LO SCRIGNO DI PROMETEO
COLLANA DI DIDATTICA, DIVULGAZIONE E STORIA DELLA FISICA

Direttore
Ettore G
Università degli Studi di Milano
Piero Caldirola International Centre for the Promotion of Science
Comitato scientifico
Sigfrido B
Università degli Studi di Pavia
Giovanni F
Università degli Studi di Ferrara
Marco Alessandro Luigi G
Università degli Studi di Milano
LO SCRIGNO DI PROMETEO
COLLANA DI DIDATTICA, DIVULGAZIONE E STORIA DELLA FISICA
La conoscenza completa delle leggi fisiche è la meta più alta a cui possa aspirare un
fisico, sia che essa abbia uno scopo puramente utilitario. . . sia che egli vi cerchi la
soddisfazione di un profondo bisogno di sapere e la solida base per la sua intuizione
della natura.
Max P
La Fisica ha come scopo capire il rapporto tra l’uomo e la natura,
non solo da un punto di vista scientifico, ma anche filosofico, e ha
cambiato in modo irreversibile la nostra vita tramite le sue ricadute
tecnologiche.
La spiegazione e la divulgazione dei concetti che stanno alla sua base,
dati quasi per scontati, ma lungi dall’essere noti o compresi da molti,
e l’evoluzione delle tecniche sperimentali, che hanno permesso di
scoprire le leggi che regolano i fenomeni naturali e delle teorie via via
elaborate, sono perciò argomenti di studio e riflessione di rilevanza
primaria.
Questa collana si rivolge a chi abbia desiderio di approfondire o discutere questi temi ed è aperta a chi voglia collaborarvi con contributi
originali.
Pubblicazione realizzata grazie ai fondi della Facoltà di
Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell’Università di
Roma “La Sapienza”, per la linea di ricerca Laboratorio
multimediale di Storia, Epistemologia e Didattica della
Fisica, e del Centro di Ateneo per la Ricerca sulla
Formazione e sull’Innovazione Didattica (CARFID)
dell’Università di Roma “La Sapienza”.
Michelangelo De Maria
Maria Grazia Ianniello
Storia e didattica della fisica
Strumenti per insegnare
Copyright © MMIV
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: dicembre 
Indice
SEZIONE I
Per un Laboratorio di Storia, Epistemologia e Didattica della Fisica
M. De Maria, M. G. Ianniello
9
Premessa
1. Gli anni Sessanta e le riforme dei curricola scientifici
2. Snow e il gap tra le due culture: un problema superato?
3. Il metodo storico nell’insegnamento della scienza:
dai case studies al PPC
4. A favore o contro il metodo storico: un dibattito irrisolto
5. Oltre gli anni Novanta: il revival dei case histories
6. Esperienze didattiche e materiali di sostegno al metodo storico
6a. Case Histories per tutte le età
6b. La ricostruzione di esperimenti storici
6c. Manuali, letteratura primaria e secondaria
6d. Storia, didattica e comunicazione scientifica
7. Conclusioni
Bibliografia di riferimento
9
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26
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42
45
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SEZIONE II
La nascita dell’elettromagnetismo classico:
un’analisi storico-epistemologica
57
Strumenti per insegnare: materiali di studio del modulo
di “Epistemologia e Storia della Fisica”
Michelangelo De Maria
57
1.
1.1
1.2
1.3
2.
57
57
67
79
84
Approccio Meccanicistico e Dinamistico alla Scienza
Meccanicismo in fisica matematica
Dinamismo in filosofia e in filosofia della scienza
Unificazione, analogia e modelli meccanici per meccanicisti e dinamisti
Approccio meccanicistico e dinamicistico in elettrostatica,
galvanismo e magnetismo
2.1 I fenomeni elettrici e magnetici prima di Maxwell
5
84
6
Indice
2.2 Oersted e l’unificazione tra elettricità e magnetismo
2.3 Il contributo di Ampère
2.4 Faraday e lo sviluppo dell’elettromagnetismo classico
Bibliografia
Letture
93
99
108
129
133
SEZIONE III
La fisica e il contesto: l’evoluzione dei concetti di pressione,
temperatura, calore, lavoro, potenza, energia, elettricità e magnetismo
185
Strumenti per insegnare: materiali di studio
del modulo di “Strumentazione e Teorie Fisiche”
Maria Grazia Ianniello
185
1.
1.1
1.2
1.3
1.4
1.5
1.6
1.7
193
193
195
197
197
198
201
202
La genesi storica del concetto di pressione atmosferica
La questione del vuoto
L’incompatibilità del vuoto nell'universo aristotelico
La fisica pneumatica
La fuga vacui e l’emergere della filosofia sperimentale
Un sifone che non fa l’effetto desiderato
L’esperienza di Torricelli dell’argento vivo
Il dibattito si sposta in Francia: Pascal
2.
L’evoluzione delle pompe e le principali connessioni
con altri settori di ricerca
2.1 Gli esperimenti pneumatici di Guericke
2.2 Il contributo di Boyle
2.3 L’evoluzione delle pompe
Bibliografia e suggerimenti
207
210
212
216
3.
3.1
3.2
3.3
3.4
3.5
3.6
218
218
220
224
224
226
228
Dalla fisica dei sensi alla termometria: temperatura e calore
I “gradi di calore”
I primi termometri e il problema della scala di temperatura
Alla ricerca di una temperatura assoluta
La natura del calore
La nascita della calorimetria
Dal calore come sostanza al calore come moto
4. Alla radice dei concetti di lavoro, potenza, energia
4.1 Apertura alla storia della tecnica
4.2 Fonti di potenza motrice e macchinari
dal periodo classico al primo Rinascimento
207
228
228
229
Indice
7
4.3 Rinascimento tecnico e rivoluzione scientifica
4.4 Le macchine motrici nel periodo preindustriale e l’avvento del vapore
4.5 Il problema del moto perpetuo
Bibliografia e suggerimenti
231
232
233
240
5. Macchine reali e macchine ideali
5.1 Tradizione vettoriale scalare in meccanica:
la definizione dei ‘veri’ parametri del moto
5.2 La meccanica applicata alle macchine e l’emergere dei concetti
di lavoro, rendimento, potenza
5.3 Carnot e il rendimento delle “macchine a fuoco”
5.4 Tra esperimento e filosofia naturale:
correlazione e conversione delle forze naturali
5.5 Gli esperimenti di Joule e di Mayer sull'equivalente del calore
5.6 Il principio generale di conservazione dell’energia
Bibliografia e suggerimenti
242
242
6. Elettricità e Magnetismo
6.1 La nascita dell’elettricità
6.2 La nascita del magnetismo
6.3 Le applicazioni dell'elettricità
6.4 La sintesi di Maxwell dell'elettromagnetismo ottocentesco
6.5 Le applicazioni dell’elettromagnetismo
6.6 La verifica sperimentale delle equazioni di Maxwell: Hertz e Righi
6.7 1895: l’esperimento di Marconi della collina
6.8 Lo sviluppo dei tubi elettronici
Bibliografia e suggerimenti
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SEZIONE I
Per un Laboratorio di Storia, Epistemologia
e Didattica della Fisica
M. De Maria, M. G. Ianniello*
Premessa
Presentiamo di seguito una rassegna sull’uso della storia della
scienza nell’insegnamento con l’obiettivo di definire un quadro che
orienti i docenti nel difficile compito di scegliere una possibile strategia didattica che attiri l’interesse degli studenti e soprattutto contribuisca a una migliore comprensione della disciplina o, usando il linguaggio delle teorie costruttiviste, favorisca negli allievi un cambiamento
concettuale. Ricordiamo tuttavia che il metodo storico è una delle possibili strade da intraprendere, non la sola e non sempre. Più in generale, quando si parla di didattica delle scienze sperimentali, la discussione si polarizza fondamentalmente attorno a due questioni: l’uso del laboratorio e l’uso della storia. I due approcci hanno per altro subito evoluzioni simili: enfasi spinta fino agli anni Settanta, critiche serrate
negli anni Ottanta, revival e nuova attenzione dagli anni Novanta; in
più condividono buona parte degli obiettivi didattici. Rispetto alle due
strategie si sono inoltre formati due schieramenti di sostenitori e di detrattori che hanno finito per radicalizzare la discussione come se una
scelta dovesse escludere l’altra, e hanno descritto le due attività estremizzandone i tratti. Chi vuole sminuire l’uso del laboratorio tende a
sottolineare l’aspetto solo prescrittivo delle attività sperimentali e parlerà, con riferimento alle famigerate guide di laboratorio, di scienza
*
Dipartimento di Fisica, Università di Roma La Sapienza. Gli autori desiderano
ringraziare Giovanni Battimelli per i suggerimenti e le osservazioni al testo; Fulvio
Medici per il sostegno grafico.
9
10
M. De Maria, M. G. Ianniello
come libro di ricette, di abilità manuali (hands–on) preferite alle abilità intellettuali (brains–on), ecc. mentre chi vuole svalutare il metodo
storico parlerà di storia per aneddoti, di storia come semplice contorno
accattivante per far digerire meglio le durezze della disciplina. Noi riteniamo entrambi gli approcci irrinunciabili nella pratica didattica e
spetta all’insegnante scegliere l’uno o l’altro, o anche una combinazione dei due, per esempio nella ricostruzione di esperimenti storici.
Nel seguito esporremo le motivazioni favorevoli o contrarie al metodo
storico allo scopo di focalizzarne pregi e difetti, per mettere in guardia
i docenti sia verso un uso troppo spinto della storia sia verso il rischio
di un insegnamento disancorato da qualsiasi contestualizzazione storica. Per formazione e professione degli autori, la maggior parte della
presentazione, pur essendo valida per le altre scienze sperimentali, fa
riferimento alla fisica. I molti cenni alla situazione statunitense inoltre
non denunciano alcun tipo di subalternità culturale. Va dato comunque
atto ai colleghi americani di avere fatto da apripista rispetto a molte
questioni, se non altro perché per progettare, realizzare e sperimentare
curriculi d’insegnamento è necessario avere fondi. Quando è stato
possibile abbiamo tuttavia integrato le informazioni citando esperienze nazionali. Le proposte che presentiamo sono svariate, dai case histories alle più recenti esperienze ‘medializzate’, molte generalizzabili
e adattabili anche alla nostra scuola. Il suggerimento che diamo è di
affrontare con attenzione il panorama complessivo e di operare con eclettismo le proprie scelte usando la storia come e dove serve.
1. Gli anni Sessanta e le riforme dei curricola scientifici
A partire dagli anni Sessanta negli Stati Uniti si verificò uno sforzo
così imponente di alfabetizzazione scientifica da far designare in seguito quel periodo come The golden Age of Science Education (Kyle,
1991). C’era stato l’ “effetto Sputnik” che nel 1957 aveva improvvisamente allarmato e spinto le varie istituzioni governative statunitensi
a porsi il problema urgente di promuovere l’insegnamento della scienza per non perdere la competizione con l’Unione Sovietica. Bisognava
dunque investire sulle giovani generazioni nello sforzo comune di assicurare al paese i futuri quadri in grado di sostenere le nuove sfide
Per un Laboratorio di Storia, Epistemologia e Didattica della Fisica
11
tecnologiche che solo l’impresa scientifica poteva raccogliere. Nel giro di pochi anni vennero avviati decine di progetti di riforma curricolare nelle scienze (Shulman e Tamir, 1971) con un impiego di risorse
finanziarie e umane mai verificatosi nel mondo occidentale moderno.
Questo imponente movimento di riforma, messo in moto dall’urgenza
di recuperare il ritardo nell’istruzione scientifica, partì dall’alto, dalle
commissioni governative per investire le università e, in cascata, le
scuole di ogni ordine e grado nel tentativo comune di trovare il modo
più efficiente e coinvolgente per insegnare la fisica, la chimica, la biologia. Le commissioni di esperti disciplinari furono presto affiancate
dai pedagogisti e dagli esperti dei settori dell’epistemologia e della
storiografia della scienza, con un movimento trasversale che portò a
una vera e propria rivoluzione culturale che si manifestò nella revisione critica dei modi di insegnare, di percepire la scienza e la sua evoluzione, con consonanze e comunanze di intenti impressionanti (Ianniello, Tarsitani, 1983). Un tratto comune a questi movimenti di riforma
fu la reazione a cliché giudicati vecchi, conservatori, statici, puramente deduttivi, in grado solo di fornire conoscenze preselezionate secondo criteri di economia e di razionalità che poco avevano a che fare con
la pratica scientifica.
Nell’ambito della ricerca educativa, queste istanze di rinnovamento
si risolsero in una contrapposizione netta con l’insegnamento tradizionale a favore di un insegnamento attivo, incentrato sullo studente, sul
metodo e sul linguaggio anziché sui contenuti, sul “metodo della scoperta” (Bruner, 1961), sulla ricerca fluida (Schwab, 1962, 1964), sulle
attività sperimentali condotte dagli allievi che si confrontano con un docente che, primus inter pares, guida e coordina senza tuttavia imporre
ricette precostituite e schemi interpretativi a senso unico. Insieme ai metodi tradizionali di fare didattica vennero messi sotto accusa anche i
manuali giudicati atemporali, di impianto ipotetico–deduttivo e con una
preferenza verso la catena causale ipotesi–conseguenze–verifica–applicazioni, in grado di riflettere una immagine della scienza “che non è verosimilmente più adeguata a rappresentare l’attività di chi li ha prodotti
di quanto non lo sia l’immagine e la cultura di una nazione ricavata da
un opuscolo turistico” (Kuhn, 1962; tr. it. 1969, p. 19).
Nell’ambito della epistemologia e della storiografia scientifica
venne avanzato con prepotenza un nuovo modo di interpretare i mec-
M. De Maria, M. G. Ianniello
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canismi di crescita della scienza, enfatizzandone l’aspetto fluido, di
ricerca aperta a una molteplicità di metodi, il relativismo e la realtà
dinamica della conoscenza. L’approccio positivista di stampo ottocentesco venne duramente criticato e messa in discussione l’esistenza di
leggi e principi indiscutibili, di prove sperimentali conclusive e univoche, di esperimenti “cruciali”, di dati osservativi obiettivi e neutri
(Hanson, 1958). Fu rivendicato, al contrario, alla scienza il fatto di
procedere per tentativi ed errori e di essere un processo fluido di ricerca raramente definitivo. Furono emblematiche le posizioni propagandate, tra gli altri, da T. Kuhn con il suo libro La struttura delle rivoluzioni scientifiche (Kuhn, 1962), in cui si affermava che ogni periodo
storico ha la sua “scienza normale” che per crisi, rivoluzioni e fasi di
“scienza straordinaria” muta profondamente l’immagine della scienza.
In questo clima di rinnovamento vennero individuate due grandi strategie didattiche: l’uso diffuso del laboratorio e l’uso della storia. Nacquero così per le high school1 in particolare per la fisica, da un lato, il PSSC2,
un corso progettato da J. Zacharias del Mit, fortemente innovativo, che
proponeva per la prima volta un laboratorio dove a lavorare sono gli allievi; dall’altro, l’Harvard Project Physics (HPP)3, a orientamento stori1
L’ordinamento scolastico statunitense è suddiviso in “gradi” a partire dal Kindergarten. Si distingue in K grade 1-8 equivalente complessivamente alle nostre scuole elementare e media. Si può poi diversificare da stato a stato con varie denominazioni. Le junior
schools corrispondono ai gradi 7-9; tra queste, le scuole technical, trade o vocational,
triennali, sono simili ai primi anni dei nostri istituti tecnici e professionali. A livello superiore le senior high schools comprendono i 4 gradi successivi 9-12; in questa fascia scolare le
high schools equivalgono grosso modo ai nostri licei; sono distinte in due bienni, il primo,
uguale per tutti, di cultura generale; il secondo, a indirizzo più specialistico e con corsi opzionali. I College e le università corrispondono alla nostra formazione universitaria.
2
PSSC (Physical Science Study Committee): il comitato si costituisce nel 1957; vengono quindi formate le classi pilota e avviati il collaudo e la revisione del corso con inizio nel 1960. La prima edizione italiana è del 1963 con varie riedizioni pubblicate da Zanichelli; per il mercato italiano il progetto si componeva di un libro di testo (rivisitato
negli anni con diverse articolazioni del testo), una guida di laboratorio per lo studente,
una guida per l’insegnante, kit sperimentali, film didattici, test di profitto, monografie
scientifiche; i kit sperimentali sono oggi distribuiti da La Nuova Didattica s.r.l., Milano.
3
PPC (Project Physics Course), noto anche come Harvard Project Physics, inizia la sperimentazione intorno al 1964; nel mercato italiano viene pubblicato da Zanichelli e prevede 6 unità didattiche: Il moto, Moto nei cieli, Il trionfo della meccanica, La luce e l’elettromagnetismo, I modelli dell’atomo, Il nucleo.
Per un Laboratorio di Storia, Epistemologia e Didattica della Fisica
13
co, di cui parleremo diffusamente nel seguito. Attorno a questi due colossi editoriali, ciascuno con il suo corollario di manuali per lo studente e
per il docente, collane di monografie di approfondimento, filmati, guide e
kit di laboratorio, furono pubblicati l’IPS4 nel 1963, un corso integrato di
chimica e di fisica, il BSCS (1963) per la biologia, il Chemical Bond Approach Project (1964) per la chimica, l’Earth Science Curriculum Project (1967) per le scienze della Terra, e così via.
È inutile sottolineare quanto sia importante affrontare la questione dei
movimenti di riforma curricolare negli Stati Uniti perché ci riguarda direttamente. Il PSSC, l’IPS e l’HPP vennero tradotti in molte lingue e diffusi con adattamenti locali in molti paesi, dal Giappone alla Cina, dal Canada all’Australia, Italia compresa. In Italia il PSSC iniziò a circolare su
territorio nazionale in un numero ristretto di classi pilota alla fine degli
anni Sessanta, seguito dall’IPS e dall’HPP. Benché questi progetti non
ebbero mai una grande diffusione per i limiti strutturali delle nostre scuole superiori (poche ore di insegnamento della fisica, possibilità di attività
di laboratorio assai ridotte, docenti non sempre preparati ad affrontare sia
il laboratorio sia l’approccio storico) segnarono anche da noi una svolta
epocale nella didattica della fisica e tuttora rimangono dei modelli validissimi e, in qualche misura, insuperati di insegnamento. Di fatto in Italia
si preferirono spesso manuali più tradizionali e meno impegnativi.
2. Snow e il gap tra le due culture: un problema superato?
Nei primi anni Sessanta uscì un libro destinato a diventare il manifesto di denuncia dei difficili rapporti tra le scienze umane e le scienze
‘esatte’: si trattava del celebre libro di C. P. Snow (Snow, 1962) sulle
due culture che diede l’avvio a un dibattito che investì tutto il mondo
4
IPS (Introductory Physical Science Group) ha avuto inizio nel 1963 come filiazione del PSSC; la prima edizione italiana è del 1971. Edito da Zanichelli in due volumi per il biennio delle superiori: IPS 1, Introduzione alla scienza fisica, Corso
sperimentale di chimica e fisica per il biennio: proprietà caratteristiche e trasformazioni della materia, dai cambiamenti di stato alla teoria cinetica (fino alla modellizzazione dell’atomo). IPS 2, Scienza fisica 2: carica elettrica, atomi e cariche, calore,
energia potenziale e cinetica, conservazione dell’energia. I kit sperimentali sono distribuiti da La Nuova Didattica s.r.l., Milano.
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M. De Maria, M. G. Ianniello
occidentale, con ripercussioni forti anche nell’ambito della ricerca educativa. Snow denunciava la mancanza di dialogo tra gli umanisti,
tradizionali depositari della cultura, e gli scienziati e i tecnologi che
già negli anni Sessanta si avviavano verso forme di specialismo e di
frammentazione disciplinare, con la rischiosa conseguenza di confinare la scienza dentro mura impenetrabili ai più. Il problema del “gap tra
le due culture” veniva dunque posto all’attenzione nel tentativo di trovare una strada per superare una frattura grave e forse insanabile nel
corpo della conoscenza. Anche l’Italia fu investita da questo dibattito,
tanto più coinvolgente e bruciante perché in qualche misura riproponeva talune posizioni gentiliane. Nella riforma Gentile (1923; cfr.
Barbagli, 1974), che nel bene e nel male influenzò il sistema scolastico italiano per generazioni, veniva infatti espressa una chiara predilezione per le scienze umane con un’altrettanto chiara sottovalutazione
del valore formativo dell’insegnamento scientifico e tecnologico.
Un’analoga dicotomia si rifletteva nella divisione sociale tra la scuola
dei futuri quadri dirigenti, rappresentata dai licei, e la scuola di avviamento ai mestieri, gli istituti tecnici. Non che Gentile negasse alla
scienza valore in sé, soprattutto in vista delle applicazioni utilitaristiche che da quel versante potevano provenire, quanto piuttosto sosteneva la mancanza di un valore culturale intrinseco alla scienza a meno
che essa non sottendesse grandi concezioni filosofiche, in tal caso di
competenza dei filosofi. Scienziato e tecnologo, dunque, inteso come
tecnico specialista che produce prodotti privi di valore intellettuale
‘alto’, e che quindi appartiene a un mondo culturale separato, da taluni
visto come élitario, da altri come subalterno alla ‘vera’ cultura. Del resto per Gentile la scienza non ha storia nella misura in cui, una volta
che un risultato tende verso forme cristallizzate di sapere, acquista valore per sé e si libera della sua storia che entra a far parte della storia
della filosofia e del pensiero scientifico.
Nei decenni successivi alla pubblicazione del libro di Snow molti
aspetti del dibattito si sono ricomposti in modo naturale: la comunità
internazionale degli storici della scienza è cresciuta e maturata, sostenendo e alimentando in modo fruttuoso il versante della epistemologia
grazie al valore ‘normativo’ che solo una ricostruzione storica rigorosa può avere nei confronti delle analisi sulla metodologia della scienza. Inoltre, i risultati più brillanti sono stati spesso conseguiti proprio
Per un Laboratorio di Storia, Epistemologia e Didattica della Fisica
15
da parte di quegli scienziati militanti che hanno contribuito in modo
essenziale a ricostruire la storia della scienza, in particolare del Novecento, rendendola accessibile anche a un pubblico non esperto5.
Quanto al gap tra le due culture, se a livello di comunicazione generalista e di istruzione scolastica e universitaria molto è stato fatto,
affermare che il problema sia stato superato sembra azzardato. Rimane
un vasto territorio di intervento che coinvolge gli esperti di didattica,
di comunicazione, di storiografia scientifica e di epistemologia ai quali spetta il compito di continuare a gettare un ponte tra le due culture.
In Italia, nonostante le prese di posizione assunte, tra gli altri da L.
Geymonat (Geymonat, 1960; 1972) a favore del significato culturale
dell’impresa scientifica, e le molte sperimentazioni, saggi, dibattiti e
seminari sul tema intrapresi, tra l’altro, in seno ai gruppi di Storia della Fisica operanti nei Dipartimenti di Fisica di molte sedi universitarie
nazionali, il problema delle due culture è ben lontano dall’essere superato. Alcuni tratti della recente riforma sui cicli d’istruzione (legge 53
del marzo 2003, nota come “legge Moratti” dal nome del ministro della Università e della Ricerca in carica) destano per esempio viva preoccupazione e fanno temere una sorta di ritorno a Gentile. La riforma
nelle sue linee programmatiche (in verità ancora in via di definizione
per la scuola superiore), attribuisce infatti valore formativo alla matematica, e in subordine all’informatica, relegando la fisica a un ruolo
ancillare insieme alle altre scienze sperimentali.
3. Il metodo storico nell’insegnamento della scienza:
dai case studies al PPC
Nelle società industriali del dopoguerra la scuola, da un lato, è diventata un fenomeno di massa grazie anche all’affermarsi del diritto
allo studio che ha visto coinvolto un numero sempre crescente di studenti; dall’altro, le campagne di alfabetizzazione scientifica hanno reso urgente il problema di riformare i curricula di insegnamento. Come
abbiamo anticipato, una delle strategie per conquistare alla scienza gli
5
Citiamo tra gli altri, M. Jammer, E. Whittaker, G. Holton, A. Pais e, ancora, T.
Kuhn, J. L. Heilbron, P. Forman, S. Brush, D. Cassidy.
16
M. De Maria, M. G. Ianniello
studenti venne individuato proprio nell’uso della storia nell’insegnamento scientifico. Il riferimento è alla società americana ma è calzante
per tutti i paesi industrializzati, Italia compresa.
Nelle dichiarazioni a favore della storia c’erano stati in realtà precedenti illustri: il richiamo a Ernst Mach (Mach, 1883) e alla sua posizione, in base alla quale per capire la scienza è irrinunciabile conoscerne la storia, è d’obbligo. Pierre Duhem è un altro esponente autorevole a favore del metodo storico nell’insegnamento, “il modo migliore per dare a chi studia la fisica un’idea giusta e una chiara visione
dell’organizzazione così complessa e viva di questa scienza” (Duhem
1909, tr. it. p. 301). Furono inoltre prodotti due importanti strumenti
che misero per la prima volta studiosi non specialisti, insegnanti e studenti, a contatto con le memorie originali di una varietà di autori: in
Germania, la collana degli Ostwalds Klassiker sui contributi di vari
scienziati, da Archimede a Einstein, da J. Bernoulli a Planck, commentati e integrati da note e biografie6; negli Stati Uniti, a partire dal
1925 una serie di Source Book, dalla scienza greca in poi, pubblicata
per iniziativa della American Philosophical Association (Magie,
1935). In questo periodo, un sostenitore influente della storia della
scienza e dell’importanza di leggere le memorie fu R. A. Millikan che
raccomandava di leggere i classici della scienza tra i quali includeva,
immancabili, le Due nuove Scienze di Galileo e i Principia di Newton.
Una selezione bibliografica accurata di classici della scienza venne
aggiunta al suo libro di testo Mechanics, Molecular Physics and Heat,
pubblicato nel 1937 in una nuova edizione arricchita da materiale storico. È la prima volta che negli Stati Uniti viene inaugurata la soluzione di presentare nel corso di base di fisica destinato ai college e alle
università, materiale storico. Scrive l’autorevole storico della fisica G.
Holton in proposito:
Da tutto il libro proveniva la sensazione che la scienza è il prodotto di un essere
umano concreto piuttosto che un decalogo calato dall’alto. In questo modo Millikan e i collaboratori alla nuova edizione, D. H. D. Roller e E. C. Watson, avevano lanciato un nuovo stile per i potenziali successori sebbene nella loro intro6
La collana venne fondata alla fine dell’Ottocento dal chimico fisico Wilhelm
Ostwald, proseguita da A. v. Oettingen, e quindi da Wolfgang Ostwald negli anni
Venti del Novecento. Negli anni Sessanta è stata pubblicata la nuova serie.
Per un Laboratorio di Storia, Epistemologia e Didattica della Fisica
17
duzione non mancarono di rassicurare i colleghi più conservatori che il materiale
storico presente nel libro «non influenza la continuità della trattazione analitica».
(Holton 2003a, p. 607)
L’esempio di Millikan fu seguito da altri “scienziati–educatori”,
anche se ancora in modo episodico. In alcuni corsi generali a livello
universitario vennero introdotti elementi storici della disciplina con
l’obiettivo di ampliare la cultura degli studenti fino alla svolta decisiva
che si verificò nel 1944, quando la carta dei diritti immise oltre due
milioni di veterani americani nei gradi superiori dell’istruzione rendendo il problema della riforma dei curriculi ancora più pressante. A
quel tempo era rettore della Università di Harvard il chimico J. B. Conant, acceso sostenitore di una istruzione aperta a tutti. Spinto anche
da motivazioni ideologiche, Conant riteneva che i futuri cittadini dovessero studiare la scienza, con le sue tattiche e strategie, e riconoscere in essa il patrimonio di valori ereditato dalla cultura occidentale.
Venne così preparato nel 1945, a cura della commissione di facoltà,
un libro dal titolo General Education in a Free Society, un vero e proprio manifesto per l’educazione americana nelle high school che prevedeva nell’insegnamento delle scienze nei corsi introduttivi una forte
componente di storia e di filosofia della scienza. Lo stesso Conant
tenne i primi cicli di lezione e diresse una collana di brevi monografie
di sostegno ai corsi, chiamata Harvard Case Histories in Experimental
Science. La filosofia che stava dietro i corsi di Harvard (Conant,
1948), basata sull’uso della storia come tessuto unificante per presentare la scienza e illustrata attraverso “casi esemplari” (i case histories)
e l’attività di laboratorio, in modo da far conoscere ali studenti esempi
significativi di “science in the making”, verrà esposta da Conant nel
1947, nel libro On Understanding Science: an Historical Approach. Il
metodo dei case histories fu ripreso in particolare nelle scuole superiori come metodo HOSC (History of Science Cases for High Schools;
Conant e Nash, 1957; Klopfer e Watson, 1957; Klopfer, 1964).
I corsi della General Education attrassero un giovane che aveva
appena sostenuto il PhD in fisica sperimentale ad Harvard sotto la supervisione di P. W. Bridgman e che aveva già credenziali di tutto rispetto, essendo stato assistente di fisica di E. C. Kemble e di filosofia
della scienza ai corsi dell’illustre esponente del Circolo di Vienna P.
Frank: Gerald Holton. Holton era destinato a diventare, per tutti gli
M. De Maria, M. G. Ianniello
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studiosi di storia della scienza interessati ai problemi dell’insegnamento, un riferimento costante non solo per la progettazione e la realizzazione dell’HPP ma anche per i suoi originali studi di storia della
fisica. Il primo contributo importante dato da Holton al problema
dell’inserimento di tematiche storiche nell’insegnamento fu il suo libro di testo, Introduction to Concepts and Theories in Physical Sciences, del 1952, con numerose edizioni l’ultima delle quali, del 2001, riscritta insieme a S. Brush, porta il nuovo titolo Physics, the Human
Adventure: from Copernicus to Einstein and Beyond.
La genesi dell’HPP è stata di recente raccontata dallo stesso Holton
in occasione del congresso IHPST7 del 2001, in un intervento su “The
Project Physics Course, then and now” (Holton, 2003b). A seguito
dell’effetto Sputnik, la National Science Foundation statunitense aveva
convocato d’urgenza nel 1963 Holton insieme ad alcuni insegnanti di
fisica provenienti da tutti gli stati per chiedere loro di progettare un corso nazionale di fisica per le high school. Il progetto doveva affiancare il
PSSC che era riuscito ad attirare percentuali troppo basse di studenti
della scuola superiore (solo il 4 %), mentre si imponeva con urgenza un
corso di fisica che avesse maggiore presa sugli studenti. Holton accettò
la sfida e divenne il principale responsabile dell’Harvard Project
Physics, denominato in seguito Project Physics Course (PPC). Al progetto si unirono un insegnante in una scuola superiore della California,
J. Rutherford, e F. Watson, esperto di didattica della fisica e responsabile della sperimentazione nelle classi e delle revisioni del progetto. Dopo
un lungo periodo di gestazione a cui collaborarono centinaia di persone,
nacque così nel 1970 la versione finale del PPC suddiviso in 6 unità,
ciascuna con le sue sezioni storiche e i suoi materiali di approfondimento, definiti da Holton una “cornucopia multimediale”: trasparenze, filmati in formato 8 mm su particolari fenomeni fisici, filmati in formato
16 mm tra i quali “People and Particles” sulla elettrodinamica quantistica e “The World of Enrico Fermi”, filmati dedicati alla formazione de7
L’associazione IHPST (International History, Philosophy and Science Teaching), costituitasi nel 1987, promuove l’uso della storia, della filosofia e della sociologia della scienza nell’insegnamento scientifico attraverso una serie di azioni tra
le quali un congresso internazionale biennale e la rivista Science and Education. Ulteriori informazioni si trovano al sito http://ihpst.arts.unsw.edu.au/aboutUS.html.
Per un Laboratorio di Storia, Epistemologia e Didattica della Fisica
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gli insegnanti, una collana di libretti (“Readers”) di approfondimento
per ogni unità. Il corso sembrò rispondere perfettamente agli obiettivi
di insegnare la fisica a studenti non necessariamente motivati alla disciplina e che non avrebbero scelto di proseguire gli studi in quella direzione. L’idea di presentare la fisica come impresa umana, come avventura intellettuale, come una parte del sapere con strette connessioni
con le altre scienze, incluse la storia e la filosofia e dunque, in ultima
analisi, come una componente essenziale della cultura, rendendo così
anche il problema del gap con la cultura umanistica uno pseudoproblema (Holton, 1973), fu all’inizio vincente e portò a un incremento
del 20 % il numero degli studenti (tra i quali numerose studentesse)
che scelsero fisica nelle high school e in alcuni college.
L’interesse per la storia della scienza nell’insegnamento si accese
presto anche in Europa e in particolare in Italia dove innumerevoli furono i contributi da parte di vari gruppi di ricerca in Storia della Fisica
operanti nei Dipartimenti di Fisica di diverse sedi universitarie (tra le
quali Milano, Pavia, Genova, Roma8, Napoli, Lecce; cfr. in merito, S.
D’Agostino, 1979; Ianniello, Tarsitani 1983; Bevilacqua, Giannetto,
1998). Nel panorama internazionale vennero pubblicati, infine, numerosi saggi tra i quali vale la pena citare A. Arons (Arons, 1965), Y. Elkana (Elkana, 1970), Devons e L. Hartman (Devons, Hartman, 1970),
S. G. Brush e A. L. King (Brush, King, 1972).
4. A favore o contro il metodo storico: un dibattito irrisolto
Con la diffusione dell’approccio storico nell’insegnamento e la proliferazione di sperimentazioni didattiche si moltiplicarono le riflessioni e le
prese di posizione sulla validità del metodo. Occorre innanzitutto precisare che esisteva una zona franca in cui l’adozione del metodo non suscitava troppe critiche perché la popolazione di studenti cui era destinato richiedeva una cultura di base a largo raggio, critica e ben fondata ma non
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Si menziona, a titolo di esempio delle tante iniziative promozionali a favore
della storia, il Seminario internazionale di studio promosso da S. D’Agostino e M.
G. Ianniello sul tema “Storia della scienza e della tecnica e insegnamento scientifico”, Frascati, Centro Europeo dell’Educazione (1980).
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