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Ottobre 2012
I lavori nella Cattedrale
di Benevento (2005-2012)
Le parole
di mons. Mario Iadanza
Gli interventi di riqualificazione
Come si presenta oggi la Cattedrale
pag. 3-5
pag. 6-9
Gli stemmi degli arcivescovi
dell’Arcidiocesi di Benevento
La Cattedrale di Benevento
Scrigno di spiritualità e di arte
La nuova pavimentazione
Memorie e testimonianze sulle pareti del Duomo
pag. 10
pag. 11-14
Chiesa
I n f o r m a
IN REDAZIONE:
Mons. Mario Iadanza
Vicario episcopale
per la Cultura e i Beni Culturali
Supplemento a
Don Alessandro Pilla
Direttore Ufficio
Comunicazioni Sociali
Giornalisti:
Sabino Cubelli,
Antonella Fusco, Paola Costa
Impaginazione e grafica:
Daniele Leone
[email protected]
Periodico di impegno religioso-socio-culturale
Ufficio Comunicazioni Sociali - Benevento
Direzione e Redazione:
Piazza Orsini, 33 (Bn)
Tel. 0824 323326
Fax 0824 323344
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documenti
di Francesco Bove*
Dopo un lungo e sofferto periodo di
chiusura la Cattedrale beneventana
torna ad aprirsi ai fedeli con la sua
imponente architettura novecentesca
rimessa a nuovo, resa più luminosa e
arricchita da molteplici innovazioni.
La durata imprevista dei lavori è dovuta essenzialmente alle indagini archeologiche condotte sotto la direzione
scientifica della Soprintendenza per i
beni archeologici nelle subsidenze dell’antico tempio. Tutto è iniziato in
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modo occasionale nell’anno 2005 nel
corso del rifacimento della pavimentazione, allorché, nel rimuovere il massetto per inserire l’impianto di riscaldamento a pannelli radianti, affiorarono tracce del sepolcreto risparmiato
dai bombardamenti del 1943. Il ritro-
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documenti
vamento fu senza dubbio sorprendente
poiché non si supponeva che negli anni
cinquanta del secolo scorso l’elevazione
del monumentale edificio in telaio di
cemento armato fosse avvenuta senza
un completo sbancamento dei materiali preesistenti ed in assenza di uno spianamento generale tale da assicurare la
complanarità delle fondazioni. I funzionari del Ministero imposero immediatamente l’effettuazione di saggi di
scavo e così l’inusitato stato di fatto
venne fuori in tutta la sua singolare
conformazione. Si scoprì che le
strutture in cemento armato poggiavano per lo più su muri appartenenti ad un lontanissimo passato e che
una parte delle sepolture restava
ancora intatta. Evidentemente,
l’arcivescovo del tempo mons.
Mancinelli, pur autorizzando la
completa ricostruzione della precedente
cattedrale
dedicata
alla
Dei
Genitrix, non aveva voluto far rimuovere le spoglie dei defunti,
tra cui si trovavano i resti di insigni esponenti del clero di epoche diverse e di illustri protagonisti della storia cittadina sepolti,
secondo un’antica tradizione, nella protettiva chiesa vescovile in
vicinanza delle reliquie dei santi martiri e confessori. Nel prosieguo delle
indagini, che hanno raggiunto in alcuni
punti oltre tre metri di profondità,
emerse un substrato articolato e complesso i cui più profondi piani di frequentazione risalivano alla preistoria.
La varietà e l’ampia distribuzione dei
reperti indussero a ricavare un ipogeo
praticabile al di sotto del livello pavimentale della Cattedrale che, per rendere agevole la fruizione degli spazi interrati, fu sollevato di quindici centimetri.
Si dovette, tuttavia, far ricorso a tal fine
ad estesi consolidamenti delle fondazioni
mediante pali, integrati da ulteriori diffusi
accorgimenti tecnici, e, poi, di conseguenza, costruire un nuovo solaio in travi e
lamiere d’acciaio in grado di fungere da
collegamento tra i pilastri e da supporto per
il rilevante carico antropico prevedibile.
All’intervento strutturale, reso maggiormente oneroso e impegnativo dall’ingente
asportazione di materiali effettuata dagli
archeologi, è seguito quello impiantistico
che ha comportato l’intera sostituzione del sistema di illuminazione antecedente e la sua estensione all’ambiente interrato, uti-
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documenti
lizzando corpi illuminanti di nuova generazione, cromatismi accuratamente studiati e sofisticate tecnologie, tra cui un insieme di piccole telecamere a circuito chiuso. Altrettanto importante è stata la realizzazione del sistema di riscaldamento a tutt’aria con iniettori, che
mancava alla Cattedrale e che ha rimediato ad una carenza avvertita
con disagio dai fedeli. È stato, inoltre, istallato un nuovo impianto di
diffusione sonora con un posizionamento degli amplificatori più adeguato alla non comune configurazione spaziale del sacro edificio.
Ma il risultato maggiormente evidente sotto il profilo qualitativo è
stato raggiunto attraverso il maquillage cui è stato sottoposto l’interno della cattedrale che ha visto il completo rifacimento della pavimentazione, posta in opera seguendo il disegno risalente all’episcopato del card. Orsini (1686-1730). Lo schema, desunto dalle foto
antecedenti al 1943, ripartiva la superficie di calpestio mediante
fasce marmoree in quadrilateri includenti losanghe di varia dimensione.
Con la ricomposizione, in tali punti focali sono stati inseriti gli stemmi degli arcivescovi beneventani succedutisi dal dopoguerra ad oggi,
mentre le mattonelle di cotto sono state sostituite con lastre di
marmo pregiato ad alta resistenza. Sono stati eliminati, inoltre, gli
altari laterali, liturgicamente inattuali, e con essi l’ortostato in marmo
botticino, che per un’altezza di oltre tre metri rivestiva le pareti laterali raffreddando decisamente l’ambiente. Al suo posto è stato collocato uno zoccolo marmoreo alto solo novanta centimetri che, saldandosi ad una cornice del medesimo materiale, inquadra i mosaici che
fungevano prima da pale di altare e ne fa meglio risaltare il non trascurabile valore artistico. Anche sulle coloriture del soffitto a cassettoni e delle superfici verticali si è intervenuto riportando la tinteggiatura a tonalità più calde e più vicine alle originarie soluzioni. L’effetto
complessivo di miglioramento della luminosità è stato notevole e ha
determinato, tra l’altro, maggiore armonizzazione degli elementi che
compongono l’architettura del monumento, rendendo, in particolare,
più organico e coerente il mosaico dell’arco trionfale. Va, ancora, sottolineato il rilevante significato culturale della ricollocazione nelle
navate contigue ai muri perimetrali delle epigrafi e delle balaustre
policrome appartenute al distrutto tempio che hanno arricchito di
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connotazioni storiche la Cattedrale novecentesca e che consentiranno ai visitatori di ritrovare il legame con le nobili tradizioni della
Chiesa beneventana brutalmente spezzato dalla guerra. Non a caso
l’attuale planimetria del duomo ricalca quella dell’originaria basilica
paleocristiana a testimonianza dell’origine tardoantica del complesso episcopale. I lavori sono stati realizzati dalla ditta Costruzioni
Achille Lombardi s.r.l., per quanto attiene alle opere edili, dalla ditta
Multiservice di Valeriano De Vita per quanto riguarda l’impianto di
illuminazione, dalla ditta Vincenzo Ialeggio relativamente al sistema
di riscaldamento, dalla ditta Donato Gagliarde per la tinteggiatura,
dalla Loto Sound srl per l’impianto di amplificazione e dalla Decor
Marmi per gli stemmi vescovili posti nella navata centrale.
All’attuazione del progetto hanno dedicato costante e amorevole
attenzione l’arcivescovo S. E. mons. Andrea Mugione, il vicario
generale mons. Pompilio Cristino e il rettore della Cattedrale mons.
Pasquale Fusco. Il coordinamento è stato curato dal vicario per i Beni
Culturali dell’Arcidiocesi prof. mons. Mario Iadanza e da mons.
Ermanno Ruocchio, responsabile dell’edilizia sacra (un ricordo particolare va al compianto mons. Michele Marinella scomparso il 12
dicembre del 2010), e da un equipe di tecnici composta dall’ing.
Luigi Basile, dall’arch. Francesco Bove, dall’ing. Umberto Musco,
dall’arch. Piergiorgio Romano e dall’ing. Ivan Verlingieri. Un’ultima
nota: gli interventi effettuati sono stati finanziati prevalentemente
con i fondi dell’8x1000 della Conferenza Episcopale Italiana e con
un contributo della Regione Campania, ma devono essere menzionati altresì i contributi del Ministero per i Beni e le attività culturali,
della Cariplo, dell’Amministrazione provinciale e soprattutto del
Comune di Benevento.
Occorre, infine, sottolineare come le varie fasi degli interventi siano
stati anche il risultato del confronto e del dialogo con le
Soprintendenze per i beni archeologici di Salerno, Avellino,
Benevento e Caserta e per i beni architettonici, paesaggistici, storici,
artistici ed etnoantropologici di Caserta e Benevento, attualmente
dirette dalla dott.ssa Adele Campanelli e dall’arch. Paola Raffaella
David.
* Architetto
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Il 27 settembre scorso abbiamo incontrato mons. Mario Iadanza, Vicario Episcopale
per la Cultura e i Beni Culturali dell’Arcidiocesi
di Benevento, il quale accompagnandoci in una visita esclusiva in Cattedrale, ci ha illustrato con questa
intervista gli interventi e le opere di riqualificazione che
hanno interessato, in questi anni, il Duomo.
“I lavori riguardanti la Cattedrale, come è noto, sono cominciati nel maggio 2005, quando si diede avvio agli interventi
per una nuova pavimentazione: l’intento era quello di risolvere le problematiche connesse alle infiltrazioni di acqua. Fu,
quindi, preparato un progetto presentato alla Conferenza
Episcopale Italiana e finanziato con i fondi dell’otto per mille.
Per procedere bisognava interrogare la Soprintendenza
Archeologica perché si trattava di un’area sottoposta a vincolo, ma anche di un’area archeologicamente interessante al
centro della città.
La Soprintendenza fece qualche saggio, poi l’indagine
archeologica interessò tutta l’aula liturgica. Gli scavi si
sono prolungati nel tempo, anche con periodi di interruzione dovuti essenzialmente alla mancanza di
fondi, essendo la diocesi a doversi far carico delle
spese necessarie per l’indagine archeologica.
Sostanzialmente, da maggio 2005
gli scavi hanno
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avuto termine nel 2011.
Oltre ai contributi della diocesi stessa furono
stanziati fondi da parte della Ca.ri.p.lo.,
dell’Amministrazione Provinciale e del
Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Nel
frattempo però nasceva anche il problema di
come gestire le emergenze portate alla luce nel
corso degli scavi. Fu quindi elaborato un altro
progetto, questa volta di valorizzazione dei
ritrovamenti archeologici e delle testimonianze
archeologiche, presentato alla Regione
Campania e finanziato dalla stessa grazie alla
mediazione e al sostegno dell’Amministrazione Comunale di Benevento.
A questo punto si intersecavano due progetti:
uno finanziato dalla Cei, che si interessava della
nuova pavimentazione e dell’impianto di riscaldamento della Cattedrale; e quello finanziato
dalla Regione Campania, che interessava invece il percorso ipogeo che via via veniva ad essere delineato.
Volendo fare una sintesi di questo cammino,
attualmente abbiamo la Cattedrale con una
nuova pavimentazione e una serie di interventi,
tra cui la tinteggiatura interna ed esterna, un
nuovo impianto audio, un nuovo impianto di
illuminazione e una nuova soluzione tecnica di
impianto ad aerazione forzata in sostituzione
del previsto impianto di riscaldamento a pavimento che dopo gli scavi archeologici non è
stato più proponibile.
Questa lunga serie di interventi ha interessato
l’edificio, dove sono state anche riposizionate le
testimonianze lapidee che già appartenevano
alla ‘vecchia Cattedrale’ insieme a pezzi di
balaustre, poste là dove una volta c’erano gli
altari laterali, costruiti negli anni ’50-’60, oggi
rimossi poiché di nessuna valenza artistica.
L’apertura della Cattedrale al culto avverrà l’11
ottobre.
Per quanto riguarda la valorizzazione degli
scavi archeologici, sono stati individuati tre percorsi in accordo con la Soprintendenza
Archeologica. Il primo è in via di allestimento e
occorre ancora un po’ di tempo per ultimare le
didascalie e selezionare le testimonianze che,
sempre d’accordo con la Soprintendenza, si è
deciso di lasciare in loco per arricchire il percorso di visita, che sarà anche multimediale con
una serie di filmati delle parti non visitabili.
Per l’allestimento degli altri due percorsi si prevedono tempi più lunghi.
Il secondo percorso in ogni caso porterà ad una
taberna romana su via Torre, mentre il terzo in
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quella che fu l’area del Paradiso, un’area di
sepoltura dove vi erano le lapidi con incisi i
carmi sepolcrali, che però saranno poste nel
Museo Diocesano. Il Paradiso fu smantellato
con i lavori che interessarono la Cattedrale nei
secoli XII-XIII, quando fu costruita la facciata
che noi oggi vediamo.
Successivamente all’11 ottobre, data di riapertura al culto, un altro appuntamento è previsto
per il periodo prenatalizio, questa volta anche
con l’intervento delle autorità e soprattutto dei
finanziatori dei vari progetti, i rappresentanti di
Regione Campania, Soprintendenze, Ministero
Beni Culturali, Ca.ri.p.lo., Conferenza
Episcopale Italiana e Amministrazioni
Provinciale e Comunale. Per l’occasione sarà
riportato nella Chiesa Cattedrale l’antico organo
restaurato dalla ditta Mascione e saranno installate le nuove porte di bronzo realizzate dalla
‘Domus Dei’.
Le porte bronzee sostituiranno gli attuali portoni lignei e restituiranno alla Cattedrale lo splendore dell’antica porta centrale, la Janua Major,
così come si presentava prima che fosse gravemente danneggiata dai bombardamenti della
seconda guerra mondiale.
La nuova porta centrale, copia e integrazione
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della Janua Major, sarà riproposta con tutti i suoi 72 pannelli, completa dei cicli figurativi, così
come si presentava nel periodo anteguerra e sarà posizionata all’esterno come portone principale della Cattedrale; frutto di una minuziosa e fedele opera di riproduzione e di integrazione
e, allo stesso tempo, di una preziosa e difficile azione di recupero di documenti storici, artistici e
fotografici. Le due porte laterali, anch’esse costruite ex novo, saranno senza alcun ciclo figurativo.
L’antica e originale ‘Janua Major’ sarà, invece, sempre custodita all’interno della Cattedrale all’inizio dell’aula liturgica, così come è stato deciso nel 1999 a seguito dell’ultimo restauro.
Ma la Cattedrale ha assunto anche un nuovo aspetto per le memorie storiche in essa ricollocate.
Innanzitutto il sarcofago con le reliquie, che è un sarcofago strigilato del III secolo, riposizionato a cm 50 di altezza su due frammenti di colonna, mentre prima del 2005 era su basi molto più
alte di metri 1,20. È stato riposto all’ingresso dell’edificio sul lato sinistro.
Poi le tre statue di marmo anche queste sono state ricollocate al loro posto: le due statue che stanno all’ingresso della cappella del Santissimo, vale a dire di San Gennaro e San Barbato, del
XVIII secolo, volute dal cardinale Cenci; così come nella navata di destra, vicino all’altare
del Crocifisso, è stata riposizionata la statua di San Bartolomeo che è del XIV secolo.
Al suo posto è rimasto il Crocifisso dei carcerati del 1730 sul lato destro della aula liturgica.
Sono state altresì individuate e selezionate testimonianze che erano conservate nella
Cattedrale fino alla distruzione del settembre del 1943. Tra esse la memoria orsiniana del
Terzo Concilio Provinciale del 1693, la memoria della missione popolare di
Sant’Alfonso nel 1755, la memoria del cardinale Cenci che fece costruire l’altare
delle reliquie, la memoria orsiniana della costruzione dell’altare di San Filippo
Neri, al cui patrocinio Benedetto XIII attribuì la salvezza personale nel terremoto del 1688.
La stessa logica è stata seguita nella individuazione dei frammenti di balaustra che sono stati posti là dove una volta c’erano i sei altari, costruiti
negli anni ’50-’60. Ormai privi di valore liturgico, sono
stati demoliti perché privi anche di valore storico e culturale; al loro posto sono stati posizionati questi frammenti di balaustra che ritornano alla loro funzione.
Una scelta dal punto di vista storico e culturale assolutamente corretta, raccomandata oggi
dalla scienza del restauro, peraltro, sempre in
accordo con la Soprintendenza per i Beni
Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici
ed Etnoantropologici di Caserta e Benevento.
L’operazione di togliere gli altari e posizionarvi dinanzi questi frammenti di balaustra ha
anche arricchito i mosaici laterali, realizzati in
gran parte dal Gregorini negli anni ’60. Risulta
così più valorizzato anche l’Arco Trionfale
con i mosaici che rappresentano le storie di
Maria e dei due papi, Pio IX e Pio XII, dei
dogmi mariani (Immacolata Concezione e
Assunzione) opera di Elena Schiavi, anche
questi degli anni ’50-’60. A questo recupero di
memoria è connessa la collocazione di colonne di epoca romana, che appartenevano sicuramente ad un tempio pagano e che poi come
spesso avveniva furono riutilizzate per la
Basilica Cattedrale paleocristiana datata ai
secoli V-VI. In origine nella Cattedrale vi
erano 54 colonne, di cui ne abbiamo integre 8
che sono poste nella cappella del Santissimo;
le altre furono distrutte e ridotte in frammenti
dai bombardamenti del 1943. Nel dopoguerra
quando l’area fu sgombrata, i resti delle colonne distrutte furono portati presso il Teatro
Romano dove sono stati custoditi per lungo
tempo. Oggi alcuni di questi frammenti sono
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stati restaurati e riassemblati ed è stato quindi possibile ricostruire 4 colonne, riportate all’interno dell’edificio sacro e così posizionate: due all’ingresso dell’aula
liturgica poste su due ancoraggi che delimitavano
l’antica area sepolcrale esistita fino al XII secolo e
denominata il Paradiso; e due poste ai piedi del presbiterio per indicare quale direzione assumevano nell’area centrale le colonne di epoca romana.
Uno dei problemi più urgenti che è stato discusso tra
tecnici,
responsabili
dell’Arcidiocesi
e
Soprintendenze era la necessità di ridare alla
Cattedrale la sua memoria, di ‘restituire voce’ a questo edificio. Esso appariva freddo ed afono.
L’eliminazione di certo marmo di rivestimento laterale, l’eliminazione degli altari, la scelta di colori adeguati ha reso l’edificio più luminoso; inoltre, il posizionamento delle testimonianze ha permesso non solo
di rendere l’edificio più caldo e più accogliente, ma
soprattutto ha consentito il recupero della memoria: la
Cattedrale non è una costruzione ‘ex novo’ con una
cesura rispetto alla storia, anche religiosa, della città,
ma è un edificio rinnovato che ‘parla’ con un cuore
antico e una voce antica. Questa è stata la scommessa! Tocca agli altri dire se è riuscita o meno! Certo è
che maestranze, tecnici, S.E. l’Arcivescovo,
Soprintendenze e tutti coloro che sono stati coinvolti a
vario titolo e con varie responsabilità in questa vicenda hanno profuso impegno, intelligenza e professionalità.”
Anno della fede
L’11 ottobre il Santo Padre Benedetto XVI, in concomitanza con il cinquantesimo anniversario dell’apertura del
Concilio Vaticano II, ha indetto l’anno della fede.
Benevento si appresta a seguirne l’esempio con la riapertura, dopo 7 anni di lavoro, della Cattedrale “Santa Maria
Assunta”. In tale data avrà ufficialmente inizio il nuovo
anno pastorale 2012-2013. Seguire le orme del Santo
Padre significa testimoniare la propria fede in Gesù
Cristo e diventare testimoni credenti e credibili della
Parola. Esprimere la propria fede è mettersi alla sequela
di quel Cristo che ci ama infinitamente e profondamente
tanto da donare se stesso. Benevento, aprirà questo anno
dedicato alla fede, con l’inaugurazione della Cattedrale,
con una messa solenne alle ore 18, presieduta da monsignor Andrea Mugione, arcivescovo metropolita di
Benevento. L’11 ottobre, inoltre, sarà consegnato ufficialmente ai vicari zonali l’opuscolo contenente il programma pastorale per il 2012/ 2013, già inviato a tutte le
parrocchie. Nel libretto dal titolo “La parrocchia tra
annuncio e vita” sono riportate alcune indicazioni per il
lavoro da svolgersi nell’anno e, in linea generale, le attività a cui si è scelto di dare priorità a livello diocesano,
foraniale e parrocchiale. L’obiettivo è quello di rilanciare il ruolo delle comunità parrocchiali con un’attenzione
specifica, che riguarda il rapporto tra parrocchia e catechesi. Il programma verterà su tre elementi: catechesi,
cattedrale e anno della fede.
c.m.
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Gli stemmi degli Arcivescovi
Nella nuova pavimentazione del Duomo sono stati incastonati gli stemmi degli ultimi cinque Arcivescovi
che, a vario titolo, si sono interessati della Cattedrale a partire dalla ricostruzione del dopoguerra
L’Arcivescovo mons. Agostino MANCINELLI, nato il 4 luglio 1882 a Pontecorvo (Frosinone),
viene ordinato sacerdote il 30 luglio 1905. Riceve l’ordinazione episcopale il 30 giugno 1931.
Fa il suo ingresso a Benevento il 1° luglio 1936. Morì il 1° gennaio 1962.
A lui si deve la ricostruzione della Cattedrale dopo la seconda guerra mondiale. Terminata la
guerra nell’aprile 1945, dopo l’occupazione anglo-americana, si cominciò a parlare di riedificazione. Durante i bombardamenti, bersaglio fu anche il Duomo che venne completamente
distrutto tra il 14 e la notte del 15 settembre 1943. I lavori di ricostruzione vennero realizzati in
economia con i fondi per i danni causati dalla guerra. In accordo con la Commissione pontificia di arte sacra, diretta da mons. Celso Costantini, si decise di dare inizio ai lavori.
L’Arcivescovo mons. Raffaele CALABRÌA, nato l’11 dicembre 1906 a Lucera (Foggia), viene
ordinato sacerdote il 16 marzo 1929. Il 1° gennaio 1962 diviene Arcivescovo di Benevento. In qualità di presidente della Regione conciliare beneventana, fu membro del Consiglio permanente della
Conferenza Episcopale Italiana. Partecipò al Concilio Ecumenico Vaticano II dal 1962 al 1965;
venne nominato dalla Santa Sede nel 1965 Visitatore apostolico per le province meridionali dei
Frati Cappuccini. Morì il 24 maggio 1982 presso il Policlinico “Agostino Gemelli” di Roma e, in
ottemperanza alle disposizioni testamentarie relative alla donazione degli organi, gli vennero
espiantate le cornee. La salma trasportata a Benevento viene tumulata nella cripta della Cattedrale.
A lui è dovuta la riapertura del Duomo al culto dei fedeli il 29 giugno 1965. Si adoperò, con un
cospicuo fondo economico, per la costruzione del nuovo seminario sito in viale Atlantici.
L’Arcivescovo mons. Carlo MINCHIATTI, nato a Marsciano (Perugia), nella frazione di
San Valentino della Collina il 30 dicembre 1915. Ordinato sacerdote dall’Arcivescovo di
Perugia, mons. Giovanni Battista Rosa il 23 luglio 1939, ne divenne poi segretario particolare. Il 21 agosto 1982 il Santo Padre Giovanni Paolo II lo nomina Arcivescovo metropolita di Benevento, di cui prende possesso canonico il 17 ottobre 1982.
La sua dipartita è avvenuta l’11 aprile 1996 a Benevento; è seppellito nella Basilica “S.
Maria delle Grazie”. Il nome dell’Arcivescovo Carlo Minchiatti è legato alla consacrazione della Cattedrale il 18 dicembre 1987 e alla venuta del Beato Giovanni Paolo II a
Benevento il 2 luglio 1990 per la benedizione del nuovo seminario.
L’Arcivescovo mons. Serafino SPROVIERI, nato in San Pietro in Guarano (Cosenza) frazione San Benedetto, il 18 maggio 1939, viene ordinato sacerdote da mons. Aniello
Calcara, Arcivescovo di Cosenza, il 12 luglio 1953. Il 25 novembre 1991 il Santo Padre
Giovanni Paolo II lo nomina Arcivescovo metropolita di Benevento, conferendogli il
Pallio il 29 giugno 1992 nella Basilica Vaticana di San Pietro. Prese possesso
dell’Arcidiocesi il 1° febbraio 1992. Lascia Benevento il 3 maggio 2006 per sopraggiunti limiti di età. Diviene Arcivescovo emerito di Benevento il 24 giugno 2006. Mons.
Serafino Sprovieri avviò l’iter burocratico per ottenere il finanziamento dalla CEI per la
riqualificazione della Cattedrale i cui lavori iniziarono il 2 maggio 2005.
L’Arcivescovo mons. Andrea MUGIONE, nato a Caivano (Napoli), diocesi di Aversa, il 9 novembre
1940, viene ordinato presbitero nella Cattedrale di Aversa il 28 giugno 1964. Il 3 maggio 2006 Sua Santità
Benedetto XVI lo promuove alla sede metropolitana di Benevento. Prende possesso canonico
dell’Arcidiocesi il 24 giugno del 2006, ricevendo il 29 giugno successivo il Pallio nella Basilica Vaticana
di San Pietro. È vescovo delegato della Commissione Missionaria regionale. Nel decennio 1968-1978 ha
vissuto una esperienza missionaria in Venezuela, in qualità di viceparroco della parrocchia di S. Lucia in
Yaritagua, Stato di Yaracuy e diocesi di San Felipe. Ha seguito tutti i lavori di riqualificazione della
Cattedrale “Maria Santissima Assunta” dal suo ingresso in Diocesi fino all’ 11 ottobre 2012, data in cui
parte l’Anno della fede, indetto dal Sommo Pontefice e che segna anche la data della riapertura al culto
del Duomo di Benevento.
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Diverse testimonianze riguardanti la Cattedrale dei secoli XVII-XX sono state individuate, selezionate, in parte restaurate e ricollocate lungo i muri perimetrali del sacro edificio.
Settore del Cardinale Vincenzo Maria Orsini
(Benedetto XIII)
Entrando nella Cattedrale a destra si può ammirare lo
stemma dell’Orsini con capitello sul quale si trova un’iscrizione a memoria del restauro di 39 colonne effettuato dopo i terremoti che colpirono la città nel 1688 e
1702. Nella stessa area è collocata la lapide che ricorda il III Concilio Provinciale del 1693 tenuto dall’Orsini
(Foto 1)
All’inizio della navata destra si trova una lapide concernente la recita dell’ufficio della Madonna, in determinate festività, da parte del collegio dei Mansionari;
in basso un’ altra lapide riguarda la promozione del
canto sacro da parte dell’Arcivescovo card. Orsini
(Foto 2)
Mosaici laterali risalenti agli anni Sessanta, del
Gregorini, raffigurano la Madonna di Pompei, lo sfondo in oro del Cristo dei liberati, la Sacra Famiglia.
Laddove una volta c’erano i sei altari, costruiti negli
anni ’50-’60, sono stati posti frammenti di balaustra.
Gli altari, ormai privi di valore liturgico, sono stati
demoliti perché mancanti anche di valore storico e culturale.
Questa soluzione è stata adottata anche per il lato
sinistro della Cattedrale (Foto 3)
Lungo la parete destra del tempio apre le braccia un
crocifisso in legno policromo del 1730: il Cristo dei
liberati. Ai suoi piedi veniva graziato un condannato.
La confraternita del Santissimo Sacramento aveva il
diritto di andare a chiedere al Governatore pontificio la
liberazione di un carcerato che, proprio il venerdì
santo, nel giorno sacro della morte di Cristo, per rinomatissimo privilegio concesso da Paolo V nel 1605 e
successivamente confermato nel 1724 da Papa
Orsini, Benedetto XIII, e Papa Lambertini, Benedetto
XIV, nel 1740, veniva liberato (Foto 4)
San Bartolomeo statua marmorea del XIV secolo,
forse di Nicola da Monteforte, lo stesso scultore del
celebre ambone. Il santo patrono, in seguito alla traslazione delle sue reliquie da Lipari nel IX secolo da
parte del principe longobardo Sicardo, appare “rigido
nella sua grandiosità, dalla testa eretta con una selva
di capelli ricciuti e con una barba a cordoni fluente sull’ampia veste che gli avvolge il corpo con larghe pieghe” (Mario Rotili). Nella destra regge il coltello segno
del suo martirio mentre poggia la mano sinistra sul
libro dei Vangeli (Foto 5)
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schede
Ricollocato sul lato sinistro all’ingresso della
Cattedrale, il sarcofago a vasca del III secolo d.
C., di epoca romana, scampato alla distruzione
bellica della seconda guerra mondiale, è decorato
frontalmente da strigilature e da due rare teste di
Gorgone che mostrano tra la capigliatura ali di
uccello mentre due serpenti si attorcigliano sul
collo. Nel 1988 il sarcofago torna ad accogliere le
reliquie dei santi, già depostevi da Orsini il 10
novembre del 1687. Inizialmente posizionato sotto
all’altare fu posto prima del 2005 all’ingresso della
Cattedrale. Oggi è stato scelto di posizionarlo a 50
cm di altezza su due frammenti di colonne.
Dietro al sarcofago una lapide ricorda l’elenco
delle reliquie presenti al suo interno. Una seconda
è la memoria di Orsini che fece inserire le reliquie
in 20 cassette. Una terza lapide evoca la ricognizione di mons. Carlo Minchiatti. (Foto 6)
Mosaici laterali realizzati nel 1961-1962 dal
Gregorini raffigurano S. Agostino voluto da mons.
Mancinelli che si chiamava Agostino, l’Addolorata,
il Sacro Cuore (Foto 7)
La cappella del Santissimo Sacramento è di stile
neoclassico. Entrando fanno bella mostra di sé 18
colonne di marmo pario, scanalate con capitelli
dorici, otto di queste superstiti dell’antica cattedrale, le altre sono state realizzate nel secondo dopoguerra.
All’ingresso della cappella vi sono due statue: S.
Barbato e San Gennaro, opere settecentesche
volute dal cardinale Serafino Cenci.
All’interno della cappella del Santissimo
Sacramento il Cristo Risorto in bronzo con raggiera opera recente del maestro Giuseppe Di Marzo.
Notevole il paliotto in marmo statuario dell’altare,
di un ignoto scultore napoletano del XVIII secolo,
seguace di Giuseppe Sammartino; rappresenta
‘L’Adorazione dei pastori’ secondo modi che richiamano la produzione presepiale partenopea. Nella
parte centrale Gesù Bambino adagiato sulla paglia
nella mangiatoia, a proteggerlo l’abbraccio della
Vergine e lo sguardo attento di San Giuseppe. Un
pastore rivolto verso il Bambinello è in ginocchio in
segno di adorazione (Foto 8a - Foto 8b)
Ad arricchire ed impreziosire la testimonianza storica dell’edificio sacro, la collocazione al suo interno di colonne di epoca romana, che appartenevano sicuramente ad un tempio pagano riutilizzate
per la Basilica Cattedrale paleocristiana che è
datata ai secoli V-VI.
In origine erano state adoperate 54 colonne, di cui
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integre 8 che sono poste nella cappella del
Santissimo; le altre furono distrutte e ridotte in
frammenti dai bombardamenti del 1943.
Successivamente, quando l’area fu sgombrata, i
resti furono portati presso il Teatro Romano dove
sono stati custoditi per lungo tempo.
Oggi alcuni di questi frammenti sono stati restaurati e riassemblati ed è stato quindi possibile ricostruire 4 colonne riportate all’interno dell’edificio
sacro e così posizionate: due all’ingresso dell’aula
liturgica poste su due ancoraggi a delimitare l’antica area sepolcrale esistita fino al XII secolo, a
ricordare il Paradiso; e due poste ai piedi del presbiterio per indicare quale direzione assumevano
nell’area centrale le colonne di epoca romana
(Foto 9)
La navata principale e le due laterali si interrompono all’altezza del presbiterio creando l’Arco
Trionfale, decorato con i mosaici con un fondo a
tessere dorate. Essi raffigurano le storie di Maria e
dei due papi, Pio IX e Pio XII, dei dogmi mariani
(Immacolata Concezione e Assunzione). Opera
dell’artista di scuola veneziana Elena Schiavi e
realizzati negli anni ‘50 e ‘60 (Foto 10)
Le porte bronzee sostituiranno gli attuali portoni
lignei e restituiranno alla Cattedrale lo splendore
dell’antica porta centrale, la Janua Major, così
come si presentava prima che fosse gravemente
danneggiata dai bombardamenti della seconda
guerra mondiale.
La nuova porta centrale, copia e integrazione della
Janua Major, sarà riproposta con tutti i suoi 72
pannelli, completa dei cicli figurativi, così come si
presentava nel periodo anteguerra e sarà posizionata all’esterno come portone principale della
Cattedrale; frutto di una minuziosa e fedele opera
di riproduzione e di integrazione e, allo stesso
tempo, di una preziosa e difficile azione di recupero di documenti storici, artistici e fotografici.
Le due porte laterali, anche’esse costruite ex
novo, saranno senza alcun ciclo figurativo.
L’antica e originale ‘Janua Major’ sarà, invece,
sempre custodita all’interno della Cattedrale all’inizio dell’aula liturgica, così come è stato deciso nel
1999 a seguito dell’ultimo restauro.
La ‘Janua Major’, opera straordinaria di grande fattura è stata definita dallo storico dell’arte Adolfo
Venturi (1856-1941) ‘Il più bel poema della civiltà
romanica meridionale’ (Foto 11)
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