VITAOSPEDALIERA Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana POSTE ITALIANE S.p.A. - SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N° 46) Art. 1, Comma 2 - DCB ROMA ANNO LXVI - N° 11 NOVEMBRE 2011 170° Anniversario del martirio di FRA APOLLINARIO DE LA CRUZ eroe nazionale delle Filippine EDITORIALE S O M M A R I O RUBRICHE 4 Alla fine della vita Impegno pastorale 5 Questioni bioetiche e diversità culturali 6 Chiara ed Eluana 7 La prossimità degli sbarchi 8 Promuovere e difendere la salute del bambino migrante 9 Lo studio delle vie biliari con la RMN (colangio rm) 10 Raccolte sotto un unico titolo le tante sue opere XVI – I 4 “umori” ippocratici, e costituzione e temperamento dellʼindividuo 11-14 Schegge Giandidiane N. 27 Una mostra a Manila per il IV Centenario 15 Il beato Guglielmo Llop visse per 10 anni in Italia 16 Rinoplastica 17 Ventʼanni di “Capacha” in Spagna DALLE NOSTRE CASE 18 Sacro Cuore di Gesù - Benevento Benevento-Nazareth: così lontane eppure così vicine 19 Buon Consiglio - Napoli Nuova Comunità di Suore 20 Buccheri La Ferla - Palermo Il nostro progetto di servizio civile “sono qui con te” La Madonna di Medjugorje 21 San Pietro - Roma La consulenza genetica prenatale, quando farla? 22 San Giovanni di Dio - Genzano Koforidua Rehabilitation project - Ghana a favore dei bambini 23 Newsletter VITA OSPEDALIERA Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana A N NO LXVI MARIA, NOSTRO RIFUGIO Q uello che qui riproduciamo è forse il più bel dipinto che ci sia in Italia della Madonna del Patrocinio, opera giovanile del famoso pittore tedesco Albrecht Dürer. Se ne conosce un disegno preparatorio del 1495 e si ritiene che fu tra i dipinti che l’artista recò con se nel suo viaggio a Venezia del 1505 per venderli e pagarsi il soggiorno; esso appartenne dal 1774 al Convento delle Cappuccine di Bagnacavallo (Ravenna) e ora è una delle attrazioni del Museo aperto dal 1990 nei dintorni di Parma dalla Fondazione Magnani-Rocca. I gesti e lo sguardo del fanciullino Gesù ci suggeriscono la fiducia nel Patrocinio che la Vergine non ci negherà mai nelle nostre difficoltà. Non a caso la più antica invocazione alla Vergine, documentata già in un papiro copto del III secolo rinvenuto in Egitto e utilizzata in tutti i riti cristiani sia occidentali sia orientali, inizia con un filiale affidamento alla materna protezione della Madonna: Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o vergine gloriosa e benedetta. San Giovanni di Dio amò sempre confidare nella Vergine e ne fu largamente ricompensato. Come fece notare padre Gabriele Russotto, anche se non tutti gli episodi mariani, riportati nelle antiche biografie seicentesche del Santo, possono resistere a una critica rigorosa, tuttavia già il semplice fatto che ne sia stata tramandata religiosamente la memoria di generazione in generazione fino ai giorni nostri, è una prova eloquente della sua alta spiritualità mariana. Uno tra i più noti di tali episodi mariani è quello che colpì l’attenzione di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, che volle citarlo nel suo libro le Glorie di Maria, ossia quando era a Granada ormai in fin di vita e la Madonna gli apparse per assicurargli che in cambio della costante fiducia che egli aveva nutrito per Lei, non gli avrebbe ora negato il suo celeste Patrocinio in punto di morte. Sped.abb.postale Gr. III-70%- Reg.Trib. Roma: n. 537/2000 del 13/12/2000 Via Cassia 600 - 00189 Roma Tel. 0633553570 - 0633554417 Fax 0633269794 - 0633253502 e-mail: [email protected] [email protected] Direttore responsabile: fra Angelico Bellino o.h. Redazione: Franco Piredda Collaboratori: Paolo Iavarone, fra Giuseppe Magliozzi o.h., Mariangela Roccu, Maria Pinto, Raffaele Sinno, Pier Angelo Iacobelli, Alfredo Salzano, Cettina Sorrenti, Simone Bocchetta, Fabio Liguori, Raffaele Villanacci Archivio fotografico: Fabio Fatello Orsini Segretaria di redazione: Marina Stizza, Katia Di Camillo Amministrazione: Cinzia Santinelli Grafica e impaginazione: Duemme grafica Stampa: Fotolito Moggio Strada Galli s.n.c. - 00010 Villa Adriana - Tivoli (RM) Abbonamenti: Ordinario 15,00 Euro Sostenitore 26,00 Euro - c.c. postale n. 76697002 Finito di stampare: ottobre 2011 In copertina: fra Apollinario de la Cruz, eroe nazionale filippino della libertà (dipinto di Eladio Santos nel Palazzo Presidenziale di Malacañan) Seguendo le orme del Fondatore, anche i Fatebenefratelli hanno sempre nutrito speciale fiducia nell’aiuto della Vergine, tanto che non solo usano concludere, come venne prescritto da un’ordinanza del lontano 15 aprile 1668, ogni preghiera in comune con la sopra citata invocazione mariana, ma hanno tuttora come loro principale festa mariana la solennità della Madonna del Patrocinio, come deciso dal Capitolo Generale del 1736 e confermato con decreto rilasciato il 7 gennaio 1817 dall’allora Congregazione dei Riti, e ora Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, che ne fissò la data della celebrazione liturgica al terzo sabato di novembre, che quest’anno cade il giorno 19. Questa fiducia nella Madonna i Fatebenefratelli cercano di trasmetterla a tutti i loro assistiti, affinché si lascino aiutare dalla Madonna nell’affrontare il mistero della sofferenza e della malattia. È un mistero arduo da comprendere, però da quando Maria ricevette l’annunzio che l’amore di Dio si sarebbe in lei fatto dolore d’uomo, ogni dolore d’uomo sa di poter diventare il segno dell’amore che salva: tuttavia necessita un sì, come il sì della Vergine, ed è appunto insieme con Lei che può divenire più facile pronunciarlo. CHIESA E SALUTE ALLA FINE DELLA VITA IMPEGNO PASTORALE riconosciuto dai due) per condividere con essi la loro esperienza umana in un momento di buio della loro fede in Gesù crocifisso e morto. Fra Elia Tripaldi o.h. In quel: “Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele” pronunciato dai discepoli si sente tutta la tristezza, la delusione e il dolore di non poter più sperare nella presenza di Gesù e nella partecipazione al suo Regno, così come avviene in alcuni momenti della nostra vita in cui i familiari del malato grave o del defunto, delusi perché avevano sperato in una guarigione, nella continuità della esistenza del loro caro. “Il cristianesimo ha un messaggio di vita da annunciare non solo a coloro che soffrono, ma anche a quanti scelgono di assistere e accompagnare i malati” (Nota CEI, 18). i potrebbe parlare tanto dei problemi che riguardano la vita, la sua fragilità e la sua fine, come anche Benedetto XVI non si stanca mai di ricordare che “l’esigenza di una presenza ecclesiale attenta e capillare accanto ai malati, come pure di una presenza nella società capace di trasmettere in maniera efficace i valori evangelici a tutela della vita umana in tutte le fasi, dal suo concepimento al suo fine naturale”1. S pie e cure palliative, ossia la somministrazione ponderata di farmaci che hanno lo scopo di alleviare il dolore. “La risposta giusta alla sofferenza alla fine della vita, sottolinea Benedetto XVI, è un’attenzione amorevole, l’accompagnamento verso la morte – in particolare anche con l’aiuto della medicina palliativa – e non un attivo aiuto a morire”2. “Nessun credente, dovrebbe morire nella solitudine e nell’abbandono”3. La Chiesa, infatti, non può distrarsi, né sottovalutare il malato terminale per un’assistenza umana e religiosa adeguata, e perché i vari Stati che legiferano a riguardo assicurino l’indispensabile nutrimento vitale a chiunque, anche se la coscienza soggettiva del malato non è in grado di collaborare in tale senso. La capacità di vivere l’appuntamento con “sorella morte” è anche capacità di imparare a vivere il dono della vita: ars moriendi – ars vivendi. Il momento della morte che noi cristiani chiamiamo “transito”, passaggio, esprime la nostra fede in Dio che ci attende per i meriti della morte e risurrezione di Cristo. Per questo motivo, sia la famiglia che gli operatori sanitari, la società dei credenti e quella civile, devono operare in sinergia affinché, non solo il malato viva dignitosamente la propria esistenza e la malattia, ma possa anche “transitare”, attraverso la morte, nell’altra vita con la gioia di essere accompagnato nella fraternità e nell’amore del prossimo. L’accompagnamento del morente non è solo un atto religioso, strettamente legato a una pastorale della salute, ma anche un atto medico, un atto di solidarietà e di amore per accompagnare la persona con un sostegno necessario attraverso tera- 4 Non è solo il malato terminale a soffrire, ma è tutta la famiglia: i familiari del malato sono nello stesso tempo non solo soggetti attivi di assistenza e sostegno psicologico per chi soffre, ma anche soggetti sofferenti che hanno bisogno a loro volta di un adeguato sostegno, di una particolare vicinanza per poter vincere le tensioni, affrontare i problemi del momento, rafforzare la fede in Dio che non abbandona anche nei momenti più difficili e duri della vita. A tale proposito mi sovviene la pagina del Vangelo di Luca (24,13-35) che racconta l’avventura dei due discepoli che lasciano sfiduciati Gerusalemme per recarsi a Emmaus4 e ai quali si accompagna Gesù in persona (non La pastorale familiare della salute è un’azione che deve coinvolgere tutta la comunità cristiana attraverso la cappellania (se si è in ospedale o in un luogo di cura), i gruppi e movimenti carismatici, i volontari, il parroco, ecc. perché, come “comunità sanante” sia proiettata in una missione terapeutica e nella vicinanza alla persona per evangelizzarla, consigliarla e farle sentire il proprio affetto indispensabile negli ultimi momenti della malattia e del disorientamento spirituale. Il Sacramento della riconciliazione, il Sacramento dei malati e l’Eucaristia, farmaco dell’immortalità, rappresentano i rimedi spirituali, i sacramenti di guarigione come impegno pastorale alla fine della nostra esistenza e alla luce del mistero pasquale di Cristo. _________________ 1 Dal Messaggio per la XVIII Giornata Mondiale del Malato, 11 febbraio 2010 2 BENEDETTO XVI, Pensieri sulla malattia, ed. Vaticana, pp. 62 - 63 3 Discorso di Benedetto XVI alla Pontificia Accademia della Vita, 25/02/08 4 Cfr TRIPALDI E., Rapha’el, l’angelo accompagnatore del malato, ISB, Acireale (CT) 2002 p. 190 e ss. BIOETICA QUESTIONI BIOETICHE E DIVERSITÀ CULTURALI Raffaele Sinno L e differenti culture e sistemi, pur nelle profonde divergenze storiche e metodologiche, concordano, quando si confrontano, sul valore da attribuire alla presenza dell’uomo, riguardo ai suoi inalienabili diritti, e alle corrispondenti fragilità da difendere. un reale incontro sono le derive del relativismo, nelle sue applicazioni di disarticolazione delle società, e sul versante opposto un fondamentalismo che troppo spesso si considera solo correlato a visioni religiose, mentre spesso presenta connotazioni più ampie, basti pensare a quelle teorie che rifiutano ogni confronto con le innovazioni e le relative emergenze contemporanee, dalle questioni di giustizia a quelle ambientali. Per evitare che questi errori si radicalizzino è opportuno puntare a una costruzione umana globale, in cui l’incontro delle diversità si fondi sulle seguenti caratteristiche: Tale comune massimo moltiplicatore è espresso nell’idea che ogni attività umana è finalizzata “a perseguire obiettivi di verità, nel libero scambio di idee e di conoscenze”1. In questo periodo di continue trasformazioni sociali ed economiche, la necessità dell’incontro tra strutture socio-culturali si pone oltre le dinamiche economiche globali, per fondare e gestire la reciprocità dei valori etici universali, sui quali tessere ampie convergenze politiche. Il progresso tecno-scientifico, contrariamente a quanto si sostiene da più parti, ha determinato una velocizzazione e un ampliamento dei diritti fondamentali umani. Questo concetto è stato ampiamente espresso nella Dichiarazione dei diritti fondamentali umani e bioetica, emanata il 19 ottobre 2005, in cui nell’articolo primo si recita: “L’importanza delle diversità e del pluralismo dovrà assumere un doveroso impegno. In ogni caso, qualsiasi considerazione non potrà mai essere invocata per violare la dignità umana e le libertà fondamentali”2. Le relazioni umane siano rispettose delle diversità, in modo da tralasciare il giudizio sulle opportunità, e puntare al recupero dei sentieri condivisi; Evitare sistemi di indottrinamento culturale, nel rispetto di quei percorsi operanti per la difesa della dignità della persona umana; Proporre un equilibrio, e non una globalizzazione finalizzata al raggiungimento dei consumi da ottenere a qualsiasi prezzo, a discapito di culture che sono ancora interpretate come concorrenziali; Far emergere le differenze, quali necessità, su cui elaborare politiche di condivisione e non di separazione3. La diversità si fonda sul valore della dignità della vita, che deve essere sempre considerato un fine da rispettare, e mai un mezzo da quanti- ficare o strumentalizzare. I punti sui quali le convergenze sono auspicabili sono: Un diritto, che nel riaffermare il valore dell’uguaglianza, spesso confuso con l’identità, garantisca e difenda l’interazione espressiva tra gli uomini; La prospettiva relativista sia considerata nel suo aspetto di consapevole tolleranza, piuttosto un’ottica di giustapposizione che ritiene la pluralità irriducibile a una condivisione comune. La prospettiva razionale sia capace di cogliere il valore intrinseco della natura umana. In definitiva, la questione del rapporto tra la riflessione etica e bioetica e le diversità culturali pone interessanti spunti di una nuova riflessione contemporanea, investendo diversi ambiti e settori dell’agire umano. Risulta conclusiva l’idea che nessuna accettazione delle differenze può emergere se si utilizza una metodologia che delegittima il senso della presenza etica dell’uomo nel creato, valore comunitario, sociale, politico, e religioso, di fatto, da ridistribuire con altri uomini, con distinte storie, ed eterogenee posizioni. Siamo tutti Immagine di Dio, anche quelli che ci appaiono troppo diversi e lontani, mentre in realtà non attuiamo quella saggezza che ci vedrebbe costruttori non del “minimo” da condividere, ma del “massimo” da costruire. _________________ 1 Albert Garcia, Reflection from experience on cultural diversity and commonality, in “ Studia Bioethica”, Vol.2, n.3, Roma 2009, p.44 2 U.N.E.S.C.O., Universal Declaration on Bioethics and Human Rights, 19 October, 2005 3 Raffaele Sinno, Corso di Bioetica sulla vulnerabilità e fragilità umana, una cultura da costruire Roma 2010 I maggiori pericoli che minacciano 5 AT T U A L I T À CHIARA ED ELUANA Pier Angelo Iacobelli S tavo riponendo un agile volumetto, sulla storia di Chiara Badano, a non pochi nota come Chiara Luce, e mi sono accorto che a fianco ve ne erano alcuni che trattavano di un’altra ragazza, anch’essa dei nostri giorni, sua coetanea: Eluana Englaro. Di entrambe ho già avuto occasione di trattare, in questa o in altra rivista. Un percorso singolarmente parallelo, per taluni versi; diametralmente (apparentemente?) opposto per altri. Entrambe hanno avuto un’esperienza traumatica in giovane età: Chiara, a diciassette anni, è stata colpita da un osteosarcoma, tumore devastante, che in meno di due anni l’ha portata a una morte, non soltanto accettata, ma accolta come un vero e proprio dono. In qualche modo, si potrebbe addirittura dire “con gioia”. Ovviamente, è un termine sul quale è doveroso soffermarsi, per evitare di scadere nel patetico, banalizzandolo: non è davvero scontato in una diciassettenne accettare con facilità che la sua vita stia rapidamente (e traumaticamente) volgendo all’epilogo. Per contro, non si può minimizzare la forza della sua fede in una esistenza che non si fermi di fronte al cancello di un cimitero, ma che vada oltre, proseguendo in modo luminoso. Sull’altro fronte, Eluana ha subito (il termine è quello giusto?) anch’essa un radicale sconvolgimento della sua esistenza: a ventun’anni (Chiara era morta da poco più di uno), per un incidente automobilistico, è stata ridotta in quella condizione di coma, dal 6 quale non si sarebbe più svegliata; morendo, come tutti sappiamo, circa sedici anni più tardi, per sospensione dell’alimentazione. Non voglio affatto tornare su quella che è stata una vera e propria bagarre mediatica, quanto piuttosto confrontare queste due figure, per ricavarne quegli insegnamenti che, in un modo o nell’altro, entrambe ci hanno lasciato. Per trattare di loro è inevitabile considerare le rispettive famiglie di origine: Chiara è cresciuta in un ambiente con forti connotazioni cristiane; a differenza di Eluana. Pur se, nel caso di quest’ultima, le decisioni non sono state prese da lei, bensì da altri che (necessariamente) le si sono sostituiti, principalmente il padre. La famiglia: quella di Chiara, si è lasciata in certo senso guidare, ma anche istruire dalla figlia; la quale, messi a frutto gli insegnamenti ricevuti, li ha ulteriormente sviluppati, insegnando a sua volta l’importanza e la ricchezza di quell’incontro, che lei si stava accingendo a realizzare. Nei confronti di Eluana, la famiglia si è imposta (e non poteva non farlo), ma secondo gli schemi di una visione (esclusivamente?) terrena, sia pure con uno strazio che è ben difficile immaginare per chi non sia direttamente coinvolto. Una visione che non lasciava altra possibilità se non il ricordo; con una chiusura verso un futuro che per loro si presentava sostanzialmente vuoto? Non conosco i suoi famigliari, specie suo padre, che tanta parte ha avuto nella sua storia, ma certo non ho avuto modo di leggere nulla che parlasse realmente di vita, vita oltre la morte. La forza di Chiara, si potrebbe dire, essersi fondata sulla frase: «Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch’io»1. Parole non solo pronunciate, quanto piuttosto vissute intimamente, al punto di cambiare la sua stessa prospettiva di vita; e, conseguentemente, di coloro che le stavano intorno o che avrebbero avuto modo di frequentarla, anche dopo la sua morte. Di taglio affatto diverso la figura di Eluana, emergente dalla descrizione del padre, che la definisce più volte come un «purosangue della libertà»2. Vi sarebbe non poco da approfondire su entrambi i termini: cosa che non ritengo opportuno fare in questa sede. Non è possibile, però, ignorare la profonda differenza di quelle due figure, come dicevo sopra, tanto simili e contemporaneamente tanto diverse. Chiara ha lasciato a ognuno di noi un messaggio di pace e di speranza (la prima nasce dalla seconda). Eluana ha prodotto un senso di profonda tristezza. Forse perché la libertà necessariamente non può ridursi ad amare lo sport (lo hanno fatto entrambe) né, tantomeno, a fare ciò che ognuno vorrebbe. La libertà ha una connotazione immensamente più vasta: si fonda sulla consapevolezza che ognuno di noi è personalmente amato da quel Dio che altro non vuole se non il nostro bene più grande. Pochi concetti, e soltanto accennati: un invito alla ricerca personale. _________________ 1 M. ZANZUCCHI, «Io ho tutto» i 18 anni di Chiara Luce, Città Nuova, Roma 2010, 33 2 B. ENGLARO con E. NAVE, Eluana. La libertà e la vita, Rizzoli, Milano 2008, 23 SOLIDARIETÀ TRA I POPOLI LA PROSSIMITÀ DEGLI SBARCHI Simone Bocchetta D ovevano essere milioni, invece sono poche decine di migliaia. Volevano la libertà, ma se avessero saputo attendere, avrebbero trovato un casinò. Un campo da golf, una piccola Portofino. Qui sbarcheranno gli immigrati che nei prossimi mesi cercheranno, invece, come tanti altri di arrivare semplicemente a Lampedusa. Al di là del traballante e curioso mondo politico italiano, resta la prossimità degli sbarchi. Sono sbarchi di persone a noi prossime, in molti sensi. Vicini di casa, che andrebbero amati come noi stessi. Collettività, paesi e popoli del Mediterraneo si confrontano con eventi che chiamano in causa la loro identità profonda e sollecitano a decisioni sulla direzione in cui procedere. Non si possono negare la complessità della situazione, le contraddizioni delle norme esistenti, i rischi di abusi, le fatiche della collaborazione internazionale, l’enfatizzazione eccessiva dei media, e senza dimenticare che parte della ricchezza che oggi sentiamo «minacciata» dall’arrivo dei migranti è stata costruita anche sullo sfruttamento delle risorse dei loro Paesi, questi sbarchi riaprono per noi oggi una dinamica antica, che richiede in primo luogo di non chiudere gli occhi. Una dinamica che esiste da quando esiste l’uomo: si tratta dell’esperienza radicalmente umana di sentirsi chiamati in causa dalla sofferenza altrui e contemporaneamente di avvertire la mancanza di risposte adeguate e la resistenza a lasciarci coinvolgere. Empatia. Questi sbarchi, a seguito delle rivoluzioni e delle guerre in Africa setten- trionale ma non solo, pongono un interrogativo su che cosa possiamo, e quindi vogliamo e dobbiamo, essere come Paese. Si potrebbero scomodare le riflessioni di Immanuel Kant, che di fronte al male percepiva la bellezza del destino umano nella necessità del rispetto, o di Emmanuel Lévinas, per il quale il volto dell’altro costituisce un appello originario alla coscienza. Oppure si può tenere sempre presente una famosissima pagina evangelica, quella del buon samaritano (Luca 10, 25-37), corredata, magari dalla lettera pastorale di 25 anni fa del card. Carlo Maria Martini, intitolata Farsi prossimo e disponibile all’indirizzo web www.chiesadimilano.it, che mantiene inalterata la vitalità del suo messaggio. La parabola è narrata in risposta a un dottore della legge che aveva chiesto a Gesù: «Chi è il mio prossimo?» Come sottolinea Giacomo Costa S.I. nell’editoriale dell’ultimo fascicolo (05-2011) di Aggiornamenti sociali, «l’arco aperto dalla domanda si chiude con la sbalorditiva risposta di Gesù, espressa al dottore della legge e a tutti noi in forma di domanda: “Secondo te, chi si è fatto prossimo dell’uomo aggredito dai briganti?”. Come sottolinea il card. Martini, “Prossimo non è colui che ha già con me dei rapporti di sangue, di razza, di affari, di affinità psicologica. è qualcosa che si diventa, una dinamica e, in fin dei conti, una scelta» (p. 327). La scelta della prossimità, la scelta di essere uomini tra gli uomini, di accogliere prima che respingere, di amare prima e oltre i pericoli dell’amore per il prossimo. Pericoli che vi sono sempre, altrimenti non sarebbe amore. L’incondizionato contro le condizioni del mondo, l’andare nelle profondità più intime e più colme di verità dell’essere umano e del rapporto tra esseri umani. Questa prospettiva, tanto vitale quanto impegnativa, riafferma la necessità della formazione delle nostre coscienze, non soltanto per riceverne un richiamo -a volte salutare- al dovere del rispetto altrui. Essa è più profondamente un delicato strumento attraverso il quale ci abituiamo a cogliere i nostri desideri più profondi e a orientarci nelle scelte difficili. Ci auguriamo che come Paese sappiamo cogliere l’opportunità che gli sbarchi ci offrono per camminare in questa direzione (cfr ancora G. Costa, Sbarchi: fare finta di niente o farsi prossimi?, in Aggiornamenti sociali 05-2011, passim). Mentre ci chiedono un aiuto immediato, di emergenza, e la predisposizione di piani per soluzioni più definitive, che dovranno essere articolate e differenziate, gli immigrati che sbarcano sulle nostre coste offrono a noi, come italiani e come Italia, l’opportunità di fare una scelta, che coinvolge i migranti quanto noi stessi, menefregarsene o approssimarsi? Prossimo divento io stesso nell’atto in cui, davanti a un uomo, anche davanti al forestiero e al nemico, decido di fare un passo che mi avvicina, mi ‘approssima’” (n. 39). Essere “prossimo” non è dunque una caratteristica che discrimina chi la possiede da chi non la possiede, giustificando la limitazione dell’impegno. Essere “prossimo” 7 SANITÀ PROMUOVERE E DIFENDERE LA SALUTE DEL BAMBINO MIGRANTE Art.22 “Se sei un rifugiato (se devi lasciare la tua nazione perché; viverci sarebbe pericoloso per te) hai il diritto di essere protetto e aiutato in modo speciale”. Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (UNICEF) Mariangela Roccu N egli ultimi dieci anni il fenomeno della globalizzazione ha coinvolto sempre più la vita quotidiana degli Europei, poiché L’Unione Europea sta includendo molti paesi e sta abbattendo le frontiere che da molto tempo limitavano il libero flusso di persone. Questo determina difficoltà nell’integrazione tra le culture, le tradizioni, le religioni degli immigrati a causa delle differenze nel modo di vivere, nei valori, nelle abitudini alimentari, nello stile di vita, nell’educazione e nelle relazioni. Queste differenze portano spesso a uno stato di isolamento degli immigrati, che cercano rifugio all’interno di un confine che li separa dalla società circostante; all’interno di tale confine viene valorizzato il paese d’origine e i suoi valori fondanti. Nell’ambito dell’assistenza sanitaria, il rapportarsi con clienti di diverse culture ed etnie rappresenta un’importante sfida per i professionisti infermieri, i quali sono chiamati a dimostrare competenze professionali-relazionali in ogni circostanza e attraverso ogni cultura. Il quadro teorico dell’infermieristica transculturale è stato sviluppato per supportare gli Infermieri in questa importante sfida. In Italia, paese multietnico soltanto di recente, l’infermieristica transculturale è un concetto 8 relativamente nuovo e i curricula dei corsi di laurea in Infermieristica solo sporadicamente dedicano spazio all’argomento. Un’area dell’assistenza infermieristica dove si richiede imprescindibilmente, l’erogazione di cure culturalmente competenti è il campo della cura dei bambini, in un contesto di family-centered care. I bambini immigrati, infatti, sono esposti a molti fattori di rischio che possono avere un’influenza negativa sulla loro salute, quali: la difficoltà dei genitori nel comprendere il funzionamento del servizio sanitario nazionale, differenze culturali, difficoltà nell’uso della lingua dello stato ospitante da parte dal bambino e dei suoi familiari, povertà, sovraffollamento nell’abitazione in cui vive il bambino o la posizione giuridico-legale dei genitori rispetto alla legge del paese ospitante. Le disparità nelle condizioni economiche in cui si trovano i bambini sono da imputare al fatto che quasi la metà dei genitori immigrati lavorano in settori che sono sottopagati. La legislazione italiana sancisce che i bambini fino a 18 anni d’età senza un permesso di soggiorno hanno il diritto di accedere gratuitamente al Servizio Sanitario Nazionale, ma le famiglie di immigrati, in particolar modo quelle irregolari, possono essere spaventate dal contatto con i servizi sanitari, perché temono che questo possa dare luogo a un rimpatrio. A motivo della scarsa conoscenza della lingua, hanno difficoltà a comprendere come accedere ai servizi sanitari e come utilizzarli; hanno difficoltà a capire la terminologia utilizzata dai professionisti sanitari e a decodificare il significato di espressioni che non hanno un corrispettivo nella lingua di origine. Un altro potenziale problema è costituito dall’uso delle medicine complementari o alternative che prevedono trattamenti che danneggiano il bambino o che possono mettere in pericolo la sua salute. È quindi un imperativo etico-professionale per gli infermieri che si occupano dei bambini, promuovere l’alfabetizzazione sanitaria dei bambini immigrati per fornire cure culturalmente competenti. I servizi sanitari devono garantire la presenza di mediatori culturali accreditati che siano in grado di comunicare accuratamente i bisogni del bambino e della sua famiglia e le loro richieste di informazioni al pediatra, all’infermiere e a tutta l’équipe interdisciplinare. Assicurare che i bisogni di salute dei bambini immigrati vengano soddisfatti è il primo passo per promuovere la salute di tutti. SANITÀ LO STUDIO DELLE VIE BILIARI CON LA RMN (COLANGIO-RM) Raffaele Villanacci L o studio delle vie biliari è stato sempre un grosso problema nella diagnostica strumentale. In passato tale necessità veniva assolta da mezzi di contrasto iniettati EV che venivano eliminati, quasi esclusivamente, nelle vie biliari (Biligrafia EV). Esame, questo, lunghissimo, con utilizzo di notevole dose di radiazioni e non scevro di rischi; il mezzo di contrasto è stato ritirato dal commercio per la sua pericolosità e tossicità. In epoca recente la diagnosi è stata affidata, maggiormente, all’ecografia che soffre, però, di limitazioni quali il meteorismo o la scarsa collaborazione del paziente ed alla ERCP, studio delle vie biliari in corso di endoscopia digestiva, con iniezione di mezzo di contrasto direttamente nel coledoco. L’ERCP è oggi riservata, quasi esclusivamente, per la chirurgia endoscopica delle vie biliari e non per la diagnosi. Poco valore nello studio delle vie biliari, riveste la TAC, anche con contrasto EV essendo questa metodica poco sensibile alla ricerca di calcoli nel coledoco nel mentre conserva il suo valore nello studio della patologia tumorale della confluenza degli epatici comuni e nel tumore della colecisti. Con l’avvento della Risonanza Magnetica Nucleare le cose sono cambiate e, oggi, gran parte delle necessità diagnostiche biliari si avvalgono di questa metodica conosciuta come colangioRM (tecnica non invasiva). pleti e in tempi ridotti. Ciò permette di superare il problema dei movimenti involontari, quali sono a esempio la peristalsi intestinale, il battito cardiaco o la stessa attività respiratoria. Per eseguire uno studio delle vie biliari è necessario un digiuno nelle 6 ore precedenti l’esame in modo da permettere il riempimento della cistifellea e lo svuotamento gastrico. Il paziente beve succo di ananas o mirtilli al fine di ridurre il segnale proveniente dallo stomaco che potrebbe dare artefatti o inficiare una idonea visualizzazione delle vie biliari. L’intero esame non supera i 30 minuti ed è necessaria l’immobilità. Purtroppo la conformazione delle apparecchiature, che sono imponenti, possono creare problemi di adattamento ai soggetti claustrofobici. Le immagini ottenute (T2 pesate) mostrano i fluidi stazionari (come la bile) come formazioni ad alta intensità (iperintensi: bianchi) e, quindi, con contrasto ottimale. È possibile la ricostruzione tridimensionale dell’anatomia biliare normale o patologica. Le indicazioni alla colangio-RM sono: il sospetto di calcolosi del coledoco e/o pancreatite cronica, la pianificazione dell’intervento chirurgico (ricostruzione dell’anatomia biliare), lo studio di varianti anatomiche (es: pancreas divisum), la dimostrazione di colangite sclerosante, cisti del coledoco, stenosi post-chirurgiche, lo studio di pazienti con epato-digiunostomia (la ERCP non è eseguibile a causa delle modificazioni della normale anatomia biliare), la caratterizzazione delle neoplasie. I vantaggi della RM sono la non invasività, l’assenza di radiazioni ionizzanti, lo studio dopo anastomosi chirurgiche e l’assenza di complicazioni se paragonata alla ERCP. L’accuratezza nell’individuare calcoli è pari al 90-95% con sensibilità del 90% e specificità del 98%. I falsi positivi e falsi negativi sono dovuti o alla perdita dei calcoli più piccoli, nella ricostruzione delle immagini, o alla perdita del segnale nel caso di ostruzione completa del dotto comune a causa di un calcolo, la pneumobilia o la mancata diagnosi differenziale tra piccoli calcoli e bolle d’aria. Le controindicazioni sono la presenza di pacemaker cardiaco, clips ferromagnetiche di aneurismi, corpi metallici intraorbitali e claustrofobia severa. Per la visualizzazione dei dotti, in genere, non sono necessarie iniezioni di mezzo di contrasto EV (è, però, possibile integrare lo studio basale con iniezione di mezzo di contrasto EV paramagnetico sia usuali che epatospecifici). Il progresso delle macchine di RMN ha consentito lo studio di tali patologie grazie alle apparecchiature ad alto campo magnetico (1,5 Tesla), che consentono di eseguire esami com- 9 IL CAMMINO DELLA MEDICINA RACCOLTE SOTTO UN UNICO TITOLO LE TANTE SUE OPERE XVI – I 4 “umori” ippocratici, e costituzione e temperamento dell’individuo Fabio Liguori N ell’epopea omerica (XIV–XIII sec. a.C.), anche se le guarigioni dipendevano sempre dalle divinità, il medico era tenuto in gran considerazione perché “è un uomo che vale molte vite” (Odissea). Nei poemi si parla infatti di estrazioni di frecce e giavellotti, rimedi contro emorragie, vino e bevande a rianimare sofferenti, e 147 diverse ferite opportunamente trattate con balsami e fasciature (Iliade). Quando lo stupore dinanzi all’imponenza di fenomeni naturali attribuiti agli dei cede alla “curiosità” di comprenderne le cause, anche per la medicina si chiude il ciclo teurgico-magico e inizia quello naturalistico: il medico non interroga più sacerdoti e astri, né pronuncia formule rituali, ma studia l’uomo e la sua vulnerabilità. Nonostante che la nascita del pensiero scientifico (Talete: “di cosa è fatto il mondo?”) sia avvenuta nelle colonie italiche della Magna Grecia (Crotone, Agrigento), è in Grecia che, con Ippo- Ippocrate 10 crate (Coo 460 a.C. – Larissa 377 a.C.), si completa l’affrancamento della medicina dalle pastoie empiricoreligiose, e nasce il concetto di clinica (dal greco klinikè = letto). Proveniente da una famiglia aristocratica (il padre probabilmente medico), Ippocrate si formerà viaggiando dalla Mesopotamia all’Egitto (all’epoca il più avanzato nelle scienze e nella tecnica), e spinto da una profonda comprensione del dolore metterà il medico al servizio del malato, al suo capezzale. Acquisterà fama come medico contribuendo a debellare la grande peste di Atene (429 a.C.), ma soprattutto per la sua attività di “maestro”. Circa 70 sue opere saranno raccolte dai bibliotecari di Alessandria sotto un unico titolo: Corpus hippocraticum. Il testo più celebre è il giuramento, che sposa gli ideali della sacralità della vita. Secondo la scuola ippocratica nulla del malato doveva sfuggire all’occhio attento del medico: dall’accurata raccolta della “storia” (primo abbozzo di “cartella clinica”) allo studio dei sintomi e all’esame fisico del paziente. Ricerca, cioè, del razionale nelle condizioni e specifiche circostanze del malato, innovativa premessa all’approccio pratico della malattia. Non si sa come sia nata la sua “teoria umorale” secondo cui lo stato di salute (o malattia) dipendeva dall’armonico equilibrio (o rottura) dei quattro “umori” corporei: il sangue (dal cuore), la bile gialla (dal fegato), la bile nera (o atrabile, dalla milza), infine una sorta di muco detto flegma proveniente dal cervello. L’equilibrio organico è responsabile della costituzione dell’individuo, mentre per quello psichico è dal prevalere di un umore sugli altri che discende il temperamento, ancora oggi detto sanguigno, biliare, flemmatico e atrabiliare (malinconico). Costantemente “rinnovati” attraverso il cibo e “mescolati” dal cuore, gli umori sono influenzati da fattori ambientali (alimentari, igienici, climatici), comprese le occupazioni del paziente e il regime politico-sociale (la democrazia greca è “sana” per eccellenza, il dispotismo orientale è invece “patologico”). Per la prima volta viene così riconosciuta l’incidenza, nelle malattie, di fattori esterni all’individuo. L’etica che il padre della medicina trasmetterà rispecchia l’ideale del medico al servizio dell’uomo, al di sopra di qualsiasi divisione tra essi. In un rapporto medico-paziente di tipo paternalistico, il dovere del medico sta nel ristabilire la salute del paziente, quello del paziente nell’accettare l’operato del medico con la certezza che responsabilmente agisca per il suo bene. A partire dal XVI sec. le rivoluzioni politico-religiose-sociali trasformeranno questa “sudditanza” in rispetto reciproco: ogni persona è individuo autonomo e indipendente, in grado di servirsi della propria ragione. Bisognerà attendere il XX secolo per vedere riconosciuta al malato la libertà nella scelta della terapia. Schegge Giandidiane N. 27 Una mostra a Manila per il IV Centenario A tagliare il nastro della Mostra la mattina dello scorso 15 ottobre sono simpaticamente intervenute Autorità ecclesiastiche e civili, tra cui il Presidente della Conferenza Episcopale delle Filippine, mons. Nereo P. Odchimar; il dr. Luca Fornari, Ambasciatore dell’Italia nelle Filippine; mons. Edgardo S. Juanich, affiliato al nostro Ordine e Vicario Apostolico di Taytay; don Riccardo F. Valencia, vicario del Santuario, che ha sostituito il Rettore, assente per malattia. La quinta forbice a tagliare il nastro, che era sorretto da suor Aniceta C. Beljot, nostra collaboratrice in Quiapo, è stato il padre Generale dei Fatebenefratelli, fra Donato Forkan. A dar un tono d’internazionalità all’apertura della mostra c’è stata la presenza di molti membri della Curia Generale del nostro Ordine e dei rappresentanti delle nostre Comunità del Lontano Oriente, convenuti nelle Filippine per un Incontro dei Responsabili della formazione iniziale dei Confratelli. La Mostra s’è conclusa con una Messa nella Sala, concelebrata il pomeriggio di sabato 29 ottobre dai due cappellani della nostra Casa di Manila ed a cui hanno assistito gli svariati collaboratori del Santuario che, coordinati con grande impegno dall’ing. Vittorio G. Mallillin, hanno programmato ogni dettaglio dell’avvenimento e allestito gli stand espositivi. Al termine del Rito il Superiore delle Delegazione Provinciale delle Filippine, fra Eldy L. de Castro, che già il 15 ottobre aveva dato il benvenuto a coloro che erano intervenuti all’inaugurazione della Mostra, ha preso la parola per rin- graziare di cuore quanti hanno contribuito al suo successo. Uno dei risultati della mostra è stato l’aver messo in nuova luce due glorie dell’antica nostra Vice Provincia Filippina: l’assai valente incisore fra Ippolito Ximenez e l’eroe nazionale della libertà, fra Apollinario de la Cruz. Curiosamente, ebbero entrambi stretti rapporti con un identico ceppo familiare, quello di un certo Antonio Fernández de Roxas che, partito da Acapulco nel 1695 come ufficiale di rotta del galeone San José, quando arrivò a Manila vi si stabilì per sempre. Un suo discendente, Domingo Roxas, su cui poi torneremo e che nel 1834 aveva fondato con Antonio de Ayala quella che è ancor oggi tra le più floride imprese commerciali filippine, patirà nel 1841 ben sei mesi di carcere per essere stato il Taglio del nastro alla Mostra in Manila F. G. M. : Schegge Giandidiane. N. 27 - Una mostra a Manila per il IV Centenario R La Mostra è restata aperta due settimane, rimanendovi presente a rotazione qualcuno di noi per guidare i visitatori e fornire altri dati, oltre a quelli ricavabili dalle ampie schede informative poste accanto ad ogni pezzo esposto. 109 icorrendo il IV Centenario del primo arrivo dei nostri Confratelli nelle Filippine, una Mostra storica sugli eventi e su alcuni personaggi, che hanno caratterizzato nei secoli la nostra presenza in questo arcipelago, è stata ospitata in una Sala di un noto Santuario di Manila, a noi vicino ed intitolato al Nazareno, il cui Rettore è mons. Giuseppe Clemente F. Ignacio, da sempre nostro assiduo benefattore. personaggio più in vista ad aver preso le difese della Confraternita di San Giuseppe, fondata dal nostro fra Apollinario. Tornando all’ufficiale di rotta, fu lui a delineare tra il 1714 ed il 1720 la pianta topografica più accurata dell’antica Manila ed il suo disegno fu inciso su rame da fra Ippolito Jiménez, che così vi si firma al termine di una solenne dedicatoria racchiusa in un gran cartiglio laterale: Fr. Hipolito Ximenez dl. Orden dla. Hospit. d dl Glor. ° S. Juan d. Dios, ossia Fra Ippolito Jiménez dell’Ordine dell’Ospitalità del Glorioso San Giovanni di Dio. Dopo la firma si legge in basso una data, la cui penultima cifra è illeggibile: c’è chi propone 1717, ma l’unica lettura logica è 1737, poiché v’è una dedica al sovrano da parte di Fernando Valdés Tamón, che fu Governatore delle Filippine dal 1729 al 1739. 110 F. G. M. : Schegge Giandidiane. N. 27 - Una mostra a Manila per il IV Centenario Primo fra noi Fatebenefratelli a segnalare quest’incisore fu fra Luigi Ortega Lazaro, instancabile investigatore delle vicende del nostro Ordine nell’antico impero coloniale spagnolo, alle quali egli dedicò numerosi articoli, poi nel 1992 riuniti in un volume, in cui Copia a colori della mappa di Manila del 1737 enumera come opere firmate da fra Ippolito Jiménez ed indicate perciò nei cataloghi settoriali, non solo la suddetta pianta di Manila, di cui nella nostra mostra era esposta una maxiriproduzione, ma anche altre tre incisioni. La più antica d’esse, segnalata dal bibliofilo Francisco Vindel, è firmata “Ftr. Hipp. Sculp. Ord. S. Joan. Dei” , ossia Fra Ippolito scolpì dell’Ordine di S. Giovanni di Dio, e reca la data del 1715. Raffigura la facciata dell’appena riedificata Chiesa della Madonna di Guia ed adorna un opuscolo celebrativo, pubblicato nel 1717 a Manila dall’agostiniano Gaspare di Sant’Agostino Cañellas Vallejo e la cui unica copia nota è nella Biblioteca Nazionale di Madrid. Nella mostra di Manila abbiamo esposto una maxiriproduzione di tale incisione, che già demmo a conoscere nelle pagine di “Vita Ospedaliera” del gennaio 2006. Vindel considera quest’incisione come “il capolavoro di fra Ippolito, che mostra possedere autentiche doti d’artista, raffigurandovi con somma fedeltà la meravigliosa facciata del santuario di Nostra Signora di Guia” . L’impegno con cui l’artista eseguì il lavoro penso sia legato Ritratto di Benedetto XIII alla devozione che sempre ebbero i nostri confratelli di Manila per codesto santuario, poiché la loro prima fondazione nelle Filippine nacque accanto ad esso, in un edificio che donò loro la Diocesi e nel quale aprirono un Convalescenziario: e proprio per tale devozione fu, giusto al tempo del nostro incisore, concesso alla nostra Comunità d’essere inclusa tra quelle alternantisi nel solenne Novenario con cui veniva affidata alla protezione della Madonna di Guia ogni partenza del galeone. La seconda incisione, che il bibliofilo José Toribio Medina segnalò inserita nelle Ordinanze e Costituzioni della Confraternita della Santa Misericordia, edite a Manila nel 1724 da Juan Correa, è una presentazione di Maria al Tempio (è visionabile nel sito flickriver.com/photos/victorancheta/4828222023/). L’autore la firmò con un sintetico “Hip. sculp.” . La terza incisione si trova nella biografia di Papa Benedetto XIII, scritta dal domenicano Manuel José Medrano e edita nel 1727, nella quale figura un ritratto del pontefice, che reca in calce la Quando iniziò l’espansione in America degli Ordini Religiosi, ci fu disponibilità ad accogliere i nativi, ma poiché nessuno riuscì a perseverare, ci si convinse che non erano maturi e d’allora in poi furono accettati solo come oblati, ossia senza obbligo di Voti. Tale pregiudizio perdurò fino alla fine del dominio spagnolo, facendosi qualche rara eccezione solo per i meticci. Questo spiega perché fra Apollinario, non essendo sangue misto, entrò da noi come oblato. Era nato ad Abang, un villaggio di Lucban (in Provincia di Tayabas, oggi Quezon), il 22 luglio 1815 da due giovani contadini, Pablo de la Cruz e Juana Andrea, che erano allora lui sui 25 anni e lei sui 20. Fu accettato da noi giovanissimo, poiché allora nei climi tropicali si usava abbassare a 15 il limite dei 18 anni compiuti, previsto dal Diritto Canonico per abbracciare la Vita Religiosa. Spinto dal Superiore, egli riuscì a trovare diversi benefattori per riprendere con l’antica solennità Fra Apollinario dando un quadro del Santo ad un socio Fra Apollinario de la Cruz il Settenario a San Giuseppe e la Messa votiva ogni 19 del mese. I benefattori erano meticci cinesi, divenuti ricchi commerciando, e che spesso facevano consistere la fede quasi solo nell’elargire offerte per le feste religiose. Ciò non piacque a fra Apollinario, che nel 1831 cominciò ad ipotizzare una Confraternita in onore di San Giuseppe, chiusa ai ricchi meticci e riservata alla povera gente di razza filippina, disposta a nutrire la propria fede con momenti di preghiera quotidiani e col riunirsi ogni 19 del mese per una Messa in onore dello Sposo di Maria. I primi aderenti indigeni furono accolti già nel 1832 e presto la Confraternita andò estendendosi in Manila e specie nelle confinanti Province di Tayabas, Laguna e Batangas, dove egli era inviato a questuare: vi organizzò i soci in gruppi di dodici e manteneva i contatti tramite circolari. Questa era la formula d’adesione: Io, schiavo di Gesù Sacramentato e della Santissima Vergine Maria, prostrato ai vostri piedi, o mio Padre e Patrono, San Giuseppe, prometto di recitare sette volte al dì un Padre Nostro, Ave Maria e Gloria al Padre, meditando i sette dolori e le F. G. M. : Schegge Giandidiane. N. 27 - Una mostra a Manila per il IV Centenario Da questo suo libro risulta che fu il Maldonado, nato in Messico a Cuautla (Morelos) e dal 1727 di Comunità a Manila, a fomentarvi la devozione a San Giuseppe. In quel tempo la nostra Chiesa era fatiscente e pericolante, sicché nel 1728 fu posta la prima pietra della nuova, che fu inaugurata il 10 maggio 1732: non a caso, in essa l’altare della navata laterale fu dedicato a San Giuseppe, con una sua statua nella nicchia di centro e con raffigurati all’intorno i sette dolori e le sette allegrezze del Santo, come indicati da Santa Teresa d’Avila ed in onore dei quali si usava celebrare in ottobre un solenne Settenario a partire dal 15, che era la festa liturgica di tale Santa. Un secolo dopo, tale devozione s’era affievolita, ma a imprimergli nuovo vigore provvide fra Manuel Aldama, che fu il Vicario Provinciale delle Filippi- ne fino al 1836: chi più lo sostenne in ciò fu fra Apollinario de la Cruz, un giovane filippino che pare già verso il 1830 era stato accolto da noi a Manila come oblato. 111 scritta “F. Hippolitus sculpsit Ord. Hospit. – Manila, Año 1725” , dal che si evince che il frate risiedeva a Manila. Dovette morirvi dopo il 1737, che è la data della mappa, e prima del 1740, poiché non c’è tra i frati di Comunità a Manila, elencati per tale anno da fra Juan Manuel Maldonado de Puga nella sua Cronaca delle Filippine. lettera del 5 luglio 1840 fra Apollinario confidò: “forse non mi permetteranno di restar in Manila ed hanno minacciato di togliermi l’abito” . Egli decise d’appellarsi al presule di Manila e preparò una richiesta, firmata da lui e 34 soci il primo settembre, per chiedergli di riconoscere la Confraternita, ma gli fu obiettato che doveva rivolgersi al vescovo di Nueva Caceres, poiché la gran parte dei soci risiedeva in tale diocesi. Fra Apollinario con circolari da spedire ai soci 112 F. G. M. : Schegge Giandidiane. N. 27 - Una mostra a Manila per il IV Centenario sette allegrezze che sperimentaste come Sposo della Vergine Maria. Vi chiedo dunque d’accettarmi quale vostro felice schiavo e di volgere su di me un vostro sguardo di misericordia. Soccorretemi nelle sventure ed afflizioni, elargitemi conforto allo spirito, tranquillità di coscienza, bontà di vita e morte fortunata. Confido nella vostra protezione e nello zelo e gioia che vorranno concedermi Gesù e Maria. Spero nel perdono dei miei peccati e di incontrarVi tutti e tre in Cielo e restarVi accanto per sempre” . Mentre gli Ordini Religiosi mai ammisero ai Voti i nativi, talora dei vescovi li ordinarono come preti secolari ed una di queste rare eccezioni fu don Ciriaco de los Santos, coadiutore a Manila nella Parrocchia di Santa Croce e cappellano privato del già citato impresario Domingo Roxas: nel 1840 fu accolto da fra Apollinario nella Confraternita e ne divenne il cappellano. Proprio quell’anno il clero spagnolo iniziò invece a manifestar diffidenza per questa gruppo che si teneva distante da meticci e spagnoli, ritenendoli cristiani troppo tiepidi, e veniva compatto in parrocchia solo per la Messa d’ogni 19 del mese. In una Mentre, aiutato da don Ciriaco, egli stava preparando tale nuova richiesta, il parroco di Lucban, fra Manuel Sancho, ottenne il 19 ottobre 1840 un sopralluogo della forza pubblica nella loro sezione locale, con confisca d’ogni carta ed il fermo di 243 soci, ma poi il governatore di Tayabas ordinò di liberarli, non trovando motivi per incriminarli. Ciò fece sperar loro d’ottener protezione dal governo e pertanto in dicembre, con l’appoggio di Domingo Roxas, fu presentato in Manila un ricorso amministrativo al Fiscale, ma senza esito, per cui nel febbraio 1841 don Ciriaco provò a presentare alla diocesi di Nueva Caceres la richiesta di riconoscimento, che però a fine maggio fu respinta. Nel frattempo già da marzo fra Apollinario fu costretto a lasciare il Convento, ma rimase a Manila, ospite di don Ciriaco, finché l’8 luglio ne fu ordinato l’arresto e se ne fuggì nella sua Provincia, dove organizzò una sorta di sit in, chiamando a raccolta i soci in una valle d’Isabang con l’intento di non muoversi finché le Autorità non avessero garantito loro il diritto ad associarsi ed a riunirsi ogni mese per pregare. Va detto che nei suoi antichi giri di questua sulle pendici della montagna egli si era guadagnato l’amicizia di una tribù selvaggia di negroidi Aeta, avendone curato alcuni: quando seppero che era in difficoltà, vennero anche loro all’accampamento per dargli una mano. Naturalmente il raduno fu interpretato come una sedizione e il 23 ottobre 1841 v’accorse il governatore locale alla testa di 300 soldati. Intimò di disperdersi, ma non gli dettero retta e lui per intimidirli fece sparare una salva dai due cannoncini; a quel punto gli Aeta risposero con un nugolo di frecce e i soldati fuggirono tutti, non per viltà, ma per solidarietà ai parenti che sapevano presenti tra le migliaia di manifestanti che rivendicavano la libertà di riunirsi. Abbandonato in un lampo da tutti, il governatore cadde trafitto dalle frecce degli Aeta; la notizia della sua morte giunse come un fulmine a Manila e, per domare quella che sembrava ormai una rivolta, fu inviata un’armata, che giunse il 31 a Tayabas ed a notte assalì l’accampamento, che nel frattempo s’era trasferito in Alitao. Fu una vera strage, con centinaia di vittime, praticamente inermi, come risulta dal fatto che i soldati ebbero solo undici feriti e nessun morto. Furono inoltre giustiziati con rito sommario due centinaia di prigionieri. Fra Apollinario, che era riuscito a fuggire nel buio, fu catturato il 2 dicembre a Sariaya e lì, dopo due giorni di prigionia vissuti con grandezza d’animo ed imperturbabile serenità e dopo essergli stato concesso che il parroco di Atimonan, fra Stefano Mena, lo confessasse, fu il 4 novembre 1841 fucilato in piazza. Oggi egli è ricordato come eroe nazionale della libertà e gli sono stati dedicati vari monumenti. “I L M E L O G R A N O ” IL BEATO GUGLIELMO LLOP VISSE PER 10 ANNI IN ITALIA Fra Giuseppe Magliozzi o.h. R ricorre questo novembre il 75° Anniversario del martirio del Beato fra Guglielmo Llop, la cui figura ben merita ricordare qui, perché si prodigò dieci anni negli Ospedali della Provincia Romana dei Fatebenefratelli. Nacque in Spagna a Villareal, nella diocesi di Tortosa, il 10 novembre 1880 e prima dei 18 anni chiese di entrare nel nostro Ordine. Accolto come Postulante il 13 luglio 1898 e come Novizio il 24 ottobre, emise i Voti Semplici il 5 novembre 1899 ed i Solenni il 20 dicembre 1903, dimostrando gran cuore e moltissimo spirito d’iniziativa con i ragazzi assistiti nei nostri due Asili di Barcellona e di Gibilterra, nonché con i malati mentali ricoverati nei nostri Istituti di Ciempozuelos, Santa Agueda, Pamplona, Sant Boi de Llobregat e Carabanchel. Per le sue ottime doti fu inviato in Italia a rinforzare la Comunità dell’Isola Tiberina, dove giunse il 12 dicembre 1912. Quando nel 1914 fu deciso di aprire all’Isola un Aspirantato che accogliesse per la Provincia Romana i ragazzi che mostrassero inclinazione alla Vita Religiosa Ospedaliera, egli ne fu nominato primo Direttore, certo per le doti pedagogiche che aveva dimostrato in Spagna quando era stato di Comunità negli Asili sia di Barcellona, sia poi di Gibilterra. Disimpegnò tanto bene l’incarico che sempre all’Isola gli dettero l’ulteriore responsabilità formativa di Maestro dei Novizi. Al contempo lo fecero Economo dell’Ospedale e, nonostante le difficoltà create dallo scoppio della Guerra, riuscì a non far mancar mai nulla ai malati. Fra Guglielmo possedeva discrete capacità musicali e se ne avvaleva per assicurare che bei canti e musica ben scelta animassero sempre i sacri riti, ai quali egli stesso partecipava attivamente con la sua bella voce di baritono; com- pose anche dei canti devoti ed ancor oggi nella Comunità della Provincia Romana si continua a cantare in onore di San Giovanni di Dio l’inno “A te si volgono”, che aveva musicato lui stesso su parole di mons. Rosario Mammani. Verso il 1919, da Roma un dì accompagnò dei frati da San Pio di Pietrelcina, che gli predisse che sarebbe morto martire. Quell’anno in novembre fu potuto convocare il Capitolo Generale, che era stato più volte rimandato a causa della Prima Guerra Mondiale e ci fu poi in dicembre quello della Provincia Romana, nel quale fra Guglielmo fu eletto Priore dell’Ospedale di Frascati e vi rimase fino al nuovo Capitolo Generale, anticipato al maggio 1922, dopo di che rientrò definitivamente in Spagna. Già però nel novembre 1922 di nuovo lasciò la patria, poiché lo inviarono in Cile nel Frenocomio di Orates, di cui fu Vice Priore e poi Priore nel triennio 1925-1928. Nel maggio 1928 fu eletto Superiore della Provincia Ispano-Americana e fu poi riconfermato nel 1931. In quel sessennio egli dette notevole incremento alla Provincia, sia nell’ambito della vita interiore dei frati, sia nello sviluppo delle opere, tanto che egli ne programmò la divisione nelle attuali tre Province, felicemente approvata a Roma dal Capitolo Generale del 1934. Quel Capitolo dell’aprile 1934 fu per lui l’ultima occasione di vedere Roma; il ritratto di lui, che qui riproduciamo, è un dettaglio della foto di gruppo dei confratelli che parteciparono a tale Capitolo. Rientrato in Spagna, l’elessero Priore di Ciempozuelos e fu lì che lo sorprese il turbine della Guerra Civile. La notte del 7 agosto una turba di miliziani imprigionò i frati in uno stanzone contiguo alla portineria, nel quale fra Guglielmo con santo zelo animò i cuori dei Confratelli ad affrontare la morte e Beato Guglielmo Llop (1880-1936) con la sua bella voce cominciò a far le prove assieme a loro degli inni sacri che avrebbero intonato durante la fucilazione. In realtà, li trasferirono il 9 a Madrid ed il 10 li rinchiusero nel carcere di San Antonio, nel quale restarono fino a novembre. Come riferitomi personalmente da fra Tommaso Mena, che fu uno dei Novizi superstiti, fra Guglielmo si ricordò della predizione di San Pio di Pietrelcina ed invitò perciò tutti i Novizi ad emettere la Professione dei Voti in punto di morte. I carcerieri notarono lo zelo di fra Guglielmo nel rincuorare ogni prigioniero e, assai contrariati, lo trascinarono una sera giù in cortile e, puntandogli contro le pistole, gli intimarono di bestemmiare, ma egli replicò con ferma mitezza: “Son disposto a soffrire mille morti piuttosto che offendere il Signore”. In novembre iniziarono a portar via dal carcere gruppi di persone, ufficialmente rimessi in libertà, ma in realtà prima di farli salire sui camion li obbligavano a lasciar in terra ogni cosa, perfino la giacca, e gli legavano le mani dietro la schiena, sicché appariva evidente che stavano portandoli invece alla fucilazione. Quando la mattina del 28 chiamarono fra Guglielmo, egli salutò sorridendo i confratelli con un “Arrivederci in Cielo!”. Lo fucilarono a Paracuellos del Jarama e gettarono il cadavere in una fossa comune. Fu proclamato Beato dal Papa il 25 ottobre 1992. 15 PA G I N E D I M E D I C I N A RINOPLASTICA Prof. Dante Caliento, Dott.ssa Melissa Zelli L a rinoplastica (dal greco antico ρρρ, naso) è l’intervento chirurgico che permette di rimodellare il naso; grazie a questo intervento è possibile modificare la forma strutturale esterna che può essere eseguita sia per ragioni estetiche sia per correggere aspetti funzionali legati a disturbi respiratori. Anatomia del naso La struttura del naso, con visione frontale, ricalca una sorta di triangolo e difatti l’insieme delle componenti è denominato appunto piramide nasale. La struttura interna della piramide nasale L’architettura del naso è costituita da una porzione fissa, quella ossea, e da una porzione mobile, quella cartilaginea. Le ossa nasali costituiscono dunque il terzo superiore della piramide nasale mentre i due terzi inferiori sono formati dalle cartilagini triangolari e alari; queste ultime sono due strutture simmetriche e angolate formate da un’ala esterna, detta crus laterale, e da un’ala interna, la crus mediale. Le due porzioni di cartilagine alare formano una sorta di cupola che determina esattamente la forma della punta del naso. Il sostegno mediano del naso è il setto, una sorta di lamella cartilaginea nella porzione anteriore e ossea in quella posteriore. Il setto suddivide la cavità all’interno del naso in due fosse comunicanti all’esterno attraverso le narici. All’interno delle fosse nasali, nella volta superiore, sono presenti i recettori olfattivi. Le tre sporgenze presenti nelle fosse nasali sono i cosiddetti turbinati, piccole lamelle ossee ricoperte da mucosa. La rinoplastica viene effettuata in anestesia locale con sedazione, o generale e va a modificare la forma del naso intervenendo sullo scheletro 16 osseo e cartilagineo. La rinoplastica ha come obiettivo la correzione della struttura osseo-cartilaginea del naso, della punta, del dorso e della columella. Nel caso di contemporanea correzione della deviazione del setto nasale l’intervento è denominato rinosettoplastica. Le tecniche moderne di rinoplastica intervengono tenendo conto della morfologia del viso in maniera tale da modellare un naso armonico con l’immagine del volto. Rinoplastica chiusa Questa tecnica operatoria viene effettuata attraverso delle piccole incisioni effettuate all’interno del naso per mezzo delle quali, con gli appositi strumenti e con tecniche che variano secondo come si vuole modificare la piramide nasale, viene modificata la componente ossea e cartilaginea dello scheletro nasale. Rinoplastica aperta La rinoplastica aperta è una variante della rinoplastica chiusa e si esegue incidendo la cute della columella alla base del naso, vengono quindi totalmente esposte le cartilagini della punta e il dorso del naso. Questa tecnica è più complessa della rinoplastica chiusa infatti comporta un intervento leggermente più lungo e la presenza di una piccola cicatrice esterna, ma è più precisa in quanto le strutture nasali possono essere modificate alla vista del chirurgo. Rinoplastica con e senza tamponi Nella rinoplastica con i tamponi al termine dell’intervento chirurgico questi vengono introdotti nelle fosse nasali per favorire l’emostasi e per mantenere in sede i frammenti di cartilagine rimodellati. I tamponi inseriti nelle fosse nasali subito dopo l’intervento chirurgico devono essere rimossi a distanza di tre o quattro giorni dall’intervento. Nella rinoplastica senza tamponi si usano speciali sostanze, come la colla di fibrina, che sostituiscono i tamponi dal punto di vista funzionale eliminando l’operazione di rimozione degli stessi nella fase post-operatoria e permettendo di respirare dal naso fin dal termine dell’intervento. L’unica medicazione protettiva visibile consiste in una piccola placchetta metallica posizionata sul naso e coperta da un cerotto. Rinoplastica non chirurgica Con questo termine viene indicato il rimodellamento del naso migliorandolo esteticamente senza ricorrere all’intervento chirurgico. La metodica è utilizzata dalla maggior parte dei chirurghi plastici per correggere piccoli difetti estetici e praticare correzioni post-chirurgiche evitando di sottoporre il paziente a un nuovo intervento. Raramente, quando non vi sono problemi di dimensioni ma solo piccoli difetti di forma può sostituire l’intervento chirurgico. Consiste nell’iniettare nel tessuto sottocutaneo del naso un filler, andando a riempire le parti depresse, livellandole rispetto a quelle esuberanti. I vantaggi di questa tecnica sono: trauma praticamente inesistente, tempo di attuazione di appena 30 minuti, possibilità di tornare subito alle proprie attività senza problemi, costo contenuto. Gli svantaggi sono: impossibilità di ridurre l’effettiva grandezza del naso, del dorso e specie della punta che sono la maggior parte delle volte il reale problema sentito dal candidato all’intervento. ANIMAZIONE GIOVANILE VENT’ANNI DI “CAPACHA” IN SPAGNA Fra Massimo Scribano o.h. V iene sovente chiedersi cosa voglia dire la parola “Capacha”. Il significato semantico del termine sta a significare “sporta”, comunemente la bisaccia di san Giovanni di Dio con cui chiedeva l’elemosina per le vie di Granada. I Confratelli spagnoli hanno chiamato con questo temine gli incontri annuali, dove Collaboratori, Volontari e Amici si incontrano per riflettere su un tema specifico. Ho avuto la possibilità, insieme a un collaboratore dell’Ospedale san Pietro e a fra Angelo Sala, responsabile della Pastorale Vocazionale della Provincia Lombardo Veneta, di poter fare questa esperienza a Valladolid (Spagna), in un incontro di due giorni sul tema “La felicità cresce, donandola”. Mi rendo conto partecipando a queste esperienze che il nostro Fondatore è vivo e presente in ogni persona che si mette al servizio dei poveri e dei malati, i prediletti di Gesù e di san Giovanni di Dio. Alla tavola rotonda erano stati invitati relatori che si dedicavano in vari settori sociali, tra cui Volontari, Pedagogisti, Psicologi che hanno trattato i tema nei diversi aspetti. Una visione della vita positiva assume un valore importante e fondamentale affinché l’essere umano possa far Cappella del Centro san Giovanni di Dio fronte alle difficoltà che la vita, solo per il fatto di essere uomini e donne, ci pone dinanzi quotidianamente. Abbiamo a che fare ogni giorno con situazioni più o meno difficili, al lavoro, in famiglia, a scuola dove ogni avvenimento che va oltre la nostra visione, può comportare un disagio. Oltre alla tavola rotonda, l’incontro aveva una prospettiva diversa dagli altri anni, festeggiava il ventesimo compleanno. In un clima di festa, insieme agli Ospiti della Centro, abbiamo avuto modo di respirare un clima di fraternità e aggregazione, soprattutto per noi italiani che era la prima volta che partecipavamo a questo evento spagnolo. Ci siamo sentiti accolti e avvolti in un abbraccio fraterno tipico delle persone che hanno fatto esperienza di Dio e lo vogliono trasmettere agli altri. L’amore di Dio è un tesoro di inestimabile valore, che non posso assolu- tamente tenere per me ma lo devo donare agli altri che ne hanno bisogno. “Maestro, cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?”(Mt 19,16), questa domanda diventa cruciale anche per noi oggi. Il tale nel brano biblico non ha nome proprio perché ognuno possa mettere il proprio. Gesù ci dà una risposta chiara dopo aver sentito che il tale aveva fatto tutte le cose prescritte dalla legge, dopo averlo amato dice: «Va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!». Il tale se ne va triste, poiché aveva molti beni. Questo è quanto può succedere a noi, cerchiamo la felicità anche in Dio, ma quando ci viene proposta che la vera felicità non è essere attaccati alle cose del mondo, ma liberare il proprio cuore da cose superflue e inutili che appesantiscono il nostro cuore e ci deviano dal vero significato della nostra esistenza, amare Dio e il prossimo, ci sentiamo di rifiutare tale felicità. Vogliamo anche noi fare come la persona del Vangelo, che se ne va triste per non riuscire a staccarsi dalle cose materiali o dagli affetti disordinati o vogliamo seguire Cristo che ha dato la vita per noi morendo in croce e risorgendo il terzo giorno? Riflettiamo bene sulla nostra esistenza e cambiamo rotta per poter vivere quella felicità beata che solo chi ha un cuore indiviso e libero di amare come san Giovanni di Dio, può dirsi felice. Auguro a tutti voi di poter intraprendere un cammino di felicità con Gesù Cristo, l’amore perfetto del Padre. Per informazioni su esperienze e discernimento vocazionale contattate il Centro Pastorale Giovanile ai seguenti contatti: tel. 338-2509061, mail: [email protected]. Inoltre vi informo che sarà possibile fare una esperienza a capodanno nell’Istituto san Giovanni di Dio di Genzano di Roma, per i dettagli visitate il sito www.pastoralegiovanilefbf.it. Partecipanti alla tavola rotonda Vi aspettiamo! 17 OSPEDALE SACRO CUORE DI GESÙ - BENEVENTO BENEVENTO-NAZARETH: COSÌ LONTANE EPPURE COSÌ VICINE Il Sannita N azareth: la mente evoca immagini sulle origini del Cristianesimo, sulla nascita, vita e morte di Gesù Cristo, sulla bellezza aspra dei luoghi santi ma, purtroppo, anche la guerra infinita arabo-israeliana che tiene banco, da troppo tempo, sui mass-media di tutto il mondo. Atroci sofferenze hanno sopportato i popoli che vivono in Israele e spesso, noi cattolici, abbiamo dovuto penare non poco nel leggere articoli o vedere servizi televisivi che ci proiettavano le atrocità della guerra e la morte di persone che avvenivano nei luoghi ove sono le radici della nostra fede. Tanti si prodigano affinché una pace duratura, non armata, possa instaurarsi dando dignità e cittadinanza umanitaria a chi da troppo tempo aspetta una soluzione definitiva al conflitto. Ebbene c’è già chi è riuscito in tale impresa. La convivenza civile e la dedizione all’uomo in quanto tale ha già un segno tangibile. L’ospedale san Giovanni di Dio di Nazareth (HOLY FAMILY HOSPITAL), ospedale Italiano, è la testimonianza vivente di come gli operatori sanitari, arabi e israeliani, giorno dopo giorno esercitano l’attività assistenziale facendo lo stesso lavoro (gomito a gomito) per chiunque ha necessità assistenziali senza limitazioni di fede o di appartenenza. Si cura l’uomo, l’ammalato, il debole, l’indifeso. Si mette in pratica, di fatto, il dettame di san Giovanni di Dio che è stato il fondatore dell’ospedale moderno. Si seguono i suoi insegnamenti. Gli Ospedali Fatebenefratelli sono, in tal senso, laboratori di pace. Lo dimostra la loro storia. In ogni luogo 18 ove hanno prestato e prestano assistenza, le divisioni religiose, i settarismi, gli oltranzismi vengono superati. Ne abbiamo avuto un esempio tangibile vedendo un nutrito gruppo di operatori sanitari accolti dal superiore, fra Angelico, dal responsabile amministrativo, dr. Carozza, e dal direttore sanitario dr.ssa Sorrentino. 18 persone, se non ricordo male, guidati dal superiore fra Francesco, polacco, provenienti dall’Ospedale di Nazareth, sono stati in visita alla nostra struttura ospedaliera. C’erano Arabi e Israeliani. Avevano tutti la stessa curiosità e attenzione nell’ammirare l’ordine, la bellezza e la tecnologia del nostro ospedale. Parlavano in inglese (il dott. Giovanni Guglielmucci è stato prezioso interprete) ma nell’incontrarli si ci comprendeva lo stesso in quanto parlavamo lo stesso linguaggio, quello sanitario e assistenziale, che è ubiquitario. Volevano sapere tutto. Chiedevano, si informavano, ammiravano la tecnologia radiologica, la funzionalità degli Ambulatori, gli spazi adibiti al Pronto Soccorso, e ringraziavano, in continuazione, delle informa- Collaboratori di Nazareth e Benevento zioni che ricevevano. Come se loro dovessero imparare da noi. Non è così. Noi abbiamo da imparare da loro. Nel loro ospedale l’accoglienza è un fatto concreto e non una parola vuota di significato. Curare “il nemico” non è facile per nessuno. Eppure loro lo fanno e non da adesso. L’Ospedale di Nazareth ha mosso i primi passi nel 1882 (era un ambulatorio con 4 posti letto). Oggi è una realtà sanitaria importante e punto di riferimento di tutte le comunità religiose ed etnie della Galilea. Questa struttura non ha contributi statali. Vivono delle donazioni che arrivano da tante parti del mondo. In Italia hanno garantito il loro sostegno la Regione Lombardia e l’A.C. Milan Fundation con la realizzazione del nuovo reparto di Ostetricia, della Neonatalogia e terapia intensiva neonatale. Le ultime donazioni sono state utilizzate per attivare il centro di Senologia e l’Oncologia. Dare un supporto economico a questa nobile causa è un contributo finalizzato alla crescita dell’Ospedale e, soprattutto, allo sviluppo della pace e alla tolleranza tra i popoli. OSPEDALE BUON CONSIGLIO - NAPOLI NUOVA COMUNITÀ DI SUORE Maria Pinto I mportante novità per la nostra struttura ospedaliera, la presenza di una nuova Comunità di suore appartenenti alla Congregazione delle Suore Ancelle della Genitrice di Dio Vergine Immacolata Concezione. Il Padre Provinciale, fra Pietro Cicinelli, ha presentato le Consorelle, il 7 ottobre scorso, a tutta la Comunità e Collaboratori con la preziosa presenza delle volontarie dell’Associazione Avo e la nuova coordinatrice Elisabetta Olanda, da tempo impegnate nel nostro ospedale. La giornata ha avuto inizio con il saluto e i ringraziamenti da parte del nostro superiore fra Alberto Angeletti, il quale ha ricordato che risale a oltre 40 anni la presenza religiosa femminile, venuta a mancare a metà anno con grande perdita. “La tempestività del Padre Provinciale è stata molto importante – precisa fra Alberto – poiché, la presenza femminile consacrata rappresenta un fattore determinante per l’umanizzazione dell’assistenza e con le Consorelle ancora di più perché provenienti dalla stessa terra di Giovanni Paolo II, ora beato”. Suor Dariana, la superiora, su invito del Padre Provinciale ha fatto una breve presentazione del carisma della Congregazione, nata dalla volontà di Edmund Bojanowski, una delle più grandi figure della Polonia cattolica. Appartenente a nobile famiglia, verso la metà dell’800 in seguito a rivolte e ribellioni, Edmund decise di andare incontro alle classi più bisognose, ideando il suo operare nell’insegnamento e nell’evangelizzazione delle popolazioni contadine. Cominciò con l’aprire asili per i bambini, prima nel Granducato di Pozna e poi nelle province della Polonia Minore e della Slesia; divenendo così un pioniere nell’assistenza per l’infanzia nelle campagne. Per poter dare stabilità e futuro alle sue istituzioni, fondò il 13 maggio 1850, la Congregazione delle “Suore Ancelle della Genitrice di Dio Vergine Immacolata Concezione”; le suore in buona parte provenivano dalle zone rurali; nacque così il fermento della fede cattolica nel mondo contadino. All’età di 55 anni, entrò in Seminario a Gnienzo, ma dopo meno di due anni, dovette uscirne per il rapido declino della sua salute, con suo grande dispiacere, perché ormai desiderava consacrarsi completamente a Dio. Ma la sua santificazione doveva avvenire nello stato laicale, del resto da laico indicò le vie della vita spirituale e scrisse le regole per le sue suore. Papa Giovanni Paolo II, durante il suo settimo viaggio apostolico in Polonia, l’ha beatificato il 13 giugno 1999 a Varsavia. “Arrivate a Napoli, nella domenica di Pentecoste, ci ha colpito molto il carisma di san Giovanni di Dio, il modo di lavorare con i medici, gli infermieri e gli altri operatori” ha continuato suor Dariana – la nostra Madre Generale è molto dispiaciuta di non essere presente perché impegnata in Bolivia, ma è qui con noi con il cuore”. Le altre sorelle presentate dalla Superiora, suor Angelica, suor Stella, suor Camilla e la più giovane suor Beata sono state accolte con un caloroso applauso e grande commozione. Fra Pietro ha evidenziato come il numero 7 ricorresse in più occasioni, il giorno di Pentecoste e i sette doni dello Spirito santo, i tanti significati simbolici e la ricchezza dei consigli con la Madonna del Buon Consiglio. Curare i bambini bisognosi e partire dai bambini per giungere alla famiglia, è la chiave per aprire la porta della famiglia, soprattutto in questo anno in cui si celebra la Famiglia di san Giovanni di Dio. “Tutti facciamo parte della Famiglia ospedaliera; una chiara espressione è data dal Movimento dei collaboratori laici come impegno per comprendere lo spirito di san Giovanni di Dio. Quando le Suore Cappuccine di Palermo sono giunte nella nostra struttura hanno dato il loro apostolato e la loro attività con amore e cura, e ora con la nuova Congregazione, una nuova testimonianza e un nuovo apostolato per continuare a curare i corpi e curare le anime. Vorrei ringraziare anche il padre cappellano, fra Giacinto, appartenente all’Ordine Francescano di Frati Minori per il prezioso apostolato per la Famiglia ospedaliera”. Il direttore sanitario, dott. Alberto Carbone, nel dare il benvenuto alle Consorelle ha augurato loro di poter vivere pienamente la città di Napoli con le sue bellezze. Il responsabile dell’Area Amministrativa Antonio Capuano le ha accolte con l’auspicio di una fruttuosa crescita insieme. La giornata è stata conclusa con un buffet in onore delle Suore, come momento di conoscenza con tutti i Collaboratori. 19 O S P E D A L E B U C C H E R I L A F E R L A - PA L E R M O IL NOSTRO PROGETTO DI SERVIZIO CIVILE: “SONO QUI CON TE” Cettina Sorrenti I l Servizio Civile Nazionale Volontario un’esperienza di cittadinanza attiva per tutti i cittadini italiani dai 18 ai 29 anni non superati alla data di scadenza del bando. Il Servizio Civile Nazionale Volontario, istituito con la Legge 64/01, nasce con l’obiettivo di raggiungere le seguenti finalità e principi previsti dalla Legge stessa all’art 1: concorrere, in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della Patria con mezzi e attività non militari; favorire la realizzazione dei principi costituzionali di solidarietà sociale; promuovere la solidarietà e la cooperazione, a livello nazionale e internazionale, con particolare riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona e alla educazione alla pace fra i popoli; partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio della Nazione, con particolare riguardo ai settori ambientale, anche sotto l’aspetto dell’agricoltura in zona di montagna, forestale, storico-artistico, culturale e della protezione civile; contribuire alla formazione civica, sociale, culturale e professionale dei giovani mediante attività svolte anche in enti e amministrazioni operanti all’estero. Il Servizio Civile Nazionale Volontario è quindi la possibilità per i giovani interessati di dedicare dodici mesi della propria vita a se stessi e agli altri; formandosi, acquisendo conoscenze ed esperienze e maturando una propria coscienza civica. Il tutto attraverso l’agire concreto all’interno di progetti di solidarietà, cooperazione, assistenza, ecc... Il Servizio Civile è una scelta “libera” che racchiude in sé la volontà e il desiderio di compiere un’esperienza che consenta sia di accostarsi cautamente al mondo del lavoro, a volte riuscendo anche a imparare un mestiere spendibile nella futura carriera lavorativa, sia di acquisire una crescita a livello umano, empatico e di abilità relazionali, scoprendo e sperimentando il piacere di “stare con gli altri” e di “fare per gli altri”. L’Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli, che nel 2009 si è accreditato come Ente di Servizio Civile, ha avuto approvato e finanziato un progetto. Sono stati attribuiti quattordici ragazze e ragaz- zi, di età compresa tra i 18 e i 28 anni, che alla fine delle selezioni verranno impiegati come volontari del Servizio Civile all’interno della struttura ospedaliera. Il progetto, dal titolo “Sono qui con te” ha la finalità di contribuire a creare un moderno sistema di accoglienza e di orientamento all’interno dell’Ospedale. L’obiettivo è quello di contribuire a umanizzare l’assistenza ospedaliera nell’aria dell’accoglienza per i pazienti e le loro famiglie che accedono alla struttura ospedaliera. Il progetto si propone di prevenire quello che provano oggi tante persone che giungono in ospedale, ovvero un senso di disagio e di smarrimento, soprattutto se il paziente è anziano o più “fragile”, offrendo un’adeguata accoglienza che comprenda anche ascolto, solidarietà e comprensione per alleviare l’impatto e l’ansia, specie nelle sale d’attesa dell’ospedale e nel poliambulatorio. Si vuole attivare un servizio in grado, non solo di fornire informazioni corrette e comprensibili, ma anche di supportare e accompagnare nel percorso il cittadino in difficoltà evitando così disagevoli spostamenti e snellendo le procedure burocratiche. Il Servizio Civile è un’opportunità di crescita umana e professionale, un’occasione unica che favorisce un processo di crescita della coscienza civile e morale dei giovani. LA MADONNA DI MEDJUGORJE Sr Valentina Lullo sba “S e sapeste quanto vi amo...” ... sono state queste le parole dette da Maria Santissima a Medjugorje a fare da sfondo e anche da corona alla serata dedicata interamente a Lei, qui in ospedale il 30 settembre scorso. L’iniziativa che ha coinvolto parecchie persone, tra cui anche molti collaboratori, è stato il frutto del Pellegrinaggio che si è svolto lo scorso giugno a Medjugorje, a cui ha partecipato anche il nostro superiore, fra Luigi Gagliardotto, come assistente spirituale. La sera del 30 settembre i viali dell’o- 20 spedale sono stati illuminati dalle candele accese e dai canti dedicati a Maria che si elevavano a Lei da un folto gruppo di fedeli che hanno accompagnato in processione fino alla Chiesa una bellissima statua, raffigurante proprio la Madonna di Medjugorje, donata da una nostra collaboratrice, perché fosse collocata nella Chiesa dell’ospedale e così essere pregata dai nostri malati e da tutta la Famiglia ospedaliera. Tutto l’ospedale ha partecipato con grande commozione a questa processione mariana; gli ammalati, dalle stanze di degenza, mentre Maria passava per i viali, hanno potuto affidare a Lei “Salute degli infermi” le intenzioni di preghiera... Per l’occasione è stato realizzato anche un piccolo baldacchino con cui la statua è stata trasportata a spalla da 4 collabora- Processione con la statua della Madonna O S P E D A L E B U C C H E R I L A F E R L A - PA L E R M O tori che si sono offerti per questo servizio e che hanno ritenuto un onore portare Maria in giro per l’ospedale, luogo della sofferenza, ma anche luogo in cui si sente più viva e operante la presenza di Dio nostro Padre che opera per intercessione di Maria Santissima. Arrivati in Chiesa, l’assemblea, in un clima di preghiera e di raccoglimento, ha recitato il Rosario, preghiera che tramite la meditazione dei vari misteri ci avvicina a Cristo e alla sua e nostra madre, Maria. Al termine della preghiera del Rosario è stata celebrata la Santa Messa presieduta dal Superiore, e all’omelia ha invitato i presenti a invocare Maria nel momento del bisogno certi di trovare in Lei sicuro rifugio; ha anche invitato tutti a impe- gnarsi per istituire un gruppo di preghiera che si riunisca tutti i mesi l’ultimo venerdì per pregare insieme il Santo Rosario e fermarsi in preghiera per un po’ di adorazione, perché l’esperienza fatta a Medjugorje possa diventare vita vissuta e incarnata nel concreto della vita. A conclusione della serata è stata distribuita un’immaginetta preparata per l’occasione con la foto della statua e con dietro lo stralcio del messaggio di Maria a Medjugorje del 1999: “Cari figli, questo è un momento di grazia, per questo pregate, pregate, pregate”. È questo veramente un momento di grazia per tutti, anche se la vita a volte ci riserva delle prove, rimaniamo ancorati a Maria, la nostra mamma del cielo, e sicuramente con lei tutto diventerà più “leggero”. OSPEDALE SAN PIETRO - ROMA LA CONSULENZA GENETICA PRENATALE, QUANDO FARLA? Intervista alla dott.ssa Marta Bertoli medico genetista UOSD di Genetica Medica Dal sito Donna Moderna.com S pesso si sente parlare della consulenza genetica prenatale ma pochi sanno a cosa serve esattamente e perché è utile farla. Abbiamo rivolto qualche domanda all’esperta genetista per capire qualcosa di più. Cos’è la consulenza genetica prenatale e a cosa serve? Ce lo spiega la dott.ssa Marta Bertoli, medico genetista UOSD di Genetica medica - Ospedale San Pietro FBF, Roma. In generale, la Consulenza Genetica è un atto medico che ha lo scopo di informare un paziente a rischio per una malattia genetica, o i suoi familiari, sugli aspetti medici e genetici (diagnosi), sulla probabilità di svilupparla e/o trasmetterla ai propri figli (calcolo del rischio), sul decorso e sulle possibilità di prevenzione e/o di terapia. In gravidanza, può essere richiesta, quindi, in caso di figli o altri parenti affetti da condizioni genetiche o in caso di anomalie ecografiche riscontrate durante la gravidanza, ma anche solo per chiedere informazioni sulle diverse possibilità di eventuali test di screening o di diagnosi prenatale. In cosa consiste la Consulenza genetica prenatale? La Consulenza genetica è un intervento strettamente integrato con la Diagnosi Prenatale e con le indagini di laboratorio che possono essere eseguite in questo contesto. Durante il colloquio di Consulenza genetica prenatale, dopo aver raccolto tutte le informazioni cliniche disponibili e aver ricostruito con la coppia la storia familiare, vengono valutati diversi aspetti: - l’indicazione all’analisi, ovvero: esiste un rischio aumentato rispetto a quello della popolazione generale, che giu- stifichi un’indagine invasiva? - la tecnica più indicata per ottenere un campione di tessuto fetale per l’analisi (villocentesi, amniocentesi o cordocentesi) e i rischi a essa correlati. - l’iter diagnostico più appropriato (il tipo di analisi disponibili, i tempi necessari per la risposta, l’eventuale necessità di approfondimenti sui genitori per comprendere i risultati ottenuti dall’indagine sul feto, la sensibilità e la specificità dell’indagine). Quali accertamenti ulteriori può comportare? In alcuni casi, per chiarire un quadro clinico, possono essere richieste dal medico indagini aggiuntive (analisi del sangue, ecografie, visite specialistiche o altro). In seguito, quando la diagnosi è chiara e il rischio per la gravidanza della coppia esiste, potrà essere proposta una diagnosi prenatale per indagini mirate sul feto. Gli accertamenti possono richiedere tempo. Quando è possibile, quindi, l’ideale è richiedere una consulenza genetica anche prima di affrontare una eventuale gravidanza, anche per poter discutere con la calma necessaria le possibili scelte correlate alla diagnosi e al rischio. 21 ISTITUTO SAN GIOVANNI DI DIO - GENZANO KOFORIDUA REHABILITATION PROJECT – GHANA – A FAVORE DEI BAMBINI C. Caucci, G. Vicentini, A. Pietricola, M. Asciutto “La debolezza degli arti dei bambini piccoli è innocente, non le loro anime” Sant’Agostino A nche quest’anno si è svolta, come di consueto, lungo le vie di Genzano di Roma l’Infiorata, manifestazione per la quale questo piccolo paese della Provincia di Roma è conosciuto in tutta Italia. Anche quest’anno l’AFMAL - Associazione Fatebenefratelli per i Malati Lontani - è stata presente e partecipe all’evento con un banchetto per la raccolta fondi a favore delle sue missioni all’estero. È stata questa l’occasione per pubblicizzare, far conoscere e avvicinare la popolazione locale a un nuovo progetto di volontariato che vede impegnati medici, fisioterapisti, terapisti dell’età evolutiva e terapisti occupazionali. Si tratta del progetto “Risolleviamo l’uomo” - Koforidua Rehabilitation Project - GHANA, missione che ha preso il via a inizio maggio del 2011 e che avrà la durata di circa dodici mesi. La raccolta fondi è stata, quindi, l’occasione per noi operatori dell’Istituto di Riabilitazione san Giovanni di Dio “Fatebenefratelli” di Genzano di Roma di muovere i primi passi verso l’avventura africana e di condividere con gli altri partecipanti e con i sostenitori del progetto le emozioni di chi è già partito e di chi come noi è in procinto di iniziare l’esperienza di volontariato. Le foto colorate esposte nel gazebo e i racconti di chi ha respirato già la “calda” atmosfera del Ghana hanno avvicinato e affascinato giovani e bambini del paese e della Provincia di Roma, che accorsi a Genzano per l’Infiorata, si sono lasciati catturare anche dal nostro piccolo angolo di esposizione. Bambini hanno richiamato altri bambini, Africa ha avvicinato l’Italia. La splendida e calda domenica di sole è stata un’occasione di vivere la solidarietà del posto e di ricevere anche noi il sostegno e l’aiuto, non solo economico, 22 necessario per intraprendere un’avventura così ambiziosa. La missione offre a noi, operatori dell’età evolutiva, la possibilità di portare in Africa un po’ del bagaglio di lavoro, di conoscenze e soprattutto di vita, acquisito in Italia a contatto con bambini, adolescenti e giovani adulti affetti da patologie neurologiche, neuropsichiatriche e ortopediche che spesso ci troviamo a trattare nel nostro Istituto. È l’occasione anche di sensibilizzare alla riabilitazione la popolazione del Ghana che afferisce presso il Saint Joseph’s Catholic Hospital, struttura nella quale dal mese di maggio stanno operando i diversi gruppi di medici e terapisti coinvolti nella missione. Obiettivo del progetto è quello di iniziare a curare in loco patologie da noi ben conosciute e per le quali in Italia attiviamo, quotidianamente, progetti riabilitativi sempre più al passo con la ricerca sulle neuroscienze. La missione umanitaria sta iniziando a prendere forma e portare i suoi primi frutti grazie al puntuale impegno dei volontari sia nella clinica con il trattamento degli pazienti, sia nella formazione didattica specialistica del personale del luogo. All’interno di questa cornice si colloca la nostra piccola parentesi di lavoro, indirizzata all’età evolutiva, tesa alla diagnosi e al trattamento di neonati con patologie varie che comportano tutte un certo grado di disabilità. Ci attendono in Africa bambini con paralisi cerebrali infantili, disturbi del movimento, paralisi del plesso brachiale, piede equino, displasia dell’anca o torcicollo miogeno. Se la sfida sarà quella di effettuare un programma di cure o di assistenza tali da favorire uno sviluppo neurocomportamentale e un miglior adattamento del paziente all’ambiente, la posta in gioco sarà, invece, quella di mostrare ai genitori con piena umiltà e massimo rispetto come prendersi cura sufficientemente bene di un figlio con disabilità. Insegnare a un caregiver come tenere correttamente in braccio un bambino o come essergli di aiuto nel mantenere una corretta postura significa, spesso, riabilitare indirettamente il paziente, che se facilitato e sostenuto, può così svolgere con naturalezza un semplice movimento o atto relazionale altrimenti a lui interdetto. L’obiettivo della nostra missione sarà sì quello di proporre strumenti tecnici come ausili, ortesi e trattamenti riabilitativi specifici, ma anche quello di offrirci in prima persona come oggetti “al di fuori” e “intorno” al paziente, in grado di facilitare la mobilità e promuovere lo sviluppo di abilità di ciascun bambino e del suo intero sistema familiare. MISSIONI FILIPPINE NEWSLETTER VISITA CURIALE AD AMADEO FORMATORI A CONFRONTO La recente Visita Canonica di fra Vincenzo Kochamkunnel in Vietnam, Giappone e Filippine ha avuto la sua chiusura ufficiale con un incontro dei rispettivi Consigli di tali tre nazioni col nostro Superiore Generale, fra Donato Forkan, mentre era ospite da noi nelle Filippine, dov’era giunto il 13 ottobre, accompagnato dai suoi Consiglieri fra Jesús Etayo Arrondo e fra Vincenzo Kochamkunnel, dal suo segretario curiale, fra Giuseppe M. Chavarri, e da quello privato, fra Giancarlo Lapic. I responsabili dei Centri Formativi che abbiamo nel Lontano Oriente, si sono incontrati nel nostro Noviziato di Amadeo dal 17 al 21 ottobre per confrontarsi sulla formazione delle future leve dell’Ordine nello specifico ambiente culturale dell’Asia. Tre momenti memorabili di questa presenza curiale nelle Filippine sono stati l’inaugurazione il 15 ottobre a Manila della Mostra celebrante il IV Centenario del nostro primo arrivo a Manila; la serata celebrativa di tale Centenario il 21 ottobre ad Amadeo, iniziata con una Messa Vespertina del vescovo Teodoro Buhain, nostro affiliato, alla quale ha fatto seguito in Palestra una cena rallegrata da un brillante spettacolo folcloristico, in cui si sono esibiti i collaboratori di Manila e di Amadeo; ed infine il 22 ottobre, sempre ad Amadeo, la celebrazione della festa onomastica del nostro Superiore Generale. Due Formatrici Carmelitane hanno guidato l’incontro, presenziato dai rappresentanti della Curia Generale e fungendo da segretario fra Brian O’Donnell. Vi hanno partecipato: da Est Timor fra José Antonio de Lima; dall’India fra Raffaele Swamydoss e fra Pio Agostino Kochuparampil; dalla Corea fra Michele Lee, fra Andrea Lee, fra Benedetto Won e fra Andrea Kim; dal Vietnam fra Domenico Cao Quang Tinh, fra Domenico Dang Van Hoa, fra Domenico M. Tran Van Hiep, fra Matteo Tran Doan Phi e fra Giambattista Tran Cong Minh; dalla Papua Nuova Guinea fra Cristoforo Kasoni; dalle Filippine fra Eldy L. de Castro e fra Firmino O. Paniza. Al termine dell’incontro sono stati individuati temi, sui quali riflettere a livello nazionale e ricavarne proposte da deliberare nell’Incontro Regionale che ci sarà il 3 marzo in Corea. FESTA DELLE NAZIONI UNITE I tre comunicandi col vescovo Buhain e fra Ramiele, loro catechista. L’ONU fu fondata il 24 ottobre 1945 e nell’anniversario di tale data le Filippine, specie a livello scolastico, celebrano con molto impegno una speciale Giornata delle Nazioni Unite. A Manila nella nostra Scuola per Disabili il pomeriggio del 24 ottobre la celebrazione è iniziata con una sfilata di 23 allievi indossanti ciascuno il costume tipico di differenti nazioni, preparato con gusto e fantasia dalle rispettive famiglie. C’è stato poi uno spettacolo folcloristico in cui si sono esibiti tanto i nostri allievi, quanto gli studenti di Scuole Professionali che vengono qua per il tirocinio pratico. Al termine c’è stata un’agape fraterna e la premiazione dei migliori costumi. Ad Amadeo la Giornata è coincisa col 15° Anniversario dell’impegno con i disabili, partito nell’ottobre 1996 con la Residenza Riabilitativa Bahay San Rafael per orfanelli ed ampliato di recente aprendo ai pazienti esterni sia un Ambulatorio di Fisioterapia sia un’apposita Scuola, dotata di pulmino per facilitare la frequenza di chi vive in zone distanti e mal servite dai collegamenti pubblici. La festa è iniziata il 24 con una Messa celebrata dal vescovo Buhain, rallegrata dal nuovo armonium che ci ha donato fra Gerardo D’Auria e durante la quale tre alunni hanno ricevuto la Prima Comunione. Gli alunni hanno poi festosamente sfilato con un corteo di macchine per le strade di Amadeo e di Tagaytay, indossando i costumi tipici di svariate nazioni del mondo. L’indomani gli allievi hanno preso parte a varie gare sportive e giochi di abilità, mentre il 26 c’è stato un duplice Incontro di Studio: uno per il personale della Scuola, nel quale fra Eldy ha illustrato i valori fondamentali cui devono ispirarsi i Centri gestiti dai Fatebenefratelli; l’altro per le famiglie degli alunni, in cui fra Gianmarco ha discusso l’approccio che i genitori devono adottare con i figli disabili. Al quarto giorni parenti e docenti si son sfidati a pallacanestro ed a palla a volo, mentre gli alunni tifavano per loro. Al quinto giorno una ciliegina finale per il personale, partito per una gita distensiva in un Centro Termale della vicina Laguna di Bay. 23 I FATEBENEFRATELLI ITALIANI NEL MONDO I Fatebenefratelli d'ogni lingua sono oggi presenti in 52 nazioni con circa 290 opere. I Religiosi italiani realizzano il loro apostolato nei seguenti centri: CURIA GENERALIZIA www.ohsjd.org • ROMA Centro Internazionale Fatebenefratelli Curia Generale Via della Nocetta 263 - Cap 00164 Tel 06.6604981 - Fax 06.6637102 E-mail: [email protected] Ospedale San Giovanni Calibita Isola Tiberina 39 - Cap 00186 Tel 06.68371 - Fax 06.6834001 E-mail: [email protected] Sede della Scuola Infermieri Professionali “Fatebenefratelli” Fondazione Internazionale Fatebenefratelli Via della Luce 15 - Cap 00153 Tel 06.5818895 - Fax 06.5818308 E-mail: [email protected] Ufficio Stampa Fatebenefratelli Lungotevere deʼ Cenci 4 - Cap 00186 Tel 06.68219695 - Fax 06.68309492 E-mail: [email protected] • CITTÀ DEL VATICANO Farmacia Vaticana Cap 00120 Tel 06.69883422 Fax 06.69885361 • PALERMO Ospedale Buccheri-La Ferla Via M. Marine 197 - Cap 90123 Tel 091.479111 - Fax 091.477625 www.ospedalebuccherilaferla.it • MONGUZZO (CO) Centro Studi Fatebenefratelli Cap 22046 Tel 031.650118 - Fax 031.617948 E-mail: [email protected] • ALGHERO (SS) Soggiorno San Raffaele Via Asfodelo 55/b - Cap 07041 • ROMANO DʼEZZELINO (VI) Casa di Riposo San Pio X Via Cà Cornaro 5 - Cap 36060 Tel 042.433705 - Fax 042.4512153 E-mail: [email protected] MISSIONI • FILIPPINE San Juan de Dios Charity Polyclinic 1126 R. Hidalgo Street - Quiapo 1001 Manila Tel 0063.2.7362935 - Fax 0063.2.7339918 E-mail: [email protected] Sede dello Scolasticato e Postulantato della Delegazione Provinciale Filippina San Ricardo Pampuri Center 26 Bo. Salaban Amadeo 4119 Cavite Tel 0063.46.4835191 - Fax 0063.4131737 E-mail: [email protected] http://bahaysanrafael.weebly.com Sede del Noviziato della Delegazione PROVINCIA ROMANA PROVINCIA LOMBARDO-VENETA www.provinciaromanafbf.it www.fatebenefratelli.it • ROMA Curia Provinciale Via Cassia 600 - Cap 00189 Tel 06.33553570 - Fax 06.33269794 E-mail: [email protected] Centro Studi e Scuola Infermieri Professionali “San Giovanni di Dio” Via Cassia 600 - Cap 00189 Tel 06.33553535 - Fax 06.33553536 E-mail: [email protected] Sede dello Scolasticato della Provincia Centro Direzionale Via Cassia 600 - Cap 00189 Tel 06.3355906 - Fax 06.33253520 Ospedale San Pietro Via Cassia 600 - Cap 00189 Tel 06.33581 - Fax 06.33251424 www.ospedalesanpietro.it • GENZANO DI ROMA Istituto San Giovanni di Dio Via Fatebenefratelli 3 - Cap 00045 Tel 06.937381 - Fax 06.9390052 www.istitutosangiovannididio.it E-mail: [email protected] Sede del Noviziato Interprovinciale • PERUGIA Centro San Niccolò Porta Eburnea Piazza San Giovanni di Dio 4 - Cap 06121 Tel e Fax 075.5729618 • NAPOLI Ospedale Madonna del Buon Consiglio Via A. Manzoni 220 - Cap 80123 Tel 081.5981111 - Fax 081.5757643 www.ospedalebuonconsiglio.it • BENEVENTO Ospedale Sacro Cuore di Gesù Viale Principe di Napoli 14/a - Cap 82100 Tel 0824.771111 - Fax 0824.47935 www.ospedalesacrocuore.it • BRESCIA Centro San Giovanni di Dio Via Pilastroni 4 - Cap 25125 Tel 030.35011 - Fax 030.348255 [email protected] Sede del Centro Pastorale Provinciale Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico San Giovanni di Dio Via Pilastroni 4 - Cap 25125 Tel 030.3533511 - Fax 030.3533513 E-mail: [email protected] Asilo Notturno San Riccardo Pampuri Fatebenefratelli onlus Via Corsica 341 - Cap 25123 Tel 030.3501436 - Fax 030.3530386 E-mail: [email protected] • CERNUSCO SUL NAVIGLIO (MI) Curia Provinciale Via Cavour 2 - Cap 20063 Tel 02.92761 - Fax 02.9241285 Sede del Centro Studi e Formazione Sede Legale Milano: Via San Vittore 12 - Cap 20123 e-mail: [email protected] Centro SantʼAmbrogio Via Cavour 22 - Cap 20063 Tel 02.924161 - Fax 02.92416332 E-mail:a [email protected] • SAN COLOMBANO AL LAMBRO (MI) Centro Sacro Cuore di Gesù Viale San Giovanni di Dio 54 - Cap 20078 Tel 037.12071 - Fax 037.1897384 E-mail: [email protected] • SAN MAURIZIO CANAVESE (TO) Beata Vergine della Consolata Via Fatebenetratelli 70 - Cap 10077 Tel 011.9263811 - Fax 011.9278175 E-mail: [email protected] Comunità di accoglienza vocazionale • SOLBIATE (CO) Residenza Sanitaria Assistenziale San Carlo Borromeo Via Como 2 - Cap 22070 Tel 031.802211 - Fax 031.800434 E-mail: [email protected] Sede dello Scolasticato • TRIVOLZIO (PV) Residenza Sanitaria Assistenziale San Riccardo Pampuri Via Sesia 23 - Cap 27020 Tel 038.293671 - Fax 038.2920088 E-mail: [email protected] • VARAZZE (SV) Casa Religiosa di Ospitalità Beata Vergine della Guardia Largo Fatebenefratelli - Cap 17019 Tel 019.93511 - Fax 019.98735 E-mail: [email protected] • VENEZIA Ospedale San Raffaele Arcangelo Madonna dellʼOrto 3458 - Cap 30121 Tel 041.783111 - Fax 041.718063 E-mail: [email protected] Sede del Postulantato e dello Scolasticato della Provincia • CROAZIA Bolnica Sv. Rafael Milosrdna Braca Sv. Ivana od Boga Sumetlica 87 - 35404 Cernik E-mail: [email protected] MISSIONI • ERBA (CO) Ospedale Sacra Famiglia Via Fatebenefratelli 20 - Cap 22036 Tel 031.638111 - Fax 031.640316 E-mail: [email protected] • ISRAELE - Holy Family Hospital P.O. Box 8 - 16100 Nazareth Tel 00972.4.6508900 - Fax 00972.4.6576101 • GORIZIA Casa di Riposo Villa San Giusto Corso Italia 244 - Cap 34170 Tel 0481.596911 - Fax 0481.596988 E-mail: [email protected] • TOGO - Hôpital Saint Jean de Dieu Afagnan - B.P. 1170 - Lomé Altri religiosi Fatebenefratelli sono presenti in: • BENIN - Hôpital Saint Jean de Dieu Tanguiéta - B.P. 7