Sommario
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Compagni di strada
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Quel bisogno di sacro
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Manifesti viventi
7
Parliamo di comunicazione
9
Chiara d’Assisi così donna, così vicina
13
Amicizia
15
Qui pubblicità
Istituto secolare «Santa Maria degli Angeli» - Reg. San Grato, 56 - 12039 Verzuolo (CN)
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Compagni di strada
Comunicare il Vangelo nella post-modernità
1. La religiosità nel post-moderno
In una società sempre più in rapida
evoluzione e sempre più complessa,
la dimensione religiosa vive pure le
sue ampie e profonde trasformazioni. Se l’era della modernità aveva
avuto come espressione caratteristica la negazione esplicita di Dio, pur
essendo esso un fenomeno elitario e
Dal 1° giugno la diocesi di Saluzzo ha un nuovo pastore nella persona di mons. Giuseppe
Guerrini. Rettore del Seminario di Cuneo per 13 anni fino
all’istituzione del Seminario interdiocesano, ora il Santo Padre Giovanni Paolo II l’ha chiamato a reggere la nostra diocesi sulla cattedra che fu del Beato Giovenale Ancina.
Mentre con affettuosa simpatia
auguriamo al nostro nuovo vescovo un ministero ricco di frutti, vogliamo ringraziare di cuore
mons. Diego Bona per la guida sapiente con cui ha accompagnato il nostro cammino di
fede in questi 9 anni di ministero episcopale in diocesi.
2
non di massa, la post-modernità invece accoglie in sé i modi più diversi, perfino opposti, di relazionarsi con
la religiosità.
Difficilmente oggi si incontra l’ateismo teorico. Non di rado anche coloro che si dichiarano non credenti si
interessano di cristianesimo anche se
in modo critico.
Un esempio. La cultura laica italiana
ha raccolto da alcuni anni l’invito al
dialogo da parte di esponenti del cattolicesimo (v. La cattedra dei non
credenti del cardinal Martini e altre
iniziativi simili).
Alcuni filosofi del nostro Paese hanno dedicato parte delle loro riflessioni, critiche quanto si vuole, ma comunque dirette a comporre una certa
immagine del cristianesimo*.
Un altro atteggiamento molto radicato e diffuso oggi è l’indifferenza
per ogni coinvolgimento personale in
una qualche fede religiosa. Etsi Deus
non daretur: come se Dio non fosse.
La propria esistenza è vista come un
puro al di qua da realizzare al meglio: vivere al massimo, come si dice
adesso. E pur di essere dei “vincenti” si corre il rischio reale di improvvisi o anticipati naufragi dovuti al-
l’uso di droghe, doping, ecc.
Contemporaneamente si assiste al ritorno del cosiddetto “sacro indistinto”
come reazione del bisogno religioso
alla stagione dell’ateismo esplicito.
Si tratta di una religiosità che non si
dirige verso le religioni tradizionali
ma verso gruppi e movimenti che
tendono ad appagare l’emotività, il
sentimento, lo star bene con se stessi, la ricerca consolatoria di persone
e di pratiche carismatiche.
Supporto culturale del fenomeno è
la messa in crisi delle certezze assolute. Tutto viene visto come relativo
e provvisorio.
Di qui la prassi di mettere insieme
espressioni tratte da religioni diverse,
pronti a cambiare gli ingredienti del
cocktail quando non soddisfano più.
Come per contrasto sta riprendendo
forza il fenomeno del fondamentalismo e dell’integralismo, soprattutto se si allarga lo sguardo alle diverse religioni mondiali.
Esso, pur nella varietà delle motivazioni che lo originano, si presenta
come una reazione di difesa contro
chi vuole un mondo secolarizzato,
che intende, cioè, fare a meno di
Dio.
Per i fondamentalisti la difesa della
fede va garantita in modo perentorio,
al di là di ogni intromissione critica
della ragione, mediante, tra l’altro,
una lettura letteralistica dei rispettivi
testi sacri (Bibbia, Corano, ecc.).
Ma anche all’interno di coloro che si
definiscono persone credenti si notano molte diversità.
Recenti indagini sociologiche hanno
mostrato come il credere non abbia
significato univoco per quei tre quarti
di italiani che si dichiarano cattolici.
In molti casi, ad es. la pratica religiosa si limita ai riti di passaggio: la
nascita viene collegata al battesimo,
l’adolescenza alla cresima, così per
il matrimonio in chiesa, ecc.
Ci si sente cristiani perché si osservano, secondo le forme della tradizione cristiana, queste tappe che appartengono più alla dimensione antropologica della cultura che non alla
fede in se stessa.
Ne risulta una fede che non coinvolge il vissuto poiché il Vangelo non
costituisce l’orizzonte entro cui impostare il proprio progetto di vita ma
al massimo vi si affianca, come una
risorsa tra le altre.
2. Compagni di strada
Perché questo nostro tempo possa
incontrare il Vangelo, occorre innanzitutto capire quali sono le vere domande che le persone si portano
dentro e che vanno interpretate, decifrate perché possano venir colte
nella loro verità, spesso nascosta agli
stessi interessati.
Dietro a certi rifiuti della fede, di
fronte al dolore o all’assunzione di
forme religiose superficiali o etero(Continua a pagina 3)
3
Quel bisogno di sacro
Aspetti del revival religioso in occidente
È vero, c’è un ritorno del sacro, Dio
non è morto, ma anzi, è ritornato
ad occupare un posto fra gli interessi della gente.
Tuttavia ci domandiamo: quale sacro, quale Dio è tornato?
A ben vedere non pare si tratti di
un ritorno alle radici cristiane, ma
di un revival religioso ben diverso
dalla “religione” come la intendiamo comunemente.
(Continua da pagina 2)
genee, ci stanno altre domande,
quelle sul senso del vivere e del
morire.
Perché questo accada è importante
sentirci innanzitutto compagni in uno
stesso cammino, compagni anche nel
medesimo interrogarsi, sapendo riconoscere il bene ovunque, visto che
“la luce vera”, quella che illumina
ogni uomo” (Gv 1,9) è costantemente al lavoro nel cuore di ciascuno.
Renza G.
_________
*
Cfr. A. Matteo, Della fede dei laici,
Rubbettino, 2001
4
Nella nostra cultura contemporanea
occidentale il problema della presenza della religione ha dimensioni molto complesse; il rapporto religione-postmodernità in questi ultimi decenni si attua per la maggior parte al di fuori delle grandi
tradizioni religiose e delle stesse
Chiese cristiane, influenzato non
marginalmente dai movimenti religiosi alternativi e da quella corrente culturale-religiosa ormai nota
come New Age.
Le ricerche in questo campo dicono che si fa strada una religiosità
soggettiva, non riconducibile ad una
singola istituzione.
Sotto un certo aspetto l’interesse per
la religione diminuisce lasciando
spazio a un nuovo modo di essere
religiosi: nasce una religiosità meno
organizzata, più personale, più possibilista sui contenuti e alla cui
base sta un vago relativismo, quello che afferma che una religione
vale l’altra.
Se emerge un interesse generalizzato per il religioso, questo interesse non si tramuta in effettiva vici-
nanza alla Chiesa, ma in pratiche
pseudo-religiose, in credenze quali
spiritismo, astrologia, magia, telepatia; cospicue minoranze sono
coinvolte in gruppi di vario genere,
da quelli di sviluppo del potenziale
umano a quelli di ricerca di vite
passate, dai gruppi con spiritualità
orientale ai gruppi ufologici, o a
quelli che, dichiarandosi cattolici,
credono però nella reincarnazione.
Esiste tutto un modo di rapportarsi
al sacro alternativo che trova la possibilità di salvezza all’interno delle
capacità umane ripetendo le antiche, ma mai sopite dottrine
gnostiche.
In questo quadro dove Dio sembra
non avere più consistenza personale, dove Gesù Cristo è ritenuto semplicemente una manifestazione dello spirito universale, al massimo un
grande alla pari con Buddha e Maometto, la Chiesa è chiamata a raccontare la sua fede, far conoscere
la Buona Notizia che da duemila
anni è presente nel mondo.
Una Buona Notizia che dà speranza non nelle capacità umane con le
più svariate tecniche salvifiche di
ampliamento della coscienza, ma
speranza in un Altro “che per noi
uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo”.
CHI È IL CRISTIANO ?
Oggi – e questo ritengo, va
confessato con chiarezza – i
cristiani condividono con altri
uomini la ricerca di un mondo più umano, l’essere orientati, il possedere un orizzonte di speranza e di fraternità
umana e cosmica; condividono con altri credenti l’adesione a un Dio vivente e operante nella storia che ci attende dopo la morte per una
vita eterna con lui; ma solo
essi credono che un uomo è
stato il volto di Dio, che un
uomo è stato l’incarnazione
di Dio, che lui solo ha narrato il Dio invisibile. I cristiani
dunque ascoltano lui, lo amano ancora oggi, lo attendono
quale Signore veniente e glorioso alla fine della storia. Sì,
si chiamano cristiani perché
seguono Cristo, e la loro vita
si dice cristiana perché ispirata a quella di Cristo, vissuta come lui ha vissuto la sua
esistenza umana.
È l’incontro con Cristo che fa
il cristiano!
(E. Bianchi, Cristiani nella società,
Rizzoli, 2003, p. 22)
Laura R.
5
Manifesti viventi
Comunicare il Vangelo nell’ambiente di lavoro:
una testimionianza
È per me motivo di grande gioia e
di orgoglio la possibilità che mi è
data di lavorare in una copisteria.
Sì, perché è proprio qui, tra fotocopie e computer, che sto imparando
ad apprezzare e ad amare la mia
chiamata ad essere consacrata che
cerca, per quanto è possibile, di annunciare Gesù.
Nella mia piccolissima esperienza,
ho potuto constatare quanto siano
vere le parole di Padre Giuseppe
Maria, fondatore del mio Istituto,
quando affermava: “L’operaio,
l’impiegato, lo sconosciuto che ti
osserva all’angolo della strada…
vuol sapere… e interroga i santi che
scendono dalle nicchie e servono
nei bar, nelle mense aziendali, nel
mondo del turismo, sui campi da
sci, nella lotta sindacale e politica,
nella scuola, nell’ufficio, nel commercio e accetta la risposta leale,
intelligente, fresca, cordiale del testimone di Cristo”.
È vero che sul lavoro non ci sono
molte occasioni per annunciare con
le parole la fede in Cristo Gesù, ma
è anche vero che la gente che passa
nel negozio ti guarda, ti osserva,
nota e apprezza se trova un ambien6
te sereno e cordiale, facce sorridenti
e modi gentili. Penso che mi rimarrà sempre impresso quel signore che
una mattina è entrato, ci ha guardate e dopo un po’ ha esclamato:
“Adesso voglio sapere perché sorridete sempre! Al mattino sono tutti arrabbiati. Perché voi sorridete?”.
Ho scoperto, così, che il saper sorridere è “un’arma” formidabile per
“conquistare” la gente. Non ci vuole molto: dal sorriso nasce l’amicizia e da qui, chissà che non nasca
un discorso più profondo.
Per me la sfida di ogni giorno è
quella di immaginare lo sguardo
pieno d’amore che aveva Gesù
quando guardava le persone che
incontrava e sforzarmi, a mia volta, di guardare i miei clienti così. O
almeno un po’.
Tante volte mi viene da pensare
che, forse, non è necessario fare
cose eccezionali per annunciare
Gesù. Basterebbe essere pieni di Lui
e così trasparenti da farlo vedere in
noi. Come dire? Basterebbe essere
noi un manifesto vivente che parla
anche se non dice nulla, che provoca solo guardandolo.
Chiara S.
Parliamo di comunicazione
Qualche idea per migliorare le nostre relazioni
Vediamo innanzitutto gli elementi
della comunicazione: chi comunica, chi parla, ossia l’emittente, e chi
riceve la comunicazione, ossia il ricevente. Poi c’è la comunicazione
in quanto tale, considerata come un
elemento a se stante: ciò che passa
dall’emittente al ricevente.
Il codice
Solo in quanto il codice è conosciuto da tutti e due si può comunicare.
Facciamo un esempio: io devo incontrare un cinese. Io non parlo il
cinese, lui non parla l’italiano. Però
parliamo tutti e due qualche parola
di inglese. Come possiamo comunicare? Solo attraverso quelle parole d’inglese conosciute da tutti e
due. Cioè, la parte di inglese che si
sovrappone.
La comunicazione non ha
un inizio
Si dice che la comunicazione è cominciata con Adamo ed Eva. Noi
ci inseriamo sempre in una continuazione della comunicazione.
Anche con una persona che non
avete mai visto la comunicazione è
già cominciata.
È cominciata, ad esempio, quando
vi hanno detto che avreste incontrato quella persona.
È cominciata, prima ancora, quando da bambini vi hanno insegnato
come si incontra una persona.
E, ancora prima, da quando l’hanno insegnato ai vostri genitori.
Per questo si dice che la comunicazione è cominciata con Adamo ed
Eva e noi ci inseriamo in un flusso
che continua.
Causa e conseguenza sono
soggettive
Questo fatto ha delle conseguenze
notevoli: nella comunicazione la
successione dei fatti viene letta in
modi completamente opposti. Es.:
io mi comporto così perché quello
si comporta cosà. Vai dall’altro e ti
senti dire: io mi comporto cosà perché quello si comporta così. Quello
non mi saluta, io non lo saluto. Vai
dall’altro: perché non la saluti? Perché lui non mi saluta. Vai dall’altro: perché non lo saluti? Perché lui
non mi saluta.
Qual è la causa? Qual è la conseguenza? Ognuno la legge da un punto di vista diverso. Questo fenomeno è comune in tutte le comunicazioni che continuano nel tempo.
E, per di più, la causa e la conse7
guenza sono a ritroso, senza limite,
si arriva ad Adamo ed Eva. Quindi,
nessuno può dire: la mia lettura è
quella giusta.
Non si può non comunicare
Immaginate di affacciarvi alla finestra e di vedere una persona che passa in strada. Questa persona vi comunica anche se non sa di comunicare. Voi la guardate e dite: guarda
come è serena e tranquilla. Oppure:
guarda come ha fretta, come mi
sembra giù! Deve esserle capitato
qualcosa! Questa persona non sapeva di comunicare, invece ha comunicato. Si comunica sempre.
Il tentativo di non comunicare è
considerato una malattia mentale
molto grave perché non si può non
comunicare.
E anche chi tenta di non comunicare comunica lo stesso.
Il fatto che non si può non comunicare significa che io devo rendermi conto che la mia faccia comunica sempre qualcosa.
Provate a mettervi all’angolo della
strada o fate attenzione quando siete fermi al semaforo e guardate le
facce della gente che passa a piedi
o in auto. Guardate le loro facce e
vedete se non comunicano!
Pensate alla gente che esce dalla
Messa la domenica. Che faccia ha?
Quella è una faccia fondamentale!
Non si può non comunicare, noi comunichiamo sempre!
La comunicazione non verbale
È ciò che si vede della persona: i
gesti, es. i gesti di saluto perché
non usa la parola, le posizioni, i
movimenti delle braccia.
Comunicazione non verbale è
l’espressione del volto. Soprattutto
i muscoli attorno agli occhi sono
molto espressivi perché sono difficili da controllare. Guardando negli
occhi una persona si capiscono tante cose. Anche gli angoli della bocca sono un punto molto significativo di comunicazione non verbale:
angoli in su, angoli in giù. E dopo
una certa età, gli angoli della bocca
sono plasmati nei muscoli della faccia, cioè la faccia diventa quella che
riflette il vissuto di 40 - 50 - 60 anni
di una persona. Si arriva ad avere la
faccia che rispecchia quello che si
è vissuto per tanti anni.
Tutta la posizione del corpo comunica. Se, quando parli con una persona, ti metti con le braccia conserte, comunichi chiusura. Non ci
si sdraia, non ci si mette comodi.
Perché altrimenti comunico che
cosa? Comunico che è una fatica
parlare con quella persona! Anche
se io non volevo comunicare quello, lo comunico ugualmente.
La comunicazione non verbale
audio
È il tono che uso nel dire le cose.
Il tono cambia il significato delle
cose che dico. Perché è diverso se
(Continua a pagina 8)
8
Chiara d’Assisi
così donna, così vicina
Il volto femminile del francescanesimo
Domenica 13 aprile 2003, domenica delle Palme, giorno nel quale Chiara lasciò la sua casa e i
suoi averi per seguire la via iniziata da Francesco, si apre il 750°
anniversario della sua morte: è
grazie a questa felice occasione
che desideriamo intrattenerci con
Chiara per scoprire nel suo volto
i tratti di una presenza amica, vicina, affascinante…
Potrà sembrare strano, e forse un
po’ bizzarro, ma vogliamo lasciar(Continua da pagina 7)
io dico: noo! Noooo! No. No, no,
no! Ho sempre detto no, ma cambiando il tono, il volume, cambia il
significato.
Un bambino di 3-4 anni riconosce
benissimo il no della mamma. Sa
quando è un no che può diventare
sì e quando è un no che resta no.
Se ne rende conto dal non verbale,
cioè dal modo con cui viene detta
la frase.
Il modo con cui io pronuncio le parole è già comunicazione.
(Da una conversazione
di don Ezio Risatti, sdb, psicologo)
ci dire da lei cosa significhi essere donne ed esserlo oggi: lei,
donna vissuta nel 1200, eppure
così attuale perché così pienamente umana!
In un mondo sempre più tecnologico e sempre più assetato di umanità, Chiara ci viene incontro e si
offre a noi come un’esperta di
umanità. Profonda conoscitrice
dell’animo umano, delle sue passioni e dei suoi più alti sogni, dei
“lacci” che lo rendono schiavo e
di quell’Amore che lo abita e che
continuamente lo apre ad orizzonti
sconfinati di libertà…
Chiara è la donna che conosce
per esperienza le debolezze e le
fragilità del nostro essere uomini,
le ferite e i segni che ogni storia
lascia sulla pelle e nel cuore, le
“infermità” che paralizzano il nostro desiderio di amare e di essere amati… Chiara non solo conosce, ma Chiara se ne prende cura.
Non è un caso che, ad Assisi, portavano a lei, chiusa in S. Damiano, malati di ogni genere e lei li
guariva.
9
E quante delle sue sorelle sono
state liberate dai loro mali, fisici
e spirituali, grazie al segno di
croce che lei, con tenerezza, tracciava sulle loro parti malate!
Chiara è la donna della cura perché non ha paura di toccare le
“piaghe” della sua umanità e dell’umanità delle sue sorelle: non
ne ha paura perché il suo Dio è il
Dio che ha stretto un’Alleanza
Nuova con la nostra carne, che si
è fatto Egli stesso carne per trasformare in Vita Eterna tutto ciò
che è umano.
Chiara è colei che sa prendere tra
le mani i piedi, le parti più povere
e sporche, delle sue sorelle con la
stessa delicatezza con la quale
prende tra le mani il Corpo del Signore e sa baciarli con la stessa
dolcezza che riserba allo Sposo.
Chiara è la donna che non si vergogna di “pulire i sedili delle sorelle inferme”, semplicemente perché non si vergogna di nessun
aspetto della sua umanità: è oggetto della sua tenerezza e della sua
cura e in questo modo la salva, le
restituisce bellezza e dignità.
Chiara è maestra nel coniugare
fedeltà al Vangelo e fedeltà a tutto ciò che è umano: lei, che non
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verrà mai meno all’Altissima Povertà che ha promesso per amore
del Cristo povero, lei che non
permetterà nemmeno alla polvere
di ritardare il suo andare, lei stessa saprà anche riconoscere, come
appartenente all’Altissima Povertà promessa, che “il nostro corpo
non ha la robustezza del granito”
e che quindi ci è chiesto di ascoltarlo, se vogliamo che la nostra
vita sia un’autentica lode al Signore…
Davvero Chiara non finisce mai
di stupirci!
Ma lei non è solo un’esperta di
umanità: è anche un’esperta di
femminilità.
«Quanto Chiara ha vissuto
non è stato solo consegnato al suo tempo, ma giunge
sino a noi. Ci testimonia
quanto grande è la fatica di
vivere la sequela di Cristo
senza compromessi e senza cedimenti, ma anche
quanto grandi siano la pienezza e la gioia che vengono date in dono».
Clara Gennaro
Chiara è il cuore che batte al femminile nell’ideale di Francesco, è
la pianticella che non rinuncia al
suo essere donna, che vive in pienezza la sua vocazione alla
nuzialità, che sa dare voce al desiderio d’amore della sposa e sa
godere delle tenerezze dello Sposo, ma sa anche seguirLo, con
l’ardore e la tenacia di un’amante appassionata, fino alle estreme
conseguenze, fino al dono della
vita sulla croce. “Medita, contempla e brama di imitarLo”, scrive
in una sua lettera…
È solo di una donna, e di una
donna innamorata, saper vedere,
su un Volto sfigurato dal dolore,
“il più bello tra i figli dell’uomo”, saper riconoscere, nelle ferite di una carne lacerata dai
chiodi, “lo splendore dell’eterna
gloria”, la bellezza bruciante dell’Amore.
Ed è solo un cuore di donna che
sa cogliere le impercettibili “carezze” dell’Amato, sa lasciarsi attrarre e sedurre dal solo “profumo” del suo passaggio, sa “ricalcare le orme” da Lui lasciate
senza neppure vederLo chiaramente, in un desiderio che cresce
e diviene sempre più ardente…
Chiara è la donna che ci insegna
l’arte dell’Amore: l’arte del desi-
derare e del cercare, l’arte del saper godere senza mai possedere,
l’arte del donarsi senza misurare,
l’arte di intuire ciò che abita il
cuore dell’Amato per lasciarsi
plasmare dal suo sguardo e dal
suo Volere…
Chiara ci insegna l’arte di essere
donne, in un mondo che ha tanto
bisogno di femminilità, di grembi
che accolgono e custodiscono la
Vita e la ridonano ricca di umanità, traboccante di tenerezza!
Dal sito delle Clarisse di Leivi-Chiavari:
www.maranatha.it/Leivi/SPpage.htm
Santa Chiara (Vinati)
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CHIARA, CHI SEI?
Chiara nasce ad Assisi verso il 1193. Il padre, Favarone di Offreduccio
e la madre Ortolana, appartengono a famiglie nobili, potenti e ricche
della città.
Chiara riceve dalla madre i primi insegnamenti della fede e da lei
impara la bontà e la carità verso i poveri.
Verso il 1210 ascolta le prediche di Francesco e ne rimane conquistata. Decide di seguirlo. A diciotto anni lascia tutto, genitori, casa,
ricchezze, ottime prospettive per il futuro per un ideale di assoluta
povertà dietro l’esempio del Poverello.
La notte della Domenica delle Palme del 1211 è accolta a S. Maria
degli Angeli da Francesco che la consacra a Dio. In un primo tempo
va a vivere nel monastero benedettino di San Paolo di Bastia, poi si
ritira nel monastero di Sant’Angelo di Panzo, dove ritrova la sorella
Agnese, anch’essa fuggita per seguire il Signore nel medesimo ideale.
Dopo breve tempo è condotta a San Damiano, dove rimane fino alla
morte.
La fama della sua santità si diffonde presto e molte donne, attratte
dal suo esempio, la seguono a San Damiano (tra cui le due sorelle
e la madre).
Pur obbligata ad adempiere l’incarico di abbadessa, riserva per sé le
incombenze più umili. Conduce una vita di penitenza, di preghiera
intensa, di silenzio, di devozione particolare all’Eucarestia.
Insegna alle sorelle un grande amore per la povertà che ella per prima
pratica in modo rigoroso. Difende con fermezza l’assoluta povertà,
ossia il diritto per il monastero a vivere di provvidenza, senza rendite.
La sua costanza viene premiata: poco prima di morire, il papa Innocenzo IV approva la Regola redatta da lei stessa col “privilegio di
povertà”.
Costretta a letto dalla malattia per circa trent’anni, Chiara non cessa
di rendersi utile attendendo alla confezione di corporali per le chiese
povere dei dintorni.
Muore l’11 agosto 1253, e le sue ultime parole sono, come sempre,
di lode e di gratitudine: «E tu Signore sii benedetto, che mi hai creata».
Dopo soli due anni dalla morte, Chiara viene canonizzata da papa
Alessandro IV.
12
Amicizia
Fiore prezioso che rende bella e feconda la vita
«La simpatia, l’educazione, la correttezza, la gioia, la gentilezza sono
forme squisite di carità. Stanno alla
base di quel fenomeno meraviglioso che è l’amicizia e fanno sentire
che simpatizziamo con lui o con lei
nel vero senso della parola».
Leggendo queste frasi dagli scritti
del Padre Giuseppe mi è venuto
spontaneo riflettere sull’amicizia.
Ritengo infatti che l’aver scoperto,
ricevuto, ricambiato il dono dell’amicizia sia una delle esperienze
più belle fatte nella mia vita e quindi anche in questi anni di attività
presso la nostra Associazione InformaCristo.
L’amicizia non è pilotata, nasce
spontaneamente. Dopo alcuni incontri con certe persone ti accorgi
di essere sulla stessa lunghezza
d’onda, avverti un modo di sentire
comune, le parole e gli avvenimenti producono una risonanza interiore affine, la comunicazione si fa più
profonda basata sulla fiducia reci-
proca, sulla verità. Desideri il bene
dell’altro come l’altro desidera il
tuo, ti accorgi di capire e di essere
capito, anzi, indovinato… Sboccia
così con naturalezza il fiore dell’amicizia. Ed è sorpresa, gratitudine, dono.
Dice Giovanni Papini: «L’amicizia
è un continuo scambio e contraccambio di doni spirituali e materiali. Quando si tratta di persone generose, colui che dà, prova una gioia più grande di colui che riceve».
Ma il “dono” per eccellenza è
l’amicizia stessa. Il sapere che puoi
contare su quella persona. Che non
ti giudicherà ma cercherà di capirti. In questo senso la solitudine,
quella specie di malattia di cui tutti si è un pochino affetti, è in buona parte vinta.
«Il più prezioso, il più raro fiore è
all’amico l’amico» scrive Dietrich
Bonhoeffer e la Bibbia dichiara:
«Chi trova un amico trova un tesoro».
13
Gesù stesso, nel suo Vangelo, dimostra di apprezzare l’amicizia in
tutte le sue sfumature. Lo troviamo
a Betania in compagnia dell’amico
Lazzaro e delle sue sorelle. Agli
Apostoli dice: “Vi ho chiamati amici perché tutto ciò che ho udito dal
Padre mio l’ho fatto conoscere a
voi…” e a Giuda stesso che veniva
per tradirlo: “Amico, con un bacio
tradisci il Figlio dell’uomo?”.
È certo che per ognuno di noi l’Amico numero uno deve essere Gesù. Da
lui possiamo ricevere le indicazioni
valide per l’amicizia con i fratelli.
Alla scuola di un tale Maestro non si
sbaglia mai. Da Lui impariamo che il
rapporto di amicizia non è mai esclusivo, ma si allarga al maggior numero di persone possibile perché la capacità di volere bene non si consuma
ma aumenta amando.
Di amici “più ce n’è, meglio è” diceva una simpatica canzone. L’unico guaio è che il tempo è tiranno,
non si riesce a stare vicino a ognuno come si vorrebbe…
Un’altra caratteristica dell’amicizia
vera è che non sbiadisce nel tempo,
nonostante ci siano lunghi spazi di
lontananza fisica. Qui mi vengono
alla mente diversi nomi, persone con
14
le quali si era stabilito un rapporto
amichevole, poi perse di vista per
lungo tempo per ragioni contingenti. Alla prima occasione di re-incontro ti fanno sentire la stessa freschezza di affetto, di gioia, di amicizia come se gli anni non fossero
passati.
A ognuno di questi amici e amiche vorrei dire come Paolo a
Timoteo: «Ringrazio Dio, … ricordandomi sempre di te nelle mie
preghiere … e sento la nostalgia
di rivederti per essere pieno di gioia» (2 Tim 1,3-4).
Lidia B.
L’amico ama
in ogni tempo,
è un fratello nato
per i giorni tristi.
Proverbi 17,17
Un amico fedele
è una protezione potente,
chi lo trova,
trova un tesoro.
Siracide 6,14
Qui «Pubblicità»
Punti di esposizione e distribuzione per manifesti, opuscoli e dépliant dell’Associazione Informazioni su Cristo.
SEDE
Ass. Informazioni su Cristo
Torino
Ass. Informazioni su Cristo
Genova
CROCICCHI*
Bar Lagrange
Torino
Copisteria La Puntuale Torino
Casa Impiegate e Studentesse
Torino
Acconciature Nadia
Torino
Casa Convegni Maria Regina
Saluzzo
Libreria La Cerna
Busca
Libreria Escata
Verzuolo
Libreria Crocicchio
Bra
LOCALI VARI
Autoscuola Canta
Orbassano
Ufficio ANCOL
Saluzzo
Scuola Materna S. Giuseppe
Saluzzo
Curia, ingresso
Saluzzo
Curia, sala d’attesa
Alba
Casa Opere Diocesane
Alba
Sede CVA
Alba
Casa Convegni Altavilla
Alba
Circolo ricreativo ANSPI
Novara
Casa per ferie Raggio di sole
Latte (Im)
Acconciature Il pettine
Cuneo
OSPEDALI
Molinette
S. Lazzaro
S. Giovanni
Gradenigo
Martini Nuovo
Mauriziano
S. Camillo
Sant’Anna
Maria Vittoria
Amedeo di Savoia
Maria Adelaide
Oftalmico
S. Vito
S. Luigi
Ospedale civile
Ospedale civile
Torino
Torino
Torino
Torino
Torino
Torino
Torino
Torino
Torino
Torino
Torino
Torino
Torino
Orbassano
Saluzzo
Alba
* Attività di lavoro condotte da membri dell’Istituto.
15
S. Croce
Ospedale civile
Ospedale
Ospedale civile
S. Martino
Galliera
Gaslini
Paverano
Ospedale
Ospedale
Ospedale
Sant’Orsola
Cuneo
Savigliano
Mondovì
Alessandria
Genova
Genova
Genova
Genova
Sestri P.
Rapallo
Sestri L.
Bologna
VETRINE
Corso San Martino 1
Torino
Via Po 4
Torino
Via Sacchi 2
Torino
C.so Vitt. Emanuele 60 Torino
Via Nizza 25
Torino
Via delle Orfane
(ang. Via Garibaldi)
Torino
Piazza S. Carlo
(chiesa S. Cristina)
Torino
Via Sacchi 44
Torino
Stazione Porta Nuova
Torino
Via XX Settembre 81
Torino
Cimitero Sud
Torino
Via S. Rocco
Bra
Santuario
Belmonte
Via Torino
Chivasso
San Bernardo
Verzuolo
Santuario
Cantogno
Via Vittorio Emanuele
Alba
16
Corso Langhe 71/A
Via Maestra 9
Alba
Novara
Piazza della Nunziata 2/B
Via Caprera 8
Piazza Caricamento 1
Via 5 Maggio 5
Via Bellucci (Nunziata)
Piazza Dante 4/B
Piazza Acquaverde 3
Via Cantore 21
Via Fiume 16
Via Balbi 2
Stazione FS Principe Bin. 12
Genova
Genova
Genova
Genova
Genova
Genova
Genova
Genova
Genova
Genova
Via Genova 6
Sottopassaggio FS
Stazione FS
Genova
Savona
Chiavari
Grosseto
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2003 - Santa Maria degli Angeli