta per il piatto del cafone, una zuppa di fagioli patate e sedano, con due rondelle di cotenna di maiale farcita al cacio e uovo; pane bianco invece per il piatto del galantuomo, C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 5 9 nel quale una delicatissima lasagna ha rappresentato i pasticci sulle tavole dei ricchi e così pure lo stinco di maiale, esempio di carni dalle lunghe cotture; pane nero infine per il piatto del brigante, semplice pasta fatta in casa, a base di sola farina e acqua, condita con l’essenziale ma saporitissimo grasso di maiale e cipolla, e due piccoli spiedi di carne di agnello e coniglio. A conclusione, per dessert, una cagliata freschissima di formaggio, dolcificato con miele, posta al centro del piatto, tra una crema inglese alla menta e un coulis di fragole. Tricolori anche le decorazioni a tavola dell’Accademica Elisabetta Guarino, e arricchita del logo dell’Accademia la coccarda, offerta dal simposiarca Michelangelo De Socio. TERMOLI 16 aprile 2011 Ristorante “Casina del Porto” di Stefania Toschi, fondato nel 2002. ● Via Kennedy 77, Campomarino Lido (Campobasso); = 0875 539145; coperti 40+50. ●Parcheggio sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie mai; giorno di chiusura mercoledì. ● Valutazione 7,40; prezzo € 38,00; familiare, rustico. Le vivande servite: soppressata e filetto di maiale; fiadoni salati; ortaggi di stagione in pastella fritti; “lambasciun e ove”; frittata di asparagi; fave in padella con cipollina fresca; coratella d’agnello; “pallott cac’ e ove”; ricottine fresche e pecorino primo sale con mostarda casereccia; lasagne rosse al forno; agnello con patate al forno; crostata di ricotta; fragole al limone. I vini in tavola: Montepulciano Doc “Gironia” (cantina Borgo di Colloredo). Commenti: Il Delegato e il Segretario, organizzatori dell’incontro conviviale “Il pranzo di Pasqua”, hanno inteso tornare a gustare i manicaretti approntati da Laura, provetta cuoca del ristorante, in considerazione della sua disponibilità ad accogliere precise richieste gastronomiche e della sua ottima co- V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A MOLISE segue noscenza delle tradizionali ricette della locale cucina delle ricorrenze religiose. Il Delegato, dopo i saluti, ha presentato la professoressa Fernanda Pugliese, ammessa alla frequenza del periodo di postulantato, quindi ha illustrato il menu, concertato nel rispetto della tradizione e della genuinità e caratterizzato dalla presenza, in tutte le portate, dell’uovo, simbolo della rinascita dell’uomo e della risurrezione del Cristo. Simpatico l’intervento della Pugliese imperniato su brevi aneddoti relativi ad alcune delle pietanze servite. Ottimi tutti gli antipasti, molto buone le lasagne rosse, troppo asciutto e poco sapido l’agnello. Indovinato l’abbinamento a tutto pasto del vino della locale rinomata cantina della famiglia Di Giulio. CAMPANIA NAPOLI 11 aprile 2011 Ristorante “Tres Jolì” di Cataldo Montesano, fondato nel 2010. ●Via Posillipo 267, Posillipo (Napoli); =081 5753589; coperti 50. ●Parcheggio incustodito; prenotazione consigliabile; ferie agosto; giorno di chiusura lunedì. ● Valutazione 7; prezzo € 40,00; elegante, accogliente. Le vivande servite: insalata di gamberi e cuscus alle verdurine con nastri di seppie e fichi; raviolo di ricotta infornata e maggiorata in salsa di datteri e verdurine croccanti; in alternativa risotto con astice marinato al basilico, cremoso di melanzana affumicata ed erbette di Provenza; filetto di ricciola cristallizzata alla vaniglia con pommes ratter e insalatina aromatica; millefoglie composta in crema di vaniglia con scaglie di cioccolato e amarena. I vini in tavola: Falanghina del Taburno. Commenti: L’Accademica Daniela Rapolla ha segnalato questo locale da poco inaugurato, molto grazioso, sulla collina di Posillipo. Simposiarca della serata è stata la stessa Daniela. L’ambiente è risultato un po’ rumoroso e non si è gradito che gli odori della cucina arrivassero in sala. Molto apprezzato l’antipasto di gamberi con cuscus alle verdurine con nastri di seppie e fichi. Graditi i vini; qualche critica è stata spesa per il pesce sospettato di allevamento. È stata ospite la scrittrice Annamaria Liberatore che ha parlato del suo ultimo libro, “Insalavitudine”, presentato dal Delegato Leonardo Bianchi. PENISOLA SORRENTINA 6 maggio 2011 Ristorante “Lo Stuzzichino” di Mimmo De Gregorio, fondato nel 1989. ●Via Deserto 1, Sant’Agata sui due Golfi (Napoli); =081 5330010; coperti 50. ●Parcheggio sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie febbraio; giorno di chiusura mercoledì. ●Valutazione 8,50; prezzo € 35,00; tradizionale, familiare, accogliente. Le vivande servite: gamberetti di Crapolla sale e pepe; aperitivo stuzzichino (mozzarella in carrozza, panzarotto, crocchetta di patate); pasta e patate con provolone del monaco; mezzo pacchero di Gragnano con carciofo violetto di Castellammare e provola affumicata; ricciola del golfo alle erbe aromatiche con scarola “imbuttunata” (imbottita di uvetta, pinoli, olive); semifreddo alle noci di Sorrento con salsa al caramello. I vini in tavola: Spumante Gran Cuvée Satin di Franciacorta, azienda agricola Bellavista, Erbusco (Brescia); Aglianico “Il Preliminare” (rosso vinificato in bianco), azienda agricola Cantina del Notaio, Rionero in Vulture; Grappa di Aglianico “Bue apis” azienda agricola Cantina del Taburno. Commenti: I gamberetti passati in padella con olio, sale e pepe, portati al ristorante pochi minuti prima del- l’inizio della riunione conviviale da due pescatori, sembravano venuti fuori da un presepio napoletano dell’Ottocento. La pasta e patate nella quale era stato disciolto il provolone del monaco, una delle grandi specialità del cuoco, padre del titolare, veniva velocemente divorata ed era poi seguita da un’altra specialità di stagione, un mezzo pacchero con carciofi stufati e ridotti quasi a crema dalla provola affumicata, fusa al suo interno, altra pietanza che riscuoteva grandi approvazioni. La ricciola del golfo alla griglia, bene aromatizzata da un misto di erbe spontanee della macchia mediterranea, è stata apprezzata da tutti, al pari del semifreddo alle noci. Ottimo il vino, un rosso vinificato in bianco. Veloce ed efficiente il servizio diretto da Mimmo, il titolare (cui è stato donato il piatto in silver in ricordo della piacevole serata), coadiuvato in sala dalla moglie e da un esperto sommelier. Giudizio complessivamente positivo per l’ottimo rapporto qualità/ prezzo. Locale assolutamente raccomandabile. PUGLIA BARI 20 maggio 2011 Ristorante “Perbacco” di Giuseppe Schino, fondato nel 1998. ●Via Abbrescia 99, Bari; =080 5588563; coperti 34. ●Prenotazione consigliabile; ferie luglio, agosto, Natale; giorno di chiusura sabato a mezzogiorno e domenica. ●Valutazione 7,50; prezzo € 40,00; accogliente. Le vivande servite: sformato di carciofi; frittelle di riso; zuppa con uova e cozze; seppie con piselli; torta di pinoli. I vini in tavola: Bombino bianco di Giancarlo Ceci, Castel del Monte Doc; Fucsia rosato di Paolo Leo, Salento Igt; Parco Marano, Nero di Troia di Giancarlo Ceci. Commenti: La cena artusiana ha riscosso un notevole successo ed è stata molto apprezzata da Accademici, ospiti e amici. Una dotta prolusione del Delegato, Nicola Sbisà, ha inaugurato la serata. Prolusione che ha illuminato l’uditorio sulle caratteristiche più significative dell’importante opera del grande gastronomo. Ne sono emersi il ruolo svolto da Pellegrino Artusi e dal suo “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, nonché il prezioso contributo da lui stesso fornito ai fini dell’unificazione nazionale, attraverso la promozione non soltanto di una cucina comune, ma anche di una lingua e di una cultura comuni. BRINDISI MANDURIA 6 maggio 2011 Ristorante “Stella del Sud” di Rocco Cane, fondato nel 2007. ●Via Torre Santa Susanna 79, Oria (Brindisi); = 0831 816914, anche fax; coperti 60+20. ●Parcheggio incustodito; prenotazione consigliabile; ferie ultima settimana di agosto; giorno di chiusura nessuno. ●Valutazione 8; prezzo € 35,00; elegante. Le vivande servite: carpaccio di polpo in bottiglia; tagliolini all’uovo con fiori di zucca e speck; “fejoada”; churrasco di lombo di maiale, cupin e picanha accompagnato dai suoi contorni; ananas caldo; “stella del Sud” (dessert a sorpresa). I vini in tavola: Blangé (cantine Cerretto); Arneis Doc; Taras Primitivo Salento Igp e Aleatico passito Igp (ambedue delle tenute Albano Carrisi). Commenti: Il proprietario non proviene dalla ristorazione, ma ha trascorso, per motivi di lavoro, molti anni in Sud America e ha avuto la possibilità di individuare alcuni piatti della cucina brasiliana riproponibili a Oria, paese d’origine della sua famiglia. Un’accorta scelta delle materie prime di produzione locale (verdure, formaggi, latticini, paste e altro) completa l’offerta, già oltremodo positiva. Un’ottima e C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 6 0 fornita cantina, dove alle produzioni regionali sono affiancate produzioni nazionali e internazionali altrettanto prestigiose, aggiunge un ulteriore motivo di apprezzamento. Il forno a legna, che campeggia all’ingresso del locale, assicura l’ottima produzione giornaliera di pane e quant’altro. CASTEL DEL MONTE 18 maggio 2011 Ristorante “Corteinfiore Osteria” di Ma.Sca sas di Michele Matera & C., fondato nel 2000. ●Via Ognissanti 18, Trani (Bari); = 0883 508402; coperti 65. ● Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie gennaio; giorno di chiusura lunedì. ●Valutazione 8; prezzo € 40,00; elegante, accogliente. Le vivande servite: filetto di triglia alla verbena; coda di gambero dorato in panure al limone; sformatino di baccalà; patate e pomodorini al Sole; quiche di melanzane in pasta fillo sulla pappa al pomodoro; paccheri fatti in casa con scampetti di Molfetta e turioni di asparagi; medaglioni di pescatrice e pancetta croccante su verdurine alla brace; zuppa al Moscato di Trani con crema chantilly alle mandorle e corbeille di frutta di stagione ed esotica. I vini in tavola: Brut rosé (D’Araprì); bianco Nero di Troia (Carpentiere); rosso Primitivo Elè (Chiaromonte); Moscato di Trani (Bottà). Commenti: Con una partecipazione numerosa di Accademici e di ospiti, il Delegato Antonio Giorgino, in apertura della serata, ha comunicato la nomina a Delegato onorario, da parte del Consiglio di Presidenza, di Tommaso Jannuzzi, Delegato per tredici anni della Delegazione. La cena è stata realizzata in un ristorante ricavato all’interno di un palazzo del Cinquecento, in un giardino interno con alberi di loti, melegrane, agrumi e albicocche, con un menu a base prevalentemente di pesce. Nell’occasione il Simposiarca Roberto Claudio Mazzocca ha svolto una riflessione culturale enogastronomi- V I T A ca sul tema “L’importanza del vino nella buona cucina italiana”. Gli Accademici hanno apprezzato la qualità delle pietanze, l’accostamento del vino, la celerità del servizio. Al titolare del ristorante Michele Matera il Delegato ha consegnato il piatto del 2011 e il guidoncino della Delegazione. D E L L ’ A C C A D E M I A numerosi. Il vino non all’altezza del resto. Merita una seconda visita per migliorare il giudizio espresso. cheggio incustodito, sufficiente; prenotazione necessaria; ferie agosto. ●Prezzo € 35,00; raffinato. SICILIA Le vivande servite: aperitivo con spumante, canapè e pasticcini di pasta sfoglia; uova monachelle e crostino di pane nero con paté di fegatini di pollo; lasagne dei Borboni; aspic ai gamberi e verdurine; arrotolato tricolore con patate in tortino; crostata di ricotta; affettato di frutta. CALTAGIRONE 17 aprile 2011 BASILICATA POLLINO POLICASTRO 20 maggio 2011 Ristorante “U Zifaro “ di Vito Troccoli, fondato nel 1979. ●Via Lungomare 43, località Scario - San Giovanni a Piro (Salerno); =0974 986397, fax 0974 986271; coperti 40. ●Parcheggio scomodo; prenotazione necessaria; ferie dicembre e gennaio; giorno di chiusura nessuno. ●Valutazione 6; prezzo € 30,00; rustico. Le vivande servite: filetti di tonnetto con cipolle di Tropea e aceto balsamico; insalatina tiepida di polpo con patate e pesto di rucola; gamberi in tempura alla glassa di balsamico; agliata di alici; strascinati al ragù di baccalà e scaglie di parmigiano; linguine ai ricci di mare; calamaretti su letto di purea di patate; zuppa di alici con crostino caldo. Commenti: “U zifaro” è il nome di un uccello pescatore che, sulle sponde del mare cilentano, si industria, per mangiare, a tuffarsi molte volte in acqua riemergendo alla fine sazio. Il ristorante avrebbe potuto rappresentare il rito dello “zifaro”: gustare più piatti, apprezzarne i sapori e restarne soddisfatti. Situato sul molo di Scario questo piccolo locale promette ottimi piatti di cucina cilentana e marinara, anche se qualche piccola sbavatura non consente di dare un giudizio elevato come meriterebbe. Nel complesso una cena apprezzata da quasi tutti gli Accademici, intervenuti Ristorante “Tenuta di Bellaprima” di Luigi Jacona, fondato nel 2010. ●Contrada Carrubba, Caltagirone (Catania); =389 0334422; coperti 200. ●Parcheggio custodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; giorno di chiusura lunedì. ●Valutazione 7,30; prezzo € 25,00; caratteristico. Le vivande servite: spremuta di arance; salatini; frittatine di piselli e asparagi; pecorino con fave fresche; caponata; uova alla monachina; pennette alla rucola; costolette ripiene; caponata di carciofi; arance brinate; biancomangiare con cannella. I vini in tavola: vino della casa; Prosecco. Commenti: Quest’anno ci siamo scambiati gli auguri di Pasqua nell’agriturismo sito nell’antica tenuta di Bellaprima. Numerosi gli Accademici e gli ospiti fusi in una scambievole cordialità. Accolti dal padrone di casa e dalla signora Milena con molta cortesia, ci si è trovati davanti a una tavolata deliziosamente ornata con vasetti di fiori di campo, opera di Cetti e Mariella. Sorprendenti i menu di Colomba per l’originalità dell’ideazione e la finezza dell’esecuzione. Il pranzo è stato gradito soprattutto per l’ambiente e l’efficienza del servizio. CALTANISSETTA 20 aprile 2011 Ristorante dell’agriturismo “Gabilia” di Pietro Stella, fondato nel 2005. ●Contrada Gabilia, Santa Caterina (Caltanissetta); = 0934 586486; coperti 200. ●Par- I vini in tavola: Quadra Franciacorta, brut Saten Docg; Principe di Corleone, azienda Pollara, Chardonnay Igt Sicilia; Sachia, azienda Caruso & Alini, Perricone Igt Sicilia. Commenti: Per celebrare i 150 dell’Unità d’Italia la Delegazione ha scelto questo elegante agriturismo, del quale apprezza la cucina. Il Simposiarca e relatore della serata, il Consultore Pierluigi Assennato, ha selezionato alcune pietanze che proponevano una rilettura dell’evoluzione della gastronomia in Italia e che volevano ricordare la cucina delle case di una volta, richiamando alla memoria dei commensali antichi ricordi di famiglia. Bravo lo chef Salvatore Bellanca a interpretare i piatti di una volta. Ottime le lasagne dei Borboni, un piatto opulento arricchito dalle partenopee polpettine di carne trita con ricotta e salsa di pomodoro. Gentilissimi e disponibili gli ospiti Pietro Stella e la consorte Geraldine Alesi Stella che hanno collaborato con gli Accademici per la riuscita della serata. CEFALÙ 17 maggio 2011 Ristorante “Duomo” di Pasquale Serio. ●Piazza Duomo 19, Cefalù (Palermo). ●Valutazione 8,20; prezzo € 32,00; elegante e accogliente. Le vivande servite: tortino di polenta con cuore di porcini, pomodoro gratinato e carciofo alla romana; vellutata di verdure; spaghetti all’italiana; baccalà alla garibaldina; dessert e torta Unità d’Italia. I vini in tavola: Mandraffino spumante rosso e Nero d’Avola; Calatrasi Terre di Gi- nestra Cabernet Sauvignon Franc; Ottoventi Nero d’Avola/Syrah. Commenti: Incontro per ricordare i 150 anni dell’Unità d’Italia, su cui ha relazionato con affabile simpatia e con spessore culturale il Simposiarca Franco Lupo. Il menu, attentamente curato dal ristoratore e dallo chef, ha soddisfatto i commensali non solo per la qualità del cibo, ma anche per la presentazione dei piatti, attenta a ogni particolare per ricordare il tricolore e i piatti graditi agli eroi del Risorgimento. PALERMO 15 aprile 2011 Ristorante del “Genoardo Park Hotel “Teodora” di Rosaria Interguglielmi, fondato nel 2006. ●Via Aquino 126, Palermo; =091 6466511, fax 091 6466599; coperti 200. ●Parcheggio custodito, sufficiente; prenotazione necessaria. ● Valutazione 8; prezzo € 40,00; elegante. Le vivande servite: verdure fresche e fiori di zucca in pastella di birra; lonza di maialino affumicato; mousse di ricotta alle erbe su crostino; caponata di zucca rossa in carpione; lingotti di panelle e “cazzilli” dorati; castellane al ragù di salsiccia fresca; bocconcini di agnello aggrassato con patate novelle; spiedo di stigliole di capretto; carciofo ripieno; sorbetto di mandarino; cassata siciliana. I vini in tavola: Aurora rosé Spumante; Nero d’Avola e bianco Alcamo (Rapitalà). Commenti: Riunione conviviale affollata di Accademici, consorti e ospiti. Menu tipico tradizionale pasquale molto apprezzato, specie l’aperitivo servito a buffet. Al tavolo, un piccolo gruppo folkloristico in costume siciliano ha allietato i commensali durante tutta la cena riscuotendo applausi. Omaggio di uova pasquali alle signore. RAGUSA 17 aprile 2011 Ristorante “La Locandina” di Antonio Cicero e Carmelo Di Pasquale, fondato nel C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 6 1 2009. ●Via Orfanotrofio 39, Ragusa; =0932 220231; coperti 100. ●Parcheggio incustodito; prenotazione consigliabile; ferie variabili; giorno di chiusura giovedì. ●Valutazione 7,10; prezzo € 45,00; elegante. Le vivande servite: assaggio d’olio ibleo Primo di Cutrera; soufflé di ragusano con salsa di pere e cipolla rossa in agrodolce; gnocchetti di patate con ragù di maiale, crema di ricotta al ragusano e olio al balsamico; maialino da latte arrosto con caponatina siciliana; panino di sfoglia leggera con crema di mele e cioccolato su coulis di frutti di bosco. I vini in tavola: Frappato di Vittoria “Tami” Igt (azienda agricola Arianna Occhipinti, Vittoria). Commenti: Grazie a Gianni Antoci, Simposiarca attento e alacre, gli Accademici si sono scambiati gli auguri di Pasqua in un luogo di grande fascino e con un menu interessante, caratterizzato anche dalla speciale attenzione per i vini del territorio. Più che apprezzabile il servizio. Resta qualche perplessità circa il rapporto qualità/prezzo. SIRACUSA 13 maggio 2011 Ristorante “Cantina Malavoglia” di Barbara Lo Manto, fondato nel 2011. ●Via delle Carceri Vecchie 22, Ortigia (Siracusa); =0931 24095; coperti 100. ●Parcheggio custodito nei pressi; prenotazione necessaria; ferie da metà gennaio a metà febbraio; giorno di chiusura martedì. ●Valutazione 7,80; prezzo € 35,00; accogliente, caratteristico. Le vivande servite: antipasto di “purpiteddi” alla carrettiera, “vota-vota”, “scoppolaricchi” fritti, arancini di Adelina, caponata; “cuscusu di pisci”; spigola all’acqua pazza; cannola di ricotta e “cassateddi”. I vini in tavola: Alcamo Dop 2010 e Nero d’Avola Igt Sicilia 2010 (cantine Cusumano, Trapani); Moscato di Siracusa Don Nuzzo 2010 (Antiche Cantine Gulino, Siracusa). V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A SICILIA segue Commenti: Un vero tributo ad Andrea Camilleri e al suo personaggio, il commissario Montalbano (goloso e continuamente affetto da un “pitìtto” smisurato), nel simposio di maggio. Il Delegato Tamburini ha introdotto la figura di Camilleri, e ha poi invitato l’avv. Di Quattro, proprietario della casa di Marinella, per ascoltare da lui alcune chicche sulla realizzazione della fiction televisiva. A seguire il Delegato ha invitato Vittorio Pianese a presentare la relazione su: “Cuscusu di pisci: Montalbano, cucina, donne, idiosincrasie”. Chi ama Montalbano conosce il suo strettissimo rapporto con l’arte della cucina; ma “scopriamo che Montalbano somatizza, quando litiga con Livia, quando incontra il questore o quando un’indagine presenta difficoltà apparentemente insormontabili, gli si chiude la bocca dello stomaco e gli passa l’appetito”. Ringraziamenti del Delegato al relatore per l’impegno e la capacità di ben districarsi, da genovese, anche con la pronuncia del siciliano. La cucina del commissario Montalbano, festosamente e con grande apprezzamento, anche se con un servizio approssimativo, ha completato il simposio. EUROPA FRANCIA BORDEAUX 8 aprile 2011 Ristorante “Fellini” di Les Italiens, fondato nel 2010. ● Quartiere BT 59, Bègles; = 055 6493974; coperti 100. ● Parcheggio facile; giorno di chiusura lunedì e martedì la sera, sabato a mezzogiorno, domenica. ● Valutazione 7; prezzo € 32,00; moderno. Le vivande servite: spritz (Prosecco e Aperol) con focaccia e pizza a pezzetti; ta- gliatelle fatte in casa al sugo di pomodoro, melanzana e zucchini con parmigiano reggiano; saltimbocca alla romana con caponata alla siciliana; tiramisu e semifreddo al pistacchio di Bronte. I vini in tavola: Dolcetto d’Acqui 2009 Ca’ Bianca; Primitivo Salento 2009 Castello Monaci. Commenti: Locale simpatico con molti riferimenti al cinema in bianco e nero. È aperto da qualche mese, fondato da una squadra di giovani italiani con già alcune esperienze nella ristorazione. Il menu è ricco: abbondano gli antipasti e i primi piatti mentre in proporzione i secondi di pesce e carne non propongono niente di particolare, probabilmente in considerazione del fatto che in Francia i clienti hanno l’abitudine di prendere solo il primo o una pizza e poi il dolce. Molto buone le pizze (pizzaiolo Roberto Spada) e i semifreddi. GERMANIA COLONIA 10 maggio 2011 Ristorante “Amarcord” di Nunzio Ascione, Franco Brunetto e Pasquale Vitiello, fondato nel 2008. ●Rothkampstrasse 18, Frechen (Colonia); =02234 6980450, anche fax; coperti 60. ●Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie mai; giorno di chiusura nessuno. ● Valutazione 7; prezzo € 40; accogliente, caratteristico. Le vivande servite: stuzzichini vari; insalata di rinforzo; parmigiana di melanzane con e senza carne; macedonia di frutta. I vini in tavola: Prosecco Phetecusa brut (Tommasone); Vermentino di Sardegna Doc 2009 (Tyros); Negroamaro 2005 (Sarmenti). Commenti: Terza e ultima riunione conviviale dedicata a un piatto unico. Dopo quella del timballo del Gattopardo e la seconda dedicata al cuscus, ecco ora la terza con al centro la parmigiana di melanzane. Per es- sere precisi con due parmigiane: quella con carne e quella tradizionale alla napoletana solo con la mozzarella di bufala. Ottimo il successo ottenuto dal cuoco Pasquale Vitiello nella preparazione della parmigiana, specialmente quella tradizionale napoletana, e molto lodato il Vermentino di Sardegna. Stranamente, senza volerlo, le tre serate dedicate a un piatto unico hanno riguardato solo il Sud: la Sicilia con il timballo e il cuscus del Trapanese e la Campania, appunto, con la parmigiana. Ottima serata con vari ospiti in un’atmosfera molto rilassata. MONACO DI BAVIERA 13 maggio 2011 Ristorante “Hippocampus” di Sergio Artiaco e Mimmo Ruggier o, fondato nel 1996. ● Mühlbauerstrasse 5, Monaco di Baviera; = 089 475855, fax 089 47027187; coperti 45. ● Parcheggio incustodito, sufficiente; prenotazione consigliabile; ferie mai; giorno di chiusura sabato a mezzogiorno. ●Valutazione 7,60; prezzo € 65,00; raffinato, elegante. Le vivande servite: polpo alla griglia con cannellini, maggiorana e pomodori secchi; risotto agli asparagi, basilico e parmigiano; coniglio disossato al forno con carciofo arrosto, salsa di pomodoro, capperi e olive; panna cotta con rabarbaro e sorbetto alla banana. I vini in tavola: Marmorelle 2010 Doc, tenuta Rubino (Puglia); Chianti classico 2007 Docg, Le Corti (Toscana). Commenti: Dopo parecchio tempo abbiamo visitato nuovamente questo noto e amato ristorante. La serata, grazie all’ottima organizzazione del Simposiarca Gerd Duerre, si è svolta in un’atmosfera particolarmente gradevole con una valida presentazione, da parte dei due proprietari, del menu primaverile. Ottimi il polpo alla griglia e il risotto agli asparagi di Schrobenhausen (Baviera), rinomata zona di produzione, mentre il coniglio, preparato in maniera decisa- mente raffinata, ha suscitato pareri discordanti tra gli Accademici. Valido l’accostamento dei vini. REGNO UNITO LONDRA 9 maggio 2011 Ristorante “Tempo” di Henry Togna, fondato nel 2010. ●54 Curzon Street, Londra; =207 6292742; coperti 56. ●Parcheggio scomodo; prenotazione consigliabile; ferie mai; giorno di chiusura domenica. ●Valutazione 7,40; prezzo € 65,00; elegante. Le vivande servite: bocconcini croccanti di maiale; carta da musica con ricotta e purea di asparagi; merluzzo in tempura; carpaccio di spigola selvaggia con fettine di finocchio e melagrana; tortelli di pisellini primavera con ricotta e pecorino al gusto di salvia e menta; filetto di trota di mare con salsa verde su letto di patate e finocchio marino; torta al limone con lamponi e panna acida. I vini in tavola: Prosecco Doc (Bixio); Soave 2010 (Pieropan); Valpolicella 2010 (Allegrini); Moscato d’Asti 2009 (Viajra). Commenti: Situato nell’elegante ed esclusiva zona di Mayfair, il ristorante è stato lo scenario di una raffinata cena dove la cultura gastronomica italiana si è incontrata e fusa con quella giapponese. Il brillante chef Yoshi Yamada, giapponese, grazie al suo amore per l’Italia e alle sue passate esperienze in stellati ristoranti italiani, ha proposto un menu di alta qualità. In particolare, nei commenti del dopocena sono stati apprezzati il filetto di trota di mare e il dessert. Il servizio, sempre sotto l’attenta supervisione del proprietario, ha avuto una buona valutazione nonostante il ristorante fosse quasi al limite della capienza per la numerosa partecipazione. Gli Accademici e i loro ospiti sono stati calorosamente accolti e intrattenuti dal Simposiarca Stefano Porcari e dalla gentile signora Lorena che hanno ricevuto molti elogi per la particolarità della riunione conviviale. C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 6 2 SPAGNA BARCELLONA 23 maggio 2011 Ristorante “Le Quattro Stagioni” di Susanna Passola, fondato nel 1989. ● Calle Doctor Roux 37, Barcellona; =93 2052279; coperti 60. ● Parcheggio insufficiente; prenotazione consigliabile; ferie metà agosto; giorno di chiusura lunedì. ●Valutazione 8; prezzo € 40,00; elegante. Le vivande servite: fiori di zucca con ricotta in tempura; zuppa fredda di pomodoro e fragole con sardine marinate; ravioli di gorgonzola, basilico e pinoli tostati; arrosto di spalla d’agnello con pesto di erbe e melanzane; panna cotta di vaniglia e mascarpone con marmellata di limone e crumble. I vini in tavola: bianco Inzolia Sicilia (Bodegas Feudo Arancio). Commenti: Si tratta di un locale di tipo italiano e internazionale, ben conosciuto in Spagna. Ambiente molto piacevole, attenzione di alta qualità al cliente. UNGHERIA BUDAPEST 26 maggio 2011 Trattoria “Pomo d’Oro” di Gianni Annoni, fondata nel 2001. ● Arany Janos u. 9, Budapest; =36 13026473; coperti 150. ● Parcheggio scomodo; prenotazione consigliabile; ferie ultima settimana di luglio, prima di agosto; giorno di chiusura nessuno. ● Valutazione 7,40; prezzo hf 17.000 (€ 64,00); tradizionale, accogliente. Le vivande servite: aperitivo la mia terra (bufalina con pomodoro infornato e sfogliatella al basilico); antipasto caldo-freddo marinaro (gran piatto con capasanta gratinata, tartarina di tonno rosso, coda di scampo al pepe rosa, sarda in “saor”, alice marinata, fogliette di polpo e scaglie di grana all’aceto balsamico); cappellacci al branzino con vongole veraci V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A al pesto leggero; scialatielli di rucola con gamberi e zucchine in fiore; assaggio di risotto al nero di seppia; sorbetto al Campari e arancia; agnello arrosto alla mediterranea con asparagi pancettati e funghi porcini marinati; savarin al limoncello con crema chantilly e frutti di bosco. I vini in tavola: Prosecco Giallo Oro (Ruggeri Valdobbiadene); Venica Collio Pinot bianco 2009; Montepulciano d’Abruzzo Doc 2007 (Nicola Di Scipio). Commenti: La riunione conviviale di maggio è stata una rivisitazione di questo ristorante, che è uno dei più popolari di Budapest, perché nel frattempo il locale è stato del tutto rinnovato nell’arredamento. Lo chef Rosario, di origine partenopea, ha riorganizzato il menu e i sapori delle ricette. Con l’occasione è stato inaugurato un nuovo settore del locale in zona riservata, che ha reso significativamente piacevole la serata. Le vivande sono state apprezzate dai commensali con particolare menzione al sontuoso antipasto, ai cappellacci al branzino, così come all’agnello e al dessert partenopeo. Buoni i vini scelti dal sommelier che li ha ben presentati in tavola in abbinamento con le portate. Unico neo di questa eccellente serata è stato la lentezza del servizio, dovuta al fatto che molti piatti erano preparati al momento. Il Simposiarca ci ha brevemente intrattenuto sul tema “Cucina e social-network”, mentre il gestore Gianni Annoni, molto noto nelle Tv ungheresi, ha presentato il suo gruppo di collaboratori sia in sala che in cucina, che rappresenta veramente la notevolmente migliorata qualità, verso l’eccellenza, della ristorazione italiana in Budapest. Durante la serata è stato presentato il nuovo Accademico Francesco Trigari, anche lui piemontese, di Mondovì. Alla fine della cena, la qualità della cucina di Picchi è stata riconosciuta nelle schede di valutazione con molti voti superiori alla media. N E L M O N D O AUSTRALIA BRASILE BRISBANE 15 aprile 2011 SAN PAOLO 10 maggio 2011 Ristorante “Beccofino” di Paolo Biscaro, fondato nel 2004. ●10 Vernon Tce, Teneriffe (Brisbane); =07 36660207, fax 07 36660208; coperti 120. ●Parcheggio sufficiente; prenotazione non necessaria; giorno di chiusura lunedì. ●Valutazione 8; prezzo aus$ 90,00; elegante. Ristorante “Picchi” di Pier Paolo Picchi, fondato nel 2007. ● Rua Jerônimo da Veiga 36, San Paolo; =005511 30789119; coperti 60. ●Parcheggio custodito; prenotazione consigliabile; ferie da Natale alla prima settimana di gennaio; giorno di chiusura domenica. ●Valutazione 8; prezzo reais 160,00 (€ 67,00); tradizionale, ambiente moderno. Le vivande servite: calamari fritti con rucola; bresaola con uova; pizze miste; scelta tra risotto del giorno, pappardelle al ragù d’anatra, polpette con polenta, filetti d’agnello, pesce del giorno; patate, insalata con rucola; panna cotta. I vini in tavola: Valdobbiadene Prosecco superiore Docg (Gancia); Soave Doc (Borgoletto); Brachetto d’Aqui Docg (Gancia); Amarone Valpolicella classico Doc (La Corte del Pozzo). Commenti: La riunione conviviale della Delegazione ha offerto l’occasione di concedersi una raffinata cucina italiana a Brisbane. Il menu partiva da una selezione di calamari fritti con rucola, bresaola con uova e pizze miste. Gli Accademici hanno poi gustato delle eccellenti pappardelle al ragù d’anatra come piatto di accompagnamento. “Beccofino” è ben conosciuto per la sua panna cotta e durante la serata se ne è capito il motivo. Tutti i piatti sono stati accompagnati da un assortimento appropriato di vini. A questa meravigliosa serata ha partecipato, quale ospite speciale, la produttrice televisiva Carole Horne. Una piacevole cena con un’eccellente qualità dei cibi proposti e un buon rapporto qualità/prezzo. Le vivande servite: peperoni alla piemontese; agnolotti del “plin” al burro e salvia; brasato al vino rosso con purea di patate; torta di pere e cioccolato. I vini in tavola: Roero Arneis Docg 2009 Le Madri, Dolcetto d’Alba Doc 2009 Le Coste, Barbera d’Asti superiore Doc 2006 I Cipressi della Court (tutti di Michele Chiarlo). Commenti: La cena è stata dedicata alla cucina piemontese, con piatti tradizionali della regione preparati dal giovane chef Pier Paolo Picchi, di origine chiaramente toscana, ma grande conoscitore della cucina del Piemonte, dove ha studiato e lavorato all’inizio della sua carriera. Non potevano mancare quindi i peperoni ripieni, i caratteristici agnolotti del “plin” e un brasato di manzo molto saporito, oltre ai buoni vini di Michele Chiarlo, uno dei più rinomati viticoltori piemontesi. Come gradita sorpresa, non prevista nel menu, il Simposiarca Marco Fracchia (nato a Casale Monferrato) ha fatto servire il formaggio castelmagno con la tradizionalissima “cugnà”. SAN PAOLO SUD 25 aprile 2011 Ristorante “Così” di Renato Carioni e Leonardo Recalde, fondato nel 2011. ●R. Jacques Felix 381, San Paolo; =011 36720089; coperti 74. ●Parcheggio custodito; prenotazione necessaria; ferie mai; giorno di chiusura nessuno. ●Valutazione 8; prezzo € 60,00; accogliente. Le vivande servite: uova mollet in camicia alla crema di funghi porcini e ragù di asparagi freschi; spalla di agnello con semolino al tartufo e minicarote glassé; pesce al forno con miniverdure e pesto alla genovese; torta brulée al limone con salsa di fragole. a un folto gruppo di Accademici delle due Delegazioni della città. GIAPPONE TOKYO 26 maggio 2011 Ristorante “Osteria Pippo’s” di Salvatore Garraffo, fondato nel 2010. ●Al pianterreno dell’hotel “Avanshell”, 2-14-14 Akasaka, MinatoKu, Tokyo; =03 3588 4568; coperti 30. ●Parcheggio nelle vicinanze, facile, a pagamento; prenotazione consigliabile; ferie mai; giorno di chiusura domenica. ●Valutazione 7,84; prezzo yen 10.000; moderno, semplice, accogliente. Le vivande servite: carpaccio di pesce del giorno; maccheroni alla Norma; risotto alla pescatora; ghiotta alla messinese; involtini di vitello alla palermitana con broccoli saltati; cassata, cannolo alla siciliana. I vini in tavola: Don Pietro bianco e Don Pietro rosso (Spadafora). I vini in tavola: Spumante Duca di Salaparuta brut riserva; Chardonnay Grecanico e Nero d’Avola, Piana dei Cieli; Passito di Pantelleria. Commenti: È da vari anni che la Delegazione accompagna l’attività di Renato Carioni e mai è stata delusa. Anche in questo caso, nel suo nuovo ristorante, in un ambiente semplice ma di molto buon gusto, i convitati sono stati piacevolmente sorpresi dall’eccellenza della sua cucina. Grande entusiasmo ha suscitato l’uovo mollet o bazzotto, infarinato e fritto al punto giusto e con il tuorlo, ben morbido, accompagnato da soave crema. La spalla di agnello tenera e saporita. Il pesce freschissimo: un vero piacere per i commensali. Sorpresa al dessert con la presentazione della torta al limone con i colori della bandiera italiana per ricordare i 150 anni dell’Unità. Purtroppo non altrettanto positiva la qualità del vino. Ma questo in Brasile è un discorso a parte: le imposte per l’importazione dei vini europei sono molto alte. Una gran bella serata che ha visto la partecipazione del Delegato onorario Marco Marmiroli della Delegazione di San Paolo insieme Commenti: Locale di recente apertura al centro di Tokyo, nel prestigioso quartiere di Akasaka, si rifà alle tradizionali ricette siciliane. Salvatore (Pippo) Garraffo, chef siciliano di Paternò, affiancato da Sebastiano al servizio, siciliano di Siracusa, ha proposto un mix di ricette tradizionali, non comuni da trovare oltre i confini dell’isola. Il carpaccio di pesce, nobilitato dal profumo di agrumi, ha indicato immediatamente che la serata sarebbe stata un successo. I maccheroni alla Norma, profumati e “veri”, seguiti da un risotto alla pescatora, hanno confermato l’impressione positiva, per poi culminare con una strepitosa ghiotta alla messinese, preparata con ventresca di pesce spada, apprezzatissima. L’involtino di vitello alla palermitana, profumato alla scorza di limone e i broccoli stufati con cipolla e vino rosso, interessanti, hanno deliziato i numerosi convitati. I vini, selezionati da Pippo, buoni e originali, si sono perfettamente accom- C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 6 3 V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A GIAPPONE segue pagnati alle pietanze. A finire una cassata siciliana profumata e freschissima, un cannolo di ricotta gustosissimo, preparati personalmente da Pippo, hanno coronato il successo della serata, terminata con un sensazionale Passito di Pantelleria. Il prezzo, in rapporto al menu e al servizio, garbato e attento, è stato più che ragionevole. QATAR DOHA 9 maggio 2011 Ristorante “Teatro” del “Four Seasons Hotel”. ●Parcheggio custodito; prenotazione consigliabile; ferie mai; giorno di chiusura nessuno. ●Valutazione 8; prezzo € 70,00; raffinato. Le vivande servite: cono di polenta e baccalà mantecato, capasanta avvolta nel bacon e lenticchie di Castelluccio, gamberone in crosta di mandorle con macco di fave e ricotta; ravioli di melanzane affumicate e pecorino stagionato di Pienza; filetto di dentice scottato, cuscus al nero di seppia, guazzetto di cozze e vongole del Mediterraneo; torta alla ricotta con ananas marinata e il suo coulis. I vini in tavola: Chardonnay 2008, Forchir; Rosso di Montalcino 2008, Castiglion del Bosco. Commenti: Particolarmente raffinata la riunione conviviale organizzata dalle Accademiche Danielle Khoury e Basma Borno. Nel corso della serata la Delegata Maria Grazia Mattarella ha passato le consegne a Danielle Khoury. Elegantissime le tavole preparate dal ristorante e piacevolissima l’atmosfera resa ancora più accogliente da una pianista di talento. Lo chef Matteo Arvonio, da poco arri- vato a Doha, ha entusiasmato con la sua cucina che unisce tratti regionali siciliani, come il macco di fave e il cuscus di pesce, con accostamenti nuovi. Particolarmente apprezzati sono stati i ravioli di melanzane affumicate con il pecorino di Pienza. Buoni i vini. STATI UNITI LOS ANGELES 27 aprile 2011 Ristorante “Ado” di Antonio Murè e Paolo Cesaro, fondato nel 2009. ● 796 Main Street, Venice; =310 399 9010; coperti 60. ●Parcheggio con servizio di valet parking; prenotazione consigliabile; ferie mai; giorno di chiusura nessuno. ●Valutazione 8,20; prezzo us$ 100,00. Le vivande servite: tartare di tonno al cucchiaio; bruschetta al granchio; canapè al caviale; prosciutto d’anatra casereccio con salsa al dolcelatte; fegato d’oca con pane brioche e purè di pere caramellate; tagliolini di rape rosse con ragù di quaglia al Marsala su fondue al taleggio; raviolini di coda alla vaccinara in salsa d’aglio arrosto e rosmarino; dentice alla griglia con “cucuzza” e salsa di sanguinelle; filetto di cervo con purè di fagioli bianchi in salsa di lampone e Porto bianco; pastiera napoletana. I vini in tavola: Prosecco Isabella; Barone di Villa Grande, Etna bianco superiore; Elixir Gewurztraminer; Barbaresco Pio Cesare; Lieti Conversari, Manzoni bianco; Amarone della Valpolicella classico, Corte Linguin; Malvasia Passito delle Lipari, Villagrande. Commenti: Il ristorante ha sede in una casetta caratteri- stica a due piani, fino al 1908 sede della Pacific electric railway. La cucina di Antonio Murè si contraddistingue per il notevole estro creativo, la grande ricercatezza nella qualità dei prodotti esclusivamente reperiti nei mercati locali e l’originale presentazione di piatti preparati con un’attenta combinazione di sapori, talora contrastanti o giustapposti. Lo chef riesce a combinare sapientemente piatti tipici della sua regione natale, la Sicilia, con la cucina tipica del Nord Italia e in particolare del Veneto, regione in cui è avvenuta la sua formazione. Il servizio attento e informale bene si adatta alla clientela eclettica della zona e a quella più esigente internazionale che ama ritrovarsi da “Ado”. Per la riunione conviviale era stato concordato un menu ispirato all’Unità d’Italia che lo chef ha appassionatamente illustrato. NEW JERSEY 18 maggio 2011 Ristorante “Bella Italia” di Salvatore Granata, fondato nel 1972. ● 535 Central Avenue, Orange; = 973 6785538, fax 973 6782673; coperti 250. ● Parcheggio custodito; prenotazione consigliabile; ferie mai; giorno di chiusura lunedì. ●Valutazione 8; prezzo us$ 75,00; tradizionale. Le vivande servite: antipasto rustico; vari formaggi; insalata caprese; trittico di paste (trenette al pesto, spaghetti alla carbonara, ziti al pomodoro); braciola di manzo; vitello al limone; salsiccia con broccoli di rapa; panettone; sfogliatelle napoletane, cannoli siciliani. I vini in tavola: Prosecco Ruffino; Nero d’Avola 2008, Feudo Arancio; Pighin Friuli Grave Pinot grigio 2008. Commenti: Con questa riunione conviviale, il Simposiarca, Delegato Carlo Porcaro, ha voluto celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia. Ospite graditissimo il console italiano del New Jersey, Andrea Barbaria, che ha ricordato la storia dell’Unità d’Italia, il contributo degli italiani alla crescita dell’America e ha chiuso il suo intervento con un simpatico “Good bless America” e “Viva l’Italia”. Lo chef e proprietario del ristorante, Salvatore, ha preparato piatti reppresentativi del Nord e Sud della penisola e ha fatto sì che in ogni portata venissero riportati i colori della nostra bandiera. Ambiente molto accogliente e servizio impeccabile hanno contribuito alla buona riuscita della serata. Tra i piatti, molto graditi i tre assaggi di paste e tra i secondi il vitello al limone. Generalmente apprezzati i dolci e i vini che hanno accompagnato le vivande. VIRGINIA 14 maggio 2011 Ristorante “Panino” di Lydia Patierno, fondato nel 1991. ●9116 Mathis Avenue, Manassas; =703 335 2566; coperti 80. ●Parcheggio comodo; prenotazione consigliabile; ferie Natale, Capodanno, 4 luglio, Thanksgiving; giorno di chiusura domenica. ●Valutazione 8; prezzo us$ 72,00. Le vivande servite: crostini assortiti; cappellacci di zucca in salsa di burro e salvia; branzino con rapini all’aceto balsamico; pere con parmigiano reggiano e biscotti. I vini in tavola: Prosecco Conegliano; Pinot grigio 2009, Sette Ventiquattro delle Venezie; Orvieto Rasenna 2009, Tenuta Le Velette; Moscato Poggio delle Robinie. Commenti: Lo chef Lou Patierno, di origine marchigiana, ha dimostrato di aver appreso a fondo l’arte di cucinare sia sull’Adriatico sia negli anni trascorsi a Ferrara e dintorni. La riunione conviviale, nel ristorante della moglie Lydia, ha avuto un ottimo Simposiarca nell’Accademico Philip Pate, che ha intrattenuto gli Accademici e i loro ospiti con una brillante C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 6 4 dotta esposizione, dedicata in parte alla memoria del Presidente Dell’Osso che presenziò all’inaugurazione della Delegazione. In regioni come le Marche, ha concluso il relatore, per la sua natura semplice e genuina la cucina locale è “facile da apprezzare” e “facile esca alla conversazione tra i commensali”. WASHINGTON 3 maggio 2011 Ristorante “Bibiana” di Ashok Bajaj, fondato nel 2009. ●100 New York Avenue, Washington; = 202 216 9550; coperti 120. ●Parcheggio custodito; prenotazione consigliabile; giorno di chiusura domenica. ●Valutazione 8; prezzo us$ 100,00; familiare. Le vivande servite: stuzzichini, arancini di riso allo zafferano con piselli, prosciutto e mozzarella; bucatini con sarde, noci e uvetta; branzino con caponata; cassata con crosta di pistacchio e marzapane. I vini in tavola: Lanzara, Rosa d’Avola n.v. Fondo antico, Versi Inzolia, Grecanico 2009; Donnafugata, Anthilia Arsonica, Cataratto 2009; Hauner, Salina, Nerello Mescalese, Nero d’Avola; Fondo Antico, Baccadoro Grillo, Zibibbo 2008. Commenti: La Delegazione si è riunita in questo piacevole e moderno ristorante nel cuore della capitale. Il Simposiarca, Joseph Novello, ha introdotto il menu rifacendosi alla lunga storia delle innumerevoli invasioni che hanno lasciato una profonda impronta nella cucina della Sicilia. Lo chef ha preparato un menu classico siciliano. Gli arancini di riso, gialli di zafferano, si presentavano in un delizioso sugo di pomodoro. I bucatini erano gustosi, ma purtroppo le sarde, importate dal Mediterraneo, risentivano del lungo viaggio. Ottimo il branzino adagiato su una caponata che offriva un arcobaleno di colori e sapori. La cassata chiudeva, con un tocco di origine araba, una cena buona e gustosa accompagnata da vini bianchi freschi e originali e da un Nero d’Avola di alta qualità. C A R N E T NUOVI ACCADEMICI LIGURIA Albenga e del Ponente Ligure Enrico Conserva Erika Noberasco Geddo D E G L I A C C A D E M I C I EMILIA ROMAGNA CAMPANIA Bologna Romano Garagnani Benevento Danila Carlucci Cesena Piergiorgio Pellicioni Nola Enrico Capece Minutolo di Canosa Parma-Bassa Parmense Franco Ferroni PUGLIA LOMBARDIA Bergamo Anna Marina Bisutti Guardo Colleoni Donatella De Quarti Mario Locatelli Ernesto Tucci Lecco Roberto Campidori Milano Duomo Alessandro Pisello Francesco Venturi Ravenna Anna Amoroso Davide Pirone TOSCANA Bari Francesco Montrone Antonio Padula Vito Leonardo Plantamura Francesco Paolo Selvaggi Maremma (Grosseto) Raffaele De Luca Aldo Focacci Gianemilio Franchini Luciana Perelli BASILICATA Pisa Valdera Carlo Bellucci Carlo Borsari SICILIA Milano Navigli Anna Besozzi UMBRIA Sondrio Grazia Rossi Orvieto Luigi Lionetti Giuseppe Marsala VENETO Pollino-Policastro Michele Manzi Nicola Trotta Catania Rosanna La Piana Lucia Silvana Roccasalva Enna Dante Ferrari Michelangelo Fabio M. Montesano Stefania Rizzo Marina Taglialavore LAZIO Cortina d’Ampezzo Luigi Alverà Civitavecchia Daniela Etna SARDEGNA Gallura Fabrizio Ruggero Legnago-Basso Veronese e Polesine Ovest Ernesto Bassani Ciociaria (Frosinone) Gianfranca Pirolli Spinelli Treviso-Alta Marca Enzo Stefanelli Roma Appia Maurizio De Carli Vicenza Valentino Campagnolo Walter Faggin Giovanni Periz ABRUZZO Montreal-Quebec Giuseppe Pascale Pescara Aternum Enio Barbarossa Toronto-Ontario Stephen Bianco FRIULI-VENEZIA GIULIA MOLISE Muggia-Capodistria Gloriana Candusso Termoli Ettore Fabrizio CANADA GERMANIA Francoforte Vincenzo Mancuso Daniel Sailer C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 6 5 C A R N E T D E G L I A C C A D E M I C I QATAR PRINCIPATO DI MONACO Doha Marco Dondi Therese Haddad Asfour Monaco Marianne Sparr (dalla Delegazione di Monaco di Baviera) SINGAPORE-MALAYSIA-INDONESIA VARIAZIONE INCARICHI Singapore-Malaysia-Indonesia Marco Bardelli Giovanni Bussu LIGURIA Tigullio Delegato onorario David Mario Bixio Delegato Giorgio Cirilli SPAGNA Madrid Leonardo Visconti di Modrone Accademico onorario LOMBARDIA Destra Oglio Delegato Giovanni Bovis STATI UNITI Boston Francesco Colangelo Salvatore Napoli Anthony Pannozzo Lecco Delegato Claudio Bolla Chicago Roberto Baldi Enrico Benedetti Marco Casalino Michele Gambera Alfredo Longhi Joseph Talarico Chiara Toffanin Heinrich Plunger Consultori Hugo Agostini Bruno Barbieri Aldo Clementi Dario Dal Medico Martin Hora Josef Alois Pircher Raoul Ragazzi (Segretario) FRIULI-VENEZIA GIULIA Muggia-Capodistria Delegato onorario Dario Samer Delegato Euro Ponte Vice-Delegati Maurizio Tremul Marino Vocci Consultori Michela Angelini Sergio Ashiku Veit Karl Heinichen Luciano Pastor Alessandro Piazzi (Tesoriere) Alida Rova Ponte (Segretaria) TRENTINO-ALTO ADIGE Bolzano Delegato Giancarlo Massari Vice-Delegati Jone Isabella Beretta (Segretaria Tesoriera) Matteo Paolo Bonvicini Consultori Sergio Coletti Otto Cologna Andrea Galantini Carlo Perseghin Paolo Prinoth Ferruccio Rosanelli New York Soho Giorgio Gorini Gabriel Monzon Cortarelli TRASFERIMENTI PIEMONTE Torino Shouei Chin Bertoldo (dalla Delegazione di Tokyo) Bressanone Delegato Piergiorgio Baruchello LIGURIA Riviera dei Fiori Carmelo Mazza (dalla Delegazione di Milano Duomo) Merano Delegato Ferdinand Tessadri Vice-Delegati Piero Bernabè EMILIA ROMAGNA Cesena Delegato Norberto Fantini Piacenza Delegato Giovanni Marchesi Salsomaggiore Terme Delegato Roberto Tanzi Parma-Bassa Parmense Delegato Massimo Gelati Consultori Pietro Silva (Segretario) Giulio Dall’Olio Roberta Paladini Chiara Prati Danilo Ranieri Giuseppe Scaltriti C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 6 6 C A R N E T LAZIO Latina Consultrice Annunziata Raponi Perroni Roma Eur Delegato Claudio Nacca Vice-Delegato Giacomo Cavallo Consultori Fiorella Collalti Giuffrida (Segretaria Tesoriera) Massimo Grimaldi Tiziana Marconi Maurizio Minotti Francesco Ricciardi CAMPANIA Napoli-Capri Delegato Elio Palombi Delegato onorario Massimo Pisani D E G L I A C C A D E M I C I Delegato onorario Franco Ceciarelli EMILIA ROMAGNA Ferrara Claudio Gulinelli QATAR Doha Delegata Danielle Khoury Reggio Emilia Gianni Franceschi TOSCANA SINGAPORE-MALAYSIA-INDONESIA Arezzo Enrico Romanelli Singapore-Malaysia-Indonesia Accademico onorario Folco De Luca Gabrielli Empoli Mario Caponi STATI UNITI Maremma (Grosseto) Mario Fratini Houston-Texas Delegata Susan Apple Magnani San Francisco Tesoriere Claudio Tarchi CAMPANIA Napoli-Capri Maria Orsini Natale PUGLIA ARGENTINA Buenos Aires Consultore Antonio Paolini (Tesoriere) AUSTRALIA Melbourne Tesoriere (ad interim) Miro Gjergja LIBANO NON SONO PIÙ TRA NOI Bari Roberto Gadaleta LIGURIA Foggia Rodolfo Borghesan Tigullio Gabriella Castagnola CALABRIA LOMBARDIA Cosenza Vincenzo Bavasso Alto Mantovano e Garda Bresciano Antonio Langella Beirut Joseph Chemali Denise Safa MESSICO Città del Messico Delegata Marilena Moneta Caglio C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 6 7 Aggiornamenti a cura di CARMEN SOGA, ILENIA CALLEGARO e LORENA GALLINA D A L L E PIEMONTE BIELLA GRAND DINER A OROPA La concomitanza dei 50 anni di vita accademica della Delegazione con il centocinquantennale dell’Unità di Italia è stata celebrata con diversi eventi. I festeggiamenti hanno avuto inizio nella sede storica presso il Circolo sociale biellese con le autorità locali e accademiche. Quindi, a Torino, una folta rappresentanza della Delegazione ha partecipato al convegno sull’Unità d’Italia dove tra i relatori c’era l’Accademico biellese Giorgio Lozia, storico di gastronomia. Il clou è stato infine a Oropa dove, in maggio, alla presenza del Presidente Giovanni Ballarini e di numerosi Delegati, si è svolto, all’aperto, un simpatico sketch in dialetto tra il conte Camillo Benso di Cavour e sua maestà Vittorio Emanuele II, impersonati dall’Accademico Massimo Dughera e dal signor Achille Pozzo. Per i non piemontesi era a disposizione una traduzione. Il copione era opera dell’Accademico Claudio Aquili. Dopo uno stuzzicante aperitivo, il convivio vero e proprio è iniziato con il saluto del Delegato che ha spiegato la ragione del menu scelto, in parte fondato su quello del “grand diner” con il quale il re e i suoi ministri celebrarono, nel Palazzo reale di Torino, la proclamazione del Regno di Italia. Il menu originale, reperito grazie alla certosina ricerca di Giorgio Lozia, rivisitato in chiave moderna, è stato sapientemente realizzato da Ivan Ramella e Dino Andreoli con la regia di Franco Ramella del ristorante “La Croce Bianca”. A conclusione della giornata, la giornalista e nuova Accademica Luisa Benedetti ha brevemente dissertato sulla cucina nei conventi con riferimento al Biellese. Come da consuetudi- D E L E G A Z I O N I ne, il Presidente ha chiuso brillantemente il convivio complimentandosi vivamente e premiando la brigata di cucina e la Delegazione di Biella. Sempre a proposito di premi, tutti gli intervenuti hanno ricevuto come ricordo una “biellina”, tipico recipiente artigianale di terracotta locale, appositamente creata per l’occasione, e altri contributi offerti dagli Accademici Bigliocca, Caldesi e Piacenza. TORINO CENA A PALAZZO CAVOUR La Delegazione, grazie all’iniziativa degli Accademici Ernesto Viganò e Cesare Salvadori, ha avuta l’opportunità di visitare la mostra dedicata a “Cavour genio, seduttore, gourmet”, ideata e curata dalla contessa Consolata Pralormo. La mostra era situata nella splendida e suggestiva cornice di Palazzo Cavour, aperto al pubblico in occasione dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia, uno dei migliori esempi dell’architettura barocca del Settecento e dimora di Cavour, in cui si discussero e si concretizzarono le sorti della nuova patria italiana. Nel susseguirsi delle sale gli Accademici hanno potuto carpire i segreti della corrispondenza epistolare tra Cavour e le donne che lo amarono, ammirare la raffinatezza delle tavole imbandite per i pranzi di gala e leggere i menu e le ricette che famosi cuochi dell’epoca utilizzavano per queste occasioni, servendosi degli utensili che facevano bella mostra in una cucina perfettamente ricostruita. Una parte della mostra è stata dedicata inoltre alle antiche botteghe e laboratori della Torino del 1861, capitale vivace e dinamica del nuovo Regno e in grado di accogliere nuove idee. Partendo da que- sti spunti storici è stato elaborato il menu servito durante la serata in una delle sale del palazzo. Dopo un aperitivo con il classico Punt e Mes e una buona scelta di stuzzichini, gli asparagi di Santena con ovette di quaglia e parmigiano, croccanti e ben conditi, gli agnolotti “al tovagliolo” e una coccottina di riso delle Tenute di Leri, mentre la faraona era accompagnata da una ratatouille di verdure. In chiusura un dolce, fresco e ovviamente tricolore, che ha suscitato unanime consenso. Il servizio è stato rapido e cortese, nell’ambito di una cornice storica e architettonica ovviamente splendida. VERBANO-CUSIO-OSSOLA VINI DI SUCCESSO A inizio serata, al ristorante “La Sacca” di Stresa, il Simposiarca Pompeo Tringali con dovizia di particolari ha illustrato le caratteristiche del Gewurztraminer, il vino nell’occasione scelto a tutto pasto. Successivamente l’Accademico Gian Mauro Mottini dell’Istituto per l’agricoltura e l’ambiente di Crodo ha reso noto che la Commissione d’assaggio della Camera di commercio ha approvato la nuova Doc Valli Ossolane bianco per il vino Chardonnay da uve coltivate nei vigneti sperimentali della scuola stessa, posti a oltre 500 m di altitudine nella valle del Toce. Infine il dott. Barantani, endocrinologo del Centro auxologico di Piancavallo, ha presentato alcune interessanti considerazioni sul tema “L’alimentazione nel rispetto della salute”. A fine serata lo chef Doriani, invitato in sala, oltre a presentare le sue varie esperienze con grandi maestri della cucina quali Gualtiero Marchesi e Roger Vergé, ha illustrato alcune delle sue specialità che spaziano dalla lavorazione del pesce a quella delle farine, sia nel salato che nel dolce, meri- C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 6 8 tandosi un caloroso applauso e la consegna del piatto dell’Accademia quale riconoscimento per l’ottimo successo della riunione conviviale. (Pier Carlo Lincio) LIGURIA ALBENGA E DEL PONENTE LIGURE CARTOLINE PREALPINE La Delegazione ha organizzato un interessante convegno che ha avuto come ospite la signora Carla Urban, giornalista e autrice di testi di cultura enogastronomica che ha coordinato anche gli interventi degli altri relatori. Ha quindi dato la parola a una giovane produttrice di aglio di Vessalico, poi a un rappresentante degli olivicoltori di oliva taggiasca, a un esperto di pesca del Mar Ligure di Ponente, ad agricoltori che coltivano i famosi carciofi spinosi, gli asparagi violetti di Albenga e bellissime piante aromatiche, a vignaioli che producono Pigato e Vermentino. Un percorso ideale che parte dalla piana sino alle Prealpi, con le vallate che uniscono al Piemonte, e che si compone nel piatto con la bontà e la freschezza che questi prodotti unici possono donare. È stato proiettato un documentario trasmesso in televisione proprio sulle storie di queste zone, e un altro sulla val Leogra in provincia di Vicenza, entrambi girati dalla signora Urban su temi legati al cibo: dai caprini stagionati ai formaggi di malga di Schio alla soppressa di Malo, ai dolci di Costabissara e al miele di Leguzzano. Diverse Prealpi, diverse regioni e diverse tradizioni, unite dall’impegno di chi lavora la terra, e dalla cultura del territorio che diventa aggregazione in un’Italia unita a tavola con alimenti che l’uomo e la natura offrono a chi li sa apprezzare. La sala era gremita da numerosi Acca- D A L L E demici, da tutti gli allievi dell’ultimo anno dell’istituto alberghiero di Alassio con i loro docenti, e da un folto pubblico di cittadini: tutti hanno ascoltato con vivo interesse questi racconti che hanno donato spunti di riflessione per una migliore conoscenza dei prodotti che compongono l’essenza di una cucina italiana di qualità. (Roberto Pirino) GENOVA A SCUOLA CON LA TRADIZIONE La Delegazione, quasi al completo, e con numerosi amici e ospiti, si è riunita presso l’istituto professionale alberghiero “Marco Polo”, ospite dell’Accademico di Asti e Direttore del Centro studi territoriale della Liguria, Enrico Alloero, preside dell’istituto. La Delegazione è stata accolta con grande gentilezza e professionalità, ma anche con amicizia. Un’occasione importante per approfondire la conoscenza di questo istituto, assai noto e stimato, che cerca di formare al meglio coloro che dovranno tenere alto in futuro il nome e le caratteristiche della nostra cucina. La formazione di questi giovani è il migliore presupposto per ritenere che la cultura della buona tavola possa avere un confortante avvenire. Professori e studenti hanno predisposto al meglio una cena che ha avuto come tema conduttore “Le erbe del nostro territorio” e il loro impiego nella cucina genovese. Lo stesso preside ha voluto, con una breve introduzione, porre in evidenza la presenza e la funzione fondamentale delle erbe nell’alimentazione tradizionale delle popolazioni liguri che, nonostante il diretto rapporto con il mare, hanno saputo valorizzare i prodotti di un’agricoltura di tradizione mediterranea svolta in condizioni ambientali assai di- D E L E G A Z I O N I sagiate. È stato molto apprezzato, per le scelte tradizionali e innovative nello stesso tempo, il menu offerto nella circostanza. Dopo un inizio leggero con un aperitivo con stuzzichini, ha servito a tavola, in un’atmosfera serena e rilassata, un gruppo di studenti, sotto lo sguardo attento del docente che li prepara per il servizio di sala: il risultato è stato di notevole professionalità. Il menu si apriva con la cima magra del Ponente ligure con salsa di fave e menta, un’antica ricetta ben difficile ormai da assaporare in altri contesti. Hanno fatto seguito due primi: cucuzzù in passato di legumi e cereali e pansotti ripieni con “prebuggiun” in salsa di noci all’antica, quest’ultima, come si dovrebbe, senza panna a falsare il sapore originale. Notevole l’apprezzamento del cosciotto di cappone ripieno su giardinetto all’agrodolce; coreografico e anche molto gradito il dessert, insalata di frutta flambé con sorbetto al limone e salsa di fragola. Il tutto innaffiato da un Dolcetto d’Asti (azienda agricola Montarello di Vigliano d’Asti) e Zibibbo passito delle cantine Pellegrino di Marsala (Trapani). Un applauso convinto e riconoscente ha salutato gli ideatori e gli artefici del convito, che si sono affacciati in sala alla fine del pranzo. Un modo cordiale per dimostrare l’apprezzamento dei commensali per la capacità dei professori e degli studenti di tenere fede al motto dell’istituto, che recita “De ospitalitatis arte”. (Paola Massa) LOMBARDIA ALTO MILANESE DUE ESPERIENZE “POVERE” D’ALTRI TEMPI Il teatro della memoria e la fantasia che è insita in ogni uomo sono stati certamente solleticati dalle due esperienze consecu- tive che gli Accademici della Delegazione hanno voluto proporre anche agli amici, coinvolgendoli in riunioni conviviali proiettate a ritroso nel tempo. Un primo riuscitissimo esperimento è stato realizzato grazie all’impegno delle Accademiche Adelisa Ferrario e Ambrogina Pravettoni che, con l’aiuto del Consultore Ezio Croci, hanno realizzato personalmente una cena della domenica di una famiglia contadina di fine Ottocento. Al posto del solito piatto unico che veniva proposto sui deschi quotidiani, la cena ha avuto esordio con un assaggio di salame crudo a pasta morbida proveniente dalla zona di Luino e una mortadella di fegato cotta, calda e fumante accompagnata dal “brusco” (verdure scottate nell’aceto) e dal pane giallo realizzato da un panettiere che ancora conserva le indicazioni delle vecchie miscele di farine e cuoce l’impasto nel forno a legna. Trionfo della cena è stato comunque il primo piatto (quello che da sempre serviva per riempire lo stomaco dei numerosi componenti della famiglia e sedare i morsi della fame). Seguendo con certosina cura la ricetta ritrovata fra gli appunti di cucina della sua famiglia, Adelisa ha realizzato una minestra di “ris e erburin” che ha catturato l’olfatto di tutti sin dalla sua presentazione col profumo di prezzemolo e l’intenso aroma di brodo di manzo, ottenuto con ossa e parti poco nobili ma molto saporite. La qualità di riso utilizzato (Baldo) ha consentito di dare quella giusta cremosità alla minestra. Durante la serata poi si è avuto in interessantissimo intervento del dott. Giacomo Molaschi relativo alla cultura del riso e sulle motivazioni che inducono sempre di più i consumatori a restringere il loro campo di scelta del riso a una o al massimo a due o tre qualità. Le altre portate, pur otti- C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 6 9 me, sono scivolate un po’ in sordina anche se non è giusto che le cipolle con la lonza di maiale e la torta di pane vengano passate sotto silenzio. La seconda iniziativa, sulla scia di quella promossa poco tempo fa dal Comune di Busto Arsizio, è stata di organizzare una “cena bustocca” così come raccontata nel volume di Carlo Azimonti, recentemente riedito, che contiene una vasta gamma di pietanze dense dei sapori legati agli ingredienti e alla cultura locale. Grazie alla collaborazione dello chef Davide Crespi di Busto Arsizio è stata imbandita una tavola che ha visto susseguirsi, in ordine crescente di gusto e “untuosità”, mondeghili, polpette di verze alla maniera bustocca, “pulti fasoeu e verzi”, risotto con vino rosso e basilico, “stuà in conscia”, “rustisciana”, e per chiudere il dolce: “pan moeui”. Quale annotazione storica particolare si ricorda che lo “stuà in conscia” (volgarmente lo si potrebbe avvicinare a uno stracotto di carne e patate, anche se le sue origini sono ben più nobili) era conosciuto anche come piatto dei promessi sposi poiché era quello che la famiglia della ragazza preparava la sera in cui il fidanzato veniva ammesso ufficialmente a visitare in casa la fidanzata. Le varie, abbondanti portate sono state inframezzate da piccole soste che hanno condotto gli Accademici nella cucina, dove lo chef e i suoi collaboratori hanno mostrato in diretta l’ultimazione di alcune pietanze. L’interesse suscitato dalle due esperienze ha indotto gli Accademici a confermare il convincimento di quanto sia necessario concentrare l’attenzione e l’impegno sulla strada intrapresa qualche anno fa, così da riscoprire e se possibile canonizzare in modo definitivo alcune preparazioni di piatti che stanno purtroppo scomparendo dalla nostre tavole. (Franco Rossi) D A L L E VENETO EUGANIA BASSO PADOVANO CONSEGNATA LA BORSA DI STUDIO “GIUSEPPE DELL’OSSO” D E L E G A Z I O N I Un menu realizzato con maestria che ha confermato l’alto livello dell’alberghiero di Montagnana, che in effetti attira studenti anche dai territori vicentino e veronese. TREVISO-ALTA MARCA È stata intitolata a Giuseppe Dell’Osso la borsa di studio con cui la Delegazione ha voluto premiare un neodiplomato, con il massimo dei voti, dell’istituto professionale alberghiero e per la ristorazione di Montagnana. Nel contesto di una cerimonia semplice ma significativa, svoltasi presso il rinnovato istituto “Jacopo da Montagnana”, il Delegato Pietro Vincenzo Fracanzani, accompagnato dal Segretario Bruno Businarolo e dal Consultore Piero Massagrande, ha consegnato all’alunno Massimo Rizzo, attualmente brillante studente di Scienze e tecnologie agroalimentari all’Università di Padova, un assegno di 500 euro e una pergamena. Erano presenti la dirigente scolastica dottoressa Emilia Tornincasa, il professor Andrea Ferrarese, docente di sala bar, e numerosi altri docenti, oltre ai genitori del ragazzo. È seguito un pranzo preparato dagli studenti della classe terza, sotto la guida del professor Riccardo Malanchin: strudel di spinaci e prosciutto; tortello bianco di pollo e fegato grasso in crema d’asparagi; petto d’anatra al miele e spezie; tortino di ricotta con salsa all’arancia, tutto innaffiato da Chardonnay Doc Colli Euganei, Valpolicella Doc Ripasso e Fior d’Arancio Doc Colli Euganei. A TAVOLA CON I FRATI CAPPUCCINI La vicinanza a Venezia è, per i trevigiani, una ricorrente tentazione di visitarla per goderla sempre più compiutamente con l’approfondimento della sua affascinante storia e delle sue tradizioni anche gastronomiche. Questa volta la Delegazione, quasi al completo, ha voluto visitare l’isola della Giudecca con la basilica del Redentore e l’annesso convento dei frati cappuccini. La visita, ben organizzata grazie all’interessamento della Dogale confraternita del baccalà mantecato, ha avuto il suo inizio, già sulla barca, con gli interventi dello storico Lazzaro Marini, che, con grande competenza, ha tracciato un’affascinante spiegazione delle storie patrizie che i palazzi circostanti gli suggerivano. Storie minori che, però, consentono di percepire meglio il modo di vivere di quella grande società marinara che è stata la Repubblica Serenissima. Arrivati alla Giudecca, la Delegazione è stata accolta da frate Andrea, un giovane cappuccino che ci ha subito introdotti nella sua comunità, tracciandocene la storia che risale alla prima metà del Cinquecento. I segni di quel periodo si possono trovare presso la chiesetta di S. Maria degli Angeli, consacrata nel 1536. A fianco è stata elevata una seconda chiesetta più capiente, oggi preferita dai frati (circa 25) per svolgere le loro funzioni religiose. Il convento si sviluppa a fianco della basilica del Redentore e, attraverso successivi chiostri e un ampio terreno ricco di vegetazione utilizzato in parte come orto, si accede alla laguna. La prima visita è stata dedicata all’antica farmacia, dove si conservano alambicchi e vasi nei quali una volta tutti i farmaci venivano preparati artigianalmente. Il percorso ha interessato successivamente la biblioteca, ricca di opere consultate anche da studiosi esterni, soprattutto quelle di argomento teologico, filosofico e pedagogico. La Delegazione, poi, è stata ospitata nel refettorio per gustare i piatti cucinati personalmente dai frati. Per l’occasione è stato offerto, come primo piatto, un minestrone vegetale gustosissimo con i prodotti dell’orto del convento e, come secondo, una loro specialità costituita dal baccalà alla cappuccina cucinato da frate Agostino, un personaggio semplice e sempre sorridente, che alla fine non ha fatto alcuna difficoltà a darci la sua ricetta, che risulta essere la più semplice tra quelle conosciute, solitamente arricchite con pinoli e uvetta. In verità a Venezia il baccalà è quello mantecato ma bisogna riconoscere che, a parere dell’Accademico Ranieri Da Mosto, anche lui gradito ospite e relatore su vari e simpatici aneddoti di storia veneziana, è conosciuta anche la ricetta del baccalà alla cappuccina, da attribuire proprio ai frati cappuccini. Essere con la comunità dei religiosi, insieme a tavola nel loro refettorio, è stato un privilegio che tutti gli Accademici hanno apprezzato insieme al cibo, di ottimo livello. Il loro baccalà alla cappuccina, realizzato con la migliore qualità di baccalà procurato tramite la Dogale confraternita, ha avuto unanimi consensi per il gusto delicato e armonico. Al padre guardiano, responsabile di tutta la comunità religiosa, è stato donato il libro dell’Accademia “La cucina delle festività C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 7 0 religiose”, proprio per significare l’impegno accademico di perseguire e salvaguardare la cultura della buona tavola e per rendere atto che anche le comunità religiose, nei secoli, hanno contribuito a conservare ricette e piatti che sono arrivati fino a noi. La visita si è conclusa alla basilica del Redentore, progettata dall’architetto Andrea Palladio nel 1577 e voluta dal Senato della Repubblica, che aveva fatto voto di costruire una chiesa intitolata al Redentore se fosse cessata la peste. Ci ha accompagnato in basilica, illustrandone gli innumerevoli significati simbolici, il giovane frate Davide. Presso la sacrestia ci si è trovati di fronte a un vero e proprio museo con opere dei più importanti pittori vissuti a Venezia. Lo storico Marini, infine, ha completato il percorso con interessanti interventi sugli altari laterali e le varie connessioni ai personaggi veneziani che hanno condizionato la storia della basilica. (Nazzareno Acquistucci) VENEZIA LONTANO DALL’OMBRA DEL CAMPANILE Il desiderio di allontanarci dall’ombra del campanile di San Marco per il tempo di una riunione conviviale, ha condotto gli Accademici della Delegazione a Jesolo. Il ristorante “Da Guido”, molto conosciuto nella zona, è stato scelto dall’Accademico Simposiarca Beppe Saccomani. Siamo stati accolti con simpatia nella spaziosa sala e nell’ampio giardino. Il menu, molto vario, ha soddisfatto quasi tutti i commensali ed è stato preparato con cura da Guido, che si è soffermato un po’ a lungo sulle preparazioni di pesce crudo. Per l’aperitivo, c’erano tante piccole delizie “di cotte e di crude”, con il classico e insostituibile calice D A L L E di Prosecco. A tavola, accuratamente preparata, sono stati gustati due antipasti molto particolari: tartate di tonno e salmone con mascarpone salato, capesante in salsa di sesamo con porcini e polenta fritta, abbinamenti azzeccati. Risotto di branzino, buono ma non troppo; ottimo il filetto di rombo con asparagi. Vino Malvasia del Collio. Gelato di vaniglia con salsa di fragole, bagnato con Moscato d’Asti. (Laura Ghittino Courir) VENEZIA MAGICO MESTOLO Tanti, tantissimi libri di cucina ci vengono proposti da anni, ma fra le innumerevoli pubblicazioni ogni tanto spunta qualcuna che si distingue. È il caso de “Il mestolo magico”. Un nome semplice che descrive tutta la genuinità dell’intento. Un libro di famiglia, per la famiglia, un insieme di ricette facili, genuine, riunite da Maria Teresa D’Angelo Sponza in anni di ricerche, di prove, di perfezionamenti. Maria Teresa viene dalla prestigiosa scuola dell’hotel “Gritti”, fondata da Massimo Alberini, indimenticato Presidente d’onore e, mi piace ricordarlo, appartenente alla Delegazione di Venezia. Ed è proprio al “Gritti” che Maria Teresa ha voluto presentare il suo volume, con accompagnamento musicale mirato nella scelta dei brani, tratti dal “Flauto magico”, eseguiti dalla giovane pianista russa Angela Zhivova. La parte pratica più significativa, preparata dallo chef Daniele Turco, è stata quasi una panoramica del libro, tante erano le proposte presentate. Nella meravigliosa terrazza sul Canal grande, con lo sfondo della basilica della Salute, abbiamo assaggiato: fiori di zucca fritti, tartine varie, paté di tonno, mousse di prosciutto, purè di fegatini, uova di quaglia al prosciutto, salumi, D E L E G A Z I O N I spuma di dentice, baccalà mantecato, tortino Filadelfia, mousse della dogaressa, caramel, tenerina di cioccolato, zaleti. (Laura Ghittino Courir) VENEZIA MESTRE UN RISTORANTE RITROVATO Riunione conviviale della riscoperta, dopo alcuni anni, del ristorante “Le Guaiane” di Noventa di Piave. Simposiarchi gli Accademici Carlo Mazzanti, Florindo De Polli e Paola Comacchio. Il locale è storico: aprì i battenti verso il 1950, quando Antonio De Nardi, reduce dalla prigionia in Germania, decise di trasformare in trattoria la vecchia osteria con annesso negozio di alimentari e generi vari. La signora Lena aveva gestito da sola osteria e negozio, durante i difficili anni della guerra, e già allora si dedicava ai “cicheti”, ai manicaretti della tradizione vicentina e alla proposta dei prodotti tipici della campagna veneziana e trevigiana. Antonio ebbe l’idea di puntare sulla buona cucina, con piatti che inizialmente erano quelli caratteristici della cucina veneta. Successivamente si indirizzò anche verso i piatti di pesce. Nel 1991 la trattoria è entrata a far parte dei “Ristoranti del buon ricordo”, proponendo come proprio piatto gli “scampi sofegài”, sostituito nel 2003 con il “gransoporo a la venexiana”. Attualmente il menu è indirizzato prevalentemente verso piatti di pesce, con una ben nutrita e qualificata lista di vini, sia nazionali che esteri. Nel 1996 la famiglia ha trasferito ai propri collaboratori di cucina e di sala la gestione del locale, assicurando così la continuità nella condotta del ristorante, con la fedele conferma di ogni sua caratteristica. Da diversi anni il locale era uscito da quelli visitati dalla Delegazione, ma la nuova esperienza è risultata oltremo- do positiva. Introduzione, come sempre, dedicata alla cultura dell’alimentazione e della civiltà della tavola, affidata alla docente universitaria Carla Coco, scrittrice e autrice di diversi libri, tra i quali “Venezia in cucina” e “Venezia quotidiana”, che ha affrontato il tema della cucina del pesce a Venezia e nella terraferma. Appassionata la presentazione della storia del territorio del Veneto orientale da parte dell’Accademico Carlo Mazzanti, dalle origini della mitica Eraclea ai giorni drammatici della Grande guerra e della bonifica che permise il recupero della fertilità di una terra generosa e della salubrità dell’aria, dopo la falcidia di migliaia di persone, in tempo di pace e di guerra, per la malaria. In bella mostra in tavola, il cartoncino del menu, i cui piatti sono stati presentati dall’Accademica Paola Comacchio. Asparagi dorati e sardoni fritti per un’entrée accompagnata da una Ribolla gialla di Collavini. Bis di gamberi con verdure abbinato a un Incrocio Manzoni “Vigna Dogarina”, seguito dal tradizionale risotto di “gò” e, dopo l’immancabile “sgropin”, tre splendidi esemplari di branzini di mare al forno con verdure. Per restare coerenti alla stagionalità della pesca veneziana, un piatto di “moeche” fritte su cui si è molto dissertato tra gli Accademici. Ospiti nella sua terra, non poteva mancare l’intervento del collega De Polli, simpatico ricercatore e dicitore di epigrammi che ha recitato una bellissima poesia di Lisa Davanzo, “Na volta”, in dialetto veneto, poesia ricca di sentimenti nostalgici per un tempo lontano. Al termine, i complimenti all’intera brigata di cucina e di sala, ottimo esempio di una gestione collettiva della ristorazione che ha riqualificato positivamente il locale, e l’impegno a ritornare per ritrovare i vecchi piatti della tradizione gastronomica della terraferma. (Ettore Bonalberti) C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 7 1 FRIULI-VENEZIA GIULIA PORDENONE SEDE PRESTIGIOSA E ABILE IL CUOCO Luigi Campello ha curato l’organizzazione del convivio di primavera, ospiti, per la serata, dell’Unione industriali di Pordenone nella sede di rappresentanza a Palazzo di PrataFerro, conosciuto anche come Palazzo Klefisch, edificio di interesse storico, situato nel centro di Pordenone. Il Simposiarca, nella sua relazione introduttiva, ha delineato la storia della residenza signorile. Non è noto quando il primo nucleo fu edificato, anche se sembra attribuibile ai da Prata. Andrea Benedetti, infatti, scrive che la famiglia, quando fu proclamata nobile dall’arciduca d’Austria nel 1447, già possedeva la dimora. L’attuale struttura è il risultato di successivi riadattamenti nel Seicento e nei secoli successivi. Lo acquisirono a fine Ottocento i Klefisch, famiglia di origine tedesca, ultimi proprietari ai quali, nella memoria recente dei pordenonesi, il nome dell’edificio è rimasto legato. Sede prestigiosa e altrettanto prestigioso il cuoco. Andrea Spina, cuoco e gestore con Diletta Pitton del ristorante “Al Gallo” - situato in altro edificio testimone del passato, risalente al 1850 - vista la ridotta capienza del suo locale, almeno per il numero di Accademici intervenuti, si è reso disponibile a dare spettacolo fuori casa, utilizzando l’attrezzatissima cucina di Palazzo Klefisch. Il tema della seconda parte della relazione - la laguna in primavera - ha introdotto anche le peculiarità della cucina di Andrea, che, dopo esperienze in Australia e in California e in alcuni locali di pregio del Pordenonese, è approdato a Grado dove ha acquisito i piatti lagunari. Cucina marinara con attenzione alla stagio- D A L L E nalità del pescato e piatti tradizionali rivisitati o, forse meglio, aggiornati; piatti di pesce povero “arricchito”. Tra questi, Campello si è soffermato sul “boreto alla graisana”, ricetta tipica depositata dalla Delegazione di Gorizia, piatto principe della serata. Ne ha ricordato l’origine dai pescatori che soggiornavano nei casoni della laguna di Grado, sfruttando il pesce ritenuto non proponibile alla vendita, sicuramente con varietà non nobili. Olio di semi, aglio e aceto, che servivano forse a celare la scarsa qualità del pesce, erano il condimento. Cucinato in una casseruola di ferro, cosparso abbondantemente di pepe, si consumava con polenta bianca. Realizzato con il rombo, diventa pietanza degna della tavola del buongustaio, che lo apprezza di più se accompagnato da un vino rosso giovane. Di rilievo l’interpretazione dell’abile cuoco, come, del resto, l’intera sequenza delle pietanze. Gradita presenza di Alberto Marchiori, presidente dell’Ascom. Sentito e doveroso il ringraziamento, a fine serata, del Delegato Stefano Zanolin agli artefici dell’incontro, Simposiarca e personale di cucina e di sala. Un grazie particolare all’Unione industriali di Pordenone, rappresentata dal direttore Paolo Candotti. (Giorgio Viel) EMILIA ROMAGNA BOLOGNA-SAN LUCA IL CENTENARIO DI EMILIO SALGARI Dopo due speciali riunioni conviviali dedicate a Guglielmo Marconi e a Filippo Tommaso Marinetti e in attesa di quella in onore di Pellegrino Artusi, la Delegazione ha voluto ricordare anche Emilio Salgari nel centenario della morte. Nelle Prealpi venete i salici sono chiamati “salgàri” e il loro nome da sempre si pronuncia con l’accento D E L E G A Z I O N I sulla seconda “a” (e in tale modo sarebbe corretto pronunciare anche il cognome del creatore di Sandokan). Nel 1862 Verona ha dato i natali a Emilio Salgari, uno degli scrittori più prolifici, più amati e più sfortunati del nostro Paese e del mondo intero. Imperscrutabili e misteriose sono le ragioni per cui la sventura si sia accanita contro un uomo come lui, del tutto immeritevole di una così perversa attenzione. Emilio, afflitto in vita da costanti ristrettezze economiche, tiranneggiato da editori rapaci, rimaneva immerso in quei sogni fantastici che sapeva così mirabilmente trasferire nelle sue pagine, ma proprio per questo, era incapace di affrontare con concretezza la quotidianità. A un secolo dalla morte si può affermare che Salgari si è preso la sua rivincita, perché possiamo ben dire che sulla sua opera non appare per ora nessun accenno di tramonto ed è continuamente ristampata. Il suo grande limite artistico è causato dal fatto che doveva scrivere come un forsennato ed ecco il perché di tante imprecisioni, ripetizioni, incongruenze, ma i suoi personaggi sono dei giganti, scolpiti nell’immaginario collettivo. Abbandonati gli studi, nonostante l’ardente desiderio di solcare gli oceani, s’imbarcò su una nave mercantile che faceva il piccolo cabotaggio nell’Adriatico, fra le coste italiane e dalmate. Si spinse fino a Brindisi per poi tornare a Venezia dopo tre mesi di navigazione e ricongiungersi a Verona con la famiglia. Fu questa la sua unica esperienza di mare e di viaggi, la minuscola miccia che accese la sua fervida fantasia di scrittore di romanzi esotici e avventurosi. In meno di trent’anni di attività letteraria alcuni fra i più importanti editori dell’epoca, Treves, Bemporad, Paravia e Donath, gli pubblicarono più di cento racconti e ottantacinque romanzi, alcuni dei quali raggiunsero tirature altissime per quei tempi, sino a sfiorare le centomila co- pie. In Italia lo leggevano e lo leggono varie categorie di persone, non solo i ragazzi, perché i suoi eroi sono intramontabili e sono l’espressione più genuina e popolare dell’eterna lotta fra il bene e il male. L’interesse per Salgari si è di recente nuovamente allargato al di fuori dei confini dell’Italia. “Un ragazzo che legge Salgari non potrà essere razzista”, come affermano Luis Sepúlveda e Paco Taibo, recente vincitore del premio “Corsaro Nero” che si assegna a Verona. La riunione conviviale si è svolta, come sempre con grande successo, presso l’agriturismo “Le Conchiglie” a Lagune di Sasso Marconi, di proprietà dell’Accademico Romano Foschi che era anche Simposiarca. Il menu salgariano, preparato brillantemente dagli chef Sandra e Fabio, era il seguente: tortiglioni alla Sandokan, medaglioni del Corsaro Nero, perla di Labuan, sorseggiando alla fine Arak della Malesia e Rhum della Giamaica. Le tre ricette sono state create appositamente dalla Delegazione. (Maurizio Campiverdi) CARPI-CORREGGIO LA CUCINA AUTARCHICA Buona partecipazione degli Accademici della Delegazione alla riunione conviviale che è stata anche l’occasione per lo scambio degli auguri pasquali. Il Simposiarca della serata, l’Accademico Carlo Paolini, ha scelto un locale della tradizione della Bassa modenese: l’enoteca “Quattrochiacchiere”, una vecchia osteria ben restaurata e trasformata in enoteca di qualità, dove ai piatti della tradizione vengono accostati piatti innovativi. Il locale è situato nel pieno centro di Mirandola, in una deliziosa piazzetta, e il suo ambiente è caldo e gradevole. Il Simposiarca, dopo una breve presentazione del ristorante e la descrizione del menu, ha introdotto il tema della serata: “La cucina autarchica. Chi C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 7 2 mangia troppo deruba la patria”. Relatore l’Accademico modenese Sandro Bellei, autore di molte pubblicazioni sui temi più vari. La serata ha dato l’occasione al relatore di presentare una sua pubblicazione del 2007 dal titolo “La cucina autarchica e del tempo di guerra”. Le parole d’ordine per chi stava ai fornelli e non solo, nel periodo dell’autarchia, che parte nel 1935 con le sanzioni della Società delle Nazioni all’Italia per l’avventura coloniale in Africa, erano: semplicità e niente sprechi. Risparmio e avanzi, con dignità di ingredienti, danno così vita a una cucina che si potrebbe chiamare del “senza”: il brodo senza carne, il sugo senza carne e così via. Mentre oggi la sostituzione di un ingrediente della ricetta serve a dare un sapore più delicato, a renderla più leggera o a dare un gusto diverso, ieri era l’esatto contrario. La prima parte del libro è più squisitamente storica, la seconda parte è più propriamente cucinaria, con la riproposizione di ricette dell’epoca tratte dagli opuscoli che il governo distribuiva alle famiglie per sopportare meglio i rigori che l’austerità del momento comportava, fino a formare una rassegna di oltre 150 ricette, tutte ripetibili e tutte ancora di straordinaria attualità, grazie al loro buon apporto nutritivo unito a un basso contenuto calorico. Il relatore ha concluso leggendo due ricette per meglio far comprendere l’atmosfera dell’epoca. (Giuseppina Baggio Rubbiani) FAENZA E CASTEL SAN PIETRO-FIRENZUOLA OSPITI DEL RIONE GIALLO In occasione della riunione conviviale della cultura, le due Delegazioni si sono ritrovate per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia presso il Rione Giallo di Faenza, uno dei cinque rioni che ogni mese di giugno si contendono il Palio del D A L L E Niballo e la Bigorda d’oro. La riunione conviviale è stata molto sapientemente organizzata dall’Accademico faentino Danilo Tozzi. Il menu prescelto dallo Scalco Tomaso Emaldi ha fornito l’occasione per introdurre il tema della serata ovvero: “La Romagna ai tempi dell’Unità d’Italia: cucina e storia”. Il vice-sindaco di Faenza, Massimo Isola, ha affrontato l’argomento da un punto di vista storico, con una dettagliata disamina degli aspetti artistici, letterari ed economici di Faenza. Lo Scalco Tomaso Emaldi ha dissertato sulla gastronomia romagnola ai tempi dell’Unità d’Italia. Inoltre, nel corso della serata, l’Accademico Danilo Tozzi ha proposto alcune immagini rievocative dei palii degli ultimi vent’anni, che sono state commentate in modo molto interessante dal capo ufficio della Cultura del Comune di Faenza, nonché organizzatore del palio, il sig. Aldo Ghetti. In tavola un menu di stretta tradizione romagnola, perfettamente cucinato dai soci del Rione Giallo: antipasto tricolore, pinzimonio di verdure, lasagne al forno, pollo alla cacciatora con patate, zuppa inglese, il tutto accompagnato da un idoneo Sangiovese di Romagna. A fine serata, è seguita la visita del museo rionale nel quale sono esposti i trofei vinti nel corso degli anni e dove trovano collocazione gli abiti e le armature che vengono indossati nel corso della sfilata storica. Nutrita la presenza dei soci della Delegazione di Castel San Pietro-Firenzuola con in testa il Delegato Giambattista Borzatta. (Giovanni Zauli) D E L E G A Z I O N I una riunione conviviale dedicata alla presentazione del nuovo libro dello scrittore Graziano Pozzetto: “Le minestre romagnole di ieri e di oggi”. Graziano Pozzetto è giornalista, scrittore, gastronomo, bibliofilo, ricercatore e divulgatore appassionato. Ha narrato, in riferimento a fonti, documenti, testimonianze ed esperienze, l’affascinante mosaico delle ricchezze enogastronomiche che esprimono la civiltà e la storia del territorio e della sua gente. Il menu proposto dal ristorante prevedeva, oltre al solito aperitivo con stuzzicheria, una misticanza con scaglie di parmigiano, un dessert di fragoloni con gelato e ben cinque minestre: piccoli garganelli in brodo; minestra nel sacchetto (il sacchetto va riempito con un impasto di farina, formaggio vaccino, pangrattato, uova, acqua e latte); pancotto del ricco (che si ottiene cuocendo lentamente del pane vecchio con acqua o latte, insieme ad aglio o cipolla tritati; quando si avrà una densa poltiglia, si aggiungono in pentola tre cucchiai di olio e una manciata di parmigiano o pecorino); tortelli di ortica e raveggiolo con strigoli; strozzapreti imolesi con scalogno, pancetta e pomodoro. Graziano Pozzetto ha concluso poi la riunione conviviale sottolineando come la stesura del libro gli abbia permesso di incontrare minestre della memoria contadina, di antica e radicata consuetudine, di identità paesane, con soffritti “matti” perché privi di carne, oppure con brodi “matti”, anch’essi ottenuti senza carne. Tali minestre riescono ancora a raccontare sapori, profumi e suadenze del cuore e del palato. (Gianni Mita) IMOLA CENA CON GRAZIANO POZZETTO REGGIO EMILIA LA TORTELLATA Presso il ristorante “Molino Rosso”, gli Accademici della Delegazione si sono riuniti con i soci del Lyons club di Imola host per L’ultimo appuntamento della Delegazione reggiana, prima della pausa estiva, anche que- st’anno è stata la tradizionale tortellata di San Giovanni, organizzata sulle rive di un piccolo lago di risorgiva presso Castelnuovo di Sotto, nella proprietà dell’Accademico Gianfranco Mattioli e della moglie Mirella. I coniugi Mattioli hanno preparato una tortellata millenaria per numero di tortelli, cotti e conditi secondo le migliori regole gastronomiche per valorizzare al massimo la qualità di un cibo, di per sé semplice ma con caratteristiche tali da offrire, quando si rispetta correttamente la tradizione, i piaceri della grande cucina. Basti ricordare che i tortelli alla reggiana vanno preparati con predominanza di erbe (bietole e/o spinaci: si chiamano infatti “tortelli verdi”), molto parmigiano reggiano grattugiato e, se si vuole, pochissima ricotta, conditi e quindi consumati dopo un breve periodo di riposo senza raffreddare. Il condimento dei tortelli è così specificato nella tradizione: “annegati nel burro, che è asciugato con formaggio parmigiano reggiano”. Tutte queste condizioni sono state rispettate dai generosi anfitrioni cui è stata espressa la riconoscenza di tutti. Va anche detto che i tortelli non sono stati l’unica delizia per il palato; apprezzatissimi anche il salame “di casa” e un tosone (striscia di formaggio prima della salatura) che ricordava quello di una volta, il gnocco fritto, senza parlare della monumentale spalla cotta di San Secondo e dei dessert con frutta, in buona parte degli alberi del terreno attorno al lago. La serata è stata anche la migliore occasione per consegnare agli Accademici il volume “I menu del Quirinale”, il cui significato gastronomico è certamente paragonabile a quello della serata reggiana, ove non è mancata la ormai tradizionale distribuzione del Nocino del Delegato. Vivissimi ringraziamenti agli ospiti e congratulazioni al- C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 7 3 la signora Mirella, in funzione di cuoca, cui le consorti degli Accademici hanno voluto consegnare un simpatico ricordo della bella serata unitamente ai generali sentimenti di gratitudine che, sia pure solo in parte, hanno corrisposto quanto dovuto alla generosa amicizia dei coniugi Mattioli. (Cesare Corradini) LAZIO CIVITAVECCHIA VALORIZZARE LA ZUPPA DI PESCE Il Delegato Massimo Borghetti ha organizzato, con il patrocinio del Comune di Civitavecchia, una manifestazione per la valorizzazione della zuppa di pesce civitavecchiese. Per coinvolgere anche e soprattutto la ristorazione locale, il Delegato si è rivolto alla Delegazione della Federazione italiana cuochi affinché i ristoratori offrissero la zuppa di pesce a cittadini e turisti a un prezzo politico, con l’impegno di ripetere tale offerta tutti i giovedì fino a settembre. Alla conferenza, aperta al pubblico, svolta nel pomeriggio in una sala del Comune di Civitavecchia, alla presenza di autorità cittadine, hanno partecipato quali oratori, oltre al Delegato, anche la preside dell’istituto alberghiero di Civitavecchia prof.ssa Stefania Tinti, e Pietro Migliaccio della Delegazione di Roma Olgiata Sabazia-Cassia, illustre nutrizionista. Lo scopo della manifestazione, ha detto il Delegato Borghetti, è quello di sensibilizzare il turismo alla conoscenza della zuppa di pesce civitavecchiese, poiché in tutti i libri che trattano ricette di cucina vengono solamente citate la bouillabaisse francese, il cacciucco livornese, la buridda ligure e quella sarda, il brodetto anconetano e quello rimine- D A L L E se, ma è assolutamente assente la zuppa civitavecchiese. La caratteristica del nostro mare, poco profondo sotto costa e con la particolarità di essere forse il più ricco di iodio d’Europa, è quella di avere una grande varietà di pesci anche grazie alla presenza delle alghe posidonie, importantissime per la fauna marina e che danno origine a vere e proprie praterie sottomarine ricche di vita animale, ospitando anche idrozoi e briozoi, alimento essenziale per polpi, seppie, gamberi e pesci vari. Alla luce di ciò, la zuppa di pesce di Civitavecchia, pur se poco conosciuta, ha il vanto di essere composta da una grande varietà di pesci, molluschi e bivalvi pescati sottocosta, che non hanno bisogno di grandi aiuti aromatici per rendere più sapide le loro carni. (Massimo Borghetti) LATINA TRADIZIONE PASQUALE Gli Accademici pontini con i loro amici, fra i quali il prefetto di Latina dott. Antonio D’Acunto e l’ex presidente del Tribunale di Frosinone dott. Ottavio Archidiacono, si sono ritrovati presso il ristorante “Il Seminario” di Sezze. Era presente all’incontro anche il Coordinatore territoriale nonché Delegato di Roma Appia Publio Viola, accompagnato dal alcuni membri della sua Delegazione. L’incontro si è tenuto nella Domenica delle palme e per l’occasione sono stati ricordati i commoventi versi del poeta Pietro Mastri: “Lo sai che su tutti gli altari, oggi benedicon l’olivo?... Chiedine un piccolo ramo, di quell’olivo di pace: portalo a casa con te”. Ascoltando questi versi gli Accademici hanno potuto partecipare spiritualmente all’evento religioso e rivivere il ricordo dell’infanzia riassaporando le vi- D E L E G A Z I O N I vande della tradizione preparate da gastronomi capaci di riconquistare odori e sapori conosciuti, forse perduti ma non dimenticati. Merito di Gianni Fiori se siamo riusciti a rivivere quel passato felice immersi in una natura ancora incontaminata. All’inizio del convivio il Delegato Benedetto Prandi ha rivolto un caloroso saluto di benvenuto; successivamente il Vice-Delegato Gianluigi Chizzoni ha comunicato i nomi degli ospiti. Ha preso quindi la parola la Simposiarca della manifestazione Anna De Donato Nascani che ha tenuto un’interessante relazione sul carciofo, facendo anche ricorso a ricordi mitologici. Per il brindisi accademico è intervenuto Publio Viola che, dopo aver ricordato la bontà del carciofo e dopo averne messo in evidenza la ricchezza in sostanze antiossidanti capaci di combattere l’invecchiamento, ha invitato tutti a brindare insieme per rinnovare l’amicizia. Per quanto riguarda l’aspetto prettamente gastronomico della manifestazione, il pranzo è stato di alto livello; fra le pietanze presentate un particolare apprezzamento hanno meritato l’antipasto al “Seminario”, i tonnarelli ai carciofi e il secondo rappresentato da capretto e pollo al forno. L’ambiente familiare, accogliente e rustico ha facilitato i rapporti reciproci di amicizia; i vini bianco e rosso della cantina Villa Gianna sono stati apprezzati. Il convivio è terminato con il suono della campana del Delegato e la totale soddisfazione di tutti. ROMA EUR CENA ARTUSIANA A TOR CARBONE Anche quest’anno la Delegazione ha consegnato due borse di studio agli allievi dell’Ipssar “Tor Carbone” che, a con- clusione dell’anno scolastico 2009-10, hanno conseguito il diploma di maturità con il massimo dei voti. La serata è stata impreziosita dalla concomitanza di altri due eventi illustrati dal Delegato Claudio Nacca, Simposiarca della riunione conviviale accademica che ha preceduto la premiazione. Nell’occasione, la Delegazione ha voluto infatti presentare in anteprima ai propri Accademici, nell’ambito delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità nazionale, il volume “I menu del Quirinale”, che vede come coautore l’amico Francesco Ricciardi, Accademico di Roma Eur, e come collaboratori per il reperimento di parte della documentazione: Domenico Santamaria, responsabile dei servizi di sala del Quirinale, Fabrizio Boca, capo servizio cucina del Quirinale, e le dottoresse Laura Cunti e Manuela Cacioli dell’Archivio storico della Presidenza della Repubblica, tutti presenti alla riunione conviviale. Dopo una breve illustrazione dell’opera e del lavoro svolto, effettuata da Francesco Ricciardi, Domenico Santamaria, ex allievo dell’Ipssar “Tor Carbone”, si è rivolto agli allievi in sala per curare il servizio, parlando loro della propria esperienza professionale, senz’altro singolare e prestigiosa, per la quale lui stesso si ritiene un privilegiato. Ha voluto sottolineare, inoltre, l’importanza del bagaglio culturale e scientifico acquisito durante gli anni di studio all’istituto alberghiero, un patrimonio del quale ogni allievo dovrebbe aver cura sin dalla fase scolastica per poi utilizzarlo come fondamento di crescita attraverso lo sviluppo del personale talento, durante il proprio percorso professionale di approfondimento e perfezionamento. Scienza e arte sono anche i termini che spiccano nel titolo dell’opera più famosa di Pellegrino Artusi, del quale si cele- C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 7 4 bra quest’anno il centenario della scomparsa e che, a buon diritto, è oggi ritenuto il padre e l’unificatore della cucina italiana, così come Cavour lo fu nel panorama politico e Garibaldi sui campi di battaglia. Il Delegato ha tracciato un minuzioso profilo del celebre gastronomo e del suo lavoro, mettendone in risalto i punti di contatto con il processo di unificazione nazionale, soprattutto nell’affermazione del potere emergente di una nuova classe sociale, la borghesia. Sono stati altresì compiutamente illustrati i criteri che hanno spinto la Delegazione a celebrare la conviviale artusiana in un contesto nel quale la divulgazione e lo studio dei principi teorizzati dal celebre gastronomo trovano quotidiana e naturale applicazione nell’esercizio didattico. Nella composizione del menu, il Delegato Simposiarca e il prof. Marco Protopapa, docente tecnico di cucina e responsabile delle relazioni esterne dell’istituto, hanno voluto inserire due pietanze, la fregola ai crostacei e i mignon di torta ricciolina e coulis ai frutti di bosco, come rielaborazioni di due ricette originali dell’Artusi per renderle maggiormente attuali. Altrettanti consensi sono stati riscossi dagli stuzzichini che hanno accompagnato gli aperitivi, serviti nello splendido parco della villa sede dell’istituto, dal filetto di maccarello tiepido all’aceto balsamico e dal flan di pecorino di fossa con salsa alle pere e miele di castagno, che hanno introdotto la cena servita dagli allievi del quarto anno del corso di sala e preparata da quelli del terzo anno del corso di cucina. Le pietanze sono state accompagnate da un Roero Arneis Docg che ha esaltato il sapore di antipasti e primi piatti, da una Falanghina del Sannio Doc in abbinamento al secondo piatto e da un Brachetto d’Acqui spumante Docg che D A L L E ha fatto da giusto contrappunto al dolce. Il successo della riunione conviviale di quest’anno è stato completato dall’eccellente livello qualitativo della cucina e del servizio. Il Delegato e la vice-preside prof.ssa Carmelina Orlando, in rappresentanza della dirigente scolastica, prof.ssa Rosalia Di Piazza, al termine della serata, hanno proceduto alla consegna dei premi agli allievi vincitori delle borse di studio. Un particolare ringraziamento è stato rivolto dalla prof.ssa Orlando alla Delegazione e all’Accademia per il sostegno fornito in questi anni di proficua collaborazione, con l’auspicio che, in un prossimo futuro, possano essere sperimentate anche altre forme di sinergia di reciproco interesse e soddisfazione. (Claudio Nacca) CAMPANIA SALERNO D E L E G A Z I O N I ri”. Con i fichi e con l’antica ricetta, sono stati preparati il pane e il dessert della riunione conviviale. Il menu, una foto fatta da Monica Martino e personalizzato per ciascun convitato, è stato accompagnato da un disco sulle bellezze del Cilento e da una piccola ricerca sul suo fico. Ottimo il pranzo, in cui sono stati particolarmente apprezzati il carpaccio di polpo, i ravioli a base di pesce e la grigliata di pesce. Il tutto innaffiato da un buon vino del Cilento, un Fiano di Agropoli dell’azienda Marino. Tutta la famiglia Cuono, dai genitori Antonio e Carmela ai figli Natalia e Marco, si dedica con grande cura alla gestione e alla preparazione delle ottime pietanze servite dal ristorante. Molto spesso viene cucinato il pesce appena pescato da Antonio nel mare antistante il locale. Salutando gli ospiti Maria Monica Martino ha offerto a tutti il suo ultimo lavoro “La rada”, che ha come contenuto pagine e foto di vita del posto. (Raffaele Martino) IL FICO BIANCO DEL CILENTO SALERNO Gli Accademici della Delegazione si sono incontrati, a S. Marco di Castellabate, nella bella casa sul mare di Raffaele e Maria Monica Martino per un aperitivo prima di recarsi al ristorante “Lo Scoglio”, visitato già negli anni precedenti. Questa volta il tema della riunione conviviale era “Il fico bianco del Cilento”. E su questo tema si è intrattenuta la dott.ssa Monica Martino per illustrare la bontà di questa pianta, l’antica utilizzazione presso i Greci e i Romani, fino alla preparazione che se ne faceva da parte dei contadini per sfamarsi in queste terre povere. Infatti, il contenuto altamente zuccherino permetteva di immagazzinare le energie necessarie a coloro che lavoravano duramente: il pane con i fichi era detto “pane dei pove- GITA A NAPOLI Un gruppo di amici Accademici e ospiti ha visitato, a Napoli, il bellissimo Palazzo reale, la cappella palatina, il teatrino di corte e, dulcis in fundo, la mostra della regina Margherita. La gita, piacevolmente curata dalla dott.ssa Maria Monica Martino, coadiuvata da Renata Stromillo dell’agenzia Curcio di Salerno, si è conclusa al ristorante “Amici Miei”, con una cucina all’insegna della napoletanità e con i menu personalizzati, donati ai commensali da Maria Monica che li aveva realizzati. Al pranzo hanno partecipato anche alcuni amici napoletani: Leonardo Bianchi, Delegato di Napoli, e Mario De Simone, Coordinatore territoriale della Campania. PUGLIA MANDURIA E BRINDISI CENA BRASILIANA PER LE DUE DELEGAZIONI Tutto ha avuto inizio quando uno dei più giovani Accademici della Delegazione di Manduria, Luigi De Francesco, ha proposto una serata accademica presso il ristorante “La Stella del Sud”, in Oria. Il proprietario, dott. Rocco Cane, originario di Oria, prima di dedicarsi alla ristorazione ha ricoperto importanti incarichi manageriali in Sud America, dove si è manifestata la sua passione per la cucina brasiliana. Attualmente in pensione, ama dedicarsi al suo hobby con successo e quasi a tempo pieno. Il ristorante è nel territorio della Delegazione di Brindisi e si è quindi deciso di coinvolgere la Delegazione di appartenenza per due motivi: i rapporti esistenti tra le due Delegazioni sono ottimi, l’organizzazione di una manifestazione congiunta era in essere da molto tempo, ma non si era mai concretizzata. Si è concordato di lasciare alla Delegazione di Manduria l’organizzazione della serata e di investire la Delegazione di Brindisi della paternità dell’evento. Il menu, impostato dal Simposiarca, l’Accademico Luigi De Francesco, ha avuto come base il churrasco brasiliano, piatto rappresentativo del locale, adattato alle esigenze di maggiore leggerezza: anziché la versione classica, che prevede l’utilizzo di nove tipi di carne, si è scelta una versione ridotta, solo tre tipi, risultati tutti di ottima qualità. Non sono mancati gli intermezzi particolarmente interessanti quali la “fajoada” e l’ananas caldo, per finire con il dessert, particolarmente ricco, una sorpresa della casa, consistente in una miscellanea di varie tipologie di dolci. I vini sono stati molto interessanti, a partire da un Arneis C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 7 5 delle cantine Cerretto, che tradisce la lunga permanenza piemontese del proprietario, passando per un Taras, Primitivo del Salento delle cantine Albano Carrisi, per concludere con un Aleatico Passito, sempre delle cantine Albano Carrisi. A fine serata l’immancabile incontro con la gestione del ristorante ha permesso di soddisfare le curiosità degli Accademici ed esprimere, concordemente, un parere più che favorevole. Il locale era stato riservato solo agli Accademici e l’atmosfera è risultata particolarmente piacevole e serena. SICILIA CALTAGIRONE I FORMAGGI SICILIANI DOP “Sapori e saperi, un’allitterazione nella quale è condensato il senso dell’incontro di oggi”, così ha esordito l’Accademico Maurizio Pedi per introdurre la conferenza “I formaggi siciliani Dop” - relatore il prof. Giovanni Vitale, insegnante di tecniche di caseificazione e di degustazione di prodotti caseari - che si è tenuta a Caltagirone nella sala conferenze dell’educandato “San Luigi”. Continuare a produrre formaggi tradizionali di qualità, ha continuato Maurizio Pedi, presuppone infatti da parte del consumatore la loro riconoscibilità e, per questo, il mantenimento costante della memoria del gusto, in controtendenza al processo di standardizzazione del cibo della grande distribuzione. Nell’intento dunque di offrire al consumatore maggiori consapevolezze, la manifestazione promossa da Maurizio Pedi ha previsto due distinti momenti, una parte teorica per spiegare la storia, i processi di lavorazione, le caratteristiche e i disciplinari dei formaggi siciliani D A L L E Dop, e una parte pratica con una degustazione guidata. Con l’ausilio di immagini e filmati il prof. Vitale ha illustrato i quattro formaggi siciliani Dop. Il ragusano, uno dei più antichi della Sicilia, al quale è stato conferito il marchio Dop nel 1995, è così chiamato per la sua zona di produzione. Il disciplinare prevede l’uso di latte intero e crudo, preferibilmente della mucca modicana, razza autoctona che si nutre dei pascoli locali dell’altopiano ibleo. La stagionatura avviene dopo un tempo di salamoia appenden- D E L E G A Z I O N I do in verticale, con corde vegetali, i formaggi, ai quali è stata data una forma di parallelepipedo. Diversi i tipi di ragusano in base ai tempi di stagionatura, che via via lo rendono più sapido e consistente. Il pecorino siciliano si ottiene invece con il latte delle pecore di razza Pinzirita, Comisana o Valle del Belice; la pasta è bianca con una leggera occhiatura dalla quale si può definire il grasso che conferisce un piacevole sapore dolce-sapido. La “vastedda” della Valle del Belice è un formaggio raro che si ottiene dal latte ovino mediante una delicata manipolazione della pasta filata. Resta un formaggio fresco anche se non umido, dal gradevole sapore lievemente acidulo, che si presenta in piccole forme tonde, morbide e schiacciate. In ultimo, il piacentino ennese, che nel 2007 ha ricevuto il marchio Dop, è un pecorino stagionato dal caratteristico colore giallo ottenuto con l’aggiunta di zafferano durante la lavorazione della pasta. Al termine dell’applaudita conferenza, il pubblico si è trasferito per la degustazione guidata presso l’agriturismo “Il Casale delle Rose”. Sono stati serviti otto tipi di formaggio, dal più fresco al più stagionato; di ognuno il prof. Vitale ha suggerito l’approccio visivo, olfattivo e gustativo più adeguato per coglierne le peculiari caratteristiche. Il vivo interesse e l’attenta esecuzione delle tecniche di degustazione da parte dei commensali hanno dato la misura del grande successo dell’iniziativa della Delegazione: un momento di cultura gastronomica, ma anche un modo concreto e incisivo per riappropriarci della INCONTRO CON LE DELEGAZIONI DI STOCCOLMA E DI BEIRUT In occasione dell’incontro con le Delegazioni di Stoccolma e di Beirut, la Delegazione siracusana, guidata da Angelo Tamburini, ha organizzato una suggestiva escursione ai monumenti più significativi del territorio, tra i quali il tempio di Apollo, il duomo, il Palazzo Beneventano del Bosco (dove ha fatto gli onori di casa il barone Pietro Beneventano), la Soprintendenza ai Beni archeologici di Siracusa (accolti dalla soprintendente dott.ssa Concetta Ciurcina), la chiesa di Santa Lucia alla Badìa con “Il seppellimento di Santa Lucia” di Caravaggio, il Parco archeologico della Neapolis, con la guida della direttrice del parco dott.ssa M. Amalia Mastelloni, il teatro greco e l’anfiteatro romano. A seguire, la visita al Museo archeologico “Paolo Orsi”, accolti dalla direttrice dott.ssa Beatrice Basile. Una mattinata è stata dedicata alla visita della città barocca di Modica con la casa natale di Salvatore Quasimodo (con la guida della dott.ssa Maria Teresa Di Blasi) e solennizzata dal benvenuto del sindaco di Modica Antonello Buscema, del presidente della Fondazione “Grimaldi” prof. Orazio Sortino e del direttore del Consorzio del cioccolato di Modica Nino Scivoletto. A Modica gli Accademici, oltre al tipico cioccolato, hanno potuto gustare e apprezzare altri sapori iblei. Tappa culturale immancabile per gli ospiti: assistere al teatro greco di Siracusa agli spettacoli “Filottéte” (di Sofocle) e “Andromaca” (di Euripide), due rappresentazioni tragiche di altissimo livello. Siracusa è stata, quindi, al centro dell’attenzione dell’Accademia per cinque giornate e ha accolto cinquanta Accademici provenienti da tutto il mondo e fra questi: il Presidente Giovanni Ballarini; la signora Anna Maria Dell’Osso; Benito Fiore Vice-Presidente dell’Accademia; i componenti della Consulta Giuseppe Di Lenardo e Mario Ursino; la direttrice del Centro Studi Sicilia orientale Cettina Pipitone Voza; il Delegato di Stoccolma Paolo Parini e il Delegato onorario Giovanni Gozzo; il Delegato di Bei- rut Mario Haddad e una numerosa rappresentanza; la Delegata di Caltagirone Gaetana Bartoli Gravina; il Delegato di Ragusa Francesco Milazzo; la Delegata di Caltanissetta Cinzia Militello di Castagna; il Delegato di Modica Carlo Ottaviano; la Delegata di Catania Est Francesca Ferreri Dell’Anguilla; il Delegato di Etnea Francesco Cancelliere; la Delegata di Val di Noto Agatina Frigintini Canicarao; Accademici e amici da Londra, Helsinki, Monaco di Baviera, Ginevra, Stoccolma, Beirut. Siracusa, già definita da Cicerone “la più grande e la più bella di tutte le città greche”, dal 2005 dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco e che anticamente fu chiamata anche Pentapoli in quanto costituita da ben cinque quartieri grandi come città, non è famosa nel mondo soltanto per la sua storia e per le bellezze archeologiche ma anche per i piatti tipici, soprattutto a base di pesce, crostacei e frutti di mare, che hanno deliziato il palato degli ospiti, unitamente ai vini autoctoni. Non sono mancati i dolci tipici quali la cassata, i cannoli di ricotta, le paste di mandorla di Avola e le deliziose granite di mandorla, di fragola di Cassibile e di limone femminello di Siracusa. Gli Accademici hanno altresì potuto visitare al castello di Targia le cantine Pupillo e apprezzarne la produzione. Momento scenografico la realizzazione del dessert “divina Triscele” dallo staff del maître Sergio Manenti contemporaneamente su cinque lampade nella sala “Laudien” del “Grand hotel Villa Politi”. Gli ospiti hanno potuto gustare anche molte altre tipicità gastronomiche realizzate esclusivamente con prodotti del territorio (pomodoro Pachino, melanzana, melone retato, olio extravergine di oliva tonda iblea, formaggi tipici locali, miele di Sortino), prelibatezze che creano suggestioni, completano e connotano il messaggio culturale di Siracusa e dei suoi dintorni e che rafforzano e contestualizzano la missione accademica. (Angelo Tamburini) C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 7 6 D A L L E memoria di odori e sapori ricchi e variegati nei quali si racchiude la millenaria esperienza dell’attività casearia siciliana. (Colomba Cicirata) CALTAGIRONE UN PICCOLO RISTORANTE DI GRANDE QUALITÀ Interessante imbattersi, visitando il territorio della Delegazione, in realtà nascoste che piacevolmente ci sorprendono. È accaduto all’Accademica Mariella Amoroso che ha scoperto a Vizzini un piccolo ma interessante ristorante che ha subito proposto alla Delegazione. Proprio all’ingresso del paese, tra le antiche case del centro storico, si trova il ristorante “Heroe’s Club”. Il locale, una cantina dalle volte a crociera, nasce come birreria, della quale ha mantenuto il nome e l’atmosfera. Il ristoratore-chef, il signor Gianfranco Piluso, negli anni Ottanta, lascia la propria terra per emigrare in Svizzera. L’esigenza di mantenersi lo porta a lavorare in un ristorante dove ha l’occasione di frequentare un grande chef come Michel Olivier, dal quale apprende l’arte di cucinare. Rientrato in Sicilia, mette a frutto questa esperienza puntando sull’eccellenza degli alimenti siciliani. La sua cucina si caratterizza infatti per la scelta di prodotti rigorosamente siciliani Dop e Doc. Da perfetta Simposiarca, Mariella Amoroso, insieme al signor Piluso, ha scelto il menu conciliando i principi dell’Accademia con le peculiarità e lo stile del ristorante. La briosa presentazione della Simposiarca ha subito coinvolto i commensali che hanno gustato con particolare attenzione le pietanze, delle quali di volta in volta lo chef ha illustrato la preparazione e gli ingredienti. La cena è stata all’altezza delle aspettative perché la qualità delle materie prima ha conferi- D E L E G A Z I O N I to a ogni piatto carattere e ricercatezza. L’antipasto è stato una ricca carrellata dei migliori salumi e formaggi siciliani. I primi, ravioli di farina di carrubo ripieni di ricotta e cavatelli al pesto di finocchietto selvatico, sono stati particolarmente apprezzati; anche il vitello all’agrodolce e il dessert, setteveli al limone, non sono stati da meno. A conclusione della serata, oltre al sentito apprezzamento del Vice-Delegato Domenico Amoroso, che ha consegnato allo chef il guidoncino dell’Accademia, anche l’impegno di ritornare presto all’“Heroe’s Club” per uno dei prossimi convivi. (Colomba Cicirata) SIRACUSA A TAVOLA CON CAMILLERI Un vero omaggio alla fervida fantasia di Andrea Camilleri e al suo personaggio, il commissario Montalbano, si è celebrato nel simposio di maggio della Delegazione. Il Delegato Tamburini ha dato il benvenuto ai graditi ospiti: il presidente di Confindustria Siracusa dott. Aldo Garozzo, il direttore dell’Asp 8 Siracusa dott. Franco Maniscalco, l’avv. Di Quattro (proprietario della ormai famosa casa di Montalbano). Ha poi brevemente introdotto la figura di Andrea Camilleri, il cui successo editoriale si è amplificato con l’avventura televisiva. Ha quindi spaziato sull’universo gastronomico dello scrittore, espresso attraverso Montalbano, goloso e continuamente affetto da un “pitìtto” smisurato, con un’antologia gustosa come una tavolata ben imbandita. Il cibo diventa protagonista trasversale di tutte le storie e acquista una valenza affettiva molto forte. A questo si aggiunga la bellezza naturale dei luoghi in cui gli episodi sono stati girati, luoghi come la tonnara di Scopello e quella di Capo Passero, il castello di Donnafugata e quello di Portopalo, piazza Duomo di Siracusa: la Sicilia senza tempo, senza precisi riferimenti geografici, ma un viaggio del cuore. Il Delegato ha poi fatto intervenire l’avv. Di Quattro per ascoltare alcuni aneddoti sulla località di Marinella (in effetti Donnaluca nel Ragusano). Un caloroso applauso per il simpatico e interessante intervento. A seguire l’Accademico Vittorio Pianese ha presentato la relazione: “Cuscusu di pisci: Montalbano, cucina, donne, idiosincrasie”. Egli ha così esordito: “Chi ama Montalbano conosce il suo strettissimo rapporto con la cucina, o meglio: con l’arte della cucina. Un’arte che si mischia alla Sicilia, prendendone a prestito i colori, gli odori, i sapori, i suoni”. È il suo un viaggio nel mondo dei sensi, una sorta di percorso di formazione, che rende più sensibili e competenti, volto a creare “il gusto” della tavola. Applausi anche per Vittorio Pianese, uniti al ringraziamento del Delegato per l’impegno e la capacità di ben districarsi, da genovese, anche con la pronuncia del siciliano. Naturale, a questo punto, passare alla degustazione dei piatti in tavola: “rapìpitìttu” (“purpiteddi” alla carrettiera, “vota-vota”, “scoppolarìcchi” fritti, arancini di Adelina e “capunata”), una vera sinfonia di sapori; “cuscusu di pisci” (saporito e gustoso); spigola all’acqua pazza; cannola di ricotta e “cassateddi”. Festosamente e con grande apprezzamento, anche se con qualche difficoltà del servizio, si è concluso un simposio dedicato al fenomeno letterario Andrea Camilleri e alla sua opera, che continua a coinvolgerci con grande intensità. Infine il Delegato ha consegnato il guidoncino accademico al proprietario Giancarlo Lo Manto e al maestro di cucina Dario Tartaglia per la capace interpretazione della “cucina di Montalbano”. (Angelo Tamburini) C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 7 7 SARDEGNA CAGLIARI E ORISTANO INCONTRO TRA DELEGAZIONI Le due Delegazioni sarde si sono incontrate per favorire e rafforzare i legami accademici di amicizia e la conoscenza gastronomica territoriale dell’Oristanese. Il Simposiarca della riunione conviviale, l’Accademico Bruno Vacca, originario di questi luoghi, ha organizzato l’incontro in maniera superba. La prima parte ha avuto un taglio culturale con la visita alla chiesa di San Paolo a Milis, chiesa dell’XI secolo, dove oltre a un altare ligneo di notevole fattura, ci sono delle tele del XIII secolo, recentemente restaurate. È seguita una visita all’azienda di floricoltura “I Campi”, che crea dei giardini particolari con il recupero di vecchie piante. Per il pranzo gli Accademici si sono recati a “Casa Bagnolo”, struttura che si trova nell’antica comunità di Milis, vicino a Oristano. Il complesso è stato recentemente ristrutturato, con un bel cortile interno dove sono stati serviti gli aperitivi, degustati con golosità e curiosità per l’abbinamento della bottarga, prodotto locale, con tartine alle pesche e al melone. Il pranzo conviviale è stato largamente apprezzato, come ha indicato la buona votazione espressa nei confronti dello chef Sergio, al quale è stato consegnato il piatto dell’Accademia come segno di riconoscimento alla qualità del locale. La riunione, eccezionalmente numerosa, anche per la presenza degli ospiti, è stata aperta dall’intervento della Delegata Mariangela Pinna che ha donato alla Delegata di Oristano Paola Meconcelli un libro sui murales sardi, evidenziando anche come la convivialità sia sinonimo di festa, celebrazione di momenti fondamentali della vita, piacere di condivisione. Tutti valori da preservare gelosamente. I N T E R N A T I O N A L S U M M A R Y DEAR ACCADEMIA MEMBERS... see page 3 DEAR GIANNI ear Academicians, every time I D address you in this “Dear Academicians” missive I do and always will, think about Gianni Franceschi. In fact, upon assuming the office of president, I asked him what I should call the opening article of each issue of The Civilization of the Table and immediately replied “Dear Academicians”, a simple and direct title that suits the purpose of conveying to the readers an idea in 5,000 characters. I immediately was wed to the idea and with each month’s letter I always fondly remember my friend Gianni. Giovanni Battista Franceschi, journalist, writer, and above all, Academician right up to his passing at the end of May. This man who always signed his articles “Gianni”, was the kind of journalist that is becoming an increasingly rare if not extinct species. He was a journalist because he wrote for several newspapers and was on the professional register, but most of all because, as a man of vast and profound culture, he began his career as a reporter for provincial papers and went on to specialize in news, also in nutritional and gastronomic news. For this reason he was completely comfortable when, at one point in his long personal and professional career he landed at the Academy’s magazine at the invitation of Franco Marenghi. He significantly contributed to its cultural elevation and was a major player in the magazine’s transformation into the current and esteemed Civilization of the Table. Provincial news from Reggio Emilia, and multifaceted daily reportage were the two fields in which he learned not only to determine the facts, but above all to communicate them as “news”. His writing was characterized by an accurate presentation of the facts through a commentary that was pertinent and well framed, with a reverence for truth and precision. With his excellent memory and vivacious intellect he was an able writer who right up to his final days was capable of writing an article with a fluid and readable style, always of the highest quality with many and varied references. As a journalist he had three great gifts: precision, precision, and precision which easily translated into control, control, and control. He took advantage of his exceptional memory, but was always careful to verify his facts. He was hard on himself, but openly tolerant with others. He was also a gifted editor when it came to cutting his articles to comply with the magazine’s editorial constraints (even space can be a tyrant…). I must confess that I myself often benefited from that skill, with excellent results. Gianni Franceschi wrote many books, and among the most recent was the trilogy about Reggiana cuisine: Two Thousand Years at the Table (The Traditional Foods),The Two Thousand Meter Table (The Typical Foods of the Region) and with Giovanni Marzi, At the Table in the year Two Thousand (New Tendencies in a Living Cuisine). With their in depth research and careful study, these books demonstrate a wise devotion to culinary memory and a clear portrayal of ancient recollections that have never been silenced, as the mouth watering testimonials that accompany the recipes demonstrate. A Reggiano by birth and temperament, he lived in Rome for many years without ever forgetting his origins that were rooted on the banks of the Crostolo River. He was a well rounded member of the Reggio Emilia Delegation because that was where is gastronomic passion was born. To be at the table with Gianni Franceschi anywhere in Italy, which he knew like the back of his hand, was a real pleasure. A lunch or dinner with Gianni, together with his wife Dolorita, perhaps was even greater a feast for the mind than for the body, and one was always the richer for the experience. He was a well-informed Academician and the same time always on the prowl for news, skilled at gathering information while enriching others. He was closely tied to tradition, especially those of his native Reggio Emilia but open to innovation, yet wary of experimentation for its own sake. As a precise and much appreciated speaker, his reports gave luster to many Academy meetings. The vast and varied series of his writings published in this magazine constitute the best evidence of how much Gianni Franceschi has given not only to our Academy but to Italian gastronomic culture in general. His body of work goes beyond a mere series of articles, signifying a long cultural journey characterized by wisdom and common sense. Today more than ever before we can see just how uncommon “good common sense” really is. Other voices in this issue will pay tribute to you, but this is not a farewell, dear Gianni, because every time we reread one of your writings you will once again be with us. GIOVANNI BALLARINI JIMINY CRICKET see page 5 An interview with Gianni Franceschi, or “Jiminy Cricket”, as he was called by the then Vice President of the Academy Giovanni Goria. The interview features many of Franceschi’s wise and clever observations on the Academician’s style and the role of the Delegations. AN UNFORGETTABLE FRIEND see page 7 Giovanni Marzi, who met Gianni Franceschi in high school, talks about his unforgettable and much admired friend. GOOD BYE, CHIEF! see page 8 Some Academicians, friends, and collaborators of Gianni Franceschi bear witness to his passion for the Italian Academy of Cuisine. C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 7 8 I N T E R N A T I O N A L S U M M A R Y BALLARINI CONFIRMED PRESIDENT PEPEROSA: PEPPER AS IN THE KITCHEN, THE ROSE AS A WOMAN see page 10 see page 18 The Fourteenth Assembly of the Delegates met in Rome on May 28 and renewed President Ballarini’s mandate. In the afternoon, the twenty-second International Conference on the Civilization of the Table was held with a discussion on “The Birth of a Plural Identity of Italian Cuisine”. The Delegation of Vigevano and Lomellina devoted a conference to Italian unification and 25 years of the Delegation’s existence. The theme of the conference on was “Peperosa, Pepper as in the Kitchen, the Rose as a Woman”. The Delegate emphasized the significance of those two definitions: pepper as a vindication of the right to knowledge in the kitchen that for women went long unrecognized; and the rose, the queen of flowers, that blooms not just in the gardens but in the kitchen as well. SPRING SESSION see page 13 On May 28, the Academic Council met twice in the hall of the Vittorio Veneto Hotel, before and after the Delegates’ Assembly. Programs and decisions are herein reported. ice fields: pemmican. This is a word in the language of the Cree Indians, according to the Padua Academician Giancarlo Burri. Pemmican is nothing other than buffalo meat, properly treated for long conservation. AN ANALYSIS OF THE HISTORY OF CUISINE see page 25 Cuisine presents requirements that are in the domain of science, and thus it lends itself to deep historical analysis that is helpful in explaining its natural evolution. Cuisine may be analyzed as a legitimate science, as Donato Pasquariello, Roma Appia Academician, states. ITALIAN CUISINE IN HUNGARY see page 20 THE FINE MUSTARD OF CARPI THE PLURAL IDENTITY OF ITALIAN CUISINE see page 14 The twenty-second International Conference on the Civilization of the Table, devoted to a discussion on “The Birth of a Plural Identity of Italian Cuisine” opened with the playing of the Italian nation anthem. The Academy’s General Secretary Paolo Petroni was the moderator. Professor Fiorenza Tarozzi, Professor Carlo Magni and Professor Alberto Capatti presented papers for a discussion by the participants. THE PHANTOM OF HUNGER see page 16 The first of a series of important regional projects to be promoted and organized by the Study Center of Molise and three Delegations of this region was held. The session bore the title “The Phantom of Hunger in Italian History, 1861-2011”. The session itself was meant to be a contribution by the Isernia Delegation to the celebrations of 150 years of Italian unification. This article is based on an address by the Hungarian Professor Szabó Gyözö at the Symposium devoted to “The Specificity and Diversity of Italian Cuisine After 150 Years of Unification”, sponsored by the Budapest Delegation. The article points out that many gastronomic terms, still in use in Hungary, are of Italian origin. see page 27 The story of the Carpi territory constitutes a cornucopia of recipes of which grapes are an indispensible component. Among such recipes, a special place is claimed by the fine mustard of Carpi, generally concocted in the fall, starting with a base made of must. “MONTALBANO” PICKS UP HIS PRIZE THE LIBRO NOVO BY MESSISBUGO see page 22 see page 28 Luca Zingaretti received the 2011 Vergani Award during a press conference in Rome. The prize was awarded for his contribution to the civilization of the Italian table in his acclaimed interpretation of the popular police inspector Montalbano. The Braidense National Library boasts a precious work by Cristoforo da Messisbugo, the Libro Novo, whose first edition was printed in Ferrara in 1549. This is a true treatise on lifestyles. It met immediately with great success and went through numerous reprintings until the first decades of the 17th century. SALGARI’S PEMMICAN see page 24 THE EVOLUTION OF A DISH In many adventure novels penned by the Italian writer Emilio Salgari one finds repeated references to the kind of food that his daring characters consumed, from the green prairies to the northern see page 30 How did dishes and nutritional habits evolve over the past half century? Certainly, we eat faster than before and C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 7 9 I N T E R N A T I O N A L S U M M A R Y CIVILTÀ TAVOLA DELLA ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA LUGLIO 2011 / N. 229 we surely have more food to put on the plate, and taste has become more refined. Eating is so important, as the Apuan Academician Alfredo Pelle points out, that even today, we still use the expression “to devour” a good book. until the 18th century. The Twenty Days of Agriculture by Messer Agostino Gallo is a vast compendium of information about wine, narrated in the form of a dialogue between two characters. DIRETTORE RESPONSABILE GIOVANNI BALLARINI VICEDIRETTORE E DIRETTORE ARTISTICO FRANCESCO RICCIARDI COORDINAMENTO REDAZIONALE SILVIA DE LORENZO SEGRETERIA DI REDAZIONE TILDE MATTIELLO SUPERSIZE AMERICA CUISINE IN CONVENTS see page 32 see page 38 As everybody knows, there are no normal measures or dimensions in America. Marino de Medici, Virginia Academician, reminds us that restaurant portions, the size of drinks and the quantity of snacks loaded with calories have all given rise to a true epidemic: obesity. Following the Middle Ages, the cuisine in convents was enriched by new recipes and tasty dishes, many of them cooked to sustain the tired pilgrims who found solace in those convents. Even today one can buy their excellent gastronomic products, wines and distilled spirits. The monasteries also keep a large number of scientific books on botany and agriculture. IN VAL RESIA see page 34 UTILIZE THE LEFTOVERS Val Resia, known as the Valley of Flowers, is a cultural island with well defined linguistic profiles and a traditional gastronomy based on polenta, potatoes, legumes and food products with milk and eggs. A few special foods of the valley bring to light interesting ethnographic issues, as described by Pietro Adami, Udine Academician. see page 40 Tito Trombacco, Academician of Bologna dei Bentivoglio, describes the personality of Olindo Guerrini and his work The Art of Utilizing the Leftovers of the Table, published after his death in 1918. This volume played an important role in daily cooking in times of poverty when people did their best to cook a healthy meal with few ingredients. THE RISORGIMENTO AT THE TABLE see page 35 MORE MEN AT THE STOVE see page 41 Donatella Clinanti, Asti Academician, tells us about the habits and the gastronomic penchant of some protagonists of the Italian Risorgimento, from Cavour to Emperor Franz Josef. THE ART OF MAKING WINE see page 37 Giorgio Cirilli, Tigullio Academician, describes a fascinating book that enjoyed great popularity in Italy and Europe, with reprints that occurred up The triumphal march of male chefs goes on and more than ever before, even at home it is the man who does the cooking. According to Antonio Ravidà, Delegate of Palermo Mondello, it is noteworthy that gastronomy, and the creation and the preparation of a dish directly involve an increasing number of men. Translators NICOLA LEA FURLAN DONALD J. CLARK Summarized FEDERICA GUERCIOTTI C I V I L T À D E L L A TAV O L A 2 0 1 1 • N . 2 2 9 • PA G I N A 8 0 IMPAGINAZIONE MARIA TERESA PASQUALI IN QUESTO NUMERO SCRITTI E RICETTE DI Pietro Adami, Paolo Basili, Sandro Bellei, Luisa Benedetti, Giancarlo Burri, Giovanni Canelli, Maria Cristina Carbonelli di Letino, Romolo Ciabatti, Giorgio Cirilli, Donatella Clinanti, Giovan Francesco Colle, Silvia De Lorenzo, Marino de Medici, Lorena Gallina, Gabriele Gasparro, Szabó Gyözö, Giovanna Maria Maj, Pier Luigi Manachini, Giovanni Marzi, Tilde Mattiello, Maricetta Messina, Domenico Musci, Donato Pasquariello, Alfredo Pelle, Roberto Pirino, Bartolomeo Platina, Antonio Ravidà, Francesco Ricciardi, Angelo Tamburini, Tito Trombacco. ❖ ❖ ❖ EDITORE ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA VIA NAPO TORRIANI 31 - 20124 MILANO TEL. 02 66987018 - FAX 02 66987008 [email protected] [email protected] www.accademia1953.it DIREZIONE E REDAZIONE VIA CASALE TOR DI QUINTO 1 - 00191 ROMA TEL. 06 3336102 - FAX 06 3336102 [email protected] ❖ ❖ ❖ PERIODICO MENSILE REGISTRATO PRESSO IL TRIBUNALE DI MILANO IL 29-5-1956 CON IL N. 4049 SPEDIZIONE IN ABB. 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