PIETRO GIOCONDO SALVAJ Per grazia di Dio e della Santa Sede Vescovo di Alessandria e Conte Prelato domestico di S.S. ed Assistente al Soglio Pontificio Abbate dei SS. Pietro e Dalmazzo Lettera Pastorale per la Quaresima del 1891 Doveri dei cattolici nei tempi presenti Al Venerabile clero e dilettissimo popolo della Città e Diocesi Salute e Benedizione L ’imminente ritorno, che sta per fare il sacro Tempo Quaresimale, mentre ristringe, VV. FF. e DD. FF., a darvi, coll’annunzio di esso, partecipazione altresì dell’Indulto, col quale il paterno cuore del Beatissimo comun Padre ne va ognor più temperando il rigore, mi fornisce medesimamente la desideratissima opportunità di rivolgervi la mia pastorale parola. Oh quante volte nel decorso dell’anno il mio cuore vorrebbe aprirsi con Voi, VV. FF. e DD. FF., effondersi nel vostro, ed intrattenersi di quanto riguarda il bene vostro, e gli interessi più sacri che voi avete! Ma pur troppo le ognor più affievolite mie forze non mi consentono di sempre assecondare gli impulsi del cuore; e troppo spesso mi tocca di rassegnarmi al pensiero di quanto non posso far io direttamente vien però fatto con lodevolissimo zelo da’ miei Venerabili e Dilettissimi Cooperatori, i quali come mi rappresentano in mezzo a voi, o Carissimi Figli, così sostengono in nome mio il peso gravissimo del pastorale ministero, che il Signore, nei disegni ineffabili di Sua divina Provvidenza, da diciotto anni mi ha mandato ad esercitare tra voi, ed in vostro bene. Per questo motivo ho diferito fin qui, VV. FF. e DD. FF., di richiamarvi a fermare le vostre considerazioni sull’ammirabile Enciclica, che il S. Padre il giorno 15 ottobre dell’anno testé passato indirizzò ai Vescovi, al Clero e al popolo d’Italia, della quale Enciclica ho procurato subito, come vi è ben noto, la massima possibile diffusione in Diocesi, sia col pubblicarla intiera nel nostro periodico diocesano, sia col farne pervenire parecchi esemplari a ciascun Parroco e Comitato Parrocchiale, per cui mezzi si avessero a diffondere poi nei rispettivi paesi: e mi confortava fin d’allora il pensiero che la Parola del Santo Padre, accolta con riverenza e secondata con buon volere, sarebbe stata come il buon seme, che caduto in terreno atto a fecondarlo, dà i desideratissimi suoi frutti a tempo opportuno. Dall’attenta lettura, che avete potuto farne od udirne, e molto più dalla seria considerazione, in che avrete preso il Pontificio importantissimo documento, vi è stato facile rilevare, VV. FF. e DD. FF., come il cuore del S. Padre sia trepidante di fronte ai pericoli ai quali è esposta la fede del buon popolo italiano; di questo popolo, che Egli tiene sopra ogni altro carissimo, perché figlio Egli stesso di questa Patria cotanto prediletta da Dio, che nel seno di essa volle deporre l’opera più stupenda della sua Provvidenza divina, cioè la Pietra angolare, su cui avrebbe levato il meraviglioso edificio della Sua Chiesa, e costituirla sede dell’augusto Suo Vicario; e quindi ancora con sollecitudine al tutto paterna, svelati e smascherati i nemici d’ogni ordine religioso e sociale, che sono gli affiliati alle sette massoniche, discoperte le loro insidie, dato l’allarme contro gli iniqui loro attentati, segna le norme, che si hanno a seguire da tutti i buoni, per salvare in proprio vantaggio, e in vantaggio pure dei fratelli, il sacro deposito, che ci si vuole far disperdere, dell’avita fede, senza della quale è impossibile piacere a Dio, e conseguire la salute eterna dell’anima. – Questo, in sostanza, è il fine, che il Santo Padre si propone di conseguire; quello, che è in cima ad ogni suo pensiero; quello, a cui tendono tutte le industrie del suo apostolico zelo: quantunque, per vieppiù efficacemente allettarci ad unirci con Lui di mente, di cuore e di opera nel sostenere la lotta contro coloro, che si attentano di impedirci il conseguimento di tanto bene, Egli additi altresì i beni temporali, che non potranno non derivare in vantaggio pure della civile società quando l’opera eminentemente feconda e vivificatrice della Chiesa Cattolica possa con pienezza di libertà esercitarsi tutta intiera alla salvezza dei popoli. – Come già Gesù Cristo, il quale, per fine di sollevare al cielo i pensieri e gli affetti dei suoi discepoli, ed eccitarli a cercare anzitutto quei beni che veramente si meritano questo nome, quali sono il regno di Dio e la giustizia di Lui, non dubitò di attirarveli colla assicurazione che a chi cerca i beni spirituali quelli temporali sono dati per soprappiù. Ho riputato parte del mio dovere, VV. FF. e DD. FF., il richiamarvi qui subito a quelle ponderose, sapientissime e veramente paterne esortazioni del Santo Padre, direttamente indirizzate, non che al Clero, a tutti addirittura i diletti suoi figli d’Italia, e raccomandarvi, come faccio con quanto ho di affetto e di forza, che vogliate in tutto e sempre diportarvi da figli docili, ossequiosi, amorevoli verso Chi tiene in mezzo a noi il luogo stesso di quel Gesù, che, se di tutti i suoi Apostoli protesta di tener per fatto a sé quanto si fa per essi; e che chi li ascolta, ascolta Lui; chi li disprezza, disprezza Lui stesso; e chi si attenta di toccarli, tocca la pupilla dell’occhio suo; a più forte ragione queste proteste egli fa e conferma in onore e a sostegno del suo Vicario. Gran conforto per noi poter guardare al Sommo Pontefice, e dire: Gesù Cristo mi parla per la Sua bocca, mi ammaestra cogli insegnamenti che il Papa mi dà; mi governa coll’autorità che ha a Lui conferita. Epperciò, guidati da questo Sommo Infallibile nostro Maestro, abbracciamo i suoi insegnamenti; approviamo quanto Egli approva, riproviamo quanto Egli condanna; andiamo ai pascoli di vita eterna, ai quali questo Pastore ci conduce; prestiamo pronta, assoluta, intiera obbedienza agli ordini, ai consigli, agli intendimenti del Padre nostro. Da questo rapido cenno, che vi ho fatto, VV. FF. e DD. FF., della prefata Enciclica Pontificia per la parte, che più direttamente vi riguarda, io vorrei ora poter corrispondere per parte mia in ogni più efficace maniera alla somma fiducia che Esso S. Padre, nella stessa Enciclica, si protesta di riporre nei Vescovi, perché si adoperino con tutte le loro forze a conservare in mezzo alle rispettive loro popolazioni la fede, e a rassodarla dove sembri ormai vacillare; e per fine di potere con più fondata fiducia di riuscita adoperarmi in ciò secondo il bisogno, che ve ne possa essere in mezzo a noi, io vi raccomando anzitutto di tenervi ben lontani dai convegni e dalla società di coloro, che, o affiliati alle sette o alle medesime in qualsiasi modo aderenti, cooperano, molti anche senza direttamente volerlo, all’opera di demolizione di quanto vi ha di religioso e di sacro, intorbidando nelle menti, sradicando dai cuori la fede, e provocando alla ribellione contro la Chiesa ed il Vicario di G. C. supremo Capo di essa, ed infallibile comune nostra Guida e Maestro. Ma non basta, ben lo intendete, cari figli, che vi tenghiate il più che far si possa appartati dal consorzio personale di chi insidia alla fede ed ai cristiani vostri costumi, se poi non vi asterrete dalle ree letture, che i corifei dell’irreligione e dell’empietà ammaniscono in pressoché innumerevoli fogli, opuscoli, libri di ogni maniera, nei quali stillano il loro fatale veleno, e li diffondono con una rapidità ed estensione vertiginosa; essendo essi il mezzo sovra ogni altro acconcio a raggiungere i loro iniqui intendimenti di strappare Cristo dalle anime, e spegnere in esse la fiaccola della fede. Ah! è troppo doloroso, VV. FF. e DD. FF., vedere passare tra le mani di persone, che pur si vantano di appartenere alla religione cattolica, libri e giornali, che professano apertamente di combattere questa religione! Vedere cioè figli spensierati, se non affatto empi, che pur raccolgono senza ribrezzo il fango, che si getta a piene mani sopra la madre loro, e fanno di esso il loro pascolo quotidiano! È troppo umiliante condizione codesta, in cui pur troppo molti si giacciono, che pur professano di credere a Cristo ed alla Sua Chiesa, e si propongono di morire, se Dio ne farà loro la grazia, nel seno di essa; ma frattanto non si fanno scrupolo di sorta non solamente di vivere come se non credessero, ma di concorrere, coll’appoggio, che danno alla cattiva stampa, a diffondere le empie ed irreligiose dottrine, con quale danno alle anime niuno vi ha che troppo chiaramente non vegga. Io perciò a tutto potere vi esorto, VV. FF. e DD. FF., a guardarvi bene dal concorrere a tanto male, ed a portarvi anzi, per quanto sta in potere di ciascuno di Voi, quel rimedio che è calorosamente raccomandato dal S. Padre ai Cattolici tutti d’Italia, cioè di opporre “la buona alla cattiva stampa per la difesa della verità, per la tutela della religione, e a sostegno dei diritti della Chiesa. Ché come è compito della stampa cattolica mettere a nudo i perfidi intendimenti delle sette, aiutare e secondare l’azione dei Sacri Pastori, difendere e promuovere le opere cattoliche, così è dovere dei fedeli di sostenerla efficacemente, sia negando o ritirando ogni favore alla stampa perversa; sia direttamente concorrendo, ciascuno nella misura che può, a farla vivere e prosperare”. E poiché il Santo Padre conchiude questo importantissimo ammonimento col dire, che in Italia, a suo credere, non si è finora fatto ciò abbastanza, fatevi tutti un religioso dovere di ricevere questo ammonimento medesimo come fatto a ciascheduno di voi in particolare; e rifiutando per conto vostro, e sbandendo dalle vostre famiglie, libri e fogli, che abbiano per fine più o meno diretto di combattere la fede, e di propagare il mal costume (con qual danno specialmente dei figli, quando si avvengono in cotali letture niuno vi ha che non vegga), adoperatevi in favore della buona stampa coll’associarvi a giornali, che, mentre soddisfano alle esigenze della giornata, rispettano la vostra fede, e ne propugnano la causa; provvedete per voi e pei vostri figli e dipendenti libri di sana morale, e di soda istruzione religiosa, della quale pur troppo si va sentendo sempre più il difetto. Istruzione religiosa! – VV. FF. e DD. FF., siamo in tempo di progresso, si dice da tutti comunemente, e non mai come ai tempi presenti è stata caldeggiata e promossa l’istruzione. Il che se può parer vero per ciò che riguarda le scienze sperimentali e l’erudizione profana, per ciò che spetta alla vera scienza razionale ed alla istruzione religiosa, siamo anzi in tempo di troppa vergognosa ignoranza. Dove infatti si apprende ai tempi nostri la religione? Poche e scarse nozioni se ne danno appena nelle prime classi elementari, dalle quali molti già vorrebbero che anche questo poco fosse affatto sbandito. Dalle altre scuole in bando all’istruzione religiosa è stato dato già da gran tempo: e intanto la gioventù ci cresce sotto occhio atea e credente; i delitti si moltiplicano a dismisura, la società è travagliata da mali, che strappano ormai un generale lamento; e si sono sentiti già molti credenti stessi costretti a protestare contro la moderna istruzione scompagnata dalla educazione. Oh! perché questi queruli accusatori dell’istruzione scompagnata dall’educazione non confessano espressamente, ciò, che per tutti non possono non riconoscere e confessare in cuor loro, che a volere cioè rendere efficacemente educativa l’istruzione, è necessario istruire ed educare secondo gli insegnamenti e i dettami di quella fede di Gesù Cristo, verità incarnata, a salute nostra temporale ed eterna? Io vorrei poter fare che tutti diveniste compresi del grave bisogno, che tanto urge, di ritornare alla educazione dei cuori secondo i principi della morale cristiana; essendo questo uno dei più efficace rimedii ai tanti mali, che affliggono la società moderna; e vi rendeste così solleciti di adoperarvi alla grande opera della conservazione della fede tra noi, e di richiamare ad essa gli erranti. Ciò non si potrà per certo ottenere se non si otterrà anzi tutto, che siano frequentati i catechismi e le istruzioni parrocchiali. È cosa che strazia vedere come i catechismi sono deserti ed abbandonati; deserte ed abbandonate le istruzioni parrocchiali massime di coloro, che hanno, come speciale bisogno di essa, così più stringente dovere di profittarne. È cosa che strazia vedere tanti padri e madri di famiglia intenti solo a procurare ai propri figli un’istruzione atta a porli in una condizione onorata e lucrosa per la vita presente incerta e fugace, e poi dimentichi affatto di quell’obbligo, che severissimo pur hanno, di educarli nel santo timor di Dio, nell’adempimento dei cristiani doveri, che procurare che si informino a quei principi, i quali, rendendoli buoni ed onesti cittadini, utili a se stessi ed agli altri in questo mondo, li dispongono insieme al conseguimento dei loro eterni destini nella vita avvenire. È cosa che strazia vedere come taluni, se pure qualche volta a parole ricordano ai proprii figli questi doveri, e giungono anche, fino ad un certo punto, ad eccitarveli; essi poi, nel fatto, distruggono col cattivo loro esempio ogni buon effetto, che avrebbero dovuto poter produrre le loro parole. Io perciò rivolgo un caldo appello a quanti siete, DD. FF., che gemete in vostro cuore su tanto deplorevole male, perché vi studiate di apportarvi questo efficacissimo rimedio della istruzione religiosa, col frequentarla ed apprenderla voi anzi tutto, e col fare che essa sia frequentata ed appresa da tutti coloro che in qualche modo vi appartengono. Lo zelo dei pastori di anime, come è noto a me, così è noto a voi pure. Essi vi desiderano, fanciulli e adulti, essi vi chiamano, essi vi attendono; e nulla ferisce loro più dolorosamente il cuore che vedersi circondati da troppo scarso numero di figli ad apprendere dalla loro bocca quelle profittevoli dottrine, di cui Iddio e la Chiesa li hanno costituiti maestri. Essi, come Gesù, desiderano, chiamano, attendono con particolare affetti i giovanetti; e nulla più li addolora che il dover assistere allo straziante spettacolo di una gioventù, che cresce ignara di quel Dio, che ci ha creati; dimentica di Gesù Cristo, che ci ha redenti collo sborso di tutto il suo sangue; lontano dal seno di quella buona madre, che è la Cattolica Chiesa, la quale veglia con ogni più amorosa cura sopra ciascuno dei figli suoi, per guidarli al conseguimento beato dei loro eterni destini. Rimane quindi, Diletti Figli, che tutti corrispondiate al buon volere dei vostri Pastori, di codesti Angeli del buon Consiglio, che vivono tra voi, unicamente consacrati al vostro bene. Né giova che molti dicano, che l’istruzione religiosa si può acquistare anche con private letture. No, non giova: anzitutto perché non è questo il mezzo ordinario istituito da Gesù Cristo, il quale, affidò ai Sacerdoti il compito di insegnare, stabilì pure che il popolo dalle labbra dei Sacerdoti abbia da apprendere la cognizione dei veri, che ha da credere, e della legge che ha da osservare: e poi perché la parola viva dell’uomo, come ebbe a riconoscere e proclamare con innumerevoli altri il simpatico Autore delle Mie prigioni, la parola viva ha una forza ed efficacia, che le letture non hanno. Del resto sarà poi sempre vero, che, non andando alla Chiesa, vi procurerete tale istruzione con private letture? O non accade anzi piuttosto che chi non usa alla Chiesa, se pure talvolta si induce a leggere libri che trattano di religione, questi non sono sempre i libri che insegnano, ma quelli che la combattono o come che sia l’alterano e la corrompono? – Ah se l’istruzione religiosa fosse più studiosamente cercata e compresa, la Chiesa non dovrebbe versare tante lacrime sui traviamenti di troppi suoi figli, che la combattono appunto perché o non la conoscono affatto, o non ne hanno che una cognizione superficiale: avverandosi in ciò la grande sentenza di Bacone da Verulamio, che se l’ignoranza od una scienza leggiera può condurre all’ateismo o all’apostasia, la vera scienza fa risplendere di tanta luce le verità della fede, che spinge l’intelletto ad abbracciarle e la volontà a seguirle. La Chiesa non paventa altro più formidabile nemico che chi non conosce il tesoro di verità, che esso possiede, ed è per questo che essa nulla meglio desidera che di comunicarle e renderle accessibili a tutti: e rigettando da sé la taccia, di che taluni, con impudente menzogna, le fanno carico, di favorire l’oscurantismo, essa lo combatte invece a tutto potere, seguitando a compiere la missione, affidatale dal suo divin Fondatore, di ammaestrare le genti, illuminandole collo splendore di quelle verità, che già fece brillare tra le tenebre del paganesimo, e le dissipò; e colle quali poté riuscire a presentare al mondo lo spettacolo di quei genii sublimi, che noi invidiamo al Medio Evo, S. Tommaso D’Aquino l’Angelico, S. Bonaventura il Serafico, e l’inarrivabile Cantore della Divina Commedia Dante Alighieri. Quanto fu facile ad Alessandro Manzoni professarsi ateo e credente finché non ebbe lette altri libri di religione, che L’Enciclopedia, ed altri simil razza, che l’empietà, allora trionfante, ammaniva in pascolo velenoso alla gioventù, assordata dai rumori e dalle agitazioni della troppo famosa rivoluzione francese, tanto più prontamente si dichiarò vinto dinanzi agli splendori della cattolica fede, quando con sincero amore di conoscere la verità, si applicò seriamente a studiarla: e allora dal suo cuore rinnovato si dileguarono le nebbie, che indi salivano ad offuscarne l’intelletto; dalla sua mente si dissiparono i dubbi d’ogni maniera: e la sua Morale Cattolica è la condanna degli errori da lui professati in passato, e come la prova più bella dell’ossequioso sacrificio, che egli fece del suo intelletto alle verità della fede; le opere sue rivelano in tutte le loro parti lo scrittore veramente cristiano; e i suoi Inni sacri sono quanto di tenero e di sublime la fede sola sa inspirare ai genii più eletti della umanità. La Chiesa Cattolica in Inghilterra rifulge degli sprazzi di luce, che vi tramanda l’Eminentissimo Cardinale Manning: un astro luminoso vi è tramontato da poco colla morte del Cardinale Newman; come, non è gran tempo, il Cardinale Wiseman la illustrava coll’ampiezza della sua dottrina, e cogli ardori della sua carità. Or bene chi furono i Cardinali Wiseman, Newman e Manning? Tre pastori protestanti, fra i più dotti, che annoverasse l’anglicanesimo, i quali servirono mirabilmente a provare ancora una volta quel detto, che quando vi ha di scelto e di buono nel protestantesimo passa naturalmente alla Chiesa Cattolica per poco che si applichi a studiarla; mentre dal campo della Chiesa Cattolica non passa in quello del protestantesimo che quando essa ha di vile, di abbietto, e di ignorante. Di fronte a questi fatti così splendidi e luminosi, che ho scelto tra mille, VV. FF. e DD. FF., io mi astengo dal più oltre dilungarmi per provarvi la necessità dell’istruzione religiosa, e dell’obbligo, che tutti hanno, di studiosamente procacciarsela, quanti hanno obbligo di seguirne e praticarne i saggi e salutevolissimi ammaestramenti: se pure non si vuole cadere in un incredibile assurdo, quello cioè di chi si vanta di ignorare ciò, che per altra parte, col dichiararsi cattolico, protesta di voler credere, ed è in effetto tanto più degno di essere creduto sì, ma anche quando torna per ciascuno possibile largamente e profondamente studiato, quanto maggiormente il complesso di verità e dottrine, che dalla cattolica Religione si insegnano, può formare, e forma in effetto, per chi bene ed ordinatamente lo studia, un vero sistema scientifico, di cui non vi ha certamente altro più bello, come altro non se ne trova né più solido né più importante. Non basta però, VV. FF. e DD. FF., procacciarsi l’istruzione religiosa; ma è indispensabile (già ve l’accennai) conformare agli insegnamenti di essa la propria regola di vita, in modo che i costumi, che si hanno, non disdicano punto a quella fede, che si protesta di professare. Credere all’esistenza di Dio, e non adorarlo, non rispettare il suo santo nome, non osservarne la legge: credere in Gesù Cristo, e non seguirne praticamente i dettati, non frequentarne i sacramenti; credere nella Chiesa Cattolica, riconoscere nel Sommo Pontefice il Capo visibile di questa Chiesa, il Vicario medesimo di G. C. che l’ha fondata, e poi far plauso a coloro, che combattono la Chiesa, e vilipendono l’augusto suo Capo: è ragionevole codesto? Credere il Paradiso, e non pensarvi mai, come se fosse cosa che non ci appartenga: credere all’esistenza dell’inferno, e poi vivere come se l’inferno non esistesse: invidiare ai bruti la felicità, che essi, nel loro genere, conseguiscono su questa terra, e trascurare quei beni sommi, infiniti, eterni, che Dio tien preparati nella vita futura a coloro che fedelmente lo servano nella vita presente; ditemi, non è questo un passare di assurdo in assurdo, a scorno e vergogna di chi si comporta in questa guisa non si sa ben dire se più da empio o da insensato? Io so bene che molti e molti ricorrono ad una specie di attenuante per liberarsi da codesta nota di empio e di insensato, che pur sentono di meritarsi: alla necessità cioè, dicono, essi, di seguire l’esempio degli altri e non parer singolare! Oh quanti, pur troppo si contano, che, di fronte ai baldanzosi nemici della Chiesa, di fronte ai corifei dell’empietà, basiscono, tremano, si nascondono; se pure non giungono talvolta a tradire la propria coscienza, a negare la propria fede; assoggettandosi a venire a patti coll’errore, a vendere, come altrettanti Giuda, a presso di qualche vile materiale interesse, Papa, Chiesa, Gesù Cristo, Iddio! – Deh! no, che questo non abbia mai ad accadere tra noi, né ad avverarsi di alcuno de’ mie carissimi figli! E perché possiate più facilmente scongiurare tanto pericolo, gioverà che vi appigliate voi pure agli stessi mezzi. Dei quali si sono affrettati di valersi i nemici, cioè alla forza del numero. Io però, dopo di avervi esortati più sopra a separarvi dalle loro congreghe, ad evitarne il pericoloso consorzio, ad astenervi da ogni non necessario contatto con essi, ora vi propongo di ricorrere anche voi alle associazioni per animarvi a vicenda ad intraprendere, a sostenere, a condurre ad effetto l’opera di restaurazione religiosa e sociale, il cui bisogno ormai troppo evidentemente è palese, e potentemente si impone. Aggregatevi alle varie Confraternite, che ab antico fioriscono tra noi; osservatene gli statuti; e quando vi trovate nelle vostre adunanze, giovatevi della opportunità per rassodarvi tra voi nei santi propositi di essere e di mostrarvi veri cristiani. – Ascrivetevi ad altre più recenti pie Fratellanze, e segnatamente alla tanto benemerita della Conferenza di S. Vincenzo de’ Paoli. – Fondate Società di operai informate a principi sodamente e sinceramente cattolici, le quali da alcuni anni si moltiplicano in Piemonte, ed alcune già si sono iniziate, con vero gaudio dell’anima mia, anche in questa Diocesi: o procurate anche solo di informare a questi stessi principii, e di rendere francamente cattoliche le già tra noi esistenti. – Date vita alle congregazioni di giovanetti, e massime ai circoli della Gioventù Cattolica, che fanno già tanto bene in tutte le principali Città d’Italia. Così potrete avere il necessario conforto, vi potrete infondere, gli uni agli altri, coraggio, ed armarvi di incrollabile costanza per questi tempi di lotta, che ormai tutti dobbiamo sostenere. Essa, in verità, è accanita e guerreggiata da troppi scaltri nemici: ma che però? Non siamo noi i figli di quegli Apostoli, che se ne andavano giubilanti dal cospetto del Concilio, per essere stati riputati degni di soffrire ingiurie ed affronti pel nome di Gesù Signor nostro? Non siamo noi progenie e fratelli di quello stuolo di martiri, che piuttosto che mancare alla fede data a Gesù Cristo, affrontavano od anche affrontano in presente la morte e mille morti in mezzo ai più spietati tormenti, alle più barbare carneficine? Oh sì! L’esempio loro ci conforti e ci rinfranchi: sull’esempio loro modelliamo la nostra regola di condotta. E poiché vi scrivo nel giorno sacro al gran martire S. Maurizio, Patrono dei regii stati Subalpini, lasciate che io vi citi l’esempio suo e quello della valorosa legione Tebea capitanata da Lui, e ve lo proponga, starei per dire, come il programma d’azione, che dobbiamo tenere ai tempi nostri nella lotta, che, sotto lo specioso titolo della libertà e del benessere della patria, si è ingaggiata in mezzo a noi tra l’errore e la verità, tra le sette aderenti allo spirito delle tenebre e la Chiesa cattolica divinamente inspirata e governata da G. C. Questi medesimi erano a un dì presso i pretesti coi quali si voleva giustificare il furore dei Cesari contro i primitivi cristiani; ma essi seppero resistere, seppero combattere, seppero morire piuttosto che tradire la propria fede, disertare la bandiera di G. C. – Vedete i soldati della gloriosa legione Tebea capitanata da S. Maurizio? Nella loro fede nel Dio dei Cristiani trovavano la ragione per combattere da valorosi al soldo dell’Imperatore pagano: ma, memori sempre e dappertutto dei divini precetti anche sotto le armi sapevano dare a Dio quello che è di Dio, come quello, che è di Cesare, a Cesare: e quando l’Imperatore richiese da loro cosa contraria alla loro fede e alla loro coscienza, allora essi, quei generosi, dichiararono francamente di non poter in ciò obbedire. Né valsero minaccie a smuoverli dal loro proposito; ché decimati, cioè messi a morte uno su dieci una prima volta, e poi una seconda, non che mostrarsi avviliti o comecché fosse spaventati per tanta strage, mostrarono invece viemaggior coraggio a mantenere la doverosa loro protesta, di essere cioè pronti tutti a morire, piuttosto che mancar di fede al loro Dio. Anzi messi un’ultima volta alle strette, di scegliere cioè tra l’obbedir tutti o tutti morire, mandarono all’Imperatore questo franco e nobile messaggio: “Siamo vostri soldati, Imperatore, è vero; ma siamo al tempo stesso, e ce ne vantiamo, servi di Dio: a Voi dobbiamo il servizio militare, a Dio il tributo della nostra innocenza: da Voi riceviamo il soldo della nostra milizia, da Dio abbiamo ricevuto il benefizio medesimo della vita. No, Imperatore, no, non possiamo ubbidire a Voi, quando l’ubbidirvi importa la negazione di quel Dio che ci ha creati; il quale è, vogliate o non vogliate, Creatore e Signore non meno di voi, che di noi. Ecco che noi abbiamo veduto i nostri Commilitoni cader trucidati sotto i nostri occhi per vostro ordine, e noi siamo aspersi del sangue da essi versato: e come non abbiamo versato una lacrima sulla loro sorte, così ora non ne meniamo lamento; anzi esultiamo della felice loro sorte, poiché furono riputati degni di patire per Dio. E neppure ora la stretta, in cui ci ponete per salvare la vita, ci accende l’animo alla rivolta: né ci arma menomamente contro di voi quel sentimento di disperazione, che nei pericoli si converte sì facilmente in furore. Abbiamo in mano le armi, e non resistiamo; perché il cristiano sa morire innocente piuttostoché macchiare la coscienza per salvare la vita: a qualunque misura, che siate per prendere contro di noi, ci assoggettiamo: siamo pronti a subire ogni sorta di tormenti: ma siamo cristiani, e tradire il nostro nome non possiamo”. E per salvare la loro fede morirono! L’Imperatore, irritato della loro costanza e disperato di poterli vincere, determinò di sterminarli; ed essi, deposte le armi, senza opporre resistenza, senza cercare nel proprio numero e nel proprio valore difesa alla giustizia della loro causa, questa nobilitarono con un glorioso martirio. Ammiriamoli, FF. e FF. Carissimi, ammiriamoli: ma frattanto riflettiamo, ed esclamiamo: Ah se i sentimenti, dei quali erano animati gli invitti Martiri Tebei, fossero i sentimenti, che animassero per sempre quanti a parole si professano cristiani! Oh! se, quando si trovano in conflitto gli interessi di Dio e della sua Chiesa colle ingiuste pretensioni di chi la Chiesa e Dio si attenta di osteggiare, tutti i cristiani avessero sempre nell’animo la risolutezza, sul labbro il franco e dignitoso linguaggio dei Martiri Tebei, sarebbe vero che i nemici di Dio e della Chiesa oserebbero tanto? Il nostro Santo Padre, riportandosi egli pure all’esempio dei martiri, ci spinge a battere la via segnatacisi da quegli invitti campioni, perché, scossa l’ignavia, in cui troppi più che non appare si giacciono, si opponga più facilmente ai fautori del male una forte diga, che valga a fermarli ed arrestarli. E perché meglio e più efficacemente la sua parola possa agire sul nostro cuore, egli, il Santo Padre, ricorda a tutti e a ciascheduno il dovere di cooperare con ogni studio e secondo tutte le proprie forze a questo gran fine, nel quale è riposta la gloria di Dio, il trionfo della sua Chiesa, e la salute di tante anime, che si lascerebbero condurre facilmente dietro gli esempi del bene, quando li avessero luminosi e frequenti sotto gli sguardi, come pur troppo si lasciano trascinare dietro gli esempi del male, ove più audaci e più numerosi si incontrino, come pur troppo ora avviene, ad ogni passo. – Tutto fugge quaggiù: gli anni si succedono e si incalzano; gli avvenimenti precipitano; gli uomini e le cose scompaiono con una rapidità fulminea: e il giorno delle ragioni si avanza calmo, perché non possibile ad essere trattenuto, a prendere il suo tempo per fare giustizia secondo il merito di ciascheduno. È a questo punto, a questo terribile giorno, VV. FF. e DD. FF., che tutti dobbiamo mirare, costantemente mirare. Gesù Cristo, sapienza infinita, ci diede questo importate ricordo: tener fisso nella mente il giorno delle ragioni; e, pensando a quello, condurre una vita, professare massime che valgano a rassicurarci in quel tremendo dì in cui avremo a stare inevitabilmente innanzi all’inappellabile di Lui Tribunale. Allora sarà dato a ciascuno secondo le opere sue, dice Gesù: allora io glorificherò in faccia a tutto il mondo, dice pure Gesù, quanti in vita non si saranno vergognati di me; rinnegherò di conoscere quanti in faccia agli uomini mi avranno rinnegato. – Vi sarà taluno tra i buoni e carissimi miei figli, cui nulla importi di tutto ciò? Animo dunque, Fratelli e Figli miei Dilettissimi, teniamo alta, vi ripeto, la bandiera della nostra fede, e conforme ad essa ordiniamo tutti la nostra vita. Amiamo la nostra religione, e siamo solleciti di praticarla; studiamola premurosamente ed assiduamente per sempre meglio conoscerla; poiché più si conosce e più si ama, e più gelosamente si pratica. Riconosciamo il gran beneficio, che Dio ci ha fatto coll’averci fatti nascere in grembo alla Cattolica Chiesa, che è la mistica nave, l’arca di salvamento per chi vuol arrivare al porto dell’eterna salute. Rispettiamo, ubbidiamo, veneriamo, amiamo il Sommo Pontefice posto da Dio al governo di quest’arca, al timone di questa nave, e non avvenga mai che per soffiare di venti, per agitarsi di tempeste, noi vacilliamo, ci lasciamo smuovere da’ ragionevoli e santi nostri propositi col pericolo di nostra perdita irreparabile. Tutti questi fini, tutti questi beni non li potremo conseguire senza l’aiuto di quel Dio, dal quale, come ci dice S. Paolo, viene a noi ogni buon dato, ogni dono perfetto. Ma noi sappiamo eziandio per fede, che Iddio tiene sopra di noi rivolti gli amorosi suoi sguardi, per accogliere le nostre suppliche, esaudire le nostre preghiere. Egli conosce di che pasta siamo impastati; sa misurare le nostre forze, sa apprezzare la debolezza, a cui va soggetta la nostra natura; e solo che vegga in noi sincero desiderio del vero bene, Egli ci conforta la volontà ad operarlo, a ci aiuta a compirlo. Preghiamo per conseguenza e senza interruzione preghiamo. Preghiamo per noi, e preghiamo per i nostri fratelli; perché tutti, fatti un cuor solo ed un’anima sola, con gran cuore e fermo proposito di volontà possiamo operare codesto vero bene, difendere cioè ed onorare la nostra fede, glorificare la santa nostra madre la Chiesa: salvare insomma le nostre anime, e salvare insieme la patria, in cui vantaggio, si converte pur sempre il trionfo della religione di Gesù Cristo, e l’esatta osservanza dei dettami di essa. Nell’appressarci al trono delle grazie e delle divine misericordie per impetrare sì grandi ed importantissimi favori interponiamo altresì l’intercessione di Maria SS. nostra Madre e Regina, a cui fu dato di debellare in ogni tempo ogni maniera di eresie, di difendere il popolo cristiano, di vegliare alla salute di questa patria nostra, che tanto sempre si affidò ed ora più forse, che non mai prima, fiduciosa si affida alla materna di Lei tutela. Imploriamo l’aiuto di S. Michele Principe della Milizia Celeste, perché ci aiuti a combattere contro quei nostri insidiosi nemici, che sono gli spiriti delle tenebre, e quanti o occultamente o in palese si prestano a minare il trono di Cristo per fare che si stabilisca e trionfi il regno di Satana sulla terra. Ricorriamo per aiuto al Gran Patriarca S. Giuseppe, Capo della Sacra Famiglia, Custode e Padre Putativo di Gesù Cristo, perché anch’Egli, come scampò dalla morte la minacciata vita del Pargoletto Gesù, così difenda ora la S. Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità, e stenda ognora sopra ciascuno di noi il suo patrocinio. Preghiamo i Santi Apostoli Pietro e Paolo, perché veglino sempre a difesa di quella Religione, dalla quale furono i più fervidi e poderosi propagatori, in sino a che, posatone il centro in questa nostra Italia e collocatolo in Roma, lo irrorarono collo spargimento del loro sangue, lo consacrarono col loro glorioso martirio. Queste stesse preghiere rechiamoci a religioso dovere di innalzare per la Santità di nostro Signore Leone XIII: “perché Iddio lo conservi, Lo prosperi, Lo feliciti su questa terra, e non permetta che Egli venga a cadere nelle mani de’ suoi nemici”. – “Sì, o Signore Iddio, Pastore e Reggitore di tutti i fedeli, riguardate benignamente il Vostro Servo Leone, che avete deputato al Governo della Vostra Chiesa: e dategli di essere sempre, colla parola e coll’esempio, scorta fedele e sostegno sicuro di quelli, ai quali Egli presiede; perché possa arrivare a salvamento colla greggia affidata alle sue cure”. – E preghiamo per tutta la Gerarchia Ecclesiastica, di cui Egli ritrae cooperazione e conforti pel governo di tutta quanta la Cattolica Chiesa. Preghiamo per la Maestà dell’augusto nostro Re e Signore, perché “l’Onnipotente e Sempiterno Iddio, che nei disegni di Sua misericordia, gli affidò le redini del governo, lo arricchisca pure di tutte le virtù, che si addicono all’alto suo officio; lo addestri a schivare gli scogli, che gli attraversano la strada, e lo renda degno di seguire e di raggiungere Lui, che è via verità e vita”: e come per Lui così preghiamo pure per tutta la Reale Famiglia, e pei Poteri dello Stato. E come ogni tempo io mi reco a dovere di fare speciali preghiere per Voi, VV. FF. e DD. FF., perché Iddio vi mantenga saldi e costanti nella fede, vi benedica nei corpi e nelle anime, coroni di lieti risultati le buone vostre imprese; così voi non dimenticatevi mai, ve ne scongiuro, del Padre e Pastore, che Iddio per mezzo del suo Vicario vi ha dato; pregando per me secondo che vi indetta la Santa Chiesa stessa nella sua Liturgia, che “l’Onnipotente e Sempiterno Iddio, si degni di dirigermi ognora nella via dell’eterna salute: affinché col suo aiuto io non pensi mai se non cose che a Lui sieno di gradimento, dandomi insieme grazia di tradurle poi in effetto con tutto il vigore”, che a vostra intercessione vorrà concedermi ancora in questi già vecchi miei anni nella sua infinita misericordia! La benedizione del Signore Onnipotente, Padre, Figliuolo e Spirito Santo, discenda ognora sopra di noi e ci accompagni per sempre. Alessandria, 15 Gennaio 1891 + Pietro Giocondo, Vescovo Can. Prev. Carlo Borgogno, Segretario