Le famiglie contemporanee
di
Francesco Colacicco
Le trasformazioni del sistema familiare
1(4)
Le famiglie in Europa non assumono più la forma tradizionale;
così è anche in Italia, dove più della metà non sono più di tipo
tradizionale. In particolare vanno rilevati:
1. Il diffondersi delle convivenze anche nel nostro paese (unioni libere,
famiglie di fatto): una quota crescente di coppie sceglie di non
istituzionalizzare l’unione;
2. Il diffondersi delle famiglie monogenitoriali (un genitore vive con un
figlio), in parte originate anche dalle vedovanze;
3. La crescente instabilità coniugale (separazioni e divorzi).
Molte coppie, sempre più provenienti da precedenti esperienze
matrimoniali, tendono a non mettere su famiglia e sviluppano una
forma di intimità a distanza.
Si organizzano sistemi famigliari dove la madre è l’elemento fisso ed il
padre quello variabile; per i figli aumentano le figure femminili al loro
fianco.
Le coppie vanno al matrimonio un po’ più tardi ma, in prevalenza,
restano senza figli per poco tempo e concentrano la loro nascita nei
primi anni.
2
Le trasformazioni del sistema familiare
2(4)
Mentre negli anni ‘50 la donna concludeva la fase procreativa
intorno ai 40 anni, tra gli anni ’80 e ‘90 smette di fare figli verso i 30,
con la conseguenza che dopo non più di 10 anni la fase di
allevamento dei bambini è da ritenersi conclusa. Segue una fase
centrale prolungata con gli stessi figli, di durata non inferiore ai 20
anni: c’è, prima, un allungamento del periodo educativo che va oltre
l’età scolare dei figli, senza nuovi ingressi e una compresenza, poi,
di due generazioni di adulti (famiglia con adolescenti e famiglia con
giovani adulti).
La fase di coppia anziana si determina in corrispondenza dell’uscita da
casa dell’ultimo figlio: si apre una nuova e lunga stagione della
coppia.
Con la morte di uno dei due partner la famiglia entra nella fase finale
del suo ciclo, quasi sempre dominata dalla solitudine. I dati statistici
ci dicono che mentre gli uomini vivono l’ultimo periodo della vita
dentro la relazione di coppia, le donne vivono da sole e si
appoggiano, per far fronte al proprio decadimento fisico, soprattutto
ai figli.
E’ qui, così come nell’età dell’allevamento dei figli, che si riscontra con
più facilità come i legami familiari non abbiano a che fare solo con
gerarchie e confini, ma anche con cura e lealtà e come si fondino
sul sistema del dono: per i figli questa è la fase della restituzione. 3
Le trasformazioni del sistema familiare 3(4)
Famiglia allungata, famiglia-clan, famiglia infinita. Complice anche
la crisi, 7 milioni di under 35 continuano a coabitare con i genitori,
rimandando sine die lo svincolo. E’ un fenomeno tipicamente
italiano ma la percentuale dei giovani che resta a casa con i genitori
cresce anche in Europa, ad esclusione di Francia ed Inghilterra. Si
riscrivono così le regole di convivenza oscillando tra fusione e
individuazione, tra affiliazione e autonomia. Si vive in palazzine o
villette unifamiliari a più piani, con più generazioni.
I genitori … la famigliona protegge, dà calore ma può anche soffocare.
Anche quando lasciano casa i giovani continuano ad abitare vicino i
loro genitori (fanno parte dell’organizzazione della nuova famiglia).
Vivere sotto lo stesso tetto significa accudimento assiduo e protratto
nel tempo … tutto viene rinegoziato: la vita sessuale, dormire fuori,
aiuti economici … non si impongono orari per il pranzo o per la
cena, il fidanzato dorme in casa … cambiano, talvolta scompaiono, i
rituali … i genitori si fanno carico di tutto, sostengono le generazioni
più giovani. Nonni, figli, figli/genitori, nipoti, zii, generi, nuore …
4
La generazione di mezzo, tra giovani e anziani … è sovraccaricata.
Le trasformazioni del sistema familiare
4(4)
Non si fanno figli se i giovani non trovano un impiego stabile e allora
rimangono a casa (quasi la metà dei giovani fra i 30 e 34 anni,
soprattutto maschi, vive ancora in casa).
Attualmente si registra una ripresa lenta e prudente delle nascite,
dovuta soprattutto al contributo delle coppie straniere e a un
aumento delle nascite fuori dal matrimonio.
Il tasso di fecondità è salito e coppie non più giovani, che hanno
aspettato fino a un lavoro stabile e a una casa, non rinunciano
all’idea di avere figli: cresce il numero delle mamme sopra i 40 anni.
L' invecchiamento delle madri è un fenomeno che si sta consolidando,
è la scelta di donne che hanno alzato il loro livello d' istruzione e che
dopo aver finito gli studi privilegiano la ricerca di un lavoro. E’ una
nuova tendenza, tuttavia la percentuale di bambini che nascono da
donne mature rimane ovviamente molto bassa. Nonostante sia
intorno ai 30 anni che la donna italiana fissa, in media, la nascita del
primo figlio, la maggior parte delle nascite è dovuta a ragazze sotto
i 24 anni.
5
Le funzioni del sistema famigliare
Il sistema familiare si è trasformato:
anche se assolve a determinanti funzioni nell’assistenza ai malati, ai vecchi,
nella cura ed educazione dei bambini, nell’organizzazione del tempo libero
ed ancora nella trasmissione delle proprietà
ha perso o modificato alcune funzioni assolte dalla vecchia struttura:
quelle produttive, espressive (attraverso l’uso del tempo libero),
dell’istruzione, più in generale quelle socioeconomiche,
riducendo così il suo ruolo pubblico.
Si è però specializzato nelle funzioni residue che gli competono,
quelle relative al suo ruolo privato,
svolgendole in modo tecnicamente più efficiente:
•Il processo di socializzazione primaria del bambino
attraverso l’interiorizzazione della cultura
•La stabilizzazione della personalità dei membri adulti

Queste due funzioni sono collegate, la prima può essere assolta se il
bambino, nelle primissime fasi del suo sviluppo, può investire le sue risorse
emozionali impegnandosi, in modo quasi esclusivo,
nel rapporto con l’adulto “significativo”
Ricorso ai servizi sociosanitari
Il ricorso ai servizi sociosanitari cresce
quanto più si scende dallo status sociale alto a quello basso.
Le classi sociali più elevate utilizzano di più i servizi specialistici e di
counseling, mentre la medicina generica, i ricoveri e l’uso dei servizi
pubblici territoriali sono proporzionalmente più diffusi nelle classi
sociali più basse (un’analoga tendenza si riscontra a livello del
territorio: ai servizi del primo tipo ci si rivolge soprattutto nelle grandi
città, al medico generico nei piccoli centri).
Contemporaneamente si sono intrecciati due fenomeni:
• Il sorgere di agenzie e servizi pubblici e privati, gruppi di volontariato
e comunitari, per assolvere ad una serie di compiti assolti in
precedenza dalle famiglie
• La tendenza a chiedere ai servizi il soddisfacimento di una gamma
sempre più vasta di bisogni che riguardano l’area dei servizi alla
persona

contribuendo alla diffusione del welfare state
… sistema attualmente in difficoltà

• La questione attuale è non sostituire la famiglia, ma trovare nuove
forme di comunicazione, integrazione, collaborazione tra famiglie e 7
servizi, tra famiglie e agenzie di socializzazione
La questione genitoriale
• i genitori troppo spesso vivono in una dimensione individuale, per
cui i figli non riescono a cogliere il senso del rapporto di coppia; si
perde il senso della differenza generazionale e i figli sono vissuti
come dei fratelli rivali dai quali non farsi sovrastare; c’è un
ripiegamento narcisistico degli adulti e un’assenza di investimento
sui bambini con il conseguente abbandono dei figli

Secondo Bowlby il neonato interiorizza la madre in quanto figura di
nutrimento, accudimento e protezione, ma interiorizza anche il
concetto che essa ha di lui in quanto oggetto da nutrire: questo gli
permette di assumere verso di sé o verso un terzo il ruolo di lei.
Questa capacità è qui deficitaria
Poichè nella nostra società il sottosistema che svolge la funzione
genitoriale è abitualmente la coppia coniugale se ne consegue che
le caratteristiche del ruolo genitoriale, il tipo e la qualità della
vita familiare sembrano determinati:
a) dalle esperienze dei genitori nello sviluppo della loro infanzia e
b) dalla relazione coniugale che si è strutturata

la questione genitoriale
8
Compiti genitoriali
I genitori devono:
• essere capaci di promuovere intimità psicologica
e senso d’appartenenza al gruppo familiare, di
creare il clima affettivo ed emotivo adatto a
favorire lo sviluppo psicologico dei figli
• permettere l’individuazione (senso di percezione
dei propri pensieri, sentimenti e azioni) dei propri
figli, l’accettazione delle differenze individuali, il
coinvolgimento col mondo esterno
Tutto questo non riesce nelle famiglie
multiproblematiche
9
Le famiglie multiproblematiche
Perché si tratta spesso di famiglie multiproblematiche e che cosa
si intende per famiglie multiproblematiche?
Negli anni 50/60 la famiglia multiproblematica venne definita come un
gruppo che attraverso i suoi vari componenti è in contatto con
un’ampia varietà di servizi, agenzie e istituzioni, cui vengono
richiesti interventi multipli o a lungo termine

Ben presto:
emerse che un funzionamento familiare problematico e un
funzionamento dei servizi sociosanitari inadeguati possono essere
visti come due facce della stessa medaglia
si generò l’ipotesi che famiglie multiproblematiche allevano famiglie
multiproblematiche: pattern comportamentali problematici
verrebbero trasmessi dalla famiglia dei genitori a quelle dei figli
si verificò che negli adolescenti, specie di sesso maschile, risulta alta la
frequenza di dropping-out rispetto agli studi e di problemi con la
giustizia (con comportamenti violenti e aggressivi in famiglia)
si osservò una maggiore esposizione ad eventi paranormativi
(separazioni, malattie, licenziamenti, trasferimenti forzati di
abitazione, … eventi traumatici) delle famiglie multiproblematiche
che, sovraccaricate, entrano facilmente in crisi: sono sempre
10
sull’orlo di un precario equilibrio
Il dinamismo psicologico delle Famiglie Multiproblematiche
Lo sviluppo dei comportamenti sintomatici si verifica ai passaggi di fase
del ciclo di vita della famiglia, nelle prime fasi (formazione della
coppia, nascita e sviluppo dei bambini)
I comportamenti sintomatici sono efficaci nel bloccare il percorso
evolutivo ma non mantengono l’equilibrio precedente

Disorganizzazione e disgregazione del nucleo familiare

la situazione nel tempo si caratterizza per:
Inadempienza funzionale del sistema famigliare, non più in grado di
attendere ai suoi compiti organizzativi (sostegno economico,
casa, istruzione, crescita e cura dei figli, protezione dei membri
più deboli) e espressivi (gestione delle tensioni, nutrimento
emotivo dei piccoli, esigenze di intimità e stabilità affettiva dei
membri)
Ricerca e reperimento di esterni in grado di svolgere tali compiti

diminuzione progressiva di competenza

non arrivano quasi mai di loro iniziativa in terapia (polizia, vicini,
11
altri servizi)
Circolo vizioso dell’inadempienza funzionale
Inadempienza funzionale
Disorganizzazione
Intervento scoordinato dei servizi
Errore sostitutivo
12
Conclusioni 1(3)
Il coordinamento degli interventi consente anche una
migliore differenziazione tra i diversi livelli dell’intervento:
a. l’assistenza, la consulenza psicosociale e gli interventi
educativi si forniscono ad un livello di rapporto
immediato (sul territorio) con l’utenza; l’obiettivo
generale è favorire l’adempimento dei compiti
esistenziali da parte dei membri della famiglia attivando
le risorse del sistema (sia quelle interne che quelle
esterne del sistema); è il contesto di accoglimento delle
richieste, del consiglio, della responsabilizzazione ed
eventualmente, quando possibile, dell’orientamento
verso strutture dove realizzare interventi più specifici;
b. il sostegno terapeutico è un intervento da effettuare nel
contesto di servizio; obiettivo generale, è aiutare la
famiglia a superare le condizioni di blocco evolutivo del
sistema intervenendo su “lo spazio dei legami”,
attraverso la ricerca di patterns comportamentali più
adeguati.
13
Conclusioni
2(3)
L’intervento di rete
Vuol dire:
• Evitare di mettere in atto il processo di esclusione nei confronti di
queste famiglie, vissute da servizi ed operatori come troppo
ansiogene
• Che difficilmente gli interventi verranno dedicati all’intero sistema,
spesso si incontreranno solo alcuni pezzi della famiglia, che
risponderanno alle convocazioni degli operatori su logiche
prevalentemente interne alle dinamiche famigliari
• Che la costruzione del lavoro avviene col gruppo degli operatori
(che dovrebbero dotarsi di un supervisore, che li aiuti a districarsi
nelle diverse trame relazionali che si sviluppano con la famiglia, con
i servizi, tra la famiglia e i servizi; che li aiuti a gestire il forte
coinvolgimento emotivo che l’impatto con queste situazioni provoca
in loro; che li aiuti a pensare all’intervento con la giusta distanza
emotiva). I confini del tempo e dello spazio dell’intervento sono
variabili: è quasi impossibile pensare ad un setting ben strutturato.
14
Conclusioni
3(3)
• Infine, per gli amministratori:
E’ economicamente più vantaggioso per la
pubblica amministrazione finanziare un lavoro per
il cambiamento delle situazioni multiproblema
(intervento sociale di tipo terapeutico), per
sbloccarle, per mettere in crisi il circolo
dell’inadempienza e della inadeguatezza continua
dei servizi, che provvedere ad esse solo con
interventi economici e sociali di tipo assistenziale.
Attività come queste vanno progettate e finanziate.
15
L’ansia familiare
di
Francesco Colacicco
La storia della famiglia
• Lo psicoterapeuta sa che deve raccogliere non solo le notizie
anamnestiche, la storia dei sintomi e delle prescrizioni terapeutiche
ma anche e soprattutto la storia della famiglia (segnalando i
passaggi critici del ciclo di vita e le modalità di riorganizzazione del
sistema familiare), per formulare l’ipotesi di funzionamento del
sintomo (come funziona sul piano dell’economia psicologica
personale e del gruppo) ed impostare il progetto terapeutico.
• In conclusione, la valutazione psicopatologica non può fondarsi sulla
sola osservazione dei comportamenti sintomatici ma deve tenere
conto del tipo di strutture di personalità incontrate e del livello
acquisito dalle organizzazioni difensive, dell’interazione del soggetto
con la famiglia e l’ambiente.
• La varietà dei quadri clinici dipende da fattori legati all’età e al ciclo
vitale; dagli effetti dovuti alla combinazione prodotta dalle esigenze
personali; dai meccanismi difensivi, dalla disposizione; dalle
possibilità e dai limiti fisici e organici, dalle risposte dell’ambiente;
dalle caratteristiche strutturali dei disturbi di personalità, intesi come
un gruppo di disturbi del carattere e della personalità omogenei dal
punto di vista delle strutture cognitive e difensive.
Il significato dei sintomi
I terapisti familiari sanno che una famiglia
non trasforma il suo buon funzionamento in
un funzionamento molto scadente entro una
sola generazione, l’attenzione del clinico fin
dalla diagnosi non può perciò mai essere
rivolta ai soli disturbi mentali. Allargare l’area
della diagnosi alla storia e alle dinamiche
interpersonali della famiglia e dell’ambiente di
appartenenza del soggetto corrisponde allo
sforzo del terapista sistemico di conoscere la
storia familiare che a questi disturbi dà senso
e significati.
Differenziazione ed ansia
Secondo Bowen lo sviluppo di sintomi fisici, emotivi e
sociali in uno o più figli di una famiglia è influenzato
dalle stesse variabili che influenzano lo sviluppo di
sintomi negli adulti: il livello base di differenziazione
ed il livello di ansia cronica. Quanto più basso è il
livello di differenziazione di un figlio, tanto maggiore è
la sua vulnerabilità a sviluppare comportamenti
sintomatici:
• se si manifestano dei sintomi, possono presentarsi
mentre il figlio sta crescendo o nell’età dello svincolo;
• il figlio meno differenziato è quello più sensibile agli
aumenti dell’ansia familiare;
• quanto più basso è il livello di differenziazione, tanto
più il funzionamento di questo figlio dipende dal
sostegno emotivo della sua famiglia.
L’atmosfera emotiva familiare
•
•
La teoria dei sistemi non ritiene che i sintomi siano causati da una ‘malattia’
presente all’interno dell’individuo. La ‘malattia’ è considerata il sintomo di un
processo di relazione e questo processo di relazione è legato al sistema
emotivo familiare. In ogni famiglia c’è un’atmosfera emotiva creata dalle
reazioni emotive ed affettive, dagli atteggiamenti soggettivi, dai valori e dalle
credenze di ciascuno dei suoi membri. Questa atmosfera determina il livello
di differenziazione e, di conseguenza, il grado di adattabilità allo stress di
ogni figlio che cresce nella famiglia.
Le famiglie con un’atmosfera ‘pesante’ sono quelle poco differenziate, i
membri si sentono sovrastati dalla pressione intensa dei reciproci bisogni di
contatto … e si sentono soli, per via della distanza creata dalle reciproche
allergie ad un coinvolgimento eccessivo. Le persone sono interamente
controllate dal processo di relazione. I figli che crescono si trasformano in
ciò che le forze di coesione della famiglia stabiliscono. Le famiglie con
un’atmosfera ‘leggera’ sono invece quelle meglio differenziate, ma tra
‘pesante’ e ‘leggero’ c’è un continuum di posizioni. Quando il tono emotivo
di una relazione è negativo e il livello di differenziazione è basso, la violenza
fisica (genitori verso i figli, tra fratelli, figli verso i genitori) è piuttosto
comune.
La trasmissione generazionale
dell’ansia
•
•
Anche se i figli di una stessa famiglia raramente hanno livelli di
differenziazione identici, sviluppano tuttavia livelli base di differenziazione
piuttosto simili. La relazione che esercita la maggiore influenza diretta sul
livello base di differenziazione è quella con la persona che prevalentemente
si prende cura dei figli e questa nella maggior parte dei casi è la madre.
Il grado di dipendenza dalla relazione di un figlio è il prodotto dell’equilibrio
tra le forze che favoriscono e ostacolano la sua separazione emotiva dalla
famiglia. Quando un genitore e un figlio funzionano in modo da favorire la
separazione emotiva, la differenziazione viene mantenuta da una
generazione all’altra. Quando un genitore e un figlio funzionano in modo da
ostacolare la separazione, l’ansia e l’indifferenziazione dei genitori vengono
trasmesse alla generazione successiva. Questo processo di trasmissione
dell’indifferenziazione dai genitori a un figlio si chiama ‘processo di
proiezione familiare’. Lo sviluppo della differenziazione in un figlio è favorito
dalla capacità dei genitori di concentrarsi sul proprio funzionamento
(individualità) invece che sul funzionamento del figlio (coesione). Più i
genitori riescono a lavorare sulla propria differenziazione, più favoriscono la
differenziazione tra loro e tra loro e i figli.
Ansia
di
Francesco Colacicco
Patologia mentale
• Per definire patologico un comportamento umano sono
necessarie: l'infrequenza statistica (scarsa presenza dei
sintomi manifestati dalla persona afflitta dal disturbo nella
popolazione), la violazione delle norme sociali (se vìola le
norme sociali oppure se rappresenta una minaccia o una
fonte di ansia per gli altri), il disagio individuale (la
sofferenza individuale), l'incapacità o disfunzione
(menomazione del normale funzionamento di una persona,
per esempio una compromissione delle abilità sociali o
lavorative) e l'imprevedibilità (impossibilità di prevedere il
comportamento che ne deriva, ad es. nel caso dei disturbi
d'ansia la reazione di paura o di panico si verifica in maniera
imprevista, in assenza di reali segnali di pericolo). Esse
devono essere tutte quante presenti contemporaneamente,
altrimenti non si può parlare di patologia mentale.
I disturbi d’ansia
I disturbi d'ansia sono stati per lungo tempo considerati forme di
nevrosi, ovvero un insieme molto vasto di disturbi
caratterizzati da ansia non legata a ragioni obiettive.
Inizialmente vennero inseriti nel gruppo delle nevrosi disturbi
molto diversi fra loro, utilizzando come criterio diagnostico il
fatto che alla base di tutti vi fosse un problema di ansia
rimossa.
Col trascorrere del tempo diversi psicopatologi iniziarono a
mettere in discussione l'opportunità di mantenere in vita il
concetto di nevrosi, dato che era diventato talmente esteso e
onnicomprensivo da svuotarsi di ogni significato quale
categoria diagnostica. A partire dalla terza versione del DSM
(Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), e
specialmente nella quarta, le vecchie categorie delle nevrosi
vengono redistribuite tra nuove e più precise categorie
diagnostiche; fra queste i disturbi d'ansia.
Le categorie del DSM – Asse I
Il DSM propone sei categorie principali:
fobie,
disturbo di panico,
disturbo d'ansia generalizzato,
disturbo ossessivo-compulsivo,
disturbo post-traumatico da stress,
disturbo acuto da stress
Accade di frequente che un persona che soffre di un disturbo d'ansia manifesti
anche sintomi considerati parte di un altro disturbo d'ansia; in questo caso
si parla di comorbilità. Ciò dipende da due fattori: innanzitutto dal fatto che
i sintomi che rientrano in questa categoria di disturbi non sono
completamente specifici; per esempio i segni somatici dell'ansia
(sudorazione, battito cardiaco accelerato ecc.) sono comuni sia al disturbo
di panico, sia a quello d'ansia generalizzato che al disturbo post-traumatico
da stress. In secondo luogo, le teorie correnti circa l'origine dei disturbi
d'ansia sono applicabili a più di un disturbo (secondo alcuni, ad es.,
l'incapacità di controllare i fattori di stress in cui ci si imbatte è un aspetto
importante nell'origine sia delle fobie che del disturbo d'ansia
generalizzato).
I DISTURBI DI PERSONALITÀ
I disturbi di personalità possono essere considerati delle
espressioni estreme di caratteristiche che noi tutti
possediamo.
Le persone in grado di adattarsi efficacemente alle diverse
situazioni della vita tendono ad assumere una modalità
alternativa quando lo stile abituale risulta inefficace. Al
contrario, gli individui con un Disturbo di Personalità sono
rigidi e tendono a rispondere in modo inappropriato ai
problemi della vita fino al punto che le relazioni con i propri
familiari, gli amici e i colleghi di lavoro divengono difficoltosi,
insoddisfacenti , conflittuali o vengono sistematicamente
evitati. Tali modalità disadattive appaiono generalmente in
adolescenza o nella prima età adulta e tendono a rimanere
stabili nel tempo.
La maggior parte delle persone con un Disturbo di Personalità
risulta insoddisfatta e sofferente rispetto alla propria
esistenza, inoltre, presenta numerosi problemi interpersonali
sul lavoro o nelle situazioni sociali.
I tre cluster – DSM, Asse II
Sono molto frequenti sintomi depressivi, ansia, abuso di sostanze o
disturbi alimentari. I soggetti con un Disturbo di Personalità sono
ignari che il loro pensiero o i propri modelli di comportamento
sono inappropriati e disfunzionali: quindi, tendono a non
cercare l’aiuto di uno specialista. Invece, possono essere
segnalati ai servizi psichiatrici dai loro amici o dai membri della
famiglia dal momento che il loro comportamento causa significative
difficoltà ad altre persone. Quando cercano aiuto autonomamente
generalmente questo avviene a causa dei problemi quotidiani
generati dal loro Disturbo di Personalità, o a causa di sintomi
disturbanti quali ad esempio: ansia, depressione o abuso di
sostanze; in questi casi, comunque, tendono a ritenere che i loro
problemi siano causati dalle altre persone o dalle circostanze della
vita sulle quali non ritengono di avere controllo.
Vengono raggruppati in tre Cluster (Insiemi):
Cluster A: disturbi di personalità caratterizzati da condotte
strane o eccentriche.
Cluster B: comportamenti drammatici o eccentrici.
Cluster C: condotte ansiose o inibite.
Fanno parte del primo gruppo il disturbo paranoide, schizoide e
schizotipico; nel secondo gruppo rientrano il disturbo antisociale,
borderline, istrionico e narcisistico; nel terzo gruppo troviamo il
disturbo evitante, dipendente e ossessivo-compulsivo.
Gruppo C: ansioso/timoroso
(1/3)
Il disturbo evitante di personalità: tale
disturbo affligge le persone acutamente sensibili
anche solo all'eventualità di essere criticate o
disapprovate e che sono perciò riluttanti ad allacciare
relazioni interpersonali, a meno che non abbiano la
certezza di essere apprezzate. Se gli altri dimostrano
simpatia nei loro confronti, le personalità evitanti
tendono a dubitare della loro sincerità. Nelle
situazioni sociali questi individui sono inibiti dalla
paura di dire qualche sciocchezza o di trovarsi in
grave imbarazzo per via del rossore o di altri segni
d'ansia che possono manifestare. Si ritengono
incompetenti e inferiori agli altri, esagerano i rischi, i
pericoli o le difficoltà connessi al fare qualcosa di
estraneo alla loro solita routine.
Gruppo C: ansioso/timoroso
(2/3)
Il disturbo dipendente di personalità: i soggetti affetti da disturbo
dipendente di personalità si caratterizzano per mancanza di sicurezza e fiducia
in sé, e per eccessivo bisogno di essere accuditi, che si manifesta attraverso
un comportamento sottomesso e adesivo. Questo bisogno fa sì che si sentano a
disagio se lasciati in solitudine, e spesso si preoccupano eccessivamente all'idea
di doversi prendere cura di se stessi. Essi infatti lasciano agli altri la
responsabilità di decidere della loro stessa vita, preferendo non fare scelte
perché temono di perderne l'approvazione, e arrivano a compiere azioni
sgradevoli pur di essere guidati e accuditi. Si mostrano sempre d'accordo con
tutti, anche nel momento in cui sono consapevoli del fatto che gli altri stiano
sbagliando, e hanno grosse difficoltà nell'intraprendere di propria iniziativa
qualsiasi attività, presentando quindi grandi difficoltà nella vita quotidiana,
dovendo sempre essere consigliati e rassicurati.
Spesso subordinano i propri bisogni a quelli degli altri, poiché pensano che
agendo altrimenti potrebbero rovinare le relazioni che hanno costruito, e nel
momento in cui una relazione intima termina, ne cercano immediatamente una
nuova con cui sostituire la precedente. I soggetti affetti da questo disturbo
mostrano sfiducia nelle proprie capacità, pratiche e di giudizio. Il disturbo si
manifesta maggiormente nelle donne, probabilmente a causa delle differenti
esperienze di socializzazione infantile rispetto agli uomini . Il disturbo dipendente
di personalità si manifesta frequentemente insieme al borderline e a quello
Gruppo C: ansioso/timoroso
(3/3)
Il disturbo ossessivo-compulsivo di personalità: la
personalità di questo tipo è caratterizzata da perfezionismo e
preoccupazione per i minimi dettagli e dall'osservazione scrupolosa
di regole, orari e via dicendo. Queste persone prestano così tanta
attenzione ai piccoli particolari da non riuscire mai a portare a
termine un progetto. Si tratta di soggetti orientati più verso le
attività lavorative che verso quelle piacevoli, i quali hanno enormi
difficoltà a prendere decisioni per paura di sbagliare e ad
organizzare il proprio tempo per il timore di concentrasi sulla cosa
sbagliata. Spesso le loro relazioni personali sono scadenti, perché
sono ostinati ed esigono che tutto venga fatto a modo loro. In
genere sono seri, rigidi, formali e inflessibili, soprattutto su
argomenti di natura morale. Non riescono a liberarsi di oggetti ormai
vecchi e inutili, anche quando sono privi di qualsiasi valore affettivo;
spesso sono avari e taccagni e vivono al di sotto delle loro
possibilità. Il disturbo ossessivo-compulsivo di personalità si
distingue dal semplice disturbo ossessivo-compulsivo per la
mancanza delle ossessioni e delle compulsioni tipiche di
quest'ultimo. Esso presenta un'elevata comorbilità con il disturbo
evitante di personalità.
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