ANNO II N.5 EDITORIALE SETTEMBRE – OTTOBRE 2013 Presidente Maurizio Cianfarini Vice-Presidente Raffaella Restuccia Direttivo Elena Buttinelli Cinzia Flaviani Silvia Gotti Monica Napoleone Maria Severa “… e per favore usi le buone maniere!!” IL GAZZETTINO DELLA BALENA BIANCA Recapiti: 06-85358905 [email protected] Redazione Vito Lamontanara Palma Aliberti Lamberto Baietti Celeste Gensini SOMMARIO “…e per favore usi le buone maniere!!” pg.1 Editoriale La comunicazione efficace in ambito sanitario pg. 2 Aliberti Palma Il convegno Nazionale a Milano pg. 4 Redazione Il processo “fisiologico dell’elaborazione emozionale di una malattia pg.5 Cianfarini Maurizio Il dono pg. 8 Pillole di saggezza Rubriche A domanda risponde pg.8 a cura di Cianfarini Maurizio Non è vero ma ci credo pg.6 La sigaretta elettronica a cura di Moby Dick Bandi e concorsi Premio Fotografico Nazionale “Carpe Diem - Cogli l’attimo” pg.9 Alessia Gentile Borsa di studio pg.13 Le nostre pubblicazioni pg. 10 Da scaricare pg. 12 Eventi Formativi pg. 12 …. e che Formazione!!! Alta Formazione in Psicologia Oncologica a Roma e Milano; Cure Palliative Pediatriche; Un approccio umanistico alla cura; Introduzione alla psiconcologia. Chi, come, cosa “Siamo” pg. 18 Venerdì 29 Novembre 2013 si svolgerà presso la Sala Congressi della Provincia di Milano il Convegno Nazionale “La Sofferenza nella malattia” parte quinta – “Dall’Oncologia Pediatrica all’Età Avanzata…per una buona pratica clinica in Psico&Oncologia”. Continua a pg 4 I want you Abbiamo bisogno di Te! “Ho avuto il problema in famiglia, è stata dura e nessuno ci ha dato un supporto psicologico, siamo rimasti soli”, fai in modo che questa richiesta d‟aiuto non rimanga inascoltata!! Dopo che ti sei riposato, che hai goduto della meritata vacanza e torni al tuo lavoro, ai tuoi studi, decidi di dedicare del tempo a Moby Dick, abbiamo bisogno di Voi, persone che possano dedicare qualche ora al mese per fare del bene professionalmente. Se pensi di non essere pronto, che per Te è un‟esperienza nuova quella di offrire una terapia di sostegno psicologico a persone con una patologia oncologica, ti diciamo che non sarai lasciato allo sbando, ci saranno altri mobydikers che ti consiglieranno e ti formeranno. Ti aspettiamo! chiama allo 06/85358905 per conoscerci meglio, prendere un appuntamento e diventare VOLONTARIO Se andiamo a ritroso nei ricordi della nostra infanzia, un monito che spesso e volentieri ci giungeva dai nostri genitori era, con più o meno successo, di avere una “buona educazione” in ogni contesto in cui ci trovavamo e soprattutto con le persone anziane e sofferenti. Loro, i nostri genitori, sia per tempo che per cultura personale, hanno cercato di fare il massimo per far si che queste “buone maniere” ci distinguessero nel mondo in ogni ambito, dove ci saremmo dovuti confrontare. Quello che sorprende è come questa cura, attenzione alle buone maniere venga meno proprio nei luoghi di cura e proprio da parte di chi dovrebbe “avere cura”. Buona educazione → buone maniere → buona pratica; è un flusso sequenziale che dovrebbe essere vissuto all‟interno di automatismi del “prendersi cura” di una situazione specifica in cui si trova “l‟altro” da noi, la persona in cura. Come nell‟esperienza personale “una cattiva educazione” non possiamo farla ricadere esclusivamente sui nostri genitori, anche nella pratica sanitaria “una cattiva prassi” non possiamo imputarla semplicemente agli insegnanti, ai professori dei nostri diversi percorsi di studio; anche se, specie nel campo delle relazioni umane, offrire ai propri allievi delle semplici nozioni o illustrare modelli asettici di intervento è estremamente riduzionistico. La formazione emozionale deve prendere il giusto spazio all‟interno dei processi di cura e all‟interno del nostro mondo emotivo. Continua a pg. 4 IO VOGLIO TE! ANNO 2-4 Pagina 1 La comunicazione in ambito sanitario La comunicazione in ambito sanitario è un aspetto fondamentale per quanto riguarda la cura delle persone a cui è stata diagnosticata una malattia oncologica. Nonostante questa consapevolezza, troviamo spesso delle situazioni alquanto singolari tra le corsie ospedaliere dove la comunicazione e la condivisione vengono il più delle volte messe da parte piuttosto che utilizzate come delle risorse efficaci. Sarebbe utile considerare il paziente secondo una visione olistica, senza trascurare i numerosi aspetti che la scoperta della malattia oncologica comporta, e prendersi cura della persona “a tutto tondo”, dando importanza anche agli innumerevoli risvolti psicologici che l‟individuo sta sperimentando. Comunicare una diagnosi di cancro ad una persona rappresenta una condizione molto difficile per un medico, il quale deve riuscire in ogni caso a mantenere quella “giusta” distanza empatica ed accogliere contemporaneamente gli aspetti emotivi del paziente. Tra le numerose peculiarità da rispettare per quanto riguarda la comunicazione in ambito oncologico troviamo senza dubbio la cura del setting nel quale viene comunicata la diagnosi. In questo caso la persona ha bisogno di un ambiente accogliente, nel quale sia rispettata la sua riservatezza. Un altro aspetto fondamentale da prendere in considerazione riguarda il grado di conoscenza che l‟individuo ha rispetto alla propria malattia. Nel caso in cui preferisca tralasciare i dettagli concernenti la sua condizione di salute, il medico dovrebbe rispettare questa decisione e comunicare la diagnosi con molta delicatezza. Tratto dall‟opuscolo Il Sostegno Psicologico in Oncologia:quando e perché chiedere aiuto. Disegno di Sara Cianfarini La comunicazione di una diagnosi infausta comporta, nella maggior parte dei casi, uno squilibrio rispetto alle emozioni delle persone a cui è stata diagnosticata una malattia. Il medico, in questo caso, dovrebbe essere pronto e ben preparato ad accogliere determinate reazioni comportamentali, e a riconoscere le emozioni della persona, affinché si possa instaurare una sorta di “collaborazione” tra le due parti, in vista di una vera e propria pianificazione del lavoro da fare insieme. Proprio per questo, in ambito oncologico, avremmo bisogno di prestare molta attenzione all‟importanza di un equipe multidisciplinare in grado di lavorare con il ANNO 2-4 paziente secondo le proprie esigenze sia fisiche che psicologiche. “La mia strategia verso il cancro, verso i suoi nuovi messaggi dolorosi, potrei sintetizzarla così: cerco di fare ricerca. Per dargli un senso, per renderlo sopportabile, per riuscire a convincere i medici a essere montessoriani, maieutici: ascoltarci, aiutarci a narrare il male e a tirar fuori tutte le potenzialità e risorse, in modo da poter convivere con la nostra parte mortifera e immortale il più a lungo e il meglio possibile” . Queste parole appartengono a Gianni Grassi, noto giornalista italiano. Nel 2000 gli fu diagnosticato un carcinoma prostatico con diffusioni ossee. Egli riuscì a considerare la malattia non come la fine della vita ma come un‟opportunità, pensando alla morte come a un dovere biologico e sociale. Sottolineava spesso l‟importanza della relazione tra medici e pazienti, o meglio tra curanti e curati, come lui stesso li definiva. Parlava di una vera e propria differenza tra etica ed essere etico. Etica significa dare ragioni plausibili per tutti, non dare regole uguali per tutti. L‟etica, secondo Grassi, è fondata su relazioni consensuali, non su disposizioni obbligatorie e presuppone la relazione con l‟altro, la comunicazione trasparente e disinteressata, non l‟oscurità del gergo tecnico, spesso utilizzato dai medici in occasione della comunicazione con i pazienti. “L’efficienza, l’informazione, la stessa conoscenza dell’evidenza scientifica per le decisioni mediche, sono condizioni necessarie ma non sufficienti. Ci vuole anche l’anima, la comunicazione. Quello che ci serve, come curati e curanti, è un rapporto insieme più umano e più scientifico. Sì perché, per fare della medicina e della pratica clinica una scienza delle relazioni terapeutiche, servono scienza e coscienza sia dei curanti che dei curati”. Grassi parlava di una vera e propria collaborazione tra chi cura e chi riceve cure, il medico mettendo in gioco le sue conoscenze scientifiche e la persona affetta da malattia riportando la sua sofferenza fisica ed il suo “vivere” il dolore. Inoltre affermava: “…Sono sempre più convinto che ognuno muore come ha vissuto: se hai seminato molto, raccogli molto. E cosa raccogli? Relazioni. Sono convinto sempre di più che la vita è relazione, che la cura è relazione, che il 75 per cento delle cure terapeutiche sono fatte di relazioni terapeutiche, il 25 per cento poi è biologia, tecnologia, farmacologia, statistiche. Perché se tu medicina, tu medici, sai – o dovresti sapere – tutto sulla malattia, sulla singola malattia, sulla mia malattia, su come io la vivo e la soffro sono io l’unico competente, o no? Allora o è un confronto, una trattativa, uno scontro tra due competenze, o l’una riconosce l’altra, oppure non è scienza la medicina”. Quello che conta non è certo la quantità delle parole dette o la quantità dei momenti di relazione con il paziente. L‟aspetto che più va preso in considerazione è senza dubbio la qualità di queste relazioni, che non dipende esclusivamente dal cosiddetto “sapere scientifico” dei medici o degli operatori sanitari, ma anche dalla loro qualità di vita, principalmente in ambito lavorativo. Chi è affetto da una grave malattia spesso Pagina 2 non ha bisogno di parole tecniche e di spiegazioni più dettagliate. Ha bisogno di sentirsi accolto, compreso, considerato. Il concetto di “prendersi cura” concerne tutto questo. Un “prendersi cura” a trecentosessanta gradi, secondo il quale ascoltare significa rispettare l‟individualità dell‟altro, dargli fiducia e accogliere cosa l‟altro ci rimanda durante la comunicazione. Tutti gli operatori sanitari dovrebbero essere in grado di riflettere e mettere in atto una relazione intersoggettiva, in cui l‟altro rappresenta il vero protagonista della propria condizione di malattia, soggetto attivo del proprio esistere e del proprio dolore, sia fisico che emotivo, l‟unico davvero in grado di poter argomentare seriamente tutto quello che riguarda la sua condizione di salute. La persona ha bisogno di essere supportata in ogni fase della malattia, dalla comunicazione della diagnosi a tutto ciò che riguarda le varie terapie ed eventuali interventi. Molti medici ed operatori sanitari preferiscono tralasciare determinate informazioni, a volte anche essenziali per mettere l‟individuo in condizione di poter prendere determinate decisioni importanti, decisioni che spesso hanno a che fare con la vita e la morte. Comunicare empaticamente, accogliere le numerose emozioni e le paure di chi soffre, porta ad una condizione in cui la comunicazione della diagnosi diventa una vera e propria “condivisione” della situazione presente, un supporto per poter arrivare ad essere in grado di accettare la comparsa della malattia. In un Convegno Nazionale del 2013, organizzato dall‟Associazione Moby Dick, la Dott.ssa Barillaro ha parlato dell‟importanza del domandare alle persone con malattia oncologica: “Tu come stai?”. Apparentemente risulta una domanda inopportuna in una situazione in cui il paziente sta affrontando la propria malattia, con tutte le varie conseguenze che essa porta con sé. In realtà invece la domanda non è affatto irriguardosa. Chiedere “Come stai?” a chi soffre significa entrare nello “stare” di quella persona, donare uno spazio di condivisione in cui l‟individuo riesca a sentirsi considerato in tutto e per tutto quello che sta vivendo. Uno spazio unico, di empatia, uno spazio in grado di potergli restituire un potere sulla propria vita. Le persone che soffrono a causa di una malattia oncologica sono spesso confuse e spaesate, hanno bisogno di ritrovare dei punti di riferimento, dei confini personali in cui esprimere: “Nonostante il cancro…ESISTO!”. Gli operatori sanitari di conseguenza hanno bisogno degli strumenti adatti per poter intraprendere una buona relazione con il paziente, strumenti che non provengono solo da una buona preparazione tecnica e scientifica, quanto da una buona predisposizione all‟empatia. Essere in grado di sostenere la persona, sia per quanto riguarda la cura farmacologica della malattia che l‟aspetto emotivo, altrettanto importante… è la sfida da accogliere. Palma Aliberti ANNO 2-4 Moby Dick ama e rispetta l’ambiente! Abbiamo realizzato per voi delle fantastiche eco-bag e delle fantastiche T-shirt adatte ad ogni occasione e per farti sentire vicino a Noi!! Averle è facile, prenotale e vieni a ritirarle, ci potrai conoscere!! Tel 06-85358905 Pagina 3 CONVEGNO NAZIONALE Dall’Oncologia Pediatrica all’Età Avanzata …per una buona pratica clinica in Psico&Oncologia. Venerdì 29 Novembre 2013 si svolgerà presso la Sala Congressi della Provincia di Milano il Secondo Convegno Nazionale “La Sofferenza nella malattia” parte quinta – “Dall‟Oncologia Pediatrica all‟Età Avanzata…per una buona pratica clinica in Psico&Oncologia”. Il Convegno approfondirà il tema dell‟intervento medico e psicologico in oncologia soffermandosi con particolare attenzione sugli aspetti utili a garantire una buona pratica clinica che tuteli sia le persone malate che gli stessi operatori sanitari. E‟ un mondo, quello dell‟oncologia e delle malattie organiche gravi in generale, che ha un gran bisogno di una buona pratica clinica. Chi si trova immerso in questo mondo, il più delle volte all‟improvviso e senza preventive avvisaglie, si trova spaesato, spaventato, scaraventato nell‟incertezza. E qualunque sia la diagnosi, non esistono tumori di scarsa rilevanza. Il cancro infatti rappresenta sempre, per la persona malata e per la sua famiglia, una prova esistenziale sconvolgente. La cura della persona malata si deve prefiggere innanzitutto l‟obiettivo di porsi da supporto, per evitare che il peso dell‟esperienza (reale e metaforico) possa far crollare chi ha l‟onere di sostenerlo. Ecco allora che accanto al trattamento medico, di pari passo con esso deve accompagnarsi il rispetto dei bisogni e della dignità dei pazienti, per migliorare la qualità della vita anche nell‟iter di malattia e per limitare il rischio di conseguenze tali da condizionare la vita futura. La dimensione psicologica e relazionale rappresenta un elemento di peculiare importanza in oncologia. I curanti, infatti, per adempiere al loro ruolo devono di volta in volta saper tollerare e contenere quotidianamente le reazioni emozionali e affettive dei pazienti e delle loro famiglie, sviluppando una particolare sensibilità rispetto alla percezione dei segni di disagio psicologico. I „professionisti dell‟aiuto‟ hanno il delicato compito di sostenere e tutelare nel miglior modo possibile il paziente nel corso della malattia e pertanto necessitano di una formazione che non sia solo didattica ma anche emozionale così da poter non solo fare per ma anche stare con la persona che si ammala. I Relatori che parteciperanno al Convegno esporranno argomenti riguardanti la pratica clinica in ambito oncologico, sottolineando l‟importanza dei numerosi risvolti psicologici che inevitabilmente accompagnano le persone che si ammalano di una grave malattia. Tra le figure professionali che interverranno troviamo il Prof. G. Biondi; la Dott.ssa S. Brandino, il Dott. M. Cianfarini; la Dott.ssa A. Cotugno, il Dott. N. Ferrari; il Dott. F. Guidi; il Dott. M. Jankovic; la ANNO 2-4 Prof.ssa P. Pellegrini; la Dott.ssa R. Restuccia, il Dott. G. Scaccabarozzi; la Dott.ssa C. Sivelli; la Dott.ssa M. G. Strepparava; il Dott. R. Torta; il Dott. F. Zucco, Il Convegno si svolgerà in un'unica giornata, dalle ore 08,00 alle ore 18,00, al termine del quale è prevista la Consegna degli attestati di partecipazione. Continua da a pg. 1 Il 29 novembre a Milano, come già ampiamente menzionato nella colonna accanto, Moby Dick porterà all‟attenzione dell‟uditorio proprio questo argomento. Il tema rientra nei principi e valori che sostiene da anni il lavoro dei nostri volontari: mettere al centro dell‟intervento terapeutico la persona malata e l‟operatore nella sua completezza, in modo che “l‟incontro” avvenga tra due persone. La formazione emozionale, la familiarità con il mondo interno, le dinamiche psicologiche e i valori esperienziali di ciascuno di noi sono fondamentali per questo tipo di esperienza professionale; non si possono avere delle buone nozioni, un buon modello terapeutico se poi non siamo in grado di “stare” con la persona sofferente. E‟ come se un chirurgo avesse in mano l‟ultimo modello di bisturi e poi si accostasse al paziente per operare con la mano che gli trema. Una buona pratica clinica spesso richiama, nell‟immaginario del terapeuta un saper fare; l‟attenzione a cui vorremmo invece richiamare tutti noi è nel saper “stare”. Tornando al tema delle buone maniere, dobbiamo tener presente che un atteggiamento sconveniente da parte nostra è senz‟altro legato ad un coinvolgimento emotivo che non riusciamo a gestire ma che spesso celiamo dietro stanchezza fisica, nervosismo e preoccupazioni di altro genere. E‟ molto importante, laddove continuiamo a camuffare le nostre difficoltà, che ci siano all‟interno delle nostre strutture degli spazi di condivisione per confrontarci e migliorare la “nostra educazione”; se non ci sono, andiamoceli a cercare. Il nostro lavoro è troppo importante e la responsabilità del nostro saper dire, saper fare e saper stare merita questo impegno da parte nostra. Migliorare la “buone maniere” Cianfarini Maurizio Glossario Nella lingua italiana il termine galateo definisce l'insieme di norme comportamentali con cui si identifica la buona educazione: è un codice che stabilisce le aspettative del comportamento sociale, la norma convenzionale. Alcuni sinonimi della parola possono essere etichetta o bon ton. Il nome "galateo" deriva da Galeazzo Florimonte, vescovo della diocesi di Sessa Aurunca che ispirò a monsignor Giovanni Della Casa quel celebre libro del viver civile, il Galateo overo de' costumi, primo trattato specifico sull'argomento pubblicato nel 1558. Il titolo dell'opera, infatti, corrisponde alla forma latina del nome Galeazzo: Galatheus, appunto. Pagina 4 Il processo “fisiologico” dell’elaborazione emozionale di una malattia Una volta a Viktor Frankl durante una conferenza gli rivolsero delle domande sulla Logoterapia e sull‟attualità del suo modello in riferimento alla Psicoanalisi di S. Freud; rispondendo disse tra le altre cose che Freud, per tutto il contributo che aveva dato alla psicologia si poteva considerare un gigante ma, ebbe anche a dire “qualsiasi nano sulle spalle di un gigante poteva vedere più lontano del gigante stesso”. Quante volte ci siamo sentiti dei “nani” di fronte alle persone che ci portano le loro angosce di morte, quando sentiamo l‟impotenza di fronte alle loro patologie organiche gravi e alla loro fragilità nella visione del futuro. In quante occasioni, per vincere questo nostro senso di inadeguatezza, vorremmo avere a nostra disposizione maggiori strumenti e una maggiore capacità di ascolto, capacità di accogliere la loro rabbia e la forza per riuscire a tenere i loro “silenzi assordanti”. Uno degli aspetti più difficili nell‟incontro con la persona affetta da una malattia oncologica è riconoscere nello stesso in quale fase emotiva ed esistenziale sia nel percorso di malattia. Volendo rimanere nella relazione di aiuto ci possono tornare utili le esperienze di altri operatori che già si sono confrontati con “La morte e il morire”. Non a caso ho citato uno dei libri reperibili in Italia della Kübler-Ross. L‟intento che ci siamo proposti in questo breve contributo, e in quelli a venire, è quello di percorrere insieme le “5 fasi” che la persona, partendo dalla comunicazione di una diagnosi organica grave, percorre nell‟iter della sua malattia. L‟errore che dobbiamo evitare di commettere, nel prendere in esame questi momenti, è quello di pensare che queste fasi siano necessariamente sequenziali e che una volta superata una fase la persona non possa regredire in una fase precedente o che non possa addirittura saltare una di queste cinque fasi. Altra cosa da tenere bene in mente è che la persona è calata in una propria realtà familiare (coniuge, genitori, figli) e cioè può capitare, anzi spesso capita, che mentre il malato si trova, per esempio, in una fase depressiva, i vari familiari si possono trovare in fasi completamente diverse: il coniuge nella negazione; il figlio grande nella rabbia; quello piccolo ancora nella negazione o nell’isolamento. In relazione a questa situazione, l‟operatore si può trovare in un difficile compito di mediazione con i vari componenti familiari che si trovano in fasi diverse; mediare per la comunicazione di una diagnosi, la comparsa di una recidiva o di una prognosi infausta. Alcune delle 5 fasi le abbiamo già menzionate, ma ora le andremo a descrivere una alla volta per poterle riconoscere. Fasi che la Kübler-Ross indica come processo di avvicinamento all'accettazione, ultima fase, ANNO 2-4 di una malattia inguaribile o che evoca comunque angosce di morte. Le 5 fasi che andremo a prendere in considerazione sono: Negazione ed Isolamento (Denial-Isolation); Rabbia (Anger); Baratto o Contrattazione (Bargaining); Depressione (Depression); Accettazione (Acceptance). La Negazione ed Isolamento La negazione e l'isolamento vengono descritte come una fase che ha la funzione di frapporsi tra il paziente e la comunicazione diagnostica, come un cuscinetto, che permette al paziente di non essere travolto dalla stessa e di raccogliere se stesso, prendere del tempo per attivare e mobilitare difese e strategie meno drastiche. La reazione alla diagnosi può rappresentare un vero e proprio shock, anche se temporaneo. Numerose frasi si affollano nella mente del paziente, da: "non è possibile, le analisi saranno sicuramente sbagliate!", a "non è possibile proprio in questo momento della mia vita! Devo portare a termine un lavoro! Devo ancora avere dei figli, crescere dei figli!"; "Faccio sempre prevenzione, non può essere vero!". A una persona in una visita di controllo era stato individuato un nodulo sospetto al seno ed era stata invitata a fare delle indagini diagnostiche. La paziente rifiutò drasticamente la prescrizione, aveva ben altre cose da " fare" più che "pensare" al suo nodulo, aveva un lavoro importante da portare a termine. Quando finalmente si decise di fare accertamenti diagnostici l‟impegno clinico e la prognosi erano modificati.. Spesso i tempi con cui la persona malata supererà questo stato di rifiuto sono importanti per una prognosi favorevole, non solo alla cura ma anche a una fase elaborativa emozionale della malattia. Il negare la diagnosi si può manifestare girando da un specialista all'altro, i viaggi della speranza, alla ricerca di qualche medico che gli dica “va tutto bene”, o, chiudendosi in se stesso, non comunicando le informazioni in suo possesso ai familiari, non andando più al lavoro e, nei casi più estremi, non uscendo più di casa. Una persona descrisse l'inizio della sua malattia, un tumore alla prostata, e disse: "se avessi detto in casa quello che mi aveva detto l'andrologo, forse…". Il senso di colpa dettato da questo tipo di atteggiamento può far precipitare il paziente in angosce e depressioni profonde, baratri da cui non vede possibilità di cura, un senso per cui doversi curare. Il pericolo che si possa lasciare andare al “non prendersi cura di sé”, lo fa ancor di più chiudere in un isolamento senza spiragli di luce. In questa fase un aiuto rilevante lo possono dare sia i familiari che i medici. Lo psicologo spesso non è presente a meno che non sia prevista la sua figura professionale accanto al medico curante durante la prima visita e alla comunicazione della diagnosi. I familiari sono quelli che “vivono” la situazione in prima persona, se il tipo di comunicazione instaurata all‟interno della famiglia è aperta, possono aiutare il proprio familiare a fare in modo che questa fase di Pagina 5 negazione non si protragga per troppo tempo a scapito di una prognosi favorevole. Il rapporto medico-paziente, in quanto relazione, è un rapporto privilegiato, ha la possibilità di valutare tutte le componenti della vita individuale, incluse le percezioni e le reazioni emotive del paziente verso la malattia, l‟impatto della malattia sulle diverse aree dell‟esistenza e i problemi che il paziente deve affrontare giorno per giorno. Il medico sarà comunque colui che per primo incontrerà tutti i pazienti e dipenderà dalla sua sensibilità, preparazione ed umanità, se la persona potrà usufruire di un supporto psicologico adeguato e successivo alla comunicazione della diagnosi. Come sappiamo una corretta comunicazione di una diagnosi può aiutare il paziente sia ad un‟elaborazione precoce del “grave colpo del destino” in cui è stato coinvolto, sia a procedere in maniera decisa verso la terapia collaborando con l‟équipe medica. Quale può essere la funzione dello psicologo all‟interno di questa relazione privilegiata? E‟ indubbio che il medico ed il paziente quando si trovano uno di fronte l‟altro troppo spesso parlano un linguaggio diverso o gli interessa ascoltare cose diverse. Ecco che il compito dello psicologo può essere quello di “tradurre” e “mediare” l‟incontro, ponendo l‟attenzione sull‟ascolto empatico in modo che possa comunicare al medico tutto “il non detto” verbale: la sofferenza, il dolore e la confusione di fronte ad una diagnosi infausta. Questo permetterà al medico di essere più chiaro ed accogliere anche quelle parti emotive che possono rafforzare la relazione. Il paziente si sentirà più protetto e vedrà nello psicologo un‟altra figura di aiuto di riferimento su cui poter contare nella “cura” di tutta la sua persona, non solo quella fisica. (segue al prossimo numero) Cianfarini Maurizio _________________________________________ Le nostre RUBRICHE _________________________________________ Non è vero... ma ci credo! Sigaretta, ha il potere di divenire, nella mente del fumatore, una sorta di magica panacea che consente di sopportare meglio le difficoltà esistenziali. Siamo onesti. Davvero siamo convinti di questa affermazione? Siamo sicuri che la sigaretta rappresenti una bacchetta magica in grado di aiutarci nei momenti di difficoltà e, viceversa, di farci gustare a pieno i momenti belli della nostra vita? Quando un fumatore sta mangiando in un ristorante, al chiuso e con la sua famiglia, secondo voi, sta gustando le prelibatezze che ha ordinato? Secondo voi non sta pensando al momento in cui potrà finalmente alzarsi e, ANNO 2-4 con la neve, il gelo, la pioggia o i 40°, potrà finalmente assaporare l‟unica e vera sostanza in grado di dargli (l‟illusorio) piacere? Ma quanto è buona la sigaretta dopo pranzo? E quella dopo il caffè? Si, un fumatore ritiene che un buon pranzo non possa definirsi tale se non dopo aver aspirato il fumo della sua sigaretta preferita. E vogliamo parlare dei periodi di stress? Quanto aiuto riceviamo da questa bacchetta magica? Gli effetti sono ovvi. Proviamo a pensare a due soggetti, un fumatore e un non fumatore, davanti a un brutto periodo. Sicuramente il fumatore sarà in grado di superare lo stress con più facilità: lui ha la sigaretta dalla sua parte! Non prendiamoci in giro. La sigaretta non ha nessun potere di questo tipo. Siamo noi che le abbiamo attribuito questo ruolo positivo. Per anni la televisione ci ha fatto il lavaggio del cervello. Il fumo è cool, il fumo è moderno, il fumo è tuo amico. E‟ da qualche tempo però che fortunatamente tutto ciò sta prendendo una piega diversa. Ormai la sigaretta non rappresenta più tutto ciò che di buono c‟è nel mondo. La maggiore informazione, gli studi in materia e, quindi, una maggiore consapevolezza, hanno permesso a ognuno di noi di aprire gli occhi su un‟illusione che da troppo ci aveva resi ciechi. Il fumo fa male, oggi lo sappiamo; ma non a tutti è arrivato questo messaggio, o meglio, è arrivato, ma non come dovrebbe. Le nuove generazioni continuano a fumare, continuano a vederlo come un rituale da fare in gruppo. “Tanto posso smettere quando voglio”. “Lo faccio solo in presenza degli amici, ma posso rimanere tutto il giorno senza fumare”. Nello stesso tempo in cui ci illudiamo con queste frasi la nicotina ha già iniziato il suo processo. E da lì a poco il giovane fumatore inizierà a comprare un pacchetto e a sentirsi assalito dall‟ansia quando questo inizierà a svuotarsi. E allora i pacchetti aumenteranno e l‟illusione di “poter smettere quando voglio” svanirà. Fumatori: non esiste un modo facile e indolore per smettere di fumare. La dipendenza a cui siete sottoposti (che ne siate o meno consapevoli) è duplice: dipendenza fisica (legata a delle sostanze) e dipendenza psicologica (legata alla ritualità e alla gestualità). Ripetersi che smettere di fumare è una cosa buona (e lo è sicuramente) non vi aiuta a liberare la vostra mente dal pensiero martellante. Voi volete la sigaretta! Come farete a superare questo periodo stressante senza l‟aiuto della vostra bacchetta magica? Non diamo troppa importanza alle sigarette; all‟inizio tutto sembrerà diverso, strano, quasi inutile, tutto avrà un diverso significato... poi passerà e starete meglio. Pagina 6 In questo numero del nostro gazzettino abbiamo deciso di dedicare uno spazio a un nuovo metodo per smettere di fumare. Ci stiamo riferendo a un metodo che ha fatto la sua comparsa non da molto tempo, ma che fin da subito ha riscosso un notevole successo: la sigaretta elettronica. Quest‟ultima, che viene anche chiamata e-cigarette o semplicemente e-cig, è una sigaretta che permette a colui che la utilizza di ricreare la gestualità legata al fumo. Alcune sono identiche nella forma e nel colore alla sigaretta classica, altre sono sofisticate e con un design attento, altre ancora sono coloratissime e fashion. Ma prima di continuare, vorrei procedere con ordine. Chi ha inventato le sigarette elettroniche? Il primo brevetto risale al 1963 e venne depositato da un americano di nome Herbert A. Gilbert. Sono passati cinquant‟anni da questa invenzione. Non vi pare un tempo enormemente lungo? “Un mezzo sicuro e innocuo per sostituire il fumo di tabacco a combustione di carta, con vapore aromatizzato”, questa fu la descrizione del suo primo inventore. Eppure, nonostante le premesse, abbiamo dovuto aspettare il 2003 per avere un primo modello, elaborato da un farmacista cinese di nome Honk Link. Naturalmente in Italia non è arrivata subito, ma forse è stato un bene, in quanto sono state fatte alcune modifiche al brevetto iniziale. La stragrande maggioranza delle e-cig oggi funziona grazie ad un vaporizzatore che tramite riscaldamento nebulizza la soluzione presente nella cartuccia. Questo permette al fumatore non solo di mantenere la gestualità legata al fumo, ma anche di inspirare ed espirare vapore come perfetto sostituto del fumo di sigaretta. In pratica sono tutte dotate di un filtro con una cartuccia che contiene la miscela formata da glicole propilenico, glicerolo e nicotina, un vaporizzatore (o cartomizzatore) che riscalda e vaporizza il liquido presente nella cartuccia, ed infine una batteria che si ricarica anche con un cavo USB. Niente di più semplice! Inoltre la scelta dei sapori è molto ampia. Attenzione, questo non è un spot pubblicitario, non è questa la nostra intenzione. Ma sono innegabili alcuni aspetti positivi. Ovviamente, per amor di cronaca, dedicheremo spazio anche a quelli negativi. Tornando agli aromi, queste soluzioni sembrano in grado di soddisfare qualsiasi palato: esiste il gusto al tabacco classico, ma anche alla liquirizia, alla menta, addirittura al cognac! Inoltre per il consumatore c‟è anche la possibilità di scegliere il quantitativo presente di nicotina: da alto (19 mg/ml), a medio (9mg/ml), fino a nullo (0 mg/ml). Negli ultimi due anni in Italia ci stanno bombardando di pubblicità relative a questo prodotto, spuntano negozietti ad ogni angolo specializzati nella vendita delle ecig, e anche la televisione aveva iniziato a mandare in onda degli spot, probabilmente un po‟ ridicoli. ANNO 2-4 Vi ricordate Emanuele Filiberto di Savoia? Ecco, facciamo riferimento proprio a quel tipo di immagine. Se invece siete tra quei pochi fortunati a non averlo visto, beh, siamo veramente felici per voi. Ma non divaghiamo. In Italia fumano l‟e-cig circa 500.000 persone e il 23.6% dei giovani tra i 15 e i 24 anni hanno ammesso di utilizzarle (fonte DOXA). Non sappiamo ancora molto su queste sigarette. Il dibattito relativo alla dannosità è aperto e ci sono varie scuole di pensiero, varie ricerche che si trovano spesso in posizioni discordanti. Uno studio neozelandese, pubblicato sulla prestigiosa rivista medica The Lancet è stato il primo a mettere a confronto le e-sigarette e i cerotti che rilasciano nicotina, valutando gli effetti sulla salute in un ampio gruppo di soggetti, nella vita reale. La sigaretta elettronica è risultata più efficace nel ridurre il consumo di sigarette al tabacco. Lo studio, condotto da ricercatori guidati da Chris Bullen, direttore del National Institute for Health Innovation dell‟Università di Auckland, è anche il primo a valutare se vi siano effetti nocivi per la salute con l‟utilizzo di e-sigarette in un ampio gruppo di persone, e in situazioni di vita reale anziché di laboratorio. Confrontando gli utilizzatori delle e-sigarette e quelli dei cerotti, la ricerca non ha trovato differenze nei tassi di eventi avversi, il che suggerisce che l‟e-sigarette sono paragonabili ai cerotti anche in termini di sicurezza. Un altro studio, invece, afferma esattamente il contrario. Lo studio a cui facciamo riferimento è stato realizzato in Francia dalla rivista ‟60 Millions de Consommateurs‟, pubblicata dall‟Istituto nazionale del consumo. I risultati sono stati ottenuti tramite analisi svolte dagli esperti della rivista, secondo “un protocollo inedito”. Sembra che i ricercatori abbiano individuato “molecole cancerogene in quantità significative”, mai riscontrate finora, nel vapore delle sigarette elettroniche. Inoltre, hanno constatato che in 3 casi su 10, per prodotti con o senza nicotina, il tasso di formaldeide è pari a quello delle classiche sigarette. Mentre l‟acroleina, molecola molto tossica, è emessa in quantità importante e in “percentuali a volte superiori a quelle misurate nel fumo di certe sigarette”. Come potete notare il dibattito rimane aperto, probabilmente è ancora presto per dire in maniera definitiva se l‟utilizzo di tale sostanza sia effettivamente dannosa per la salute. Ma una cosa la sappiamo tutti con estrema certezza: le sigarette fanno male. E sappiamo anche che una volta smesso di fumare si riacquistano gusto e fiato, gli effetti sull‟organismo sono benefici e anche l‟estetica ne trae giovamento. La prossima volta che aspirate una boccata di fumo sentitela scendere con il suo acre carico nella trachea, nei polmoni e ne sentirete l‟effetto venefico. Ne vale la pena? Concludiamo con una frase dalla saggezza popolare: Chi d‟un vizio si vuole astenere, preghi Dio di non l‟avere. M.D. Pagina 7 “Se qualcuno vi si avvicina con un dono e voi non lo accettate, a chi appartiene il dono?”, domandò il samurai. “A chi ha tentato di regalarlo”, rispose uno dei discepoli. “Lo stesso vale per l’invidia, la rabbia e gli insulti”, disse il maestro: “Quando non sono accettati, continuano ad appartenere a chi li portava con sé”. A domanda risponde a cura di Maurizio Cianfarini Presidente dell‟Associazione Moby Dick, Esperto in psiconcologia, Logotherapy ed Analisi Esistenziale, Analisi individuali, di gruppo e di Organizzazioni Direttore del Corso biennale in Psicologia Oncologica. Collabora con numerosi enti per la formazione e la supervisione degli operatori sanitari e dei volontari nelle città di Roma, Milano, Campobasso, Padova, Cosenza, Potenza, Larino, Catania, Trapani e Firenze Storiella Zen Scrivi alla Balena Bianca anche per altri quesiti medici e/o psicologici, cercheremo di risponderti al più presto direttamente e a pubblicare alcuni quesiti in maniera anonima. …e il 31 gennaio 2014 Convegno Nazionale a Roma…tieni d’occhio il sito www.mobydick.info e invia il tuo abstract ! ANNO 2-4 Gentile dottore, sono un giovane laureato in psicologia che recentemente ha dovuto affrontare una esperienza personale in ambito oncologico con un familiare; è stato un periodo molto significativo dove, tutti noi in famiglia, abbiamo sperimentato un disagio psicologico molto profondo e questo mi ha reso consapevole del bisogno di sostegno psicologico e della sottovalutazione di questi aspetti in questa area. Vorrei mettere al servizio degli altri la mia laurea in Psicologia, me lo consiglia? E’ troppo presto? cordialmente G.F. E’ apprezzabile, gentile dottore, da parte sua mettere in gioco l‟esperienza personale in ambito professionale, a volte toccare con mano alcune realtà che ci circondano ci può dare lo spunto a renderci dei professionisti migliori, offrire il nostro tempo e le nostre capacità in un‟area, quella della malattia, che racchiude diversi ambiti di sofferenza e risorse vitali. Quello che credo che sia importante per dare il meglio di noi, è far decantare l‟esperienza personale, elaborarla e trasformarla da evento subito a prestazione personale; questo ci darà modo di offrire le nostre risorse per aiutare gli altri e non per rispondere a dei nostri bisogni personali. Attenzione, avere dei bisogni non è “il male” ma è importante distinguere bene questi due aspetti: bisogno/motivazione. Per far questo le consiglio di non avventurarsi in questa area così impegnativa, lei sicuramente ne è a conoscenza di quanto sia gravosa, senza una preparazione adeguata e senza affiancarsi ad un gruppo esperto che la potrà aiutare a riflettere, confrontarsi, crescere in questa attività nobile che è la “professione d‟aiuto”. Dr. Maurizio Cianfarini Pagina 8 II Edizione del Premio Fotografico Nazionale “Carpe Diem – Cogli l’attimo” Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un'altra prospettiva”. Questa suggestiva citazione tratta da “L’Attimo fuggente” di Peter Weir (1989) descrive a pieno la prossima iniziativa promossa a livello nazionale da Moby Dick. Anche quest‟anno, infatti, abbiamo scelto di affiancare alle attività ordinarie un‟iniziativa culturale che dia l‟opportunità ai partecipanti di raccontare la propria esperienza attraverso un canale diverso e creativo. E così, dopo il successo della Terza Edizione del Premio Letterario Nazionale “Un Ponte sul Fiume Guai” torniamo alla carica e scegliamo di farlo privilegiando un‟altra forma di espressione artistica: la fotografia. Il 1° Giugno si apre ufficialmente la Seconda edizione del Premio Fotografico Nazionale “Carpe Diem – Cogli l’attimo” il cui titolo racchiude in un‟unica, breve espressione oraziana ciò che vogliamo comunicare: cogliere l‟attimo, non lasciarlo sfuggire. Fermarlo e guardarlo proprio da “quell’altra prospettiva” descritta dal Professor Keating nel celebre film. In quest‟ottica, la fotografia assume il significato di apertura, di passaggio da mondo interno a mondo esterno. Osservarla, dunque, sarà un‟opportunità, quella di permettersi non solo di ripensare ma anche di rivalutare il singolo momento legato all‟incontrodiretto o indiretto- con la malattia. Il concorso si concluderà il 23 dicembre 2013. A breve ulteriori informazioni e il Bando consultabile sul sito. Prendete in mano le vostre macchine fotografiche, Moby Dick vi aspetta! SE VUOI ESSERE NOSTRO SPONSOR PER LA GIORNATA DELLA PREMIAZIONE CHIAMACI!! 06-85358905 Alessia Gentile ANNO 2-4 Pagina 9 Le nostre PUBBLICAZIO NI _________________________________________ L’intervento psicologico in oncologia Dai modelli di riferimento alla relazione con il paziente III edizione ESAURITA Maurizio Cianfarini Quando sentiamo parlare di una umanizzazione delle cure, dell‟eccessiva medicalizzazione dell‟intervento, può accadere per alcuni di noi psicologi di avere un atteggiamento di presunzione, come se questo tema non ci riguardasse da vicino o se ci riguarda, è solo come un nostro possibile intervento psicologico. Certo, noi terapeuti della psiche non possiamo cadere nell‟errore di considerare il paziente solo come un oggetto, un organo malato; non può capitare di “aiutare” la persona nell‟instaurarsi di una nevrosi iatrogena, a “fissarsi” su quello che non funziona, su quello che è patogeno! Ne siamo proprio sicuri? Umanizzazione non sta per Psicologizzazione. Se da parte del medico è riduttivo prendersi cura solo del fisico, anche per lo psicologo prendere in considerazione solo la psiche e non la persona nella sua interezza è ancor più grave, già solo per il fatto che da noi ci si aspetta, si spera, qualcosa di più. Ciò di cui ci siamo resi conto in tutti questi anni, durante i quali la psiconcologia ha fatto un notevole cammino anche in Italia, è che i vari modelli terapeutici di cui tutti noi siamo portatori, da soli, si trovano in notevole difficoltà nell‟incontro con la persona malata di cancro. L‟ostacolo e le difficoltà stanno nel riuscire ad integrare e modulare il proprio strumento terapeutico nella relazione con ogni paziente. Importante nella nostra crescita personale è l‟essere affiancati da colleghi esperti, partecipare a supervisioni cliniche e approfondire le tematiche con training formativi specifici. Ma l‟aspetto che va più curato è la Relazione con la ERRE maiuscola: se non c‟è una ANNO 2-4 profonda Relazione umana tutto può diventare una mera tecnica. “Il miglior collega è il paziente”, teneva a sottolineare Bion; ognuno di noi è portatore di una cultura ed una esperienza formativa che vanno ad integrarsi nell‟incontro con il paziente oncologico. Ci si incontra, ci si sceglie e si intraprende insieme un viaggio. Nell‟incondizionata accettazione dell‟altro nella sua totalità, ci potremo permettere di incontrare non solo dolore e sofferenza, ma anche coraggio e dignità. Quello che è indispensabile è continuare ad “ascoltare”, desiderosi sempre di apprendere conservando la curiosità dell‟incontro, senza mai farsi sovrastare dall‟abitudine. Questo sovrastare sta ad indicare un tentativo miseramente fallito di mettere una distanza tra noi ed il paziente per non farsi travolgere dalle risonanze emotive che vengono evocate in noi dall‟incontro. Una modalità difensiva inadeguata – legata all‟illusione di potersi abituare e quindi non coinvolgere emotivamente - che non permette più una Relazione di Cura, l‟unica a offrire la motivazione principale che ci permette di fare il nostro lavoro in maniera adeguata. Il contributo che si vuole dare con questa pubblicazione è legato proprio all‟invito a leggere le conoscenze di altri colleghi e riflettere sulle loro esperienze umane. Si, quello di cui ha bisogno la persona malata non è solo di uno psicologo ma di una persona psicologo. Carocci Faber ed. (chiedetela nelle migliori librerie in modo di avere la IV ristampa) La malattia oncologica nella famiglia Dinamismi psicologici ed aree d’intervento Maurizio Cianfarini Carocci Editore (nelle migliori librerie ed in Sede) Caro Presidente, finalmente ho letto il tuo libro, come promesso. Mi ero fatto l'idea, solo dall'oggetto, senza aprirlo, che fosse più semplice, 'classico', un po‟ una sorta di dispensa ampliata ad uso e consumo di studenti o neofiti. Sono rimasto invece colpito, e non te lo scrivo per quella sorta di legge non detta per cui bisogna fare i complimenti a chi si conosce, e assai. Ho colto umiltà nelle affermazioni di tutti, tipica di chi è davvero competente nel suo settore; e molta, molta chiarezza, trasparenza, onestà nelle riflessioni personali, nei racconti di vita vissuta, nelle considerazioni operative. E' tutto lineare, diretto, approfondito. Il fatto poi che si presenti come un libro di dimensioni ridotte è diventato ora, a differenza dell'inizio un pregio perché contrasta, in positivo, con i contenuti densi, susseguenti ma, appunto, subito comprensibili. Ci sono poi tanti riferimenti ad autori, correnti, testi, esperienze che non possono che incuriosire perché non sono né solo citati Pagina 10 né copiati pari pari. Insomma, un bel lavoro che, almeno da come l'ho vissuto, ha un leit-motiv che attraversa ogni capitolo e quindi ognuno di voi, io immagino: il cambiamento. E pure quello che manca - la sicurezza relazionale, l'auto compiacimento, il riferimento al proprio vissuto come fonte di 'verità - aiuta molto ad elevare il livello dell'intero prodotto. Nicola Ferrari Un ponte sul fiume guai 3 Raffaella Restuccia Un, due…TRE !! Dopo tanta acqua passata sotto questo ponte mi trovo di fronte alla terza raccolta di Racconti e ogni volta è un‟emozione diversa. Sempre bella, sempre nuova, sempre piena di storie uniche e preziose. E leggendo ogni riga si comprende un pochino di più l‟umanità sottesa a questo mondo di malattia e di cura, mondo che rischia troppo spesso di far passare sotto silenzio l‟”essere”, tutti concentrati sulla speranza del “curare e guarire”. L‟ambiente sanitario in generale è indaffarato nella lotta contro la malattia e ancora poco sull‟impegno a favore della persona. Può sembrare la stessa cosa, ma non lo è. La ricerca è importante, l‟impegno della medicina è insostituibile, ma secondo me lo sforzo che deve essere fatto in misura maggiore è quello di riuscire a portare avanti la terapia (qui intesa come comprensiva di diagnosi, prognosi, iter terapeutico e successivi controlli) accogliendo quel grande universo umano che si incontra in ambulatori e reparti. E questo è possibile solo se si riuscirà a preparare tutti gli operatori sanitari a riconoscere e utilizzare in positivo l‟incontro con le emozioni, piacevoli o spiacevoli ma sempre molto intense, che questo lavoro comporta. Se così non sarà, dovremo accettare come comprensibili, anche se non giustificabili, gli atteggiamenti di distacco o peggio di cinismo, di alcuni professionisti della sanità. Come si legge in Ciao Tiziana si può essere travolti da uno tsunami emotivo. Troppo spesso sentiamo persone malate dolersi per frasi ricevute dai curanti. Frasi che talvolta aggrediscono, talvolta minimizzano, ma sempre comportano una sofferenza aggiunta, inutile, a un momento di vita già di per sé difficile da affrontare, nel quale ci sarebbe bisogno di sentirsi sicuri nell‟affidarsi a figure professionali percepite non come autoritarie o superficiali ma come competenti e autorevoli. Perché – questo si sa – l‟incontro con un tumore rappresenta un‟esperienza scioccante, talmente scioccante che a livello sociale e personale rimane ancora difficile pronunciarne il nome, preferendo ricorrere ad espressioni come „la malattia‟ o il „brutto male‟. ANNO 2-4 In Il sole sul soffitto leggiamo che il coraggio non è quello che si legge sui libri, quello che crea “gli eroi”, il coraggio ti viene quando hai tanta paura, quando non riesci a liberarti dall’angoscia che ti affretta il respiro e ti lascia sveglia ed attonita nella notte. In una condizione dolorosa ci si addolora, se una situazione ci spaventa la reazione corrispettiva è avere paura. All‟inizio, quando anche solo si sospetta di essere malati, è normale rimanere spiazzati, rifiutare la realtà, non capire quello che sta accadendo o sentirsi come se tutto riguardasse un‟altra persona. Così come è normale poi arrabbiarsi, protestare, disperarsi, per un „destino‟ che si sarebbe voluto evitare. In A mia Figlia la mamma descrive così la sua prima reazione: un confuso miscuglio d’incredulità, rabbia, tristezza, ansia, paura, mentre insonnia, distrazione, angoscia, inappetenza, divenivano velocemente compagne inseparabili delle mie giornate. Si impatta contro un‟esperienza fuori dall‟ordinario e non è pensabile che si possa affrontare come ogni altra situazione di vita quotidiana, per quanto problematica. Ci vuole tempo per assimilare il trauma e riuscire a elaborarlo. Perché, e questo forse è meno noto, riappropriarsi della propria vita è possibile. Dopo essersi sentiti costretti a subire una diagnosi dolorosa, aver attraversato esami e visite, aver sostenuto terapie debilitanti, il tutto accompagnato da destabilizzanti scossoni psicologici, si può riconquistare un senso di padronanza della propria esistenza e ricominciare a sentirsi attivi protagonisti della propria vita. E questo non solo quando la malattia guarisce, ma sempre quando riusciamo ad attingere a quel grande potenziale che è dentro di noi. In Nini e le sue moto il protagonista scopre che amore e sofferenza ora si possono esprimere, confrontare, portare fuori e arricchire di significati nell’incontro con l’altro. Sono due lati, dolce e amaro, della stessa vita. Nini lo ha capito bene e nei suoi discorsi emergono come inscindibili. La scelta stessa di scrivere la propria esperienza di incontro con la malattia e il cambiamento di prospettiva che questo ha rappresentato, sono indice di un‟elaborazione in corso. Questa elaborazione richiede come dicevamo tempo; e richiede anche un adeguato sostegno interpersonale e una preparazione a livello sociale e del mondo sanitario che possa accompagnare le persone malate senza chiusura o evitamento difensivo. Nel racconto “Le parole non dette” è scritto che una delle abilità che permettono all’essere umano di affrontare le difficoltà e di vivere serenamente è quella di tollerare e gestire il dolore mentale. Per questo credo che sia utile parlare apertamente di tumore o di cancro, affinché questa malattia non risulti più così associata ad un panico paralizzante; ed è irrinunciabile raccontare di coloro che, incontrato lo Pagina 11 sconforto riscoprono la speranza di vivere pienamente il giorno presente. Persone che ci trasmettono il valore della vita. Guardando il mondo dalla luna si capisce che delimitare il campo delle possibilità può anche essere un sollievo, che la felicità abita nel presente e nella capacità di godere dei momenti preziosi che la vita offre, più che nel sognare mirabolanti futuri. Per questo mi sembra sempre un importante traguardo riuscire a pubblicare una raccolta di racconti come questa. Racconti veri, intensi, privi di vuoto esibizionismo e pieni invece della voglia di far comprendere cosa può significare l‟incontro con una malattia oncologica. E cosa può significare scoprire in se stessi risorse inimmaginabili, che consentono di affrontare ciò che si riteneva inaffrontabile e di ritrovarsi pieni di voglia di vivere e amare. Racconti che amplificano la potenza e Il segreto dei globuli arancioni. (del 1° ne sono rimaste poche copie in sede ed il 2° è andato ESAURITO!!!) Il Sostegno Psicologico in Oncologia: quando e perché chiedere aiuto Percepire un bisogno significa permettersi d’incontrarlo; questa semplice regola (una regola semplice ma che implica l’incontro con la sofferenza) vale per tutte le persone coinvolte in una patologia oncologica: paziente, familiari, amici e personale curante. Un aiuto concreto si rivela questo opuscolo scritto dal dr. Maurizio Cianfarini e dalla dr.ssa Raffaella Restuccia e distribuito gratuitamente dall’Associazione Moby Dick a tutti i reparti e servizi ospedalieri e non che ne facciano richiesta. Una richiesta di un numero di copie per il Vostro reparto, day-hospital, servizio, può essere accompagnato da parte dell’Associazione, se lo desiderate, da un breve incontro con il personale sanitario per aiutarli ad individuare le caratteristiche per poter individuare le persone che possono aver maggior bisogno di una terapia di sostegno psicologico ed effettuare un invio. Per averci tra di voi contattataci ai nostri recapiti. Gratuitamente disponibile in Sede e scaricabile dal sito _________________________________________ La nostra FORMAZIONE _________________________________________ malattia del cancro" per il triennio 2011-2013., che verrà accolto dalle Regioni, che prevede, nell‟ambito degli interventi da attuare nel Piano Oncologico Nazionale, anche una serie di input per offrire adeguato supporto psicologico ai pazienti. Art. 3.2.5 Sviluppo della psico-oncologia La patologia neoplastica può avere profonde ripercussioni sulla sfera psicologica, affettiva, familiare, sociale e sessuale sia del paziente che dei suoi familiari. Viene riportato dalla letteratura psico-oncologica che il 25-30% delle persone colpite da cancro presenta un quadro di sofferenza psicologica, caratterizzata in particolare dalla presenza di ansia, depressione e da difficoltà di adattamento, che influenza negativamente la qualità di vita, l‟aderenza ai trattamenti medici e la percezione degli effetti collaterali, la relazione medico paziente, i tempi di degenza, di recupero e di riabilitazione. Tale sofferenza può cronicizzare se non identificata e quindi trattata. L’Associazione Moby Dick è stata confermata provider con il numero identificativo 2012. Il riconoscimento da parte della Commissione Nazionale per la formazione continua, che un soggetto è attivo e qualificato nel campo della Formazione Continua in Sanità e pertanto è abilitato a realizzare attività formative idonee per l’ECM individuando ed attribuendo direttamente i crediti agli enti formativi e rilasciando relativi attestati Per informazioni inerenti ai percorsi formativi potete mettervi in contatto con la Segreteria Didattica al numero 06-85358905 oppure inviare una mail a: [email protected] “Eccellente”, “un’esperienza formativa importante” “ho trovato quello che cercavo, una formazione che non è solo didattica”. Questi sono solo alcuni dei feed-back ricevuti quest'anno alla chiusura del corso di Psicologia Oncologica; un per-corso che si avvale di numerosi docenti che mettono al primo posto nel loro lavoro “la relazione” con la persona portatrice di una patologia grave ed i bisogni formativi dei discenti. Inizio 22-23 febbraio 2014 Roma 1-2 marzo 2014 Milano Il Piano Oncologico Nazionale 2010-2012, oltre a riconoscere un ruolo centrale al volontariato, sottolinea espressamente l'importanza del supporto psicologico. Tale piano oncologico nazionale assume, per decisione della Conferenza Stato-Regioni, il più pregnante titolo di "documento tecnico di indirizzo per ridurre il carico di ANNO 2-4 Pagina 12 Psicologia Oncologica e delle malattie organiche gravi ROMA e MILANO LE CURE PALLIATIVE IN ETA’ PEDIATRICA Dall’etica alla pratica passando per la clinica 15 novembre 2013 PADOVA In Italia vi sono 11.000 bambini con patologia inguaribile Direttore Maurizio Cianfarini PRENOTATI INVIANDO IL TUO CURRICULUM OBIETTIVI e CONTENUTI Conoscere e gestire gli aspetti psico-emotivi che accompagnano l‟iter clinico delle malattie organiche gravi. Aiutare il paziente a recuperare il senso di sé e della propria malattia nel contesto della sua storia. Aiutare i familiari a contenere le angosce e a gestire la sofferenza del paziente. Offrire agli operatori un punto di riferimento per la conoscenza e la gestione degli aspetti emozionali". Elementi clinici relativi alle maggiori malattie organiche gravi Gruppi di discussione a tema (comunicazione della diagnosi e della prognosi, relazioni con la famiglia del malato, burn out degli operatori). Presentazione e discussione di casi clinici. Accreditato per 50 ECM visita il sito per avere informazioni sui docenti www.moby-dick.info. Durante il secondo anno il corso sarà strutturato come Supervisione Clinica dando la possibilità ai discenti di portare propri casi clinici, esaminare casi clinici dell‟associazione e avere la possibilità di effettuare osservazione e conduzione di primi colloqui su discrezione dei docenti. L'Associazione offre la possibilità di partecipare gratuitamente al Corso mettendo a disposizione un posto come Premio per la miglior tesi in Psicologia Oncologica, inedita. I lavori presentati verranno sottoposti all'insindacabile giudizio del direttivo. Le tesi dovranno pervenire in duplice copia: " una copia cartacea (non si accettano manoscritti) " una copia su dischetto o CD in formato Word Per partecipare alla selezione inviare curriculum e tesi tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, o recapitato di persona, in busta chiusa indirizzata a: Associazione Moby Dick / Selezione Corso 2013 Via dei Caudini, 4 – 00185 Roma. (Scadenza 30 novembre 2013) I lavori inviati, anche se non vincitori, non saranno restituiti e potranno essere utilizzati dall‟Associazione, citandone l‟autore, per articoli scientifici. ANNO 2-4 e/o terminale, e di questi, ogni anno, ne muoiono più di mille. Con l‟approvazione della legge 38 del 15 marzo 2010, l'Italia ha riconosciuto ai bambini affetti da malattia inguaribile il diritto di accedere ai servizi di terapia del dolore. Tra gli aspetti che caratterizzano le cure palliative pediatriche, differenziandole da quelle dell‟adulto, oltre al numero esiguo di casi attesi vi sono quello della rilevanza del nucleo familiare e quello relativo al periodo della storia naturale della malattia sul quale esse incidono: le cure palliative infatti iniziano con la diagnosi e proseguono anche dopo la morte del soggetto secondo un modello olistico sviluppatosi in Oncologia Pediatrica negli ultimi 30 anni. L‟approccio al minore che necessita di cure palliative deve tener conto delle sue peculiarità biologiche, psico-relazionali, sociali, e cliniche. Un bambino che non potrà guarire è comunque un bambino; quindi di conseguenza in ogni suo bisogno e azione. PROGRAMMA: . Le cure palliative in età pediatrica: risorse presenti ed opportunità di sviluppo Il concetto di accompagnamento Dalla terapia alla palliazione: significati e preconcetti L‟assistenza domiciliare in oncologia pediatrica Aspetti relazionali nella gestione del dolore in fase terminale Docenti: dr. Momcilo Jankovic Clinica Pediatrica, Università di Milano -Bicocca, Fondazione MBBM, A.O. San Gerardo di Monza dr. Maurizio Cianfarini, Esperto in Logotherapy ed Analisi Esistenziale, Psiconcologia; Psicodramma. Direttore del Corso biennale in Psicologia Oncologica. Collabora con numerosi enti per la formazione e la supervisione degli operatori 12 crediti ECM per tutte le professioni sanitarie. Pagina 13 PER UN APPROCCIO UMANISTICO ESISTENZIALE NELLA PRATICA SANITARIA Il contributo di Viktor Frankl Introduzione alla Psiconcologia 12 Dicembre 2013 ROMA Il seminario è rivolto a tutti gli operatori sanitari e si propone di mettere in relazione l‟esperienza di V.E. Frankl con il vissuto della patologia oncologica, la logoterapia, e la psiconcologia cercando di offrire strumenti terapeutici efficaci d‟intervento nell‟area sanitaria. Una visione tridimensionale dell‟uomo ponendolo al centro dell‟intervento terapeutico Roma 20 novembre 2013 c/o Ordine degli Psicologi della Regione Lazio via del Conservatorio 91 Programma: PROGRAMMA: Il segreto della sopravvivenza L‟immagine dell‟uomo nella Logoterapia Il prigioniero 119.104 La vita nel lager (malattia) La riscoperta dell‟interiorità Il ritorno alla guarigione (libertà) Analisi esistenziale Docente: Dr. Maurizio Cianfarini, Esperto in Logotherapy ed Analisi Esistenziale, Psiconcologia; Psicodramma. Direttore del Corso biennale in Psicologia Oncologica. Collabora con numerosi enti per la formazione e la supervisione degli operatori sanitari e dei volontari, autore di articoli tematici e di libri sull‟area oncologica sociale e sanitaria tra i quali segnaliamo: Logoterapia e ciclo della vita; l’intervento psicologico in oncologia; la malattia oncologica nella famiglia; Il sostegno psicologico –quando e perché chiedere aiuto. 11 crediti ECM per tutte le professioni sanitarie. MOBY DICK IN NAVIGAZIONE Sempre più spesso gli ospedali, le cliniche, gli hospice, le aziende sanitarie, le associazioni offrono ai loro operatori corsi di aggiornamento con o senza ECM che li possano aiutare non solo ad incrementare le competenze tecniche, ma anche a „stare‟ meglio nel loro lavoro e nella relazione con gli utenti. E sempre più spesso si rivolgono a noi di Moby Dick. È successo un po‟ dappertutto: a Prato, a Bolzano, a Vivo Valentia, a Crotone, a Catania, a Verona, a Taranto, ad Avezzano, ecc. E lo stesso sta accadendo per la realizzazione di Convegni con o senza ECM. In ognuno di questi casi noi abbiamo progettato e realizzato un corso su misura per ogni particolare esigenza (e… budget). Se volete avere informazioni sui nostri corsi in trasferta chiamate il numero 06.85358905, oppure scrivete a [email protected]. ANNO 2-4 Introduzione alla psiconcologia Il primo colloquio Dinamiche e meccanismi di difesa La malattia come esperienza di perdita Le fasi dell’elaborazione del lutto e i suoi processi d’adattamento Il significato della morte nella pratica sanitaria Docenti: Prof. Gianni Biondi, già Direttore U.O Psicologia Pediatrica Ospedale "Bambin Gesù", Docente alla 2 Scuola di Psicologia Clinica "La Sapienza", al Corso di Psicologia Oncologica e Socio Onorario di “Moby Dick”, Ha tenuto lezioni e corsi nelle Università di: Roma - La Sapienza, ROMA3, Bologna; Losanna, Friburgo (CH); Moskow (Russia); Lovanio; Malaga, Alicante, Murcia; Istituto di Ricerca di base (NY), Osaka, Ikuno, ecc. Autore di circa 100 articoli in riviste scientifiche e specializzate Dr. Maurizio Cianfarini, Esperto in Logotherapy ed Analisi Esistenziale, Psiconcologia; Psicodramma. Direttore del Corso biennale in Psicologia Oncologica. Collabora con numerosi enti per la formazione e la supervisione degli operatori sanitari e dei volontari, autore di articoli tematici e di libri sull‟area oncologica sociale e sanitaria tra i quali segnaliamo: Logoterapia e ciclo della vita; l’intervento psicologico in oncologia; la malattia oncologica nella famiglia; Il sostegno psicologico –quando e perché chiedere aiuto. Prof.ssa Patrizia Pellegrini, Medico oncologo, Responsabile del D.H. di Oncologia, Ospedale S. Andrea di Roma, Docente Scuola di Specializzazione in oncologia, “la Sapienza” Roma Ingresso gratuito previa prenotazione obbligatoria Per informazioni ed iscrizioni rivolgersi a: Moby-Dick, Tel/Fax 06-85358905 e-mail [email protected] Pagina 14 Le richieste di sostegno psicologico alla Nostra Associazione in questi ultimi anni sono in continuo aumento, questo grazie sia ad un passa parola, da parte di pazienti che hanno avuto giovamento dal percorso terapeutico effettuato, e sia grazie ad una maggiore visibilità che l'Associazione sta avendo nel territorio comunale e provinciale. Ogni anno partecipano ai nostri incontri di formazione molti operatori sanitari provenienti da tutte le Regioni d‟Italia (infermieri, medici e psicologi); questa opportunità ci permette di far comprendere agli operatori che le difficoltà ed il disagio che il malato incontra non è solo fisico. Attraverso la formazione riusciamo a far conoscere i Servizi che Moby Dick offre in maniera totalmente gratuita. Qualche volta, nel primo colloquio, sentiamo la persona dire: "l'avessi saputo prima...", esprimendo non solo il suo ma probabilmente il rammarico di molte persone che ancora non sanno della possibilità di avere un sostegno psicologico in momenti così difficili del loro percorso di vita. Gli obiettivi dell’associazione Moby Dick cerca di rispondere al bisogno dei pazienti oncologici (e organici gravi) di condividere emozioni, sentimenti e vissuti legati all‟esperienza di malattia e ai suoi effetti sulla quotidianità, effetti che danno la sensazione di non riuscire più a capirsi, a relazionarsi come prima con gli altri e con la vita, in breve di non riconoscersi più. Malati e familiari sperimentano affetti nuovi e complessi, talvolta difficili da comprendere e gestire. Il nostro obiettivo è di non lasciarli da soli a confrontarsi con queste problematiche, nella consapevolezza che la vita di ogni persona è la vita che potrebbe essere di tutti. Quali sono le modalità I colloqui per i pazienti sono completamente gratuiti, sia che si tratti di brevi consulenze sia per lunghi percorsi di accompagnamento. Il paziente (malato o familiare) è seguito nel momento in cui ne fa richiesta. Questo può avvenire nel momento in cui riceve la diagnosi, dopo un‟operazione chirurgica, nel periodo delle cure, quando fa i controlli periodici, quando deve riprendere la normale quotidianità, quando la malattia si aggrava, quando avviene il passaggio ad una terapia domiciliare o nel caso di un familiare quando non sa come comportarsi, quando necessita di un contenimento delle intense emozioni. nell'ambito dell'Educazione Continua in Medicina con un numero di crediti variabile dai 7 ai 50. Gruppi di lavoro e formazione Rivolti a medici, psicologi, infermieri e operatori del settore (su richiesta). Consulenze organizzative. Seminari monotematici riguardanti aspetti psicologici della patologia oncologica. Corsi di formazione per volontari nell'ambito delle patologie organiche gravi. Gruppi maratona per volontari e professionisti. Moby Dick in rete www.moby-dick.info Uno sportello telematico ideato per rispondere a domande da parte dei pazienti o dei familiari al fine di fornire forme di sostegno di carattere informativo, pratico e psicologico Un sito aggiornato su tutte le attività dell'associazione. [email protected] www.psiconcologia.it Una rivista on-line che vuole essere un aiuto concreto per tutti gli operatori professionali che si confrontano quotidianamente con la patologia oncologica. Si propone di offrire ai lettori informazioni attraverso modelli teorici, interventi tecnicopratici. Un contributo multidisciplinare che pone il paziente ed i suoi familiari al centro della cura e della relazione d'aiuto. [email protected] Chi può aiutarci Moby Dick, come ogni associazione, vive dell‟attività dei volontari. Tutti coloro che condividono i nostri obiettivi e vogliono aiutarci a portarli avanti rappresentano una risorsa insostituibile. Come aiutarci Comunicando la propria disponibilità a prestare tempo (anche minimo) all‟associazione Versando periodicamente (a piacere) una quota come sostenitore utilizzando UNICREDIT codice IBAN IT74Z0200805335000400263864 oppure sul c/c postale n. 37246543 intestati a Moby Dick, Via dei Caudini 4, 00185 Roma; CAUSALE: contributo liberale Proponendo iniziative per raccolta fondi o manifestazioni Contatti Chi effettua il sostegno Il personale che effettua i colloqui è specializzato, trattandosi di psicologi e/o psicoterapeuti iscritti all‟albo e che, prima di cominciare a seguire pazienti in associazione ricevono una formazione specifica. Provider ECM Moby Dick è stata confermata Provider dalla Commissione Nazionale per la Formazione Continua. L'Associazione organizza corsi e seminari con l'obiettivo di sviluppare competenze di intervento con un‟attenzione psicologica nell'area oncologica e delle malattie organiche gravi. I corsi sono accreditati presso il Ministero della Salute ANNO 2-4 e-mail: [email protected] Tel/Fax 06-85358905 Pagina Facebook: MobyDickOnlus Pagina 15