ANNO II N.5
EDITORIALE
SETTEMBRE – OTTOBRE 2013
Presidente
Maurizio Cianfarini
Vice-Presidente
Raffaella Restuccia
Direttivo
Elena Buttinelli
Cinzia Flaviani
Silvia Gotti
Monica Napoleone
Maria Severa
“… e per favore usi
le buone maniere!!”
IL
GAZZETTINO DELLA
BALENA BIANCA
Recapiti: 06-85358905
[email protected]
Redazione
Vito Lamontanara
Palma Aliberti
Lamberto Baietti
Celeste Gensini
SOMMARIO
“…e per favore usi le buone
maniere!!” pg.1
Editoriale
La comunicazione efficace in ambito
sanitario pg. 2
Aliberti Palma
Il convegno Nazionale a Milano pg. 4
Redazione
Il processo “fisiologico
dell’elaborazione emozionale di una
malattia pg.5
Cianfarini Maurizio
Il dono pg. 8
Pillole di saggezza
Rubriche
A domanda risponde pg.8
a cura di Cianfarini Maurizio
Non è vero ma ci credo pg.6
La sigaretta elettronica
a cura di Moby Dick
Bandi e concorsi
Premio Fotografico Nazionale
“Carpe Diem - Cogli l’attimo” pg.9
Alessia Gentile
Borsa di studio pg.13
Le nostre pubblicazioni pg. 10
Da scaricare pg. 12
Eventi Formativi pg. 12
…. e che Formazione!!!
Alta Formazione in Psicologia
Oncologica a Roma e Milano;
Cure Palliative Pediatriche;
Un approccio umanistico alla cura;
Introduzione alla psiconcologia.
Chi, come, cosa “Siamo” pg. 18
Venerdì 29 Novembre 2013 si svolgerà presso la
Sala Congressi della Provincia di Milano il
Convegno Nazionale “La Sofferenza nella
malattia” parte quinta – “Dall’Oncologia
Pediatrica all’Età Avanzata…per una buona
pratica clinica in Psico&Oncologia”.
Continua a pg 4
I want you
Abbiamo bisogno di Te!
“Ho avuto il problema in famiglia, è stata
dura e nessuno ci ha dato un supporto
psicologico, siamo rimasti soli”, fai in modo che
questa richiesta d‟aiuto non rimanga inascoltata!!
Dopo che ti sei riposato, che hai goduto della
meritata vacanza e torni al tuo lavoro, ai tuoi
studi, decidi di dedicare del tempo a Moby Dick,
abbiamo bisogno di Voi, persone che possano
dedicare qualche ora al mese per fare del bene
professionalmente. Se pensi di non essere pronto,
che per Te è un‟esperienza nuova quella di offrire
una terapia di sostegno psicologico a persone con
una patologia oncologica, ti diciamo che non
sarai lasciato allo sbando, ci saranno altri
mobydikers che ti consiglieranno e ti formeranno.
Ti aspettiamo! chiama allo 06/85358905 per
conoscerci meglio, prendere un appuntamento
e diventare VOLONTARIO
Se andiamo a ritroso nei
ricordi della nostra infanzia, un
monito che spesso e volentieri
ci giungeva dai nostri genitori
era, con più o meno successo,
di
avere
una
“buona
educazione” in ogni contesto in
cui ci trovavamo e soprattutto
con le persone anziane e
sofferenti. Loro, i nostri
genitori, sia per tempo che per
cultura
personale,
hanno
cercato di fare il massimo per
far si che queste “buone
maniere” ci distinguessero nel
mondo in ogni ambito, dove ci
saremmo dovuti confrontare.
Quello che sorprende è come
questa cura, attenzione alle
buone maniere venga meno
proprio nei luoghi di cura e
proprio da parte di chi
dovrebbe “avere cura”.
Buona educazione → buone
maniere → buona pratica; è un
flusso
sequenziale
che
dovrebbe
essere
vissuto
all‟interno di automatismi del
“prendersi cura” di una
situazione specifica in cui si
trova “l‟altro” da noi, la
persona in cura.
Come
nell‟esperienza
personale
“una
cattiva
educazione” non possiamo
farla ricadere esclusivamente
sui nostri genitori, anche nella
pratica sanitaria “una cattiva
prassi” non possiamo imputarla
semplicemente agli insegnanti,
ai professori dei nostri diversi
percorsi di studio; anche se,
specie nel campo delle
relazioni umane, offrire ai
propri allievi delle semplici
nozioni o illustrare modelli
asettici
di
intervento
è
estremamente riduzionistico.
La formazione emozionale
deve prendere il giusto spazio
all‟interno dei processi di cura
e all‟interno del nostro mondo
emotivo.
Continua a pg. 4
IO VOGLIO TE!
ANNO 2-4
Pagina 1
La comunicazione in ambito sanitario
La
comunicazione in ambito sanitario è un aspetto
fondamentale per quanto riguarda la cura delle persone
a cui è stata diagnosticata una malattia oncologica.
Nonostante questa consapevolezza, troviamo spesso
delle situazioni alquanto singolari tra le corsie ospedaliere dove la comunicazione e la condivisione vengono
il più delle volte messe da parte piuttosto che utilizzate
come delle risorse efficaci. Sarebbe utile considerare il
paziente secondo una visione olistica, senza trascurare i
numerosi aspetti che la scoperta della malattia oncologica comporta, e prendersi cura della persona “a tutto
tondo”, dando importanza anche agli innumerevoli
risvolti psicologici che l‟individuo sta sperimentando.
Comunicare una diagnosi di cancro ad una persona
rappresenta una condizione molto difficile per un
medico, il quale deve riuscire in ogni caso a mantenere
quella “giusta” distanza empatica ed accogliere
contemporaneamente gli aspetti emotivi del paziente.
Tra le numerose peculiarità da rispettare per quanto
riguarda la comunicazione in ambito oncologico
troviamo senza dubbio la cura del setting nel quale
viene comunicata la diagnosi. In questo caso la persona
ha bisogno di un ambiente accogliente, nel quale sia
rispettata la sua riservatezza. Un altro aspetto fondamentale da prendere in considerazione riguarda il grado
di conoscenza che l‟individuo ha rispetto alla propria
malattia. Nel caso in cui preferisca tralasciare i dettagli
concernenti la sua condizione di salute, il medico
dovrebbe rispettare questa decisione e comunicare la
diagnosi con molta delicatezza.
Tratto dall‟opuscolo Il Sostegno Psicologico in Oncologia:quando e
perché chiedere aiuto. Disegno di Sara Cianfarini
La comunicazione di una diagnosi infausta comporta,
nella maggior parte dei casi, uno squilibrio rispetto alle
emozioni delle persone a cui è stata diagnosticata una
malattia. Il medico, in questo caso, dovrebbe essere
pronto e ben preparato ad accogliere determinate
reazioni comportamentali, e a riconoscere le emozioni
della persona, affinché si possa instaurare una sorta di
“collaborazione” tra le due parti, in vista di una vera e
propria pianificazione del lavoro da fare insieme.
Proprio per questo, in ambito oncologico, avremmo
bisogno di prestare molta attenzione all‟importanza di
un equipe multidisciplinare in grado di lavorare con il
ANNO 2-4
paziente secondo le proprie esigenze sia fisiche che
psicologiche.
“La mia strategia verso il cancro, verso i suoi nuovi
messaggi dolorosi, potrei sintetizzarla così: cerco di fare
ricerca. Per dargli un senso, per renderlo sopportabile, per
riuscire a convincere i medici a essere montessoriani,
maieutici: ascoltarci, aiutarci a narrare il male e a tirar
fuori tutte le potenzialità e risorse, in modo da poter
convivere con la nostra parte mortifera e immortale il più a
lungo e il meglio possibile” . Queste parole appartengono
a Gianni Grassi, noto giornalista italiano. Nel 2000 gli
fu diagnosticato un carcinoma prostatico con diffusioni
ossee. Egli riuscì a considerare la malattia non come la
fine della vita ma come un‟opportunità, pensando alla
morte come a un dovere biologico e sociale. Sottolineava spesso l‟importanza della relazione tra medici e
pazienti, o meglio tra curanti e curati, come lui stesso li
definiva. Parlava di una vera e propria differenza tra
etica ed essere etico. Etica significa dare ragioni
plausibili per tutti, non dare regole uguali per tutti.
L‟etica, secondo Grassi, è fondata su relazioni consensuali, non su disposizioni obbligatorie e presuppone la
relazione con l‟altro, la comunicazione trasparente e
disinteressata, non l‟oscurità del gergo tecnico, spesso
utilizzato dai medici in occasione della comunicazione
con i pazienti.
“L’efficienza, l’informazione, la stessa conoscenza
dell’evidenza scientifica per le decisioni mediche, sono
condizioni necessarie ma non sufficienti. Ci vuole anche
l’anima, la comunicazione. Quello che ci serve, come curati
e curanti, è un rapporto insieme più umano e più scientifico.
Sì perché, per fare della medicina e della pratica clinica una
scienza delle relazioni terapeutiche, servono scienza e
coscienza sia dei curanti che dei curati”. Grassi parlava di
una vera e propria collaborazione tra chi cura e chi
riceve cure, il medico mettendo in gioco le sue
conoscenze scientifiche e la persona affetta da malattia
riportando la sua sofferenza fisica ed il suo “vivere” il
dolore.
Inoltre affermava: “…Sono sempre più convinto che
ognuno muore come ha vissuto: se hai seminato molto,
raccogli molto. E cosa raccogli? Relazioni. Sono convinto
sempre di più che la vita è relazione, che la cura è relazione,
che il 75 per cento delle cure terapeutiche sono fatte di
relazioni terapeutiche, il 25 per cento poi è biologia,
tecnologia, farmacologia, statistiche.
Perché se tu medicina, tu medici, sai – o dovresti sapere –
tutto sulla malattia, sulla singola malattia, sulla mia
malattia, su come io la vivo e la soffro sono io l’unico
competente, o no? Allora o è un confronto, una trattativa,
uno scontro tra due competenze, o l’una riconosce l’altra,
oppure non è scienza la medicina”.
Quello che conta non è certo la quantità delle parole
dette o la quantità dei momenti di relazione con il
paziente. L‟aspetto che più va preso in considerazione è
senza dubbio la qualità di queste relazioni, che non
dipende esclusivamente dal cosiddetto “sapere scientifico” dei medici o degli operatori sanitari, ma anche
dalla loro qualità di vita, principalmente in ambito
lavorativo. Chi è affetto da una grave malattia spesso
Pagina 2
non ha bisogno di parole tecniche e di spiegazioni più
dettagliate. Ha bisogno di sentirsi accolto, compreso,
considerato.
Il concetto di “prendersi cura” concerne tutto questo.
Un “prendersi cura” a trecentosessanta gradi, secondo
il quale ascoltare significa rispettare l‟individualità
dell‟altro, dargli fiducia e accogliere cosa l‟altro ci
rimanda durante la comunicazione.
Tutti gli operatori sanitari dovrebbero essere in grado di
riflettere e mettere in atto una relazione intersoggettiva,
in cui l‟altro rappresenta il vero protagonista della
propria condizione di malattia, soggetto attivo del
proprio esistere e del proprio dolore, sia fisico che
emotivo, l‟unico davvero in grado di poter argomentare
seriamente tutto quello che riguarda la sua condizione
di salute.
La persona ha bisogno di essere supportata in ogni fase
della malattia, dalla comunicazione della diagnosi a
tutto ciò che riguarda le varie terapie ed eventuali
interventi.
Molti medici ed operatori sanitari preferiscono
tralasciare determinate informazioni, a volte anche
essenziali per mettere l‟individuo in condizione di poter
prendere determinate decisioni importanti, decisioni che
spesso hanno a che fare con la vita e la morte.
Comunicare empaticamente, accogliere le numerose
emozioni e le paure di chi soffre, porta ad una condizione in cui la comunicazione della diagnosi diventa
una vera e propria “condivisione” della situazione
presente, un supporto per poter arrivare ad essere in
grado di accettare la comparsa della malattia.
In un Convegno Nazionale del 2013, organizzato
dall‟Associazione Moby Dick, la Dott.ssa Barillaro ha
parlato dell‟importanza del domandare alle persone con
malattia oncologica: “Tu come stai?”. Apparentemente
risulta una domanda inopportuna in una situazione in
cui il paziente sta affrontando la propria malattia, con
tutte le varie conseguenze che essa porta con sé. In
realtà invece la domanda non è affatto irriguardosa.
Chiedere “Come stai?” a chi soffre significa entrare
nello “stare” di quella persona, donare uno spazio di
condivisione in cui l‟individuo riesca a sentirsi
considerato in tutto e per tutto quello che sta vivendo.
Uno spazio unico, di empatia, uno spazio in grado di
potergli restituire un potere sulla propria vita. Le
persone che soffrono a causa di una malattia oncologica
sono spesso confuse e spaesate, hanno bisogno di
ritrovare dei punti di riferimento, dei confini personali
in cui esprimere: “Nonostante il cancro…ESISTO!”.
Gli operatori sanitari di conseguenza hanno bisogno
degli strumenti adatti per poter intraprendere una buona
relazione con il paziente, strumenti che non provengono
solo da una buona preparazione tecnica e scientifica,
quanto da una buona predisposizione all‟empatia.
Essere in grado di sostenere la persona, sia per quanto
riguarda la cura farmacologica della malattia che
l‟aspetto emotivo, altrettanto importante… è la sfida da
accogliere. Palma Aliberti
ANNO 2-4
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Pagina 3
CONVEGNO NAZIONALE
Dall’Oncologia Pediatrica all’Età Avanzata
…per una buona pratica clinica in
Psico&Oncologia.
Venerdì 29 Novembre 2013 si svolgerà presso la Sala
Congressi della Provincia di Milano il Secondo
Convegno Nazionale “La Sofferenza nella malattia”
parte quinta – “Dall‟Oncologia Pediatrica all‟Età
Avanzata…per una buona pratica clinica in
Psico&Oncologia”.
Il Convegno approfondirà il tema dell‟intervento
medico e psicologico in oncologia soffermandosi con
particolare attenzione sugli aspetti utili a garantire una
buona pratica clinica che tuteli sia le persone malate
che gli stessi operatori sanitari. E‟ un mondo, quello
dell‟oncologia e delle malattie organiche gravi in
generale, che ha un gran bisogno di una buona pratica
clinica. Chi si trova immerso in questo mondo, il più
delle volte all‟improvviso e senza preventive
avvisaglie, si trova spaesato, spaventato, scaraventato
nell‟incertezza. E qualunque sia la diagnosi, non
esistono tumori di scarsa rilevanza. Il cancro infatti
rappresenta sempre, per la persona malata e per la sua
famiglia, una prova esistenziale sconvolgente.
La cura della persona malata si deve prefiggere
innanzitutto l‟obiettivo di porsi da supporto, per evitare
che il peso dell‟esperienza (reale e metaforico) possa
far crollare chi ha l‟onere di sostenerlo. Ecco allora che
accanto al trattamento medico, di pari passo con esso
deve accompagnarsi il rispetto dei bisogni e della
dignità dei pazienti, per migliorare la qualità della vita
anche nell‟iter di malattia e per limitare il rischio di
conseguenze tali da condizionare la vita futura.
La dimensione psicologica e relazionale rappresenta un
elemento di peculiare importanza in oncologia. I
curanti, infatti, per adempiere al loro ruolo devono di
volta in volta saper tollerare e contenere
quotidianamente le reazioni emozionali e affettive dei
pazienti e delle loro famiglie, sviluppando una
particolare sensibilità rispetto alla percezione dei segni
di disagio psicologico.
I „professionisti dell‟aiuto‟ hanno il delicato compito di
sostenere e tutelare nel miglior modo possibile il
paziente nel corso della malattia e pertanto necessitano
di una formazione che non sia solo didattica ma anche
emozionale così da poter non solo fare per ma anche
stare con la persona che si ammala.
I Relatori che parteciperanno al Convegno esporranno
argomenti riguardanti la pratica clinica in ambito
oncologico, sottolineando l‟importanza dei numerosi
risvolti psicologici che inevitabilmente accompagnano
le persone che si ammalano di una grave malattia.
Tra le figure professionali che interverranno troviamo il
Prof. G. Biondi; la Dott.ssa S. Brandino, il Dott. M.
Cianfarini; la Dott.ssa A. Cotugno, il Dott. N.
Ferrari; il Dott. F. Guidi; il Dott. M. Jankovic; la
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Prof.ssa P. Pellegrini; la Dott.ssa R. Restuccia, il Dott.
G. Scaccabarozzi; la Dott.ssa C. Sivelli; la Dott.ssa M.
G. Strepparava; il Dott. R. Torta; il Dott. F. Zucco,
Il Convegno si svolgerà in un'unica giornata, dalle ore
08,00 alle ore 18,00, al termine del quale è prevista la
Consegna degli attestati di partecipazione.
Continua da a pg. 1
Il 29 novembre a Milano, come già ampiamente menzionato
nella colonna accanto, Moby Dick porterà all‟attenzione
dell‟uditorio proprio questo argomento. Il tema rientra nei
principi e valori che sostiene da anni il lavoro dei nostri
volontari: mettere al centro dell‟intervento terapeutico la
persona malata e l‟operatore nella sua completezza, in modo
che “l‟incontro” avvenga tra due persone. La formazione
emozionale, la familiarità con il mondo interno, le dinamiche
psicologiche e i valori esperienziali di ciascuno di noi sono
fondamentali per questo tipo di esperienza professionale; non
si possono avere delle buone nozioni, un buon modello
terapeutico se poi non siamo in grado di “stare” con la
persona sofferente. E‟ come se un chirurgo avesse in mano
l‟ultimo modello di bisturi e poi si accostasse al paziente per
operare con la mano che gli trema. Una buona pratica clinica
spesso richiama, nell‟immaginario del terapeuta un saper
fare; l‟attenzione a cui vorremmo invece richiamare tutti noi
è nel saper “stare”.
Tornando al tema delle buone maniere, dobbiamo tener
presente che un atteggiamento sconveniente da parte nostra è
senz‟altro legato ad un coinvolgimento emotivo che non
riusciamo a gestire ma che spesso celiamo dietro stanchezza
fisica, nervosismo e preoccupazioni di altro genere. E‟ molto
importante, laddove continuiamo a camuffare le nostre
difficoltà, che ci siano all‟interno delle nostre strutture degli
spazi di condivisione per confrontarci e migliorare la “nostra
educazione”; se non ci sono, andiamoceli a cercare. Il nostro
lavoro è troppo importante e la responsabilità del nostro saper
dire, saper fare e saper stare merita questo impegno da parte
nostra. Migliorare la “buone maniere”
Cianfarini Maurizio
Glossario
Nella lingua italiana il termine galateo definisce l'insieme di norme
comportamentali con cui si identifica la buona educazione: è un
codice che stabilisce le aspettative del comportamento sociale, la
norma convenzionale. Alcuni sinonimi della parola possono essere
etichetta o bon ton. Il nome "galateo" deriva da Galeazzo
Florimonte, vescovo della diocesi di Sessa Aurunca che ispirò a
monsignor Giovanni Della Casa quel celebre libro del viver civile, il
Galateo overo de' costumi, primo trattato specifico sull'argomento
pubblicato nel 1558. Il titolo dell'opera, infatti, corrisponde alla
forma latina del nome Galeazzo: Galatheus, appunto.
Pagina 4
Il processo “fisiologico” dell’elaborazione
emozionale di una malattia
Una
volta a Viktor Frankl durante una conferenza gli
rivolsero delle domande sulla Logoterapia e
sull‟attualità del suo modello in riferimento alla
Psicoanalisi di S. Freud; rispondendo disse tra le altre
cose che Freud, per tutto il contributo che aveva dato
alla psicologia si poteva considerare un gigante ma,
ebbe anche a dire “qualsiasi nano sulle spalle di un
gigante poteva vedere più lontano del gigante stesso”.
Quante volte ci siamo sentiti dei “nani” di fronte alle
persone che ci portano le loro angosce di morte, quando
sentiamo l‟impotenza di fronte alle loro patologie
organiche gravi e alla loro fragilità nella visione del
futuro. In quante occasioni, per vincere questo nostro
senso di inadeguatezza, vorremmo avere a nostra
disposizione maggiori strumenti e una maggiore
capacità di ascolto, capacità di accogliere la loro rabbia
e la forza per riuscire a tenere i loro “silenzi assordanti”.
Uno degli aspetti più difficili nell‟incontro con la
persona affetta da una malattia oncologica è riconoscere
nello stesso in quale fase emotiva ed esistenziale sia nel
percorso di malattia. Volendo rimanere nella relazione
di aiuto ci possono tornare utili le esperienze di altri
operatori che già si sono confrontati con “La morte e il
morire”. Non a caso ho citato uno dei libri reperibili in
Italia della Kübler-Ross.
L‟intento che ci siamo proposti in questo breve
contributo, e in quelli a venire, è quello di percorrere
insieme le “5 fasi” che la persona, partendo dalla
comunicazione di una diagnosi organica grave, percorre
nell‟iter della sua malattia.
L‟errore che dobbiamo evitare di commettere, nel
prendere in esame questi momenti, è quello di pensare
che queste fasi siano necessariamente sequenziali e che
una volta superata una fase la persona non possa
regredire in una fase precedente o che non possa
addirittura saltare una di queste cinque fasi.
Altra cosa da tenere bene in mente è che la persona è
calata in una propria realtà familiare (coniuge, genitori,
figli) e cioè può capitare, anzi spesso capita, che mentre
il malato si trova, per esempio, in una fase depressiva, i
vari familiari si possono trovare in fasi completamente
diverse: il coniuge nella negazione; il figlio grande
nella rabbia; quello piccolo ancora nella negazione o
nell’isolamento. In relazione a questa situazione,
l‟operatore si può trovare in un difficile compito di
mediazione con i vari componenti familiari che si
trovano in fasi diverse; mediare per la comunicazione di
una diagnosi, la comparsa di una recidiva o di una
prognosi infausta.
Alcune delle 5 fasi le abbiamo già menzionate, ma ora
le andremo a descrivere una alla volta per poterle
riconoscere. Fasi che la Kübler-Ross indica come
processo di avvicinamento all'accettazione, ultima fase,
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di una malattia inguaribile o che evoca comunque
angosce di morte.
Le 5 fasi che andremo a prendere in considerazione
sono: Negazione ed Isolamento (Denial-Isolation);
Rabbia (Anger); Baratto o Contrattazione (Bargaining);
Depressione (Depression); Accettazione (Acceptance).
La Negazione ed Isolamento
La negazione e l'isolamento vengono descritte come
una fase che ha la funzione di frapporsi tra il paziente e
la comunicazione diagnostica, come un cuscinetto, che
permette al paziente di non essere travolto dalla stessa e
di raccogliere se stesso, prendere del tempo per attivare
e mobilitare difese e strategie meno drastiche.
La reazione alla diagnosi può rappresentare un vero e
proprio shock, anche se temporaneo. Numerose frasi si
affollano nella mente del paziente, da: "non è possibile,
le analisi saranno sicuramente sbagliate!", a "non è
possibile proprio in questo momento della mia vita!
Devo portare a termine un lavoro! Devo ancora avere
dei figli, crescere dei figli!"; "Faccio sempre prevenzione, non può essere vero!".
A una persona in una visita di controllo era stato
individuato un nodulo sospetto al seno ed era stata
invitata a fare delle indagini diagnostiche. La paziente
rifiutò drasticamente la prescrizione, aveva ben altre
cose da " fare" più che "pensare" al suo nodulo, aveva
un lavoro importante da portare a termine. Quando
finalmente si decise di fare accertamenti diagnostici
l‟impegno clinico e la prognosi erano modificati..
Spesso i tempi con cui la persona malata supererà
questo stato di rifiuto sono importanti per una prognosi
favorevole, non solo alla cura ma anche a una fase
elaborativa emozionale della malattia. Il negare la
diagnosi si può manifestare girando da un specialista
all'altro, i viaggi della speranza, alla ricerca di qualche
medico che gli dica “va tutto bene”, o, chiudendosi in se
stesso, non comunicando le informazioni in suo
possesso ai familiari, non andando più al lavoro e, nei
casi più estremi, non uscendo più di casa.
Una persona descrisse l'inizio della sua malattia, un
tumore alla prostata, e disse: "se avessi detto in casa
quello che mi aveva detto l'andrologo, forse…".
Il senso di colpa dettato da questo tipo di atteggiamento
può far precipitare il paziente in angosce e depressioni
profonde, baratri da cui non vede possibilità di cura, un
senso per cui doversi curare. Il pericolo che si possa
lasciare andare al “non prendersi cura di sé”, lo fa ancor
di più chiudere in un isolamento senza spiragli di luce.
In questa fase un aiuto rilevante lo possono dare sia i
familiari che i medici. Lo psicologo spesso non è
presente a meno che non sia prevista la sua figura
professionale accanto al medico curante durante la
prima visita e alla comunicazione della diagnosi.
I familiari sono quelli che “vivono” la situazione in
prima persona, se il tipo di comunicazione instaurata
all‟interno della famiglia è aperta, possono aiutare il
proprio familiare a fare in modo che questa fase di
Pagina 5
negazione non si protragga per troppo tempo a scapito
di una prognosi favorevole.
Il rapporto medico-paziente, in quanto relazione, è un
rapporto privilegiato, ha la possibilità di valutare tutte le
componenti della vita individuale, incluse le percezioni
e le reazioni emotive del paziente verso la malattia,
l‟impatto della malattia sulle diverse aree dell‟esistenza
e i problemi che il paziente deve affrontare giorno per
giorno.
Il medico sarà comunque colui che per primo incontrerà
tutti i pazienti e dipenderà dalla sua sensibilità,
preparazione ed umanità, se la persona potrà usufruire
di un supporto psicologico adeguato e successivo alla
comunicazione della diagnosi.
Come sappiamo una corretta comunicazione di una
diagnosi può aiutare il paziente sia ad un‟elaborazione
precoce del “grave colpo del destino” in cui è stato
coinvolto, sia a procedere in maniera decisa verso la
terapia collaborando con l‟équipe medica. Quale può
essere la funzione dello psicologo all‟interno di questa
relazione privilegiata? E‟ indubbio che il medico ed il
paziente quando si trovano uno di fronte l‟altro troppo
spesso parlano un linguaggio diverso o gli interessa
ascoltare cose diverse. Ecco che il compito dello
psicologo può essere quello di “tradurre” e “mediare”
l‟incontro, ponendo l‟attenzione sull‟ascolto empatico
in modo che possa comunicare al medico tutto “il non
detto” verbale: la sofferenza, il dolore e la confusione di
fronte ad una diagnosi infausta. Questo permetterà al
medico di essere più chiaro ed accogliere anche quelle
parti emotive che possono rafforzare la relazione. Il
paziente si sentirà più protetto e vedrà nello psicologo
un‟altra figura di aiuto di riferimento su cui poter
contare nella “cura” di tutta la sua persona, non solo
quella fisica.
(segue al prossimo numero)
Cianfarini Maurizio
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Le nostre RUBRICHE
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Non è vero... ma ci credo!
Sigaretta,
ha il potere di divenire, nella mente del fumatore, una
sorta di magica panacea che consente di sopportare
meglio le difficoltà esistenziali.
Siamo onesti.
Davvero siamo convinti di questa affermazione? Siamo
sicuri che la sigaretta rappresenti una bacchetta magica
in grado di aiutarci nei momenti di difficoltà e,
viceversa, di farci gustare a pieno i momenti belli della
nostra vita?
Quando un fumatore sta mangiando in un ristorante, al
chiuso e con la sua famiglia, secondo voi, sta gustando
le prelibatezze che ha ordinato? Secondo voi non sta
pensando al momento in cui potrà finalmente alzarsi e,
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con la neve, il gelo, la pioggia o i 40°, potrà finalmente
assaporare l‟unica e vera sostanza in grado di dargli
(l‟illusorio) piacere?
Ma quanto è buona la sigaretta dopo pranzo? E quella
dopo il caffè?
Si, un fumatore ritiene che un buon pranzo non possa
definirsi tale se non dopo aver aspirato il fumo della sua
sigaretta preferita.
E vogliamo parlare dei periodi di stress? Quanto aiuto
riceviamo da questa bacchetta magica? Gli effetti sono
ovvi.
Proviamo a pensare a due soggetti, un fumatore e un
non fumatore, davanti a un brutto periodo. Sicuramente
il fumatore sarà in grado di superare lo stress con più
facilità: lui ha la sigaretta dalla sua parte!
Non prendiamoci in giro.
La sigaretta non ha nessun potere di questo tipo. Siamo
noi che le abbiamo attribuito questo ruolo positivo. Per
anni la televisione ci ha fatto il lavaggio del cervello. Il
fumo è cool, il fumo è moderno, il fumo è tuo amico.
E‟ da qualche tempo però che fortunatamente tutto ciò
sta prendendo una piega diversa. Ormai la sigaretta non
rappresenta più tutto ciò che di buono c‟è nel mondo.
La maggiore informazione, gli studi in materia e,
quindi, una maggiore consapevolezza, hanno permesso
a ognuno di noi di aprire gli occhi su un‟illusione che
da troppo ci aveva resi
ciechi.
Il fumo fa male, oggi lo
sappiamo; ma non a tutti è
arrivato questo messaggio,
o meglio, è arrivato, ma non
come dovrebbe. Le nuove generazioni continuano a
fumare, continuano a vederlo come un rituale da fare in
gruppo. “Tanto posso smettere quando voglio”.
“Lo faccio solo in presenza degli amici, ma posso
rimanere tutto il giorno senza fumare”.
Nello stesso tempo in cui ci illudiamo con queste frasi
la nicotina ha già iniziato il suo processo.
E da lì a poco il giovane fumatore inizierà a comprare
un pacchetto e a sentirsi assalito dall‟ansia quando
questo inizierà a svuotarsi. E allora i pacchetti aumenteranno e l‟illusione di “poter smettere quando voglio”
svanirà.
Fumatori: non esiste un modo facile e indolore per
smettere di fumare. La dipendenza a cui siete sottoposti
(che ne siate o meno consapevoli) è duplice: dipendenza fisica (legata a delle sostanze) e dipendenza psicologica (legata alla ritualità e alla gestualità).
Ripetersi che smettere di fumare è una cosa buona (e lo
è sicuramente) non vi aiuta a liberare la vostra mente
dal pensiero martellante.
Voi volete la sigaretta!
Come farete a superare questo periodo stressante senza
l‟aiuto della vostra bacchetta magica?
Non diamo troppa importanza alle sigarette; all‟inizio
tutto sembrerà diverso, strano, quasi inutile, tutto avrà
un diverso significato... poi passerà e starete meglio.
Pagina 6
In questo numero del nostro gazzettino abbiamo deciso
di dedicare uno spazio a un nuovo metodo per smettere
di fumare.
Ci stiamo riferendo a un metodo che ha fatto la sua
comparsa non da molto tempo, ma che fin da subito ha
riscosso un notevole successo: la sigaretta elettronica.
Quest‟ultima, che viene anche chiamata e-cigarette o
semplicemente e-cig, è una sigaretta che permette a
colui che la utilizza di ricreare la gestualità legata al
fumo. Alcune sono identiche nella forma e nel colore
alla sigaretta classica, altre sono sofisticate e con un
design attento, altre ancora sono coloratissime e
fashion.
Ma prima di continuare, vorrei procedere con ordine.
Chi ha inventato le sigarette elettroniche?
Il primo brevetto risale al 1963 e venne depositato da
un americano di nome Herbert A. Gilbert.
Sono passati cinquant‟anni da questa invenzione.
Non vi pare un tempo enormemente lungo? “Un mezzo
sicuro e innocuo per sostituire il fumo di tabacco a
combustione di carta, con vapore aromatizzato”, questa
fu la descrizione del suo primo inventore. Eppure,
nonostante le premesse, abbiamo dovuto aspettare il
2003 per avere un primo modello, elaborato da un
farmacista cinese di nome Honk Link. Naturalmente in
Italia non è arrivata subito, ma forse è stato un bene, in
quanto sono state fatte alcune modifiche al brevetto
iniziale.
La stragrande maggioranza delle e-cig oggi funziona
grazie ad un vaporizzatore che tramite riscaldamento
nebulizza la soluzione presente nella cartuccia. Questo
permette al fumatore non solo di mantenere la gestualità
legata al fumo, ma anche di inspirare ed espirare vapore
come perfetto sostituto del fumo di sigaretta.
In pratica sono tutte dotate di un filtro con una cartuccia
che contiene la miscela formata da glicole propilenico,
glicerolo e nicotina, un vaporizzatore (o cartomizzatore) che riscalda e vaporizza il liquido presente nella
cartuccia, ed infine una batteria che si ricarica anche
con un cavo USB.
Niente di più semplice!
Inoltre la scelta dei sapori è molto ampia.
Attenzione, questo non è un spot pubblicitario, non è
questa la nostra intenzione. Ma sono innegabili alcuni
aspetti positivi. Ovviamente, per amor di cronaca,
dedicheremo spazio anche a quelli negativi.
Tornando agli aromi, queste soluzioni sembrano in
grado di soddisfare qualsiasi palato: esiste il gusto al
tabacco classico, ma anche alla liquirizia, alla menta,
addirittura al cognac!
Inoltre per il consumatore c‟è anche la possibilità di
scegliere il quantitativo presente di nicotina: da alto (19
mg/ml), a medio (9mg/ml), fino a nullo (0 mg/ml).
Negli ultimi due anni in Italia ci stanno bombardando di
pubblicità relative a questo prodotto, spuntano negozietti ad ogni angolo specializzati nella vendita delle ecig, e anche la televisione aveva iniziato a mandare in
onda degli spot, probabilmente un po‟ ridicoli.
ANNO 2-4
Vi ricordate Emanuele Filiberto di Savoia?
Ecco, facciamo riferimento proprio a quel tipo di
immagine. Se invece siete tra quei pochi fortunati a non
averlo visto, beh, siamo veramente felici per voi.
Ma non divaghiamo.
In Italia fumano l‟e-cig circa 500.000 persone e il
23.6% dei giovani tra i 15 e i 24 anni hanno ammesso
di utilizzarle (fonte DOXA).
Non sappiamo ancora molto su queste sigarette. Il
dibattito relativo alla dannosità è aperto e ci sono varie
scuole di pensiero, varie ricerche che si trovano spesso
in posizioni discordanti.
Uno studio neozelandese, pubblicato sulla prestigiosa
rivista medica The Lancet è stato il primo a mettere a
confronto le e-sigarette e i cerotti che rilasciano
nicotina, valutando gli effetti sulla salute in un ampio
gruppo di soggetti, nella vita reale. La sigaretta
elettronica è risultata più efficace nel ridurre il consumo
di sigarette al tabacco. Lo studio, condotto da ricercatori guidati da Chris Bullen, direttore del National
Institute for Health Innovation dell‟Università di
Auckland, è anche il primo a valutare se vi siano effetti
nocivi per la salute con l‟utilizzo di e-sigarette in un
ampio gruppo di persone, e in situazioni di vita reale
anziché di laboratorio. Confrontando gli utilizzatori
delle e-sigarette e quelli dei cerotti, la ricerca non ha
trovato differenze nei tassi di eventi avversi, il che
suggerisce che l‟e-sigarette sono paragonabili ai cerotti
anche in termini di sicurezza. Un altro studio, invece,
afferma esattamente il contrario. Lo studio a cui
facciamo riferimento è stato realizzato in Francia dalla
rivista ‟60 Millions de Consommateurs‟, pubblicata
dall‟Istituto nazionale del consumo. I risultati sono stati
ottenuti tramite analisi svolte dagli esperti della rivista,
secondo “un protocollo inedito”.
Sembra che i ricercatori abbiano individuato “molecole
cancerogene in quantità significative”, mai riscontrate
finora, nel vapore delle sigarette elettroniche. Inoltre,
hanno constatato che in 3 casi su 10, per prodotti con o
senza nicotina, il tasso di formaldeide è pari a quello
delle classiche sigarette. Mentre l‟acroleina, molecola
molto tossica, è emessa in quantità importante e in
“percentuali a volte superiori a quelle misurate nel
fumo di certe sigarette”.
Come potete notare il dibattito rimane aperto, probabilmente è ancora presto per dire in maniera definitiva
se l‟utilizzo di tale sostanza sia effettivamente dannosa
per la salute. Ma una cosa la sappiamo tutti con estrema
certezza: le sigarette fanno male. E sappiamo anche che
una volta smesso di fumare si riacquistano gusto e fiato,
gli effetti sull‟organismo sono benefici e anche
l‟estetica ne trae giovamento. La prossima volta che
aspirate una boccata di fumo sentitela scendere con il
suo acre carico nella trachea, nei polmoni e ne sentirete
l‟effetto venefico. Ne vale la pena?
Concludiamo con una frase dalla saggezza popolare:
Chi d‟un vizio si vuole astenere, preghi Dio di non
l‟avere. M.D.
Pagina 7
“Se qualcuno vi si avvicina con un dono e voi
non lo accettate, a chi appartiene il dono?”,
domandò il samurai. “A chi ha tentato di regalarlo”, rispose uno dei discepoli.
“Lo stesso vale per l’invidia, la rabbia e gli
insulti”, disse il maestro: “Quando non sono
accettati, continuano ad appartenere a chi li
portava con sé”.
A domanda risponde
a cura di Maurizio Cianfarini
Presidente dell‟Associazione
Moby Dick, Esperto in psiconcologia, Logotherapy ed Analisi Esistenziale,
Analisi individuali, di gruppo e di Organizzazioni Direttore del Corso
biennale in Psicologia Oncologica. Collabora con numerosi enti per la
formazione e la supervisione degli operatori sanitari e dei volontari nelle
città di Roma, Milano, Campobasso, Padova, Cosenza, Potenza, Larino,
Catania,
Trapani
e
Firenze
Storiella Zen
Scrivi
alla Balena Bianca anche per altri quesiti
medici e/o psicologici, cercheremo di risponderti al più
presto direttamente e a pubblicare alcuni quesiti in
maniera anonima.
…e il 31 gennaio 2014 Convegno Nazionale
a Roma…tieni d’occhio il sito www.mobydick.info e invia il tuo abstract !
ANNO 2-4
Gentile dottore, sono un giovane laureato in psicologia
che recentemente ha dovuto affrontare una esperienza
personale in ambito oncologico con un familiare; è stato
un periodo molto significativo dove, tutti noi in famiglia,
abbiamo sperimentato un disagio psicologico molto
profondo e questo mi ha reso consapevole del bisogno di
sostegno psicologico e della sottovalutazione di questi
aspetti in questa area. Vorrei mettere al servizio degli
altri la mia laurea in Psicologia, me lo consiglia? E’
troppo presto? cordialmente G.F.
E’ apprezzabile, gentile dottore, da parte sua mettere in
gioco l‟esperienza personale in ambito professionale, a
volte toccare con mano alcune realtà che ci circondano
ci può dare lo spunto a renderci dei professionisti
migliori, offrire il nostro tempo e le nostre capacità in
un‟area, quella della malattia, che racchiude diversi
ambiti di sofferenza e risorse vitali.
Quello che credo che sia importante per dare il meglio
di noi, è far decantare l‟esperienza personale, elaborarla
e trasformarla da evento subito a prestazione personale;
questo ci darà modo di offrire le nostre risorse per
aiutare gli altri e non per rispondere a dei nostri bisogni
personali. Attenzione, avere dei bisogni non è “il male”
ma è importante distinguere bene questi due aspetti:
bisogno/motivazione. Per far questo le consiglio di non
avventurarsi in questa area così impegnativa, lei
sicuramente ne è a conoscenza di quanto sia gravosa,
senza una preparazione adeguata e senza affiancarsi ad
un gruppo esperto che la potrà aiutare a riflettere,
confrontarsi, crescere in questa attività nobile che è la
“professione d‟aiuto”.
Dr. Maurizio Cianfarini
Pagina 8
II Edizione del Premio Fotografico Nazionale
“Carpe Diem – Cogli l’attimo”
Sono
salito sulla cattedra per ricordare a me stesso
che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni
diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi
ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È
proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete
guardarla da un'altra prospettiva”.
Questa suggestiva citazione tratta da “L’Attimo
fuggente” di Peter Weir (1989) descrive a pieno la
prossima iniziativa promossa a livello nazionale da
Moby Dick.
Anche quest‟anno, infatti, abbiamo scelto di affiancare
alle attività ordinarie un‟iniziativa culturale che dia
l‟opportunità ai partecipanti di raccontare la propria
esperienza attraverso un canale diverso e creativo. E
così, dopo il successo della Terza Edizione del Premio
Letterario Nazionale “Un Ponte sul Fiume Guai”
torniamo alla carica e scegliamo di farlo privilegiando
un‟altra forma di espressione artistica: la fotografia.
Il 1° Giugno si apre ufficialmente la Seconda edizione
del Premio Fotografico Nazionale “Carpe Diem – Cogli
l’attimo” il cui titolo racchiude in un‟unica, breve
espressione oraziana ciò che vogliamo comunicare:
cogliere l‟attimo, non lasciarlo sfuggire. Fermarlo e
guardarlo proprio da “quell’altra prospettiva” descritta
dal Professor Keating nel celebre film.
In quest‟ottica, la fotografia assume il significato di
apertura, di passaggio da mondo interno a mondo
esterno. Osservarla, dunque, sarà un‟opportunità, quella
di permettersi non solo di ripensare ma anche di
rivalutare il singolo momento legato all‟incontrodiretto o indiretto- con la malattia.
Il concorso si concluderà il 23 dicembre 2013. A breve
ulteriori informazioni e il Bando consultabile sul sito.
Prendete in mano le vostre macchine fotografiche,
Moby Dick vi aspetta!
SE VUOI ESSERE NOSTRO SPONSOR PER LA
GIORNATA DELLA PREMIAZIONE
CHIAMACI!! 06-85358905
Alessia Gentile
ANNO 2-4
Pagina 9
Le nostre
PUBBLICAZIO
NI
_________________________________________
L’intervento psicologico in oncologia
Dai modelli di riferimento alla relazione con il
paziente
III edizione ESAURITA
Maurizio Cianfarini
Quando sentiamo parlare di una umanizzazione delle
cure, dell‟eccessiva medicalizzazione dell‟intervento,
può accadere per alcuni di noi psicologi di avere un
atteggiamento di presunzione, come se questo tema non
ci riguardasse da vicino o se ci riguarda, è solo come un
nostro possibile intervento psicologico.
Certo, noi terapeuti della psiche non possiamo cadere
nell‟errore di considerare il paziente solo come un
oggetto, un organo malato; non può capitare di
“aiutare” la persona nell‟instaurarsi di una nevrosi
iatrogena, a “fissarsi” su quello che non funziona, su
quello che è patogeno!
Ne siamo proprio sicuri?
Umanizzazione non sta per Psicologizzazione. Se da
parte del medico è riduttivo prendersi cura solo del
fisico, anche per lo psicologo prendere in
considerazione solo la psiche e non la persona nella sua
interezza è ancor più grave, già solo per il fatto che da
noi ci si aspetta, si spera, qualcosa di più.
Ciò di cui ci siamo resi conto in tutti questi anni,
durante i quali la psiconcologia ha fatto un notevole
cammino anche in Italia, è che i vari modelli terapeutici
di cui tutti noi siamo portatori, da soli, si trovano in
notevole difficoltà nell‟incontro con la persona malata
di cancro. L‟ostacolo e le difficoltà stanno nel riuscire
ad integrare e modulare il proprio strumento terapeutico
nella relazione con ogni paziente.
Importante nella nostra crescita personale è l‟essere
affiancati da colleghi esperti, partecipare a supervisioni
cliniche e approfondire le tematiche con training
formativi specifici. Ma l‟aspetto che va più curato è la
Relazione con la ERRE maiuscola: se non c‟è una
ANNO 2-4
profonda Relazione umana tutto può diventare una mera
tecnica.
“Il miglior collega è il paziente”, teneva a
sottolineare Bion; ognuno di noi è portatore di una
cultura ed una esperienza formativa che vanno ad
integrarsi nell‟incontro con il paziente oncologico. Ci si
incontra, ci si sceglie e si intraprende insieme un
viaggio. Nell‟incondizionata accettazione dell‟altro
nella sua totalità, ci potremo permettere di incontrare
non solo dolore e sofferenza, ma anche coraggio e
dignità. Quello che è indispensabile è continuare ad
“ascoltare”, desiderosi sempre di apprendere
conservando la curiosità dell‟incontro, senza mai farsi
sovrastare dall‟abitudine. Questo sovrastare sta ad
indicare un tentativo miseramente fallito di mettere una
distanza tra noi ed il paziente per non farsi travolgere
dalle risonanze emotive che vengono evocate in noi
dall‟incontro. Una modalità difensiva inadeguata –
legata all‟illusione di potersi abituare e quindi non
coinvolgere emotivamente - che non permette più una
Relazione di Cura, l‟unica a offrire la motivazione
principale che ci permette di fare il nostro lavoro in
maniera adeguata.
Il contributo che si vuole dare con questa
pubblicazione è legato proprio all‟invito a leggere le
conoscenze di altri colleghi e riflettere sulle loro
esperienze umane.
Si, quello di cui ha bisogno la persona malata non è
solo di uno psicologo ma di una persona psicologo.
Carocci Faber ed.
(chiedetela nelle migliori librerie in modo di avere la
IV ristampa)
La malattia oncologica nella famiglia
Dinamismi psicologici ed aree d’intervento
Maurizio Cianfarini
Carocci Editore (nelle migliori librerie ed in Sede)
Caro Presidente,
finalmente ho letto il tuo libro, come promesso. Mi ero
fatto l'idea, solo dall'oggetto, senza aprirlo, che fosse
più semplice, 'classico', un po‟ una sorta di dispensa
ampliata ad uso e consumo di studenti o neofiti. Sono
rimasto invece colpito, e non te lo scrivo per quella
sorta di legge non detta per cui bisogna fare i complimenti a chi si conosce, e assai. Ho colto umiltà nelle
affermazioni di tutti, tipica di chi è davvero competente
nel suo settore; e molta, molta chiarezza, trasparenza,
onestà nelle riflessioni personali, nei racconti di vita
vissuta, nelle considerazioni operative. E' tutto lineare,
diretto, approfondito. Il fatto poi che si presenti come
un libro di dimensioni ridotte è diventato ora, a
differenza dell'inizio un pregio perché contrasta, in
positivo, con i contenuti densi, susseguenti ma,
appunto, subito comprensibili. Ci sono poi tanti
riferimenti ad autori, correnti, testi, esperienze che non
possono che incuriosire perché non sono né solo citati
Pagina 10
né copiati pari pari. Insomma, un bel lavoro che,
almeno da come l'ho vissuto, ha un leit-motiv che
attraversa ogni capitolo e quindi ognuno di voi, io
immagino: il cambiamento.
E pure quello che manca - la sicurezza relazionale,
l'auto compiacimento, il riferimento al proprio vissuto
come fonte di 'verità - aiuta molto ad elevare il livello
dell'intero prodotto.
Nicola Ferrari
Un ponte sul fiume guai 3
Raffaella Restuccia
Un, due…TRE !!
Dopo tanta acqua passata sotto questo ponte mi trovo di
fronte alla terza raccolta di Racconti e ogni volta è
un‟emozione diversa.
Sempre bella, sempre nuova, sempre piena di storie
uniche e preziose.
E leggendo ogni riga si comprende un pochino di più
l‟umanità sottesa a questo mondo di malattia e di cura,
mondo che rischia troppo spesso di far passare sotto
silenzio l‟”essere”, tutti concentrati sulla speranza del
“curare e guarire”. L‟ambiente sanitario in generale è
indaffarato nella lotta contro la malattia e ancora poco
sull‟impegno a favore della persona.
Può sembrare la stessa cosa, ma non lo è.
La ricerca è importante, l‟impegno della medicina è
insostituibile, ma secondo me lo sforzo che deve essere
fatto in misura maggiore è quello di riuscire a portare
avanti la terapia (qui intesa come comprensiva di
diagnosi, prognosi, iter terapeutico e successivi
controlli) accogliendo quel grande universo umano che
si incontra in ambulatori e reparti.
E questo è possibile solo se si riuscirà a preparare tutti
gli operatori sanitari a riconoscere e utilizzare in
positivo l‟incontro con le emozioni, piacevoli o
spiacevoli ma sempre molto intense, che questo lavoro
comporta. Se così non sarà, dovremo accettare come
comprensibili, anche se non giustificabili, gli
atteggiamenti di distacco o peggio di cinismo, di alcuni
professionisti della sanità. Come si legge in Ciao
Tiziana si può essere travolti da uno tsunami emotivo.
Troppo spesso sentiamo persone malate dolersi per frasi
ricevute dai curanti. Frasi che talvolta aggrediscono,
talvolta minimizzano, ma sempre comportano una
sofferenza aggiunta, inutile, a un momento di vita già di
per sé difficile da affrontare, nel quale ci sarebbe
bisogno di sentirsi sicuri nell‟affidarsi a figure
professionali percepite non come autoritarie o
superficiali ma come competenti e autorevoli.
Perché – questo si sa – l‟incontro con un tumore
rappresenta un‟esperienza scioccante, talmente
scioccante che a livello sociale e personale rimane
ancora difficile pronunciarne il nome, preferendo
ricorrere ad espressioni come „la malattia‟ o il „brutto
male‟.
ANNO 2-4
In Il sole sul soffitto leggiamo che il coraggio non è
quello che si legge sui libri, quello che crea “gli eroi”,
il coraggio ti viene quando hai tanta paura, quando
non riesci a liberarti dall’angoscia che ti affretta il
respiro e ti lascia sveglia ed attonita nella notte.
In una condizione dolorosa ci si addolora, se una
situazione ci spaventa la reazione corrispettiva è avere
paura.
All‟inizio, quando anche solo si sospetta di essere
malati, è normale rimanere spiazzati, rifiutare la realtà,
non capire quello che sta accadendo o sentirsi come se
tutto riguardasse un‟altra persona. Così come è normale
poi arrabbiarsi, protestare, disperarsi, per un „destino‟
che si sarebbe voluto evitare. In A mia Figlia la mamma
descrive così la sua prima reazione: un confuso
miscuglio d’incredulità, rabbia, tristezza, ansia, paura,
mentre insonnia, distrazione, angoscia, inappetenza,
divenivano velocemente compagne inseparabili delle
mie giornate.
Si impatta contro un‟esperienza fuori dall‟ordinario e
non è pensabile che si possa affrontare come ogni altra
situazione di vita quotidiana, per quanto problematica.
Ci vuole tempo per assimilare il trauma e riuscire a
elaborarlo.
Perché, e questo forse è meno noto, riappropriarsi della
propria vita è possibile.
Dopo essersi sentiti costretti a subire una diagnosi
dolorosa, aver attraversato esami e visite, aver sostenuto
terapie debilitanti, il tutto accompagnato da
destabilizzanti scossoni psicologici, si può riconquistare
un senso di padronanza della propria esistenza e
ricominciare a sentirsi attivi protagonisti della propria
vita. E questo non solo quando la malattia guarisce, ma
sempre quando riusciamo ad attingere a quel grande
potenziale che è dentro di noi.
In Nini e le sue moto il protagonista scopre che amore e
sofferenza ora si possono esprimere, confrontare,
portare fuori e arricchire di significati nell’incontro
con l’altro. Sono due lati, dolce e amaro, della stessa
vita. Nini lo ha capito bene e nei suoi discorsi
emergono come inscindibili.
La scelta stessa di scrivere la propria esperienza di
incontro con la malattia e il cambiamento di prospettiva
che questo ha rappresentato, sono indice di
un‟elaborazione in corso.
Questa elaborazione richiede come dicevamo tempo; e
richiede anche un adeguato sostegno interpersonale e
una preparazione a livello sociale e del mondo sanitario
che possa accompagnare le persone malate senza
chiusura o evitamento difensivo.
Nel racconto “Le parole non dette” è scritto che una
delle abilità che permettono all’essere umano di
affrontare le difficoltà e di vivere serenamente è quella
di tollerare e gestire il dolore mentale.
Per questo credo che sia utile parlare apertamente di
tumore o di cancro, affinché questa malattia non risulti
più così associata ad un panico paralizzante; ed è
irrinunciabile raccontare di coloro che, incontrato lo
Pagina 11
sconforto riscoprono la speranza di vivere pienamente il
giorno presente. Persone che ci trasmettono il valore
della vita. Guardando il mondo dalla luna si capisce
che delimitare il campo delle possibilità può anche
essere un sollievo, che la felicità abita nel presente e
nella capacità di godere dei momenti preziosi che la
vita offre, più che nel sognare mirabolanti futuri.
Per questo mi sembra sempre un importante traguardo
riuscire a pubblicare una raccolta di racconti come
questa.
Racconti veri, intensi, privi di vuoto esibizionismo e
pieni invece della voglia di far comprendere cosa può
significare l‟incontro con una malattia oncologica.
E cosa può significare scoprire in se stessi risorse
inimmaginabili, che consentono di affrontare ciò che si
riteneva inaffrontabile e di ritrovarsi pieni di voglia di
vivere e amare.
Racconti che amplificano la potenza e Il segreto dei
globuli arancioni.
(del 1° ne sono rimaste poche copie in sede ed il 2° è
andato ESAURITO!!!)
Il Sostegno Psicologico in Oncologia:
quando e perché chiedere aiuto
Percepire un bisogno significa permettersi d’incontrarlo;
questa semplice regola (una regola semplice ma che implica
l’incontro con la sofferenza) vale per tutte le persone
coinvolte in una patologia oncologica: paziente, familiari,
amici e personale curante. Un aiuto concreto si rivela questo
opuscolo scritto dal dr. Maurizio Cianfarini e dalla dr.ssa
Raffaella
Restuccia
e
distribuito
gratuitamente
dall’Associazione Moby Dick a tutti i reparti e servizi
ospedalieri e non che ne facciano richiesta. Una richiesta di
un numero di copie per il Vostro reparto, day-hospital,
servizio,
può
essere
accompagnato
da
parte
dell’Associazione, se lo desiderate, da un breve incontro con
il personale sanitario per aiutarli ad individuare le
caratteristiche per poter individuare le persone che possono
aver maggior bisogno
di una terapia di
sostegno psicologico
ed effettuare un invio.
Per averci tra di voi
contattataci ai nostri
recapiti.
Gratuitamente
disponibile in Sede e
scaricabile dal sito
_________________________________________
La nostra FORMAZIONE
_________________________________________
malattia del cancro" per il triennio 2011-2013., che verrà
accolto dalle Regioni, che prevede, nell‟ambito degli
interventi da attuare nel Piano Oncologico Nazionale, anche
una serie di input per offrire adeguato supporto psicologico ai
pazienti.
Art. 3.2.5 Sviluppo della psico-oncologia
La patologia neoplastica può avere profonde ripercussioni
sulla sfera psicologica, affettiva, familiare, sociale e sessuale
sia del paziente che dei suoi familiari. Viene riportato dalla
letteratura psico-oncologica che il 25-30% delle persone
colpite da cancro presenta un quadro di sofferenza
psicologica, caratterizzata in particolare dalla presenza di
ansia, depressione e da difficoltà di adattamento, che
influenza negativamente la qualità di vita, l‟aderenza ai
trattamenti medici e la percezione degli effetti collaterali, la
relazione medico paziente, i tempi di degenza, di recupero e
di riabilitazione. Tale sofferenza può cronicizzare se non
identificata e quindi trattata.
L’Associazione Moby Dick è stata confermata provider
con il numero identificativo 2012. Il riconoscimento da
parte della Commissione Nazionale per la formazione
continua, che un soggetto è attivo e qualificato nel campo
della Formazione Continua in Sanità e pertanto è
abilitato a realizzare attività formative idonee per l’ECM
individuando ed attribuendo direttamente i crediti agli
enti formativi e rilasciando relativi attestati
Per informazioni inerenti ai percorsi formativi potete
mettervi in contatto con la Segreteria Didattica al
numero 06-85358905 oppure inviare una mail a:
[email protected]
“Eccellente”, “un’esperienza formativa importante” “ho
trovato quello che cercavo, una formazione che non è solo
didattica”. Questi sono solo alcuni dei feed-back ricevuti
quest'anno alla chiusura del corso di Psicologia Oncologica;
un per-corso che si avvale di numerosi docenti che mettono al
primo posto nel loro lavoro “la relazione” con la persona
portatrice di una patologia grave ed i bisogni formativi dei
discenti.
Inizio
22-23 febbraio 2014 Roma
1-2 marzo 2014 Milano
Il
Piano Oncologico Nazionale 2010-2012, oltre a
riconoscere un ruolo centrale al volontariato,
sottolinea espressamente l'importanza del supporto
psicologico.
Tale piano oncologico nazionale assume, per decisione
della Conferenza Stato-Regioni, il più pregnante titolo di
"documento tecnico di indirizzo per ridurre il carico di
ANNO 2-4
Pagina 12
Psicologia Oncologica e delle malattie
organiche gravi
ROMA e MILANO
LE CURE PALLIATIVE IN ETA’ PEDIATRICA
Dall’etica alla pratica passando per la clinica
15 novembre 2013
PADOVA
In Italia vi sono 11.000 bambini con patologia inguaribile
Direttore Maurizio Cianfarini
PRENOTATI INVIANDO IL TUO CURRICULUM
OBIETTIVI e CONTENUTI
 Conoscere e gestire gli aspetti psico-emotivi che
accompagnano l‟iter clinico delle malattie organiche gravi.
 Aiutare il paziente a recuperare il senso di sé e della
propria malattia nel contesto della sua storia.
 Aiutare i familiari a contenere le angosce e a gestire la
sofferenza del paziente.
 Offrire agli operatori un punto di riferimento per la
conoscenza e la gestione degli aspetti emozionali".
 Elementi clinici relativi alle maggiori malattie organiche
gravi
 Gruppi di discussione a tema (comunicazione della
diagnosi e della prognosi, relazioni con la famiglia del
malato, burn out degli operatori).
 Presentazione e discussione di casi clinici.
Accreditato per 50 ECM visita il sito per avere informazioni
sui docenti www.moby-dick.info.
Durante il secondo anno il corso sarà strutturato come
Supervisione Clinica dando la possibilità ai discenti di
portare propri casi clinici, esaminare casi clinici
dell‟associazione e avere la possibilità di effettuare
osservazione e conduzione di primi colloqui su discrezione
dei docenti.
L'Associazione offre la possibilità di partecipare
gratuitamente al Corso mettendo a disposizione un posto
come Premio per la miglior tesi in Psicologia Oncologica,
inedita.
I
lavori
presentati
verranno
sottoposti
all'insindacabile giudizio del direttivo. Le tesi dovranno
pervenire in duplice copia: " una copia cartacea (non si
accettano manoscritti) " una copia su dischetto o CD in
formato Word Per partecipare alla selezione inviare
curriculum e tesi tramite raccomandata con ricevuta di
ritorno, o recapitato di persona, in busta chiusa indirizzata a:
Associazione Moby Dick / Selezione Corso 2013 Via dei
Caudini, 4 – 00185 Roma. (Scadenza 30 novembre 2013)
I lavori inviati, anche se non vincitori, non saranno restituiti e
potranno essere utilizzati dall‟Associazione, citandone
l‟autore, per articoli scientifici.
ANNO 2-4
e/o terminale, e di questi, ogni anno, ne muoiono più di mille.
Con l‟approvazione della legge 38 del 15 marzo 2010, l'Italia
ha riconosciuto ai
bambini affetti da
malattia inguaribile
il
diritto
di
accedere ai servizi
di
terapia
del
dolore. Tra gli
aspetti
che
caratterizzano le
cure
palliative
pediatriche,
differenziandole da
quelle dell‟adulto,
oltre al numero
esiguo di casi attesi vi sono quello della rilevanza del nucleo
familiare e quello relativo al periodo della storia naturale
della malattia sul quale esse incidono: le cure palliative infatti
iniziano con la diagnosi e proseguono anche dopo la morte
del soggetto secondo un modello olistico sviluppatosi in
Oncologia Pediatrica negli ultimi 30 anni.
L‟approccio al minore che necessita di cure palliative deve
tener conto delle sue peculiarità biologiche, psico-relazionali,
sociali, e cliniche. Un bambino che non potrà guarire è
comunque un bambino; quindi di conseguenza in ogni suo
bisogno e azione.
PROGRAMMA: .
 Le cure palliative in età pediatrica: risorse presenti
ed opportunità di sviluppo
 Il concetto di accompagnamento
 Dalla terapia alla palliazione: significati e
preconcetti
 L‟assistenza domiciliare in oncologia pediatrica
 Aspetti relazionali nella gestione del dolore in fase
terminale
Docenti:
dr. Momcilo Jankovic
Clinica Pediatrica, Università di Milano -Bicocca, Fondazione MBBM, A.O.
San Gerardo di Monza
dr. Maurizio Cianfarini, Esperto in Logotherapy ed Analisi
Esistenziale, Psiconcologia; Psicodramma.
Direttore del Corso biennale in Psicologia Oncologica. Collabora con
numerosi enti per la formazione e la supervisione degli operatori
12 crediti ECM per tutte le professioni sanitarie.
Pagina 13
PER UN APPROCCIO UMANISTICO
ESISTENZIALE NELLA PRATICA SANITARIA
Il contributo di Viktor Frankl
Introduzione alla Psiconcologia
12 Dicembre 2013
ROMA
Il seminario è rivolto a tutti gli
operatori sanitari e si propone di
mettere in relazione l‟esperienza
di V.E. Frankl con il vissuto
della patologia oncologica, la
logoterapia, e la psiconcologia
cercando di offrire strumenti
terapeutici efficaci d‟intervento
nell‟area sanitaria. Una visione
tridimensionale
dell‟uomo
ponendolo
al
centro
dell‟intervento terapeutico
Roma 20 novembre 2013
c/o Ordine degli Psicologi della Regione Lazio
via del Conservatorio 91
Programma:
PROGRAMMA:
 Il segreto della sopravvivenza
 L‟immagine dell‟uomo nella Logoterapia
 Il prigioniero 119.104
 La vita nel lager (malattia)
 La riscoperta dell‟interiorità
 Il ritorno alla guarigione (libertà)
 Analisi esistenziale
Docente:
Dr. Maurizio Cianfarini, Esperto in Logotherapy ed Analisi
Esistenziale, Psiconcologia; Psicodramma.
Direttore del Corso biennale in Psicologia Oncologica.
Collabora con numerosi enti per la formazione e la
supervisione degli operatori sanitari e dei volontari, autore di
articoli tematici e di libri sull‟area oncologica sociale e
sanitaria tra i quali segnaliamo: Logoterapia e ciclo della
vita; l’intervento psicologico in oncologia; la malattia
oncologica nella famiglia; Il sostegno psicologico –quando e
perché chiedere aiuto.
11 crediti ECM per tutte le professioni sanitarie.
MOBY DICK IN NAVIGAZIONE
Sempre più spesso gli ospedali, le cliniche, gli hospice, le
aziende sanitarie, le associazioni offrono ai loro operatori
corsi di aggiornamento con o senza ECM che li possano
aiutare non solo ad incrementare le competenze tecniche, ma
anche a „stare‟ meglio nel loro lavoro e nella relazione con
gli utenti. E sempre più spesso si rivolgono a noi di Moby
Dick. È successo un po‟ dappertutto: a Prato, a Bolzano, a
Vivo Valentia, a Crotone, a Catania, a Verona, a Taranto, ad
Avezzano, ecc. E lo stesso sta accadendo per la realizzazione
di Convegni con o senza ECM. In ognuno di questi casi noi
abbiamo progettato e realizzato un corso su misura per ogni
particolare esigenza (e… budget). Se volete avere
informazioni sui nostri corsi in trasferta chiamate il numero
06.85358905, oppure scrivete a [email protected].
ANNO 2-4
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Introduzione alla psiconcologia
Il primo colloquio
Dinamiche e meccanismi di difesa
La malattia come esperienza di perdita
Le fasi dell’elaborazione del lutto e i suoi processi
d’adattamento
 Il significato della morte nella pratica sanitaria
Docenti:
Prof. Gianni Biondi, già Direttore U.O Psicologia
Pediatrica Ospedale "Bambin Gesù", Docente alla 2 Scuola
di Psicologia Clinica "La Sapienza", al Corso di Psicologia
Oncologica e Socio Onorario di “Moby Dick”, Ha tenuto
lezioni e corsi nelle Università di: Roma - La Sapienza,
ROMA3, Bologna; Losanna, Friburgo (CH); Moskow
(Russia); Lovanio; Malaga, Alicante, Murcia; Istituto di
Ricerca di base (NY), Osaka, Ikuno, ecc. Autore di circa 100
articoli in riviste scientifiche e specializzate
Dr. Maurizio Cianfarini, Esperto in Logotherapy ed
Analisi Esistenziale, Psiconcologia; Psicodramma.
Direttore del Corso biennale in Psicologia Oncologica.
Collabora con numerosi enti per la formazione e la
supervisione degli operatori sanitari e dei volontari, autore di
articoli tematici e di libri sull‟area oncologica sociale e
sanitaria tra i quali segnaliamo: Logoterapia e ciclo della
vita; l’intervento psicologico in oncologia; la malattia
oncologica nella famiglia; Il sostegno psicologico –quando e
perché chiedere aiuto.
Prof.ssa Patrizia Pellegrini, Medico oncologo,
Responsabile del D.H. di Oncologia, Ospedale S. Andrea di
Roma, Docente Scuola di Specializzazione in oncologia, “la
Sapienza” Roma
Ingresso gratuito previa prenotazione obbligatoria
Per informazioni ed iscrizioni rivolgersi a: Moby-Dick,
Tel/Fax 06-85358905 e-mail [email protected]
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Le
richieste di sostegno psicologico alla Nostra
Associazione in questi ultimi anni sono in continuo aumento,
questo grazie sia ad un passa parola, da parte di pazienti che
hanno avuto giovamento dal percorso terapeutico effettuato,
e sia grazie ad una maggiore visibilità che l'Associazione sta
avendo nel territorio comunale e provinciale. Ogni anno
partecipano ai nostri incontri di formazione molti operatori
sanitari provenienti da tutte le Regioni d‟Italia (infermieri,
medici e psicologi); questa opportunità ci permette di far
comprendere agli operatori che le difficoltà ed il disagio che
il malato incontra non è solo fisico. Attraverso la formazione
riusciamo a far conoscere i Servizi che Moby Dick offre in
maniera totalmente gratuita. Qualche volta, nel primo
colloquio, sentiamo la persona dire: "l'avessi saputo prima...",
esprimendo non solo il suo ma probabilmente il rammarico di
molte persone che ancora non sanno della possibilità di avere
un sostegno psicologico in momenti così difficili del loro
percorso di vita.
Gli
obiettivi dell’associazione
Moby Dick cerca di rispondere al bisogno dei pazienti
oncologici (e organici gravi) di condividere emozioni,
sentimenti e vissuti
legati all‟esperienza di
malattia e ai suoi effetti
sulla quotidianità, effetti
che danno la sensazione
di non riuscire più a
capirsi, a relazionarsi
come prima con gli altri
e con la vita, in breve di
non riconoscersi più.
Malati
e
familiari
sperimentano
affetti
nuovi
e
complessi,
talvolta difficili da comprendere e gestire. Il nostro obiettivo
è di non lasciarli da soli a confrontarsi con queste problematiche, nella consapevolezza che la vita di ogni persona è la
vita che potrebbe essere di tutti.
Quali
sono le modalità I colloqui per i pazienti sono
completamente gratuiti, sia che si tratti di brevi consulenze
sia per lunghi percorsi di accompagnamento. Il paziente
(malato o familiare) è seguito nel momento in cui ne fa
richiesta. Questo può avvenire nel momento in cui riceve la
diagnosi, dopo un‟operazione chirurgica, nel periodo delle
cure, quando fa i controlli periodici, quando deve riprendere
la normale quotidianità, quando la malattia si aggrava,
quando avviene il passaggio ad una terapia domiciliare o nel
caso di un familiare quando non sa come comportarsi,
quando necessita di un contenimento delle intense emozioni.
nell'ambito dell'Educazione Continua in Medicina con un
numero di crediti variabile dai 7 ai 50.
Gruppi
di lavoro e formazione Rivolti a medici,
psicologi, infermieri e operatori del settore (su richiesta).
Consulenze organizzative. Seminari monotematici riguardanti aspetti psicologici della patologia oncologica. Corsi di
formazione per volontari nell'ambito delle patologie
organiche gravi. Gruppi maratona per volontari e professionisti.
Moby
Dick in rete www.moby-dick.info
Uno sportello telematico ideato per rispondere a domande da
parte dei pazienti o dei familiari al fine di fornire forme di
sostegno di carattere informativo, pratico e psicologico Un
sito aggiornato su tutte le attività dell'associazione.
[email protected]
www.psiconcologia.it
Una rivista on-line che
vuole essere un aiuto
concreto per tutti gli
operatori professionali che
si confrontano quotidianamente con la patologia
oncologica. Si propone di
offrire ai lettori informazioni attraverso modelli
teorici, interventi tecnicopratici. Un contributo multidisciplinare che pone il paziente ed i suoi familiari al centro della
cura e della relazione d'aiuto. [email protected]
Chi
può aiutarci Moby Dick, come ogni associazione,
vive dell‟attività dei volontari. Tutti coloro che condividono i
nostri obiettivi e vogliono aiutarci a portarli avanti rappresentano una risorsa insostituibile.
Come
aiutarci
Comunicando la propria disponibilità a prestare tempo (anche
minimo) all‟associazione
Versando periodicamente (a piacere) una quota come
sostenitore utilizzando UNICREDIT codice IBAN
IT74Z0200805335000400263864 oppure sul c/c postale n.
37246543 intestati a Moby Dick, Via dei Caudini 4, 00185
Roma; CAUSALE: contributo liberale
Proponendo iniziative per raccolta fondi o manifestazioni
Contatti
Chi
effettua il sostegno Il personale che effettua i
colloqui è specializzato, trattandosi di psicologi e/o psicoterapeuti iscritti all‟albo e che, prima di cominciare a seguire
pazienti in associazione ricevono una formazione specifica.
Provider
ECM Moby Dick è stata confermata Provider
dalla Commissione Nazionale per la Formazione Continua.
L'Associazione organizza corsi e seminari con l'obiettivo di
sviluppare competenze di intervento con un‟attenzione
psicologica nell'area oncologica e delle malattie organiche
gravi. I corsi sono accreditati presso il Ministero della Salute
ANNO 2-4
e-mail: [email protected]
Tel/Fax 06-85358905
Pagina Facebook: MobyDickOnlus
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