VITAOSPEDALIERA
Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana
POSTE ITALIANE S.p.A. - SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N° 46) Art. 1, Comma 2 - DCB ROMA
ANNO LXVI - N° 11
NOVEMBRE 2011
170° Anniversario del martirio di
FRA APOLLINARIO DE LA CRUZ
eroe nazionale delle Filippine
EDITORIALE
S O M M A R I O
RUBRICHE
4
Alla fine della vita
Impegno pastorale
5
Questioni bioetiche
e diversità culturali
6
Chiara ed Eluana
7
La prossimità degli sbarchi
8
Promuovere e difendere
la salute del bambino migrante
9
Lo studio delle vie biliari
con la RMN (colangio rm)
10
Raccolte sotto un unico titolo
le tante sue opere
XVI – I 4 “umori” ippocratici,
e costituzione e temperamento dellʼindividuo
11-14
Schegge Giandidiane N. 27
Una mostra a Manila per il IV Centenario
15
Il beato Guglielmo Llop
visse per 10 anni in Italia
16
Rinoplastica
17
Ventʼanni di “Capacha” in Spagna
DALLE NOSTRE CASE
18
Sacro Cuore di Gesù - Benevento
Benevento-Nazareth:
così lontane eppure così vicine
19
Buon Consiglio - Napoli
Nuova Comunità di Suore
20
Buccheri La Ferla - Palermo
Il nostro progetto di servizio civile
“sono qui con te”
La Madonna di Medjugorje
21
San Pietro - Roma
La consulenza genetica prenatale,
quando farla?
22
San Giovanni di Dio - Genzano
Koforidua Rehabilitation project - Ghana a favore dei bambini
23
Newsletter
VITA OSPEDALIERA
Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana
A N NO LXVI
MARIA, NOSTRO RIFUGIO
Q
uello che qui riproduciamo è
forse il più bel dipinto che ci sia
in Italia della Madonna del
Patrocinio, opera giovanile del famoso
pittore tedesco Albrecht Dürer. Se ne
conosce un disegno preparatorio del
1495 e si ritiene che fu tra i dipinti che
l’artista recò con se nel suo viaggio a
Venezia del 1505 per venderli e pagarsi
il soggiorno; esso appartenne dal 1774
al Convento delle Cappuccine di
Bagnacavallo (Ravenna) e ora è una
delle attrazioni del Museo aperto dal
1990 nei dintorni di Parma dalla Fondazione Magnani-Rocca.
I gesti e lo sguardo del fanciullino Gesù
ci suggeriscono la fiducia nel Patrocinio
che la Vergine non ci negherà mai nelle nostre difficoltà. Non a caso la più antica
invocazione alla Vergine, documentata già in un papiro copto del III secolo rinvenuto in Egitto e utilizzata in tutti i riti cristiani sia occidentali sia orientali, inizia con un
filiale affidamento alla materna protezione della Madonna: Sotto la tua protezione
cerchiamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che
siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o vergine gloriosa e benedetta.
San Giovanni di Dio amò sempre confidare nella Vergine e ne fu largamente
ricompensato. Come fece notare padre Gabriele Russotto, anche se non tutti gli
episodi mariani, riportati nelle antiche biografie seicentesche del Santo, possono
resistere a una critica rigorosa, tuttavia già il semplice fatto che ne sia stata tramandata religiosamente la memoria di generazione in generazione fino ai giorni
nostri, è una prova eloquente della sua alta spiritualità mariana. Uno tra i più noti
di tali episodi mariani è quello che colpì l’attenzione di sant’Alfonso Maria de’
Liguori, che volle citarlo nel suo libro le Glorie di Maria, ossia quando era a Granada ormai in fin di vita e la Madonna gli apparse per assicurargli che in cambio
della costante fiducia che egli aveva nutrito per Lei, non gli avrebbe ora negato il
suo celeste Patrocinio in punto di morte.
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Finito di stampare: ottobre 2011
In copertina: fra Apollinario de la Cruz, eroe
nazionale filippino della libertà (dipinto di Eladio
Santos nel Palazzo Presidenziale di Malacañan)
Seguendo le orme del Fondatore, anche i Fatebenefratelli hanno sempre nutrito
speciale fiducia nell’aiuto della Vergine, tanto che non solo usano concludere,
come venne prescritto da un’ordinanza del lontano 15 aprile 1668, ogni preghiera in comune con la sopra citata invocazione mariana, ma hanno tuttora come loro
principale festa mariana la solennità della Madonna del Patrocinio, come deciso
dal Capitolo Generale del 1736 e confermato con decreto rilasciato il 7 gennaio
1817 dall’allora Congregazione dei Riti, e ora Congregazione per il Culto Divino
e la Disciplina dei Sacramenti, che ne fissò la data della celebrazione liturgica al
terzo sabato di novembre, che quest’anno cade il giorno 19.
Questa fiducia nella Madonna i Fatebenefratelli cercano di trasmetterla a tutti i
loro assistiti, affinché si lascino aiutare dalla Madonna nell’affrontare il mistero
della sofferenza e della malattia. È un mistero arduo da comprendere, però da
quando Maria ricevette l’annunzio che l’amore di Dio si sarebbe in lei fatto dolore d’uomo, ogni dolore d’uomo sa di poter diventare il segno dell’amore che
salva: tuttavia necessita un sì, come il sì della Vergine, ed è appunto insieme con
Lei che può divenire più facile pronunciarlo.
CHIESA E SALUTE
ALLA FINE DELLA VITA
IMPEGNO PASTORALE
riconosciuto dai due) per condividere
con essi la loro esperienza umana in
un momento di buio della loro fede in
Gesù crocifisso e morto.
Fra Elia Tripaldi o.h.
In quel: “Noi speravamo che egli
fosse colui che avrebbe liberato Israele” pronunciato dai discepoli si sente
tutta la tristezza, la delusione e il
dolore di non poter più sperare nella
presenza di Gesù e nella partecipazione al suo Regno, così come avviene in
alcuni momenti della nostra vita in
cui i familiari del malato grave o del
defunto, delusi perché avevano sperato in una guarigione, nella continuità
della esistenza del loro caro. “Il cristianesimo ha un messaggio di vita da
annunciare non solo a coloro che soffrono, ma anche a quanti scelgono di
assistere e accompagnare i malati”
(Nota CEI, 18).
i potrebbe parlare tanto dei problemi che riguardano la vita, la
sua fragilità e la sua fine, come
anche Benedetto XVI non si stanca
mai di ricordare che “l’esigenza di
una presenza ecclesiale attenta e
capillare accanto ai malati, come
pure di una presenza nella società
capace di trasmettere in maniera efficace i valori evangelici a tutela della
vita umana in tutte le fasi, dal suo
concepimento al suo fine naturale”1.
S
pie e cure palliative, ossia la somministrazione ponderata di farmaci che
hanno lo scopo di alleviare il dolore.
“La risposta giusta alla sofferenza
alla fine della vita, sottolinea Benedetto XVI, è un’attenzione amorevole, l’accompagnamento verso la
morte – in particolare anche con
l’aiuto della medicina palliativa – e
non un attivo aiuto a morire”2. “Nessun credente, dovrebbe morire nella
solitudine e nell’abbandono”3.
La Chiesa, infatti, non può distrarsi, né sottovalutare il malato terminale per un’assistenza umana e religiosa adeguata, e perché i vari Stati che
legiferano a riguardo assicurino l’indispensabile nutrimento vitale a
chiunque, anche se la coscienza soggettiva del malato non è in grado di
collaborare in tale senso. La capacità
di vivere l’appuntamento con “sorella morte” è anche capacità di imparare a vivere il dono della vita: ars
moriendi – ars vivendi.
Il momento della morte che noi
cristiani chiamiamo “transito”, passaggio, esprime la nostra fede in Dio
che ci attende per i meriti della morte
e risurrezione di Cristo. Per questo
motivo, sia la famiglia che gli operatori sanitari, la società dei credenti e
quella civile, devono operare in
sinergia affinché, non solo il malato
viva dignitosamente la propria esistenza e la malattia, ma possa anche
“transitare”, attraverso la morte, nell’altra vita con la gioia di essere
accompagnato nella fraternità e nell’amore del prossimo.
L’accompagnamento del morente
non è solo un atto religioso, strettamente legato a una pastorale della
salute, ma anche un atto medico, un
atto di solidarietà e di amore per
accompagnare la persona con un
sostegno necessario attraverso tera-
4
Non è solo il malato terminale a
soffrire, ma è tutta la famiglia: i familiari del malato sono nello stesso
tempo non solo soggetti attivi di assistenza e sostegno psicologico per chi
soffre, ma anche soggetti sofferenti
che hanno bisogno a loro volta di un
adeguato sostegno, di una particolare
vicinanza per poter vincere le tensioni, affrontare i problemi del momento, rafforzare la fede in Dio che non
abbandona anche nei momenti più
difficili e duri della vita. A tale proposito mi sovviene la pagina del Vangelo di Luca (24,13-35) che racconta
l’avventura dei due discepoli che
lasciano sfiduciati Gerusalemme per
recarsi a Emmaus4 e ai quali si
accompagna Gesù in persona (non
La pastorale familiare della salute
è un’azione che deve coinvolgere
tutta la comunità cristiana attraverso
la cappellania (se si è in ospedale o
in un luogo di cura), i gruppi e movimenti carismatici, i volontari, il parroco, ecc. perché, come “comunità
sanante” sia proiettata in una missione terapeutica e nella vicinanza alla
persona per evangelizzarla, consigliarla e farle sentire il proprio affetto indispensabile negli ultimi
momenti della malattia e del disorientamento spirituale.
Il Sacramento della riconciliazione, il Sacramento dei malati e l’Eucaristia, farmaco dell’immortalità,
rappresentano i rimedi spirituali, i
sacramenti di guarigione come impegno pastorale alla fine della nostra
esistenza e alla luce del mistero pasquale di Cristo.
_________________
1
Dal Messaggio per la XVIII Giornata
Mondiale del Malato, 11 febbraio 2010
2
BENEDETTO XVI, Pensieri sulla
malattia, ed. Vaticana, pp. 62 - 63
3
Discorso di Benedetto XVI alla Pontificia Accademia della Vita, 25/02/08
4
Cfr TRIPALDI E., Rapha’el, l’angelo accompagnatore del malato, ISB,
Acireale (CT) 2002 p. 190 e ss.
BIOETICA
QUESTIONI BIOETICHE E
DIVERSITÀ CULTURALI
Raffaele Sinno
L
e differenti culture e sistemi,
pur nelle profonde divergenze
storiche e metodologiche, concordano, quando si confrontano, sul
valore da attribuire alla presenza dell’uomo, riguardo ai suoi inalienabili
diritti, e alle corrispondenti fragilità da
difendere.
un reale incontro sono le derive del
relativismo, nelle sue applicazioni di
disarticolazione delle società, e sul
versante opposto un fondamentalismo
che troppo spesso si considera solo
correlato a visioni religiose, mentre
spesso presenta connotazioni più
ampie, basti pensare a quelle teorie che
rifiutano ogni confronto con le innovazioni e le relative emergenze contemporanee, dalle questioni di giustizia a
quelle ambientali.
Per evitare che questi errori si radicalizzino è opportuno puntare a una
costruzione umana globale, in cui l’incontro delle diversità si fondi sulle
seguenti caratteristiche:
Tale comune massimo moltiplicatore è espresso nell’idea che ogni attività umana è finalizzata “a perseguire
obiettivi di verità, nel libero scambio
di idee e di conoscenze”1.
In questo periodo di continue trasformazioni sociali ed economiche, la
necessità dell’incontro tra strutture
socio-culturali si pone oltre le dinamiche economiche globali, per fondare e
gestire la reciprocità dei valori etici
universali, sui quali tessere ampie convergenze politiche.
Il progresso tecno-scientifico, contrariamente a quanto si sostiene da più
parti, ha determinato una velocizzazione e un ampliamento dei diritti fondamentali umani.
Questo concetto è stato ampiamente
espresso nella Dichiarazione dei diritti
fondamentali umani e bioetica, emanata
il 19 ottobre 2005, in cui nell’articolo
primo si recita: “L’importanza delle
diversità e del pluralismo dovrà assumere un doveroso impegno. In ogni caso,
qualsiasi considerazione non potrà mai
essere invocata per violare la dignità
umana e le libertà fondamentali”2.
Le relazioni umane siano rispettose
delle diversità, in modo da tralasciare il
giudizio sulle opportunità, e puntare al
recupero dei sentieri condivisi;
Evitare sistemi di indottrinamento
culturale, nel rispetto di quei percorsi
operanti per la difesa della dignità
della persona umana;
Proporre un equilibrio, e non una
globalizzazione finalizzata al raggiungimento dei consumi da ottenere a
qualsiasi prezzo, a discapito di culture
che sono ancora interpretate come
concorrenziali;
Far emergere le differenze, quali
necessità, su cui elaborare politiche di
condivisione e non di separazione3.
La diversità si fonda sul valore
della dignità della vita, che deve essere sempre considerato un fine da
rispettare, e mai un mezzo da quanti-
ficare o strumentalizzare.
I punti sui quali le convergenze sono
auspicabili sono:
Un diritto, che nel riaffermare il
valore dell’uguaglianza, spesso confuso con l’identità, garantisca e difenda
l’interazione espressiva tra gli uomini;
La prospettiva relativista sia considerata nel suo aspetto di consapevole tolleranza, piuttosto un’ottica di giustapposizione che ritiene la pluralità irriducibile a
una condivisione comune.
La prospettiva razionale sia capace
di cogliere il valore intrinseco della
natura umana.
In definitiva, la questione del rapporto tra la riflessione etica e bioetica
e le diversità culturali pone interessanti spunti di una nuova riflessione contemporanea, investendo diversi ambiti
e settori dell’agire umano. Risulta conclusiva l’idea che nessuna accettazione
delle differenze può emergere se si utilizza una metodologia che delegittima
il senso della presenza etica dell’uomo
nel creato, valore comunitario, sociale,
politico, e religioso, di fatto, da ridistribuire con altri uomini, con distinte
storie, ed eterogenee posizioni. Siamo
tutti Immagine di Dio, anche quelli che
ci appaiono troppo diversi e lontani,
mentre in realtà non attuiamo quella
saggezza che ci vedrebbe costruttori
non del “minimo” da condividere, ma
del “massimo” da costruire.
_________________
1
Albert Garcia, Reflection from experience on cultural diversity and commonality, in “ Studia Bioethica”, Vol.2, n.3,
Roma 2009, p.44
2
U.N.E.S.C.O., Universal Declaration
on Bioethics and Human Rights, 19
October, 2005
3
Raffaele Sinno, Corso di Bioetica sulla
vulnerabilità e fragilità umana, una cultura da costruire Roma 2010
I maggiori pericoli che minacciano
5
AT T U A L I T À
CHIARA ED ELUANA
Pier Angelo Iacobelli
S
tavo riponendo un agile volumetto, sulla storia di Chiara
Badano, a non pochi nota come
Chiara Luce, e mi sono accorto che a
fianco ve ne erano alcuni che trattavano di un’altra ragazza, anch’essa dei
nostri giorni, sua coetanea: Eluana
Englaro.
Di entrambe ho già avuto occasione
di trattare, in questa o in altra rivista.
Un percorso singolarmente parallelo,
per taluni versi; diametralmente
(apparentemente?) opposto per altri.
Entrambe hanno avuto un’esperienza traumatica in giovane età: Chiara, a
diciassette anni, è stata colpita da un
osteosarcoma, tumore devastante, che
in meno di due anni l’ha portata a una
morte, non soltanto accettata, ma
accolta come un vero e proprio dono.
In qualche modo, si potrebbe addirittura dire “con gioia”.
Ovviamente, è un termine sul quale
è doveroso soffermarsi, per evitare di
scadere nel patetico, banalizzandolo:
non è davvero scontato in una diciassettenne accettare con facilità che la
sua vita stia rapidamente (e traumaticamente) volgendo all’epilogo.
Per contro, non si può minimizzare
la forza della sua fede in una esistenza che non si fermi di fronte al cancello di un cimitero, ma che vada
oltre, proseguendo in modo luminoso.
Sull’altro fronte, Eluana ha subito
(il termine è quello giusto?) anch’essa
un radicale sconvolgimento della sua
esistenza: a ventun’anni (Chiara era
morta da poco più di uno), per un incidente automobilistico, è stata ridotta
in quella condizione di coma, dal
6
quale non si sarebbe più svegliata;
morendo, come tutti sappiamo, circa
sedici anni più tardi, per sospensione
dell’alimentazione.
Non voglio affatto tornare su quella che è stata una vera e propria
bagarre mediatica, quanto piuttosto
confrontare queste due figure, per
ricavarne quegli insegnamenti che, in
un modo o nell’altro, entrambe ci
hanno lasciato.
Per trattare di loro è inevitabile considerare le rispettive famiglie di origine: Chiara è cresciuta in un ambiente
con forti connotazioni cristiane; a differenza di Eluana. Pur se, nel caso di
quest’ultima, le decisioni non sono
state prese da lei, bensì da altri che
(necessariamente) le si sono sostituiti,
principalmente il padre.
La famiglia: quella di Chiara, si è
lasciata in certo senso guidare, ma
anche istruire dalla figlia; la quale,
messi a frutto gli insegnamenti ricevuti, li ha ulteriormente sviluppati,
insegnando a sua volta l’importanza e
la ricchezza di quell’incontro, che lei
si stava accingendo a realizzare.
Nei confronti di Eluana, la famiglia
si è imposta (e non poteva non farlo),
ma secondo gli schemi di una visione
(esclusivamente?) terrena, sia pure
con uno strazio che è ben difficile
immaginare per chi non sia direttamente coinvolto. Una visione che non
lasciava altra possibilità se non il
ricordo; con una chiusura verso un
futuro che per loro si presentava
sostanzialmente vuoto? Non conosco i
suoi famigliari, specie suo padre, che
tanta parte ha avuto nella sua storia,
ma certo non ho avuto modo di leggere nulla che parlasse realmente di vita,
vita oltre la morte.
La forza di Chiara, si potrebbe dire,
essersi fondata sulla frase: «Se lo vuoi
tu, Gesù, lo voglio anch’io»1. Parole
non solo pronunciate, quanto piuttosto
vissute intimamente, al punto di cambiare la sua stessa prospettiva di vita;
e, conseguentemente, di coloro che le
stavano intorno o che avrebbero avuto
modo di frequentarla, anche dopo la
sua morte.
Di taglio affatto diverso la figura di
Eluana, emergente dalla descrizione
del padre, che la definisce più volte
come un «purosangue della libertà»2.
Vi sarebbe non poco da approfondire
su entrambi i termini: cosa che non
ritengo opportuno fare in questa sede.
Non è possibile, però, ignorare la
profonda differenza di quelle due figure, come dicevo sopra, tanto simili e
contemporaneamente tanto diverse.
Chiara ha lasciato a ognuno di noi un
messaggio di pace e di speranza (la
prima nasce dalla seconda). Eluana ha
prodotto un senso di profonda tristezza.
Forse perché la libertà necessariamente non può ridursi ad amare lo
sport (lo hanno fatto entrambe) né,
tantomeno, a fare ciò che ognuno vorrebbe. La libertà ha una connotazione
immensamente più vasta: si fonda
sulla consapevolezza che ognuno di
noi è personalmente amato da quel
Dio che altro non vuole se non il
nostro bene più grande.
Pochi concetti, e soltanto accennati:
un invito alla ricerca personale.
_________________
1
M. ZANZUCCHI, «Io ho tutto» i 18
anni di Chiara Luce, Città Nuova,
Roma 2010, 33
2
B. ENGLARO con E. NAVE, Eluana. La libertà e la vita, Rizzoli, Milano
2008, 23
SOLIDARIETÀ TRA I POPOLI
LA PROSSIMITÀ DEGLI SBARCHI
Simone Bocchetta
D
ovevano essere milioni, invece sono poche decine di
migliaia. Volevano la libertà,
ma se avessero saputo attendere,
avrebbero trovato un casinò. Un campo
da golf, una piccola Portofino.
Qui sbarcheranno gli immigrati che
nei prossimi mesi cercheranno, invece,
come tanti altri di arrivare semplicemente a Lampedusa.
Al di là del traballante e curioso
mondo politico italiano, resta la prossimità degli sbarchi. Sono sbarchi di persone a noi prossime, in molti sensi.
Vicini di casa, che andrebbero amati
come noi stessi.
Collettività, paesi e popoli del Mediterraneo si confrontano con eventi che
chiamano in causa la loro identità profonda e sollecitano a decisioni sulla
direzione in cui procedere.
Non si possono negare la complessità della situazione, le contraddizioni
delle norme esistenti, i rischi di abusi,
le fatiche della collaborazione internazionale, l’enfatizzazione eccessiva dei
media, e senza dimenticare che parte
della ricchezza che oggi sentiamo
«minacciata» dall’arrivo dei migranti è
stata costruita anche sullo sfruttamento
delle risorse dei loro Paesi, questi sbarchi riaprono per noi oggi una dinamica
antica, che richiede in primo luogo di
non chiudere gli occhi.
Una dinamica che esiste da quando
esiste l’uomo: si tratta dell’esperienza
radicalmente umana di sentirsi chiamati in causa dalla sofferenza altrui e contemporaneamente di avvertire la mancanza di risposte adeguate e la resistenza a lasciarci coinvolgere. Empatia.
Questi sbarchi, a seguito delle rivoluzioni e delle guerre in Africa setten-
trionale ma non solo, pongono un
interrogativo su che cosa possiamo, e
quindi vogliamo e dobbiamo, essere
come Paese.
Si potrebbero scomodare le riflessioni di Immanuel Kant, che di fronte al
male percepiva la bellezza del destino
umano nella necessità del rispetto, o di
Emmanuel Lévinas, per il quale il
volto dell’altro costituisce un appello
originario alla coscienza.
Oppure si può tenere sempre presente una famosissima pagina evangelica,
quella del buon samaritano (Luca 10,
25-37), corredata, magari dalla lettera
pastorale di 25 anni fa del card. Carlo
Maria Martini, intitolata Farsi prossimo e disponibile all’indirizzo web
www.chiesadimilano.it, che mantiene
inalterata la vitalità del suo messaggio.
La parabola è narrata in risposta a un
dottore della legge che aveva chiesto a
Gesù: «Chi è il mio prossimo?» Come
sottolinea Giacomo Costa S.I. nell’editoriale dell’ultimo fascicolo (05-2011)
di Aggiornamenti sociali, «l’arco aperto dalla domanda si chiude con la sbalorditiva risposta di Gesù, espressa al
dottore della legge e a tutti noi in forma
di domanda: “Secondo te, chi si è fatto
prossimo dell’uomo aggredito dai briganti?”. Come sottolinea il card. Martini, “Prossimo non è colui che ha già
con me dei rapporti di sangue, di razza,
di affari, di affinità psicologica.
è qualcosa che si diventa, una dinamica e, in fin dei conti, una scelta» (p.
327).
La scelta della prossimità, la scelta di
essere uomini tra gli uomini, di accogliere prima che respingere, di amare
prima e oltre i pericoli dell’amore per il
prossimo. Pericoli che vi sono sempre,
altrimenti non sarebbe amore. L’incondizionato contro le condizioni del
mondo, l’andare nelle profondità più
intime e più colme di verità dell’essere
umano e del rapporto tra esseri umani.
Questa prospettiva, tanto vitale
quanto impegnativa, riafferma la
necessità della formazione delle nostre
coscienze, non soltanto per riceverne
un richiamo -a volte salutare- al dovere del rispetto altrui. Essa è più profondamente un delicato strumento attraverso il quale ci abituiamo a cogliere i
nostri desideri più profondi e a orientarci nelle scelte difficili. Ci auguriamo
che come Paese sappiamo cogliere
l’opportunità che gli sbarchi ci offrono
per camminare in questa direzione (cfr
ancora G. Costa, Sbarchi: fare finta di
niente o farsi prossimi?, in Aggiornamenti sociali 05-2011, passim). Mentre
ci chiedono un aiuto immediato, di
emergenza, e la predisposizione di
piani per soluzioni più definitive, che
dovranno essere articolate e differenziate, gli immigrati che sbarcano sulle
nostre coste offrono a noi, come italiani e come Italia, l’opportunità di fare
una scelta, che coinvolge i migranti
quanto noi stessi, menefregarsene o
approssimarsi?
Prossimo divento io stesso nell’atto
in cui, davanti a un uomo, anche
davanti al forestiero e al nemico, decido di fare un passo che mi avvicina, mi
‘approssima’” (n. 39). Essere “prossimo” non è dunque una caratteristica
che discrimina chi la possiede da chi
non la possiede, giustificando la limitazione dell’impegno. Essere “prossimo”
7
SANITÀ
PROMUOVERE E DIFENDERE LA
SALUTE DEL BAMBINO MIGRANTE
Art.22 “Se sei un rifugiato (se devi lasciare la tua nazione perché; viverci sarebbe
pericoloso per te) hai il diritto di essere protetto e aiutato in modo speciale”.
Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (UNICEF)
Mariangela Roccu
N
egli ultimi dieci anni il fenomeno della globalizzazione ha
coinvolto sempre più la vita
quotidiana degli Europei, poiché L’Unione Europea sta includendo molti
paesi e sta abbattendo le frontiere che
da molto tempo limitavano il libero
flusso di persone. Questo determina
difficoltà nell’integrazione tra le culture, le tradizioni, le religioni degli
immigrati a causa delle differenze nel
modo di vivere, nei valori, nelle abitudini alimentari, nello stile di vita, nell’educazione e nelle relazioni. Queste
differenze portano spesso a uno stato di
isolamento degli immigrati, che cercano rifugio all’interno di un confine che
li separa dalla società circostante;
all’interno di tale confine viene valorizzato il paese d’origine e i suoi valori fondanti.
Nell’ambito dell’assistenza sanitaria,
il rapportarsi con clienti di diverse culture ed etnie rappresenta un’importante sfida per i professionisti infermieri, i
quali sono chiamati a dimostrare competenze professionali-relazionali in
ogni circostanza e attraverso ogni cultura.
Il quadro teorico dell’infermieristica
transculturale è stato sviluppato per
supportare gli Infermieri in questa
importante sfida. In Italia, paese multietnico soltanto di recente, l’infermieristica transculturale è un concetto
8
relativamente nuovo e i curricula dei
corsi di laurea in Infermieristica solo
sporadicamente dedicano spazio all’argomento.
Un’area dell’assistenza infermieristica dove si richiede imprescindibilmente, l’erogazione di cure culturalmente
competenti è il campo della cura dei
bambini, in un contesto di family-centered care.
I bambini immigrati, infatti, sono
esposti a molti fattori di rischio che
possono avere un’influenza negativa
sulla loro salute, quali: la difficoltà dei
genitori nel comprendere il funzionamento del servizio sanitario nazionale,
differenze culturali, difficoltà nell’uso
della lingua dello stato ospitante da
parte dal bambino e dei suoi familiari,
povertà, sovraffollamento nell’abitazione in cui vive il bambino o la posizione giuridico-legale dei genitori
rispetto alla legge del paese ospitante.
Le disparità nelle condizioni economiche in cui si trovano i bambini sono da
imputare al fatto che quasi la metà dei
genitori immigrati lavorano in settori
che sono sottopagati.
La legislazione italiana sancisce che
i bambini fino a 18 anni d’età senza un
permesso di soggiorno hanno il diritto
di accedere gratuitamente al Servizio
Sanitario Nazionale, ma le famiglie di
immigrati, in particolar modo quelle
irregolari, possono essere spaventate
dal contatto con i servizi sanitari, perché temono che questo possa dare
luogo a un rimpatrio. A motivo della
scarsa conoscenza della lingua, hanno
difficoltà a comprendere come accedere ai servizi sanitari e come utilizzarli;
hanno difficoltà a capire la terminologia utilizzata dai professionisti sanitari
e a decodificare il significato di espressioni che non hanno un corrispettivo
nella lingua di origine. Un altro potenziale problema è costituito dall’uso
delle medicine complementari o alternative che prevedono trattamenti che
danneggiano il bambino o che possono
mettere in pericolo la sua salute.
È quindi un imperativo etico-professionale per gli infermieri che si occupano dei bambini, promuovere l’alfabetizzazione sanitaria dei bambini
immigrati per fornire cure culturalmente competenti.
I servizi sanitari devono garantire la
presenza di mediatori culturali accreditati che siano in grado di comunicare
accuratamente i bisogni del bambino e
della sua famiglia e le loro richieste di
informazioni al pediatra, all’infermiere
e a tutta l’équipe interdisciplinare.
Assicurare che i bisogni di salute dei
bambini immigrati vengano soddisfatti
è il primo passo per promuovere la
salute di tutti.
SANITÀ
LO STUDIO DELLE VIE BILIARI
CON LA RMN (COLANGIO-RM)
Raffaele Villanacci
L
o studio delle vie biliari è stato
sempre un grosso problema
nella diagnostica strumentale.
In passato tale necessità veniva assolta
da mezzi di contrasto iniettati EV che
venivano eliminati, quasi esclusivamente, nelle vie biliari (Biligrafia EV).
Esame, questo, lunghissimo, con utilizzo di notevole dose di radiazioni e
non scevro di rischi; il mezzo di contrasto è stato ritirato dal commercio per
la sua pericolosità e tossicità.
In epoca recente la diagnosi è stata
affidata, maggiormente, all’ecografia
che soffre, però, di limitazioni quali il
meteorismo o la scarsa collaborazione
del paziente ed alla ERCP, studio delle
vie biliari in corso di endoscopia digestiva, con iniezione di mezzo di contrasto direttamente nel coledoco.
L’ERCP è oggi riservata, quasi
esclusivamente, per la chirurgia endoscopica delle vie biliari e non per la
diagnosi. Poco valore nello studio delle
vie biliari, riveste la TAC, anche con
contrasto EV essendo questa metodica
poco sensibile alla ricerca di calcoli nel
coledoco nel mentre conserva il suo
valore nello studio della patologia
tumorale della confluenza degli epatici
comuni e nel tumore della colecisti.
Con l’avvento della Risonanza Magnetica Nucleare le cose sono cambiate e,
oggi, gran parte delle necessità diagnostiche biliari si avvalgono di questa
metodica conosciuta come colangioRM (tecnica non invasiva).
pleti e in tempi ridotti. Ciò permette di
superare il problema dei movimenti
involontari, quali sono a esempio la
peristalsi intestinale, il battito cardiaco
o la stessa attività respiratoria. Per eseguire uno studio delle vie biliari è
necessario un digiuno nelle 6 ore precedenti l’esame in modo da permettere
il riempimento della cistifellea e lo
svuotamento gastrico.
Il paziente beve succo di ananas o
mirtilli al fine di ridurre il segnale proveniente dallo stomaco che potrebbe
dare artefatti o inficiare una idonea
visualizzazione delle vie biliari. L’intero esame non supera i 30 minuti ed è
necessaria l’immobilità. Purtroppo la
conformazione delle apparecchiature,
che sono imponenti, possono creare
problemi di adattamento ai soggetti
claustrofobici.
Le immagini ottenute (T2 pesate)
mostrano i fluidi stazionari (come la
bile) come formazioni ad alta intensità
(iperintensi: bianchi) e, quindi, con
contrasto ottimale. È possibile la ricostruzione tridimensionale dell’anatomia biliare normale o patologica.
Le indicazioni alla colangio-RM
sono: il sospetto di calcolosi del coledoco e/o pancreatite cronica, la pianificazione dell’intervento chirurgico
(ricostruzione dell’anatomia biliare),
lo studio di varianti anatomiche (es:
pancreas divisum), la dimostrazione di
colangite sclerosante, cisti del coledoco, stenosi post-chirurgiche, lo studio
di pazienti con epato-digiunostomia (la
ERCP non è eseguibile a causa delle
modificazioni della normale anatomia
biliare), la caratterizzazione delle neoplasie. I vantaggi della RM sono la non
invasività, l’assenza di radiazioni
ionizzanti, lo studio dopo anastomosi
chirurgiche e l’assenza di complicazioni se paragonata alla ERCP.
L’accuratezza nell’individuare calcoli è pari al 90-95% con sensibilità del
90% e specificità del 98%. I falsi positivi e falsi negativi sono dovuti o alla
perdita dei calcoli più piccoli, nella
ricostruzione delle immagini, o alla
perdita del segnale nel caso di ostruzione completa del dotto comune a
causa di un calcolo, la pneumobilia o la
mancata diagnosi differenziale tra piccoli calcoli e bolle d’aria.
Le controindicazioni sono la presenza di pacemaker cardiaco, clips ferromagnetiche di aneurismi, corpi metallici intraorbitali e claustrofobia severa.
Per la visualizzazione dei dotti, in
genere, non sono necessarie iniezioni
di mezzo di contrasto EV (è, però, possibile integrare lo studio basale con
iniezione di mezzo di contrasto EV
paramagnetico sia usuali che epatospecifici). Il progresso delle macchine
di RMN ha consentito lo studio di tali
patologie grazie alle apparecchiature
ad alto campo magnetico (1,5 Tesla),
che consentono di eseguire esami com-
9
IL CAMMINO DELLA MEDICINA
RACCOLTE SOTTO UN UNICO
TITOLO LE TANTE SUE OPERE
XVI – I 4 “umori” ippocratici,
e costituzione e temperamento dell’individuo
Fabio Liguori
N
ell’epopea omerica (XIV–XIII
sec. a.C.), anche se le guarigioni dipendevano sempre
dalle divinità, il medico era tenuto in
gran considerazione perché “è un
uomo che vale molte vite” (Odissea).
Nei poemi si parla infatti di estrazioni
di frecce e giavellotti, rimedi contro
emorragie, vino e bevande a rianimare
sofferenti, e 147 diverse ferite opportunamente trattate con balsami e fasciature (Iliade).
Quando lo stupore dinanzi all’imponenza di fenomeni naturali attribuiti
agli dei cede alla “curiosità” di comprenderne le cause, anche per la medicina si chiude il ciclo teurgico-magico
e inizia quello naturalistico: il medico
non interroga più sacerdoti e astri, né
pronuncia formule rituali, ma studia
l’uomo e la sua vulnerabilità.
Nonostante che la nascita del pensiero scientifico (Talete: “di cosa è fatto il
mondo?”) sia avvenuta nelle colonie
italiche della Magna Grecia (Crotone,
Agrigento), è in Grecia che, con Ippo-
Ippocrate
10
crate (Coo 460 a.C. – Larissa 377
a.C.), si completa l’affrancamento
della medicina dalle pastoie empiricoreligiose, e nasce il concetto di clinica
(dal greco klinikè = letto).
Proveniente da una famiglia aristocratica (il padre probabilmente medico), Ippocrate si formerà viaggiando
dalla Mesopotamia all’Egitto (all’epoca il più avanzato nelle scienze e nella
tecnica), e spinto da una profonda comprensione del dolore metterà il medico
al servizio del malato, al suo capezzale.
Acquisterà fama come medico contribuendo a debellare la grande peste di
Atene (429 a.C.), ma soprattutto per la
sua attività di “maestro”. Circa 70 sue
opere saranno raccolte dai bibliotecari
di Alessandria sotto un unico titolo:
Corpus hippocraticum. Il testo più
celebre è il giuramento, che sposa gli
ideali della sacralità della vita.
Secondo la scuola ippocratica nulla
del malato doveva sfuggire all’occhio
attento del medico: dall’accurata raccolta della “storia” (primo abbozzo di
“cartella clinica”) allo studio dei sintomi e all’esame fisico del paziente.
Ricerca, cioè, del razionale nelle condizioni e specifiche circostanze del
malato, innovativa premessa all’approccio pratico della malattia.
Non si sa come sia nata la sua “teoria
umorale” secondo cui lo stato di salute
(o malattia) dipendeva dall’armonico
equilibrio (o rottura) dei quattro
“umori” corporei: il sangue (dal cuore),
la bile gialla (dal fegato), la bile nera (o
atrabile, dalla milza), infine una sorta
di muco detto flegma proveniente dal
cervello. L’equilibrio organico è
responsabile della costituzione dell’individuo, mentre per quello psichico è
dal prevalere di un umore sugli altri che
discende il temperamento, ancora oggi
detto sanguigno, biliare, flemmatico e
atrabiliare (malinconico).
Costantemente “rinnovati” attraverso
il cibo e “mescolati” dal cuore, gli
umori sono influenzati da fattori
ambientali (alimentari, igienici, climatici), comprese le occupazioni del
paziente e il regime politico-sociale (la
democrazia greca è “sana” per eccellenza, il dispotismo orientale è invece
“patologico”). Per la prima volta viene
così riconosciuta l’incidenza, nelle
malattie, di fattori esterni all’individuo.
L’etica che il padre della medicina
trasmetterà rispecchia l’ideale del medico al servizio dell’uomo, al di sopra di
qualsiasi divisione tra essi. In un rapporto medico-paziente di tipo paternalistico, il dovere del medico sta nel ristabilire la salute del paziente, quello del
paziente nell’accettare l’operato del
medico con la certezza che responsabilmente agisca per il suo bene.
A partire dal XVI sec. le rivoluzioni
politico-religiose-sociali trasformeranno questa “sudditanza” in rispetto reciproco: ogni persona è individuo autonomo e indipendente, in grado di servirsi della propria ragione. Bisognerà
attendere il XX secolo per vedere riconosciuta al malato la libertà nella scelta della terapia.
Schegge Giandidiane N. 27
Una mostra a Manila
per il IV Centenario
A tagliare il nastro della Mostra
la mattina dello scorso 15 ottobre
sono simpaticamente intervenute
Autorità ecclesiastiche e civili,
tra cui il Presidente della Conferenza Episcopale delle Filippine,
mons. Nereo P. Odchimar; il dr.
Luca Fornari, Ambasciatore dell’Italia nelle Filippine; mons.
Edgardo S. Juanich, affiliato al
nostro Ordine e Vicario Apostolico di Taytay; don Riccardo F.
Valencia, vicario del Santuario,
che ha sostituito il Rettore, assente per malattia. La quinta forbice
a tagliare il nastro, che era sorretto da suor Aniceta C. Beljot,
nostra collaboratrice in Quiapo, è
stato il padre Generale dei Fatebenefratelli, fra Donato Forkan.
A dar un tono d’internazionalità
all’apertura della mostra c’è stata la
presenza di molti membri della
Curia Generale del nostro Ordine
e dei rappresentanti delle nostre
Comunità del Lontano Oriente,
convenuti nelle Filippine per un
Incontro dei Responsabili della
formazione iniziale dei Confratelli.
La Mostra s’è conclusa con una
Messa nella Sala, concelebrata il
pomeriggio di sabato 29 ottobre
dai due cappellani della nostra
Casa di Manila ed a cui hanno
assistito gli svariati collaboratori
del Santuario che, coordinati con
grande impegno dall’ing. Vittorio
G. Mallillin, hanno programmato
ogni dettaglio dell’avvenimento e
allestito gli stand espositivi. Al
termine del Rito il Superiore delle
Delegazione Provinciale delle
Filippine, fra Eldy L. de Castro,
che già il 15 ottobre aveva dato il
benvenuto a coloro che erano
intervenuti all’inaugurazione della
Mostra, ha preso la parola per rin-
graziare di cuore quanti hanno
contribuito al suo successo.
Uno dei risultati della mostra è
stato l’aver messo in nuova luce
due glorie dell’antica nostra Vice
Provincia Filippina: l’assai valente incisore fra Ippolito Ximenez e
l’eroe nazionale della libertà, fra
Apollinario de la Cruz.
Curiosamente, ebbero entrambi
stretti rapporti con un identico
ceppo familiare, quello di un certo
Antonio Fernández de Roxas che,
partito da Acapulco nel 1695
come ufficiale di rotta del galeone
San José, quando arrivò a Manila
vi si stabilì per sempre. Un suo
discendente, Domingo Roxas, su
cui poi torneremo e che nel 1834
aveva fondato con Antonio de
Ayala quella che è ancor oggi tra
le più floride imprese commerciali filippine, patirà nel 1841 ben sei
mesi di carcere per essere stato il
Taglio del nastro alla Mostra in Manila
F. G. M. : Schegge Giandidiane. N. 27 - Una mostra a Manila per il IV Centenario
R
La Mostra è restata aperta due
settimane, rimanendovi presente
a rotazione qualcuno di noi per
guidare i visitatori e fornire altri
dati, oltre a quelli ricavabili dalle
ampie schede informative poste
accanto ad ogni pezzo esposto.
109
icorrendo il IV Centenario
del primo arrivo dei nostri
Confratelli nelle Filippine,
una Mostra storica sugli eventi e
su alcuni personaggi, che hanno
caratterizzato nei secoli la nostra
presenza in questo arcipelago, è
stata ospitata in una Sala di un
noto Santuario di Manila, a noi
vicino ed intitolato al Nazareno,
il cui Rettore è mons. Giuseppe
Clemente F. Ignacio, da sempre
nostro assiduo benefattore.
personaggio più in vista ad aver
preso le difese della Confraternita
di San Giuseppe, fondata dal
nostro fra Apollinario.
Tornando all’ufficiale di rotta,
fu lui a delineare tra il 1714 ed il
1720 la pianta topografica più
accurata dell’antica Manila ed il
suo disegno fu inciso su rame da
fra Ippolito Jiménez, che così vi si
firma al termine di una solenne
dedicatoria racchiusa in un gran
cartiglio laterale: Fr. Hipolito
Ximenez dl. Orden dla. Hospit. d dl
Glor. ° S. Juan d. Dios, ossia Fra
Ippolito Jiménez dell’Ordine dell’Ospitalità del Glorioso San Giovanni
di Dio. Dopo la firma si legge in
basso una data, la cui penultima
cifra è illeggibile: c’è chi propone
1717, ma l’unica lettura logica è
1737, poiché v’è una dedica al
sovrano da parte di Fernando Valdés Tamón, che fu Governatore
delle Filippine dal 1729 al 1739.
110
F. G. M. : Schegge Giandidiane. N. 27 - Una mostra a Manila per il IV Centenario
Primo fra noi Fatebenefratelli a
segnalare quest’incisore fu fra
Luigi Ortega Lazaro, instancabile
investigatore delle vicende del
nostro Ordine nell’antico impero
coloniale spagnolo, alle quali egli
dedicò numerosi articoli, poi nel
1992 riuniti in un volume, in cui
Copia a colori della mappa di Manila del 1737
enumera come opere firmate da
fra Ippolito Jiménez ed indicate
perciò nei cataloghi settoriali,
non solo la suddetta pianta di
Manila, di cui nella nostra mostra
era esposta una maxiriproduzione,
ma anche altre tre incisioni.
La più antica d’esse, segnalata
dal bibliofilo Francisco Vindel, è
firmata “Ftr. Hipp. Sculp. Ord. S.
Joan. Dei” , ossia Fra Ippolito scolpì
dell’Ordine di S. Giovanni di Dio, e
reca la data del 1715. Raffigura la
facciata dell’appena riedificata
Chiesa della Madonna di Guia ed
adorna un opuscolo celebrativo,
pubblicato nel 1717 a Manila dall’agostiniano Gaspare di Sant’Agostino Cañellas Vallejo e la cui
unica copia nota è nella Biblioteca Nazionale di Madrid. Nella
mostra di Manila abbiamo esposto
una maxiriproduzione di tale incisione, che già demmo a conoscere
nelle pagine di “Vita Ospedaliera”
del gennaio 2006. Vindel considera quest’incisione come “il
capolavoro di fra Ippolito, che
mostra possedere autentiche doti
d’artista, raffigurandovi con somma
fedeltà la meravigliosa facciata del
santuario di Nostra Signora di
Guia” . L’impegno con cui l’artista
eseguì il lavoro penso sia legato
Ritratto di Benedetto XIII
alla devozione che sempre ebbero
i nostri confratelli di Manila per
codesto santuario, poiché la loro
prima fondazione nelle Filippine
nacque accanto ad esso, in un edificio che donò loro la Diocesi e
nel quale aprirono un Convalescenziario: e proprio per tale
devozione fu, giusto al tempo del
nostro incisore, concesso alla
nostra Comunità d’essere inclusa
tra quelle alternantisi nel solenne
Novenario con cui veniva affidata alla protezione della Madonna
di Guia ogni partenza del galeone.
La seconda incisione, che il
bibliofilo José Toribio Medina
segnalò inserita nelle Ordinanze e
Costituzioni della Confraternita
della Santa Misericordia, edite a
Manila nel 1724 da Juan Correa,
è una presentazione di Maria al
Tempio (è visionabile nel sito
flickriver.com/photos/victorancheta/4828222023/). L’autore la
firmò con un sintetico “Hip.
sculp.” .
La terza incisione si trova nella
biografia di Papa Benedetto XIII,
scritta dal domenicano Manuel
José Medrano e edita nel 1727,
nella quale figura un ritratto del
pontefice, che reca in calce la
Quando iniziò l’espansione in
America degli Ordini Religiosi, ci
fu disponibilità ad accogliere i
nativi, ma poiché nessuno riuscì a
perseverare, ci si convinse che
non erano maturi e d’allora in poi
furono accettati solo come oblati,
ossia senza obbligo di Voti. Tale
pregiudizio perdurò fino alla fine
del dominio spagnolo, facendosi
qualche rara eccezione solo per i
meticci. Questo spiega perché fra
Apollinario, non essendo sangue
misto, entrò da noi come oblato.
Era nato ad Abang, un villaggio di
Lucban (in Provincia di Tayabas,
oggi Quezon), il 22 luglio 1815 da
due giovani contadini, Pablo de la
Cruz e Juana Andrea, che erano
allora lui sui 25 anni e lei sui 20.
Fu accettato da noi giovanissimo,
poiché allora nei climi tropicali si
usava abbassare a 15 il limite dei
18 anni compiuti, previsto dal
Diritto Canonico per abbracciare
la Vita Religiosa.
Spinto dal Superiore, egli riuscì
a trovare diversi benefattori per
riprendere con l’antica solennità
Fra Apollinario dando un quadro del Santo ad un socio
Fra Apollinario de la Cruz
il Settenario a San Giuseppe e la
Messa votiva ogni 19 del mese. I
benefattori erano meticci cinesi,
divenuti ricchi commerciando, e
che spesso facevano consistere la
fede quasi solo nell’elargire offerte
per le feste religiose. Ciò non
piacque a fra Apollinario, che nel
1831 cominciò ad ipotizzare una
Confraternita in onore di San
Giuseppe, chiusa ai ricchi meticci
e riservata alla povera gente di
razza filippina, disposta a nutrire
la propria fede con momenti di
preghiera quotidiani e col riunirsi
ogni 19 del mese per una Messa in
onore dello Sposo di Maria.
I primi aderenti indigeni furono
accolti già nel 1832 e presto la
Confraternita andò estendendosi
in Manila e specie nelle confinanti Province di Tayabas, Laguna e
Batangas, dove egli era inviato a
questuare: vi organizzò i soci in
gruppi di dodici e manteneva i
contatti tramite circolari. Questa
era la formula d’adesione: Io,
schiavo di Gesù Sacramentato e
della Santissima Vergine Maria,
prostrato ai vostri piedi, o mio Padre
e Patrono, San Giuseppe, prometto
di recitare sette volte al dì un Padre
Nostro, Ave Maria e Gloria al
Padre, meditando i sette dolori e le
F. G. M. : Schegge Giandidiane. N. 27 - Una mostra a Manila per il IV Centenario
Da questo suo libro risulta che
fu il Maldonado, nato in Messico
a Cuautla (Morelos) e dal 1727 di
Comunità a Manila, a fomentarvi
la devozione a San Giuseppe. In
quel tempo la nostra Chiesa era
fatiscente e pericolante, sicché
nel 1728 fu posta la prima pietra
della nuova, che fu inaugurata il
10 maggio 1732: non a caso, in
essa l’altare della navata laterale
fu dedicato a San Giuseppe, con
una sua statua nella nicchia di
centro e con raffigurati all’intorno
i sette dolori e le sette allegrezze
del Santo, come indicati da Santa
Teresa d’Avila ed in onore dei
quali si usava celebrare in ottobre
un solenne Settenario a partire
dal 15, che era la festa liturgica di
tale Santa. Un secolo dopo, tale
devozione s’era affievolita, ma a
imprimergli nuovo vigore provvide fra Manuel Aldama, che fu il
Vicario Provinciale delle Filippi-
ne fino al 1836: chi più lo sostenne in ciò fu fra Apollinario de la
Cruz, un giovane filippino che
pare già verso il 1830 era stato
accolto da noi a Manila come
oblato.
111
scritta “F. Hippolitus sculpsit Ord.
Hospit. – Manila, Año 1725” , dal
che si evince che il frate risiedeva
a Manila. Dovette morirvi dopo il
1737, che è la data della mappa, e
prima del 1740, poiché non c’è tra
i frati di Comunità a Manila,
elencati per tale anno da fra Juan
Manuel Maldonado de Puga nella
sua Cronaca delle Filippine.
lettera del 5 luglio 1840 fra Apollinario confidò: “forse non mi permetteranno di restar in Manila ed
hanno minacciato di togliermi l’abito” . Egli decise d’appellarsi al presule di Manila e preparò una
richiesta, firmata da lui e 34 soci il
primo settembre, per chiedergli di
riconoscere la Confraternita, ma
gli fu obiettato che doveva rivolgersi al vescovo di Nueva Caceres, poiché la gran parte dei soci
risiedeva in tale diocesi.
Fra Apollinario con circolari da spedire ai soci
112
F. G. M. : Schegge Giandidiane. N. 27 - Una mostra a Manila per il IV Centenario
sette allegrezze che sperimentaste
come Sposo della Vergine Maria. Vi
chiedo dunque d’accettarmi quale
vostro felice schiavo e di volgere su di
me un vostro sguardo di misericordia. Soccorretemi nelle sventure ed
afflizioni, elargitemi conforto allo
spirito, tranquillità di coscienza,
bontà di vita e morte fortunata.
Confido nella vostra protezione e
nello zelo e gioia che vorranno concedermi Gesù e Maria. Spero nel
perdono dei miei peccati e di incontrarVi tutti e tre in Cielo e restarVi
accanto per sempre” .
Mentre gli Ordini Religiosi mai
ammisero ai Voti i nativi, talora
dei vescovi li ordinarono come
preti secolari ed una di queste rare
eccezioni fu don Ciriaco de los
Santos, coadiutore a Manila nella
Parrocchia di Santa Croce e cappellano privato del già citato
impresario Domingo Roxas: nel
1840 fu accolto da fra Apollinario
nella Confraternita e ne divenne
il cappellano. Proprio quell’anno
il clero spagnolo iniziò invece a
manifestar diffidenza per questa
gruppo che si teneva distante da
meticci e spagnoli, ritenendoli
cristiani troppo tiepidi, e veniva
compatto in parrocchia solo per la
Messa d’ogni 19 del mese. In una
Mentre, aiutato da don Ciriaco,
egli stava preparando tale nuova
richiesta, il parroco di Lucban, fra
Manuel Sancho, ottenne il 19
ottobre 1840 un sopralluogo della
forza pubblica nella loro sezione
locale, con confisca d’ogni carta
ed il fermo di 243 soci, ma poi il
governatore di Tayabas ordinò di
liberarli, non trovando motivi per
incriminarli.
Ciò fece sperar loro d’ottener
protezione dal governo e pertanto
in dicembre, con l’appoggio di
Domingo Roxas, fu presentato in
Manila un ricorso amministrativo
al Fiscale, ma senza esito, per cui
nel febbraio 1841 don Ciriaco
provò a presentare alla diocesi di
Nueva Caceres la richiesta di
riconoscimento, che però a fine
maggio fu respinta.
Nel frattempo già da marzo fra
Apollinario fu costretto a lasciare
il Convento, ma rimase a Manila,
ospite di don Ciriaco, finché l’8
luglio ne fu ordinato l’arresto e se
ne fuggì nella sua Provincia, dove
organizzò una sorta di sit in, chiamando a raccolta i soci in una
valle d’Isabang con l’intento di
non muoversi finché le Autorità
non avessero garantito loro il
diritto ad associarsi ed a riunirsi
ogni mese per pregare.
Va detto che nei suoi antichi
giri di questua sulle pendici della
montagna egli si era guadagnato
l’amicizia di una tribù selvaggia di
negroidi Aeta, avendone curato
alcuni: quando seppero che era in
difficoltà, vennero anche loro
all’accampamento per dargli una
mano. Naturalmente il raduno fu
interpretato come una sedizione e
il 23 ottobre 1841 v’accorse il
governatore locale alla testa di
300 soldati. Intimò di disperdersi,
ma non gli dettero retta e lui per
intimidirli fece sparare una salva
dai due cannoncini; a quel punto
gli Aeta risposero con un nugolo
di frecce e i soldati fuggirono
tutti, non per viltà, ma per solidarietà ai parenti che sapevano presenti tra le migliaia di manifestanti che rivendicavano la libertà di
riunirsi.
Abbandonato in un lampo da
tutti, il governatore cadde trafitto
dalle frecce degli Aeta; la notizia
della sua morte giunse come un
fulmine a Manila e, per domare
quella che sembrava ormai una
rivolta, fu inviata un’armata, che
giunse il 31 a Tayabas ed a notte
assalì l’accampamento, che nel
frattempo s’era trasferito in Alitao. Fu una vera strage, con centinaia di vittime, praticamente
inermi, come risulta dal fatto che
i soldati ebbero solo undici feriti e
nessun morto.
Furono inoltre giustiziati con
rito sommario due centinaia di
prigionieri. Fra Apollinario, che
era riuscito a fuggire nel buio, fu
catturato il 2 dicembre a Sariaya e
lì, dopo due giorni di prigionia
vissuti con grandezza d’animo ed
imperturbabile serenità e dopo
essergli stato concesso che il parroco di Atimonan, fra Stefano
Mena, lo confessasse, fu il 4
novembre 1841 fucilato in piazza.
Oggi egli è ricordato come eroe
nazionale della libertà e gli sono
stati dedicati vari monumenti.
“I L M E L O G R A N O ”
IL BEATO GUGLIELMO LLOP
VISSE PER 10 ANNI IN ITALIA
Fra Giuseppe Magliozzi o.h.
R
ricorre questo novembre il
75° Anniversario del martirio del Beato fra Guglielmo
Llop, la cui figura ben merita ricordare qui, perché si prodigò dieci
anni negli Ospedali della Provincia
Romana dei Fatebenefratelli.
Nacque in Spagna a Villareal, nella
diocesi di Tortosa, il 10 novembre 1880
e prima dei 18 anni chiese di entrare
nel nostro Ordine. Accolto come Postulante il 13 luglio 1898 e come Novizio
il 24 ottobre, emise i Voti Semplici il 5
novembre 1899 ed i Solenni il 20
dicembre 1903, dimostrando gran
cuore e moltissimo spirito d’iniziativa
con i ragazzi assistiti nei nostri due
Asili di Barcellona e di Gibilterra, nonché con i malati mentali ricoverati nei
nostri Istituti di Ciempozuelos, Santa
Agueda, Pamplona, Sant Boi de Llobregat e Carabanchel.
Per le sue ottime doti fu inviato in
Italia a rinforzare la Comunità dell’Isola Tiberina, dove giunse il 12 dicembre
1912. Quando nel 1914 fu deciso di
aprire all’Isola un Aspirantato che
accogliesse per la Provincia Romana i
ragazzi che mostrassero inclinazione
alla Vita Religiosa Ospedaliera, egli ne
fu nominato primo Direttore, certo per
le doti pedagogiche che aveva dimostrato in Spagna quando era stato di
Comunità negli Asili sia di Barcellona,
sia poi di Gibilterra. Disimpegnò tanto
bene l’incarico che sempre all’Isola gli
dettero l’ulteriore responsabilità formativa di Maestro dei Novizi. Al contempo lo fecero Economo dell’Ospedale e, nonostante le difficoltà create
dallo scoppio della Guerra, riuscì a non
far mancar mai nulla ai malati.
Fra Guglielmo possedeva discrete
capacità musicali e se ne avvaleva per
assicurare che bei canti e musica ben
scelta animassero sempre i sacri riti, ai
quali egli stesso partecipava attivamente
con la sua bella voce di baritono; com-
pose anche dei canti devoti ed ancor
oggi nella Comunità della Provincia
Romana si continua a cantare in onore di
San Giovanni di Dio l’inno “A te si volgono”, che aveva musicato lui stesso su
parole di mons. Rosario Mammani.
Verso il 1919, da Roma un dì accompagnò dei frati da San Pio di Pietrelcina, che gli predisse che sarebbe morto
martire. Quell’anno in novembre fu
potuto convocare il Capitolo Generale,
che era stato più volte rimandato a
causa della Prima Guerra Mondiale e ci
fu poi in dicembre quello della Provincia Romana, nel quale fra Guglielmo fu
eletto Priore dell’Ospedale di Frascati e
vi rimase fino al nuovo Capitolo Generale, anticipato al maggio 1922, dopo di
che rientrò definitivamente in Spagna.
Già però nel novembre 1922 di nuovo
lasciò la patria, poiché lo inviarono in
Cile nel Frenocomio di Orates, di cui fu
Vice Priore e poi Priore nel triennio
1925-1928. Nel maggio 1928 fu eletto
Superiore della Provincia Ispano-Americana e fu poi riconfermato nel 1931. In
quel sessennio egli dette notevole incremento alla Provincia, sia nell’ambito
della vita interiore dei frati, sia nello sviluppo delle opere, tanto che egli ne programmò la divisione nelle attuali tre
Province, felicemente approvata a
Roma dal Capitolo Generale del 1934.
Quel Capitolo dell’aprile 1934 fu per
lui l’ultima occasione di vedere Roma;
il ritratto di lui, che qui riproduciamo, è
un dettaglio della foto di gruppo dei
confratelli che parteciparono a tale
Capitolo.
Rientrato in Spagna, l’elessero Priore
di Ciempozuelos e fu lì che lo sorprese
il turbine della Guerra Civile. La notte
del 7 agosto una turba di miliziani
imprigionò i frati in uno stanzone contiguo alla portineria, nel quale fra
Guglielmo con santo zelo animò i cuori
dei Confratelli ad affrontare la morte e
Beato Guglielmo Llop (1880-1936)
con la sua bella voce cominciò a far le
prove assieme a loro degli inni sacri
che avrebbero intonato durante la fucilazione.
In realtà, li trasferirono il 9 a Madrid
ed il 10 li rinchiusero nel carcere di San
Antonio, nel quale restarono fino a
novembre. Come riferitomi personalmente da fra Tommaso Mena, che fu
uno dei Novizi superstiti, fra Guglielmo si ricordò della predizione di San
Pio di Pietrelcina ed invitò perciò tutti
i Novizi ad emettere la Professione dei
Voti in punto di morte.
I carcerieri notarono lo zelo di fra
Guglielmo nel rincuorare ogni prigioniero e, assai contrariati, lo trascinarono una sera giù in cortile e, puntandogli contro le pistole, gli intimarono di
bestemmiare, ma egli replicò con
ferma mitezza: “Son disposto a soffrire mille morti piuttosto che offendere il
Signore”.
In novembre iniziarono a portar via
dal carcere gruppi di persone, ufficialmente rimessi in libertà, ma in realtà
prima di farli salire sui camion li obbligavano a lasciar in terra ogni cosa, perfino la giacca, e gli legavano le mani
dietro la schiena, sicché appariva evidente che stavano portandoli invece
alla fucilazione. Quando la mattina del
28 chiamarono fra Guglielmo, egli
salutò sorridendo i confratelli con un
“Arrivederci in Cielo!”.
Lo fucilarono a Paracuellos del Jarama e gettarono il cadavere in una fossa
comune. Fu proclamato Beato dal Papa
il 25 ottobre 1992.
15
PA G I N E D I M E D I C I N A
RINOPLASTICA
Prof. Dante Caliento, Dott.ssa Melissa Zelli
L
a rinoplastica (dal greco antico
ρρρ, naso) è l’intervento chirurgico che permette di rimodellare il naso; grazie a questo intervento è
possibile modificare la forma strutturale esterna che può essere eseguita sia
per ragioni estetiche sia per correggere
aspetti funzionali legati a disturbi respiratori.
Anatomia del naso
La struttura del naso, con visione
frontale, ricalca una sorta di triangolo e
difatti l’insieme delle componenti è
denominato appunto piramide nasale.
La struttura interna della piramide nasale
L’architettura del naso è costituita da
una porzione fissa, quella ossea, e da
una porzione mobile, quella cartilaginea. Le ossa nasali costituiscono dunque il terzo superiore della piramide
nasale mentre i due terzi inferiori sono
formati dalle cartilagini triangolari e
alari; queste ultime sono due strutture
simmetriche e angolate formate da
un’ala esterna, detta crus laterale, e da
un’ala interna, la crus mediale. Le due
porzioni di cartilagine alare formano
una sorta di cupola che determina esattamente la forma della punta del naso.
Il sostegno mediano del naso è il setto,
una sorta di lamella cartilaginea nella
porzione anteriore e ossea in quella
posteriore. Il setto suddivide la cavità
all’interno del naso in due fosse comunicanti all’esterno attraverso le narici.
All’interno delle fosse nasali, nella
volta superiore, sono presenti i recettori olfattivi. Le tre sporgenze presenti
nelle fosse nasali sono i cosiddetti turbinati, piccole lamelle ossee ricoperte
da mucosa. La rinoplastica viene effettuata in anestesia locale con sedazione,
o generale e va a modificare la forma
del naso intervenendo sullo scheletro
16
osseo e cartilagineo. La
rinoplastica ha come
obiettivo la correzione
della struttura osseo-cartilaginea del naso, della punta, del
dorso e della columella. Nel caso di
contemporanea correzione della deviazione del setto nasale l’intervento è
denominato rinosettoplastica. Le tecniche moderne di rinoplastica intervengono tenendo conto della morfologia
del viso in maniera tale da modellare
un naso armonico con l’immagine del
volto.
Rinoplastica chiusa
Questa tecnica operatoria viene
effettuata attraverso delle piccole incisioni effettuate all’interno del naso per
mezzo delle quali, con gli appositi strumenti e con tecniche che variano
secondo come si vuole modificare la
piramide nasale, viene modificata la
componente ossea e cartilaginea dello
scheletro nasale.
Rinoplastica aperta
La rinoplastica aperta è una variante
della rinoplastica chiusa e si esegue
incidendo la cute della columella alla
base del naso, vengono quindi totalmente esposte le cartilagini della punta
e il dorso del naso. Questa tecnica è più
complessa della rinoplastica chiusa
infatti comporta un intervento leggermente più lungo e la presenza di una
piccola cicatrice esterna, ma è più precisa in quanto le strutture nasali possono
essere modificate alla vista del chirurgo.
Rinoplastica con e senza tamponi
Nella rinoplastica con i tamponi al termine dell’intervento chirurgico questi
vengono introdotti nelle fosse nasali per
favorire l’emostasi e per mantenere in
sede i frammenti di cartilagine rimodellati. I tamponi inseriti nelle fosse nasali
subito dopo l’intervento chirurgico
devono essere rimossi a distanza di tre o
quattro giorni dall’intervento. Nella
rinoplastica senza tamponi si usano speciali sostanze, come la colla di fibrina,
che sostituiscono i tamponi dal punto di
vista funzionale eliminando l’operazione di rimozione degli stessi nella fase
post-operatoria e permettendo di respirare dal naso fin dal termine dell’intervento. L’unica medicazione protettiva visibile consiste in una piccola placchetta
metallica posizionata sul naso e coperta
da un cerotto.
Rinoplastica non chirurgica
Con questo termine viene indicato il
rimodellamento del naso migliorandolo
esteticamente senza ricorrere all’intervento chirurgico. La metodica è utilizzata dalla maggior parte dei chirurghi
plastici per correggere piccoli difetti
estetici e praticare correzioni post-chirurgiche evitando di sottoporre il
paziente a un nuovo intervento. Raramente, quando non vi sono problemi di
dimensioni ma solo piccoli difetti di
forma può sostituire l’intervento chirurgico. Consiste nell’iniettare nel tessuto
sottocutaneo del naso un filler, andando
a riempire le parti depresse, livellandole rispetto a quelle esuberanti. I vantaggi di questa tecnica sono: trauma praticamente inesistente, tempo di attuazione di appena 30 minuti, possibilità di
tornare subito alle proprie attività senza
problemi, costo contenuto. Gli svantaggi sono: impossibilità di ridurre l’effettiva grandezza del naso, del dorso e
specie della punta che sono la maggior
parte delle volte il reale problema sentito dal candidato all’intervento.
ANIMAZIONE GIOVANILE
VENT’ANNI
DI “CAPACHA” IN SPAGNA
Fra Massimo Scribano o.h.
V
iene sovente chiedersi cosa
voglia dire la parola “Capacha”. Il significato semantico
del termine sta a significare “sporta”,
comunemente la bisaccia di san Giovanni di Dio con cui chiedeva l’elemosina per le vie di Granada. I Confratelli spagnoli hanno chiamato con questo
temine gli incontri annuali, dove Collaboratori, Volontari e Amici si incontrano per riflettere su un tema specifico.
Ho avuto la possibilità, insieme a un
collaboratore dell’Ospedale san Pietro
e a fra Angelo Sala, responsabile della
Pastorale Vocazionale della Provincia
Lombardo Veneta, di poter fare questa
esperienza a Valladolid (Spagna), in un
incontro di due giorni sul tema “La
felicità cresce, donandola”.
Mi rendo conto partecipando a queste esperienze che il nostro Fondatore è
vivo e presente in ogni persona che si
mette al servizio dei poveri e dei malati, i prediletti di Gesù e di san Giovanni di Dio. Alla tavola rotonda erano
stati invitati relatori che si dedicavano
in vari settori sociali, tra cui Volontari,
Pedagogisti, Psicologi che hanno trattato i tema nei diversi aspetti.
Una visione della vita positiva assume un valore importante e fondamentale affinché l’essere umano possa far
Cappella del Centro san Giovanni di Dio
fronte alle difficoltà che la vita, solo
per il fatto di essere uomini e donne, ci
pone dinanzi quotidianamente. Abbiamo a che fare ogni giorno con situazioni più o meno difficili, al lavoro, in
famiglia, a scuola dove ogni avvenimento che va oltre la nostra visione,
può comportare un disagio.
Oltre alla tavola rotonda, l’incontro
aveva una prospettiva diversa dagli
altri anni, festeggiava il ventesimo
compleanno. In un clima di festa,
insieme agli Ospiti della Centro, abbiamo avuto modo di respirare un clima di
fraternità e aggregazione, soprattutto
per noi italiani che era la prima volta
che partecipavamo a questo evento
spagnolo. Ci siamo sentiti accolti e
avvolti in un abbraccio fraterno tipico
delle persone che hanno fatto esperienza di Dio e lo vogliono trasmettere agli
altri. L’amore di Dio è un tesoro di inestimabile valore, che non posso assolu-
tamente tenere per me ma lo devo
donare agli altri che ne hanno bisogno.
“Maestro, cosa devo fare di buono
per avere la vita eterna?”(Mt 19,16),
questa domanda diventa cruciale anche
per noi oggi. Il tale nel brano biblico
non ha nome proprio perché ognuno
possa mettere il proprio. Gesù ci dà
una risposta chiara dopo aver sentito
che il tale aveva fatto tutte le cose prescritte dalla legge, dopo averlo amato
dice: «Va’, vendi quello che possiedi,
dallo ai poveri e avrai un tesoro nel
cielo; e vieni! Seguimi!». Il tale se ne
va triste, poiché aveva molti beni. Questo è quanto può succedere a noi, cerchiamo la felicità anche in Dio, ma
quando ci viene proposta che la vera
felicità non è essere attaccati alle cose
del mondo, ma liberare il proprio cuore
da cose superflue e inutili che appesantiscono il nostro cuore e ci deviano dal
vero significato della nostra esistenza,
amare Dio e il prossimo, ci sentiamo di
rifiutare tale felicità.
Vogliamo anche noi fare come la
persona del Vangelo, che se ne va triste
per non riuscire a staccarsi dalle cose
materiali o dagli affetti disordinati o
vogliamo seguire Cristo che ha dato la
vita per noi morendo in croce e risorgendo il terzo giorno? Riflettiamo bene
sulla nostra esistenza e cambiamo rotta
per poter vivere quella felicità beata
che solo chi ha un cuore indiviso e
libero di amare come san Giovanni di
Dio, può dirsi felice.
Auguro a tutti voi di poter intraprendere un cammino di felicità con Gesù
Cristo, l’amore perfetto del Padre.
Per informazioni su esperienze e
discernimento vocazionale contattate il
Centro Pastorale Giovanile ai seguenti
contatti: tel. 338-2509061, mail:
[email protected]. Inoltre vi informo
che sarà possibile fare una esperienza a
capodanno nell’Istituto san Giovanni
di Dio di Genzano di Roma, per i dettagli visitate il sito www.pastoralegiovanilefbf.it.
Partecipanti alla tavola rotonda
Vi aspettiamo!
17
OSPEDALE SACRO CUORE DI GESÙ - BENEVENTO
BENEVENTO-NAZARETH:
COSÌ LONTANE EPPURE COSÌ VICINE
Il Sannita
N
azareth: la mente evoca immagini sulle origini del Cristianesimo, sulla nascita, vita e
morte di Gesù Cristo, sulla bellezza
aspra dei luoghi santi ma, purtroppo,
anche la guerra infinita arabo-israeliana che tiene banco, da troppo tempo,
sui mass-media di tutto il mondo. Atroci sofferenze hanno sopportato i popoli che vivono in Israele e spesso, noi
cattolici, abbiamo dovuto penare non
poco nel leggere articoli o vedere servizi televisivi che ci proiettavano le
atrocità della guerra e la morte di persone che avvenivano nei luoghi ove
sono le radici della nostra fede.
Tanti si prodigano affinché una pace
duratura, non armata, possa instaurarsi
dando dignità e cittadinanza umanitaria a chi da troppo tempo aspetta una
soluzione definitiva al conflitto. Ebbene c’è già chi è riuscito in tale impresa.
La convivenza civile e la dedizione
all’uomo in quanto tale ha già un segno
tangibile.
L’ospedale san Giovanni di Dio di
Nazareth (HOLY FAMILY HOSPITAL), ospedale Italiano, è la testimonianza vivente di come gli operatori
sanitari, arabi e israeliani, giorno dopo
giorno esercitano l’attività assistenziale facendo lo stesso lavoro (gomito a
gomito) per chiunque ha necessità assistenziali senza limitazioni di fede o di
appartenenza. Si cura l’uomo, l’ammalato, il debole, l’indifeso. Si mette in
pratica, di fatto, il dettame di san Giovanni di Dio che è stato il fondatore
dell’ospedale moderno. Si seguono i
suoi insegnamenti.
Gli Ospedali Fatebenefratelli sono,
in tal senso, laboratori di pace. Lo
dimostra la loro storia. In ogni luogo
18
ove hanno prestato e prestano assistenza, le divisioni religiose, i settarismi,
gli oltranzismi vengono superati. Ne
abbiamo avuto un esempio tangibile
vedendo un nutrito gruppo di operatori sanitari accolti dal superiore, fra
Angelico, dal responsabile amministrativo, dr. Carozza, e dal direttore
sanitario dr.ssa Sorrentino. 18 persone,
se non ricordo male, guidati dal superiore fra Francesco, polacco, provenienti dall’Ospedale di Nazareth, sono
stati in visita alla nostra struttura ospedaliera.
C’erano Arabi e Israeliani. Avevano
tutti la stessa curiosità e attenzione nell’ammirare l’ordine, la bellezza e la
tecnologia del nostro ospedale. Parlavano in inglese (il dott. Giovanni
Guglielmucci è stato prezioso interprete) ma nell’incontrarli si ci comprendeva lo stesso in quanto parlavamo lo
stesso linguaggio, quello sanitario e
assistenziale, che è ubiquitario. Volevano sapere tutto.
Chiedevano, si informavano, ammiravano la tecnologia radiologica, la
funzionalità degli Ambulatori, gli spazi
adibiti al Pronto Soccorso, e ringraziavano, in continuazione, delle informa-
Collaboratori di Nazareth e Benevento
zioni che ricevevano. Come se loro
dovessero imparare da noi. Non è così.
Noi abbiamo da imparare da loro. Nel
loro ospedale l’accoglienza è un fatto
concreto e non una parola vuota di
significato. Curare “il nemico” non è
facile per nessuno. Eppure loro lo
fanno e non da adesso. L’Ospedale di
Nazareth ha mosso i primi passi nel
1882 (era un ambulatorio con 4 posti
letto).
Oggi è una realtà sanitaria importante e punto di riferimento di tutte le
comunità religiose ed etnie della Galilea. Questa struttura non ha contributi
statali. Vivono delle donazioni che
arrivano da tante parti del mondo. In
Italia hanno garantito il loro sostegno
la Regione Lombardia e l’A.C. Milan
Fundation con la realizzazione del
nuovo reparto di Ostetricia, della Neonatalogia e terapia intensiva neonatale.
Le ultime donazioni sono state utilizzate per attivare il centro di Senologia
e l’Oncologia. Dare un supporto economico a questa nobile causa è un contributo finalizzato alla crescita dell’Ospedale e, soprattutto, allo sviluppo
della pace e alla tolleranza tra i popoli.
OSPEDALE BUON CONSIGLIO - NAPOLI
NUOVA COMUNITÀ DI SUORE
Maria Pinto
I
mportante novità per la nostra struttura ospedaliera, la presenza di una
nuova Comunità di suore appartenenti alla Congregazione delle Suore
Ancelle della Genitrice di Dio Vergine
Immacolata Concezione.
Il Padre Provinciale, fra Pietro Cicinelli, ha presentato le Consorelle, il 7
ottobre scorso, a tutta la Comunità e
Collaboratori con la preziosa presenza
delle volontarie dell’Associazione Avo
e la nuova coordinatrice Elisabetta
Olanda, da tempo impegnate nel nostro
ospedale. La giornata ha avuto inizio
con il saluto e i ringraziamenti da parte
del nostro superiore fra Alberto Angeletti, il quale ha ricordato che risale a
oltre 40 anni la presenza religiosa femminile, venuta a mancare a metà anno
con grande perdita. “La tempestività
del Padre Provinciale è stata molto
importante – precisa fra Alberto – poiché, la presenza femminile consacrata
rappresenta un fattore determinante per
l’umanizzazione dell’assistenza e con
le Consorelle ancora di più perché provenienti dalla stessa terra di Giovanni
Paolo II, ora beato”.
Suor Dariana, la superiora, su invito
del Padre Provinciale ha fatto una
breve presentazione del carisma della
Congregazione, nata dalla volontà di
Edmund Bojanowski, una delle più
grandi figure della Polonia cattolica.
Appartenente a nobile famiglia, verso
la metà dell’800 in seguito a rivolte e
ribellioni, Edmund decise di andare
incontro alle classi più bisognose,
ideando il suo operare nell’insegnamento e nell’evangelizzazione delle
popolazioni contadine. Cominciò con
l’aprire asili per i bambini, prima nel
Granducato di Pozna e poi nelle province della Polonia Minore e della Slesia; divenendo così un pioniere nell’assistenza per l’infanzia nelle campagne.
Per poter dare stabilità e futuro alle sue
istituzioni, fondò il 13 maggio 1850, la
Congregazione delle “Suore Ancelle
della Genitrice di Dio Vergine Immacolata Concezione”; le suore in buona
parte provenivano dalle zone rurali;
nacque così il fermento della fede cattolica nel mondo contadino.
All’età di 55 anni, entrò in Seminario
a Gnienzo, ma dopo meno di due anni,
dovette uscirne per il rapido declino
della sua salute, con suo grande dispiacere, perché ormai desiderava consacrarsi completamente a Dio. Ma la sua
santificazione doveva avvenire nello
stato laicale, del resto da laico indicò le
vie della vita spirituale e scrisse le
regole per le sue suore. Papa Giovanni
Paolo II, durante il suo settimo viaggio
apostolico in Polonia, l’ha beatificato il
13 giugno 1999 a Varsavia.
“Arrivate a Napoli, nella domenica
di Pentecoste, ci ha colpito molto il
carisma di san Giovanni di Dio, il
modo di lavorare con i medici, gli
infermieri e gli altri operatori” ha continuato suor Dariana – la nostra Madre
Generale è molto dispiaciuta di non
essere presente perché impegnata in
Bolivia, ma è qui con noi con il cuore”.
Le altre sorelle presentate dalla Superiora, suor Angelica, suor Stella, suor
Camilla e la più giovane suor Beata
sono state accolte con un caloroso
applauso e grande commozione.
Fra Pietro ha evidenziato come il
numero 7 ricorresse in più occasioni, il
giorno di Pentecoste e i sette doni dello
Spirito santo, i tanti significati simbolici e la ricchezza dei consigli con la
Madonna del Buon Consiglio.
Curare i bambini bisognosi e partire
dai bambini per giungere alla famiglia,
è la chiave per aprire la porta della
famiglia, soprattutto in questo anno in
cui si celebra la Famiglia di san Giovanni di Dio. “Tutti facciamo parte
della Famiglia ospedaliera; una chiara
espressione è data dal Movimento dei
collaboratori laici come impegno per
comprendere lo spirito di san Giovanni
di Dio.
Quando le Suore Cappuccine di
Palermo sono giunte nella nostra struttura hanno dato il loro apostolato e la
loro attività con amore e cura, e ora
con la nuova Congregazione, una
nuova testimonianza e un nuovo apostolato per continuare a curare i corpi e
curare le anime. Vorrei ringraziare
anche il padre cappellano, fra Giacinto,
appartenente all’Ordine Francescano
di Frati Minori per il prezioso apostolato per la Famiglia ospedaliera”.
Il direttore sanitario, dott. Alberto
Carbone, nel dare il benvenuto alle
Consorelle ha augurato loro di poter
vivere pienamente la città di Napoli
con le sue bellezze. Il responsabile dell’Area Amministrativa Antonio Capuano le ha accolte con l’auspicio di una
fruttuosa crescita insieme. La giornata
è stata conclusa con un buffet in onore
delle Suore, come momento di conoscenza con tutti i Collaboratori.
19
O S P E D A L E B U C C H E R I L A F E R L A - PA L E R M O
IL NOSTRO PROGETTO
DI SERVIZIO CIVILE:
“SONO QUI CON TE”
Cettina Sorrenti
I
l Servizio Civile Nazionale Volontario un’esperienza di cittadinanza
attiva per tutti i cittadini italiani dai
18 ai 29 anni non superati alla data di
scadenza del bando.
Il Servizio Civile Nazionale Volontario,
istituito con la Legge 64/01, nasce con l’obiettivo di raggiungere le seguenti finalità
e principi previsti dalla Legge stessa all’art
1: concorrere, in alternativa al servizio
militare obbligatorio, alla difesa della
Patria con mezzi e attività non militari;
favorire la realizzazione dei principi costituzionali di solidarietà sociale; promuovere la solidarietà e la cooperazione, a livello
nazionale e internazionale, con particolare
riguardo alla tutela dei diritti sociali, ai servizi alla persona e alla educazione alla
pace fra i popoli; partecipare alla salvaguardia e tutela del patrimonio della
Nazione, con particolare riguardo ai settori ambientale, anche sotto l’aspetto dell’agricoltura in zona di montagna, forestale,
storico-artistico, culturale e della protezione civile; contribuire alla formazione civica, sociale, culturale e professionale dei
giovani mediante attività svolte anche in
enti e amministrazioni operanti all’estero.
Il Servizio Civile Nazionale Volontario
è quindi la possibilità per i giovani interessati di dedicare dodici mesi della propria vita a se stessi e agli altri; formandosi, acquisendo conoscenze ed esperienze
e maturando una propria coscienza civica. Il tutto attraverso l’agire concreto
all’interno di progetti di solidarietà,
cooperazione, assistenza, ecc...
Il Servizio Civile è una scelta “libera”
che racchiude in sé la volontà e il desiderio di compiere un’esperienza che consenta sia di accostarsi cautamente al
mondo del lavoro, a volte riuscendo
anche a imparare un mestiere spendibile
nella futura carriera lavorativa, sia di
acquisire una crescita a livello umano,
empatico e di abilità relazionali, scoprendo e sperimentando il piacere di “stare
con gli altri” e di “fare per gli altri”.
L’Ospedale Buccheri La Ferla Fatebenefratelli, che nel 2009 si è accreditato
come Ente di Servizio Civile, ha avuto
approvato e finanziato un progetto. Sono
stati attribuiti quattordici ragazze e ragaz-
zi, di età compresa tra i 18 e i 28 anni, che
alla fine delle selezioni verranno impiegati come volontari del Servizio Civile
all’interno della struttura ospedaliera.
Il progetto, dal titolo “Sono qui con te”
ha la finalità di contribuire a creare un
moderno sistema di accoglienza e di
orientamento all’interno dell’Ospedale.
L’obiettivo è quello di contribuire a umanizzare l’assistenza ospedaliera nell’aria
dell’accoglienza per i pazienti e le loro
famiglie che accedono alla struttura
ospedaliera. Il progetto si propone di prevenire quello che provano oggi tante persone che giungono in ospedale, ovvero
un senso di disagio e di smarrimento,
soprattutto se il paziente è anziano o più
“fragile”, offrendo un’adeguata accoglienza che comprenda anche ascolto,
solidarietà e comprensione per alleviare
l’impatto e l’ansia, specie nelle sale d’attesa dell’ospedale e nel poliambulatorio.
Si vuole attivare un servizio in grado,
non solo di fornire informazioni corrette
e comprensibili, ma anche di supportare
e accompagnare nel percorso il cittadino
in difficoltà evitando così disagevoli
spostamenti e snellendo le procedure
burocratiche.
Il Servizio Civile è un’opportunità di
crescita umana e professionale, un’occasione unica che favorisce un processo di
crescita della coscienza civile e morale
dei giovani.
LA MADONNA DI MEDJUGORJE
Sr Valentina Lullo sba
“S
e sapeste quanto vi amo...” ...
sono state queste le parole dette
da Maria Santissima a Medjugorje a fare da sfondo e anche da corona
alla serata dedicata interamente a Lei, qui
in ospedale il 30 settembre scorso.
L’iniziativa che ha coinvolto parecchie
persone, tra cui anche molti collaboratori, è stato il frutto del Pellegrinaggio che
si è svolto lo scorso giugno a Medjugorje, a cui ha partecipato anche il nostro
superiore, fra Luigi Gagliardotto, come
assistente spirituale.
La sera del 30 settembre i viali dell’o-
20
spedale sono stati illuminati dalle candele
accese e dai canti dedicati a Maria che si
elevavano a Lei da un folto gruppo di
fedeli che hanno accompagnato in processione fino alla Chiesa una bellissima statua, raffigurante proprio la Madonna di
Medjugorje, donata da una nostra collaboratrice, perché fosse collocata nella Chiesa dell’ospedale e così essere pregata dai
nostri malati e da tutta la Famiglia ospedaliera.
Tutto l’ospedale ha partecipato con
grande commozione a questa processione
mariana; gli ammalati, dalle stanze di
degenza, mentre Maria passava per i
viali, hanno potuto affidare a Lei “Salute
degli infermi” le intenzioni di preghiera...
Per l’occasione è stato realizzato anche
un piccolo baldacchino con cui la statua
è stata trasportata a spalla da 4 collabora-
Processione con la statua della Madonna
O S P E D A L E B U C C H E R I L A F E R L A - PA L E R M O
tori che si sono offerti per questo servizio
e che hanno ritenuto un onore portare
Maria in giro per l’ospedale, luogo della
sofferenza, ma anche luogo in cui si
sente più viva e operante la presenza di
Dio nostro Padre che opera per intercessione di Maria Santissima.
Arrivati in Chiesa, l’assemblea, in un
clima di preghiera e di raccoglimento, ha
recitato il Rosario, preghiera che tramite
la meditazione dei vari misteri ci avvicina
a Cristo e alla sua e nostra madre, Maria.
Al termine della preghiera del Rosario
è stata celebrata la Santa Messa presieduta dal Superiore, e all’omelia ha invitato i
presenti a invocare Maria nel momento
del bisogno certi di trovare in Lei sicuro
rifugio; ha anche invitato tutti a impe-
gnarsi per istituire un gruppo di preghiera
che si riunisca tutti i mesi l’ultimo venerdì per pregare insieme il Santo Rosario e
fermarsi in preghiera per un po’ di adorazione, perché l’esperienza fatta a Medjugorje possa diventare vita vissuta e incarnata nel concreto della vita.
A conclusione della serata è stata distribuita un’immaginetta preparata per
l’occasione con la foto della statua e con
dietro lo stralcio del messaggio di Maria
a Medjugorje del 1999: “Cari figli, questo è un momento di grazia, per questo
pregate, pregate, pregate”.
È questo veramente un momento di
grazia per tutti, anche se la vita a volte
ci riserva delle prove, rimaniamo
ancorati a Maria, la nostra mamma del
cielo, e sicuramente con lei tutto
diventerà più “leggero”.
OSPEDALE SAN PIETRO - ROMA
LA CONSULENZA GENETICA
PRENATALE, QUANDO FARLA?
Intervista alla dott.ssa Marta Bertoli medico
genetista UOSD di Genetica Medica
Dal sito Donna Moderna.com
S
pesso si sente parlare della consulenza genetica prenatale ma
pochi sanno a cosa serve esattamente e perché è utile farla. Abbiamo
rivolto qualche domanda all’esperta
genetista per capire qualcosa di più.
Cos’è la consulenza genetica prenatale e a cosa serve?
Ce lo spiega la dott.ssa Marta Bertoli,
medico genetista UOSD di Genetica
medica - Ospedale San Pietro FBF, Roma.
In generale, la Consulenza Genetica è
un atto medico che ha lo scopo di informare un paziente a rischio per una
malattia genetica, o i suoi familiari, sugli
aspetti medici e genetici (diagnosi), sulla
probabilità di svilupparla e/o trasmetterla ai propri figli (calcolo del rischio), sul
decorso e sulle possibilità di prevenzione e/o di terapia. In gravidanza, può
essere richiesta, quindi, in caso di figli o
altri parenti affetti da condizioni genetiche o in caso di anomalie ecografiche
riscontrate durante la gravidanza, ma
anche solo per chiedere informazioni
sulle diverse possibilità di eventuali test
di screening o di diagnosi prenatale.
In cosa consiste la Consulenza
genetica prenatale?
La Consulenza genetica è un intervento strettamente integrato con la Diagnosi Prenatale e con le indagini di
laboratorio che possono essere eseguite
in questo contesto. Durante il colloquio
di Consulenza genetica prenatale,
dopo aver raccolto tutte le informazioni
cliniche disponibili e aver ricostruito
con la coppia la storia familiare, vengono valutati diversi aspetti:
- l’indicazione all’analisi, ovvero: esiste un rischio aumentato rispetto a quello della popolazione generale, che giu-
stifichi un’indagine invasiva?
- la tecnica più indicata per ottenere
un campione di tessuto fetale per l’analisi (villocentesi, amniocentesi o cordocentesi) e i rischi a essa correlati.
- l’iter diagnostico più appropriato (il
tipo di analisi disponibili, i tempi necessari per la risposta, l’eventuale necessità di approfondimenti sui genitori per
comprendere i risultati ottenuti dall’indagine sul feto, la sensibilità e la specificità dell’indagine).
Quali accertamenti ulteriori può
comportare?
In alcuni casi, per chiarire un quadro
clinico, possono essere richieste dal
medico indagini aggiuntive (analisi del
sangue, ecografie, visite specialistiche o
altro). In seguito, quando la diagnosi è
chiara e il rischio per la gravidanza della
coppia esiste, potrà essere proposta una
diagnosi prenatale per indagini mirate
sul feto. Gli accertamenti possono
richiedere tempo. Quando è possibile,
quindi, l’ideale è richiedere una consulenza genetica anche prima di affrontare una eventuale gravidanza, anche
per poter discutere con la calma necessaria le possibili scelte correlate alla
diagnosi e al rischio.
21
ISTITUTO SAN GIOVANNI DI DIO - GENZANO
KOFORIDUA REHABILITATION PROJECT –
GHANA – A FAVORE DEI BAMBINI
C. Caucci, G. Vicentini, A. Pietricola, M. Asciutto
“La debolezza degli arti dei bambini
piccoli è innocente, non le loro anime”
Sant’Agostino
A
nche quest’anno si è svolta,
come di consueto, lungo le vie di
Genzano di Roma l’Infiorata,
manifestazione per la quale questo piccolo paese della Provincia di Roma è
conosciuto in tutta Italia. Anche quest’anno l’AFMAL - Associazione Fatebenefratelli per i Malati Lontani - è stata
presente e partecipe all’evento con un
banchetto per la raccolta fondi a favore
delle sue missioni all’estero. È stata questa l’occasione per pubblicizzare, far
conoscere e avvicinare la popolazione
locale a un nuovo progetto di volontariato che vede impegnati medici, fisioterapisti, terapisti dell’età evolutiva e terapisti occupazionali. Si tratta del progetto
“Risolleviamo l’uomo” - Koforidua
Rehabilitation Project - GHANA, missione che ha preso il via a inizio maggio
del 2011 e che avrà la durata di circa
dodici mesi.
La raccolta fondi è stata, quindi, l’occasione per noi operatori dell’Istituto di
Riabilitazione san Giovanni di Dio
“Fatebenefratelli” di Genzano di Roma
di muovere i primi passi verso l’avventura africana e di condividere con gli
altri partecipanti e con i sostenitori del
progetto le emozioni di chi è già partito
e di chi come noi è in procinto di iniziare l’esperienza di volontariato. Le foto
colorate esposte nel gazebo e i racconti
di chi ha respirato già la “calda” atmosfera del Ghana hanno avvicinato e affascinato giovani e bambini del paese e
della Provincia di Roma, che accorsi a
Genzano per l’Infiorata, si sono lasciati
catturare anche dal nostro piccolo angolo di esposizione.
Bambini hanno richiamato altri bambini, Africa ha avvicinato l’Italia.
La splendida e calda domenica di sole
è stata un’occasione di vivere la solidarietà del posto e di ricevere anche noi il
sostegno e l’aiuto, non solo economico,
22
necessario per intraprendere un’avventura così ambiziosa. La missione offre a
noi, operatori dell’età evolutiva, la possibilità di portare in Africa un po’ del
bagaglio di lavoro, di conoscenze e
soprattutto di vita, acquisito in Italia a
contatto con bambini, adolescenti e giovani adulti affetti da patologie neurologiche, neuropsichiatriche e ortopediche
che spesso ci troviamo a trattare nel
nostro Istituto. È l’occasione anche di
sensibilizzare alla riabilitazione la popolazione del Ghana che afferisce presso il
Saint Joseph’s Catholic Hospital, struttura nella quale dal mese di maggio stanno
operando i diversi gruppi di medici e
terapisti coinvolti nella missione. Obiettivo del progetto è quello di iniziare a
curare in loco patologie da noi ben conosciute e per le quali in Italia attiviamo,
quotidianamente, progetti riabilitativi
sempre più al passo con la ricerca sulle
neuroscienze.
La missione umanitaria sta iniziando a
prendere forma e portare i suoi primi
frutti grazie al puntuale impegno dei
volontari sia nella clinica con il trattamento degli pazienti, sia nella formazione didattica specialistica del personale
del luogo. All’interno di questa cornice
si colloca la nostra piccola parentesi di
lavoro, indirizzata all’età evolutiva, tesa
alla diagnosi e al trattamento di neonati
con patologie varie che comportano tutte
un certo grado di disabilità. Ci attendono
in Africa bambini con paralisi cerebrali
infantili, disturbi del movimento, paralisi del plesso brachiale, piede equino, displasia dell’anca o torcicollo miogeno.
Se la sfida sarà quella di effettuare un
programma di cure o di assistenza tali da
favorire uno sviluppo neurocomportamentale e un miglior adattamento del
paziente all’ambiente, la posta in gioco
sarà, invece, quella di mostrare ai genitori con piena umiltà e massimo rispetto
come prendersi cura sufficientemente
bene di un figlio con disabilità. Insegnare a un caregiver come tenere correttamente in braccio un bambino o come
essergli di aiuto nel mantenere una corretta postura significa, spesso, riabilitare
indirettamente il paziente, che se facilitato e sostenuto, può così svolgere con
naturalezza un semplice movimento o
atto relazionale altrimenti a lui interdetto.
L’obiettivo della nostra missione sarà
sì quello di proporre strumenti tecnici
come ausili, ortesi e trattamenti riabilitativi specifici, ma anche quello di offrirci
in prima persona come oggetti “al di
fuori” e “intorno” al paziente, in grado di
facilitare la mobilità e promuovere lo
sviluppo di abilità di ciascun bambino
e del suo intero sistema familiare.
MISSIONI FILIPPINE
NEWSLETTER
VISITA CURIALE AD AMADEO
FORMATORI A CONFRONTO
La recente Visita Canonica di fra
Vincenzo Kochamkunnel in Vietnam,
Giappone e Filippine ha avuto la sua
chiusura ufficiale con un incontro dei
rispettivi Consigli di tali tre nazioni
col nostro Superiore Generale, fra
Donato Forkan, mentre era ospite da
noi nelle Filippine, dov’era giunto il
13 ottobre, accompagnato dai suoi
Consiglieri fra Jesús Etayo Arrondo e
fra Vincenzo Kochamkunnel, dal suo
segretario curiale, fra Giuseppe M.
Chavarri, e da quello privato, fra
Giancarlo Lapic.
I responsabili dei Centri Formativi
che abbiamo nel Lontano Oriente, si
sono incontrati nel nostro Noviziato
di Amadeo dal 17 al 21 ottobre per
confrontarsi sulla formazione delle
future leve dell’Ordine nello specifico ambiente culturale dell’Asia.
Tre momenti memorabili di questa
presenza curiale nelle Filippine sono
stati l’inaugurazione il 15 ottobre a
Manila della Mostra celebrante il IV
Centenario del nostro primo arrivo a
Manila; la serata celebrativa di tale
Centenario il 21 ottobre ad Amadeo,
iniziata con una Messa Vespertina del
vescovo Teodoro Buhain, nostro affiliato, alla quale ha fatto seguito in
Palestra una cena rallegrata da un
brillante spettacolo folcloristico, in
cui si sono esibiti i collaboratori di
Manila e di Amadeo; ed infine il 22
ottobre, sempre ad Amadeo, la celebrazione della festa onomastica del
nostro Superiore Generale.
Due Formatrici Carmelitane hanno
guidato l’incontro, presenziato dai
rappresentanti della Curia Generale e
fungendo da segretario fra Brian
O’Donnell. Vi hanno partecipato: da
Est Timor fra José Antonio de Lima;
dall’India fra Raffaele Swamydoss e
fra Pio Agostino Kochuparampil;
dalla Corea fra Michele Lee, fra
Andrea Lee, fra Benedetto Won e fra
Andrea Kim; dal Vietnam fra Domenico Cao Quang Tinh, fra Domenico
Dang Van Hoa, fra Domenico M.
Tran Van Hiep, fra Matteo Tran Doan
Phi e fra Giambattista Tran Cong
Minh; dalla Papua Nuova Guinea fra
Cristoforo Kasoni; dalle Filippine fra
Eldy L. de Castro e fra Firmino O.
Paniza.
Al termine dell’incontro sono stati
individuati temi, sui quali riflettere a
livello nazionale e ricavarne proposte
da deliberare nell’Incontro Regionale
che ci sarà il 3 marzo in Corea.
FESTA DELLE NAZIONI UNITE
I tre comunicandi col vescovo Buhain e fra
Ramiele, loro catechista.
L’ONU fu fondata il 24 ottobre
1945 e nell’anniversario di tale data
le Filippine, specie a livello scolastico, celebrano con molto impegno una
speciale Giornata delle Nazioni
Unite. A Manila nella nostra Scuola
per Disabili il pomeriggio del 24
ottobre la celebrazione è iniziata con
una sfilata di 23 allievi indossanti
ciascuno il costume tipico di differenti nazioni, preparato con gusto e
fantasia dalle rispettive famiglie. C’è
stato poi uno spettacolo folcloristico
in cui si sono esibiti tanto i nostri
allievi, quanto gli studenti di Scuole
Professionali che vengono qua per il
tirocinio pratico. Al termine c’è stata
un’agape fraterna e la premiazione
dei migliori costumi.
Ad Amadeo la Giornata è coincisa
col 15° Anniversario dell’impegno
con i disabili, partito nell’ottobre
1996 con la Residenza Riabilitativa
Bahay San Rafael per orfanelli ed
ampliato di recente aprendo ai
pazienti esterni sia un Ambulatorio di
Fisioterapia sia un’apposita Scuola,
dotata di pulmino per facilitare la frequenza di chi vive in zone distanti e
mal servite dai collegamenti pubblici.
La festa è iniziata il 24 con una
Messa celebrata dal vescovo Buhain,
rallegrata dal nuovo armonium che ci
ha donato fra Gerardo D’Auria e
durante la quale tre alunni hanno
ricevuto la Prima Comunione. Gli
alunni hanno poi festosamente sfilato
con un corteo di macchine per le strade di Amadeo e di Tagaytay, indossando i costumi tipici di svariate
nazioni del mondo.
L’indomani gli allievi hanno preso
parte a varie gare sportive e giochi di
abilità, mentre il 26 c’è stato un
duplice Incontro di Studio: uno per il
personale della Scuola, nel quale fra
Eldy ha illustrato i valori fondamentali cui devono ispirarsi i Centri gestiti dai Fatebenefratelli; l’altro per le
famiglie degli alunni, in cui fra Gianmarco ha discusso l’approccio che i
genitori devono adottare con i figli
disabili.
Al quarto giorni parenti e docenti si
son sfidati a pallacanestro ed a palla a
volo, mentre gli alunni tifavano per
loro. Al quinto giorno una ciliegina
finale per il personale, partito per una
gita distensiva in un Centro Termale
della vicina Laguna di Bay.
23
I FATEBENEFRATELLI
ITALIANI NEL MONDO
I Fatebenefratelli d'ogni lingua sono oggi presenti in 52 nazioni con circa 290 opere.
I Religiosi italiani realizzano il loro apostolato nei seguenti centri:
CURIA GENERALIZIA
www.ohsjd.org
• ROMA
Centro Internazionale Fatebenefratelli
Curia Generale
Via della Nocetta 263 - Cap 00164
Tel 06.6604981 - Fax 06.6637102
E-mail: [email protected]
Ospedale San Giovanni Calibita
Isola Tiberina 39 - Cap 00186
Tel 06.68371 - Fax 06.6834001
E-mail: [email protected]
Sede della Scuola Infermieri
Professionali “Fatebenefratelli”
Fondazione Internazionale Fatebenefratelli
Via della Luce 15 - Cap 00153
Tel 06.5818895 - Fax 06.5818308
E-mail: [email protected]
Ufficio Stampa Fatebenefratelli
Lungotevere deʼ Cenci 4 - Cap 00186
Tel 06.68219695 - Fax 06.68309492
E-mail: [email protected]
• CITTÀ DEL VATICANO
Farmacia Vaticana
Cap 00120
Tel 06.69883422
Fax 06.69885361
• PALERMO
Ospedale Buccheri-La Ferla
Via M. Marine 197 - Cap 90123
Tel 091.479111 - Fax 091.477625
www.ospedalebuccherilaferla.it
• MONGUZZO (CO)
Centro Studi Fatebenefratelli
Cap 22046
Tel 031.650118 - Fax 031.617948
E-mail: [email protected]
• ALGHERO (SS)
Soggiorno San Raffaele
Via Asfodelo 55/b - Cap 07041
• ROMANO DʼEZZELINO (VI)
Casa di Riposo San Pio X
Via Cà Cornaro 5 - Cap 36060
Tel 042.433705 - Fax 042.4512153
E-mail: [email protected]
MISSIONI
• FILIPPINE
San Juan de Dios Charity Polyclinic
1126 R. Hidalgo Street - Quiapo 1001 Manila
Tel 0063.2.7362935 - Fax 0063.2.7339918
E-mail: [email protected]
Sede dello Scolasticato e Postulantato
della Delegazione Provinciale Filippina
San Ricardo Pampuri Center
26 Bo. Salaban
Amadeo 4119 Cavite
Tel 0063.46.4835191 - Fax 0063.4131737
E-mail: [email protected]
http://bahaysanrafael.weebly.com
Sede del Noviziato della Delegazione
PROVINCIA ROMANA
PROVINCIA LOMBARDO-VENETA
www.provinciaromanafbf.it
www.fatebenefratelli.it
• ROMA
Curia Provinciale
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.33553570 - Fax 06.33269794
E-mail: [email protected]
Centro Studi e Scuola Infermieri Professionali “San Giovanni di Dio”
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.33553535 - Fax 06.33553536
E-mail: [email protected]
Sede dello Scolasticato della Provincia
Centro Direzionale
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.3355906 - Fax 06.33253520
Ospedale San Pietro
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.33581 - Fax 06.33251424
www.ospedalesanpietro.it
• GENZANO DI ROMA
Istituto San Giovanni di Dio
Via Fatebenefratelli 3 - Cap 00045
Tel 06.937381 - Fax 06.9390052
www.istitutosangiovannididio.it
E-mail: [email protected]
Sede del Noviziato Interprovinciale
• PERUGIA
Centro San Niccolò
Porta Eburnea
Piazza San Giovanni di Dio 4 - Cap 06121
Tel e Fax 075.5729618
• NAPOLI
Ospedale Madonna del Buon Consiglio
Via A. Manzoni 220 - Cap 80123
Tel 081.5981111 - Fax 081.5757643
www.ospedalebuonconsiglio.it
• BENEVENTO
Ospedale Sacro Cuore di Gesù
Viale Principe di Napoli 14/a - Cap 82100
Tel 0824.771111 - Fax 0824.47935
www.ospedalesacrocuore.it
• BRESCIA
Centro San Giovanni di Dio
Via Pilastroni 4 - Cap 25125
Tel 030.35011 - Fax 030.348255
[email protected]
Sede del Centro Pastorale Provinciale
Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico San Giovanni di Dio
Via Pilastroni 4 - Cap 25125
Tel 030.3533511 - Fax 030.3533513
E-mail: [email protected]
Asilo Notturno San Riccardo Pampuri
Fatebenefratelli onlus
Via Corsica 341 - Cap 25123
Tel 030.3501436 - Fax 030.3530386
E-mail: [email protected]
• CERNUSCO SUL NAVIGLIO (MI)
Curia Provinciale
Via Cavour 2 - Cap 20063
Tel 02.92761 - Fax 02.9241285
Sede del Centro Studi e Formazione
Sede Legale
Milano: Via San Vittore 12 - Cap 20123
e-mail: [email protected]
Centro SantʼAmbrogio
Via Cavour 22 - Cap 20063
Tel 02.924161 - Fax 02.92416332
E-mail:a [email protected]
• SAN COLOMBANO AL LAMBRO (MI)
Centro Sacro Cuore di Gesù
Viale San Giovanni di Dio 54 - Cap 20078
Tel 037.12071 - Fax 037.1897384
E-mail: [email protected]
• SAN MAURIZIO CANAVESE (TO)
Beata Vergine della Consolata
Via Fatebenetratelli 70 - Cap 10077
Tel 011.9263811 - Fax 011.9278175
E-mail: [email protected]
Comunità di accoglienza vocazionale
• SOLBIATE (CO)
Residenza Sanitaria Assistenziale
San Carlo Borromeo
Via Como 2 - Cap 22070
Tel 031.802211 - Fax 031.800434
E-mail: [email protected]
Sede dello Scolasticato
• TRIVOLZIO (PV)
Residenza Sanitaria Assistenziale
San Riccardo Pampuri
Via Sesia 23 - Cap 27020
Tel 038.293671 - Fax 038.2920088
E-mail: [email protected]
• VARAZZE (SV)
Casa Religiosa di Ospitalità
Beata Vergine della Guardia
Largo Fatebenefratelli - Cap 17019
Tel 019.93511 - Fax 019.98735
E-mail: [email protected]
• VENEZIA
Ospedale San Raffaele Arcangelo
Madonna dellʼOrto 3458 - Cap 30121
Tel 041.783111 - Fax 041.718063
E-mail: [email protected]
Sede del Postulantato e dello Scolasticato
della Provincia
• CROAZIA
Bolnica Sv. Rafael
Milosrdna Braca Sv. Ivana od Boga
Sumetlica 87 - 35404 Cernik
E-mail: [email protected]
MISSIONI
• ERBA (CO)
Ospedale Sacra Famiglia
Via Fatebenefratelli 20 - Cap 22036
Tel 031.638111 - Fax 031.640316
E-mail: [email protected]
• ISRAELE - Holy Family Hospital
P.O. Box 8 - 16100 Nazareth
Tel 00972.4.6508900 - Fax 00972.4.6576101
• GORIZIA
Casa di Riposo Villa San Giusto
Corso Italia 244 - Cap 34170
Tel 0481.596911 - Fax 0481.596988
E-mail: [email protected]
• TOGO - Hôpital Saint Jean de Dieu
Afagnan - B.P. 1170 - Lomé
Altri religiosi Fatebenefratelli sono presenti in:
• BENIN - Hôpital Saint Jean de Dieu
Tanguiéta - B.P. 7
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VO n 11 novembre 2011_11 novembre 2011