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08.04.2003
10:29 Uhr
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Indirizzo:
Retina Suisse, Ausstellungsstrasse 36, 8005 Zurigo
Tel. 01/444 10 77, fax 01/444 10 70
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Conto postale 80-1620-2
Retina Suisse
Giornale – Journal
2/2002 Esce quattro volte l’anno
L’associazione d’aiuto reciproco di persone con retinite pigmentosa (RP), degenerazione maculare, sindrome di Usher e altre
malattie degenerative della retina
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Impressum
Redazione:
Christina Fasser e Renata Martinoni
Retina Suisse, Ausstellungsstrasse 36, 8005 Zurigo
Tel. 01/444 10 77, fax 01/444 10 70
E-mail [email protected], www.retina.ch
Testo italiano:
Renata Martinoni
Impaginazione e stampa:
Kohler SD, 8033 Zurigo
Giornale parlato:
Unitas, 6850 Mendrisio
Abbonamento annuo:
è compreso nella tassa sociale
Il Giornale esce:
in italiano, francese e tedesco,
in versione scritta e su cassetta
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Siamo grati per ogni offerta!
No. 86, agosto 2002
Le date da ricordare
del gruppo regionale Svizzera italiana Lugano
• 11 novembre:
incontro del gruppo di colloquio romando a Losanna
• 31 marzo 2001:
Assemblea generale ordinaria
di Retina Suisse a Berna
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Sommario
Editoriale
(R. Martinoni) ..............................................
3
ARVO 2002: un chip nell’occhio
(Ch. Fasser) ...................................................
7
Eritropoietina per proteggere la
retina dai danni da luce
(Ch. Grimm) .................................................
10
Nuove indicazioni per l’assunzione
di luteina e zeaxantina
(AKF / K. Rüther) ...........................................
13
A che punto è la ricerca sulle terapie per le degenerazioni retiniche?
(E. Zrenner, D. Besch) ...................................
22
Portatori di handicap e seniori con
un obiettivo comune
(P. Wehrli) .....................................................
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Scienza – quotidianità
(F. Winkler) ..................................................... 30
Wolfgang Berger nuovo professore
all’Uni di Zurigo
(Uni-Journal) .................................................. 42
L’albo
Più luce sul display del telefonino ................ 43
Handicap visivo e gioco del golf ................... 43
Catalogo UCBC dei mezzi ausiliari ................ 45
Embrioni e cellule staminali
(Fondazione Science et Cité) ......................... 46
A proposito di…
(B. Hübschi) .................................................... 47
Le date da ricordare ................................. 51
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Editoriale
Care lettrici, cari lettori
Come già nel 2001, anche quest’anno avremo
una «settimana della retina». Una settimana che
durerà però più di sette giorni, ma siccome non si
tratta di aritmetica i numeri non sono così importanti. Importanti sono i contenuti e il fatto che si
comincino a intravedere delle connessioni tra le
diverse degenerazioni retiniche. Una ragione
questa che rende le informazioni veicolate dalla
settimana della retina d’interesse non solo per le
persone con una degenerazione maculare correlata all’età. Il programma di Retina Week 2002
ricalca il modulo della prima edizione e noi speriamo che le manifestazioni sappiano attirare un
folto pubblico.
Sul presente Giornale Retina abbordiamo un
tema nuovo, un tema che d’altronde ha già fatto
il giro dei giornali nelle scorse settimane. L’eritropoietina, nota nel mondo dello sport come
sostanza dopante (la famosa Epo) potrebbe
avere degli effetti positivi nel processo che porta
alla morte dei fotoricettori. Riportiamo le prime
informazioni in nostro possesso; vorremmo tuttavia sottolineare che si tratta di indicazioni fornite dalla ricerca fondamentale. Una bella notizia
indubbiamente, anche se l’Epo non sarà verosiGiornale Retina Suisse 2/2002
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milmente disponibile a cortissimo termine per
curare le affezioni retiniche. Prima dovrà infatti
ancora superare lo stadio della ricerca clinica.
Non così nuovi, ma sempre interessanti sono i
temi che hanno a che vedere con la nostra alimentazione. Come annunciato sul giornale 1/02
(nell’articolo sulla ricerca ARED concernente la
degenerazione maculare correlata all’età), pubblichiamo un contributo sul ruolo di luteina e
zeaxantina nella retina. Luteina e zeaxantina si
trovano tra l’altro in certe verdure, una buona
occasione quindi di riparlare di spinaci, ortaggi a
foglie verdi scure, pomodori e carote. In fatto di
consumo di verdura e legumi noi svizzeri siamo
notoriamente dei campioni e così, spesso senza
esserne del tutto consci, con gli spinaci, le coste
di bietole, i pomodori, le carote e altri prodotti
della nostra agricoltura assumiamo delle sostanze importanti per la retina.
Quando parliamo di ricerca non possiamo quasi
mai fare a meno di esprimerci al condizionale. La
nostra vita di tutti i giorni, però, si svolge al presente e al presente si esprimono i nostri membri,
quando ci raccontano come vivono e convivono
con la RP o un’altra degenerazione retinica. A tal
proposito vi proponiamo le riflessioni di Franziska Winkler. Altrettanto concreta è una novità
che si va profilando nella nostro tessuto sociale:
le persone anziane stanno prendendo atto delle
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tematiche dell’handicap. Finora ho spesso avuto
l’impressione che la nostra società consistesse di
gruppi chiusi in compartimenti stagni, ognuno
«armato del suo egoismo di parte». Ora però
qualcosa si sta muovendo in direzione di un
comune lavoro di lobby, ancora tutto da inventare, tra le cerchie degli anziani e il mondo
dell’handicap. Pubblichiamo in merito le opinioni
di Peter Wehrli.
Siamo a metà luglio, il tempo si è messo a brutto
e io mi chiedo se l’estate voglia già prendere congedo. Spero di no perché non ho (ancora) cominciato a goderla. Due sono le spiegazioni e entrambe in un certo senso plausibili: «le mie vacanze cominciano solo nella terza settimana di
luglio» e «non ho ancora fatto a tempo». Sembrano spiegazioni logiche, in realtà non lo sono.
All’Expo – alla blindekuh, l’Expo al buio – una
signora mi chiedeva se, dato l’incedere della menomazione visiva non fosse il caso di fare subito
e in modo mirato ciò che più tardi non avrei più
potuto fare. Senza la minima esitazione le risposi
di no, le dissi anche che «si riesce a fare molto di
più di quanto si crede» e come se non bastasse
mi sentii in dovere di aggiungere che «nella vita
non si dovrebbe comunque mai rimandare qualcosa a più tardi». In ultima analisi una sfilza di
luoghi comuni. Nel poco tempo di cui disponevo
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avrei fatto meglio a dirle che le persone con handicap (visivo) non erano mica diverse dalle altre e
che quindi anch’esse erano ragionevoli o non lo
erano per niente. E soprattutto avrei dovuto
farle presenti i miei desideri nei confronti della
blindekuh all’Expo e dell’Expo.02 in generale,
cioè la speranza che potessero avere effetti durevoli per l’integrazione delle persone con handicap. Questa mia aspirazione dovrebbe concretizzarsi in un’esplicita norma antidiscriminazione
nella Costituzione federale, una norma che non
aiuti soltanto le persone con handicap, ma porti
dei «vantaggi» all’intera società. Penso qui
all’iniziativa popolare per la parità di diritti su
cui, nonostante che il Parlamento stia per licenziare una Legge disabili, forse non sarà ritirata e
che allora l’ultima parola spetterebbe al popolo
nel 2003.
Nei mesi estivi il mio giardino è teatro ogni sera
di un piccolo spettacolo. Un lieve «blopp» in perfetta sincronia con le ultimissime luci del giorno
e poi in cima al gambo dell’onagro (Oenethera
biennis) un fiore giallo limone dispiega i suoi
petali e sprigiona il suo delicato profumo. Care
lettrici, cari lettori vi auguro di avere l’occasione
e di trovare il tempo per assistere a simili ed ad
altri miracoli della natura. Cordialmente
Renata Martinoni
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Abbiamo il mesto dovere di annunciare la
dipartita di Georg Prcibille. Assieme a sua
moglie Brigitte Prcibille-Koch egli aveva diretto fino allo scorso aprile il gruppo regionale di Zurigo. Georg Prcibille era gravemente malato, la sua morte, il 26 luglio scorso, è però giunta inaspettatamente presto.
Retina Suisse porge a Brigitte e alla famiglia
Koch sentite condoglianze.
ARVO 2002: un chip nell’occhio
Fasser, Ausstellungsstrasse 36,
• Christina
CH-8005 Zurigo
Ogni anno in maggio ha luogo a Fort Lauderdale
(USA) il simposio ARVO (Association on Research
in Vision and Ophthalmology), il principale congresso dedicato alla ricerca fondamentale in ambito oftalmologico. A Fort Lauderdale convengono ogni volta circa 10’000 ricercatori e ricercatrici
alfine di scambiarsi i risultati delle loro ricerche.
Al congresso ARVO 2002 il dott. Chow di Chicago
e il suo gruppo presentarono in anteprima i risultati provvisori di una sperimentazione clinica con
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dei chip da innestare nella retina. Questa ricerca
sulla retina artificiale è una sperimentazione
della cosiddetta fase I. In questa fase si sperimenta se è possibile inserire un chip nella retina
umana, se in caso di riuscita non insorgano
effetti collaterali importanti e anche se il chip è
ben tollerato. Le sperimentazioni successive, cioè
quelle della fase II consistono in una verifica del
funzionamento del chip e delle possibilità di
generare delle impressioni visive. Si deve in altre
parole verificare se con il chip si riuscirà a vedere.
Se le sperimentazioni della fase II daranno risultati positivi si passerà alla fase III, quella della
sperimentazione clinica. Qui si tratterà di verificare l’efficienza del sistema su un numero importante di pazienti.
I ricercatori hanno impiantato il chip a sei persone che erano cieche o quasi cieche a causa di
una RP. Il chip venne messo a una distanza di ca.
20 gradi dalla macula. I ricercatori hanno evitato
volutamente di mettere il chip nel punto della
massima acuità visiva (la macula) onde lasciare ai
probandi la possibilità, più tardi e ammesso che il
metodo risulti efficace, di farsi impiantare un
chip sulla macula. In questa prima fase di studio
vennero trattate sei persone e la «durata di vita»
massima di un chip nell’occhio fu di 21 mesi.
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Dopo questo primo periodo di sperimentazione il
dott. Chow poteva presentare i seguenti risultati:
• dal punto di vista chirurgico l’inserimento di
un chip nell’occhio è senz’altro possibile; il chip è
anche ben tollerato;
• il paziente riesce a trovare il punto preciso in
cui è inserito il chip e a servirsene per fissare con
lo sguardo ciò che vuole vedere.
Il dott. Chow comunicava inoltre un altro risultato, pertanto inatteso. I pazienti riferivano
infatti di un leggero miglioramento della vista
rispetto al periodo preoperatorio, un miglioramento che durava nel tempo. A tal proposito il
dott. Chow poté solo abbozzare qualche ipotesi
di spiegazione, prometteva però di continuare a
studiare quell’imprevisto fenomeno. La successiva fase della sperimentazione clinica sarà incentrata sul tentativo di stimolare il chip nonché
sull’ipotesi di trasmettere mediante il chip dei
dati intelligibili. In altre parole che i pazienti possano realmente vedere qualcosa. Il gruppo di
ricerca del dott. Chow si prefigge inoltre di studiare a fondo il miglioramento della vista già ora
constatato.
Questi primi risultati sono molto incoraggianti,
se non addirittura sensazionali. Mostrano però
una volta in più che ogni passo in avanti genera
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tutta una serie di nuovi interrogativi che devono
essere chiariti in modo molto accurato. Appena ci
saranno ulteriori novità informeremo nuovamente.
Eritropoietina per proteggere
la retina dai danni da luce
Christian Grimm, libero docente,
• Dott.
Laboratorio di neurofisiologia della Clinica
oculistica universitaria, CH-8091 Zurigo
In caso di carenza d’ossigeno, come quella che si
manifesta in alta montagna, i reni producono un
ormone del sangue intrinseco del corpo, l’eritropoietina (Epo). Attraverso le vie sanguigne l’Epo
giunge nel midollo osseo dove ha il compito di
prevenire la morte di cellule precursore del sangue. In tal modo la massa dei globuli rossi del
sangue aumenta e con essa aumentano anche le
capacita di trasporto dell’ossigeno.
Tuttavia l’Epo non svolge solo un ruolo importante nella formazione del sangue. Sembra
infatti che abbia anche la capacità di esercitare
un influsso sulle cellule neuronali. Di recente
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venne dimostrata la presenza di Epo in cellule
neuronali e venne pure dimostrato che in topi
trattati con Epo i danni al cervello dopo un colpo
apoplettico erano molto minori che senza trattamento con Epo.
Un risultato analogo è ipotizzabile anche a livello
di retina. Per lo studio dei processi molecolari e
cellulari nelle malattie retiniche iI gruppo di ricerca della Clinica oculistica dell’Università di
Zurigo, diretto da Charlotte Remé, utilizza il modello animale della morte dei fotoricettori indotta dalla luce (apoptosi). È un modello questo, che
per svariati e importanti aspetti si avvicina alle
affezioni retiniche umane.
Ricerche recentissime del gruppo Remé, svolte in
collaborazione con l’Istituto di fisiologia della
facoltà di veterinaria dell’Uni di Zurigo e con la
Clinica oftalmologica universitaria di Tubinga,
indicavano che l’Epo può assumere un’importante funzione protettiva nell’occhio. Esponendo
i topi a una forte fonte luminosa si vede che dopo breve tempo i loro fotoricettori periscono e le
cavie diventano cieche. Se tuttavia prima del
l’esperimento gli animali sono tenuti in ambiente
povero di ossigeno, sia la morfologia della retina
sia la sua funzione risultano sorprendentemente
protette. Quali sono allora i processi che conducono a questo effetto protettivo? La carenza di
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ossigeno stimola la produzione di Epo non solo
nei reni ma evidentemente anche nella retina.
L’Epo così prodotto protegge la retina perché
impedisce il meccanismo del suicidio delle cellule
retiniche esposte alla luce. Un analogo effetto
protettivo lo si può ottenere trattando il topo
con l’Epo terapeutico, usato in medicina umana
per es. per la cura dell’anemia. L’Epo somministrata alle cavie mediante iniezione ha evidentemente un effetto analogo a quello dell’Epo
prodotta nel corpo stesso.
Il team di ricercatori zurighese spera che in futuro si potrà impiegare l’Epo o che dei derivati
di eritropoietina possano essere utilizzati per una
terapia per le affezioni retiniche quali la degenerazione maculare correlata all’età, il gruppo delle
retiniti pigmentose e la retinopatia diabetica.
Non si deve tuttavia ignorare il fatto che occorre
ancora molta ricerca fondamentale, che in altre
parole nei laboratori di ricerca si devono ancora
fare parecchie scoperte prima di poter passare
alla sperimentazione clinica. Notevole nel caso
dell’Epo, oltre allo strabiliante effetto protettivo,
è il fatto che si tratti di una sostanza che anche il
nostro corpo produce, una sostanza naturale.
Questo comporta una diminuzione del rischio di
complicazioni in caso di impiego terapeutico.
Inoltre, siccome in ambito clinico l’impiego di Epo
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è ormai assurto da tempo a trattamento standard, si può fare capo a un gran numero di dati e
di valori acquisiti che basano sull’esperienza.
Nuove indicazioni per l’assunzione di luteina e zeaxantina
– Arbeitskreis Klinische Fragen di Pro
• AKF
Retina Deutschland e Retina Suisse/Prof. Klaus
Rüther, presidente
1. Che cosa sono i carotenoidi?
Luteina e zeaxantina appartengono alla classe di
sostanze dei carotenoidi. Per carotenoidi è inteso
un gruppo di ca. 600 sostanze presenti nella natura e di cui il β-carotene è l’elemento più importante. Il β-carotene può essere scisso relativamente facilmente in due unità di vitamina A, per
questo è chiamato anche provitamina A. Il processo visivo propriamente detto, la trasformazione di un segnale luminoso in impulso visivo,
abbisogna di vitamina A (tutto-E retinolo); nella
luteina e nella zeaxantina, invece, l’attività della
vitamina A è minima (attività relativa della vitamina A: β-carotene 100%, zeaxantina 4,2%, luteina 2,6%).
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I due carotenoidi luteina e zeaxantina, identificati quali pigmenti nella retina, sono presenti in
misura importante nella macula lutea. Da qualche tempo sta aumentando l’interesse nei loro
confronti, soprattutto perché si suppone possano
espletare un effetto protettivo in determinate
forme di degenerazione retinica, in particolare
nella degenerazione maculare correlata all’età
(AMD), come risulta dalla ricerca «Eye Disease
Study» del 1993. L’effetto protettivo di luteina e
zeaxantina sulla retina è duplice (Schalch, 1992);
da un lato entrambe le sostanze legano i radicali
liberi e in tal modo riducono lo stress da ossidazione grazie al loro effetto antiossidante,
dall’altro esse assorbono le lunghezze d’onda
ricche d’energia spettrale azzurra e impediscono
così l’insorgere di danni d’origine fotochimica.
Nella retina luteina e zeaxantina sono presenti in
svariate sottoforme ottiche e geometriche, che
però nel sangue non sono reperibili in tale composizione (Dachtler et al., 1998: Khachik et al.,
1997). Questo evidenzia la stretta correlazione
esistente tra le due sostante e i presunti processi
ossidativi e fotochimici indotti dalla luce nella
retina.
Il corpo non è capace di produrre luteina, essa
deve perciò venirvi addotta in permanenza. Nella
letteratura si può leggere l’ipotesi che nel sangue
la luteina possa parzialmente trasformarsi in zea-
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xantina (Khachik et al, 1997), non è tuttavia ancora dimostrato se tutte le sottoforme importanti possano svilupparsi e, in particolare, è ancora poco chiara l’importanza, a livello di retina,
della meso-zeaxantina (Bone et al., 1997; Dachtler et al., 2001). Importanti quantità di luteina si
trovano negli ortaggi a foglia verde scura mentre
la zeaxantina è presente soprattutto nel mais (v.
tabella 1, pagina 16).
2. Le ricerche sulla luteina e zeaxantina
Ricerche epidemiologiche recenti danno primi
ragguagli a proposito di una possibile relazione
tra il consumo di frutta e verdura in quantità importante e una minore frequenza della degenerazione maculare correlata all’età. Alcune di queste
ricerche fanno riferimento a un rischio notevolmente minore di contrarre una AMD corso dalle
persone che consumano verdure con un elevato
tasso di luteina; queste indicazioni risultano dal
confronto con un gruppo di controllo che si alimentava con prodotti meno ricchi di luteina (Seddon et al., 1994; Pauleikhoff, 2001). In linea di
massima le ricerche epidemiologiche non hanno
tuttavia prodotto una sufficiente evidenza scientifica per le correlazioni tra alimentazione e incidenza dell’AMD. In una ricerca clinica si è visto
che una dieta ricca di spinaci e mais portava, in
più della metà delle persone testate, a una magGiornale Retina Suisse 2/2002
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zeaxantina (mg/100g) *
0,17
n.d.
0,33
0,02
0,18
0,06
non det.
0,44
0,53
0,02
non det.
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Tabella 1: Tabella dei tipi di verdura contenenti molta zeaxantina e/o luteina [ripresa
da una tabella del Department of Agriculture of USA, Agricultural Research Service:
USDA-NCC: Carotenoid Database for Foods 1998.
(http://www.nal.usda.gov/fnic/foodcomp/Data/car98/car98.html)]
luteina (mg/100g) *
21,9
10,0
10,0
1,9
1,8
1,7
1,3
0,7
0,7
0,3
0,1
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* corrisponde all’incirca a mezza tazza di verdura cotta
legume/verdura
cavolo verde
prezzemolo
spinaci crudi
broccoli
insalata tipo lattuga
piselli
cavolini di Bruxelles
fagiolini verde
maïs
carote crude
pomodori
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giore densità dei pigmenti nella macula (Hammond et al. 1997). Questo effetto positivo, riscontrato già dopo sole quattro settimane dalla
modifica delle abitudini alimentari, durava anche
per diversi mesi dopo l’interruzione della nuova
dieta ricca di luteina e zeaxantina. Nella macula
una fitta presenza di pigmenti protegge dai danni da elevata intensità della luce; questo vale sia
per la retina sia per l’epitelio pigmentato retinico
(Bernstein et al., 1998). Bone et al. hanno dimostrato – in occhi di persone ancora in vita e anche
in occhi studiati post mortem – che in caso di
degenerazione maculare correlata all’età la concentrazione di luteina e zeaxantina nella macula
era significativamente più bassa (Bone et al,
2000, 2001). Nei pazienti esaminati i ricercatori
riuscirono a dimostrare una correlazione tra la
diminuita densità dei pigmenti maculari e una
minore concentrazione di luteina e zeaxantina.
Tale risultato sfata l’ipotesi che fosse la degenerazione maculare correlata all’età a provocare la
distruzione del fitto pigmento maculare (Beatty
et al., 2001). I ricercatori poterono infine dimostrare che in pazienti con un occhio sano e un occhio colpito da una grave AMD la quantità dei
pigmenti maculari era pure inferiore che nelle
persone senza AMD.
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3. Raccomandazioni per i pazienti
I dati disponibili sulle possibilità di prevenzione e
cura mediante carotenoidi non permettono ancora delle conclusioni univoche e vincolanti. Perciò il gruppo di lavoro «Questioni cliniche del comitato medico-scientifico di Pro Retina Deutschland e di Retina Suisse» (AKF – Arbeitskreis Klinische Fragen) si limita alle seguenti raccomandazioni a proposito dell’assunzione di luteina e zeaxantina.
• In via di principio gli studi fatti non bastano
per poter dare una raccomandazione assoluta a
favore dell’assunzione terapeutica di luteina e
zeaxantina. Il fabbisogno di queste due sostanze
dovrebbe se possibile essere coperto con la normale alimentazione. Semmai sarebbe il caso di
rivolgersi a una dietologa o a un dietologo per
una consulenza individuale.
• Se sulla base dei dati oggi disponibili i pazienti
desiderassero comunque assumere luteina e zeaxantina supplementarmente all’alimentazione
quotidiana, ciò dovrebbe essere assolutamente
concordato con il medico di famiglia. Occorre tuttavia rilevare che probabilmente non tutti i medici di famiglia sono a conoscenza delle raccomandazioni sull’assunzione di luteina e zeaxantina.
Sulla base degli attuali risultati della ricerca si
può ritenere sensata una dose quotidiana di
6 mg di luteina e 6 mg di zeaxantina. Nelle per18
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sone con AMD si è notato un minore contenuto
di carotenoidi nella retina, cosicché si può aumentare l’apporto regolare di carotenoidi, tenendo tuttavia conto che possono insorgere degli effetti collaterali indesiderati. La dose giornaliera
non dovrebbe però in nessun caso superare i 1520 mg. Non si hanno dati sugli eventuali effetti
collaterali in bambini e donne in gravidanza.
• Svariate pubblicazioni accennano al fatto che
la combinazione fumo e assunzione supplementare di carotenoidi può produrre effetti negativi.
È inoltre di interesse la constatazione che evidentemente il fumo porta a una diminuzione dei pigmenti maculari (Hammond et al. 1996).
4. La ricerca ARED
Nell’ottobre 2001 la rivista Archives of Ophthalmology pubblicava una ricerca sugli effetti esercitati sulla degenerazione maculare da una combinazione di antiossidanti e zinco (v. anche l’articolo sul Giornale Retina no. 1/2002). La ricerca
indica, per dirlo succintamente, che in stadi avanzati della forma secca dell’AMD l’assunzione di
dosi relativamente elevate di vitamina C (500 mg
al giorno) e di vitamina E (400 unità internazionali al giorno) cui vanno aggiunti 15 mg di β-carotene, 80 mg di zinco e 2 mg di rame potrebbe
ridurre il rischio che l’AMD evolva in forma umida. La ricerca in questione non si è invece occu-
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pata dell’influsso di un’assunzione supplementare di luteina e zeaxantina. A questo punto sorge una domanda ovvia, cioè a sapere se prendendo, oltre ai farmaci previsti dalla ricerca ARED
β-carotene/zinco/ra(la combinazione vitamine/β
me), anche luteina e zeaxantina risultasse un effetto protettivo maggiore oppure se non ci fosse
differenza o addirittura si avesse una riduzione
dell’effetto positivo. Allo stadio attuale e con i
dati disponibili non si può ancora rispondere a
tale interrogativo.
5. Come assumere luteina e zeaxantina?
• Verdura fresca: la capacità del sangue di assu-
mere dei carotenoidi è in stretta relazione con i
modi di preparazione e cottura. Nella verdura
cruda i carotenoidi sono ancora strettamente legati alle cellule della verdura e il loro assorbimento nel corpo è minimo. Meglio sarebbe stufare delicatamente le verdure. La cottura facilita
le interazioni chimiche e il corpo riesce ad assumere più carotenoidi. Tuttavia una cottura prolungata e temperature molto elevate possono
distruggere i carotenoidi. Siccome i carotenoidi
non sono idrosolubili si raccomanda di stufare le
verdure usando dei grassi, rispettivamente degli
olii; inoltre la verdura tritata finemente è più
adatta della verdura in foglie grandi.
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• Vitamine: in commercio si trova una grande
varietà di prodotti vitaminici. Occorre allora
scegliere un prodotto ad alto contenuto di luteina e zeaxantina (ca. 6 mg). L’assunzione contemporanea di prodotti vitaminici e carotenoidi
(p.es. β-carotene o licopene) potrebbe tuttavia
avere ripercussioni negative, tra l’altro a causa
della questione dell’assorbimento e delle interazioni reciproche. Le stesse misure precauzionali
valgono per la questione dell’assunzione contemporanea di luteina e zeaxantina e del farmaco esaminato nella ricerca ARED (v. punto 4). In
Europa questi prodotti non sono disponibili; capsule di sola luteina con un contenuto di 15-20 mg
della sostanza si trovano soprattutto negli USA
(p.es. i prodotti delle ditte Twinlab o Carlson Labs
o Douglas).
Presso Retina Suisse è disponibile una bibliografia.
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A che punto è la ricerca sulle
terapie per le degenerazioni
retiniche?
dott. Eberhard Zrenner, dott. Dorothea
• Prof.
Besch, Clinica oftalmologia dell’Università,
D-Tubinga
A tutt’oggi la ricerca ha portato all’identificazione di oltre 130 loci genetici per le degenerazioni retiniche ereditarie (i risultati aggiornati si
trovano sul sito Internet «Retinal Information
Network» [Ret-Net] all’indirizzo http://www.
sph.uth.tmc.edu/Retnet/). Negli ultimi 12 anni
furono identificati 76 geni e 54 geni furono mappati, cioè attribuiti a una determinata regione
cromosomica. Un certo numero di questi geni,
con ciascuno numerose mutazioni diverse, sono
responsabili di una gran parte delle modificazioni
presenti nell’insieme dei pazienti con una degenerazione retinica; menzioniamo in particolare il
gene della rodopsina (RP autosomica-dominante), il gene RPE65 (RP autosomica-recessiva), il
gene xRP3 (RP x-cromosomica), il gene ABCR (malattia di Stargardt), il gene CSNB (cecità notturna
congenita) e la famiglia dei geni CNG3 (distrofie
dei coni). Queste mutazioni o delezioni possono
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esercitare un influsso determinante sullo sviluppo, rispett. sulla struttura delle cellule sensoriali;
esse possono anche influire su determinati processi metabolici (p.es. sul metabolismo della vitamina A) cosicché nelle cellule sensoriali della retina la trasformazione della luce in impulso elettrico o la relativa trasmissione sono disturbate.
I primi approcci di terapia genica basano sulle
conoscenze attuali relative alle modifiche nei
geni. L’idea è di infiltrare dei geni normali nelle
cellule interessate (p.es. nelle cellule sensoriali)
in modo da far esprimere a queste cellule un’informazione genetica corretta invece di quella
errata che produce la malattia. In cani con difetti
del gene RPE65 (corrispondente all’amaurosi congenita di Leber) questo tentativo ha recentemente registrato un successo (Acland et al., Nat
Genet 2001; 28: 92-95).
Ricerche recenti a proposito dell’alimentazione
indicano che un maggiore apporto di sostanze
antiossidanti, quali p.es. la luteina presente nelle
verdure verdi scure, portano a un decorso più
favorevole, in particolare nelle distrofie dei coni.
In una ricerca controllata sull’efficacia dell’assunzione di vitamina A palmitato in pazienti adulti
cui vennero somministrate 15’000 UI al giorno, si
poté constatare, dopo un periodo d’osservazione
di sei anni, un leggero ma comunque significaGiornale Retina Suisse 2/2002
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tivo mantenimento della risposta elettroretinografica delle funzioni della retina (Berson et al.,
Arch Ophthalmol 1993, 111: 761-772). In topi con
deficit del gene RPE65, un modello animale per
la forma precocissima della retinite pigmentosa
(l’amaurosi congenita di Leber), dopo la somministrazione di un sostanza derivante dalla vitamina A, si poté osservare un miglioramento della
formazione e del rinnovamento dell’(Iso)rodopsina attiva e un miglioramento delle funzioni dei
bastoncelli a livello di elettroretinogramma (Van
Hoover, J. P. et al., Proc Natl Acad Sci 2000, 97:
8623-8628).
Anche un intervento sul processo degenerativo
nel modello animale, p.es. mediante fattori di
crescita o prodotti antiapoptosi, può ritardare la
morte delle cellule sensoriali nelle malattie citate
(Liang et al., Mol Ther 2001, 3 (2): 241-8).
Le ricerche sui trapianti di fotoricettori o di cellule RPE indicano che essi sono tecnicamente fattibili. Un miglioramento delle capacità visive non
venne però ancora dimostrate (Chong e Bird, Br J
Ophthalmol 1999, 83: 120-122).
I chirurghi lavorano ora intensamente allo sviluppo di procedure che permettano l’inserimento di
implantati biologici e tecnici negli occhi. Gli esperimenti su gatti hanno mostrato che con elettrodi
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subretinici ed epiretinici si possono ottenere risposte elettriche dalla corteccia visiva del cervello. Ingegneri, oftalmologi, biologi cellulari e
microbiologi hanno creato e creano i presupposti
per l’applicazione di questi metodi e procedure
(v. E. Zrenner nell’editoriale della pubblicazione
Retina-Implantat, Ophthalmologie, 2001, 98(4):
353-356; v. pure Zrenner et al.: Subretinales
Mikrophootdioden-Array als Ersatz für degenerierte Photorezeptoren? Ophthalmologie, 2001,
98(4): 357-368).
Anche se ancora nessuno di questi approcci terapeutici è pronto per un’applicazione clinica, possiamo però prendere altre semplici misure per
aiutare i pazienti. Ai pazienti con disturbi dell’adattamento alla luce si possono proporre delle
lenti filtranti specifiche che aiutano a migliorare
la percezione dei contrasti e l’adattamento alle
diverse densità della luminosità ambiente. Ai pazienti con una cataratta che produce un’importante diminuzione dell’acuità visiva o un forte
abbagliamento si raccomanda un intervento chirurgico; un intervento relativamente precoce
dovrebbe dare risultati apprezzabili perché la
persona dispone ancora di un campo visivo sufficiente per mantenere la capacità d’orientamento
nello spazio e la facoltà di leggere. Nelle affezioni retiniche ereditarie che portano a una riduGiornale Retina Suisse 2/2002
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zione primaria o secondaria della funzione maculare e quindi tangono l’acuità visiva centrale gli
ausili visivi ingrandenti (occhiali a lente d’ingrandimento, monoculari ecc.) possono servire a
sfruttare in modo ottimale l’acuità visiva centrale.
Con la diagnosi e la contemporanea paura di perdere la vista, per molti pazienti ha inizio un
lungo processo di superamento. Oltre alle delucidazioni sugli aspetti medici e sul decorso tipico
della malattia nonché alle informazioni sui più
recenti sviluppi della ricerca sono necessari un
accompagnamento intensivo e un’approfondita
consulenza del paziente e dei suoi congiunti.
Queste misure competono all’oculista, a un servizio di consulenza per le affezioni ereditarie della
retina (in Svizzera per es. il servizio di consulenza
Retina) o anche ai gruppi di aiuto reciproco di
pazienti.
La localizzazione della modificazione genetica in
una persona colpita dalla malattia o in un altro
membro della famiglia può essere importante
per la diagnosi differenziale e può anche costituire un presupposto essenziale per l’ulteriore
consulenza medica. Nella storia della medicina
mai come negli scorsi cinque anni si poté scoprire
altrettanto sulle cause e sui processi cellulari e
molecolari connessi con le affezioni retiniche. La
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via verso una vasta applicazione di tutto questo
nuovo sapere a favore dei pazienti non è ancora
aperta, ma per i prossimi anni si intravvedono
delle possibilità di sviluppare delle terapie almeno per alcune delle degenerazioni retiniche dovute a cause genetiche.
Ecco qui di seguito alcune banche dati e indirizzi
Internet essenziali per trovare informazioni e
indicazioni bibliografiche sulle malattie oftalmologhe ereditarie:
Online Mendelian Inheritance in Man (OMIM)
http://www3.ncbi.nlm.nih.gov/Omim/searchomim.html; Retinal Information Network (RetNet)
http://www.sph.uth.tmc.edu/Retnet/; Retina
International’s Scientific Newsletter
http://www.irpa.org/sci-news/index.htm.
In: Retina-Aktuell, 4/2001
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Portatori di handicap e seniori
con un obiettivo comune
Wehrli, responsabile del centro invalidi
• Peter
autogestito (ZSL), CH-8005 Zurigo
In un primo seminario comune tra persone anziane e persone con handicap, tenutosi il 22 marzo 2002 a Olten sotto il titolo «Persone con handicap e persone anziane assieme per uno scopo
comune», i tre enti organizzatori AGILE (aiuto
handicap svizzero), FASPA/VASOS (Federazione
delle associazioni dei pensionati e dell’autoaiuto
in Svizzera) e Pro Senectute Svizzera, hanno sottolineato che perseguono scopi identici. Infatti
nella nostra società le persone con handicap e le
persone anziane non sono ormai più considerate
«individui a pieno titolo» e sono perciò trattate
di conseguenza. Sia le persone anziane sia le persone con handicap sono individui che non vogliono soltanto «funzionare» come le esigenze della
società pretendono, bensì sono esseri con la pretesa di essere trattati come gli altri e protetti
dalle discriminazioni, come d’altronde è previsto
dall’articolo 8 cpv. 2 della Costituzione federale.
AGILE e ASPA/VASOS vogliono in futuro presentare le loro aspettative comuni in occasione di
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simposi e giornate di studio e con attività informative e iniziative politiche.
Una prima occasione per mettere in atto detta
collaborazione sarà la «legge disabili» che nel
corso del 2002 sarà licenziata dal Parlamento federale. La legge poggia sulle disposizioni dell’articolo cpv. 4 della Costituzione federale (provvedimenti per eliminare svantaggi esistenti nei confronti dei disabili). La legge dovrebbe però dare
rilievo anche al capoverso 2 dell’articolo 8 della
Costituzione, che vieta, tra l’altro, la discriminazione a causa dell’età o di «menomazioni fisiche,
mentali o psichiche». La legge dovrebbe infatti
permettere a tutti di partecipare alla vita della
società e di gestire in modo autonomo i contatti
sociali. Questo è significativo anche per le persone anziane. Altri aspetti della vita che interessano sia le persone con handicap sia le persone
anziane sono la formazione permanente e l’indennità d’assistenza che dovrebbe essere introdotta prossimamente. Con questo aiuto finanziario delle Stato ogni persona con problemi di
salute dovrebbe poter gestire autonomamente la
propria vita e non essere costretta, per motivi
finanziari, a farsi ricoverare in un istituto. Il diritto di contestare una decisione, previsto dalla legge disabili, andrebbe perciò esteso anche alle
organizzazioni delle persone anziane. Questo per
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tenere conto delle effettive esigenze sia delle
persone con handicap che delle persone anziane.
In: agile – Behinderung und Politik, 2/02, giugno
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Scienza – quotidianità
Winkler-Leuenberger, lic. theol.,
• Franziska
Ensingerstrasse 6, 3006 Berna
Buongiorno a tutti, mi rallegro di potervi parlare
oggi, qui a Berna, nel corso dell’assemblea generale ordinaria 2002. Vi parlo da donna nella cui
vita la problematica dell’accettazione della RP
occupa uno spazio importante da 27 anni, ma
forse addirittura da più anni ancora. Vi parlo da
donna, una donna in apparenza sicura di sé che
dà l’impressione di essere tranquilla e appagata,
che gestisce bene la sua vita e che è capace di
svolgere i compiti che le sono attribuiti. Tutti noi
sappiamo che le cose non sono così semplici.
Spesso l’impressione che faccio è in grandissima
contraddizione con i miei sentimenti e le mie
impressioni.
Scienza – quotidianità. È questo il titolo concordato con la signora Fasser per la mia confe-
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renza. Mi sforzerò di attenermi al tema. Probabilmente parlerò più di «quotidianità» che di
«scienza» perché non ho altra base di partenza
che la mia stessa persona e la quotidianità che
vivo giorno dopo giorno. È quindi evidente che
c’entrino la mia biografia, il processo di accettazione della RP, la mia stessa vita con la RP.
Per cominciare vorrei presentarmi brevemente.
Mi chiamo Franziska Winkler, ho 47 anni e sono
mamma di un figlio di 22 anni. Al momento vivo
sola. Mio figlio sta facendo la scuola reclute e a
casa arriva solo nei fine settimana, che passa
soprattutto dormendo. Sono nata e cresciuta in
campagna, con due sorelle e un fratello. Dopo la
scuola dell’obbligo ho frequentato una scuola di
commercio e a 22 anni ho ottenuto la maturità
federale. Solo 16 anni più tardi, iscrivendomi a
teologia, ho potuto realizzare il sogno che già da
bambina cullavo. Continuavo infatti a cercare
delle risposte a interrogativi quali chi sono? che
cosa determina il corso delle cose nel mondo?
perché sono sulla Terra? perché sono qui con
questa mia specifica identità? Negli anni passati all’università sono riuscita in larga misura a
spegnere la sete di sapere che avevo accumulato
fino allora. Dopo un lungo periodo di studi, durante il quale continuavo a lavorare per guadagnarmi da vivere, finalmente nel semestre inverGiornale Retina Suisse 2/2002
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nale 2001 ho fatto l’esame di stato presso l’Università di Berna. Al momento ho un incarico di
pastora a Rüfenacht presso Berna, dove, seguita
da un pastore protestante dalla lunga esperienza, sto imparando a far combaciare teoria e pratica. Nel novembre del 2002, se tutto andrà bene,
riceverò l’ordinazione pastorale – la condizione
per la nomina in un parrocchia protestante.
Questa, a grandi tratti, la mia vita.
Dopo aver parlato del mio divenire professionale
vorrei ora chinarmi sulla mia «carriera RP». Infatti
è della mia convivenza con la RP che mi si chiede
di parlare oggi. Da bambina passavo per sognatrice, sempre alla rincorsa di chissà quali pensieri,
con la testa tra le nuvole, spesso maldestra nelle
cose pratiche e apparentemente distratta. I miei
genitori, che allora non potevano sapere del mio
angolo di visione molto ristretto, continuavano a
ripetermi «ma guarda un po’ dove stai camminando!». Anch’io non potevo sapere perché le
mie sorelle e mio fratello, tutti e tre risparmiati
dalla RP, non continuavano a inciampare dappertutto. A ginnastica, avrei volentieri contribuito
maggiormente alle vittorie della mia squadra.
Giocando a «battaglia» non riuscivo mai ad afferrare la palla e le staffette erano una cosa orribile
che mi faceva morire di vergogna. Sentivo che
avrei sempre voluto fare di più e più in fretta, ma
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che qualcosa mi frenava in continuazione. A 22
anni, dopo gli esami di maturità, soffrii a lungo
di un’infiammazione agli occhi. L’ipotesi era di
sforzo eccessivo della vista a causa degli esami,
ma un’approfondita visita oculistica e un’elettroretinogramma rivelarono che la mia retina era
costellata di pigmenti. Ancora oggi mi risuonano
nelle orecchie le parole dell’oculista: «Lei ha una
RP. È un’affezione per la quale non si può fare
nulla. Organizzi la sua vita in modo da potere in
futuro fare affidamento sull’udito per lavorare».
Rimasi di stucco, le parole «ho una RP» non mi
permisero nessuna reazione. Con pochissime informazioni sul quadro clinico, ma probabilmente
allora non volevo neppure saperne di più, me ne
tornai a casa e continuai a vivere come prima –
almeno così pareva. La mia quotidianità non era
cambiata. Perché poi? L’oculista non aveva mica
detto che più tardi avrei dovuto affidarmi all’
udito? Tuttavia realizzai quanto già facessi affidamento sull’udito anche prima della diagnosi.
Nelle marce notturne che amavo fare con un
gruppo di amiche e amici mi orientavo unicamente con l’udito. Erano infatti il chiacchiericcio
e i canti degli altri a indicarmi la via. Quando in
primavera andavamo a sciare con le pelli di foca,
nelle ascensioni prima dell’alba seguivo i rumori
che gli sci delle mie colleghe facevano sulla neve
– un’impresa non sempre esente da pericoli. InGiornale Retina Suisse 2/2002
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oltre non smettevo di meravigliarmi come facesse il gruppo a trovare la via nell’oscurità. Perché io non ci riuscivo? Ciò che per un gran pezzo
non ero riuscita a spiegarmi ora era chiaro. Non
ci riuscivo perché avevo una RP.
In famiglia la diagnosi venne accolta e fatta propria in modo vario. Se non dicevo in modo più
che chiaro ciò che potevo fare, rispettivamente
ciò che non riuscivo a fare, non mi capivano. O
magari non volevano sapere e capire? Era ormai
passato parecchio tempo dal momento della diagnosi, eppure i miei genitori dicevano sempre
ancora che «avevo qualcosa di strano» agli occhi,
che «qualcosa non funzionava a dovere». Era incapacità di affrontare la situazione? O non sapevano che pesci prendere? Andare per la mia propria via, sentirmi amata anche a scapito di tutte
le resistenze e nel rifiuto di una realtà che era la
mia, ecco cosa era il mio nuovo compito quotidiano, un compito diventato parte integrante
della mia vita di tutti i giorni.
Fu infine una zia ad attirare la mia attenzione su
un gruppo d’aiuto reciproco di Zurigo, dove a
suo avviso avrei trovato delle persone con una
malattia analoga alla mia. Queste persone mi
avrebbero sicuramente dato sostegno. (Si trattava del consultorio di Retina Suisse. Nota della
traduttrice). Mi ricorderò sempre del primo incontro con la signora Fasser al Buffet della sta-
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zione di Berna. Restammo a lungo sedute una di
fronte all’altra a parlare; le esperienze personali
si mescolavano al sapere scientifico. Tre sono le
esperienze che ho fatto con il «gruppo d’aiuto
reciproco». Primo: ho scoperto che ci sono altre
persone che hanno una RP e con le quali posso
parlare e scambiare esperienze, con le quali posso piangere e ridere. Secondo: ho realizzato che
la ricerca non è indifferente di fronte alla nostra
situazione e a quanto succede nei nostri occhi;
per gli scienziati la RP non è «una cosa strana», le
e i pazienti RP non sono esseri con «qualcosa che
non funziona a dovere». La constatazione che
c’erano delle persone che dedicano la loro attività professionale alla ricerca sulla RP mi diede
l’impressione che qualcuno prendeva atto della
mia esistenza e mi prendeva sul serio. Questo
sentimento mi diede sicurezza ed ebbe effetti
positivi sulla mia quotidianità. Cominciai a parlare dei miei occhi, provai a spiegare a chi mi
stava attorno che cosa, quanto e come vedevo.
Cominciai, seppure con molte esitazioni, a concepire una mia vita quotidiana con la RP. Mi capitava ancora di spiegare il quadro clinico, lo facevo all’indirizzo delle persone che mi erano
vicine, a me stessa non riuscivo ancora a spiegarlo. Non riuscivo ancora, non potevo ancora
capire. E la terza esperienza che ho fatto era che
c’era gente pronta ad accompagnarmi su questo
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mio cammino. Vorrei qui dire un grande grazie a
mia sorella Petra che, nonostante i molti compiti
e le continue preoccupazioni famigliari, segue
sempre quanto pubblicato sul Giornale Retina e
oggi è – non per la prima volta – venuta con me
all’assemblea generale. Vorrei ringraziare anche
la mia amica Susanne, che mi ha già accompagnato varie volte a una AG.
Avevo 37 anni quando fu necessario operare la
cataratta. Dovendomi fermare per qualche giorno all’ospedale decisi di comprarmi un paio di
ciabatte nuove e le scelsi verde oliva. Volevo farmi un regalo-consolazione per i giorni successivi.
Dopo l’operazione realizzai con stupore e anche
spavento che le ciabatte nuove non erano verde
oliva bensì viola. Era da ridere o da piangere? Ho
riso di cuore e portato le ciabatte finché sono andate letteralmente a pezzi e questo nonostante il
colore viola non sia dei miei preferiti! Le tragicomiche quotidiane che tutti noi conosciamo...
Gli anni d’università mi obbligarono in continuazione a comunicare agli altri la mia situazione.
«Non ci si accorge proprio di niente», questa frequente osservazione era ed è ancora oggi il risultato diretto dei miei sforzi di funzionare il più
possibile «normalmente». Al desiderio di normalità si contrapponeva e si contrappone la mia
autopercezione, la percezione dei miei limiti ef-
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fettivi. A me, per capire i testi in greco e in ebraico occorreva molto più tempo che a uno studente standard. Un tempo supplementare che
dovevo assolutamente ritagliarmi in vista degli
esami. Mi misi allora a tavolino e formulai le
istanze del caso all’indirizzo della facoltà; le richieste erano naturalmente corredate da certificati medici. Il dover scrivere, il dovermi procurare
i certificati medici furono entrambi dei passi sulla
via dell’accettazione della RP. Gli esami con i loro
annessi e connessi sono state la più grossa sfida
della mia vita nei confronti delle mie possibilità
visive. Si trattava infatti di venire a capo di una
quantità quasi inimmaginabile di testi. In parte li
lessi da me e in parte li ricevetti su cassetta. La
mia vita quotidiana era un perenne rosicchiare
lettere dell’alfabeto. Per la mia tesi di licenza
scelsi un tema connesso con l’accompagnamento
spirituale: «Il desiderio di essere risparmiati non
serve a niente... Un handicap visivo progrediente: dalla diagnosi all’impiego del bastone bianco.
Aspetti dell’accompagnamento spirituale». La
ricerca evidenzia ciò che per lungo tempo avevo
rimosso e allontanato da me o, in altre parole, i
modi con cui avevo cercato per conto mio e in
tutta segretezza di accettare il mio handicap.
Negli ultimi anni questo processo si impose con
sempre maggiore urgenza perché il mio campo
visivo era andato riducendosi fino a ca. 3 gradi e
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l’acuità visiva era scesa al 50% di quella normale.
La vita di tutti i giorni si faceva difficile cosicché
a 45 anni dovetti prendere il bastone bianco. A
45 anni, come donna sicura di sé e equilibrata,
così almeno si diceva di me, provai, ricorrendo al
bastone bianco, a spiegare a me stessa ciò che
fino ad allora aveva continuamente cercato di
spiegare a tutti quanti salvo che a me stessa. Dovetti insomma svelare ciò che fino a quel momento avevo cercato di nascondere, io e il mio
handicap dovevamo darci la mano. Un lavoro che
durò molto.
Oggi uso il bastone bianco di notte, in zone che
non conosco bene; il bastone mi accompagna però dappertutto, ben sistemato nella mia borsa,
sempre a portata di mano e decorato con qualche pietruzza luccicante per poterlo accettare e
considerare «mio» personale.
Ora che ho finito gli studi e che comincio a orientarmi in una parrocchia, le sfide quotidiane
sono del tutto diverse, ma sempre in relazione
con i miei limiti. Affrontandole riesco a conoscere
meglio non solo l’ambiente che mi circonda, ma
anche me stessa. Nel mese di gennaio scorso mi è
successo di perdermi in una strada secondaria di
Rüfenacht. Era una sera nebbiosa e l’illuminazione del marciapiede, di solito buona, a causa
delle particolari condizioni meteorologiche era
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molto offuscata. Nonostante usassi il bastone
bianco non riuscivo più ad orientarmi. Quello che
avevo più volte esercitato assieme all’insegnante
di mobilità, nella fitta nebbia non mi riusciva più.
Svoltai troppo presto in una strada laterale e dopo ca. 30 metri non riuscii più a capire cosa fosse
dietro e cosa davanti. Seguendo il bordo del marciapiede riuscii infine a ritrovare la strada principale. Alcuni ragazzi che conoscevo (facevano
parte del gruppo che preparavo alla confirmazione) se ne stavano all’angolo delle due strade e
chiacchieravano, Notarono che ero in difficoltà e
mi chiamarono chiedendomi se potevano aiutarmi. Quelli, che a dottrina avevo conosciuto come
un gruppo di ragazzotti renitenti e pronti ad opporsi a tutto, si rivelarono servizievoli e gentili.
Nella lezione successiva li ringraziai e uno dei
giovanotti che mi aveva aiutato biascicò: «Non
avrei mica aiutato chiunque».
Negli scorsi mesi ho fatto dei grandi passi avanti,
ho imparato che il tacere e nascondere non provoca altro che sofferenze interiori. Ho imparato
che onestà e chiarezza nei confronti dell’handicap facilitano la vita di tutti i giorni. Mi sono rallegrata delle numerose reazioni dei parrocchiani
a un mio articolo apparso sul bollettino parrocchiale. Oltre a un breve curriculum vitae avevo anche menzionato la malattia progressiva
degli occhi che limita fortemente la mia capacità
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visiva e scritto che da qualche tempo usavo il
bastone bianco per potermi orientare meglio e
sentirmi più sicura quando ero in giro in una
zona che non conoscevo. Avevo anche fatto notare che a causa della mia vista carente mi capitava di non riconoscere immediatamente le persone che incontravo e che quindi magari non
salutavo. E avevo pregato i parrocchiani di rivolgermi loro la parola perché ero grata di questo
modo spontaneo e naturale di prendere contatto. Questo mio modo di affrontare l’handicap
ha suscitato impressioni positive in molta gente.
Questo mio modo di fare non è però nato dal
nulla. Tutti noi sappiamo che è il risultato di una
riflessione pluriennale su sé stessi e sulla propria
vita. È questo un processo che dobbiamo portare
avanti per dare forma alla nostra vita in modo
che sia appagata. In questo processo possiamo
contare sull’aiuto di molte persone, in particolare
sull’insegnante di mobilità e orientamento, sulle
collaboratrici e sui collaboratori delle biblioteche
specializzate e dei servizi di consulenza, sui molti
monitori dello sport handicap, sulle persone che
addestrano i cani guida e su quanti sono impegnati nella ricerca. Questa è solo una parte di ciò
che ci aiuta a organizzare la nostra quotidianità
in modo pratico e sensato. Vorrei cogliere l’occasione per dire grazie di cuore. E chissà se forse la
ricerca non troverà un giorno un rimedio per
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quella malattia con cui dobbiamo convivere tutti
i giorni. Fino allora però dobbiamo affrontare la
quotidianità così come è con una RP. E se la ricerca sfonderà, la nostra vita cambierà. Come e
quando però non lo sappiamo... Io non lo so, noi
tutti non lo sappiamo e allora ci tocca convivere
CON la RP, oggi e anche domani, ma senza perdere di vista la speranza.
Per me la speranza significa riuscire a condurre
una vita appagata, una vita dinamica, una vita
nonostante e con la RP, una vita che non esclude
l’incontro, una vita meritevole d’essere amata,
una vita da cogliere come opportunità e da gustare con ogni fibra del corpo. Perché il nostro
Creatore ci ama e ci accetta così come siamo.
Grazie per l’attenzione.
Conferenza tenuta all’AG 2002 di Retina Suisse
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Wolfgang Berger nuovo professore all’Uni di Zurigo
Dal 1. maggio 2002 Wolfgang Berger è
professore ordinario di genetica molecolare all’Università di Zurigo
Wolfgang Berger (1959) ha studiato biologia
all’Università Ernst Moritz Arndt di Greifswald
nella ex-Germania dell’Est (RDT). Ha continuato
la sua attività fino al dottorato presso l’Istituto
centrale di biologia molecolare dell’Accademia
delle scienze della RDT. Nel 1989 conseguiva il
dottorato e negli anni 1990-1995 faceva un
«postdoc» presso il Dipartimento di genetica
umana dell’Università di Nimega (NL). Nel 1995 è
responsabile di un gruppo di ricerca dell’istituto
Max Planck di genetica molecolare a Berlino-Dahlem. Nel 1999 ottiene l’abilitazione e nel 2000
l’autorizzazione all’insegnamento della genetica
umana. A livello internazionale Wolfgang Berger
è uno dei più rinomati specialisti di genetica
umana nel settore delle affezioni oftalmologiche
ereditarie. Nel 1997 Berger ottenne il premio di
ricerca dell’Associazione tedesca di retinite pigmentosa e di Retina Suisse.
In: Uni-Journal 2/02 Zurigo
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L’albo
1. Più luce sul display del telefonino
In tutti i telefoni cellulari, fatta eccezione per gli
Ericsson, si può fare un adattamento e illuminare
lo sfondo del display in bianco e non nell’abituale grigio. In tal modo le cifre e le lettere risaltano
meglio. Si può richiedere questa prestazione, che
costa ca. CHF 75.– più le spese di spedizione, a
FIXTRONIC, Chemin de Sonressert 7, case postale
91, 2016 Cortaillod. Tel. 032 841 73 74, Telefax
032 841 73 75, E-Mail: [email protected].
Internet www.fixtronic.com.
(Info UCBA no. 123/juin 2002)
2. Vigore, fiducia, coraggio e sensibilità
nei piedi. Il golf quale terapia e sport per
persone con handicap visivo?
In Inghilterra, Scozia, Canada e Giappone è cosa
del tutto normale che persone con una grave limitazione della vista, dovuta a malattia di Usher,
RP o degenerazione maculare giochino al golf. E
noi sappiamo per esperienza che può funzionare
bene. Cogliamo l’occasione per mostrarvi come
persone cieche e ipovedenti siano senz’altro capaci di colpire la pallina e di infilarla nella buca.
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Noi stessi abbiamo un handicap visivo (RP e degenerazione maculare) e giochiamo a golf, chi da
poco, chi da svariati anni. Comune a tutti è il
grande divertimento che ci offre la pratica di
questo sport.
Il golf rappresenta una nuova sfida che ognuno
può affrontare e vincere. Il golf significa integrazione nella società dei vedenti, ma anche riconoscimenti e ammirazione. Il fatto di muoversi
all’aperto, a contatto con la natura, ci ridà una
certa libertà e migliora la qualità di vita. Vogliamo aiutarvi e incoraggiarvi a tentare il golf,
sia come terapia sia come sport. A metà del 2001
abbiamo fondato il Club tedesco dei giocatori di
golf ciechi.
Fino a 5 anni orsono rifiutavo categoricamente il
golf perché lo ritenevo uno sport troppo costoso
e impraticabile per ciechi e ipovedenti. Nel frattempo mi sono liberato definitivamente di tali
pregiudizi. Il Club intende mostrare che il gioco
del golf rappresenta un’ulteriore alternativa per
passare il tempo libero con un compagno o un
congiunto. Ci siamo dati il compito di accompagnare nei primi mesi e anni quanti vogliano dedicarsi al gioco del golf. Mettiamo a disposizione
l’attrezzatura, predisponiamo le lezioni per il giocatore e la persona che lo accompagna, trattiamo
con il club locale e organizziamo delle unità di
training specifiche. La mia propria esperienza di
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giocatore di golf mi ha restituito una bella dose
di qualità di vita, sono in grado di muovermi senza paura all’aperto, l’integrazione nel mondo dei
giocatori vedenti funziona perfettamente, questo sport mi diverte e mi dà gioia.
Vale veramente la pena di provare. Il golf è sport
e terapia e lo si può imparare ad ogni età, indipendentemente dall’affezione visiva (RP, degenerazione maculare o Usher).
Chi fosse interessato non esiti a chiamarci. Il recapito è: Ivars Weide, 59425 Unna, Am Alten
Schacht 22, telefono 02303/6 24 61, E-mail
[email protected] oppure Gerhart Stark
(presidente del Club tedesco dei giocatori di golf
ciechi).
(In Retina-Aktuell, 4/2001)
3. Catalogo UCBC dei mezzi ausiliari
È uscito in francese e tedesco il nuovo Catalogo
UCBC dei mezzi ausiliari. Vale la pena di consultarlo. Lo si può ordinare presso l’UCBC a San Gallo. L’indirizzo è: UCBC, Ressort Hilfsmittel, Schützengasse 4, 9001 San Gallo. Tel. 071 223 36 36,
fax 071 222 73 18. E-mail [email protected]
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Embrioni e cellule staminali
«Embrioni e cellule staminali» – Informazioni e domande per un dibattito è un opuscolo interessante e informativo che dà molte
indicazioni sul tema delle cellule staminali. Un
utile Glossario aiuta i non addetti a fare «ordine»
nel vasto campo dei concetti. L’opuscolo è edito
dalla Fondazione Science et Cité.
Dialogo tra scienza e società. La Fondazione
Science et Cité, costituita nel 1998, promuove il
dibattito costruttivo, la comprensione reciproca e
l’interazione tra scienza e società, parallelamente
alla procedura di consultazione sulla nuova «Legge federale concernente la ricerca sugli embrioni
e le cellule embrionali staminali» (Legge sulla
ricerca embrionale EFG)» la Fondazione è stata
incaricata dall’Ufficio federale della sanità pubblica e dall’Aggruppamento per la Scienza e la
Ricerca, di garantire un dibattito pubblico attorno al tema della ricerca su cellule staminali.
Science et Cité è affiancata dai seguenti enti sostenitori: alliance F (Alleanza delle società femminili svizzere), Appello di Basilea contro la tecnologia genetica, Commissione nazionale d’etica in
materia di medicina umana (CNE), Accademia
Svizzera delle Scienze Mediche (ASSM), Fondo
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Nazionale Svizzero per la promozione della ricerca scientifica, come pure il Centro per la valutazione delle scelte tecnologiche (TA-Swiss) presso il Consiglio Svizzero della Scienza e della Tecnologia (CSST).
L’opuscolo è uscito in italiano, tedesco e francese
e si può richiedere gratuitamente alla Fondazione Science et Cité, Marktgasse 50,
CH-3011 Berna. Tel.: +41 31 313 19 19, fax:
+41 31 313 19 18, E-mail: [email protected].
Homepage: www.science-et-cite.ch
A proposito di...
In India per fare yoga
Da otto anni frequento un corso di yoga a Berna.
Faccio hatha-yoga specialmente perché esercito
una professione sedentaria. Durante le lezioni
facciamo esercizi fisici (Asanas). Lo yoga favorisce il rilassamento, la concentrazione, l’elasticità
dei movimenti e mi aiuta a conoscere meglio il
mio corpo. Alla fine di ogni lezione meditiamo.
Da tempo era mio desiderio fare yoga nel paese
d’origine di questa disciplina, l’India. Accettai
perciò con entusiasmo la proposta della mia inGiornale Retina Suisse 2/2002
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segnante di yoga di fare un viaggio a Goa. In
occasione di un pomeriggio informativo feci la
conoscenza della coppia organizzatrice e di un
altro partecipante. Li informai che avevo una retinite pigmentosa e tutti mi assicurarono il loro
appoggio nel buio. Per i casi d’emergenza (p.es.
una panne dell’erogazione elettrica) presi con me
una lampadina a pile.
La nostra piccola comitiva, eravamo cinque persone, trovò subito una buona, simpatica intesa. Il
mattino frequentavamo un corso di yoga con un
insegnante indiano. Per noi svizzeri quest’uomo
doveva avere circa 40 anni, ma con nostra grande
sorpresa ci disse che ne aveva 55 – a riprova che
lo yoga mantiene giovani. All’inizio di ogni lezione facevamo «il saluto al sole», un noto esercizio di yoga nel quale tutte le parti del corpo
sono attivate. Apprezzavamo particolarmente di
poter fare le lezioni all’aperto, sul prato davanti
all’albergo. Tuttavia, anche all’ombra la temperatura oltrepassava i 30 gradi e noi sudavamo.
Finora avevo sempre fatto fatica a fare gli esercizi d’equilibrio – un fenomeno confermatomi
anche da altre persone con handicap visivo. Esso
è infatti collegato con la vista, in particolare con
la perdita di campo visivo alla periferia. Faccio
fatica a stare in piedi a lungo su una gamba sola
e a tenermi in equilibrio. Nelle lezioni di yoga in
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Svizzera mi aiutavo appoggiandomi alla parete
con una mano. Fu una vera gioia constatare che
in India le cose andavano molto meglio. Facevamo ogni giorno l’esercizio dell’«albero»: stavamo in piedi su una gamba sola con l’altra gamba piegata e la pianta del piede sulla coscia. Con
gli occhi fissavamo punto per terra davanti a noi
e portavamo in alto entrambe le mani fino ad
unirle sopra la testa, stando così in equilibrio per
un po’ di tempo.
Di pomeriggio facevamo delle gite, visitavamo
dei mercati e ci facemmo fare dei massaggi Ayurveda. Apprezzavamo molto la cucina locale con i
suoi squisiti piatti piccanti. Le mucche sacre che
passeggiavano sulla strada indisturbate non finirono di stupirci, là le chiamavano anche «indian
policemen» (poliziotto indiano). L’invito della
nostra guida turistica indiana a cenare con la sua
famiglia e una visita a Mumbai (Bombay) completarono il nostro viaggio.
Dall’India ho riportato a casa tutta una serie di
impressioni, in particolare su ricchezza e povertà
nonché la constatazione, sorretta dall’esperienza
concreta, che per ottenere un buon risultato occorre esercitarsi in continuazione. È ovvio che
anche il fatto di essere in vacanza, il contatto
diretto con la terra e la simpatica atmosfera nella
nostra comitiva hanno contribuito alla buona
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riuscita dell’impresa. Tra l’altro devo dire che gli
esercizi d’equilibrio ora mi riescono meglio anche
in Svizzera. In futuro vorrei recarmi in viaggio
nell’India settentrionale.
Brigitte Hübschi
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Le date da ricordare
• Settembre –
Retina Week 2002
• 19.10.2002:
Incontro del gruppo regionale di Berna (visita alla
scuola per cani-guida di Allschwil)
• 16.11.2002:
Incontro del gruppo regionale della Svizzera italiana
a Lugano
• 30.11.2002:
Incontro dei giovani a
Berna (tema informatica e
Internet)
• 07.12.2002:
• 05.04.2003:
Azione Telethon 2002
ottobre:
Assemblea generale ordinaria di Retina Suisse a
Berna
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