Sommario 2 Compagni di strada 4 Quel bisogno di sacro 6 Manifesti viventi 7 Parliamo di comunicazione 9 Chiara d’Assisi così donna, così vicina 13 Amicizia 15 Qui pubblicità Istituto secolare «Santa Maria degli Angeli» - Reg. San Grato, 56 - 12039 Verzuolo (CN) 1 Compagni di strada Comunicare il Vangelo nella post-modernità 1. La religiosità nel post-moderno In una società sempre più in rapida evoluzione e sempre più complessa, la dimensione religiosa vive pure le sue ampie e profonde trasformazioni. Se l’era della modernità aveva avuto come espressione caratteristica la negazione esplicita di Dio, pur essendo esso un fenomeno elitario e Dal 1° giugno la diocesi di Saluzzo ha un nuovo pastore nella persona di mons. Giuseppe Guerrini. Rettore del Seminario di Cuneo per 13 anni fino all’istituzione del Seminario interdiocesano, ora il Santo Padre Giovanni Paolo II l’ha chiamato a reggere la nostra diocesi sulla cattedra che fu del Beato Giovenale Ancina. Mentre con affettuosa simpatia auguriamo al nostro nuovo vescovo un ministero ricco di frutti, vogliamo ringraziare di cuore mons. Diego Bona per la guida sapiente con cui ha accompagnato il nostro cammino di fede in questi 9 anni di ministero episcopale in diocesi. 2 non di massa, la post-modernità invece accoglie in sé i modi più diversi, perfino opposti, di relazionarsi con la religiosità. Difficilmente oggi si incontra l’ateismo teorico. Non di rado anche coloro che si dichiarano non credenti si interessano di cristianesimo anche se in modo critico. Un esempio. La cultura laica italiana ha raccolto da alcuni anni l’invito al dialogo da parte di esponenti del cattolicesimo (v. La cattedra dei non credenti del cardinal Martini e altre iniziativi simili). Alcuni filosofi del nostro Paese hanno dedicato parte delle loro riflessioni, critiche quanto si vuole, ma comunque dirette a comporre una certa immagine del cristianesimo*. Un altro atteggiamento molto radicato e diffuso oggi è l’indifferenza per ogni coinvolgimento personale in una qualche fede religiosa. Etsi Deus non daretur: come se Dio non fosse. La propria esistenza è vista come un puro al di qua da realizzare al meglio: vivere al massimo, come si dice adesso. E pur di essere dei “vincenti” si corre il rischio reale di improvvisi o anticipati naufragi dovuti al- l’uso di droghe, doping, ecc. Contemporaneamente si assiste al ritorno del cosiddetto “sacro indistinto” come reazione del bisogno religioso alla stagione dell’ateismo esplicito. Si tratta di una religiosità che non si dirige verso le religioni tradizionali ma verso gruppi e movimenti che tendono ad appagare l’emotività, il sentimento, lo star bene con se stessi, la ricerca consolatoria di persone e di pratiche carismatiche. Supporto culturale del fenomeno è la messa in crisi delle certezze assolute. Tutto viene visto come relativo e provvisorio. Di qui la prassi di mettere insieme espressioni tratte da religioni diverse, pronti a cambiare gli ingredienti del cocktail quando non soddisfano più. Come per contrasto sta riprendendo forza il fenomeno del fondamentalismo e dell’integralismo, soprattutto se si allarga lo sguardo alle diverse religioni mondiali. Esso, pur nella varietà delle motivazioni che lo originano, si presenta come una reazione di difesa contro chi vuole un mondo secolarizzato, che intende, cioè, fare a meno di Dio. Per i fondamentalisti la difesa della fede va garantita in modo perentorio, al di là di ogni intromissione critica della ragione, mediante, tra l’altro, una lettura letteralistica dei rispettivi testi sacri (Bibbia, Corano, ecc.). Ma anche all’interno di coloro che si definiscono persone credenti si notano molte diversità. Recenti indagini sociologiche hanno mostrato come il credere non abbia significato univoco per quei tre quarti di italiani che si dichiarano cattolici. In molti casi, ad es. la pratica religiosa si limita ai riti di passaggio: la nascita viene collegata al battesimo, l’adolescenza alla cresima, così per il matrimonio in chiesa, ecc. Ci si sente cristiani perché si osservano, secondo le forme della tradizione cristiana, queste tappe che appartengono più alla dimensione antropologica della cultura che non alla fede in se stessa. Ne risulta una fede che non coinvolge il vissuto poiché il Vangelo non costituisce l’orizzonte entro cui impostare il proprio progetto di vita ma al massimo vi si affianca, come una risorsa tra le altre. 2. Compagni di strada Perché questo nostro tempo possa incontrare il Vangelo, occorre innanzitutto capire quali sono le vere domande che le persone si portano dentro e che vanno interpretate, decifrate perché possano venir colte nella loro verità, spesso nascosta agli stessi interessati. Dietro a certi rifiuti della fede, di fronte al dolore o all’assunzione di forme religiose superficiali o etero(Continua a pagina 3) 3 Quel bisogno di sacro Aspetti del revival religioso in occidente È vero, c’è un ritorno del sacro, Dio non è morto, ma anzi, è ritornato ad occupare un posto fra gli interessi della gente. Tuttavia ci domandiamo: quale sacro, quale Dio è tornato? A ben vedere non pare si tratti di un ritorno alle radici cristiane, ma di un revival religioso ben diverso dalla “religione” come la intendiamo comunemente. (Continua da pagina 2) genee, ci stanno altre domande, quelle sul senso del vivere e del morire. Perché questo accada è importante sentirci innanzitutto compagni in uno stesso cammino, compagni anche nel medesimo interrogarsi, sapendo riconoscere il bene ovunque, visto che “la luce vera”, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9) è costantemente al lavoro nel cuore di ciascuno. Renza G. _________ * Cfr. A. Matteo, Della fede dei laici, Rubbettino, 2001 4 Nella nostra cultura contemporanea occidentale il problema della presenza della religione ha dimensioni molto complesse; il rapporto religione-postmodernità in questi ultimi decenni si attua per la maggior parte al di fuori delle grandi tradizioni religiose e delle stesse Chiese cristiane, influenzato non marginalmente dai movimenti religiosi alternativi e da quella corrente culturale-religiosa ormai nota come New Age. Le ricerche in questo campo dicono che si fa strada una religiosità soggettiva, non riconducibile ad una singola istituzione. Sotto un certo aspetto l’interesse per la religione diminuisce lasciando spazio a un nuovo modo di essere religiosi: nasce una religiosità meno organizzata, più personale, più possibilista sui contenuti e alla cui base sta un vago relativismo, quello che afferma che una religione vale l’altra. Se emerge un interesse generalizzato per il religioso, questo interesse non si tramuta in effettiva vici- nanza alla Chiesa, ma in pratiche pseudo-religiose, in credenze quali spiritismo, astrologia, magia, telepatia; cospicue minoranze sono coinvolte in gruppi di vario genere, da quelli di sviluppo del potenziale umano a quelli di ricerca di vite passate, dai gruppi con spiritualità orientale ai gruppi ufologici, o a quelli che, dichiarandosi cattolici, credono però nella reincarnazione. Esiste tutto un modo di rapportarsi al sacro alternativo che trova la possibilità di salvezza all’interno delle capacità umane ripetendo le antiche, ma mai sopite dottrine gnostiche. In questo quadro dove Dio sembra non avere più consistenza personale, dove Gesù Cristo è ritenuto semplicemente una manifestazione dello spirito universale, al massimo un grande alla pari con Buddha e Maometto, la Chiesa è chiamata a raccontare la sua fede, far conoscere la Buona Notizia che da duemila anni è presente nel mondo. Una Buona Notizia che dà speranza non nelle capacità umane con le più svariate tecniche salvifiche di ampliamento della coscienza, ma speranza in un Altro “che per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo”. CHI È IL CRISTIANO ? Oggi – e questo ritengo, va confessato con chiarezza – i cristiani condividono con altri uomini la ricerca di un mondo più umano, l’essere orientati, il possedere un orizzonte di speranza e di fraternità umana e cosmica; condividono con altri credenti l’adesione a un Dio vivente e operante nella storia che ci attende dopo la morte per una vita eterna con lui; ma solo essi credono che un uomo è stato il volto di Dio, che un uomo è stato l’incarnazione di Dio, che lui solo ha narrato il Dio invisibile. I cristiani dunque ascoltano lui, lo amano ancora oggi, lo attendono quale Signore veniente e glorioso alla fine della storia. Sì, si chiamano cristiani perché seguono Cristo, e la loro vita si dice cristiana perché ispirata a quella di Cristo, vissuta come lui ha vissuto la sua esistenza umana. È l’incontro con Cristo che fa il cristiano! (E. Bianchi, Cristiani nella società, Rizzoli, 2003, p. 22) Laura R. 5 Manifesti viventi Comunicare il Vangelo nell’ambiente di lavoro: una testimionianza È per me motivo di grande gioia e di orgoglio la possibilità che mi è data di lavorare in una copisteria. Sì, perché è proprio qui, tra fotocopie e computer, che sto imparando ad apprezzare e ad amare la mia chiamata ad essere consacrata che cerca, per quanto è possibile, di annunciare Gesù. Nella mia piccolissima esperienza, ho potuto constatare quanto siano vere le parole di Padre Giuseppe Maria, fondatore del mio Istituto, quando affermava: “L’operaio, l’impiegato, lo sconosciuto che ti osserva all’angolo della strada… vuol sapere… e interroga i santi che scendono dalle nicchie e servono nei bar, nelle mense aziendali, nel mondo del turismo, sui campi da sci, nella lotta sindacale e politica, nella scuola, nell’ufficio, nel commercio e accetta la risposta leale, intelligente, fresca, cordiale del testimone di Cristo”. È vero che sul lavoro non ci sono molte occasioni per annunciare con le parole la fede in Cristo Gesù, ma è anche vero che la gente che passa nel negozio ti guarda, ti osserva, nota e apprezza se trova un ambien6 te sereno e cordiale, facce sorridenti e modi gentili. Penso che mi rimarrà sempre impresso quel signore che una mattina è entrato, ci ha guardate e dopo un po’ ha esclamato: “Adesso voglio sapere perché sorridete sempre! Al mattino sono tutti arrabbiati. Perché voi sorridete?”. Ho scoperto, così, che il saper sorridere è “un’arma” formidabile per “conquistare” la gente. Non ci vuole molto: dal sorriso nasce l’amicizia e da qui, chissà che non nasca un discorso più profondo. Per me la sfida di ogni giorno è quella di immaginare lo sguardo pieno d’amore che aveva Gesù quando guardava le persone che incontrava e sforzarmi, a mia volta, di guardare i miei clienti così. O almeno un po’. Tante volte mi viene da pensare che, forse, non è necessario fare cose eccezionali per annunciare Gesù. Basterebbe essere pieni di Lui e così trasparenti da farlo vedere in noi. Come dire? Basterebbe essere noi un manifesto vivente che parla anche se non dice nulla, che provoca solo guardandolo. Chiara S. Parliamo di comunicazione Qualche idea per migliorare le nostre relazioni Vediamo innanzitutto gli elementi della comunicazione: chi comunica, chi parla, ossia l’emittente, e chi riceve la comunicazione, ossia il ricevente. Poi c’è la comunicazione in quanto tale, considerata come un elemento a se stante: ciò che passa dall’emittente al ricevente. Il codice Solo in quanto il codice è conosciuto da tutti e due si può comunicare. Facciamo un esempio: io devo incontrare un cinese. Io non parlo il cinese, lui non parla l’italiano. Però parliamo tutti e due qualche parola di inglese. Come possiamo comunicare? Solo attraverso quelle parole d’inglese conosciute da tutti e due. Cioè, la parte di inglese che si sovrappone. La comunicazione non ha un inizio Si dice che la comunicazione è cominciata con Adamo ed Eva. Noi ci inseriamo sempre in una continuazione della comunicazione. Anche con una persona che non avete mai visto la comunicazione è già cominciata. È cominciata, ad esempio, quando vi hanno detto che avreste incontrato quella persona. È cominciata, prima ancora, quando da bambini vi hanno insegnato come si incontra una persona. E, ancora prima, da quando l’hanno insegnato ai vostri genitori. Per questo si dice che la comunicazione è cominciata con Adamo ed Eva e noi ci inseriamo in un flusso che continua. Causa e conseguenza sono soggettive Questo fatto ha delle conseguenze notevoli: nella comunicazione la successione dei fatti viene letta in modi completamente opposti. Es.: io mi comporto così perché quello si comporta cosà. Vai dall’altro e ti senti dire: io mi comporto cosà perché quello si comporta così. Quello non mi saluta, io non lo saluto. Vai dall’altro: perché non la saluti? Perché lui non mi saluta. Vai dall’altro: perché non lo saluti? Perché lui non mi saluta. Qual è la causa? Qual è la conseguenza? Ognuno la legge da un punto di vista diverso. Questo fenomeno è comune in tutte le comunicazioni che continuano nel tempo. E, per di più, la causa e la conse7 guenza sono a ritroso, senza limite, si arriva ad Adamo ed Eva. Quindi, nessuno può dire: la mia lettura è quella giusta. Non si può non comunicare Immaginate di affacciarvi alla finestra e di vedere una persona che passa in strada. Questa persona vi comunica anche se non sa di comunicare. Voi la guardate e dite: guarda come è serena e tranquilla. Oppure: guarda come ha fretta, come mi sembra giù! Deve esserle capitato qualcosa! Questa persona non sapeva di comunicare, invece ha comunicato. Si comunica sempre. Il tentativo di non comunicare è considerato una malattia mentale molto grave perché non si può non comunicare. E anche chi tenta di non comunicare comunica lo stesso. Il fatto che non si può non comunicare significa che io devo rendermi conto che la mia faccia comunica sempre qualcosa. Provate a mettervi all’angolo della strada o fate attenzione quando siete fermi al semaforo e guardate le facce della gente che passa a piedi o in auto. Guardate le loro facce e vedete se non comunicano! Pensate alla gente che esce dalla Messa la domenica. Che faccia ha? Quella è una faccia fondamentale! Non si può non comunicare, noi comunichiamo sempre! La comunicazione non verbale È ciò che si vede della persona: i gesti, es. i gesti di saluto perché non usa la parola, le posizioni, i movimenti delle braccia. Comunicazione non verbale è l’espressione del volto. Soprattutto i muscoli attorno agli occhi sono molto espressivi perché sono difficili da controllare. Guardando negli occhi una persona si capiscono tante cose. Anche gli angoli della bocca sono un punto molto significativo di comunicazione non verbale: angoli in su, angoli in giù. E dopo una certa età, gli angoli della bocca sono plasmati nei muscoli della faccia, cioè la faccia diventa quella che riflette il vissuto di 40 - 50 - 60 anni di una persona. Si arriva ad avere la faccia che rispecchia quello che si è vissuto per tanti anni. Tutta la posizione del corpo comunica. Se, quando parli con una persona, ti metti con le braccia conserte, comunichi chiusura. Non ci si sdraia, non ci si mette comodi. Perché altrimenti comunico che cosa? Comunico che è una fatica parlare con quella persona! Anche se io non volevo comunicare quello, lo comunico ugualmente. La comunicazione non verbale audio È il tono che uso nel dire le cose. Il tono cambia il significato delle cose che dico. Perché è diverso se (Continua a pagina 8) 8 Chiara d’Assisi così donna, così vicina Il volto femminile del francescanesimo Domenica 13 aprile 2003, domenica delle Palme, giorno nel quale Chiara lasciò la sua casa e i suoi averi per seguire la via iniziata da Francesco, si apre il 750° anniversario della sua morte: è grazie a questa felice occasione che desideriamo intrattenerci con Chiara per scoprire nel suo volto i tratti di una presenza amica, vicina, affascinante… Potrà sembrare strano, e forse un po’ bizzarro, ma vogliamo lasciar(Continua da pagina 7) io dico: noo! Noooo! No. No, no, no! Ho sempre detto no, ma cambiando il tono, il volume, cambia il significato. Un bambino di 3-4 anni riconosce benissimo il no della mamma. Sa quando è un no che può diventare sì e quando è un no che resta no. Se ne rende conto dal non verbale, cioè dal modo con cui viene detta la frase. Il modo con cui io pronuncio le parole è già comunicazione. (Da una conversazione di don Ezio Risatti, sdb, psicologo) ci dire da lei cosa significhi essere donne ed esserlo oggi: lei, donna vissuta nel 1200, eppure così attuale perché così pienamente umana! In un mondo sempre più tecnologico e sempre più assetato di umanità, Chiara ci viene incontro e si offre a noi come un’esperta di umanità. Profonda conoscitrice dell’animo umano, delle sue passioni e dei suoi più alti sogni, dei “lacci” che lo rendono schiavo e di quell’Amore che lo abita e che continuamente lo apre ad orizzonti sconfinati di libertà… Chiara è la donna che conosce per esperienza le debolezze e le fragilità del nostro essere uomini, le ferite e i segni che ogni storia lascia sulla pelle e nel cuore, le “infermità” che paralizzano il nostro desiderio di amare e di essere amati… Chiara non solo conosce, ma Chiara se ne prende cura. Non è un caso che, ad Assisi, portavano a lei, chiusa in S. Damiano, malati di ogni genere e lei li guariva. 9 E quante delle sue sorelle sono state liberate dai loro mali, fisici e spirituali, grazie al segno di croce che lei, con tenerezza, tracciava sulle loro parti malate! Chiara è la donna della cura perché non ha paura di toccare le “piaghe” della sua umanità e dell’umanità delle sue sorelle: non ne ha paura perché il suo Dio è il Dio che ha stretto un’Alleanza Nuova con la nostra carne, che si è fatto Egli stesso carne per trasformare in Vita Eterna tutto ciò che è umano. Chiara è colei che sa prendere tra le mani i piedi, le parti più povere e sporche, delle sue sorelle con la stessa delicatezza con la quale prende tra le mani il Corpo del Signore e sa baciarli con la stessa dolcezza che riserba allo Sposo. Chiara è la donna che non si vergogna di “pulire i sedili delle sorelle inferme”, semplicemente perché non si vergogna di nessun aspetto della sua umanità: è oggetto della sua tenerezza e della sua cura e in questo modo la salva, le restituisce bellezza e dignità. Chiara è maestra nel coniugare fedeltà al Vangelo e fedeltà a tutto ciò che è umano: lei, che non 10 verrà mai meno all’Altissima Povertà che ha promesso per amore del Cristo povero, lei che non permetterà nemmeno alla polvere di ritardare il suo andare, lei stessa saprà anche riconoscere, come appartenente all’Altissima Povertà promessa, che “il nostro corpo non ha la robustezza del granito” e che quindi ci è chiesto di ascoltarlo, se vogliamo che la nostra vita sia un’autentica lode al Signore… Davvero Chiara non finisce mai di stupirci! Ma lei non è solo un’esperta di umanità: è anche un’esperta di femminilità. «Quanto Chiara ha vissuto non è stato solo consegnato al suo tempo, ma giunge sino a noi. Ci testimonia quanto grande è la fatica di vivere la sequela di Cristo senza compromessi e senza cedimenti, ma anche quanto grandi siano la pienezza e la gioia che vengono date in dono». Clara Gennaro Chiara è il cuore che batte al femminile nell’ideale di Francesco, è la pianticella che non rinuncia al suo essere donna, che vive in pienezza la sua vocazione alla nuzialità, che sa dare voce al desiderio d’amore della sposa e sa godere delle tenerezze dello Sposo, ma sa anche seguirLo, con l’ardore e la tenacia di un’amante appassionata, fino alle estreme conseguenze, fino al dono della vita sulla croce. “Medita, contempla e brama di imitarLo”, scrive in una sua lettera… È solo di una donna, e di una donna innamorata, saper vedere, su un Volto sfigurato dal dolore, “il più bello tra i figli dell’uomo”, saper riconoscere, nelle ferite di una carne lacerata dai chiodi, “lo splendore dell’eterna gloria”, la bellezza bruciante dell’Amore. Ed è solo un cuore di donna che sa cogliere le impercettibili “carezze” dell’Amato, sa lasciarsi attrarre e sedurre dal solo “profumo” del suo passaggio, sa “ricalcare le orme” da Lui lasciate senza neppure vederLo chiaramente, in un desiderio che cresce e diviene sempre più ardente… Chiara è la donna che ci insegna l’arte dell’Amore: l’arte del desi- derare e del cercare, l’arte del saper godere senza mai possedere, l’arte del donarsi senza misurare, l’arte di intuire ciò che abita il cuore dell’Amato per lasciarsi plasmare dal suo sguardo e dal suo Volere… Chiara ci insegna l’arte di essere donne, in un mondo che ha tanto bisogno di femminilità, di grembi che accolgono e custodiscono la Vita e la ridonano ricca di umanità, traboccante di tenerezza! Dal sito delle Clarisse di Leivi-Chiavari: www.maranatha.it/Leivi/SPpage.htm Santa Chiara (Vinati) 11 CHIARA, CHI SEI? Chiara nasce ad Assisi verso il 1193. Il padre, Favarone di Offreduccio e la madre Ortolana, appartengono a famiglie nobili, potenti e ricche della città. Chiara riceve dalla madre i primi insegnamenti della fede e da lei impara la bontà e la carità verso i poveri. Verso il 1210 ascolta le prediche di Francesco e ne rimane conquistata. Decide di seguirlo. A diciotto anni lascia tutto, genitori, casa, ricchezze, ottime prospettive per il futuro per un ideale di assoluta povertà dietro l’esempio del Poverello. La notte della Domenica delle Palme del 1211 è accolta a S. Maria degli Angeli da Francesco che la consacra a Dio. In un primo tempo va a vivere nel monastero benedettino di San Paolo di Bastia, poi si ritira nel monastero di Sant’Angelo di Panzo, dove ritrova la sorella Agnese, anch’essa fuggita per seguire il Signore nel medesimo ideale. Dopo breve tempo è condotta a San Damiano, dove rimane fino alla morte. La fama della sua santità si diffonde presto e molte donne, attratte dal suo esempio, la seguono a San Damiano (tra cui le due sorelle e la madre). Pur obbligata ad adempiere l’incarico di abbadessa, riserva per sé le incombenze più umili. Conduce una vita di penitenza, di preghiera intensa, di silenzio, di devozione particolare all’Eucarestia. Insegna alle sorelle un grande amore per la povertà che ella per prima pratica in modo rigoroso. Difende con fermezza l’assoluta povertà, ossia il diritto per il monastero a vivere di provvidenza, senza rendite. La sua costanza viene premiata: poco prima di morire, il papa Innocenzo IV approva la Regola redatta da lei stessa col “privilegio di povertà”. Costretta a letto dalla malattia per circa trent’anni, Chiara non cessa di rendersi utile attendendo alla confezione di corporali per le chiese povere dei dintorni. Muore l’11 agosto 1253, e le sue ultime parole sono, come sempre, di lode e di gratitudine: «E tu Signore sii benedetto, che mi hai creata». Dopo soli due anni dalla morte, Chiara viene canonizzata da papa Alessandro IV. 12 Amicizia Fiore prezioso che rende bella e feconda la vita «La simpatia, l’educazione, la correttezza, la gioia, la gentilezza sono forme squisite di carità. Stanno alla base di quel fenomeno meraviglioso che è l’amicizia e fanno sentire che simpatizziamo con lui o con lei nel vero senso della parola». Leggendo queste frasi dagli scritti del Padre Giuseppe mi è venuto spontaneo riflettere sull’amicizia. Ritengo infatti che l’aver scoperto, ricevuto, ricambiato il dono dell’amicizia sia una delle esperienze più belle fatte nella mia vita e quindi anche in questi anni di attività presso la nostra Associazione InformaCristo. L’amicizia non è pilotata, nasce spontaneamente. Dopo alcuni incontri con certe persone ti accorgi di essere sulla stessa lunghezza d’onda, avverti un modo di sentire comune, le parole e gli avvenimenti producono una risonanza interiore affine, la comunicazione si fa più profonda basata sulla fiducia reci- proca, sulla verità. Desideri il bene dell’altro come l’altro desidera il tuo, ti accorgi di capire e di essere capito, anzi, indovinato… Sboccia così con naturalezza il fiore dell’amicizia. Ed è sorpresa, gratitudine, dono. Dice Giovanni Papini: «L’amicizia è un continuo scambio e contraccambio di doni spirituali e materiali. Quando si tratta di persone generose, colui che dà, prova una gioia più grande di colui che riceve». Ma il “dono” per eccellenza è l’amicizia stessa. Il sapere che puoi contare su quella persona. Che non ti giudicherà ma cercherà di capirti. In questo senso la solitudine, quella specie di malattia di cui tutti si è un pochino affetti, è in buona parte vinta. «Il più prezioso, il più raro fiore è all’amico l’amico» scrive Dietrich Bonhoeffer e la Bibbia dichiara: «Chi trova un amico trova un tesoro». 13 Gesù stesso, nel suo Vangelo, dimostra di apprezzare l’amicizia in tutte le sue sfumature. Lo troviamo a Betania in compagnia dell’amico Lazzaro e delle sue sorelle. Agli Apostoli dice: “Vi ho chiamati amici perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi…” e a Giuda stesso che veniva per tradirlo: “Amico, con un bacio tradisci il Figlio dell’uomo?”. È certo che per ognuno di noi l’Amico numero uno deve essere Gesù. Da lui possiamo ricevere le indicazioni valide per l’amicizia con i fratelli. Alla scuola di un tale Maestro non si sbaglia mai. Da Lui impariamo che il rapporto di amicizia non è mai esclusivo, ma si allarga al maggior numero di persone possibile perché la capacità di volere bene non si consuma ma aumenta amando. Di amici “più ce n’è, meglio è” diceva una simpatica canzone. L’unico guaio è che il tempo è tiranno, non si riesce a stare vicino a ognuno come si vorrebbe… Un’altra caratteristica dell’amicizia vera è che non sbiadisce nel tempo, nonostante ci siano lunghi spazi di lontananza fisica. Qui mi vengono alla mente diversi nomi, persone con 14 le quali si era stabilito un rapporto amichevole, poi perse di vista per lungo tempo per ragioni contingenti. Alla prima occasione di re-incontro ti fanno sentire la stessa freschezza di affetto, di gioia, di amicizia come se gli anni non fossero passati. A ognuno di questi amici e amiche vorrei dire come Paolo a Timoteo: «Ringrazio Dio, … ricordandomi sempre di te nelle mie preghiere … e sento la nostalgia di rivederti per essere pieno di gioia» (2 Tim 1,3-4). Lidia B. L’amico ama in ogni tempo, è un fratello nato per i giorni tristi. Proverbi 17,17 Un amico fedele è una protezione potente, chi lo trova, trova un tesoro. Siracide 6,14 Qui «Pubblicità» Punti di esposizione e distribuzione per manifesti, opuscoli e dépliant dell’Associazione Informazioni su Cristo. SEDE Ass. Informazioni su Cristo Torino Ass. Informazioni su Cristo Genova CROCICCHI* Bar Lagrange Torino Copisteria La Puntuale Torino Casa Impiegate e Studentesse Torino Acconciature Nadia Torino Casa Convegni Maria Regina Saluzzo Libreria La Cerna Busca Libreria Escata Verzuolo Libreria Crocicchio Bra LOCALI VARI Autoscuola Canta Orbassano Ufficio ANCOL Saluzzo Scuola Materna S. Giuseppe Saluzzo Curia, ingresso Saluzzo Curia, sala d’attesa Alba Casa Opere Diocesane Alba Sede CVA Alba Casa Convegni Altavilla Alba Circolo ricreativo ANSPI Novara Casa per ferie Raggio di sole Latte (Im) Acconciature Il pettine Cuneo OSPEDALI Molinette S. Lazzaro S. Giovanni Gradenigo Martini Nuovo Mauriziano S. Camillo Sant’Anna Maria Vittoria Amedeo di Savoia Maria Adelaide Oftalmico S. Vito S. Luigi Ospedale civile Ospedale civile Torino Torino Torino Torino Torino Torino Torino Torino Torino Torino Torino Torino Torino Orbassano Saluzzo Alba * Attività di lavoro condotte da membri dell’Istituto. 15 S. Croce Ospedale civile Ospedale Ospedale civile S. Martino Galliera Gaslini Paverano Ospedale Ospedale Ospedale Sant’Orsola Cuneo Savigliano Mondovì Alessandria Genova Genova Genova Genova Sestri P. Rapallo Sestri L. Bologna VETRINE Corso San Martino 1 Torino Via Po 4 Torino Via Sacchi 2 Torino C.so Vitt. Emanuele 60 Torino Via Nizza 25 Torino Via delle Orfane (ang. Via Garibaldi) Torino Piazza S. Carlo (chiesa S. Cristina) Torino Via Sacchi 44 Torino Stazione Porta Nuova Torino Via XX Settembre 81 Torino Cimitero Sud Torino Via S. Rocco Bra Santuario Belmonte Via Torino Chivasso San Bernardo Verzuolo Santuario Cantogno Via Vittorio Emanuele Alba 16 Corso Langhe 71/A Via Maestra 9 Alba Novara Piazza della Nunziata 2/B Via Caprera 8 Piazza Caricamento 1 Via 5 Maggio 5 Via Bellucci (Nunziata) Piazza Dante 4/B Piazza Acquaverde 3 Via Cantore 21 Via Fiume 16 Via Balbi 2 Stazione FS Principe Bin. 12 Genova Genova Genova Genova Genova Genova Genova Genova Genova Genova Via Genova 6 Sottopassaggio FS Stazione FS Genova Savona Chiavari Grosseto