Lezione 13
Offerta aggregata, inflazione,
disoccupazione

ultimo aggiornamento 18 maggio 2011
1
Sommario
Indice della lezione

funzione macroeconomica della domanda
aggregata

funzione di offerta aggregata nel modello classico e
nel modello keynesiano

aggiustamenti dei prezzi

inflazione e aspettative

tipologia della disoccupazione e sue cause
2
Funzione dell’offerta aggregata di lungo periodo

Nei capitoli precedenti si è ipotizzato, per
semplicità, che i prezzi nel breve periodo siano
fissi


di fronte ad un aumento di domanda aggregata e in
presenza di capacità inutilizzata si supponeva che le
imprese aumentassero la produzione senza variare
in alcun modo i prezzi
Torniamo ora ad occuparci del comportamento
dei prezzi nel breve e nel lungo periodo

iniziamo dal lungo periodo, cioè dalla determinazione
dei prezzi e dell’inflazione nel modello classico
3
Funzione dell’offerta aggregata di lungo periodo

Nel modello classico la quantità prodotta è
determinata dalla disponibilità di risorse





l’inflazione, p, non ha alcun effetto sulla produzione
potenziale
pt  pt 1
l’inflazione è il tasso di crescita dei prezzi p t 
l’inflazione modifica il livello dei prezzi, ma non i pt 1
prezzi relativi
si suppone che gli agenti economici non soffrano di
illusione monetaria
La funzione dell’offerta aggregata mette in
relazione produzione e livelli di inflazione

nel lungo periodo, cioè nel modello classico, è una
retta verticale
4
Funzione dell’offerta aggregata di lungo periodo
5
Funzione della domanda macroeconomica aggregata

In presenza di inflazione la AD è funzione del
tasso di interesse reale i* = r*-p*
AD  C (Y  NT )  I (i )  G

Nel lungo periodo, data il prodotto potenziale,
viene definito un tasso di interesse reale che
garantisce l’equilibrio tra domanda aggregata e
prodotto potenziale
Y  C (Y  NT )  I (i )  G
*

*
*
La regola di Taylor diventa
rt = i* + pt + 0,5 (pt – p*) + 0,5 (yt – y*)
6
Funzione della domanda macroeconomica aggregata
i
i*
IS
Y*
Y
7
Funzione della domanda macroeconomica aggregata

La regola di Taylor individua quindi una
relazione tra tasso di interesse reale i e tasso di
inflazione



ci concentriamo sulla reattività della politica
monetaria all’inflazione, trascurando, per semplicità,
gli scostamenti della produzione dal potenziale
d’altra parte, abbiamo visto, che quegli scostamenti
potrebbero essere soltanto uno strumento utile per
prevedere l’inflazione futura
quando il tasso di inflazione è superiore all’obiettivo il
tasso di interesse reale diventa maggiore a quello
dell’equilibrio di lungo periodo, e viceversa
8
Funzione della domanda macroeconomica aggregata
9
Funzione della domanda macroeconomica aggregata

D’altra parte, la stretta monetaria che fa seguito
ad una inflazione superiore all’obiettivo della
banca centrale riduce il reddito di equilibrio,
cioè il reddito pari alla domanda aggregata

si viene così a stabilire una relazione tra livello
dell’inflazione e livello della domanda aggregata
coerente con il reddito

quella relazione è chiamata funzione
macroeconomica della domanda aggregata, MDS

lungo la funzione della domanda aggregata, il reddito
è pari alla domanda aggregata e il mercato
monetario è in equilibrio al tasso di interesse stabilito
dalla banca centrale in base alla regola di Taylor
10
Funzione della domanda macroeconomica aggregata
i
i*
l’espansione
monetaria
sostiene la
domanda
p
aggregata
la banca centrale riduce il tasso reale
i1\
IS
Y*
Y1
Y
p
p*
p1
45°
Y*
Y
se il tasso di inflazione scende
p
11
Funzione della domanda macroeconomica aggregata
i
i*
l’espansione
monetaria
sostiene la
domanda
p
aggregata
la banca centrale riduce il tasso reale
i1\
IS
Y*
Y1
Y
p
p0
p1
45°
Y*
Y
se il tasso di inflazione scende
p
12
Funzione della domanda macroeconomica aggregata
 Inclinazione della MDS



è tanto più piatta quanto più reattiva è la domanda
aggregata a variazioni del tasso di interesse, cioè la
curva IS è piatta
è tanto più piatta quanto più la banca centrale
reagisce a variazioni del tasso di inflazione, cioè la
curva ii è ripida
Spostamenti della curva MDS



si sposta a destra se si sposta a destra la curva IS,
per esempio per una politica fiscale espansiva
si sposta a destra se aumenta il tasso di inflazione
obiettivo della banca centrale
si sposta a destra nel caso in cui il tasso di interesse
obiettivo si riduce
13
Shock di offerta nel lungo periodo

Aumento del prodotto potenziale

se la regola di Taylor non viene modificata il punto di
equilibrio passa dal punto A al punto D

la banca centrale potrebbe riconoscere che è mutato
il prodotto potenziale e che il tasso di interesse di
equilibrio si è ridotto


in quest’ultimo caso la banca centrale facilita il
raggiungimento del nuovo equilibrio
non è tuttavia semplice per la banca centrale
identificare lo shock di offerta che ha incrementato il
prodotto potenziale
14
Shock di offerta nel lungo periodo
15
Shock di offerta nel lungo periodo
i
i*
i*1
il tasso di
interesse di
equilibrio
scende
p1
la banca centrale riduce il tasso di inflazione
i1\
IS
Y* Y*1
Y
p
D
45°
Y*1
p
se aumenta il prodotto potenziale
16
Shock di offerta nel lungo periodo
se la banca centrale muta il tasso di interesse obiettivo
i
i*
i*1
i1\
IS
Y* Y*1
Y
p
C
p1
D
45°
Y*1
p
la curva MDS si sposta sulla destra e l’equilibrio diventa C
17
Shock di domanda nel lungo periodo

Un incremento della spesa aggregata, qualsiasi
sia la fonte

sposta in alto la curva IS

a parità di prodotto potenziale di lungo periodo, il
tasso di interesse di equilibrio aumenta

se la banca centrale rileva il mutamento del tasso di
interesse di equilibrio e modifica la regola di Taylor,
l’equilibrio rimane nel punto A

altrimenti, si ha un incremento del tasso di inflazione
e l’equilibrio di lungo periodo si colloca nel punto B

in ogni caso, l’incremento del tasso di interesse reale
spiazza la spesa privata di un ammontare pari
all’incremento iniziale della domanda aggregata
18
Shock di domanda nel lungo periodo
19
Shock di domanda nel lungo periodo

nel modello classico, cioè nel lungo periodo,
eventuali incrementi di spesa pubblica non hanno
alcun effetto sul prodotto; provocano soltanto una
pari riduzione della spesa privata

lo spostamento in alto della curva MDS può essere
creato anche da una modifica della politica
monetaria, che cambia obiettivo inflazionistico da p*0
a p*1

il risultato finale di lungo periodo è una inflazione più
alta e nessun effetto sulla produzione

viene ribadita la dicotomia nel modello classico e la
neutralità della moneta

una maggiore crescita dell’offerta di moneta
influenza solo il tasso di inflazione
20
Shock di domanda nel breve periodo

Nel breve periodo gli shock provocano
innanzitutto una variazione della produzione
effettiva

Il processo di aggiustamento di uno shock
richiede aggiustamenti


dei prezzi

della politica monetaria

della domanda aggregata in seguito a variazioni
della politica monetaria
Tutti i precedenti aggiustamenti hanno bisogno
di tempo
21
Shock di domanda nel breve periodo


le imprese variano malvolentieri i prezzi

le banche centrali hanno bisogno di tempo per capire
quale shock si è verificato e innalzare i tassi di
interesse, nel caso di shock di domanda, ovvero
ridurli, in caso di shock di offerta

il meccanismo di trasmissione della politica
monetaria all’economia reale richiede mesi, se non
anni
In caso di shock di domanda l’effetto immediato
è una riduzione della produzione
22
Aggiustamento di salari e domanda di lavoro

In caso di disturbi di domanda o di offerta un
aggiustamento basato sui prezzi richiederebbe
che salari e contratti di lavoro venissero
immediatamente modificati

in effetti, licenziamenti e assunzioni hanno costi
rilevanti

anche la negoziazione dei salari comporta dei costi
rilevanti

di conseguenza i salari non vengono modificati tra
una contratto e il seguente, il numero di dipendenti
viene ridotto solo eccezionalmente
23
Funzione offerta aggregata di breve periodo

La funzione di offerta di breve periodo descrive
la relazione di breve periodo tra produzione e
inflazione dato un certo tasso previsto di
crescita dei salari

tassi di inflazione maggiori, dato il tasso di crescita
dei salari, comportano un minore salario reale

a fronte del maggiore salario reale, le imprese
saranno disposte ad offrire una maggiore quantità di
output

la curva di offerta di breve periodo si sposta quando
il salario negoziato viene via via modificato
24
Funzione offerta aggregata di breve periodo
25
Funzione offerta aggregata di breve periodo

La contrattazione salariale viene influenzata dal
livello corrente della produzione

se la produzione è inferiore al suo potenziale, Y < Y*,
allora il salario contrattuale riduce la sua crescita,
cioè la funzione di offerta di breve periodo si sposta
in basso

se la produzione è superiore al suo potenziale, Y >
Y*, allora il salario contrattuale incrementa la sua
crescita, cioè la funzione di offerta di breve periodo si
sposta in alto
26
L’aggiustamento ad uno shock di domanda

L’equilibrio di breve periodo viene identificato
dal punto di intersezione tra MDS e SAS

Si supponga uno spostamento in basso della
MDS causata da una riduzione dell’obiettivo
inflazionistico da p* a p*3

la modifica dell’obiettivo di inflazione induce un
aumento dei tassi di interesse e quindi una riduzione
di domanda aggregata e di produzione effettiva

la caduta della produzione riduce gradualmente la
crescita dei salari contrattuali e sposta la curva SAS
verso il basso

alla fine si raggiunge il nuovo punto di equilibrio
27
L’aggiustamento ad uno shock di domanda
28
L’aggiustamento ad uno shock permanente di offerta

Un aumento permanente del prodotto
potenziale sposta sulla destra sia la AS che la
SAS

se la banca centrale è pronta a rilevare lo shock e ad
adeguare il tasso di interesse obiettivo, anche la
curva MDS si posta sulla destra e il nuovo equilibrio
salta al punto E1

tuttavia, ci possono essere ritardi nella rilevazione e
altri nel meccanismo di trasmissione dell’impulso
monetario alla domanda aggregata

come risultato il prodotto aumenta nel breve periodo
ma meno dell’incremento di potenziale

nel lungo periodo si arriva all’equilibrio E1
29
L’aggiustamento ad uno shock permanente di offerta

se la banca centrale non modifica il proprio tasso di
interesse obiettivo, l’equilibrio di lungo periodo sarà
nel punto E3

il raggiungimento del nuovo equilibrio di lungo
periodo comporterà uno spostamento in basso della
curva SAS

nell’equilibrio di breve periodo il prodotto sarebbe
inferiore al potenziale e questo indurrebbe una
riduzione del tasso di crescita dei salari contrattati
30
L’aggiustamento ad uno shock permanente di offerta
E3
31
L’aggiustamento ad uno shock temporaneo di offerta

Si supponga un aumento temporaneo dei prezzi
delle materie prime

la curva AS non si modifica, visto che nel lungo
periodo il sistema si adatta all’incremento del prezzo
delle materie prime

la curva SAS dipende dai salari contrattuali, ma
anche dai costi degli altri input produttivi

un aumento del costo delle materie prima sposta
temporaneamente in alto la curva SAS

l’effetto inflazionistico scompare dopo che i maggiori
prezzi delle materie prime sono stati inglobati nei
prezzi degli altri beni
32
L’aggiustamento ad uno shock temporaneo di offerta
33
L’aggiustamento ad uno shock temporaneo di offerta

Se la banca centrale mantiene l’obiettivo di
inflazione la MDS non si sposta


l’economia subisce una recessione sommata a
inflazione, detta anche stagflazione
La banca centrale potrebbe evitare gli effetti
recessivi dello shock temporaneo modificando
l’obiettivo di inflazione


la modifica dell’obiettivo inflazionistico comporta uno
spostamento verso l’alto della curva MDS
gli effetti dello shock temporaneo sulla produzione
possono essere evitati, ma al costo di una maggiore
inflazione
34
Le regole della politica monetaria


La reazione della politica monetaria agli shock
implica delle conseguenze che dipendono dal
tipo di shock che si è verificato

quando si verificano shock di domanda, stabilizzare
l’inflazione implica anche stabilizzare il prodotto

non esiste contraddizione tra obiettivo di inflazione e
obiettivo di stabilizzazione della produzione attorno
al livello di prodotto potenziale
Quando si verificano shock temporanei di
offerta non è possibile stabilizzare sia il prodotto
che l’inflazione

se la banca centrale decide di stabilizzare il livello di
inflazione il prodotto varierà tra Y’ e Y’’
35
Le regole della politica monetaria
36
Le regole della politica monetaria
37
Le regole della politica monetaria


quando si realizza uno shock negativo, il tasso di
interesse reale viene incrementato

quando si realizza uno shock positivo, il tasso di
interesse viene ridotto
Al contrario, se viene stabilizzato il prodotto
attorno al suo potenziale, aumenta la variabilità
dell’inflazione

in questo caso, quando si realizza uno shock
negativo, il tasso di interesse viene ridotto

quando si realizza uno shock positivo, il tasso di
interesse viene incrementato
38
Le regole della politica monetaria

In pratica, la banca centrale si trova ad
affrontare congiuntamente shock di domanda e
di offerta



l’inclinazione di una particolare funzione MDS
rappresenta un particolare compromesso tra
obiettivo di stabilizzazione dell’inflazione e obiettivo
di stabilizzazione del prodotto
questo implica che l’obiettivo inflazionistico delle
banche centrali sia flessibile
le banche centrali possono scostarsi
temporaneamente dall’obiettivo inflazionistico in
modo da attutire le fluttuazione della produzione
39
Le regole della politica monetaria

In conclusione, la politica monetaria esercita un
potere discrezionale nel reagire a shock
macroeconomici inattesi

l’importante è che le deviazioni dell’inflazione e dei
tassi di interesse dagli obiettivi siano solo
temporanee

una volta che lo shock temporaneo venga superato, i
tassi di interesse devono essere modificati in senso
opposto

in caso contrario, la credibilità anti-inflazionistica
della banca centrale viene minata
40
L’inflazione e la moneta

Abbiamo visto che



nel breve periodo l’inflazione è determinata sia da
shock di domanda che da shock di offerta
nel lungo periodo l’inflazione è determinata
soprattutto dalla politica monetaria
Ora si pongono alcune questioni ulteriori

quale è la relazione di lungo periodo tra inflazione e
moneta?

come si spiegano fenomeni di iperinflazione?

quali sono i costi dell’inflazione?
41
L’inflazione e la moneta

Nel lungo periodo, cioè nel modello classico,
abbiamo già visto che

la moneta è un velo

esiste dicotomia tra variabili nominali e reali

Tuttavia, la relazione tra crescita dell’offerta di
moneta e crescita del livello dei prezzi, cioè
inflazione, non è semplicemente proporzionale

Abbiamo già presentato la funzione della
domanda di moneta
Md = P L(Y, r)
42
L’inflazione e la moneta

Il tasso di interesse rappresenta il costo
opportunità della moneta

ma quale tasso di interesse? Quello nominale o
quello reale

nel calcolare il costo opportunità della moneta,
individui razionali dovrebbero prendere in
considerazione il rendimento reale, i, di una qualche
attività finanziaria alternativa

tuttavia, nel calcolo del costo opportunità, va
considerato che il rendimento reale della moneta non
è nullo, ma pari a – p

in definitiva, il costo opportunità si calcola per
differenza: i – (– p)  r
43
L’inflazione e la moneta

E’ quindi il tasso di interesse nominale che
influenza la domanda di moneta

La relazione esistente tra tasso di interesse
nominale e tasso di interesse reale è chiamata
ipotesi di Fisher


secondo l’ipotesi di Fischer, un aumento dell’un per
cento dell’inflazione viene accompagnato da l’un per
cento di incremento del tasso di interesse nominale
quindi, nel lungo periodo
r = i* + p
44
L’inflazione e la moneta

Questo implica che la relazione tra offerta di
moneta e inflazione è determinata dalla
seguente condizione di equilibrio nel mercato
monetario

M
* *
 L(Y , i  p )
P
un aumento dell’offerta di moneta determina un
incremento dei prezzi, ma anche una variazione
della domanda di moneta, nella misura in cui
modifica il tasso di inflazione

la teoria quantitativa della moneta sintetizza la
relazione esistente tra moneta e prezzi nel modello
classico
45
L’inflazione e la moneta

Teoria quantitativa della moneta

l’inflazione è pari al tasso di crescita della moneta al
netto del tasso di crescita della domanda reale
p = DM% – DL%

di solito la domanda reale di moneta varia solo di
pochi punti percentuali

quindi il tasso di inflazione riflette soprattutto il tasso
di crescita dell’offerta di moneta


quando l’inflazione diventa molto alta, si trasforma in
iperinflazione, la riduzione della domanda di moneta
può essere molto rilevante
ha luogo una fuga dalla moneta
46
Il signoraggio


Anche se l’inflazione è un fenomeno
prettamente monetario la sua vera causa ha
spesso a che vedere con le politiche fiscali

soprattutto nei casi di iperinflazione, la creazione di
moneta serve per finanziare il disavanzo del bilancio
pubblico

il governo è costretto a utilizzare la moneta quale
fonte di finanziamento quando il debito pubblico è
così ampio che il governo non riesce più a emettere
ulteriori titoli di debito per assenza di domanda
L’introito reale ottenuto dallo Stato con la
creazione di moneta viene detto signoraggio
47
Il signoraggio



il costo della produzione di moneta è nettamente
inferiore rispetto al suo valore
il valore reale dell’introito per lo Stato dalla
produzione di moneta può essere quindi calcolato
ipotizzando che i costi di produzione siano nulli
il signoraggio è quindi pari a
DB

p

 m)  DM M 1  DM L
DM
p
d
M
p m
M m
Un aumento del tasso di crescita della moneta
aumenta il signoraggio a patto che non sia
controbilanciata da una riduzione della moneta
di pari ammontare
48
Il signoraggio

Esiste un tasso di crescita della moneta, e
quindi un tasso di inflazione, oltre il quale
un’ulteriore accelerazione dell’inflazione
produce una riduzione del signoraggio


superata quella soglia neanche la produzione di
moneta riesce a finanziare il disavanzo pubblico
a quel punto l’unico intervento efficace per
riequilibrare il sistema economico e porre termine ad
un processo di esplosione dei prezzi è il risanamento
del disavanzo fiscale
49
Il signoraggio
50
La curva di Phillips

La curva di Phillips è una regolarità statistica tra
tasso di inflazione e tasso di disoccupazione

la curva di Phillips identifica una sorta di rapporto di
scambio tra disoccupazione e inflazione

la curva di Phillips non è stabile nel lungo periodo

nel lungo periodo il tasso di disoccupazione viene
determinato dal livello di produzione potenziale e
dalla domanda di lavoro connessa a quel livello di
produzione

il tasso di disoccupazione corrispondente al prodotto
potenziale viene anche chiamato tasso naturale di
disoccupazione

nel lungo periodo la curva di Phillips è verticale
51
La curva di Phillips
52
La curva di Phillips

Nel breve periodo la curva di Phillips è legata
alla funzione SAS

a fronte di uno shock di domanda, un aumento del
tasso di inflazione rende possibile un incremento di
produzione e quindi una riduzione del tasso di
disoccupazione, e viceversa

in corrispondenza del tasso naturale di
disoccupazione la curva di Phillips indica il tasso di
inflazione atteso, utilizzato nella contrattazione dei
salari

il tasso di inflazione atteso dipende dalla politica
della banca centrale e dalla sua credibilità
53
La curva di Phillips

Si supponga che la banca centrale annunci una
riduzione del suo obiettivo inflazionistico

inizialmente l’annuncio non può modificare la
posizione della curva di Phillips, che dipende dalle
attese di inflazione esistenti nel momento in cui sono
stati stipulati i contratti al momento applicati

la nuova politica monetaria riduce quindi il tasso di
inflazione ma al costo di un aumento del tasso di
disoccupazione

successivamente, la curva di Phillips si sposta verso
il basso, a patto che l’annuncio della banca centrale
sia creduto
54
La curva di Phillips
55
La curva di Phillips



se l’annuncio non viene creduto il sistema
economico può rimanere per molti anni in una
situazione di disoccupazione superiore al suo livello
naturale
la credibilità della banca centrale contribuisce a
ridurre i costi della riduzione dell’inflazione in termini
di disoccupazione superiore al suo livello naturale
Per ridurre i costi della disinflazione vengono
attuate politiche specifiche


politiche dei redditi che intervengono direttamente
nel processo negoziale di contrattazione dei salari
riforme istituzionali che aumentano l’indipendenza
delle banche centrali e quindi la sua credibilità
56
La curva di Phillips

La curva di Phillips si sposta anche nel caso di
shock di offerta

uno shock permanente di offerta modifica sia il tasso
naturale che il tasso la posizione della curva di
Phillips di breve periodo

uno shock temporaneo, provoca uno spostamento in
alto della curva di Phillips di breve periodo e un
aumento del tasso di disoccupazione

quando lo shock temporaneo viene assorbito, la
curva di Phillips ritorna alla sua posizione iniziale a
patto che le aspettative di inflazione non si siano
modificate
57
La curva di Phillips
58
La curva di Phillips

se la banca centrale non è molto credibile, gli agenti
economici possono pensare che i costi in termini di
disoccupazione per riportare il tasso di inflazione al
suo valore iniziale saranno evitati

in questo caso, le aspettative inflazionistiche
vengono modificate e la curva di Phillips rimane in
una posizione superiore a quella iniziale
59
I costi dell’inflazione

Le banche centrali garantiscono la stabilità
dell’inflazione


ma quali sono i costi dell’inflazione?
L’inflazione non necessariamente si traduce in
una riduzione del potere di acquisto dei redditi



in un processo inflazionistico aumentano sia i prezzi
che i redditi
quando l’inflazione è causata da un aumento dei
prezzi di beni importati, effettivamente si ha
incremento dei prezzi e impoverimento del paese
bisogna produrre di più per consumava ciò che ci si
permetteva prima dell’incremento dei prezzi delle
importazioni
60
I costi dell’inflazione



in questo caso, tuttavia, non è l’inflazione la causa
dell’impoverimento ma il peggioramento delle ragioni
di scambio
Per approfondire i costi dell’inflazione bisogna
distinguere tra

inflazione attesa, anticipata

inflazione inattesa, che coglie di sorpresa gli agenti
economici
Un inflazione perfettamente anticipata comporta
dei costi dovuti a

riduzione della domanda di moneta e inconvenienti
dovuti alla ridotta detenzione di mezzi di pagamento,
i cosiddetti costi delle suole
61
I costi dell’inflazione


i costi di adeguamento dei listini prezzi, i cosiddetti
costi di menù

distorsioni fiscali connesse a imposte le cui aliquote
variano al di sopra di soglie fissate in termini
nominali, oppure a imposte sui redditi da capitale
fissate sui rendimenti nominali e non su quelli reali
Una sorpresa inflazionistica comporta
soprattutto effetti ridistributivi

vengono avvantaggiati i debitori, fra i quali lo Stato, e
colpiti i creditori

in genere, vengono avvantaggiati i giovani e colpiti
gli anziani
62
I costi dell’inflazione

Oltre il livello dell’inflazione, anche l’incertezza
sul futuro livello di inflazione comporta dei costi




è più difficile prendere decisioni che riguardano il
futuro
l’incertezza comporta dei rischi e gli individui non
amano i rischi
l’incertezza sull’inflazione futura diminuisce quando
si riduce il livello
un più basso livello di inflazione è quindi preferito
anche perché riduce l’incertezza inflazionistica
63
La disoccupazione

La curva di Phillips ha mostrato che


anche nell’equilibrio di lungo periodo esiste un tasso
di disoccupazione, detto naturale, maggiore di zero
il tasso di disoccupazione di breve periodo può
essere maggiore di quello naturale

Perché il tasso di disoccupazione naturale non
è nullo?

Definizioni statistiche

i disoccupati sono coloro che dichiarano, in
occasione di apposite rilevazioni statistiche, di non
lavorare e di cercare attivamente lavoro
64
La disoccupazione

la forza lavoro comprende gli occupati e i disoccupati

il tasso di disoccupazione è la percentuale di
disoccupati rispetto alla forza lavoro
tasso disoccupazione = D / (O + D)

il tasso di partecipazione è la percentuale di individui
che fanno parte delle forze lavoro sul totale della
popolazione in età lavorativa
tasso di partecipazione = (O + D) / N15-65

Il numero di disoccupati rilevati dalle indagini
campionarie sono uno stock

in ciascun periodo di tempo sono tuttavia presenti
flussi in entrata e flussi in uscita
65
La disoccupazione


Anche quando il tasso di disoccupazione
rimane costante sono presenti flussi di entrata e
uscita dalla condizione di

occupato

disoccupato

inattivo
Tipologia della disoccupazione

frizionale

strutturale

classica

ciclica
66
La disoccupazione
67
La disoccupazione
1999
2003
2007
2009
Disoccupati
20,847 22,241 23,222 23,025
2,559 2,048 1,506 1,945
Forza lavoro
23,406 24,289 24,728 24,970
Occupati
tasso di disoccupazione
tasso di occupazione 15-64
10.9
53.7
8.4
57.5
6.1
58.7
7.8
57.5
tasso di attività 15-64
60.4
62.9
62.5
62.4
68
La disoccupazione

Disoccupazione frizionale


Disoccupazione strutturale


misura il numero di individui che transitano
temporaneamente nella condizione di disoccupato
perché stanno cambiando lavoro o stanno
addestrandosi per un nuovo lavoro
è dovuta ad una discrepanza tra domanda e offerta
di lavoro
Disoccupazione classica

è dovuta a salari contrattati troppo alti e ai quali non
si realizza l’equilibrio tra domanda e offerta di lavoro
69
La disoccupazione

Disoccupazione ciclica o keynesiana



è dovuta alla carenza della domanda aggregata, si
realizza quando la produzione è inferiore al
potenziale
Il tasso naturale di disoccupazione è quel tasso
presente anche quando il mercato è in equilibrio
e comprende la disoccupazione

strutturale

frizionale
La disoccupazione naturale è interamente
volontaria
70
Salario reale
Il tasso naturale di disoccupazione
w*
AJ
E
LD: domanda di lavoro
LF: forza lavoro
AJ: numero di lavoratori che
desiderano accettare un lavoro
LF
F
LD
N* N1
Numero di lavoratori
AJ è a sinistra di LF poiché
sia alcune persone stanno
cambiando sia altre aspettano
offerte migliori.
L’equilibrio è in w*, N*.
La distanza EF è la disoccupazione
naturale
71
La disoccupazione

La disoccupazione classica è invece
involontaria


anche la disoccupazione classica può essere inclusa
all’interno della disoccupazione naturale
La disoccupazione keynesiana è anche una
disoccupazione involontaria

dipende da una riduzione della domanda di lavoro in
corrispondenza del salario corrispondente
all’occupazione naturale nell’equilibrio di lungo
periodo

può essere contrastata da politiche economiche
opportune
72
Salario reale
La disoccupazione classica
w2
w*
AJ
A B
LF
C
Supponete che un sindacato
riesca ad ottenere un salario
w 2.
L’equilibrio è in A
e la disoccupazione è AC,
della quale BC è volontaria
LD e AB involontaria
N2 N* N1
Numero di lavoratori
73
La disoccupazione
74
La disoccupazione


le politiche economiche di sostegno alla domanda
non hanno però alcuna efficacia una volta raggiunto
il tasso di disoccupazione naturale
Il tasso di disoccupazione naturale può essere
variato soltanto con politiche dell’offerta

le politiche dell’offerta spostano le curve AJ e LF

ridurre il divario tra competenze professionali
domandate e offerte

agevolare il processo di incontro tra domanda e
offerta di lavoro

ridurre il cuneo fiscale e retributivo
75
salario reale
Riduzioni fiscali e disoccupazione
w1
w2
w3
AJ
A
E
B
F
C
LF
Con un’imposta sul reddito, il salario
lordo pagato dalle imprese (w1)
è maggiore del salario netto
percepito dai lavoratori (w3).
Il numero di lavoratori assunti è N1
AB è l’ammontare della tassa
La disoccupazione è BC
Senza la tassa, l’equilibrio
LD sarebbe in E.
con una disoccupazione EF.
N1 N2 Numero di lavoratori
EF è minore di BC per la pendenza relativa di LF e AJ
76
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lezione 13 - offerta aggregata, inflazione, disoccupazione