Dott. Paolo Pitotto
Medico Chirurgo
Specialista in Medicina del Lavoro
Ab.: P.zza Gozzano, 15 bis – 10132 Torino
[email protected] tel.: (Q – Fax) 0118195622
St.: Via Montemagno 36 – tel. 337/200888
RELAZIONE DI CONSULENZA TECNICA MEDICO-LEGALE
nella causa
Meneghetti Sandrino, Pepe Angelo, Mussino Arturo, Bena Pietro Luigi, Floris Luigi, Ferrante Filippo, Cavallo
Giuliano, Bosco Carlo, D’Angelo Francesco, Filia Francesco (avv. Domenico Sollazzo 011-591716 e avv. Leonardo
Papa 011-4730970)
Attori
contro
ENPALS (avv.Vittorio Gobbi, 011-502073)
Convenuto
R.G. 03/003048 - Rinvio 31/03/05
G.U. : dott. Patrizia Visaggi
-.-.-.-.-
Con ordinanza dell’Ill.mo G.U. dott. Patrizia Visaggi, il sottoscritto dott. Paolo Pitotto, specialista in Medicina del
Lavoro ed iscritto all’Albo dei Consulenti Tecnici presso il Tribunale di Torino, è stato nominato C.T.U. nella causa in
epigrafe con il seguente quesito:
“Esaminati gli atti e documenti di causa, acquisita ogni documentazione utile presso le parti e/o terzi, accerti il C.T.U.
se, in relazione alle mansioni in concreto svolte per il periodo dedotto, i ricorrenti siano stati esposti a polveri
aerodisperse di amianto presenti nell’ambiente di lavoro e, in caso affermativo, indichi il relativo periodo precisando se
l’esposizione sia stata o meno superiore ai limiti previsti dagli art. 24 e 31 D.Lgs 277/91 ed, infine, accerti se le
patologie da cui sono affetti i ricorrenti Meneghetti, Floris, Filia e Bena siano eziologicamente collegabili a tale
esposizione. Dica inoltre il CTU se l’esposizione a fibre di amianto aerodisperse cui eventualmente i ricorrenti siano
stati esposti sia di consistenza tale da aumentare in modo significativo l’incidenza di patologie amianto-correlate
rispetto agli indici che contrassegnano il rischio per la popolazione in generale e per gli ambienti di vita”
Dopo aver prestato giuramento di rito in data 04/02/2005, ho dato inizio alle operazioni peritali presso il mio studio di
via Montemagno 36, il giorno 11/02/05 alle ore 16. Poiché per tale giorno e tale data le parti non hanno nominato
nessun CTP, il 18/02/05, ho raccolto l’anamnesi lavorativa dei ricorrenti e valutato la documentazione presentata.
FATTO
In data 12/05/2003 i sigg. Meneghetti Sandrino, Pepe Angelo, Mursino Arturo, Bena Pietro Luigi, Floris Luigi, Ferrante
Filippo, Cavallo Giuliano, Bosco Carlo, D’Angelo Francesco, Filia Francesco hanno convenuto in giudizio l’ENPALS.
A tale scopo i ricorrenti dichiaravano : che nel palazzo RAI di via Cernaia 33 veniva effettuata attività lavorativa che
determinava esposizione ad amianto; che non veniva adottato alcun mezzo di protezione volto a limitare i rischi
dell’esposizione alle fibre di amianto; che hanno prestato la propria attività lavorativa per oltre un decennio, con
un’esposizione alle fibre di amianto ben superiore ai limiti di tollerabilità individuati dalla legge. Conseguentemente i
ricorrenti chiedevano: - di dichiarare il diritto (ex art.13 c. 8 L. 257/92, modificato dal D.L. n.169 del 5/6/93) alla
moltiplicazione dei periodi descritti per il coefficiente di 1,5, ai fini delle prestazioni pensionistiche dovute
dall’ENPALS - di condannare l’ENPALS al ricalcolo dei contributi pensionistici per i periodi descritti per il
coefficiente di 1,5 ed alla corresponsione di quanto dovuto oltre interessi al tasso legale, decorrenti dalla maturazione
del diritto.
Avendo esperito inutilmente l’iter amministrativo, gli attori hanno poi adito le vie legali ed in ambito giudiziario è stata
stabilita la presente consulenza tecnica.
Documenti agli atti
Depositati da parte attrice:
• Verbale n.002/II/EL/MW/1991 Settore Igiene e Sicurezza del Lavoro - Multizonale di prevenzione U.S.L. 1
Torino (SISP-SISL To1 del 03/12/91, f.to F.P. Arzano e USSL 24 prot. n.6069 del 12/12/1991, f.to E.Lauria e
M.Wojtowicz): nella sede RAI di via Cernaia 33, Torino sono state evidenziate fibre di amosite, con
conseguente campionamento personale di dipendenti durante le normali condizioni lavorative (operazione di
posa cavi coassiali per terminali video). E’ stata riscontrata un’ esposizione superiore al valore limite di 0,2
ff/cm3 (le campionature ambientali e personali hanno evidenziato esposizioni tra 0,6 e 22,8 ff/cc) Gli ispettori
hanno disposto la sospensione di lavori effettuati nelle condizioni riscontrate in data 30/11/91, sino a
presentazione di notifica ex art.24 ed apposito piano di lavoro ex art.33 D.L.277/91.
• Norme tecniche di prevenzione in relazione a lavori di manutenzione nel palazzo RAI di via Cernaia 33,
Torino (Politecnico di Torino, Dip. di Georisorse e Territorio, 17/02/1992, f.to prof. Carlo Clerici): la relazione
fa seguito a ripetute ispezioni e alla valutazione della documentazione degli ispettori della USL, e fornisce
delle norme di buona tecnica da adottare quando si rimuovono i pannelli della controsoffittatura ex Circolare
M.S.n.45 del 10/07/86.
• Documentazione USSL relativa alle rilevazioni ambientali del 21/11/91 ed ai campioni di materiale solido del
31/01/92, con relazione del 10/06/92: presenza di amosite e tracce di crisotilo, sia nella polvere presente sugli
arredi (es. cassaforte) che nei corridoi, con relative prescrizioni.
• Materiale fotografico inerente alle modalità di coibentazione del palazzo RAI di via Cernaia 33.
• Relazione di CTU dott. Aurelia Carosso su dipendenti ed ex dipendenti della ditta R.A.I., n.21940/92 R.G.
notizie di reato, del 25/6/93: esposizione ad amosite che solitamente per i manutentori supera il valore limite di
0,2 ff/cm3 (le campionature ambientali e personali hanno evidenziato esposizioni tra 0,6 e 22,8 ff/cc)
• Verbale di collaudo dell’apparecchiatura per manutenzioni straordinarie in locali con presenza di amianto,
USSL 24 Grugliasco, 12/02/94.
• Decreto di citazione a giudizio P.M. R. Guariniello N.27632/94 R.G. notizie di reato, “….presso il palazzo
uffici della RAI di via Cernaia 33, coibentato in amianto - per avere omesso di progettare, programmare e
sorvegliare i lavori di manutenzione del predetto palazzo comportanti l’esposizione di lavoratori dipendenti a
polvere di amianto, in modo da impedire l’emissione di polvere d’amianto nell’aria o di eliminarla il più
possibile vicino al punto….”
Anamnesi Lavorativa
Tutti i ricorrenti hanno lavorato presso il palazzo RAI di via Cernaia 24 nella squadra manutentori; tranne il sig.
D’Angelo Francesco, attualmente risultano tutti pensionati.
Meneghetti Sandrino, nato a Cologna Veneta (VR) il 17/01/1938, residente a Torino in via Avigliana 13/3, tel.
011/4346883, identificato mediante pat. TO5022607L rilasciata il 28/02/1996. Ha lavorato in RAI dal 11/12/1967 al
30/11/93 come termofrigorista. Ha effettuato periodiche visite di controllo, con riscontro di ispessimenti pleurici.
Pepe Angelo, nato a Candida (Avellino) il 20/07/1932, residente a Grugliasco in via Corsetto n.24, tel. 011/787452,
identificato mediante C.I. AJ9500961 rilasciata dal comune di Grugliasco il 26/04/2004. Ha lavorato in RAI dal
26/07/1971 al 26/11/1992 come operaio serramentista. Ha svolto nel corso degli anni periodiche visite di controllo; dal
1985 ha indossato tute e mascherine di protezione. Dopo la visita medica periodica del 1990 è stato esonerato dalla
mansione.
Mussino Arturo, nato a Germagnano (TO) il 21/04/1942, residente a Torino in p.zza Robilant 8 bis, tel. 011/3821775,
identificato mediante C.I. AJ2952462 rilasciata dal comune di Torino il 06/04/2004. Ha lavorato in RAI dal 26/06/1967
al 30/09/1980 come operaio specializzato telefonico, e dal 02/10/1980 al 27/02/1997 come impiegato di concetto alla
Direzione Commerciale. Ricorda di aver effettuato visite presso l’ENPI di via Saluzzo negli anni 1972-73-74. Non gli
sono mai state riscontrate patologie correlate all’amianto.
Bena Pietro Luigi, nato a Chieri (TO) il 03/07/1944, residente a Savonera di Collegno in via Martinetto n.6, tel.
011/4240096, identificato mediante C.I. AH2421819 rilasciata dal comune di Collegno il 24/07/2002. Ha lavorato in
RAI dal 02/05/1969 al 28/11/1996, come elettricista e capo-elettricista. Ha svolto visite periodiche di controllo presso
vari laboratori (ENPI, ICS, IMT, ARAS, CTO, CPA, Osp. Koelliker) Presso l’Osp. CTO gli hanno riscontrato alla Rx
torace e TAC ispessimenti pleurici (dott. Maina). Ha indossato tute e maschere di protezione negli ultimi anni.
2
Floris Luigi, nato a Iglesias (Cagliari) il 03/04/1937, residente a S.Antonino di Susa (TO) in viale XXV Aprile n.32,
tel. 011/9631105, identificato mediante C.I. AJ0241344 rilasciata il 27/05/2001. Ha lavorato in RAI dal 22/11/1968 al
29/11/1994 come operaio tecnico specializzato elettricista. Ricorda di aver effettuato una visita di controllo presso
l’istituto privato I.C.S. di via Giolitti nel 1992. Non riferisce patologie amianto-correlate.
Ferrante Filippo, nato a Tunisi (Tunisia) il 24/04/1938, residente a Torino in corso Cincinnato 149/25, tel.
011/4550392, identificato mediante C.I. AK1812787 rilasciata dal comune di Torino il 18/01/2005. Ha lavorato in Rai
dal 26/11/1974 al 30/04/1995 come operaio serramentista manutentore. Ha effettuato diverse visite di controllo, senza
riscontro di patologie amianto-correlate.
Cavallo Giuliano, nato a Torino il 31/12/1935, abitante a Volvera (TO) in via Colle del Lys n.7, tel. 011/9906105,
identificato mediante C.I. AG4747497 rilasciata dal comune di Volvera il 11/04/2002. Ha lavorato in RAI dal
01/08/1960 al 28/11/1994, come operaio specializzato addetto agli impianti telefonici-telegrafici e di trasmissione dati
alla centrale telefonica. Nel palazzo di via Cernaia è rimasto solo nel periodo 1964-1990, mentre in precedenza lavorava
in altra sede e successivamente è stato trasferito in via Verdi. Ha effettuato visite annuali di controllo presso vari centri
privati (ICS, ARAS) e presso il CPA. Dagli anni ’80 ha iniziato a indossare tuta, mascherina e casco, che si toglieva
nello spogliatoio. Non riferisce patologie amianto-correlate.
Bosco Carlo, nato a S.Paolo Solbrito (AT) il 16/05/34, residente a Nichelino in via Martiri di Belfiore n. 69, tel.
011/623810, identificato mediante C.I. AJ1649951 rilasciata dal comune di Nichelino il 20/04/2004. Ha lavorato in RAI
dal 24/04/1972 al 30/08/1995 in qualità di termofrigorista. Ha svolto diverse visite mediche presso ambulatori privati
esterni. Nei primi anni ’80 ha inziato ad indossare tuta e mascherina, che si cambiava nello spogliatoio comune, e
teneva in un armadio insieme agli altri indumenti personali. Non riferisce patologie amianto-correlate.
D’Angelo Francesco, nato a S.Stefano Quisquina (AG) il 12/02/1949, residente a Pianezza (TO) in via Primo Levi n.6,
tel.011/9661774, identificato mediante C.I. AH5085199 rilasciata dal comune di Pianezza il 07/08/2003. Ha lavorato
alla RAI dal 19/04/1971 a tuttoggi, con esposizione ad amianto presso il palazzo di via Cernaia sino al 1990. Ha
effettuato visite periodiche ed accertamenti (compresa TAC, CDC via Cernaia) presso numerosi laboratori, tra cui
ENPI via Saluzzo, ICS via Giolitti, ARAS lungo Dora Firenze, CPA lungo Dora Savona e CTO. Dall’inizio degli
anni’80 ha indossato mascherina e tuta di cotone, che lasciava nell’armadietto dello spogliatoio insieme agli abiti
personali. Non facevano docce e spesso rimanevano in canottiera. Non riferisce patologie amianto-correlate
Filia Francesco, nato a Sindia (Nuoro) il 30/03/1942, residente a Mappano, via Generale dalla Chiesa 3/14,
tel.011/9968662, identificato mediante patente n.TO3267263P rilasciata dalla Prefettura di Torino il 19/10/1991. Ha
lavorato in RAI dal 15/07/70 al 27/10/94 come capo-operaio. Ha effettuato visite periodiche ed accertamenti (compresa
TAC) presso numerosi laboratori (ICS, ARAS, LARC) e presso il CPA. Dagli anni ’80 ha iniziato ad indossare tuta e
mascherina antipolvere. Non riferisce patologie amianto-correlate.
L’esposizione ad amianto è avvenuta nel palazzo RAI di via Cernaia 33, costruito nella prima metà degli anni ’60 e reso
agibile dal novembre ’66. Il palazzo consiste di 18 piani fuori terra e di 3 piani sotterranei; presenta struttura portante in
acciaio, sulla quale è stata spruzzata parecchia amosite utilizzata come rivestimento anti-incendio ed isolante termoacustico. Questo tipo di amianto si trova soprattutto nelle intercapedini, cioè nello spazio compreso tra soffitto e
controsoffitto; la controsoffittatura è costituita da pannelli metallici accostati senza guarnizioni di tenuta; in essa delle
griglie consentono l’accesso dell’aria viziata, aspirata verso il camino centrale verticale, posto a ridosso degli ascensori.
Nella controsoffittatura sono alloggiate le plafoniere, i cavi coassiali video, cavi telefonici ed elettrici, ed oltre 150
vaschette dell’acqua dei W.C. (poste all’esterno dopo il 1992).
Lo spostamento delle pareti mobili consentiva il cambio della planimetria dei locali; nello svolgimento di questa attività
occorreva sbullonare le pareti ancorate al soffitto, salendo con una scala nello spazio dell’intercapedine, dopo aver
rimosso i pannelli del controsoffitto.
La manutenzione delle vaschette e dei portalampade delle plafoniere, nonchè lo spostamento dei cavi telefonici in
occasione di riparazione guasti o di modifiche planimetriche degli uffici (accorpamenti, frazionamenti dei locali) erano
anch’essi fonte di ulteriore esposizione fino al dicembre ’92, epoca del blocco dei lavori di manutenzione da parte della
USSL.
I lavori di manutenzione, gli spostamenti dei cavi e di condotti dell’aerazione, l’installazione di nuovi impianti
telefonici-telegrafici, di orologi elettrici, di telescriventi, di filodiffusione, di televisori, di centrali d’ascolto, di impianti
di allarme e rilevatori di incendio, comportavano la presenza contemporanea di vari addetti alla manutenzione, che
svolgevano ciascuno il proprio compito specifico (addetto impianti telefonico-telegrafici e trasmissione dati,
serramentista, elettricista, termofrigorista) in ambiente saturo di amianto. L’esposizione degli addetti alla manutenzione
non può essere antecedente all’agibilità del palazzo, e viene meno dal dicembre ’92, epoca in cui l’ASL formula precise
prescrizioni secondo le quali tutte le attività di manutenzione debbono essere svolte seguendo norme di buona tecnica
tali da ridurre drasticamente l’esposizione stessa.
Secondo il ricorrente Cavallo Giuliano, l’azienda in data non precisata ha bonificato i locali della cucina posti al 5°
piano e quelli della mensa posti al 4° piano.
3
Discussione medico legale
Poiché sull’amianto vengono spesso riportate notizie incomplete o errate, dovute in parte alla superficialità di qualche
addetto ai lavori, ma soprattutto alla complessità della materia, ritengo opportuno effettuare una revisione delle
principali fonti bibliografiche, suddividendo l’argomento in quattro parti. Questi diversi capitoli, preceduti da una lunga
ma necessaria introduzione, testimoniano, anche sul piano cronologico, l’avanzamento delle conoscenze relative a
questa insidiosa esposizione, che ha coinvolto e coinvolge gli ambienti di vita e di lavoro. Le numerose morti amianto –
correlate impongono il massimo rigore di tutti gli addetti ai lavori, al fine di ridurre il più possibile i rischi per la salute.
INTRODUZIONE
1. I vari tipi di asbesto.
Con il termine di “amianto”(usato preferibilmente in Italia ed in Francia) o “asbesto”(più diffuso in Germania, in Russia
e nei paesi anglosassoni1), si identificano minerali differenti, minimamente biodegradabili, la cui caratteristica
fondamentale è quella di avere una struttura fibrosa, a sua volta suddivisibile longitudinalmente in filamenti più sottili
(a differenza delle fibre vetrose che si suddividono solo trasversalmente, generando fibre più corte); questi ultimi hanno
un diametro così piccolo che ne occorrono circa 500.000 per coprire la larghezza di un centimetro, mentre di capelli
umani ne bastano circa 3002. Le fibre che determinano un inquinamento ambientale tendono poi a suddividersi, per
svariati meccanismi (es. calpestìo), in filamenti di diametro e peso inferiori, e di superficie maggiore, che rimangono
più facilmente sospesi nell’aria e che possono quindi diffondersi a distanza3.
Si tratta quindi di fibre di dimensioni molto piccole, invisibili all’occhio umano; pertanto non è sufficiente l’apparente
mancanza di “polvere” nell’ambiente per escludere completamente l’inquinamento da amianto.
Lo sfruttamento industriale di questi minerali fibrosi, e, in varia misura, filabili, termoisolanti, fonoassorbenti, flessibili,
resistenti agli acidi, ininfiammabili e a volte brillanti come la seta, iniziò alla fine dell’800, quando l’amianto venne
utilizzato come materiale di coibentazione delle macchine a vapore.
Intorno al 1870, in Italia, vennero aperte in Valtellina, in Valsesia e in Valle d’Aosta, le prime cave d’amianto, note per
una qualità di minerale a fibra lunga, assai pregiato; nello stesso periodo in Val di Susa ed a Usseglio, vennero aperte
altre cave, dalle quali si estraeva un minerale più polveroso, a fibra più corta e meno costoso. In Canada, lo
sfruttamento dell’amianto iniziò nel 1878, e negli anni ’30 questo paese divenne il principale produttore mondiale di
amianto a fibra corta; l’asbesto si traeva anche dalla Corsica e dai Pirenei.
Alla fine del XIX sec. l’amianto veniva già utilizzato in più di cento lavorazioni diverse (tessuti, filtri, vernici4)
soprattutto come materiale ignifugo. A tale scopo fu infatti impiegato nelle vetture della metropolitana di Parigi nel
1903, dopo un incendio che aveva provocato numerose vittime; successivamente, venne introdotto nei rotabili di altre
metropolitane, sulle carrozze ferroviarie e sulle navi.
Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, in seguito ai danni provocati dai bombardamenti con bombe incendiarie,
l’impiego dell’amianto venne esteso anche al settore edilizio pubblico e privato, nel quale si utilizzò fino al 70%
dell’amianto estratto, con la pressoché ubiquitaria produzione di manufatti in cemento-amianto (canne fumarie, canne
rifiuti, sfiati, acquedotti, scarichi delle fogne e delle spazzature, condotti di ventilazione e tettoie ondulate)5.
La rapida diffusione dell’amianto nei diversi settori industriali è stata certamente favorita dalle sue elevate qualità
tecnologiche e dal suo basso costo.
Alla fine degli anni ’60, erano in commercio oltre 2500 prodotti diversi contenenti amianto. Negli anni ’80, nel mondo
venivano prodotti e utilizzati annualmente oltre 4 milioni di tonnellate di amianto (di cui più della metà fornite
dall’U.R.S.S.), tanto da far prevedere agli esperti un esaurimento abbastanza rapido della materia prima6.
I diversi tipi di amianto fanno capo al gruppo dei serpentini, e a quello degli anfiboli (dal greco α)µφι/βολοϕ , e dal
latino amphibolus = ambiguo); questi ultimi sono più pericolosi per la salute, si suddividono a loro volta in monoclini
e ortorombici (antofillite) e sono variamente fusibili (quelli più ricchi di magnesio fondono meno facilmente).
Al gruppo dei serpentini appartiene:
• il crisotilo (dal greco ξρυσο/ϕ = fibra d’oro) o amianto bianco-verde-grigio-giallastro; silicato idrato di magnesio,
3MgO,2SiO,2H2O- n. CAS 12001-29-5, molto flessibile e con temperatura di decomposizione tra i 450-700°C; è il
tipo di amianto di gran lunga più diffuso. In Italia si estrae dalle cave di Val Malenco in alta Valtellina (a fibra
lunga e molto pregiato), e della Val di Susa7.
Al gruppo degli anfiboli appartengono:
1
E.Repossi (R.Archivio di Stato, Roma) & L.Tonelli (Ing. ind. tessile), voce “amianto”,Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti, vol.II,
Ist.Giovanni Treccani, Roma 1929.
2
G.Scansetti, Introduzione all’igiene industriale ,Cortina Ed., Torino 1980.
3
Fondazione Carlo Erba, Università degli Studi di Milano, L’inquinamento da amianto nell’ambiente di vita, a cura di G.Chiappino, Milano giugno
1990 .
4
I.Ghersi, Prodotti e procedimenti nuovi nelle industrie, Hoepli Ed., Milano 1916.
5
L.Paoletti, S.Cavallo, P.Comba, C.Bruno, Manuale di dati tecnico-scientifici sull’asbesto. Aspetti chimico-fisici, tecnologici, analitici,
epidemiologici e normativi, Rapp. Istisan, 90/27, Roma 1990.
6
J.Boissonnas, P.Bourdeau, Risorse minerali non combustibili, Enciclopedia del ‘900, vol.VIII, pag.941 e tab.IV, Ist.Enc.Italiana Treccani, Roma
1989.
7
E.Artini, I minerali, VI edizione, Hoepli Ed., Milano 1963.
4
• l’actinolite o actinoto (dal greco α)κτινωτο/ϕ = pietra raggiata) o amianto verde-nero; silicato idrato di calcio, ferro
e magnesio, 2CaO,4MgO,FeO,8SiO2,H2O - n. CAS 77536-66-4; ha una temperatura di decomposizione tra 620900°C; è un componente abbondante delle rocce scistose-cristalline della catena alpina.
• l’amosite (dall’acronimo di Asbestos Mines of South Africa) o amianto bruno-giallo-grigio o cummingtonite o
grunerite; silicato idrato di ferro e magnesio, 5.5FeO,1.5MgO,8SiO2,H2O- n. CAS 12172-73-5), di flessibilità
discreta e con temperatura di decomposizione tra 600-800°C.
• la crocidolite, (dal greco κροκυ/ϕ υℵδοϕ λι/θοϕ = pietra simile a un fiocco di lana) o amianto blu o amianto del
Capo o riebeckite; silicato idrato di sodio, ferro ferrico, ferro ferroso e magnesio, Na2O,Fe2O3,3FeO,8SiO2,H2O - n.
CAS 12001-28-4; di buona flessibilità e con temperatura di decomposizione tra 400-600°C; proviene dalle vicinanze
di Griqua Town, nell’Africa australe8.
• la tremolite o amianto grigio-verde-giallo; silicato idrato di calcio e magnesio, 2CaO,5MgO,8SiO2,H2O -n. CAS
77536-68-6), fragile, con temperatura di decomposizione tra 950-1040°C. E’ comune in molte località alpine, e
prende il nome dalla Valle Tremola9 nel massiccio del S.Gottardo (Campolongo, nel Canton Ticino)
• l’antofillite (dal greco10 α℘νθοϕ = fiore e φυ/λλον = foglia, e dal latino scientifico antophyllum = garofano) o
amianto verde-giallo-bianco; silicato idrato di magnesio, 7MgO,8SiO2,H2O- n. CAS 77536-67-5, fragile, con
temperatura di decomposizione tra 600-850°C. E’ il più importante degli anfiboli rombici, è frequente nei micascisti
dell’Alto Adige (Val Passiria, sopra a Merano) e in misura inferiore anche all’isola d’Elba.
Nella profondità del terreno, in seguito all’infiltrazione dell’acqua, sottoposta a notevole pressione, i minerali contenuti
nelle rocce danno luogo ai vari tipi di amianto, molto diversi tra loro anche quando appartengono alla medesima
categoria merceologica. Per i diversi tipi d’amianto sopra riportati, sono spesso indicate formule chimiche differenti11; a
tale proposito, ricordo che si tratta di aggregati molecolari, spesso non sovrapponibili e con componenti chimiche
molto eterogenee, che dovrebbero essere sempre identificate mediante un’analisi quantitativa elementare. Prima di
studiare gli effetti dell’esposizione ad amianto, sarebbe quindi necessario stabilirne con estrema precisione la
provenienza, la modalità di lavorazione e di impiego.
L’aumentata produzione e utilizzazione dei prodotti contenenti amianto (confermata dal crescente spazio dedicato alla
voce amianto,12 negli elenchi telefonici anni 1960-1974 ), non accompagnata da un’adeguata informazione sui rischi
per la salute derivanti dall’esposizione a questa sostanza, né da cautele atte a limitarne la diffusione ambientale, ha
determinato un incremento delle patologie ad esso correlate : asbestosi (= fibrosi polmonare conseguente all’inalazione
di fibre di amianto), cancro polmonare (nella cui patogenesi intervengono anche numerosi altri fattori di rischio) e
mesotelioma (= tumore primitivo della pleura, del peritoneo, del pericardio e della tunica vaginale del testicolo).
A parità di esposizione, sia le fibrosi sia le neoplasie si verificano più spesso nel caso di inalazione di anfiboli, tuttavia
anche i serpentini risultano sclerogeni e cancerogeni. Tali patologie13 si sono manifestate dapprima ed in misura più
rilevante negli addetti all’estrazione ed alla lavorazione del minerale, maggiormente sottoposti ad esposizione, secondo
una relazione dose-risposta.
Questo fenomeno è stato particolarmente intenso nella provincia di Torino, dove, già dalla fine del 1800, sono sorte
numerose aziende per l’estrazione e la lavorazione dell’amianto. Una pubblicazione della Camera di Commercio del ’56
ne indica 1214, e da una visura al terminale della metà degli anni ’90 sono state evidenziate le seguenti ditte15: Società
Amianto Italiana Valle Aosta s.p.a. (esercizio di cave e miniere d’amianto, estrazione e lavorazione dei prodotti
minerari e loro derivati; vendita e commercio in genere di essi; operante del 1949 al 1980); Ditta Francesco Possio &
Figli, (industria di Lanzo Torinese per la macinazione del talco e dell’amianto, fondata nel 1870 e attiva sino 1992);
Asbestos Cement Service Company Limited s.p.a. (ditta di Torino per l’importazione ed esportazione di fibre d’amianto,
operante dal 1966 al 1979); Stabilimento di Amianto e Gomma Elastica già Bender & Martiny (azienda di Nole
Canavese, specializzata in tutte le applicazioni di amianto bianco e bleu, di amiantite per guarnizioni e di materiale
d’attrito per freni e frizioni, nonché impianto ed esercizio di miniere d’amianto; fondata nel 1870); Capamianto (società
torinese, situata nella zona del parco della Tesoriera, specializzata nella lavorazione e vendita di amianto e gomma, in
tutti i suoi prodotti e sottoprodotti; fondata nel 1912); CARVIL s.r.l. (industria di Villanova Canavese, che dal 1978 ha
introdotto la lavorazione dell’amianto e il commercio degli articoli tecnici derivati; risulta ancora operante); Società
Anonima Fabbricazione Ipoclorito Derivati (fabbrica torinese che lavorava anche fibre d’amianto; fondata nel 1928, e
trasferita successivamente a Grugliasco; è ancora operante); Società Italo Russa per l’Amianto (azienda fondata nel
1911, con sede a Leuman, specializzata nello sfruttamento di cave d’amianto e nella lavorazione del medesimo.
8
Vocabolario della lingua italiana, Ist.Enc.Italiana Treccani, Roma 1986.
Vocabolario della lingua italiana, Ist.Enc.Italiana Treccani, Roma 1994.
10
N.Tommaseo, B.Bellini, Dizionario della lingua italiana, voce “antofillite” ,vol.I, UTE Ed,Torino 1865.
11
M.B.Bever (MIT), Encyclopedia of materials science and engineering, Pergamon Press, New York 1986.
12
Elenco generale degli abbonati al telefono d’Italia, Parte categorica- amianto (e articoli di), vol.I pag.272-273, S.E.A.T. Ed., Torino 1960 - Elenco
abbonati al telefono Torino e Provincia, Categorico e stradale-amianto (e articoli di), pag.30, STIPEL Torino 1964 - Elenco abbonati al telefono di
Torino e Provincia, Pagine gialle SIP-amianto (e articoli di), pag.31, SEAT Ed.,Torino 1967 - Elenco abbonati al telefono di Torino e Provincia,
Pagine gialle SIP-amianto-cemento e amianto manufatti, pag.64, SEAT Ed.,Torino 1974.
13
Occupational Safety and Health Series, Asbestos: health risks and their prevention, n.30 International Labour Office, Geneva 1973.
14
Camera di Commercio Industria e Agricoltura, Torino, Catalogo importatori ed esportatori della provincia di Torino, S.E.L. Ed., Torino 1956.
15
Camera di Commercio Industria e Agricoltura, Torino - n.8 visure aziende: S.A.I.V.A., Ditta Possio, A.C.S.Co, Bender & Martiny, Capamianto,
CARVIL, S.A.F.I.D., S.I.R.
9
5
L’inquinamento ambientale urbano16 (tra 0,1-3,3 ff/l), deriva dalla dispersione di fibre provenienti dal materiale
d’attrito delle auto (freni17 e frizioni), dai tetti in cemento-amianto (favorita dalle piogge acide, piogge poco dure e dal
gelo), dall’utilizzo di pietrisco contaminato in giardini, strade non asfaltate ecc., dai campi da bocce e da tennis, dalle
discariche contaminate, dalle cave e dalle industrie presenti in aree limitrofe alla città, dalle fonti geologiche (in Italia,
come in molti altri paesi, esistono zone geografiche ricche di rocce contenenti amianto).
L’inquinamento indoor, variabile da 0,2 a 10 ff/l, deriva invece dalla dispersione di fibre provenienti da pannelli in
amianto o altri rivestimenti in amianto spruzzato, installati negli ambienti chiusi (abitazioni, scuole, ospedali ecc.) e nei
mezzi di trasporto (rotabili, navi ecc.), per prevenire gli incendi, ridurre le vibrazioni e migliorare l’isolamento
acustico; dall’impiego di cartoni d’amianto dietro a stufe e radiatori, di teli termoisolanti per l’asse da stiro, di coperte
ignifughe conservate sotto il letto, dalle condotte in cemento-amianto della climatizzazione forzata; si ricorda inoltre
anche la possibile liberazione di fibre dalla polvere di talco, impiegata come prodotto di toeletta. In alcuni casi di
marcato inquinamento per deterioramento dei rivestimenti contenenti amianto, si è reso necessario lo sgombero dei
locali, com’è avvenuto, ad esempio, per la sede della Comunità Economica Europea. Nel 1968, a Bruxelles, venne
infatti inaugurato il palazzo Berlaymont, grandiosa costruzione di 13 piani, con eliporto sul tetto, vari uffici direttivi nei
piani alti, sale-convegno ai piani bassi, più stazioni delle F.S. della metropolitana nei sotterranei. Fin dal primo
momento le interpreti non riuscirono a svolgere il loro lavoro negli appositi box, perché colpite da tosse stizzosa; dopo
qualche anno, inoltre, fu notata dai dipendenti, al mattino, una strana polvere biancastra sulle scrivanie. Si fece strada
l’ipotesi, supportata da analisi olandesi richieste dai sindacati dei dipendenti, che si trattasse d’amianto; dopo le prime
interrogazioni dell’87-88, con risposte rassicuranti da parte della Commissione della Comunità Europea, venne infine
ammessa la presenza di amianto, proveniente dallo sfaldamento del materiale utilizzato per le infrastrutture del palazzo,
a fini isolanti e ignifughi. Nel ’92, dopo che le autorità sanitarie dello stato belga avevano inizialmente negato il
collegamento tra inquinamento da amianto indoor e la neoplasia polmonare del dipendente CEE sig. Nardone, la
Comunità indennizzava il dipendente, ritenendo di non poter escludere la genesi lavorativa di tale patologia. Nel ’93
seguirono altre interrogazioni, e oggi il palazzo, soprannominato nel frattempo “Berlaymort” e tuttora di proprietà dello
stato belga, è stato bonificato con asportazione o incapsulamento dell’amianto e aggiunta di nuove tubature, che hanno
anche modificato parte della sua architettura. Intanto la CEE, essendo stata definita Bruxelles capitale permanente
dopo il trattato di Maastricht, ha iniziato a comperare immobili nei quali ha decentrato le varie direzioni ed il numeroso
personale, che attualmente supera le 15.000 unità18. Altri palazzi inquinati sono stati invece bonificati radicalmente,
quali ad esempio la sede SIP di Genova Brignole, e quella INPS di Vercelli19.
L’inquinamento alimentare deriva in particolare dall’acqua potabile (tra 106 -107 ff/l), contaminata da fibre provenienti
dalla precipitazione atmosferica, dall’erosione naturale di rocce, dai rifiuti di attività minerarie ed industriali, e dalla
cessione di fibre da parte di tubature in cemento-amianto (le acque poco dure sono maggiormente aggressive). A tale
proposito, è stato calcolato che le case in cui viene erogata acqua contaminata, presentano un inquinamento ambientale
di fondo 10 volte maggiore delle altre; per quanto riguarda il vino, si sono registrate contaminazioni conseguenti
all’utilizzo di filtri di amianto.
Le caratteristiche chimico-fisiche dell’amianto sono dettagliatamente illustrate nei testi moderni di tecnologia20, ma già
tre enciclopedie di Chimica, del periodo 1868-1902 illustravano con precisione i vari tipi di amianto. Sulla prima21, del
1868, si parla di rocce anfiboliche, ricordando la loro presenza nella Valle di Brozo in Piemonte e segnalando che “le
tre basi isomorfe, la calce, la magnesia ed il protossido di ferro, formano, combinandosi con la silice, una serie di
minerali molto sparsi alla superficie del globo”. Alla voce “amianto” si ricorda che “questa sostanza mineralogica è
un silicato di calce e di magnesia, contenente d’ordinario una piccola quantità di allumina....Coll’amianto, una nostra
italiana, la signora Perpenti, riuscì, in sul principio di questo secolo, a fabbricare tele, carta e perfino merletti. Sulla
carta che essa ottenne dall’amianto fu stampata un’intera opera, la quale, ad onore della valentissima donna, fu
presentata e deposta all’Istituto di Francia, per cura del francese signor Huzard”. Viene poi citata la ditta del
cav.Aldini, che produceva vestiti ignifughi; si precisa infine che “Le regioni montuose dell’Italia superiore sono ricche
di amianto, soprattutto della varietà morbida, filamentosa e bianca. Trovasi frequente nelle valli di Lanzo, sui colli di
Viù e di Pinerolo, a Castiglione e St-Berthélemy, nella provincia d’Aosta. A Crissolo, presso il Monviso, avvene una
specie dotata di rara tenacità. Rinomatissime sono le cave d’amianto dei pressi di Chamonix, di Tignes e dalla
montagna di Serru, nella provincia di Tarantasia (Alta Savoia)”. La segnalazione di questi diversi giacimenti,
concorda con quanto rilevato nel corso del procedimento giudiziario di Torino del 1906-1907. La seconda enciclopedia
di chimica22, del 1901, evidenzia che “l’amianto migliore e più puro è l’amianto italiano della Valtellina, che è silicato
di magnesia e calce....Esso presenta la particolarità di essere in fibre lunghe e sottili, capaci di potere essere filate a
16
G.W.Canonica, Inquinamento dell’aria e patologia umana, F.Folini Ed., Casalnoceto (AL) 1992.
La polvere prodotta dallo sfregamento del materiale d’attrito nel corso di frenata, è costituita da forsterite, derivante dalla disidratazione e
ricristallizzazione del crisotilo conseguente alle alte temperature raggiunte (600-800°C)- cfr.E.C.Vigliani,A.D.Bonsignore, Medicina del Lavoro,
pag.108, II edizione, E.C.I.G. Genova 1983.
18
Courrier du personnel, n.73 du 6 au 12 octobre 1994, CEE Bruxelles - Interrogazione scritta n.1913/86, Gazzetta Ufficiale CEE 11/5/87 Interrogazione scritta n.935/87, Gazzetta Ufficiale CEE 4/3/88 - Interrogazione scritta n.2021/91, Gazzetta Ufficiale CEE 22/9/93.
19
Dott.Ing.D.Errichiello, Preventivo dei lavori di bonifica dall’amianto della Sede Provinciale INPS di Vercelli, Torino 1991- Id., Progetto di
conduzione della bonifica negli edifici civili, senza sospensione delle attività lavorative.
20
S.Speil, J.P.Leineweber, Asbestos Minerals in Modern Technology, En. Res. 2: 166-208, 1969.
21
F.Selmi, Enciclopedia di chimica scientifica e industriale, vol.I, UTET Ed., 1868 Torino.
22
I.Guareschi, Nuova enciclopedia di chimica, vol.III, UTET Ed., 1901 Torino.
17
6
mano, e questa caratteristica fu quella che al principio del secolo decimonono invogliò la signora Perpenti di Como a
fabbricare carta, tela e merletti. L’industria dell’amianto in seguito a questi tentativi fu fondata in Italia dal marchese
di Baviera, che cominciò a ritirare i prodotti delle provincie di Sondrio e di Torino....L’amianto canadese...cominciò ad
essere segnalato ed a mettersi in commercio nel 1878, ed oggi si può dire che esso ha totalmente soppiantato quello
italiano. Chimicamente, però, differisce da quest’ultimo, giacchè esso è un serpentino, al quello si è dato il nome di
crysotile, che sarebbe un silicato di magnesia idrato, contenente del protossido di ferro”. Sul testo si precisa poi che
l’amianto canadese, estratto da 12 centri situati nella provincia del Quebec (11 cave e 1 miniera), soddisfa il 90% del
consumo mondiale, che fa quasi interamente capo all’Inghilterra. Tra gli impieghi dell’amianto, il testo segnala la
produzione, in Inghilterra, di carte per sigarette riciclabili, di pipe, di materassi o rivestimenti per caldaie marine,
briglie , bende per medicazioni, ovatta emostatica ecc. La terza pubblicazione, del 1902 23, riporta alla voce “igiene” la
segnalazione di inquinamento dell’aria da parte polveri, esprimendo i vari livelli in mg di polvere per litro e
descrivendo i diversi metodi di analisi, con le relative apparecchiature. Il testo tratta poi le nozioni di igiene industriale
dell’epoca, soffermandosi anche sul problema dello sviluppo e della diffusione delle polveri industriali; a tale
proposito, ricorda le ricerche di Rieghel e Meinel sull’incremento delle ceneri silicee nei polmoni delle persone esposte
a polvere per motivi di lavoro. Le polveri vengono suddivise in minerali (comprendenti anche le silicee), vegetali e
animali, secondo la classificazione contenuta nell’Enciclopedia francese di Igiene Pubblica. Vengono infine elencati
alcuni sistemi di aspirazione delle polveri, e viene ribadito che i vestiti da lavoro non dovrebbero mai venire a contatto
con gli indumenti di casa.
Presso la Camera di Commercio di Torino si possono consultare alcuni interessanti elenchi relativi all’estrazione
dell’amianto, alla fabbricazione ed al commercio dei suoi manufatti: - Catalogo24 del 1977, contenente l’elenco dei
produttori di guarnizioni, utile per il confronto con i verbali dell’istruttoria (es. Ditta Valentini s.p.a.). - Annuario
statistico del commercio internazionale del 1993, contenente i dati sul commercio mondiale di amianto25. - Calendario
Atlante De Agostini26 del 1997, contenente i dati sul commercio mondiale di amianto grezzo in fibra, negli anni ‘92’93. - Elenco Kompass del 1997 sulle oltre 1000 aziende del settore amianto, a tutt’oggi operanti sul mercato AsiaPacifico27. - Elenco Internet-Lycos28 1996, con ricerca dei siti per “asbestos”; risultano 5578 documenti rilevanti, di
cui vengono elencati i primi 10, indicando per ciascuno l’argomento, l’indirizzo Web e la percentuale di rilevanza per
“asbestos”. - Elenco ESA29 del 1997, con selezione per crocidolite, amosite e tremolite, segnalazione delle località
mondiali di estrazione e delle ricerche chimico-fisiche in atto.
2. TLV e altre normative.
All’inizio del XX sec., sono stati elaborati i primi valori-limite ambientali per le polveri, e sono state indicate le
tecniche di misurazione ambientale. Gli interessi economici collegati alle “polveri” sono sempre stati molto elevati,
perché questa esposizione professionale ha coinvolto, da sola, un numero di lavoratori maggiore di quello costituito
dall’insieme degli esposti a tutti gli agenti chimici industriali.
I limiti per gli agenti chimici sono basati sulla concentrazione quantitativa dei singoli agenti presenti nell’atmosfera,
mentre per le polveri si sono seguiti criteri diversi, quali la concentrazione ponderale nell’aria, la superficie delle
particelle in sospensione nell’atmosfera o il loro numero. Tutto ciò non ha certo contribuito a fare chiarezza, e la
situazione è rimasta confusa sino agli anni ’7030, e solo a partire dagli anni ’80, grazie alla standardizzazione delle
metodiche, i dati ambientali risultano più facilmente confrontabili tra loro31; in questi stessi anni vengono create anche
le prime mappe di rischio, in ottemperanza al disposto preventivo ex art.20 L.833/78, istitutiva del Servizio Sanitario
Nazionale32.
Soltanto determinazioni ripetute più volte, con successiva eliminazione dei dati estremi (mediana e mediana rafforzata),
unitamente alla considerazione dei diversi parametri microclimatici, consentono di valutare in modo fedele, anche se
più costoso, la realtà dell’inquinamento ambientale.
Il primo regolamento relativo all’amianto è stato sviluppato nel 1931 in Gran Bretagna, unitamente dal governo e dalle
industrie, ma è stato spesso disatteso. Il Bureau of Mines, nel 1935, indicava un limite ambientale di 175 pp/cc, con
più del 50% di silice libera.
23
Id, vol.VII, UTET Ed., Torino 1902.
Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Torino, Catalogo importatori ed esportatori della Provincia di Torino, 1977.
Department for economic and social information and policy analysis Statistical Division, 1993 International trade statistics yearbook, vol.II, Trade
by Commodity, United Nations, New York 1995.
26
Anno 93°, Calendario Atlante De Agostini 1997, Ist.Geografico De Agostini, Novara 1997.
27
Reedbase Kompass, Asia-Pacific CD, Kompass Classifications containing the word Asbestos, 24/1/97.
28
Internet-Lycos Germany, Asbestos, Copyright © 1996, Lycostm.
29
Data Dissemination Network of the European Space Agency, Asbestos, Irshelp @ Esrin.ESA.IT 1997.
30
N.Zurlo, M.Patroni, I M.A.C. per le polveri, Med.Lav.,Vol.64,n.5-6, 1973.
31
S.Battisti, P.Comba, E.Munafò, A.Serio, Distribuzione di fibre di asbesto sui filtri nei prelievi secondo il metodo AIA: adattamento della curva di
Poisson, Ann.Ist.Sup.Sanità, v.18 suppl, pp 915-918, Roma 1982.
32
C.Jacobelli, B.Felluga, A.Lori, S.Lucke, V.Montanari, R.Palomba, A.Sardoni, M.Scorziello, C.Spalletti, F.Zucco, Mappatura del rischio negli
ambienti di lavoro e di vita come strumento di programmazione della prevenzione, Rep. Ambiente di Lavoro, I.T.B.M., C.N.R. Roma 1981.
24
25
7
Il primo limite per l’amianto, raccomandato nel 1938 dall’United States Public Health Service, era di 5 mppcf (= 175
pp/cc); nel ’46 tale limite venne fatto proprio anche dall’ACGIH33, assumendo in U.S.A.un effetto legale solo negli anni
’60.
Nei paesi occidentali, sono stati elaborati dei limiti massimi accettabili di concentrazione degli inquinanti particellari,
che si ispirano alla legge di Haber, per la quale l’effetto di una sostanza nociva dipende dalla concentrazione della
stessa moltiplicata per il tempo di esposizione, per cui in molti casi la concentrazione può teoricamente essere
aumentata se si riduce la durata dell’esposizione.
Attraverso un attento studio dei parametri pre-clinici, sono stati pertanto definiti i:
⇒ TLV (Threshold Limit Value = soglia limite valore).
⇒ TLV-TWA (Threshold Limit Value-Time Weighted Average = soglia limite valore-soglia media ponderata), per i
quali è ammesso un certo numero di superamenti giornalieri per tempi prefissati, purché compensati da altrettanti
periodi di concentrazioni inferiori al valore-soglia.
⇒ TLV-C (TLV-Ceiling = limite massimo), che non possono essere superati e che sono indicati per circa un quarto
delle sostanze aventi TLV.
⇒ TLV-STEL (TLV-Short Term Exposure Limit = breve periodo di esposizione limite), che possono essere raggiunti
per non più di 15 minuti e per non più di 4 volte per turno di lavoro, separate da almeno un’ora di osservanza del
TLV-TWA.
Le tabelle del TLV, introdotte nel 1937, portano poi l’annotazione delle sostanze assorbibili anche attraverso la pelle,
di quelle con effetto cancerogeno certo o sospetto per l’uomo, e segnalano eventuali azioni sinergiche o additive
conseguenti ad esposizioni multiple. Per l’amianto, la notazione “cancerogeno” risale all’inizio degli anni ’70.
L’ACGIH (American Conference of Governmental Industrial Hygienists) pubblica, all’incirca ogni cinque anni, la
documentazione sulla quale si basano tutti gli oltre 700 TLV, i quali vengono invece aggiornati annualmente; in alcuni
casi la pubblicazione avviene in modo congiunto con l’OSHA (Occupational Safety and Health Administration)
Oltre alla documentazione relativa alle sostanze prese in considerazione, le organizzazioni scientifiche americane del
settore segnalano sempre che i valori di TLV non rappresentano il confine tra benessere e malattia, ma costituiscono
bensì una soglia tra queste due condizioni. Occorre pertanto un’appropriata determinazione ambientale, con
monitoraggio periodico degli indicatori di esposizione e di effetto, da valutare con il contributo di un medico
competente.
Le persone esposte a polveri presentano risposte cliniche molto differenti tra loro, a causa della diversa predisposizione
individuale a contrarre la malattia; tale diversità riconosce fattori congeniti di tipo genetico e fattori acquisiti,
conseguenti ad esempio a pregresse o concomitanti esposizioni e/o patologie. Già nell’Almanacco di igiene industriale
di Mantegazza del 1881 viene introdotto indirettamente il problema dell’ipersensibilità, descrivendo le persone
iposensibili alle polveri, prese erroneamente ad esempio dai compagni di lavoro, al fine di non utilizzare i mezzi di
protezione individuale. Nel IX Convegno Nazionale di Medicina del Lavoro, tenutosi a Roma nel 1930, Caccuri si
sofferma sul problema dei soggetti ipersensibili, citando i pionieristici lavori di Bastai e Frugoni. Tre importanti lavori
scientifici34 sul tema consentono di approfondire ulteriormente l’argomento e di comprendere i motivi per i quali i
valori-limite proposti dall’igiene industriale non tutelano in pratica i soggetti ipersensibili, al contrario di quanto
avviene per le norme antinfortunistiche.
L’Unione Sovietica ha elaborato i propri valori-limite attraverso lo studio comportamentale; suddetti valori non sono
per nessun motivo valicabili, eccetto quelli relativi all’ossido di carbonio, e sono espressi anche per le fibre in mg/m3.
Tali limiti sovietici , detti M.A.C., si riferiscono ad oltre 1000 composti e sono stati introdotti nel 1933.
Gli igienisti americani esprimono i limiti relativi all’amianto in particelle/cm3, e forniscono il seguente rapporto di
conversione dei valori sovietici: 1 mg/m3 = 210 pp/cc.
In Italia, fino all’entrata in vigore della riforma sanitaria, la prevenzione delle tecnopatie era gestita dall’ENPI (Ente
Nazionale Prevenzione Infortuni), istituto di diritto pubblico, sottoposto alla vigilanza del Ministero del Lavoro ed
avente lo scopo di promuovere la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. Esso si componeva di una
sezione tecnica, di una sezione medica e di una sezione di propaganda; comprendeva 33 sedi periferiche, 20 delle quali
comprendevano un Istituto di Medicina Industriale per le visite mediche preventive e periodiche degli operai, per esami
psicotecnici, radiologici e di laboratorio35.
I medici degli Istituti di Medicina Industriale effettuavano sopralluoghi nelle fabbriche, mentre la sezione sanitaria
dell’ENPI gestiva numerose infermerie di fabbrica, fornendo tutto ciò che occorreva al loro funzionamento. L’ENPI ha
rappresentato, sul piano sanitario, la più vasta organizzazione a livello internazionale dei servizi medici per l’industria, e
di essa hanno beneficiato in modo particolare centinaia di piccole e medie industrie che non avrebbero avuto la
possibilità di organizzare in modo autonomo un servizio sanitario aziendale efficiente.
33
M.A.Mehlman, A.Upton, The Identification and Control of Environmental and Occupational Diseases: Asbestos and Cancers, vol.XXII, Princeton
Scientific Publishing Co. Inc.,Princeton New Jersey 1994.
34
W.Clark, Indicators of susceptibility to industrial chemicals, J.Occ.Med., 15 (4) : 355-359, 1973 - H.E.Stokinger, Hypersusceptibility and genetic
problems in occupational medicine- A consensus report, J.Occ.Med., 15 (7):564-573, 1973 - C.F.Reinhardt, Chemical hypersusceptibility, J.Occ.
Med., 20 (5): 319-322, 1978.
35
G.A.Vigliani, Gli Istituti di Medicina Industriale, n.6, E.N.P.I Ed., Torino 1937.
8
Con la legge di riforma sanitaria n.83336, dall’1/1/80 il Servizio Sanitario Nazionale ha previsto il passaggio dei compiti
ENPI alle Unità Sanitarie Locali, con proroga per tutto il 1980 dell’attività sanitaria ENPI; dal 1980 molte Regioni, in
accordo con il Regolamento di Igiene Generale del 1927, riveduto, ampliato e perfezionato nel 1955 con numerose
disposizioni (DPR n.303 del 19/3/56), hanno organizzato dei laboratori multizonali di sanità pubblica, per coadiuvare
l’attività dei servizi di igiene pubblica, presso i quali solitamente opera il settore di medicina del lavoro della USL
territorialmente competente. Sempre a livello regionale, sono stati inoltre varati numerosi piani sanitari a cadenza
periodica, che spesso hanno integrato le disposizioni centrali, sviluppando maggiormente le problematiche locali37.
Le visite mediche preventive e periodiche dei lavoratori esposti a rischio38, sono state svolte dall’ENPI sino al 1980, ad
eccezione delle grandi aziende (ex art.21 L.833/78), le quali disponevano di un proprio servizio sanitario39 che, a
differenza dell’ENPI, risulta a tutt’oggi operativo; dopo il 1980, le piccole e medie aziende, per le visite dei propri
lavoratori (ex art.33 DPR 303/56), si sono rivolte a poliambulatori privati e/o alle USSL.
Le determinazioni ambientali sono cambiate nel corso degli anni, e risulta pertanto difficile comparare misurazioni
svolte da operatori differenti, con metodiche diverse e spesso in presenza di modificazioni del ciclo produttivo. Agli
albori dell’igiene industriale, le “polveri” venivano misurate con precipitatori termici e successiva esecuzione del
conteggio della polvere al microscopio ottico in campo chiaro, contando le particelle a 200 ingrandimenti40. Ulteriori
miglioramenti dei metodi di captazione, conteggio, analisi granulometrica e mineralogica sono stati apportati da
L.Parmeggiani, L.Peretti, E.Occella e N.Zurlo, al XVIII Congresso Nazionale di Medicina del Lavoro di St. Vincent del
195241. Nel 1967 il TLV relativo all’asbesto, adottato nel XXIX Convegno ACGIH, Chicago-Illinois, 1-2 maggio, era
di 5 mppcf, e, utilizzando il fattore di conversione indicato, si otteneva un valore-limite di 177 particelle per cc42.
Suddetto valore portava, nel caso in cui tutta la polvere misurata fosse stata costituita da asbesto inalabile, ad
un’esposizione di 177 ff/cc. In base alle conoscenze attuali, risulta chiaro che, con una simile esposizione, si va
incontro ad un’asbestosi massiva.
Il TLV per l’amianto del ’67 si basava ancora su un lavoro di W.C. Dreessen, J.M. Dallavalle, T.I. Edwards, J.W.
Miller, R.R. Sayers, H.F. Easom e M.F. Trice, pubblicato nel 1938 e svolto su un campione di 511 lavoratori di
un’industria tessile che utilizzava amianto, ma escludeva 150 dipendenti licenziati poco prima perché ammalati di
asbestosi.
Solitamente le fibre minerali vengono definite dal rapporto lunghezza/diametro, che deve essere uguale o superiore a
3; si ritengono inalabili le fibre minerali con diametro uguale o superiore a 3 µm, e al conteggio delle fibre si prendono
in considerazione solo quelle di lunghezza superiore ai 5 µm, perché quelle più corte vengono rimosse ad opera della
clearance muco-ciliare. Anche la forma delle fibre è importante, in quanto gli anfiboli diritti sono più attivi ed inalabili
rispetto al crisotilo, curvilineo ed arrotondato.
A proposito della citata clearance muco-ciliare, si ricorda che agenti infettivi e sostanze chimiche irritanti, contenute ad
esempio nello smog e nel fumo di tabacco, compreso quello passivo, danneggiano più o meno gravemente le ciglia
vibratili che stanno alla base di questo importante meccanismo depurativo. Al microscopio elettronico, l’epitelio che
riveste internamente le vie aeree, dalla porzione prossimale del bronchiolo respiratorio sino alla parte distale della
laringe, appare sempre fornito di ciglia; si tratta di un epitelio dapprima cilindrico monostratificato e successivamente a
cellule cilindriche più alte e pluriseriate; ad intervalli regolari le cellule cilindriche cigliate sono intercalate da cellule
mucipare caliciformi, le quali, man mano che aumenta il diametro del tratto respiratorio, diventano più numerose,
arrivando ad un rapporto di uno a quattro. Sia le cellule cilindriche cigliate sia quelle caliciformi hanno un’attività
secretoria mucipara e forniscono al muco diversi elementi della sua complessa costituzione.
Nei bronchi di una certa dimensione, forniti di cartilagine, vi sono poi ghiandole acinose ramificate dette ghiandole
bronchiali a secrezione siero-mucosa. L’insieme di queste secrezioni forma il secreto bronchiale, ricco di
mucopolisaccaridi e prodotto in quantità di circa 100 cm3 al dì; tale muco, grazie al movimento cigliare, viene
trasportato verso l’alto ad una velocità di circa 16 cm/ora; arrivato a livello laringeo, si riversa nella faringe e viene
deglutito. In caso di infezione e/o irritazione respiratoria, il secreto bronchiale assume una diversa densità e, stimolando
i recettori laringei, viene espulso con la tosse sotto forma di escreato. Questo meccanismo muco-cigliare costituisce una
sorta di “vernice protettiva” ed è il più potente sistema di depurazione delle vie aeree dalle estraneità che si depositano
sulle sue pareti insieme all’aria. Al microscopio elettronico la mucosa bronchiale normale appare come un fondo
marino ricoperto di alghe; in caso di infezione, virale o batterica, le ciglia appaiono danneggiate o mancanti.
Ogni giorno inoltre respiriamo 15.000-20.000 litri di aria, e gli agenti inquinanti dannosi per l’apparato respiratorio
determinano un inspessimento ed un addensamento del secreto, con conseguente schiacciamento delle ciglia sottostanti
36
Agenzia Giornalistica Montecitorio, La Riforma Sanitaria, TEAM Ed., 1979 Roma.
Regione Piemonte, Prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro, L.R. 20/5/1980 n.53 (B.U. 28/5/1980 n.21).
D.P.R. 303/56, Tabella delle lavorazioni per le quali vige l’obbligo delle visite mediche preventive periodiche, allegato art.33 del D.P.R.
39
D.Casula, N.F.Izmerov, L.Parmeggiani, P.Recht, L’organizzazione della medicina del lavoro in Europa con particolare riguardo ai servizi sanitari
di fabbrica, Fondazione Carlo Erba, sez.Medicina del Lavoro e Igiene Ambientale, Prof.Vigliani, Milano 1979.
40
E.C.Vigliani, Nuovi strumenti per il controllo della polverosità atmosferica, Rassegna di Medicina Industriale, anno 15, n.1, 1946 (articolo del
10/12/1944) .
41
L.Parmeggiani, L.Peretti, E.Occella, N.Zurlo, La determinazione della pericolosità agli effetti della silicosi nelle lavorazioni polverose, Atti XVIII
Congresso Naz. Medicina del Lavoro, St. Vincent 1952, Capella Ed., Ciriè 1954.
42
ACGIH , TLV for 1967, 29th Annual Meeting, Chicago Illinois, may 1967.
37
38
9
e riduzione del meccanismo di rimozione del muco; si viene così a determinare un terreno predisponente alle infezioni
ed alla loro cronicizzazione, con ulteriore compromissione delle ciglia stesse.
Le fibre aghiformi inalate, per la loro conformazione, tendono a permanere nei polmoni; questi, compiendo oltre
20.000 atti respiratori al giorno, dilatano e restringono la superficie di scambio alveolare, che, in condizioni normali,
supera i 100 m2. In questo modo si determinano numerosissime microlesioni parenchimali, che favoriscono l’ingresso di
agenti infettivi e cancerogeni; inoltre, vista la scarsa biodegradabilità dell’amianto, le fibre inspirate nei primi anni di
vita possono agire molto più a lungo rispetto a quelle inalate in tarda età. Questo meccanismo era già noto all’inizio del
XX secolo.43
Alla fine degli anni ’60, si è fatto strada il concetto che il rapporto fibre/cc sia l’unico indice rappresentativo del rischio
di asbestosi. Nel 1969, infatti, per il crisotilo la BOHS (British Occupational Hygiene Society) ha fornito uno standard
igienico di 100 fibre/cc, al quale corrisponde un rischio dell’1% di contrarre asbestosi iniziale; suddetto limite equivale
a 2 fibre/cc/anno per 50 anni, oppure a 10 fibre /cc/anno per 10 anni. Nello stesso anno la BOHS ha poi fornito un
fattore di conversione dal limite numerico delle fibre a quello ponderale: 2 ff/cc = 0,1 mg/m3. Un lavoro di Zurlo del
1969, reso pubblico in occasione del XXXII Congresso Nazionale di Medicina del Lavoro, segnala l’opportunità di
conteggiare, nell’esposizione ad amianto, le fibre anziché le polveri in toto, ed afferma che la Clinica Devoto si è
uniformata al nuovo TLV della ACGIH di 12 ff più lunghe di 5 µm/ml aria44. Sempre nel ’69, Vigliani, in qualità di
direttore della Clinica Devoto, avvalla la proposta inglese, che, di fatto, abbassa bruscamente i meno drastici limiti
americani, ed afferma che “la ragione del forte abbassamento dei limiti tollerabili dell’amianto, consiste nel fatto che
l’asbestosi predispone all’insorgenza del cancro polmonare e del mesotelioma della pleura......L’azione oncogena
dell’amianto fa trascendere il problema dei suoi effetti biologici dal campo della patologia professionale a quello della
medicina preventiva e dell’igiene pubblica. ......In alcuni paesi, si è incominciato a tenere un registro dei
mesoteliomi....Nella polvere dell’atmosfera delle città, sono contenute fibre di amianto, come è stato di recente
osservato anche a Torino”45
Già nel XXXIV Congresso di Medicina del Lavoro del giugno ’72, M. Governa e B.Pernis, riferendo sulle azioni
biologiche dell’amianto, ritennero i valori proposti dal BOHS e dall’ACGIH non idonei a garantire un’efficace
prevenzione46. Nel’73 Zurlo riferisce che, secondo le ultime acquisizioni, la soglia accettabile per l’asbesto risulta
essere di 5 ff/cc. I sovietici, nel 1975, secondo il testo di F.M.Kogan47, propongono limiti differenti, a seconda della
percentuale di fibre d’amianto di lunghezza superiore ai 10 µ presenti nella polvere totale, con valori compresi tra 1 e 8
mg/m3, equivalenti ad un massimo di 20 ff/cc; suddetti valori, molto più alti di quelli occidentali, si giustificano
unicamente pensando che le reazioni comportamentali degli animali alle polveri sono decisamente più lente rispetto a
quelle per i solventi, e pertanto il metodo comportamentale usato dai russi per i MAC non risulta appropriato per lo
studio dei rischi fisici. Nel ’75 la ACGIH raccomandava un TLV minore di 5 ff/cc48. In Italia, sempre nel 1975,
l’Associazione degli Igienisti Industriali segnalava, nel caso dell’amianto, un valore-limite ponderato di 2 ff/cc, esclusa
la crocidolite, considerata tra le sostanze cancerogene del gruppo A, insieme a benzidina, β-naftil-amina e 4-aminodifenile; gli altri tipi di amianto risultavano inseriti tra i cancerogeni del gruppo B49.
I tedeschi adottavano invece il cosiddetto TRK = Technische Richtkonzentrantionem, o limite tecnico; si tratta della più
bassa concentrazione tecnicamente raggiungibile, in base alla realtà tecnica produttiva del momento.
Nel 1977 l’ILO (International Labour Office) pubblicava un riepilogo dei valori-limite per l’asbesto, in vigore nei
diversi paesi: Australia 4 ff/cc, Cecoslovacchia 4 mg/m3 per polveri con meno del 10% di asbesto e 2 mg/m3 per polveri
con più del 10% di asbesto, Finlandia 5 ff/cc.50 Nel 1979 l’ACGIH confermava il limite di 5 ff/cc51; nel 1981, al V
Convegno Nazionale di Igiene Industriale, svoltosi presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma il 15-16
dicembre 1981, Bontempelli e Baggio, del Servizio Tutela Ambientale e Sicurezza Eternit, ripercorrevano la storia dei
TLV dell’amianto, segnalando che l’ACGIH dal 1950 al 1967 aveva adottato un TLV di 5 mppcf, con proposta di
modifica nel’68-’69, tramite il conteggio delle fibre e ritenendo necessario non superare il valore di 12 ff/cc52. Dal ’70
al ’73 le proposte di modifica consigliavano il valore di 5 ff/cc, mentre nel ‘78-’79 venne proposto un limite
differenziato di 2 ff/cc per il crisotilo, di 0,5 ff/cc per l’amosite e di 0,2 ff/cc per la crocidolite. Tali limiti differenziati
vennero adottati nel 1980-81 e tutte le qualità di asbesto erano inserite tra le sostanze cancerogene per l’uomo. Si
segnala infine l’effetto sinergico del fumo di sigaretta negli esposti ad asbesto, evidenziato da Selikoff & Hammond
43
J. Cryns ,Guide populaire d’hygiène , Manceaux Ed., Bruxelles 1901.
N.Zurlo, M.A.C. del laboratorio di igiene industriale della Clinica del Lavoro di Milano, Med.Lav, vol.60 n.11, 1969.
E.C.Vigliani, Criteri per la determinazione delle concentrazioni massime tollerabili di silice e amianto nell’aria, Med.Lav. vol.60 n.2, 1969.
46
M.Governa, B.Pernis, Azioni biologiche dell’amianto, Med.Lav. vol.63,n.56, 1972.
47
F.M.Kogan, Polveri contenenti amianto e misure di prevenzione contro la loro nocività per la salute dei lavoratori , Sverdlovsk 1975 (traduzione
dal russo Sig.ra N.Pastore, via Montemagno 70, Torino).
48
ACGIH,TVL for 1975.
49
Valori limite ponderati degli inquinanti chimici e particolati degli ambienti di lavoro, proposti dalla Società Italiana di Medicina del Lavoro e
dalla Associazione Italiana degli Igienisti Industriali per il 1975, Med.Lav. vol.66 n.4, 1975.
50
Occupational Safety and Health Series, Occupational exposure limits for airborne toxic substances, n.37, ILO 1977.
51
Giornale degli igienisti industriali, TLVs, ACGIH 1979, n.4 anno IV, dicembre 1979.
52
E.Bontempelli, Situazione igienico-ambientale nell’industria del fibrocemento alla luce degli interventi di bonifica e della normativa
internazionale. 5° Convegno Nazionale di Igiene Industriale, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma dicembre 1981.
44
45
10
nel’7853; i due studiosi registrarono un aumento di morti per cancro polmonare tra i fumatori, mentre non vennero
segnalati significativi incrementi di mesoteliomi. Agli inizi degli anni ’80, il problema dell’interazione in ambito
lavorativo tra il fumo di tabacco e gli altri rischi professionali, venne ripreso da importanti riviste mediche54, con
successivi studi dei vari tipi di interazione e proposte di modelli sperimentali.55
Il Comitato Tecnico per la definizione dei valori-limite di esposizione, facente capo all’ENPI, nel 1978 indicava la
possibilità di un’esposizione per 15 minuti al giorno ad un livello di 10 ff/cc.
La Direttiva CEE del 19/9/1983 n.47756, relativa alla protezione dei lavoratori dai rischi connessi con l’esposizione ad
amianto (recepita in Italia con D.Leg.277/91, in considerevole ritardo per l’ostruzione degli imprenditori57), pone il
limite di 0,5 ff/cc riferito alle 8 ore di lavoro per la crocidolite, e di 1 ff/cc per gli altri tipi di amianto.
La Direttiva rappresenta uno dei 5 atti normativi previsti dall’art.189 del Trattato CEE, insieme al Regolamento, alla
Decisione, al Parere ed alla Raccomandazione. Le fonti internazionali del diritto comprendono poi gli atti normativi
OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro); le strutture dell’OIL sono suddivise in Ufficio Internazionale del
Lavoro, Consiglio d’Amministrazione con funzione amministrativa, e Conferenza Generale. Gli atti normativi OIL
sono la Raccomandazione e la Convenzione.
Con la Legge 27 marzo 1992 n.257, vengono invece emanate le norme relative alla cessazione dell’estrazione,
dell’importazione e della lavorazione dell’amianto in tutti i settori produttivi.
A livello nazionale e locale, tutte queste normative igienistiche sono state ampiamente pubblicizzate, mediante
convegni, corsi d’aggiornamento, opuscoli e testi divulgativi, rivolti non solo agli specialisti, ma a tutte le forze sociali.
Si elencano qui di seguito, in ordine cronologico, alcune di queste pubblicazioni:
♦ Atti del Convegno di Studi sulla Patologia da Asbesto58, Torino 21/6/1968 (Provincia di Torino, Società
Piemontese di Medicina ed Igiene del Lavoro) In presenza di diverse autorità politiche, amministrative, scientifiche
e sindacali, vengono analizzati i problemi dell’inquinamento atmosferico, dei corpuscoli polmonari, delle placche
pleuriche intese come segno di esposizione, della frequenza di asbestosi e relative cause di morte degli asbestosici,
della prevenzione tecnica, della ricerca epidemiologica sulla genesi del cancro polmonare e sulla diagnostica
precoce dell’asbestosi.
♦ Atti del Convegno su Patologia da fibre minerali59, Torino 26 ottobre 1979 (Regione Piemonte). Nel corso
dell’incontro, si trattano i rischi per la salute derivanti dall’esposizione a fibre minerali naturali e artificiali, i
modelli sperimentali di sclerosi, la diagnosi precoce, l’epidemiologia sulla mortalità, i valori-limite ambientali, ed i
problemi dell’identificazione e del conteggio delle fibre.
♦ Amianto, piano di intervento di prevenzione del rischio amianto60, Consiglio dei Delegati dell’O.G.R.-F.S.,
Regione Piemonte, FIT, FILT, UILT, Torino 1980. Il documento illustra le modalità del piano di scoibentazione dei
rotabili F.S., segnalando un’esposizione massima di 17 ff/cc nel 1980, di 5 ff/cc in ambiente chiuso con filtraggio
dell’aria e dell’acqua nel 1983, di scoibentazione automatica nel 1987 e di termine delle operazioni di
scoibentazione entro il 1990. Nonostante questo piano, ancor oggi numerosi vagoni, con finestrini e porte saldate,
giacciono sui binari morti di molte stazioni, con il loro carico d’amianto61
♦ Il rischio da amianto oggi62, Torino 1985 (Istituto di Medicina del Lavoro, Università di Torino-Regione Piemonte)
Nella pubblicazione sono trattati i problemi mineralogici, la contaminazione da amianto ed altri minerali
commerciali, le altre fibre minerali naturali, artificiali ed organiche, le caratteristiche delle fibre aereodisperse, le
malattie da asbesto e la loro epidemiologia, gli aspetti preventivi compresi i problemi di misura delle fibre
areodisperse e dei valori-limite italiani e stranieri.
♦ A come amianto63, Ediesse, Roma 1986. Nel testo si parla dei rischi delle lavorazioni con amianto e
dell’inquinamento conseguente; i dati sono coordinati dal Centro Ricerche e Documentazione Rischi e Danni da
Lavoro, della Cgil-Cisl e Uil.
♦ Elementi di Medicina del Lavoro64, U.N.A.M.,Torino marzo 1987. Nel corso di un incontro di aggiornamento per i
medici di base, vengono trattati numerosi problemi relativi alle tecnopatie, ed in particolare viene sviluppato, ad
opera del prof. G.F.Rubino, il capitolo dei tumori professionali, compresi quelli indotti dall’amianto.
53
E.C.Hammond, I.J.Selikoff, Relation of cigarette smoking to risk of death of asbestos-associated disease among insulation workers in the United
States ,Cancer 28, 87-99, 1978.
54
H.O Engel, Is smoking an occupational risk?, Journal of the Royal Society of Medicine, vol.74, January 1981.
55
P.M.Pitotto, A.Serio, G.Ugazio, Interazione tra agenti nocivi nell’ambito lavorativo: considerazioni cliniche e modelli sperimentali, Atti IV
Convegno sulla patologia da tossici ambientali ed occupazionali, Cagliari maggio ’83.
56
Direttiva CEE 83/477, Sulla protezione dei lavoratori contro i rischi connessi con l’esposizione all’amianto durante il lavoro, G.U. CEE 24/9/83.
57
Verbale riunione presso Assocemento-Roma,17/11/....Arch. Di Stato di Torino, prot. N.10184/IX-4-2, sez.I Reg.Copie n.106, conservato nella serie
: Società Amiantifera di Balangero - mazzo 1869-fascicolo “Ass: amiantieri (corrisp. -verbali- statuto) copia conforme 24/12/96.
58
Atti del Convegno di Studi sulla Patologia da Asbesto, Torino 21 giugno 1968.
59
Atti del convegno su La patologia da fibre minerali, Torino 26 ottobre 1979.
60
Amianto,piano di intervento di prevenzione del rischio, Torino 1980.
61
Green Peace, Scandalo delle carrozze all’amianto, Roma 1995 @ Internet.
62
G.Scansetti, G.Piolatto, E.Pira, Il rischio da amianto oggi, Torino 1985.
63
M.Biocca, C.Bracci, G.Cecchetti, F.D’Orsi, G.Malaspina, A.Marconi, E.Munafò, F.Zucco, A come amianto, Ediesse, Roma 1986.
64
G.F.Rubino, L.Pettinati, G.Scansetti, A.Berra, M.Pizzetti, P.Pitotto, Elementi di medicina del lavoro, Torino 1987.
11
♦ Amianto,miracoli, virtù, vizi65,Editoriale Tosca, Firenze 1992. La pubblicazione divulgativa raccoglie la
documentazione relativa ad una mostra sull’impiego dell’amianto, fornendo esempi di estrema chiarezza ed utilità
sociale.
♦ C’era una volta... l’amianto66, Regione Toscana, Firenze 1995. L’opuscolo riporta il censimento ed il controllo del
rischio lavorativo in Toscana, evidenziando le problematiche dei vari settori, incluso quello della cantieristica
navale e dei trasporti marittimi.
♦ Dizionario di storia della salute67, Einaudi Ed., Torino 1996. Cfr. voci ambiente, igiene, lavoro e malattie dei
lavoratori, alle quali sono riassunte in modo chiaro ed esauriente le principali acquisizioni scientifiche in materia.
Anche illustri scrittori hanno trattato il tema dell’amianto: ad esempio, Italo Calvino68 ha scritto sulle pagine de L’Unità
del 1954 (Edizione piemontese) un articolo intitolato La fabbrica nella montagna, in cui descrive le condizioni dei
lavoratori dell’Amiantifera di Balangero, alla quale anche Primo Levi69 ha dedicato un capitolo del suo libro Il sistema
periodico (1975, Einaudi Ed.). L’esposizione alle polveri era inoltre già stata descritta da Kafka, sui diari del 1912.70
3. Igiene del lavoro
Le leggi sanitarie hanno sempre fatto seguito alle acquisizioni scientifiche, nell’intento di ripristinare o mantenere la
salute dei cittadini, mediante il potenziamento di strutture volte alla cura ed alla prevenzione delle malattie. La branca
della medicina che si occupa di stabilire le norme idonee a questo scopo, si chiama igiene71 , con termine introdotto
nella lingua italiana alla fine del ‘700.
L’Igiene72 (dal greco υ(γι/εια = salute) nasce in Francia, con l’istituzione della Scuola di Sanità, avvenuta nel 1794 (III
giacobino). La salute da allora diventa un diritto primario di ogni cittadino. In Italia la prima normativa organica sui
problemi di igiene e sanità pubblica viene emanata da Napoleone Bonaparte nel 1806, con il Regolamento di polizia
medica, di sanità continentale e di sanità marittima. Sotto la spinta delle pandemie coleriche, già dal 1830 alcuni stati
italiani (Stato Pontificio, Lombardo-Veneto, Granducato di Toscana) emanano alcune disposizioni; nel 1847 Carlo
Alberto promulga per il Regno di Sardegna un Editto Sanitario; nel 1851 gli stati italiani già citati partecipano alla
Prima Conferenza Sanitaria Internazionale di Parigi; nel 1859 il Regno di Sardegna emana una legge sanitaria completa,
che, ampliata e modificata, diventa la prima legge sulla sanità pubblica del nuovo Regno d’Italia (Legge n.2248 del
20/3/1865). Nel 1884, per incarico di De Pretis, il medico milanese Agostino Bertani (vicepresidente della giunta
incaricata, nel 1877, dell’inchiesta sulla condizione sanitaria dei lavoratori della terra in Italia) imposta l’igiene
pubblica. Al tempo delle annessioni degli stati italiani, i problemi della sanità venivano trattati da una commissione
denominata Affari Generali; nel 1861 vengono aggregati alla divisione speciale delle Opere Pie, come sezione sanitaria,
coordinata da un medico e composta da altri tre medici e da cinque amministrativi. Nel 1863 viene istituita la Divisione
di Sanità Pubblica, coordinata da un amministrativo e composta da due sezioni dirette da medici. Vi sono state in
seguito numerose altre variazioni, e richieste di potenziamento dell’igiene pubblica, volte soprattutto al risanamento
degli spazi urbani. Nel 1887 Francesco Crispi richiede la consulenza del prof.Luigi Pagliani; da questa collaborazione
scaturisce l’istituzione della Direzione Generale della Sanità Pubblica, con decreto del 27/11/1887 e presentazione in
Senato, nella stessa data, della Legge per la tutela dell’igiene della sanità pubblica, che viene promulgata, con il
22/12/188873; tale legge all’art.3 prevede l’assistenza medica chirurgica ed ostetrica gratuita per i poveri, e all’art.60
impone l’inserimento, nei regolamenti locali di igiene, di “prescrizioni atte a evitare o rimuovere altre cause di
insalubrità non enumerate in questa legge”.
Suddetto evento è stato definito da Benedetto Croce come fatto
memorabile della vita politica italiana. Il Regolamento Generale per l’applicazione della legge è stato decretato il 9
ottobre 1889.
Il 17/3/1898 viene sanzionata e promulgata da Umberto I Re d’Italia la Legge sugli infortuni degli
operai sul lavoro74, con successivo Regolamento Generale applicativo contenuto nel R.D. n.230 del 18/6/1899,
pubblicato sulla G.U.R. 26/6/1899 n.148; l’art.7 di tale regolamento impone l’adozione di mezzi di protezione
individuale. Con R.D.n.231 del 18/6/1899 viene approvato il regolamento per la prevenzione degli infortuni nelle
miniere e nelle cave, (G.U.R. 26/6/1899 n.148). Con R.D. n.51 del 31/1/1904, Vittorio Emanuele III approva il Testo
Unico di Legge per gli infortuni degli operai sul lavoro75. Un commento in chiave giuridica di tutta la normativa
relativa all’igiene del lavoro, alle industrie insalubri e pericolose e agli infortuni dei lavoratori, unitamente ad un
confronto con la legislazione straniera, è contenuto in un testo76 del 1910. Il 15/5/1919 viene emanato il Decreto-legge
65
F.Carnevale, E.Chellini, Amianto, miracoli, virtù, vizi, Editoriale Tosca, Firenze 1992.
S.Silvestri, E.Merler, C’era una volta... l’amianto, TiConErre Ed., Firenze 1995.
67
G.Cosmacini, G.Gaudenzi, R.Satolli, Dizionario di storia della salute, Einaudi Ed., Torino 1996.
68
Italo Calvino, La fabbrica nella montagna, L’Unità (Edizione piemontese), domenica 28 febbraio 1954.
69
P. Levi, Il sistema periodico, Nichel, pag.64, Einaudi Ed., Torino 1975.
70
F. Kafka , Diari-1912, pag. 332, Mondadori Ed., Milano 1972.
71
M.Cortelazzo, P.Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, 3/I-N, Zanichelli Ed, Bologna 1983 - AA. VV. trad. M.G. Levi, Dizionario
classico di medicina di chirurgia e d’igiene pubblica e privata, vol. XVII ,G. Antonelli Ed., Venezia 1834.
72
D.Ottolenghi, (prof.Igiene, R.Univ.Bologna), Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti, vol.XVIII, Ist.Enc.Treccani Ed., Roma 1933 G.Vanini, R.Bucci, Storia dei Congressi degli Igienisti Italiani, Univ.Cattolica del Sacro Cuore, Facoltà di Medicina e Chirurgia “A.Gemelli”, Istituto
di Igiene, Roma 1991.
73
L. n.5849 del 22/12/1888, Legge per la tutela della igiene e della sanità pubblica, G.U.R. 24/12/88 n.301.
74
L. n.80 del 17/3/1898,Legge sugli infortuni degli operai sul lavoro, G.U.R. 31/3/1898 n.75 .
75
R.D. n.51 del 31/1/1904, Testo unico di legge per gli infortuni degli operai sul lavoro, G.U.R. 27/2/1904 n.43.
76
G.B.Cereseto, La Legislazione Sanitaria in Italia- Commento alla legge 22/12/1888 n.5849 e alle leggi complementari ed affini,(T.U.17/7/1907
n.636), vol.III, UTET, Torino 1910.
66
12
Luogotenenziale77, che detta le norme per la compilazione del regolamento generale e di quelli speciali circa l’igiene del
lavoro, stabilendo inoltre le penalità per le contravvenzioni ai regolamenti medesimi; tale decreto viene convertito in
legge nel 192578. Nel 1927 viene approvato il Regolamento generale per l’igiene del lavoro79; esso contiene norme
sulla segnalazione e custodia delle sostanze nocive, sulla cassetta di Pronto Soccorso, sul medico di fabbrica per le
visite di ammissione al lavoro e periodiche (da stabilirsi con apposito elenco), sul microclima, sul ricambio d’aria, sulla
difesa dell’aria dagli inquinamenti con prodotti nocivi (con aspirazione dei medesimi, incluse le polveri, e con
provvedimenti atti a ridurne o a impedirne, per quanto è possibile, la diffusione nell’ambiente dove lavorano gli operai)
ex art.17, sul rumore e sugli scuotimenti, sui mezzi di protezione individuale e di difesa ex art.38. Questo Regolamento
Generale impone inoltre al datore di lavoro di informare i dipendenti sui rischi ai quali vengono sottoposti, indicando
anche le norme di buona tecnica. Proprio l’inosservanza del Regolamento di Igiene, ha consentito ai lavoratori di
richiedere, in ambito civile, il risarcimento dei danni sofferti ; per tale motivo, il riconoscimento delle malattie
professionali, negato alla Camera il 16/4/1902 nell’ambito della discussione della legge relativa al Testo Unico sugli
infortuni lavorativi, diventava utile anche agli imprenditori, e pertanto, con Regio Decreto80 vengono riconosciute 6
patologie professionali (intossicazioni da piombo, mercurio, fosforo bianco e solfuro di carbonio; anchilostomiasi)
Con un successivo provvedimento81, vengono dettate le disposizioni per l’assicurazione obbligatoria degli infortuni sul
lavoro e delle malattie professionali, con indicazione del periodo massimo di indennizzabilità dalla cessazione del
lavoro.
Nel 1924 Giovanni Antonio Vigliani, in allora direttore generale dell’Istituto Nazionale per la cura degli operai
infortunati sul lavoro e per l’applicazione delle leggi sociali (“La Vigile”), in una pubblicazione medica82 auspica
l’istituzione di un ente nazionale per la protezione degli infortuni. L’autore ricorda poi che troppo spesso sia gli
industriali che i sindacalisti non si documentano a sufficienza sui rischi delle patologie da lavoro segnalate in
letteratura.
Al fine di consentire ai medici di fabbrica di svolgere correttamente il loro lavoro, nel 1936 viene pubblicato un
manuale che contiene tutta la normativa relativa all’igiene del lavoro ed all’assicurazione delle tecnopatie e degli
infortuni83.
Il mancato riconoscimento assicurativo delle tecnopatie da polveri, ha determinato un numero considerevole di richieste
di indennizzo in ambito civile da parte dei lavoratori, negli anni 1938-4084. Le numerose cause presentate, hanno
determinato una sensibile accelerazione del riconoscimento assicurativo delle pneumoconiosi (silicosi ed asbestosi),
avvenuto nel 1943. Questo contesto viene descritto da Mottura sulla rivista Cultura e realtà85, nell’articolo L’ammalato
per contratto di lavoro (considerazioni indotte dallo studio della malattie polmonari da polveri industriali).
Il disegno di legge n.2262, relativo all’estensione a silicosi ed asbestosi dell’assicurazione obbligatoria per le malattie
professionali, viene presentato il 25/1/1943, ed è approvato dalla Commissione Legislativa dell’Industria il 5/2/1943,
dopo ampio dibattito scientifico e medico-legale, così come testimoniato dagli atti preparatori della legge; suddetto
disegno di legge viene poi trasmesso il giorno successivo al Senato, dove, il 5/3/43 viene approvato e poi pubblicato
come L.n.455 il 12/4/194386.
Dal 1943 si attiva pertanto una copertura assicurativa INAIL per l’asbestosi, anche se associata a tubercolosi,
indennizzabile sino a 10 anni dalla cessazione del lavoro, e non risulta quindi ammissibile l’ignoranza della patologia
assicurata.
L’Istituto Assicuratore87, con una lettera del 2/6/43, segnala alle sedi periferiche di provvedere
all’applicazione dell’assicurazione obbligatoria contro silicosi ed asbestosi, di prossima pubblicazione sulla Gazzetta
Ufficiale. La Direzione Generale dell’INAIL, con lettera prot.n.75 del 28/6/1943, ribadisce l’avvenuta pubblicazione,
sulla G.U. n.137 del 14/6/43, della legge relativa all’assicurazione obbligatoria per silicosi ed asbestosi.
Il
risarcimento delle pneumoconiosi avviene per le patologie invalidanti in misura superiore al 33%, contrariamente alle
altre malattie professionali che venivano indennizzate in allora, e già da qualche anno, nei casi superiori al 20%. Erano
già previste le prestazioni sanitarie, le rendite e gli assegni in caso di morte, oltre alla rendita di passaggio, a titolo
assistenziale, nel caso di abbandono del lavoro perché affetti da tecnopatia in percentuale variabile dallo 0% all’80%.
Secondo le indicazioni contenute nelle norme transitorie, la legge estende retroattivamente il beneficio assicurativo per i
77
D.L. Luogotenenziale n.818 del 15/5/1819, Norme per la compilazione del regolamento generale e di quelli speciali circa l’igiene del lavoro, G.U.
2/6/1919 n.130 .
78
L. n.473 del 17/4/1925, Conversione in legge di decreti luogotenenziali, G.U. 5/5/1925 n.104.
79
R.D. n.530 del 14/4/1927, Approvazione del regolamento generale per l’igiene del lavoro, G.U. 25/4/1927 n.95.
80
R.D. n.928 del 13/5/1929, Assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali, G.U. 14/6/1929 n.138.
81
R.D. n.1765 del 17/8/1935, Disposizioni per l’assicurazione obbligatoria degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, G.U. 14/10/1935
n.240.
82
G.A.Vigliani, La Scienza Medica al servizio del Lavoro, Del Signore Ed., Torino 1924.
83
A.Altarelli, Codice del medico del lavoro, Hoepli Ed. Milano 1936.
84
Responsabilità civile e previdenza, anno 41, vol.12 - Id., anno 42, vol.13 - G.Balella, Massimario di giurisprudenza corporativa, 1941 Roma
85
G. Mottura , Cultura e realtà, rivista bimestrale n. 1 -1950.
86
Disegno di Legge n.2262/C del 25/1/1943, Estensione dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali alla silicosi ed asbestosi Discussione in Commissione Legislativa dell’Industria della Camera 5/2/43 - Disegno di Legge n.2215/S del 6/2/43 ex 2262/C - Approvazione del
provvedimento da parte della Commissione dell’economia corporativa e dell’autarchia, 57° riunione, 5/3/43 - L. n.455 del 12/4/1943, G.U. 14/6/43
n.137 .
87
INAIL: Circolare n.63 del 2/6/1943 - Circolare n.75 del 28/6/43 - Lettera Pos.n.306/Ar del 28/12/43 - Circolare n.74 del 24/7/45 - Circolare n.73
del 3/8/46 - Circolare n.74 del 5/8/46 - Circolare n.41 del 5/4/1950 - Circolare n.179 del 24/11/54 - Circolare n.184 del 27/9/54 - Circolare n.8
del 16/1/56 - Lettera circolare riservata n.1 del 31/10/57 .
13
casi manifestatisi in un periodo compreso sino a 10 anni prima, con esclusione dei lavoratori e loro superstiti che,
avendo intentato un procedimento civile, fossero risultati soccombenti, e dei casi conclusisi con condanna del datore di
lavoro o transazione, salvo che per la differenza in difetto tra quanto già corrisposto e quanto dovuto.
Sempre la Direzione Generale dell’INAIL, trasferitasi a Lecco per le note vicende belliche, il 28/12/43 comunica le
modalità di applicazione dei tassi assicurativi. Seguono altre circolari, nuovamente da Roma, tra le quali desidero
ricordare quella n.74 del 27/7/45, che indica le modalità di inoltro delle denunce di pneumoconiosi; quella n.73 del
3/8/46, che ricorda la necessità di centralizzare tutti i casi di silicosi ed asbestosi presso la Direzione Generale, inviando
della documentazione medica e radiologica in originale e utilizzando un unico protocollo in cui il numero è seguito
dall’indicazione “Sil” o “Asb”, a seconda del tipo di patologia; quella n.74 del 5/8/46, che segnala la sospensione dei
termini prescrizionali dall’8/9/43 al 15/10/46, nei territori soggetti all’Amministrazione Italiana ed in quelli ancora
soggetti al Governo Militare Alleato. Con circolare n.41 del 5/4/50 il Servizio Sanitario della Direzione Generale
segnala agli ispettori compartimentali sanitari le modalità di istruzione delle rendite per pneumoconiosi, sottolineando
l’importanza dell’anamnesi lavorativa, del quadro radiologico, dell’esame obiettivo e delle prove di esercizio fisico;
sempre nella stessa circolare vengono fornite agli ispettori le seguenti norme di buona tecnica per le inchieste:
analisi delle condizioni generali e professionali (abitudine al fumo, pregresse attività lavorative con esposizione a
polveri)
cubatura, aerazione, ventilazione, presenza di aspiratori, mezzi di protezione e controlli ambientali delle polveri sul
luogo di lavoro
malattie pregresse ed affezioni attuali, controllando i dati della visita preventiva di assunzione e delle visite periodiche
casi mortali, con particolare controllo della causa di morte e richiesta di necroscopia nei casi sospetti.
L’allegato 2 della citata circolare riporta altresì modalità e termini delle rilevazioni radiologiche, mentre l’allegato 3
contiene il prospetto per l’esame obiettivo e la prova statica e dinamica sulla grandezza della forza di riserva del cuore.
Con la Legge n.1967 del 15/11/195288, viene ampliata la tabella delle malattie professionali in vigore dal 1935; le
malattie indennizzabili divengono 40, oltre alle pneumoconiosi già citate in precedenza.
Con circolare n.179 del 24/11/54, si introducono l’elettrocardiogramma, la misurazione della pressione arteriosa e la
ricerca del bacillo di Koch nell’espettorato tra gli accertamenti clinici previsti per le pneumoconiosi.
Con circolare n.184 del 27/11/54 il Servizio Centrale Infortuni segnala il decentramento della gestione delle rendite per
silicosi ed asbestosi agli organi periferici. Con circolare n.8 del 16/1/56 viene ribadita la necessità di segnalazione
all’INPS dei casi di silicosi od asbestosi associate a tubercolosi. Con lettera circolare riservata, la Direzione Generale
INAIL il 31/10/57 comunica ai vari ispettori compartimentali la possibilità di concessione delle cure climatiche, se utili
per restaurare la capacità lavorativa.
L’erogazione di rendita lavorativa avviene, in origine, solo per le pneumoconiosi che determinano una invalidità
permanente superiore al 33%, mentre dal 1956, con apposito provvedimento legislativo, si stabilisce di erogare le
rendite in tutti i casi con inabilità permanente al lavoro superiore al 20%, ed il periodo massimo di indennizzabilità
viene elevato a 15 anni dalla cessazione del lavoro (DPR n.648 del 20/3/1956, pubblicato sulla G.U. n.173 del
13/7/5689).
Con DPR n.547 del 27/4/195590, vengono fornite le nuove norme per la prevenzione degli infortuni, e i relativi obblighi
dei datori di lavoro, dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori, in sintonia con la normativa precedente.
Con DPR n.303 del 19/3/195691, vengono emanate le nuove norme generali per l’igiene del lavoro, anch’esse in piena
sintonia con la normativa vigente in precedenza, e con un considerevole ampliamento dei casi in cui sono previste le
visite preventive e periodiche dei lavoratori esposti a rischio di tecnopatia.
Con DPR n.1169 del 21/7/1956 viene approvato il regolamento sull’assicurazione obbligatoria contro la silicosi ed
asbestosi; all’art.1 si specifica quanto segue :”Ai fini dell’applicazione delle norme di legge e della tabella delle
lavorazioni per le quali è obbligatoria l’assicurazione contro la silicosi e l’asbestosi, le rocce, gli abrasivi e i materiali
indicati nella tabella medesima si considerano contenenti silice libera o amianto quando questi siano presenti in
percentuale tale da poter dare luogo, avuto riguardo alle condizioni delle lavorazioni, ad inalazione di polvere di silice
libera o di amianto tale da determinare il rischio”92.
In ambito CEE, mediante la Raccomandazione del 23/7/196293, viene proposta una lista europea delle malattie
professionali, suddivise in tecnopatie da agenti chimici (n.25 patologie), cutanee (n.2 patologie), da inalazione (n.7
patologie, comprese silicosi, associata o meno a tubercolosi polmonare, e asbestosi, associata o meno a tubercolosi o a
un cancro del polmone), da agenti infettivi e parassitari (n.4 patologie), da carenza vitaminica (n.1 patologia), da agenti
fisici (n.3 patologie).
88
Legge n.1967 del 15/11/52, Modifica della tabella delle malattie professionali, allegata al R.D.17/8/1935 n.1765, G.U. n.288 del 12/12/1952.
DPR n.648 del 20/3/1956, Norme modificatrici della L.n.455 del 12/4/143, sull’assicurazione obbligatoria contro la silicosi e l’asbestosi, G.U.
n.173 del 13/7/1956.
90
DPR n.547 del 27/4/1955, Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, s.o. G.U. n.158 del 12/7/1955.
91
DPR n.303 del 19/3/1956, Norme generali per l’igiene del lavoro, s.o. G.U. n.105 del 30/4/56.
92
DPR n.1169 del 21/7/1960, Approvazione delle norme regolamentari per l’attuazione della L.12/4/1943,n.455, modificata con D.L.20/3/1956
n.648, sull’assicurazione obbligatoria contro la silicosi ed asbestosi. G.U.n.263 del 26/10/1960.
93
G.Miraldi, Gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, CEDAM Ed., Padova 1979.
89
14
Successivamente la Corte Costituzionale segnala l’illegittimità dell’art.74, II comma del DPR 30/6/65 n.1124, nella
parte in cui non pone, agli effetti della rendita, chi è colpito da malattia professionale nella stessa condizione di chi è
invece colpito da infortunio sul lavoro.
La Legge n.780 del 27/12/197594 estende la valutazione globale del danno, in pazienti affetti da pneumoconiosi, anche a
tutte le forme morbose dell’apparato respiratorio e cardiocircolatorio ad esse associate. Gli atti preparatori della legge,
evidenziano la volontà unanime delle forze politiche, in allora presenti e votanti, di superare il concetto di “diagnosi”
ancorata in senso stretto all’evidenza della radiografia toracica tradizionale, in quanto responsabile di sottostima; più
esattamente, dai lavori della XIII Commissione della Camera dei Deputati (VI Legislatura) e della 530° seduta pubblica
del Senato della Repubblica, si evince chiaramente che tutti i gruppi parlamentari, le associazioni di categoria, gli
imprenditori, l’istituto assicuratore ed i tecnici, ritengono utile superare il precedente restrittivo concetto di rischio e di
entità dell’esposizione, per giungere in un contesto dove il lavoro non è più causa ma occasione di malattia, senza
necessità di valori-soglia di esposizione e con estensione delle prestazioni assicurative a tutti i casi di silicosi ed
asbestosi “associate” ad altre malattie dell’apparato respiratorio e cardio-circolatorio, e non più soltanto alla TBC
polmonare in fase attiva. La L.780/75 all’art.4 riprende il concetto di “associazione” come complemento di unione,
ben espresso con questo termine, che significa non solo coesistenza, ma bensì interazione anatomo-funzionale o
eziopatogenetica.
Il 2/4/1981 la Corte Costituzionale, con sentenza n.6495, stabilisce che, anche in caso di silicosi ed asbestosi, il grado
minimo di inabilità permanente indennizzabile deve essere quello dell’11%, come nel caso degli infortuni sul lavoro o
di altre tecnopatie industriali e agricole. Suddetto provvedimento determina indubbiamente una estensione del numero
dei beneficiari, favorendo tuttavia l’erogazione di rendite anche ai casi di falsi positivi, vista la difficoltà di
diagnosticare le tecnopatie agli stadi iniziali.
Sempre in ambito CEE, con Direttiva del 19/9/83 n.477, vengono focalizzate le attività che espongono i lavoratori
all’amianto e vengono stabiliti dei valori ambientali di riferimento, che teoricamente possono anche non tutelare i
lavoratori ipersensibili, e viene istituita la figura del medico competente. Tale provvedimento, unitamente alle
Direttive n.80/1107, n.82/605, n.86/188 e n.88/462, relative alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti
dall’esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, viene recepito in Italia tramite D.Leg. n.277 del
15/8/199196.
Il Ministero della Sanità, con Ordinanza del 26/6/198697, emana delle restrizioni all’immissione sul mercato ed all’uso
della crocidolite e dei prodotti che la contengono, non applicabili al settore dei trasporti, ex art.1. Con Circolare n.45
del 10/7/8698, il Ministero della Sanità si occupa dei rischi connessi con l’impiego di amianto negli edifici, segnalando
che “l’OMS ha recentemente riconosciuto l’impossibilità di individuare per l’amianto una concentrazione nell’aria che
rappresenti un rischio nullo per la popolazione, date le proprietà cancerogene di questo inquinante”; sul documento
vengono poi stabilite delle norme volte a localizzare le strutture edilizie contenenti amianto, a determinare il livello di
contaminazione e a fornire direttive tecniche per la bonifica.
Con Decreto Ministeriale 16/10/1986, vengono integrate le norme del DPR n.128 del 9/4/59, in materia di controllo
dell’aria nelle attività estrattive dell’amianto.
Il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, con Decreto del 21/1/198799 , abolisce l’obbligo della radiografia del
torace previsto in precedenza per i lavoratori esposti a rischio di asbestosi, nel corso della visita preventiva e delle
successive visite periodiche annuali. L’accertamento radiologico deve essere sostituito dalla ricerca di almeno tre dei
seguenti indicatori: 1) corpuscoli dell’asbesto nell’espettorato, 2) siderociti nell’espettorato, 3) rantolini crepitanti
basali molto fini e persistenti nel tempo, 4) insufficienza respiratoria restrittiva, 5) compromissione della diffusione
alveolo-capillare dei gas.
Con D.M. del 20/6/1988, pubblicato sulla G.U. n.151 del 29/6/88, vengono aumentati i premi assicurativi per le
pneumoconiosi.
Il Decreto Legge n.169 del 5/6/1993, convertito nella Legge n.271 il 4/7/1993, contiene disposizioni urgenti per i
lavoratori del settore dell’amianto.
Anche la Costituzione della Repubblica Italiana100, negli art.1 (“l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul
lavoro.....”) - 32 (“la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività,
e garantisce cure gratuite agli indigenti....”) - 35 (“ la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e le sue
94
Proposta di Legge n.793/C del 20/9/72, Estensione dei benefici previsti dalla L.27/7/62 n.1115 ai superstiti dei lavoratori colpiti da silicosi,
associata o no ad altre forme morbose, contratta nelle miniere di carbone in Belgio, - Proposta di Legge n.245/C del 12/6/72, Modifica alle norme
sulla prevenzione e l’assicurazione obbligatoria contro la silicosi e l’asbestosi- Disegno di Legge n.886/S del 21/2/73, Miglioramento al trattamento
economico degli infortunati del lavoro già liquidati in capitale o rendita vitalizia - Commissione 13/C, seduta 19/11/75 - 530° seduta pubblica/S del
17/12/75 - Legge n.780 del 27/12/75, Norme concernenti la silicosi e l’asbestosi, nonché la rivalutazione degli assegni continuativi mensili agli
invalidi liquidati in capitale, G.U. 22/1/76 n.19.
95
Corte Costituzionale, sentenza (2/4/81) 15/4/1981 n.64.
96
D.Leg.n.277 del 15/8/1991, s.o. G.U.n.200 del 27/8/91.
97
Ordinanza Ministero Sanità del 26/6/86, Restrizioni all’immissione sul mercato ed all’uso della crocidolite e dei prodotti che la contengono,
G.U.n.157 del 9/7/1986 .
98
Circolare Ministero Sanità n.45 del 10/7/1986, Piano di interventi e misure tecniche per la individuazione ed eliminazione del rischio connesso
all’impiego di materiali contenenti amianto in edifici scolastici e ospedalieri pubblici e privati, G.U. n.169 del 23/7/86.
99
Decreto Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del 21/1/1987, Norme tecniche per l’esecuzione di visite mediche periodiche ai lavoratori
esposti al rischio di asbestosi, G.U. n.35 del 12/2/1987.
100
V.Falzone, F.Palermo, F.Cosentino, La Costituzione della Repubblica italiana, illustrata con i lavori preparatori, Mondadori ed., Milano 1976.
15
dimensioni...”) e 41(“l’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale, o in
modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana....”), ribadisce l’obbligo del rispetto delle norme
igieniche, volte a tutelare tutti i cittadini, compresi gli ipersensibili.
Ritengo infine utile segnalare ancora i seguenti provvedimenti legislativi:
• Direttiva CEE 88/364101, nella quale viene tutelata la salute dei lavoratori contro i rischi di esposizione relativi a 4
agenti chimici cancerogeni: 2-naftilamina, 4-aminodifenile, benzidina e 4-nitrodifenile; le visite mediche relative a
queste esposizioni debbono essere svolte anch’esse da medici competenti. L’attuazione di questa Direttiva avviene
in Italia mediante D.Leg.n.77 del 25/1/1992.
• Direttiva della Commissione CEE del 3/12/1991102, nella quale, dopo aver ricordato tutti i provvedimenti precedenti
relativi all’amianto, si vieta l’immissione sul mercato e l’uso di 5 anfiboli (crocidolite, amosite, antofillite, actinolite
e tremolite), e si regolamenta l’uso del crisotilo, vietandone l’immissione sul mercato in 14 diverse situazioni (es.
giocattoli, filtri, tessuti ecc.)
• Legge n.257 del 27/3/1992103, nella quale sono contenute le norme relative alla cessazione dell’impiego
dell’amianto. Con questo provvedimento si impedisce l’estrazione, l’importazione, e la lavorazione dell’amianto in
tutti i settori produttivi.
• Convenzioni e Raccomandazioni ILO104: - Raccomandazione n.20 del 22/10/1923, relativa ai servizi di ispezione
competenti ad assicurare l’applicazione dei regolamenti e delle leggi sulla tutela dei lavoratori. - Convenzione n.18
del 19/5/1925, ratificata con R.d.l. n.1792 del 4/12/1933 (G.U.10/1/1934), relativa al risarcimento delle malattie
professionali (intossicazione da piombo e mercurio, infezione carbonchiosa). - Raccomandazione n.24 del
19/5/1925, sempre relativa al risarcimento delle malattie professionali, che auspica un ampliamento delle tecnopatie
indennizzate a livello delle singole nazioni. - Convenzione n.19 del 19/5/1925, ratificata con L. n.2795 del
29/12/1927 (G.U. n.38 del 15/5/1928), relativa all’uguaglianza del trattamento dei lavoratori stranieri e nazionali in
materia di risarcimento degli infortuni sul lavoro. - Convenzione n.81 del 19/6/1947, ratificata con L.n.1305 del
2/8/1952 (s.o. G.U. n.242 del 17/10/52),sull’ispezione del lavoro nell’industria e nel commercio. Raccomandazione n.97 del 4/6/1953, relativa alla protezione della salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro, segnala
al punto e) di “ captare al loro punto di emissione od in vicinanza di questo punto mediante aspirazione meccanica,
un sistema di ventilazione o altri mezzi appropriati, le polveri, i fumi e i gas, le fibre, i vapori o le nebbie nocive,
quando non sia possibile evitare l’esposizione a questi agenti, applicando i metodi contemplati nei paragrafi da a)
a d) precedenti”; al punto f) di “munire i lavoratori di indumenti protettivi, dell’attrezzatura e degli altri mezzi di
protezione individuale necessari per sottrarli all’azione degli agenti nocivi, ....... e istruire ai lavoratori sul modo di
servirsene”. Sempre su questa Raccomandazione, si segnala l’opportunità che gli indumenti e le attrezzature di
protezione contaminati, siano puliti e mantenuti dal datore di lavoro in luogo separato dagli indumenti ordinari.
Vengono poi descritte le modalità degli esami medici di monitoraggio e delle denunce di malattia professionale. Raccomandazione n.112 del 3/6/1959, auspica la costituzione di servizi di medicina del lavoro nelle aziende,
definendone l’organizzazione, la funzione, la pianta organica ed i mezzi d’azione.
• Circolare n.16 del 15/2/1951 del Ministero dell’Interno, Direzione Generale dei Servizi Antincendi105, nella quale
sono fornite le norme di buona tecnica relative alla concessione dell’agibilità nei locali di pubblico spettacolo. Nella
cabina di proiezione deve essere tenuto un estintore a secco o a CO2, un idrante corredato di tubazione flessibile e
lancia, una coperta di amianto di m2 2, con il lato minimo di m 1,40.
• Circolare n.91 del 14/9/1961 del Ministero dell’Interno, Direzione Generale Servizi Antincendi,106 che consiglia
nella tabella 5 l’utilizzo di intonaco di amianto su rete Stauss o direttamente sull’acciaio, o di lastre di fibra
d’amianto, per proteggere contro il fuoco i fabbricati a struttura in acciaio destinati ad uso civile.
Prevenzione
Aspiratori e maschere. Questi mezzi di protezione, ambientale e individuale, non sono citati solo dai testi specialistici,
ma anche in numerosi testi divulgativi, a partire dal 1841. In quell’anno infatti un dizionario dell’industria
manufatturiera107 riporta i principali metodi di ventilazione, compresa l’aspirazione. Nel 1868 un’Enciclopedia di
Chimica108 descrive alcuni tipi di aspiratori, mentre nel 1870 un testo divulgativo francese109 fornisce un’ampia
descrizione della ventilazione, inclusa quella adottata nelle fabbriche, così come un Dizionario Universale110 del 1882.
Nel 1888 un dizionario generale di scienze111 riporta la voce “ventilatore e ventilazione”, con descrizioni molto precise
101
D.Leg. 25/1/92 n.77, Attuazione della Direttiva 88/364/CEE in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione ad agenti
chimici, fisici e biologici durante il lavoro, s.o. G.U.n.36 del 13/2/92.
102
Direttiva 91/659/CEE , G.U. CEE 31/12/91.
103
Legge n.257 del 27/3/1992, Norme relative alla cessazione dell’impiego dell’amianto, s.o. G.U. n.87 del 13/4/1992.
104
G.Kojanec, Convenzioni e Raccomandazioni della Organizzazione Internazionale del Lavoro, 1919-1968, CEDAM Ed., Padova 1969.
105
L.Corbo, Manuale di prevenzione incendi nell’edilizia e nell’industria,pa.171, Pirola Ed., Milano 1981.
106
Id, pag. 149.
107
A.Baudrimont & al., Dictionnaire de l’industrie manufacturière, X vol., Baillière Ed., Paris 1841.
108
F.Selmi, Enciclopedia di Chimica, vol.II, UTET, Torino 1868.
109
L.Figuier, Les merveiiles del la science, Furne & Jouvet Ed., Paris 1870.
110
M.Lessona, C.A.Valle, Dizionario universale di Scienze, Lettere ed Arti, Treves Ed., Milano 1882.
111
G.Boccardo, Nuova Enciclopedia Italiana, vol.XXIII, UTET, Torino 1888..
16
delle loro caratteristiche tecniche. Nel 1926 l’ing.Colombo pubblica un manuale112 contenente un prospetto
riepilogativo delle norme di buona tecnica che debbono essere rispettate nella progettazione di ventilatori e aspiratori.
L’Enciclopedia Treccani113, nel 1929 descrive in modo molto moderno i vari sistemi di ventilazione-aspirazione. Le
maschere, già descritte nei testi dell’800, vengono riprese dall’enciclopedia del BIT114 nel 1930 e dall’Enciclopedia
Treccani115 nel 1934.
Ufficio del Lavoro - Ispettorato del Lavoro Vittorio Emanuele III promulga nel 1902 la Legge che istituisce presso il
Ministero di agricoltura, industria e commercio un Ufficio del Lavoro116, e decreta l’approvazione del successivo
regolamento esecutivo117 nel 1903. L’Ufficio del Lavoro doveva raccogliere le notizie dei lavoratori del Regno e degli
emigrati; viene inoltre istituito un Consiglio Superiore del Lavoro, composto da 44 membri, tra i quali 1 ministro, 3
senatori, 3 deputati, 4 rappresentanti di camere di commercio, 4 rappresentanti di comizi agrari, 3 membri della
federazione italiana delle società di mutuo soccorso, e 3 della lega nazionale delle cooperative, 2 delle banche popolari,
oltre ai direttori generali dell’agricoltura, della statistica, della marina mercantile, dell’industria, della divisione credito
e previdenza, dell’ufficio del lavoro e dell’emigrazione, oltre a 14 membri nominati con regio decreto. Il regolamento
esecutivo era composto da 28 articoli che definiscono gli aspetti amministrativi di questo nuovo organismo. L’Ufficio
del Lavoro viene citato anche dai testi divulgativi dell’epoca, come l’Enciclopedia Elementare118 di Mario Lessona.
Nel 1912 viene invece istituito l’Ispettorato dell’Industria e del Lavoro119, alla dipendenza del Ministero
dell’agricoltura, industria e commercio. Esso prevede l’istituzione di un Corpo di ispettori dell’industria e del lavoro,
che possano recarsi in ogni momento nelle aziende e possano elevare verbali di contravvenzione. Un posto di ispettore
capo Circolo e un posto di ispettore a disposizione del Ministero sono riservati a laureati in medicina che abbiano
speciale competenza dell’igiene industriale.
Nel 1931 l’Ispettorato del Lavoro si trasforma in Ispettorato corporativo120, mediante un Regio decreto-legge,
modificato e convertito in legge nel 1932.
Nel 1961 vengono apportate delle modifiche121 all’Ispettorato del Lavoro, ridisegnando i compiti dell’Ispettorato
medico centrale.
Questo organismo ispettivo, pur avendo cambiato svariate volte nome ed assetto, si è sempre caratterizzato per un
organico insufficiente a svolgere un effettivo e capillare controllo di tutte le lavorazioni a rischio.
Premio assicurativo INAIL - Solo con l’Editto di Rotari, del 643, gli impresari edili vengono obbligati a risarcire gli
infortuni. Pare che le prime assicurazioni122 siano state stipulate nel XIV sec. per i lavoratori delle miniere di sale di
Wieliecza, in Polonia, dopo il regno di Casimiro il Grande ( 1333-1370).
Nel 1980 è stata pubblicata dalla Clinica Devoto un’interessante analisi del fenomeno infortunistico in fabbrica123, dalla
quale si evidenzia la possibilità, da parte dell’azienda, di ottenere uno sconto o un aumento del 30% del tasso medio
nazionale, a seconda di un decremento o di un incremento delle prestazioni, rispetto alla media nazionale del settore.
Nell’articolo si ricorda che la FIAT, nel 1973, su una base salariale di 700 miliardi, ha versato all’INAIL circa 21
miliardi di premi assicurativi; pertanto, considerando la possibilità di uno sconto o di un aggravio del 30%, potevano
essere spesi in più o risparmiati ogni anno oltre 6 miliardi di lire .
Normative e tutela della salute dei lavoratori - Anche in campo giuridico, oltre che in quello strettamente scientifico,
le conoscenze in materia di igiene industriale e di prevenzione delle tecnopatie, vengono regolarmente riportate su testi
largamente divulgativi del settore:
• Nel 1891, Il Digesto Italiano riporta un’accurata descrizione dell’igiene del lavoro e delle varie attività lavorative,
degli adulti e dei minori124.
• Nel 1901, con R.D.n.45 del 3 febbraio, viene approvato il regolamento per l’esecuzione della legge sulla tutela
dell’igiene e della sanità pubblica; da questo scaturirà l’elenco delle industrie insalubri, che nel 1912 sostituirà
quello del 1895, con D.M. 12/7/1912. In questo nuovo elenco, nella II classe (speciali cautele per l’incolumità del
vicinato) alla lettera M sono inserite le aziende di macinazione dei minerali. Suddetto elenco verrà
successivamente modificato con i D.M. 15/10/24 e 26/2/27, con il R.D. 27/7/34, con i D.M. 3/11/67 e 12/2/71;
quest’ultimo contiene un nuovo elenco delle industrie insalubri, che nella I classe (aziende isolate e lontane dalle
112
G.Colombo, Manuale dell’ingegnere civile e industriale, Hoepli Ed., Milano 1926.
G.Richter, voce Aspiratori, vol.IV, Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti, Treccani Ed., Roma 1929.
114
BIT, Hygiène du travail, vol.I, A-F, Genéve 1930.
115
G.Bargellini, voce Maschere professionali, vol.XXII, Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti, Treccani Ed., Roma 1934.
116
L.n.246 del 29/6/1902, G.U.R. 7/7/1902 n.157.
117
R.D.n.48 del 29/1/1903, G.U.R. 27/2/1903 n.48.
118
M.Lessona, Dizionario di cognizioni utili, UTET, Torino 1911.
119
L.n.1361 del 22/12/1912, G.U. 20/5/1913 n.117 - R.D. n.431 del 27/4/1913, G.U. 3/1/1914 n.2 , da M.Moffa, L’Ispettorato del Lavoro, Istituto
Poligrafico dello Stato, Roma 1968.
120
R.D.L.n. 1684 del 28/12/1931, G.U.R. 23/1/1932 n.18 - L. n.886 del 16/6/1932, G.U. 5/8/1932 n.180.
121
L.n.628 del 22/7/1961, Modifica all’ordinamento del Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, G.U.27/7/1961 n.184.
122
M.Bariéty, C.Coury, Histoire de la Médecine, Fayard Ed., 1963.
123
N.Di Credico, F.Merluzzi, A.Grieco, Proposta di un metodo di raccolta di elaborazione e controllo dei dati relativi al fenomeno infortunistico in
fabbrica, Assessorato Sanità Regione Lombardia, 1980.
124
P.Fiore, Il Digesto Italiano, vol.XXI p.I c.III, “igiene del lavoro”, UTE, Torino 1891.
113
17
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abitazioni) comprende al numero 38 le aziende che producono e utilizzano l’amianto. Il D.M. 5/9/94 conferma la
precedente classificazione125.
Nel 1902 Il Digesto Italiano tratta la questione delle industrie insalubri e pericolose126.
Nel 1905 su un testo127 che analizza le vicende politiche e culturali dell’epoca, viene riportato un bellissimo
riepilogo delle normative nazionali e internazionali in materia di protezione dei lavoratori.
Nel 1925 il BIT pubblica un interessante riepilogo sulle assicurazioni sociali presenti nei vari stati128.
Nel 1938 il Nuovo Digesto Italiano descrive nuovamente il lavoro (igiene e assistenza sociale del) e le industrie
insalubri e pericolose129.
Nel 1941 il Repertorio Generale Annuale130 segnala che “in ordine alle malattie professionali non garantite da
assicurazione obbligatoria il datore di lavoro non può esimersi da responsabilità se l’evento dannoso si sia
prodotto per sua colpa”312bis- “Il datore di lavoro, che assume la organizzazione ed il rischio dell’impresa, ha il
dovere di tutelare e garantire i prestatori d’opera dai pericoli inerenti al lavoro.”313 - “Le forme assicurative
predisposte per garantire gli operai contro talune malattie professionali tassativamente elencate non dispensano i
datori di lavoro dall’obbligo contrattuale di usare la dovuta diligenza nella propria azienda, per evitare danni ai
lavoratori (anche se compresi nella previdenza assicurativa), adottando tutti i mezzi protettivi prescritti o
suggeriti dalla tecnica e dalla scienza”314.
Nel 1973 l’Enciclopedia del Diritto131riporta alla voce “igiene del lavoro”, ulteriori aggiornamenti sul tema,
trattando in particolare i mezzi di protezione e le principali norme di prevenzione e buona tecnica.
Nel 1974 C.Smuraglia132 focalizza, su una rivista specialistica, il problema della tutela giuridica della sicurezza del
lavoro, descrivendo l’evoluzione legislativa che, nel corso degli anni, ha fatto seguito a quella scientifica e che nel
1970, con lo Statuto dei diritti dei lavoratori, ha consentito un controllo dei rischi da parte degli stessi esposti (ex
art.9 L.20/5/1970 n.300). L’autore sottolinea la stretta correlazione tra Costituzione, art.2087 C.C., Regolamenti
preventivi, Codice Penale e altre leggi, tutte collegate nel generale dovere di sicurezza.
Nel 1979 sul Novissimo Digesto133 la voce “igiene e sicurezza del lavoro” viene ulteriormente trattata ed
aggiornata.
Nel 1981 su un testo di diritto del lavoro134, G.Marino tratta le questioni inerenti all’ambiente di lavoro,
sviluppando in particolare il rapporto uomo-macchina-ambiente nella sua complessa globalità (cfr. artt. 32-35-41
Cost., art.2087 c.c., art.9 st.lav.).
Nel 1985 L.Grilli sviluppa su una rivista giuridica il concetto di sicurezza del lavoro e sua tutela penale135.
Nel 1987 D.Carullo fornisce su un testo specialistico un’ampia trattazione dell’art.2087 c.c.136, relativo alla tutela
delle condizioni di lavoro.
Nel 1988, con circolare n.23 del 12 maggio, l’INAIL invia ai vice direttori generali, ai dirigenti delle unità centrali
e periferiche ed ai coordinatori generali delle consulenze professionali centrali, il testo delle sentenze della Corte
Costituzionale n.179 del 10 /2/88 (estensione dell’indennizzo alle patologie non tabellate, purchè provate) e n.206
dell’11/2/88 (esclusione dei termini), relative alle modiche del sistema di assicurazione obbligatoria contro le
malattie professionali137.
Nel 1989 l’Enciclopedia Giuridica Treccani138 presenta in modo completo e aggiornato la voce “igiene e sicurezza
del lavoro”.
Nel 1992 G.Marando analizza su un testo di diritto139 l’art.2087 del c.c., introdotto nel 1942 al fine di garantire
“una nuova e più efficiente tutela della personalità del lavoratore, nella sua interezza, obbligando l’imprenditore
all’adozione di tutte le misure di salvaguardia suggerite dalla particolarità del lavoro, esperienza e tecnica”.
Nello stesso anno sul Digesto delle Discipline Penalistiche140 viene inserita la voce “igiene e sicurezza del lavoro
(tutela penale)”, arricchita delle più moderne acquisizioni in materia.
Il 17 marzo1995 viene emanato il D.Leg.n.230, relativo all’attuazione delle direttive Euratom141, che, nella II
sezione (protezione dei pazienti), contiene i criteri e le modalità di impiego delle radiazioni ionizzanti in campo
125
Riepilogo elenchi industrie insalubri.
L.Lucchini, Il Digesto Italiano, vol.XIII, p.I, UTE, Torino 1902.
127
H.Kraemer, Il secolo XIX, SEL Ed., Milano 1905.
128
BIT, L’assurance-maladie, n.4, Genève 1925.
129
M.D’Amelio, Nuovo Digesto Italiano- lavoro (igiene e assistenza sociale del), vol.VII - industrie insalubri e pericolose, vol.VI, UTET, Torino
1938.
130
Repertorio Generale Annuale di Giurisprudenza, Bibliografia e Legislazione, vol.LXVI, Foro Italiano Ed., Roma 1941.
131
Enciclopedia del Diritto, XXIII, Giuffrè Ed., 1973.
132
C.Smuraglia, La sicurezza del lavoro e la sua tutela penale, in “Rivisita di diritto del lavoro”,VIII- Giuffrè Ed., Milano 1974.
133
A.Azara, E.Eula, Novissimo Digesto Italiano, IX, UTET, Torino 1979.
134
N.Irti, Dizionari del diritto privato, 2. Diritto del Lavoro, Dell’Olio, Varese 1981.
135
L.Grilli, Diritto penale del lavoro, in Teoria e pratica del diritto, Giuffrè Ed., Milano 1985.
136
V.Carullo, Commentario del Codice Civile, V-I, UTET, Torino 1987.
137
INAIL, circolare n.23, 12/5/1988 - Sentenza n.179 del 10/2/1988, Corte Costituzionale - Sentenza n.206 dell’11/2/1988, Corte Costituzionale.
138
C.Smuraglia, voce “igiene e sicurezza del lavoro”- Enciclopedia Giuridica, vol.XV, Treccani Ed., Roma 1989.
139
G.Marando, La sicurezza del lavoro nel sistema della giurisprudenza, in Teoria e pratica del Diritto n.59, Giuffrè Ed., Milano 1992.
140
D.Politanò, voce “igiene e sicurezza del lavoro (tutela penale)”- Digesto VI, UTET, Torino 1992.
141
D.Leg. n.23° del 17/3/1995, Attuazione delle direttive Euratom in materia di radiazioni ionizzanti, S.o. n.74 G.U.n.136 del 13/6/1995.
126
18
medico (ex art.111). Il decreto impone lo svolgimento di esame radiologici solo se strettamente necessari, ed
istituisce il libretto radiologico personale, ex art.114. Anche in campo medico-legale è quindi necessario limitare
l’impiego degli esami radiologici.
• Nel 1996 un testo giuridico ribadisce il ruolo fondamentale dell’art.2087 c.c. ai fini della tutela della salute nei
luoghi di lavoro142.
• Vengono infine inserite due ricerche sulle norme preventive in tema di esposizione ad amianto, di cui una svolta
su una banca dati CEE e l’altra su Internet143.
Procedimenti giudiziari – Dai verbali di interrogatori, perizie e sentenze di procedimenti giudiziari civili e penali,
relativi ai danni da esposizione ad amianto144, si rileva in modo costante la diffusa carenza di provvedimenti igienici
preventivi e l’insufficiente intervento da parte degli organismi di controllo. Tale situazione si è protratta sino all’inizio
degli anni ’70.
PRIMA ONDA – Lotta alle polveri e alla fibrosi
Già 2000 anni fa si conosceva e si utilizzava l’ amianto o asbesto, il cui nome deriva dal greco145
α)µι/αντοϕ (α) privativo e µιαι/νω = incontaminabile, puro, incorruttibile) e α⊗σβεστοϕ (α) privativo e σβε/ννυµι =
inestinguibile, incessante, perpetuo)146; entrambi questi termini, comunemente usati come aggettivi nella lingua greca
(es. αℑλϕ αµι/αντοϕ = mare incontaminato; πυ=ρ α℘σβεστοϕ = fuoco inestinguibile), sono stati attribuiti al minerale in
oggetto proprio per indicare le sue particolari caratteristiche, e sono stati quindi assunti come sostantivi per designare il
minerale stesso (α)µι/αντοσ λι/θοϕ = pietra incorruttibile = amianto)
In Erodoto (484-430 a.C.), storico greco, il termine “amianto” si ritrova come nome del figlio di Licurgo da
Trapezunte d’Arcadia147 (Α♥µι/αντοϕ = Amianto); le origini di questo nome proprio sono tuttora incerte, ma è
probabile che esso abbia una qualche connessione con l’amianto in quanto minerale148; non risultano peraltro, nelle
opere di Erodoto, riferimenti di altro genere all’amianto.149
In latino150, il minerale veniva indicato come amiantus, i ,m., come asbestinum,i,n. o asbestos,i,f.
Nella lingua italiana151, il termine asbesto compare per la prima volta nel 1327, in un testo di Cecco d’Ascoli152, mentre
il termine amianto viene introdotto nel 1546-47 da M.A. Montignano153, nella traduzione in volgare delle opere di
Pedanio Dioscoride.
Data la sua struttura fibrosa, con possibilità di suddivisione longitudinale delle fibre in filamenti più sottili, l’amianto
veniva filato già nell’antichità ed usato per la produzione di numerosi oggetti che necessitavano di resistenza al fuoco.
Ad esempio, si producevano tovaglie e salviette di lusso, che venivano pulite alla fine dei banchetti mediante passaggio
sulla fiamma; lenzuola mortuarie per ardere i cadaveri sulle pire, consentendo di mantenere separati i resti del corpo
dalle altre ceneri ; stoppini per lampade perpetue, data la loro capacità di ardere senza consumarsi. Sin dai tempi antichi
l’amianto era inoltre noto anche per le sue proprietà di isolante acustico.
Numerosi autori classici riportano notizie sui luoghi di estrazione e sull’impiego dell’amianto:
• Strabone (63 a.C.-24 d.C.), storico e geografo greco, riferisce l’estrazione di amianto e la produzione di tovaglie
lavabili sul fuoco a Karystos, città della parte meridionale dell’isola di Euboia, situata nel mar Egeo.154
• Apollonio Discolo (II sec. d.C.), grammatico greco, descrive, nella stessa località, la produzione di stoppini
indelebili alla fiamma e di tessuti impermeabili all’acqua.155
• Pedanio Dioscoride (I sec. d.C.) segnala l’estrazione di amianto e la produzione di stoppini a Cipro, isola del
Mediterraneo orientale.156
• Plinio il Vecchio (I sec.d.C.), erudito latino, afferma che l’asbesto nasce tra i monti dell’Arcadia, provincia greca
del Peloponneso centrale.157
Lo stesso autore descrive un lino che non brucia, chiamato pertanto “lino vivo”, utilizzato per produrre tovaglioli e
tuniche funebri per i re. Tale fibra risulta provenire dai deserti dell’India, ed è considerata più pregiata delle perle;
142
G.Loy & al., La tutela della salute nei luoghi di lavoro, CEDAM, 1996.
Amianto-CEE, elenco provvedimenti legislativi - Prevenzione rischio amianto-Internet - elenco provvedimenti.
144
Documentazione relativa all’Amiantifera di Balangero, alla Bender & Martiny di Nole Canavese-TO, all’OGR-F.S. di Torino, alla SICEAC di
Torino, all’ETERNIT di Casale Monferrato, alla SIA di Grugliasco-TO.
145
H.Stephano,Thesaurus graecae linguae,vol.I,Parigi 1831-1856 - L.Rocci,Vocabolario greco-italiano, Dante Alighieri Ed.,38°edizione, Roma 1995
(F.Montanari,Vocabolario della lingua greca,Loescher Ed., Torino 1995.
146
Daremberg et Saglio, Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, Hachette Ed., Paris 1873.
147
Hérodote, Histoires,VI ,127, Les belles lettres Ed., Paris 1948.
148
Paulys-Wissowa, Real-Encyclopädie der classischen altertumswissenschaft, Metzlerscher Ed. Stuttgart 1894.
149
J.E.Powell, A lexicon to Herodotus, II edizione, G.Olms Ed., Hildesheim 1960.
150
F.Calonghi,Dizionario latino-italiano,III edizione,Rosenberg & Sellier, 1962 Torino.
151
M.Cortelazzo, P.Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, 1/A-C, Zanichelli, Bologna 1979.
152
Dizionario Bompiani degli Autori, v.I A-C, Bompiani Ed., Milano 1987.
153
C.Battisti, G.Alessio, Dizionario etimologico italiano, G.Barbera Ed., Firenze 1951.
154
Strabo, Rerum Geographicarum,X,1§6,J.Wolters, Amsterdam 1707 - Strabon, Géographie X,1 §6, Les belles lettres, Paris 1971.
155
Apollonii Dyscoli, Hist.Comment.36 ,I.Elzevirium , Lione 1620 .
156
Pedanii Dioscoridis, Mat.Med.V,93, M.Ising, Basilea 1542.
157
Gaio Plinio Secondo, Hist.Nat.XXXVII,54 §146 ,Einaudi Ed., Torino 1988.
143
19
secondo quanto affermato da Anassilao di Larissa, naturalista seguace delle dottrine pitagoriche, l’amianto è anche
un isolante acustico.158
•
•
Plutarco (I-II sec.d.C.), filosofo e letterato greco, racconta di tovaglioli (ξειρο/µακτρα), reti (δι/κτυα) e cuffie
(κεκρυ/φαλοι ) in lino incombustibile di Carpasia, antica città di Cipro provvista di cave di amianto.159
Pausania (II sec.d.C.), scrittore greco, riferisce che la lampada perpetua del tempio di Minerva Poliade, ad Atene,
aveva uno stoppino in lino di Carpasia.160
Alcuni degli oggetti descritti dagli autori citati sono stati rinvenuti in passato, e risultano esposti in vari musei:
◊ Lino di Pozzuoli, lenzuolo funerario ritrovato nel 1633 e custodito nel Museo Archeologico di Napoli.
◊ Lenzuolo funerario di 1,80 m x 1,60 m, ritrovato in un sarcofago a Roma, vicino a Porta Maggiore nel 1702, e ora
conservato nei Musei Vaticani, riferibile al monumento funerario di Eurysaces, ricco fornaio della Roma tardo repubblicana.
◊ Candelabro con stoppino in amianto, ritrovato in una tomba a Vulci, città etrusca presso Viterbo (Fossati,
Ann.Hist.Arch., I p 129).
Le malattie conseguenti all’esposizione a “polveri” dovevano essere note già nell’antichità; infatti non è possibile
pensare che i minatori egizi, che nel II millennio a.C. lavoravano in stretti e insalubri cunicoli nelle miniere in
prossimità del mar Rosso, alla ricerca di minerale aurifero, non si ammalassero di silicosi.161 Anche i lavoratori greci,
impiegati nell’estrazione e nella lavorazione dell’argento, molto verosimilmente hanno subito la stessa esposizione162,
così come l’utilizzo sempre maggiore del piombo nell’antica Roma avrà certamente provocato casi di saturnismo.
Gaio Plinio Secondo, detto Plinio il Vecchio, riferisce che gli addetti alla lavorazione del minio (polvere rossa costituita
da miscela di ossidi di piombo, chiamata dai Greci “cinabro”) si fasciavano il viso con membrane di vesciche allentate,
per non assorbire respirando quella polvere nociva e per aver modo tuttavia di guardare attraverso di esse: “qui minium
in officinis poliunt, faciem laxis vesicis inligant, ne in respirando pernicialem pulverem trahant et tamen ut per illas
spectent” 163; lo stesso Autore segnala la necessità di evitare la dispersione ambientale dei vapori nocivi e ammorbanti
provenienti dalla fusione dei metalli.164 Ippocrate, medico greco (460-377 a.C.) e Galeno, medico e filosofo greco
(129-200 d.C.), raccomandavano ai loro discepoli di informarsi sempre sul mestiere dei loro pazienti, per poter meglio
diagnosticare le malattie.
Lo studio delle tecnopatie inizia in epoca assai remota, ulteriori notizie al riguardo possono essere desunte da testi
specifici di storia della medicina, e dagli atti165 dei congressi di questa disciplina. Molti autori antichi hanno descritto
le fatiche e i rischi connessi con diverse attività lavorative, senza tuttavia mai proporre dei sistemi per alleviare queste
sofferenze.
Si dice che Carlo Magno (742-814) possedesse una tovaglia in amianto, che veniva lavata con le fiamme.
Secondo Marco Polo (1254-1324) anche i popoli orientali conoscevano l’amianto, che definivano “salamandra” per le
sue proprietà ignifughe e col quale fabbricavano tele che venivano pulite con il fuoco anziché con l’acqua; egli
scriveva che “ Anche vi dico che a Roma hae una di queste tovaglie, che’l Gran Cane mandò per gran presente, perché
il sudario del nostro Signore vi fosse messo entro”. 166
I Cinesi chiamavano l’amianto “pietra del diavolo”, perché, essendo resistentissima alla fiamma, poteva raffigurare
scenari infernali.
Sebbene le particolari caratteristiche dell’amianto fossero ben conosciute sin dall’antichità, non era altrettanto chiara
l’appartenenza di questa sostanza al regno minerale o a quello vegetale, data la sua possibilità di essere diviso in
filamenti e tessuto così come alcune fibre vegetali.
Secondo le fonti storiche, non vi sono studi specifici sull’amianto nel periodo medievale; risulta invece che siano state
emanate delle ordinanze a tutela dei cittadini, rispetto ai rischi di esposizione indiretta a fumo di carbon fossile,
derivante dallo svolgimento di alcune attività artigianali.
L’affascinante mondo dell’estrazione e lavorazione dei metalli, popolato da gnomi, ninfe, minatori e strettamente
collegato all’alchimia, è stato di recente descritto da Mircea Eliade167. Nel Medioevo, come pure nell’età classica,
tutto ciò che era sotterraneo nell’immaginario della gente determinava paura, le miniere venivano “coltivate”ed era
diffuso il concetto che i minerali nascessero dalla terra, così come sosteneva già Aristotele (filosofo greco, 384-322
a.C.)
Il XVI secolo ha avuto in Agricola e Paracelso due pionieri della medicina del lavoro, che si sono occupati delle
patologie connesse con l’estrazione e la lavorazione dei metalli.
158
Id., Hist.Nat.XIX,4 §19,Einaudi Ed., Torino 1984.
Plutarco,De orac.defect., VII,5,Piatti, Firenze 1820.
160
Pausania,Periegesi della Grecia,I,26 §7, Mondadori Ed.,Milano 1982.
161
C.H.V.Sutherland,L’oro, Mondadori Ed., Milano 1961 ,p 33 .
162
D.M.Metcalf,W.A,Oddy,Metallurgy in Numismatics,I,p 3-49,R.N.S. Ed.,Londra 1980.
163
Gaio Plinio Secondo,Hist.Nat.,XXXIII,40 §122 ,Einaudi Ed.,Torino 1988 .
164
Id., Hist.Nat.,XXXIV,50 §167 ,Einaudi Ed.,Torino 1988.
165
C.Brillante, O.Galeazzi, D.Siviero, Sintesi storica delle malattie professionali nel periodo egiziano e nel periodo greco-romano, Atti del XXXIV
Congresso Nazionale di Storia della Medicina del 1989, Messina 1992.
166
Marco Polo, Milione,XLVIII, Einaudi Ed., Torino 1954.
167
Mircea Eliade,Arti del metallo e alchimia, Boringhieri,61-8826-5,Torino 1982.
159
20
Georgius Agricola (1494-1555), studioso di lingue antiche, filosofo e medico tedesco, si occupò in un primo momento
della traduzione delle opere di Galeno e di Ippocrate; successivamente si dedicò agli studi medici e minerari,
pubblicando nel 1530 il volume “Bermannus sive de re metallica dialogus”168 nel quale descriveva la storia delle
miniere tedesche, le varie lavorazioni e le relative possibilità di infortuni e malattie professionali determinate
dall’inalazione di polveri. Egli propose di prevenire tali patologie migliorando la ventilazione e dotando i minatori di
maschere antipolvere con filtro in cotone; descrisse inoltre un quadro morboso polmonare sovrapponibile a quello che
poi venne definito di silico-tubercolosi.169 Agricola, pur nella sua modernità, risultava ancora legato alle antiche teorie
di Aristotele per quanto riguarda la genesi dei metalli, in contrasto con gli alchimisti e gli astrologi del tempo che
credevano nella possibilità di operare la trasmutazione della materia.
Paracelso (1493-1541), nome italiano del medico-itinerante170 svizzero Aureoli Philippi Theophrasti Bombast Abho
Henheim, nel suo trattato171descrisse, basandosi su principi biologici, le patologie polmonari da inalazione di polveri nei
minatori del Tirolo, e segnalò che le pneumoconiosi erano presenti già in epoca antichissima.
Nel ‘600 l’utilizzo dell’amianto era limitato alla preparazione di pozioni galeniche172 per la cura delle ulcere trofiche,
della scabbia, della tinea ecc.
Nel secolo successivo si distinse Bernardo Ramazzini (1633-1714), medico italiano originario di Carpi (Modena), da
tutti considerato il padre della moderna medicina del lavoro; egli scrisse un trattato sistematico sulle tecnopatie173, dopo
aver ispezionato personalmente le officine per rendersi conto dei rischi e dei pericoli esistenti. Tale libro venne
pubblicato nel 1700 a Modena e nel 1713 a Padova, successivamente venne tradotto in 14 lingue, e rappresentò il testo
classico per lo studio della medicina del lavoro sino all’inizio dell’800. Ramazzini ricordò l’importanza dell’anamnesi
lavorativa (“quam artem exerceat”) e introdusse il concetto di prevenzione (“longe praestantius est praeservare quam
curare”).
Bernardo Ramazzini, da tutti riconosciuto come il padre della moderna medicina del lavoro, oltre a descrivere in modo
magistrale le varie tecnopatie, in molti dei 41 capitoli del suo famoso trattato “De morbis artificum diatriba” del 1700,
parla diffusamente delle patologie da polveri. Nella successiva orazione “De contagiosa epidemica .....in boves”,
pubblicata nel 1711, Ramazzini introduce l’importante concetto igienistico-preventivo, secondo il quale è preferibile
prevenire l’insorgenza di una malattia piuttosto che curarla (“longe praestantius est praeservare quam curare”)174. Un
elenco completo delle opere di Ramazzini è poi contenuto in un recente libro di Carnevale175, che riporta anche la
bibliografia dei testi dedicati a questo autore.
Per ulteriori notizie su Agricola, Paracelso e Ramazzini, si rimanda ai profili contenuti in testi specializzati176, agli
estratti dalla Storia della Medicina di Arturo Castiglioni177e da Scienziati e Tecnologi, della Mondadori.
Alla fine del ‘700 si verificarono due eventi molto importanti: la rivoluzione industriale e la rivoluzione francese. Le
invenzioni del telaio meccanico e della macchina a vapore permisero la trasformazione del lavoro da artigianale in
industriale, e nelle prime officine vennero reclutati anche donne e bambini, costretti a lavorare sino a 15 ore al giorno
senza nessuna precauzione igienica. Tale sfruttamento allarmò numerosi parlamentari, e nel paese più industrializzato di
allora, l’Inghilterra, venne promulgato nel 1833 il “Factory Act” (Regolamento per le Industrie), che, con le sue norme
di protezione e di igiene, rappresentò una tappa fondamentale nella storia della prevenzione delle tecnopatie. Alla base
delle nuove tecniche lavorative vi era l’impiego del vapore come fonte di energia; le caldaie e le condotte di vapore
necessitavano infatti di un valido isolamento termico con materiale non infiammabile, quale appunto l’amianto e i suoi
derivati. La necessità di lavorare l’amianto su scala industriale ha comportato una maggiore concentrazione di
manodopera, permettendo così di evidenziare meglio le patologie ad esso correlate, sicuramente già presenti in modo
sporadico anche in passato, nel contesto della miriade di lavorazioni artigianali. Le radici di questo ampio mutamento
sociale vanno ricercate nella struttura economica che, tra il ‘400 e il ‘500, grazie ai progressi dell’industria mineraria e
metallurgica, mette a disposizione degli artigiani una quantità sempre maggiore di materia prima, volta a soddisfare le
necessità militari e coloniali, attraverso la mediazione dei mercanti; tali personaggi, arricchendosi sempre di più nelle
transazioni, vengono ad assumere un’importanza determinante anche nel finanziamento delle politiche di alcuni regni,
e la solidità del loro potere è confermata, ad esempio, dal rinvenimento di numerose tessere in rame, utilizzate come
monete fiduciarie transnazionali.178 La presenza di una concentrazione di capitale così rilevante non ha consentito al
vecchio negoziante-datore di lavoro (mastro- padrone delle università di mestiere) di competere con il nuovo padroneindustriale nell’acquisto delle nuove tecnologie. Si crea così l’impresa privata , in cui il proprietario “capitalista” bada
dapprima a soddisfare e quindi a incrementare, tramite la pubblicità, i bisogni di consumo della popolazione, attraverso
168
G.Agricola,De l’arte de metalli, VI p 189,H.Frobenio & N.Episcopio Ed., Basilea 1563.
G.F.Rubino,L.Pettinati, Elementi di Medicina del Lavoro, p.6, Minerva Medica Ed., Torino 1985.
A.Miotto, Paracelso, medico e mago, Ferro Ed.,Milano 1971.
171
Paracelsi, Operum Medico-Chimicorum sive Paradoxorum V,1, C.M.P. Ed., Francofurto 1603.
172
A.Boetii de Boodt, Gemmarum et lapidum historia, Wechelianis Ed., Hanoviae 1609 - F.Micheli (Prof. Medicina R. Università Torino), voce
“Boodt”,Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti,vol.VII, Ist.Giovanni Treccani, Roma 1930.
173
B.Ramazzini,De morbis artificum diatriba,N.I.S. Ed., Roma 1982.
174
B.Ramazzini, Opera Omnia, VII, Cramer & Perachon Ed., Genevae 1717.
175
B.Ramazzini, La salute dei principi, a cura di F.Carnevale, Tosca Ed., Firenze 1992.
176
Scienziati e tecnologi,dalle origini al 1875,Mondadori Ed., Milano 1975,vol.I ,II - A.Castiglioni, Storia della Medicina, Mondadori Ed., Milano
1936.
177
Dizionario biografico degli italiani, Ist.Enc.Italiana, Roma 1979.
178
F.M.Vanni,Il segno dei mercanti,Nuova Grafica Fiorentina, Firenze 1995.
169
170
21
l’utilizzo esasperato della manodopera, che viene da allora a costituire il cosiddetto “proletariato”. Quest’ultimo,
anch’esso orfano delle università di mestiere, crea le società operaie, volte a soddisfare le necessità degli associati
attraverso un mutuo soccorso. Tutti questi mutamenti, avvenuti nell’arco di almeno tre secoli, vanno appunto sotto il
nome di rivoluzione industriale.179
L’Italia, nel XIX secolo, aveva completato l’unità nazionale, riscattato il debito pubblico con l’estero, perfezionato la
rete ferroviaria, raddoppiato la produzione agricola e potenziato, soprattutto nel Centro-Nord, un’industria180 capace non
solo di esportare sui mercati mondiali, ma anche di evitare l’importazione di molti prodotti acquistati in precedenza
dall’estero, riducendo così la massiccia emigrazione all’estero di coloro che non trovavano occupazione (a questo
proposito, si veda, ad esempio, la ricca documentazione prodotta dalla Fondazione Agnelli sulle comunità italiane
all’estero).
Lo squilibrio geografico nello sviluppo industriale del paese, con la soppressione delle attività industriali presenti al
Sud, porterà poi ad uno spostamento interno di persone giovani e volenterose dal Sud al Nord della nazione, lasciando
in determinate aree geografiche soprattutto gli anziani, e distruggendo così l’economia patriarcale naturale che
consentiva in queste aree l’applicazione del diritto. Nel Sud si generava in questo modo l’assistenzialismo, e venivano
a crearsi i presupposti per lo sviluppo delle associazioni malavitose.
Alla metà dell’800, l’introduzione nei cicli produttivi di nuove sostanze chimiche e la scarsa prevenzione negli ambienti
di lavoro, facilitavano l’insorgenza di intossicazioni professionali, che assumevano spesso un andamento grave, in
alcuni casi mortale. L’introduzione delle perforatrici pneumatiche nelle miniere e nei trafori aveva causato uno
spaventoso aumento dei casi di malattie da polveri. Questo periodo vide pertanto il massimo sviluppo dello studio delle
patologie professionali e della tossicologia industriale.
Nel XIX secolo anche gli infortuni sul lavoro, gravi e spesso mortali, divennero sempre più numerosi; gli eredi e gli
infortunati superstiti, più o meno invalidati, iniziarono a chiedere in tribunale il risarcimento dei danni sofferti. Vista la
difficoltà di accertare la responsabilità dell’infortunio, sorse la dottrina della responsabilità dell’imprenditore in virtù
del contratto di lavoro, secondo la quale il datore di lavoro era responsabile degli infortuni comunque occorsi
nell’adempimento del contratto. Dalla dottrina della colpa contrattuale all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni
il passo fu breve, e fu compiuto negli ultimi anni del secolo scorso. Quasi contemporaneamente si tentò, nel nostro
Parlamento, di assicurare, oltre agli infortuni, anche le malattie professionali; ma i tempi non erano maturi e la legge
relativa non fu approvata181.
• Il dottor Cérésole pubblica nel 1833 un dizionario di igiene182, in cui compaiono le voci “ventilazione, odori
insalubri (ordinanza Re di Francia 14/1/1815), umidità, igiene”.
• Nel 1835 sugli annali francesi di igiene pubblica e medicina legale compaiono due interessanti lavori183, che
analizzano l’influenza della professione sulla durata della vita (Lombard) e le patologie professionali correlate
all’attività di tipografo-stampatore (Chevallier).
• Nel 1837 viene pubblicato un dizionario della industria manufatturiera184, in cui è contenuta un’ampia e dettagliata
voce sull’igiene, suddivisa in pubblica e privata.
• Salvatore De Renzi, medico napoletano, nel 1848 inserisce nel suo testo185 un interessante capitolo sull’igiene
pubblica e privata, nel quale riepiloga tutti i principali contributi portati, in materia, dai medici degli stati preunitari;
ricorda l’introduzione della statistica medica da parte dell’abate Toaldo all’inizio dell’800, e le indagini di mortalità
svolte a Torino da Antonio Molineri, dal 1749 al 1755. Tra i tanti lavori pubblicati, segnala quello sull’uso dei
vasi di rame e specialmente quello di Paolo Sangiorgio sugli utensili da cucina e sulla loro stagnatura.
• Nel 1856, sull’Enciclopedia popolare italiana 186, l’amianto viene chiamato lino di terra e lana di salamandra, per
indicare la proprietà di filarsi e di non consumarsi al fuoco. Si segnala poi l’utilizzo dell’amianto da parte della ditta
Perpenti da oltre 18 anni, per la produzione di manufatti (tele, carta da stampa, merletti), e da parte del cav. Aldini
per la produzione di tuniche e casacche per gli spegnitori di incendi (II vol.) Alla voce “malattia” sono poi descritte
anche le malattie professionali, con una rudimentale suddivisione delle tecnopatie, correlate con le tavole di
malattia (XII vol.)
• Francesco Freschi, professore d’igiene alla Regia Università di Genova, pubblica nel 1857 il I volume di un
dizionario d’igiene pubblica187, ad uso di medici e magistrati, in cui, sotto la voce “arti e mestieri” viene descritta
l’influenza sulla salute delle varie attività lavorative, riportando le normative che tendono a limitare le ore di lavoro
settimanali nei vari paesi. Nel 1858 esce il II volume, in cui alla voce “igiene industriale” si ricorda l’insalubrità
delle polveri ed il loro effetto negativo sulla salute. Nel III volume, dello stesso anno, alla voce “polveri” si citano
179
V.Castronovo,La rivoluzione industriale, Sansoni Studio Ed.,Firenze 1982.
U.Forti, Storia delle invenzioni e delle industria, Fabbri Ed., Milano 1963.
181
E.C.Vigliani,A.D.Bonsignore, Medicina del lavoro, ECIG Ed., Genova 1983.
182
Cérésole, Dictionnaire d’hygiène, Vol.I, Fodratti Ed., Torino 1833.
183
H.C.Lombard, De l’influence des professions sur la durée de la vie, Ann.Hyg.Publ. et Med.Leg., t.XIV-I p. : 88-131, Paris 1835 - A.Chevallier,
De la nécessité de faire de nouvelles recherches sur les maladies qui affligent les ouvriers et observations sur celles qui se font remarquer chez les
imprimeurs, Id., t.XIII-II p.: 304- 344, Paris 1835.
184
A. Baudrimont & al., Dictionnaire de l’industrie manufacturière, Vol.VI, Baillière Ed., Paris 1837.
185
S.De Renzi, Storia della medicina in Italia, V, Filiatre-Sebezio Ed., Napoli 1848.
186
Nuova Enciclopedia popolare italiana, II,quarta edizione, UTE Torino 1856 - XII ,quarta edizione, UTE Torino 1861.
187
F.Freschi, Dizionario di igiene pubblica e di polizia sanitaria, G.Favale Ed., Torino 1857.
180
22
le ricerche del dott. Lombard di Ginevra e del dott. Benoiston di Châteauneuf sulla premorienza dei lavoratori di
questo settore, che di rado raggiungono i 40-50 anni; alla voce “professioni” viene riportata una tabella circa
l’influenza della professione sulla longevità, secondo vari autori.
• Michel Lévy nel 1862 pubblica la IV edizione del trattato di igiene pubblica e privata, contenente un’interessante
storia di questa disciplina; nella V edizione del 1869188 riporta gli studi di Lombard sull’esposizione a polveri
minerali e segnala la frequente associazione di tisi polmonare nei lavoratori di questo settore, già evidenziata nel
1834.
In quell’epoca a Torino, con R.decreto del 23/11/1862189, venne istituito il R.Museo Industriale Italiano (statale) sul
modello di quelli esistenti in Francia e in Inghilterra, situato in via Ospedale n.32190 (l’attuale via Giolitti, nell’area
attualmente adibita a parcheggio del piazzale Valdo Fusi). Il museo risultava gratuitamente aperto al pubblico, e nella
sala n.15 erano esposti i vari tipi di amianto, mentre nella sala n.40 vi era l’archivio industriale191, al quale si poteva
accedere rivolgendosi all’assistente conservatore.192 Tale museo attualmente non esiste più, né nella sede originaria
(probabilmente bombardata durante la guerra) né in altra sede. Analoga struttura museale, con esposizione dei vari tipi
di amianto, era stata allestita a Cordoba nei primi anni del ‘900193
• Paolo Mantegazza194, nato a Monza nel 1831, combattente a 17 anni nelle “Cinque Giornate “ di Milano del 1848,
studente a Milano e a Pisa, laureato in Medicina a Pavia, nel 1856 medico a Salta (città agricola e mineraria
dell’Argentina), famoso igienista, professore di patologia generale e sperimentale all’Università di Pavia nel 1858,
dove istituì il primo laboratorio di patologia sperimentale, in seguito docente di antropologia presso l’Istituto di
studi superiori di Firenze e fondatore del Museo di Antropologia della città, membro del Consiglio superiore di
sanità, grande viaggiatore, scrittore di testi non solo scientifici tradotti in tutte le principali lingue, noto anche come
curatore dell’Enciclopedia Igienica Popolare (uscita per oltre 20 anni con un almanacco all’anno), deputato
centrista del Parlamento Nazionale come rappresentante del Collegio di Monza nella IX, X, XI e XII Legislatura (si
occupa soprattutto di problemi sanitari), nominato senatore del Regno con R.D. del 16/11/1876, decorato di molti
ordini cavallereschi italiani e stranieri, morto nel 1910 a San Terenzo (La Spezia), pubblica nel 1867 un testo di
igiene195, nel quale tratta diffusamente il problema delle polveri, affermando che “l’aria impura è più pericolosa di
un cattivo cibo” e segnalando la premorienza per tisi degli operai addetti a lavorazioni polverose. L’autore auspica
pertanto l’introduzione di aspiratori, di lavorazioni a umido e successiva pulitura dei pavimenti con segatura
bagnata; “ma molti rifiutano queste precauzioni, dicendo che la vita troppo lunga produrrebbe una pericolosa
concorrenza!”. Al fondo del volume è riportata un’ampia bibliografia sull’igiene delle professioni. Nel 1881 esce
un altro suo famoso testo divulgativo di igiene del lavoro196; nel quinto capitolo, trattando le professioni polverose,
l’autore evidenzia il fatalismo degli operai e la noncuranza degli industriali, introducendo l’argomento con alcune
citazioni letterarie, tra cui “tutti sviati dietro al malo esemplo!” 197. Ricorda poi la sua battaglia contro tutte le
polveri e le suddivide in minerali, animali e vegetali, alle quali fanno capo le relative professioni a rischio. Dopo
aver dichiarato che tutte le polveri fanno male, avverte che producono catarro bronchiale, enfisema polmonare,
bronchiectasie, polmoniti e tisi. “Spesso però la presenza delle polveri e il loro accumularsi nel tessuto polmonare
produce malattie speciali, che si chiamano col nome di pneumoconiosi (polvere del polmone, dal greco) e che si
distingue poi in antracosi, siderosi, calicosi e bissinosi, secondo la natura della polvere che ingombra il
polmone....Nei primi anni di esercizio del loro mestiere, questi operaj soffrono poco o punto e il male non li attacca
che poco a poco e insidiosamente. Talvolta gli incomodi appajono ad un tratto in seguito ad un incidente fortuito;
quale un raffreddore, un catarro, una leggera bronchite. E’ bene però che gli operaj conoscano i primi sintomi, per
prevenire mali più gravi.” L’autore segnala poi la comparsa di una dispnea da sforzo ingravescente, associata a
tosse convulsiva; in questa fase della malattia, secondo i francesi, “le poussier s’est attaché à l’homme”.
Subentrano poi dimagramento, cardiopatia e infine la morte. Mantegazza ricorda poi gli studi di Klozier (1763)
sulla calicosi, di Hirt sulla premorienza nelle attività polverose, di Zenker sulla sclerosi polmonare, e di Merkel
(1871) sulla siderosi, e segnala il notevole miglioramento delle condizioni igieniche dei lavoratori ottenuto grazie
all’introduzione di aspiratori ed all’utilizzo di mezzi di protezione individuale. “Nella maggior parte dei casi un
velo, una maschera, una spugna umida basterebbe a togliere il 50% della polvere che entra nei loro polmoni. Ma
convien dirlo, i più preferiscono non prendersi alcuna briga, preferiscono non seccarsi piuttosto che applicarsi un
semplice ordigno che li difenda dalla polvere. Essi guardano alla rara eccezione di qualche operajo robusto che
188
M.Lèvy, Traité d’hygiène publique et privée, IV edizione, Baillière Ed., Paris 1862 - V edizione 1869.
Museo Industriale Italiano, Società reale di agricoltura, industria e commercio, G.Faziola Ed., Firenze 1865.
Alcuni giorni in Torino,guida descrittiva storico-artistica, E.F.Casanova Ed.,Torino 1884 (Archivio Storico Com.Torino, Coll.Simeom G 33)
191
Regio Museo Industriale Italiano, Suo ordinamento e descrizione delle collezioni, Favale Ed., Torino 1871.
192
E.Borbonese,Torino illustrata e descritta,Petrini Ed.,Torino 1884 (Archivio Storico Com.Torino, Coll. Simeom G 34).
193
Gli Italiani nel Distretto Consolare di Cordoba, La Italia Ed.,Cordoba -Rep.Argentina 1906.
194
A.De Gubernatis, Piccolo dizionario dei contemporanei italiani, Forzani Ed., Roma 1895 - T.Sarti, Il Parlamento Subalpino e Nazionale,
Editrice dell’Industria, Terni 1890 - T.Rovito, Dizionario bio-bibliografico dei letterati e giornalisti italiani contemporanei, Melfi & Joelle Ed.,
Napoli 1907 - A.Ribera, Enciclopedia Biografica e Bibliografica Italiana : A.Malatesta, serie XLIII, vol.II, Ministri, Deputati e Senatori dal 1848
al 1922, EBBI Ed., Roma 1941.
195
P.Mantegazza, Elementi d’ igiene, Brigola Ed., Milano 1867.
196
P.Mantegazza, Almanacco igienico popolare- Igiene del lavoro, anno XVI, Brigola Ed., Milano 1881.
197
D.Alighieri, La Divina Commedia- Paradiso XVIII ,124.
189
190
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non diventa tisico e campa vecchio anche in mezzo alla polvere, e dimenticano con cinico disprezzo i moltissimi
che scendono nella polvere ancor giovani o in tutta la pienezza della loro virilità.... Molti operaj starebbero
volentieri al mondo alcuni anni di più e adotterebbero di buona voglia quelle precauzioni elementari, che sono
indicate dal più grossolano buon senso e adoprerebbero veli, maschere e spugne; ma hanno paura di essere
canzonati dai loro compagni, e di sembrare effeminati o paurosi. Ma che effeminatezza, ma che paura! Adoperate
il coraggio contro i prepotenti che vi insultano o contro i nemici della patria, ma non contro la polvere, che uccide
i vili e i coraggiosi in una stessa maniera”. Ai datori di lavoro, utilizzando nuovamente le parole del “poeta
massimo” (“O cupidigia che i mortali affonde/ Sì sotto te, che nessuno ha podere/ Di trarre gli occhi fuor dalle tue
onde!”198) e del medico francese Guy Patin (“maudit argent, que tu fais du mal en ce monde!”), l’autore
raccomanda “Guadagnate pure, fatevi ricchi col frutto delle vostre industrie, ma pensate anche un pochino agli
operaj, che sono il primo strumento della vostra ricchezza. Migliorate l’igiene del vostro stabilimento, adottando i
più moderni metodi di ventilazione, imponete come un obbligo ai vostri operai l’uso di quei mezzi che la scienza ha
suggerito e che la esperienza ha dimostrato efficaci. Soprattutto poi non accettate nelle vostre officine che uomini
gagliardi e che un’accurata visita medica vi ha dimostrato come tetragoni contro la tisi, rifiutate i fanciulli ,
rifiutate anche i giovinetti, anche le donne. Che la vostra agiatezza non sia turbata dal rimorso e i vostri sonni non
siano funestati dall’apparizione di tanti spettri, che colle loro mani uncinate e bianche verranno a battervi sul
petto, accusandovi di volontario omicidio”. Nell’appendice 2° l’autore riferisce di un’iniziativa del comune di
Milano, intrapresa dal 1875, di istituire un bollettino demografico, segnalando i decessi suddivisi per attività
professionale.
Nel 1870 viene pubblicato il I volume della Enciclopedia Medica Italiana199, contenente alla voce “arti” un
dettagliato elenco dei vari mestieri (lavori manuali) e delle varie professioni (attività culturali), con i relativi rischi
lavorativi. Viene inoltre riportato l’elenco francese aggiornato al 1866 delle industrie insalubri, suddivise per classi,
e dei relativi inconvenienti. (polvere, rumore, fumo ecc.). Fanno seguito delle considerazioni sociali ed igieniche,
ed infine è riportata una ricca rassegna bibliografica. Negli anni successivi vengono pubblicati altri volumi
dell’enciclopedia, contenenti le altre voci in ordine alfabetico, tra cui “igiene” (redatta da Abba), e “polmone
(malattie del)” (compilata da Maragliano), riportate in estratto.
Nel 1873 la XIII edizione di un noto dizionario francese di medicina e chirurgia200 riporta un’aggiornata trattazione
delle voci “antracosi- igiene (industriale e professionale) - penetrazione (delle polveri) - polvere - siderosi”.
Nel 1876 si pubblica sul II volume dell’Enciclopedia Italiana201 un’ampia trattazione della voce “aria”, che
considerando il “polviscolo atmosferico” segnala che quello prodotto da alcune industrie è dannoso per la salute dei
lavoratori.
A.Proust nel 1881 pubblica un 202trattato di igiene , in cui, parlando delle impurità dell’aria, ricorda l’importanza
dell’inquinamento da polveri, studiato da Tissandier, Tyndall, Ehremberg e Sigerson. L’autore segnala che le
polveri possono essere trasportate a grande distanza, specie in caso di clima secco, e che i vulcani contribuiscono in
maniera non trascurabile all’inquinamento ambientale da polveri inorganiche.
Nel 1884 una rivista divulgativa mensile203 tratta nei numeri 6 e 9 il problema dell’influenza dell’ambiente sulla
durata della vita, evidenziando l’aspetto relativo alle professioni.
Raffaele Pareto e Giovanni Sacheri nel 1885 redigono il IV volume dell’Enciclopedia delle arti e industrie204, nel
quale riportano un elenco degli “stabilimenti insalubri, pericolosi od incommodi”, comprendenti le industrie
polverose (catalogo di Vernois) , e segnalano la riprovazione di Anfosso per la vendita ai fanciulli di sostanze
colorate nocive. Viene denunciata la scarsa igiene delle industrie, per cui “l’operajo trova nel lavoro, principio del
suo benessere e della sua dignità, le cause prime della malattia e della morte”. Vengono poi descritti i vari tipi di
“polviglio” e le conseguenti malattie, e sono riportati gli studi di Pagliani sulla ventilazione delle officine,
descrivendo in particolare il sistema di aspirazione di Romanin Jacur. Gli autori ricordano inoltre l’importanza delle
visite di assunzione, raccomandano di evitare l’assunzione di fanciulli e di informare i lavoratori sui rischi presenti
in fabbrica. Il testo contiene anche un elenco di malattie professionali, comprendenti patologie da esposizione a
polveri.
Nel 1887 viene pubblicato il I volume di un dizionario enciclopedico di medicina e chirurgia205 tradotto dal
tedesco. Il X volume riporta alla voce “pneumoconiosi” una precisa descrizione eziologica, clinica ed anatomopatologica delle patologie polmonari conseguenti ad inalazione di polveri minerali, vegetali, animali e miste, e
segnala, in una ricca bibliografia (46 lavori), i principali studi scientifici in materia; il testo fornisce altresì alcune
note di profilassi (maschere ed esaustori) e descrive una metodologia per la misurazione della polvere ambientale.
198
Id., Paradiso XXVII, 121.
Enciclopedia Medica Italiana, voce “arti” serie I, vol.I, parte II, Vallardi Ed., Milano 1870 voce “igiene”, serie I,vol.V, parte II - voce “polmone
(malattie del)” serie II,vol.III, parte III.
200
E.Littré, Ch. Robin, Dictionnaire de médecine, Baillière Ed., Paris 1873.
201
G.Boccardo, Nuova Enciclopedia Italiana, vol.II, UTET, Torino 1876.
202
A.Proust, Traité d’hygiène, II edizione, Masson Ed., Paris 1881.
203
La scienza per tutti, n.37, vol.IV, Sonzogno Ed., Milano 1884.
204
R.Pareto, G.Sacheri, Enciclopedia delle arti e industrie, vol.IV, UTE Ed., Torino 1885.
205
A.Eulenburg, Dizionario enciclopedico di medicina e chirurgia, vol.I, Pasquale-Vallardi Ed., Napoli 1887 - Id., vol.X-XI-XII.
199
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•
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L’XI volume riporta un’ampia trattazione statistica delle “professioni”, corredata da numerose tabelle relative alle
diverse attese di vita. Il XII contiene la voce “siderosi”.
Luigi Pagliani, nel 1887-1896 istituisce e coordina, presso il Ministero dell’Interno, la prima Direzione della Sanità
Pubblica206, voluta da Crispi; tali vicende sono descritte dallo stesso autore al IV Congresso Nazionale degli
igienisti, svoltosi a Trento nel 1921. Dal 1890, per oltre 20 anni, Pagliani dirige, dapprima con Bizzozero e in
seguito con Sclavo, la Rivista di Igiene e Sanità Pubblica207, avente come redattore capo Francesco Abba, medico
capo dei servizi di igiene e sanità della città di Torino. Tale rivista è stata premiata con medaglia d’oro
all’Esposizione di Igiene di Como del 1899, con medaglia d’argento all’Esposizione Universale di Parigi del 1900,
con diploma d’onore all’Esposizione di Igiene di Napoli del 1900, e con medaglia d’oro all’Esposizione
Internazionale di Milano del 1906. Sul n.23 del 1/12/1909, anno XX, nella rubrica Questioni del giorno, viene
focalizzata la polemica scoppiata in Parlamento sulle questioni di igiene e sanità pubblica, evidenziando che le
leggi sociali sono state fatte ma rimangono inapplicate, per una scarsa sorveglianza, tanto da far esclamare
all’on.Brunelli “le leggi son, ma chi pon mano ad esse?”208.
Nel 1888 alcuni medici napoletani traducono un testo tedesco209 sulle malattie dei mestieri, nel quale si focalizza la
nocività delle polveri contenute nell’aria, provenienti sia dalle fabbriche sia dalla combustione del carbon fossile;
viene così evidenziata una matrice comune nell’inquinamento degli ambienti di vita e di lavoro (pag.54)
Nel 1890, nella III parte del Trattato di igiene pubblica e privata210, l’ordinario di fisiologia e igiene di Erlangen
tratta in modo specifico le malattie generate dalle polveri, descrivendo l’effetto irritativo meccanico a livello
bronco-polmonare di quelle minerali insolubili, con produzione di catarro a livello delle alte vie e deposito delle
particelle inalabili più piccole a livello del parenchima polmonare; il danno conseguente a tale deposito si manifesta
con fenomeni di flogosi e di enfisema, spesso associati ad infezione tubercolare. A seconda della natura delle
polveri, si determinano quadri isto-patologici differenti, quali ad esempio la siderosi, l’antracosi, la silicosi ecc.,
che influenzano negativamente la funzione respiratoria compromettendo la qualità e la durata della vita. Nel
paragrafo successivo del medesimo capitolo, l’autore tratta poi dei sistemi di abbattimento delle polveri mediante
umidificazione e dell’aspirazione localizzata, e descrive i vari mezzi di protezione individuale più comunemente
impiegati all’epoca.
Nel 1892 la scuola napoletana traduce un celebre testo tedesco211 di igiene sociale, nel quale si trattano in modo
particolare i problemi legati al pulviscolo atmosferico e le conseguenti pneumoconiosi nella I parte, e le diverse
malattie da inalazione di polveri (catarri, enfisema, pneumonite, cirrosi polmonare e tisi) nella III parte, curata da
Merkel.
Giovanni Faralli pubblica nel 1893 un testo212 di igiene pubblica e privata, che riporta al cap.XIII l’igiene delle
professioni, segnalando che gli “operai soccombono talora a malattie dovute all’irritazione meccanica che le
polveri silicee o metalliche esercitano sul polmone...”.
Nel 1894 un trattato di medicina francese213, tradotto dal dott. B.Silva, riporta un’accurata descrizione delle
pneumoconiosi da un punto di vista storico, eziologico, anatomo-patologico, clinico, terapeutico e profilattico
(maschere, aspiratori e cambio-lavoro), segnalando anche l’insorgenza del cancro polmonare negli operai delle
miniere di cobalto arsenicale dello Schneeberg.
Nel 1894, il VI libro dell’Enciclopedia di Igiene e Medicina Pubblica diretta dal dott. Jules Rochard214 è
interamente dedicato all’igiene industriale. Le malattie da polvere vengono indicate come nosoconiosi (da
νο/σοϕ = malattia e κο/νιϕ = polvere), e sono suddivise in dermatoconiosi (patologie a carico della cute e delle
mucose), pneumoconiosi (patologie a carico del polmone, già indicate con tale termine da Zenker215) e
enteroconiosi (patologie a carico delle mucose digestive) Le polveri vengono poi classificate in minerali (pietrose,
metalliche e saline, con relativa casistica clinica ed anatomo-patologica), vegetali (carbonose, cellulose, legnose e
filamentose), organiche (di origine animale- peli, piume ecc.). Per quanto riguarda le polveri minerali, l’autore
segnala che esse determinano una pneumopatia cronica interstiziale, con sclerosi parenchimale a noduli e
successiva formazione di caverne enfisematose di compenso attorno ad essi. Il testo riporta le ricerche di Riegel del
1875, dalle quali si evidenzia il notevole incremento di residui minerali, nei polmoni inceneriti degli esposti
deceduti (pag.298), e segnala come sintomo primordiale di malattia coniotica la dispnea, attribuita all’ostacolo
prodotto dalla fibrosi interstiziale alla circolazione polmonare. Nel cap.III, art.III,§ 2 pag.604, viene poi descritta
la frequente associazione tra tubercolosi polmonare e pneumoconiosi, evidenziata da L.Hirt già nel 1878. L’autore
206
L.Pagliani, La costituzione e l’opera della Prima Direzione della Sanità Pubblica in Italia (anni 1887-1896), G.Testa Ed., Biella 1921.
Rivista di Igiene e Sanità Pubblica, a. IX n.10, 16/5/1898 - a. XVI n.7, 1/4/1905 - a. XIX n.9, 1/5/1908 - a. XIX n.24, 16/12/1908 - a. XX n.6,
16/3/1909 - a. XX n.23, 1/12/1909 - a. XXI n.18, 16/9/1910 - a. XXI n.20, 16/10/1910.
208
D.Alighieri, La Divina Commedia- Purgatorio XVI, 97.
209
A.Geigel, M.v.Pettenkofer, J.Forster, A.Higler, I.Soyka, Manuale di igiene, vol. I ,parte I, N.Jovene & V.Pasquale Ed., Napoli 1888.
210
J.Rosenthal,Traité d’hygiène publique et privée,III parte,cap.II §393-394-396,A.Manceaux Ed., Bruxelles 1890.
211
F.Renk, G.Wolffhugel, C.Flugge, J.Forster, Fr.Erismann, A.Schuster, Trattato di igiene sociale e delle malattie professionali,,vol.I, parte 1 F.Erismann, A.Baer, L.Hirt,L. Degen, A.Schuster, F.Renk, A.Kunkel,A.Merkel, Vol.I, parte 3, N.Jovene & V.Pasquale Ed., Napoli 1892.
212
G.Faralli, Igiene della vita pubblica e privata, Hoepli Ed., Milano 1893.
213
Charcot, Bouchard, Brissard, Trattato di medicina, vol.IV, UTE Ed., Torino 1894.
214
J.Rochard,Encyclopédie d’hygiène et médicine publique,livreVI Hygiène industrielle, A.Layet,§ II,p 291-326, p 604-610, L.Battaille Ed., Paris
1894.
215
E.Gurlt,A.Hirsch,Biographisches lexikon der hervorragenden aerzte,p.364, Urban & Schwarzenberg Ed.,Wien 1888.
207
25
•
•
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•
illustra in seguito diversi apparecchi di aspirazione per le polveri, dimostrando che attraverso il loro utilizzo, unito
ove possibile ad una lavorazione in ambiente umido, la durata media della vita degli esposti è sovrapponibile a
quella della popolazione di riferimento; infine vengono descritti dettagliatamente i mezzi di protezione individuale
(respiratori e maschere), introdotti già con successo nel 1860 dal dott.Durwell (Alsazia) Nel VI cap. sono riportate
le statistiche, ad uso assicurativo, di mortalità, morbidità e infortuni riferiti alle diverse professioni. Le nozioni di
igiene pubblica e industriale sono invece contenute nel libro X (II parte, II sezione, cap.IV, pag.712 e segg.) dell’
Enciclopedia, pubblicato nel 1897 e curato da M.H.Monod; in esso sono elencati alcuni provvedimenti relativi alla
tutela dei lavoratori (orario, riposo settimanale, età minima di assunzione ecc.)
Nel 1895, Ulrico Hoepli di Milano, editore-libraio della Real Casa, pubblica un manuale di igiene del lavoro216,nel
quale Sanarelli217 e Trambusti descrivono i danni provocati da materiali pulverulenti (pag.83 e segg), l’associazione
tra pneumoconiosi e tubercolosi (pag.86 e segg) ed i rimedi contro le polveri (aspiratori e maschere, pag.90 e segg),
utili per aumentare l’attesa di vita degli esposti.
Nel 1897, l’igienista del municipio di Torino pubblica un testo di igiene industriale e polizia sanitaria delle
manifatture, fabbriche e depositi, per gli stabilimenti insalubri, secondo il Regolamento sanitario del 9 ottobre
1889218. Il testo riassume tutte le pubblicazioni italiane e straniere dell’epoca in materia di igiene industriale, con
particolare riferimento alle polveri, fornendo un’indicazione operativa di vigilanza, alla luce della Legge n.5849 del
22/12/1888 per la tutela dell’igiene e della sanità pubblica, e dei successivi regolamenti sanitari. Infine l’autore
elenca le norme di buona tecnica da adottarsi nel caso di esposizione a polveri, segnalando l’inutilità di una
ventilazione generale e l’efficacia dell’aspirazione localizzata, previo “inviluppo ermetico di ciascun congegno”
(pag.281) Per quanto riguarda i mezzi di protezione individuali, raccomanda l’adozione di “una sopraveste, stretta
ai polsi ed al collo, da lasciarsi, nelle ore di uscita, in un locale apposito, distinto da quello in cui l’operaio
depone l’abito che porta fuori dall’officina. L’abitudine che hanno molti operai di indossare la sopraveste
direttamente sul vestito abituale, è deplorevole, perché questo diventa facilmente veicolo di polveri tossiche”;
consiglia di mettere a disposizione degli operai una camera da bagno, con obbligo di servirsene prima dell’uscita,
e maschere di protezione contro le polveri; a tale proposito, segnala che queste ultime sono spesso male accette
dalle maestranze.
Nel 1898 esce la XVIII edizione di un noto dizionario francese di medicina219, che riporta le voci “sidérose” e “
pneumokoniose”.
Nel 1899, Vincenzo De Giaxa, professore di igiene alla Regia Università di Napoli220 pubblica la III edizione del
suo Compendio di Igiene221. Nella sezione dedicata all’igiene industriale, a pag.495 si parla delle patologie da
polveri, e dei mezzi atti a prevenirle; a pag.502 viene segnalata la necessità di installare delle sputacchiere negli
ambienti di lavoro, con obbligo agli operai di servirsene per limitare la diffusione della tubercolosi; a pag.504 si
ricorda che la sorveglianza sul lavoro industriale compete agli ispettori industriali, che “fungono quali organi dello
stato, curando l’adozione delle norme legislative, tendenti a salvaguardare la salute pubblica e quella dell’operaio,
attuando un rigoroso controllo, poiché le trasgressioni, più di frequente che dall’ignoranza, hanno origine da
motivi di interesse da parte dei proprietari delle industrie.”
Nel 1899, su un dizionario di igiene popolare222, l’amianto viene definito “strana pietra che il tempo sfila in stami
argentini, candidi, morbidi come una lanuggine ed in bioccoli come di bambagia! Sono pietre vecchie, a cui cresce
la barba, dicono gli alpigiani per ischerzo ai bambini, e bene dicono senza saperlo”. Sullo stesso testo viene
segnalato che, nei cataloghi dei musei, come per esempio il museo antico milanese del Settala, l’amianto viene
indicato come “legno di monte”, “cuojo di monte” e “lino di pietra” Alla voce “aria”, vengono descritte le
modalità di analisi delle polvere minerali in essa contenute (limo atmosferico), spiegando perché rimangono
sospese e precisando la loro origine cosmotellurica e industriale. Con il termine di “asbestico” viene poi definito un
prodotto ottenuto con avanzi macinati di amianto canadese, utilizzati come pasta ignifuga. Sotto la voce “polveri
industriali dannose”, vengono invece elencate e descritte le più comuni maschere protettive.
A Torino, nel 1900, veniva pubblicata la rivista Ingegnere Igienista, avente come condirettori il prof. di Igiene della
Regia Facoltà di Medicina Luigi Pagliani e l’ingegnere civile Carlo Losio; in essa venivano trattati i problemi
comuni alle due discipline, sviluppati in modo più dettagliato in un corso di igiene applicata ai vari rami
dell’ingegneria, ai sensi dell’art.6 del R.Decreto 19 maggio 1898 (Ministero della Pubblica Istruzione). Il corso era
tenuto dal prof. Pagliani, dalle 10 alle 12 della domenica, per consentire l’accesso non solo degli studenti ma anche
degli ingegneri e degli architetti già attivi nella professione.223 Sulla stessa rivista si parla di un congresso
internazionale per la prevenzione delle malattie da lavoro, che dovrà svolgersi a Milano nel 1904, in occasione dei
festeggiamenti per l’apertura del Sempione; su un numero dell’anno successivo, si parla poi di un prossimo
convegno di medicina latino-americana dell’aprile-maggio 1904 a Buenos Aires, con annessa esposizione
216
G.Sanarelli,A.Trambusti,Igiene del lavoro,U. Hoepli Ed. ,Milano1895.
Chi è? Dizionario degli italiani d’oggi,II ediz.,Formiggini Ed.,Roma 1931.
218
C.A.Revelli,Igiene industriale, UTE Torino 1897.
219
E.Littré, Dictionnaire de médecine, XVIII edizione, Baillière Ed., Paris 1898.
220
Dizionario biografico degli italiani,Ist. Enc. Italiana ,Roma 1988 ,p 134.
221
V.De Giaxa,Compendio di igiene, III edizione,Vallardi Ed., Milano 1899.
222
C.Anfosso, Dizionario di igiene popolare, Sonzogno Ed., Milano 1899.
223
Ingegnere Igienista, anno III 1902,p 12.
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26
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internazionale di igiene, comprendente nel 5° gruppo -XI classe l’igiene industriale e professionale.224 Grazie alle
attività didattiche connesse con il Museo Industriale, ed alla pubblicazione della citata rivista interdisciplinare,
all’inizio del ‘900 era possibile, per architetti ed ingegneri, avere un’adeguata informazione sulla prevenzione delle
principali tecnopatie. Nel 1911 a Torino, in occasione del cinquantenario della proclamazione del Regno di Italia,
viene distribuita ai congressisti dell’Esposizione Internazionale dell’Industria e del Lavoro, come omaggio del
Municipio, una guida sulle istituzioni igieniche e sanitarie della città, in cui, a pag.69, sono descritti i nuovi Istituti
universitari del Valentino, iniziati nel 1884 e ultimati nel 1890, comprendenti anche l’Istituto di Igiene.225 Per
quanto riguarda le patologie da polveri, numerosi testi italiani e stranieri sono concordi sin dalla fine del XIX
secolo nell’evidenziare i rischi derivanti dall’inalazione di tutti i tipi di polveri, nonché l’opportunità di contenerne
la diffusione nell’ambiente attraverso l’introduzione di lavorazioni a umido o mediante aspirazione localizzata, con
separazione delle lavorazioni polverose dal rimanente contesto lavorativo. Viene infine raccomandata l’adozione
di mezzi di protezione individuale (maschere), nel caso di insufficiente efficacia dei provvedimenti tecnici
preventivi sopra indicati.
Nel 1902, Giglioli, medico interno presso l’Istituto di Clinica Medica di Firenze, pubblica la seconda edizione del
suo libro226 sulle tecnopatie. Nell’VIII cap. descrive in modo magistrale le polveri, la loro azione meccanica e
chimica sull’apparato respiratorio, l’associazione tra pneumoconiosi e tubercolosi, e la profilassi contro
l’inalazione, oltre ai mezzi di protezione individuale.
Nel 1903 viene pubblicato un manuale della Hoepli227 sui prodotti industriali, che descrive le modalità di
lavorazione dell’amianto in parecchie fabbriche dell’Inghilterra, Stati Uniti, Italia e Germania. Vengono elencati i
numerosi impieghi dell’amianto, e viene sottolineata la maggiore igienicità dei materassi in amianto rispetto a
quelli di lana.
Nel 1903, il dott. E.Bertarelli, assistente presso l’Istituto d’Igiene della R.Università di Torino, pubblica su una
rivista specialistica228 dell’epoca, un’interessante indagine sulle condizioni igieniche dei fonditori di caratteri,
presso la celebre ditta Nebiolo di Torino; la pubblicazione riguarda i rischi di saturnismo collegati con questa
attività, con le relative ordinanze e norme di buona tecnica, in uso all’epoca sia per le polveri tossiche, quali
appunto il piombo, sia per quelle sclerogene.
Effren Magrini229, ingegnere assistente tecnico del Regio Museo Industriale dal 1903 al 1926, pubblica nel 1903 un
testo sulla sicurezza e l’igiene nell’industria230, nel quale tratta al cap.IV le polveri industriali. L’autore descrive la
fibrosi conseguente all’inalazione di alcune di queste polveri, e la comparsa di sintomi clinici solo in fase di fibrosi
avanzata, citando il testo di Giglioli. Elenca le norme di buona tecnica volte a diminuire la concentrazione delle
polveri, quali ad esempio l’aspirazione, e ricorda la necessità di non immettere le polveri aspirate nell’ambiente
esterno (a tale proposito, descrive i collettori di polvere di Jouanny e Springer ); descrive infine i mezzi di
protezione individuale, ricordando il concorso bandito nel 1893 dall’associazione degli industriali di Francia per
migliorare le maschere respiratorie contro le polveri.
Nel 1906, il dott.Pieraccini, libero docente di Patologia Speciale Medica del R.Istituto di Studi superiori di Firenze,
medico primario e capo del servizio delle malattie del lavoro del R.Arcispedale di S.Maria Nuova in Firenze,
pubblica un libro sulle malattie professionali231. Nella prefazione l’autore sottolinea l’importanza sociale e politica
dell’igiene del lavoro, per la tutela della salute della collettività, e la necessità di indennizzare, così come avviene
già all’estero, non solo gli infortuni sul lavoro, ma anche le malattie professionali. Il testo, oltre a fornire un’ampia
trattazione delle patologie da polveri, contiene alcuni concetti innovativi sull’idrargismo e sul cuprismo
professionali. Nel XXX capitolo viene poi considerata l’incidenza della tubercolosi polmonare nell’ambito delle
diverse professioni.
Il dott. Filippo Accorimboni pubblica nel 1908 un manuale d’igiene pratica232 per le scuole maschili. Trattando
l’igiene del lavoro, al cap.VI, descrive a pag.67 i danni polmonari da polveri; il cap.X contiene invece delle nozioni
elementari di pronto soccorso.
Il prof. A.Di Vestea nello stesso anno pubblica un testo di igiene per le scuole medie e magistrali233, in cui viene
introdotto il concetto di coefficiente di utilizzazione del macchinario, e vengono considerati gli inconvenienti
sanitari degli operai e del vicinato. Trattando delle malattie professionali (lezione XXXIII), ricorda le
pneumoconiosi e la loro frequente associazione con la tubercolosi, e cita il caso di “tabaccosi” descritto da Zenker.
Descrive poi le maschere, segnalando che di solito sono mal tollerate, e vari sistemi di aspirazione.
224
Ingegnere Igienista, anno IV 1903,p92.
F.Abba, Torino- Istituzioni igieniche, sanitarie, filantropiche e sociali, 1911 (Archivio Storico Com. Torino, Coll. Simeom C 2044).
G.Y.Giglioli, Le malattie del lavoro,seconda edizione,Dante Alighieri Ed.,Roma 1902.
227
I.Ghersi, Imitazioni e succedanei nei grandi e piccoli prodotti industriali, U.Hoepli Ed., Milano 1923.
228
Rivista d’igiene e sanità pubblica,diretta da L.Pagliani e A.Sclavo, anno XIV n.23, Torino 1903.
229
Annuario della R.Università di Torino 1903-1904, Stamperia Reale, Torino 1904.
230
E.Magrini, La sicurezza e l’igiene dell’operaio nell’industria, Nazionale Ed., Torino 1903.
231
G.Pieraccini,Patologia del lavoro e terapia sociale, S.E.L. , Milano 1906.
232
F.Accorimboni, Nozioni d’igiene pratica per le scuole maschili, II edizione, Soc.Dante Alighieri Ed., Milano 1908.
233
A.Di Vestea, Principi di igiene, UTET, Torino 1908.
225
226
27
• Nel 1909 viene pubblicato in Italia il famoso trattato di E.Roth sulle Malattie Professionali ed Igiene del Lavoro,
edito originariamente a Potsdam nel 1904234.Il testo raccoglie il ciclo di conferenze tenute tra il 1900 e il 1903 alla
Charité di Berlino, sull’assicurazione e legislazione protettiva del lavoratore. Nel cap.I l’autore, elencando gli studi
statistici sulle assenze per malattia, ricorda la possibilità di errori dovuti al fatto che, per alcuni lavori, vengono
prescelte solo persone sane, mentre per altri si utilizzano anche soggetti già ammalati (ad esempio, lavori
domiciliari di sartoria potevano essere svolti anche da persone già affette da tubercolosi); a questo proposito, viene
citato il primo convegno dei lavoratori a domicilio, tenutosi a Berlino nel marzo 1904. Sempre al I cap., nelle note
all’edizione italiana, si evidenzia che in Inghilterra la denuncia delle malattie professionali è stata introdotta nel
1895,dapprima per 4 e successivamente per 11 tecnopatie, consentendo talvolta di eliminare difetti del ciclo
produttivo; si rammenta l’introduzione, nel sistema inglese e tedesco, delle visite preventive per tutte le persone da
avviare al lavoro, e periodiche per i lavoratori delle industrie insalubri (Germania 1893), svolte possibilmente da
medici non stipendiati dai datori di lavoro (in Italia, solo in alcuni paesi del Piemonte, si richiede una visita
medica all’atto dell’assunzione nell’industria dei fiammiferi, che dichiari l’operaio immune da carie dentali); si
segnala l’adozione, in Belgio e in Inghilterra, di un registro sanitario di fabbrica; si auspica la sollecita
approvazione, anche in Italia, di un’assicurazione contro le malattie professionali, secondo i criteri esposti da
Devoto al Congresso Internazionale delle Assicurazioni sociali di Roma del 1908; si ricorda infine l’opportunità di
collegare l’attività di sorveglianza igienico-sanitaria dell’ispettore medico con quella igienistica degli uffici
comunali di igiene,e di scegliere i medici di fabbrica possibilmente tra coloro che avevano già maturato esperienza
nella cassa malattia, dove vigeva il criterio di libera scelta del medico, auspicando il mantenimento del doppio ruolo
di medico curante e aziendale, al fine di poter meglio valutare sia le tecnopatie sfumate sia quelle più gravi, che,
determinando assenza dal lavoro, non sarebbero altrimenti giunte a conoscenza del medico di fabbrica. A pag.18,
viene segnalato che un’apposita commissione riunitasi a Monaco di Baviera nel 1906, ha stabilito i compiti del
medico di fabbrica, e la necessità della sua formazione in igiene e medicina del lavoro, con corso teorico pratico
semestrale, e successivo apprendistato di 1-2 anni. Nel III capitolo, a pag.118, vengono trattate le polveri, i relativi
danni e le difese, nonché la diffusione della tubercolosi polmonare; nelle norme di buona tecnica, l’autore ricorda
che “l’aspirazione della polvere si deve fare ancora in modo che non passi davanti agli operai che lavorano nel
locale; quindi non si dovrà approvare la posa di aspiratori sul soffitto, poiché in tal caso la polvere è obbligata a
passare vicino alla bocca dell’operaio”(pag.126) “Non si dovrà infine dimenticare che il pericolo dell’inalazione
della polvere non è niente affatto limitato allo stabilimento in sé, ma che anche tutto il paese può essere più o meno
disturbato dall’azione di una polvere nociva o incomoda” (pag.130)
• Italo Pedrazzini, medico condotto di Bormio, nel 1910 pubblica un manuale divulgativo di igiene235, che comprende
nella parte II, cap.1, l’igiene del lavoro. L’autore afferma che “tra le principali cause che rendono un lavoro
malsano non possiamo però dimenticare la polverosità dell’ambiente dove il lavoro è compiuto”. Viene poi
segnalato che i danni variano in rapporto alla natura e alla quantità delle polveri inalate, e si evidenzia come
l’aspirazione e la lavorazione a umido riducano notevolmente i rischi. L’autore consiglia poi l’adozione di mezzi di
protezione individuale e scrive che le maschere “ pur troppo entrano poco nella pratica, anche per un certo senso
di male intesa fierezza del proprio lavoro che hanno certi operai e che li porta a disdegnare ogni sorta di
precauzione”.
• Giovanni Loriga, medico dell’Ufficio del Lavoro di Roma, già nel 1911 partecipando al II Congresso Nazionale per
le Malattie del Lavoro di Torino, con il Giglioli di Firenze, sosteneva l’esistenza delle pneumoconiosi come entità
nosologiche autonome dalla tubercolosi. Nel suo primo, pubblicato nel 1906236, fornisce alcune nozioni elementari
di ergonomia, utili anche come introduzione all’igiene industriale; nel secondo, pubblicato nel 1910237, tratta, nel X
capitolo, le polveri (minerali, vegetali, animali e miste), elencando i danni causati, gli strumenti tecnici atti a
impedirne la produzione e la dispersione (norme di buona tecnica), i mezzi di protezione individuale per la pelle,
gli occhi e le vie aeree ed i mezzi di raccolta, al fine di impedire la dispersione delle polveri all’esterno
dell’opificio, secondo un moderno criterio ecologico; nel terzo, pubblicato nel 1921238, riassume, ad opera dei due
medici Giorgini e Ippolito, le lezioni tenute dal prof. Loriga presso la Regia Università di Roma, nel corso di
perfezionamento in Medicina del Lavoro; la nona lezione è dedicata alle polveri, che “costituiscono una delle cause
più comuni e più diffuse di insalubrità del lavoro”; vengono poi trattate le caratteristiche fisiche, chimiche e
biologiche delle polveri, i vari gradi di nocività e le lesioni sugli organi bersaglio, segnalando tra le pneumoconiosi
anche la silicosi; vengono infine ripresi i concetti preventivi già elencati nel testo precedente; nel quarto,
pubblicato nel 1937239, ricorda nella prefazione l’affluenza sempre maggiore dei giovani medici alle “Scuole di
perfezionamento in Medicina del Lavoro”, sorte in molte università dopo l’impulso dato a questo insegnamento dal
Ministero delle Corporazioni e da quello dell’Educazione Nazionale. Il I capitolo descrive l’importanza dell’Igiene
del lavoro (“ramo dell’Igiene generale che si propone di difendere l’uomo contro le cause di malattia, di
infortunio, di invalidità precoce o di diminuzione della sua capacità produttiva, che vanno unite allo esercizio di
234
E.Roth,Malattie professionali e igiene del lavoro, trad. dr.L.Carozzi, prefazione prof.L.Devoto, Treves Ed, Milano 1909.
I.Pedrazzini, Elementi di igiene, Paravia Ed., Torino 1911.
236
G.Loriga, La struttura e le funzioni del corpo umano, Bocca Ed., Torino 1906.
237
G.Loriga, Igiene industriale, dal Trattato di Medicina sociale-Sanità fisica, diretta da A.Celli, Vallardi Ed., Milano 1910.
238
G.Loriga, Sommari di igiene industriale-Legislazione igienica del lavoro-Assistenza sociale, Sampaolesi Ed., Roma 1921.
239
G.Loriga, Igiene del Lavoro, Vallardi Ed., Milano 1937.
235
28
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una professione o di un mestiere”) che interessa il 53,75% della popolazione. Il II capitolo riguarda la legislazione
del lavoro, e l’autore, elencando le fonti internazionali, ricorda il documento che ha dato sanzione ai diritti dei
lavoratori, e cioè la parte XIII del trattato di Saint Germain: “Considerando che la Società delle Nazioni ha per fine
di stabilire la pace universale, e una pace siffatta può essere fondata soltanto sulla giustizia sociale....considerando
che la mancata adozione, da parte di uno stato qualsiasi, di un regime di lavoro veramente umano ostacola gli
sforzi degli altri che desiderano migliorare la sorte dei lavoratori nei propri paesi....le Alte Parti Contraenti, mosse
da sentimenti di giustizia e di umanità, e dal desiderio di assicurare una pace mondiale durevole, hanno convenuto
di istituire una Organizzazione permanente per promuovere l’attuazione del programma esposto nel preambolo”.
A questo punto l’autore ricorda che “questa Organizzazione è l’Ufficio internazionale del lavoro, che ha sede in
Ginevra, ed ha già dato frutti copiosi e succulenti. Di essa fa parte la Sezione di igiene del lavoro, che è
degnamente diretta dal prof. Carozzi, già ispettore medico del lavoro in Italia, assistito da un Comitato
internazionale di consultazione e di corrispondenza per la Igiene industriale, del quale ha l’onore di far parte
l’autore di questo libro”. Viene poi sottolineata l’importanza della Conferenza annuale internazionale del lavoro, la
quale si è riunita per la prima volta a Washington nel 1919, poi a Genova nel 1920 e successivamente sempre a
Ginevra; essa a tutto il 1935 ha approvato 49 Disegni di Convenzione e 45 Raccomandazioni, le quali sono state
ratificate in gran parte e tradotte in leggi dai 61 Stati membri della Organizzazione. L’autore ricorda poi due
organizzazioni volontarie autonome: la Commissione internazionale permanente per la medicina del lavoro e quella
degli infortuni, discendenti legittime della benemerita Associazione internazionale per la protezione dei lavoratori,
che aveva sede a Basilea prima della guerra; queste associazioni hanno fatto due Congressi internazionali congiunti,
il VI a Ginevra nel 1931 e il VII a Bruxelles nel 1935. Vengono elencate le principali norme internazionali relative
all’ispezione del lavoro, viene precisato il ruolo dei medici di fabbrica (ex art.6 R.G.I.L.), ricordando che in
Inghilterra sono stati previsti con ampio mandato sin dal 1833, contemporaneamente alla istituzione
dell’Ispettorato del Lavoro (nel quale sono stati inseriti gli ispettori medici del lavoro solo dal 1938). L’autore
riferisce inoltre che “tutta l’opera del medico di fabbrica è considerata in America tanto fruttifera che un grande
industriale americano ha detto che se domani dovesse riorganizzare le sue officine, il primo servizio da istituire
sarebbe il servizio medico”. Il X capitolo della parte I è dedicato alla difesa contro le polveri, con inserimento
dell’asbesto tra le polveri più pericolose (pag.125), ed il XXIV capitolo della parte II alla misura delle polveri
(metodi gravimetrici, metodi densimetrici, metodi della precipitazione elettrica, metodi per adesione o
impingement); vengono poi descritti i “conimetri”, definiti più maneggevoli e precisi, e adatti alla conta dei granuli
di polvere ed al loro esame microscopico, allo scopo di misurare i diametri e le altre proprietà fisiche e chimiche
delle particelle; da ultimo, l’autore elenca le modalità di misurazione della polvere in ambienti non confinati, per
valutazioni di tipo ecologico.
Nel 1911, Luigi Pagliani240, professore di igiene della Regia Università e del Regio Politecnico di Torino, già
direttore della sanità pubblica del Regno, pubblica un trattato di igiene e sanità pubblica241, contenente l’elenco
delle industrie insalubri del 21 aprile 1895 (pag.422-425) e dei mezzi di difesa contro lo sviluppo delle polveri
(pag.432-436), senza significative novità rispetto a quanto detto dagli autori precedenti.
G.M.Cassola nel 1912 pubblica un opuscolo sulla salute dell’operaio242, in cui elenca i principali concetti di igiene
del lavoro e descrive le industrie insalubri, trattando le patologie da polveri, ed i relativi mezzi di difesa.
Luigi Carozzi nel 1914 pubblica un trattato sull’igiene e le patologie del lavoro, e relativa assistenza sociale243. Nel
I volume, parte II cap.IV, l’autore tratta in modo magistrale le polveri industriali e la loro classificazione, le difese
dell’organismo, le pneumoconiosi e la loro frequente associazione a tisi, la prevenzione igienica ambientale e
individuale; a proposito delle norme legislative, loda il regolamento per le industrie insalubri di Torino.
Nel 1914,G.F.Calabria pubblica un volume 244ad uso anche delle scuole elementari superiori e serali, e dedicato in
particolare ai maestri di campagna. Al paragrafo 6 del cap.XIII, pag 227,l’autore segnala che “le industrie che più
di tutte e sovra tutte nuociono all’operaio sono quelle che, come effetto del lavoro, svolgono della polvere” e
ricorda i consueti mezzi di prevenzione. Molto interessanti risultano le notizie fornite sulla Cassa nazionale di
previdenza, esistente sin dal 1898, che assicura il sostentamento della vecchiaia e dell’invalidità a tutti gli operai,
compresi quelli emigrati e residenti all’estero (pag.202)
Armando Albert nel 1918 pubblica una sintesi di norme pratiche per l’installazione dei ventilatori industriali245,
che risultano sempre più diffusi data la loro grande utilità.
Francesco Cosentini nel 1919 cura il supplemento di un Dizionario di cognizioni utili246, pubblicato nel 1911 sotto
la direzione di Mario Lessona; alla voce “igiene del lavoro” si segnala che “uno dei pericoli più gravi, che bisogna
combattere, è quello dell’inalazione delle polveri”. Il testo contiene a pag.1111 un profilo di Luigi Pagliani.
Nel 1924 esce la nuova edizione del noto dizionario medico Larousse247, contenente l’aggiornamento delle voci
“industrie insalubri, polveri e patologie da polveri”.
240
E.Gurlt,A.Hirsch, Biographisches lexikon der hervorragenden aerzte,Urban &Schwarzenberg Ed., Vienna 1886.
L.Pagliani, Igiene e sanità pubblica,colle applicazioni alla ingegneria e alla vigilanza sanitaria,Vallardi Ed., Milano 1912.
G.M.Cassola, La salute dell’operaio, Vallardi Ed., Milano 1912.
243
L.Carozzi, Il lavoro, nell’igiene, nella patologia, nell’assistenza sociale, vol.I, Barbera Ed., Firenze 1914.
244
G.F.Calabria, Igiene e Previdenza del Lavoratore, La Provinciale Ed.,Mantova 1914.
245
A.Albert, I ventilatori industriali, Hoepli Ed., Milano 1918.
246
F.Cosentini, supplemento al Dizionario di cognizioni utili, UTET, Torino 1919.
241
242
29
• Nel 1925, nel contesto di un concorso a premi per studi inerenti alle assicurazioni sociali, il prof. Aristide Ranelletti,
docente di patologia del lavoro presso la Regia Università di Roma, presenta uno studio248 sulle tecnopatie che
include un’ampia trattazione delle “malattie da materiale di lavoro sviluppante polveri.” Per quanto riguarda
l’apparato respiratorio, l’autore descrive le principali pneumoconiosi, segnalando la loro frequente associazione a
tubercolosi polmonare, e fornendo per ciascuna patologia: definizione, cenni storici, eziologia, patogenesi, cause
predisponenti generali e locali, anatomia patologica, ricerche sperimentali, sintomi, diagnosi, prognosi, terapia,
profilassi individuale e sociale. L’autore descrive poi le patologie da polveri a carico degli occhi, delle orecchie e
della pelle; tra le patologie oculari, segnala frequenti congiuntiviti da polveri di amianto nei lavoratori impiegati
presso le cave di Cipro.
• Oddo Casagrandi, direttore dell’Istituto di Igiene della Regia Università di Padova, nel 1926 pubblica Il trattato
italiano di Igiene249, in cui A. Castiglioni redige il capitolo relativo alla storia dell’igiene, dall’antichità ai giorni
nostri.
• Nel 1929 un dizionario di merceologia250 riporta alla voce “amianto” l’elenco dei produttori mondiali (che vede in
testa il Canada) e dei numerosi settori di impiego di questo materiale.
• Luigi Carozzi, capo del servizio di igiene dell’Ufficio internazionale del lavoro di Ginevra, nel 1933 compila la
voce “igiene del lavoro” per l’Enciclopedia Treccani251, ricordando che “le polveri (di origine animale, vegetale,
minerale o mista) che si sollevano nelle più svariate industrie, rappresentano uno dei più importanti fattori di
malattia e di predisposizione all’infezione tubercolare. Il medico igienista e il tecnico difendono l’organismo
contro l’azione delle polveri, raccogliendole presso l’origine della loro produzione (aspirazione localizzata), o
impedendone il sollevamento nell’ambiente (macchine chiuse, inumidimento del materiale polverulento ecc.), o
precipitandole con sistemi diversi: filtrazione, precipitazione elettrostatica ecc.”
• Nel 1936 il BIT pubblica un vademecum252 contenente i principali metodi di ricerca e analisi nel campo dell’igiene
del lavoro; i metodi di dosaggio e di conteggio delle polveri sono contenuti nel cap.VI, e sono trattati dai londinesi
Green e Middleton. Le metodiche illustrate sono analoghe a quelle descritte nel testo di Loriga del 1937.
Nei primi anni del ‘900 i problemi sociali ebbero un gran peso nella vita pubblica, specialmente in Lombardia, regione
che si trovava al centro del socialismo italiano di quei tempi.
In un clima desideroso di riforme sociali, un giovane
professore dell’Università di Pavia, Luigi Devoto253, incominciò, con scritti e conferenze, a mostrare quanto la
Medicina avrebbe potuto fare per organizzare il lavoro su basi così fisiologiche da abolire, insieme alla fatica ed ai
pericoli, la maggior parte dei contrasti tra capitale e lavoro (Conferenza di Brescia, 1901) Nella seduta del 20/11/1902,
il Consiglio Comunale di Milano approvò a larga maggioranza (57 voti favorevoli e 7 contrari, su 64 votanti) il progetto
di fondazione di un Istituto Superiore di perfezionamento per giovani medici, comprendente varie strutture, tra le quali
anche una “Clinica del Lavoro”254, avente per scopo, come indicato dallo stesso Devoto, di studiare scientificamente le
cause delle malattie professionali, diffondendone la conoscenza clinica tra i medici. Scopi della Clinica erano anche
quelli di diagnosi e di cura delle sospette malattie professionali, oltre al controllo periodico della salute degli operai
addetti alle industrie in genere, ed ai lavori insalubri in modo particolare. Tra i voti contrari alla istituzione della
Clinica vi furono quello del dott.Edoardo Bonardi, politico socialista e medico sociale, primo docente di Medicina
sociale presso gli istituti clinici di perfezionamento; quello del dott.Angelo Filippetti, medico e politico socialista,
sindaco di Milano dal ’20 al ’22, quando venne rimosso da Palazzo Marino ad opera dei fascisti; quello del dott.
Annibale Bertazzoli, ostetrico-ginecologo, che fu politico di tendenze radicali e assessore dal ’22 al ’26. Dall’analisi
della delibera e dalle motivazioni del voto, si evince chiaramente una spaccatura, nell’ambito del partito socialista, tra i
sostenitori di Devoto (ambiente socialista femminile o ad esso più vicino, grazie agli studi svolti a Pavia sul lavoro delle
mondine) e coloro che si identificavano nella figura di Paolo Pini (1875-1945), socialista noto come “medico dei
poveri”, che riteneva più appropriato creare un Ispettorato Medico del Lavoro, che inviasse i medici direttamente sui
luoghi di lavoro, dove svolgere la prevenzione e i controlli necessari ad evitare l’insorgenza di tecnopatie. La
donazione al comune di Milano di tutti i beni dell’ing.Siro Valerio, avvenuta il 2/3/1893 al fine di costituire una sede
della Facoltà di Medicina anche a Milano, unitamente alla già citata delibera del Consiglio Comunale del 20/11/1902,
proposta dalla coalizione democratica facente capo al sindaco Giuseppe Mussi, consentirono finalmente la costruzione
della prima Clinica del Lavoro al mondo, sorta a Milano tra il 1907 e il 1910.
Il 20 marzo 1910 avvenne la solenne
inaugurazione della Clinica, con partecipazione di personalità politiche, mediche ed istituzionali, nazionali ed
internazionali; in quell’occasione, il prof. Langlois, in rappresentanza del Ministro del Lavoro francese, disse :
“Aujourd’hui est une date historique, qu’elle marque un’époque dans l’évolution incessante de la vie sociale des
peuples..... L’Italie, et plus particulièrment l’Administration communale de Milano, donne ici au monde entier un noble
exemple....La Clinique des maladies professionnelles est appelée à devenir un centre d’instruction mondial”. Già nel
247
Galtier-Boissière, Larousse Médical illustré, Larousse Ed., Paris 1924.
A.Ranelletti, Le malattie da lavoro, vol.I parte II, Ministero dell’Economia Nazionale, Panetto & Petrelli Ed., Spoleto 1925.
249
O.Casagrandi, Trattato italiano di Igiene, UTET, Torino 1926.
250
V.Villavecchia, Dizionario di merceologia e di chimica applicata, quinta edizione, vol.I, Hoepli Ed., Milano 1929.
251
L.Carozzi, voce Igiene del lavoro, vol.XX, Enciclopedia italiana di Scienze, Lettere ed Arti, Treccani Ed., Roma 1933.
252
Vademecum de l’hygiéniste du travail, BIT Genève 1936.
253
Dizionario biografico degli italiani, Ist.Enc.Italiana , Roma 1991.
254
B.Zanobio, Fondazione, nascita, primi passi della Clinica del Lavoro di Milano. Suoi contesti storico e sociale, Med.Lav. 1992; 83,1:18-32.
248
30
consuntivo del primo triennio, Devoto evidenziava, tra gli argomenti studiati dalla Clinica del Lavoro, la patologia da
polveri; pertanto dal 1912, a livello medico-specialistico, si puntualizza l’incidenza delle patologie da polveri, nel
contesto industriale del nord Italia. Contemporaneamente, sempre a Milano, nel corso del primo Congresso
Internazionale per le malattie del lavoro tenutosi nel giugno 1906, venne nominata la Commissione Internazionale
Permanente per la Medicina del Lavoro, alla quale hanno aderito, negli anni seguenti, un numero sempre maggiore di
paesi; tale Commissione ha promosso lo studio delle malattie professionali, pubblicando successivamente un bollettino,
utile ai paesi membri per promuovere adeguamenti legislativi volti al miglioramento degli ambienti di lavoro255. Per
quanto riguarda gli infortuni sul lavoro e la loro prevenzione, si ricorda la Legge del 17 marzo 1898 n.80, pubblicata nel
n.75 della Gazzetta Ufficiale del Regno in data 31/3/1898, ed il successivo Regolamento generale applicativo per le
imprese e per le industrie, pubblicato nel n.148 della G.U. del Regno, in data 26/6/1899. All’art.7 del citato
regolamento, si segnala che “gli operai dovranno essere protetti dalle eventuali proiezioni sia dell’organo lavoratore,
sia della materia che stanno lavorando, con quei mezzi che la pratica avrà dimostrato adatti allo scopo senza dar luogo
ad altri inconvenienti”, introducendo così per la prima volta l’obbligo di adozione di mezzi di protezione individuale.
Il Regolamento per la prevenzione degli infortuni nelle miniere e nelle cave venne invece pubblicato al n.140 della G.U.
del Regno in data 26/6/1899256. A livello locale, vennero poi stilati numerosi regolamenti, relativi alle industrie
insalubri; tra questi si ricordano il Regolamento d’igiene della città di Torino, del 1905257, in cui nel cap.XVI, si ricorda
la necessità di decentrare le industrie insalubri, facendo riferimento all’art.38 della Legge sanitaria 22/12/1888 n.5849,
e l’innovativo Regolamento, introdotto sempre a Torino nel 1907258; quest’esemplare documento comprende 11 capitoli
con 104 articoli più un’appendice, contenente le disposizioni legislative per la vigilanza sulle industrie insalubri o
pericolose, ed un elenco di suddette ditte. Al cap.I art.2, si parla espressamente di aspirazione localizzata e al cap.4 art.
31-42 (cautele contro lo sviluppo e lo spandimento del pulviscolo) sono considerati i vari accorgimenti tecnici che gli
industriali possono scegliere di adottare, salvo migliorie richieste dagli ispettori comunali.
Questa inedita focalizzazione di un periodo ormai remoto, è stata laboriosa, ma necessaria per comprendere il contesto
dal quale sono scaturite due importanti sentenze dei primi del ‘900, le quali hanno confermato come vi fosse, all’epoca,
la consapevolezza della nocività dell’amianto. La vicenda giudiziaria vide protagonisti la società anonima The British
Asbestos Company Limited, già Perotti & Branny, avente sede in Londra e con succursale in Nole Canavese (piccolo
paese in provincia di Torino, in cui esisteva anche un’altra azienda produttrice di manufatti in amianto, denominata
Bender & Martiny) come parte attrice, ed il giornale “Il Progresso del Canavese e delle Valli Stura” 259, diretto
dall’avv.Carlo Pich, come parte convenuta. La parte attrice si sentì diffamata quando il giornale, descrivendo le
agitazioni sindacali in corso nell’azienda, segnalò la pericolosità dell’attività lavorativa svolta dalle maestranze presso
di essa, e l’importanza dell’esposizione ad amianto nel determinare una riduzione dell’attesa di vita (premorienza); tali
affermazioni, non smentite nonostante la richiesta di rettifica, scatenarono l’azione giudiziaria. Sia il Tribunale260sia
la Corte d’Appello di Torino261, furono concordi nel riconoscere come appropriata la segnalazione dei rischi presenti in
quel tipo di lavorazione, non smentiti completamente neppure dalla perizia del C.T. di parte attrice, prof. Luigi Pagliani.
I giudici considerarono gli scritti di Ramazzini, Sanarelli, Revelli, Albrecht, Giglioli, Bergmann e Graziadei, rivalutati,
nella loro attualità, dalla presente relazione come esperti di igiene industriale e patologie da lavoro, e fecero proprie le
conclusioni a cui gli studiosi erano giunti, quasi all’unanimità’, ormai da qualche anno, come si evince dalle numerose
pubblicazioni allegate. Le sentenze confermarono infatti che le polveri di amianto erano pericolose, e che potevano
determinare una patologia polmonare, spesso associata a tubercolosi, che portava prematuramente a morte.
E’ sorprendente constatare l’attualità scientifica che conservano, ancora oggi, queste sentenze, mentre le aziende in
oggetto fanno ormai parte della cosiddetta “archeologia dell’industria” 262, disciplina sorta in Gran Bretagna negli anni
’50 e volta alla riscoperta, allo studio, alla classificazione e conservazione degli edifici industriali.
Asbestosi
Il 1800 è stato caratterizzato dallo studio delle patologie conseguenti ad inalazione di polveri (pneumoconiosi263) con la
conseguente fibrosi polmonare, mentre nel 1900 viene approfondito quello delle singole tecnopatie, tra le quali
l’asbestosi.
L’asbestosi è stata evidenziata ai primi del ‘900, e già in quegli anni era nota la premorienza degli addetti alla
lavorazione dell’amianto. Significativi, a tale riguardo, risultano i lavori di L.Scarpa, D.Lovisetto, G.Mussa e
V.M.Palmieri.
255
L. Carozzi, Origine et développement de la Commission Internationale permanente pour la medicine du travail - Atti del I°Congresso
Internazionale per le malattie del lavoro, Milano giugno 1906.
E.Magrini, Infortuni sul lavoro, mezzi tecnici per prevenirli. Hoepli Ed, Milano 1903.
257
Città di Torino, Regolamento d’igiene, Vassallo Ed., Torino 1905.
258
Comune di Torino, Regolamento industrie insalubri,1 dicembre 1907.
259
Il Progresso del Canavese e delle Valli Stura, N.22 anno VI,/6/1906 - n.23 anno VI,8/6/1906 - n.24 anno VI 15/6/1906 - n.33 anno VI 17/8/1906 n.41 anno VI 12/10/1906 - n.44 anno VI 2/11/1906 - n.23 anno VII 7/6/1907 - n.24 anno VII 14/6/1907.
260
Tribunale di Torino, sez.II, sentenza civile. 1906 ottobre 22, ruolo n.1197=1906, n.cron. 8688, n. rep. 9914 (Archivio di Stato di Torino, sez.
riunite).
261
Corte d’Appello di Torino, sez. I civile, 1907 giugno 4, cron. n. 578, rep.n.325, sent. n.334, registro n. 116/1907 (Archivio di Stato di Torino, sez.
riunite).
262
K.Hudson,The Archeology of Industry, Newton Compton Ed., Roma 1979 ediz.italiana.
263
E. Ziegler, Trattato di anatomia patologica speciale, V.Pasquale Ed., Napoli 1891.
256
31
Nel 1898 Miss Deane, dell’Ispettorato del Lavoro dell’Inghilterra e del Galles, segnala che le occupazioni polverose,
incluse quelle dell’amianto, possono determinare patologie a carico dei bronchi e dei polmoni; in particolare, ricorda
che all’esame microscopico della polvere d’amianto si osservano delle particelle fusiformi che rimangono sospese a
lungo nell’aria, venendo così inalate più facilmente. Evidenzia infine una premorienza delle maestranze impiegate nel
settore tessile dell’amianto.
In Inghilterra la prima segnalazione di asbestosi è contenuta nella pubblicazione del dott. Murray264, medico del Charing
Cross Hospital di Londra, che nel 1906 richiede all’istituto assicuratore pubblico di indennizzare un caso di
insufficienza respiratoria grave in un cardatore di amianto di 33 anni, con anzianità lavorativa di 14 anni, da lui visitato
nel 1899 e deceduto l’anno successivo. Il caso viene respinto, perché al riscontro autoptico vengono evidenziate a
carico del polmone alterazioni fibro-sclerotiche accanto a lesioni tubercolari, nonostante che il dott. Murray avesse
segnalato che altri 10 operai della stessa ditta erano morti in modo analogo dopo esposizioni equivalenti.
L’interrogatorio del dott.Murray da parte della Commissione governativa, incaricata del riconoscimento delle malattie
professionali, viene riportato nel 1982 da Greenberg265 su una rivista scientifica americana, con un breve profilo del
medico inglese e con alcune notizie sull’impiego dell’amianto in quell’epoca e sulle segnalazioni della sua pericolosità
da parte del locale Ispettorato del lavoro. Murray afferma che la fibrosi polmonare riscontrata nel paziente è stata
causata dall’inalazione delle fibre di amianto, come pure le aderenze pleuriche evidenziate all’autopsia. Il
riconoscimento della tecnopatia viene tuttavia negato, attribuendo il decesso a tisi fibroide. Tale interrogatorio viene
poi riportato in italiano nel testo di Carnevale e Chellini266.
A Berlino nel 1907, nel contesto di un’esposizione di Igiene267, contemporanea al XIV Congresso Internazionale di
Igiene e Demografia, l’VIII sezione della mostra viene dedicata alle malattie professionali.
Nel XVIII Congresso di Medicina Interna tenutosi a Roma nel 1908, il dott. L. Scarpa268, del Policlinico Generale di
Torino, dopo aver premesso che nell’industria dell’amianto è occupato un numero esiguo di operai, segnala che su
27.000 ammalati di tubercolosi polmonare, curati dal 1892 al 1906, solo 30 provengono da aziende dove si estrae o si
utilizza amianto, e più precisamente 21 sono donne e 9 uomini. Tali operai sono morti tutti entro un anno dalla diagnosi,
tranne uno; la rapida evoluzione della malattia tubercolare in questi pazienti, viene posta in relazione con l’esposizione
ad amianto, e lo Scarpa conclude la sua relazione affermando che :
“.... ritengo giustificato il sospetto che l’industria dell’amianto costituisca, forse a motivo dello speciale pulviscolo a
cui dà luogo, una delle occupazioni più perniciose quanto a predisposizione verso la tubercolosi polmonare, sì che si
impongano speciali misure d’igiene e speciali misure di lavoro per gli operai che vi si adibiscono ....La classe
lavoratrice ha bisogno e possibilità di essere tutelata contro le insidie di quello stesso lavoro a cui chiede il
sostentamento, che paga non di rado a prezzo della propria salute e della propria esistenza”.
Nello stesso anno viene pubblicato dalla Hoepli un manuale divulgativo sulle malattie dei lavoratori e l’igiene
industriale269, curato dal dott. Allevi. Nell’introduzione l’autore ricorda che “il medico ha il dovere di essere
all’avanguardia d’ogni progresso sociale, perché nella diagnosi delle malattie non può dimenticare i rimedi necessari
alla difesa dell’individuo e della specie. Spesse volte, data la divergenza degli interessi, la sua parola riescirà a molti
molesta”. Il testo illustra i fattori professionali di premorienza e le varie tecnopatie, tra cui le malattie da polveri;
segnala la frequente associazione tra pneumoconiosi e tubercolosi polmonare, ed elenca i principali problemi di igiene
industriale, tra cui quelli relativi all’influenza perniciosa dell’industria sul vicinato. Descrive poi i principali mezzi di
protezione individuale ed i sistemi di aspirazione localizzata, ricorda infine l’utilità di armadietti separati per gli abiti
civili e le tute da lavoro, di un locale specifico adibito a mensa, di un’infermeria e di idonei servizi igienici, e auspica
l’istituzione di casse di maternità. Parlando della legislazione sociale, l’autore ricorda che sin dal 1363 a Venezia il
doge Lorenzo Celsi elesse i magistrati dei Giustizieri, con il compito di sorvegliare le fabbriche; Napoleone I il
15/10/1810 emise un decreto riguardante l’esercizio delle industrie, mentre nel Regno Lombardo-Veneto, con
ordinanza del 7/11/1843 si vietava l’impiego nelle industrie dei fanciulli con età inferiore ai 9 anni (14 anni per i lavori
pericolosi); Ferdinando II di Borbone, soprannominato il “Re Bomba”, nel 1850 promulgò una legge sul lavoro nelle
solfare.
Nel 1910 si laurea all’Università di Medicina e Chirurgia di Torino, con una tesi altamente innovativa270 su “un caso
mortale di asbestosi complicato da tubercolosi”, lo studente Giorgio Castagneri, nato a Nole Canavese l’1/6/1884,
iscritto al I anno accademico di Medicina nel 1903-1904, con successivo trasferimento alla Facoltà di Scienze nel
dicembre del 1903 e ritorno a Medicina nel 1904-1905. Castagneri si laurea271 con 88/110 il 12/7/1910, e si iscrive
264
H.Montague Murray “Report of the Department of Commitee on Compensation for Industrial Disease”, London, H.M. Stationery Office 1907,
pag.58.
265
M.Greenberg, The Montague Murray Case, Am.J.Ind.Med., 3:351-356, 1982.
266
F.Carnevale, E.Chellini, Amianto- Miracoli, virtù, vizi, Editoriale Tosca, Firenze 1992.
267
Il Ramazzini- Giornale italiano di medicina sociale, anno I, fasc.1, gennaio 1907.
268
L.Scarpa, Lavori dei Congressi di Medicina Interna- Industria dell’amianto e tubercolosi (XVIII Congresso tenuto in Roma nell’ottobre 1908),
Roma marzo 1909.
269
G.Allevi, Le malattie dei lavoratori e l’igiene industriale, Hoepli Ed., Milano 1908.
270
E.C. Vigliani, A glance at the early italian studies on the health effects of asbestos, Med.Lav. 82: 489-491, 1991.
271
Certificato di Laurea Segreteria della Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Torino, 21/1/97.
32
all’Ordine dei Medici il 19/9/1914 n.627; dopo aver svolto attività di ufficiale sanitario272 a Nole Canavese, muore il
3/7/1956.
Nell’ottobre del 1911 a Torino, nel salone della Camera di Commercio di via Ospedale 28, accanto al Regio Museo
dell’Industria, si tiene il III Congresso Nazionale per le Malattie del Lavoro273, con la partecipazione di numerosi
specialisti provenienti da tutta Italia. La terza seduta viene dedicata alla patologia polmonare da inalazione di polveri, e
nella relazione di Cesa-Bianchi e di Devoto, della Clinica del Lavoro di Milano, si ribadisce la crescente mortalità per
tubercolosi e per altre affezioni polmonari negli operai addetti alle industrie in cui si svolgono polveri; viene altresì
ricordata l’importanza del filtro naturale costituito dalle fosse nasali, la funzione protettiva dello starnuto, della
lacrimazione e della tosse, nonché il meccanismo di difesa rappresentato dal muco e dalle ciglia; si segnala poi la
maggiore deposizione di polvere nel polmone di destra, a causa delle maggiori dimensioni dei bronchi di questo lato e
conseguente maggiore afflusso di aria. Viene ricordata l’opportunità di non costruire case nelle immediate adiacenze dei
grandi stabilimenti industriali (cfr. p.285), per evitare i rischi da inquinamento ambientale. Nel suo intervento il prof.
Pagliani afferma che le polveri pericolose vanno eliminate nel loro punto di produzione. Cesa-Bianchi concorda con le
osservazioni dei dott. Loriga e Giglioli sul fatto che “possono esistere casi di pneumoconiosi gravi, capaci di decorrere
a sé, senza intervento di fattori infettivi specifici, con sintomi rilevanti ed a carattere progressivo, o con esito talora
letale”. (cfr.p.304) L’ing. E.Magrini, direttore della Mostra Permanente di Igiene Industriale annessa al Regio
Politecnico, interviene segnalando che suddetto istituto, fondato nel giugno 1909 e inaugurato nell’agosto del 1911, ha
come scopo quello di offrire consulenze gratuite sulle questioni di igiene industriale, tenendo un’aggiornata esposizione
permanente di apparecchiature per la prevenzione delle tecnopatie; a tale proposito, ricorda che “mentre lo studio
dell’igiene industriale, ebbe si può dire le sue origini in Italia, e trovò tra i nostri scienziati numerosi cultori, purtroppo
nella applicazione dei suoi fondamentali principi nei nostri stabilimenti industriali, ebbe fino ad ora uno sviluppo
minimo....Nei numerosi stabilimenti italiani è molto raro trovare in funzione ottimi e razionali sistemi di ventilazione,
per asportare i pulviscoli, le polveri.....”(cfr.p.534).
Sempre nel 1911 esce la traduzione italiana274 di un trattato francese sulle patologie polmonari, contenente una sezione
dedicata alle pneumoconiosi, nella quale si parla espressamente di un’eliminazione delle polveri depositatesi a livello
bronco-polmonare anche per via linfatica; come profilassi viene consigliata l’adozione di maschere protettrici e di
sistemi di ventilazione.
Nel 1913, su una rivista specialistica275, si segnala che nel giugno p.v. si svolgerà a Roma il IV Congresso Italiano di
Malattie Professionali, mentre nel 1914 si terrà a Vienna il III Congresso Internazionale di Malattie Professionali, con
un’apposita sezione sulle pneumoconiosi, avente come relatori Langlois (Paris), Oliver (New Castle), Devoto e CesaBianchi (Milano). A causa del conflitto bellico, ritengo che il convegno non abbia poi avuto luogo, tuttavia sono
presenti in letteratura gli articoli preparati per tale evento, tra i quali quello di Devoto276, che conferma le conclusioni
del Convegno di Torino del 1911. In particolare, l’autore afferma che “le polveri che si sviluppano nei mestieri sono
sempre dannose, in quanto che possono determinare a poco a poco alterazioni di diverso carattere dell’apparato
respiratorio.”
Nel 1918 sono state descritte per la prima volta le alterazioni radiologiche277 dell’asbestosi polmonare.
Nello stesso anno, negli Stati Uniti non si assicurano più i lavoratori dell’amianto per il rischio-vita, data la pericolosità
di questa lavorazione278.
Nel 1921 viene pubblicato un trattato tedesco279 contenente un capitolo sulle malattie per inalazione di polveri, dove si
segnala che i sintomi delle pneumoconiosi all’inizio sono sovrapponibili a quelli di un’ordinaria bronchite; per poter
effettuare una diagnosi precoce, occorre quindi svolgere sempre un’accurata anamnesi lavorativa.
Nel 1924, su una rivista medica britannica, viene riportato il caso di una donna deceduta dopo 20 anni di esposizione in
una ditta di tessitura dell’amianto, per fibrosi polmonare280.
Nel 1926 in Francia vengono riferite 50 morti, avvenute alla fine del secolo precedente in un’industria di filaturatessitura di amianto del Calvados281.
Nel 1927 Cooke, descrive la fibrosi polmonare degli esposti ad amianto designandola con il termine di asbestosi e parla
per primo dei “corpuscoli dell’asbesto”282.
Nel 1928 viene pubblicato un testo sulla Medicina del Lavoro del prof. Ferrannini283, direttore della Clinica Medica
della Regia Università di Cagliari; nel capitolo delle pneumoconiosi, pur non parlando espressamente dell’asbestosi,
272
Ricettario del dott. Giorgio Castagneri.
Atti del III Congresso Nazionale per le Malattie del Lavoro (malattie professionali), Torino, 13-16 ottobre 1911, L.Checchini Ed., Torino 1911.
274
P.Claisse, E.Mosny, Landouzy, Griffon, Triboulet, Barbier, Balzer, Menetrier, Mery, Babonneix, Le Noir, Malattie dei polmoni, dei bronchi e
della trachea, UTET Ed., Torino 1911.
275
Il Ramazzini, giornale italiano di medicina sociale, anno VII, fasc.1-2, gennaio-febbraio 1913.
276
L.Devoto, La pneumoconiosi, comunicazione al III Convegno Internazionale per le Malattie Professionali, Vienna 1914.
277
H.K.Pancoast, T.G.Miller & al., A roentgenologic study of the effects of dust inhalation upon the lungs, Am.J.Roentgenol., 1918, 5: 129-138.
278
F.L. Hoffman, Prudential Insurance Company, Mortality from respiratory disease in dusty trades, Inorganic dusts, Bull. U.S. Bureau of Labor Stat.
n.231, Ind. Accident Hyg. n.17- Washington D.C., U.S. Bureau of Labor 1918.
279
A.Strumpell, Trattato di Patologia speciale medica e Terapia, vol.I - parte I, Vallardi Ed., Milano 1921.
280
W.E. Cooke, Fibrosis of the lung, due to the inhalation of asbestos dust, Br. Med. J., 1924, 2 : 147.
281
M. Auribault, Note sur l’hygiène et la sécurité des ouvriers dans les filatures et tissages d’amiante, Bull. de l’Inspection du Travail, 1926,14 : 126132.
282
W.E.Cooke, Pulmonary asbestosis, Br.Med.J. 1927, 11:1024-1025.
283
L.Ferrannini, Medicina del Lavoro, Vallardi Ed., Milano 1928.
273
33
ricorda che tali malattie “iniziano in modo subdolo e procedono assai lentamente, in maniera che sono rilevate sempre
assai tardivamente.... Praticamente, dunque, tutte le polveri industriali si possono ritenere come nocive”. Molto
interessante risulta poi la rassegna bibliografica posta al fondo del capitolo, dalla quale si evince che il II Congresso
Nazionale di Malattie del Lavoro si era tenuto a Firenze nel 1909, il II Congresso Internazionale delle Malattie
Professionali a Bruxelles nel 1912 ed il I Congresso dell’Associazione tedesca di Igiene Industriale nel 1924.
Dopo le prime segnalazioni di Giglioli e Loriga, condivise da Cesa-Bianchi, nel corso del III Congresso Nazionale per
le Malattie del Lavoro del 1911 a Torino, nel 1928 Merewether, capo dell’Ispettorato del Lavoro inglese, incaricato di
svolgere uno studio epidemiologico sui danni da esposizione ad asbesto nell’industria tessile, e Price descrivono un
caso di asbestosi polmonare non complicato da tubercolosi284; gli stessi autori negli anni 1928-1930 conducono poi un
accurato studio sull’effetto della polvere d’amianto a carico dei polmoni nelle industrie inglesi, dal quale nel 1933
scaturisce un regolamento specifico sulla lavorazione dell’amianto, denominato Asbestos Industry Regulation.
Nel 1930 il prof. Caccuri285, noto clinico di Napoli, riassume in occasione del IX Congresso di Medicina del Lavoro
tenutosi a Roma, le conoscenze sulle malattie respiratorie da polveri. Elenca i pionieristici studi svolti da alcuni medici
liguri286, nella prima metà dell’800, sulle patologie da polveri nei lavoratori delle cave d’ardesia di Lavagna, già
magistralmente riassunti da Devoto nell’VIII Congresso di Medicina del Lavoro tenutosi a Napoli nell’ottobre 1929.
Ricorda tutti i convegni nazionali e internazionali nei quali è stata trattata la patologia da polveri, dal 1906 al 1929.
Auspica l’inserimento delle pneumoconiosi tra le patologie soggette a legge assicurativa; definisce le pneumoconiosi
ricordando il concetto estensivo formulato dal Maragliano e ripreso da Devoto; espone le diverse classificazioni delle
polveri, focalizzando tutte le lavorazioni polverose ed evidenziando che un dipendente inspira in un anno dai 15 ai 300
grammi di polvere; ricorda i moderni esami chimico-fisici sull’inquinamento ambientale utilizzati da Sokolov in Russia,
già espressi in mg/m3. Cita poi indagini equivalenti svolte da Giardina nelle miniere di zolfo della Sicilia e da
Mazzitelli nelle cave e negli opifici di Carrara; espone i dati sulla polverosità delle strade, ampiamente dibattuti nel IV
Congresso Nazionale di Igiene di Torino del 1926, dove è stata prospettata l’utilità dell’asfaltatura sistematica di tutte le
vie di comunicazione, al fine di ridurre notevolmente lo sviluppo di polvere. A tale proposito, ricorda le ricerche di
Palamidesi, del Laboratorio Batteriologico del Comune di Firenze, di Reitani a Torino e Manfredi a Napoli, sulla
presenza del bacillo di Koch nella polvere stradale. Riassume poi i principali lavori sulla morbilità delle attività
polverose, e per l’amianto, oltre alla pubblicazione di Scarpa, ricorda il lavoro di Dhers, basato sugli studi di
Merewether e Price, che mette in evidenza come la frequenza della fibrosi polmonare sia in rapporto con la durata degli
anni di lavoro e con la concentrazione delle polveri. Cita poi due indagini fondamentali: “recentemente Lovisetto287 in
Italia ha pubblicato uno studio sugli operai sia della fabbrica di amianto a Basse di Dora288 (1902-1912), sia nei nuovi
locali molto più salubri a Pozzo Strada vicino a Torino. L’A. ha potuto notare come questi lavoratori fino a 3-4 anni di
servizio soffrono soltanto di faringite e tosse stizzosa senza espettorazione, mentre in media dopo 5 anni si cominciano
a notare lievi alterazioni polmonari, e dopo 10 fatti ancora più gravi: di questi operai riporta 3 casi di asbestosi
probabilmente misti a tubercolosi. Anche il Mussa289 ha seguito delle ricerche cliniche e radiologiche sugli operai dello
stabilimento Bender & Martiny di Nole Canavese, notando molti casi di lesioni polmonari anche pure, senza cioè
partecipazione del bacillo di Koch”. I lavori di Lovisetto e Mussa sono contenuti in una pubblicazione del Ministero
delle Corporazioni, richiesta dal Ministro Giuseppe Bottai ad uso legislativo, al fine di poter inserire suddette patologie
nell’ambito delle tecnopatie assicurate, e curata da A. Anselmi, direttore generale delle Corporazioni – (N.d.R).
Caccuri ricorda l’importanza della predisposizione individuale, per fattori ereditari o ipersensibilità, nella genesi della
componente asmatica, correlata con alcune pneumoconiosi e già evidenziata da Bastai e Frugoni (lo scopritore dei danni
da fumo passivo, N.d.R.) ; Giovanni Loriga riassume le conoscenze internazionali sulla pneumoconiosi; Giacomo
Bianchi focalizza le pneumoconiosi dei lavoratori del marmo, con osservazioni cliniche, radiologiche e ricerche
sperimentali; Luigi Turano propone uno studio radiologico (con ricerche cliniche e batteriologiche) sull’apparato
respiratorio degli operai addetti alla lavorazione del marmo a Carrara; Domenico Lovisetto e Giovanni Mussa
presentano due ampi studi clinico-radiologici sull’asbestosi polmonare, descrivendo poi dettagliatamente i casi relativi a
6 dipendenti della Capamianto di Torino e a 15 della Bender & Martiny di Nole Canavese.
Sempre nel 1930 il libero docente in medicina-legale Vincenzo Palmieri290, descrive l’asbestosi polmonare su una
rivista specialistica291, segnalando tra l’altro l’utilizzazione dell’amianto per l’imbottitura di materassi; elenca i sintomi
cardinali di questa malattia (dispnea e tosse), ricorda il metodo proposto nel 1930 da Roodhouse Gloyne per evidenziare
le fibre di amianto nell’escreato292, indica l’utilità del radiogramma toracico, che risulta patognomonico (fibrosi fine),
284
E.R.A. Merewether, C.W. Price, Report on effect of asbestos dust on the lungs and dust suppression in the asbestos industry, London
H.M.Stationery Office, 1930.
285
S.Caccuri, Le malattie respiratorie da polveri, Cordani Ed., Milano 1930.
286
Mongiardini 1808, Imperiale Accademia Genovese di Scienze e Lettere- N. Della Torre 1846, Congresso degli Scienziati Italiani, Genova.
287
D.Lovisetto (medico di fabbrica della Capamianto di Torino), Asbestosi, in “Studi sulla pneumoconiosi in Italia”, Ministero delle Corporazioni,
Ist.Poligrafico dello Stato, Roma 1930 : 115-132.
288
ASCT, Guida di Torino anno 1910, strada vicinale delle Basse di Dora.
289
G.Mussa (direttore del dispensario antitubercolare di Ciriè), Note cliniche e radiologiche sulla pneumoconiosi da amianto, in “Studi sulla
pneumoconiosi in Italia”, Ministero delle Corporazioni, Ist.Poligrafico dello Stato, Roma 1930 : 133-140.
290
Chi è? Dizionario degli italiani d’oggi, voce “Palmieri”, IV edizione, Cenacolo Ed., Roma 1940.
291
V.M.Palmieri, L’asbestosi polmonare, Riforma Medica, 46, 1207, 1930.
292
S.Roodhouse, The Lancet, n.5557, 1930.
34
rammenta la prognosi spesso fatale dell’asbestosi, l’assenza di cure efficaci e il quadro anatomo-patologico all’autopsia
(ispessimento pleurico, fibrosi basale del parenchima, evidenza istologica dei corpuscoli dell’asbesto).
Nel 1931 esce un trattato sulla tubercolosi293, curato da Devoto, nel quale l’igienista di Bologna Ottolenghi sviluppa il
capitolo relativo alla tubercolosi nei suoi rapporti sociali e professionali; nel libro sono riportate le quantità di polveri
che raggiungono i polmoni nel corso dell’anno a seconda delle professioni ed è segnalata la premorienza degli addetti a
lavorazioni polverose. Sisto, direttore della Clinica Medica Generale della Regia Università di Modena, tratta la parte
relativa alla costituzione, predisposizione, e disposizione individuale verso le tecnopatie.
Nello stesso anno, viene pubblicato un libro sulla clinica delle tecnopatie, a cura del prof. Quarelli294, direttore
dell’Istituto di Clinica delle malattie Professionali della Regia Università di Torino, e primario di medicina
dell’Osp.Maggiore di S.Giovanni Battista e della città di Torino. Il testo, noto anche per l’innovativa sezione sulle
dermopatie professionali, svolta in collaborazione con il prof. Enzo Bizzozzero, direttore della Clinica
Dermosifilopatica della Regia Università di Torino, contiene un capitolo sulle pneumoconiosi, nel quale si segnalano i
lavori di Oliver sull’asbestosi, e l’utilità della ricerca dei corpuscoli dell’asbesto nell’escreato ai fini diagnostici. Dalle
didascalie delle numerose illustrazioni, si apprende l’esistenza di un museo annesso alla Clinica delle Malattie
Professionali dell’Osp.Maggiore S.Giovanni Battista.
Nel 1932, Devoto riassume su una rivista specialistica295 i 30 anni di studi sulle malattie professionali in Italia,
riprendendo i principali concetti in chiave anche politica, sociale ed economica e ricordando che l’Ufficio
Internazionale del Lavoro è nato in seguito ai disposti previsti nella parte XIII del Trattato di Versailles del 1919.
Ricorda poi che la Conferenza Internazionale di Washington riconosceva testualmente “come esistano condizioni di
lavoro che significano per moltissimi l’ingiustizia, la miseria e le privazioni....”. Devoto riferisce ancora che a Ginevra
Carozzi sta coordinando la stesura dell’Enciclopedia di Igiene e Patologia del Lavoro, in collaborazione con i più grandi
specialisti di ogni paese, per conto del BIT.
Sempre nel 1932 Pieraccini si presenta al concorso per la cattedra di Medicina del Lavoro della Regia Università di
Napoli296; tra i suoi lavori, risulta particolarmente interessante quello del 1908, che analizza le patologie dei lavoratori
delle miniere e degli alti forni dell’Elba, considerandoli in gruppi omogenei (metodologia sviluppata nelle mappe di
rischio previste dalla L.833/78), a differenza di quanto fatto da tutti gli autori sino a quel momento; in precedenza,
infatti, si sono studiate le tecnopatie attraverso un collegamento eziologico con il lavoro, considerato globalmente per
lavorazioni e/o gruppi di industrie similari.
Nel 1932 il BIT pubblica un’enciclopedia297 di igiene del lavoro e delle relative patologie, in cui alla voce “polveri”
sono descritte dal prof. Max Sternberg di Vienna le pneumoconiosi; per quanto riguarda l’asbestosi, vengono elencati
gli studi clinici svolti sino ad allora nei diversi paesi (non sono citati i lavori di Lovisetto e Mussa). Ulteriori notizie
sull’amianto sono poi riportate sotto altre voci.
Nel 1933 viene pubblicata un’altra edizione della stessa enciclopedia, che non presenta modifiche, per quanto riguarda
l’asbestosi, rispetto a quella del ’32. Nel 1938 viene invece pubblicato il I supplemento dell’enciclopedia, che contiene
tra l’altro l’aggiornamento sull’asbestosi redatto da Gloyne e Merewether, come segnalato in una recensione di
E.C.Vigliani dello stesso anno.
Il famoso manuale pratico di medicina interna di Ceconi e Micheli298, adottato dagli studenti di Medicina, nel 1933
riceve l’encomio dalla Reale Accademia d’Italia per aver contribuito all’affermazione della scienza medica italiana
all’estero; il testo, descrivendo le pneumoconiosi, riferisce che “è stata descritta di recente anche una forma di
pneumoconiosi che si osserva nei lavoratori dell’amianto (asbestosi), la quale si esplica in processi di indurimento
sclerotico, talvolta anche broncopneumonitici localizzati in preferenza nei lobi inferiori con tendenza alla fusione
purulenta (Rostoki). L’importanza attuale dell’asbestosi come malattia professionale risulta evidente per la circostanza
che la produzione mondiale di asbesto che nel 1880 era di sole 500 tonnellate, era salita nel 1929 a 430.000 tonnellate
(E.Merewether)”. Questo testo sottolinea poi l’importanza della predisposizione individuale e segnala che all’inizio la
sintomatologia dell’asbestosi si sovrappone a quella della bronchite. La prognosi è favorevole se l’operaio viene
allontanato dall’esposizione, mentre in caso contrario subentra una dispnea ingravescente, con enfisema e cardiopatia
secondaria, e il decorso, non di rado complicato da tubercolosi, evolve inevitabilmente verso la morte.
Sull’Enciclopedia Italiana del 1933, ad opera del prof .Nicolò Castellino, direttore dell’Istituto di Medicina del Lavoro
della Regia Università di Napoli, viene citata l’asbestosi come “pneumoconiosi professionale dovuta ad inalazione di
polvere di amianto, che determina una peribronchite fibrosa, con consecutiva retrazione del tessuto circostante e una
polmonite interstiziale cronica”; le cosiddette “malattie da polveri minerali”, che comprendevano in un tutt’uno
silicosi ed asbestosi, vengono quindi ad essere differenziate tra loro anche a livello divulgativo299.
293
L.Devoto, Trattato della tubercolosi, Vallardi Ed., Milano 1931.
G.Quarelli, Clinica delle malattie professionali, UTET, Torino 1931.
295
L.Devoto, Una disciplina italiana e i trenta anni del suo giornale, La Medicina del Lavoro, n.12, dicembre 1931-X, Cordani Ed., Milano 1932-X.
296
G.Pieraccini, Elenco delle pubblicazioni, Bernardino Ed., Siena 1932-X.
297
BIT, Hygiène du travail, vol.II, G-Z, Genève 1932- Id., 1933.
298
A.Ceconi, F.Micheli, Medicina Interna, vol.II, Minerva Medica Ed., Torino 1937.
299
N.Castellino (R.Univ. di Napoli, Med. Lavoro) & L.Carozzi (Uff. Int. del Lavoro, Ginevra), Voce “lavoro” (patologia del lavoro & igiene del
lavoro), Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti, vol.XX, Ist.Giovanni Treccani, Roma 1933.
294
35
Nel 1934 Quarelli segnala un caso di tracheite da asbesto, insorta in un’operaia di una manifattura d’amianto, che
appena entrava in fabbrica veniva colpita da accessi di tosse stizzosa300
Nel 1935 Lanza e Mc Connell effettuano un’indagine per conto della Compagnia Asicurativa americana Metropolitan
Life Insurance Company, evidenziando, attraverso la radiografia del torace, che i 2/3 dei dipendenti delle ditte che
lavorano amianto, impiegati da più di 3 anni, sono affetti da asbestosi301. In questi ultimi anni, nel corso di
procedimenti giudiziari, è emerso che il Lanza tutelava gli interessi economici degli imprenditori e degli assicuratori,
dicendo ai colleghi che visitavano gli operai esposti ad amianto che non vi era un incremento del rischio tale da
giustificare l’informazione dei lavoratori302.
Contemporaneamente, a Bruxelles si svolge il VII Congresso Internazionale delle Malattie da Lavoro303, ed una
sessione è interamente dedicata alla lotta contro le polveri. Middleton (Londra) e Bordas (Parigi), parlano della
raccolta dei campioni e dell’analisi delle polveri (conteggio e diametro delle particelle di polvere mediante “impinger”,
coniometro circolare o a getto e precipitatore termico); Deladriere (Bruxelles) e Boerma (L’Aja) espongono le diverse
modalità di intervento contro le polveri sospese nell’aria (aspirazione, maschere); Teleky (Vienna) e Pieraccini
(Firenze) evidenziano i criteri di selezione degli operai esposti a polveri dannose; Policard (Lione), Martin (St.Etienne)
e Denet (Obourg-les-Mons) riassumono i segni di allarme per la diagnosi precoce di pneumoconiosi e per
l’allontanamento dal lavoro nocivo (radiografia e anamnesi lavorativa).
Nel 1937-XV l’Ente Nazionale di propaganda per la Prevenzione Infortuni (ENPI), pubblica al n.6 della collana, una
monografia di G.A.Vigliani, allora direttore sanitario dell’ENPI e padre del più volte citato E.C.Vigliani, relativa agli
istituti di medicina industriale. Il raro ed interessante volume segnala che, nel giugno ’36, era stato inaugurato il centro
di Milano, successivamente i centri di Genova, Firenze, Napoli ed infine quelli di Roma e Torino. Il libretto riporta le
fotografie della sala-visite, delle apparecchiature oculistiche, del laboratorio di tossicologia, della radiologia, dello
spettrografo, del reparto psicotecnico, del fotometro spettrale, dell’apparecchiatura dei tempi di scelta e reazione, del
reparto di neuropatologia e della biblioteca. Proprio lo spettrografo Zeiss, installato a Torino, era uno dei più avanzati
del mondo (in funzione, all’epoca, solo in altri quattro laboratori stranieri) e consentiva esami tossicologici sbalorditivi
per quei tempi. Dalla citata pubblicazione, si deduce che era ormai nata la moderna Medicina del Lavoro, con le sue
varie specializzazioni; l'ENPI infatti, già allora, non si limitava a svolgere le visite periodiche, ma effettuava controlli
biologici ed ambientali e si occupava attivamente di ricerca scientifica. Il riordino giuridico dell’ENPI, nel periodo
post-bellico, è avvenuto con la L.n.2390 del 9/12/52 (G.U.n.302 del 31/12/52), mentre il nuovo statuto è contenuto nel
D.P.R.n.1512 del 18/12/54 (G.U. n.77 del 4/4/1955); successive modifiche allo statuto sono state apportate con il
D.P.R.n.1146 del 28/7/60 (G.U.n.260 del 22/10/60)304.
Nel 1938 Dreessen e Dellavalle effettuano un’indagine su oltre 500 lavoratori di un’industria tessile esposti ad amianto,
sottostimando il rischio a causa dell’esclusione di circa 150 lavoratori, licenziati poco prima dalla ditta perché
ammalati305.
Nello stesso anno E.C. Vigliani, segnala, su una pubblicazione bimestrale dell’ENPI, l’uscita di un supplemento
sull’amianto, curato da Gloyne e Merewether, dell’Encyclopédie d’hygiène du travail, del BIT306.
La prima pubblicazione di casi di asbestosi in Italia, con descrizione anatomo-patologica esauriente, risale al 1940, ma
le due donne erano decedute ed erano state sottoposte ad autopsia nel 1937 e 1938307.
Nel 1939 E.C. Vigliani308, in una rivista specialistica, descrive le caratteristiche cliniche, radiologiche e anatomopatologiche dell’asbestosi, segnalando che già nel 1908 Scarpa, al XVIII Congresso di Medicina Interna, aveva riferito
la morte per lesioni polmonari di 29 operai addetti alla lavorazione dell’amianto, e che nel 1914 in Germania Fahr e
Feigel avevano parlato di strani cristalli trovati nei polmoni di un operaio di una manifattura di amianto, morto per
sclerosi polmonare. Vigliani ricorda altresì che vi sono ormai più di 70 pubblicazioni sul tema e che nel 1938 gli
americani hanno introdotto la concentrazione limite di 5 milioni di particelle per piede cubo (173 pp/cm3); segnala
infine l’opportunità di non adibire alla lavorazione dell’amianto le persone affette da patologie cardiache, polmonari e
pleuriche, e di dotare comunque le maestranze di maschere e le aziende di aspiratori. Le visite preventive e periodiche
devono essere precedute da una radiografia del torace.
Nel 1940 Vigliani descrive dal punto di vista clinico-radiologico i due casi mortali di asbestosi309 già trattati dal punto
di vista anatomo-patologico da Mottura e Fagiano, correlando il lavoro con un’ampia rassegna bibliografica. Si tratta di
due donne: una, deceduta a 56 anni, ha lavorato 30 in una fabbrica di corde d’amianto di Torino, l’altra deceduta a 50
anni, ha lavorato per 7 anni in gioventù in una manifattura di amianto di Nole Canavese.
300
G.Quarelli, Tracheite da asbesto, Med.Lav. 25:218-233, 1934.
A.J.Lanza, W.J.Mc Connell & al., Effects of the inhalation of asbestos dust on the lungs of asbestos workers, Public Health Rep., 50:1, 1935.
302
D.E. Lilienfeld, M.S. Engin, The silence: the asbestos industry and early occupational cancer research. A case study, Am.J.Public Health, 81:
791-800, 1991.
303
Atti del VIIme Congrès International des accidents et des maladies du travail, tome III,maladies du travail, Vromans Ed., Bruxelles 1935.
304
Legge n.2390 del 19/12/1952, Riorganizzazione giuridica dell’ENPI, G.U.n.302 del 31/12/52 - D.P.R.n.1512 del 18/12/54, Approvazione dello
statuto dell’ENPI, G.U.n.77 del 4/4/1955 - D.P.R.n.1146 del 28/7/1960, Modificazioni allo statuto dell’ENPI, G.U.n.260 del 22/10/1960.
305
W.C.Dreessen, J.M.Dellavalle & al., A study of asbestosis in the asbestos textile industry, Public Health Bull., n.241, 1938.
306
G.A.Vigliani, Rassegna di medicina applicata al lavoro industriale, anno IX n.4, Roma agosto 1938.
307
G.Mottura, E.Fagiano, Anatomia patologica e patogenesi dell’asbestosi polmonare, Rass.Med. Indust.,11/5/1940.
308
E.C.Vigliani, Asbestosi polmonare, Rass.Med.Indust., X-6, 1-12, 1939.
309
E.C.Vigliani, Due casi mortali di asbestosi, Rass. Med. Ind., XI - 1: 26-52, 1940.
301
36
Ancora Vigliani, nel 1940, pubblica un bellissimo studio sull’asbestosi in 4 manifatture d’amianto situate in Torino e
Provincia310 (Società Italo-Russa per l’Amianto, Capamianto, Bender & Martiny, e una ditta produttrice di materiali
d’attrito). L’elaborato è suddiviso in una prima parte in cui vengono trattate le questioni di igiene del lavoro, ed in una
seconda, comprendente i problemi clinico-radiologici, incluse le complicanze tubercolari e neoplastiche. Su 442 operai
esaminati, 76 sono affetti da asbestosi, risultata più grave nei reparti con concentrazione di polvere più elevata (> 200
pp/cc). Vengono infine ringraziati i direttori delle manifatture ing. Gori, ing. Rossetti, ing. Nodari e ing. Boggio, dott.
e rag. Ferrabino.
Sempre nel 1940 viene pubblicato il trattato del prof. Preti311, ordinario di Medicina del Lavoro e direttore della Clinica
del Lavoro della Regia Università di Milano. Sul testo sono descritte la patogenesi, l’anatomia patologica, la
sintomatologia clinica, il quadro radiologico dell’asbestosi, la sua prognosi infausta e peggiore di quella della silicosi, e
sono elencati i mezzi preventivi generali ed individuali.
Nello stesso anno viene pubblicata una monografia sulla silicosi312 a cura di Quarelli, nella quale si segnala che le
pubblicazioni relative a questa tecnopatia sono ormai più di 4.000; il testo contiene un capitolo sulla prevenzione, dove
sono citate le modalità delle visite periodiche, i vari sistemi di aspirazione e le diverse maschere anti-polvere. Questi
suggerimenti possono essere applicati anche per la prevenzione dell’asbestosi. Nell’anno successivo, anche Vigliani,
nel corso di un importante convegno svoltosi a Torino, affronta il problema della diagnosi clinica e della prevenzione
della silicosi, illustrando alcune metodiche di campionamento ambientale313 utili anche per le indagini relative
all’asbestosi.
La prevenzione medica dell’asbestosi viene presa in considerazione nel 1941, nella relazione della Commissione
ENPI314 presieduta da Cesa-Bianchi (direttore della Clinica Medica della Regia Università di Milano) ed avente come
membri Vigliani, in qualità di segretario, Mottura, Castellino ed altri illustri clinici, oltre al dott. Mario Azario, direttore
dei servizi sanitari della FIAT.
Nella relazione si sottolinea l’importanza di accurate visite preventive all’atto
dell’assunzione, nonché di visite periodiche annuali associate a radiografie del torace e a controlli specialistici
otorinolaringoiatrici; tali visite periodiche possono poi essere svolte ogni sei mesi oppure ogni due anni, fermo restando
il controllo radiografico del torace a cadenza annuale. L’obbligo delle visite è poi sancito successivamente dall’art.5
della legge assicurativa delle pneumoconiosi, in vigore dal 1943; tuttavia l’ispettorato del Lavoro può prescrivere
anch’esso delle visite mediche, indipendentemente dal disposto legislativo di cui all’art.5 della citata legge. Dal
Convegno sulle pneumoconiosi, promosso dall’ENPI a Torino nel 1941, scaturì anche la fondazione del Centro per lo
Studio e la Prevenzione delle Pneumoconiosi, creato al fine di approfondire il problema preventivo, terapeutico e
assicurativo della silicosi e dell’asbestosi (Commissione Legislativa 5/2/1943-XXI , XXX Legislatura, I della camera
dei Fasci e delle Corporazioni).
Ancora nel 1941 viene pubblicata un’interessante rassegna dei quadri radiologici315 dell’asbestosi polmonare, nella
quale vengono fornite precise indicazioni di tecnica radiografica e viene adottata una classificazione radiologica in
stadi dell’asbestosi (I stadio: sottile fibrosi con accentuazione basale della trama polmonare- II stadio: incremento dei
segni precedenti - III stadio: maggiore addensamento fibroso, con sottilissime strie a guisa di raggi - IV stadio: gravi
alterazioni fibrotiche non più compatibili con il lavoro); si segnala inoltre che negli Stati Uniti vi sono 12.000 persone
esposte all’inalazione di polveri di amianto, in Inghilterra 3.000 e in Italia 1.000, delle quali la massima parte in
Piemonte.
Nel 1943 viene pubblicato un ulteriore aggiornamento radiologico dell’asbestosi316, con un’indagine clinico-radiologica
degli operai della più importante cava di amianto di Italia, e più precisamente quella di San Vittore a Balangero, in
provincia di Torino. I 276 operai oggetto dell’indagine abitano nelle vicinanze dello stabilimento, a distanze variabili tra
i 2 ai 15 Km; tragitto che quasi tutti, forti fumatori di pipa e bevitori di alcolici, compiono in bicicletta. Solo in una
piccola percentuale di casi si evidenziano lesioni a carattere pneumoconiotico, sempre di grado molto lieve.
Nel 1949 viene descritta da un medico dell’Istituto di Medicina Legale e delle Assicurazioni dell’Università di Genova
l’asbestosi dei lavoratori portuali317, addetti alla coibentazione delle navi presso il porto di Genova.
Nello stesso anno un allievo del prof. Vigliani pubblica una rassegna318 delle teorie patogenetiche sull’asbestosi,
considerando le ipotesi chimiche, fisiche e miste della fibrogenesi polmonare.
Al Congresso Nazionale di Medicina del Lavoro, svoltosi a Genova nel ’49, Vigliani presenta la statistica319 dei casi di
asbestosi diagnosticati in Piemonte tra il 1941 e il 1948: la percentuale più alta di lavoratori affetti da asbestosi risulta
310
E.C.Vigliani, Studio sull’asbestosi nelle manifatture d’amianto, ENPI Ed., collana n.34 delle pubblicazioni degli Istituti di Medicina Industriale
dell’ENPI, 1940.
L.Preti, Trattato di patologia medica del lavoro, Cordani Ed., Milano 1940.
312
G.Quarelli, G.De Dominicis, La silicosi, Società Reale Mutua Assicurazioni, Torino 1940.
313
E.C.Vigliani, I-Diagnosi clinica della silicosi, II-Prevenzione della silicosi, da Atti del Convegno sulla Silicosi, Torino 22-23/2/1941, ENPI Ed.
1941.
314
Centro per lo Studio e la Prevenzione delle Pneumoconiosi, Relazioni delle Commissioni degli esperti medici, tecnici e medico-legali sui problemi
diagnostici, preventivi e assicurativi della silicosi e dell’asbestosi, ENPI, 1941-XX.
315
G.Mastrosimone, I quadri radiologici dell’asbestosi polmonare, Rass.Med.Ind., 12 (8-9): 429-452, 1941.
316
F.Stoppani, A.Velicogna, Osservazioni sull’asbestosi, La Medicina Contemporanea, 9 (10) : 225-230, 1943.
317
G.Canepa, L’asbestosi nei lavoratori portuali, Zacchia, 12 (3-4):188-205, 1949.
318
A.Annoni, La patogenesi dell’asbestosi, Rass. Med. Inf. Patol. Lav. 2 (4) : 507-518, 1949.
319
E.C.Vigliani, Lo stato attuale della silicosi in Italia, in Atti del XV Congresso Nazionale di Medicina del Lavoro, Genova 1949.
311
37
essere nelle manifatture tessili di amianto (18%), seguite dalle industrie di freni e frizioni e dalle cave (circa 13%) ed
infine da quelle del cemento-amianto (2,5%).
Ancora nel 1949 alcuni medici-legali genovesi segnalano un caso autoptico di asbestosi in un coibentatore di navi
deceduto per infortunio320. Gli autori evidenziano una discrepanza tra l’estesa fibrosi polmonare e l’assenza di
sintomatologia dispnoica.
Nel 1950 a Sidney si svolge la III Conferenza Internazionale sulle Pneumoconiosi321, dove vengono le varie forme
cliniche, i meccanismi patogenetici delle diverse polveri, i tests funzionali, gli esami di laboratorio e il loro valore per la
determinazione del grado di incapacità lavorativa, la possibilità di diagnosi precoce, la diagnosi differenziale, le
complicazioni, le misure preventive, le visite periodiche.
Nel 1951 un assistente del prof. Vigliani segnala che le asbestosi nel settore del cemento-amianto sono salite al 3% dei
lavoratori esposti322.
Nel 1953 un medico della Clinica Dermatologica dell’Università di Genova pubblica una casistica di lesioni
dermatologiche323 negli addetti alla coibentazione delle navi; gli operai che vengono a contatto con materiali contenenti
amianto (per lo più cordone-amianto, capisolite, amosite, magnesia-amianto, tela-amianto, fibretta-amianto e
martinite), presentano spesso le cosiddette “verruche da amianto”, cioè elementi papulo-nodulari di tipo granulomatoso,
al centro dei quali è possibile rinvenire frammenti di fibre di amianto; tali lesioni insorgono alle mani nei soggetti che
non usano guanti protettivi.
Nel 1953 Vigliani pubblica una relazione sull’attività svolta dal Centro per lo Studio e la Prevenzione della
Pneumoconiosi324, creato dall’ENPI nel 1942 presso la Clinica del Lavoro dell’Università di Milano. Su tale
pubblicazione, viene descritto l’impiego delle unità mobili per lo svolgimento degli esami schermografici; nel 1951
vennero effettuate con tali mezzi 95.156 schermografie in 1057 stabilimenti, e nel 1952 altre 106.040 in 1333
stabilimenti. La distribuzione, per regione, degli operai delle industrie polverose schermografati dagli autocarri
radiologici dell’ENPI, vede in testa la Lombardia, seguita da Piemonte, Veneto, Liguria, Toscana, Sardegna, Emilia,
Lazio, Campania, Marche e Basilicata, mentre nelle rimanenti regioni tali interventi non sono stati svolti. Gli operai
esposti ad amianto visitati nel 1951 sono 951; il 22,4% di essi presenta segni di asbestosi, lieve nel 17,4%, media nel
4,2% e grave nello 0,8% dei casi, mentre non risultano associazioni tra asbestosi e tubercolosi.
Nel 1955 viene stabilita la valutazione dell’invalidità permanente325 in rapporto alla natura e all’entità della
pneumoconiosi, attraverso una valutazione della funzionalità polmonare.
Nello stesso anno vengono pubblicati: un lavoro che evidenzia le frequenti reazioni pleuriche negli individui affetti da
asbestosi326, un articolo sui rilievi elettrocardiografici in 88 casi di asbestosi polmonare327, ed un riepilogo dei casi di
asbestosi in Italia tra il 1946 e il 1954328, dove si segnala che, su 489 casi denunciati, sono state concesse 205 rendite
per asbestosi, di cui 181 in Piemonte (153 sono operai in manifatture d’amianto, adibiti per lo più alla filatura), 11 in
Lombardia e 13 in Liguria.
Nel 1956 viene nuovamente considerato il problema delle pneumoconiosi nei lavoratori portuali329, viene ulteriormente
approfondito lo studio delle patologie cardio-vascolari associate all’asbestosi330, e viene presentata un’altra
classificazione dell’asbestosi331, che tiene conto dell’aspetto radiologico, dell’anamnesi e del riscontro nell’escreato dei
corpi asbestosici, sottolineando l’utilità della stratigrafia nell’eventuale diagnosi di una complicanza neoplastica, e
dell’elettrocardiogramma nei casi di associazione di patologie cardio-vascolari.
Nel 1957 vengono pubblicati due testi specialistici: uno francese332, del professore di Medicina del Lavoro di Parigi, che
contiene una schematica descrizione dell’asbestosi, ed uno italiano333, di anatomia patologica, nel quale Mottura redige
il capitolo sulle pneumoconiosi, con una moderna descrizione anatomo-patologica dell’asbestosi e la segnalazione di un
elevato numero di carcinomi polmonari nei malati di asbestosi.
Nello stesso anno vengono pubblicati tre articoli, che focalizzano la ridotta funzionalità polmonare degli asbestosici,
segnalando l’insufficienza respiratoria334 (volumi polmonari e capacità di ventilazione), il blocco alveolo-
320
A.Franchini,G.Canepa, Contributo allo studio anatomo-patologico dell’asbestosi polmonare, Med. Lav. 40 (6-7) : 161-172, 1949.
Bureau International du Travail, Troisième Conférence Internationale d’experts en pneumoconioses, Sydney, 1950, ILO, Genève 1953.
322
L.Parmeggiani, Rilievi statistici sulle pneumoconiosi nella industria del cemento, Rass. Med. Ind., 20: 400-409, 1951.
323
G.Farris, Verruche da amianto ed altre manifestazioni cutanee nei lavoratori dei “coibenti”, Rass. Med. Ind.,12 (1) : 1-17, 1953.
324
E.C.Vigliani, Relazione sulla attività svolta dal Centro per lo Studio e la Prevenzione delle Pneumoconiosi, creato dall’ENPI presso la Clinica del
Lavoro dell’Università di Milano, negli anni 1951-1952, Bollettino Schermografico VI (9-10) : 1-5, 1953.
325
E.C.Vigliani, C.M.Cattabeni, L’Evaluation de l’incapacité de travail due à la Pneumoconiose, Atti del IV Congresso dell’Accademia
Internazionale di Medicina Legale e di Medicina Sociale, Genova 1955.
326
P.Ollino, Le reazioni pleuriche nel quadro radiologico dell’asbestosi polmonare, Arch.Sci.Med.100 (II):403-413, 1955.
327
F.Gobbato, A. Meda, G.Monarca, Rilievi elettrocardiografici in 88 casi di asbestosi polmonare, G.Accad.Med. Torino, 118 : 31-37, 1955.
328
R.Ricciardi Pollini, L’asbestosi in Italia nel periodo 1946-1954, Riv.Ing.Mal.Prof. 42 : 780-784, 1955.
329
F.Molfino, D.Zannini, Malattie polmonari da polveri nei lavoratori dei porti, Folia Medica, 39 (6):525-539, 1956.
330
G.Odaglia, D.Zannini, Contributo allo studio dell’apparato cardiovascolare nell’asbestosi, Lav.Um.,VIII:529-550, 1956.
331
A.Francia, Aspetti radiologici dell’asbestosi polmonare. Min.Med.,98:1928-1937, 1956.
332
H.Desoille, Médicine du travail et maladies professionnelles, Flammarion Ed., Paris 1957.
333
F.Vanzetti, Trattato italiano di anatomia patologica, UTET 1957.
334
E.Gaffuri, A.Berra, Insufficienza respiratoria nell’asbestosi, Min.Med. 48:1639-1643, 1957.
321
38
capillare335(capacità vitale, volume residuo e saturazione in O2 del sangue arterioso) e l’alterazione scintigrafica da
fibrosi polmonare336( albumina radioiodata).
Nel 1959 Vigliani pubblica un bell’articolo sui valori-limite ambientali337 delle diverse sostanze (TLV), nel quale
sottolinea che essi non tutelano i casi di allergia; i soggetti ipersensibili non risultano quindi sufficientemente protetti, e
di conseguenza la prevenzione medica è meno efficace di quella anti-infortunistica, che prevede la tutela di tutte le
maestranze, con margini tecnici decisamente più ampi. La sicurezza tecnica risulta pertanto molto più efficace di quella
medica.
Nel 1960 vengono pubblicati gli atti della Conferenza sulle Pneumoconiosi338 tenutasi a Johannesburg nel 1959, dove
sono state esposte tutte le conoscenze relative all’igiene ambientale, alla prevenzione, all’eziologia, alla patologia
clinica e alla diagnostica delle tecnopatie da polveri, incluse le metodiche analitiche mediante microscopio elettronico;
in particolare J.C.Wagner ha trattato gli aspetti patologici dell’asbestosi in Sud Africa, C.A.Sleggs quelli clinici
dell’asbestosi a Capo Nord e M. Hurwitz gli aspetti radiologici dell’asbestosi.
Nello stesso anno l’Encyclopédie Médico-Chirurgicale339 aggiorna la voce “exploration fonctionnelle pulmonaire”,
puntualizzando tutte le prove spirometriche che sono ancor oggi utilizzate per la valutazione del danno funzionale
respiratorio.
Contemporaneamente in Germania esce un trattato sull’asbestosi340, comprendente l’analisi dei vari tipi d’amianto, la
patogenesi, la clinica, la diagnostica radiologica, le prove funzionali, le complicazioni e la profilassi.
Sempre nel 1960 escono in Italia diversi lavori sull’asbestosi, tra i quali si ricordano: - un’indagine igienico-sanitaria
svolta dalla Clinica del Lavoro dell’Università di Napoli in una ditta che produce manufatti in fibro-cemento341,
attraverso ripetute determinazioni della concentrazione ambientale delle polveri, considerando l’umidità relativa; il
controllo clinico di 530 dipendenti porta al riscontro di un solo caso di asbestosi e di nessuna tubercolosi polmonare due lavori clinici della scuola torinese, relativi ad un’indagine broncologica342 in soggetti affetti da asbestosi (non
lesioni bronchiali tipiche) e alla compromissione cardio-vascolare e respiratoria343, risultata direttamente proporzionale
alla gravità della fibrosi per riduzione della superficie respirante.
Nel 1961 in Inghilterra viene pubblicato un lavoro riepilogativo sull’analisi radiologica delle pneumoconiosi in rapporto
all’esposizione a polveri344.
Nello stesso anno viene pubblicato in Francia un trattato sulle broncopneumopatie professionali che descrive in modo
molto accurato e moderno l’asbestosi, segnalando la sospetta associazione con neoplasie polmonari, già riscontrata nel
1935 da Kenneth, Lynch e Cannon, nel 1936 da Gloyne, nel 1942 da Welz, nel 1943 da Wedder, nel 1947 da
Desmeules, Rousseau, Giroux e Sirois345
Nel 1963 la CECA346 pubblica gli atti di un convegno sulle pneumoconiosi svoltosi a Bruxelles nel 1961.
Sempre nel 1963 esce il I volume del testo di Medicina del Lavoro347 del cattedratico di Napoli, nel quale è contenuto
un bellissimo capitolo sulla storia dello sviluppo internazionale della medicina del lavoro, curato da Ferraro, dal quale si
apprende che la Svezia è stata il primo paese, nel 1887, a riconoscere le malattie professionali, equiparandole agli
infortuni sul lavoro, in una legge sulla tutela assicurativa dei lavoratori. Nel 1965 esce il II volume348 , con un capitolo
sull’asbestosi curato da Fati, il quale, oltre a descrivere la malattia in modo moderno ed esauriente, elenca tra le
complicanze sia il cancro del polmone sia il mesotelioma della pleura (Wagner) e del peritoneo (Keal).
Nel 1966 si svolge a Vienna il XV Congresso Internazionale di Medicina del Lavoro, in cui Sartorelli349 espone un
riepilogo dei suoi studi sulla compromissione della diffusione alveolo-capillare nell’asbestosi.
Nel 1967 Vigliani viene invitato a San Francisco per il XIX Convegno dell’Accademia Americana di Medicina del
Lavoro, dove riassume la storia e l’attività della Clinica “Devoto”, che nel 1966 aveva diagnosticato 49 casi di
asbestosi350.
Nel 1968 si tiene a Dresda, nella D.D.R., un’ importante Conferenza Internazionale351 sull’asbestosi, nella quale, in
presenza dei maggiori studiosi mondiali, vengono riepilogate tutte le conoscenze di mineralogia, i modelli di patogenesi
335
E.Sartorelli, Asbestosi grave con sindrome del blocco alveolo-capillare, Med.Lav. 48 (5):358-362, 1957.
F.Sulotto, G.C.Coscia, G.Meo, G.Cardellino, M.D’Onofrio, La scintigrafia polmonare nell’asbestosi, Med.Lav.58,10: 609-617, 1957.
337
E.C.Vigliani, Criteri di orientamento sulle cosiddette “massime concentrazioni biologiche tollerabili”, Med.Lav. 50:323-327, 1959.
338
Proceedins on the Pneumoconiosis Conference, Johannesburg february 1959, Churchill Ed., London 1960.
339
P.Sadoul, Encyclopédie médico-chirurgicale, voce “poumon, exploration fonctionnelle”, Paris 1960.
340
H. Bohling, G.Jacob, H.Müller,Die asbestose der lungen, G.Thieme Verlag, Stuttgart 1960.
341
C.Vecchione, Indagine igienico-sanitaria in un moderno stabilimento per la lavorazione dei manufatti in fibrocemento e affini, Min.Med.
43:1182-1198, 1960.
342
E.Concina, O.Orlandi, G.A.Teso, Il quadro broncologico dell’asbestosi, Min.Med. 51(19):797-809, 1960.
343
G.Scansetti, G.F.Rubino, Analisi comparata della compromissione cardiovascolare e respiratoria nell’asbestosi polmonare, Min.Med. 51(19): 817, 1960.
344
D.Hicks, J.W.J.Fay, J.R.Ashford, S.Rae, The relation between pneumoconiosis and environmental conditions, National Coal Board’s
Pneumoconiosis Field Research, Londra 1961.
345
C.Gernez-Rieux, M.Marchand, P.Mounier-Kuhn, A.Policard, L.Roche, Broncho-pneumopathies professionnelles, Masson & Cie Ed., Paris 1961.
346
CECA, Le pneumoconiosi, n.3 collezione di igiene e medicina del lavoro, Lussemburgo 1963.
347
S.Caccuri, La Medicina del Lavoro, I vol., Wassermann & C. Ed., Milano 1963.
348
Id., II vol. Milano 1965.
349
E.Sartorelli, Methode en régime stable pour l’étude de la diffusion pulmonaire du CO dans l’asbestose, da Atti del XV Congresso Intern. di
Medicina del Lavoro, Vienna 1966.
350
E.C.Vigliani, Practice of occupational medicine in the Clinica del Lavoro “Luigi Devoto”, Arch. Environ Health, 17: 135-142, 1968.
351
Internationale Konferenz über die biologischen Wirkungen des Asbestos, Dresden aprile 1968.
336
39
sperimentale, le metodiche di radiologia diagnostica, le prove spirometriche, e viene inoltre ribadita la cancerogenicità
dell’amianto, con studi sui mesoteliomi pleurici e peritoneali e sui cancri polmonari. Gli italiani sono rappresentati da
Vigliani e collaboratori, che presentano uno studio di citotossicità352 dell’asbesto ed un’indagine epidemiologica353 sui
lavoratori dell’amianto nel Nord Italia; tali lavori sono poi comparsi anche su riviste specialistiche nazionali.
Nello stesso anno ancora Vigliani pubblica due interessanti lavori, uno relativo alla risposta fibrogenetica354 del
polmone alle fibre d’amianto, l’altro sulla frequenza dell’asbestosi e sulle cause di morte tra i malati di asbestosi
indennizzati nella provincia di Torino355. Quest’ultimo viene letto nel corso del Convegno sulle Patologie da Asbesto,
tenutosi a Torino nel giugno ’68, in presenza di numerosi politici, sindacalisti e studiosi, tra i quali il prof. Cesare
Rotta e il prof. Lorenzo Crosetti, succedutisi nella direzione della Sanità FIAT di quel periodo. Secondo la
pubblicazione di Vigliani, nella provincia di Torino, tra il ’43 e il ’67, erano stati indennizzati per asbestosi 607
lavoratori, di cui 195 deceduti (16 per neoplasie polmonari o pleuriche; uno solo proveniente dalle cave, e ben 15 dalle
manifatture) ; nel marzo ’68 risultavano assicurati 2305 operai.
Nel 1968 esce inoltre la II edizione di un testo inglese356 sulla funzionalità polmonare, con ampia retrospettiva
sull’evoluzione delle prove di funzionalità respiratoria e descrizione delle più recenti acquisizioni in materia.
Nel 1969 viene pubblicata in Sud Africa un’ampia rassegna bibliografica357 di tutta la letteratura sull’amianto, con
riassunto degli articoli relativi al periodo 1960-1968.
Nel 1970 il Sottocomitato per l’asbestosi della Commissione Permanente dell’Associazione Internazionale di Medicina
del Lavoro358, organizza a Cagliari, in occasione del XXXIII Congresso Nazionale di Medicina del Lavoro, una tavola
rotonda sulla diagnosi radiologica, sulle prove funzionali e sulle indagini ambientali relative alle patologie correlate ad
esposizone ad amianto.
Nel 1970 Giovanni Berlinguer pubblica un libro sulla salute nelle fabbriche359, nel quale vengono raccolte le
testimonianze degli operai sulle condizioni di lavoro delle principali aziende nazionali. Dall’inchiesta risulta che oltre il
60% delle aziende presenta problemi legati alle polveri, conseguenti soprattutto ad una mancata o insufficiente
aspirazione.
Nel 1973 si tiene a Lione un importantissimo Convegno Internazionale360, dal quale emerge con chiarezza che tutti i tipi
di amianto risultano cancerogeni per l’uomo; tra i relatori non vi sono studiosi italiani. Viene allegata la parte del testo
con le comunicazioni relative alle caratteristiche chimiche dell’asbesto, ai corpi ferruginosi, al rapporto tra
immunologia ed asbestosi, all’importanza dei fattori chimici nei meccanismi eziologici delle patologie da amianto.
Sempre nel 1973 esce una nuova edizione dell’Enciclopedia del BIT361, in cui la voce “asbestosi” risultava già
esauriente sin dalla stesura del Carozzi del lontano 1938. Vengono qui ampiamente descritte tutte le complicazioni
neoplastiche e le modalità preventive.
Ancora nel 1973 Vigliani pubblica una valutazione del ruolo svolto dai fattori infettivi nella pneumoconiosi362.
Nel 1977 Francesco e Annamaria Candura pubblicano un testo di storia e prospettive della medicina del lavoro363, nel
quale citano i primi scioperi dei lavoratori egizi; descrivono l’organizzazione del lavoro nell’antica Cina e in India,
dove venivano retribuite le assenze per malattia; riportano i contratti di lavoro dell’antica Grecia, di Roma repubblicana
(istituzione delle corporazioni) ed imperiale, e le prime norme igieniche introdotte già nella civiltà minoica a Creta.
Viene poi descritta la realtà medievale (tutela degli infortuni da parte dei Longobardi), con lo sviluppo degli scambi dei
manufatti artigianali attraverso i mercanti e l’istituzione delle prime casse di mutuo soccorso, gestite dalle varie
corporazioni. Gli autori sottolineano l’importanza dell’opera di Bernardo Ramazzini e infine analizzano il concetto di
rischio, dal quale scaturisce la prevenzione delle tecnopatie.
Giovanni Berlinguer, nel 1979 aggiorna la voce “igiene del lavoro” dell’Enciclopedia Treccani364, sottolineando che
“malgrado il moltiplicarsi di conoscenze sulle cause di malattia collegate all’attività produttiva, l’espansione
capitalistica coincidente con la prima rivoluzione industriale causò tuttavia ciò che Marx definì genocidio pacifico”.
Nel 1979 si tiene a Caracas la V Conferenza Internazionale delle Pneumoconiosi365, in cui, per quanto riguarda
l’amianto, vengono comparate le varie tecniche di conteggio delle fibre, nei campionamenti ambientali delle diverse
lavorazioni. Non risultano relatori italiani.
Nello stesso anno viene pubblicato il libro di Crepet 366sulla medicina del lavoro, nel quale viene trattato l’argomento
dell’associazione tra amianto e cancro polmonare, nota già intorno al 1930, riportando i lavori di Mc Donald (minatori),
352
E.Parazzi, B.Pernis, G.C.Secchi, E.C.Vigliani, Studies on “in vitro” cytotoxicity of asbestos dusts, Med.Lav. 59 (10):561-574, 1968.
E.C.Vigliani, I.Ghezzi, P.Maranzana, B.Pernis, Epidemiological study of asbestos workers in northern Italy, Med.Lav. 59 (8-9): 481-485, 1968.
354
E.C.Vigliani, The fibrogenic response to asbestos, Med.Lav. 59 (6-7):401-410, 1968.
355
E.C.Vigliani, P.Maranzana, I.Ghezzi, Frequenza dell’asbestosi e cause di morte tra gli asbestosici indennizzati nella provincia di Torino, da Atti
del Convegno di Studi sulla Patologia da Asbesto, Torino 21 giugno 1968.
356
J.E.Cotes, Lung function, Blackwell Ed., Oxford 1968.
357
S.Williams, Asbestosis bibliography, State Library Ed., Pretoria 1969.
358
Atti del XXXIII Congresso Nazionale di Medicina del Lavoro, Cagliari 1970.
359
G.Berlinguer, La salute nelle fabbriche, Laterza Ed., Bari 1970.
360
W.H.O., Biological effects of asbestos, IARC Ed., Lyon 1973.
361
BIT, Encyclopédie de médicine, d’hygiène et de sécurité du travail, vol.I A-K, Genève 1973.
362
E.C.Vigliani, Valutazione del rischio pneumoconiogeno, ruolo svolto dai fattori infettivi, Med.Lav. 64 (9-10), 1973.
363
F. Candura, A.Candura, Il pericolo non è un mestiere, SUGARCo Ed., Milano 1977.
364
G.Berlinguer, voce Igiene del lavoro, IV appendice, 1961-1978, Enciclopedia italiana di Scienze, Lettere ed Arti, Treccani Ed., Roma 1979.
365
ILO, VthInternational Pneumoconiosis Conference, Caracas 1978.
366
M.Crepet, Medicina del Lavoro, UTET, Torino 1979.
353
40
Meurman (minatori), Doll (tessili), Newhouse (tessili), Selikoff (coibentatori). Vengono segnalati casi di mesotelioma
in minatori (Wagner e Webster), nell’impiego di crocidolite (Newhouse e Tompson), nella cantieristica navale (Mc
Ewen, Elmes, Hain, Zielhaus e Gobbato), nella produzione di manufatti (Mc Donald); vengono poi focalizzate le
manifestazioni pleuriche benigne “a colata di cera”, spesso non associate a fibrosi asbestosica e ritenute un segno di
pregressa esposizione ad asbesto, anche non professionale ma prolungata nel tempo. Spesso tali lesioni appaiono in
abitanti di zone limitrofe ad un giacimento o ad una manifattura, e non sono segni premonitori di mesotelioma (Rubino
e Scansetti).
Nel 1980 esce il nuovo testo di medicina del lavoro di Desoille367, che ribadisce i concetti espressi negli altri trattati.
Sempre nel 1980 viene proposta una nuova classificazione368 delle radiografie per le pneumoconiosi.
Nello stesso anno esce il testo di medicina preventiva369 dei lavoratori di Pettinati e Perrelli, che sottolinea l’importanza
della prevenzione delle tecnopatie, in particolare delle pneumoconiosi e delle neoplasie, elencando i pregi e i difetti dei
vari mezzi di protezione, e le modalità per la corretta esecuzione degli esami funzionali di monitoraggio.
Ancora nel 1980 esce la ristampa della VI edizione del famoso testo sulle tecnopatie di Hunter370, che riassume tutte le
vicende storiche, cliniche e preventive relative all’utilizzo dell’amianto.
Contemporaneamente, viene pubblicato il testo americano di Peters & Peters371, che analizza gli aspetti medici, legali ed
ingegneristici collegati all’impiego dell’amianto; gli autori focalizzano anche le problematiche relative
all’ipersensibilità individuale, e indicano le norme di buona tecnica in uso presso i militari.
Nel 1982 una rivista dell’INAIL segnala la concessione del premio Buccheri-La Ferla372 per il biennio ‘81-‘82 a Irving
Selikoff, per i suoi studi sull’amianto; lo studioso americano, direttore dell’istituto di Scienze Ambientali di New York,
nel corso della premiazione, afferma che “nei prossimi vent’anni vi saranno 200 decessi alla settimana nei soli Stati
Uniti dovuti a tumori provocati dalla lavorazione dell’amianto373”.
Sempre nel 1982, alla Fondazione Carlo Erba, Pernis espone le varie teorie relative alle fibrosi polmonari croniche374.
Nel 1983 Rubino375 riassume le patologie da amianto per un testo di aggiornamento rivolto a tutta la classe medica
italiana.
Nello stesso anno esce la II ristampa del testo di medicina del lavoro di Vigliani e Bonsignore376, nel quale si afferma
che “.....sono numerosi i casi di mesoteliomi nei quali non è stato possibile documentare un’esposizione professionale o
accidentale ad amianto” (pag.266).
Nel 1988 si svolge a Bologna un Convegno sulle broncopneumopatie ambientali377, nel quale Ciaccia sottolinea il
rischio dovuto alle fibre alternative all’amianto (lana di vetro, lana di roccia e lana di scoria)
Nello stesso anno la Rivista INAIL segnala la concessione del premio Buccheri-La Ferla per la medicina del lavoro al
prof. Rubino378, per gli studi sull’amianto e i suoi sostituti negli ambienti di vita379.
Nel 1989 un’indagine sulla frequenza dell’asbestosi in Italia380 evidenzia circa 3000 titolari di rendita per asbestosi, in
soggetti residenti soprattutto in Piemonte, Lombardia, Liguria, Campania e Puglia, con precedenti lavorativi per lo più
nel settore del cemento-amianto, della cantieristica navale e della produzione di freni e frizioni.
Nel 1990 l’Istituto Superiore di Sanità pubblica un’interessante rassegna bibliografica sulle ricerche relative alle
patologie da amianto, svolte in Italia dal 1930 al 1990381, includendo spesso i riassunti dei lavori citati. Questa
iniziativa, già intrapresa all’estero sia per l’asbestosi sia per tutte le pneumoconiosi, riprende due pubblicazioni
precedenti dello stesso istituto, che nell’82 avevano portato alle stampe il periodo 1930-1982 (cfr. ISTISAN 1982/18), e
nell’89 il periodo 1983-1989 (cfr. ISTISAN ‘89/21).
Nel 1991 esce un testo sulle patologie da fibre minerali, a cura di un canadese e di un’inglese382. Il volume contiene
interessanti notizie sulle prime indagini compiute in Inghilterra nel 1898 dall’Ispettorato del Lavoro; gli autori
segnalano che dal loro punto di vista il crisotilo appare più pericoloso degli anfiboli negli esperimenti su animali, ma
meno pericoloso negli uomini; evidenziano poi la pericolosità delle fibre alternative.
367
H.Desoille, Précis de Médicine du Travail, Masson Ed., Paris 1980.
Occupational Safety and Health Series n.22 (Rev.), Guidelines for the use of ILO International Classification of radiographs of pneumoconioses,
ILO Geneva 1980.
369
L.Pettinati, G.Perrelli, Elementi di medicina preventiva dei lavoratori, Cortina Ed., Torino 1980.
370
D.Hunter, The diseases of occupation, Hodder & Stoughton Ed., London 1980.
371
G.A.Peters, B.J.Peters, Sourcebook on Asbestos Disease, Garland SPTM Ed., N.Y. 1980.
372
INAIL, Rivista degli infortuni e delle malattie professionali, LXIX, 4-5, 1982.
373
Id., LXIX, 6, 1982.
374
B.Pernis, L’immunocitologia del polmone nelle fibrosi polmonari croniche, Fondazione Carlo Erba, Milano 1982.
375
G.F.Rubino, Le malattie da asbesto, Fed.Med., XXXVI-2:144-152, 1983.
376
E.C.Vigliani, A.D.Bonsignore, Medicina del Lavoro, ECIG , Genova 1983.
377
F.Zanardi, P.Pitotto, A.D.Bonsignore, P.Pieri, A. Ciaccia, A.Papi, De Vecchi, P.Ricci, Le broncopneumopatie ambientali, A.N.M.A.F.S. Bologna
1988 .
378
INAIL, Rivista degli infortuni e delle malattie professionali, LXXV,6, 1988.
379
G.F.Rubino, L’amianto ed i suoi sostituti negli ambienti di vita, Conferenza dell’ottobre ’89 presso la villa Tornabuoni Lemmi di Careggi.
380
E.Merler, E.Chellini, Epidemiologia dei tumori primitivi della pleura, Annali Ist.Sup.Sanità, 28:133-146, 1992.
381
L.Paoletti, M.Diociaiuti, A.Torrice, S.Cavallo, M.De Santis, C.P.Vollono, M.Maggini, G.M.Petrelli, G.Donelli, Ricerche ed indagini sull’asbesto in
Italia: bibliografia analitica 1930-1990, Istituto Superiore di Sanità , Roma 1990.
382
D.Liddell, K.Miller, Mineral fibers and health, CRC Press, Boca Raton 1991.
368
41
Sempre nel ’91 viene segnalato un caso di asbestosi in un camionista383, che aveva inalato delle fibre di amianto
presenti nell’aria proveniente, attraverso il riscaldamento, dal vano motore, nel quale era contenuto del materiale
isolante in amianto.
Nel 1992 viene segnalato l’incremento delle pleuropatie benigne384 in assenza di asbestosi, in esposti ad amianto; tali
lesioni non devono essere valutate solo come indicatori di pregressa esposizione, ma come vere manifestazioni
morbose.
Nel 1992-93 compaiono diverse segnalazioni385 sulla insufficiente tutela per la salute dei lavoratori, conseguente a
valori-limite ambientali per le fibre d’amianto troppo elevati, sino al 1970, nonostante che le conoscenze scientifiche
indicassero già allora la necessità di ridurre ulteriormente l’esposizione.
Nel 1994 esce la III edizione del testo di Parkes386 sulle tecnopatie polmonari. Su questa edizione l’autore puntualizza
l’importanza delle prime fibre inalate nella genesi dei mesoteliomi.
Nel 1996 viene nuovamente evidenziata l’inadeguatezza dei precedenti TLV per l’amianto387, riprendendo la vicenda di
Lanza del 1935.
Fibrosi polmonare
La fibrosi polmonare indotta dall’asbestosi viene rilevata sul piano clinico e radiologico solo in stadio relativamente
avanzato. Tale particolarità era già stata focalizzata da Franchini e Canepa, in una pubblicazione del 1949, che riporta il
caso di riscontro autoptico di fibrosi in un coibentatore di navi, deceduto per infortunio sul lavoro ed asintomatico ai
controlli clinici periodici.
Il meccanismo patogenetico e le caratteristiche istologiche della fibrosi polmonare indotta da alcune polveri minerali,
sono stati descritti in modo magistrale da Zenker388 nel suo lavoro del 1867, che può essere considerato il capostipite
degli studi anatomopatologici sulle pneumoconiosi, e su di esso si sono basati i successivi autori per le ulteriori ricerche
nel settore (ad esempio Ziegler nel 1891). Zenker è inoltre stato il primo ad utilizzare il termine “pneumoconiosi”, così
come riconosciuto anche dagli autori francesi.
Tra le numerose pubblicazioni scientifiche riguardanti l’aspetto
anatomo-patologico delle pneumoconiosi, si ricordano ancora, in ordine cronologico:
♦ il pregevole lavoro di Müller389 del 1907, che descrive, oltre al meccanismo di depurazione polmonare per via
linfatica, anche il ruolo dei macrofagi;
♦ il testo di P.Claisse del 1911, che conferma le osservazioni di Müller;
♦ quello di Foà del 1921390, nel quale vengono riassunte le principali tappe della ricerca sulle pneumoconiosi;
♦ la traduzione italiana, uscita nel 1921, della 22°edizione del testo di Strümpell, che sottolinea la necessità di
informare il lavoratore dei rischi conseguenti all’esposizione a polvere;
♦ il lavoro di Harvier391 del 1926, in cui l’autore ricorda la proposta del Congresso Internazionale di Londra del 1902
di classificare le pneumoconiosi non in base all’origine della polvere, ma in rapporto ai caratteri nocivi;
♦ la pubblicazione di Kaufmann392 del 1929, che sottolinea l’importanza della quantità complessiva di polvere
inspirata, descrivendo per i casi di fibrosi più grave un vero processo di “cirrosi polmonare”;
♦ il testo di Vanzetti393del 1940, dedicato al suo maestro Foà, ad uso degli studenti di medicina, che contiene un
capitolo sulle pneumoconiosi redatto da Mottura, con una moderna descrizione dell’asbestosi ed una precisa
segnalazione sulla sua frequente associazione con il cancro polmonare;
♦ il testo di Bezançon394 del 1942, che segnala l’importanza e la frequenza della silicosi;
♦ quello di Bufano395 del 1949, che include tra le pneumoconiosi anche l’asbestosi, segnalando che può colpire sia i
minatori delle miniere d’amianto sia i lavoratori che producono e confezionano i prodotti di amianto; l’autore
ricorda infine che le pneumoconiosi più gravi sono la silicosi e l’asbestosi;
♦ la nuova edizione del Vanzetti, pubblicata nel 1957, con un aggiornamento sull’asbestosi sempre a cura di Mottura.
L’inalazione e la conseguente deposizione nel polmone di fibre di asbesto, possono determinare una fibrosi polmonare
diffusa (DIF), chiamata “asbestosi” da Cooke nel 1927 e avente caratteristiche diverse da quelle provocate da silice o da
polveri miste. L’asbesto, grazie alle sue caratteristiche polianioniche, quando giunge a contatto con i macrofagi
alveolari stimola la produzione di interleuchina 1, la quale attiva la formazione di collagene da parte dei fibroblasti, e, in
383
R.Calisti, A Sgarzi, Asbestosi in un autotrasportatore: caso clinico e analisi dell’esposizione, Med.Lav.82:30-37, 1991.
G.Chiappino, G.Pierucci, Le pleuropatie benigne da amianto: significato clinico prognostico ed aspetti medico-legali, Med.Lav. 83:244-248,
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W.A.Cook, TLVs for asbestos, Am.J.of Ind.Med., 21:765-766, 1992 - G.V.Coles, TLVs for asbestos, Am.J.of Ind.Med., 23:955-957, 1993 M.Corn, TLVs for asbestos, id., 959 - T.F.Mancuso, TLVs for asbestos, id., 961-965 - G.H.Schepers, TLVs for asbestos, id., 967-969.
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394
F.Bezançon, L.Bernard & al., Précis de pathologie médicale, Masson Ed., Paris 1942.
395
M.Bufano, Trattato di patologia speciale medica e terapia, Vallardi Ed., Milano 1949.
384
42
modo non-antigene-specifico, la proliferazione dei linfociti T. Tali linfociti, in presenza di qualsiasi tipo di antigene,
inviano un messaggio di ritorno ai macrofagi alveolari, che incrementano la produzione degli antigeni di membrana Ia
(antigeni di istocompatibilità del tipo II); questi ultimi, sempre che vi siano antigeni, stimolano nuovamente i linfociti T,
in maniera questa volta antigene-specifica. Si crea così un circuito nel quale la fibrosi polmonare origina per la
presenza di asbesto e di antigeni; da questo ciclo deriva, da parte dei fibroblasti, la produzione di collagene, e da parte
dei linfociti B la produzione di plasmacellule e immuno-globuline. Essendo la fibra di asbesto indistruttibile, suddetto
processo procederà sino a che vi sono antigeni intorno ad essa, con sempre maggiore intensità. Questo spiega il motivo
per cui, in alcune persone, la fibrosi è più precoce e massiva, mentre molte altre risultano indenni. Condizioni di iperreattività immunitaria, quali l’artrite reumatoide e il lupus eritematoso, o situazioni infettive, quali tubercolosi
polmonare, bronchiti e polmoniti, determinano certamente uno stato di ipersensibilità, che controindica maggiormente
l’esposizione ad amianto.
Sotto il profilo anatomo-patologico, il polmone diviene rigido, poiché la fibrosi provoca la perdita della caratteristica
elasticità del parenchima. La penetrazione delle fibre determina poi una desquamazione intra-alveolare, a cui fa seguito
una fibrosi della parete; in certi casi, le prime alterazioni sono a carico dei bronchioli, e da essi la fibrosi progredirebbe
in senso peribronchiale e alveolare, determinandone un inspessimento, tant’è che spesso gli alveoli delle zone colpite da
asbestosi si presentano rivestite da cellule epiteliali cubiche anziché pavimentose.
La struttura aghiforme di alcuni tipi di fibre di amianto (anfiboli), consente una loro rapida penetrazione nella
profondità del parenchima polmonare, in virtù del cosiddetto “effetto spugna” conseguente agli atti respiratori stessi.
Vengono così interessate dapprima le basi polmonari, essendo questa l’area di maggior mobilità, nonché le zone
polmonari adiacenti al cuore e quelle sottopleuriche; in esse si vengono a determinare micro-lesioni e micro-emorragie
parenchimali, che spiegano l’andamento cronico-evolutivo della malattia asbestosica, anche nei soggetti non
ipersensibili e non affetti da broncopneumopatie croniche.
Nel polmone e nell’escreato delle persone che hanno inalato amianto, si riscontrano poi i cosiddetti “corpuscoli
dell’asbesto”: si tratta di strutture allungate, di circa 10-30 µ di lunghezza e 2-3 µ di diametro, di colorito giallastro,
composte centralmente da una fibra allargata all’estremità e ricoperta da uno strato amorfo-proteico contenente granuli
di ferritina. Tali corpuscoli si formerebbero a seguito della grande capacità del minerale di assorbire proteine, acido
ialuronico e ferritina. Essi rappresentano una prova dell’avvenuta esposizione, ma non costituiscono segno di malattia.
Da un punto di vista clinico, il primo sintomo di asbestosi è rappresentato dalla dispnea, che spesso compare
tardivamente, quando buona parte del parenchima polmonare risulta già fibrotico. All’esame obiettivo, nei pazienti
affetti da asbestosi sono spesso riscontrabili dei crepitii alle basi. La diagnosi precoce della malattia è resa possibile
dalla radiografia del torace, che permette il riscontro delle lesioni caratteristiche della fibrosi asbestosica; inizialmente
si osserva un’accentuazione a livello basale della reticolazione “a tela di ragno”, che nelle forme più avanzate determina
il tipico aspetto “a vetro smerigliato”. Le prove spirometriche evidenziano generalmente un’insufficienza respiratoria
restrittiva, tanto maggiore quanto più elevato è il grado di fibrosi; nei casi di fibrosi radiologicamente avanzata, esiste
poi un’evidente alterazione del rapporto ventilazione/perfusione, con riduzione della capacità di diffusione sia a riposo
sia sotto sforzo. I pazienti affetti da asbestosi, oltre alla già citata dispnea da sforzo, presentano spesso algie
interscapolari e basali, dovute all’impegno pleurico; sovente vi è tosse, con scarsa espettorazione vischiosa, soprattutto
nei mesi invernali. Nell’espettorato, sono presenti, come già detto, i tipici “corpuscoli dell’asbesto”, oltre a numerosi
siderociti che, unitamente ai corpuscoli, possono costituire, secondo alcuni, un segno pre-radiologico di asbestosi.
Nell’asbestosi i disturbi clinici si presentano di solito più precocemente che nella silicosi, e dipendono, oltre che dalla
sensibilità individuale, dalla natura e dall’entità dell’esposizione.
Nelle condizioni lavorative comuni in passato (esposizioni medio-gravi), dopo circa 5-10 anni di latenza comparivano
alterazioni croniche e lentamente progressive, rappresentate da un inspessimento fibroso, diffuso, simmetrico e
minutamente reticolare di tutta l’impalcatura di sostegno dei polmoni, ed in particolare dei setti inter-alveolari. Poiché
alcune lavorazioni dell’amianto erano anche in passato poco faticose, spesso si è assistito alla permanenza sul luogo di
lavoro di pazienti affetti da tecnopatia in stadio avanzato. Troppo spesso, nonostante l’esistenza di apposite facilitazioni
assicurative, l’ammalato abbandonava l’esposizione a rischio con grave ritardo.
Tali esposizioni protratte,
contribuivano a far aggravare ulteriormente e più rapidamente il quadro fibrosico, e, in alcuni soggetti ipersensibili, si
giungeva prematuramente a morte per scompenso di cuore o per bronco-polmoniti intercorrenti; molto frequente era
poi il decesso per associazione a tubercolosi polmonare. In questi casi più gravi, l’evoluzione complessiva della
malattia poteva rivestire un arco di circa 15 anni dall’inizio dell’esposizione. In caso di esposizioni più lievi, per
minore concentrazione ambientale o per ridotta esposizione temporale (ad esempio per precoce abbandono dell’attività
a rischio), i tempi della malattia si allungavano considerevolmente, ed in alcuni casi veniva segnalata la coesistenza di
cancro bronco-polmonare. L’asbestosi presenta generalmente un andamento cronico-ingravescente, per cui non vi sono
miglioramenti neppure dopo la cessazione dell’esposizione lavorativa, ma spesso si registrano progressivi
peggioramenti del quadro clinico. Nei casi di patologia infettiva intercorrente o di abitudine al fumo, la risoluzione del
processo flogistico con le cure appropriate (farmaci e cure termali) o la sospensione del fumo, possono rallentare in
modo considerevole l’aggravamento della tecnopatia asbestosica. A tale proposito, si ricorda che da tempo l’Istituto
Assicuratore prevede, nei casi di associazione di patologie infettive croniche, la possibilità di accesso gratuito annuale
alle cure termali inalatorie.
L’osservanza dei limiti di esposizione introdotti a partire dal ‘69-’72, ha determinato per i nuovi esposti un radicale
cambiamento del quadro clinico, con comparsa di reperti radiologici sfumati dopo 10-20 anni di esposizione, uniti ad
43
una lieve compromissione funzionale respiratoria e a positività per la ricerca nell’escreato dei corpuscoli dell’asbesto e
dei siderociti. In termini giudiziari, si è pertanto passati da un contesto di omicidio colposo ad un’eventuale presenza
di lesioni colpose sporadiche. A tutt’oggi, risulta in ogni caso necessario evitare di esporre ad amianto i fumatori, i
soggetti affetti da patologie di tipo auto-immune( es. lupus eritematoso, artrite reumatoide ecc.) e le persone con
infezioni croniche delle vie aeree. Nei pazienti affetti da segni iniziali di malattia asbestosica, è inoltre indispensabile
cessare quanto prima possibile il prosieguo dell’esposizione. Un’efficace azione preventiva dell’asbestosi risulta
pertanto basata su un’accurata visita al momento dell’immissione nella lavorazione a rischio, e su un puntuale controllo
periodico degli esposti da parte di un medico competente, come previsto dalle normative vigenti.
L’esame da sempre considerato elettivo per la diagnosi di asbestosi è rappresentato dalla radiografia del torace. La
ricerca di una classificazione dei riscontri radiologici facilmente applicabile nei casi di asbestosi è iniziata nel 1930 in
Sud Africa.
Nel 1941 Lupo, radiologo dell’ENPI e dell’osp. Maggiore di Novara, ha pubblicato una proposta di unificazione delle
tecniche radiologiche per le pneumoconiosi; tale proposta è contenuta nella relazione ENPI-Centro per lo Studio e la
Prevenzione delle Pneumoconiosi del 1941, coordinata da Vigliani, e da me già citata. Alla base della classificazione
adottata attualmente, vi sono due modelli: quello proposto dal BIT-Ginevra nel 1958, che consentiva la classificazione
pratica soprattutto della silicosi e delle pneumoconiosi dei minatori di carbone, e quello proposto dall’UICC/Cincinnati,
che, essendo più esteso e dettagliato, si applicava meglio alla descrizione dei casi di asbestosi.
La classificazione del BIT si adatta in particolare alle pneumoconiosi con piccole opacità arrotondate, e indica con il
simbolo “L” le fibrosi lineari, mentre con la “Z” le immagini non più normali ma non ancora indice di sicura
pneumoconiosi polmonare o mediastinica. Successivamente, si è visto che l’interpretazione radiologica attraverso
tale metodo può determinare la confusione di immagini L con immagini Z, e viceversa.
La classificazione della UICC prevede invece una suddivisione degli aspetti radiografici delle pneumoconiosi in
“piccole e grandi opacità”; le piccole vengono a loro volta distinte in rotonde e irregolari, valutando: a)la profusione,
cioè la concentrazione delle opacità conseguenti a fibrosi, suddivise in quattro categorie (Cat.0: 0/-, 0/0, 0/1; Cat.1: 1/0,
1/1,1/2; Cat.2: 2/1, 2/2 2/3; Cat3: 3/2, 3/3, 3/4); b) il tipo, strettamente correlato al diametro, per le opacità rotonde
(p,q,r) o alle caratteristiche morfologiche, per le piccole opacità irregolari (s,t,u); c) l’estensione, riferita alle zone
polmonari in cui tali opacità sono localizzate (zona superiore, media, inferiore, destra e sinistra). Le grandi opacità,
invece, vengono classificate a seconda delle dimensioni (categorie A, B, C) e del tipo (wd: opacità ben delimitate; id:
opacità mal delimitate).
Con il passare degli anni, in seguito alla diffusione della lavorazione dell’amianto, i casi di asbestosi sono
considerevolmente aumentati; pertanto gli studi sulle pneumoconiosi, in passato rappresentati prevalentemente dalle
ricerche sulla silicosi, hanno in seguito dedicato sempre più spazio all’asbestosi. In campo epidemiologico, risultava
quindi indispensabile una classificazione non tanto diagnostica, quanto finemente analitica, in rapporto alle alterazioni
radiologiche presenti. Con il metodo della “lettura multipla”, è stato osservato, soprattutto dagli autori inglesi, che
spesso la medesima lastra veniva inserita prima in una categoria, e poi in quella immediatamente superiore o inferiore,
anche da parte dello stesso operatore. Nella revisione del 1968, ciascuna categoria della classificazione del BIT viene
quindi suddivisa in tre stadi, e viene altresì aggiunta una classificazione delle alterazioni pleuriche e del profilo delle
ombre, data l’importanza di questi particolari nella diagnosi radiologica della malattia asbestosica. Anche in questa
revisione vengono adottati i simboli s, t, u, per le piccole opacità irregolari, equivalenti ai simboli p, m, n, della silicosi.
La classificazione BIT delle lastre di pneumoconiosi, iniziata nel 1950 e già rivista nel 1958, viene adattata nel 1968 a
quella UICC, con la quale viene infine fusa nel 1971, durante l’International Workshop ILO/UC, sponsorizzato dalla
Task Force on Pneumoconioses of the American College of Radiology, venendo così a costituire una “Classificazione
Internazionale”, con un unico set di lastre campione di riferimento; nel 1980 c’è stata un’ulteriore revisione.
Un altro esame molto utile nella diagnosi di asbestosi e nella valutazione percentuale, sia clinica sia medico-legale,
della limitazione funzionale respiratoria ad essa conseguente, risulta essere la spirometria completa. Solitamente
nell’asbestosi si instaura un’insufficienza respiratoria restrittiva, conseguente alla fibrosi polmonare ed alle alterazioni
pleuriche, associate, in alcuni casi, alla malattia. Nei casi iniziali, anche in assenza di segni radiologici rilevanti, si
osserva una riduzione della capacità di trasporto dell’ossido di carbonio (TLCO) e una desaturazione arteriosa di
ossigeno, anche in corso di prove da sforzo di moderata entità. Spesso le prove spirometriche, che vengono svolte
facendo effettuare una espirazione forzata in apposito boccaglio monouso, raccordato allo spirometro da tubo flessibile,
non vengono svolte dai pazienti in modo sufficientemente corretto, per la difficoltà oggettiva che tali operazioni
comportano, soprattutto nelle persone anziane; pertanto non sempre la scarsa collaborazione dei pazienti, segnalata
talora nei referti, dipende da un’effettiva scarsa volontà di sottoporsi alla prova.
Le prime nozioni di fisiologia respiratoria risalgono a Galeno, medico greco del II sec. d.C., e a Erasistrato, medico
greco fondatore della fisiologia, del III sec. d.C., che dimostrarono il ruolo del diaframma e dei muscoli accessori
intercostali nell’attività respiratoria, oltre all’origine ed alle funzioni del nervo frenico. Anche Leonardo da Vinci
(1452-1519) si occupò della funzione del diaframma, osservando che durante l’inspirazione il polmone si espande in
tutte le direzioni, mentre il collasso a seguito di puntura pleurica venne scoperto da Andrea Vesalio (1514-1564),
anatomista fiammingo attivo in Italia e fondatore dell’anatomia descrittiva dell’uomo.
Rimandando a testi più specifici per le nozioni relative alla fisiopatologia respiratoria, desidero qui ricordare che nel
1846 Hutchinson ha inventato la spirometria e definito la capacità vitale; da allora gli spirografi hanno subito sensibili
miglioramenti, e nel 1948 Tiffeneau e Pinelli definiscono il volume espiratorio massimo al secondo (VEMS) come
44
“capacità polmonare utilizzabile nello sforzo”. La scoperta di questi due parametri ha permesso la divisione delle
affezioni respiratorie in patologie restrittive, in cui la capacità vitale (CV) e il VEMS diminuiscono parallelamente ed il
loro rapporto rimane pressochè normale, ed ostruttive, in cui la CV risulta più o meno invariata, con forte riduzione
della VEMS e conseguentemente del rapporto VEMS/CV. Altro parametro importante delle prove spirometriche è poi
il volume (VR) residuo, cioè la quantità di aria che rimane nelle vie aeree dopo un’espirazione forzata; la somma della
CV e del VR determina la capacità totale (CT o TLC), ed il rapporto VR/CT, normalmente compreso tra il 20-30%,
aumenta solitamente con l’età e nelle forme enfisematose. I valori normali di riferimento sono correlati alla statura ed
al peso dell’individuo; in alcune patologie, oltre ai parametri funzionali, risulta utile valutare natura ed entità degli
scambi gassosi alveolari, attraverso lo studio della diffusione alveolo-capillare, introdotto nel 1915 da M.Krogh.
Nell’asbestosi, sotto il profilo funzionale, si ha una riduzione dei volumi polmonari (VC e TLC) e una caduta degli
scambi gassosi; nei fumatori è possibile evidenziare un quadro di bronco-ostruzione con diminuzione del FEV1> VC.
Altri esami adottati più di recente nello studio dell’asbestosi sono il lavaggio bronco-alveolare (BAL), la scintigrafia
con Gallio 67 (Ga 67) e la TAC toracica.
Il lavaggio bronco-alveolare, introdotto da autori belgi e francesi, consente, nel caso di sospetta asbestosi, di accertare la
pregressa esposizione, ma non ha valore diagnostico. Previa sedazione generale ed anestesia locale, nonché inibizione
della tosse, si introduce il fibro-broncoscopio per via nasale sino ad un bronco segmentario del lobo medio; in seguito si
introducono 20 ml di soluzione fisiologica, aspirando lentamente il liquido dopo qualche secondo (l’operazione si ripete
in circa 10’, per 7-8 volte). L’analisi del liquido al microscopio ottico e/o elettronico consente il riconoscimento e la
valutazione dei corpuscoli e delle fibre d’amianto, presenti in relazione alla sensibilità della metodica impiegata. Il
BAL fornisce anche il quadro citologico, caratteristico soprattutto in caso di alveoliti. Il campione dell’ambiente
alveolare risulta ben correlato con quello isolato da tessuto polmonare ottenuto con biopsia a torace aperto.
La scintigrafia polmonare con citrato di Gallio consente di diagnosticare agevolmente ascessi, neoplasie e lesioni
tubercolari, mentre nel caso di pneumoconiosi, essendoci solitamente una lieve anche se diffusa flogosi interstiziale, la
concentrazione di radionuclide risulta modesta; pertanto tale indagine non viene abitualmente svolta per l’asbestosi,
anche per la possibile interferenza di organi e tessuti circostanti.
La TAC polmonare, soprattutto in seguito alla recente introduzione dell’alta risoluzione, consente invece una precisa
diagnosi delle pleuropatie asbestosiche, e conferma inoltre la fibrosi polmonare, fornendo dati sulla sua estensione.
Tale esame si impone poi in particolari casi di alterazione funzionale dei parametri respiratori, in presenza di normalità
radiologica.
L’esame istologico del polmone consente una diagnosi di certezza; solitamente, trattandosi di una metodica cruenta, lo
si riserva nel corso di autopsie, ormai programmate in tutti i casi di decesso di titolari di rendita per pneumoconiosi.
La diagnosi precoce dell’asbestosi viene introdotta con decreto del Ministero del Lavoro del gennaio ’87, con la quale
la radiografia toracica annuale, potenzialmente nociva e spesso non attendibile nei casi iniziali, viene sostituita dai
seguenti elementi patognomonici: -la ricerca dei corpuscoli dell’asbesto e dei siderociti nell’espettorato, -la presenza di
rantolini crepitanti basilari, molto fini e persistenti nel tempo all’esame obiettivo, -la verifica di eventuale insufficienza
respiratoria restrittiva e di compromissione della diffusione alveolo-capillare ai gas durante le prove spirometriche.
Tutte queste metodiche derivano dallo sviluppo della ricerca scientifica svolta negli anni precedenti e riportata
dettagliatamente nell’elaborato.
Attualmente per la diagnosi di asbestosi occorrono i seguenti requisiti:
• esposizione ad amianto per almeno 2 anni se elevata, e per almeno 5 anni se lieve.
• intervallo di almeno 10 anni tra l’inizio dell’esposizione e insorgenza della malattia.
• presenza di due segni maggiori ( evidenza radiologica = o > s 1/1, riduzione della CV) o di un segno maggiore e
uno minore (riduzione TLCO, crepitii basali).
La diagnosi differenziale dell’asbestosi deve essere fatta con le pneumopatie interstiziali di altra natura (es. fibrosi
polmonare idiopatica, da collagenopatie, da emorragie polmonari, da proteinosi alveolare, da amiloidosi, da malattie
ereditarie, da radiazioni, da farmaci antibiotici e chemioterapici, da gas, fumi e vapori ecc.)
L’esposizione professionale ad amianto può determinare anche pleuriti acute e lesioni benigne della pleura. Queste
ultime non determinano solitamente una compromissione funzionale, a meno che non siano concomitanti all’asbestosi,
e compaiono dopo almeno 20 anni dall’avvenuta esposizione; esse non sono manifestazioni precancerose, e si
presentano in tre forme diverse: - atelettasie rotonde (rare), - ispessimenti pleurici diffusi (esiti di pregresse pleuropatie
acute con versamento) - placche pleuriche circoscritte (spesso bilaterali e simmetriche).
Recentemente a tali pleuropatie, in passato ritenute solo un segno di pregressa esposizione, è stato attribuito il
significato di affezione morbosa; gli ispessimenti pleurici (o placche pleuriche circoscritte e/o diffuse) costituiscono,
insieme al versamento pleurico benigno, la malattia pleurica benigna396. La diagnosi di questa patologia, secondo
Cotes397, si basa su :
- Pregressa esposizione ad amianto, con reazioni pleuriche maggiormente correlate alla distanza dall’inizio
dell’esposizione che all’entità della stessa, e con latenza di circa 15 anni. Spesso vi è un lento aumento di volume delle
placche; i versamenti durano a lungo e tendono a recidivare dopo il drenaggio
- Quadro clinico paucisintomatico
396
397
P. Boffetta, Health Effects of Asbestos Exposure in Humans: a Quantitative Assessment, Med. Lav. 1998; 89: 471-480.
J.E. Cotes, J. Steel, Work Related Lung Disorders, Ed. Blackwell Scientific Publications, 1987.
45
- Quadro radiologico con placche localizzate inizialmente in sede parieto-basale o in corrispondenza del tratto centrale
del diaframma. I versamenti sono molto spesso bilaterali.
- Quadro funzionale con deficit di tipo restrittivo398, senza riduzione della diffusione alveolo-capillare.
Nel caso di estensione marcata degli ispessimenti, se lo spessore è di almeno 5 mm con estensione ad almeno il 25%
della parete toracica bilaterale o obliterazione di entrambi i seni costo-frenici, si parla di “fibrosi pleurica diffusa”. In
questi casi non si tratta più solo di un segno di esposizione, ma di un’affezione morbosa da amianto399, che comporta
una riduzione della compliance torace-polmone, con conseguente indebolimento dell’apparato respiratorio.
SECONDA ONDA – neoplasie
Tumore polmonare.
• Nel 1882 sul Dizionario Universale400 di scienze, lettere ed arti pubblicato sotto la direzione di Michele Lessona e
Carlo Valle, vengono trattate, le voci “cancro” (ulcera di cattiva indole, fetentissima, che tende rapidamente ad
estendersi...e a recidivare dopo l’estirpazione....Chiamasi cachessia cancerosa l’alterazione profonda di tutto
l’organismo che loro consegue) e “tumore” (produzione morbosa persistente di generazione nuova e
caratterizzata da una tumefazione limitata). Pur con i limiti derivanti dalle scarse conoscenze scientifiche
dell’epoca, tali definizioni contengono già alcuni concetti basilari, ripresi e sviluppati poi negli studi successivi.
• Nel trattato di Anatomia Patologia di Ziegler del 1891, II edizione italiana401 è contenuto un capitolo sui “tumori del
pulmone”, suddivisi in primari e secondari (o metastatici), secondo moderni criteri di oncologia.
• Nel 1905, sul I volume del Dizionario di Cognizioni Utili diretto da Mario Lessona402, il dott.Giovenale Salsotto
definisce il “cancro” secondo criteri di tipo istologico, per cui sono indicati con tale termine i tumori origine
epiteliale, sia esso di rivestimento (epiteliomi) o ghiandolare (carcinomi); di questi ultimi si ricorda la particolare
malignità. Nel V volume del 1917, viene trattata dallo stesso autore la voce “tumori”, fornendo una classificazione
basata sul tessuto da cui derivano.
• Nel 1914 il dott. Luigi Carozzi, libero docente di Malattie professionali nella Regia Università di Parma e
caposervizio nella Regia Clinica del Lavoro di Milano, nel I volume del suo manuale403, al cap.VI, parla dei tumori
di origine professionale, citando quelli vescicali da anilina (fucsina, naftilamina e benzidina), quelli cutanei da raggi
X, ed i sarcomi polmonari dei minatori dello Schneeberg (nichel e cobalto). Per quanto riguarda i tumori vescicali,
evidenzia l’utilità di una diagnosi precoce, basata sul riscontro di ematuria e pollachiuria, e di un’asportazione
chirurgica della neoplasia.
• Nel 1924 sul noto dizionario medico francese Larousse404, alla voce “cancer” vengono riportati alcuni moderni
concetti di oncogenesi (crescita sregolata di cellule) e vengono descritte le vie di diffusione delle cellule
neoplastiche (via linfatica, via ematica) che danno origine alle metastasi. Per quel che riguarda la patogenesi del
cancro (cause determinanti), premesso che “la cause intime du cancer est encore inconnue”, vengono descritte in
particolare l’ipotesi dell’anarchia cellulare e la teoria parassitaria-microbica, con riferimenti ai cancri negli animali
e nelle piante ed ai relativi studi sperimentali. Per quel che riguarda le cause predisponenti, vengono citate l’età ( il
cancro è più frequente tra i 40-60 anni), l’alimentazione (maggiore incidenza nei carnivori) e gli stati flogisticiirritativi cronici (ulcere, leucoplasie), con introduzione del concetto di lesione precancerosa; viene infine fornito un
elenco di cancri cutanei di origine professionale, già noti da tempo, (ramoneurs, operai a contatto con olio,
paraffina, toluidina, esposti a radiazioni solari o raggi X).
• Sull’Enciclopedia Italiana Treccani del 1930405, viene fatta un’ampia trattazione della voce “cancro”, con revisione
critica delle principali teorie etio-patogenetiche ed elenco dei fattori predisponenti; tra le professioni a rischio,
vengono citate la lavorazione del catrame, la distillazione del carbon fossile, la lavorazione dei prodotti arsenicali e
le industrie chimiche in genere. Segue un’approfondita analisi statistica ed epidemiologica, con interessanti dati
sulla distribuzione geografica dei casi di cancro in generale. Nel 1934 alla voce “neoplasma”406, si riportano i
classici concetti di Virchow per la definizione di una neoplasia o di un tumore (“accrescimento patologico e
circoscritto”), segnalando comunque il carattere invasivo di tale accrescimento e la possibilità di metastasi. Nel
1937, alla voce “tumore”407 (“neoformazione cellulare a sviluppo illimitato, a struttura profondamente aberrante”)
viene proposta una moderna classificazione su base embriologica-istogenetica (t. ectodermici, mesodermici,
entodermici, mesenchimali, e da residui embrionali). Segue un’ampia trattazione della fisiologia delle cellule
neoplastiche, ed un aggiornamento dei fattori causali; in ambito professionale viene citato il frequentissimo cancro
398
M.R. Beckelake, Asbestos Related Diseases of the Lung and Other Organs, Am. Rev. Resp. Dis.,1976, 114, 187 – 227.
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400
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401
E.Ziegler, Trattato di Anatomia patologica speciale, II edizione italiana, V.Pasquale Ed., Napoli 1891.
402
M.Lessona, Dizionario di cognizioni utili, vol.I, UTET, 1905- Id., vol.V, 1917.
403
L.Carozzi, Il lavoro, vol.I, Barbera Ed., Firenze 1914.
404
Larousse Medical Illustré, Larousse Ed., Paris 1924.
405
Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti, voce “cancro” di A.Lutrario, già direttore Sanità Civile Roma, Medicina Sociale, vol.VIII,
Treccani Ed., Roma 1930.
406
Id., voce “neoplasma” di B.Devecchi, prof. Anatomia Patologica Regia Università di Firenze, vol. XXIV, Roma 1934.
407
Id., voce “tumore” di G.Verno, prof. di Oncologia Regia Università di Roma, vol.XXXIV, Roma 1937.
399
46
•
•
•
•
•
polmonare dei lavoratori delle miniere di Schneeberg in Sassonia, attribuibile al cobalto, nonché il papilloma
vescicale da anilina, oltre ai già elencati tumori nei lavoratori della paraffina, dell’arsenico, e del catrame; a tale
proposito, vengono riportate le principali sostanze cancerogene contenute nel catrame. Nella seconda appendice
dell’enciclopedia408, alla voce “tumore” vengono riportati i più moderni studi di oncogenesi sperimentale da agenti
chimici, con descrizione delle principali sostanze cancerogene e del loro probabile meccanismo d’azione. Nella terza
appendice409, viene riportato il crescente numero di morti per tumore ( seconda causa di mortalità in Italia dopo le
malattie cardio-vascolari), pur segnalando che tali cifre sono in parte attribuibili all’affinamento dei mezzi
diagnostici ed all’aumento della vita media. Viene poi dedicato un paragrafo ai rapporti tra fumo di tabacco e
tumori del sistema respiratorio.
Nel 1940 viene pubblicato un testo sul cancro primitivo del polmone410. Nel capitolo dell’etiologia e patogenesi, si
cita l’importanza del fumo di tabacco, del catrame, delle emanazioni radioattive e delle pneumoconiosi. Già nel ’32
Lipschitz sottolinea l’importanza del fattore ambientale, abitativo, lavorativo e geografico. Nel 1935 Linch e Smith
correlano il cancro polmonare all’asbesto-silicosi; Flecksender sottolinea invece l’importanza del fattore ereditario.
Vengono poi considerate la sede e la localizzazione dei tumori polmonari, le forme anatomiche, l’età e il sesso, le
metastasi, l’associazione con la tubercolosi e la classificazione istologica. Il testo si conclude con una ricca
bibliografia.
L’Enciclopedia Medica Italiana, nel 1951411, riporta l’asbesto tra le sostanze cancerogene inorganiche; nel 1957412,
alla voce “tumore” vengono sviluppati in modo approfondito tutti gli aspetti dell’oncologia, compreso il
metabolismo delle cellule neoplastiche; vengono poi elencati vari fattori cancerogeni, comprendenti virus oncogeni,
fattori fisici e chimici. Nel 1961 nell’aggiornamento della voce “sostanze cancerogene”413, l’asbesto viene incluso
tra le sostanze cancerogene sicuramente coinvolte nella genesi di cancri professionali umani, ma di cui non si è
potuta ancora dare una riprova sperimentale, mentre l’aggiornamento della voce “tumori414” riporta i più recenti
studi in campo di oncologia sperimentale e di terapia. Nel 1974, la II edizione dell’Enciclopedia sviluppa il tema
delle sostanze cancerogene415, soffermandosi sul loro meccanismo d’azione e proponendo una dettagliata
classificazione delle varie sostanze; l’asbesto viene riportato tra gli agenti chimici inorganici che determinano
sarcomi e mesoteliomi sperimentali nei ratti, e carcinoma broncogeno e mesoteliomi nell’uomo. Vengono infine
riportate le diverse teorie sulla cancerogenesi chimica, ribadendo ancora una volta che il meccanismo molecolare
della genesi dei tumori non è noto.
Nel 1979 un noto dizionario etimologico416 della lingua italiana, sul I volume riporta la definizione di “cancro”
(dal greco καρκι/νοϕ e dal latino cancrum = granchio, per analogia delle ramificazioni del tumore con le zampe del
granchio) ; tale termine è stato utilizzato per la prima volta prima del 1342 da D.Cavalca. Sul III volume del 1983
si riporta l’etimologia di “neoplasia”, termine usato per la prima volta da Lessona nel 1875 e ripreso dalla
definizione di ”neoplasma” di Canini del 1865. Sul IV vol. del 1985 si riportano il prefissoide “onco”, l’aggettivo
“oncogeno”, utilizzato nel 1925-26 da E.Centanni a proposito dei virus oncogeni, ed i sostantivi “oncologia” e
“oncoterapia”. Sul V vol. del 1988, si ricorda l’etimologia del termine “tumore” (dal latino tumor = gonfiore,
tumefazione), impiegato prima del 1575 da G.Dalla Croce e usato per indicare forme benigne e maligne.
Nel 1981 viene pubblicata la traduzione italiana di un testo sulla storia del cancro417, contenente nel cap.I
un’interessante rassegna sulle origini storiche del concetto di cancro e sui primi reperti clinici di tale patologia
nell’antichità (Egitto 1500 a.C.), ricordando che il primo ad usare tale termine fu Ippocrate, nel V sec.a.C., a
proposito dei tumori del seno, dello stomaco e dell’utero. Viene in seguito ricordato che le prime relazioni tra
cancro ed esposizione ambientale a particolari sostanze risalgono al 1775 (spazzacamini inglesi e cancro dello
scroto), mentre le idee fondamentali sulla natura del cancro sono state introdotte tra la fine del XVIII sec. e l’inizio
del XIX sec., grazie agli studi del fisiologo e anatomico francese Bichat. Sempre al cap.I si afferma che tra i
lavoratori che respirano polvere di amianto vi è un’incidenza di tumori polmonari più elevata che nel resto della
popolazione. Nei restanti capitoli del testo vengono poi trattate in modo approfondito le caratteristiche delle cellule
neoplastiche (metabolismo, crescita, replicazione, mutazioni ecc.). Il testo termina con un’ampia bibliografia.
Nel 1982 viene pubblicata la traduzione di una Storia della Medicina francese418, che riporta al III vol. la storia del
cancro, con un escursus dei vari reperti e delle nozioni scientifiche a partire dall’Egitto e dalla Grecia antica sino
al Medioevo ed al Rinascimento, per giungere ai fondatori della moderna oncologia alla fine del 1700 (Pott, Bichat,
408
Id., voce “tumore” di P.Buffa, Centro Studio Fisiopatologia del cancro c/o CNR Roma-Oncologia, II appendice, 1938-1948, Roma 1949.
Id., voce “tumore” di P.Valdoni, prof. Chirurgia Università di Roma, terza appendice, 1949-1960, Roma 1961.
410
V.Cesaris Demel, Il cancro primitivo del polmone, Universitas Ed., Roma 1940.
411
Enciclopedia medica italiana, voce “sostanze cancerogene” di P.Rondoni, direttore Patologia Generale Univ. di Milano e R.Deotto, prof.
Microbiologia Univ. di Sassari, II vol., Sansoni Ed., Firenze 1951.
412
Id., voce “tumore”, di C.Sirtori, direttore Div.Anatomia Patologica Ist.Naz. Studio e Cura Tumori di Milano, IX vol., Firenze 1957.
413
Enciclopedia medica italiana, voce “sostanze cancerogene” di M.Aloisi, direttore Ist.Patologia Generale di Padova ,aggiornamento, vol.I, I.C.C.,
Firenze 1961.
414
Id, voce “tumori” di G.M. Molinatti, libero docente Patologia Speciale Medica Univ. Torino, aggiornamento, vol.II, 1961.
415
Id., voce “sostanze cancerogene”, II edizione, USES, Firenze 1974.
416
M.Cortelazzo, P.Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, 1/A-C, Zanichelli Ed., Bologna 1979 - Id., 3/I-N, 1983 - Id., IV/O-R, 1985 Id., 5/S-Z, 1988.
417
A.C.Braun, La storia del cancro,sulla sua natura, cause e possibilità di controllo, Liviana E., Padova 1981.
418
Storia della medicina, vol.III, Walk Over Italiana, Bergamo 1982.
409
47
Müller) Per quanto riguarda l’era contemporanea, viene citato l’amianto tra le sostanze chimiche capaci di indurre
neoplasie nell’uomo.
• Nel 1996, sul Dizionario di storia della salute419 edito da Einaudi, viene riportata un’aggiornatissima trattazione
della voce “cancro” a cura di M.Gianni. Vengono ricordate le prime segnalazioni di cancro contenute sul papiro di
Ebees (1550 a.C.), i reperti di tumore del seno, dello stomaco e dell’utero riportati da Ippocrate (460-377 a.C.), le
prime classificazioni (Galeno,129-201 d.C.), l’identificazione del tessuto tumorale (Bichat 1771-1802),
l’isolamento delle cellule neoplastiche effettuata da (Müller,1801-1858), la scoperta della derivazione del cancro da
mutazioni di cellule sane (Virchow, 1821-1902), la possibilità di trapiantare le cellule neoplastiche (Loeb, 18591959 e Jansen, 1864-1934), la scoperta epidemiologica della fuliggine come agente eziologico del tumore dello
scroto degli spazzacamini (Pott, 1713-1788). Viene poi ricordato il National Cancer Act, firmato da Nixon nel
1971, che si riproponeva di eradicare il cancro per la fine del secolo. Riguardo alla terapia, si rammenta che
Ippocrate riteneva utile non asportare i tumori, mentre Leonida di Alessandria (I sec. d.C.) era un fautore
dell’exeresi chirurgica, ed il contemporaneo Galeno dell’incisione con drenaggio; la radioterapia è stata introdotta
dai Curie nel 1894, mentre la chemioterapia è iniziata nel 1942.
La possibilità di morte per asbestosi negli esposti ad amianto era nota già dai primi del ‘900, mentre l’associazione
asbestosi-cancro polmonare viene evidenziata per la prima volta negli anni ’30 da Gloyne420, in due soggetti ammalati
di asbestosi.
Nel 1938 questa segnalazione viene riportata su una rivista italiana421, dove viene specificato che un caso si riferiva ad
una donna con pregressa esposizione ad amianto, deceduta a 35 anni per neoplasia polmonare in asbestosi, mentre
l’altro si riferiva ad una donna deceduta a 71 anni, che quindici anni prima aveva lavorato per meno di due anni in una
fabbrica di manufatti di amianto.
Nel 1946 in un testo italiano422 largamente utilizzato dagli studenti di medicina, viene riportato che Nordmann già nel
’38 riteneva la polvere di amianto un importante agente eziologico per il cancro polmonare; tale affermazione viene
confermata a livello sperimentale da Sorge nel 1941. Sul libro si afferma poi che l’asbestosi sarebbe la pneumoconiosi
più cancerogena.
Nel 1949 Merewether evidenzia, tramite riscontro, autoptico la presenza di neoplasia polmonare nel 13% degli
asbestosici, contro l’1,3% dei silicotici.
La comunità scientifica, tuttavia, per svariati motivi, fino agli studi di Doll423 del 1955 non riconosce l’amianto come
fattore di rischio per il tumore al polmone, in un contesto espositivo nel quale il fumo di sigaretta rappresenta in ogni
caso la causa principale.
Sempre nel 1955, in Italia viene evidenziato un caso di carcinoma polmonare in una filatrice d’amianto affetta da
asbestosi lieve; lo stesso caso viene descritto da Rombolà424, che condivide l’ipotesi della cancerogenicità dell’amianto
sostenuta dal Comitato per il Cancro Professionale dello stato di New York, e da Portigliatti425, che sottolinea
l’opportunità di riconoscere in campo infortunistico il nesso causale tra asbestosi e carcinoma polmonare.
Nello stesso anno Ricciardi Pollini426, si esprime a favore della correlazione tra asbestosi e cancro polmonare, e, con
qualche riserva, tra amianto e cancro polmonare.
Altri due casi di carcinoma polmonare in asbestosici sono pubblicati nel 1956427.
Nel 1964, nel corso della Conferenza organizzata dalla New York Academy of Sciences sugli effetti biologici
dell’asbesto, dopo la conferma venuta da numerosi lavori epidemiologici, si raggiunge un consenso generale anche sulla
associazione asbesto-cancro polmonare. Il prof.Vigliani interviene a tale Conferenza presentando uno studio428 sulla
mortalità degli asbestosici indennizzati dal ’43 al ’64 nelle province di Torino e Alessandria e nella regione Lombardia,
dove sono stati evidenziati 11 carcinomi e 3 mesoteliomi. Suddette neoplasie risultavano cinque volte più frequenti tra i
soggetti affetti da asbestosi rispetto a quelli affetti da silicosi. Successivamente sono stati pubblicati molti altri lavori,
alcuni dei quali mirati a mettere in discussione la veridicità del rapporto causale tra asbesto e cancro polmonare,
basandosi soprattutto sulla difficoltà del confronto statistico. Infatti, data la presenza ubiquitaria dell’amianto, non vi
sono dei veri “non esposti”, e sono pertanto possibili sovra- e sotto-stime dei casi di neoplasia. Ulteriori difficoltà negli
studi del rapporto amianto-cancro sono derivate dai seguenti altri fattori: -il ruolo di potente fattore moltiplicativo
rappresentato dal fumo di sigaretta nella genesi del tumore polmonare, ma non in quella del mesotelioma; -il problema
della valutazione retrospettiva, qualitativa/quantitativa, dell’esposizione ad amianto negli ambienti di lavoro e di vita; la presenza di tumori polmonari dovuti interamente o in parte ad altre cause. Alle difficoltà oggettive si sono poi
419
Dizionario di storia della salute, voce “cancro”, Einaudi Ed., Torino 1996.
S.R.Gloyne, Two cases of squamous carcinoma in the lung occurring in asbestosis, Tubercle, 17:5-10,1935.
421
Rassegna di Medicina applicata al Lavoro Industriale, ENPI n.4, 1938.
422
P.Rondoni, Il cancro, Ambrosiana Ed., Milano 1946.
423
R.Doll, Mortality from lung cancer in asbestos workers, Br. J. Ind. Med., 12: 81-86,1955.
424
G.Rombolà, Asbestosi e carcinoma polmonare in una filatrice di amianto,Med.Lav.46, (4):242-250, 1955.
425
M.Portigliatti Barbos, Considerazioni sull’associazione : Asbestosi e carcinoma polmonare, Giorn.Acc.Med.di Torino, 118 (1-6): 91-107,1955.
426
R.Ricciardi Pollini, Rilievi sulla incidenza del cancro primitivo del polmone e suoi rapporti tra cancro polmonare ed attività professionale,
Rass.Med.Ind. 24:313-334, 1955.
427
A.Francia, G.Monarca, Asbestosi e carcinoma polmonare, Min.Med. 98:1950-1959, 1956.
428
E.C.Vigliani, G.Mottura, P.Maranzana, Association of poulmonary tumors with asbestosis in Piedmont and Lombardy, Annals of the New York
Academy of Sciences, 132 (1):558-574, 1965.
420
48
sovrapposte pressioni di tipo economico, sia da parte dei sostenitori delle fibre di amianto sia da parte dei fautori delle
fibre alternative.
Nel 1967 Vigliani al IV Congresso Nazionale della Società Italiana di Cancerologia, presenta un lavoro riepilogativo429
sui tumori professionali del polmone, ricordando che il problema dei tumori da amianto coinvolge non solo l‘ambiente
professionale ma anche quello di vita.
Nel 1981 viene pubblicata su una rivista specialistica inglese un’interessante review430 che elenca le manifestazioni
cliniche correlate all’amianto [corpuscoli dell’asbesto, alterazioni pleuriche (placche ialine o calcifiche, pleuriti,
versamenti), asbestosi, carcinoma bronchiale, mesotelioma pleurico e peritoneale].
Nel 1984 Saffiotti431 alla Fondazione Carlo Erba illustra le nuove ricerche sulla patogenesi del cancro polmonare,
affermando che sono stati identificati due geni capaci di trasmettere la suscettibilità all’azione di agenti promoventi
(TPA).
Nello stesso anno, sempre alla Fondazione Carlo Erba, viene tenuto un Convegno sui nuovi metodi di indagine nelle
pneumopatie professionali432, ripreso in seguito sulla rivista “La Medicina del Lavoro” nel 1985. I vari relatori
illustrano la tecnica del lavaggio bronco-alveolare nelle pneumopatie, la TAC nelle pleuropatie e la scintigrafia con
Ga67 nelle pneumoconiosi.
Nel 1986 ancora alla Fondazione Carlo Erba si svolge una tavola rotonda sui problemi medici conseguenti
all’esposizione ad amianto433; vengono valutati i nuovi criteri di diagnosi dell’asbestosi, la pericolosità delle fibre di
vetro, e l’effetto oncogeno delle fibre.
Nel 1991 Enterline434 riassume le varie testimonianze scientifiche riguardo al rapporto tra asbesto e cancro, esposte a
livello internazionale tra il 1934 e il 1965, elencando in una tabella molto esplicativa le posizioni dei vari autori, sia per
il carcinoma polmonare sia per il mesotelioma.
L’insorgenza dei tumori polmonari dovuti ad amianto si verifica di solito dopo 15 anni dall’inizio dell’attività
lavorativa, ed è favorita da esposizioni intense e prolungate ad amianto e dalla concomitante azione del fumo di
sigaretta (effetto sinergico moltiplicativo).
Da un punto di vista istologico, sono più frequenti le neoplasie di tipo squamoso rispetto agli adenocarcinomi e agli oatcell.
Sul piano clinico, non vi sono elementi differenziali specifici rispetto alle neoplasie polmonari non dovute ad amianto,
per cui, in assenza di fibrosi polmonare e di esposizione consistente, risulta problematico stabilire un nesso causale tra
attività lavorativa e tumore. Infatti in Germania ed in Inghilterra il cancro polmonare viene indennizzato come malattia
da amianto soltanto quando si associa ad asbestosi.
Altre neoplasie da amianto.
L’esposizione ad amianto secondo alcuni determinerebbe anche linfomi non-Hodgkin e neoplasie a carico dell’ovaio,
del rene, dello stomaco, dell’esofago e della laringe; non vi sono a tutt’oggi certezze al riguardo, ma l’associazione tra
esposizione ad amianto e tumore della laringe appare abbastanza probabile, visto che spesso gli agenti cancerogeni del
polmone risultano tali anche a livello laringeo.
La IARC ritiene che il tumore della laringe e quelli gastro-intestinali possano essere associati ad esposizione ad
amianto435.
TERZA ONDA - neoplasie mesoteliali
Mesotelioma.
L’altra patologia neoplastica correlata all’esposizione ad amianto è il mesotelioma maligno.
I primi casi di associazione certa tra asbesto e tumori mesoteliali, classificati in base alle opinioni espresse dagli autori,
risalgono a Wedler (1944), Weiss (1953), Leicher (1954), Doll (1955) e Van der Schoot (1958)436; nel 1960 Keal, in
Inghilterra, evidenzia dei mesoteliomi peritoneali nei dipendenti di aziende tessili di amianto437. Tuttavia l’ambiente
scientifico è stato particolarmente colpito dallo studio di Wagner (1960)438, che ha descritto 33 casi di tumori primari
della pleura in abitanti della parte nord-occidentale della provincia del Capo, di entrambi i sessi, di età compresa tra 31
e 68 anni, esposti direttamente o indirettamente all’amianto blu (crocidolite) delle colline amiantifere situate ad ovest di
Kimberley. Questo coraggioso lavoro sosteneva la correlazione tra esposizione ad amianto e neoplasie della pleura non
429
E.C.Vigliani, A.Forni, I tumori professionali del polmone, Atti IV Congresso Nazionale Società Italiana di Cancerologia, 6 (2):77-83, 1967 .
M.G.Britton, D.T.D.Huges, T.J.G.Phillips, A guide to compensation for asbestos- related diseases, Br.Med.J. 282:2107-2111, 1981.
U.Saffiotti, Nuove ricerche sulla patogenesi del cancro polmonare, Fondazione Carlo Erba, Milano 1984.
432
G.F.Rubino,G.Discalzi, E.Pira, A.Forni, M.C.Guerrieri, G.Chiappino, M.Marconcini, A.M.Farro, F.Cottino, A.Bo, A.Favero, C.Ponzetti, G.Aceto,
Nuovi metodi di indagine nelle pneumopatie professionali, Fondazione CarloErba, Milano 1984.
433
G.F.Rubino, D.Bonsignore, G.Chiappino, A.Donna, M.Governa, G.Piolatto, Problemi medici dell’esposizione alla polvere di amianto, Fondazione
Carlo Erba, Milano 1987.
434
P.H.Enterline, Changing attitudes and opinions regarding asbestos and cancer 1934-1965, Am.J.Ind.Med. 20:685-700, 1991.
435
Cfr. nota 158.
436
H.C.M. van der Schoot, Asbestosis en pleuragezwellen, Nederlands Tijdschrift voor Geneeskunde 7/6/1958: 1125 – 1126.
437
E. Keal, Asbestosis and abdominal neoplasm, Lancet, 3: 1211 – 1216, 1960.
438
J.C. Wagner, A.C. Sleggs, P. Marchand, Diffuse pleural mesothelioma and asbestos exposure in the North western Cape province, Br. J. Ind.
Med., 17 : 260 – 271, 1960.
430
431
49
solo per i lavoratori direttamente esposti nelle industrie estrattive, ma anche per soggetti verosimilmente sottoposti
soltanto ad un’esposizione di tipo ambientale (es. casalinghe, domestici, mandriani, agricoltori, guardapesca ecc, un
assicuratore ed un contabile). Da allora i mesoteliomi sono stati ricercati e spesso ritrovati in diverse realtà espositive.
Nel 1963 al Congresso Internazionale di Madrid439 Buchnan riferiva che, da un’analisi dell’Ispettorato del Lavoro, nel
periodo ’47-’54 è stata rilevata un’alta incidenza di tumori bronchiali e di mesoteliomi della pleura, del peritoneo e
dell’ovaio in lavoratori esposti ad amianto.
Nel 1964, in occasione della Conferenza di New York, la comunità scientifica internazionale ha accettato l’associazione
amianto – mesotelioma attraverso l’analisi dei soli studi clinici, trattandosi di un tumore molto raro, la cui incidenza è
anche più di 100 volte maggiore negli esposti, e che colpisce quasi esclusivamente persone che in passato hanno
lavorato l’amianto; si evidenzia inoltre che il mesotelioma costituisce la causa di decesso in circa il 10% dei lavoratori
esposti.
I primi casi italiani di mesotelioma vengono presentati da Vigliani nella già citata Conferenza di New York del 1964; lo
studio riguarda circa 300 operai di Piemonte, Liguria e Lombardia, indennizzati dall’INAIL per asbestosi nel periodo
1943 – 1957, e successivamente deceduti. In questo gruppo vengono evidenziate 28 morti per tumore polmonare o
mesotelioma pleurico, corrispondenti ad una percentuale otto volte superiore a quella da tumori dello stesso tipo,
presentata dai silicotici deceduti nello stesso periodo.
Nel 1965 viene fatta da Donna440 una delle prime descrizioni di associazione tra mesotelioma pleurico e asbestosi
polmonare.
Nel XXXIV Congresso della Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale (S. Vincent 1971), Rubino441
espone i primi casi di mesotelioma pleurico verificatisi in provincia di Alessandria, nell’indotto del cemento – amianto.
Nel 1972 Selikoff442 segnala l’associazione tra inquinamento degli ambienti di vita e mesotelioma negli abitanti della
città di New York, e suddivide le esposizioni in occupazionali dirette e indirette, ambientali e famigliari.
Nel 1973 Bianchi443 segnala quelli insorti a Trieste nell’ambito della cantieristica navale.
Nel 1975 Mirabella444 pubblica una revisione della letteratura medica sui tumori pleuro-polmonari in asbestosici
sottoposti ad autopsia, da cui risulta che la neoplasia è presente nel 40% dei casi.
Nel 1976 viene pubblicato uno studio sulla mortalità da mesoteliomi in lavoratori esposti ad amianto in un’industria
tessile445.
Nel 1978 Selikoff osserva che il mesotelioma è capace di manifestarsi, nel soggetto suscettibile, anche in seguito ad
inalazione di una quantità straordinariamente piccola di fibre di amianto, definite trigger dose o dose innescante446.
L’autore riporta poi nello stasso testo 24 casi di mesoteliomi in famigliari di lavoratori esposti.
Nel 1981, a Padova, in occasione del XLIV Congresso Nazionale di Medicina del Lavoro, viene presentato un lavoro
sull’esposizione ad asbesto nelle Ferrovie447, dal quale si evince che i ferrovieri possono essere esposti sia ad anfiboli
(amosite e crocidolite) che a crisotilo; a tale proposito viene indicata la composizione dei principali prodotti contenenti
amianto, utilizzati dalle Ferrovie, tra i quali l’amianto spruzzato o in fiocchi, l’amiantite, le corde e i nastri, più volte
citati anche dai testi nel corso del procedimento in oggetto. Nella pubblicazione vengono elencati i valori ambientali
riscontrati nelle diverse lavorazioni, e sono inoltre considerati i materiali alternativi, con le loro temperature di
decomposizione (lana di roccia 800°C) .
Nello stesso anno Enterline448 segnala che in tutte le patologie da amianto è presente una relazione dose-risposta,
anche se a basse dosi la valutazione del rischio risulta complessa.
Nel 1982 Goldsmith pubblica un interessante lavoro sulla cancerogenicità sistemica dell’amianto449, meritevole di
un’attenta lettura per l’importanza e l’attualità dell’argomento, tuttora oggetto di discussione in ambito scientifico.
Nello stesso anno viene pubblicato un lavoro450 che valuta la mortalità degli esposti ad asbesto negli anni 1980-2030: è
previsto che, nonostante una riduzione dei livelli di esposizione, non si avrà una diminuzione di neoplasie da amianto
sino al 2000, ed il decremento risulterà molto modesto ancora per ulteriori 30 anni.
Nel 1983 alla Fondazione Carlo Erba viene presentata la realtà svizzera451 in tema di mesoteliomi. Nello stesso anno
esce un interessante lavoro di Rutstein, nel quale i mesoteliomi sono considerati un “evento sentinella”452 di precedenti
esposizioni ad amianto.
439
W.D. Buchnan, The association of certain cancers with asbestosis. XIV Congreso Internacional de Medicine del trabajo, Madrid 1963, vol.4.
A. Donna, O. Campobasso & al., Associazione tra mesotelioma pleurico e asbestosi polmonare, Riv. Anat. Patol. Oncol. 27 : 28 – 35, 1965.
G.F. Rubino, G. Scansetti & al., Epidemilogia del mesotelioma pleurico in aree industriali urbane, Med. Lav. 7 – 8 : 219 – 315, 1972.
442
I.J.Selikoff, W.J.Nicholson, A.M.Langer, Asbestos Air Pollution, Arch. Environ. Health, 25:1-13, 1972.
443
C. Bianchi, L. Di Bonito & al., Esposizione lavorativa all’asbesto in 20 casi di mesotelioma diffuso della pleura, Min. Med., 64 : 1724 – 1727,
1973.
444
F. Mirabella, Su danni oncogeni pleuro-polmonari autopticamente provati, di una silicatosi in aumento (asbestosi), Med. Lav., 66 : 192 – 211,
1975.
445
M.L.Newhouse, G.Berry, Predictions of mortality from mesothelial tumours in asbestos factory workers, Br.J.Ind.Med., 33:147-151, 1976.
446
I.J. Selikoff, Asbestos and disease, Academic Press, New York 1978.
447
F.D’Orsi, E.Munafò, A.Serio, S.Battisti, U.Cappelli, Esposizione ad asbesto nelle officine delle Ferrovie dello Stato: criteri di prevenzione, Atti
44°Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina del Lavoro e di Igiene Industriale, Padova 1981.
448
P.E.Enterline,Proportion of cancer Due to Exposure to Asbestos, Bambury report, 9:19-26, 1981.
449
J.R.Goldsmith, Asbestos as a Systemic Carcinogen: The Evidence from Eleven Cohorts, Am.J.Ind.Med., 3:341-348, 1982.
450
W.J.Nicholson, J.Perkel, I.J.Selikoff, Occupational Exposure to Asbestos: population at Risk and Projected Mortality- 1980-2030,
Am.J.Ind.Med.3:259-311, 1982.
451
J. R. Rüttner, Il problema dei mesoteliomi in Svizzera, Fondazione Carlo Erba, Milano 1983.
440
441
50
Nel 1984 R.Murray453 segnala la mancata conferma di sinergismo moltiplicativo tra fumo ed amianto, per quanto
riguarda l’insorgenza di neoplasie polmonari; riferisce poi l’estrema rarità di mesoteliomi nei lavoratori sovietici esposti
a crisotilo; ricorda infine che il MAC di 2 mg/m3 di polvere totale di amianto è stato fissato in seguito ad esperimenti su
animali.
Sempre nel 1984, in base ad uno studio sull’acqua potabile contaminata454, viene riportata la possibilità che l’ingestione
di fibre di asbesto possa determinare patologie ad essa correlate.
Nel 1985 l’USL 12 di Genova455 pubblica un’esperienza di bonifica da amosite nei Cantieri Navali Riuniti, segnalando
la necessità di verificare il rispetto delle norme di buona tecnica nel corso dell’intervento, perché, in caso contrario, può
comportare dei rischi per i lavoratori e per l’ambiente. Nello stesso anno viene pubblicata la II edizione della
Enciclopedia Medica Italiana456, in cui la voce “pneumoconiosi” è compilata da Candura e Moscaio. Il testo contiene
un’accurata descrizione dell’asbestosi, in cui si ricorda che la sua associazione con il cancro polmonare era stata
osservata fin dal 1930, mentre quella tra amianto e mesotelioma pleurico dal 1960. Nell’edizione del 1955 della stessa
enciclopedia, la voce “pneumoconiosi” era stata invece curata da Redaelli457, direttore dell’istituto di Anatomia
Patologica dell’Università di Milano, che cita tra le complicanze dell’asbestosi il cancro polmonare, ma non il
mesotelioma.
Nel 1986 l’U.S.-EPA propone la proibizione dell’impiego dell’amianto negli Stati Uniti, ricordando che, in base ai dati
disponibili, neanche la riduzione a 0,2 ff/cc proposta dall’OSHA eliminerebbe il rischio di cancro da amianto458.
Nel 1987 vengono segnalati 6 casi di carcinoma del pene in esposti nel settore del cemento-amianto459. Nello stesso
anno la IARC460 inserisce tutti i tipi di asbesto tra le sostanze cancerogene del gruppo 1. Sempre nel 1987 l’U.S.-EPA
mette in atto un piano di intervento per eliminare l’amianto da tutte le scuole pubbliche e private461. Ancora nel 1987,
al Convegno di Fiuggi sull’inquinamento, viene segnalato che il cemento-amianto, unitamente alle autovetture,
rappresenta la sorgente di fibre più rilevante nelle aree urbane462. Contemporaneamente, viene pubblicato un lavoro sul
rischio occupazionale nell’industria del cemento-amianto463, nel quale si sottolinea che anche il vinil-amianto può
rilasciare molte fibre nel corso dell’impianto, della manutenzione o di elevato degrado. Sempre del 1987, su Lancet,
viene pubblicato un lavoro relativo a 6 decessi per mesoteliomi da tremolite464, su 600 morti in un villaggio del nordovest della Grecia, in cui le abitazioni venivano imbiancate con calce contenente questo anfibolo. Inoltre vengono
descritti dei mesoteliomi da tremolite, inspirata negli ambienti di vita a Cipro465, a causa dell’abitudine degli abitanti di
dipingere le case con una calce bianca che contiene questo anfibolo.
Nel 1988 l’Istituto Superiore di Sanità466 pubblica un rapporto sulla mortalità per tumore maligno della pleura in Italia
tra il 1980 e il 1983, segnalando che in quel periodo si sono avuti 2.372 decessi per mesotelioma, avvenuti soprattutto
nelle città in cui è presente la cantieristica navale (Genova, La Spezia, Livorno, Savona, Taranto) e in provincia di
Alessandria, per la produzione di manufatti in cemento – amianto (Casale Monferrato). Sempre nel 1988 viene
pubblicato un altro studio467 in cui si evidenziano 4 casi di mesotelioma, diagnosticati tra l’84 e l’87, negli abitanti di un
piccolo villaggio dell’Anatolia centrale, messi in relazione alla tremolite contenuta nell’intonaco delle case. Ancora nel
1988 viene pubblicato un lavoro sulla contaminazione dell’acqua potabile da parte delle fibre da amianto, che dimostra,
nelle case raggiunte da acqua contaminata, un aumento dell’inquinamento ambientale di circa 10 volte468.
452
D.D. Rutstein, R.J. Mulla & al., Sentinel health events: a basis for physician recognition and publican health surveillance, Am. J. Pubblic. Health
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453
51
Nel 1988 viene poi pubblicata la storia dei primi 50 Congressi nazionali della Medicina del Lavoro469. Nella
prefazione, vengono segnalate le difficoltà che questa disciplina ha incontrato per sostenere la propria autonomia nel
mondo del lavoro e nell’ambiente scientifico, ricordando un articolo scritto da Ferrannini nel 1947 sui problemi
connessi all’inizio di tale insegnamento, avvenuto nel 1907 a Napoli. Seguono poi le recensioni dei temi congressuali:
1.quello sull’asbestosi, nel quale, a pag.124, si segnala che concentrazioni 0,2 ff/cc si ritrovano a non meno di 3-4
Km dalla cava di Balangero; l’articolo ricorda poi le pubblicazioni presentate nei Convegni del 1930 a Roma, del
1970 a Cagliari e del 1971 a St.Vincent.
2.quello sull’igiene industriale, nel quale si ricorda la mostra permanente di Igiene Industriale di Torino, presentata nel
corso del III Congresso Nazionale del 1911 e il dibattito interdisciplinare, intitolato “Ingegneri, igienisti e Medicina
del Lavoro” e svoltosi a Firenze nel corso del V Congresso Nazionale del 1922; fa seguito una rassegna dei
principali argomenti di igiene industriale, trattati nel corso degli anni, tra cui ricordo le raccomandazioni in merito
ai procedimenti di campionamento e caratterizzazione delle fibre di asbesto (Cagliari 1970) e la valutazione del
rischio pneumoconiogeno (Pisa del 1972).
3.quello sulla tutela previdenziale della patologia da lavoro, nel quale si segnala che il 17/4/1872 fu inaugurato, nel
teatro Argentina in Roma, il I Congresso operaio nazionale, che aveva all’ordine del giorno il tema “come
provvedere una pensione all’operaio assolutamente inabile al lavoro”; tale congresso venne interrotto dalla
contestazione operaia. L’articolo ricorda poi che l’8/7/1833, con la Legge n.1473, veniva sancita la costituzione
della “Cassa nazionale d’assicurazione per gli infortuni degli operai sul lavoro”, con sede centrale a Milano, e con
R.D. 19/12/1901 veniva istituita, “presso il Ministero dell’Agricoltura, Industria e Commercio, una Commissione
(di cui facevano parte tra gli altri Devoto, Sanarelli, Mangiagalli e Loriga) per lo studio delle malattie
professionali, in vista di un’apposita legge assicurativa”. Viene poi riportata la prima descrizione di
pneumoconiosi istologica, fatta dal Puccini nel 1958. La pubblicazione prosegue con una sezione di “Notizie e
curiosità”, nella quale, a proposito del III Congresso di Torino del 1911, viene segnalato che la FIAT, con lettera
del suo Presidente comm.Alessandro Marangoni, rimise la somma di £100 quale contributo al Congresso.
Marangoni risultava anche tra i Membri del Comitato d’Onore e tra i Congressisti. Vengono poi elencati i più
antichi maestri di Medicina del Lavoro, con i relativi profili: Bernardino Ramazzini, Luigi Devoto, Luigi Ferrannini,
Gaetano Pieraccini, Nicolò Castellino, Luigi Carozzi. Il testo si conclude con le tabelle riassuntive degli argomenti
trattati nei diversi Congressi, elencati in ordine cronologico e in ordine alfabetico. Ancora nel 1988 viene
pubblicato uno studio sui macchinisti delle ferrovie statunitensi470 esposti al crisotilo, divisi in due sottocoorti in
rapporto alla data di assunzione : nel primo gruppo, su 156 decessi 14 erano dovuti a mesoteliomi e 11 a tumori del
polmone; nel secondo gruppo (assunzioni più recenti) su 40 decessi 5 erano dovuti a tumori polmonari e 1 a
mesotelioma.
Nel 1989 la IARC pubblica una rassegna di lavori sull’esposizione non occupazionale a fibre minerali471, comprendente
una pubblicazione dell’Istituto Superiore di Sanità che valuta la presenza di fibre minerali e di polvere nei polmoni dei
soggetti che abitano in aree urbane. Nello stesso anno un piccolo studio di coorte evidenzia un incremento di tutti tipi di
neoplasie in esposti a crisotilo472. Sempre nel 1989 vengono pubblicati altri due studi epidemiologici, relativi a soggetti
esposti ad amosite: il primo473, aggiorna un precedente studio, evidenziando che su 820 esposti in maniera breve ma
intensa, si sono avuti 17 mesoteliomi ( pleurici e 9 peritoneali); il secondo474, riguarda una piccola coorte di 133
soggetti, in cui si riscontrano 4 tumori del polmone e 2 del peritoneo.
Nel 1990 viene pubblicato un lavoro475 sul contenuto d’amianto nel tessuto polmonare, nei linfonodi tracheali e nelle
placche pleuriche di coibentatori di navi, rilevato in corso di autopsia, e viene segnalata la diversa clearance a seconda
del tipo di amianto. Nello stesso anno vi sono tre segnalazioni relative ad asbesto e tumori renali476. Sempre nel 1990
viene pubblicato un testo sulle applicazioni della tomografia assiale computerizzata ad alta risoluzione (HRCT)477 nelle
pneumoconiosi, con un capitolo dedicato ai segni patognomonici dell’asbestosi (placche pleuriche, presenti anche nei
fumatori non esposti, e fibrosi interstiziale).
Nel 1991 viene pubblicato un articolo sulla migrazione delle fibre di amianto inalate dal polmone agli altri tessuti478, nel
quale si constata una maggiore capacità di migrazione del crisotilo rispetto all’amosite.
469
N.Castellino, M.Mazzella di Bosco, A.Paoletti, L.Pecora, N.Sannolo, I primi 50 Congressi della Medicina del Lavoro italiana (1907-1987)
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52
Un editoriale inglese del 1990 evidenzia la possibilità di inquinamento del talco da parte della tremolite479, con
conseguenti patologie neoplastiche.
Nel 1991 l’Accademia delle Scienze di New York pubblica un bellissimo annale sulla “terza ondata” dei disturbi da
amianto, in cui vengono messi in evidenza i mesoteliomi degli insegnanti di alcune scuole americane, inquinate da
amianto480.
Nello stesso anno viene segnalato su una rivista oncologica italiana un caso di mesotelioma pleurico in un barbiere, per
esposizione indiretta ad asbesto481, determinata dai capelli polverosi di operai impiegati in una vicina azienda di
cemento – amianto in Emilia.
Ancora nel 1991 autori australiani482 evidenziano una relazione lineare tra concentrazione di fibre di asbesto nei
polmoni e rischio di mesotelioma.
Nel 1993 viene invece riportato un caso di mesotelioma pleurico osservato in un idraulico483, per inalazione di fibre di
amianto dalle guarnizioni dei tubi e dai manufatti in cemento – amianto.
Sempre nel 1993 viene segnalato un caso di mesotelioma pleurico da asbesto in un marinaio di leva della Marina
Militare484, addetto – macchine, esposto all’amianto contenuto nel materiale coibentante.
Nel 1994 Parkes conferma che, nel soggetto suscettibile, l’innesco del mesotelioma può avenire nelle prime fasi
espositive.
Nello stesso anno a Carpi485, in occasione dei “Ramazzini days”, vengono trattati diversi problemi collegati con
l’esposizione ad amianto nel mondo, ripresi e pubblicati nell’anno successivo sulla rivista “La Medicina del Lavoro”.
Riguardo al mesotelioma, vengono presentate le seguenti pubblicazioni: - Il mesotelioma come indicatore di rischio da
esposizione ad asbesto: ruolo del patologo (Zampi, Comin, Dini) – Mesoteliomi da esposizione all’ amianto usato nelle
ferrovie: 130 casi italiani (Maltoni, Pinto, Carnuccio, Valenti, Lodi, Amaducci) – Mesoteliomi da esposizione ad
amianto usato negli zuccherifici (Maltoni, Pinto, Valenti, Carniccio, Amaducci, Minardi) – Rischi professionali
sconosciuti di mesoteliomi da amianto (Pinto., Soffritti, Maltoni).
Sempre nel 1994 escono ancora tre importanti articoli: uno sulla possibile genesi di mesoteliomi in seguito ad
esposizione a tremolite, molto diffusa nelle rocce, anche se non utilizzata commercialmente486, un altro
sull’inquinamento da tremolite e insorgenza di placche pleuriche in Afghanistan487, il terzo sulla presenza del virus
SV40 nei mesoteliomi488, con possibile effetto innescante della neoplasia (questo virus è stato riscontrato in oltre 200
milioni di dosi di vaccino antipolio salk, proveniente da cellule di scimmie infette, N.d.R.)
Nel 1994 le F.S. hanno costituito un gruppo di studio489, di cui si allegano le conclusioni, per valutare il problema
conseguente alla presenza di amianto a bordo delle navi traghetto.
Nello stesso anno, l’INAIL di La Spezia490 ha svolto un interessante studio sulle patologie da asbesto rilevate nel
personale del settore lavorativo della cantieristica navale.
Nel 1995 viene pubblicato un interessante lavoro491 che evidenzia l’incremento di mesoteliomi pleurici tra gli abitanti di
Casale Monferrato, esposti ad amianto nell’ambiente di vita per la vicinanza di una nota fabbrica di manufatti cementoamianto.
Nel 1995 sono state ritrovate fibre di asbesto nei tumori uroteliali e nella parete vescicale sana492.
La circolare INAIL del 23/11/95493 prende in considerazione i benefici previdenziali per i lavoratori esposti
all’amianto, riferendosi all’inclusione in questa categoria non solo degli assicurati alla voce “amianto”, ma anche dei
lavoratori esposti alla concentrazione ambientale media annuale di 0,1 ff/cc3 di amianto, ex art.24 comma 3
D.Leg.277/1991, che recepisce la Direttiva CEE 477/83.
479
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all’amianto.
480
53
Seguendo le indicazioni dell’Istituto Assicuratore, non viene valutato nella sua interezza il rischio di contrarre
delle patologie neoplastiche, ed in particolare dei mesoteliomi; non vengono inoltre prese in considerazione le
successive direttive comunitarie in materia, nonché la L.n.257/92, con la quale si impone la cessazione dell’impiego
dell’amianto, vista l’impossibilità di stabilire un valore limite che tuteli dai rischi oncogeni di questa sostanza, non solo
negli ambienti di lavoro ma anche in quelli di vita. Le carenze preventive, ispettive e giudiziarie, protrattesi sino agli
anni ’70, non hanno consentito di contenere adeguatamente il rischio da amianto, alimentato anche, per quanto riguarda
le neoplasie, dall’inquinamento degli ambienti di vita. Quest’ultima componente di rischio non è da considerarsi
trascurabile, in quanto presente sin dalla nascita, ed è dovuta principalmente alla dispersione geologica, alla vicinanza di
fabbriche d’amianto e al rilascio di fibre da parte di materiali d’attrito, di manufatti in eternit, di coperte da stiro, di
coperte ignifughe, di materassi, di cartoni isolanti, di ghiaia inquinata e di acqua proveniente da condutture in cementoamianto.
Nel 1996 viene presentata in un convegno nazionale l’interessante casistica dei mesoteliomi in Puglia, con evidenza di
numerosi casi tra le casalinghe494.
Nello stesso anno, l’Istituto Superiore di Sanità pubblica una casistica di mortalità495 per tumori maligni della pleura in
Italia, negli anni 1988 – 1992; la pubblicazione segnala come zone a rischio quelle in cui vi sono cantieri navali,
industrie del cemento – amianto, o realtà industriali complesse come quelle presenti a Torino e Milano, con le rispettive
cinture industriali.
Nel 1998, su una nota rivista italiana, il responsabile dell’Unità di Environmental Cancer Epidemiology dello IARC di
Lione pubblica un riepilogo delle patologie da esposizione ad asbesto nell’uomo496, sottolineando come l’amianto possa
causare quattro malattie: - l’asbestosi per esposizioni a dosi elevate – le placche pleuriche, che dipendono dal tempo
trascorso dalla prima esposizione ed insorgono dopo inalazione di qualsiasi tipo di fibra di amianto - il tumore
polmonare, che sembra dipendere in modo lineare dall’esposizione cumulativa ad amianto, con aumento di rischio
dell’1% per ogni fibra/ml/anno di esposizione, è provocato da tutti i tipi di amianto e presente interazione sinergica con
il fumo di tabacco – il mesotelioma pleurico, tumore maligno specificamente associato con esposizione ad amianto, è in
rapporto al tipo di fibra (gli anfiboli sono tre volte più pericolosi del crisotilo) ed il rischio dipende dalla terza potenza
del tempo trascorso dall’inizio dell’esposizione, con latenza di dieci anni.
Nello stesso anno viene pubblicato uno studio caso/controllo sull’esposizione della popolazione francese497 a basse dosi
di amianto, con segnalazione dei casi di mesotelioma pleurico e relativa relazione dose/risposta. Questo studio, svolto
dagli esperti dei principali centri francesi, ha evidenziato in significativo eccesso di mesoteliomi anche per esposizioni
decisamente più basse di quelle proposte dai valori-limite adottati nelle aziende durante gli anni ’80.
Nel 1999 viene pubblicato un importante review che sottolinea la possibilità di insorgenza di mesoteliomi anche per
basse esposizioni, sia negli ambienti di lavoro che negli ambienti di vita: l’autore afferma che non è possibile stabilire
un livello di esposizione ad amianto al di sotto del quale non vi sia il rischio di contrarre il mesotelioma498.
Nel 2000 escono tre lavori che sostanzialmente confermano l’alto rischio di mesoteliomi pleurici a seguito di
esposizioni professionali, anche se si può avere l’insorgenza per esposizione domestica o ambientale499. Viene inoltre
evidenziato come anche nelle esposizioni ambientali il rischio aumenti sensibilmente vicino alle zone estrattive di
amianto o in luoghi in cui vi sono industrie che producono o manipolano manufatti di amianto500-501.
Da quanto esposto, si evince chiaramente che anche nell’ambito della prevenzione da neoplasie da amianto possono e
debbono essere adottate tutte le norme di buona tecnica che regolano la prevenzione delle fibrosi, unitamente al
consiglio di evitare il fumo di tabacco, per il noto effetto sinergico nella genesi del tumore polmonare.
Il mesotelioma ha un lungo periodo di latenza (37-43 anni, range 13-73 anni), e insorge prevalentemente a livello
pleurico, pur potendo interessare tutte le sedi in cui vi è del tessuto mesoteliale, tipo il pericardio, il peritoneo, la tunica
vaginale del testicolo. Si tratta di un tumore molto raro e che presenta diversi quadri istologici (epiteliale, sarcomatoso,
indifferenziato e a cellule miste), per cui risulta molto difficile una corretta interpretazione diagnostica.
Il mesotelioma pleurico è caratterizzato da una bassa sopravvivenza (circa 1 anno dalla diagnosi), da intensi dolori
toracici, tosse e dispnea ingravescente, per incremento della neoplasia e/o comparsa di versamento pleurico.
La diagnosi in vivo si basa sulla presenza dei seguenti elementi patognomonici: - pregressa esposizione a dosi elevate
di amianto per almeno un anno; -periodo di latenza superiore ai 20 anni; -insorgenza insidiosa dei sintomi; -assenza di
linfoadenopatia; -assenza di metastasi; -positività radiografica (mammelloni pleurici); - presenza di cellule maligne
494
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497
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–control study, Am. J. Epidemiol. 1998 vol. 148 n.2, 133 – 142.
498
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499
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500
C. Magnani, A. Agudo & al., Multicentric study on malignant pleural mesothelioma and non-occupational exposure to asbestos, British J. Of
Cancer (2000) 83 (1), 104 – 11.
501
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Epidemiol. 2000, May; 16 (5) : 411 – 7.
495
54
mesoteliali e di acido ialuronico nel versamento pleurico -esame istologico positivo; -esclusione di altre localizzazioni
primarie.
La presenza dei corpuscoli dell’asbesto nell’escreato e nel liquido pleurico serve solo a confermare la pregressa
esposizione.
L’insorgenza dei mesoteliomi è maggiore per esposizione a crocidolite, seguita da quella agli altri anfiboli, e infine da
quella al crisotilo, che spesso contiene tracce di anfiboli come impurità. La IARC502 tuttavia non ha mai valutato in
termini differenziali i vari tipi di amianto, ribadendo semplicemente che si tratta di sostanze sicuramente cancerogene
per l’uomo.
In letteratura sono noti anche casi di mesoteliomi da fibre minerali naturali diverse, quali l’erionite e le fibre di vetro503,
oppure da agenti fisici quali le radiazioni ionizzanti, tuttavia l’85-98% dei casi di mesotelioma riconosce una pregressa
esposizione ad amianto. Il fumo di sigaretta non determina un incremento di tale patologia.
Attualmente, in Italia muoiono circa 600 persone all’anno per neoplasie pleuriche, distribuite maggiormente nelle aree
dove in passato si è utilizzato l’amianto. Data l’elevata latenza nella genesi della patologia, nonostante la riduzione delle
esposizioni, non si prevede una diminuzione di nuove insorgenze sino al 2015, mentre non si conoscono ancora gli
effetti delle basse esposizioni ad amianto negli ambienti di vita e di lavoro, prese in considerazione solo di recente. A
tale proposito, la IARC non ha espresso valori-limite per questi agenti cancerogeni, e tra i nuovi esposti risultano
attualmente i ferrovieri, gli scoibentatori, gli edili, i manutentori, i meccanici, i verniciatori ecc.504
Per quanto riguarda il mesotelioma, sono sufficienti basse dosi innescanti e brevi periodi di esposizione ad amianto,
che possono verificarsi non solo negli ambienti di lavoro ma anche in quelli di vita. Non sono segnalati, in questo caso,
meccanismi sinergici con il fumo di tabacco; vengono invece indicati come possibili cause di mesoteliomi anche le
radiazioni ionizzanti.
I periodi minimi e massimi di latenza sono dell’ordine di 20-40 anni.
Nel 1993 viene pubblicato uno studio che evidenzia la presenza di amianto nelle navi traghetto F.S.505. Il lavoro, oltre a
precisare i compiti del Registro Navale Italiano, della Capitaneria di Porto e dell’Ufficio di Sanità Marittima, illustra la
normativa di legge vigente, in materia di sicurezza, nel settore della navigazione, definendo anche cosa si intende per
personale navigante. Vengono poi elencati gli studi che hanno evidenziato il maggior rischio di contrarre tumori
polmonari e mesoteliomi per questo tipo di lavoratori, e in particolare nel personale di macchina. Due delle navi
traghetto considerate montavano motori marini FIAT. Dalle determinazioni ambientali svolte nelle varie parti delle
navi è stata sempre rilevata la presenza di anfiboli, in concentrazione variabile a seconda dello stato di manutenzione,
della condizione di esercizio e dei locali considerati.
QUARTA ONDA – mesoteliomi pleurici in esposti a basse dosi
Il mesotelioma può insorgere, dopo molti anni di latenza, anche in seguito a pregresse esposizioni molto modeste e di
breve durata. Pertanto, data la sua scarsa frequenza e la sua quasi esclusiva correlazione con l’esposizione ad amianto,
è stato più facile registrare un aumento di questa patologia nella popolazione non esposta per motivi di lavoro, ed in
particolare tra coloro che hanno subito un significativo incremento dell’inquinamento da amianto nell’ambiente di
vita506.
Obiettivo del presente capitolo è esaminare gli studi epidemiologici e le segnalazioni di casi di mesotelioma pleurico in
soggetti esposti ad amianto nell’ambito di attività lavorative per le quali in passato tale esposizione era ritenuta
trascurabile, nonché in soggetti con esposizioni di tipo ambientale.
Preliminarmente all’esame di tali studi, verranno sinteticamente passate in rassegna le attuali conoscenze sulla relazione
dose-risposta fra esposizione a fibre di amianto e insorgenza del mesotelioma pleurico e sul ruolo delle variabili
temporali.
Vista la possibilità di insorgenza delle neoplasie, e in particolare dei mesoteliomi, anche per esposizioni lavorative di
questo tipo, il rischio di contrarre tumori da amianto risulta in questo caso molto più elevato rispetto a quello della
popolazione esposta ad amianto solo nell’ambiente di vita; tale rischio riguarda sia i lavoratori che hanno maneggiato
direttamente manufatti in amianto sia, in misura minore, quelli che sono stati esposti in modo indiretto. La proibizione
dell’utilizzo dell’amianto, stabilita nel 1992, conferma la persistenza del rischio di neoplasie anche nel rispetto della
direttiva CEE 477/83, recepita in Italia nel 1991. Altre sostanze cancerogene per l’uomo sono state bandite dalla
lavorazione e dall’uso, anche in periodi precedenti a quanto avvenuto per l’amianto. Quest’ultimo, tuttavia, si
differenzia dagli altri cancerogeni ritirati dal commercio per la sua scarsa biodegradabilità e per la sua
persistente permanenza nell’organismo, con conseguente possibilità di arrecare danno alla salute ancora dopo
molti anni dall’inalazione. L’utilizzo ubiquitario di grandi quantità di amianto, e la sua presenza geologica in alcune
502
IARC, Monographs on the evaluation of carcinogenic risks to umans, suppl.7, Lyon 1987.
J.T.Peterson, S.D.Greenberg & al., Non-asbestos-related malignant mesothelioma, Cancer 54:951-960, 1984. - P.V.Pelnar, Further evidence of
non-asbestos-related mesothelioma, Scan.J.Work Environ. Health, 14:141-144, 1988.
504
M.Huncharek, Changing risk groups for malignant mesothelioma, Cancer 69:2704-2711, 1992.
505
E.Turi, F.Tidei, L.Paoletti, Esposizione all’amianto a bordo delle navi: uno studio sulla situazione ambientale in due classi di navi traghetto,
Med.Lav. 83 (3):201-210, 1993.
506
L.Paoletti, S.Cavallo, G.Donelli, Inquinamento da asbesto negli ambienti di vita, Rapp. Istisan 89/26 Ist.Sup. di Sanità, Roma 1989.
503
55
aree geografiche, hanno poi determinato l’insorgenza di patologie neoplastiche collegate all’inquinamento degli
ambienti di vita.
Alcune normative tecniche, parlano di “pericolo” da amianto; questa affermazione da un punto di vista scientifico
risulta errata, dato che si intende come pericolosa una possibile tecnopatia imminente (infortuni o intossicazioni che
insorgono nell’ambito di un turno di lavoro). L’eventualità di danno dovuto ad esposizione a diverse sostanze nocive,
nel corso di periodi di lavoro superiori ad un turno, viene definita invece “rischio”. Il rischio dipende dalla natura e
dall’entità dell’esposizione lavorativa, dall’eventuale ulteriore esposizione nell’ambiente di vita e dalla possibile
ipersensibilità individuale.
Tutti i casi di esposizione devono essere analizzati almeno per gruppi omogenei, tenendo conto del tipo e della quantità
del materiale impiegato, degli eventuali studi epidemiologici, clinici e ambientali; non sono infatti possibili
generalizzazioni, e non risulta corretto il riferimento a normative di ordine tecnico. Ad esempio, considerare a rischio,
oltre agli assicurati, solo coloro che hanno maneggiato manufatti contenenti amianto al di sopra di una certa
percentuale, escluderebbe dalla categoria a rischio i macchinisti nei quali Mancuso già dal 1988 ha rilevato un
significativo incremento dei mesoteliomi, in assenza di asbestosi.
Durata ed intensità dell’esposizione ad amianto e relazione dose-risposta.
Una relazione dose-risposta fra livello di esposizione ad amianto, stimato in base alla mansione svolta, ed insorgenza
del mesotelioma è stata inizialmente descritta da Newhouse (1969)507 e da Newhouse & Berry (1979)508 nei lavoratori
del settore tessile. Nel 1979 Seidman et al (pag. 84) scrivevano “usando la durata dell’attività lavorativa in una
fabbrica di amosite come misura della dose di amianto, si è visto che in generale al decrescere della dose è richiesto un
tempo più lungo perché si manifesti l’esperienza avversa della mortalità, ed anche l’entità di tale mortalità avversa è
minore. Questo fatto ha implicazioni molto importanti nel controllo del cancro: se non è possibile evitare del tutto
l'esposizione ad agenti cancerogeni, almeno la riduzione dell’esposizione può sia differire il verificarsi di effetti avversi,
sia ridurre la frequenza del loro accadimento”. La questione è stata ripresa da altri autori. Fra questi vanno ricordati
Armstrong et al. (1988)509 che descrissero la relazione fra esposizione cumulativa all'amianto e mortalità per
mesotelioma fra i minatori di crocidolite in Australia, Tuomi et al. (1991)510 e Rogers et al. (1991)511 che
rispettivamente in Finlandia e Australia descrissero significative relazioni fra rischio di mesotelioma e concentrazione
di fibre di amianto nel tessuto polmonare.
Particolarmente significativo il contributo di Iwatsubo et al. (1998)512 che con uno studio caso-controllo dimostrano
una relazione dose-risposta già a livelli di esposizione dell'ordine di 0,5 ff/ml/anni513. Il rischio dunque aumenta con
l'aumentare della dose cumulativa a partire da una soglia molto bassa ma tuttora non definibile. Va infine notato che il
rischio associato alle esposizioni continue risulta superiore al rischio associato alle esposizioni intermittenti (Iwatsubo
et al. (1998) Tabella 5, pag. 139). In un commento a questo lavoro, Siemiatycki e Boffetta (1998)514 esaminano in
dettaglio il disegno dello studio, e concludono che questa indagine è valida, anche se gli aspetti quantitativi
richiederanno ulteriori replicazioni.
In un altro contributo, Boffetta (1998)515 passa in rassegna gli aspetti quantitativi della cancerogenesi da amianto,
suggerendo che l’incidenza del mesotelioma sia funzione del tempo di latenza, dell’esposizione espressa in
fibre/millilitro, di una costante che esprime la potenza cancerogena specifica per tipo di fibra e tipo di industria, della
latenza minima richiesta per evidenziare un aumento del mesotelioma e dell’effetto del tempo di latenza. Il significato
di questo modello è che ogni breve periodo di esposizione causa un’aggiunta al rischio successivo, che è proporzionale
alla concentrazione di polvere a quel tempo, moltiplicata per la p-esima potenza del tempo trascorso da quel momento.
Berry et al (2000)516 trovano una significativa relazione esposizione- risposta per il mesotelioma pleurico in una coorte
di 5.000 soggetti esposti ad amianto nella città di Londra fra il 1933 e il 1980.
Hodgson & Darnton (2000)517, evidenziano come il mesotelioma pleurico aumenti sublinearmente con la dose
cumulativa, anche se una relazione lineare è compatibile con i dati, e non ritengono di potere assumere l’esistenza di
una soglia.
507
Newhouse ML. A study of the mortality of workers in an asbestos factory. British Journal of Industrial Medicine 1969;26 :294-301.
Newhouse ML, Berry G. Patterns of mortality in asbestos factory workers in London. Annals NewYork Academy of Sciences 1979;53-60.
509
Armstrong BK, de Klerk NH, Musk AW, Hobbs MST. Mortality in miners and millers of crocidolite in Western Australia. British Journal of
Industrial Medicine 1988;45:5-13.
510
Tuomi T, Huuskonen MS, Virtamo M., et al. Relative risk of mesothelioma associated with different levels of exposure to asbestos.
Scandinavian Journal of Work, Environment and Health 1991;17:404-8.
511
Rogers AJ, Leigh J, Berry G, et al. Relationship between lung asbestos fiber type and concentration and relative risk of mesothelioma
Cancer1991;67:1912-1920.
512
Iwatsubo Y, Pairon JC, Boutin C, et al. Pleural mesothelioma : dose –response relation at low levels of asbestos esposure in a French populationbased case-control study. American Journal of Epidemiology 1998;148:133-142.
513
Fibre per millilitro per anno
514
Siemiatycki J, Boffetta P. Invited commentary: is it possible to investigate the quantitative relationbetween asbestos and mesothelioma in a
community-based study? American Journal of Epidemiology 1998;148:143-147.
515
Boffetta P. Health effects of asbestos exposure in humans: a quantitative assessment. La Medicina del Lavoro 1998;89:471-480.
516
Berry G, Newhouse ML, Wagner JC. Mortality from all cancers of asbestos factory workers in east London 1933-80. Occupational
Environmental Medicine 2000;57:782-785.
517
Hodgson JT, Darnton A. The quantitative risks of mesothelioma and lung cancer in relation to asbestos exposure. Annals Occupational Hygiene
2000;44:565-601.
508
56
In accordo con quanto sopra esposto, si noti che c’è una correlazione fra durata di esposizione all’amianto e corpuscoli
dell’amianto nel tessuto polmonare, come pure fra durata dell’esposizione e fibre totali nel polmone (Roggli 1995)518.
Recentemente, infine, l’American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH 2001) ha ribadito
l’esistenza di una relazione dose-risposta per il mesotelioma pleurico519.
L’esposizione prolungata ad amianto non è quindi condizione necessaria per l’insorgenza del mesotelioma.
L’incremento del rischio di mesotelioma è apprezzabile anche a seguito di brevi esposizioni ad amianto, come
documentato da Seidman et al. (1979)520 e successivamente confermato da diversi autori, fra i quali Roggli (1995),
Neumann et al (2001) e Leigh et al (2002). Questi ultimi due lavori sono di particolare interesse perché si riferiscono a
due casistiche di dimensioni molto ampie, rispettivamente il registro tumori della Germania e quello dell’Australia. In
Germania Neumann et al esaminando 1605 casi di mesotelioma, individuarono una storia professionale di esposizione
ad amianto nel 70% dei soggetti in esame. La durata media dell’esposizione era di 17.5 anni, con un range compreso fra
1 mese e 56 anni. In Australia, Leigh et al esaminarono 6329 casi di mesotelioma diagnosticati fra il 1945 e il 2000, per
l’82% dei quali era documentata l’esposizione ad amianto. Il 3% dei casi erano stati esposti per meno di 3 mesi.
Si noti che relazioni dose-risposta, oltre che in connessione alle esposizioni professionali, si riscontrano anche a fronte
di esposizioni ambientali non lavorative (Hansen et al 1998521, Magnani et al 2000522). Lo studio di Hansen in
particolare, relativo alla comunità residente in prossimità di una miniera di crocidolite, mostra che fra i soggetti non
esposti professionalmente all’amianto l’incidenza del mesotelioma aumenta in relazione al tempo di latenza, alla durata
dell’esposizione e all’esposizione cumulativa.
Tempo di latenza
La latenza di un tumore è il tempo intercorrente fra l'inizio dello sviluppo e la manifestazione di questa patologia; il
tempo di induzione è il periodo trascorso fra l'inizio dell'esposizione all'agente cancerogeno e l'inizio della malattia
tumorale. L'inizio dell'esposizione e l'evidenza della malattia manifesta sono databili, ancorché con qualche
approssimazione; non è invece possibile distinguere il tempo di induzione dal tempo di latenza (Rothman 1981)523.
Per quanto attiene la datazione dell'inizio dell'induzione, essa viene desunta dall'anamnesi lavorativa; per quanto
riguarda la datazione dell'"evidenza della malattia manifesta" è prassi consolidata farla coincidere con il momento
dell'effettiva diagnosi del tumore e della sua malignità, analogamente a quanto avviene negli studi di sopravvivenza
(Berrino et al. 1995)524. Il tempo di induzione-latenza così definito (d'ora in avanti chiamato per semplicità "latenza")
rappresenta quindi un "massimo teorico", assumendo che l'induzione inizi con l'inizio dell'esposizione. I tempi di
latenza dei tumori seguono distribuzioni normali o log-normali (Hayes e Vineis 1989)525. Questo significa che,
espandendo il numero delle osservazioni, aumenta la probabilità di trovare singoli dati molto elevati o molto bassi.
Stime della latenza del mesotelioma sono state fornite dal gruppo del Prof. Selikoff nell'ambito del grande studio di
coorte dei coibentatori (Ribak et al. 1988)526. Sulla base dell’osservazione di 356 casi di mesotelioma pleurico, la
latenza media è risultata di 33.8 anni, con deviazione standard di 8.9 anni. Successivamente, ulteriori dati sono stati
forniti da altri autori. Le latenze più brevi sono generalmente vicine ai 15 anni, e quelle più lunghe sono dell'ordine dei
60-70 anni (Lanphear & Buncher 1992527, Bianchi et al 1997528). Quest’ultima casistica, relativa all’area di Trieste–
Monfalcone, è basata su 421 casi e si caratterizza per una latenza media di 48.7 anni; la latenza media dei coibentatori è
risultata più breve (29.6 anni), mentre altri gruppi professionali con esposizioni meno intense hanno mostrato latenze
più lunghe.
Ulteriori dati sui tempi di latenza sono stati forniti recentemente dal Registro Mesoteliomi della Germania (1605 casi
diagnosticati nel periodo 1987-1999, latenza media 37.8 anni) e dell’Australia (6329 soggetti diagnosticati fra il 1945 e
il 2000, latenza media 37.4 anni, intervallo di variazione 4-75 anni). Nello studio tedesco si osservava una diminuzione
di circa 4 anni del tempo di latenza al crescere delle concentrazioni di fibre nel tessuto polmonare. Per i dettagli si rinvia
a Neumann et al 2001529 e Leigh et al 2002530. Mollo e Bellis (1997)531, con riferimento alla valutazione degli aspetti
518
Roggli VL. Malignant mesothelioma and duration of asbestos exposure: correlation with tissue mineral fibre content Annals Occupational Hygiene
1995;39:363-374.
519
ACGIH. Documentation on the threshold limit values and biological exposure indices. American Conference of Governmental Industrial
Hygienists, 2001, Seventh edition pp. 4-6.
520
Seidman H, Selikoff IJ, Hammond EC. Short-term asbestos work exposure and long-term observation. Annals of the New York Academy of
Sciences 1979;330:61-89.
521
Hansen J, de Klerk NH, Musk W, et al. Environmental exposure to crocidolite and mesothelioma American Journal of Respiratory and Critical
Care Medicine 1998 ;157 :69-75.
522
Magnani C, Agudo A, Gonzalez CA, Andrion A, et al. Multicentric study on malignant pleural mesothelioma and non-occupational exposure to
asbestos. British Journal of Cancer 2000;83:104-111.
523
Rothman KJ. Induction and latent periods. American Journal of Epidemiology 1981;114:253-259.
524
Berrino F, Santi M, Verdecchia A. et al. Eds. «Survival of cancer patients in Europe ». IARC Scientific Publication 132, IARC, Lyon 1995:1-14.
525
Hayes RB, Vineis P. Time dependency in human cancer. Tumori 1989;75:189-195.
526
Ribak J, Lilis R, Suzuki Y, et al. Malignant mesothelioma in a cohort of asbestos insulation workers: clinical presentation, diagnosis, and causes of
death. British Journal of Industrial Medicine 1988;45 :182-187.
527
Lanphear BP, Buncher CR. Latent period for malignant mesothelioma of occupational origin. 1992. Journal of Occupational Medicine;34:718721.
528
Bianchi C, Giarelli L, Grandi G, Brollo A, Ramani L, Zuch C. Latency periods in asbestos-related mesothelioma of the pleura. European Journal
of cancer Prevention 1997;6:162-166.
529
Neumann V, S. Günther Müller KM, Fischer M. Malignant mesothelioma – German mesothelioma register 1987-1999. International Archives of
Occupational and Environmental Health. 2001.74:383-395.
57
temporali dell’inizio e dell’evoluzione della cancerogenesi da amianto, affermano (pag. 258) che “l’azione cumulativa
dell’amianto attraverso prolungata esposizione, ove presente, è da considerare, entro i limiti della compatibilità
cronologica, non priva di possibili effetti dannosi con aumento della probabilità di tumore”.
Stato delle conoscenze sulle attivita’ professionali a rischio di esposizione ad amianto
Il primo articolo a carattere epidemiologico che ha evidenziato a livello internazionale l’associazione tra il mesotelioma
maligno e l’esposizione ad asbesto, risale al 1960532 (Wagner et al 1960). In questo articolo veniva osservata tale
associazione tra i lavoratori delle miniere di asbesto del Sudafrica.
A tale studio ne sono seguiti altri che hanno consolidato l’ipotesi dell’associazione e hanno portato alla verifica del
nesso causale. Le evidenze sono state inizialmente accumulate, oltre che nel settore delle miniere, dove l’amianto
veniva coltivato, anche nei settori industriali nei quali l’amianto rappresentava una delle principali materie prime. A
titolo esemplificativo si mostra il risultato della valutazione di Rischio Relativo (RR), tramite uno studio caso-controllo,
relativo alle lavorazioni sospettate come a maggior rischio di essere associate all’insorgenza del mesotelioma. I dati
sono basati su una collezione di 344 casi di mesotelioma registrati tra il 1960 e il 1972 in Canada e nel solo anno 1972
negli U.S.A. Le informazioni relative alla storia professionale sono state raccolte tramite intervista (Mc Donald e Mc
Donald 1980)533.
Il rischio di contrarre il mesotelioma ottenuto confrontando le professioni ritenute a rischio amianto con quelle ritenute
non esposte risultava come segue: di 46 volte superiore tra i lavoratori di industrie di materiali isolanti; 6,1 volte tra i
minatori; 4.4 volte tra i lavoratori che si occupavano degli isolamenti termici; 2.8 volte tra i lavoratori nel settore navale
e 2.6 volte tra quelli del settore delle costruzioni edilizie.
Negli anni seguenti numerosi studi hanno portato ad evidenziare un aumento di rischio in molti settori produttivi,
inizialmente in quelli nei quali l’amianto veniva utilizzato come materia prima principale, successivamente in quelli
dove era presente nei processi di lavorazione o marginalmente nei prodotti finali. Infine, è stato rilevato un rischio
aumentato anche in quei settori produttivi o nelle singole industrie dove l’amianto non era presente nel ciclo produttivo
ma risultava comunque presente nell’ambiente di lavoro (esempio, come isolante delle condutture di liquidi ad alta
temperatura). Nella più recente pubblicazione del ReNaM (Registro Nazionale Mesoteliomi) vengono riportati i dati
dell’evidenza di esposizione ad amianto per settore economico; tali dati i sono relativi ai casi di mesotelioma con
diagnosi nell’anno 1997 raccolti dai COR (Centri Operativi Regionali) delle regioni Piemonte, Liguria, Emilia
Romagna, Toscana e Puglia, con la copertura di circa il 30% della popolazione del territorio nazionale (Nesti et al
2003)534. Nel libro di Claudio Bianchi e Tommaso Bianchi “Amianto, Un secolo di sperimentazione sull’uomo”
contiene bibliografia aggiornata all’anno 2002, l’elenco dei settori professionali per i quali è stata verificata la presenza
dell’amianto con le circostanze dell’esposizione (Bianchi C e Bianchi T 2002)535.
Oltre ad esposizioni professionali propriamente dette, oggi ci sono prove sufficienti per affermare che, anche situazioni
in cui l’amianto non sia stato usato direttamente in relazione all’attività lavorativa, ma sia comunque stato presente
nell’ambiente di lavoro o di vita, ciò possa rappresentare un rischio. Questo si verifica ad esempio per le mogli di
lavoratori che lavavano gli indumenti del marito che lavorava in settori con alta esposizione (Magnani et al 2001)536, o
per le insegnanti probabilmente per la presenza dell’amianto in ambienti scolastici (Placidi et al 1999)537.
Infine casi di mesotelioma sono stati registrati per esposizione residenziale sia in situazioni di vicinanza ad impianti di
produzione come le miniere di amianto, o di industrie per la lavorazione dell’amianto (Magnani et al 2000), sia in
situazioni molto circoscritte per la presenza delle fibre asbestiformi nel suolo, il loro affioramento e inconsapevole
contaminazione del materiale utilizzato localmente per vari scopi. In Italia, sono stati segnalati tre possibili cluster di
mesoteliomi associati ad esposizione per la presenza di fibre di amianto nel suolo. Tra questi, l’osservazione è stata
verificata e confermata solo nel comune di Biancavilla in provincia di Catania, con riferimento alla presenza di fibre di
fluoro-edenite (Comba et al 2003)538. Per quanto riguarda la tremolite della Val Di Susa (Mirabelli e Cadum 2002)539
530
Leigh J, Davidson P, Hendrie L, Berry D. Malignant mesothelioma in Australia, 1945-2000. American Journal of Industrial Medicine
2002;41:188-201.
531
Mollo F. Bellis D. Implicazioni medico-legali della diagnosi di mesotelioma. in “L’amianto: dall’ambiente di lavoro all’ambiente di vita. Nuovi
indicatori per futuri effetti” a cura di C. Minoia, G.Scansetti, G. Piolatto, A. Massola. Fondazione Salvatore Maugeri, IRCCS, Pavia 1997;12:253-.260.
532
Wagner JC, Sleggs CA, Marchand P. Diffuse pleural mesothelioma and asbestos exposure in the North Western Cape Province British Journal of
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533
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539
Mirabelli D, Cadum E. Mortality from pleural and peritoneal malignancies in the Upper Susa Valley. Epidemiologia e Prevenzione 2002;26:284286.
58
e della Basilicata (Bernardini et al 2003)540 si dispone di indizi che non consentono ancora una valutazione di
causalità.
Recenti segnalazioni relative all’aumento dei casi di mesotelioma pleurico professionalmente non esposti, hanno
contribuito all’avvio di una discussione sul possibile ruolo eziologico dell’amianto presente in grande quantità come
isolante negli edifici (Hemminki 2003541, Ascoli et al 2003)542. Allo stato attuale l’ipotesi di un “fattore urbano” del
mesotelioma rappresenta un’ipotesi di lavoro, ma non può essere considerata dimostrata.
Conclusioni
Il palazzo RAI di via Cernaia 33, Torino, nel quale lavorano attualmente circa 700 dipendenti, è stato costruito nella
prima metà degli anni ’60 e reso agibile dal novembre ’66. L’edificio presenta 18 piani fuori terra e tre sotterranei; ha
una struttura portante in acciaio, sulla quale è stata spruzzata parecchia amosite utilizzata come rivestimento antiincendio ed isolante termo-acustico, ai sensi della Circolare del Ministero dell’Interno n.91 del 14/09/1961. Questo
tipo di amianto si trova soprattutto nelle intercapedini, cioè nello spazio compreso tra soffitto e controsoffitto e la
controsoffittatura è costituita da pannelli metallici accostati senza guarnizioni di tenuta. In essa sono poste delle griglie,
che consentono l’accesso dell’aria viziata, aspirata verso il camino centrale verticale posto a ridosso degli ascensori, e
sono alloggiate le plafoniere, i cavi coassiali video, i cavi telefonici ed elettrici, oltre 150 vaschette dell’acqua dei W.C.
(poste all’esterno dal 1992)
Le persone che hanno svolto lavori di manutenzione delle strutture comprese nella controsoffittatura sono state esposte
ad amianto in maniera non trascurabile fino alla fine del ’92 per i seguenti motivi: contemporaneo svolgimento di
diverse lavorazioni di manutenzione; carente adozione di norme di buona tecnica volte a contenere il più possibile la
liberazione ambientale di fibre di amianto; tardivo impiego di mezzi di protezione individuali atti ad impedirne l’
inalazione (distribuiti - secondo le dichiarazione dei ricorrenti - solo dai primi anni ’80, e consistenti in mascherine antipolvere e tute senza copricapo); mancata separazione negli armadietti, degli abiti personali e di quelli da lavoro, appesi
in un unico vano e assenza di pulizia radicale (docce) a fine turno.
In conclusione, in risposta al quesito postomi dall’Ill.mo Sig. G.U. dott. PatriziaVisaggi, è possibile affermare che i
ricorrenti: Meneghetti Sandrino, nato a Cologna Veneta (VR) il 17/01/1938, residente a Torino in via Avigliana 13/3,
tel. 011/4346883, identificato mediante pat. TO5022607L rilasciata il 28/02/1996; Pepe Angelo, nato a Candida
(Avellino) il 20/07/1932, residente a Grugliasco in via Corsetto n.24, tel. 011/787452, identificato mediante C.I.
AJ9500961 rilasciata dal comune di Grugliasco il 26/04/2004; Mussino Arturo, nato a Germagnano (TO) il
21/04/1942, residente a Torino in p.zza Robilant 8 bis, tel. 011/3821775, identificato mediante C.I. AJ2952462
rilasciata dal comune di Torino il 06/04/2004 ; Bena Pietro Luigi, nato a Chieri (TO) il 03/07/1944, residente a
Savonera di Collegno in via Martinetto n.6, tel. 011/4240096, identificato mediante C.I. AH2421819 rilasciata dal
comune di Collegno il 24/07/2002 ; Floris Luigi, nato a Iglesias (Cagliari) il 03/04/1937, residente a S.Antonino di
Susa (TO) in viale XXV Aprile n.32, tel. 011/9631105, identificato mediante C.I. AJ0241344 rilasciata il 27/05/2001;
Ferrante Filippo, nato a Tunisi (Tunisia) il 24/04/1938, residente a Torino in corso Cincinnato 149/25, tel.
011/4550392, identificato mediante C.I. AK1812787 rilasciata dal comune di Torino il 18/01/2005 ; Cavallo Giuliano,
nato a Torino il 31/12/1935, abitante a Volvera (TO) in via Colle del Lys n.7, tel. 011/9906105, identificato mediante
C.I. AG4747497 rilasciata dal comune di Volvera il 11/04/2002 ; Bosco Carlo, nato a S.Paolo Solbrito (AT) il
16/05/34, residente a Nichelino in via Martiri di Belfiore n. 69, tel. 011/623810, identificato mediante C.I. AJ1649951
rilasciata dal comune di Nichelino il 20/04/2004 ; D’Angelo Francesco, nato a S.Stefano Quisquina (AG) il
12/02/1949, residente a Pianezza (TO) in via Primo Levi n.6, tel.011/9661774, identificato mediante C.I. AH5085199
rilasciata dal comune di Pianezza il 07/08/2003 ; Filia Francesco, nato a Sindia (Nuoro) il 30/03/1942, residente a
Mappano, via Generale dalla Chiesa 3/14, tel.011/9968662, identificato mediante patente n.TO3267263P rilasciata dalla
Prefettura di Torino il 19/10/1991 sono stati esposti a polveri aerodisperse di amianto, presenti nell’ambiente di
lavoro, e più esattamente ad amosite (dall’acronimo di Asbestos Mines of South Africa o amianto bruno-giallo-grigio
o cummingtonite o grunerite; silicato idrato di ferro e magnesio, 5.5FeO,1.5MgO,8SiO2,H2O - n. CAS 12172-73-5, di
flessibilità discreta e con temperatura di decomposizione tra 600-800°C, appartenente al gruppo degli anfiboli) come da
tabella sottostante
Dipendente
Meneghetti S.
Pepe Angelo
Mussino Arturo
Bena Pietro Luigi
Inizio esposizione
Dicembre 1967
Luglio 1971
Giugno 1967
Maggio 1969
Fine esposizione
Dicembre 1992
Novembre 1992
Ottobre 1980
Dicembre 1992
Stato servizio
Pensionato
Pensionato
Pensionato
Pensionato
Armadietto
Vano unico
Vano unico
Vano unico
Vano unico
Esposizione
25 aa, 1 m
20 aa, 5 m
13 aa, 4 m
23 aa, 8 m
540
Bernardini P, Schettino B, Sperduto B, Giannandrea F, Burragato F, Castellino N. Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia
2003;25:408-411.
541
Hemminki K, Li X. Mesothelioma is a killer of urban men in Sweden. International Journal of Cancer 2003;105:144-146.
542
Ascoli V, Belli S, Carnovale-Scalzo C, Corzani F, Facciolo F, Lopergolo M, Nardi F, Pasetto R, Comba P. Malignant mesothelioma in Rome and
Latium region, 1993-2001. Tumori 2003;89:377-381.
59
Floris Luigi
Ferrante Filippo
Cavallo Giuliano
Bosco Carlo
D’Angelo F.
Filia Francesco
Novembre 1968
Novembre 1974
Novembre 1966
Aprile 1972
Aprile 1971
Luglio 1970
Dicembre 1992
Dicembre 1992
Dicembre 1992
Dicembre 1992
Dicembre 1990
Dicembre 1992
Pensionato
Pensionato
Pensionato
Pensionato
In servizio
Pensionato
Vano unico
Vano unico
Vano unico
Vano unico
Vano unico
Vano unico
24 aa, 2 m
18 aa, 2 m
26 aa, 2 m
20 aa, 9 m
19 aa, 9 m
22 aa, 6 m
Ho ritenuto di fissare l’inizio dell’esposizione non prima della data di agibilità dei locali, anche se il ricorrente Cavallo
Giuliano afferma di aver operato nel palazzo Rai di via Cernaia 33 dal 1964; infatti risulta difficile immaginare dei
consistenti lavori di manutenzione in un edificio non ancora agibile. La fine dell’esposizione è invece fissata non oltre
dicembre 1992, epoca di applicazione delle prescrizioni USL.
Il decreto legislativo 15/08/1991 n. 277 “Attuazione delle direttive n.80/1107/CEE, n.82/605/CEE, n.83/477/CEE,
n.86/188/CEE, n.88/642/CEE in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derianti da esposizione ad agenti
chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell’art.7della legge 30/07/1990 n.212”, pubblicato sul s.o. della
“Gazzetta Ufficiale n.200 del 27/08/1991 – Serie generale” , al capo III (- protezione dei lavoratori contro i rischi
connessi all’ esposizione ad amianto durante il lavoro) dell’art. 24 (- valutazione del rischio) comma 3 (- se
l’esposizione personale dei lavoratori alla polvere di amianto, espressa come numero di fibre per cm3 in rapporto ad un
periodo di riferimento di 8 ore supera 0,1 ff/cm3 = 100 ff/l, il datore di lavoro attua le disposizioni…) impone al datore
di lavoro di attuare determinate disposizioni se l’esposizione nelle 8 ore supera 0,1 ff/cm3. Dalla documentazione agli
atti si evince chiaramente che tale limite non è mai stato superato per tutte le attività che si svolgono al di fuori
della controsoffittatura, o che non determinano sollecitazioni della stessa, e molto verosimilmente neppure per
quelle che si svolgono nell’intercapedine, visto che il valore indicato si riferisce ad una media ponderata nel
tempo per un periodo di 8 ore mentre i lavori svolti dai ricorrenti sono lavori saltuari di manutenzione,
solitamente di breve durata. Tutte le lavorazioni svolte senza la rimozione della controsoffittatura hanno evidenziato
una concentrazione di fibre comprese tra a 0,01 – 0,08 ff/cm3, corrispondenti a 1/20 e a 1/3 del limite di 0,2 ff/ cm3; in
ogni caso sono valori sempre inferiori al limite di 0,1 ff/cm3.
Il decreto legislativo 15/08/1991 n. 277 “Attuazione delle direttive n.80/1107/CEE, n.82/605/CEE, n.83/477/CEE,
n.86/188/CEE, n.88/642/CEE in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derianti da esposizione ad agenti
chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell’art.7della legge 30/07/1990 n.212”, pubblicato sul s.o. della
“Gazzetta Ufficiale n.200 del 27/08/1991 – Serie generale” , al capo III (- protezione dei lavoratori contro i rischi
connessi all’ esposizione ad amianto durante il lavoro), dell’ art.31 (- superamento dei valori limite di esposizione)
comma 1b : (- valore limite di esposizione per l’amosite = 0,2 ff/cm3, espresse come media ponderata in funzione del
tempo su un periodo di riferimento di 8 ore) e comma 3 ( - nel caso di lavorazioni che possano comportare sensibili
variazioni della concentrazione della polvere di amianto nell’aria, tale concentrazione non deve in ogni caso superare il
quintuplo dei valori di cui ai commi precedenti, per misure effettuate su un periodo di 15 minuti), impone al datore di
lavoro, in caso di superamento dei suddetti limiti, di identificare e rimuovere le cause dell’evento adottando quanto
prima misure appropriate. Per quanto riguarda i lavori svolti nell’intercapedine tra soffitto e controsoffitto, e per
tutte quelle attività che richiedono lo spostamento dei pannelli della controsoffittatura, si è sempre verificato il
superamento indicato dalla prescrizione del comma 3 dell’art.31, mentre per quanto indicato al comma 1b
valgono le considerazioni fatte a proposito dell’art.24 comma 3. A riprova di questo superamento, segnalo la
prescrizione dell’USSL, che ha considerato le attività insalubri svolte dagli attori nella controsoffittatura per alcune ore
al giorno come rientranti tra quelle previste nell’art. 33 del D.Leg. 277/91 (operazioni lavorative particolari). I
campionamenti personali del 30/11/91 hanno evidenziato valori compresi tra 9,1 – 22,8 ff/cm3 e quelli ambientali valori
tra 0,42 –1 ff/cm3; durante i rilievi ambientali del 25/01/92 sono state rilevate 13,1 ff/cm3 nello smontaggio di una
plafoniera, per cui di fatto si è superato il valore di 1 ff/cm3 (=0,2 ff/cm3x5) ammesso per esposizioni non superiori ai
15 minuti nelle lavorazioni che comportino notevoli variazioni della concentrazione di fibre di amianto, indicando così
una sorta di TL-STEL.
L’esposizione alle fibre di amianto aerodisperse cui i ricorrenti sono stati esposti determina un aumento
significativo di incidenza di mesoteliomi pleurici, rispetto agli indici che contrassegnano il rischio per la
popolazione generale e per gli ambienti di vita.
(Nel caso di ambienti di vita agibili o abitabili bonificati da
amianto, nel momento in cui si certifica la restituibilità dei locali debbono essere svolte delle analisi ambientali che
dimostrino una concentrazione media di fibre aerodisperse non superiore alle 2 ff/l543, pari a 0,002 ff/cm3).
Si segnala che i ricorrenti Meneghetti, e Bena, presentano ispessimenti pleurici certamente correlati alla
pregressa esposizione ad amianto, mentre i ricorrenti Filia e Floris non presentano patologie riconducibili con
certezza a questo tipo di tecnopatia; per questi ultimi sarebbe pertanto necessario provvedere ad ulteriori accertamenti
clinici e strumentali.
543
Decreto 6 settembre ’94 Normative e metodologie tecniche di applicazione dell’art.6, comma 3, e dell’art.12, comma 2, della Legge 27/3/1992,
n.257, relativa alla cessazione dell’impiego dell’amianto.S.o. della Gazzetta Ufficiale serie generale n.288 del 10/12/1994.
60
La documentazione agli atti ha permesso di focalizzare la natura e l’entità dell’esposizione ad amianto dei manutentori,
categoria che non solo nel caso della RAI, ma anche in tutte le altre aziende, è venuta sistematicamente a contatto con
l’amianto e che normalmente non è stata assicurata all’INAIL per i rischi tecnopatici ad esso correlati, nonostante che
sia nota da tempo la possibile insorgenza di mesoteliomi anche per esposizioni molto basse. L’esposizione dei
manutentori si è puntualmente verificata per negligenza di tutta una serie di figure professionali, che non hanno quasi
mai applicato le leggi che avrebbero permesso di limitare in modo significativo il contatto con le fibre di amianto.
Richelieu nelle sue Mémoires diceva che fare una legge e non farla rispettare equivale ad autorizzare la cosa che si
vuole proibire. Rispettando tutte le norme di buona tecnica, si sarebbero potute risparmiare parecchie morti: su queste
vite occorre seriamente riflettere, anche se oggi se ne perdono molte di più durante gli incidenti stradali dei week-end.
Oggi una diagnosi precoce del mesotelioma pleurico permette di ottenere, tramite la chirurgia radicale, una
sopravvivenza a cinque anni544 di circa il 50% contro il 2% dei casi con diagnosi tardiva e metastasi linfonodali o non
sottoposti ad intervento chirurgico. Ulteriori spiragli di ottimismo in merito al miglioramento della prognosi derivano
dalla sperimentazione di chemioterapici della classe degli antagonisti dei folati (Pemetrexed)545 che in pratica
rappresenta il primo anti-tumorale con esplicita indicazione del mesotelioma. Pertanto, in considerazione della lunga
latenza tra esposizione ed esordio della malattia, diventa fondamentale il monitoraggio di tutte le persone con pregressa
esposizione ad amianto (com’è noto, la lavorazione, la vendita e l’impiego dell’amianto sono cessati in Italia da più di
dieci anni). Gli imprenditori ed i preposti che hanno avuto a che fare con le lavorazioni amianto-correlate, per lo più
senza rispettare le norme di buona tecnica e senza pagare i premi assicurativi specifici, sono giustamente allarmati per la
possibile insorgenza di nuovi casi di mesotelioma e conseguenti azioni penali per reati non prescrivibili, soprattutto
dopo la pubblicazione del 1999 dell’epidemiologo Julian Peto546, dell’Institute of Cancer Research di Londra. Questo
studioso, basandosi sui registri europei dei mesoteliomi, prevede oltre 250.000 decessi in Europa occidentale nei
prossimi 30 anni : 5000 nel ’98, 9000 nel 2018, con maggior coinvolgimento dei lavoratori nati tra il 1945 ed 1950
perché negli anni ’70 l’impiego dell’amianto era al massimo della sua diffusione (veniva impiegato persino nella
manifattura dei sigari, per rendere più omogenea la cenere). Il maggior numero di morti dovrebbe essere raggiunto nel
2020, con successivo lento decremento, conseguente alla riduzione dell’impiego dell’amianto negli anni ’80.
Gli ex-esposti ad amianto, per lo più pensionati, sono normalmente visitati soltanto dal proprio medico di base, che
dovrebbe essere in grado di evidenziare l’eventuale insorgenza di tecnopatie amianto-correlate incrociando dati di
anamnesi lavorativa con i riscontri clinici. Purtroppo neppure nei recenti corsi di formazione per i MMG inerenti alle
patologie da amianto è stata sufficientemente focalizzata l’importanza di una concreta identificazione di questi nuovi
esposti, che a mio avviso vanno a formare una sorta di “quarta onda” dell’amianto. Il controllo periodico di tali
soggetti riveste infatti una grande importanza, sia ai fini epidemiologici sia ai fini terapeutici, poichè consentirebbe di
inserire correttamente eventuali mesoteliomi pleurici attesi tra quelli di origine lavorativa (sottraendoli a quelli
erroneamente attribuiti agli ambienti di vita) e permetterebbe una prognosi migliore dei casi di mesotelioma identificati
più precocemente. Certamente non si fa una prevenzione efficace incrociando solo dati INPS e INAIL, proprio perché,
come detto in precedenza, per l’INAIL molti di questi pazienti non presentano un’esposizione pregressa in quanto
l’Istituto Assicuratore definisce ex esposti solo coloro per i quali è stato pagato in precedenza un premio specifico per
l’amianto. Di recente, ad esempio, mi è capitato di evidenziare i segni di un’espsizione certa ad amianto (ispessimento
pleurico) in un paziente che aveva lavorato come bigliettaio all’ATM, e che appoggiava i piedi su una scaldiglia con la
resistenza elettrica protetta da lastre di amianto.
Dr. Paolo Pitotto
Torino, 21/03/2005
544
545
546
Treasure T. et al., Radical surgery for mesothelioma, BMJ 2004 Jan.31; 328 (7434): 237-8
Menegold C., Pemetrexed for malignant pleural mesothelioma, Semin.Oncol., 2003 Aug.; 30 (4 Suppl 10):32-6
Peto J. Et al., The European mesothelioma epidemic, Br. J. Cancer 1999; 79:666-72
61
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RELAZIONE DI CONSULENZA TECNICA