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DELL' ISTITUTO NAZIONALE FASCISTA
DI CULTURA
SERIE SECONDA
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CORRADOGINI
NASCITA
EVOLUZIONE E MORTE
DELLE NAZIONI
LA TEORIA CICLICA DELLA
POPOLAZIONE
E I VARI SISTEMI DI POLITICA
DEMOGRAFICA
LIBRERIA DEL LITTORIO ~ <;.ROMA
PROPRIETA LETTERARIA RISERVATA
PRESENTAZIONE
ROMA _ TIPOGRAFIA DEL UTTORIO - '930. VIII
'. Questo oolumetto riproducetre coniercnzc sulla teoria 'ciclica della popolazione, tenute nel giugno 1929 alla Università
di Chicago, e. due rapporti sulla politica demografica dei .vari
Stati è sul!'optimum della popolazione, presentati in. tale occasione per servire come base di discussione a un'a riunione di specialisti di questioni demografiche, convenuti, su invito della detta
Università, da vari: farti del mondo, al fin'fdi esainirì'cIre ai
. fondo i problemi della popolazione e dell'emigrazione.
Le conferenze saranno pubblicate, in inglese, a cura della
Università di Chicago, unltament« a quelle pronuncias« da colleghi giapponesi, americani e tedeschi.
Qui esse sono pr:e~entate con più largo corredo di note, a
scopo di illustrazione ,e di documentazione.
Alcune delle idee fondamentali in esse esposte non riusciranno nuove agli studiosi che conoscono le precedenti opere dell'Autore sui fattori demografici del!'evoluzt'pne deli« nasioni;
ma essile troveranno qui sviluppate in parecchi punti, completate
con la parte che riguarda la nascitae la reviviscenza delle nazioni
e organicamente sistemate, tenendo conto dei risultati che le
scienze biologiche sono venute accumulando negli ultimi anni,
particolarmente nei campi relativi agli incroci e alla trasmissione
dei caratteri.
l due rapporti - insieme agli altri, presentati nella stessa
occasione, su argomenti diversi, da varie personalità, e insieme.
alle discussioni che ne seguirono - sono già stati riprodotti, a
cura della Università di Chicago, in tre grossi volumi, distribuiti,
a titolo di omaggio personale, agliintervenuti alle riunioni e non
destinati alla pubblicità.
Qui il lettore li trova accompagnati da sobri commenti, nei
qualisono riassunti i dibattiti, a cu~ essi diedero luog», e le conclusioni, a cui, su alcuni punti almeno, condussero.
Sembra infatti opportuno che gli Italiani, i quali si appassionano a questi problemi, si rendano conto dell'accoglienza che
- in un ambiente scientifico, il quale in maggioranza era orientato verso finalità opposte a quelle oggi tra noi dominanti hanno avuto le concezioni teoriche che stanno a base della politica demografica nazionale.
I4 marzo I930·
PARTE PRIMA
LA TEORIA CICLICA
DELLA POPOLAZIONE
L
INTRODUZIONE
Gli studiosi dei problemi demografici e il pubblico sempre
più largo che ad essi si interessa, sono divisi da preoccupazioni
opposte per ciò che riguarda il futuro sviluppo della razza
bianca.
Alcuni vedono stendersi sul suo avvenire l'ombra minacciosa della sovrapopolazione. Calcolano ansiosamente quale è
il massimo degli abitanti di razza bianca che possono contenere le terre da essi abitate od abitabili e giungono alla conclusione sconsolante che, se si vogliono evitare calamità di estensione mondiale, si impone la necessità di contenere razionai.
mente l'esuberanza delle nascite (I). Sono, al contrario, gli altri
preoccupati da UTh previsto esaurimento nell'accrescimento della
nostra stirpe, presso che immediato .per le nazioni dell'Europa
occidentale e settentrionale, ma non improbabile, in un futuro
meno prossimo, neppure per parecchie altre popolazioni, e spiegano un'attiva propaganda e invocano dai governi energiche
misure per stimolare la natalità, nella speranza di allontanare
il pericolo della sommersione della razza bianca da parte delle
razze di colore (2).
~·n~
Le due teorie fondamentali sulla e·
voluzione de 11 e
popolazioni.
A pronostici e a programmi d'azione così diversi fanno
generalmente riscontro, pur senza essere con quelli, dal punto
di vista logico, inevitabilmente collegate, due differenti teorie
della popoiazione.
Potrebbe dirsi, la prima, la teoria della propagazione geometrica della popolazione, in quanto ammette che ogni popolazione tenda a moltiplicarsi in ragione geometrica ed anzi che,
nel fatto, ognuna secondo tale ragione si moltiplicherebbe se
non ne fosse impedita da fattori avversi.
E' questa, come è noto, una delle leggi fondamentali della
costruzione maltbusiana. Fu detto che tale legge costituisce un
truismo. In realtà è tutt'altro che un truismo. Essa presuppone
invece un'ipotesi di immensa portata, l'ipotesi che la potenza
riproduttiva delle popolazioni rimanga costante attraverso le
generazioni (3).
La seconda teoria nega tale presupposto e ritiene, al contrario, provato che la potenza riproduttiva delle popolazioni
segua un andamento ciclico, più o meno analogo a quello della
potenza d'accrescimento degli individui.
Potrebbe dirsi, questa, la teoria dello sviluppo ciclico delle
popolazioni.
Le prove della
teoria dello svio
luppo Ciclico delle
popolazioni.
Della teoria dello sviluppo ciclico delle popolazioni, io sono
stato e sono fautore convinto, e alla sua dimostrazione ho cero .
cato di apportare, ormai da più di un ventennio, fatti e argomenti (4). Sia permesso qui di ricordare rapidamente le considerazioni principali che militano a suo favore.
Anzitutto l'ipotesi che ogni popolazione crescerebbe indefinitamente, qualora non fosse trattenuta dalle sussistenze o da
altro ostacolo esterno, mal si accorda con quanto si osserva per
quelle categorie di popolazione, per le quali le sussistenze non
scarseggiano. Tali sono appunto le classi ricche. Ora è ben noto
come queste generalmente si riproducano meno rapidamente
della popolazione generale, nè pare che facciano eccezione a
-
12-
tale norma le famiglie regnanti, alle quali pure non manca lo
stimolo a moltiplicarsi nella maggiore misura possibile.
Anche intere popolazioni presenti e passate forniscono
esempi di un accrescimento inferiore a quello che loro consentirebbero le sussistenze rese possibili dai loro mezzi di produzione
o di acquisto. Tale è il caso per la Francia moderna, per la
Grecia antica e per Roma imperiale.
L'osservazione che l'accrescimento di queste popolazioni,
come quello delle classi elevate, è trattenuto da freni psicologici,
non può considerarsi come una obbiezione, perchè la psicologia è ben un elemento essenziale nell'adattamento dejle specie.
Più, d'altra parte, si approfondisce lo studio delle razze primitive e più ci si persuade che esse sono molto spesso in preda
a una decadenza demografica che qualche volta, almeno, si è
svolta, o quanto meno iniziata, all'infuori dei contatti con razze
superiori.
Trattasi talvolta, anche in questi casi, di popolazioni a cui
la natura non lesina i mezzi di sussistenza, come, per esempio,
è il caso per gli indigeni del Bacino delle Amazzoni, la cui
estinzione, in mezzo 'ad una flora e ad una fauna lussureggianti, contrasta con le prospere condizioni demografiche degli
abitanti delle Ande, che pur vivono su' territori tanto meno
favoriti dalla natura.
A riscontro del lento accrescimento, o a dirittura del decremento, di alcune popolazioni, sta l'intenso sviluppo di altre
stirpi, che, come è avvenuto per gli Slavi e per i Cinesi, hanno,
in breve volger di secoli, invaso estesissimi territori.
Se noi non riusciamo a documentare con la statistica l'intero ciclo di una popolazione, gli è che la statistica è ancora
bambina e, come i bambini nei primi mesi di vita, non ha
l'esperienza di un intero anno, ma di una sola stagione.
Ma la storia, la tradizione e l'archeologia ci permettono
di seguire, in Egitto, in Mesopotamia, in Grecia ed in Roma,
- 13-
l'intero sviluppo del ciclo, «il periodo dell'anno grande» di
cui parlavano le tradizioni etrusche.
I più eruditi degli Etruschi ~ ci narra infatti Plutarco insegnavano appunto che alle varie stirpi umane, l'una dall'altra diversa per vita e per costumi, Dio ha prescritto una
quantità di tempo determinata, la quale viene a compiersi col
periodo dell'anno grande, dopo di che si opera una rinnovazione del mondo ed un cangiamento delle stirpi umane (5).
Nè è mancato chi ha ritenuto che l'estensione di tali periodi possa, non solo riconoscerei, ma anche misurarsi, sia nelle
civiltà mediterranee (a cui apparterrebbero le 'Civiltà egiziana,
greca, romana, e quelle della moderna Europa), sia in quelle
del vicino Oriente (a cui apparterrebbero le civiltà babilonese
e assira, persiana, etrusca, ebrea ed araba), sia ancora in quelle
dell'India e in quelle del Messico, col risultato che i periodi
sarebbero di durata analoga nelle varie parti del mondo, e,
per questo e per altri indizi, si manifesterebbero dovuti alla
umana natura piuttosto che a fattori ambientali (6).
La parabola, d'altronde, che si manifesta nell'evoluzione
delle popolazioni, si ripete, per quanto recenti ricerche permettono di intravvedere, nelle singole linee familiari, le quali
pure, e non solo nelle case regnanti e nelle classi nobili ed elevate, ma anche nelle classi borghesi e nei contadini, segnerebbero, ID una fase della loro storia, un rigoglioso sviluppo, a
cui terrebbe poi dietro un più o meno rapido esaurimento.
E una parabola si osserva pure, o s'indovina, per altre specie
animali. I dati della paleontologia hanno fatto invero, da molto
temyo, pensare ad un decorso analogo nello sviluppo di alcuni
gruppi animali, i quali, dai residui fossili, ci appaiono come i
dominatori di certe epoche geologiche, mentre successivamente
si riducono, e molte volte scompaiono, oppure lasciano sussistere solamente pochi rimasugli delle loro forme.
I biologi hanno anche potuto, per alcune di queste specie,
mettere in rilievo una diminuzione di variabilità e di adattabilità all'ambiente, la quale spiegherebbe appunto la loro decadenza e scomparsa.
Non meno suggestive - per quanto su taluni punti li!
portata non ne sia ancora ben chiara- sono le esperienze
eseguite nei laboratori sulle popolazioni di certe specie di mosche, di bacteri e di fermenti, particolarmente adatte all'osservazione in ragione della loro rapida propagazione.
Per le popolazioni dei bacteri e dei fermenti, sarebbe accertata resistenza di un massimo di densità, in cui la riproduzione degli individui non cesserebbe, ma sarebbe esattamente
compensata dalle morti chè si verificano, massimo che potrebbe essere oltrepassato solo in condizioni speciali e solo
provvisoriamente, perchè ad esso, come ad una condizione di
equilibrio stabile, la popolazione tenderebbe a ricondursi,
Molteplici esperienze avrebbero dimostrato che tale limite
è dovuto a fattori interni, dipendenti dagli stessi organismi
viventi, e non a fattori ambientali (quali mancanza di spazio,
o scarsezza di nutrimento, o presenza di prodotti di rifiuto o
di cadaveri), per quanto, così taluni di questi fattori, come la
temperatura, possano influire sulla maggiore o minore rapidità con cui il massimo viene raggiunto. Raggiunto il massimo, si manifesterebbe, però, prima o dopo, una discesa, cosicchè si potrebbe parlare, anche per queste popolazioni, di
tre stadi, corrispondenti alla giovinezza, all'età adulta e alla
senilità. Il decorso della popolazione durante questi stadi, del
pari che 11 massimo di densità che essa può raggiungere, varierebbero da specie a specie, e, in una. stessa specie, anche da
razza a razza (7).
Non diversamente le cose si comporterebbero, per qualche
specie di mosca, per cui venne anzi descritta e studiati! la
curva di sviluppo fino al punto di saturazione (8).
uri lento esaurimento del potere riproduttivo delle popola-
- 15-
zioni umane e delle specie animali, che è quanto dire delle loro
cellule germinali, appare del resto ben naturale, quando si rifletta che le cellule germinali hanno comunel'origine e, all'inizio, probabilmente, identica la costituzione con le cellule somatiche, per modo che, se queste hanno una vita limitata, parrebbe
strano che quelle potessero vivere e moltiplicarsi indefinitamente.
La circostanza che cellule germinali e cellule somatiche sono
esposte in misura essenzialmente diversa all'azione differenziatrice dell'ambiente, può spiegare come quelle abbiano una evoluzione cosi rapida, corrispondente alla vita di un individuo, mentre, in queste, l'evoluzione abbraccia un periodo tanto più lungo,
quale è quello della vita del gruppo, della popolazione o della
specie.
Resta però da spiegare perchè, durante un certo periodo, il
potere riproduttivo, che nelle cellule somatiche è in continua diminuzione, nelle popolazioni, invece, presenti una fase di incremento. E ciò può spiegarsi con la considerazione che la prolifìcità è certamente, come ogni altro carattere, in una certa misura,
ereditaria, ma con questa particolare 'conseguenza che, per effetto
di tale ereditarietà, ogni generazione risulta composta, in misura
maggiore della precedente, dai discendenti degli individui più
prolifici, restandone innalzata la prolifìcitàmedia della popolazione.
Durante un primo periodo prevarrebbe, dunque, l'esaltazione della riproduttivirà, derivante da'l fattore ereditario, sopra
il fattore di decadenza dipendente dal naturale esaurimento del
potere riproduttivo, mentre, in una fase successiva, le due forze
contrarie si bilancerebbero e da ultimo l'esaurimento fisiologico
prenderebbe il sopravvento,
La lunghezza del ciclo evolutivo della popolazione rispetto
alla brevità del periodo per cui, al principio del secolo scorso, si
disponeva di dati statistici, e la scarsezza, anche maggiore del-
l'odierna, che allora si aveva di notizie sopra le popolazioni primitive, spiegano come l'evoluzione della tendenza ripro~uttiv~
avesse potuto sfuggire all'attenzione di Malthus; per gli stessi
motivi s'intende come essa possa tuttora passare inosservata a
molti studiosi che restringono il loro orizzonte alla razza bianca
nell'epoca moderna.
lo ho già paragonato altra volta l'errore che essi commettono
a quello che commetterebbe una pulce, o altro animale a durat.a
di vita molto breve rispetto al ciclo di vita di un uomo,se, assistendo allo sviluppo di un bambino e calcolando le sue dimensioni future in base all'ipotesi che rimanga costante nell'avvenire
la velocità del suo accrescimento, si preoccupasse del fatto che
ben presto non vi sarebbe più stanza, nè casa, nè possibile edifici~
appositamente costruito, capace di contenere quel corpo che SI
suppone indefinitamente crescente.
Le considerazioni precedenti valgono di impostazione e di
introduzione alle tre conferenze che mi sono assunto il compito
di tenere fra Voi, accettando l'onorifico invito della N orman
Wait Harris Foundation.
Esse tratteranno della nascita, della evoluzione e della morte
delle nazioni, per «nazione» intendendo un gruppo di per:
sone che ha una individualità propria, non solo dal punto di
vista politico e culturale, ma anche dal punto di vista biologico (9).
.
.
L'opportunità di incominciare dalla fase meglio nota nn
induce, però, a scostarmi da quello che sarebbe l'ordine naturale delle conferenze, e di iniziare invece il mio discorso trattando della fase intermedia, relativa alla evoluzione delle naziom.
162 - Gini.
NOTE
(I) Può riguardarsi come una delle migliori esposizioni di questa tesi l'ultima
opera di Sir G. H. KNIBBS: The S/ladow oj the World's Future, London E. Benn
1928,' in ,cui,l'A. ~a, ribadi~o e sviluppato idee già rìperutamente esposte'in precedenti articoli. Vedi m particolare l'articolo T/le theory oj large popalations-aggregates, in e Metron'», Val. I, n. I, 1~VII-1920'.
(2) Larga eco ,ha avuto in Germania e in Italia - soprattutto per le prefazioni di
O. Sl'ENGLER e di MUSSOLINI, che ne presentavano l'edizione tedesca e rispettivamente la traduzione italiana - l'opuscolo di R. KORHElm: Gehurtcnruckgang, in
~ Stìddeutsche Monatshefre», Coffmann, Miinchen. La traduzione italiana· ha per
titolo: Ragreseo delle nascite, morte dei popoli, Libreria del Littorio, Roma, 1928.
(3) Tale ipotesi passa di solito inosservata, nè io l'ho mai vista segnalata da
autori moderni. Essa è stata posta In luce esplicitamente nel mio articolo Le leggi di
evoluzione della popolazione, in «Economia », dicembre 1924. E' da avvertire che
l'ipotesi non era forse sfuggita al MALTHus, il quale, in un passo delia prima cdi~ione (pag. Il), che. venne poi soppresso nella successiva, dichiarava che egli parnva da due postulati: l'uno che l'uomo non può esimersi dal nutrirsi e l'altro
che l'inclinazione (li un sesso per l'altro è necessaria e si conserverà sempre presso
a poco tale quale è al presente. Contro il secondo posrulato, si scaglia ripetutam.ente il GODWIN nella sua critica del Malthus (Recherches sur la Population, Peris,
Aillaud, 1821, Trad. CONSTANClO, cfr., in particolare, Tomo I, pagg. 43 e segg. e
Tomo II, pago 330-331), ma dandogli un senso, che non so se corrispondesse all'intenzione del Malrhus, ma che ne farebbe cosa molto diversa dall'ipotesi sopra
segnalata. «L~ membre de la proposition de M. Malthus, si on en développe le
sens, doit signifier que la passion d'un sexc pour ì'autre existe et agit constamment
chez tous Ies individua, dans tous pays, dans tous Ies l1ges du monde, et sous
l'empire de tonte espèce d'ìnstiturions, de préjugés, de superstitions et d'opinlons,
d'une manière invariable» (T. II, pago 330). Naturalmente non era difficile contes~a:e il ~ostulato di Malthus così. interpretato. Talune obbiezioni alla prima propoSIZIOne ,dl Malthus. formulate dal .GODWIN e dal,BooTH (nella dissertazione da questo aggiunta al p:Imo volume del GODWIN) coglievano però nel segno. Tali in particolare quelle che ~l GODWIN ricavava dalla progressiva diminuzione degli indigeni del
Perù, del Messico, malgrado gli sforzi e le cure del Governo, dalla estinzione delle
tribù indiane dell'America settentrionale (T. II, pago r o), nonchè dalla impossibilità, dimostrata dalla storia, per un paese in cui la popolazione diminuisce da
molto tempo, di riprendersi, a meno di essere ripopolato da una razza nuova (T. II,
pago 20); Particolarmente interessanti sono le osservazioni del BOOTH, che, dopo di
avere ricordate le specie fossili estinte e la limitata propagazione di quelle viventi
che dominano l'aria o gli oceani (quali l'aquila e il pesce-cane), si domandava:
«La loi de l'accroissement, la durée mème de la vie ne peuvenr-elles pas diminuer
~ mesure ,qu'on s'éloigne de lenr source prim'itive?» (T. I, pago 407). Vi è, in tale
domanda, la sugqestione dell'ipotesi, su cui, non molti anni dopo, il VERHUI,ST
costruiva la curva logisrica.
(4) Nelle pubblicazioni qui sotto indicate si possono trovare svolte, e spesso
documentate, gran parte delle considerazioni ricordate nelle pagine che seguono:
- 18-
Il sasso dal pW1tO di vista statistico, Remo Sandron, Palermo 1908.
Il diverso accrescimento delle classi sociali e la concentrazione della ricchezza.
in «Giornale degli Economisti », VoI. XXXVII, Serie 2", gennaio 1909.
l presupposti statistici della teoria della cernita naturale, in «Rivista Italiana di
Sociologia », marzo-aprile 1910, F.lli Bocca, Torino.
Sui fattori demografici dell'evoluzione delle nazioni, in «Rivista Italiana di
Sociologia », 1911.
l fattori demografici dell'evoluzione delle nazioni, F.lli Bocca, Torino, 1912.
Contributi statistici ai problemi dell'eugenica, in «Rivista Italiana di Sociologia »,
maggio-agosto 1912, F.lli Bocca, Torino. (Tradotto in inglese, sotto il titolo di Contriòuuons of Demography to Eugenies, in e Proceedings of the First International
Congress of Eugenics l', VaL II, London, 19]2)..
Liammontare e la composizione della ricchezza delle nazioni, Biblioteca di
Scienze Sociali », Val. LXII, F.lli Bocca, Torino, 1914.
Fattori demografici delle guerre, in «La Riforma Sociale », 19]5.
Fattori latenti delle guerre, in« Rivista Italiana di Scciologia », 1915.
Delle teorie sulle cause delle guerre. Introduzione al libro di L. MAR01: l fattori demografici del conflitto europeo, Athenaeum, Roma, '1918.
Teorie sulle CallSe delle guerre, in «Politica », 19]9.
Problemi socìologici della guerra, Nicola Zanìchelli, Bologna, ]921.
Le relazioni dell'eugenica con le altre scienze biologiche e sociali, in «Atti del
Primo Congresso Italiano di Eugenetica Sociale », Milano, 20-23 settembre 1924,
pubblicato a cura clelia «Fondazione 'Felice Mantovanì », Milano, 1927.
Le leggi di evoluzione della popolazione, in «Economia », dicembre ]924,
n. 12, Trieste.
Sul controllo delle nascite, in «La Difesa Sociale », anno IV, n. 3-4 marzoaprile 19:25, Roma. Tradotto 'dn inglese sotto il titolo di: On hirth control, in «Proceedings of the Sixth Int. Neo-Malthusìan and Bìrth-Contrcl Conference », NewYork, 1926.
Declino in the birth-rase and the e Pecundaòiiisv » »t tooman, in e Eugenìcs
Revìew », [anuary 1926; «Eugenics Educarìon Bociety », London.
Le basi teoriche della :politica economica, in «Economia », Trieste, 1926, tradotto in inglese sotto il titolo: The Theoreticai Basos ot Economie Policy, in e The
Iournal cf Political Economy », Chicago, 19:29.
Patologia economica, Lezioni professate alla R. Università Commerciale Luigi
Bocconi ~ Milano, Anno Accademico 1924-25 ~ III edizione, Milano, 'Ienconi, 1925.
Lezioni di politica economica, professate alla R. Università di Roma e compilate
dall'avv. M. Carta. Anno Accademico 1925-26. Sampaolesi, Roma, 1926.
Il' problema demografico dell'Inghilterra, in «Politica », Roma, 1926.
Les calamités économiqaes et sociales, in e Matériaux pour l'étude des calamìtés », Genève, 1926.
,
Les mouVements de population, in e Revue d'Hygiène », 1927, Paris.
Il problema demografico inglese, in «Annali di Economia dell'Università Boeconi» ~ Milano, 1927.
Il neo-organicismo, Studio Editoriale Moderno ~ Catania, 1927.
Sociologia, Lezioni professate alla Regia Università di Roma, Anno Accademico
1926-27, raccolte e compilate da F. Lapenna e A. Parboni .: Roma, Sampaolesi, 1927.
Considerazioni sull'optimum di densità della popolazione, in «Economia »,
Trieste i927, tradotto in inglese sotto il titolo di: Considerations. on the optimum
density oi a popu!ation, in {( Proceedings of the World Population Conference »,
1927, Arnold, London, 1927.
La fertilità della donna in relazione al problema della popolazione, in « EcoDomia », ] 927.
Alcune ricerche italiane sulla riproduttività differenziale, Ibid., 1927, tradotto in
inglese sotto il titolo di~ Some Italian !tIquiries into dif}erential reproductivity, in
({ Proceedin""s of thc World Pop. Conference ». Londra, Arnold, 1927.
Il Con;resso mondiale della popolazione, in «Echi e Commenti », Roma, 1927.
-
19-
La natalità e la potenza delle naeioni, in «Il Popolo di Roma », del 29-3°
gennaio 1928.
Problemi della popolazione, in « Annali dell'Istituto di Statistica », Anno Accademico 1927-28, val. II, a cura della R. Università degli Studi «Benito Mussolìnì »,
Bari.
Le obbiezioni alla politica della crescente natalità, in «Archivio Fascista di Medicina politica », Anno II, settembre-dicembre 1928, Pasc. V-VI.
La politica della popolazione, Appunti stenografici raccolti da Franco Fusillo,
alle lezioni professate alla R. Università di Roma. Anno Accademico 1927~28 ~
Roma, Castellani, 1928.
(5) Cfr. PLUTARCO: Le vite degli uomini illustri. Trad. di POMPEI, Padova,
Crescini, VoI. VI, 1817, Silìa, pago 299.
(6) Cfr. W. M. FLINDERS PETRIE: The Reoolations oi Cioiìisation, Harper,
London, s" edizione, 1922.
(7) Cfr. Dr. OSKAR BAIL: Untersuchungen uber die M-Konzentration uon
Bakterien und Balitcriopbagcn, 1924, in «Arcbiv fiir Hygiene », Bd. 94, pagg. 5472; E. SINGER e: F. HOD1;R,: Ueber die physiologische Grcnza BakterietlUet'mehrung,
1924. Ibidem, Bd. 94, pagg. 353~369; Dr. SCHOKITSCHI KATIU: Ueber die M~Kon·
zentration satzbildender Bakterien, 1924, Ibidem, Dd. 95, pagg. I01~120; O. BAIL:
Prolegomena zu eincr experimentellen Populationsforschung, in e Medìaìnische Klìnik », Iahrg, 1917, n. l; Ergebnisse esperimenteììes Populations/orschung, 1928,
in « Zeitschrift fiìr Immunitiitsforschung », Bd. 60, 1929, Hefr 1/2.
(8) Alludo alle note ricerche del PEARL e dei suoi collaboratori sulla Drosophila
melanogaster, Un riassunto dei risultati da essi raggiunti, insieme all'indicazione blblìografìca delle loro pubblicazioni) può trovarsi nel rapporto The Biology 01 Papuìation Growth presentato dal PEARL nel 1927 alla Conferenza Internazionale della
Popolazione di Ginevra. Vedi e Proceedìngs cf the World Population Conference »,
London, Arnold, 1927, pagg. 22~38.
E' noto che il PEARL sostiene che lo sviluppo della popolazione della Drosophila
avviene secondo la curva detta e logieticas introdotta dal belga VElUlULST nel 1838,
e poi ripresa, indipendentemente - l pare - dal VERHULS'l', dal 'p~A.R.L stesso e dal
REED nel 1920. (Cfr. R. PEARL e L. J. REED, On .theMathematicaITheoryoIPopula~
tion Growtb, in « Metron », Val. III, n. x). Egli sostiene altresì che, secondo la stessa
curva, si sviluppano anche le popolazioni umane,' tesi che ha dato luogo a discussioni
molteplici. Fra i critici della tesi del PEARL, è da ricordare particolarmente il KNIBBS,
il cui punto di vista è pure stato espresso in e Meeron » (vol. V, n. 3, The growth oi
human populations anifl ehe laws of their increase) e. tra i fautori il YULE (Th~
Growth 01 Population and the Factore 'whic!l control it, in e Iournal of the R. Stato
Society », Ja~uarYI92.5). Un'abbiezione fondamentale alla tesi del PEARL proviene
dal fatto che, secondo i dati statistici di cui si dispone, non pare che l'accrescimento
percentuale della popolazione umana vada continuamente diminuendo durante il
loro ciclo di sviluppo, come sarebbe da attendersi secondo la curva lcgisrica e come
pare si verifichi nello sviluppo degli organismi; pare invece che per un certo periodo esso cresca e poi diminuisca. A pago ,16 è indicata una spiegazione di tale
divergenza tra il ciclo individuale e il ciclo demografico.
NelIa discussione che, in seno alla Conferenza Internazionale della Popolazione,
seguì al rapporto del PEARL, il dotto NETUSIL ricordò le ricerche del BAIL (Cfr.
eProceedings », ecc., ,pagg. 47-48). Stando al resoconto della discussione, il Nurrrsn.
avrebbe anche affermato che, così l'ascesa come la discesa delle popolazioni di bacteri avverrebbero secondo la curva logistica, che il decorso della discesa sarebbe tre':
volte più lento di quello della ascesa, e, infine, che la diminuzione sarebbe determinata non soltanto dalle morti dei bacteri prima viventi, ma da una crescente differenza fra la loro riproduzione e la loro mortalità. Non trovo tali particolari negli
scritti del BAlL sopracitati, ma è da ritenersi che il NETUSIL (ora disgraziatamente
defunto, al pari del B:AIL) fosse pure al corrente delle ricerche del BAIL allora in
corso e, a quanto mi consta, non più pubblicate.
(9) Cfr. la nota (31) alla conferenza: Nascita e reoioiscenx« delle nazioni,
pago 100.
II.
LA EVOLUZIONE DELLE NAZIONI
La chiave di volta della evoluzione delle nazioni è data dal
diverso accrescimento delle loro differenti categorie di popolazione.
Gli individui di una società, come le cellule di un organismo,
sono dotati di una riproduttività diversissima. Molti muoiono
con sè stessi, altri rivivono in un rampollo, altri si propagano
in molti. Il fenomeno è di osservazione comune: ma quello
che comunemente non si valuta è la sua portata.
Degli individui che muoiono, da 2/5 a 213, secondo i tempi
e i paesi, non hanno contratto matrimonio; di quelli che hanno
contratto matrimonio, da r/3 a 1/7 muore senza lasciare discendenti. La generazione che sopravvive non' deriva dunque da
tutta la generazione che scompare, ma solo da una frazione di
essa, che va, all'ingrosso, da un massimo di 112 a un minimo
di 2/9. Ma i componenti questa frazione hanno, a loro volta, una
parte molto diversa nel produrre la generazione che sopravvive.
Si può ritenere che, con leggere variazioni da paese a paese, la
metà della generazione che sopravvive derivi dal 30% circa dei
coniugati che lasciano i figli e che i 314 di quella derivi da circa
-20-
2I-
La diversa riproduttività degli in..
dividui.
il 60% di questi. Sicchè, in definitiva, possiamo concludere che
la metà della generazione che sopravvive, discende da una frazione piccolissima, che sta fra 1/7 e 1/rS della generazione
che scompare, e una forte maggioranza, precisamente i 3/4
della generazione che sopravvive, discende da una frazione ancora relativamente piccola, che sta fra 1/3 e 1/8 della generazione che scompare (I).
Il diverso accrescimento d e I I e
classi Boriali.
Il ricambio demografico tra le claesi sociali.
Ora, queste differenze, cosi forti, nella riproduttività dei diversi individui, appaiono, in una certa misura, sistematicamente
collegate con le classi sociali. Si può dire che, in generale, le classi
elevate presentino una riproduttività minore delle classi medie,
e queste, in generale, minore delle classi basse. Eccezioni vi sono,
a cui accenneremo in seguito, ma non valgono a cancellare la
regola. Ricchezza, nobiltà, cultura, alta posizione gerarchica,
professione intellettuale, raffinatezza della vita, residenza in città,
elementi che decidono del livello sociale, appaiono tutti, dalle
molteplici ricerche intraprese, correlati più o meno strettamente,
ma in ogni modo correlati negativamente, con la riprodutrì.
vità (2).
Le loro influenze, d'altronde, si cumulano. In definitiva. le
classi elevate risultano, in generale, insufficienti a mantenere, con
la sola forza riproduttiva, la loro proporzione numerica nella
popolazione, e tanto più insufficienti nel periodo ascensionale
delle nazioni, in cui le funzioni sociali più elevate vengono assumendo sempre maggiore importanza.
A prevenire, o riempire, i vuoti che ne seguono, una corrente ascensionale tende a determinarsi dalle classi medie alle
alte, e analogamente dalle basse alle medie, molto più importante della corrente discendente degli individui declassati (3).
Il ricambio demografico, che ne deriva, tra le varie classi sociali ha importanza incalcolabile da molteplici punti di vista:
spiega la scomparsa delle famiglie celebri e la necessità di rinsanguare la nobiltà con nuovi adepti; tende ad accentuare la con-
- 22-
centrazione della ricchezza; fa si che i caratteri ereditari fisici e
intellettuali - del pari che quelli, attinenti alla cultura, alla religione, alla lingua, che si trasmettono per tradizione nelle singole
famiglie - tendano a diffondersi dalle classi basse a tutta la
popolazione, trasformandone talvolta la costituzione raziale e
gli ideali e le abitudini, e mantenendo in ogni modo le classi
d.irigenti in istretto contatto con la massa della popolazione (4).
Per la questione che ci occupa, è particolarmente importante I vari stadi della
evoluzione d e Il e
il fatto che tale ricambio demografico assume intensità e caratteri nazioni.
diversi nei vari stadi dell'evoluzione della popolazione, analogamente a quanto avviene per il ricambio organico nelle successive fasi della vita dell'individuo (S).
In un primo periodo, in cui la differenziazione sociale è limitata, ed alto si mantiene l'accrescimento delle classi superiori,
la corrente ascensionale risulta relativamente debole e, comunque, insufficiente a dar sfogo all'incremento naturale delle classi
basse; queste tendono pertanto a riversarsi al di fuori dello Stato
con la guerra o con l'emigrazione. E' il periodo dell'espansione
nazionale che corrisponde allo stadio della giovinezza degli organismi individuali. Subentra una fase di maturità, in cui le classi
elevate, ingrossate di numero e diminuite di prolificità, assorbono completamente, o quasi, gli elementi che salgono dalle
classi più basse, le quali, a loro volta, avendo perduto gli elementi più prolifici nelle guerre o nell'emigrazione, già hanno
ridotto la loro natalità. La popolazione trovasi allora in una condizione di equilibrio, in cui basta, o di molto non sovrabbonda,
ai bisogni del territorio nazionale. Ma, accentuandosi ulteriormente la sperequazione economica, riducendosi vieppiù la riproduttività delle classi elevate, la corrente ascensionale, per quanto
si intensifichi, risulta da una parte insufficiente, qualora la immigrazione non sopperisca, a coprire degnamente i vuoti che sempre più largamente 'si rinnovano nelle classi dirigenti, mentre,
d'altra parte, essa assottiglia le classi più basse più di quanto con- 23-
verrebbe per l'equilibrio delle funzioni sociali. Subentra allora
la fase della decadenza demografica, che corrisponde a quella
della senescenza individuale.
Il ricambio demo..
Un problema importante a questo punto si affaccia: costigrafico ha natura
tuisce questo ricambio un fenomeno di natura puramente ecosociale o biologica?
.
nomica o sociale? Oppure trova le sue radici in più intimi fattori di natura biologica?
E' certo che in parte la differenziazione economica della
società deriva dalla diversa prolificità delle famiglie. Fu anzi
calcolato quale sarebbe la concentrazione della ricchezza che si
verificherebbe in una generazione per puro effetto della diversa
prolifìcità dei genitori, qualora questi fossero stati tutti ugualmente ricchi e avessero ugualmente ripartite tra i loro figli le
loro sostanze (6).
Fattori sociali del
Ma è altrettanto certo che la differenziazione economica e
ricambio d e m osociale.concorre a determinare la diversa prolificità degli indigrafico.
vìdui e ad accentuare il conseguente ricambio demografico.
Secondo un'opinione diffusa, condizioni particolarmente favorevoli di vita avrebbero l'effetto fisiologico di indebolire il potere
riproduttivo degli individui. Nella specie umana, poi, a tale
effetto fisiologico si viene ad aggiungere un effetto psicologico,
quando la ragione, facendosi strada attraverso la prepotenza
degli istinti, rende i genitori pensosi dell'avvenire dei figli,
poichè, più i genitori sono ricchi, e più sarà difficile che i figli,
se numerosi, mantengano il livello economico e sociale della
famiglia e si assicurino quelle soddisfazioni intellettuali e morali, le sussistenze psichiche, come furono dette, a cui chi è abituato rinuncia talvolta anche più mal volentieri che alle stesse
sussistenze alimentari (7).
Quando poi la differenziazione sociale si accresce e il
ricambio sociale si attiva e più difficile si rende l'ascesa dalle
basse alle alte classi sociali, si impone molte volte, a renderla
possibile, il ritardo del matrimonio o la restrizione della prole,
in modo che i nuovi adepti non apportano alle classi elevate un
contributo di famiglie numerose e coloro che aspirano ad entrarvi frenano essi pure, nell'attesa, la riproduzione.
Queste considerazioni spiegano talune eccezioni alla regola
del diverso accrescimento delle classi sociali. In Inghilterra,
durante la grande espansione industriale, gli ampi orizzonti
aperti davanti alle classi dirigenti toglievano loro il freno psichico alla riproduttività, mentre le cattive condizioni di vita
degli operai dovevano accrescerne la mortalità, cosicchè si inten- .
de come, in definitiva, l'accrescimento delle classi elevate restasse inferiore a quello delle classi più basse molto meno di
quanto si verificò successivamente (8).
I! desiderio di migliorare la propria posizione sociale, che
il periodo della guerra e le agitazioni postbelliche hanno lasciato
nelle masse, spiega come l'accrescimento naturale di queste sia
grandemente ridotto e, in alcuni paesi, possa anche essere disceso al disotto di quello delle classi elevate 0).
Ma, molto probabilmente, la differenziazione economica e Fattori biologici
del ricambio dedemografica, che accompagna l'evoluzione delle nazioni, e il mografico.
ricambio sociale, che ne deriva, sono fondamentalmente manifestazioni comuni di più intimi fattori biologici (IO). E' stato osservato molte volte che le classi elevate precorrono l'evoluzione
delle nazioni a cui appartengono. Ora questa osservazione, riferita generalmente ai caratteri psichici e morali, viene attribuita
all'influenza che le classi dirigenti esercitano sul resto della
popolazione, mediante l'esempio e la legislazione; ma essa pare
verificarsi anche per caratteri fisici, per i quali ogni influenza
diretta di coazione o di educazione o di imitazione è da escludersi (II). E nulla di più naturale, invero, che come le varie
razze, i vari gruppi, le varie nazioni, percorrono con diversa velocità la parabola della evoluzione, altrettanto avvenga per le famiglie. Le famiglie più precoci, che precedono la massa nella
evoluzione, dei germi, si eleverebbero sopra le altre e costituì-
- 25-
rebbero il nerbo delle classi dirigenti. Esse presenteranno poi in
anticipo anche le caratteristiche organiche della decadenza.
Si intende allora come le classi elevate, chiuse in sè stesse,
finiscano col degenerare, per quanto cospicue fossero le doti
dei capostipiti.
E si spiega pure come, mentre le classi elevate sono meno
prolifiche delle basse, tra le classi elevate, gli individui meno
capaci presentino - a quanto risulta da recenti ricerche - una
proliificità minore (12). Gli è che, nella parabola discendente della evoluzione, alla riduzione della riproduttività si accompagna,
da un certo punto in avanti, anche una decadenza dei caratteri
individuali.
Portata bìelogìea
La concezione suesposta ci fa apparire sotto una luce nuova
del diverso accre~
il
fenomeno
del diverso accrescimento delle classi sociali, da cui
s c i m e n t o delle
classi sociali.
non pochi studiosi paventavano un tempo un progressivo abbassamento delle qualità delle nazioni. Noi vediamo in esso al
contrario un provvido meccanismo di eliminazione dei filoni
familiari, che hanno percorso ormai il ciclo della loro evoluzione. Sperare di migliorare la razza stimolando artificialmente
la prolificità delle classi elevate rappresenta un'illusione paragonabile a quella di chi aspirasse ad accrescere l'efficienza della popolazione, prolungando artificialmente la vita dei vecchi (13).
E la stessa influenza delle sussistenze psichiche, che fa desiderare alle classi ricche ed elevate una prole poco numerosa,
si palesa come un sapiente adattamento con cui la natura armonizza le tendenze psichiche con le possibilità fisiologiche delle
classi più avanzate nella parabola evolutiva.
Non è, in altre parole, che le teorie neo-malthusìane siano la
Significato biologico del movìmen,
causa prima della minore natalità delle classi elevate. E' piutto nen-malthusfano.
tosto la cessata prepotenza degli istinti genetici che permette
alle loro menti di accogliere i suadenti argomenti della ragione
per una regolamentazione della prole, e le rende, cosi, soddisfatte di una figliuolanza che è necessariamente scarsa, lasciando
- 26-
loro l'illusione di non volere ciò che, senza forzare la natura,
non potrebbero ottenere. Allo stesso modo l'individuo, invecchiando, trova nella sua ragione molteplici considerazioni che lo
fanno pago di quella vita ordinata e morigerata che gli sarebbe
in ogni modo imposta dall'età, considerazioni che quando era
nel rigoglio delle forze, non facevano invece alcuna presa sulla
sua ragione e in virtù delle quali soltanto gli è possibile di assistere ora, senza troppo gravi rimpianti, allo spegnersi graduale
della fiamma della vita (14).
La causa prima della evoluzione delle nazioni deve dunque ricercarsi in fattori biologici. Una minore o maggiore proporzione dei filoni familiari più progrediti nella parabola dell'evoluzione, costituirebbe, in sostanza, la caratteristica dei successivi stadi delle nazioni.
Si spiegano cosi le opposte reazioni che i medesimi agenti
provocano da parte delle popolazioni nelle varie fasi della loro
evoluzione.
La disoccupazione, in cui oggi si vuoi vedere uno dei motivi
della diminuita natalità (r5), avrebbe costituito, secondo le concordi testimonianze dei documenti del tempo, una delle cause
di quella singolare frequenza dei matrimoni e delle nascite che
ha determinato la nota crisi di sovrapopolazione dell'Irlanda nella prima metà del secolo XIX (16).
Un altro fattore di tale elevata natalità sarebbe stato allora
il frazionamento della terra (17); mentre è noto che precisa.
mente alla suddivisione della proprietà terriera, facilitata dal regime successorio del Codice Napoleonico, è stata attribuita da
molti la restrizione delle nascite, cosi largamente diffusa nella
popolazione francese (18). Negli ultimi tempi, non è tuttavia in
Francia o nei paesi dove vigono 'le stesse norme successorie che
si è verificata la più bassa natalità, ma anzi in paesi retti da norme contrarie, quali l'Inghilterra e la Svezia (19). Ciò può attribuirsi all'influenza crescente che, nel determinare la riduzione
- 27-
Diverse reazioni
delle popolazioni
agii stessi agenti
secondo il loro diverso stadio di ""volustcne.
delle nascite, viene assumendo negli ultimi tempi il desiderio di
conservare, non tanto il .patrimonio alla prole, quanto a sè stessi
la propria posizione sociale, desiderio che fa sì che i figli non
favoriti dalla eredità evitino le nozze o la figliolanza, anche più
frequentemente di quanto non sarebbe avvenuto in regime di
frazionamento dell'asse familiare (20).
Similmente i sussidi accordati alle famiglie in ragione
della loro prole, da cui, in periodo di diffusa razionalizzazione
delle nascite, parrebbe doversi attendere - e da molti infatti si
attende - un benefico effetto sulla natalità, in altre circostanze
si sono dimostrati, non solo inutili a stimolarla, ma piuttosto
dannosi; ciò che si spiega con la considerazione eh" essi risvegliano o accrescono ndlle famiglie l'influenza limitatrice delle
sussistenze psichiche (21).
Armonia della evoluzione d e m 0grafica con lo sviluppo del caratteri fisici e Intellettuali della nazione.
L'alta mortalità infantile, che nelle popolazioni demograficamente vigorose appare costantemente associata con una natalità elevata (22), costituisce invece, in certe popolazioni che si
estinguono, il movente per rifiutarsi alla prolificazione (23).
La teoria biologica dell'evoluzione delle nazioni spiega
altresì come la fioritura e la stasi e la senescenza demografica
sieno accompagnate o, a non lunga scadenza, seguite dalla ascensione, dalla stazionarietà o dalla decadenza delle altre manifestazioni militari, economiche, politiche, scientifiche della nazione. Gli è che quelle stesse forze genetiche, che determinano
un rapido incremento della popolazione, contemporaneamente
provocano una particolare fioritura di individui robusti e ardimentosi e di ingegni acuti, pronti e adattabili.
Concorrono tutte queste circostanze a determinare l'epoca
d'oro della nazione. Non è un caso dunque se, nei periodi di
maggiore espansione demografica delle nazioni, queste trovano
altresì i grandi condottieri che le guidano alla vittoria, e i geni
industriali che le provvedono di armi per le prove della guerra
e della pace, e i grandi poeti che idealizzano le loro aspirazioni
- 28-
ed elettrizzano il loro entusiasmo, e i grandi teorici che sistemano la loro concezione della vita e dell'universo, e i grandi
storici che ne tramandano ai posteri le gesta (24)'
Ai fattori genetici si aggiunge un fattore puramente demografico derivante dalla composizione della popolazione per età.
Perchè, quando una nazione si trova in periodo di nascite erescenti avviene che nella sua popolazione abbondino i giovani,
mentre, quando essa si inoltra nella fase di decadenza .demografica, il fenomeno inverso si verifica e le età più elevate assumono una importanza predominante. Di qui conseguenze decisive per la psicologia della nazione, perchè, in una popola.
zione in cui le età giovani abbondano, queste improntano del
loro spirito ardimentoso tutta la organizzazione sociale e tutto
l'orientamento della condotta, collettiva, mentre la calcolata
prudenza costituisce la caratteristica delle popolazioni in cui le
età vecchie prevalgono (25).
Una segreta armonia così ci si rivela tra lo sviluppo numerico e lo sviluppo intellettuale e i caratteri fisici e la composizione
per età delle popolazioni; tra la capacità di assumere le iniziative
e le condizioni demografiche favorevoli perché ad esse arrida il
successo.
E' una armonia analoga a quella che si manifesta nello sviiuppo dell' organismo individuale; se questa passa abitualmente
inosservata, è unicamente perchè ci appare ormai, per la sua ge.
neralità, come un fenomeno naturale. In realtà è mirabile che,
nelle stesse età in cui l'intelletto raggiunge il massimo della sua
vigoria e della sua plasticità, anche le forze fisiche tocchino il
culmine della potenza e della resistenza, e che la fiducia nell'avvenire e l'arditezza nel concepire e nell'attuare i progetti corrispondano a quello stadio della vita in cui la potenza intellettuale
e la fisica vanno affermandosi e progredendo; mentre la riflessione e la circospezione, e da ultinro la tinridezza, caratterizzano
Disarmonie dertvanti dalla sover'chia intensità del
ricambio sociale.
il periodo delle ultime età adulte e della vecchiaia, in accordo col
progressivo esaurirsi delle facoltà fisiche e intellettuali (26).
Un ammaestramento da tutto questo si trae ed è che, quando
si studia a fondo il funzionamento dei meccanismi della evolnzione delle nazioni, appare che la natura ha in realtà provveduto
assai meglio di quanto non pensassero e non pensino molti teo-rici della popolazione, che a tali meccanismi naturali vorrebbero
sostituire una artificiale razionalizzazione (27).
E' un ammaestramento analogo a quello che, in altri tempi,
è scaturito dallo studio della fisiologia. Per molto tempo i medici, che avevano rivolto le 'loro cure all'organìsmo umano, impressionati dagli squilibri che esso presenta, sia nelìe crisi di sviluppo, sia nelle malattie, pensarono di poter correggere la natura
mediante rimedi drastici, che forzassero l'organismo ad un ritorno all' equilibrio normale. E' stato solo in seguito che, approfondendo 'l'esame, si è dovuto riconoscere che, in realtà, i processi
della namra hanno un'intima e profonda ragione di essere, e che,
nel cercare di sostiruirli con altri meccanismi artificiali, spesso si
perde assai più di quanto non si guadagni, per modo che il partito più saggio è ancora, nella maggior parte dei casi, quello di
non -intralciarhe, ma anzi di assecondarne e facilitarne, l'opera (28).
Ciò non significa naturalmente che i processi naturali non
presentino talvolta inconvenienti.
Per ciò che concerne il ricambio sociale, è certo che il suo
intensificarsi, soprattutto quando 'la forte differenziazione eco-nomica porta a ridurre la prolificità di coloro che salgono o che
aspirano a salire, affretta l'esaurimento demografico delle nazioni (29). Ed è certo altresì che, quando il ricambio diventa
troppo rapido e intenso, gli elementi che pervengono alle classi
elevate difettano spesso di quella preparazione intellettuale e
morale alle funzioni dirigenti, che solo una lunga tradizione
familiare può fornire (30).
-
30
-
Onde si intende come, soprattutto in certi stadi della evoluzione delle nazioni, si sia cercato di frenare e talvolta di impedire il ricambio demografico tra le varie classi sociali. Il sistema
delle caste rappresenta l'applicazione più rigida di tale programma. Con tale sistema viene tolto, da una parte, lo stimolo alla
riduzione delle nascite che deriva dalla spinta ascensionale, mentre, d'altra parte, si determina una elevata domanda per le funzioni direttive della società, che tende a migliorare le retribuzioni
dei componenti le classi elevate e attenua in essi lo stimolo economico alla razionalizzazione della prole. Nelle classi basse, a
cui è impedito lo sfogo verso l'alto, si crea frattanto urla sovrabbondanza, che non può mancare di peggiorarne le condizioni di
I
vita e, accrescendone 'la mortalità, frena il loro accrescimento
naturale.
E' certo pertanto che l'evoluzione delle nazioni, col sistema
,del<le caste, viene rallentata, E ciò può anche, da un certo punto
di vista, essere considerato un vantaggio. Ma, d'altra parte, le
classi elevate, prive degli elementi rinnovatori che avrebbero ricevuto dalla massa della popolazione, si cristallizzano in viete
idee tradizionali e spesso degenerano dal punto di vista fisico e
intellettuale; per modo che la civiltà resta stazionaria o meno
rapidamente progredisce.
Lo squilibrio qualitativo e quantitacivo, che alla lunga ne
deriva, tra le caste elevate e le basse spesso porta alla rottura, pacifica o violenta, delle barriere, e ad un ritorno al sistema della
libera circolazione sociale. E' quanto avvenne in Roma in seguito
alle lotte tra patrizi e plebei; è quanto si ripetè, su più vasta scala,
con la rivoluzione francese (31).
Altra volta i difetti del sistema della libera circolazione pro-vocano il ritorno al sistema delle classi chiuse, come si verificò
in Venezia con la Serrata del Gran Consiglio.
Una alternativa pare dunque verificarsi nei sistemi di organizzazione sociale, di cui l'uno porta a una vita più breve, ma
-
31
-
Sistema delle caste e sistema della
libera etrcolaatone sociale.
intensa, e l'altro ad una vita più lunga e tranquilla delle nazioni.
Vigor di vita e durata di vita risultano, per le nazioni almeno,
antitetici.
E', il! secondo, il sistema generale nelle civiltà antiche e
quello che fino a tempi recenti è prevalso nelle civiltà orientali e
tuttora non ne è scomparso; è, il primo, il sistema caratteristico
della civiltà dell'Europa Occidentale e dei nuovi paesi che ne
sono derivati. La superiorità della civlltà bianca nell'epoca moderna sembra bene deporre a favore del primo sistema, confermando che, anche in questo campo, gli artifici degli uomini sono
rimasti inferiori ai meccanismi predisposti dana natura; e l'adozione 'sempre più larga, da parte delle stesse civiltà orientali, del
sistema europeo ed americano di organizzazione sociale può
ben interpretarsi come un riconoscimento di codesta superiorità.
Possiamo ripetere per le nazioni un motto che ci viene proprio da un monarca orientale: «Meglio vivere un giorno come
un leone che cent'anni come una pecora! »,
NOTE
(1) Vedi, per i dati relativi ai singoli Stati, l fattori demografici dell'evoluzione
delle nazioni, Torino, Bocca, IgII, pagg. 9-12.
(2) I risultati delle ricerche ottenuti negli ultimi anni, in questo campo, da me
e da altri autori (SAVORONAN, GroSTI e LUZZATl'o·FEGlZ) sono riassunti nell'articolo Alcune ricerche sulla riproduttività differenziale pubblicato in italiano in «Economia» .ed in inglese nei e Proceedings of the World Population
Conference, 1927 », Devo però avvertire che la traduzione inglese, pubblicata senza
la mia autorizzazione, prima che fossero corrette le bozze, contiene varie Iaesattezze che, tra altro, rendono irriconoscibile la formula del potere riprodurtivo medio. In . detto articolo, è data la relativa bibliografia sino a quella data.
Negli atti dello stesso Congresso, sonai pure pubblicate le memorie presentate dai Professori CARR~SAUNDERS, MARCH, GROTJAHN, METHORST, che portano dati in argomento per gli Stati rispettivi. Per gli Stati Uniti d'America, furono pubblicati dati dal
PEARL, in «The Quarterly Review of Biolcgy » (Differential Fertility, March 1927),
da W. F. OOBURN e C. l'IBBlTS, in «Social Forces s (Birth Raie and Social Classes,
September, 1929), da E. SYDENSTltYCKER nei e Public Health Reports» (VoI. 44, n. 35,
August 30, 1929, Differential Fertility according to Economie Status). da ,E. SYDEN~
STRYCKER e F. N. NOTESTF.IN, in e Iournal of the Amerìcan Stato Assocìaticn » (DiDe~
rentiaì Fertility according to Social Classes, March, 1930). Per l'Ungheria, e in particolare per Budapest, vedi i dati esposti da BÉLA FOLDES sul .«[ournal de la Socìété
Hongroise de Statistique », n. 1~2, .1929 (Influence de la situation .matbielle et sociale sur les mariages, les naissanccs et ìes décès, eu égard particulièrement à Budapest). Il FOLDES cita, e spesso riporta, numerosil dati ottenuti. per vari Stati, da
altri autori.
AI suddetto Congresso furono pure presentate due comunicazioni, una dal
prof. AZNAR di Madrid e l'altra dal dotto EDIN di Stoccolma che sono state riassunte negli Atti. e formarono poi oggetto di successive memorie da parte degli
autori (La memoria del dott. Edin: Fertility in marriage t'n the different social
classes 01 Graatcr Stockholm in the years 1919-r922 fu distribuita manoscritta; quella
del prof. Aznar: El promodio differendal de la reproductividad in las cìases sociales
de Madrid fu pubblicata nel primo numero, gennaio 1929. del «Boletinde la Universidad de Madrid»). Questi due articoli sono particolarmente interessanti in quanto
mostrerebbero che la produttività netta dei matrimoni (numero medio dei figli vi~
venti per matrimonio) è più elevata nelle classi più ricche. Questo risultato non
basta però ad affermare che la riproduttività è più alta nelle classi ricche perchè a parte le nascite illegittime - la riproduttività dipende, oltre che dalla produttività
media dei matrimoni. dalla probabilità di sposarsi e dalla durata media di generazione (età media dei genitori alla nascita dei figli), essendo funzione positiva della
probabilità di sposarsi e negativa della durata di generazione. Ora è noto che la probabilità di sposarsi è più elevata e l'età al matrimonio più bassa nelle classi inferiori.
L'influenza della probabilità di sposarsi sulla riproduttività è stata indicata dal1'AzNAR
(art. cito nota a pagg. 6-7). mentre non mi ricordo di aver trovato debitamente segnalata l'influenza della durata della generazione. Queste stesse osservazioni tolgono
-33 3 - Gìni,
valore ad altre ricerche, che riscontravano una produttività matrimoniale più alta
nelle classi elevate, (ome indice di un minore accrescimento degli strati inferiori
della popolazione. In base ai documenti sulle imposte pagate nel sec. XVlII nella
Città di Castellammare di Stabia (Napoli), il dotto G. Ds MEO accertava che la prole
vivente era in media più elevata per i capi famiglia abbienti che per i non abbienti
(i ;capi famiglia abbienti avevano però un'età superiore, e più elevata era, tra gli abbienti, la quota dei celibi) (Distribuzione della ricchezza e composizione dcmografica in alcune città dell'Italia Meridionale nel secolo XVIII. R. Istituto Superiore di
Scienze Economiche e Commerciali. Napoli, 1927-::-.8). In Cina, il GlUFFING ha trovato che le famiglie letterate degli studenti, in confronto delle illetterate, 'e le famiglie
campagnole .cop. istruzione superiore, in confronto a quelle con istruzione inferiore,
presentano in media più figli nati vivi, meno premorti e più sopravviventi (J. B.
GRIFFINO, Edncation end siro of family in China, in « The journal of Heredity »,
settembre 1926, pagg. 331-337.
(3) Per l'importanza relativa della corrente ascensionale e della corrente discendente in vari Stati, cfr. l fattori demografici dell'evoluzione delle nazioni, note a
pagg. 25-:1.9 e L'ammontare e la composizione della ricchezza dell nazioni, pago 4 28•
Ai dati ivi citati posso oggi aggiungerne qualche altro, ricavato da un'inchiesta eseguita dalla Direzione Generale di Statistica sugli studenti inscritti·· nelle
R. Università e nei RR. Istituti Superiori di Commercio durante l'anno accademico
I91I-I2. Per 9686 studenti, l'inchiesta indicò la professione del padre, in base alla
quale si può stabilire che per 3/4 o poco più gli studenti provengono dalle classi
elevate (professioni liberali e proprietari) e per 1/4 dalle classi inferiori e precisa>
mente per il 14 % o poco meno dalle classi dei piccoli impiegati, esercenti ed artisti.
per il .7 % dai lavoratori specializzati, per 'il 4 % dai lavoratori non specializzati.
11 confronto tra questi dati e quelli pubblicati nel passo citato dei Pastori demografici, ecc. relativi agli sposi andati a nozze a Roma nel 1908, mostrano che, come
era d'altronde da attendersi, la percentuale degli appartenenti alle classi superiori,
che provengono dalle classi inferiori, era a Roma sensibilmente più elevata che nel
complesso ~e1 Regno: Degli 819 .sposi appartenenti alle classi elevate (stabilite con gli
stessi cnten che per l padri degli studenti), solo 11 61 % proveniva infatti dalle stesse
classi, il 14 % dalle classi dei piccoli impiegati, esercenti ed artisti, il 18 per cento
dalla classe dei lavoratori specializzati, e il 7 per % da quella dei lavoratori non
specializzati. In Isvezia, la percentuale degli studenti delle Università e delle Scuole
superiori provenienti dalle classi inferiori sarebbe molto più elevata: il 51 % per gli
studenti della Università di Lund; il 63.7 % (1885) e il 60.4 % (1887) per gli allievi delle Scuole Superiori (Vedi l fattori demografici ecc., pago 28~36). I confronti
tra dati relativi a Stati diversi sono però molto incerti in causa dei diversi criteri con
cui sono stabilite le categorie professionali e sociali. Questa considerazione mi trattiene
dal pubblicare dati interessanti comunicatimi dal prof. VINCENZO CASTIULLl della
R. Università di Bari, relativi alle Università della Prussia e dell'Ungheria. Da essi
appare però chiaramente che la percentuale degli studenti provenienti dalle classi
inferiori è in Ungheria (1925~26) minore e in Prussia, sia prima che dopo la guerra,
molto maggiore di quanto fosse in Italia nel 19II~12. Per la Prussia. il confronto
d.ei dati prebellici (semestri di estate r çr r e di inverno 19rr-I2) coi postbellici
(inverno 1924-25, estate 1925. estate 1928) mostra una lieve, ma costante, discesa
n~la percentuale degli studenti provenienti palle classi elevate; è probabile che la
discesa avvcmsse anche nel 'periodo postbellico, in quanto le percentuali degli stud~nti i cui genitori erano forniti di un titolo di cultura superiore appaiono in dirninuzione ~ontinua .nei.sU,ccessivi per!o?i l886/87~I89I, 1902-1902/03, 19II-lgrr/I2,
1928. I dati comumcaurm dal Castrilli mostrano ancora una forte discesa nella percentua.le 'degli stu,dqnri provenienti dagli strati medi nell'estate 1924-25 in confronto
al periodo prebellìco, a CUI segue poi, dal 1924~25 al 1928, una ripresa, che tuttavia
n.o~ nco.nduce la percentuale al livello anteriore. Stabilire su questo argomento sta~
t~stlche lIltern~zionali comparabili è uno .degli scopi che si è prefissa la Commis.
SlOne .Intcrnaz:onale delle Statistiche Intellettuali, la quale, su invito dell'Istituto Inw
rcrnazlOnaledl Cooperazione Intellettuale. ha preparato un programma per le ri!eva~
zioni statistiche nel campo culturale da eseguirsi dai vari Stati. Il Castrillì pubblicherà
tra breve i dati in parola negli «Annali dell'Istituto di Statistica» della R. Università
di Bari (Anno Accademico 1928-29, Vo1. 11I; Nuove indagini statistiche sugli studenti universitari).
(4) Cfr., in particolare, i lavori citati: Il diverso accrescimento delle classi
sociali, pagg. 61-69; 1 fattori demografici dell'evoluzione delle n'azioni. pagg. 4-12
e .30~34, Contributi statistici ai problemi dell'cugeniaa, pagg. 378~383, Fattori latenti delle guerre (in « Problemi sociclogici della guerra », pagg. U-I2), Teoria
sulle cause delle guerre (in «Problemi sociologicì della guerra ». pagg. 89-93), Le
leggi di evoluzione della popolazione, pago 294. L'ammontare c la composizione
della ricchezza nelle nazioni, pagg. 429-431. La politica della popolazione, pagine
199~210.
•
(5) Cfr., in particolare: l fattori demografici della evoluzione delle nazioni,
pagg. 34-47, Contributi statistici ai problemi dell'eugenica, pago 380. Fattori
latenti delle guerre (in «Problemi sociologicì della guerra », pagg. 12~15), Uammontare e la composizione, ecc. (cfr. il cap. La trasmissioni a titolo gratuito secondo
il grado di parentela, pagg. 367-431). Le leggi di eooltaiono della popolazione,
pagg. 285~286. La politica della popolazione, pagg. 210~216.
(6) Cfr. Indici di concentrazione e di dipendenza in «Biblioteca dell'Economista », V. 'Serie, VoI. XX, pagg. 78-79, e Sulla misura della concentrazione e
della variabilità dei caratteri, in «Atti del R. Istituto Veneto di Scienze, Lettere
ed Arti », 1913-14, Tomo LXXIII, Parte II, pagg. 1223-122';.
(7) Vedi, in particolare, Le leggi di evoluzione delle popolazioni, pago 284 e
segg. e Patologia economica, pagg. 4-8.
(8) Vedi, per dati e discussioni in proposito, K. PEARSON, On the Inhcritance
of .the Mental and Moral characters in Man, in «Biometrica », March and july 1904.
pagg. 159-160; D. HERON, On the rekuion of fertility jn man so sociai stasus
and on the changes in this relasion that have takcn piace during the last fifty
vears, Dulau and co London, 1906; A. NEWSHOL!\1E and T. H. C. STEVENSON,
The declina of hUnMn fertility in the United Kt'ngdom and 'other countries, d
shown by corrected birth-rates, in s Iournal of the R. Stato Society », 1906 March.,
pago 66; G. U. Ytna, On the changes in Òshe marriage and birth-ratcs in England
and Wales, ecc. Ibidem, pagg. n8·121; C. GINI, Il diverso accrescimento, ecc-,
art. cit., ;§ IX;T. H. C. "STEVENSON, The /ertility oi oarious classee in England
and Wales from the middle oi the nineteenth century to 1911, in e Ioumal of the
R. Star, Society », pagg. 417-418. I dati portati dallo Stevenson ci dicono che i
matrimoni contratti nel 1851-61 e 1861-71 e rilevati nel censimento del 1911
mostrano, tra la prolificità delle diverse classi sociali, differenze molto meno forti
che i matrimoni contratti nei periodi successivi. Egli però non avvertiva, a questo
proposito, che maggiore è la durata dei matrimoni censiti e più giovane deve
essere stata l'età degli sposi e minore la differenza che da questo punto di vista
può passare tra le varie classi sociali. Ora è noto che la diversa prolificità delle
'varie classi sociali dipende in buona parte dalla diversa età al matrimonio. Si
può ripetere letteralmente, a questo proposito. ciò che lo stesso Stevenson osservava
poche pagine dopo (pag. 425) a proposito di altro argomento: e It is necessary
to be cautious in accepting this apparent increase, because tbe effect of mortality
alone, as we wcrk back towards a period from which ~e youngest brides alone
can survivè, must be to approximate all surviving marrrages towards a common
leve! of eerliness ». E' dunque più che verosimile che verso la metà del secolo le
differenze fossero più forti di quanto dai dati dello Srevenson apparirebbe; ma
pare. d'altra parte, certo che le differenze fossero allora minori che nel periodo
prebellico. A ciò contribuiva verosimilmente la circostanza segnalata nel testo: Vl
contribui anche probabilmente il fatto che la diminuzione della natalità si iniziò
nelle classi più elevate, che precorrono in generale le altre, come io osservavo
nell'articolo su citato. Lo Stevemon attribuisce importanza esclusiva a quest'ultima
circostanza e a sua volta fu risalire la diminuzione della natalità al diffondersi
- 35-
II
!
l.
f
11
I
Il,
li,
II:
delle pratiche neo-malthusìane. Anche accettando questa spiegazione, nulla vi è
però che autorizzi la suggestione dello Stevenson (pag. 417) che, se i paragoni
si fossero spinti ancora un ventennio indietro, non si sarebbe trovata alcuna sensibile differenza tra la prolìfìcìrà delle varie classi sociali. Anzi, poichè egli ammette che l'influenza della campagna neo-rnalthusiana sia cominciata nel 1877,
egli avrebbe dovuto dedurne che, (prima di questa data, le differenze tra la prolificirà delle varie classi sociali rappresentavano una condizione statica.
(9) Vedi i dati significativi, per alcune città della Germania, riportati dal professore GROT]AHN nella relazione DiOerential Birth-Ratc in Germenv, presentata al
Congresso Mondiale della popolazione a Ginevra (<< Proceedings », pago 1~53-154)
e, tenendo presenti le riserve sopra esposte, i risultati delle ricerche del dotto EDIN
per Sroccolma.
(IO) Questa teoria venne esposta, credo per la prima volta, nella memoria
Contributi statistici ai problemi dell'Eugenica presentata al r" Congresso Interna
zionale di Eugenica riunìrosì a Londra nel 1912 (cfr. il Val. I[ degli Atti dove
la memoria .venne riprodotta nella traduzione inglese; il testo italiano, fu pubblicato
nella «Rivista Italiana di Sociologia » maggio-agosto 1912) e sviluppata poi nel
rapporto su Le relazioni dell'Eugenica con le altre scienze biologicho e sociali
presentato al l° Congresso Italiano di Eugenica (1924), nella conferenza su Le
leggi di evoluzione delle popolazioni tenuta nello stesso anno a Brescia, nell'articolo
Declina in the Birtù-Rase and t/le «Fecundability » ot Woman (e Eugenics Review »,
january 1926) e particolarmente nel corso su La politica della popolazione tenuto
all'Università di Roma nell'anno accademico 1927~28.
(11) Scriveva il GIUFFRIDA RUGGERl: «Vi è in tutta l'umanità una tendenza
all'affinamento del tipo fisico, e direi che in questa tendenza consiste quell'ortogenesi umana, sulla quale ho sempre insistito per contrapporla all'immobilismo dei
pcligenisti e (Incroci ai due estremi della gerarchia delle razze umane, in «Rivista
d'Italia », luglio 1910, pago 173). Vedi pure, a questo proposito, le interessanti
osservazioni esposte da F. A. WOODS (Mental and Moral Heredity in Royalty,
New York, 1926) e da A. E. WIGGAM (The fruit of the Family Treo, London, T.
Werner Laurie Ltd., 1925) sulle variazioni delle caratteristiche facciali desunte dai
ritratti degli appartenenti alle famiglie sovrane o alle classi elevate dell'Europa
settentrionale dal secolo XV al XVIII. I loro visi apparivano molto frequentemente
nel secolo XV di tipo grossolano, « bovino» come dicono questi autori, quale oggi
s'incontra quasi esclusivamente nelle classi basse di codesti paesi, facendo così
pensare che l'aspetto fisico delle classi elevate dell'Europa settentrionale si sia
venuto evolvendo nei secoli scorsi verso quel tipo più fine (che i detti autori chiamano «greco» e che potrebbe meglio dirsi « classico ») che già allora prevaleva
nelle classi elevate dell'Italia meridionale. Il dr. WOODS ritiene che questa evoluzione abbia avuto luogo per il diffondersi nei paesi nordici dell'ideale estetico
classico e la. conseguente selezione matrimoniale operatasì in tal senso; ma, per
verità, pare difficile attribuire alla selezione matrimoniale un così profondo effetto
in così breve spazio di tempo. D'altra parte, non si può negare che il tipo classico
si trovi ormai con una certa frequenza anche nelle classi popolari dell'Europa
settentrionale, mentre nell'Europa meridionale esso si può dire da tempo prevalente, soprattutto in paesi, come Venezia, la cui popolazione vive in una condizione di relativa segregazione. Stando ai fatti, dobbiamo constatare che, in questa
evoluzione del tipo, le classi alte dei paesi settentrionali non hanno fatto che precedere le classi basse, ripetendo probabilmente un fenomeno che in passato si era
già verificato nei paesi meridionali di più antica civiltà.
(12) Cfr. F. A. WOODS, Aristocracies and mental evolution or social ({ conificasion », « Metron », VoI. VII, n. 3, 1928. Nelle discussioni su la popolazione e le
migrazioni che ebbero luogo all'Università di Chicago nel giugno 1929, il profcssor ELL<;WORTH HUNTINGTON, espose dati analoghi da lui ricavati dallo spoglio
dell'Who's Who (cfr. NORMAN WAIT H.<\RRIS MEMORiAl. FOUNDATION, Report! 01
Rountl Tebles, 1929, Population and Migration, VoI. II, pagg- 324-327. A risultati
simili per .i laureati della Università di Yalc e di Harvard ottenuti dallo stesso
:HUNTINGTON da WHlTHNEY (Outlook, Sept. 7, 1927, pagg. 21-23) e dal dot-tor PHILLIPS', fa allusione il prof. W. S. ,'fHoMPsON, in un articolo testè apparso in
«Human Biology», dicembre 1929, pagg. 812~813·
(13) Vedi, in proposito, Contributi statt'sticl ai problemi dell'Eugenica, pag. 38:;,
Le relazioni dell'Eugenica con le altre scienze biologiche e sociali, in (l. Atti del
Primo Congresso Italiano di Eugenetica sociale, Milano,. 20-23 settembre 1'924 »,
Roma, 1927, pago 15, Le leggi di evoluzione della popolazione, pago 294, Alcuna
ricerche italiane sulla riproduttivitè. differenziale (pagg. 75-79 dell'estratto), La politica della popolazione (particolarmente a pagg. 96-97).
(14) Vedi Le itggi di evoluzione delle popolazioni, pago 286, il corso su La
politica della popolazi01le (cap. IX, La diminuzione della natalità europea nell'ul~
timo mezzo secolo e le sue cause) e la comunicazione su La fertilità della donna in
relazione al problema della popolazione presentata al Congresso Mondiale delia
Popolazione in Ginevra e pubblicata in e Economia », 1927 (cfr. pago 62 dell'estratto).
Desidero avvertire che di questa comunicazione i e Proceedings » contengono solo
un riassunto, da me non rivisto, pieno di errori, che in parecchi punti alterano e
in qualcuno addirittura invertono il mio pensiero.
L'affermazione che l'adozione su larga scala delle pratiche neo-malthuslane
sia fondamentalmente l'effetto di un indebolimento degli istinti genetici potrà riuscire
poco gradita agli appartenenti a nazioni che tali pratiche applicano frequentemente,
e perciò stesso potrà essere accolta con incredulità. Gli increduli potranno leggere
utilmente il volume Aresearc1l in marriage (New York, A. e Ch. Beni, .1929) dove
il dr. G. V.HAMILTON espone i risultati di un'inchiesta minuziosa e accurata da
lui condotta sulla vita sessuale di 200 appartenenti alle classi intellettuali di New
York per incarico e a spese di un comitato scientifico. Ben 46 delle 100 donne esaminate si rivelarono inadeguate per ciò che concerne l'attitudine a sentire la voluttà dell'atto sessuale t(cfr., pago 542). Le pratiche contracettive erano usate dall' 87 % delle donne, una percentuale certo più elevata che nella popolazione generale. Le 100 donne ebbero 228 gravidanze e 161 figli (pag. 134). Delle 100 donne
3I e dei 100 uomini 33 avevano relazioni sessuali' col coniuge prima del matrimonio. Solo 29 dei restanti 67 sposi e 28 delle restanti 69 spose .ebbero rapporti
sessuali la prima notte del matrimonio. Escludendo 8 sposi e I I spose, per cui la
giustificazione si trovava in circostanze varie (separazione subito dopo il matrimonio, mestruazioni, gravidanze, malattie}, .restano, su 59 sposi, 30 e, su 58 spose,
pure 30, vale a dire più del 50 %, che non poterono o non desiderarono avere
rapporti sessuali nella prima notte del matrimonio, fra cui solo 5 sposi e 2 spose
furono indotti a ciò dall'ignoranza delle pratiche contracettive o dalla mancanza
dei mezzi per applicarle (Tav. 301''', pagg. 370-371).
E' pure significativa l'affermazione del dr. J. F. COOP.ER, il quale fu per molti
anni direttore medico del1a American Birth Contral Ugue e del Birth Control ciinical Rcsearch Bureau di New York, che, secondo le sue osservazioni, circa il 75 %
di tutte le donne prova la voluttà del coito solo eccezionalmente o non lo prova mai
e 'che il 25 % non sente attrazione o prova addirittura disgusto o ripulsione per le
relazioni sessuali (Tcchniqae 01 Contraception, Day-Nichols, New York, 1928, pagine 201 e 202), e, poichè lo stesso autore dichiara che la sua esperienza è basata
su 12 anni di indagini e osservazioni nel campo delle pratiche conrracettive e specialmente su quelle fatte come direttore medico del Clinical Resoarcti Department 01
the American Birth Control Ligue (Prefece, pag. XIII), è difficile sottrarsi alla conclusione che le donne che ricorrono alle pratiche neo-maIthusiane presentino una percentuale di frigide e di anormali elevatissima.
Per l'Inghilterra, la dr. MARIA STOPES, dichiara i tipi ire-sessuali freouend nel
clero, tra i maestri e le altre classi intellettuali (Cfr. e The Pirst FÙle Thousand »,
The First Report 01 tho Pirst Britisti Bh·th Control Clinic, London. Bale, 1925,
pagg. 48-49).
Nel suo volume Contraception (London, Bale, 1928), la stessa dr. $TOPES mette
- 37-
i~ relazione il minore o maggior grado di
~lVO per la sopravvivenza degli spermi che
acidità del fluido vaginale (che è decìnon vengono immessi direttamente nella
cavità uterina) col maggiore o minor grado e con la maggiore o minore continuità
della fecondità femminile, e tutti questi caratteri sarebbero poi connessi con la mìnore o ma.ggiore int~llettualit~ della donn~. Le d?nne più cerebrali più di frequente
sarebbero ipo-sessuali, a reazione del Huido vaginale fortemente acida a fecondabilità limitata ad una parte del periodo mestruale e a fecondazione talvolta evitabile mediante la passività o una particolare posizione del corpo durante l'atto sessuale (dr. pagg. 57, 60, 61 e 87).
Queste impressioni, a cui è da accordarsi la massima considerazione, tenuto
conto della eccezionale esperienza che l'Autrice possiede in materia, meriterebbero
di venire. confermate da ricerche sistematiche, poichè la loro importanza sarebbe
enorme, III quanto, non solo starebbero a dimostrare la base fìsiolocica e della
~~ fecondità delle classi intellettuali, e della declinante fecondità del1; popola210m moderne a crescente attività cerebrale, ma, farebbero anche intravvedere il
meccanismo con cui tali effetti si werificherebbero.
Verosimilmente questo è però più complicato di ~uanto sembra ritenere la
dr. STOPES, che attribuisce importanza essenziale alla cecessìtà della diretta immissione del seme nella cavità urerina per la donna a .fluido vagiaale fortemente acido
e alla maggiore o minore facilità che ciò si verifichi secondo la posizione del
~rpo o la -passività della donna durante il coito o la sua naturale frigidità. Sembra
rnvcro che questa circostanza basti a spiegare la mancata fecondazione con certe
posizioni del corpo nelle donne a fluido veginale acido; ma, negli altri casi, è da
prendere altresì in considerazione la maggiore o minore copia o deficienza del
secreto cervicale, emesso dalle glandole femminili durante l'eccitamento sessuale
sec~eto cervicale la cui reazione alcalina corregge, nella donna normale, l'acidità dei
fluido vagìnale. La natura frigida o la studiata passività della donna nel coito
può impedire pertanto la fecondazione anche in quanto determini l'assenza o l'insufficienza di tale secrero cervicale (cfr., in tal senso, anche le osservazioni del
dr. NORMt\N HAIRE riportate da G. H. LANE-Fax PIIT-RIVERS, Tho Clash 0/ Culture
and the Contact of Races, London, Routledge, 1927, pago 146, nota 2), inaufficienza che naturalmente è tanto più facile a verificarsi quanto maggiore sia l'acidità
del fluido vaginale o quanto più bassa sia normalmente la quantità o l'alcalinità
del secreto cervicale. Fecondabili solo durante una parte del periodo Inrerrnestruale,
e precisamente durante la fase di più intensa funzionalità dell'apparato sessuale,
sarebbero quelle donne, il cui secreto cervicale solo allora basterebbe a correggere
l'acidità del fluido: vaginale. La ridotta fecondità delle cerebrali potrebbe dipendere
o (la una 'più intensa acidità del fluido vaginale, quale si verifica durante la gravidanza o in certe malattie, o da una minore copia o efficienza del "secreto cervicale.
E un'influenza analoga potrebbe avere sul potere fecondante dell'uomo il suo tipo
cerebrale o un debole eccitamento sessuale nel coito (cfr., per quest'ultima circostanza, P. LUZZATTO FEGIZ, Le variazioni stagionali della natalità, in « Metron »,
VoI. V., N. 4, 3I-XII-X925), in quanto diminuisca la quantità del liquido prostatico,
che, mescolato al seme nell'eiaculazione, stimola, per la sua alcalinità, gli sperrnatozoi. L'abbondanza o 1'alcalinità elevata del liquido prostatico del maschio
potrebbe così compensare la forte acidità del fluido vaginale o la insufficienza del
secreto cervicale della femmina. Come per singole donne, così per intere popolazioni, non si può, fJ ipriorì almeno, negare la possibilità che la fecondazione sia
evitata evitando l'eccitamento nell'atto sessuale: una condizione siffatra starebbe a
provare una iposessualità diffusa nelle donne di tale popolazione. E in questo senso
appunto - ammessane la rispondenza a realtà - si potrebbe interpretare la convìnalone, che di frequente esprimono i Polinesianì, che le donne loro non concepiscano quando non hanno desiderio di concepire (cfr. PITT~RIVERS, Op. cit., pagine X47~x48).
(15) In Italia, ad esempio, quest'opinione fu espressa pubblicamente da PAOLO
ORANO su «Il Lavoro d'Italia» (Gli Italiani de debbono nascere, 12 settembre
1918), ma viene manifestata in privato da molti.
(16) Il GRIFFITH riporta dai Reports on t/le State o] t/le Poor in Ireland I830
(pag. 351) un passo, in cui si-ufferma precisamente che, se gli uo~ini non. fossera e ìdle and unemployed... they would not be so fond of gettmg married...
the great cause cf these inrermarrìages is idleness, and forming thcse kinds of
connectìons in tbc winter scason; want of employment mekes them really get
married in many cases » (G. T'ALBOT GIIIFFITH, Population probloms of tbe age
of Maltbus, Cambridge, Unìversìtv Press, x926, pago 54)·
(17) Il GRIFFITH, seguendo il WAKEFIELD (EDWARD WAKEFIELD, Account o]
Irelond, 1812) ritiene che una delle principali cause dello straordinarioaume~to
della popolazione irlandese fosse « la minuta suddivisione della terra» (Op. cit.,
pago SI). Più avanti (pag. 58) egli specifica: e The twc main causes ofthe
ìncrease of the pcpulation... - the supply of food and the frequency of marriage were rendered more effective and a greater menace by the minute eubdivision of
land, with which far various reasons, they were assoclated ». Vari passi dei Reports
del 1825 contengono testimonianze in tal senso. La spiegazione è ricercata dal
GRlFFITH nella 'circostanza che il possesso della terra e gìves to the hclder a feeling
of power end independence », spesso illusorio.
(x8) In occasione della riforma in corso .del Codice Civile Italiano un'apposita
Commissione fu costituita dal Ministro della Giustizia allo scopo di suggerire le
riforme che avrebbero potuto dare incremento alla natalità .o eliminarne i freni.
Fra le proposte della Commissione, vi fu pure quella di modificare le norme della
successione in modo da evitare il frazionamento, tra i discendenti, della proprietà
terrìera lasciata dagli ascendenti. La Commissione ha tenuto presente, in tale sua
proposta, i risultati di talune indagini dal prof. Livi presentate alla Commissione
stessa e in seguito pubblicate in «Economia» (Indagini sulla natalità in rapporto
ai tipi di contratto agricolo dominanti' ed al frazionamento della proprietà terriera,
ottobre 1927). Il Livi concludeva «che nelle zone con proprietà più frazionata
_ vale a dire con una più ristretta superficie degli articoli di ruolo - la natalità
è più bassa, che essa cresce col diminuire di questo frazionamento, ma non oltre
un certo Iimite». Se non che una revisione dei calcoli del Livi e la considerazione
di più adatte unità territoriali Ci circondari e i comuni, anzichè le provincie, che
il Livi considerava) hanno portato l'Istituto Centrale di Statistica a concludere che
nessuna regolare connessione è dato cogliere tra i coefficienti di natalità (e analogamente di mortalità) e al frazionamento della proprietà terriera, in quanto le variazioni di detti coefficienti secondo l'estensione media degli articoli di ruolo, o
risultano di scarsa entità,' o mostrano un andamento irregolare. I primi risultati delle
minueìose indagini eseguite in proposito dall'Istituto Centrale di Statistica furono
pubblicati nel «Notiziario Demografico» del XO dicembre X928 (Rapporto fra P"O~
prietà fondiaria e movimento della popolazione, pagg. 5-9)·
(19) Negli ultimi anni (1927 e 1928), sei Stati - e precisamente Svezia, Inghilterra e Galles, Svizzera, Austria, Estonia e Norvegia (nel 1928) - presentarono una 'natalità più bassa della Francia.
NATI VIVI PER 1000 ABITANTI
1927
1928
Stato
Francia
18,r
r8,2
Norvegia
18,2
r8,0
x7,7
X7,7
Estonia
Austria
x7,8
17,5
Svizzera
17,4
r7,5
16,6
16,7
Inghilterra e Galles
Svezia
t 6.1
t 6,2
Ora in nessuno di questi sei Stati vigone le norme del Codice Napoleon~co.
I dati per il primo semestre del X929, che possiedo finora -?er. la F;ancta, la
Norvegia la Svizzera e l'Inghilterra (e Galles) confermano questi risultati. I coefficienti -cÙ natalità sono rispettivamente del X8,2; 17,7; x8,0; 16,8 %.
-39 -
(20) Parlando dei Nessi tra evoluzione demografica ed evoluzione economica
delle Nazioni, nel discorso inaugurale del corso di conferenze di cultura economica,
tenuto nel 1928 presso il R. Istituto Superiore di Scienze Economiche e Com-
merciali di Torino. distinguevi) quattro stadi nell'evoluzione demografica, connessi
con una diversa psicologia dei genitori, dal punto di vista della produzione e del
risparmio, e probabilmente corrispondenti a un'evoluzione nella forza degli istinti
riproduttivi. Vi è, cioè, un primo stadio, in cui la forza degli istinti è tale che
anche le classi maggiormente abbienti dànno ad essi libero sfogo, senza riflettere
alla riduzione della quota ereditaria che da un'abbondante prolifìcaaìone verrà a
ciascun figlio. E' lo stadio che si verifica in molti paesi nuovi all'inizio dell'immigraziane e che si è verificato forse in alcuni paesi d'Europa durante l'epoca della massima fioritura industriale, verso la metà del secolo scorso. In un secondo stadio, l'istinto
riproduttivo non è più così forte da far sì che i genitori prescindano dalla condizione più o meno vantaggiosa in cui i figli verranno a trovarsi a seconda del loro
numero più o meno limitato, così che le classi abbienti tendono a procreare un
numero minore di figli, mentre l'Istinto della prolificazione ha ancora la .sua
piena attuazione nelle classi nullatenenti. E' questo lo stadio che si è verificato
nella gran parte dei paesi d'Europa durante l'ultima parte del secolo scorso e
nei primi anni del nostro. In un terzo stadio, in cui già da tempo è entrata la
Francia, seguita ormai dopo la guerra da una buona parte dei paesi europei,
l'istinto della riproduzione sembra così indebolito 'da cedere, non solo di fronte
alle considerazioni di tornaconto famigliare, ma anche di fronte alla considerazione
del tornaconto individuale dei genitori, dando luogo ad una 'tendenza a limitare
la prole anche da parte delle classi basse e togliendo con ciò uno stimolo importante alla produzione ed all'accumulazione della ricchezza. In un quarto stadio,
Infine, avviene .....:. probabilmente per la naturale solidarietà che lega di fronte
all'impero della ragione tutti gli istinti, e che fa si che questi, uno dopo l'altro,
cedano quando quella prende il sopravvento - che anche l'istinto dell'accumulazione perda di efficacia, cosicchè, non solo i genitori producono e risparmiano
meno in conseguenza della minore prole da allevare, ma anche meno' si curano
mantenere ed accrescere
capitale ereditato, tanto che in definitiva diminuisce,
non solo' la ricchezza globale, ma anche la ricchezza media per testa:
(ar) I sussidi sono, spesso attuati come un incitamento alla prolifìcaaìone, in
quanto ci si attende che essi attenuino il freno che a questa deriva dal costo di
a'llevamentò della prole. Tale fu notoriamente il caso in Francia e in Nuova
Zelanda, Ma, nella misura in cui finora detti sussidi sono corrisposti, essi riducono
tale costo in misura molto limitata, mentre possono abituare famiglie, che prima,
nella prolìficaeione, si affidavano all'istinto, a ragionare sulla sua convenienza
economica. In ciò, più che in una diretta influenza dell'elevamento del tenore
di vita determinato dai sussidi, 'devesi cercare, ,a mio modo di vedere, la
spiegazione dell'effetto deprimente che talvolta i sussidi avrebbero avuto sulla natalità. Discussioni sui probabili effetti dei sussidi sulla natalità sono numerosissime:
basterà qui citare: J. H. RICHARDSON, The fami/y allowances system, in «Economie
Ioumal », september 1924; R. M. CAMPBELL, Pomilv allosoancos in New Zeland,
Ibidem. september 1927; E. R. RATHBONE, The Bthics and Economics 01 lamily
Endowment, Landon, J. A. Sharp, 1927. Ricerche fondate su dati statistici intorno
agli effetti che il sistema dei sussidi ha effettivamente avuto, sono invece scarsissime:
io ne conosco solo una per il Splenhamland Svstcm, attuato in parte dell'Inghilterra
dal 1795 al 1834 (Cfr. I. S. BLACKMORE e F. C. MELLONlE, Family Bndowment
and fthe Birth-Rate in the early nineteenth censarv, in «The Economie [ournal »,
Supplement Bcon. Hist., 2, may 1927), a parte i dati sulle Caisses de compensation
francesi (cfr. in particolare il Re.mmé du Rapport de M. AMBROISE RENDU, Conseiìler Municipal de Paris, Président du «Comité pour le retour à la terre» sur
les Allocations familialcs et la nata/ilé, presentato all'« Huitième Congrès National
de la Natalité ), Paris, settembre 1926, pago 96-97 degli Atti del Congresso, il
Resumé du Rapport présenté par M. BONVOISlN, Directeur du Comité Central des
Allocations familiales sur le fonctionnement des Caisses de compensation, al suc-
m
u
cessivo Congresso di Tours (1927), pagg. 101-105 degli Atti, il Rapporto del
Col. GUILLERM:IN su l'Enqu&e sur ìes Caisscs de compensation, ìeurs oeuorcs socialcs et leur influence sur la natalité ouoriirc, presentato all'« VIIl o Congrès National des Allccaticns Iamiliales » (Lyon, 14-17 Mai 1928, pagg. 55-62 degli Atti), e il
Rapporto presentato allo stesso Congresso dal sig. BONVOISIN su L'Activùé des Caisses de Compensasion en I927 (pag. 131 e segg.).
Risulterebbe che, tra le famiglie affiliate alle Casse di compensazione, la natalità
sarebbe alquanto aumentata (le cifre date dai vari relatori non sono, d'altra parte,
coincidenti); ma, come lo stesso Bcnvoisin 'osservava al Congresso di Tolosa, « peutètre ne faut-il voir qu'une des manifestations de l'attrait que présentenr, pour les
familles, les prestations dcs caisses » (pag. 103). Certo è verosimile che la composizione delle famiglie affiliate abbia variato per durata di matrimonio e per
categoria sociale attraverso il tempo. Questa circostanza è dal Guìllermin portata
a spiegazione della diminuzione del numero medio dei figli per famiglia sussidìata, che si è verificato nel 1927 in confronto ai due anni precedenti (pag. 56)
e dal Bonvoisln (Congresso di Lione, pagg. 135~136) dell'aumento di nati-mortalità
e di mortalità infantile; ma sarebbe ben possibile che questa stessa circostanza
avesse anche determinato o contribuito a determinare l'osservato elevamento della
natalità. D'altra parte, in Inghilterra risulterebbe che il sistema dei sussidi è stato
accompagnato, nei distretti dove fu applicato lo Spleahamland System da una
diminuzione e non da un aumento della natalità. Naturalmente può darsi che, anche
quando non fa aumentare o quando pure fa abbassare la natalità, il sistema dei
sussidi faccia abbassare d'altra parte la mortalità. I due autori inglesi su citati
avanzano anzi l'ipotesi che in Inghilterra il sistema dei sussidi abbia fatto diminuire la mortalità infantile e che Ia minore natalità non sia stata che la conseguenza della maggiore sopravvivenza dei bambini, che rende i genitori meno desiderosi di avere altra prole.
(22) Ciò avviene, non solo perchè un'alta prolificità va di conserva con un
minore Intervallo tra i" pani, che ha per effetto una minore robustezza del neonato
e una minore cura da parte dei genitori (Cfr. Contributi statistici ai problemi dell'Eugenica, pagg. 344-345), ma anche perchè l'aver perduto un figlio poco dopo
la nascita fa spesso desiderare ai genitori di colmare il vuoto lasciato nella famiglia
e mette altresì la madre in condizione di avere prima un altro concepimento. Sul
minore intervallo tra i parti successivi quando il primo bambino è morto, cfr. le
ricerche di J. V. GOEliLERT, Stasùtiscbe Untersuchungen iiber die Ehen, Wìen, 1870
e di A. GEISSLER, Ueber den Einfluss der Siiuglinssterblichkeit auf 'clic eheliche
Fruchtbm·keit « Zeitschrift des K. Sachsischen Statistischen Bureaus », 1885.
(23) Il dr. J. R. BAKER così scrive della popolazione dell'isola di Espiritu
Santo: «The people think it useless to produce children, who will cnly die in
epidemìcs ... The state of affaìrs was very clearly put to me by a native woman
on another island. Wben I questioned ber abcut the recent death in her village, ehe
iadicated al! the children who were sìtting round about her end saìd e Clcse up
all piccaninny here è die finish s (all these children will dìe soon). This feeling,
that it is useless to produce children who will only die, ìs, I believe, rhe cause
of the small farnilies in Santo» (Depopulation in Espiritu Santo, Naw Hebrides,
in e Iournal of the R. Anthropological Institute », Ianuary-Iune 1928, pagg. 291-292.
(24) Vedi Le leggi di etlO1uzione delle nazioni, pago 292; Le basiteoriche della
politica economica, pago 139.
(25) Cfr. l fattori demografici dell'evoluzione delle nazioni, pagg. 37-40, 70-71;
Fattori latenti delle guerre in «Problemi sociologici della guerra ). pago 13; La
politica della popolazione, pago 180.
(26) Cfr. Le leggi di evoluzione della popolazione, pago 292, La politica della
popolazione, pago 181.
(27) Cfr. Le basi teoriche della politica economica, pago 143; La politica della
popolazione, pagg. 131 e 181-182.
-41
-
(28) Cfr. Le basi tcoricùe della politica economica, pago 143; La politica della
popolazione, pagg. 131 e 181-1'82.
(29) Cfr. I fattori demografici dell'evoluzione delle nazioni, pago 42. Non
mancano indizi che questa condizione di cose si verifichi nelle società moderne:
cfr. L'ammontare e la composizione della ricchezza delle nazioni, pago 465. Vedi
anche i risultati dello spoglio del Who's Who ottenuti da HUNTINGTON e citati nelle
discussioni della Norme» Wait Harris Foundation sopra ricordate. Val. II, pago 326.
(30) Cfr. I fattori demografici dell'evoluzione delle nazioni, pagg. 46-47,
54-61; L'ammontare e la composizione della ricchezza delle nazioni, pagg. 429-43°.
(31) Cfr. Teorie sulle cause delle guerre, in «Problemi Sociologici della
guerra », pagg- 92-93.
III.
LA MORTE DELLE NAZIONI
Si può dire che si verifichi la morte di una nazione quando
la sua popolazione si estingue, sia nella totalità, sia in una parte
tale che la riproduzione ne diventa impossibile,come avverrebbe,
per esempio, qualora perissero tutti gli individui di un sesso. Evidentemente la morte della nazione è qualche cosa di essenzialmente diverso dalla dissoluzione dello Stato, la cui compagine
può venire spezzata, o per frazionamento in unità politiche molteplici, o per aggregazione o sottomissione ad un'unità politica
diversa, senza che la sua popolazione, non dico si estingua, ma
neppure ne soffra.
I casi di morte delle nazioni, come quelli degli individui, si
possono anzitutto distinguere in casi di morte violenta e in casi
di morte naturale. Ai decessi per infortunio, per omicidio, o per
suicidio, che si verificano negli individui, fanno riscontro le
estinzioni di nazioni derivanti da cataclismi, da guerre o da
suicidi. La storia ricorda esempi di eruzioni vulcaniche o di
sommersioni di isole, che hanno eliminato intere popolazioni.
Una leggenda, a cui anche taluniscienziati dànno peso, ci parla
della sommersione di un intero continente, l'Atlantide. Trattasi,
-42-
-
43-
Definizione di
morte di una naatone,
Mor t e
violenta
delle nazioni.
in ogni modo, di casi molto rari. Estremamente raro è anche il
caso del suicidio di una nazione, che pure può dirsi che si sia
verificato qualche volta, quando gli ultimi residui di un popolo
combattente hanno preferito la morte alla resa.
Certamente non devono essere mancati, soprattutto nei tempi
primitivi o fra tribù selvagge,esempi di estinzioni di popolazioni
dovute alle guerre, quando dal vincitore venivano uccisi tutti
i nemici vinti, o, caso più frequente, tutti i nemici di sesso maschile, oppure questi venivano tratti in schiavitù e separati per
sempre dalle donne loro, con cui avrebbero potuto propagare la
stirpe. Molto più frequentemente però le guerre non hanno portato e non portano di per sè alla estinzione delle popolazioni,
pur potendo concorrere a questo risultato quando si abbattono
su popolazioni demograficamente deboli. Le popolazioni, al
contrario, vigorose, riparano rapidamente le perdite belliche. Si
può paragonare l'effetto della guerra sulle nazioni a quello
delle ferite sugli individui, le quali vengono presto rimarginate
dagli organismi robusti, ma possono condurre alla tomba i più
deboli.
M or t e naturale'
Di gran lunga più importanti sono i casi di morte naturale
delle nazioni.
delle nazioni. La storia ce ne offre esempi salienti nella scomparsa
dei-cittadini originari di Roma, del pari che di quelli di molte
delle antiche città della Grecia.
Molto numerosi poi sono gli esempi di popolazioni primitive
in progressiva decadenza, che paiono votate a una morte sicura.
Se ne incontrano in tutti i continenti: nelle regioni iperboree
dell'Asia, dell'Europa e dell' America, sul continente australiano
e negli arcipelaghi del Giappone, della Malesia e dell'Oceania,
nell'interno dell'Indocina e in alcune isole che la costeggiano, ,in
una località della Palestina e in varie zone del continente africano, nelle riserve del Canadà e degli Stati Uniti, nelle foreste
vergini delle Amazzoni, nella punta estrema meridionale del
continente americano.
-44-
Due opposte teorie si contendono la spiegazione di tale decadenza: la fa risalire l'una alla progressiva degenerazione della
razza per fattori biologici interni; l'attribuisce invece l'altra a
fattori esterni: mancanza di sussistenze, abuso di bevande alcooliche, malattie importate dai bianchi contro le quali la razza
non era premunita.
La questione pare però mal posta. Sarebbe come se si volesse
decidere se l'uomo muore per esaurimento naturale, o invece per
effetto delle malattie, dei vizi o della fame. Nel fatto, solo qualche volta il decesso non si può attribuire a cause specifiche, ma
al naturale esaurimento della potenza vitale: tra le cause di morte,
invero, sussiste tuttora la voce senilità, per quanto anche ultimamente nella Commissione incaricata di rivedere la nomenclatura
nosologica internazionale, si sia discusso sul!'opportunità di conservarla (I). Ma la morte per senilità non è certamente un fenomeno normale e, se in alcune statistiche Ia voce si ripete con
una certa frequenza, ciò dipende soprattutto dal fatto che le
morti dei vecchi, quando non se ne conoscono con precisione le
cause, vengono spesso catalogate sotto codesta rubrica (2).
E' certo invece che molte vite sono troncate nel loro rigoglio
da malattie varie, o più raramente dal vizio, o, ancora' più raramente, da assenza di nutrimento.
Ma è certo del pari che una gran parte dei decessi, che può
calcolarsi, secondo i paesi, da un terzo alla metà, interviene per il
concorso dei due fattori interno ed esterno (3). L'organismo,
perdendo con l'età la vigoria dei primi anni, non sa resistere alle
cause esterne che ne insidiano la vita. Le cosi dette cause di
morte, meglio che cause, si potrebbero dire, in questi casi, forme
di morte, mentre la causa prima consiste nella diminuita resistenza vitale.
Possiamo ammettere, con molta verosimiglianza, che qualche cosa di analogo avvenga per le popolazioni. Anche queste,
come abbiamo visto nella Introduzione (4), hanno un ciclo vi-
-45-
Spiegazione della
decadenza di t a..
lune popolazioni
primitive.
tale, ed è naturale che, avvicinandosi la fine del ciclo, spesso
non sappiano resistere aìl'azione contraria dei fattori esterni.
E' fino ad un certo punto arbitrario dire che sono questi fattori esterni che determinano la morte delle nazioni, avendo
trovato un terreno favorevole nella loro diminuita resistenza
biologica, o dire invece che è la diminuita resistenza biologica la
causa prima della loro estinzione, mentre l'azione dei fattori
esterni ne rappresenta unicamente la causa occasionale.
Questa interpretazione spiega come quelle stesse cause, a cui
si attribuisce la scomparsa di molte popolazionì primitive _
l'abuso dell'alcool, il contagio della tubercolosi, delle malattie
veneree, del morbillo e del vaiolo, la violenta sostituzione alle
antiche organizzazioni sociali di un'organizzazione a cui la
razza non era abituata, r adozione dei vestiti alli' europea, ecc.
- siano state invece sopportate da altre razze, senza che si arrestasse il ritmo del loro accrescimento. Gli è appunto che le prime
razze erano decadenti e queste sono ancora vigorose.
E l'interpretazione suaccennata contribuisce pure a spiegare
come alcune razze, che risultavano in netta diminuzione, quali i
Maori e gli Esquimesi, abbiano potuto, in seguito alle solerti misure delle autorità europee, non solo arrestarsi sulla china della
discesa, ma anche crescere di numero (5). La circostanza che un
organismo sia vecchio e, in certe condizioni di vita, deperisca,
non impedisce, invero, che, fatto segno a cure più razionali e
sollecite, possa riprendere temporaneamente il vigore e prolungare anche per molti anni ancora ia sua esistenza.
E si spiega pure il fatto di razze, come pare si possa affermare dei pigmei dell'Africa Equatoriale, che gradualmente
scompaiono, per quanto siano continuamente sfuggite ai contatti
con altre popolazioni e non difettino d'altronde di sussistenze (6). Sarebbeprecisamente questo uno di quei casi di estinzione
per senilità, che sono rari per le popolazioni, non meno che per
gli individui.
E si spiega infine il fatto che, là dove una parte di queste
popolazioni primitive è venuta a contatto e si è mescolata coi
bianchi, mentre un'altra invece si è mantenuta in più o meno rigoroso isolamento, è la seconda che più rapidamente declina, per
quanto la prima abbia sofferto,o avrebbedovuto soffrire, in maggior misura dei malefici effetti dei contatti con la civiltà: è appunto ciò che fu constatato per gli Esquimesi della Groenlandia (7). Gli è che la mescolanza coi bianchi ha portato, nel primo caso,fiotti di sangue più giovane e robusto che hanno con- .
tribuito ad arrestare il declino della razza, compensando largamente gli inconvenienti derivanti dai contagi ed eventualmente dall'abbandono dei costumi primitivi.
Nè parrà strano, dopo quanto abbiamo detto nella Introduzione (8), che anche le nazioni naturalmente si estinguano.
Tutto ciò che vive è votato alla morte. Dovrebbe piuttosto sorprendere che casi siflatri di morte si manifestino così raramente.
Ma anche qui la spiegazione non manca.
Ciò avviene per due cause. E' una la stessa causa per cui, in Perchè sono rari
i c a s i di morte
certe tribù selvagge, gli esploratori non incontrano vecchi. Gli naturale delle na..
è che, appena le persone invecchiano, vengono uccise come un atont.
peso inutile della società e talvolta, nell'intento di impossessarsi
delle loro qualità, divorate. Ora, fino a tempi recenti, il trattamento che le nazioni più vigorose facevano alle nazioni senescenti non era diverso da quello che i giovani riserbano ai vecchi
presso codeste tribù selvagge. Appena una nazione si indeboliva,
la sua vicina l'assaliva e la distruggeva o l'assimilava, impedendole così di compiere il suo ciclo vitale. Solo negli ultimi periodi si è cominciato a prender cura delle popolazioni senescenti,
cercando, anzi che di affrettarne, di ritardarne la morte. Così appunto ora si fa dai Danesi in Groenlandia verso gli Esquimesi,
dagli Anglosassoni in Australia verso quegli aborigeni e nella
Nuova Zelanda verso i Maori e negli Stati Uniti d'America e
nel Canadà verso i Pellirosse.
-47-
Un'altra causa sta nel fatto che esiste in natura un meccanismo regolatore che tende a favorire le infiltrazioni delle popolazioni più giovani nelle popolazioni senescenti, in modo che
quelle gradatamente e senza contrasto si sostituiscano a queste,
analogamente a quanto avviene nella vita quotidiana, in cui le
persone di età avanzata fanno lentamente posto alle nuove generazioni, e queste senza resistenza possono progressivamente
esplicare le loro crescenti attitudini <9).
Nelle fasi del ricambio sociale, che nella lezione scorsa ho
sommariamente descritto, e negli stadi dell'evoluzione delle nazioni, che ne derivano, due periodi si possono infatti schematicamente distinguere, che rispettivamente diremo normale e
anormale. Il periodo normale è caratterizzato dal fatto che la
corrente ascensionale basta a rinvigorire le classi elevate, senza
depauperare le classi basse da cui si origina; nell'anormale,
invece, questo inconveniente non si evita, per modo che la
nazione presenta una deficienza degli elementi inferiori della
popolazione.
Si supponga ora che una popolazione,la quale si trova ancora nel primo periodo, venga a contatto con una popolazione
che è entrata nel secondo. Nella prima, gli elementi più prolifici
e più poveri, vincendo l'affetto al natìo loco e talvolta l'avversione
per la nazione vicina, cercheranno di migliorare le sorti loro emigrando e offriranno i loro servigi alla popolazione finitima più
vecchia e più ricca, bisognosa di forze di lavoro. E' ben difficile,
fra nazioni civili, che i loro servigi siano, all'inizio, rifiutati: se
, questi vengono offerti con una certa riluttanza, vengono nerò
accolti con maggior compiacimento quando è più sentita la diversità fra le due nazioni. Così le popolazioni più giovani e prolifiche, non dirado col favore delle stesse popolazioni meno prolifiche e più vecchie fra cui si infiltrano, ne invadono gli strati
inferiori. Se ostacoli artificiali non si frappongono, esse, risalendo gradualmente la gerarchia sociale, si impadroniscono prima
o poi, più o meno lentamente ma inevitabilmente, delle classi
meno basse, è poi via via delle classi medie e delle elevate e finiscono per tal modo col sostituirsi alla stirpe primitiva in tutto
I'organismo sociale (IO).
Continuerà la storia a ravvisare nelle stesse sedi, sotto gli
stessi nomi, una stessa individualità demografica; ma questa in
realtà sarà venuta trasmutandosi dal punto di vista raziale. Senza
'che, appaia, l'antica nazione è morta e un'altra ne ha preso
Il posto,
Il meecanisme neL'importanza di tale meccanismo è immensa, perchè su di turale
d t' l I s tra-esso si basa la trasmissione delle civiltà. Se le varie popolazioni smissione d e il e
civiltà.
vivessero chiuse in sè stesse, quelle che prima hanno raggiunto
l'apice del loro sviluppo decadrebbero e sparirebbero senza 'aver
potuto trasmettere alle sorelle più giovani il patrimonio della loro
scienza e della loro civiltà. Una lunga educazione ed un lento.
tirocinio e - presupposto di quella e di questo ~ un' adeguata
assimilazione, sono necessari infatti perchè gli elementi di una
civiltà meno progredita possano impadronirsi dei frutti di una
civiltàgià matura e trame partito secondo le proprie attitudini.
Ora è appunto questo il risultato del meccanismo sopra descritto,
poichè gli elementi immigrati dalle nazioni più giovani, i quali
vengono ad occupare gli strati inferiori delle popolazioni più
evolute, restano assimilati dalla nuova civiltà, e ciò tanto più
facilmente in quanto che, in ragione della loro minore cultura,
essi meno sono legati alla civiltà propria. L'assimilazione nòn è
d'altronde quasi mai completa: gli immigratipoitano, col
contributo del nuovo sangue giovane, i loro 'sentimenti, spesso
qualche tradizione nazionale; talvolta anche la lingua. La civiltà che ne deriva, mentre conserva ,le conquiste dell'antica,
contiene anche in sè germi nuovi,destinati spesso a sviluppi
originali.
Senonchè, anche qui, l'uomo spesso guasta il fine ordito dalla Le discontinuità nell' evoluzione
natura. Questi movimenti di infiltrazione e di sostituzione da delle civiltà.
-494 - Gini.
parte delle stirpi più giovani entro le stirpi più vecchie, se -:Ii
solito possono svolgersi senzaostacoli artificiali, quando le stirpi
contigue si trovano rinchiuse entro la cerchia di uno stesso Stato,
urtano invece assai spesso contro crescenti resistenze psicologiche,
di cui si fa, prima o dopo, eco Ia volontà dei governanti, quando
fra le stirpi si frappongono barriere politiche. Sospetti politici,
competizioni economiche, talvolta ragioni militari, ingenerano
o acuiscono l'avversione verso gli stranieri, cosìcchè la loro infiltrazione, dapprima bene accolta e favorita, finisce presto o tardi,
col venire im. mille guise e con mille pretesti ostacolata.
Gli individui dei vari Stati non si distribuiscono cosi più
sulla terra come le molecole di un liquido in una serie di recipienti liberamente comunicanti, ma come in una serie di recipienti divisi fra loro da setti più o meno impermeabili, i quali,
senza impedire assolutamente ogni fenomeno di osmosi, riescono,
però a far sì che, tra i vari recipienti,'si avveri una notevole diversità di pressione.Oltre ad un certo punto, il setto divisorio più
non resiste e il liquido si riversa dal recipiente a pressione più
forte nel recipiente a pressione minore. Oltre ad un certo punto,
le barriere politiche vengono infrante dalla pressione demografica e la popolazione sovrabbondante della nazione più giovane
si riversa, con la guerra, entro i confini della nazione più
vecchia.
Così quel processo di trasfusione del sangue dalle 'popolazioni giovani alle popolazioni vecchie, che, secondo il meccanismo naturale, potrebbe svolgersi pacificamente e gradualmente"
si verifica in realtà solo con una discontinuità della quale l'evoluzione della civiltà non può che soffrire. Si può dire che sia,
per effetto della resistenza frapposta al suo funzionamento, che
la morte delle nazioni si rende manifesta. Ma fortunatamente il
meccanismo naturale agiscedi solito abbastanza a lungo per assicurare che la morte non si verifichi senza che la nazione che
scompare abbia trasmesso alla nazione che sopravvive i frutti
-50
-
della sua civiltà. Maggiori sono le differenze dal punto di vista
antropologico e lo squilibrio dal punto di vista sociale fra la nazione giovane che ascende la parabola dell'evoluzione e la nazione che la discende, e 'più difficile è che l'infiltrazione abbia
tempo di svolgersiin misura sufficiente, e più profonda e duratura
risulta la discontinuità nella evoluzione della civiltà. La resistenza
dei Greci dapprima, dei Romani di poi, ad accogliere tempestivamente nel loro seno le popolazioni barbariche, che si trovavano a un cosi diverso livello culturale, impedì che la sostituzione di queste agli elementi antichi avvenisse senza una scossa
che doveva annientare il progresso di molti secoli, e determinare,
fra la civiltà antica e la moderna, quella soluzione di continuità
che fu rappresentata dal Medio Evo. Tuttavia, se la civiltà potè
rinascere poi e fiorire di nuovo, ciò fu perchè gli elementi barbarici infiltratisi, più o meno bene assimilati, avevano raccolto
e custodito il seme della civiltà antica, destinato a fruttificare
un'altra volta, con nuovi sviluppi, quando si ripresentarono le
condizioni necessarie al suo germogliare (II).
Ma una domanda preme impaziente. A quale stadio della Impressioni falla ..
ci su Il a vitalità
loro evoluzione si trovano ora le popolazioni di razza bianca? delle popolazioni
di razza bianca.
Poichè - si potrà dire - questa concezione teorica dei cicli delle
nazioni è interessante e seducente, ma, nell'attesa che l'avvenire
ci permetta di giudicare se e fino a qual punto essa risponda al
caso nostro, non dobbiamo perdere di vista i fatti attuali; e questi
ci dicono che, qualunque sia la loro sorte futura, per ora le popopolazioni di razza bianca continuano, in tutti i paesi, a presen- .
tare un notevole eccesso dei nati sui morti. Prima della guerra,
questo saliva ogni anno all'incirca all'I % della popolazione, ciò
che avrebbe portato ad un raddoppiamento degli abitanti in
70 anni (12). Se oggi, in molti paesi, l'incremento si è ridotto,
esso non può in ogni modo essere, complessivamente, molto al
di sotto di tale cifra. Durante il periodo r909-I923, malgrado le
perdite della guerra e dell'epidemia influenzale, il coefficiente
-
51
-
di aumento fu infatti calcolato il 6 ed il 7%0 ciò che avrebbe
portato ad un raddoppiamento della popolazione in poco più di
un secolo (13)'
E' appena necessario che io spieghi davanti a voi la fallacia
di un siffatto ragionamento dopo i lavori di Dublin e Lotka e
di Kuczynski (14)' Essi hanno messo in luce chiaramente come
l'eccesso delle nascite sulle morti non possa essere un indice per
le previsioni del futuro sviluppo delle popolazioni. Gli è che oggi
le popolazioni di razza bianca, almeno quelle dell'Europa e degli
Stati Uniti d'America, si trovano singolarmente avvantaggiate
da una favorevole composizione per età, che però non può essere
che transitoria. 11 numero annuo delle nascite aumentava infatti
fino al principio di questo secolo, e poi è diminuito. Ciò fa si
che le classi delle età centrali, che quasi esclusivamente centribuiscono alle nascite e poco sono esposte alla morte, risultino particolarmente numerose di fronte alle classi più anziane, che-provengono dai precedenti, più ristretti, contingenti di nati, e risultino pure numerose relativamente alle classi più giovani, che
sono derivate dalle schiere, già più sottili, delle nascite successive.
L'osservazione è di importanza capitale, così che io sarò, spero,
scusato se non tralascio questa occasione per ricordare che fin
dal 191I, nella conferenza su l fattori demografici dell'cuoluzioIle delle nazioni (r4-bis), io segnalavo l'importanza che la favorevole composizione per età esercita ~ e non solo dal punto di
vista dell'accrescimento demografico, ma anche dal punto di vista della produzione economica - in un certo stadio della evoiuzione delle nazioni, e ammonivo altresì che le condizioni sono
destinate ad invertirsi più tardi, quando gli adulti saranno divenuti vecchi e .il loro posto sarà stato preso dagli adolescenti e
dai fanciulli (15)'
Avvertivo pure allora come tale composizione favorevole
della popolazione rendesse difficile rendersi conto della crisi sopravveniente e alimentasse anzi, sulla sorte della nazione, un ot-
-
52
~
timismo massiccio, proprio quando essa era alla vigilia della de.
cadenza. Citavo l'esempio di Roma: si scioglievano inni alla
città eterna e Cicerone scriveva, come estrema concessione:
"Supponiamo che Roma duri ancora 10.000 anni", e Roma
invece, dopo pochi secoli, era scomparsa dal novero degli
Stati (16).
Se allora però l'illusione era pcrdonabile, oggi non lo sarebbe più dopo l'eloquente dimostrazione fornitaci dalla statistica.
Il Dr, Kuczynski ci mostra che, ammesso che la natalità
e la mortalità continuassero ad essere quali sono attualmente,
1000 donne nate nel 1927 darebbero alla luce solo 910 figlie in
Francia, solo 830 in Germania, solo 820 in Inghilterra. Le condizioni peggiorano di anno in anno. Per le donne nate nell'anno
precedente, il calcolo darebbe 937 figlie per la Francia, 890 per la
Germania, 880 per l'Inghilterra, Anche la Svezia, già nel 1926,
risultava in deficit; 1000 femmine nate in quell'anno avrebbero
dato alla luce solo 950 figlie. La Danimarca e la Finlandiaapparivano ancora in attivo nel 1926, con-roto figlie per 1000 donne
nate, ma il confronto di questo coefficiente con quello degli anni
precedenti attesta una diminuzione costante e fa pensare che
anche per dette nazioni il deficit sia imminente, se pure a quest'ora non si è già iniziato. Tenuto conto delia emizrazione
e
. , la
Danimarca risulterebbe in netto deficit nel 1929, secondo i recentissimi calcoli del [ensen: 1000 donne non sarebbero infatti
sostituite che da 943 figlie (16 bis).
Complessivamente, i detti paesi dell'Europa settentrionale
e occidentale, già nel 1926, potevano riguardarsi virtualmente
in passivo dal punto di vista demografico, in quanto presentav~no una mortalità e una natalità che porterebbe a rimpiazzare 100 bambine nate attualmente con sole 93 bambine future (17).
Per taluni Stati - la Germania, il Regno Unito, la Francia
-
53-
Gli Slali dell'Europa occidentale e
settentrionale SO~
n o virtualmente
in deficit dal punto di vista demografico.
- autori vari, con metodi analoghi, hanno anche cercato di prevedere la data in cui la popolazione raggiungerebbe il suo massimo. La decadenza sarebbe, si può dire, alle porte: si inizierebbe
col 1946 in Germania, col 1942 nel Regno Unito, 'col 1937 in
Francia (18). Per altri paesi, calcoli simili non furono eseguiti, e
per molti, del resto, mancano elementi sufficienti per eseguirli:
conviene dire, d'altronde, che, anche sui risultati ottenuti per
questi paesi, non sarebbe prudente giurare. Ma un calcolo più
grossolano si può fare per un numero di paesi molto maggiore.
In base ad esso, si contrappone il numero dei censiti fra 20 e 30
anni secondo gli ultimi censimenti, al numero annuo delle nascite avveratesi in media nell'ultimo biennio per cui si posseggono i dati. Dividendo il primo numero per il secondo moltiplicato per IO, si ha la sopravvivenza che dovrebbero avere le schiere
attuali dei nati per dar 'luogo, fra 20-30 anni,a contingenti
uguali a quelli rilevati dall'ultimo censimento. Confrontando
tali coefficienti di sopravvivenza con quelli delle tavole di mortalità dei rispettivi paesi, si vede dove la popolazione è già virtualmente in via di diminuzione.
Poichè il numero dei maschi fra 20 e 30 anni, censiti negli
ultimi censimenti (in generale eseguiti nel 1920 o 1921), era fortemente perturbato per effetto della guerra, il calcolo è stato fatto, ogni qualvolta fu possibile, per le femmine. Se ne conclude
che la popd1azione deve ormai niguardarsi in diminuzione virtuale in Inghilterra e Galles, in Iscozia (e probabilmente anche
in Irlanda), in Finlandia, Estonia, Lettonia, Svezia, Norvegia,
Francia, Belgio, Germania, Svizzera, Austria e Ungheria (19)'
Le popolazioni di tutti gli Stati dell'Europa occidentale,
settentrionale e centrale, dovrebbero dunque considerarsi virtualmente in via di diminuzione, con le sole eccezioni dei Paesi
Bassi e forse della Danimarca (19 bis).
- 54-
Uniti di
Non ho potuto eseguire un calcolo analogo per tutti gli AGlim Stati
e r i c a sono
Stati Uniti, ma solo per gli undici Original Registration Stazes prossimi ad u n a
eondìaìone vlrtua..
{e cioè i sei Stati della Nuova Inghikerra, più gli Stati di le di stazionarietà
demografica.
Nuova York, New Jersey, Indiana, Michigan e iI Distretto di
Columbia).
L'83,4 per cento delle femmine nate vive nel 1926 dovrebbe
sopravvivere aìle età dai 20 ai 30 anni per riprodurre il numero
delle femmine accertato in questi Stati dal censimento del
1920 (20). Ora le tavole femminili di mortalità del 1919-1920
darebbero una sopravvivenza media di ben poco superiore,
vaie a dire dehl'83,6 pre cento (21), e la Iieve differenza forse
scomparirebbe, se pure non avesse ad invertirsi, qualora i confronti si potessero basare, anzichè sulla sopravvivenza della popolazione bianca, su quella della popolazione complessiva (22).
Solo una diminuzione della mortalità da allora ad oggi, diminuzione che fosse più intensa dell'aumento della popolazione da
20 a 30 anni, potrebbe esimerci dalla conclusione che, in questi
Stati, la popolazione sia già oggi virtualmente stazionaria (23)·
E' certo in ogni modo, per g1i I I Stati considerati (ed è molto
verosimile che la conclusione possa estendersi anche agli a'ltri
Stati della Registration Area), che ~1 margine attivo deve essere
molto ristretto e che esso sarebbe destinato a lasciar.luogo in un
futuro molto prossimo ad una condizione di virtuale deficit,
qualora le nascite continuassero a diminuire, come fanno prevedere la tendenza passata e la ridotta immigrazione dalle nazioni
più prolifiche (24)· biologici
La crisi latente della popolazione - è appena necessario Fattori
della dìmlnuatcne
avvertirlo - dipende dalla diminuzione della natalità, manifesta della natalità.
ormai da oltre un cinquantennio, e questa ha, con tutta verosimiglianza, radice in fattori biologici.
Molteplici sintomi lo avevano fatto sospettare (24-bis). Oggi
siamo in presenza di cifre a cui riesce diflicile dare un'interpretazione diversa.
- 55 --
r
c c nc e p i m e n t i
nei -primi mesi di
matrfmonlo come
indice della fecondità rnatr'imoniale,
Diminuzione della
loro frequenza.
Per un buon numero di Stati e di eittà è possibile ormai
seguire, nei vari anni, il numero delle prime nascite secondo'
l'intervallo trascorso dal matrimonio. Ragguagliando il numero
dei primogeniti concepiti nei primi mesi di matrimonio al
numero delle coppie, che, per non aver dato figli nei primi nove
mesi del matrimonio, si può ritenere fossero in grado di concepire subito dopo le nozze - i così detti matrimoni puri - si
ottiene un indice della fecondità matrimoniale delle nuove
spose, indice che sarebbe perfetto nell'ipotesi che non vi fossero
coppie matrimoniali che cercassero di ritardare la prima nascita.
Che quest'ultima ipotesi corrisponda esattamente al vero è
difficile affermare, ma che molto se ne allontani si può escludere, perchè, come è noto, il desiderio di limitare la prole si
inizia di solito solo dopo che dal matrimonio si sono avuti uno
o più figli (25). Le statistiche delle cliniche neornalthusiane confermano la rarità dei casi, poco più dell'r X, 'in cui alla clinica
si ricorre per limitare -!a prole da parte dei nuovi sposi (26). In
ogni modo, le variazioni nella fecondità, che risulterebbero da
questi indici, sono .così forti da escludere, come vedremo, che
esse possano attribuirsi soltanto a una tendenza dei nuovi sposi
a procrastinare 13 prima nascita.
La frequenza con cui i matrimoni puri, o considerati come
tali, dànno luogo" a un concepimento nei primi tre mesi di
convivenza, si può desumere con sufficiente approssimazione
dalla frequenza con cui essi hanno il primogenito nel IO", II" o
12" mese dalle nozze. Tale frequenza discende in modo impressionante: dal 38 al 23% nella Nuova Galles del Sud dal 1893al
1927; dal 39 al 23% nell' Australia Occidentale dal 1900-02 al
1926-28; dal 32 al 22,5% nel complesso della Confederazione
Australiana dal 1909 al 1926-27; dal 28 al 20% nella Nuova
Zelandadal 1914 al 1927; dal 26 al 21% in Dresda dal 1891-94 al
1905-08; dal 19 al6 e mezzo % in Chernnitz dal 19II al 1926-28;
dal 16 al 6 e mezzo nel complesso dell'antico Regno di Sassonia
dal 19II al 1927; dal 27 al 14% in Amsterdam dal 19IO al 1928;
dal 15 a sotto il IO% in Zurigo dal 1914 al 1927-28 (27).
La diminuzione quasi sempre oltrepassa il terzo, spesso
raggiunge la metà e talvolta persino i 2/3 del livello della fecondità nel periodo iniziale di osservazione, che pure non risale
mai molto lontano.
Le diminuite concezioni dei primi mesi trovano, in una
certa misura, compenso più tardi (28). Trattasi dunque, in parte,
di un ritardo nel concepimento della prima nascita, ma in
parte soltanto. In molti paesi, infatti, se i primi nati venuti alla
luce dopo nove mesi dalle nozze vengono ragguagliati ai matrimoni così detti puri da cui derivano, risulta evidente che la
percentuale di quei matrimoni che non hanno poi avuto nessun
figlio è sensibilmente cresciuta.
Nella Nuova Galles del Sud, le prime nascite nel 1893 rap ..
presentavano il 74% e nel 1927 il 58% dei rispettivi matrimoni;
nell'Australia Occidentale, nel 1902, esse rappresentavano 1'87%
e nel 1926-28 vi 65%; nella Confederazione Austra-liana, dal
66% nel 1909 esse sono passate al 61% nel 1926-27; nella Nuova
Zelanda, dal 69% nel 1914 a meno de160% nel 1927; nell'antico
Regno di Sassonia, dal 38% nel 19Ir-I2 al 33% nel 1927; in
Chemnitz, dal 44% nel 19II-12 <lil 37% nel 1927-28; in Amsterdam, dal 57% nel 19IO-II al 52% nel 1925-28. (29)'
Non solo vi è dunque una molto minore" frequenza dei
concepimenti nel primo periodo del matrimonio, ma vi è anche,
in complesso, una più alta percentuale di matrimoni infecondi.
Si avverta che il prolungamento della durata di vita, che determina una maggiore durata dei matrimoni, avrebbe dovuto portare con sè un effetto perfettamente contrario. Nè il fenomeno
si può spiegare con una maggiore frequenza dei matrimoni
che hanno presentato concezioni antcnuziali, chè ai contrario,
per quanto almeno riguarda le concezioni antenuziali che hanno
dato luogo a nascite in corso di matrimonio, esse, anzichè ere-
57-
Cresciuta rrequenza dei matrimoni
infecondi,
La varia diffueicne delle pratiche
contracettive e o~
me s p Le g az f o n e
d e Il e differenze
nell'intensità del ..
la natalità attraverso il tempo e
da paese a paese.
scìute, sono diminuite durante i periodi in esame in quasi tutti
i paesi considerati GO), per modo che, anche per questa circostanza, avremmo dovuto attenderci che la percentuale di infecondità, tra i matrimoni puri che hanno avuto il pnirnogenito
dopo i nove mesi, diminuisce anzi che crescere.
Le stesse riduzioni, d'altronde, osservate nella percentuale
dei matrimoni puri che hanno dato luogo a concepimenti nei
tre primi mesi, difficilmente si possono spiegare soltanto con
una cresciuta diffusione delle pratiche contracettive. Ammesso,
per ipotesi, che in Chemnitz, per esempio, o in generale nell'antico Regno di Sassonia, le pratiche contracettive non fossero
affatto accolte nel 19II dagli sposi novelli, bisognerebbe ammettere che, negli ultimi anni, circa 2/3 delle nuove coppie, non solo
ricorressero ad esse, ma anche riuscissero nel loro intento di evitare la fecondazione nei primi tre mesi dalle nozze. L'ipotesi, già
di per sè inverosimile, appare del tutto inammissibile, quando si
pensi che l'esito delle pratiche contracettive è tutt'altro che
sicuro, per modo che è molto dubbio se esse, nella popolazione
generale, raggiungano il loro effetto in 2/3 dei casi (31). Anche
se tutte le coppie matrimoniali avessero fatto uso di pratiche contracettive negùi ultimi anni e nessuna nel 19If, resterebbe molto
incerto se fosse possibile spiegare con tale circostanza la discesa
dei concepimenti nei primi tre mesi delle nozze, quale si verifica
a Ohemnitz e in generale in Sassonia. In realtà però, quando si
tenga presente quale può praticamente essere la frequenza delle
pratiche contracettive nelle nuove coppie (32) e quale il suo
aumento nei periodi considerati, apparirà chiaro che anche la
discesa delle percentuali di altri Stati, che si ragguaglia alla
metà o al terzo del livello primitivo, ben difficilmente può attribuirsi unicamente a questo fattore G2-bis).
Per la Francia, paese di particolare interesse da questo punto
di vista, non sono pubblicate statistiche in argomento, ma la
Direzione Generale della Statistica Francese ha avuto la cortesia
-58 -
di far spogliare appositamente per me i dati relativi ai primogeniti nati nel 1925 nel dipartimento, particolarmente prolifico,
delle Còtes du Nord, e in quelli della Haute Garonne e del
Gers, in cui, al contrario, la diminuzione della natalità dura da
lungo tempo. I risultati sono particolarmente istruttivi. La frequenza con cui i matrimoni, riguardati come puri, danno luogo
a un concepimento nei primi tre mesi di convivenza, risulta dal
25% nelle Cétes du Nord, e solo del 13 e del 10% nella Haute
Garonne e rispettivamente nel Gers. Un ragionamento analogo
al precedente persuade che anche queste differenze non possono
dipendere unicamente dalla diversa diffusione delle pratiche
contracettive.
Uno studio approfondito ho fatto intraprendere per l'Italia,
relativo a tutti i primogeniti, nati nel 1927.
I dati, per quanto non ancora definitivi (33), sono dei più
suggestivi. Le percentuali dei matrimoni riguardati come puri,
che hanno concepito il primogenito nei primi tre mesi sono state
calcolate, oltre che per il complesso del compartimento, separatamente per i Comuni i quali, per possedere un grosso centro (di più di 10.000 abitanti), si possono considerare come
urbani e per gli altri Comuni da riguardarsi come rurali. Ora
le percentuali non risultano regolarmente più elevate per i Comuni rurali: ciò avviene in circa una metà dei casi (e precisamente per IO dei 18 compartimenti), e le differenze si distribuìscono in modo da non sembrare sistematiche. Ciò fa pensare
che le percentuali non sieno influenzate notevolmente dalle
pratiche contracettive, E' chiaro infatti che, se le pratiche
contracettive avessero una influenza sensibile sui concepìmenti dei primi mesi del matrimonio avremmo dovuto ottenere una percentuale di concepimenti più bassa nei grossi
centri, dove le pratiche contracettive sono certamente più
diffuse.
Ciò premesso, assume particolare interesse il confronto tra
-59 -
le percentuali dei concepimenti nei primi tre mesi di matrimonio e i coefficienti di natalità generale. Tra questi e quelle
passa una stretta correlazione; il coefficiente di correlazione secondo la formula di Bravais risulta =
0,70. Questo risultato
è importante, in quanto suggerisce che le differenze che si verificano tra i coefficienti di natalità dei vari compartimenti italiani
dipendano in misura essenziale dalla diversa fecondità matrimoniale delle popolazioni (34).
I dati suesposti, relativi ai concepimenti nei primi mesi
di matrimonio in dieci Stati o città, confermano che la crisi
della natalità ha un carattere grave specialmente nelle popolazioni dell'Europa settentrionale, centrale e occidentale. Mentre,
infatti, in Italia e, malgrado la forte diminuzione ;constatata, anche nei paesi dell'Australasia, la percentuale dei concepimenti nel
primo trimestre di matrimonio non resta mai al disotto del 20%,
-nelle varie località della Germania, per cui si posseggono dati
recenti (perDresda, essi si fermano al r908), del pari che nelle
città di Amsterdam e di Zurigo, e nei due dipartimenti francesi
del Gers e della Haute Garonne, che soffrono della crisi di
natalità, la percentuale non tocca ormai più il 15%, e talvolta
scende fino al 6 e mezzo %.
Quale la conseguenza di questa situazione di cose? E' evidente che,' qualora la tendenza sopra descritta persistesse, le
popolazioni dell'Europa settentrionale, centrale e occidentale, se
isolate, a lungo andare si estinguerebbero; qualora invece nessuna
barriera politica o resistenza psicologica ostacolasse la libera circolazione di cittadini e stranieri, l'immigrazione provvederebbe a
livellare la pressione demografica fra esse e le popolazioni circonvicine.
La realtà sta nel mezzo. Finora una notevole corrente di
immigrazione si dirige però solo verso la Francia, dove, soprattutto dopo la guerra, la scarsezza è manifestamente sentita. Fra
i due ultimi censimenti, dal 1921 al 1926, oltre 220.000 stranieri
+
Paesi d'Europa su
cuì si estende la
crisi demografica.
Conseguenze pol!tiche della crisi
demografica.
-
60-
all'anno hanno rappresentato l'eccesso della immigrazione sopra
l'emigrazione. Se ad essi si aggiunge l'incremento naturale, che
si aggira intorno agli 80.000, si ottiene un accrescimento della popolazione di oltre 300.000 abitanti all' anno (5). Esso è certamente
cospicuo, ma resta proporzionalmente inferiore a quello che si
verifica nelle altre popolazioni latine, per non parlare della
cerchia più lontana delle popolazioni slave. Cosicchè il dislivello
di pressione demografica fra la Francia e queste altre nazioni,
nonchè diminuire, sembra, almeno per il momento, accentuarsi.
Una certa resistenza ad un'ulteriore immigrazione appare, d'altronde, già manifesta nella psicologia dei francesi: la politica
di. assimilazione degli stranieri ne costituisce una saliente manifestazione; è verosimile che essa avrà per effetto di frenare la
corrente immigratoria. L'Inghilterra, dove è ancora molto diffusa la sensazione di una sovrapopolazione, lungi dal facilitare
l'immigrazione degli stranieri, ha adottato, ne! dopoguerra,
notevoli restrizioni.
Si apriranno, in. un tempestivo avvenire, gli Stati dell'Europa settentrionale, centrale ed occidentale all'immigrazione delle
popolazioni meno senescenti che li circondano, così da diventare
con esse solidali nell'evoluzione demografica, oppure la differenza di pressione demografica andrà continuamente accentuandosi,
fino a far scatenare un nuovo e più tremendo ciclone che riverserà le popolazioni dell'Europa orientale e meridionale sui paesi
di minore pressione demografica? Questo è un grave problema.
Un secondo problema è se la situazione demografica degli
Stati dell'Europa settentrionale, centrale e occidentale rimarrà essenzialmente diversa da quella dei paesi dell'Europa meridionale
ed orientale, o se, invece, quelli non fanno che precedere a breve
distanza questi (e potremo anche domandarci se altrettanto
non si debba dire per le popolazioni pure di razza europea degli
altri continenti) sulla via della decadenza demografica. In questo
secondo caso, in un futuro più o meno remoto, lo squilibrio
-
61-
sarà destinato a determinarsi, non più fra diverse popolazioni di
razza europea, ma fra le popolazioni di razza europea da una
parte e le popolazioni indiane, gialle, malesi dall'altra.
I due problemi pendono minacciosi sull'avvenire della civiltà. Mancano per ora alla scienza gli elementi per risolverli.
NOTE
(I) Alludo alle discussioni che ebbero luogo in seno alla Commission Mixtc
(Lnstitut ìnternational de Statistique et Organisation d'Hygiène de la S. d. N.)
chargée par le Goaoememcns Français de coordonner ìee rtponses dee GOttVC1'ne~
ments au $ujet de la Quatrième Révisirm de la Nomenclature des Causes des Décès
che si è riunita a Parigi dal 9 al 12 aprile 1929.
(2) Ciò è stato messo in luce, per esempio per il cancro, negli studi sulla
frequenza di questa causa di morte eseguiti presso l'organizzazione d'Igiene della
Società' delle Nazioni. E' risultato evidente 'che una parte, più o meno grande
secondo i paesi, dei morti per cancro viene denunciata tra le morti per senilità.
ttr. Rapport sur les travaux de la Commission du cancer de 1923 à 1927, Ier
novembre 1927. Société des Nations, Organisation d'Hygiène, C. H. 631 (I) (C. H.
Cancer 42' (2», page 9, et Considérasions sur les rapporss présumés entro le Cancer
et la Raaa d'après ì'étude des statistiqaes antbropologiqaes et médicales de qualqaes
pays d'Borape, par M. M. ALFREDO NICEFORO cd EUGÈNE PITTARD, Genèvc 1926.
Societé cles Nadons, Organisation d'Hygiène, Commission du Cancer, C. H. 402.
(3) E' noto come il LEXIS abbia cercato di isolare un gruppo di decessi in
età normale, che ha il suo centro, secondo i paesi, dai 70 agli 80 anni, dalle morti
precoci che intervengono durante l'età infantile o la giovinezza o l'età adulta.
Codesti decessi in età normale sono appunto quelli che, fatta eccezione per alcuni
casi di morte per senilità, possono attribuirsi al concorso dei fattori interni ed
esterni. Dai dati del BENINt, tale gruppo normale rappresenterebbe una percentuale
sul totale dei decessi che va dal 32 % in Ispagna ad oltre il 49 % nel Giappone
(R. BENIN!, Principii di demografia, Firenze, Barbera, 1901).
(4) Cfr., pagg. 12-17.
(5) Bisogna tuttavia tener conto della influenza perrurbarrice che esercita nei
confronti: a) la diversa accuratezza dei successivi censimenti (Cfr. Le leggi di eooìuzione della popolazione, pago 275); b) la diversa proporzione degli ibridi. [Cfr. in
proposito la conferenza che segue, Nascita e reoioiscenea delle nazioni, pago 85,
e in particolare la corrispondente nota (36)].
·(6) I pigmei, di cui già Erodoto e Plinio ci diedero notizia, vivono e più vissero in un isolamento tale, nelle foreste vergini 'o nelle pianure desertiche o nelle
regioni rocciose, che per molti secoli si dubitò della 'loro esistenza, ed essi per parte
loro ignoravano l'esistenza di una parte del globo popolata dai bianchi (Cfr. A. MA·
RAZZI, Fra i selvaggi e fra i civilizzati, Milano, Istituto Editoriale Scientifico, pagg. II3·
140). Essi sanno che altra volta occupavano un territorio molto più vasto e che di
fronte al sopravvenire dei negri, più alti e più! forti, indietreggiarono senza ccmbatrerc (Ibidem, pag. 139). Anche dove essi abitano in zone contigue a quelle di altre
-
02-
razze, vivono appartati. A proposito dci Batua, la Duchessa d'Aosta ci dice che eSSI
sono così selvaggi che si nascondono non solo ai bianchi, ma anche agli altri negri,
che neppure chiamano col nome di uomo, e che per nulla al mondo vorrebbero mangiare con essi od entrare in una loro capanna (ELENA DI FRANCIA, DUCHESSA D'AoSTA,
Viaggi in Africa, Milano, 'Trcves, 19r3, pago 265).
(7) Cfr. in particolare, su questo punto, G. CAREGA, Alcuni dati domoçrafici sugli
Esquimesi, in e Merron », 30-VI-rg28.
(8) Cfr. pago 13'17.
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(9) Cfr. Fattori latenti delle guerre in «Problemi Sociologici della guerra 1>, paglne 15-r7; Le leggi di evoluzione della popolazione, pagg. 292-293; Las mouuements
de population, pagg. 813-814.
(IO) Ofr., - oltre gli articoli citati alla nota precedente, Il diverso accrescimento
delle classi sociali, pagg. 64-66.
(II) Cfr., per tutto quello che precede, particolarmente: Fattori Latenti delle
guerre, pagg. 17-19; Le leggi di evoluzione della popolazione, pagg , 293-:''l95; Les
mouocmetus de popuìation, pagg. 812-814.
(12) Cfr. La dinamica delle popolazioni. Introduzione, in «( Trattato di Igiene l>,
diretto dal prof. O. C\SAGRANOI, Utet, Torino, 1929.
(13) Cfr. G. H. KN1BBS, Thc slwdow of the worlds future, cit., nota! a pag. 41).
(14) L. L DUBLIN e A. J. L01'KI\, On tttc truc rate of natural incrcase, in
e Joumal of the Amerìcan Statistical Associatìon », Septembcr 1925; L L DU:aUN,
The Steeistician and t!le Population, Problom, in e Pcpulation Problema in tbc Unitod
States and Canada », Houghton Mifiiin Company, Boston, 1926; A. J. LOl'KA. The
iwogressio« Adjustement of Age Distribntion to Pccundity, « Ioumal of the Wasning
ton Academy of Sciences », November, 18, I()26; R. R. KUCZYNSKI, Thc Balence
of Births and Deatiu, Vol. I, Western- and Northem Buropc, Macmillan, New
York, 1928.
(14 bis) La conferenza fu, tenuta a Trieste" nella sala della Società Minerva,
il 21 aprile I9Il. Essa fu riassunta, nello stesso anno, in un articolo sulla «Rivista
Italiana di Socìolosie » e. wl corredo di abbondanti note, pubblicata in volume
l'anno seguente dai F.lli Bocca.
(15) Cfr., pagg. 37, 38, 40, 41, 63, ,O, -n; 72 del volume citato,
(16) Cfr., pagg, 37 e 40 dello stesso volume.
(16-bis) Cfr. A. JENSEN, Horoscope oi t!le Popeìation of Donmurch , comunicazione presentata alla XIXn Sessione dell'Istituto Internazionale di Statistica (Tokio,
1930), pagg. 9-tO, 18-19 dell'estratto. Il "calcolo è fondato sui prcsumibili saggi di
fecondità specifica delle donne nel 1929 e sulla tavola combinata di mortalità c di
migrazione per il periodo 1921~2.5.
(17) Vedi il capitolo Net reproduction m/es dell'opera di KUCZ'1NSKI, particolarmente a pagg. 52-54.
(18) Vedi, per la Francia, ALFREDO SAUVY, La population irançaisc jmqu'en
1956, Essai de préoision démographiqne, in « Iournal de la Société de Statistiquc dc
Paris », D"ec. 1928 e Iauv. 1929, pagg. 325-326; per il Regno Unito, A, L. BOWLEY,
Births ani Population in Great Brizain, in « Thc Economie [ournal », giugno 19 24,
pag- 189;. per la Germania, Richslinien zur Bcurteilang des Bevoll{enl1Jg,~problems
Deutschlands /t"ir dic niichsten 50 [ahrc. Statìstìk des Dcutschen Reichs. Band 316,
pagg- 39*-42*,
Queste previsioni sono analizzare e discusse nello studio sopra citato su La dinamica delle popolazioni, dove sono anche aggiunti calcoli analoghi per l'Italia.
(r9) Le due tavole seguenti contengono, l'una (Tav. A) i dati per gli Stati la cui
cui popolazione risulta in virtuale diminuzione; l'altra (Tav. B), i dati per gli Stati la
cui popolazione risulta in aumento. Non per tutti gli Stati si posseggono favole di mortalità, da cui sia possibile ricavare la media dei sopravviventi a 20-30 anni; ma molte
volte la conclusione è ugualmente chiara. Tale è il caso, anzitutto, quando il 1apporto:111a col. (; è superiore all'unità, ciò che significa che, neppure se nessuna' delle Iem-
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con distribuzione nota,
(2) Compresa l'Alsazia Lorena.
(3) Esclusa la Saar.
(4) Tutta l'Isola.
(5) Cifre calcolate.
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0.699.27 192$..27 4070.115 0,509
)1.156.131 192$..27 299.26; 0,386
137.170. 1927-2$ 21.633 0,634
468.67 1927~28 64.90
0,722
106.677 1997-28 13.414 0,795
1926'~Z7
1921-22
viventi
.~.
1900
19Dç--905
1921-25
0,6'
19lO-20
0,82 .
1914
0,584
0,87
l8} 0,71
1908-13
1901-11
0,67
0,41,
1920-22
1921-22
1921-22
0,OOt
D,Sit
~~91> I
(I~ Triplo della, classe censita nel 1899 (in proporzione al rapporto con la
popolazione complessiva censita al 1927).
. (2) Meno le Repubbliche autonome di Bachkirie e Daghestan e i Governatorati
di Ivanovo-Voznessensk e Caucaso del Nord. Per questi Governatorati, la classe 20-30.
s~ è calcolata propcrzionalmenn alla corrispondente dell'Unione.
• (3) Giappone propriamente detto (popolazione del Giappone p. d., 5g.736.822'
dell Impero, 83.456.929 abitanti).
•
(4) Le nascite si riferiscono ad una popolazione complessiva di abitann
241'169.026 nel 1925 e 241.471.383 nel 1926. Si è quìndi ridotta la popolazione complessiva da 315.850.442 a 241.470.205.
. . (5) Classe delle donne viventi in età 20-30, desunta' dal totale della popolazione'
censita nel I!ì27, proporzionalmente alla distribuzione osservata nel censimento.
del 1917.
(6) Solo europei.
(7) Cifre calcolate.
(8) Sopravvivenza media della popolazione complessiva (maschile e femminile).
(g) Vedi nota (I) alla tavola precedente.
-66-
mine nate morisse prima di 30 anni, sarebbe possibile riprodurre le femmine dell'ultimo censimento con le nascite femminili degli ultimi anni, come avviene per l'Austria.
l'Estonia,
Germania, l'Inghilterra, la Svezia e la Svizzera. Altre volte la conelusione 'è autorizzata dai confronti con ì dati ricavati dalle tavole di mortalità di
stati' .simili
'condizioni economiche, e' demografiche. Cosl è difficile ammettere
che la sopravvivenza media in Jscozia "superi 0,88r, quando questa percentuale è
oltrepassata solo in Nuova Zelanda ed in Australia, e quando in Inghilterra la cifra
corrispondente è 0,847. Si avverta come, per l'India, la sopravvivenza effettiva (0,413)
appaia inferiore a quella (0,509) che, risulterebbe necessaria a ripristinare la popolazione femminile, ma la tavola di mortalità, da cui la sopravvivenza effettiva è stata
desunta, è antiquata (IglO-II). Oggi verosimilmente la sopravvivenza è norcvclmentepiù elevata.
(Ig-bis) Dico «forse» della Danimarca, 'tenendo presenti i risultati ottenuti
dall'Isxssa in base alla natalità del. 1929. Cfr. pago 53 e nota (I6~bis).
(20) Il numero delle femmine nate vive nel 1926 è di 303.465; quello delle
femmine da 20 a 30 anni censite nel Ig20di 2.53'1.420.
(21) La media dci coefficienti di sopravvivenza (Ix) per le femmine bianche
84,467, per la Rcgistration Area 1919~1920, fondandosi sui
dà 20 a 29 anni risulta
coefficienti annuali di sopravvivenza calcolati dalla METROPOLlTAN LIFE INsuRANcE Cv.
(Amerlctin -Lija Table ,by individuaI years, in e Statìstical Bulletin », August 1928,
p. 8). Negli I I Stati della Orig(nal Ragistration Area, la sopravvivenza risulta alquanto
minore: per le femmine di età 17, :22. :27. 32, essa stava a quella delle età corrispondenti della Registration 'Area ,1919"1920 come' 98,96 a 100 (cfr. per i dati...le
United States Abridgèd Life Tebles 1919-1920 prepared by ELBERTIE FOUDRAY, Wa~
shington, Government Printing Office, 1923). La media dei coefficienti di sopravvivenza per 20'-29 anni nel 1919-20, per l'OriginaI Registration Area, può dunque
p~rsi a 84,467 X 0,g8g6
83,592.
(22) Lo si intende da un calcolo approssimato, che è possibile fare. della sopravvìvenza della popolazione complessiva. Negli II OriginaI Registration Statas, il censimentc del 1920 riscontrò il 97,6 % della popolazione bianca e il 2,4 % di colore.
Attribuendo a questa i coefficienti di sopravvivenza calcolati per i negri di detti Stati,
e 'ponderando i coefficienti di .sopravvivenza dei bianchi e, della, gente di colore
(Cfr. le U. S., Abridged Life Tcbles 1919~1920, sopra citate) in base alle percentuali
sopra indicate, la sopravvivenza. che ne risulta. per la popolazione femminile complcssiva per le età .17, 22, 27, 32 anni sta a quella della popolazione femminile bianca
come 1995,95: sta a 1000. Applicando questo coefficiente alla sopravvivenza di ,83,592"
sopra determinata per la popolazione femminile bianca di età 20-29 anni, si ottiene'
una sopravvivenza di 83,253 per la popolazione femminile. complessiva,
(23) La METROPOLITAN LII'E INsuRANéE ha messo in luce come. dal 1921 al
1927. la durata media-di vita non sia cresciuta, salvo alla nascita. Da I anno in poi
essa è diminuita (Cfr. A Sitback in Mid-Llte Mortality, 'in «Statistical Bullerin », Pe-':
bruary 1929). I coefficienti annuali di sopravvivenza 'per 1<1, Registration 'Area contemporanea, che ho. fatto eseguire dopo aver ottenuto per ìnterpolasione i coefficienti
annuali di mortalità, risultano però più elevari fino a 62. anni. La media dei lO
coefficienti da 20 a 29 anni risulta di 84,494 nel 1921 e di -87.755 nel 1927.
(24) A /seguito .di questa conferenza, i dottori DUBLIN e LaTRA hanno gentilmente aggiornato, su mia richiesta, i loro calcoli in un articoloThe Trae Rate of
Natural lncrcase of the Population oi the United Statcs, Revision on Basis of
Rccent Data, che vedrà la luce in un prossimo numero del e Metron ». Essi mostrano,
fra l'altro, che, il coefficiente di natalità generale necessario a mantenere costante la
popolazione bianca, data la distribuzione per età della popolazione femminile calcolata per il 1928, è da porsi al 18,4 per mille, per il complesso degli Stati compresi nella Registration 4r~a del 1920. -Nel fatto, il coefficiente di natalità osservato
fu del 19,4 per mille. A questo .punro lascio la parola agli autori:
<!: The effective fertility of our population is separated by a closer margin from
rhe rninimum consistent wirh undiminished numbers than appears on thc suriace.
la
FEMMINE
NATE
NEGLI ANNI
INDICATI
~i1
.e; i::I g
B
per
=
=
and rhan most of us have probably supposed. The last birthrate-figure published'
by. the go~erDlne~lt shows a declino of nearly one unit per' thousand, as cornpared
with tbc immedlately preceding year. Should the next year ' by any chance bring
a still further declìne by 8 per rhousand, we should actually have reached a
birthrate of 18,6, practicaliy thc same figure that has been shown above te cor-.
respcnd te just that fertllìry W?ich, with rheiexisting age distribution, will ' only
rust suffice to kecp rhe popularion at a standsrill. Any further decline in fertility
would, in the ebsence of immigrarion, mean ultimately a diminishing .population
even though for a time this might nct become apparent owing to the residual effccrs
of past hìgher fertility »,
. (ac-bis) Cfr. in particolare sull'argomento: La politica della popolazione" op.
crr., Cap., IX. La diminuzione della 1Jatalità europea nell'ultimo mezzo secolo
e -to sue cause, pagg. 132 e segg, Altro 'sintomo ,può ricavarsi dal fatto bene messo
in luce dal censimento inglese del IgII. che la discesa della fecondità .matrimcniale
è stata più forte perle donne maritate in età tarda che per quelleisposarési 'precccemente, mentre il contrario sarebbe stato da attendersi se la discesa della naci:
Età fosse dovu~a. a resuizio.ne volontaria (Cfr. Canna 01 Engla1Jd and Wa/es, sçrs,
VoI. XIII, FertJ!lty 01 marnage, Parto II. pagg.' XVXLI e XLIV). L'estensore della relazione 'allude alla possibilità che il differente comportamento sia dovuto alla prevalenza
di matrimoni precoci tra le classi più prolifiche della società, che sembrano' essere state
toccate per ultime-dalla discesa della natalità. Se non che anche nelle: singole classi sociali le donne sposatesi presto si dimostrano meno sensibili alla diminuzione della fecondità matrimoniale (Cfr. pagg. XCVII-XCIX). Anche la percentuale dei matrimoni Inf~<;ondi, a quanto risulta dai dati raccolti in occasionedel detto censimento, si comporta
diversamente attraverso il tempo secondo l'età della donna al matrimonio. Quando questa era inferiore a 20 anni, non' si 'nota un aumento, ma anzi una diminuzione, della
percentuale di infecondità; per il gruppo della donne sposateai tra 20 e 24 anni, 'la
percentuale resta presso che stazionaria; mentre cresce' nettamente e fortemente per
i gruppi di donne sposatesì ad età superiori. Il-relatore trova una spiegazione razlonaie di questo diverso .comportamento nella supposizione che le 'concezioni anrcnuziali siano divenute più rare per le donne sposatèsi a tarda età. mentre rappresentere.bbero una percentuale più ~lta che in p~ssato nei matrimoni precoci (Cfr. pagme XLIV e XLV). Che tale circostanza abbia avuto un effetto, è plausibile. ma è
molto dubbio se essa possa spiegare a pieno il diverso comportamento delle percentuali di infecondità secondo l'età del matrimonio. che sostanzialmente si accorda
col diverso comportamento della fecondità matrimoniale. E' anche da avvertirsi che
il numero dei matrimoni considerati sotto .20 anni è molto minore di quelli sopra
25 e che Ia . diminuzione della percentuale di infecondità degli uni è molto meno
importante che. l'aumento .dellc percentuali negli altri, per modo che si 'può desumere dai dati in parola che, nel complesso, la percentuale di matrimoni infecondi
è sensibilmente aumentata col tempo.
(25) Vedi in proposito La lertilità della donna in relazione al problema della
popolazione,' in «( Economia », :agosto-settembre 1927. e. Problemi della' papa/azione,
in «Annali dell'Istituto di Statistica» della R. Università, di Bari, 1928.
(26) 'Sono spesso riferiti, il o:ue'sto proposito, i dati per la Mothcr's C/i1Jic di
Londra pubblicati dalla direttrice -della clinica Dr.' MARIA STOPES (The First Pive
T,h'omand, op. cit., pago 20) e riportati dalla Dr. M. T. NISOT (lA question éugeniqtle
dMS les divers pays, Bruxelles, Camponhout, Tome I, page Ù3). W difficile tuttavia giudicare dell'esatto significato di questi dati, poichè la Dr. STOPES dichiara
<:he, da un certo punto in '<lvan'ti, fu, almeno tra le donne maritate, operata una
selezione (dando 'la preferenza a quelle che avevano avuto figlì), e si resta pertanto
<:61 dubbio 'che una selezione sia stata operata anche nei rispetti delle nuove coppie.
(27) Sono esclusi i partoriti morti, ma i dati per Amsterdam. per cui è stato
possibile eseguire 'il calcolo comprendendo ,anche -i partoriti 'morti, mostrano che
'!'influenza dellà loro inclusione' è trascurabile, esercitandosi solo' sulla terza cifra
significativa.
w
-·68 -
'
(28) La percentuale che, fra i primogeniti nati dopo i primi, 9 mesI di
matrimonio, rappresentano quelli nati dal 10° al 12? mese 'Va infatti 'riducendosi
nella maggior parte degli Stati. Essa passa, negli intervalli sopraindicati, dal 45 al
3 1 % nella Nuova Galles del Sud, dal 38 al 29 % nell'Australia Occidentale, dal
40 al 30 % nel complesso. della Confederazione australiana; dal 32 al 28 % nella
Nuova 'Zelenda, dal 42 al 36 % in Dresda: dal 34 al 13 % in Chemnitzj dal 35
al i5 %"neÌ complesso. dell'antico Regno di Sassonia;dal 40 al 22 % in Amsterdam;
dal 31 al 20 % in Zurigo,
(29) Fanno eccezione solo le due città di Zurigo e di Dresda, per le quali la
diminuzione della percentuale dei primogeniti concepiti nei primi mesi del matrimonio non è stata molto netta. Il periodo di osservazione .è, d'altronde, per queste
due città, piuttosto breve. A. proposito .dell'aumenro della percentuale. dei- matrimoni
senza figli" vedi, per l'l'Inghilterra, la nota (aa-bìs).
(30) Il rapporto dei primogeniti 'nati nei primi 9 mesi di matrimonio ai 'matrimoni da cui presumibilmenre provengono [media ponderata dei matrimoni nell'anno
precedente (7/8) e di quelli dell'anno in corso ~(1/8)] passa nella Nuova Galles del
Sud dal 26% nel 18gr95 al 28% nel 1923-27; nell'Australia Occidentale dal 23%
nel 19°0-19°2 al 24 % nel 1926"28; nel complesso della Confederazione australiana
dal 29 % nel 1909 al 24 % nel 1926-27; nella Nuova Zelanda .dal 24 % nel
1914 al 23 % nel 1924-27; in Dresda dal 38 % nel 1891 al 31% nel 1908; in
Chemnitz dal 34 % nel 1911 al 25 % nel Ig27~28; nell'antico Regno di Sassonia
dal 33 % nel 19'U al 23 % nel 1927; in Amsterdam dal 26 % nel 1910 al
'22 % nel 1928; in Zurigo dal 22 % nel 1914 al, r6 % nel ,r927~28.
(31) Nel citato opuscolo The FirstFivc Thousand, la Dr. STOPES riporta una
statistica (1284 casi). che indica le percentuali di successo e di insuccesso delle varie
pratiche contracettive usate prima di far ricorso alla clinica (pag; 42). Se ne
desume che, complessivamente, esse non raggiunsero lo .scopo nell'83.2 % dei casi.
Non diversi sostanzialmente sono i risultati deI Birth Consrol Clinica] Research
Bureau di New York, riportati dal Dr. J. COOP~R, Direttore 'medico dell'Ufficio,
in un volume (The Techniquc 01 Contraception, Day-Nìchols, New York, 1928,
pagg. 173 e 221), chc la stessa Dr. S'roess recensisce in « 'I'he Eugenics Revìew »
del luglio 1929 (pagg. 136.138). Anche i risultati del COOPER si. riferiscono ad
oltre 1000 casi; per le singole pratiche, le percentuali di insuccesso sono ora. più
alte, ora più basse di quelle trovate dalla STOPES: complessivamente la percentuale
di insuccesso risulta delP84 %. E' da, avvertirsi che sia i dati della STOPES, sia
quelli del COOPERo naturalmente non si applicano alle donne che hanno fatto
ricorso alle cliniche neo-malthusiane, donne che però costituiscono.' nella popolazione complessiva, una . debole minoranza. E' anche da tener presente che, ai
fini dell'osservazione fatta nel testo, quello che interessa è l'effetto o il mancato
effetto nei primi tre, mesi del matrimonio, mentre, ai fini delle ricerche della
Dr. STOPES e del Dr. COOPER, sono verosimilmente riguardati come insuccessi .l
casi in cui si sono avuti figli, per quanto con ritardo di oltre tre m~sL Le percen'tuali di insuccesso trovate 'dalla Dr. STOPES e dal Dr. COOPER non SI potrebbero
dunque,per vari motivi, applicare all'argomentazione ,del testo, ma servono. in ogni
modo a· mostrare l'alta percentuale di insuccesso delle ,pratiche contr.:lcettlve usate
dalla massa della popolazione che ad esse fa ricorso.
(3 2) In una delle discussioni indette nel 1929 'dall'Università 'di Chicago (Hart~s
Foundation) sulla popolazione; la Signora MAR.GHERITA SANGER.; nota' "propag-a~dI.
sta di pratiche neo-malthusiane, 'interrogata in proposito, dichiarava :he 'ess~ ,nte~
nevache in Inghilterra, 'negli ultimi' 5 anni, si potesse ammettere' che 11 60' % dèlle
famiglie avesse conoscenza dei mezzi contracettivi. In uno Stato come Nuova York
_ essa soggiungeva - la percentuale può cssere più. bassa. Pa~land?, in .al~ra
discussione, dello stesso argomento, iI Dr. L. 1. DUBLIN, capo dcII UfficIO Sta.tlsnco
della Metropolitan Ule lnmrance, dichiarava che' egli riguardava le pertentuah 'date
dalla signora S."NGER come esagerate, se riferite alla popolazione complessiva' e, am"
missibili soltanto per le popolazioni urbane.
Nella ricordata inchiesta del Dr. HA:t-.~ILTON, 1'87 % delle 100 donne ,coniugate
tcterrcgare dichiararono di avere ricorso a pratiche contracettlve. In altra inchiesta
della Dr. DAVIS, su 985 dorine coniugate che rispedircno il questionario a loro Inviato, il 74,II % fecero tale dichiarazione (K. B. DAVIS, A study of the 'Sex Li]«
01 the Normal Married Woman, in e The Journal of Social Hygiene », aprì! 1922).
Le persone interrogate dall'HAMILTON e quelle che risposero ai questionari della
Dr. DAVIS verosimilmente non erano rappresentative di tutta la popolazione: quelle
interrogate daIl'HAMILTON appartenevano alla classe intellettuale e quelle che rispcndevano ai questionari dovevano, come sempre nel caso di inchieste con questionari,
essere selezionate nella stessa direzione: ora è inutile avvertire che le pratiche neomalthusiane Sono più frequenti nelle classi intellettuali.
Si tenga poi presente che, sia i risultati della Dr. DAVIS e del Dr. HAMILTON,
sia quelli della Signora SANGER, si-riferiscono alla percentuale di tutte le coppie che
hanno fatto uso di _pratiche ccntracettive t'n qualche periodo della loro vita e non a
quella, evidentemente di molto inferiore, delle nuove coppie che hanno fatto uso- di
pratiche contracettive nei tre primi mesi del matrimonio.
(ga-bis) Se si confrontano, per gli stessi paesi, le variazioni nel tempo del
coefficiente di natalità e della frequenza dei concepimenti nei primi tre mesi di
'matrimonio, risulta che la discesa è cominciata molto prima per quello che' per
questa. Ciò fa pensare che la diminuzione della natalità sia dipesa, all'inizio, da una
più rapida riduzione della fecondità matrimoniale con l'aumentare della durata
'del matrimonio e solo da ultimo si sia resa manifesta anche nel primo periodo
dopo le nozze. Può vedersi una connessione tra questo fatto e quello posto in luce
dai risultati del censimento inglese del I9Il, secondo i quali la fecondità delle
spose precoci sarebbe diminuita col tempo meno di quella delle spose tardive (cfr.
nota aa-bis). E l'uno e l'altro possono mettersi in relazione col progressivo diffondersi delle pratiche [imitatrici della prole in base all'interpretazione seguente: Le pratiche [imitatrici della prole dipenderebbero essenzialmente da un affievolirsi degli
istinti della generazione e dell'allevamento su cui il raziocinio prenderebbe il soprav'vento '[cfr. la conferenza su L'evoluzione delle nazioni a pagg. 26-30 e le note relative (IO) e (14)] e non rappresenterebbero cosi che uno dei sintomi di un diminuito potere' riproduttivo della specie, il quale si manifesterebbe, d'altra parte, dapprima con un più rapido esaurimento della fecondità col crescere dell'età e della
durata di matrimonio, ma da ultimo verrebbe a intaccare anche la fecondità iniziale
delle spose novelle (cfr. in proposito La fertilità della donna in relazione al problema della popolazione, art. clr., pago 62; e La politica della popolazione, pago 149
e seguenti);
(33) I dati non sono ancora definitivi, in quanto parecchi primogeniti, per i quali
resta tuttora ignorato l'intervallo tra il matrimonio e la nascita, potranno venire
classificati solo a seguito delle ricerche in corse. Nel calcolo delle percentuali riprodotte alle note seguenti, si è supposto che i primogeniti, per cui l'intervallo non è
stato indicato, si distribuiscano, rispetto a questo, in modo proporzionale agli altri
primogeniti per cui l'intervallo è noto; ma questa ipotesi può in realtà allontanarsi
dal jvero.
(34) La tavola che segue dà, alle. colonne 4, 5 e 6, lepercentuaH' dei concepimenti nei primi tre mesi dalle nozze (desunte dalle percentuali dei matrimoni riguardati come puri che hanno avuto un figlio nel lOQ-I2() mese) nei centri, negli
altri comuni e nel complesso del compartimento, mentre alla colonna 2 sono indicati i coefficienti di natalità generale. I compartimenti sono graduati secondo l'intensità crescente dei coefficienti di natalità generale ed è facile riscontrare, dai dati della
col. 6, che anche la graduatoria delle percentuali dei concepimenti dei primi tre mesi
dalle nozze mostra, sia pure con notevoli oscillazioni, un andamento crescente. E' da
ritenersi che la correlazione tra i coefficienti delle. col. 2 e 6 risulterebbe anche più
elevata, se non esistesse il fattore di perturbazione delle concezioni prenunalali, le
quali probabilmente vengono ad eliminare da questi calcoli la parte più prolifica
delle donne, e ciò con maggiore o minore portata a seconda della maggiore o minore frequenza delle dette concezioni. Basta tener conto delle concezioni prenunziali
l,
d
•en
..
Paraentuale dei mattimoni puri oh. hanno
avuto un figlio nei mesi
decimo, undiceslmo e
dodicesimo dalle nozze
'"
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COMPARTIMENTI
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Altri
'6
Oentri
00-
Totale
muni
O
2
17,12
17.61-l
22,19
22,85
25,01
25,0-2
2'5,10
28.73
28,01
'28,04
28,37
29,27
31,72
32,02
32,09
32.5,0
34.04
136,62
Liguria
Piemonte
'I'oscuua
Venezia. Giulia
Venezia 'l'ridentlna
Emilia
Lombardia
Sicilia
Marche
Lazio.
Umbria
Veneto
..rdegna.
campania
, •
.•.
Abruzzo. e.Molfse .
Catebrte
Puglte
•
Basflfcata
B
14,81
12,19
22,24
30,42
23,34
31,71
17,69
12,16
28,28
16,33
22,21
30,66
18,14
9,87
11.67
9,33
15,77
7,89
•
5
28,6
26,0
22,2
27,3
26,3
34,7
21,5
31,0
32,9
36,7
32,7
21,5
30,9
17,3
26,7
23,9
30,7
83,9
35,0
32,6
34.,0
27,5
25,3
33,3
35,0
35.1
4113
29,2
BO,6
27,2
31,2
33,5
32,5
36,0
30,7
35,4
6
27,5
22,0
28,7
22,5
82,.
22,2
29,0
31,3
36,1
83,.
31,1
28,3
30,7
30,7
32,6
35,9
135,3
36,2,
cile dànno ùn figlio in corso di matrimonio (cfr. col. 3) pe~chèvengano in ?~t~
spiegate le discordanze tra le cifre della col. 2 e 6. I .v~lon .de:le perintuah .~
concepimenti nei tre primi mesi. dci m~trim?ni?, ~lcola~t m .funz~one del.e quanu,_
.delle 'col. 2· e 3, dànno infatti, approSStmaZ101l1 al valori. ?sservatt della col. 6 mi
liori che i valori calcolati in funzione _delle sole quannta de~la. col. ~.
.
:iI
(3S) Vedi lo studio citato su La dinamica delle popolazioni, capitole Pranaa,
-71
-
IV.
NASCITA E REVIVISCENZA
DELLE NAZIONI (1).
Punti da chiarire
nella teoria cieli ..
ea della popola·
zione.
La teoria dello sviluppo ciclico delle nazioni ha :presel).tato
per lungo tempo due punti oscuri: l'uno quello dellanascita,
. ....
l'altro quello della reviviscenza delle nazioni.
. Poichè è evidente che, se le nazioni descrivonoun ciclo,questo
. presuppone anche un inizio, che corrisponde alla nascita delle
nazioni stesse. D'altra parte, molte volte la storia ci fa assistere
a una reviviscenza delle nazioni che a tutta prima mal si accorda
con la teoria ciclica. Molte nazioni hanno, nella loro storia,
periodi che qualificano coi termini: rinascita, rinascimento,
risorgimento, o simili. In Italia, oltre al Rinascimento e al Risorgimento, si ha un altro esempio di reviviscenza nel periodo dei
Comuni.Jead un quarto, se le nostre impressioni nonci.ingannano, noiassistiamo oggi.. Un esempio.. veramente cospicuo ha
offerto il Giappone nella seconda metà del secolo scorso.
In questa conferenza cercherò di chiarite e illustrare tali
due punti. Quello della nascita delle nazioni, o, più in generale,
del sorgere delle razze nuove, costituisce certamente uno dei
più appassionanti problemi che figurano nel programma dell'Unione Mondiale della popolazione, costituitasi l'anno scorso
(E) Questa conferenza venne già pubblicata da Educosione
Anno VII, settembre 1929-VII.
... ~
7~''''''''
fascista -
a Parigi, a seguito del Congresso mondiale della popolazione,
che aveva..avuto luogo nel 1927 a Ginevra. I! Comitato Italiano
della popolazione, che è fra le più prospere e promettenti associazioni nazionali di cui l'Unione Mondiale è composta, ha in
particolare intenzione di dedicarsi allo studio di tale problema,
organizzando anche apposite spedizioni in paesi dove si ritiene
che una nuova razza venga formandosi (I).
I! sorgere di razze o nazioni' nuove, sembra doversi ricon- Le razze nuove
gli incroci.
durre a fenomeni di incrocio. Già da lungo tempo, per vero,
era stato osservato che le nuove civiltà e nazioni traggono molto
spesso origine dalla mescolanza o dalla giustapposizione o sovrapposizionedi popolazioni differenti (2), ma si riteneva che ciò
fosse dovuto più a una mutua influenza culturale e politica, che
a un fenomeno biologico (3). Cosi gli odierni Stati Uniti dell'America del Nord, che costituisconocertamente una grande nazione nuova e, da certi punti di vista, anche una nuova razza, derivano dalla mescolanza di individui di razze e di nazioni le più
diverse. Similmente, la nazione inglese ha avuto le sue origini
dalla. conquista della Gran' Bretagna da parte dei Normanni,
che si sono mescolati con le popolazioni precedenti costituite da
elementi mediterranei e nordici, se non anche dai rimasugli di
brachicefali, che altra volta erano penetrati nell'isola. Analoga
è stata l'origine della nazione francese derivante dallasovrapposizione delle stirpi di razza germanica, da cui la Francia ha
ricevuto il nome, sulle popolazioni precedenti di origine alpina,
mediterranea e nordica, La Germania, similmente, si è sviluppata a Seguito della combinazione di popolazioni germaniche
con le slave e le alpine, non senzaaverconservato traccie del
sangue mediterraneo importato dalla conquista romana. Le
stesse razze, per quanto in proporzioni molto diverse, entrano
pure nella costituzione della popolazione italiana.
Nell'antichità, le civiltà della Grecia, dell'Etruria, di Roma,
hanno analogamente tratto origine ~ secondo tradizioni confor-
e
Apparen.ti con..
.traddizioni.
tate da indizi e prove molteplici - dalla invasione di popolazioni nuove che si sono sovrapposte alle antiche di stirpe più
o meno diversa.
Non è improbabile che, se altre nazioni ci sono per lungo
tempo apparse come costituite da una sola razza, ciò sia dovuto
alla deficienza delle nostre conoscenze. Per ciò che concerne, ad
esempio, l'Egitto, che, a parte posteriori infiltrazioni negroidi,
SJ era ritenuto di pura razza mediterranea, ricerche moderne
sembrano stabilire che esso pure sia invece il prodotto di una
combinazione, e precisamente della sovrapposizione alla popolazione mediterranea di elementi di una stirpe brachicefala che
viene qualificata come armenoide (4), a parte la presenza, che
vari indizi inducono ad ammettere, di dolicocefali biondi (5).
Se a queste sovrapposizioni e 'mescolanze si riconosceva un
effetto benefico soprattutto od esclusivamente dal punto di vista
della cultura e dell'organizzazione, ciò era perchè ai prodotti
degli incroci venivano in generale attribuite caratteristiche
biologiche sfavorevoli, sia dal punto di vista quantitativo, sia
dal punto di vista qualitativo, per modo che non si sarebbe
potuto comprendere come l'incrocio avesse potuto fornire una
base favorevole per la costituzione di una razza vigorosa e progressiva. Molti meticci, infatti, e in particolare i mulatti, vengono generalmente descritti come inferiori ad entrambe le razze
da cui derivano (6). E le statistiche dei matrimoni misti, che si
posseggono per molti Stati, attestano una prolificità inferiore
alla prolificità media della popolazione (7).
Un altro fatto portava a scartare l'idea che l'incrocio potesse essere un buon punto di partenza per le nuove razze. Era
il fatto che le grandi nazioni sembrano avere un tipo molto
spiccato e relativamente uniforme. Tale è il caso oggi per le nazioni che si possono riguardare le più progredite, e particolarmente per gli Inglesi e per i Tedeschi; tale sembra essere stato
il caso, per quanto è lecito desumere dalla tradizione e dalle raf-
-74-
Egurazioni rimasteci, per gli Egiziani, per gli Assiri, per i Greci,
per i Romani.
Lo studio dei prodotti degli incroci, che da alcuni anni si
esegue metodicamente,' comincia però a gettare qualche luce
sull'argomento e a fare intravvedere come queste apparenti contraddizioni possano eliminarsi,
Come possano
eliminarsi.
.
Se si considerano separatamente i singoli caratteri degli Pretesi caratteri
degenerativi degli
ibridi, non pare che si possa affermare che essi rivelino una siste- ibridi.
matica tendenza alla degenerazione rispetto ai caratteri presentati dai genitori. L'eredità può in generale ricondursi alle
leggimendeliane e, se talvolta nei prodotti diventano manifesti
caratteri sfavorevoli che nei genitori non erano visibili, ciò
<lvviene perchè detti caratteri sono spesso (come per lo più sono
i caratteri sfavorevoli) recessivi, e, come, tali, restano latenti negli
ascendenti, I caratteri sfavorevoli dei bastardi in questo caso non
significano quindi una degenerazione; essi non sono che l'effetto
di quella scissione che è tipica delle leggi mendeliane,' e che si
verifica anche nei prodotti di individui eterozigoti della stessa
razza (8). Neppure la variabilità dei singoli caratteri è sempre,
tra gli ibridi, maggiore che tra le razze originarie (9).
Se, dalla considerazione dei singoli caratteri, si passa alla
considerazione delle loro mutue relazioni, si constata" negli
incroci che, se i diversi caratteri non si ereditano con quella compIeta indipendenza l'uno rispetto all'altro, che le leggi mendeliane a rigore farebbero attendere, vi è in ogni modo fra essi una
connessione limitata. Ne viene che i bastardi presentano una
molteplicità di combinazioni dei caratteri, il cui risultato, nella
grande maggioranza dei casi, sarà di dar luogo a un prodotto
che, dal punto di vista della efficienza, risulta intermedio tra
quelli delle due razze originarie, ma può anche, con maggiore o
minore frequenza, presentare combinazioni inferiori o superiori,
quando, sugli stessi individui, si trovano combinati parecchi ca-
Nuove combina ...
zioni negli ibridi.
ratteri sfavorevoli, o, viceversa,parecchi caratteri favorevoli delle
due razze progenitrici (IO).
Disarmoni~
negli
S'intende però anche come i caratteri disparati che risultano
associati nell'organismo del bastardo, non sempre, malgrado la
mutua influenza che si esercita durante lo sviluppo, possano
essere fra loro coordinati e diano luogo, pertanto, a disarmonie
fisiche, intellettuali e morali che costituiscono una delle caratteristiche dei meticci, talvolta avvertibili anche -da un osservatore
,comune nei paesi dove parecchie razze si fondono (II). Ora
sono precisamente tali disarmonie che hanno contribuito e contribuiscono a far dare un giudizio sfavorevole sopra i meticci,
nè senza ragione, perchè, in quanto riguarda il lato fisico, esse
,verosimilmente tendono a determinare una minore resisten~a
del prodotto, almeno nel primo periodo dello sviluppo, mentre,
per quanto riguarda il lato intellettuale e morale, certamente
rappresentano un inconveniente grave dal punto di vista sociale.
Elfetti delle molTali prodotti disarmonici degliincroci, del pari che le comteplici f o r m e ili
selezione nelle pobinazioni .particolarrnente sfavorevoli a cui questi talvolta danno
poJazioni ibride.
luogo, possono però venire rigorosamente eliminati mediante
una intensa selezione naturale, a cui le razze incrociate sieno
sottoposte. Si realizza tale selezione, sia attraverso la lotta per
la vita a cui la popolazione è costretta contro gli ostacoli della
natura o contro gruppi nemici, sia attraverso la selezione ses'suale, sia infine attraverso l'emigrazione, la quale, come ho
'avuto altra volta campo di mettere in rilievo, non si compie
provvede
da ogni
a caso, ma sistematicamente
.
.
. - ad allontanare
.
.
comunità gli elementi meno adatti all'ambiente fisico e sociale,
per dirigerli verso residenze che loro meglio si confanno (12).
L'emigrazione viene dunque ad essere un potente mezzo di
adattamento, da una partè' depurando e rendendo omogenee
le popolazioni che l'alimentano,e d~li'altra provvedendo a che
altri ambienti' ricevano gli' individui che' ad essi sono preven'
"
tivamente adatt~ii.
ibridi.
Lotta per la vita ed emigrazione spiegano come le nazioni
più progressive, pur avendo tratto origine dalla fusione di eleo
menti antropologicamente eterogenei e avendo quindi verosimilmente presentato all'inizio una spiccata molteplicità di forme,
vengano rendendosi sempre più omogenee fino ad assumere
spesso quella caratteristica uniformità di tipo a cui prima ho accennato. Se, invero, negli esempi sopra ricordati, poteva esser
dubbio se i vari elementi razialì venuti a contatto si fossero soltanto giustapposti o sovrapposti, o anche fusi dal punto di vista
antropologico, altra volta questa fusione appare indubbia. Ed è
precisamente da una fusione siffatta che sembrano derivare le
grandi razze dominanti l'umaniià (13).
Le razze europee o d'origine europea, certamente rappre- Le popolazioni superiori deetveno
sentano finora quanto di meglio abbia prodotto la specie umana. da incroci.
Ora in esse la pigrnentazione degli occhi e dei capelli, i quali presentano, sia pure con diversa frequenza, gradazioni dal celeste
al bruno, e rispettivamente dal biondo al nero, e la forma degli
stessi capelli, che passa dalla capigliatura assolutamente liscia a
quella fortemente ricciuta, costituiscono indici inequivocabili di
una fusione di elementi raziali diversi, che evidentemente data
da tempi preistorici. La più progredita fra le razze gialle è la
giapponese che viene riguardata come un incrocio di elementi
raziali svariati, probabilmente cinesi e malesi od oceanici, oltre
a quellipaleasiatici rappresentati dagli Ainos. Analogamente,
fra le razze malesi, la giavanese sovrasta sulle altre, sia per il rapidissimo sviluppo demografico dell'ultimo periodo, sia per notevoli manifestazioni artistiche; ed essa pure pare risulti da, una
~ombinazione di elementi antropologici diversi, tra cui certa
figurano i malesi e gli indiani. Alla decadenza demografica di
molte popolazioni negre si contrappone l'espansione del gruppo
Bantù che, nell'Africa australe, preoccupa ormai seriamente la
supremàzia bianca. Ed anche i Bantù derivano da incroci, che
si ritiene si sieno operati originariamente tra negri e camiti verso
il 2000 avanti Cristo.
Grande interesse potrebbero avere indagini approfondite per
le varie regioni dei singoli Stati.
Per ciò che concerne l'Italia, ricerche da me eseguite (I4)
- e confermate in seguito dal Boas (I5) - sopra gli indici ce-o
falici dei soldati dei vari .compartimenti hanno messo in luce
comela maggiore variabilità si riscontri nell'Italia centrale, dove
1:1 fusione fra la razza mediterranea dolicocefala e la razza alpina brachicefala, è avvenuta su larga scala. Ora, è noto che
sono precisamente queste ,regioni centrali, anzitutto la Toscana
e poi le Marche e l'Umbria, che, dal punto di vista della lingua,
della letteratura, dell'arte, delle scienze, e altresì della politica,
hanno tenuto, nel Rinascimento italiano, il primo posto. .
Un paese che, per molti aspetti, ha gareggiato per il primato
con la Toscana, fu Venezia, la cui popolazione, costituita, com'è
noto, almeno in gran parte, da profughi rifugiatisi di fronte alle
invasioni barbariche, dovette essere in origine particolarmetne
eterogenea (I6).
' .
Anche altre città, che furono il crogiuolo, in. tempi recenti
o remoti.xii razze diverse, assunsero una pareicolare importanza
nella storia della nazione. Tale, ad esempio, fu Verona, in cui si
fondevano i Tedeschi, che sboccavano dal Nord lungo la valle
dell'Adige, con le popolazioni venete e lombarde. Tale è Trieste, .
la cui popolazione è fortemente mescolata di elementi slavi,Ye~
neri, greci, levantini e tedeschi. Ora Verona ebbe momenti dì
particolare splendore ed importanza politica nell'epoca delle Signorie..e Trieste deve certamente in gran parte l'eminente posizione, che ha saputo raggiungere nel campo economico e commerciale, alle qualità dei suoi figli, i quali, d'altronde, spesso
emergono anche nel campo della scienza e tengono poi oggi posizioni di prim'ordine in tutte o quasi le attività sportive.
E' degno di menzione, a questo proposito, il fatto che queste
di dipopolazioni italiane, particolarmente dotate, sembrano presen- Frequenza
sarmonie in popotare, o aver presentato, con particolare frequenza, disarmonie o Iaalonì superiori.
squilibri fisici e psichici, quali appunto si riscontrano nei bastardi.
Tale è l'impressione che in molti oggi lasciano i Triestini, e tale
dovette essere in altri tempi l'impressione che i Veronesi lasciavano nei loro vicini, a quanto attesta una noto proverbio veneto Ù7). Parecchi paesi dell'Italia centrale sono accusati dalla
voce popolare di diffusi e quasi generali squilibri psichici (I8).
Diversità nel 'li·
Altro importante risultato, che resta confermato dalle ricer- sultat!
degli incroche recenti, è che non tutti gli incroci danno gli stessi risultati. ci a seconda delle
rasze genitrici.
Intendo dire che vi sono sì norme più o meno generali, quali
quelle a cui ho accennato, che si applicano più o meno bene
agli incroci di tutte le razze, ma vi sono anche norme particolari che valgono sòlo per gli incroci tra certe razze determinate (I9).
Gli incroci tra alcune razze danno luogo invero a prodotti
meno favorevoli. Tale sembra doversi dire il caso per gli incroci tra bianchi e negri, secondo l'esperienza fatta, sia nelle colonie portoghesi dell'Africa, sia in America. Gli ibridi loro, i
mulatti, devono aver colpito particolarmente per la loro frequenza e per la loro facile riconoscibilità, ed hanno fatto forse estendere da molti a tutti i meticci il giudizio particolarmente poco
.
favorevole èhe sembrano meritare (20).
Viceversa, altri incroci sarebbero particolarmente felici. Tale
sembra il caso dei bastardi di Rehoboth, studiati con particolare
diligenza prima della guerra da Eugenio Fisher. Sonò, questi,
meticci fra coloni olandesi ed indigeni ottentotti, che, almeno
prima della guerra, costituivano una piccolarepubblica praticamente indipendente. Ora, mentre, per molti caratteri, questi bastardi appaiono intermedi fra le due razzeprogenitrici, per altri,
e particolarmente per la statura, per la sobrietà è perla resistenz~
alle fatiche e alle malattie, essi risultano. superiori ad' entram-
. ':,~,:
Condizioni neces..
sarie perehè rin~
crocio dia luogo a
una nuova razza.
be (21). Analogo è il risultato degli incroci fra bianchi e indiani
degli Stati Uniti, secondo numerosi dati e testimonianze (22).
Anche ibridi tra certe popolazioni oceaniche ed Europei o Cinesi
sembrano risultare, da certi punti di vista,. superiori ai loro
progenitori (23).
Gli ibridi, invece, finora studiati tra Europei e Malesi non
sembrano presentare caratteri decisamente superiori o inferiori
a quelli delle razze progenitrici C24).
I diversi risultati degli incroci sono confermati dall'osservazione della popolazione del Brasile, dove stirpi molteplici, -,- di
origine iberica, italiana, tedesca, slava, siriaca, giapponese - si
sono mescolate e si mescolano, presso che senza freno di pregiudizi di razza, sia tra loro, sia coi negri, altra volta importati
e abbondantemente moltiplicatisi, sia con le popolazioni aborigene. In generale non si può dire che i prodotti di questi
incroci sovrastino i prodotti delle razze originarie. In molti casi
si ha anzi l'impressione contraria (25). Ma vi è uno Stato, lo
Stato di Cearà, la cui popolazione, derivata dalla mescolanza fra
europei e indigeni autoctoni, si distingue, a quanto affermasi,
per caratteri fisici di resistenza, del pari che per caratteri psichici di audacia, di parsimonia e di tenacia, quali non si verificano nelle popolazioni autoctone, nè sono comuni nei brasiliani di origine europea. I meticci di Cearà sarebbero anche
caratterizzati, secondo quanto attestano persone conoscitrici
della demografia di quelle popolazioni, da una altissima fecondità (26). Ecco un caso in cui ci si può domandare se non
ci troviamo di fronte ad una razza nuova e vitale, destinata ad
espandersi sul continente sud-americano (27).
Per che una razza nuova si affermi, è necessario, infatti, non
solo che i suoi caratteri fisici e psichici l'avvantaggino nella lotta
per la vita, o, quanto meno, la rendano adatta all'ambiente, ma
anche che un'alta prolificità ne assicuri la possibilità di espansione. Fra gli altri ibridi studiati, anche i bastardi di Rehoboth
-,- 80 -
presentano una fecondità alta, verosimilmente superiore a quella
delle due razze progenitrici (28). E' probabile che anche essi
avrebbero potuto costituire il nucleo di una razza nuova, se la
guerra mondiale, prima, e l'azione della civiltà, poi, non avessero rotto l'isolamento in cui si trovavano, e non ne avessero
in parte dispersa la popolazione. Un'alta fecondità sembrano
pure presentare parecchie altre popolazioni di ibridi (29)'
Altri incroci invece risultano poco fecondi. A parte la
scarsa fecondità, a cui ho accennato, dei matrimoni misti nei
paesi civili (che può attribuirsi in parte al fatto che essi vengono
contratti, nella grande maggioranza dei casi, fra Ie classi elevate
meno prolifiche, e, in queste, tra gli elementi meno legati alle
tradizioni e meno dominati dagli istinti, e fors'anche in parte ad
una minore solidità di tali unioni), sono numerose le testimonianze che depongono sulla scarsa prolificità dei mulatti (30).
Quanto siamo venuti esponendo fa intendere che le razze Molti incroci; poche 'razze nuove.
e nazioni nuove, che si incontrano nella storia, debbono costituire solo una piccolissima parte dei nuovi tipi che sono derivati
da incroci: rappresentano esse i rari tentativi riusciti di fronte
alla enorme maggioranza di tentativi che devono essere abortiti,
vuoi perchè i prodotti degli incroci non sono stati qualitativamente favorevoli o non sono. stati sufficientemente fecondi, vuoi
perchè gli ibridi non sono stati sottoposti in misura sufficiente
all'azione selettiva della lotta per la vita o della concorrenza
sessuale o della emigrazione, atta ad eliminare le gradazioni inferiori e le combinazioni disarmoniche, vuoi perchè, viceversa,
nella lotta per la vita, essi hanno soggiaciuto,
Queste conclusioni sono, d'altronde, ben concordanti con
quelle che suggerisce la lunga esperienza degli allevatori di animali e di piante. Anche qui le nuove razze si sono, in generale,
ottenute da incroci, di cui si sono poi fissati i prodotti più adatti
mediante la selezione e l'endogamia, ma solo una piccola parte
degli incroci avvenuti ha potuto costituire il punto di partenza
-81 6 - Gini.
Spiegazione dei ri..
sultati degli tnereci alla luce della
teorìa della evolu..
efone del plasma
germinativo.
per una nuova razza C3r). Anche qui i prodotti, talvolta, presentano una resistenza minore e caratteri più sfavorevoli dei
genitori; tale altra invece, pur avendo caratteri di maggiore ro. bustezza, sono completamente o quasi infecondi, come avviene
del mulo; solo qualche volta, e spesso improvvisamente, dopo
un lungo allevamento e molteplici ibridazioni, si ottiene la
combinazione di un'individualità favorevole e di un alto potere
riproduttivo (32).
La teoria dell'evoluzione delle stirpi, che abbiamo enunciato
nelle passate conferenze, ci permette forse di cogliere il filo direttivo tra l'apparente contraddittorietà di tali risultati. Evolve,
come abbiamo detto, il plasma germinativo sotto la più o meno
lenta azione differenziarrice dell'ambienre. E la differenziazione
naturalmente può compiersi in senso e con intensità diversi.
Quando, negli incroci, si incontrano plasmi germinativi i quali
si sono differenziati nello stesso senso, o in senso analogo, s'intende come, nel loro prodotto, non possa restarne neutralizzato,
ma talora ne resti, anzi, intensificato, l'effetto della differenziazione. E tale circostanza, accompagnata talvolta a disarmonie
negli organi e nelile <funzioni riproduttive, fa sì che 'spe>sso gili
ibridi sieno poco o punto fecondi. Ma può anche darsi che talvoka la differenziazione dei due plasmi sia avvenuta in senso diverso, e qualche rara volta, anzi, in senso complementare, di
modo che l'incrocio porti, nel plasma dell'ibrido, a una neutralizzazione delle differenziazioni verificatesi nei plasmi delle
razze progenitrici, e quindi gli conferisca, con altre caratteristiche eventuali, quella plasticità che permette alla nuova razza
di iniziare un nuovo ciclo vitale. In questi casi, l'effetto dell'incrocio assume, rispetto alla razza, un effetto analogo a quello
che periodicamente si ottiene con la coniugazione, che fu bene
caratterizzata come un ringiovanimento del plasma. Nella nascita, del pari che nello sviluppo e nella morte, vi è dunque
una profonda analogia tra quanto avviene per le nazioni e
quanto avviene per gli individui, analogia d'altronde naturale,
come ho messo in luce nella Introduzione (33).
Questo ci aiuta a spiegare come sia più frequente il caso di
incroci fecondi fra razze non fortemente differenziate. Gli è che
in tal caso riesce meno difficile che la specializzazione si sia compiuta in sensocomplementare. E s'intende pure come molte volte
avvenga che le nuove nazioni traggano origine dall'incrocio di
una razza superiore, civilizzata e dominatrice, con una razza
primitiva nel suo genere di vita e nella sua cultura (34). Si può
pensare che la specializzazione, diremo così intellettuale, della
prima e l'accentuazione delle attività fisiche della seconda più
facilmente si compensino e vicendevolmente si correggano,
dando luogo a combinazioni particolarmente feconde, non solo
dal punto di vista politico, ma anche dal punto di vista demografico.
E' ovvio che gli incroci si verifichino soprattutto nei paesi
di immigrazione, non solo perchè le razze autoctone vengono
spesso a fondersi con le razze immigrate, ma, indipendente.
mente da ciò, anche perchè gli stessi immigrati non di rado provengono da razze diverse e molto spesso poi presentano, rispetto
alle popolazioni da cui provengono, una particolare eterogeneità.
Ho già accennato all'azione depuratrice e unificatrice del.
l'emigrazione sulle popolazioni che l'alimentano. Alla omogcneità di queste, che ne segue, fa riscontro l'eterogeneità degli
immigrati (35). Pare invero naturale che, fra questi, debbano incontrarsi con particolare frequenza le gradazioni estreme. L'emi.
graziane, come dicevo, non opera a caso fra i vari elementi della
popolazione. Emigrano soprattutto le persone che meno risultano
adatte all'ambiente fisico e sociale in cui vivono, e meno adatte,
intendo, non solo dal punto di vista fisico, ma anche dal punta
di vista intellettuale e morale. I caratteri adamantini, che non
ammettono transazioni con la propria coscienza, nè in fatto di
religione, nè in fatto di regime politico; i leaders delle fazioni
- 82-
- 83-
I paesi di immi ..
gradone fu c i n a
delle nuove rasae,
soccombenti e gli uomini più rappresentativi dei governi caduti;
gli idealisti, a cui la società cristallizzata in vecchie formule non
lascia speranza di attuare i grandiosi disegni filantropici o di
tentare radicali riforme sociali, forniscono materiale di prim'ordine per l'emigrazione. Questa comprende, d'altra parte, poveri,
fannulloni e delinquenti che vengono espulsi o deportati, e persone che, anche se non giuridicamente, moralmente si sentono
poste al bando dalla società. Analogamente, vediamo figurare,
tra gli emigrati, scienziati eminenti, che i diversi Stati in ogni
tempo si sono contesi, e deficienti che cercano in ambienti, dove
meno dura è la lotta, le possibilità della vita. Dal punto di vista
dell'energia, sono gli individui dotati di maggiore spirito di iniziativa, che più facilmente si allontanano dalla patria; ma, da
altra parte, questo spirito di iniziativa può spingersi all'estremo,
dando luogo alla psicologia dell'avventuriero, così che, anche
da questo punto di vista, si incontrano, fra gli emigranti, variazioni opposte in senso favorevole e sfavorevole.
Quello che si dice dal punto di vista fisico, intellettuale e
morale, si può ripetere, in un certo senso, per ciò che concerne
la riproduttività. In generale, gli emigranti si reclutano tra le
famiglie più prolifiche, sia perchè queste sentono maggiormente
la pressione demografica, sia perchè, almeno nel suo periodo
di maggiore sviluppo, è soprattutto dalle classi basse che. l'emigrazione si alimenta. Ma, d'altra parte, pare anche plausibile
che gli appartenenti alle famiglie più ristrette, e in particolare
i figli unici, più facilmente emigrino, in quanto che più facilmente restano senza legami di parentela atti a trattenerli in
Patria.
Non recherà pertanto sorpresa se talune nazioni nuove, in
particolare gli Stati Uniti, presentano, di fronte alla vecchia Europa, un'amplissima gamma di valori fisici e morali, che va dalle
tribù di deficienti alle più alte espressioni dell'energia intellettuale. Vi riconosciamo, da una parte, i discendenti dei delin-
quenti, dei vagabondi, dei disoccupati e degli accattoni, che
si deportavano dall'Inghilterra e dalla Francia, e, dall' altra, i
discendenti delle famiglie più intraprendenti e più rigide d'Irlanda, di Scozia, di Germania e di Francia, a cui erano stretti
i confini della patria o insopportabili le costrizioni di coscienza
o le oppressioni di un dominio straniero o di un partito avverso. E si intenderà pure come, nell'impossibilità di attendersi una depurazione della razza da una severa lotta per l'esistenza (per cui ancora troppo sono facili i mezzi), ci si preoccupi di eliminare, con misure preventive e repressive, la propagazione dei cespiti inferiori.
Spesso diventano così le terre d'immigrazione crogiuolo
delle vecchie razze e fucina delle nuove genti: forgiate sotto il
martello della selezione, muoveranno poi queste a sostituire o a
vivificare le razze avviate alla decadenza.
Della reviviscenza delle popolazioni possiamo invero distinguere vari tipi.
Si avvera l'uno quando la reviviscenza si verifica per influenze esterne, vale a dire per l'introduzione di elementi di
altre razze. E' un caso non infrequente, a cui pare potersi ricondurre l'arresto della decadenza di molte popolazioni senescenti, quali gli Esquimesi della Groenlandia e parte dei Maori,
e non poche tribù o nazioni aborigene dell'America (36). Questo
caso rientra in sostanza nel precedente, con questa differenza
però, che tale reviviscenza molte volte non segna la ripresa di
un ciclo vitale delle nazioni, ma solo un prolungamento della
parabola discendente.
Ma più interessante è l'altro caso di popolazioni che, più o
meno improvvisamente, senza una immediata influenza raziale
esterna, escono dal torpore demografico in cui giacevano da secoli, e danno prova di uno slancio del tutto inaspettato. E' i!
caso del Giappone che, fino al r848, aveva una popolazione
stazionaria, e, dopo di allora, iniziò un'espansione demografica,
- 85-
La reviviscenza
delle popolazioni
p e r infusione di
sangue esterno.
La reviviscenza
delle popolazioni
p e r incrocio di
stirpi interne.
e non demografica soltanto, che trova pochi esempi nella storia (37). Ma anche altre nazioni, in misura diversa, hanno presentato o presentano fenomeni consimili. Tali, per esempio,
l'Italia e la Spagna odierne, e tali,' in generale, le nazioni latine
all'epoca della formazione degli Stati nazionali.
Ora io penso che anche siffatti fenomeni di reviviscenza si
possano, almeno parzialmente, spiegare mediante l'azione degli
incroci.
Trattasi, infatti, generalmente di popolazioni in cui coesistevano, talvolta da molto tempo, una a fianco dell'altra, stirpi diverse, le quali, ostacolate per il passato nel loro processo di fusione da barriere politiche o da resistenze psicologiche o da proibizioni legali o da differenze di cultura e di lingua, da un certo
punto in poi, eliminati gli ostacoli che le tenevano divise e assimilate le culture, si sono venute incrociando su larga scala e costituendo veramente una nazione unica.
Così, nel Giappone, l'ascensione ha corrisposto all'abbandono
del sistema delle caste, di cui le superiori vantavano origini etniche diverse e presentavano anche caratteri fisici propri (38), e
all'adozione del sistema della llbera circolazione sociale.
Fondamentalmente non diverso è quanto si è verificato in
Francia, in Italia ed in Spagna all'epoca della loro fioritura nel
tardo Medio Evo o nella prima epoca dell'Era moderna. Le popolazioni di razza nordica clie avevano invaso !'Impero Romano
e si erano assise come dominatrici sul suo territorio, si erano tenute dapprima più o meno appartate dalle popolazioni latine. In
un periodo successivo, quando la civiltà latina ha prevalso e
venne assimilata dagli elementi germanici, le due stirpi sono
venute gradualmente fondendosi e, a distanza di tempo, una
nuova razza si è formata, da cui è partita l'evoluzione di una
nazione nuova.
Analoga è stata la condizione della Germania, con la diffeI enza che la fusione è avvenuta qui fra elementi nordici ed ele-
-86-
menti slavi od alpini, piuttosto che fra elementi nordici e latini.
S'intende come questo compenetrarsi degli elementi ginstapposti o sovrapposti di razze diverse non possa avvenire d'un
colpo, nè dare immediatamente i suoi effetti. E' perciò che la
massima fioritura delle nuove nazioni europee, ha seguìto solo
a distanza di secoli la fusione degli elementi raziali antichi coi
nuovi. Similmente il progresso economico e militare del Giappone si è affermato soprattutto qualche tempo dopo l'abolizione
del sistema castale, e pare tuttora in corso.
In favore del carattere fondamentalmente biologico di questi fenomeni di reviviscenza, si può addurre il fatto che, anche in
questi casi, la rinascita non è generalmente limitata .al solo carnpo demografico, ma investe anche le altre. manifestazioni politiche, culturali, economiche e militari.
Siamo di fronte ad una varietà del caso testè contemplato, quando la fusione avviene tra stirpi di una nazione una
ormai di lingua, di 'Cultura e di sentimento, stirpi non introdottesi di recente dall'estero, ma da tempo immemorabile fissate
nelle sedi attuali, senza però che per l'addietro si siano fuse
completamente, vuoi a causa di persistenti divisioni politiche,
vuoi a causa di un naturale isolamento geografico o di un tenace
regionalismo.
Torna qui in acconcio di considerare la odierna reviviscenza
della Spagna e dell'Italia, reviviscenza che si era già iniziata prima della guerra, ma che, dopo la guerra, ha preso maggiore intensità, revìviscenza che abbraccia il campo politico, culturale,
economico, militare. Per ciò che concerne il lato demografico,
se essa non basta a sottrarre le popolazioni alla generale discesa
delle nascite, fa sì, almeno, che questa si compia con ritmo più
lento che altrove.
Viene fatto invero di chiederci se detta riviviscenza non possa
essere, almeno per !'Italia, l'effetto di una più completa fusione
delle varie stirpi delle diverse regioni, che ha assunto importanza
solo da qualche generazione e che si avvera in misura sempre
crescente per effetto delle più intime interrelazioni economiche,
dei più facili spostamenti delle persone e della migliore reciproca
conoscenza determinatasi durante la guerra. E' stato detto una
volta, da un eminente uomo politico del Risorgimento, che, fatta
!'Italia, dovevano farsi gli Italiani. Possiamo dare a questo motto
una portata più vasta e profonda del significato politico che gli
attribuiva il suo autore; non solo dal punto di vista della psicologia politica, ma anche dal punto di vista antropologico, gli Italiani dovevano ancora unificarsi e, di tale unificazione, oggi accelerata dall'opera accentratrice del Governo, cominciano a scorgersi i frutti.
Se così è, non manca di fondamento biologico la speranza,
e, più che la speranza, la sensazione, che è in molti, che la
nazione italiana stia oggi rinnovandosi per riscrivere nella storia
pagine gloriose.
- 88-
NOTE
(I) Per il programma del Comitato Italiano della popolazione, può vedersi la
comunicazione fatta alla XVII Sessione dell'Istituto Internazionale di Statistica (Cairo,
29 dicembre-e gennaio 1928) dal titolo: Le Comité ltalien pour J'étude des probìèmes
de la population, in « Bulletin de l'Institut International de Statistique », Le Caire,
1928, pagg. 204~206.
(2) L. GUMPLOVICZ generalizzava fino al punto da ammettere che la società
statale tragga necessariamente la sua origine dall'incontro di almeno due orde etero.
genec, di cui generalmente una guerriera che dominerebbe l'altra o le altre. L'unificazione, che ne segue, della lingua porterebbe all'unificazione della cultura e da ultimo della razza. Cfr. in particolare Dio sociologische Staassidae, Innsbruck, Wagner,
19°2, pagg. II8~II9 e Der Rassenkampl, Sociologiscùe Untersuchungen, Zweite
Auflage, Innsbruck, Wagner, r ooç, specialmente, pago 18i e segg., pago 236 e scgg-,
250 e segg., 354 e segg, 373 e segg.
(3) Vedi, in tal senso, tra gli autori moderni, RALPH LINTON, A.n A.nthropolo~
gical Vicw o/ Race Mixture, in e Publicatìons of 'the American Sociological Society »,
val. XIX, pago 74.
Non mancano anzi autori che attribuiscono la fioritura di una nuova civiltà,
conseguente all'incontro di due razze, unicamente al fatto che la razza di più antica
cultura comunica questa alla razza, biologicamente più vigorosa, dei barbari conquistatori, mentre i sopravvenuti incroci determinerebbero la successiva decadenza, in
quanto ne risulterebbe depauperata la razza superiore, e gli ibridi finirebbero col
ritornare al tipo più antico e inferiore. E' la tesi cara ai cultori del mito nordico.
Così sarebbe accaduto, per esempio, negli incontri delle stirpi nordiche conquistatrici
con le popolazioni alpine o mediterranee della Persia, dell'India, della Grecia e dell'Italia. Cfr., in proposito, particolarmente M. GRANT, The passing o/ the Graat Racc.
Fourth edition, London, Bell end Scns, 1926, particolarmente a pagg. 18, 60, 77,
161, :214<u6. La tesi risale fondamentalmente al GOBINEAU, il quale attribuiva agli
incroci ripetuti anche una progressiva diminuzione della popolazione. Vedi Essai SUl'
l'inégalité des races bumaines. Librairie de Paris, V édition, teme Il, pagg. 56(1-561.
(4) Cfr. l'articolo di G. ELLIOT SMITH, Thc infìuence 01 racial admixture in
Egypt, in s The Eugenics Review i), october 1915.
(5) Cfr., in proposito, la nota a pagg. 6-7 del nostro volume, l fattori demografici dell'evoluzione delle nazioni. Torino, Bocca, 191:2.
(6) Vedi, più innanzi, nota (20).
(7) Cfr., per alcunì dati in proposito, Il sesso dal punto di vista statistico. Palermo,
Sandron, 1908, pago 348.
(8) Il fenomeno è ben noto. Sulla necessità di, tenerlo presente nel giudicare
degli effetti degli incroci insisteva il NILSSON-EHLE, alla riunione della Federazione
,
Internazionale delle organizzazioni eugeniche, tenutasi nel 1928, ad Amsterdam
(H. HILSSON-EHLE, Rasscnkreuzung aus allgemein bioìogiscbcm GcsiclJtspunkt. « Institut Int. d'Anthropologie, III Sessìon, Amsterdam », Nourry, Paria, 1928, pago 4)'
(9) L'argomento è dei più discussi. La conclusione che a priori sembra più
plausibile è certo quella a cui arrivano DAVENPORT e STEGGERDA nella loro recente opera Reca Crossing in Jamaica (Carnegie Instituticn of Washington, 1929).
secondo la quale una maggiore variabilità degli ibridi sarebbe da attendersi solo
per quei caratteri per i quali le razze progenitrici sono geneticamente diverse. Ciò
parrebbe essere confermato, sino ad un certo punto, dai risultati ottenuti dai due
autori, in quanto che, considerando i 52 caratteri rispetto ai quali i negri e i
bianchi puri differiscono sensibilmente, appare che, per 29 caratteri, la variabilità
dei mulatti risulta superiore a quella delle razze progenitrici, per 14 risulta intermedia e per 9 risulta inferiore a quella di entrambe le razze.
Una maggiore varietà degli ibridi è ammessa da molti autori in base a considerazioni teoriche o a osservazioni o a risultati sperimentali. Per gli incroci in
generale, cfr., ad esempio, E. M. EAST e D. F. JONES, Inbreeding and Oatòreeding (Lonclon, Lippincott, 1919), pago 201, i quali (per il Mais) dimostrano
pure che, nelle singole linee ottenute con l'endogamia, la variabilità è minore
che nella originaria popolazione eterozigota, da cui le varie linee sono state
ricavate (pag. 128); W. E. CASTLE, Biological and Sociai Consaquences 01 RaceCroesing, in « Amerìcan [ournal of Physical Anthropology », april-june 1926, VoI. IX,
n. 4, pagg. 151~153; C. W1SSum, Distrihution 01 stature in tlte United States,
in <{ Science Monthly», 1924, VoL XVIII, 2 pagg. 137~138; L. C. DUNN, .A. Biological Vieto al Racc Mixture, in e Publìcarions of the American Sociologicel $0ciety», 1925, VoI. XIX, pagg. 53-55; F. B. HANKINS netIa discussione sull'articolo
di Dunn. Ibidem; pago 58, e nelle opere Tha Racial Basis 01 Cioiiùation, Knopf
1926 e An Introduction to the study 01 Societv, New York, Macmillan, 1928,
pago 1.26; C. B. DAVENPOR1', Race Crossing in Man, e Institut Int. d'Anthropologie,
III Session, Amsterdam, 20-27 septembre, 1927 », Parìs, Nourry, 1928, pagg. 1O~1I.
In particolare per gli ibridi di Britannici e Tahitiani dell'isola di Norfolk, studiati
da H. L. SHAPIRQ, vedi E. A. HOOTON, Progrcss in the Study 01 Race Mixtures
with Special Reierence to Work Carricd on at Henoord University, in e Proceedings
of the Amerìcan Philosophìcal Society », VoI. LXV, 1926, n. 4, pago 319; per gli
ibridi di Europei e Indiani del Nord America, vedi F. BOAS, Antliropologie der
nonìemeritumiscben Indicner, in «Zeitschrift fiir Ethnologie », Berlin, 1895 (a pagina 383 per la statura e a pago 405 per la larghezza della faccia); per gli ibridi
di Hawaiani e Cinesi e di Hawaiani ed Europei, vedi L. C. DUNN", Anthropomotric studi! ot Haeoaìans oi pure and mixed blood, «Peabody Museum, Cambridge,
Mass », 1928, pagg. 147-163; per gli ibridi di Lapponi e Nordici, A. MJOEN", Rassenmischung hei Menscben, «Institut Int. d'Anthropologie, III Sessìcn, Amsterdam,
20~27 september 1927 », Nourry, Paris, 1928, pagg. 14-19.
La tesi contraria è soprattutto sostenuta da M. J. HERSKOVITS (Variahility and Raeia! Mixture, in e The American Naturalìst » january-Iebruary 1927, VoI. LXI, n. 672,
pagg. 70~76e The American Negro, New York, Knopf, 1928), il quale contesta
la maggiore variabilità degli ibridi in base ai dati propri e di vari altri autori.
Effettivamente per i bastardi di Rehoboth (tra Olandesi ed Ottentotti), E. FISCHER
trovava una variabilità che, per i maschi, risultava per 6 caratteri maggiore e per
4 minore e, per le femmine, era per 1 carattere maggiore e per 6 "minore della
variabilità degli stessi caratteri nella popolazione del Baden (Die Rehohoter Bastarde,
lena, Fischer, 1913, pago 189). Per gli ibridi tra i Sioux (Indiani) e gli Europei,
il SULL!VAN trovava una variabilità che - sia per i maschi che per le femmine risulta, per 9 dei 21 caratteri esaminati, più elevata e per 12 più bassa della variabilità degli sresssi caratteri tra i Sioux di sangue puro. (L. R. SULLtvAN, Anthropomctry oi the Siouan ITribes, in «Anthrop. Papers of the Amer. Museum of Nat.
History», VoI. XXIII, parte III, pago 169), Il prof. Tonn, sui cadaveri di 100
bianchi puri e 100 negri (da ritenersi in gran parte ibridi) ha trovato che, nella
maggior parte dei caratteri "(1'Herskovits riporta i dati per l'altezza a sedere e per la
-<)0-
lunghezza della testa), questi ultimi presentavano una variabilità maggiore. Anche a
W. F. OSSENFORT, dall'esame degli scheletri della «Washington Unìversity s di Saint
Louis, sarebbe risultata una maggiore variabilità dei negri americani' (che per lo più
sono ibridi) in confronto dei bianchi. I dati antropometrici rilevati durante l'ultima
guerra ed elaborati da D.AVENPORT e LOVE danno per i negri (in buona parte ibridi)
una variabilità maggiore per la statura e il peso, ma minore per il perimetro toracico,
di quella delle altre nazionalità considerate che compongono la popolazione americana.
L'HERSKOVITS, infine, per 23 caratteri, ha potuto eseguire paragoni tra la variabilità dei negri americani (che egli riguarda come fortemente mescolati coi bianchi
e con ,gli Indiani) e quella di razze pure bianche, negre ed indiane, ed ha trovato
che, in IO caratteri, la variabilità dei negri americani risultava relativamente televata, in 7 molto bassa, in 7 intermedia (Cfr. T/le Amorican Negro, pago 26).
In accordo col Pìscher e l'Herskovìts, E..RODENWALDT, dal confronto tra la
variabilità degli .indigeni di Kisar e quella dei loro ibridi con gli Europei, gli uni
e \gli altri vissuti negli stessi ambienti, conclude pure per una non maggiore variabilità degli ibridi (Die Mestizen aut Kisar, Iena, Pischer, 1928, VoI. I, pagg. 4°3404); ma i suoi risultati per vero, accuratamente \ esaminati, si accordano meglio
con un'opposta conclusione; basterà dire qui che, tra i 48 caratteri esaminati, ben
31 tra i maschi e 38 tra le femmine risultano più variabili negli ibridi che nei
Kisaresi.
Anche per ciò che concerne le ricerche deU'HERsKOVITS, non è da passare
sotto silenzio il fatto che, dai dati da lui esposti (Cfr. Tha American Negro, pagine 13-15), si ricava che la variabilità relativa, (desunta dal coefficiente percentuale di variabilità), è, per :i negri puri, più bassa che per gli ibridi di 'varie gradazioni: tra bianchi e negri, e 'ciò per tutti i caratteri per cui egli fornisce i dati (larghezza delle narici, altezza a sedere, spessore delle labbra, intensità di pigmentazione),
conclusione che risulta confermata, per ciò che concerne la intensità della plgmenrazione, dalle ricerche teste pubblicate dalla sig.na IU:NE BARNES (The Inheritancc
ot Pigmcntatiott in t1Je American Negro, in e Human Biology », september 1920),
Non si può, in ogni modo, disconoscere che, per ciò che concerne la variabilità comparativa delle razze prcgenitrici e dei loro Ibridi, relativamente ai singoli
"
caratteri, i risultati appaiono diversi da caso a caso.
E' .andare troppo in là, a mio modo di vedere, suggerire con l'HERS:KOVITS
che, negli incroci umani, l'eredità dei caratteri non si possa ricondurre agli schemi
mendeliani (The Am,erican Negro, pago 81) (conclusione che risulta smentita anche
dalle ricerche della BARNES), per quanto certamente si debba ammettere una molteplicità di fattori che rende gli schemi dell'eredità più complicati (vedi in questo
senso, particolarmente H. E. ZIEGLER, Die Vererhungsleht'e in der Biologie urui in
del' Soeioloçie, Iena, Fischer, 1918, pago 134).
Se non sempre si verifica negli ibridi quella maggiore variabilità che; anche
con 10 schema dei fattori multipli, sarebbe da attendere, ciò può ben essere dovuto
all'azione unìficatrlce, sia di una selezione sessuale particolarmente forte - quale
l'HERSKOVITS dimostra per i negri americani (The American Negro, Chep. IV.
paga. 51o~66), ma quale è difficile ammettere per altre popolazioni di ibridi (per
es., per quelli di Rehoboth, di Kisar e della Giamaica) dove probabilmente il celibato ha estensione molto limitata - , sia di una selezione naturale che, durante
lo sviluppo intrauterino od extrauterino, elimini le variazioni estreme. A questo
proposito è suggestiva l'osservazione che, quando gli ibridi osservati sono vissuti
nello stesso ambiente e nelle stesse condizioni eli esistenza della razza progenitrice
con cui vengono confrontate, come avviene nelle ricerche del RODENWALDT e del
DAVENPORT, essi presentano una variabilità nettamente superiore a quella delle
razze progenitrici. I bastardi di Rehoboth sembrano invece essere stati sottopo.sti
per lunghi anni ad una, vita particolarmente dura; e comoda non fu certo la vita
degli antenati dei negri americani.
"
Non sembra di poter ammettere la spiegazione data dal Rodenwaldt, secondo
il quale tutte le razze umane cos1 dette pure, in realtà sono incrociate non solo,
ma hanno già raggiunto. per i caratteri essenziali della specie. gli estremi della
-9 I
-
variabilità, cosi che ogni successivo incrocio tra loro non potrebbe dar luogo negli
ibridi ad un ulteriore incremento di v...riabilità, mentre questo potrebbe verificarsi
solo per i caratteri raziali dipendenti dall'isolamento, per es., per il colore della
nelle. In realtà questa considerazione, se fondata, potrebbe solo rendere ragione
del Ifatto che il campo di ocriabilùa non sia maggiore tra gli ibridi che tra le
attuali razze considerate come pure, ma non già del fatto che non sia maggiore
il rispettivo coefficiente di variabilità.
(IO) I! F1SCI-IER (op. cit., pagg. 2°7-213) trovava, tra i vari caratteri dei
bastardi di 'Rehoboth, coefficienti di ccrrelazione molto bassi, che gli facevano concludere (per quanto egli non disponesse di coefficienti analoghi per le razze progenitrici) che i caratteri delle due l'razze progenitrici si ereditano negli ibridi indipendentemente l'uno dall'altro.
I! RODENWALDT, binvece, per i meticci di Kisar, trovava spesso tra i vari caratteri coefficienti elevati e questi risultavano talvolta superiori (in 5 casi), talvolta
uguali (in 3 casi), talvolta inferiori (if' 1-5 casi) a quelli che per gli stessi caratteri
mostravano gli indigeni di Kisar (Op. cit., pagg. 408-412). Egli ammetteva il fondamento dell'impressione che l'incrocio dia luogo ad un'insolita combinazione dei caratteri, per cio che riguarda i caratteri poco importanti (pagg. 405 e 4I3), ma escludeva che esso alteri le relazioni fondamentali tra i caratteri più importanti (pagina 413), e si riservava ogni giudizio sul1acorre1azione più o meno stretta dei
caratteri degli ibridi in confronto a quella delle' razze più pure, in assenza di dati
sufficienti per queste ultime (pagg. 4I3~418).
Dai dati Mel SULLlVAN risulterebbe che la correlazione non è inferiore, ma
anzi, più spesso, superiore, tra gli ibridi che tra gli Indiani puri, per quanto, come
egli stesso osservava, essa t-risulti invece più bassa per quei caratteri per cui le due
razze progenitricì differiscono maggiormente (Cfr., pagg. I58, I65, 168 e 170)'
Esplicito è, nelle sue conclusioni, 'il DUNN, il quale afferma che gli ibridi
di Hawaiani e Cinesi o 'di Hawaiani ed Europei risultano più variabili, principalmente in causa 'della formazione di nuove combinazioni di caratteri (An Anthropometric Study, ecc" pagg. 163~175). E significativi sono i risultati di DAVENPORT
e STEGOERDA: su 9 coppie di 'caratteri per cui furono calcolati i coefficienti di correlazione per bianchi, mulatti e negri, i mulatti mostrarono, tra i maschi, in 7 casi
le correlazioni più basse e in due le correlazioni più alte, e, tra le femmine, in 5 casi
le correlazioni più basse e in 4 correlazioni intermedie tra le due razze pure
(pag. 297).
~.
La molteplicità delle combinazioni dei caratteri degli ibridi è ammessa da molti
autori (Cfr. ad esempio: EAST e JONES, Op. cit., pagg. 201-205; CASTLE, Art. cit.,
pago 15I; H.<\.NKtNS, An introduction, eCC., pagg. 126-127). Persino il GO:BINEAU,
così avverso agli incroci, ammette che essi possano dar luogo a caratteri nuovi,
e, anzi, da essi, a suo credere, l'trarrebbe origine il genio artistico, che sarebbe
stato estraneo alle razze umane pure (Op. cir., VoI. I, pago 218).
t
Credo che, in questo argomento soprattutto, converrebbe tdistìnguere accuratamente tra le combinazioni a cui gli incroci dànno origine, e quelle che sopravvivono all'azione selettiva della cernita sessuale e 'naturale. Dove tale azione è severa,
non vi è da sorprendersi se, negli ibridi, soprattutto dopo qualche generazione,
molte combinazioni siena state eliminate, e, nelle superstiti, i caratteri appaiano
correlati non meno fortemente che nelle razze pure. Ed è pure da osservare che
molte volte gli ibridi non 'provengono da unioni assortite a caso tra le popolazioni
progenitrici, con cui poi si confrontano, ma da unioni tra loro gruppi particolari,
particolarmente omogenei, circostanza 'che naturalmente tende a ridurre, in confronto a quella delle popolazioni progenitrici complessivamente considerate, la variabilità dei singoli caratteri e la varietà delle 'combinazioni negli ibridi.
(r r) E' questa la netta impressione che ho riportato. da un mio 'viaggio in
Brasile, del pari. che dall'osservazione degli ibridi indiani 'visti nel Canada. Per
ciò che concerne le mescolanze raziali de! Brasile, la mia impressione è rccnfermata
da quanto cl dice sulle e Eugenical News » il dr. RENATO KEHL (Ethnic Elements
in tho Populntion 01 Brasil, october 1919), Delle disarmonie fisiche, intellettuali e
- 92
morali degli ibridi, molti altri autori pa~Jano, sia antichi (Cfr., per ~s .• AGASSIZ,
citato da DAV,ENPORT e STEGGERDA, op. cir., pago 569, e NlETZSCHE. CItato da RoDENWALDT, Op. cit., pago 415), sia t'moderni (Cfr. FISClIER, Op. cit.• pagg. 298-~99;
EAST e JONl:'s, Op. cit., pagg. 252~253; Di\.vENPORT, The EUects oi Race ìntcrmingìing, art. 'cit., pago 364 ~ segg.; J!.ace Crossin~ in ,Man" art. ~it.,. pagg. 12-r4; J. A.
MJ01!iN, Harmonia and Disharmonic Race Crossing, m .« Eugenics m Race,and State »,
Baltimore, 1923, pagg. 41-61, e Rassenmuclmng bet Me7uc~en, art. crt., pago 19;
HOOTON, art. cìt., pago 3I5; DAVEN"l?ORT e Sn.OOERDA, Op. cit., pagg. 470~472). t.
Altri autori contestano tuttavia tale impressione e sostengono che non possa
parlarsi di più frequenti disarmonie negli ibridi, a me,no che ~er ?isar.monie lno~
si intendano delle combinazioni inconsuete (per esempio, capelli 'biondi con OCChl
scuri), le quali però non sarebbero l'espressione di uno squilibrio organico capace
di soffrire presa alla cernita naturale (Cfr. CASTLE, art. cit., pagg. 150~153; DUNN,
A Biological View, ecc., pago 54; HANKINS, Introduction to tlte study ot Society,
pago 125), anche se possono invece offrire 'presa alla selezione matrimoniale (Cfr.
RODENwALDT, Op. cìr., pago 423).
Per ciò che riguarda in particolare le disarmonie della sfera morale, è noto
che, in molti casi almeno, esse sono determinate o accentuate dallo squilibrio
tra le attitudini e le aspirazioni, da una parte, degli ibridi ad essere equiparati
alla razza progenìtrice superiore e la tendenza di questa, dall'altra, a tenerli da
parte come esseri inferiori (Cfr. FrSCllER, Op. cit., pagg. 298-299; CASTLE, art.
cit., pago 154; HANKINS, nella discussione sull' articolo di DUNN, A Biological Vietll oi Race Mixture, pago 58, Introduction, op. cir., pago 126; D. SIMONCELLI La demografia dei meticci, Sora, Camestro, 1929, pagg. 82, 103 e 104).
Anche potrebbe domandarsi se a tale disarmonia non possa contribuire ii contrasto, che tin molti casi si verifica, tra le caratteristiche intellettuali dei diversi
strati sociali a cui spesso appartengono i padri bianchi e le donne di colore. Analogamente vi sono autori che ritengono che la instabilità nervosa degli ibridi, del
pari che la frequenza dell'alcoclismo, del furto, ecc., possa spiegarsi col basso
livello dei loro antenati (Cfr. t'HANKJNS, lntroduction, pago 126; CASTLE, art. cit.,
pago 153). Alla stessa circostanza si potrebbe attribuire la particolare disposizione
alla rubercolceì su cui da ltaluno sì insiste (Cfr. MJOEN e Di\.vENl?oRT al Congresso
di Antropologia di Amsterdam, pagg. 13, 14 e r ç). D'altra parte, se si può ammettere che una disarmonia morale sia favorita negli ibridi dal contrasto tra le
diverse caratteristiche delle classi alte a cui appartengono spesso i maschi bianchi
e le basse da cui 'spesso si reclutano le madri idi colore, è pur naturale ammettere
che essa possa anche più spesso derivare dal contrasto anche maggiore tra la psicologia delle varie razze, per 'esempio tra l'ambizione, la sete di dominio e lo spirito di avventura dei bianchi e la neghittosità, l'incostanza, la mancanza di autocontrollo e spesso di intelligenza adeguata dì molte genti di colore. La cattiva
condotta derivante dal conflitto degli istinti ereditari, sembra effettivamente al
DAVENPORT il peggiore _ degli effetti degli incroci (Race Crossing in Man, art.
cit., pago 14)·
Fra 'tante impressioni, opinioni e interpretazioni, DAVENPORT e Sl'EOOEROA
hanno portato un risultato importante (per quanto basato, come essi stessi notano,
su un numero scarso di osservazioni), avendo riscontrato 'che i mulatti dell'isola di
Giamaica sono bensì in media superiori ai negri per intelligenza, ma presentano
una rpercentuale superiore di individui che falliscono completamente nei testi mentali, 'ciò che gli autori attribuiscono ad un'incapacità, da parte di tali individui, di
utilizzare le loro doti innate ,(Cfr. DAvENPoRT e STEGGEROA, Race Crossing in
[amaica, pagg. 471-472 e l'articolo dallo stesso titolo pubblicato dal DAVENPORT
in «111e Scìentlfic Monthly », septembcr 1928, pago 238).
(12) Cfr. Les rnouoements de population, in «Revue d'Hygiène », novembre
1927, pagg. 806-808.
(13) A questa stessa mia conclusione sono giunti cultori delle p;ù varie fscienze:
archeologi, come FUNOERS PETRtE, (The Rcvolutions ot Cioilisation, Harper, London, 3 Edition, 1922, pagg. !I4, tI7 e 122); storici come MYRES ''(Thc cause oi
-93-
Ris: and Fall in t/le Population of the Ancùmt World, in e The Eugcnics Revi
apnle, ~9I5,. pag: 28);. sociologi com~ HANKINS '(discussione sull'articolo di ~':'~:
DUNN~ A Biological
~f Race Mixture, art. cìr., pago 58, An ìntrodaction, ecc.,
C?P. ~lt., pago 126); genetisti come EAST e JONES (1nbreeding and Outbreeding, Op.
cit., pago 256).
(14) ~fr: VaI:ia~ilità e MutabiJità, contributo allo studio delle distribuzioni e
d~lle. relazioni statistiche, in «Studi economico-giuridici della R. Università 'di Cagl1<1!1 », Bologna, Cuppini, 1912, pago 31.
. (15) Cfr. FRANz BOAS e HELENE M. BOAS, The 'Head-Formr oj the Italians
as tnfluen:e~ by heredity and environment, in e American Anthropologist », VoI. XV,
n. 2, tapril-june 1913.
(16) Presso. l'Istituto di Statistica e Politica Economica della R. Università di
~oma. h.o ~att? mtraprendere una ricerca sistematica t/mila distribuzione degli uomini
illustri :talIan~ secondo l'~poca ;. il luogo di nascita. Dai risultati finora raggiunti,
appare confermata e precisata 1impressione corrente sopra riportata.
(17) Alludo al noto proverbio popolare veneto:
r-«
Veneziani gran signori
Padovani gran datori
Visentini magna-gati
Veronesi tuti masi.
Un altro proverbio dice:
A Verona 'f)gni mato se stagiona.
Cfr. C. PASQUALlGO, Raccolta di prov~rbi ocneti III Edizione 1882. Treviso,
Zoppelli, pagg. 255, 257.
"
(I8) Gubbio e Matelica sono particolarmente citate a questo proposito.
. . ~19) "La ~ivers~tà ?ei risult~ti degli. incroci umani a seconda delle razze progemtncr e la .d1fncol~a di generalizzare cuca i caratreri: dei loro prodotti sono particolarmente r~cono.sclUte. da DAVENPOR1:' Race Crossing in Man, art. cit., pagg. 13-14;
DUNN, A btolo~c~l vtew oi r~ce mtxture, art. cìr., pago 55 e GATES, A Pedigree
~tudy oj -dmerindian Crosees tn Canada, in e Iournal of the Amhror. Institure »,
iuly-december 1928, pago 529.
.(2?) Fu un luogo comune per molto tempo l'affermare che i mulatti sono
.
inferiori ad ent,rambe le razz~ progenitrid (Cfr. DAVENPORT e STEGGERDA, Op. clt.,
pago 469; E. fISCHER, O~. clt.,pagg. 177~I78; E. DODGE, The Mulatto Problem,
tu «The Ioumal of Heredity », pago 283; CASTLE, art. cit., pago 147. In tal senso
ancora lo SCHLAGINHAUFEN, Bassardierung und Qualitiitsiinderung, in «Natur und
~~n~ch » september 1920, pago 36), .giudiz~o che talvolta veniva esteso a tutti gli
ibridi urnaru. Qualche autore ha ritenuto di poter trovare una netta differenza tra
gli ~bridi di negri ed inglesi, ~ua1i si incontrano per es. in Giamaica, e gli ibridi di
ne~n. e spagnuolì o portoghesi frequenti nelle isole di Cuba, Haiti e Portorico: i
pnnu sarebbero di scarsa vitalità e fecondità, i secondi forti e fecondi (Cfr. E.
FISCHER, pago 178).
.
Una critica obbìettiva dei fatti e le recenti investigazioni sistematiche banno
fatto giustizia di tali esagerazioni. Non sembra poterai negare ormai che i rnulatri
risultino. in .generale interm:di tra i bianchi ed i negri, superiori quindi in media
a questi e inferiori a quelli per la maggior parte dei caratteri per cui i bianchi
~ovrast~n~, inferiori .a questi e. superiori a quelli per quei pochi caratteri per cui
l. ne~n Si avvantaggiano (Cfr. in particolare le ricerche di FERGUSON e PET.ERSON
riferite da KIMBALL YOUNG, in «Publi~ations of the American SociolO!,>1cal Society»,
pago 78, e HERSKOVITS, On the rclation between negro-white mixture and standi?lg in intell~gence tests, in « The Pedagogical Seminary», March 1926, pago 32, e
q?elle eseguite dall'HERsKovlTs stes.so (Ibidem, pagg. 40-41), ma soprattutto quelle
dI DAVENPORT e STEGGERDA} Op. CIt., pago 477). Si noti che dò risulterebbe vero
in partiColare per gli ibridi della Giamaica, a cui appunto si riferiscono le osser~
vazioni di DAVENPORT e STEGGERDA.
Anche il successo individuale e le funzioni sodali eserdtate dai mulatti in
confronto ai bianchi e ai negri si accordano con tale conclusione (Cfr., per esempio,
REUTER, The hybrid 11S a sodological type, art. cit., pago 76; SIMONCELLI, Op. cit ..
pago 25; CASTLE, art. cit., pago 155).
L'ostracismo dato in qualche paese ai mulatti, talvolta da entrambe le razze
progenitricì e quasi da per tutto dalla bianca, può, d'altra parte, rendere ragione
di taluni loro difetti dal punto di vista sociale (Cfr. in tal senso A. TORRES citato
da K:,EHL in e Eugenical News », ccrober 1929, pago 149; SIMONCELLI, Op. cit.,
pagg. 25-82; HANKINS, An ìntroduction ecc., pago 126; CASTLE, art. cir., pago 156•
DODGE, art. cit., pago 283); mentre i caratteri individuali dei genitori, che possono
non corrispondere a quelli della generalità della popolazione, devono pure essere
talvolta tenuti in COnto nel 'giudicare comparativamente dei caratteri degli ibridi
(Cfr. HANKINS, An lntroduction, pago 126; LINTON, art. cit., pagg. 66-67; DODGE,
art. cir., pago 283).
Riconosciuto tutto dò, non si può, d'altra parte, disconoscere clfe, malgrado
affermazioni isolate provenienti probabilmente da generalizzazioni non autorizzate
(per es., EAST e JONES parlano di uno straordinario vigore fisico che mostrerebbero
i mulatti, Op. cit., pago 252), non si è riscontrata nei mularti traccia di eterosi,
vale a dire di quelle manifestazioni di maggiore robustezza, precocità o resistenza
vitale che formano la caratteristica di molti ibridi nel regno animale e vegetale
e anche, come vedremo, di taluni nella specie umana (Cfr. DAVENPORT e STEGGERDA.
pago 477), salvo forse per quanto riguarda una certa precocitàdi sviluppo intellettuale dei ragazzi, che però generalmente non progredisce oltre l'adolescenza (Cfr.
DAVENPORT e STEGGERDA, pago 472; SXMONCELLl, pago 8r).
Il fatto che gli ibridi tra bianchi e negri si avvicinano più a questi che a
quelli in quasi tutti i caratteri '(Cfr. DAVENPORT e STEGGERDA, pagg. 460~462),
può spiegarsi, piuttosto che con una tendenza a ritornare alle razze inferiori, ammessa daqua1che autore (Cfr. particolarmente GRAN'r, Op. cir., pagg. 18~77), o
con la dominanza dei caratteri dei negri, con la maggiore proporzione di sangue
negro dovuta alla maggiore frequenza di unioni tra mulatti e negri che tra mulatti
e bianchi (così appunto DAVENPORT e STEGGERDA, pagg. 462-463); ma è d'altra
parte piena di significato la constatazione che, mentre i rnulatti presentano una
percentuale superiore a quella dei negri 'di .individui che alla prova dci testi mentali
dànno la peggiore riuscita, non presentano affatto una frequenza particolarmente
elevata rispetto ai bianchi, di individui particolarmente dotati (Cfr. i dati e i _diagrammi esposti nell'opera di D,WENPOR'I' e STEGGERDA). Così che, in definitiva, non
ci si può sottrarre alla conclusione che l'incrocio tra bianchi e negri dia luogo a
prodotti poco favorevoli.
Poco favorevoli, ed anzi inferiori ad entrambi le razze progenitrici, dovrebbero
pure riguardarsi, secondo il M]oEN, i risultati degli incroci tra Norvegesi e Lapponi (Cfr. in particolare gli articoli citati Harmonic an{l Disharmonic Race Crossings e Rassonmischung bei Menschen), i quali presenterebbero anche UnJ, predìsposizione particolare alla tubercolosi (dati in proposito furono comunicati anche all'ultima' riunione (settembre 1929) nella Federazione Internazionale delle Organiz~
zazioni di Etcgenica (Cfr. « Eugenical News», november 1929, pago 159); e, secondo
il DAvENPoRT, i prodotti degli incroci rappresentati dagli Eurasici dell'India (Race
Crossing in Man, art. cit., pago 13) e forse anche gli ibridi di prima generazione
osservati tra Europei ed Australiani (Notes in physica1 anthropology 01 Australian
aborigenes end Black~white hybrids, in «American journal of Physlcal Antropology »,
january-march 1925, pago 83).
(21) Cfr. FISCHER, Op. cit., pagg. 134, 176 e 177.
(22) Cfr. F. BOAS, AnthropoJogie der nordomerikanischen Indial1et. art. cit.,
pago 353; L. R; SULLIVANJ Anthropomctry of the Siouan Tribes, art. cit., pago '171.
Accenni a fenomeni di eterosi per ciò che concerne in particolare gli ibridi tra
Francesi del Canadà e Indiani, trovansi in DAVENPORT, Race Crossing in Man, art.
cit., pago 13, e CA,STLE, art. cit., pago 155. Molto favorevole è anche il giudizio che
dà R. R. GATES sopra gli ibridi di bianchi (di origine francese e britannica) ed
Indiani (Gree e Ojibway) da lui esaminati nell'Ontario settentrionale (Canadà) (Cfr.
-95-
A Pedigree Study oj Amerindian Crossa ecc., art. cìt., pagg. 529-530).. Importanti
sono i dati esposti nel capitolo Fcoundisy and Vitaiity del volume Indian Population
in the United States and Atasl(a 1910, pubblicato dal Bureau of the Ccnsas di
l
~r
Washington (1915). Risulta da esso che le coppie di indiani puro sangue presentano
una minore percentuale di figli sopravviventi in confronto delle coppie in cui uno
od entrambi i coniugi sono di sangue misto. Rimane però il dubbio che la differenza possa dipendere da una diversità di ambiente (Cfr., pagg. 158-159).
(23) Gli ibridi tra Europei e Tahitiani dell'isola Norfolk studiati dallo SIiAPIRO,
mentre non rivelano alcuna inferiorità fisica, risultano superiori alle razze genitrici
come statura e come diametri cefalici. Cfr. Hoorox, art. cit., pago 319. Quelli tra
Hawaiani ed Europei e tra Hawaiani e Cinesi, se non rivelano una eterosi spiccata
nelle misure fisiche, certamente però non sono inferiori. Secondo più di un osser"latore, anzi, gli ibridi tra Hawaiani e Cinesi mostrano un progresso sui tipi dei
genitori (DuNN, A Biological Vieto 01 Racc Mixture, art. cìt., pago 54 e An Antbropometrio Study, pagg. 147-148). Anche gli idridi di prima generazione tra Bianchi
e Hawaiani mostrano una ìndìscuribile superiorità in peso e una probabile superiorità
della statura (DUNN, An Anthropometric Study, pago 153). R. GOLDSCHMIDT ha fatto
un breve resoconto sugli ibridi delle isole. Benin, che derivano da unioni di donne
tfolinesiane, e poi giapponesi, con uomini inglesi, americani, negri e muiatti (Die
Nachèommen der alten Siedler aul den Bonininsaln, in «Die Naturwissenschafren »,
15 [ahrg, Hefr 21); detti ibridi fanno un'ottima impressione, sia dal punto di vista
fisico che dal punto di vista dei costumi.
Per ciò che concerne la mortalità, sono state pubblicate complete tavole di
mortalità dei Bianchi, degli Hawaiani e dei loro meticci (Cfr. H. W. KUNG, Li/e
Tuòles ior oarioes social groups in Haeoai, in e The American [ourrial of Hygiene»)
le quali mostrano che la mortalità dei meticci è intermedia tra quella delle due
razze progenitrici, più vicina alla mortalità - molto più bassa - dei Bianchi
durante lo sviluppo e nell'età adulta, più vicina a quella degli Hawaiani nelle età
senili (Cfr. in particolare pago 105). L'articolo non fornisce elementi per decidere
se - come è probabile - e fino a qual punto, le differenze possano attribuirsi a
fattori sociali.
Quanto alla resistenza alla tubercolosi (rispetto a cui i muiatti sono detti,
come si è visto, più sensibili dei negri), i meticci di Polinesiani e Europei lo sarebbero invece meno dei nativi, secondo il BORDIER, e ancora più resistenti sarebbero i
quarteroni (Cfr. G. SANARELLI, Tubercolosi cd evoluzione sociale, Milano, Treves,
1913, pago 130).
Per ciò che concerne infine la fecondità, il PIT'r-RIVERS riferisce che i Maori
spesso affermano che le loro donne sono più fertili se si uniscono ad Europei che
:ad uomini della loro razza. Cfr. The Cìash 01 Culture and tùe Contaci 01 Racce,
London, Routledge, 1927, pago 223.
(24) I meticci di Kisar tra Bianchi e Malesi studiati minutamente dal RODENWALDT, non mostrano, secondo questo autore, traccia di eterosì, ma, se mai, pìuttosto, di impoverimento organico (Cfr., Op. cit., pagg. 127, 140, 148, 150, 164,
189 e 420).
E' curioso come si abbiano poche indicazioni sugli ibridi di Europei ed Asiatici.
Nella discussione, che seguì alle comunicazioni di NILSSON-EHLE., DAVENPORT e
MrOEN al Congresso Internazionale di Antropologia di Amsterdam (1927), il PEAKE
affermò di avere incontrati alcuni begli esemplari di ibridi tra Europei ed Asiatici,
ma di tutti quelli in cui egli si è imbattuto, nessun gruppo è tanto mirabile quanto
la popolazione di origine Olandese e Singalese detta a Ceylon «Dutch Burgers»
(Cfr. Volume cit., pago 21).
'Può forse a questo punto ricordarsi che il GOBINEAU riguardava la razza o,
come egli diceva, la varietà malese come il risultato di un incrocio tra le razze
gialla e nera e ammetteva che essa fosse superiore come intelligenza alle due razze
progenitrici (Essai sur l'inégalité; Op. cito pago 218). Sulla esattezza di tali affermazioni, sia quanto all'origine della razza malesc, sia quanto alla sua superiorità intellettuale in confronto alla razza gialla, possono sollevarsi dubbi più che fondati, ma
-96-
;d passo ha in ogni modo un interesse in quanto mostra che anche avversari radicali
degli incroci,_quale era il Oobineau, ammettono che in alcuni casi essi danno risultati
superiori alle razze progcnitricì.
(25) Questa mia impressione concorda con quella che il dr. R. KEm.. ha testè
-espresso sulle e Eugenical News », october 1929.
(26) Il dr. DE BULHOES CaRVALHO direttore generale della Statistica del Brasile
.mi confermava tali informazioni con sua lettera del 4 maggio 1928: «La fecondiré
-des habitants de Ccarà est un fair courant dans certe région, source d'une émigration
.assez nombreuse à laquelle est dù le peuplement du territoìre de l'Acre et de
quelques autres régions dc la vallée de l'Amazone. Il est à regretrer que la stati.scique ne puìsse exercer dans Ics .condìtìons acruelles, un contrèle effectif sur Ies
.naissance du Cearà pour en dresser des relevés complets qui mcttraìent, à mou
avis, cn évidence la frèquence des accouchements multiples sur lesquels, plus d'une
fois, a éré appelée mcn attention, par les agents censitaires, à l'occasion du trecen.sement de 1920 l), L'Annuario Bstatistico do Cearà per il 1924 (Fortaleza, 1928),
in ogni modo, permette di renderei conto, sia pure approssimativamente, dell'alta
fecondità di quel paese. I battezzati nell'anno 1924 sarebbero stati infatti 63.765
(pag. 70); ragguagliati alla popolazione del 1920, data in 1.319.228 abitanti, cor.rìsponderebbero a un coefficiente di natalità di oltre il 48 0/00. Dal 1920 al 1924,
la popolazione è verosimilmente cresciuta: il dr. de Bulhoes, in una comunicazione
manoscritta, la poneva nel 1923 a 1.421.514 abitanti, rispetto ai quali i 63.765
battesimi rappresenterebbero il 45 0/00. D'altra parte, però, è noto che una parte
dei bambini muore prima del battesimo, per modo che si può ritenere che la
natalità dello Stato di Ccarà oltrepassi il 45 0/00.
(27) Come si è notato a proposito dei mulatti, così in generale è da avvertire
per tutti gli ibridi che le loro qualità dipendono direttamente dai caratteri degli
individui delle due razze che tra loro si mescolano, caratteri che, a loro volta, dipcn.dono, e dalle caratteristiche medie o tipiche della razza, e dalle deviazioni che, rispetto
a tale tipo o media, rappresentano gli individui considerati. Così s'intende come il
'fatto che tra i conquistatori maomettani la poligamia fosse adottata soprattutto dai
-capi, superiori generalmente per doti fisiche e intellettuali, non possa essere rimasto
senza influenza sui caratteri dei discendenti che essi ebbero dalle donne dei popoli
-conquistati, accolte negli harem. Del pari s'intende che la mescolanza tra indigeni ed
.àmmigrari di una data razza possa dare prodotti diversi nei primi e negli ultimi pcriodì dell'immigrazione, in quanto molto spesso gli emigrati da una nazione rappresentano il risultato di una selezione che ha carattere diverso, e talora opposto, nel
primo periodo e nei successivi. Le caratteristiche fisiche, mentali e morali dei Portoghesi conquistatori del. Brasile e delle Indie orientali certamente erano molto diverse
-da quelle degli attuali emigrati delia stessa nazione. Giustamente il REUTER, il LINTON e lo YOUN"O, al fine di giudicare del valore comparativo degli ibridi e dei progenitori nelle mescolanze delle razze verìficaresi nell'America del Nord, cercano di
rendersi conto della portata della selezione, che poteva essersi verificata, nelle varie
-epoche, nell'assortimento di padri bianchi, da una parte, e delle madri negre o indiane,
dall'altra (Cfr. gli articoli di questi autori nelle Pablications 01 tho American Sociological Socicty, vol. XIX, pagg. 64*66, 73-74 e 78).
E' anche molto verosimile che, per gli ibridi umani pure, - come certamente avviene per molti ibridi di piante o animali - gli incroci reciproci posesano sortire diversi effetti, e, da questo punto di vista, può assumere importanza
il fatto notorie, su cui giustamente richiama l'attenzione il REUTER (art. cito pagina 64), che la gran parte degli incroci umani si verifica tra maschi della razza
-superlore, se non per qualità intrinseche almeno per posizione politica o sociale, e
femmine della razza inferiore, e generalmente a seguito di unioni illegittime. Il problema degli incroci reciproci tra le razze umane non è stato, ch'io sappia, ancora studiaro.
"7 -
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I diversi risultati degli incroci possono poi indubbiamente dipendere, e in modo
essenziale, dall'ambiente sociale più o meno ostile, o viceversa favorevole, in cui
-sono allevati e si sviluppano gli ibridi. La prova migliore ne è che i prodotti deglistessi incroci dànno risultati opposti a seconda che gli ibridi sono allevati in una
Gìnì,
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popolazione che li dispregia o in una che li tiene in COnto. (Vedi, in proposito..
soprattutto LINTON, art. cir., pago 74; SIMONCELLI, op. cìr., pagg. 25, 65, 87, 89-91.11°3-104; CASTLE, art. cir., pago 147).
Ed infine è. da osservare che, quando si parla dei risultati buoni o cattivi degli
incroci, è necessario sempre riferirsi ad un ambiente fisico determinato. Autori, anche
tra i meno favorevoli agli incroci dei bianchi coi negri, pure riconoscono che i mulatti
sono più resistenti dei bianchi a certe malattie ed al clima tropicale (Cfr. EAST e JONES
op. cìt., pago 254; SIMONCELL1, pagg. 36, 44, !IO, 83; DAVENPORT. in « The Scientific Monthly », pago 238), mentre nei confronti dei negri si avvantaggiano dal punto
di vista intellettuale. Tale combinazione di caratteri può riguardarsi come insufficiente
a compensare le molteplici superiorità dei bianchi in dati ambienti climatici e sanitari,
ma invece può conferire sui bianchi un decisivo vantaggio nei climi tropicali. L'incrocio tra bianchi e negri può pertanto giudicarsi svantaggioso negli Stati Uniti
d'America e invece vantaggioso nel bacino delle Amazzoni o nell'Africa Equatoriale.
(Sui vantaggi degli' incroci per il popolamento delle colonie, vedi in particolare il
SIMONCELLI, che alla questione dei meticci nelle colonie e in relazione' alla colonizzazione dedica due titoli del suo lavoro).
(28) Il numero medio dei figli accertato dal F1SCHER per i bastardi di Rehoboth
fu di 7,7 per matrimonio. Nei matrimoni tra Olandesi del Capo, la media sarebbe
stata di 6,3 (o qualche cosa di più in quanto non venivano computati i morti prima
del battesimo). Tra gli Ottentottì, la media sarebbe di circa 6. (Cfr. FISCHER, op. cìr.,
pagg. I25~127). Per altre testimonianze circa l'alta fecondità degli incroci delle Onenrotte coi bianchi e coi negri, vedi SIMONCELL1, op. cìr., pago 7, e FISCHER, pago 127.
(29) Nei meticci di Kisar, il ROOENWALDT trova una media di 7,3 figli per i
matrimoni nelle due ultime generazioni (op. cìr., pago 304). Il SIMONCELLI riporta da
vari autori esempi di alta fecondità in popolazioni meticce tra bianchi e indiani e tra
indiani e negri, nell'America meridionale (pagg. 7 e 12), tra Polinesìani e Inglesi nell'isola di Pitcairn (pagg. 14-15), tra Malesi ed Europei a Giava (pag. rù Altre
prove, quali il prevalere dei meticci sugli individui puri in talune popolazioni (es.
nelle Antille, nella Guiana), pure ammesse dal SIMONCELLI (pag. 12), non sono invece
scevre da obblezioni, il numero dei meticci potendo crescere unicamente per il erescere deI numero degli incroci. L'HANKINS (An lntroduction, pago 1:26) e il LINTON
(art. cito, pago 73) ammettono che in generale gli ibridi umani siano almeno altrettanto o alquanto più fertili delle razze pure, senza però precisare su quali dati si fondano e a quali razze essi fanno riferimento. Affermazioni così generali possono d'altronde cadere in difetto, come vedremo più sotto. Particolarmente importanti sono i
dati .sui matrimoni degli Indiani di sangue puro e sui matrimoni misti tra ibridi contenuti. nel citato volume: Indian Population in tha United Statcs and Alaska, da cui,
risulta nettamente una più alta percentuale di sterilità e una minore prolificìrà per le
coppie di Indiani puro sangue (cfr. pagg. 157"158). Nelle stesse popolazioni ibride
ad alta fecondità, la prolificità dei vari incroci può risultare diversa secondo le razze ..
I.'HEMBRON, ad esempio, citato dal SIMONCELLI (pag. 7), avrebbe trovato che la
fecondità delle indiane dell'America meridionale coi bianchi e coi negri sarebbe
superiore che con gl'Indiani, ma coi bianchi essa risulterebbe molto più elevata
che coi negri. Negli Stati Uniti e nell'Alaska, al contrario, nè i matrimoni degli
Indiani coi negri, nè quelli tra meticci in cui uno almeno dei coniugi ha sangue
nero, risultano essere più sterili o meno riproduttivi dei matrimoni tra bianchi e'
Indiani e di quelli tra ibridi di bianchi e Indiani (cfr. pagg- 157"158).
(30) Cfr., in tal senso, i vari autori citati dal SIMONCELLI, op. cito, pagg. ç-r r e
dal DAVENPoR'r, Heredity ot Skin Color in Negro-Whiie Crosses, Washington, Carnegie Institution, 1913, pago 46. Il DAVENPORT contesta - è vero - il fondamento
di tali affermazioni, notando che i matrimoni tra mulatti da lui studiati (21) avevano.
una media di ,f,4 figli, uguale all'insieme dei matrimoni considerati. Se non che è
da osservarsi, in primo luogo, che 4,4 non è una media elevata e, in secondo luogo,
che in tutti o quasi i matrimoni da lui considerati i due coniugi erano, o entrambi
di colore (ibridi di bianchi e negri), od uno di colore e l'altro bianco o negro; cosi'
che, se 4,4 deve riguardarsi come una media bassa, la sola conclusione che se ne-
'potrebbe trarre è che la fecondità nelle unioni degli ibridi di bianchi e negri tra
loro e con le razze progenitricinon è elevata. Questa conclusione sembra confermata dall'esame della fecondità matrimoniale delle popolazioni negre dei vari Stati
della Ragistretion Area, che ho avuto occasione di calcolare per un lavoro in corso.
Il rapporto dei nati legittimi alle donne maritate tra 15 e 50 anni risulta per i
negri, in tutti gli Stati, più basso di quello, che pure è in generale tutt'altro che
elevato, della popolazione bianca. Ancora più forte risulta la differenza rispetto all'indice di Tait, che è un indice della fecondità matrimoniale più perfetto del rapporto suddetto, in quanto tiene anche conto dell'età media delle.sdonne maritate, la
quale per i negri è sempre più bassa che per i bianchi. I dati si basano sui nati
legittimi nel biennio 1919-20 e sulle donne maritate censite nel 1920. Per dare una:
idea del livello della fecondità matrimoniale dci negri, ho creduto opportuno di
mettere sotto anche i dati contemporanei (relativi al 1920 o 1921, quando non vi è
indicazione in contrario) concernenti alcuni tra gli altri paesi del mondo.
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Il confronto tra questi dati mostra quanto sia bassa la fecondità .matrimoniale
dei negri. Ricordando che nella massima parte i negri americani sono in realtà
ibridi (solo pel :22 % sarebbero puri secondo le ricerche di HERSKOV1TS, Thc American Negro, op. cit., pago 9), se ne può concludere che in realtà vi è un fondo di
verità nelle impressioni di coloro che dichiaravano poco feconde le unioni di negri:
con i bianchi.
Gli incroci tra negri e bianchi non sarebbero i soli a mostrare una bassa fecondità. Altrettanto avverrebbe, secondo T. GUEVANA, per i matrimoni tra Spagnuoli e
Araucani (indiani del Cile). Dai dati di questo autore riportati dal SIMONCELLl (op.
cit., pagg. 75-76), risulterebbe che 58 matrimoni tra Arauc~ni e ?~agnu~li a~rebber.o
&1tO in media solo 2,2 figli presentando una percentuale di quasi il 40 y.~ di matnmoni senza figli, mentre 246 famiglie americane avrebbero presentato una media
di 2,8 figli con una percentuale nulla di matrimoni infecondi. La differenza, quanto
alla infecondità, è così forte e contraddice talmente alla testimonianza di altri autori
sull'alta fecondità delle unioni tra europei ed altre popolazioni indiane che, prima
di accettarla, converrebbe esaminare se i dati per le due categorie di matrimoni siena
veramente comparabili. E' <la avvertirsi che, se si eliminano i matrimoni infecondi,
la media dei figli risulterebbe più alta per gli incroci (3,6 contro 2,8).
(3 1 ) Le deduzioni che, con la guida della teoria mendeliana, i genetisti seppero
trarre da una serie di bene organizzati esperimenti hanno confermato, precisato e,
fìno a un certo punto almeno, spiegato le osservazioni degli allevatori. Depurare
nell'isolamento, con la endogamia e la selezione, le linee derivanti dagli incroci per
sottoporre poi le linee pure a novelli incroci e quindi ricominciare il ciclo, sembra,
per comune consenso, il miglior mezzo per ottenere nuove forme e far progredire
le esistenti (Cfr. BA8COCK e CLAUSEN, Ganctics in relation to Agriculture, Mc Graw
HiU, New York, 1927, pagg. 597, 601; EAST e ]ONES, op. cir., pagg. 202, 212).
Archeologi e storici autorevoli esprimono lo stesso avviso per le razze umane (Cfr.
FLINDERS PETIUE, op. cit., pago 131; J. L. M'YERS, art. cit., pago 28). Qui dovrebbe
ricercarsi, secondo alcuni, anche l'origine dell'addomesticamento degli animali e delle
piante coltivate, dovendo questi e queste riguardarsi come ibridi, successivamente
selezionati, di forme o specie differenti (cfr. in particolare EAST e ]ONJ;:s, op. cìt.,
pago ,210).
L'osservazione dei procedimenti riproduttivi che si riscontrano in natura, particolarmente nelle piante, mette d'altronde in evidenza che le cose si comportano
come se la natura avesse procurato di assicurare, almeno di quando in quando, la
possibilità degli incroci, e in ciò consisterebbe la ragione del prevalere delle forme
sessuali (Cfr., anche su questo punto, E:AST e JONES, pagg. 31~35, 98, "114, 195,
201~;W9)· Qualche autore, anzi, certamente esagerando, in quanto non è possibile
negare la portata delle mutazioni, ammette che, in natura, sorgano sempre da incroci le nuove forme, talune delle quali sarebbero eliminate dalla selezione, altr'e sopravviverebbero costituendo le specie (I. P. LOTSY, Evolution by means 01 Hybridization, Nijoff, The Hague, 1916).
E' appena necessario far rilevare l'appoggio che, da tutto questo complesso di
fatti e di teorie, viene alla nostra teoria ciclica dell'evoluzione della popolazione.
Poichè essa conduce -c-chi ben guardi - alla conclusione che le cose, nella specie
umana, si comporterebbero analogamente a quanto avviene in natura e nell'addomesticamento e in un allevamento razionale di piante e di animali. A prescindere dall'insorgere di mutazioni, non solo le razze dominanti l'umanità, come sopra si è visto,
ma tutte le razze trarrebbero origine da incroci. Il sentimento di gruppo determinato
da fattori fisici, o sociali, o culturali, o amministrativi (razza, casta, città, Stato, ecc.)
e le ostilità dei gruppi vicini, funzionerebbero da isolatori, e, nell'isolamento, si
compirebbe gradualmente la fusione completa delle stirpi mescolatesi. Starebbe in ciò
la funzione biologica del sentimento di gruppo. E si intende, così, come, nell'Jae-oduzione, noi abbiamo potuto definire la «nazione» come un gruppo di persone
avente una individualità propria, non solo dal punto di vista politico e culturale,
ma anche dal punto ai vista biologico. Gli è che l'individualità politica e sociale
porta con sè inevitabilmente un certo grado di isolamento che ha per effetto di far
assumere alla nazione anche peculiari caratteristiche biologiche. Quando per lungo
tempo l'isolamento persista, sopravverrebbe la decadenza, unico rimedio alla quale
sarebbe la infusione di nuovo sangue apportato da nuove stirpi, infusione da cui,
sotto lo stesso o sotto altro nome, trarrebbe origine una nuova unità etnica atta
talvolta ad iniziare un nuovo ciclo. Tutte le razze umane sarebbero dunque, come
spesso oggi si dice, incrociate, nel senso che tutte derivano da incroci recenti o remoti; non vi sarebbero, in tal senso, razze pure, ma sl razze depurate, le quali,
d'altra parte, non potrebbero sussistere indefinitamente, poiché, raggiunto un certo
grado di omogeneità, finirebbero col decadere se non fossero rinnovate da novelli
incroci. Il procedimento ciclico dell'evoluzione che si verifica nella specie umana, se
a tutta prima, può dare dunque l'impressione di un sistema costoso, in quanto
implica una periodica ripresa e quindi una dispersione di energie, in realtà, date le
-
leggi biologiche che reggono le forme organiche, si rivela invece come corrispondente al sistema ideale suggerito dai più moderni risultati della genetica.
"
(32) E' possibile che i "diversi risultati dipendano dalla maggiore () minore
diversità genetica tra i progenitori. Mentre, quando questi sono molto simili, non si
osserva nessun effetto dell'incrocio, gli effetti favorevoli si manifestano e si acccnruano di mano in mano che la differenza cresce, fino a raggiungere un opsimem, al
di là del quale gli effetti risultano meno vantaggiosi e da ultimo cessano dall'essere
favorevoli per diventare sfavorevoli. Vi è infine un limite al di là del quale la
riproduzione, e poi il connubio, diventano imp?ssibili. EAST e JONE~ (~istingu.ono .D:el1~
piante vari stadi, tra i quali naturalmente VI so~o dell,~ gra~aZIOD.1: ~). 1 .gemton
sono tanto "simili che non vi è effetto apprezzabile dell'incrocio. 2) gli ibridi sono
altrettanto, se non più, fecondi e più vigorosi di entrambe le razze progenitric~;
3) gli ibridi sono altrettanto o più vigorosi dei genitori, J.ll~ meno. ~ec~n?i o ad~l:
rittura sterili, salvo, talvolta, con una delle razze progemtncu 4) gli ibridi sono plU
deboli delle razze progenitrici e incapaci di riprodursi; 5) l'incrocio dà luogo ad
un prodotto, ma questo non è suscettibile di sviluppo; 6) le specie sono così diverse che l'incrocio riesce impossibile. Altrettanto avverrebbe per gli animali con la
differenza che le categorie 4) e 5) si verificherebbero di rado, in quanto, tra essi,
quando una prole si ottiene, questa di solito è altrettanto o più vigorosa dei genitori
(op. cit., pagg. 162~163 e 19I~194). Sia per gli animali che per le p~ante, secondo
EAST e JONES, l'optimum si raggiungerebbe dunque prima per la .feCOn?ltà che pe~ lo
sviluppo corporeo; provvida disposizione per escludere che l'Incrocio possa divenire una fonte di deteriorazione della specie.
Le osservazioni relative alle razze umane sopra esposte non lasciano però
emergere chiaramente questa precedenza, e, d'altronde, la classificazione di EAST :
JONES deve riguardarsi unicamente come uno schema, mentre è certo che la realtà
è più complicata. E' anche certo che la possibilità di ibridazione tra due forme n?u
è sempre indice sicuro della loro parentela (cfr. BAllCOCK e CLAUSEN, op. crt.,
cap. XXVII, lnterspecific Hybridation, pago 304 e segg.), anche se può esser.e riguardato come tale a scopi pratici (Cfr. R. GOLDSCHMIDJ', Einliihmng in dio Verer~
bungswissenscllaft,Beriin, Springer, 1928, pagg. 384~385).
(-?3) Si potrebbe pensare ad un'altra spiegaz~one del :ingiovanimento de!le
nazioni, consecutivo all'incrocio, e della loro successrva evoluzione, alla stessa spiegazione, cioè, che i genetisti più fedeli alle teorie mendcliane hanno avanzata per
render ragìone, da una parte dell'eterosi degli ibridi e dall'altra della decadenz~ che
sopravviene sia nelle dimensioni e nella vitalità, sia, e in particolare, nella nproduttività d~He linee rese via via più pure mediante l'endogamia. L'endogamia, facendo progressivamente crescere hl percentu~le. di indivi?ui om.ozi?~ti, met~erebbe i~
luce fattori letali, o quanto meno sfavorevolì sia allo sviluppo individuale sia alla nproduzione, fattori che, essendo recessivi, ognuno dei cespiti isolati avrebbe originariamente posseduto allo stato latente. L'influenza dell'endogamia - più o meno sfavorevole a seconda della quantità e qualità di codesti fattori latenti, originariamente
posseduti dal cespite isolato - si esaurirebbe nel corso delle gen~razio.ni nccc~s:ri:
ad-ottenere una popolazione completamente omozigcta
una ~eclUa ~:h generazlOn~
nel caso estremo di endogamia rappresentato dall'autofecondazione. Viceversa, negli
ibridi di -prima generazione, eterozigoti per tutti i car.att:ri, l'azion: .dei fattori le~ali
o sfavorevoli, presenti in una razza, in quanto questi sreno recessivi e non trovino
rispondenza in fattori similari dell'altra razza, resterebbe masche.rata dalla pr:,senza
dei fattori dominanti presenti in quest'ultima; ma questo vantaggio verrebbe gra notevolmente attenuato nella seconda generazione, corrispondentemente alla riduzione
della percentuale degli individui eterozigoti, e l'attenuazione - a., q~anto de.tti autori
asseriscono - dovrebbe accentuarsi progressivamente nelle generazrom successive. (Cfr.
EAST e JOl'<ES, lnòreeding and Outbreeding, op. cit., pagg. 80~2IO; BABcocK e CLAU~
SEN. Gcnetics 'in rclation to Agricnìture, op. cir., pagg. 215-218, 398-400, 406-416,
575-584, 591~595; R. GOLDSCl'lMlOT, Einjii/trung ecc., pagg. 349~359).
.
" E' in sostanza questa la teoria a cui si inspira il DAVENPORT per render ragione
dei cicli di sviluppo delle popolazioni, così dell'antico Egitto, come di Grecia e di
IOO-
-
IO! -
Roma antiche, descritti da FUNDERS PETRlE (Cfr. C. H. DAVENPORT, Tho EOccts 01
Race lntermingling, art~ cit [1917} pagg. 367~368, il quale però attribuisce a
FL1NDERS PETRlE molto più di quanto egli avesse detto o almeno di quanto egli
dica nella 3'" edizione [1922] della sua opera).
Già nelle sue applicazioni agli esperimenti sugli ibridi questa spiegazione non
va però esente da obbiezioni. La recessività, infatti, dei fattori letali o sfavorevoli,
se è atta a spiegare I'ererosl degli ibridi di prima generazione in confronto ai componenti le razze genitrici, e la diminuzione dell'eterosi dalla prima alla seconda
generazione, non è pez:ò atta a spiegare (almeno nella forma in cui la spiegazione
viene data) la ulteriore e progressiva riduzione dell'eterosi che si verifica nelle generazioni successive, le quali dovrebbero anzi rimanere stazionarie. (La contraria affermazione di EAST e JONES, Inòrceding and Outbreeding, op. cit., pagg. 177, è
verosimilmente basata sopra un errore materiale di calcolo).
Quando poi la si trasporta nel campo delle nazioni, la spiegazione incontra altri
ostacoli che non sembrano facilmente sormcntabili.
a) Essa non rende ragione dei risultati diversi, anzi opposti, a cui dànno
luogo gli incroci tra le diverse razze umane. Perchè gli ibridi di Norvegesi e
Lappoui dovrebbero essere inferiori, e quelli, al contrario,degli Europei e degli
Indiani superiori alle due razze genitrici? Perchè, analogamente, gli incroci degli
Europei cogli Australiani e coi negri dovrebbero dare risultati sfavorevoli e quelli
degli Europei con gli Ottentotti e gli Hawaiani risultati favorevoli? Nè la maggiore
o minore parentela delle razze genitrici, nè le più o meno forti divergenze dei singoli caratteri - condizione necessaria, secondo alcuni, perchè si manifesti l'eterosl _
sembrano rendercenc conto.
b) E' assolutamente inammissibile di paragonare popolazioni di milioni di
'abitanti, quali già erano, in antico, l'Egitto, la Grecia e Roma e quali ancor più sono
gli Stati moderni, con l'allevamento di una linea pura in condizione di endogamia.
-c) La minor vigorh delle nazioni, che sembra tener dietro allo stabilirsi della
loro omogeneità antropologica, non si arresta dopo un certo numero di generazioni,
ma anzi sembra accentuarsi, rendendo sempre più instabile il loro equilibrio.
(34) Tale, secondo il Q1JMPLOVICZ, sarebbe l'origine dello Stato. Cfr. nota (2)
di questa conferenza.
(35) Cfr., a questo proposito, le nostre lezioni su La politica della popolazione,
tenute alla R. Università di Roma (Facoltà di Scienze Politiche, Anno 1927~28,
Roma, Libreria Castellani). Il capitolo XIII che tratta de Gli incroci e la formazione
delle nuove razze contiene, in riassunto, le idee svolte in questa conferenza.
(36) Cfr., per gli Esquimesi, G. CAREGA (Alcuni dati demografici sugli Bsqaimesi, «Metron », val. VII, n. 3, 1928); per i Maori, G. H. LA.NE~ Fox PI'rr~R[vERs
(The Clash of Culture and the Contact o/ Races, op. cit., pagg. 75~76, 27I~272, Appendice I, pagg. 279~282), che estende le sue conclusioni a tutte le popolazioni della
Polinesia e Melanesia (cfr. pag. 271); per gli Indiani degli Stati Uniti d'America e
dell'Alaska, il citato volume: Indian Population ecc. Uno Studio sugli aborigeni dell'America centrale e meridionale, eseguito dal sig. CORRADO LEOPARDI presso l'Istituto
di Statistica e Politica Economica della R. Università di Roma giunge, anche per
queste razze, alla conclusione che esse tendono a scomparire, lasciando il posto alla
razza meticcia; allo sviluppo di questa si deve l'apparenza di un' incremento della
popolazione nativa. Nello stesso senso, cfr. F. SAVORGNAN, Intorno al problema dell'estinzione dei popoli selvaggi, in «Rivista di Antropologia », vol. XXVIII, 1928~
1929, pag. 7.
(37) L'articolo di J. E. ORCUI\RD, The Prcssure of Population in [apan, in e The
Geographical Review», luglio 1928, contiene, oltre a molte notizie interessanti, un
grafico che mostra l'andamento della popolazione del Giappone dal 1720 ai nostri
giorni.
(38) I primi viaggiatori che pervennero al Giappone descrivono come frequente
nelle classi elevate un tipo dolicocefalo a lineamenti semitici, di cui oggi non restano
che rarissimi esemplari. Cfr. Il diverso accrescimento delle classi sociali e la concentrazione della ricchezza, in « Giornale degli Economisti », gennaio 1909, pago 65.
-
102-
PARTE SECONDA
LA POLITICA DELLA POPOLAZIONE
L
LA POLITICA DEMOGRAFICA
. DEI V ARI STATI
I sistemi che i differenti Stati seguono in tema di politica
demografica sono così vari e numerosi che la loro semplice
enunciazione richiederebbe un lungo discorso. Meglio vale farne
una classificazione secondo i loro caratteri essenziali.
Una prima categoria è quella degli Stati che seguono, in
questa materia, la massima del laissez faire. Più che di una
politica della popolazione si può parlare, da parte loro, di una
assenza di tale politica. Secondo i fautori della scuola liberista,
tale sistema, o assenza di sistema, realizzerebbe il massimo vantaggio dal punto di vista cosmopolita. L'affermazione è, io credo,
discutibile, ma,in ogni modo, non è inspirandosi ad interessi
cosmopoliti, che le nazioni seguono tale sistema. E' piuttosto
perchè in esse non si è ancora formato un forte senso nazionale,
o perchè più gravi compiti urgono i Governi, o anche perchè
in fondo si pensa che il modo come si svolgono naturalmente
le cose non contrasta essenzialmente con gli interessi della
nazione.
Maggiore, però, è il numero degli Stati che svolgono una
politica attiva della popolazione, la quale può anzitutto distinguersi secondo che essa viene compiuta in vista degli interessi
. della generazione attuale o invece tenendo conto anche degli
interessi delle generazioni future.'
-
I
Il
Il
I05-
La p o l i t i c a del
« Iatssez fafre »,
'La politica attiva
in considerazione
degli interessi della generazione at..
.tualé-.
La gran parte degli Stati rientra nella prima categoria. Gli
interessi della generazione attuale a una politica della popola.
zione possono invero essere molteplici. Anzitutto interessi economici, quali la sovrabbondanza di mano d'opera con le sue
conseguenze della disoccupazione e dei salari bassi, che fanno
desiderare una popolazione minore, o, viceversa, ia scarsezza
di lavoratori, particolarmente per certe professioni o specialità,
la necessità per date industrie di raccogliere in una cerchia
limitata una larga maestranza, il bisogno di una più larga
massa di consumatori per smaltire i prodotti dell'industria
nazionale, il vantaggio che una popolazione folta rappresenta
per il rendimento di talune imprese, come quelle editoriali,
giornalistiche, dei trasporti, tutte circostanze che rendono invece
desiderabile un aumento di popolazione.
L'interesse di impedire la concorrenza economica induce
in taluni casi a proibire l'emigrazione, in dati paesi stranieri,
di lavoratori o di alcune classi di lavoratori.
Dal punto di vista sociale, la presenza di vagabondi, di mendicanti, può costituire una fonte di preoccupazione per la tranquillità pubblica e farne desiderare l'allontanamento, mentre,
per contro, la sicurezza dei beni e delle persone può risultare
compromessa da una popolazione troppo rada che rende difficili i servizi di sorveglianza.
Dal punto di vista sanitario, un soverchio affollamento della
popolazione può determinare condizioni insalubri e di conseguenza un'alta mortalità, mentre, al contrario, può essere desiderabile e desiderata una più alta densità della popolazione in
certe piaghe dove l'opera dell'uomo deve domare la natura
matrigna, come nelle zone da bonificare.
I! punto di vista militare rende, in generale, propense le
nazioni all'aumento della popolazione in quanto in ogni tempo,
per quanto in misura diversa, il numero è la base della forza
degli eserciti.
- 106-
I! punto di vista politico, al contrario, tende spesso ad
opporsi a un aumento di popolazione, qualora questo sia ottenuto mediante l'immigrazione di cittadini stranieri, salvo in
casi eccezionali, come quando si tratti di profughi da terre che
la violenza del nemico ha strappato alla patria, o di elementi
solidali per razza e per sentimenti con una razza dominante
nel paese che veda pericolante la sua supremazia.
Nel caso di nazioni risultanti da popolazioni eterogenee
per razza e per civiltà, può anche darsi che ragioni politiche
facciano desiderare alla razza dirigente, 'superiore per qualità,
ma inferiore per numero, l'estinzione, o quanro meno una riduzione, della razza antagonista.
Anche considerazioni culturali possono esercitare una.
influenza analoga a quella delle considerazioni politiche, nel
qual caso però entra in linea di conto, nel giudicare desiderabile,
o viceversa, deprecabile, l'immigrazione, il livello culturale superiore, o viceversa inferiore, degli immigrati.
Non solo dai punto di vista culturale, ma altresì da quelli
dona resistenza fisica, doJiIe doti naturali di intelligenza, della
solidarietà sociale, la superiorità o viceversa l'inferiorità degli
elementi immigrati può far considerare l'immigrazione sotto
aspetti opposti m relazione agli interessi della generazione
attuale.
Come in altri campi, così in quello della popolazione, la
politica di una nazione può pure assumere il carattere di rapo
presaglia contro provvedimenti che feriscono i suoi interessi
naturali o le sue suscettibièità morali.
Sono gli effetti immediati, determinati o previsti da un
aumento o da una diminuzione della popolazione (quali le conseguenze sopra II Evello dei salari, sopra il numero dei disoccupati, sopra gli attriti politici e gìi squilibri culturali], quelli che
vengono avvertiti por primi, mentre 15M effetti più indiretti e
mediati, quali l'azione che la dinamica della popolazione esercita
-
107-
La politica attiva
in vista degli interessi della generazione futura.
sullo sviluppo dell'industria, sulla sicurezza, sulla sanità pubblica, vengono presi in considerazione di solito solo più tardi.
Anche più raro è il caso che il Governo di una nazione
segua una politica demografica lungimirante, così da tener
presenti, non solo gli interessi della generazione presente, ma
anche quelli delle generazioni future. Pochi invero meriterebbero il governo delle nazioni se, in conformità alla sentenza
di Mussolini, non ne avesse diritto se non chi fosse capace di
guardare ad almeno 50 anni di distanza!
La considerazione degli interessi delle generazioni future
presuppone un forte senso civico e una solida organizzazione
statale, tale che il Governo non sia in balia dell'egoismo delle
masse della popolazione attuale. Essa porta ad accentuare, di
fronte agli interessi diretti ed immediati, l'importanza degli
effetti mediati e indiretti, a cui abbiamo accennato, poichè solo
col tempo questi si manifestano in tutta la loro portata. A parte
ciò, essa porta a tenere in debito conto le variazioni nella posizione economica, nel dinamismo demografico, nella composizione delle classi sociali che si delineano nell'avvenire delle
nazioni.
Può avvenire, infatti, che una nazione produttrice di manufatti, la cui economia oggi è tuttora prospera, veda il suo domani
minacciato da una probabile chiusura degli sbocchi alle sué
industrie per effetto del graduale industrializzarsi dei paesi di
importazione; ciò che naturalmente deve far considerare' lo
sviluppo della popolazione con occhio diverso di quanto non
avverrebbe se l'attuale situazione economica persistesse.
Anche di maggiore portata può essere la previsione di una
inversione nel dinamismo demografico, previsione che oggi si
deve ragionevolmente fare per molti paesi di razza bianca, i
quali, se presentano un bilancio demografico attivo, lo debbono
unicamente alla passata dinamica delle nascite che rende eccezionalmente abbondanti i contingenti delle età centrali, partico-
I08-
1armente prolifici e poco esposti alla morte, mentre, quando tale
favorevole contingenza sarà passata, diverrà manifesta la decadenza demografica a cui virtualmente essi sono già in preda.
Similmente, gli alti salari delle classi operaie, che fanno
sì che queste si oppongano con particolare energia alla immigrazione di lavoratori stranieri, possono essere solo una conseguenza
della relativa scarsezza di tali dassi, destinata ad accentuarsi e a
divenire una seria minaccia per l'avvenire della nazione qualora
l'emigrazione non ponga ad essa rimedio.
Aggiungasi che l'inferiorità culturale o morale di certe
popolazioni che tendono ad immigrare o a svilupparsi entro
una nazione può essere solo temporanea, mentre del pari transitoria può essere la superiorità che, da tali punti di vista, presentano, di fronte ad esse, altre stirpi.
Aggiungasi che le soddisfazioni di una vita comoda e ricca,
da parte delle generazioni attuali, sono spesso pagate a caro
prezzo dalia nazione, in causa degli effetti perniciosi che siffatto regime esercita sopra le qualità di iniziativa e di resistenza
dei discendenti, mentre, da una intensa lotta per l'esistenza
imposta alle generazioni attuali, si alimenta il progresso futuro
della stirpe.
Chi abbia presenti tutte queste circostanze, bene intende
come la considerazione degli interessi delle generazioni future
possa portare a una politica della popolazione che diverge, e in
taluni casi anzi nettamente si oppone, agli interessi delle generazioni presenti.
Come risultante di questi vari interessi e considerazioni può Politica propulstva, repulsìva o inaversi l!na politica .propulsiva o positiva della popolazione, o differente rispetto
della
invece. una politica repulsiva o negativa, o infine una politica all'aumento
popolazione.
indifferente dal punto di vista 'quantitativo, ma rivolta ad un Politica demografica qualitativa.
miglioramento qualitativo dal punto di vista culturale o professionale o raziale. Ma può aversi pure, e anzi di frequente si ha,
una politica mista nel senso che sia favorevole bensì ad un
I09 -
aumento della popolazione, ma condizionato a determinate esigenze - di razza, di nazionalità, di cultura, di religione, di livello intellettuale, economico e politico - e non escluda d'altra
parte una emigrazione, purchè gli emigrati vadano ad occupare
posizioni di alto rendimento o di comando in nazioni straniere.
Può concepirsi, al contrario, una politica repulsiva che non
si oppone, però, allo sviluppo e all'accoglimento degli elementi
particolarmente dotati dal punto di vista fisico, intellettuale e
morale.
Politica che lavo-
r i s c e e politica
c h e contrasta le
tendenze d em e ; :
grafiche naturali.
Politica demografica interna e politica demografica
internazionale.
Esemplificazione
delle varie forme
di politica demo..
grafica.
Un'altra distinzione essenziale fra i vari sistemi di politica
demografica è quella che si stabilisce a seconda che la politica
tenda a favorire od accentuare tendenze che naturalmente si
manifestano nel campo nazionale o internazionale, o viceversa
ad esse si opponga contrastandone lo svolgimento. S'intende che'
nella prima categoria rientra molto spesso la politica demografica che si inspira essenzialmente agli interessi delle generazioni presenti.
Un'altra distinzione, infine, di grande importanza pratica,
si può istituire a seconda che la politica demografica di una nazione svolge la sua azione sui suoi propri cittadini ed entro i cono.
fini dello Stato (politica demografica interna), o invece interferisce con i movimenti dei cittadini di altre nazioni o si estende
al di là dei propri confini (politica demografica internazionale).
Politica interna propulsiva che asseconda tendenze naturali, è quella degli Stati che mirano ad accrescere la prolificità
delle famiglie più riproduttive, eliminando gli ostacoli che alla,
loro naturale forza di espansione si oppongono: In tale categoria
rientra, in particolare, il sistema della colonizzazione delle terre'
che la nazione possiede o controlla, sistema che in ogni tempo
si è dimostrato efficacissimo.
Contrasta, invece, alle naturali tendenze, la politica interna
propulsiva che mira a forzare le famiglie e gli individui poco
inclini alla riproduzione, distogliendoli, mediante carichi tribu-
IIO-
tari o altre misure di sfavore, dal celibato o da famiglie artificialmente limitate.
Anche se repulsiva, può la politica demografica esercitarsi
favorendo le tendenze che si manifestano nel popolo: così il matrimonio può risultare ritardato allungando il tirocinio degli apprendisti, come avveniva nel Medio Evo; così in alcuni Stati moderni si sarebbe fatto se, accogliendo la proposta dei neo-malthusiani, si favorissero le così dette cliniche della maternità (e già
in Grecia non erano mancati filosofi che avevano consigliato le
pratiche contro natura per sottrarre il paese all'incubo della sovrapopolazione); così sono accusati di aver fatto, presso taluni
popoli selvaggi, gli europei, favorendo il consumo degli alcoolici
o facilitando la disintegrazione dei nuclei famigliari e delle organizzazioni indigene che tendevano a prodursi per effetto dell'introduzione dei costumi occidentali e dei sistemi industriali
di lavoro.
Quando invece i matrimoni vengono proibiti o subordinati
a condizioni di età o di consensi o di requisiti economici, O,
quando viene praticato, come in talune popolazioni selvagge;
l'infanticidio per i nati al disopra di un dato numero, la politica
interna repulsiva si attua contro le naturali tendenze.
Una politica interna che, a prescindere dal punto di vista.
quantitativo, si proponga di migliorare la nazione qualitativa-.
mente, può pure essere fatta favorendo le naturali tendenze,
come quando si tende a facilitare il matrimonio o ad alleviare
il peso della prole agli individui maggiormente dotati, o si age-·
vola a questi, se appartengono alle classi basse, l'ascesa alle
classi superiori, cosicchè non siano, per riuscirvi, costretti a,
rinunciare alla famiglia. Le misure che importano restrizioni al
matrimonio, o subordinandolo all'esame sanitario degli sposi.,
o proibendolo in casi di ascendenti tarati e quelle, anche più.
radicali, rappresentate dalla sterilizzazione coattiva degli ele-.
menti razialmente o socialmente inferiori, appartengono all'op-·
posta tendenza.
-
III-
La politica internazionale della popolazione, sia propulsiva,
sia repulsiva, può pure attuarsi favorendo od ostacolando le naturali tendenze.
Si favoriscono le naturali tendenze all'aumento quando si
rende l'immigrazione attraente col parificare gli stranieri ai
cittadini, col mettere a loro disposizione terre e credito; si favoriscono invece le naturali tendenze alla diminuzione quando si
appoggiano i connazionali nei loro sforzi di emigrare all'estero,
provvedendoli di un peculio o acquistando per loro terre in
Stati stranieri.
Raggiungono invece l'effetto di aumentare la popolazione,
opponendosi alle tendenze naturali, quegli Stati che impediscono od ostacolano l'emigrazione permanente, mentre, sempre
contrastando le naturali tendenze, ottengono l'effetto opposto
di diminuire la popolazione o di frenarne l'aumento, gli Stati
che deportano i vagabondi, i delinquenti, i criminali, come hanno fatto durante i primi secoli dell'Era Moderna le nazioni
europee e, come nell'antichità fece, per i poveri, Atene.
Anche la politica internazionale della popolazione può avere
scopi puramente qualitativi: questi si attuano favorendo le naturali tendenze quando vengono fatte condizioni di favore a categorie particolarmente ambite diemigranri stranieri, come durante il Medio Evo e l'Era Moderna praticarono i Principi delle
nazioni meno evolute, per attirare g!li artieri delle più progredite, Oppure possono essere raggiunti con mezzi coattivi, come
quando gli aspiranti ad entrare in un paese vengono sottoposti,
Q al confine o ancora nel paese di origine, a una selezione rigorosa secondo criteri sanitari, economici, culturali.
Tali le categorie, a mio modo di vedere, fondamentali, dei
sistemi di politica della popolazione che la discussione, che ho
l'onore di dichiarare aperta, non mancherà certo di illustrare
con nuove considerazioni e più completi dati di fatto.
-
COMMENTI
L'esposto, che precede, ha costituito uno dei rapporti presentati alle
-discussioni sui problemi demografici e migratori, tenute dal 17 al 28
-giugno presso l'Università di Chicago. Tali discussioni ri~ntravano n~l
.programma dei lavori indetti per l'anno 1929 dalla e Norman Wait
.Harris Memoria! Foundation» di quell'Università.
Il programma, che di 'anno in anno. viene variato, verteva l'anno
<scorso sopra la demografia, e si componeva di due parti: conferenze
pubbliche (Lectures) e discussioni [Round Table Conferences) riser.vate agli invitati.
Le conferenze pubbliche, oltre che allo scrivente, erano state affi,date al Prof. NASU dell'Università di Tokio; al Prof. R. R. KUCZYNSKI
"della Scuola' Superiore di Commercio di Berlino e della e Brookings
.Institution s di Washington e al Dr. Oliver BARER, funzionario del Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti. Esse si svolsero sui temi
-seguenti:
Prof. GINr:
I) L'evoluzione delle nazioni.
2) La morte delle nazioni.
3) Nascita e reviviscenza delle naztont,
Prof. NASU:
4) Il problema della popolazione ed il tenore di vita.
5) Il problema della popolazione nell'Oriente e nell'Occidente.
6) Può il Giappone risolvere il proprio problema della popolazione?
Prof. KUCZYNSKI:
7) La futura popolazione del mondo.
II2-
::s -
Gini.
II3-
I problemi della
popolazione e del..
la emigrazione
alla Università di
Chicago nel giugno 1929.
Dott.
BAKER:
8) La tendenza della produzione agricola americana.
Il testo di queste 8 Conferenze sarà. pubblicato in inglese e messo
vendita a cura dell'Università di Chicago, la -quale, d'altro lato, ha
consentito alla pubblicazione a parte, in italiano, delle tre Conferenze
dello scrivente, pubblicazione che viene appunto fatta in questo volume.
con largo corredo di note documentarie e illustrative.
In
Non meno importanti, e forse più interessanti, delle conferenze
pubbliche, riuscirono le I6 discussioni fra specialisti.
Ciascuna discussione si svolgeva generalmente intorno ad un rapporto, eccezionalmente intorno a due, presentati da uno o rispettivamente da due relatori, preventivamente designati dall'Università secondo il programma prestabilito,
I temi posti in discussione, del pari che i nomi e i titoli dei relatori, sono sufficienti a mettere in luce la varietà dei soggetti trattati e
l'ampiezza dei dabattiti:
Le previsioni dello sviluppo della popolazione - Relatore Prof. Raimondo PEARL, Professore di biologia e direttore dell'Istituto di ricerche
biologiche del1"Università Iohn Hopkins di Baltimora; direttore della
rivista «Human biology ».
J
L alimentazione, le risorse naturali e la popolazione - Relarore Professor S. NASU, Professore di Economia rurale nell'Università Imperiale
di Tokio.
Probabile incremento degli approvvigionamenti alimentari _ Relatore Dr. Alonzo E. TAYLOR, Professore di patologia e di chimica fisiologica, Direttore dell'Istituto di ricerche sull'alimentazione dell'Università di Stanford (California).
l movimenti migratori - Relatore Prof. H. P. FAIRCHILD, Professore di sociologia nell'Università di New York.
Freni preventt'vi all'aumento della popolazione ~ Relatrice Signora
Margaret SANGER, redattrice della «Birth Control Revue », Presidentessa della Lega Americana per il controllo delle nascite.
I metodi statistici ed il problema della popolazione _ Relatore Dottor Roberto R. KUCZYNSKI, Professore di economia nella Scuola Superiore di Commercio di Berlino e membro del Consiglio della e Brookings.
Institution » di W ashington.
1 procedimenti restrittioi dell'emigrazione ~ Relatcre Prof. Walter-
-
II4-
WILLCOX, Professore di economia politica nella Università di Cornell,
Vice Presidente dell'Istituto Internazionale di Statistica.
Il problema qualitativo della popolazione - Relatore Dr. Charles
B. DAvENPoRT, Direttore del Laboratorio di eugenica di Cold Spring
Harbor (New York) e Presidente della Federazione Internazionale di
Eugenica.
La pressione della popolazione e la guerra
~ Relatore Prof. Edward
A. Ross, Professore di sociologia nell'Università di Wisconsin,
La politica demografica delle varie nazioni - Relatore Prof. Corrado GINI, Professore di politica e statistica economica nell'Università
di Roma, Presidente dell'Istituto Centrale di Statistica del Regno d'Italia.
La fecondità delle varie classi sociali - Relatore Prof. WiIliam F.
OGBURN, Professore di sociologia nella Università di Chicago.
La distribuzione della popolazione - Relatore Prof. Warren S.
THOMPSON, Direttore della Fondazione Scripp per le ricerche sulla
popolazione presso l'Università di Miami nell'Ohio.
Le risorse minerali ed energetiche in relazione allo sviluppo della
popolazione - Relatori Dr. F. G. TRYON e Dr. O. E. KIESSERLING, funzionari dell'Ufficio Minerario degli Stati Uniti d'America.
La popolazione e i problemi sociali ~ Relatore Dr. Louis DUBLIN,
Capo dell'Ufficio di Statistica della Compagnia di Assicurazione e Metropolitan », già Presidente dell'Associazione di Statistica Americana.
Razza e nazionalità in relazione ai problemi demografici ~ Relatori Prof. Griffith TAYLOR, Professore di geografia nell'Università di
Sidney e Prof. El1sworth HUNTINGTON, Professore di geografia nell'Università di Yale.
Ifoptimum della popolazione - Relatori Dr. Oliver E. BAKER, funzionario dell'Ufficio di Economia agricola nel Ministero di Agricoltura
degli Stati Uniti d'America e Prof, Corrado GINI.
Oltre ai relatori, prendevano parte alle discussioni, dietro invito per~
sonale dell'Università di Chicago, molti altri specialisti, in buona parte
professori, sia dell'Università di Chicago, sia di altre Università degli
Stati Uniti di America e di altre nazioni.
In tutte, le persone che parteciparono alle sedute furono 74, fra
le quali, oltre ai conferenzieri e relatori sopra indicati, meritano speciale menzione:
Prof. Robert E. Chaddock, Columbia University, New York;
Dr. R. D. Coats, Dominion Statistician, Otrawa, Canada;
-
II5-
Motivo fondamentale 'delle dìscnssioni: il neo-malthuslanfsmo,
Mr. Walter R. Cracker, Stanford University, California;
Prof. Ralph Linton, University of Wisconsin, Madison, Wis;
Mr. S. Okada, Imperial University of Tokyo, Japan;
Prof. E. B. Reuter, University of Iowa, Iowa City, la.
Prof. Iesse S. Steiner, Tulane University, New Orleans, La.
Mr. W. Y. Swen, Nanking University, Nanking, China;
Prof. Paul S. Taylor, University of California, Berkeley;
Dr. Louis Wirth, Tulane University, New Orleans, La.;
Prof. Charles O. Hardy, Brookings Institution, Washington D. C.;
Prof. Robert R. Kuczynski, Brookings Institution, Washington D. C.;
Prof. Laverett S. Lyon, Brookings Institution, Washington D. C.;
Dr. P. G. Wright, Brookings Institurion, Washington D. C.
oltre a una cospicua rappresentanza del corpo insegnante dell'Università
di Chicago, costituita dai Proff. Warder C. Allee; Fay Cooper Cole; William E. Dodd; Paul H. DougIas; 1. S. FaIk; Ellsworth Faris; Ernst
Freund; Haroid F. Cosnell; Samuel N. Harper; Frank H. Knight;
George K. K. Link; Harley F. MeNair; Charles E. Merriam; Harry
A. Millis; Henry C. Morrison; George S. Monk; . Wm. F. Ogburn;
Henry Schultz; Henry C. Simpson; R. W. Stone; Thomas W. Srnith;
Iacob Viner; Benj H. Willier; Chester W right; Quincy Wright; Sewall
Wright e dai Dottori Franklin C. McLean e Frederick L. Schuman,
TI grande favore, che in larghi strati dell'opinione pubblica americana viene accordato alle pratiche neo-malthusiane, aveva fatto sì che
fossero state invitate anche persone che, pur non potendo contarsi fra
gli scienziati, hanno in America una certa notorietà come propagandisti di tali pratiche, quali la signora Margherita SANGER, che ha anche
svolto la ricordata relazione sui Freni prcventioi all'aumento della popolaeionc, la Dottoressa YARROS, Direttrice della Clinica della Maternità di Chicago, e il Dr. BURcH di New York.
Le discussioni furono con molto garbo presiedute dal Prof, Quincy
Wright, che ha cattedra di Scienze politiche nell'Università di Chicago,
il quale, insieme col Prof. Ogburn e coadiuvato dal Dr. Schuman, aveva
avuto anche il merito di organizzare i lavori della sessione.
Motivo fondamentale alla discussione fornirono le pratiche neomalrhusiane, che sono venute prendendo in America, tale una estensione
da sovvertire il concetto tradizionale della morale sessuale e da porre in
discussione le stesse basi della convivenza matrimoniale.
Ritornava tale motivo, per facili connessioni, anche nella discus-
-
n6-
siorie di relazioni che a stretto rigore si riferivano a tutt'altro argomento,
mentre, legato con la questione del controllo delle nascite, sorgeva il problema del pericolo della sovrapopolazione, che costituisce uno dei fondamenti della teoria neo-malrhusiana, o viceversa di una diminuzione della
popolazione, che, secondo altri, sovrasterebbe alle sorti di molte nazioni
di razza bianca.
Per una felice combinazione, i neo-malthusiani che, a parte la Signora Sanger, la Signora Yarros e il Dr. Burch, contavano, fra gli intervenuti, rappresentanti del valore dei Proff. Ross, Ogburn, Thompson
e Pearl, si trovarono di fronte, oltre che allo scrivente .che da molti anni
si occupa della popolazione come fattore determinante dell'evoluzione
delle nazioni, il' Dr. Dublin e il Prof. Kuczynski che, precisamente negli
ultimi tempi, avevano eseguito calcoli,suggestivi sopra il futuro sviluppo
di molte popolazioni di razza bianca, e il Prof. Nasu, che poteva con
particolare competenza illustrare 'il problema della popolazione nell'Estremo Oriente.
Il contrasto fra le due tendenze, così cospicuamente rappresentate,
e la presenza di funzionari di uffici ministeriali degli Stati Uniti, che
dirigono importanti branche della politica economica sulla base delle
prospettive della futura popolazione della nazione, fecero assumere alla
discussione una larghezza, una varietà, una profondità e ,una portata
che rade volte si verificano anche' nelle più fruttuose assemblee scientifiche.
Tutti i presenti convennero che il metodo di giudicare del probabile sviluppo futuro delle popolazioni, sulla base dell'attuale eccedenza
delle nascite sulle motti, era da riguardarsi fallace.
Anche coloro che, basandosi su tale metodo, maggiormente si preoccupavano del pericolo della sovrapopolazione e invocavano il controllo
delle nascite, come un mezzo per porvi riparo (e tali scienziati costituivano, fra gli americani, la grande maggioranza) dovettero riconoscere
che, invece, per gran parte degli, Stati di razza bianca - anzitutto per
quelli dell'Europa settentrionalè, centrale e occidentale, ma anche per
gli stessi Stati Uniti d'America - è la previsione contraria che è ormai
autorizzata in base alla situazione attuale, la previsione, cioè, di una più
o meno prossima diminuzione della popolazione, a meno che la mortalità non discenda al di là di quanto è ragionevole prevedere o la natalità
non subisca un rialzo, che sarebbe in netto contrasto con la tendenza
riscontrata da oltre mezzo secolo a questa parte.
-
n7-
Ciò che sopra si è detto in generale dell'importanza delle discussioni;
bi può ripetere in particolare per la discussione che seguì alla relazione
sulla politica demografica delle varie nazioni qui riprodotta.
Impostazione del~
la discussione
sulla politica demografica.
L'apprezzamento fattone dal Dr. Dublin - che, data l'autorità
dell'oratore, desidero riprodurre testualmente - vale a mostrare come
una impostazione chiara ed obbiettiva della questione abbia valso a
sgombrare il terreno da obbiezioni ed avversioni infondate.
«I want first to express my sense of admiration to Professor Gini
and to the Conference for having had the good fortune to have Professor Gini prepare an outline lìke this.
« There is no subject that I know of that has the complicarions
that the population problem has; and yet by means of a few formulae,
a few fundamental conceptions. Professor Gini has succeeded in clarifying .and crystalizing the whole problem in its various ramifications,
so that one can talk intelligently about every phase of the population
problem.
«I confess I have had for Professor Gini great respect for a great
many years, but I did not dream he could work such _a miracle as .he
apparently bas tonight.
«I was thinking particularly of one of these phases, the one under
«Active Policy», which is placed in a very simple, concrete and intelligent formò a discussion of the population problem which has over a
great many years aroused a great deal of conflict, and this the particular form of putting the problem crystalizes and clarifies it so there
ought not to be any of the animosities ordinarily found in the discussions of the old formo
«I speak here of some of my own writing, for example. I have,
again and again, emphasized the necessity of performìng a duty to the
.state, in rny criticism of birth control propaganda. I have insisted that
the policy neglects the duty of the individual to the state, and I have
been very round1y criticized der that way of putting it.
«WeU now, Professar Gini comes along and says: Here are two
ways of looking at this problem, first a population policy which aims
at a service to the present generation; and as against thar, there Is the
policy of seeking advantage for future populations, future generations.
« Now that is exactly what I had in mind, although I did not put
ìt in that way when I emphasized the consequence to the .state.
-
II8-
Ali I
had in mind was such a population (poliey as would conserve the welfare
of the future gencrations.
«In this form, one can have no fault to find with the emphasis- on
the obvious necessity of providing a future generation to carry on the
tradition of the people. In my form of the discussion, I can see very
well why I brought clown a great dea! of criticism in conjuring up
this concept cf a state, although we mean exacdy the same thìng »,
Tenuto conto dell'impressione di consenso di cui il Dr. Dublin si
era fatto portavoce, la discussione, più che sui punti centrali della refazione, si svolse sopra punti secondari o laterali, per quanto tutt'altro
che privi di importanza.
Importante fu una contestazione concernente la necessità di tener
conto, nella politica demografica, della previsione di un'inversione del
dinamismo demografico. Gli scienziati americani, che difficilmente
sanno prospettarsi una questione scientifica senza un preciso riferimento
.a casi particolari, ne fecero immediato riferimento alle condizioni presenti dell'umanità. Negli ultimi 100 anni, essi notavano, la popolazione
mondiale è aumentata almeno altrettanto di quanto ha fatto in tutto
il tempo precedente dall'epoca della comparsa dell'uomo sulla terra,
e, se si concentra l'attenzione sulle sole razze europee, le conclusioni
sono anche più favorevoli, in quanto dalla battaglia di Waterloo a
quella della Marna le popolazioni di stirpe europea sono passate da
aro a 645 milioni. Non è proprio questo il momento, essi concludevano,
di parlare di una diminuzione della popolazione.
Fu facile rispondere che la questione della popolazione non è una
questione cosmopolita, ma nazionale, e ricordare' che i calcoli del Kuczynski e miei avevano messo in luce come, eliminata l'influenza perturbatrice proveniente dal passato dinamismo delle nascite, che porta a
gonfiare nel periodo attuale le età riproduttive, la generalità degli Stati
dell'Europa settentrionale, centrale e occidentale, risulti in' condizioni
di virtuale decadenza demografica, in quanto le nascite degli ultimi
anni sarebbero insufficienti, sulla base degli attuali coefficienti di mortalità, a riprodurre la popolazione ora esistente, mentre, fuori di Europa,
gli Stati Uniti d'America possono già riguardarsi in una condizione
virtualmente stazionaria.
Riconobbero i contraddittori il fondamento di tale punto di vista
e confessarono l'illusione in cui erano stati indotti dal confronto bruto
tra i coefficienti di natalità e di mortalità generale, ma portarono la
-
II9-
La necessità di tener conto della
prevista inversione del dinamismo
demografico.
Porlata delle conclusioni sopra la
politica agraria
degli Stati Uniti
d'America.
discussione sopra un altro punto, osservando che vi sarebbe stato sem':""'"
pIe tempo ad intervenire in favore di un incremento della popolazionequando il pericolo della spopolazione si fosse realmente manifestato, ..
programma - a loro avviso - indubbiamente più razionale che quello
di accrescere attualmente la popolazione al di là. del necessario, in pre-.
visione di un pericolo non ancora esistente.
Fu agevole rispondere che la storia dimostra l'inefficacia di una,
politica demografica tardiva. Nè è difficile rendersene conto a priori, in,
quanto la natalità, in un dato periodo, dipende' in misura essenziale dal
numero delle persone in età riproduttiva, il quale, a sua volta, dipende'
fondamentalmente dal numero delle nascite verificatesi fra 20 e 40 anni.
prima. D'altra parte, nelle attuali condizioni, non parrebbe facile otte-·
nere, pur con ogni sforzo, una notevole discesa dei coefficienti di morta-.
lità specifica per i singoli gruppi di età, mentre, in causa del continuoaumento della percentuale delle età senili, è da attendersi che aumenterà
il coefficiente di mortalità generale. Nè vi è molta speranza di ravvivarela natalità quando la psicologia raziona1izzatrice delle nascite è pene-·
trata nella massa della popolazione, come precisamente è già avvenuto . .
negli Stati di Europa e di America sopra menzionati.
Non poterono in definitiva negare gli avversari che il futuro dina-·
mismo della popolazione'deve essere tenuto in conto molti anni primadalla politica demografica, mentre la portata pratica che le conclusioniraggiunte circa il futuro sviluppo della popolazione erano destinate ad.
avere per la politica economica del Ministero dell'Agricoltura degli Stati.
Uniti d'America, venne messa in evidenza dal Dott. Bakef. funzionario .
di detto Ministero, con parole che vale la pena di riprodurre.
«I want to first acknowledge my indebtedness, not only to Pro-.
fessor Gini and Mr Kuczynski, but also Dr. Dublin. He has probablyhad more infiuence on the Department's policy with regard to land..
and the Department of Agriculture, than he realizes.
e It seems to me one of the principal ways to influence birth rate
is by influencing the proportion of the population -engaged in agri-.
culture.
. «Therefore, I have been sent on here particularly by the govern-.
ment to learn what I could with reference to the subject, and I am very
much ~mpressed with the importance of possibly changing our agri-.
cultural policy.
«Our policy in the past certainly has been conducive lo a highr;
-
120-
birth rate. It is very Iikely the homestead policy of rhe Federai Oovemment is one of the big factors in causing an increase cf population. Now
lately we began to realize zhe situation, and we, I think, have been
fairly effcctive in stopping any further expansion of the reclamation
policy. And it is our policy to oppose expansion of the reclaimable areas,
or any drainage projects, in view of the agricultural surplus.
«But some of the things that have been brought out, particularly
by Dr. Gini and Professor Kuczynski, are beginning to raise a question
in my own mind as to whether it is not perhaps feasible, uot [ooking
at the present, but looking at the future, to alter our attitude in that
respect with a vìew to encouraging the growth of popu1ation.
« That, of course, also affects, as I indicated last night, the tariff
policy of the Govemmenr. But I want to acknowledge my great indebtedness a,
Il Dr. Baker aveva occasione di precisare il suo punto di vista in
altra occasione:
«We have been assuming in our studìes of Iand utilizaticn in the
Department of Agriculture, that the population of the United States
would be not less rhan onehundred and seventy five million in the year
J 975, and possibly two hundred million in the year 2000. Those figures
were based first on Dr. Pearl's studies, which were confìrmed by the
work cf Professor Whelpton and Professor Thompson.
«But now it appears that the nation's population may never exceed
one hundred and fifty millions, and that after two or three decades it
will subside to a number probably not over ten per cent greater than at
present, and possibly even less than at presento This impending reversal
of the trend of population seems Iikely to follow after a period of extraordìnery increase in production of minerals and agricultural commodities, as well as of manufactured goods, and will have a profound effect
upon the trends cl production, particularly of farro products.
E concludeva:
«This conference has been the most valuable conference I have
ever attended; it will compel us to revise all our work ».
Interessante questione fu sollevata circa l'esistenza di un limite, a
cui tenderebbero, nella loro attuale evoluzione, le popolazioni bianche.
Il Dr. Willcox faceva rilevare a questo proposito che, quando si
pensi alla lunghezza del periodo da cui l'uomo è apparso sulla terra, ci
si persuade facilmente della impossibilità che la popolazione umana sia
-
121-
La staztonarìetè
demografica comecondizione normale dell' avvenire.
t
I
I
aumentata in passato nelle stesse proporzioni con cui noi l'abbiamo vista
'crescere durante ~ secoli XIX e xx, e si è indotti a pensare che la stazionarietà sia stata durante la storia dell'umanità la condizione normale.
Attualmente essa' è, si può dire, la condizione normale, almeno da un
secolo a questa parte, per la Cina e per l'Africa, se pure quest'ultima
non si trova in lieve diminuzione. Non vi è quindi nulla di sorprendente
(tutto a07':1 ci induce a crederlo) che in avvenire la stazionarietà demografica sia destinata a costituire la condizione normale dell'umanità,
come d'altronde essa rappresenta la condizione normale per la generalità
delle specie animali e vegetali. Nè vi è nulla da temere da questa situazione di cose, in quanto una popolazione stazionaria, o anche leggermente decrescente, può perfettamente armonizzarsi con la conservazione dell'attuale tenore .di vita e anche con un .suo ulteriore progresso.
All'opinione del Willcox si associava il Dublin, mentre il Kuczynski
metteva in luce come tutto il sistema della vita economica moderna delle
razze bianche sia basato sopra un continuo aumento della popolazione.
L'argomento non fu ulteriormente approfondito nella discussione
che seguì; ma vale la pena di osservare a questo proposito che, nè l'esperienza storica, nè considerazioni teoriche possono confortare la speranza
che la tendenza attuale delle popolazioni europee trovi il suo epilogo
in una popolazione stazionaria.
E' vero bensì che in taluni periodi storici le popolazioni europee
furono approssimativamente stazionarie, ma ciò avvenne per un'alta mortalità, che presso a poco compensava l'alta natalità; non per effetto di
una natalità decrescente.
L'esperienza delle civiltà antiche, non smentita dalla osservazione
delle nazioni civilizzate moderne e delle popolazioni primitive, ci fa
credere, invece, che, quando la natalità ha continuato a diminuire per
molto tempo, molto difficilmente essa .si arresti nella sua discesa, e ciò
soprattutto quando la discesa è accompagnata da una modificazione radicale della psicologia della riproduzione; mentre, d'altra parte, ben s'intende che la discesa della natalità non può, oltre ad un dato punto,
essere compensata da una discesa della mortalità.
Il fatto che l'umanità abbia milioni di secoli certamente esclude che
in passato essa abbia seguito costantemente un ritmo di accrescimento
analogo a quello verificatosi nell'epoca moderna; ma non esclude, che
essa abbia presentato periodi di ascesa e di discesa, alcuni dei quali anzi
rientrano nell'esperienza storica e altri risultano documentati dalle ricerche archeologiche.
-
I22-
Anche la stazionarietà delle popolazioni dell'Africa e della Cina
è verosimilmente solo apparente. La stazionarietà molte volte non è che
1'impressione di chi guarda le cose da .lontano senza poterne sceverare
gli elementi; così stazionaria appare, da chi la contempli da un dirigibile, la folla di una piazza realmente in preda a continui movimenti.
Probabilmente, e in Africa e in Cina, sono .tuttora in corso sostituzioni di popolazioni che datano da tempi immemorabili. In Africa, la
riduzione delle popolazioni pigmee, boschimane e ottentotte e quella, più
recente, dei negri propriamente detti, e la diffusione, a loro spese, delle
popolazioni di razza bantù rappresentano una condizione di cose ben
diversa. da una situazione stazionaria. E' molto verosimile che qualche
cosa di analogo si verifichi in Cina, la cui popolazione, d'altronde, se,
globalmente considerata, non cresce entro i confini tradizionali, tende
però ad espandersi, come è noto, nei territori circostanti, taluni dei quali,
come la penisola dell'Indccina, essa ha in buona parte pervaso in tempi
relativamente recenti.
Ma'ncano ancora studi dettagliati per poter dire come si comportino le specie animali e vegetali, ma la scomparsa, in epoca storica, da
estesi territori, di molti grossi mammiferi non può trarsi in dubbio;
come non può trarsi in dubbio la espansione di altre specie, partico-larmente di quelle che hanno reso di diffusione mondiale malattie altra
volta sconosciute.
Il fatto che parecchi presenti avevano aderito all'idea di un decorso parabolico della popolazione e che altri avevano parlato di una
condizione stazionaria come la condizione normale a cui la popolaz.ione avrebb~ teso nell'epoca moderna, ha fatto sembrare giustificata
la questione se vi sia speranza che una politica della popolazione possa
approdare a qualche cosa o se il decorso della popolazione sia invece
da considerarsi come un fenomeno naturale, altrettanto incontrollabile
dall'intervento umano quanto la rivoluzione della terra intorno al sole.
Tutti i presenti furono però concordi nel rispondere negativamente
alla seconda alternativa, non solo per ciò che concerne l'azione dello Stato,
svolta sia attraverso la politica emigratoria, che evidentemente non può
restare senza un'influenza, almeno temporanea, sullo sviluppo della popo-lazione, sia attraverso la 'mortalità; ma anche per ciò che riguarda la
politica della natalità.
Anche coloro i quali ritengono che l'evoluzione della popolazione
avvenga necessariamente attraverso cicli, ammettono, e l'esperienza d'al-
I23-
L'evoluzione demografica è controllabile dall'intervento umano?
f
f
I
tronde lo dimostra, che tali cicli possono avere un periodo" più o menolungo, mentre, e la esperienza, e considerazioni a priori inducono a ceedere che la lunghezza del periodo possa essere influenzata da più o.
meno opportuni provvedimenti, come può, con un più o meno con..
veniente regime di vita, essere conservata più o meno a lungo la vvalità degli organismi individuali.
La colonizzazione di regioni spopolate o scarsamente abitate permezzo di famiglie prolifiche è, in particolare, un sistema che, in ogni.
tempo, come è . detto nella relazione, si è dimostrato eflicacissimo al fine:
di dare sviluppo alla popolazione. Analogo risultato hanno verosimilmente i provvedimenti "che mirano ad accrescere la percentuale della
popolazione agricola, in particolare frenando l'urbanesimo.
Di meno sicuro effetto sembrano i provvedimenti diretti a facilitareil problema degli alloggi per le famiglie numerose; e di effetto ancora
meno sicuro è il sistema dei sussidi, per quanto non si possa negare'
che quelli e questo possano talvolta dare buoni risultati, specialmente:
per certe categorie di popolazione.
Talune prove, addotte a favore dell'efficacia di tali provvedimenti:
non sembrano tuttavia convincenti. E' il caso di quella, citata nella
stessa discussione, che si è voluta desumere dalla circostanza che la.
prolificità Idei missionari sarebbe divenuta più elevata dopo che Ie loro.
condizioni economiche, col sistema. dei sussidi, sono divenute praticamente indipendenti dal numero dei figli. Non si tratta, infatti, -iru
tali casi, di Un gruppo :chiuso .di popolazione, seguito nelle sue succes-.
sive generazioni. anraverso il tempo, ma di' una classe aperta, a cui s;"
accede per libera scelta e verso la quale le ,persone desiderose di crearsi
una famiglia numerosa possono sentirsi più o meno attratte nei vari
periodi, a seconda della maggiore
minore possibilità di mantenerla..
°
A parte ciò, la difficoltà essenziale del sistema dei sussidi deriva.
dalla possibilità di applicarlo a tutta la popolazione in misura adeguata"
in quanto ciò importerebbe una falcidia, a vantaggio della comunità,
dei redditi individuali, tale da togliere quasi ogni stimolo alla produzione, mentre un sussidio insufficiente può non sortire l'effetto' desiderato, e può anzi sortire l'effetto contrario se fa sorgere o accentua I'abitudine di considerare la prolificaaions . come un atto economico, in,
quanto è precisamente da tale psicologia che trae soprattutto alimento.
la limitazione delle nascite.
-
124
-
Il.
L'" OPTIMUM" QUANTITATIVO DELLA
POPOLAZIONE
Ho scelto per tema di questa discussione l' optimum quantizativo della popolazione perchè è un argomento che è stato trattato ampiamente, soprattutto negli Stati Uniti di America, e di
cui, d'altronde, anch'io mi sono particolarmente occupato.
Basterà quindi che io ricordi per sommi capi quali sono gli
elementi fondamentali della teoria dell' optimum quantitativo.
Essa è sorta come una reazione a quella che si potrebbe chia- Origine e contenuto della teoria
mare la teoria del maximurn della popolazione, che riguardava dell'« optimum »,
l'aumento della popolazione sempre e in ogni caso desiderabile.
Il fatto - si è osservato- che per alcuni paesi si Possa parlare dì
sovrapopolazione basta a dimostrare la fallacia di questa concezione. Poichè, d'altra parte, per altri paesi pare appropriato
parlare di sottopopolazione, se ne deduce che vi deve essere una
condizione intermedia, che rappresenta precisamente l' optimum
quantitativo della popolazione. Tale condizione evidentemente
corrisponde a quella combinazione dei vari elementi che influiscono su la vita e l'attività umana, la quale, in date condizioni
di luogo e di tempo, si deve riguardare come la più vantaggiosa.
Non si tratta che di una nuova applicazione della legge delle
-
125
-
proporzioni definite. Al di là e al di qua di tale punto di optimum, le condizioni diventano più sfavorevoli.
n benessere eco ..
Ma quale è il criterio per giudicare dell'optimum della poponomico come ertterio dell'« epttlazione? Gli autori anglo-sassoni che hanno sviluppato la teoria
mum a,
sono d'accordo nell'assumere come criterio il benessere economico. Altri elementi - essi osservano - potrebbero essere bensì
presi in considerazione, ma essi non sono suscettibili di misurazione. Il benessere economico, invece, si può misurare sia pure
approssimativamente. Secondo i vari autori, ci si dovrebbe basare,
a tal fine, o sull'altezza del livello della vita (in altre parole sul
comfort individuale), oppure sul reddito medio globale per testa,
o invece sul reddito medio consumato per testa, o infine sul rendimento medio di un'unità di lavoro. I criteri non sono identici,
ma non differiscono, nella loro applicazione pratica, sostanzialmente.
Variabili di c u i
Qualunque di questi criteri si adotti, si ammette che l'aml' « optimum » è
montare della popolazione, che in un dato momento realizzefunzione.
rebbe 1'optimum, sia funzione delle condizioni naturali di territorio e di clima del paese, dei capitali in esso investiti e infine
delle qualità della popolazione stessa.
importanza pratiAlla teoria dell'optimum della popolazione viene attribuita
ca della teoria del..
1'« cptimum »,
una importanza grandissima, non solo scientifica, ma anche pratica, in quanto tutta la politica della popolazione dovrebbe essere
diretta a realizzare l'optimum, tendendo a diminuire o ad accrescere la popolazione secondo che l'optimum è stato oltrepassato
o meno.
La determinazione, per ogni paese, del punto di optimum
sarebbe certo importante - e qualche autore la riguarda anzi
come l'obbiettivo più importante delle scienze sociali applicate
- ma, anche senza conoscere con precisione tale punto, basterebbe, per indirizzare la politica della popolazione, di conoscere
la direzione nella quale il punto si trova, e cioè se esso è o non è
stato oltrepassato, allo stesso modo che, per dirigersi, basta ai
126 -
naviganti di conoscere, mediante la bussola, in quale direzione
si trova il Polo Nord, anche senza conoscere esattamente la propria posizione rispetto ad esso.
I teorici dell'optimum della popolazione affermano in generale che, nei paesi di vecchia civiltà, l'optimum è già stato oltrepassato, basandosi sul confronto fra il rendimento del lavoro
che si ottiene in essi e nei paesi di civiltà nuova. Ma, anche in
questi, l'optimum sarebbe prossimo a raggiungersi, seppure non
fosse già raggiunto.
La teoria dell'optimum riesce, a tutta prima, così persuasiva
da venir giudicata un truismo, ma è una savia massima quella
di diffidare di ciò che appare troppo evidente, e, anche in questo
caso, quando la critica si approfondisce, le obbiezioni si moltiplicano.
Anzitutto, si può parlare veramente di un punto di optimum,
o non sarebbe più appropriato parlare di una zona di optimum?
La legge delle proporzioni definite non è infatti così rigida nel
mondo economico, come nel campo della chimica. Ammessa
una zona di optimum, si deve ammettere che un paese, che la
attraversi, possa,entro tale zona, aumentare la popolazione senza
abbassare il benessere economico dei suoi componenti.
Secondo punto: Si deve ammettere che vi sia un solo optimum, o invece parecchi optima, corrispondenti ciascuno a un
particolare stadio economico: per es. pastorale, agricolo, industriale, commerciale, bancario? In caso affermativo, si deve ammettere che, in certe circostanze, sia consigliabile didipartirsi
dall' optimum attuale con un sacrificio immediato, per raggiungere, più tardi, un optimum di ordine superiore.
Terzo punto: Desumere l'optimum dal criterio del benessere
economico non costituisce un punto di vista unilaterale? Il dire
che gli altri elementi non sono suscettibili di misurazione, serve
solo a mostrare l'imperfezione dei nostri mezzi d'indagine, ma
non prova che questi elementi siano trascurabili. Ora, la salute,
-
127
-
D o v e l' optimum
sarebbe oltrepas...
sato.
Punto o zona di
« optimum »?
Un solo « optimum » o parecchi
« optima »?
Unilateralità del
criterio economico.
Reazioni della nopoIazione sulla
e-ìecheaaa.
l
Per chi la popoJaaìone deve rappresentare l' « op'tfmum »?
Punto di vista individuale.
io sviluppo intellettuale, l'altezza del livello morale, la sicurezza
delle persone e della proprietà, il rischio, maggiore o minore, che
lo stesso benessere economico attuale si continui nel futuro, la.
soddisfazione degli istinti non aventi un contenuto economico
(fra cui conviene pure contare il proselitismo di razza, di religione, di cultura) sono tutti elementi che non possono venire tra-·
scurati. Molti di essi appaiono favoriti dalla densità della popolazione. Ad essi, d'altronde, può darsi un'importanza diversa..
secondola diversa psicologia e i diversi ideali del popolo.
Quarto: Altro punto da esaminare è se l'ammontare della
popolazione, che realizzerebbe l' optimum adottando il criterio
economico o anche tenendo conto degli altri elementi sopra
enunciati, possa legittimamente considerarsiesclusivamente come
una funzione delle condizioni naturali del paese, del capitale in
esso investito e deil'!e qualità de]la popolazione, o 'se, invece, l'ammontare, la densità, l'accrescimento della popolazione non reagiscano a loro volta potentemente su la produzione e l'accumulazione della ricchezza, sulle qualità che mediante la educazione
acquista la popolazione, sul progresso economico e sociale del
pari che sulla iniziativa individuale dei cittadini. E anche qui è
da rilevare che queste reazioni possono differire essenzialmente
da paese a paese.
Quinto: Vi è ancora un punto essenziale da precisare. Per
chi la popolazione deve rappresentare un optimum? L'optimum
può infatti essere giudicato da un punto di vista individuale, o
invece nazionale, o infine cosmopolita.
Il punto di vista individuale certo non può venire soppresso, ma neppure al punto di vista nazionale si può rinunciare, se la teoria dell' optimum deve fornire le direttive della
politica della popolazione. Poichè, se è teoricamente concepibile
che gli individui agiscano indipendentemente dal vantaggio del
gruppo sociale cui appartengono, non è concepibile neppure in
- 128-
teoria che lo Stato attui una politica della popolazione indipendentemente dal vantaggio proprio.
Ora, il punto di vista dello Stato differisce essenzialmente Punto di
donale.
dalla risultante dei punti di vista individuali dei suoi componenti, in quanto lo Stato attribuisce un'importanza molto maggiore al vantaggio delle generazioni future di quanto non possano fare i singoli, per quanto l'egoismo di questi possa risultare attenuato dagli affetti e dagli istinti.
Tenendo conto della sorte delle generazioni future, il
rischio di una guerra, che per le generazioni presenti poteva in
certe circostanze riguardarsi trascurabile, diventa praticamente
certezza. A parte la guerra, la sorte delle generazioni future
dipende essenzialmente dalle competizioni commerciali, industriali, linguistiche, culturali, nonchè dall'equilibrio politico fra
le nazioni. Ora, per tutte codeste circostanze, non è i,l reddito
medio individuale, ma il reddito globaìe della nazione che conta,
c, rispetto a molte di esse, la massa delia popolazione, la sua
densità, il suo accrescimento, la sua diffusione all'estero possono
rappresentare decisivi coefficienti di successo.
Deve, oltre a ciò, tener conto lo Stato, nel giudicare dell' optimum quantitativo della popolazione, non solo delle condizioni economiche e demografiche presenti, ma anche di quelle
che si delineano nel futuro, sia per effetto di variazioni probabili nella posizione della nazione sul mercato internazionale.
sia per effetto della futura dinamica della popolazione che' può
essere essenzialmente diversa dall'attuale.
Deve ugualmente tener conto degli effetti che il benessere
economico esercita, non salo sulla generazione attuale, ma anche
sulle generazioni future, le cui qualità possono risultare seriamente peggiorate da condizioni di esistenza troppo comode,
mentre condizioni più difficili, che obblighino a una severa
lotta per la vita e inducano una rigorosa selezione naturale, possono, col sacrificio delle generazioni presenti, assicurare l'effi.
-
129
-
vista ne-
punto di vista cosmopolita,
cienza e il progresso delle generazioni future. Al quale proposito è da osservare che gli alti rendimenti attuali dei paesi
coloniali sono ottenuti, non già dalle popolazioni aborigene che
si sono sviluppate in tali ambienti particolarmente favoriti dalla
natura, ma dai discendenti di quelle nazioni europee che, nelle
competizioni severe imposte da un' alta densità della popolazione, sono venute perfezionando le loro qualità.
Il punto di vista cosmopolita non può evidentemente essere
posto a base di una politica della popolazione, in quanto, da una
parte, non esistono ancora organi supernazionali, e, d'altra parte,
non si può pretendere che i singoli Stati si inspirino a interessi
diversi dei propri. Ha però un'importanza sotto l'aspetto teorico,
in quanto può domandarsi se contribuisca maggiormente alla
Ielicità,e al progresso generale del genere umano il libero spostamento degli elementi demografici che sotto l'impulso de'l'interesse individuale farebbero aflluire maggiormente la popolazione dove nel momento attuale essa darebbe il maggior rendimento, oppure un sistema di coartazione il quale faccia sì che,
in località per condizioni storiche e naturali particolarmente
adatte, si addensi la popolazione, quasi come in vivai, i cui
virgulti, fatti robusti e prosperosi, verranno poi trapiantati per
svilupparsi lussureggianti sugli altri territori.
La teoria dell' optimum quantitativo della popolazione presenta, dunque, ancora molti punti controversi sui quali spero che
la discussione, che ho l'onore di aprire, potrà gettare qualche
nuova luce.
COMMENTI
Talune osservazioni fatte durante la discussione della relazione
qui sopra riprodotta, hanno dato occasione a chiarimenti, su alcuni
funti della relazione stessa, che vale la pena di riferire.
La popolazione che realizza l' optimum - fu osservato - dipende
essenzialmente non solo dalla quantità della ricchezza disponibile per
la collettività, ma anche dalla sua distribuzione.
Il fondamento dell'osservazione è innegabile.
Può osservarsi analogamente, e con altrettanto fondamento, che
l'optimum della popolazione dipende, non solo dalle risorse naturali,
ma anche dalla loro distribuzione nello spazio e nel tempo, e non solo
dalle qualità della popolazione, ma anche dal modo con cui queste sono
ripartite tra le varie regioni, le varie classi sociali, le varie professioni.
Ma, quando si parla dell'ammontare della popolazione che realizzerebbe la condizione di optimuen, s'intende domandarsi se, restando invariate le condizioni del territorio, delle risorse naturali, delle qualità
della popolazione, sia per ciò che riguarda la loro intensità, sia per ciò
che riguarda la loro distribuzione, l'ammontare della popolazione che
realizzerebbe l'optimum è maggiore o minore o uguale all'attuale, c,
nei limiti del possibile, quale è codesto suo ammontare.
Altra questione, che riguarda direttamente, non tanto l' optimum
quantitativo, quanto l'optimum qualirativo, è quella di sapere quale,
restando l'ammontare della popolazione invariato, sarebbe la distribuzione più efficiente di questi vari fattori.
S'intende, però, che i due problemi, quello dell'optimum qualitarive e quello dell'optimum quantitativo, si considerano isolatamente solo
- 130
--
Inter-dipe n d e n z a
tra 1'« cptimum 1)
quantitativo e lo
« optimum» qua-
litativo .
Spostamento del1'«( eptimum Xl col
progredire d e Il a
tecnica.
Vari punti di «OPtimum» come con..
aeguenea della diversa densità della popolazione.
per comodità di studio, ma sono {n realtà indissolubilmente connessi
in quanto che una diversa distribuzione degli stessi agenti naturali o
della stessa ricchezza o delle stesse qualità della popolazione, condurrebbe a riguardare come optimum un ammontare di popolazione
diverso, e, d'altra parte, un diverso ammontare della popolazione farebbe considerare come ottima dal punto di vista qualitativo una diversa
distribuzione dei fattori sopra enumerati.
Cosi, in una nazione poco numerosa, le qualità individuali della
popolazione, che le permettono di difendersi con successo dai nemici
esterni, possono. essere più apprezzate che in una nazione la quale di
gran lunga sovrasta alle altre per ammontare di abitanti.
D'altra parte, è evidente che la condizione di optimum della P'>
polazione è normalmente diversa in un regime di perfetta uguaglianza
dal punto di vista economico e politico che in un regime a ricchezza e
ad autorità fortemente concentrate.
Altro punto della relazione, che merita di venire ilI ustrato, è quello
della esistenza di parecchi punti o zone di optimum.
Non vi è dubbio che l'optz'mum di una popolazione può spostarsi
col progresso della tecnica: nelle nazioni, in cui la tecnica non è ancora
sviluppata, l' optimwm generalmente corrisponde allo stadio agricolo dell'organizzazione economica che importa una popolazione relativamente
scarsa. Successivi progressi della tecnica nel campo dell'industria mineraria, dell'industria manifatturiera, o dei trasporti, o. dei sistemi bancari, possono far sl, e normalmente fanno sì, che l'optimum venga a
raggiungersi con un'organizzazione a carattere prevalentemente industriale o commerciale o bancario, che implica una densità della popolazione molto più elevata.
Ma non è questa eventualità che si prospetta nella relazione, là
dove si parla dell'esistenza di parecchi punti o zone di optimum.
S'intende dire, invece, che, restando identiche tutte le altre condizioni
e, fra queste, anche lo sviluppo della tecnica, si possono avere parecchi
punti di optimum, rispettivamente corrispondenti a diversi stadi economici - pastorale, agricolo, industriale, commerciale, bancario - come
conseguenza unicamente della crescente densità della popolazione.
Si abbia, ad esempio, un paese a popolazione molto sparsa, adibita
prevalentemente alla pastorizia. Per quanto esso sia accessibile, come
tutti gli altri paesi, ai trovati progrediti della tecnica, la quale, più che
carattere nazionale, ha carattere cosmopolita, può avvenire che, quanto
meno dal punto di vista economico, esso trovi il suo optimum quanti-
- 132
-
tativo nella organizzazione economica c nella densità demografica attuale. Accentuandosi la densità della popolazione, l'organizzazione pastorale diventa meno redditizia, cosicchè il paese si allontana dal punto
di aptimwm quantirativo. Dato il rendimento decrescente dell'industria
pastorizia, la crescente popolazione può trovare convenienza a dedicarsi
all'agricoltura, con rendimenti che però da principio non equivalgono
al rendimento della pastorizia nel punto di optimum oltrepassato; di
mano in mano, però, che la popolazione si addensa -- così da venirne
facilitati i trasporti dei prodotti agricoli, da una parte, e dei concimi
e delle macchine, dall'altra, nonchè la costituzione di consorzi per irrigazione o per altre opere comuni necessarie, la difesa della proprietà e via
dicendo - può avvenire che il rendimento dell'industria agricola si
accresca fino ad un punto di optimum che può eguagliare o anche superare l' optimum pastorale precedentemente toccato.
Un'ulteriore accentuazione della densità della popolazione porta a
lasciare dietro a sè anche l' optimurn agricolo, sviluppando a poco a poco
l'industria, con rendimenti, che per qualche tempo possono essere minori
di quelli realizzati nell'optimum agricolo, ma che possono riuscire più
elevati successivamente quando la densità della popolazione renda più
facile il reclutamento delle dense masse di mano d'opera necessarie alla
grande industria, faciliti la loro specializzazione tecnica, permetta lo
sviluppo di industrie come quelle editoriali, artistiche, teatrali, ecc., che
esigono una larga clientela concentrata in breve spazio. Può aversi cosi
un terzo optimum, in uno stadio prevalentemente industriale, con un
ammontare della popolazione di molto superiore ai punti di optimum
pastorale ed agricolo.
Analogamente possono realizzarsi, con densità di popolazione anche più elevata, punti di optimum corrispondenti a un'organizzazione
commerciale o bancaria, che iPossono pure essere separati dai punti di
optimum precedenti da una temporanea discesa dei rendimenti econemici.
Vari punti di optimum potranno essere ugualmente elevati, oppure
potrà esservi un optimum optimorum. Nell'uno e nell'altro caso, però,
può darsi che l'allontanarsi da un punto di optimum, che importa un
sacrificio temporaneo, riesca in definitiva vantaggioso in quanto permetta di raggiungere più tardi un optimum più elevato.
Numerose contestazioni furono sollevate dagli economisti, intervenuti alla discussione di questa relazione con insolita frequenza. La
133 -
Contestazioni degli economisti.
Misurabilità del1'« optimum D.
Soggettività del1'« optimum ».
l
Divergenza tra i
vari « optima »,
concezione prevalentemente individualista dell'optimum e, nella stessa
concezione individualista, la preponderanza, sopra ogni altro, dell'aspetto
economico, costituivano le basi della loro costruzione ideologica.
Gli altri optima, militare, sanitario, culturale, - essi osservavano - non sono miserabili. Solo l'optimum economico lo è, sulla base
del reddito.
Fu facilmente risposto che l'ammettere che ciò che non è misurabile non esiste, costituisce un criterio troppo rigido, per non dire semplicista, e che d'altronde lo stesso optimum economico non è misurabile esattamente se non in base ad ipotesi, quale quella della sua corrispondenza al reddito medio, che evidentemente non sono rigorose,
dovendosi in realtà tener conto di molte altre circostanze, quali i bisogni fisiologici diversi secondo le razze, i climi, i gusti delle popolazioni, la diversa distribuzione degli stessi bisogni e dei beni atti a soddisfarli, elementi, in parte almeno, difficilmente suscettibili di esatta rrusura.
E non solo - fu osservato - l'optimum, può non essere misurabile, ma esso può avere, ed anzi generalmente ha, un carattere soggettivo più o meno accentuato, potendo variare da individuo a individuo e da nazione a nazione. Del che fu subito offerto alla riunione
un chiaro esempio nell'esposizione che il Prof. Nasu fece della sua concezione di optimum.
Il concetto di optimum del Prof. Nasu è essenzialmente dinamico,
in quanto che l' optimum sarebbe rappresentato da quella condizione
che permette il massimo progresso. A una condizione di benessere elevato, ma stazionaria, egli dichiarava di preferire, pertanto, - e la dichiarazione era suggestiva, in quanto veniva da un, rappresetante di una
nazione così fortemente progressiva come il Giappone- una condizione di benessere minore, ma tale da realizzare un più rapido incremento. Per ciò - concludeva il Prof. Nasu - una pressione moderata della popolazione che agisca 'come stimolo al progresso sociale
costituisce una condizione favorevole per la realizzazione dell'optimum.
Da più parti fu richiesto come poteva presumersi che il discostarsi dall'optimum economico avesse potuto significare Un avvicinarsi
all'optimum da altri punti di vista.
Fu facile replicare che era questa una conseguenza inevitabile dell'ammettere che, a seconda dei vari 'punti di vista, esistono vari optima,
militare, culturale, sanitario, oltre all'economico. Ma l'abbiezione, forse
male formulata, verosimilmente era diretta a contestare che vi siena
dei punti di vista che farebbero porre l'optt'mum a una densità più elevata di quella che corrisponderebbe all'optimum economico. Anche in
tale forma, l'abbiezione era, però, evidentemente infondata, perchè, sia pure lasciando da parte .il punto di vista militare, da cui può essere
certamente desiderabile una popolazione più elevata di quella che realizza il massimo reddito individuale, e anche di quella che realizza
il massimo reddito collettivo - vi sono evidentemente altri punti di
vista che porterebbero ad augurare una densità della popolazione superiore a quella desiderabile per pure ragioni economiche. E così la resistenza di una civiltà all'assimilazione straniera e la facilità di talune
sue manifestazioni culturali, sono grandemente facilitate da un'alta densità della popolazione. E' probabilmente per ciò che le civiltà cinese,
indiana ed egiziana risultarono refrattarie a ogni tentativo di assimilazione da parte della civiltà europea, che invece sopraffece facilmente
civiltà non meno diverse, e da taluni punti altrettanto elevate, quale
quella degli Incas peruviani, che non trovavano però radici così salde
in una popolazione altrettanto densa.
E' poi materia di conoscenza comune come ragioni di pubblica
igiene consiglino la bonifica, il rìsanamento e il popolamento di zone
malariche, per quanto ,i singoli proprietari non debbano attendersene
un vantaggio economico individuale, tanto che a tali misure essi si inducono appena, e talvolta non senza riluttanza, a seguito di cospicui
contributi da parte degli enti pubblici. Ragioni di sicurezza pubblica
possono, analogamente, rendere desiderabile il popolamento di certe
contrade, il cui sfruttamento dà tuttavia il massimo rendimento economica ai proprietari nelle attuali- condizioni d- popolazione rada.
Lo stesso elevarsi, 'al disopra di un dato liveìto, delle risorse economiche di una popolazione - era stato osservato nella relazione rendendo troppo comode le condizioni di vita, può costituire una -causa
di peggioramento delle sue qualità: anche su questo punto non fu
difficile rispondere, a chi domandava un esempio, citando la storia
di Sibari, e si sarebbero potuti ugualmente ricordare gli esempi di non
pochi discendenti degli stessi miliardari americani.
Altra considerazione fu quella che l' optimum economico assume
un carattere cosmopolita, mentre altrettanto non dovrebbe potersi dire,
secondo la tesi di taluni degli economisti presenti alla discussione, degli
optima a carattere diverso.
Fu facile rispondere che anche l' optimum sanitario e l' optimum
-
135-
« Optima » a carattere cosrnopolita.
Proposta di una
conferenza Internaaiunale per la
limitazione delle
nascite.
Effetti individuali,
nazionali, cosmopaHti di una popolazione più rada dell'attuale.
culturale assumono tale carattere; nè mancano associazioni internazionali, che si propongono di avvicinarsi ad essi e svolgono in tal senso
un'azione non meno efficace di quella degli enti internazionali con
scopi economici.
Certamente vi è qualche altro optimum che non ha carattere cosmopolita, e tale è evidentemente l'optimum militare; ma il punto di
vista nazionale è tuttora abbastanza forte, per non dire prevalente, nel
dirigere l'intervento della collettività in tema di popolazione, per che
esso debba essere preso in considerazione, a fianco dei punti di vista
individuale e cosmopolita, da chi ami considerare le cose come sono
c non come desidererebbe che fossero.
Ciò non toglie a priori la possibilità che, anche in questo campo,
possa essere preso in considerazione il punto di vista cosmopolita, ed è
evidentemente inspirandosi a tale punto di vista che uno degli intervenuti auspicava una conferenza internazionale per la limitazione delle
nascite, che avrebbe dovuto prefiggersi, secondo la sua' espressione, una
limitazione degli armamenti umani, analoga alla limitazione degli armamenti materiali che hanno in vista le conferenze internazionali
finora tenute. Senonchè è facile osservare che le conferenze per la limitazione degli armamenti materiali avvengono tra Stati che, avendo
tutti la possibilità di crescenti armamenti futuri, ne vedono gli incouvenienri, e non tra Stati di cui alcuni hanno bensì la possibilità, e anzi
la tendenza ad armamenti crescenti, mentre altri 'sono .invece necessariamente forzati ad un progressivo disarmo, come precisamente si verifica per quanto riguarda quegli armamenti umani che sarebbero rappresentati dalle nascite.
La considerazione unilaterale, se non addirittura esclusiva del punto
di vista individuale, faceva apparire naturale a taluni degli economisti
presenti I'affermazione che si sarebbe avuto sicuramente un vantaggio,
anzichè un danno economico, da una diminuzione della popolazione
dei moderni Stati civilizzati, purchè la sua densità si fosse mantenuta
al disopra di un certo punto, necessario ;pcr permettere lo sviluppo tecnologico e la divisione del lavoro, e purchè la diminuzione fosse stata
lenta e graduale, e non subitanea e violenta.
Richiesti delle prove di un'affermazione di così vasta portata, altra
non sapevano addurre all'infuori di quella del minor rendimento medio
per coltivatore dei terreni negli Stati europei, a popolazione densa, in
confronto agli Stati dell'America o dell'Australia, a popolazione più
rada.
Ma, anche ammettendo che tale prova sia sufficiente, e che sia da
riconoscere che gli Stati europei abbiano oltrepassato l' optimwm economico dal punto di vista individuale, resta da decidere se questo optimur»
non sarebbe in contrasto con Yopsimum dal punto di vista nazionale, la
nazione avendo sotto molteplici aspetti, non escluso quello economico,
vitale interesse, come fu abbondantemente messo in luce sia nella telezione che nella discussione, ad uno sviluppo della popolazione che
vada al di là del punto che corrisponde al massimo reddito individuale.
E, passando dal punto di vista nazionale al punto di vista cosmopolita,
era pure il caso di richiamare ancora una volta, a questo proposito, l'ettenzione sulla circostanza che gli alti rendimenti delle terre dell'Australia e dell'America non sono stati ottenuti dai discendenti delle popo~
lazioni 'rade 'che attraverso i secoli hanno popolato quei continenti, ma
dai discendenti delle popolazioni dense dell'Europa che, appunto nella
pressione demografica, trovarono la possibilità di una selezione rigorosa
e lo stimolo ad un progresso tecnico, che dovevano dar loro quelle doti
naturali e quegli attrezzi industriali che, trasportati su terre vergini,
hanno reso possibili gli alti rendimenti realizzati negli .altri continenti.
Tutto ciò sta bene - può dirsi -; ma tutto ciò non toglie che,
nelle condizioni attuali della tecnica e delle qualità raziali, non sarebbe
economicamente vantaggioso, se non agli Stati Europei, almeno ai cittadini loro, presenti e futuri, che la popolazione diminuisca: resta però
da vedere se, non solo il raggiungimento, ma anche il mantenimento
di una civiltà non presupponga- un grado notevole di selezione e di
competizione. lo credo che chi interroga in proposito la storia non può
avere dubbi sulla risposta da dare.
-
137-
INDICE
. Pago
Presentazione
7
PARTE PRIMA.
LA TEORIA CICLICA DELLA POPOLAZIONE.
Pago
II
»
21
III. - La morte delle nazioni
»
43
IV. - Nascita e reviviscenza delle nazioni
»
72
L - Introduzione
II.
La evoluzione delle nazioni .
PARTE SECONDA.
LA POLITICA DELLA POPOLAZIONE.
I.
La politica demografica dei vari Stati
.
II. - L'optùnum quantitativo della popolazione
Pago 10S
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