CLUB ALPINO ITALIANO Sezione di Varallo Commissione scientifica Paesaggi naturali e paesaggi antropici LOCARNO (VARALLO, 432 M) - DOCCIO (QUARONA, 395 M) La frequentazione del gabbio del Sesia: la pesca, il pascolo e la frutticoltura CLUB ALPINO ITALIANO Sezione di Varallo CLUB ALPINO ITALIANO Sezione di Varallo, Commissione scientifica con la collaborazione di: Associazione Anticendi Boschivi Quarona Comune di Quarona Comune di Carpignano Consorzio Intercomunale “Valmastallone-Valsesia” Corpo Forestale dello Stato, Comando Provinciale di Vercelli Istituto comprensivo “Martiri della Libertà” di Quarona Istituto Superiore d’Adda di Varallo Società Valsesiana Pescatori Sportivi e il patrocinio di: Parco Naturale Alta Valsesia Parco Naturale del Monte Fenera Parco Naturale delle Lame del Sesia a cura di Roberto Fantoni con contributi di Lucio Bordignon, Riccardo Cerri, Edoardo Dellarole, Luca Donati, Roberto Fantoni, Anna Ferro, Simone Franchi, Giuseppe Fumagalli, Maria Luisa Gallo, Simone Lonati, Mauro Festa Larel, Jacopo Ristori e Antonio Rinaldi © CAI sezione di Varallo, Commissione scientifica, 2009 Prima edizione marzo 2009 È consentita la riproduzione e la diffusione dei testi, previa autorizzazione della Commissione scientifica della sezione del CAI di Varallo, purché non abbia scopi commerciali e siano correttamente citate le fonti. INDICE RIASSUNTI DELLE COMUNICAZIONI AL CONVEGNO “IL GABBIO DEL SESIA TRA LOCARNO E DOCCIO” VENERDÌ 27 MARZO 2009 QUARONA, AUDITORIUM SCUOLA MEDIA DI QUARONA Il progetto Paesaggi naturali, paesaggi antropici Edoardo Dellarole I ciottoli del Sesia dal Monte Rosa alla Pianura Padana Roberto Fantoni Viaggiatori del tempo fotografie di Antonio Rinaldi Morfologia e dinamiche fluviali Maria Luisa Gallo Il Gabbio di Doccio e di Locarno: ricchezza di habitat e di biodiversità Simone Lonati Sapere d’erbe e di frutta. Le erbe commestibili e le piante da frutto della piana alluvionale della bassa Valsesia nella sapienza contadina Anna Ferro Convergenza di obiettivi per una gestione ecosostenibile della pesca Giuseppe Fumagalli L’avifauna del Sesia tra Doccio e Locarno Lucio Bordignon Il gabbio del Sesia tra Doccio e Locarno: un sito da salvaguaradre Jacopo Ristori Il progetto didattico Mauro Festa Larel GUIDA ALL’ESCURSIONE LOCARNO-DOCCIO LUNGO IL GABBIO DEL SESIA DOMENICA 29 MARZO 2009 GIORNATA FAI DI PRIMAVERA Roberto Fantoni, Lucio Bordignon, Riccardo Cerri, Edoardo Dellarole, Luca Donati, Anna Ferro, Mauro Festa Larel, Simone Franchi, Giuseppe Fumagalli, Maria Luisa Gallo e Simone Lonati RIASSUNTI DELLE COMUNICAZIONI AL CONVEGNO “IL GABBIO DEL SESIA TRA LOCARNO E DOCCIO” VENERDÌ 27 MARZO 2009 QUARONA, AUDITORIUM SCUOLA MEDIA DI QUARONA IL PROGETTO PAESAGGI NATURALI, PAESAGGI ANTROPICI Edoardo Dellarole Le valli del Sesia, ubicate tra il margine padano ed il Monte Rosa, presentano un’estrema varietà di paesaggi naturali. Le diversità geomorfologiche, climatiche e botaniche hanno creato i presupposti per una frequentazione differenziata del territorio valsesiano, che ha originato una grande varietà di paesaggi antropici. Una fitta rete di sentieri, ripristinati e segnalati negli ultimi due decenni dalla Commissione segnaletica della sezione di Varallo del CAI, permette la fruizione escursionistica di tutti i settori della Valsesia lungo itinerari caratterizzati dai suoi diversi paesaggi naturali ed antropici. La commissione scientifica della sezione di Varallo del CAI nel 2006 ha inaugurato una serie di sentieri dedicati all’osservazione di questi paesaggi naturali ed antropici. La prima proposta dei diversi percorsi è avvenuta, con cadenza annuale, in corrispondenza delle giornate FAI di primavera. Negli anni successivi sono stati proposte due escursioni dedicate all’oro del Monte Rosa (2007) e alle terre del Nebbiolo del Piemonte settentrionale (2008). Fig. 2 - Il gabbio del Sesia tra Doccio e Locarno La prima escursione, da Fenera Annunziata (Borgosesia, 415 m) al Monte Fenera (899 m), si è svolta in occasione della Giornata del FAI, domenica 26 marzo 2006, ed è stata dedicata alla frequentazione preistorica di un sistema carsico al margine sudalpino. Nello stesso anno si è svolta, nel mese di giugno, una seconda escursione, da Pedemonte (1242 m) a Fum d’ekku (2071 m), finalizzata alla descrizione della frequentazione medievale del versante meridionale del Monte Rosa. Le guide di queste escursioni sono state raccolte in due opuscoli, disponibili presso la sede della sezione CAI di Varallo (Fantoni et alii, 2006; Fantoni et alii, 2007a). Il programma del 2009, che riprende in parte un recente progetto didattico, prevede un convegno (venerdì 27 marzo, Auditorium della scuola media di Quarona) ed un’escursione dedicate alla frequentazione del gabbio del Sesia tra Locarno e Doccio. Nel corso del convegno sono descritti gli aspetti naturalistici e antropici del fiume con una serie di brevi interventi a cui si intercalano la proiezione di fotografie di Antonio Rinaldi (Viaggiatori del tempo) e un cortometraggio di Giulio Pedretti (Il Gabbio di Doccio). L’escursione guidata si svolge lungo un percorso circolare da Locarno (frazione di Varallo) a Doccio (frazione di Quarona), con osservazioni geologiche e morfologiche, descrizione della vegetazione, degli interventi antropici legate alle attività agro-pastorali e alla pesca ed osservazioni sull’avifauna. Fig. 1 – Copertine degli opuscoli pubblicati dalla commissione scientifica della sezione CAI di Varallo nell’ambito del progetto “Paesaggi naturali, paesaggi antropici”. 9 I CIOTTOLI DEL SESIA DAL MONTE ROSA ALLA PIANURA PADANA Roberto Fantoni petrograficamente alla serie erosa nel settore assiale della catena (Fantoni et alii, 2005). Nei depositi fluviali del Sesia tra Locarno e Doccio il colore dominate molto chiaro della superficie denuncia una composizione petrografica caratterizzata prevalentemente da rocce cristalline acide. Si possono, infatti, riconoscere diversi tipi di rocce metamorfiche provenienti da tutte le unità tettoniche affioranti lungo la valle. Composizione simile, ma diversa origine, hanno altre rocce leucocratiche osservabili tra i ciottoli: si tratta delle rocce intrusive della Serie dei Laghi e della parte più acida dell’unità DioriticoKinzigitica (affioranti immediatamente a monte di Doccio). Ma tra questi ciottoli chiari si possono osservare anche elementi molto più scuri e colorati. Tra questi si segnalano i ciottoli bruni (caratterizzati da un peso specifico molto elevato) provenienti dall’erosione delle unità ultrabasiche (peridotiti e gabbri dell’unità Ivrea-Verbano) affioranti alle Giavine Rosse presso Balmuccia. Compaiono inoltre numerosi ciottoli verdastri, provenienti da numerosi litotipi metamorfici affioranti in alta valle. Particolarmente significati sono le serpentiniti e cloritoscisti appartenenti alle unità ofiolitiche del complesso delle Pietre Verdi, affioranti nelle testate di valle tra Alagna e Carcoforo. Tra i depositi si possono anche trovare piccolissime concentrazioni dioro proveniente dai filoni auriferi coltivati in passato in alta valle (Fantoni et alii, 2007b) Nell’alta pianura i depositi fluviali del Sesia si arricchiscono di altri litotipi, provenienti dai versanti del settore inferiore della valle: le vulcaniti permiane, dal tipico colore rosso vinato, e le rocce sedimentarie del Monte Fenera (costituite da dolomie biancastre e, subordinatamente, da calcari selciferi e marnosi di colore grigiastro). La struttura delle Alpi, a grande scala, è quella di una catena a falde a doppia vergenza, in cui le unità della parte assiale sono progressivamente sovrascorse sulle sue aree marginali, andando a costituire una “pila di falde” asimmetrica, che poggia verso nord sul margine della placca europea e verso sud sul margine della placca adriatica. Il risultato del processo di appilamento delle falde è un generale ispessimento della litosfera in corrispondenza di tutta la catena, che attualmente è caratterizzata da uno spessore per lo meno doppio rispetto a quello di aree continentali non deformate. Uno dei risultati di questo processo è la formazione di una radice a bassa densità al di sotto della catena, che provoca una spinta litostatica di “galleggiamento” (analoga a quella idrostatica), determinando il continuo sollevamento dell’area di catena rispetto alle circostanti aree di avampaese europeo e adriatico. Nel momento di massima esumazione (circa 30 Ma) le velocità di sollevamento raggiunsero, nel settore assiale dell’edificio orogenico, valori prossimi a 1 mm/anno. Questo continuo sollevamento, tra Oligo e Miocene (30-5 Ma), ha determinato la formazione della catena alpina, l’inizio del suo smantellamento erosionale e l’impostazione delle direttrici idrografiche che hanno garantito un flusso continuo di sedimenti verso i bacini della futura Pianura Padana. Alla fine del Messiniano (~ 5 Ma) un sensibile abbassamento eustatico determinò una decisa reincisione di alcune valli sudalpine, già delineatesi in età oligo-miocenica. Durante il Pleistocene (< 1.7 Ma) le modalità di trasporto del materiale clastico dalla catena alla pianura è stato sensibilmente modificato con il forte addizionamento avvenuto durante le fasi glaciali. I fenomeni di sollevamento, erosione e trasporto fluviale verso la pianura sono tuttora in corso. I ciottoli contenuti nelle alluvioni antiche e nelle alluvioni attuali del Sesia corrispondono Breithorn Straling Val Vogna Rassa Balmuccia Varallo S Carpignano Unità Sesia-Lanzo Linea Insubrica Falda Monte Rosa Unità Zermatt-Saas Fe (Pietre verdi) Alpi meridionali Serie dei Laghi Matterhorn Alpi s.s. Zona Ivrea-Verbano N Fig. 3 – Il sollevamento della catena alpina sedimenti clastici provenienti dallo smantellamento della catena alpina (da Escher et alii, 1997) 10 sollevamento 0 10 km (da Fantoni et alii, 2002) VIAGGIATORI DEL TEMPO fotografie di Antonio Rinaldi 11 MORFOLOGIA E DINAMICHE FLUVIALI Maria Luisa Gallo E’ buon approccio pensare al fiume come ad un sistema complesso che interagisce direttamente con il fondo valle e indirettamente con i versanti, e non, come di consuetudine, identificarlo solo con il letto dell’alveo attivo dove più frequentemente è osservabile il deflusso delle acque. Sinteticamente, possiamo individuare nel “sistema fiume” le seguenti componenti fisico-morfologiche, classificabili come energeticamente passive: - l’alveo attivo o principale (che può essere mono e pluri-cursuale) - le isole fluviali - la scarpata spondale - le aree golenali (anche su più livelli morfologici) ed eventuali rilevati d’argine, scarpate in erosione, aree di deposito alluvionale, ecc… - canali secondari, paleoalvei, ecc… e energeticamente attive: - il deflusso superficiale (l’acqua che scorre) con tutte le sue variabile dalle condizioni di magra a quelle di piena - il deflusso di sub-alveo - le acque di versante Le interazioni tra le componenti elencate ruotano attorno all’equilibrio tra la forza cinetica dell’acqua che scorre verso valle in senso sia longitudinale al solco vallivo, sia trasversale (piene e sub-alveo) e la forza di gravità che tende a mantenere sul posto le componenti solide del sistema. In pratica il fiume agisce e si evolve attraverso tre processi: - l’erosione (del fondo alveo, delle scarpate spondali, delle piane alluvionali, dei terrazzi morfologici, fino a deviare il corso del fiume, delle pile dei ponti, ecc…) - il trasporto (dei sedimenti erosi dalla corrente stessa ma anche riversati nel fiume dai versanti, dalle acque di pioggia, con gli eventuali carichi inquinanti dilavati dalla terra, ecc…) - la sedimentazione (che crea le pianure, le aree golenali, le isole fluviali, le coste, fino a creare il fondo valle e spostare il corso del fiume). La discontinuità dei deflussi, con periodi anche di secca, e la prevalenza dell’azione cinetica delle acque caratterizzano corsi d’acqua detti a regime torrentizio, quali il fiume Sesia in alta valle, fino all’altezza di Borgosesia. La continuità della quantità d’acqua defluente e la prevalenza media dell’azione di sedimentazione caratterizzano invece i corsi d’acqua detti a regime fluviale, quali la Sesia da Gattinara alla confluenza nel fiume Po. 12 A parità di condizioni climatiche, di apporto di sedimenti dai versanti, di interazioni con infrastrutture esistenti lungo le sponde il fiume tende a portarsi nel lungo periodo in una condizione di equilibrio espressa in termini di pendenza media del fondo alveo di equilibrio denominata pendenza di compensazione. Lo stesso fiume può essere in condizioni di compensazione anche solo per tratti del suo corso. I corsi d’acqua geologicamente giovani presentano sempre profili del fondo alveo lontani dalle condizioni di compensazione; ugualmente i fiumi nella porzione prossima alle sorgenti (montana). Alle interazioni tra le componenti elencate possono aggiungersi quelle con altri corpi idrici, come avviene in corrispondenza della confluenza di torrenti e rii nei corpi idrici recettori (nel nostro caso il torrente Duggia che confluisce nella Sesia a confine tra i Comuni di Varallo e Quarona, dove è possibile osservare la conoide alluvionale di confluenza). Tutte queste componenti interagiscono e si condizionano reciprocamente e il risultato della loro interazione è l’assetto morfologico del fondo valle che possiamo quotidianamente osservare. Assetto che riflette un equilibrio dinamico tra le forze in gioco, poiché il sistema fiume è il risultato di evoluzioni avvenute con tempi geologici ma esso stesso evolve nel breve periodo fino a mutare assetto nell’arco temporale di un singolo evento di piena. L’area golenale, denominata in zona Gabbio di Doccio, è dunque un’area in perenne evoluzione, che fa parte del sistema dinamico fiume e quindi risultato nel suo assetto attuale di equilibri instabili. Insomma un’area dinamica dove ad ogni stagione è possibile osservare in “tempi umani” l’evolversi della morfologia d’alveo. Fig. 4 – Il gabbio del Sesia IL GABBIO DI DOCCIO E DI LOCARNO: RICCHEZZA DI HABITAT E DI BIODIVERSITÀ Simone Lonati La Valsesia è storicamente denominata “Val Siccida” tale termine era già citato da Plinio (23-79 D.C.) nella Tabula Itineraria, deriva dal latino Siccus ( secco, asciutto) e fa chiaro riferimento alle estese aree di greto del Sesia, visto che la valle, come tutti noi sappiamo, si trova in un contesto territoriale caratterizzato da un clima tutt’altro che secco. Gli storici contemporanei hanno avanzato l’ipotesi, assai credibile, che la denominazione fondi la sua radice dal valsesiano sëcc equivalente a pietraia, luogo arido. Gli estesi giacimenti di sabbia, ghiaia e ciottoli depositati dal Fiume Sesia nella parte basale del suo corso, denominati con il termine valsesiano gabiu, rappresentano oggi ambienti di grande pregio ed interesse naturalistico, a causa delle condizioni ecologiche contrastanti che possono alternarsi anche su scala territoriale assai ridotta. In particolare nel Gabbio di Doccio e Locarno accanto a zone umide, anse fluviali o piccoli impaludamenti legati alla vicinanza del fiume, è possibile ritrovare estese praterie xeriche (aride) probabilmente tra le più aride riscontrabili in valle, localizzate sui terrazzi fluvioglaciali meno evoluti. Le alluvioni recenti del Sesia rinnovano annualmente estesi banchi di sabbia, ghiaia e ciottoli caratterizzati da una rada vegetazione annuale, tali da dar origine ad ambienti in apparenza semplificati e privi di vita, mentre sui terrazzi più antichi si sviluppano rigogliosi boschi di querce, carpini, tigli e frassini caratterizzati da una complessa struttura stratificata e da una elevata biodiversità. Per comprendere la presente trattazione occorre puntualizzare alcune definizioni. L’ habitat è l’insieme delle piante e degli animali che vivono in un determinato ambiente. La biodiversità, invece, è la ricchezza di piante ed animali che vivono in un determinato habitat oppure, nell’ambito di un intero territorio considerato, la biodiversità è la ricchezza di habitat presenti. Un habitat ha tanta biodiversità se in esso vivono molteplici piante, animali, licheni, muschi e funghi sia in termine di quantità che di numero di specie. Un territorio è ricco di biodiversità se in esso ci sono tanti habitat diversi e, ancor più se ciascuno di questi habitat è ricco di specie animali o vegetali che lo popolano. Fatta questa premessa ciò che rende ricco di biodiversità il Gabbio di Doccio e di Locarno è la presenza del fiume. Da un lato c’è la sua azione distruttiva che mantiene zone aperte (greti) o zone a vegetazione giovanile (saliceti) dall’altro la presenza di acqua che permette lo sviluppo di habitat particolari legati all’umidità (formazioni a salice, a ontano nero, aree erbacee). L’estrema ricchezza di biodiversità presente nel Gabbio di Doccio e di Locarno è espressa dai numerosi habitat ivi presenti: 1 - Acque 2 - Greti 3 - Saliceti arbustivi ripari 4 - Zone umide 5 - Praterie xeriche (aride) 7 - Prato-pascoli e prato pascoli arborati 9 - Arbusteti 10 - Il bosco di querce e carpini (Querco-carpineto) 11 – I Boschi di tiglio e frassino 12 - Alneti di ontano nero 13 - Robinieti 14- Pioppeti a pioppo bianco 15 - Impianti artificiali a pino strobo In corsivo sono indicati gli habitat elencati nella Direttiva 92/43/CEE del 21 maggio 1992, la quale elenca gli habitat degni di tutela a livello europeo e che gli stati membri devono proteggere. La citata Direttiva denominata “Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche” che intende “salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato” vuole realizzare “una rete ecologica europea coerente di Zone Speciali di Conservazione” essendo infatti nata con l’obiettivo di garantire il mantenimento di una serie di habitat uniformemente distribuiti sul territorio e provvedere, oltre che ad una loro conservazione, all’occorrenza, al loro ripristino ad uno stato di conservazione soddisfacente. La molteplicità di tali ambienti è molto ben rappresentata a sud di Varallo, ed è stata messa in evidenza da precedenti lavori di carattere scientifico. Sulla base della distribuzione dell’avifauna e della rarità delle singole specie a livello locale e regionale è stato messo in evidenza come le specie ornitiche più minacciate si localizzino lungo il fondovalle tra Vocca e Borgosesia. In particolare le cartine a punteggio elaborate hanno messo in risalto l’esistenza tra Doccio e Locarno di uno dei biotopi ripari più completi della Valsesia. Molti altri lavori di carattere vegetazionale hanno messo in evidenza l’estrema ricchezza di habitat e di formazioni vegetali del Gabbio di Doccio e di Locarno. In particolare in mezzo a moltissimi habitat possiamo metterne in evidenza in particolare due: - il Bosco di querce e carpini (querco-carpineto) relitto di particolare pregio botanico e fitogeografico; - le Praterie xeriche a dominanza di Festuca trachyphylla, principalmente localizzate nel Gabbio di Locarno (ma anche in quello di Doccio) per le quali è stata descritta una nuova associazione fitosociologica (Poo bulbosae-Festucetum trachyphyllae) appartenente al gruppo delle praterie steppiche dell’ordine Festucetalia valesiaceae. 13 SAPERE D’ERBE E DI FRUTTA. LE ERBE COMMESTIBILI E LE PIANTE DA FRUTTO DELLA PIANA ALLUVIONALE DELLA BASSA VALSESIA NELLA SAPIENZA CONTADINA Anna Ferro La piana alluvionale del Gabbio di Doccio e Locarno era utilizzata un tempo a scopo agricolo. Zona particolarmente indicata alla coltivazione, poiché offriva terreni fertili e pianeggianti, ebbe un significato pregnante nella qualità della vita di allora. Oltre ai castagneti disposti sulle alture ai margini dei boschi, che fornivano il cosiddetto pane dei poveri, ovvero le castagne, nel periodo vegetativo grande rilevanza avevano per la maggior parte degli abitanti i prodotti ottenuti dalla coltivazione di questi appezzamenti di terreno distribuiti in strisce longitudinali e rigidamente parcellizzati in futuro da innumerevoli passaggi di eredità. Il terreno particolarmente redditizio rispetto ai canoni abituali, situato in prossimità all'acqua e relativamente vicino all'abitato, era considerato di grande valore. Da lì si ricavava fieno per gli animali, frutta e ortaggi per bestie e cristiani. Da una lettura odierna di ciò che rimane e da una ricerca effettuata, basata sulla memoria degli anziani, si apprende che erano orti e frutteti che contenevano un elevato grado di biodiversità, che integrava in modo significativo un’alimentazione non sempre sufficiente ed ai limiti della sussistenza. Molte varietà di frutti nelle zone alberate (ancora presenti), molte varietà di patate (scomparse) e fagioli (in parte qua e là presenti). Fig. 5 – Pum di Giudei La ricchezza varietale della frutta, in particolar modo dei meli era dovuta alla diffusione ad opera degli stessi contadini di tutte quelle varietà ottenute da seme e risultate buone, sane e serbevoli. Ciò che era di difficile coltivazione veniva eliminato; non c'erano né tempo, né soldi, né conoscenze da dedicare ai trattamenti:più semplice selezionare, fino ad ottenere risultati qualitativi eccellenti e diversificati, aspetto molto interessante dal punto di vista scientifico che con metodi empirici, ma funzionali, otteneva nel 14 tempo ciò che faticosamente oggi si cerca nell'analisi del Dna. Una diversità arricchita anche da varietà importate dagli artigiani che espatriavano all'estero e al ritorno portavano con sé qualcosa per le loro famiglie. Qualcosa che fosse significativo per scacciare la fame. E' così che accanto alle varietà autoctone troviamo varietà di frutta e ortaggi pregiati provenienti dall'Europa tutta e perfino dall’America settentrionale. Fig. 6 – Legumi coltivati in Valsesia Una biodiversità che consentiva utilizzi gastronomici e consumi molto diversi dalle abitudini alimentari di oggi e che garantiva un apporto vitaminico indispensabile nei lunghi periodi invernali. I nomi popolari e vernacolari che ci sono pervenuti di questi frutti o ortaggi denunciano le loro qualità, forme o provenienze: pum vinà, pum Vitorio, pum di Giudei, peri d'la coa torta, brutt e bun, butirra d'ailoche, patati dal burr, tartufoli bandiera, fasoi 'd l'aquila. E poiché anche un minimo apporto economico non era trascurabile a quei tempi e non si andava certo ad acquistare il cibo se non quello indispensabile, ecco che le donne, le vere protagoniste dei lavori in campagna, mettevano a frutto quanto appreso dalle loro mamme e in primavera coglievano dai prati persino l'erba. Erbe per cucinare saporose e profumate minestre e frittate e poveri ma deliziosi contorni da accompagnare a qualche uovo sodo,a una fetta di formaggio o alla rara e gustosa carne della domenica. Nella minestra con le patate e una manciata di riso ci potevi mettere di tutto: primule, ciuff d'àsu, lèngui 'd gatt, pan càud, pan dal vòscu, urtìghi; nelle insalate la sicoria o i patacioi; nei risotti e nelle frittate i varzoli, i vartiss, i spàres sarvaighi. Fig. 7 – Mele coltivate nel gabbio di Doccio e di Locarno (dall’alto in basso, a sinistra: pum Vitorio, Carla, Pum fer, Pum purtigal; a destra Rusnent, Pum paradis, Pum fer ‘d l’o, Piatlin. 15 CONVERGENZA DI OBBIETTIVI PER UNA GESTIONE ECO-SOSTENIBILE DELLA PESCA Giuseppe Fumagalli L’attuale gestione della pesca in Valsesia è affidata dalla Provincia di Vercelli fino al 2010 al concessionario delle acque: la Società Valsesiana Pescatori Sportivi e ai due sub-concessionari: il Consorzio Intercomunale Valmastallone Valsesia e l’Azienda Faunistica Venatoria Carcoforo- Rimasco. La pesca in Valsesia attraverso la tipicità del proprio territorio e il livello di naturalità che ancora la contraddistingue, costituisce un capitolo importante nell’economia turistica della valle a seguito di una serie di ricadute di non trascurabile entità. Ospitare in modo adeguato i pescatori e i loro famigliari (garantendo loro la pescosità dell’intero comprensorio valsesiano) provenienti da tutta Italia e talvolta anche dall’estero, presenta comunque quasi sempre qualche problema. Ma l’aspetto che evidenzia una serie di difficoltà oggettive, è rappresentato dalla progettazione gestionale a “lungo termine“ (gestione eco-sostenibile) riferita all’intero reticolo idrografico dell’alto Sesia compresi i principali affluenti, che è relativa alla necessità di garantire una densità di popolazione che consenta un prelievo ittico adeguato, e contemporaneamente sia estremamente attenta alle esigenze di salvaguardia degli ecosistemi fluviali e dei propri equilibri che spesso risultano alquanto delicati. 16 A seguito di alcune problematiche che si riconducono comprese nei famigerati “fattori limitanti”; vedi ad esempio l’inevitabile disagio dovuto dalle derivazioni idriche (da Varallo a scendere), dalle modificazioni strutturali dell’alveo e delle sponde dei fiumi e dalla ormai insostenibile presenza di uccelli ittiofagi; in questi ultimi anni la densità di popolazione dei salmonidi pregiati ha subito una contrazione preoccupante. La presenza storica nelle acque Valsesiane di specie ittiche autoctone, se non addirittura endemiche del bacino Padano come il temolo “pinna azzurra” e la trota marmorata, hanno fatto propendere per una politica di salvaguardia delle specie stesse, attraverso una regolamentazione del prelievo alieutico e attraverso un attento monitoraggio della densità di popolazione e una successiva adeguata politica di semine qualificate perseguendo una sempre più elevata qualità del materiale ittico immesso prodotto negli impianti ittiogenici di Locarno a sostegno delle popolazioni già esistenti. In ultima analisi si riferisce l’intenzione di ripetere esperimenti ultimamente effettuati finalizzati alla semina di novellame del tipo “trota fario” di ceppo italiano. L’AVIFAUNA DEL SESIA, TRA DOCCIO E LOCARNO. Lucio Bordignon L’area presa in esame per lo studio degli uccelli comprende la fascia fluviale del Sesia da Doccio a Roccapietra. Questo tratto di fiume è l’ultimo che abbia caratteristiche planiziali prima di addentrasi nella valle, vuoi per la lentezza delle acque, per il letto ampio e per la vegetazione rivierasca molto simile a quella che si trova lungo lo stesso fiume in pianura. E’ anche l’ultimo tratto del Sesia che si sviluppa da Nord verso Sud, mentre poco più a monte di Varallo il fiume piega decisamente verso Ovest. Questo suo orientamento è strategico per ospitare uccelli migratori che si spostano in Valsesia lungo lo stesso asse, cioè da Nord a Sud (o da NE a SO) nella migrazione autunnale, oppure in senso contrario in quella primaverile. I migratori trovano habitat idonei ad ospitarli come ambienti acquatici lungo il fiume Sesia, oppure nei tratti di foresta rivierasca o nella prateria xerica. grigia, Cornacchia nera, Fringuello, Ghiandaia, Merlo, Passera mattugia, Pettirosso, Picchio muratore, Picchio rosso maggiore, Picchio verde, Pigliamosche, Rampichino, Rondine montana, Scricciolo, Tordo bottaccio, Usignolo, Verzellino. Oltre a queste specie che nidificano all’interno dell’area considerata abbiamo constatato la frequentazione da parte di altre 14 specie, che utilizzavano troficamente il Gabbio ma che nidificano all’esterno: Airone cenerino, Astore, Balestruccio, Codirosso, Cormorano, Corvo imperiale, Falco pecchiaiolo, Gazza, Germano reale, Passera d’Italia, Poiana, Rondine, Rondone, Sparviere. Fig. 9 – Il fanello (carduelis cannabina) fa scalo nelle praterie xeriche del Gabbio durante gli spostamenti migratori verso le aree alpine di nidificazione; utilizza in modo esclusivo tale ambiente Fig. 8 – La prateria xerica (arida) è l’elemento ambientale più importante perché ospita specie avicole di steppa, che non troverebbero cubo nelle foreste vicine Per fare un esempio della capacità dell’area di ospitare i migratori posso citare i dati raccolti nel 2007 durante un corso di ornitologia fatto insieme alle scuole elementari di Quarona dove, dal 22 febbraio al 15 maggio sono state identificate 26 specie di uccelli migratori, specie che hanno un legame temporaneo col territorio indagato: Averla piccola, Beccaccia, Codirosso spazzacamino, Corvo comune Culbianco, Cutrettola, Fanello, Fiorrancino, Gallinella d’acqua, Luì grosso, Luì piccolo, Martin pescatore, Nibbio bruno, Piro piro culbianco, Piro piro piccolo, Pispola, Regolo, Spioncello, Sterpazzola, Stiaccino, Storno, Tordo sassello, Tuffetto, Zigolo giallo, Zigolo muciatto, Zigolo nero. Durante la stessa campagna abbiamo contattato anche 26 specie territoriali, che hanno nidificato nel Gabbio, e difeso per lungo tempo un territorio: Ballerina bianca, Ballerina gialla, Capinera, Canapino, Cardellino, Cincia bigia, Cinciallegra, Cinciarella, Codibugnolo, Cornacchia In totale, nel giro di poco più di 2 mesi sono state contattate ben 66 specie diverse di uccelli, un numero alto rispetto alla modesta superficie, che fa del Gabbio di Doccio-Locarno una delle aree più interessanti per l’avifauna valsesiana. Non posso far altro quindi che riproporre quanto avevo già scritto in un libro sull’avifauna della Valsesia (Bordignon, 1993): “la ricerca sulla Valsesia ha evidenziato che le aree golenali del Sesia a Sud di Varallo sono di particolare pregio avifaunistico. Andrebbero tutelate integralmente, intervenendo solo per mantenere il più possibile le aree aperte con il pascolamento o con il fuoco. Le zone più meritevoli di attenzione, da vincolare prioritariamente, sono tra Locarno e Doccio, e tra Aranco e Bettole”. L’area era ben più ricca in passato, infatti rispetto al 1989, epoca di un conteggio simile a quello del 2007, oggi abbiamo perso 10 specie come nidificanti: Allodola, Averla piccola, Canapino, Saltimpalo, Storno, che vivevano nelle aree di prateria xerica, Luì piccolo legato agli arbusteti, Frosone alla foresta, Martin pescatore, Merlo acquaiolo e Piro piro piccolo legati al fiume. In particolare preoccupa la progressiva chiusura delle aree aperte, sia naturali (praterie xeriche) che sinantropiche (prati e pascoli); una prima misura conservativa per l’avifauna dovrebbe prevedere il mantenimento delle aree erbose. 17 IL GABBIO DEL SESIA TRA DOCCIO E LOCARNO: UN SITO DA SALVAGUARADRE Jacopo Ristori 18 IL PROGETTO DIDATTICO Mauro Festa Larel Nel corso del 2004 alcune scuole valsesiane hanno aderito al Laboratorio Territoriale proposto dal Centro di Educazione Ambientale della Provincia di Vercelli, con il progetto Dal greto al bosco. Il gabbio di Doccio: un laboratorio naturale. Fig. 10 – La locandina con il progetto Laboratorio Territoriale proposto dal Centro di Educazione le spiegazioni dell'insegnante di Anna Ferro e di. Gianfranco Rotti. Durante la prima occasione del 19 dicembre 2006 è stato osservato un ambiente povero tipico invernale prestando particolare attenzione alla conformazione morfologica del territorio, alla vegetazione tipica della stagione e al bosco planiziale. Nella seconda uscita del 5 giugno 2007 l’attenzione è stata orientata maggiormente verso la flora primaverile in quanto abbiamo potuto osservare la fioritura della piante. Le uscite programmate in diversi tempi dell'anno hanno permesso un confronto del paesaggio e l'osservazione dell'evoluzione della natura. E' stata un'occasione positiva di vivere la metodologia d'apprendimento in modo alternativo, al di fuori delle mura scolastiche. La classe II dell’Igea si è infine soffermata sugli aspetti naturalisticio ed antropici del gabbio di Doccio La classe 2 dell'Istituto alberghiero di Varallo che ha tratto dalle lezioni sul campo con Anna Ferro e Gianfranco Rotti un intero menù realizzato con le erbe spontanee. Ambientale della Provincia di Vercelli L’elaborazione del progetto è stata avviata dell'Istituto Comprensivo di Quarona (Ferro, 2005). La realizzazione è avvenuta grazie alla collaborazione di diversi esperti (Anna Ferro, Maria Luisa Gallo, Giovanni Cavagnino, Gianfranco Rotti) e alla partecipazione di numerosi insegnanti (Elisabetta Dipasquale, Mauro Festa Larel, Maurizia Cavallo, Antonio Frigiolini, Elisabetta Scagliotti, Valentina Sitzia, Francesca Zoia), che hanno partecipato a numerose escursioni di aggiornamento professionale. L’iniziativa è stata sostenuta finanziariamente dalla Regione Piemonte, dalla Provincia di Vercelli e dal Comune di Quarona. Al progetto hanno partecipato ben 16 classi di scuole ogni grado del territorio valsesiano. Nell'ambito del programma annuale di scienze condotto dal professor Festa Larel, la classe I del Liceo Classico dell'Istituto d'istruzione Superiore D'Adda, è stata coinvolta in un progetto finalizzato alla conoscenza degli aspetti idro-morfologici del territorio fluviale e in particolare della zona d'esondazione del fiume Sesia del Gabbio di Doccio (comune di Quarona). Il progetto si è articolato in due incontri nell'ambito dell'orario scolastico, durante i quali gli allievi sono stati guidati con capacità ed esperienza dall'ingegnere ambientale Maria Luisa Gallo. Gli allievi hanno accolto positivamente lo spirito del progetto, facendosi coinvolgere attivamente dall'attività proposta. La classe II del Liceo Linguistico dello stesso Istituto si è invece soffermata sugli aspetti botanici, ascoltando Fig. 11 – La locandina del progetto Dal greto al bosco. Il gabbio di Doccio: un laboratorio naturale. Numerosa è stata anche la partecipazione delle scuole elementari (Quarona: corso di ornitologia con Lucio Bordignon; Aranco: corso sulle dinamiche del fiume con Maria Luisa Gallo) e delle scuole medie secondarie (Quarona: analisi delle acque e stadi evolutivi della vegetazione; Valduggia: vegetazione e ornitologia). L’area selezionata ha consentito di analizzare contemporaneamente tutti gli stadi evolutivi della vegetazione: dallo sterile greto, passando alla prateria, all'arbusteto e al bosco d'invasione per arrivare sino a raggiungere lo stadio finale del bosco maturo o climax. E' dunque un sito, dal punto di vista didattico, che racchiude in sè le peculiarità necessarie a far capire la complessità dell'evoluzione della vegetazione senza doversi spostare in luoghi diversi significativi per ciascun livello o stadio e della notevole rilevanza del fiume in questo caso. 19 GUIDA ALL’ESCURSIONE LOCARNO-DOCCIO LUNGO IL GABBIO DEL SESIA DOMENICA 29 MARZO 2009 GIORNATA FAI DI PRIMAVERA GUIDA ALL’ESCURSIONE LOCARNO-DOCCIO LUNGO IL GABBIO DEL SESIA Roberto Fantoni, Lucio Bordignon, Riccardo Cerri, Edoardo Dellarole, Luca Donati, Anna Ferro, Mauro Festa Larel, Simone Franchi, Giuseppe Fumagalli, Maria Luisa Gallo e Simone Lonati. L’escursione guidata si svolge lungo un percorso circolare lungo la sponda idrografica destra della valle, da Locarno (frazione di Varallo) a Doccio (frazione di Quarona), con osservazioni geologiche (g) e morfologiche (m), descrizione della vegetazione (v), degli interventi antropici legate alle attività agropastorali (a) e alla pesca (p) ed osservazioni sull’avifauna (o). all'acqua, ma mantiene anche un’eredità preziosa, che è fonte indispensabile per la propria sopravvivenza. Il punto di partenza dell’itinerario è ubicato presso la sede della Società Valsesiana Pescatori Sportivi, situata a Locarno (frazione di Varallo), lungo la strada carrozzabile per la frazione Crevola. Presso la sede della Società è possibile visitare l’incubatoio ittico (1p). Fig. 13 – Pumi conservative Fig. 12 – La sede della Società Valsesiana Pescatori Sportivi Ancora oggi è possibile “leggere”, attraverso l'osservazione diretta del luogo, il passato uso di questo insolito territorio di cui restano le tracce degli orti, ormai sparsi in poche unità e dei numerosi alberi da frutto: testimonianza di una storia passata, ma ancora presente e viva, di quando si coltivavano numerose varietà conservate qui nel corso del tempo. Si tratta di un’autentica banca vivente del 'germoplasma' frutticolo ricco e vario: a fianco delle varietà più rinomate del mondo si possono ritrovare anche molte varietà tipicamente valsesiane. Questa località, ubicata alla base del versante (2o) è il punto dove è più facile osservare i rapaci che vivono nei boschi sopra Locarno. I volatili presenti nella fascia pedemontana si riproducono all'interno di questa area, perlopiù "inaccessibile" all'uomo, ma scendono a valle, all'interno del gabbio, per cacciare e per abbeverarsi/lavarsi. Dalla sede della Società si prosegue lungo la strada carrozzabile sino alla cappella di santa Caterina, dove si scende nella superficie terrazzata più alta delle alluvioni del Sesia (3a). La fascia che fiancheggia lo scorrere del Sesia da Locarno a Doccio (e poi ancora a Isolello) è stata storicamente usata dagli abitanti come prezioso luogo pianeggiante e fertile in cui coltivare orti, frutteti e non solo. In un’economia basata sull'agricoltura diventa luogo ambito e privilegiato, per la sua morfologia e per le caratteristiche fertili del terreno, dove coltivare anche a rischio delle esondazioni del fiume. Osservando le mappe catastali appare evidente la parcellizzazione dei terreni in minuscole strisce disposte perpendicolarmente al fiume, dove ciascuna famiglia non solo ha così accesso Fig. 14 – Picchio verde in abito giovanile. Questo picchio, pur nidificando nella foresta, nel cavo degli alberi, ha una netta preferenza nel ricercare invertebrati a terra: ecco perchè è strettamente legato ai prati-pascoli. Nei campi e nei prati intercalati alle piante da frutta si trovano numerose erbe commestibili, che costituivano un’interessante integrazione ai prodotti dell’orto (4a). Quest’area agreste, tra Locarno e il Sesia, ospita specie di uccelli interessanti legati ai vecchi frutteti, come il picchio verde e il codirosso (5o). Questi animali hanno 23 instaurato con l'agricoltore un legame talmente forte da esserne dipendente e dove le colture vengono abbandonate anche le specie "abbandonano" l'area. Dopo pochi metri si raggiunge l’allevamento ittico di Locarno (9p). Seguendo tratturi e sentieri si scende nel terrazzo inferiore del fiume, entrando in praterie xeriche che costituiscono un esempio vegetazionale unico in Valsesia (6v). Scendendo poi nell’alveo attuale del Sesia (7g) si possono osservare i depositi fluviali da ciottoli di forma ellissoidale, con dimensioni prevalentemente decimetriche e presentano un elevato grado di arrotondamento. Il colore dominate molto chiaro della superficie di questi depositi denuncia una composizione petrografica caratterizzata prevalentemente da rocce cristalline acide. Si possono infatti riconoscere diversi tipi di rocce metamorfiche provenienti da tutte le unità tettoniche affioranti lungo la valle. Composizione simile, ma diversa origine, hanno altre rocce leucocratiche osservabili tra i ciottoli: si tratta delle rocce intrusive della Serie dei Laghi e della parte più acida dell’unità Dioritco-Kinzigitica (affioranti immediatamente a monte di Doccio). Fig. 16 – L’allevamtnmo ittico di Locarno Dall’allevamento ittico si scende verso sud all’interno del gabbio sino a raggiungere un ramo storico del Sesia, che costituisce una fotografia dell’alveo articolato del fiume nell’attimo presente (10m); è possibile osservare il solco del paleo alveo del fiume Sesia, addossato al primo terrazzo morfologico in destra orografica, riconoscendo le forme dell’antico alveo, ancora attivo nell’ambito dell’alveo esteso della Sesia, come canale di drenaggio dei deflussi di versante e in caso di inondazione dell’area golenale. L’insieme dell’area golenale e del solco del paleo alveo costituiscono con il letto di scorrimento principale, l’alveo attuale del fiume Sesia in località Doccio-Locarno. Fig. 15 – Ciottolo di serpentinite Ma tra questi ciottoli chiari si possono osservare anche elementi molto più scuri e colorati. Tra questi si segnalano i ciottoli bruni (caratterizzati da un peso specifico molto elevato) provenienti dall’erosione delle unità ultrabasiche (peridotiti e gabbri dell’unità Ivrea-Verbano) affioranti alle Giavine Rosse presso Balmuccia. Compaiono inoltre numerosi ciottoli verdastri, provenienti da numerosi litotipi metamorfici affioranti in alta valle. Particolarmente significati sono le serpentiniti e cloritoscisti appartenenti alle unità ofiolitiche del complesso delle Pietre Verdi, affioranti nelle testate di valle tra Alagna e Carcoforo. L’itinerario proposto risale, seguendo la sponda idrografica destra del torrente Duggia, alla strada carrozzabile; supera questo affluente del Sesia, e ridiscende lungo la sponda idrografica destra. Quest’area ospita specie di uccelli acquatici, come la ballerina gialla, che vivono a stretto contatto con le acque torrentizie, vorticose e fresche (8o). 24 Fig. 17 – Il Gabbio del sesia Come ancora sussiste a valle del viadotto della strada provinciale (cfr. punto 15m), in origine l’area golenale era di fatto un’isola fluviale circondata da due rami del fiume, del quale quello in sinistra approfondendosi si è trasformato in alveo principale sempre attivo e quello in destra è divenuto dapprima un ramo secondario e poi un solco di drenaggio dell’area golenale. L’area golenale stessa è in questa porzione, unitamente alla conoide del torrente Duggia, assimilabile ad una minuscola “pianura alluvionale”, creata e ancora modellata dal fiume (cfr. punto di erosione 22m), ma differenziatasi dal letto di scorrimento principale del fiume con cui condivide il deflusso di sub alveo e solo occasionalmente il deflusso di superficie. Diversa e assimilabile ad eventi in tempi geologici la genesi del terrazzo morfologico di primo livello, di cui in questo punto è osservabile la scarpata, anch’essa comunque soggetta all’azione di modellamento delle acque della Sesia. cenosi planiziale che penetra nel fondovalle delle principali vallate alpine, in una valle come la Valsesia, a clima sub oceanico, assume un particolare aspetto fisionomico e vegetazionale, dato che si trova a contatto con cenosi mesofile come l’Acero-tigliofrassineto e la Faggeta e forma con queste cenosi strette interrelazioni modificando di fatto il suo aspetto tipico e divenendo maggiormente ricco di biodiversità. L’interazione tra eventi naturali e interventi antropici è stata costante nel tempo. La superficie del gabbio è stata profondamente modificata durante i grandi eventi alluvionali che hanno interessato la Valsesia ei secoli passati. Non sono noti i danni provocati dall’alluvione del 1755; tutta la vasta area dell’attuale Gabbio era fertile campagna sino all’inondazione del 1640 (Debiaggi, 2004, p. 29). L’evento del 1640 distrusse parzialmente l’oratorio di S. Biagio, che fu ricostruito in posizione più sicura lungo l’antico tracciato della strada per Locarno (Ragozza, 1980, p. 302; Debiaggi, 2004, p. 61). A questo evento è legata la devozione verso san Gregorio. Dopo lo scampato pericolo la comunità fece affrescare da Cristoforo Martinolio della Rocca il santo taumaturgo a fianco di san Bonomio e della Madonna col bambino. L’iscrizione sotto l’affresco ricorda l’evento: Votum communitatis Ducii tempore cuiusdam Sessitanae proluviei non solum arva, sed et ecclesiam ipsam evertere minantis anno 1640, mense nov. hanc curam animarum exercente antonio Vasina de Agnona 1642. A questo evento è probabilmente legata anche la benedizione del Sesia il giorno della festa di san Gregorio (Ravelli, 1924, II, p. 238; Debiaggi, 2004, pp. 55, 60-61; Ferro, 2004, p. 268). La presenza di muri a secco e di siepi di bosso denuncia l’antropizzazione antica delle aree golenali del fiume (12a). L’itinerario prosegue sino a raggiungere l’abitato di Doccio e la sua chiesa parrocchiale, punto più meridionale raggiunto dall’escursione. Da qui si ritorna verso Locarno ripercorrendo il gabbio in posizione più esterna e costeggiano alcune zone umide caratterizzate da vegetazione palustre (13v). Questa piccola area umida, collocata entro un ramo abbandonato del fiume, ospita uccelli di palude come Germano reale e Gallinella d’acqua e specie di bosco ripariale come Pigliamosche e Canapino (14o). Si può inoltre osservare nuovamente il legame tra l’ambiente naturale e quello antropico: gli uccelli utilizzano le case per nidificare ma il gabbio come zona per ricercare cibo. Dalle sponde del Sesia si può osservare lo sviluppo pluricursuale del fiume, con un rami principale, isole fluviali e alcuni rami secondari (15m). Questo punto costituisce una fotografia dell’alveo di un fiume nel medio periodo: quanto descritto al punto 10m come situazione pregressa che ha portato alla genesi dell’area golenale a monte del viadotto della strada provinciale, è qui osservabile e in atto. L’alveo della Sesia si presenta pluricursuale, articolato in un ramo principale in progressivo approfondimento e un ramo secondario in destra orografica già sopra elevato rispetto al letto principale ma comunque attivo, che fiancheggiano un deposito alluvionale “consolidato” in isola fluviale alluvionabile (su cui stiamo camminiamo). Fig. 18 – Alveo del Sesia al Gabbio. La sponda orografica destra, essendo ricoperta di vegetazione arborea ospita migratori forestali, mentre la sinistra, più spoglia e sassosa, ospita specie steppicole Poco oltre si entra in un Querco-carpineto (11p). Si possono osservare gli aspetti naturali e le influenze antropiche di una cenosi residuale diffusa in tutta la Pianura Padana ma che, in questo particolare luogo della Valsesia, presenta un aspetto fisionomico e vegetazionale particolare ed unico rispetto alle situazioni di pianura. Infatti, il Querco-carpineto, La zona retrostante è occupata da praterie xeriche interessate da attività antropiche (16v): la pista di ciclocross e lo svolgimento di manifestazioni di carattere zootecnico (che determinano un eccessivo apporto di nutrienti al suolo). In quest’area, vicinissima al letto del Sesia, si possono osservare specie fluviali come ballerina bianca, airone cinerino e Cormorano (17o). Proseguendo verso nord si sottopassa il viadotto della strada statale per l’alta valle e si possono osservare diverse fasce di vegetazione, con un’evoluzione dalle zone più disturbate dal fiume (greto e saliceti di greto) a quelle meno disturbate, che presentano tipologie di vegetazione più evoluta (querce-carpineto) (18v). In questo tratto del fiume sono presenti salmonidi e ciprinidi, endemismi indice di qualità ambientale (19p). In questa fascia si possono osservare uccelli che utilizzano la grande disponibilità di prede (pesci e invertebrati) presenti nelle acque relativamente calme 25 e, nel bosco alle spalle, specie tipicamente forestali (tordo bottaccio, scricciolo, capinera, picchio muratore) (20o). Lungo il torrente Duggia si possono notare gli aspetti vegetazionali di particolari formazioni ad ontano bianco e nero (25v) e, più avanti, di una variante umida del querco-carpineto (26v). In prossimità della confluenza del torrente Duggia (27m) sono osservabili tre caratteristiche forme morfologiche di confluenza di torrenti di minore forza idrologica, ma non trascurabile, in corpi idrici recettori maggiori: la forma della confluenza, tangenziale alla corrente prevalente del fiume recettore, ma comunque a raso e non pensile; la conoide alluvionale che modella l’area golenale sinistra del fiume Sesia; la deviazione dell’alveo principale del fiume Sesia dovuta all’apporto di sedimenti del torrente Duggia e alla sua minore ma non trascurabile portata di deflusso. Fig. 19 – Gruppo di migratori acquatici, denominati genericamente limicoli, poichè si alimentano nel limo, mentre sostano nelle acque basse Poco più a nord si può osservare un esempio di alveo attivo nel breve periodo, la cui presenza testimonia il carattere torrentizio che ancora mantiene il fiume all’altezza di Doccio (21m). La pezzatura dei sedimenti alluvionali, la presenza di depositi in centro alveo, il frequente ed evidente rimaneggiamento della scarpata spondale, l’area golenale frequentemente esondabile in sponda sinistra (ex area ricreativa), sono esempi di dinamica d’alveo attiva. E’ altresì osservabile verso monte l’azione di erosione del terrazzo golenale consolidato in sinistra orografica. Proseguendo verso nord si può osservare il processo di erosione, non marcata, del terrazzo golenale consolidato in sinistra orografica e il deposito alluvionale in centro alveo parzialmente colonizzato da vegetazione pioniera. Per questo ultimo sono ipotizzabili diversi scenari di evoluzione, in relazione all’assetto della pendenza del fondo alveo principale e all’andamento dei deflussi in alveo legati alla variabile clima. In sintesi sono ipotizzabili: il progressivo ampliamento e consolidamento fino alla fusione con il terrazzo golenale in sinistra e all’isolamento del ramo del Sesia in sinistra dal ramo in destra orografica, in alternativa il mantenimento delle condizioni medie attuali o ancora, magari per un impulso di piena, l’asportazione da parte della corrente fluviale (22m). La superficie del terrazzo è caratterizzata dalla presenza di equiseti, che in lacune stagioni presentano l’evidente brucatura prodotta dalle pecore che pascolano lungo il gabbio (23a). Più avanti si può osservare la vegetazione delle risorgive della falda di subalveo del Sesia lontane dal corso d’acqua principale (24v). 26 Fig. 20 – Prati da sfalcio Da qui si risale sulla strada carrozzabile, si entra nell’abitato di Locarno, dove si può vedere la cappella di sant’Anna, che conserva affreschi pregaudenziani,e la chiesa parrocchiale di san Dionigi; quindi si ritorna alla sede della Società Valsesiana Pescatori Sportivi (fig. 21). CARTOGRAFIA La base topografica dell’area è costituita dal foglio 30 II N.O. Varallo della Carta d'Italia alla scala 1:25.000 dell'Istituto Geografico Militare. In scala 1:50.000 sono le carte Kompass (foglio 97 Omegna-Varallo- lago d’Orta) e IGC (foglio 10 Monte Rosa e Macugnaga). Una base cartografica aggiornata e dettagliata è costituita dalla Carta Tecnica della Regione Piemonte (sezioni alla scala 1:10.000, foglio 93040). 3a 2o 1p 4a P 5o 6v Locarno 8o 7g 27m 9p 26v 25v 24v 23a 22m 10m 11v 12m 21m 20o 19 18v 17o 13v 16v 14o 15m Doccio Quarona Fig. 21 – Mappa indice dell’escursione Locarno-Doccio lungo il gabbio del Sesia 27 BIBLIOGRAFIA BORDIGNON L. (1993) – Gli uccelli della Valsesia – Club Alpino Italiano sezione di Varallo Sesia, Tipolitografia di Borgosesia, Borgosesia, 145 pp. turistico dalle Alpi alla Pianura Padana. Notiziario CAI Varallo, a. 21, n. 1, pp. 38-40. DEBIAGGI C. (2004) – Cronistoria di un’antica comunità valsesiana. Associazione Consorzio dei Terrieri di Doccio, Interlinee, Novara, 93 pp. FERRO A. (2005) – Il gabbio di Doccio. Un laboratorio naturale. Istituto comprensivo “Martiri della Libertà” di Quarona; ora anche in www.valsesiascuole.it, pp. 14. 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Arnaldo Forni editore, Sala Bolognese, 1980, vv. 2, pp. 280 e 364 CAI Sezione di Varallo Via Durio, 14 –13019 Varallo (VC) tel. 0163 51530 fax 0163 54384 e-mail [email protected] marzo 2009