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1
edizioni
del
Centro Studi Libertari
Camillo Di Sciullo
Chieti 2009
La riproduzione totale o parziale è permessa
a tutti sotto la condizione della fedeltà
al testo e della indicazione della fonte
C.S.L. Di Sciullo
casella postale 86
66100 Chieti
2
Edoardo Puglielli
ANTICLERICALISMO E LAICITÀ
NEL SOCIALISMO AQUILANO
1894-1914
nota introduttiva di Raffaele Colapietra
Centro Studi Libertari
Camillo Di Sciullo
3
Tavola delle abbreviazioni
Abbreviazioni archivistiche
ACS
Archivio centrale dello Stato
MI
Ministero dell’Interno
PS
Direzione generale della pubblica sicurezza
Dagr Divisione affari generali e riservati
CPC Casellario politico centrale
ASAq
Archivio di Stato dell’Aquila
Abbreviazioni bibliografiche
BdA1
L. BETTINI, Bibliografia dell’anarchismo. Vol. I, tomo 1. Periodici
e numeri unici anarchici in lingua italiana pubblicati in Italia (1872-1971), Crescita Politica, Firenze, 1972
DBAI
Dizionario Biografico degli Anarchici Italiani, diretto da M.
Antonioli, G. Berti, S. Fedele, P. Iuso, 2 voll., BFS, Pisa, 2003-2004
MOIDB
Il movimento Operaio Italiano. Dizionario Biografico: 1853-1953, a
cura di F. Andreucci, T. Detti, 5 voll., Editori Riuniti, Roma, 1975-1979
SPAM
L. PONZIANI, Due secoli di stampa periodica abruzzese e molisana,
Interlinea, Teramo, 1990
«Rassfr»
«Rivista Abruzzese di Studi Storici dal fascismo alla Resistenza», L’Aquila
Altre abbreviazioni
a., aa.
b.
cat.
f.
n.
p., pp.
vol., voll.
anno, anni
busta
categoria
fascicolo
numero
pagina, pagine
volume, volumi
Sigle e forme abbreviate usate nel testo
AIL
FIL
FNISM
OdG
PS
PSI
SFI
UNM
Associazione internazionale dei lavoratori
Federazione italiana del libro
Federazione nazionale insegnanti scuole medie
Ordine del giorno
Pubblica sicurezza
Partito socialista italiano
Sindacato ferrovieri italiani
Unione nazionale magistrale
Indice dei periodici
-
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«Il Foglio Anarchico», Individualista, Aquila, aa. 1907-1908
«Il Germe», Periodico Settimanale di Propaganda Socialista, nel 1907 Giornale quindicinale socialista, Sulmona, aa. 1902-1907
«L’Abruzzo Radicale», Organo dei Radicali Abruzzesi, Aquila, aa. 1904-1905
«L’Avvenire», Organo dei Lavoratori Abruzzesi dal 1894; «L’Avvenire della
Democrazia» nel 1895; Organo dei Socialisti Abruzzesi dal 1899; Organo dei
Socialisti del Collegio di Aquila dal 1903
Edoardo Puglielli, nato nel 1977, è insegnante, Cultore della materia in Pedagogia Interculturale presso la Facoltà di Scienze della
Formazione dell’Università degli Studi dell’Aquila, autore di studi
sulla pedagogia libertaria e sul movimento anarchico e sindacale.
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NOTA INTRODUTTIVA
Edoardo Puglielli. L’autoeducazione del maestro, pensiero e
vita di Umberto Postiglione (1893-1924), Centro Studi Libertari
Camillo Di Sciullo, Chieti, luglio 2006, pp. 128; Battaglie e
vittorie dei ferrovieri abruzzesi, Sulmona, L’Aquila, Castellammare,
Avezzano, 1894-1924, idem, dicembre 2006, pp. 190;
Anticlericalismo e laicità nel socialismo aquilano (1894-1914),
bozze di stampa.
Puglielli (o piuttosto Edoardo, come ama chiamarsi e farsi chiamare, non soltanto per moda giovanilistica) è, per l’appunto, un giovane di trent’anni che da Popoli (Pratola Peligna!) rinverdisce una tradizione sovversiva protrattasi attraverso l’intero Novecento da Nerino Fracasso a Natale Camarra con al centro la personalità emblematica di Nicola Costantini: e la rinverdisce non soltanto grazie alla concreta militanza libertaria ma alla luce di un’attività di ricerca assolutamente torrenziale, come ho voluto sottolineare mediante le
insolite precisazioni cronologiche dell’intestazione della presente nota.
La quale nota ho preferito sostituire alla prefazione che
Edoardo, con stima e con rispetto (sono i sentimenti che
continuano a manifestarmi tanti giovani, spesso anonimi, e
che mi ripagano delle amarezze inflittemi da questa nativa
regione nella quale, checché ne fantastichi Umberto Dante,
ho non già il privilegio ma la disgrazia di vivere) mi aveva
sollecitato per il suo ultimo lavoro, che perciò mi ha presentato in bozze, accompagnandolo con un paio di pubblicazioni dei mesi precedenti che, si badi, non sono le uniche, ma
si inseriscono in un gruppo consistente sempre animato da
spirito anarchico, rivendicativo e protestatario.
Ed ho preferito fare così per poter richiamare l’attenzione di un meno esiguo pubblico su questa produzione, che
esiste e vigoreggia in Abruzzo, oggi che alla classica Samizdat
pescarese si è affiancato un centro studi chietino dovero-
7
samente intitolato a Di Sciullo, senza che da parte
dell’ufficialità accademica ed istituzionale in genere si mostri per essa quella cura che sarebbe altrettanto doverosa ed
indispensabile, al di là della carenze molteplici e gravissime
che non sarò certo io, con la stima e col rispetto che ricambio di gran cuore agli amici sovversivi, a mancare di rilevare.
Ho già usato un paio di volte, e credo di dover adoperare
per tutta l’intera atmosfera che ci concerne, come del resto
fa più volte lo stesso Edoardo, il termine sovversivo ad
omnicomprendere, per così dire, le svariate sfumature che
l’atmosfera medesima presenta e quasi ostenta, e che già in
seno all’anarchismo risultano visibilissime, per estendersi poi,
storicamente parlando, all’intransigentismo più o meno rivoluzionario, al sindacalismo, al mussolinismo, al massimalismo, a certe forme di comunismo, di fascismo, di dannunzianesimo, e chi più ne ha più ne metta, tutti alla meglio
tenuti insieme da quella aspirazione radicale a subvertere, al
mettere sottosopra, senza poi trovarsi neppure lentamente
d’accordo sul che cosa edificare, con la quale etichetta non
a caso era la polizia a tenerli formalmente insieme un po’
tutti, come qualcosa di latamente negativo, di genericamente pericoloso, che per il momento non si poteva e non si
doveva fare altro, da Bakunin a Malatesta, ma non soltanto a
loro, che reprimere indiscriminatamente.
In quest’ambito, per tornare all’Abruzzo, e per limitarci
alla ricca fioritura dell’ultimo decennio, segnaleremo le ricerche sulla presenza anarchica nell’aquilano (Cicolani
1997), sugli anarchici abruzzesi nel periodo giolittiano (Calice 1998), su Carlo Tresca (autori vari 1999), su internazionalisti e repubblicani in Abruzzo 1865-1895 (Di Leonardo e
Bentivoglio 1999), su Virgilia D’Andrea (Piccioli 2002), sull’Abruzzo “rosso e nero” (Puglielli 2003), su Camillo di Sciullo
(Palombo 2004), su Luigi Meta (Puglielli 2004), alla quale
va aggiunta quanto meno la recente indagine marsicana su
Francesco Ippoliti.
Balza subito all’attenzione l’assenza della figura senza
paragone più rappresentativa dell’anzidetto sovversivismo,
anche se torbida e burrascosa ben al di là della lineare e
solida robustezza con cui Di Sciullo, tanto per fare il più cospicuo esempio, ha sviluppato il pensiero libertario, non
esclusivamente sulle colonne dell’eccellente, interessantissimo foglio che reca quel titolo.
Intendo riferirmi, si capisce, ad Ettore Croce, e non sol-
8
tanto al tribuno, ma anche e soprattutto all’editore, al promotore di cultura in senso lato, il cui compito di propaganda e mediazione su orizzonte senz’altro nazionale attende
ancora di venir esaminato a dovere.
Ma ci sono altri nomi che urgono nello stesso senso, si
pensi a Manlio D’Eramo, per esempio, a questo repubblicano che si colloca formalmente, per così dire, all’estrema destra del mondo sovversivo, ma la cui definizione critica è
imprescindibile se si vuol comprendere bene la Sulmona del
primo quarto del Novecento, e non soltanto Sulmona, in una
dialettica con Tresca e Trozzi, tanto per fare i due nomi più
rilevanti e conosciuti, tutta da precisare o addirittura da scoprire.
E, sempre per restare a Sulmona, quando cercheremo di
sapere e di capire se e in qual misura esponenti nazionali del
socialismo riformista e massonico quali Arnaldo Lucci ed
Attilio Susi abbiano operato sulla città nativa? E chi sia stato
davvero, prima e dopo la deputazione massimalista, Bruno
Cassinelli? E quello stravagante di Federico Mola? E così via
dicendo.
Ampio come da arare, dunque: per la quale aratura, tuttavia, e qui torniamo finalmente all’ottimo Edoardo, ma non
a lui soltanto, s’intende, non basta assolutamente scorrere
sempre, ed in via esclusiva, la stampa di partito e le carte di
polizia, con la quale documentazione si fa apologia, s’informa, forse, ma non si fa certamente storia, non si comprende, per trasferirci brevemente all’Aquila, e per fare un unico
grosso esempio, chi sia stato davvero l’arcivescovo Carrano a
prescindere dalle trivialità della “fogna clericale”, con i suoi
tentativi di azione cattolica da cui sono venuti fuori i preti
del giornalismo, del segretariato dell’emigrazione, del partito popolare (e non si parla dei vescovi di Sulmona e di Gennaro Sardi, degli interlocutori ed avversari di Di Sciullo a
Chieti, dalla variegata società pescarese, del socialismo a Penne e della sua assenza a Lanciano, del fenomeno Celli a Teramo e di tutto il retroterra bloccardo che gli sta alle spalle).
Già questi brevissimi cenni stanno dunque a ribadire la
cautela con cui occorre procedere sul terreno di quella che
è l’ultima fatica ancora inedita di Edoardo, alle origini, benissimo, i reduci garibaldini (ma qui andrebbe rivisitato il ruolo
dell’Aquila e della Marsica nella preparazione di Mentana,
da Pietro Marrelli ad Orazio Mattei), poi i bakuninisti, ma
tenendo ben distinto il limpido e patetico Carlo Leoni dagli
9
arruffoni sconclusionati alla Pisarri ed alla Tommassetti, e
così via via il socialismo cristianeggiante anticattolico che
confondeva nella barba e nel rosso della veste Cristo, Garibaldi e Marx (precisante questa era l’immagine che aveva
condotto Panfilo Sclocchi, prima che il terremoto l’uccidesse, ad essere il sindaco di Pescina) mentre Giordano Bruno,
porta Pia, Francisco Ferrer, appartengono ad un mondo diverso, inconfondibilmente borghese, i cui protagonisti, per
rimanere in ambito aquilano, possono essere gli insegnanti
forestieri, e gli imminenti interventisti alla Chiarizia ed alla
Marinucci, ma non certamente i lavoratori.
In altre parole, quando Edoardo ci ha fatto la cronaca
accuratissima degli interventi del periodico socialista «L’Avvenire» e di qualche sparso ed occasionale foglio anarchicheggiante (ma senza dirci che Piccinini era giovane di studio
dell’avvocato Lopardi, che Urbani sarebbe diventato il più
conformista dei verseggiatori locali e Pighetti deputato fascista, ancorché nel risvolto sovversivo che si è accennato)
nei più svariati settori dell’anticlericalismo e della laicità, non
riusciamo ancora a cogliere le ragioni per le quali, tanto per
starci alle sue stesse constatazioni, sia un prete a sfidare in
contraddittorio Emidio Lopardi, siano in molti i proletari
che trasmigrano nelle organizzazioni cattoliche (mentre la
camera del lavoro fa vita rachitica stentatissima, e perché?),
sia il bloccardismo (di cui mai non si parla espressamente et
pour cause) ad ispirare nel quinquennio a cavallo del 1910 le
rivendicazioni del 20 settembre e le campagne per il divorzio e contro l’insegnamento religioso, ancora sentite ed avvertite di fatto (anche se culturalmente a torto) come prettamente borghesi, a non parlare del libero pensiero, tutto
intellettualistico e professionistico, sia l’emancipazione della donna infine (non parliamo del libero amore!) a segnare
il passo quando si tratti di certe condanne moralistiche in
clamorosi casi di cronaca, o dell’ingresso concreto, massiccio, nel mondo del lavoro, le operaie del cotonificio Tobler.
Sfumature del genere non vanno trascurate anche a proposito della vicenda abruzzese di un sindacato poderoso e
tradizionalmente gelosissimo della propria autonomia e delle proprie capacità tecniche (l’autogestione delle linee) come
quello dei ferrovieri, un discorso che, dal punto di vista regionale, si accentra su Sulmona, e sostanzialmente su due
forti figure di leaders assai ben rimarcati sotto un profilo
politico massimalista ante litteram, Vincenzo Scapaticci e
10
Quirino Perfetto, mentre, tanto per non perdere di vista l’accennata esigenza di distinzione, un esponente altrettanto
qualificato ed attivo come Patrizio Monreale si adatta di buon
grado a fare tranquillamente il consigliere comunale all’Aquila. Nel capoluogo infatti l’incidenza sociale e politica dei ferrovieri è obiettivamente assai meno considerevole che a
Sulmona ed a Castellammare, nella quale ultima località,
com’è noto, essi si inseriscono in prospettiva urbanistica nell’opera di governo dell’amministrazione socialista Basile con
risultati che la sensibilità odierna va sempre meglio positivamente valutando ed apprezzando.
Ed eccoci infine in questa necessariamente veloce carrellata ad un personaggio indiscusso ed indiscutibile come
Postiglione, al quale il Nostro si accosta simpateticamente
anche grazie alla sua personale qualifica professionale, che
è precisamente quella di studioso di scienze pedagogiche.
In questo campo, com’è noto, emerge la figura indubbiamente, schiettamente libertaria nel miglior senso del termine, che da Raiano all’America e di nuovo in Abruzzo fino
alla morte dolorosamente immatura poco più che trentenne,
ebbe con altrettanta certezza una vocazione prepotente, improvvisa ma assolutamente impressionante, il maestro che
s’innesta sul giornalista e sull’oratore della propaganda anarchica e del sindacato operaio con i risultati che in meno di
un paio d’anni lo conducono agli straordinari esiti del novembre 1923, quattro mesi prima della scomparsa, la relazione al convegno magistrale dell’Aquila che leggiamo più
che opportunamente riproposta. Senonché, mentre il pedagogista risalta a luce meridiana, il propagandista ed il sindacalista d’oltre Oceano vengono a definirsi con assai minore chiarezza, così nello studio approntato sollecitamente post
mortem di Marchesani come nell’assai più tarda raccolta di
scritti sociali curata da un suo compagno d’armi appunto in
quella propaganda ed in quelle lotte operaie come Venanzio
Vallera.
Non solo: ma la splendida relazione, tutta fitta contesta
di richiami a Croce ed a De Sanctis, ma anche ad un “certo”
Mazzini, è affidata a Postiglione da un Giovanni Ferretti che
intanto è provveditore regionale agli studi per l’Abruzzo in
quanto vicinissimo al Gentile ministro dell’Istruzione, quel
Gentile il cui pathos percorre da un capo all’altro il testo del
Nostro, magari accentuato nella chiave tecnica che ad esso
conferiva da poco meno di un ventennio Giuseppe Lombar-
11
do Radice non a caso direttore generale dell’istruzione primaria.
In altre parole a me sembra che dalla casa del popolo di
Raiano alla scuola elementare di S. Demetrio attraverso quel
libro di testo di cultura regionale che, altrettanto non a caso,
Ferretti gli aveva affidato nella geniale prospettiva elaborata
appunto alla Minerva da Lombardo Radice (ed in Abruzzo
si sarebbe affiancato al Nostro un esperto come Berengario
Amorosa mentre nel Molise avrebbe tenuto significativamente il campo un poeta, Eugenio Cirese) il Postiglione 1923 sia
entrato genuinamente, decisamente in un clima gentiliano
che risente solo dal punto di vista emotivo, temperamentale,
del d’altronde affine background libertario, clima, si badi,
che non vuol dire affatto fascista, prova ne sia il distacco o
addirittura l’opposizione che nei confronti del regime seppero con maggiore o minore prontezza assumere rispettivamente Ferretti e Lombardo Radice.
Ma nel libro di Edoardo c’è anche una succosa appendice, non tanto magari il dramma sociale “roboante” per dirla
con Vallera ad altro proposito, quanto la mirabile lettera 10
agosto 1915 da Seattle con la quale il ventiduenne Umberto
respinge l’invito dei genitori a tornare in Italia per combattere la guerra della monarchia e della borghesia, respingendo al tempo steso il menzognero concetto di patria che anima quella guerra in pro di un altro più nobile ed elevato
concetto che, a questi chiari di luna di orgia patriottarda, noi
uomini del Duemila faremmo bene a non perdere di vista.
E non solo i chiari di luna di oggi: Edoardo fa benissimo
a ricordare la ristampa 1960 Giannangeli del volume 1925 di
Marchesani, quella ristampa pavida, conformista e malamente scorretta su cu si esercitò a suo tempo il sacrosanto sarcasmo di Antonio Gasbarrini: benissimo, il mostro sacro
Ottaviano Giannangeli si prosternava nel 1960 al regime
democristiano così come il buon Marchesani non aveva fatto nel 1925 dinanzi al fascismo trionfante (che si era quanto
meno astenuto dal perseguitarlo): la cupidigia di servilismo
è sempre fiorente e feconda tra noi: anche per questo, leggere le pagine ed i fatti degli anarchici non ha fatto e non
farà mai male.
Raffaele Colapietra
L’Aquila, agosto 2007
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CAPITOLO I
Camicie rosse e anarchici
I reduci garibaldini
L’anticlericalismo è un fenomeno complesso che affonda le proprie radici nella filosofia, nella cultura e nella storia
moderna europea. In Italia, immediatamente dopo l’Unità
e in seguito all’epilogo della Comune di Parigi, l’anticlericalismo si diffonde tra quei ceti popolari che, affacciatisi per la prima volta nel campo delle lotte sociali, ne impugnano orgogliosamente la bandiera: si tratta di una vera e
propria “rivoluzione culturale” per le nuove generazioni di
democratici 1. Queste infatti, o per essersi accostate al
garibaldinismo o per essersi ritrovate nella fitta rete dei rapporti bakuniniani, hanno ora modo di assimilare le teorie
materialiste e antireligiose, abbracciando, gradualmente, le
idee internazionaliste e rivoluzionarie.
L’anticlericalismo garibaldino segue una particolare evoluzione: delineandosi inizialmente come movimento culturale e politico d’opposizione al clericalismo, ovvero all’invadenza degli ecclesiastici nella vita dello Stato e nel costume,
1. La prima proclamazione della fine del potere temporale del papa è del 1798,
ad opera della prima Repubblica Romana. La Repubblica Romana del ’49 dichiara
nuovamente la decadenza del potere temporale del papa. La formazione dello Stato nazionale del 1861 è preceduta e accompagnata dal tentativo di una riforma
religiosa che, nei propositi di alcuni esponenti delle classi dirigenti piemontesi,
avrebbe dovuto sradicare dal cuore del popolo la fede cattolica, sostituendola con
una specie di religione di Stato. Si inizia all’epoca del Regno di Sardegna, con la
legge del 25 agosto 1848 che espelle tutti i gesuiti stranieri, sopprime l’ordine e ne
incamera tutti i collegi, convertendoli ad uso militare. È del 29 maggio 1855 la più
famosa legge che abolisce tutti gli ordini religiosi privi (secondo lo legge) di utilità
sociale (agostiniani, carmelitani, certosini, cistercensi, cappuccini, domenicani,
benedettini e altri) e ne espropria tutti i conventi (335 case), sfrattando 3.733 uomini e 1.756 donne. Nel tentativo di colmare i gravi disavanzi causati dalla terza
guerra d’indipendenza, nel 1866 il Regno d’Italia estende l’esproprio dei beni ecclesiastici a tutto il territorio nazionale e, con la legge del 19 giugno 1873 anche a
Roma, la nuova capitale. La presa di Roma, avvenuta il 20 settembre 1870, pone
fine al potere temporale del papa e allo Stato Pontificio.
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assume sempre più espressione di lotta al potere temporale
del papa-re, alla Chiesa, al clero e alla religione cattolica.
All’inizio ha origini solo politiche, connaturate alla necessità di completare l’unificazione. Si evolverà poi contro la presenza della chiesa cattolica, per l’ostilità da questa dimostrata nei confronti dei principi trainanti di un’Italia unita appena realizzata e infine, con toni molto accesi, si proporrà di
affermare una cultura popolare basata su un nuovo
umanesimo universalistico e laico, cristiano ma nettamente
anticattolico. Si tratta dunque di un anticlericalismo
antivaticano prima, molto più violento ed anticattolico poi,
influenzato in gran parte dalle idee del cristianesimo interpretato in chiave sociale: emancipazione e liberazione di tutti
gli oppressi, fratellanza universale e pacifismo internazionale. La chiesa cattolica, maggior ostacolo per la realizzazione
di tali obiettivi e secolare avversario del progresso e della
civiltà, deve per i garibaldini scomparire definitivamente. Dal
papa-re, definito a più riprese “vecchio putrido”, “sacerdote
della menzogna” e ancor oltre, l’avversione di Garibaldi si
estende man mano agli austriaci e ai Borboni, “militi pontifici”; al clero, “morbo da cui liberarsi per purificare l’Italia,
antipatriottico, contrario alla causa nazionale, sostenitore del
brigantaggio nel Meridione, filoaustriaco, oscurantista”, ai
preti, “setta contagiosa e perversa”. Seppur con toni ed accenti diversi, l’anticlericalismo accompagna Giuseppe
Garibaldi per tutta la vita: dalla proclamazione della decadenza del potere temporale del papa ad opera della Repubblica Romana del 1849 alla spedizione dei Mille, dalla preparazione delle iniziative per liberare Roma e Venezia ancora occupate rispettivamente dal papa e dagli austriaci all’impresa bloccata dalle armi regie sull’Aspromonte, da Mentana
alla condanna a morte di Monti e Tognetti, dall’intervento a
Ginevra al Congresso della Pace del 9 settembre 1867 al noto
Appello alla Democrazia del 1872 sulla necessità dell’istruzione laica e pubblica. L’avversione al cattolicesimo dei
garibaldini si diffonde a livello popolare nelle società operaie, leghe e circoli, incontrando sia l’appoggio dei liberali,
della massoneria e delle prime associazioni del Libero Pensiero, sia l’affermarsi della propaganda che Bakunin andava
facendo dal 1864 negli ambienti dei democratici radicali italiani. Il russo, inoltre, aveva introdotto elementi d’analisi e
d’azione incentrati su una visione federalista, radicale ma
soprattutto atea e libertaria della rivoluzione2.
14
La parabola di questo anticlericalismo (iniziata con l’assalto alla salma di Pio IX nel 1881) raggiunge il punto più
alto il 9 giugno 1889 in Campo de’ Fiori a Roma, con la manifestazione di piazza per l’inaugurazione del monumento a
Giordano Bruno; in questa occasione la popolazione dell’Aquila e l’intero consiglio comunale risultano rappresentate con la partecipazione diretta del sindaco3. Negli anni a
seguire sono i reduci garibaldini, approdati ora al socialismo, a mantenere vivo tra i ceti popolari quell’anticlericalismo che fortemente aveva animato le camicie rosse.
Il 19 marzo 1906, ad esempio, la Società operaia di Calascio
organizza un comizio di piazza “per commemorare l’onomastico dell’Eroe dei due mondi, Giuseppe Garibaldi”. Parla il vecchio garibaldino ed ex-internazionalista anarchico
Luigi Tomassetti, che ricorda “le gesta del suo duce”. Quando si sofferma sul “tradimento di Pio IX […] il prete di
Calascio fa suonare le campane per non far udire al popolo
la vera storia; ma la voce del Tomassetti è più potente delle
campane e ricorda la profezia di Garibaldi, cioè che la stella
dell’avvenire e del risorgimento del popolo sfruttato sarà il
socialismo”4. Anche la Società reduci garibaldini dell’Aquila
è promotrice di “una solenne manifestazione” di piazza in
occasione del centenario della nascita, ottenendo l’adesione dei partiti popolari e un forte consenso popolare. Sotto
la spinta dei socialisti l’evento è totalmente incentrato su
posizioni nettamente antigovernative: contro la politica
giolittiana, “intessuta di compiacenti dedizioni al prete” e
contro il governo, “che accoglie con gli onori militari i cardinali e invia le truppe alle feste religiose”:
AQUILA. Contro il clericalismo che rappresenta la degenerazione di ogni idealità mistica e religiosa, ogni cittadino
libero deve insorgere perché […] il clericalismo significa di
fronte all’umanità la barbarie, di fronte all’Italia il parricidio.
Le commemorazioni di Giuseppe Garibaldi nel centenario
della sua nascita, siano dovunque alte e degne manifestazio2. Di Michail A. Bakunin (1814-1876) si vedano: Confessione, La Fiaccola, Ragusa,
1977; Considerazioni filosofiche, La Baronata, Lugano, stampato a Carrara, 2000; Là
dove c’è lo Stato non c’è libertà, Demetra, Colognola ai Colli (VR), 2001; La libertà degli
uguali, Elèuthera, Milano, 2000; Stato e Anarchia, Feltrinelli, Milano, 2000.
3. Cfr. Per l’intervento ufficiale del Consiglio Comunale al Comizio anticlericale del 17
Febbraio, «L’Avvenire», 24 febbraio 1907.
4. Da Calascio, Ivi, 15 aprile 1906.
15
ni di quell’anticlericalismo che è il vero retaggio morale che
l’eroe ha lasciato agli italiani […] Garibaldi, che definì il
papato il cancro d’Italia5.
L’anticlericalismo garibaldino, in sintesi, con la sua impostazione ed il suo linguaggio, è destinato a rimanere a lungo presente nelle piazze italiane, nonché ben sedimentato
nelle organizzazioni proletarie e nel variegato mondo
dell’associazionismo popolare.
Gli internazionalisti
Le associazioni internazionaliste contribuiscono ad un
processo di rielaborazione più organico, saldando le istanze
e le esigenze espresse dal variegato fronte anticlericale al
materialismo storico per la crescita di un più ampio movimento sovversivo e rivoluzionario. La sezione aquilana della
Federazione italiana dell’Associazione internazionale dei lavoratori (AIL) nasce nel 1872 da una frattura dell’Associazione Democratica Giovanile, organizzazione già caratterizzata da un’accesa impronta laica e razionalista6 : il proprio
settimanale, ad esempio, «La Giovane Democrazia», qualche
anno prima si definiva razionalista, socialista e popolare, e uno
dei suoi principali collaboratori, Gaspare De Marinis, exgaribaldino, era stato schedato dal pretore di Pratola Peligna
quale “ateo, materialista, repubblicano e uomo pericoloso”7.
La sezione aquilana, con Carlo Leoni alla segreteria, dopo la
scissione interna all’Internazionale tra centralisti e federalisti
si schiera con Bakunin8. L’anarchico russo aveva introdotto
5. Commemorazione del centenario Garibaldino, Ivi, 16 giugno 1907. Si veda anche
Risveglio anticlericale, Ivi, 23 giugno 1907. Il numero del 21 luglio 1907 è interamente dedicato alla figura di Garibaldi.
6. Sull’Internazionale e gli internazionalisti abruzzesi si veda G. DI LEONARDO,
M. R. BENTIVOGLIO, Internazionalisti e Repubblicani in Abruzzo 1865-1895, Media
Edizioni, Mosciano S. Angelo (TE), 1999.
7. Gaspare De Marinis, nasce a Pratola Peligna il 27-07-1840. Patriota, garibaldino,
poi internazionalista, a soli 20 anni partecipa alla battaglia sul Volturno (2 ottobre
1860) guadagnandosi il riconoscimento di una medaglia d’argento. Conclusa la
fase unitaria, non contento dello stato di cose presenti, continua a lottare e a tenersi in contatto con i più tenaci e convinti propugnatori delle idee internazionaliste e
repubblicane, con l’obiettivo del superamento del regime monarchico.
8. Sulla I Internazionale si vedano: J. GUILLAME, L’Internazionale, documenti e
ricordi, CSL Camillo Di Sciullo, Chieti, 2004; G. MANACORDA, Il movimento operaio
italiano, Editori Riuniti, Roma, 1973; P.C. MASINI, La Federazione Italiana della Asso-
16
un’altra forma di antidogmatismo. L’autorità, nemica della
libertà, si incarna in due “archetipi”, l’uno ideale, l’altro
materiale: dio e lo stato. Dio è il massimo principio di autorità pensabile; è l’idea stessa di dominio che ne giustifica tutte
le determinazioni empiriche. Il fatto che esista un padrone
nei cieli comporta che ne esista uno anche in terra, per cui
la lotta contro il principio di autorità deve partire dalla negazione stessa di dio, non tanto perché se ne vuole negare
l’esistenza (ateismo) quanto perchè se ne vuole affermare
l’incompatibilità con l’idea e la pratica della libertà (antiteismo).
Leoni si dà un gran da fare, contribuendo alla nascita e
all’organizzazione di sezioni internazionaliste a Sulmona,
Pescara, Onna, Barisciano, Picenze, e di una sezione femminile dell’internazionale all’Aquila: “il nostro programma è
quello che ha per patria il mondo; per autorità, il diritto delle
genti; per proprietà, per capitale, il lavoro; per dio l’adempimento di tutti i doveri sociali”9. Nel manifesto che gli anarchici aquilani vanno diffondendo si legge che “per non riconoscere al di sopra di lui potenza alcuna che debba menarlo
o dirigerlo nella via della emancipazione e nella lotta per la
medesima, il lavoratore è essenzialmente antiautoritario e
anarchico”. Nella lotta per l’abolizione di ogni regime e distinzione di classe è indispensabile giungere alla distruzione
dello Stato “in tutte le sua manifestazioni economiche, politiche, religiose”. La rivoluzione sociale quindi, “non riconoscendo autorità e monopoli, privilegi politici ed economici,
tende a trasformare la società sulle basi dell’anarchia e del
collettivismo, all’oggetto di costruire un mondo umano libero da ogni privilegio, da ogni pregiudizio, da ogni prepotenza”10.
Parallelamente a questa dinamica politico-organizzativa
si va via via affermando anche quella associativa, quell’identità “sovversiva” che sarà poi l’elemento caratterizzante di
quelle “controsocietà” che crescono all’interno dei borghi,
ciazione Internazionale dei Lavoratori – Atti ufficiali 1871 – 1880, Avanti!, Milano, 1963;
P. C. MASINI, Storia degli anarchici italiani da Bakunin a Malatesta (1862-1892), Rizzoli,
Milano, 1969; M. NETTLAU, L’anarchismo attraverso i secoli, Samizdat, Pescara, 1997.
9. In S. CICOLANI, La presenza anarchica nell’aquilano, CSL Camillo Di Sciullo,
Chieti, 2006, p. 84.
10. Programma della Federazione Provinciale Marchigiana ed Umbra della Regione Italiana dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori, 1873, in G. DI LEONARDO, M. R.
BENTIVOGLIO, cit.
17
dei quartieri e della città fra Otto e Novecento. Questi sovversivi non solo frequentano le stesse cantine e lavorano nelle stesse botteghe ma condividono anche una serie di riti
laici quali la festa, la manifestazione, il comizio, che identificano un comportamento radicale, di classe, antagonista rispetto al modello di vita della società borghese. Le ricorrenze del calendario anticlericale sono scadenze di incontri,
comizi e banchetti: il 17 febbraio, ad esempio, anniversario
della morte di Giordano Bruno, così come il XX Settembre,
data in cui si ricorda la fine del potere temporale dei papi,
diventano giornate di aggregazione, riflessione e propaganda che, anno dopo anno, si affermano sempre più nei costumi dei ceti popolari. La figura di Bruno in particolare è dappertutto e riveste i ruoli più disparati: è al centro di studi
storici, interessi filosofici, passioni politiche ma anche protagonista di edizioni popolari di carattere divulgativo e propagandistico che ne propongono la vita romanzata. Viene acquisita dal patrimonio culturale del primo movimento internazionalista come simbolo del libero pensiero, eroe della
ragione perseguitato dall’oscurantismo religioso; il legame
del suo nome alla causa anticlericale diventa indissolubile,
soprattutto per la sua vicenda, vista come simbolo di “impossibile riconciliazione” tra valori laici e religiosi:
Ricordatevi che Bruno è risorto e rivive nel bronzo, in Campo de’ Fiori, simbolo eterno della libertà di pensiero, e
monito severo al Vaticano oscurantista11.
Sotto l’aspetto politico, il tentativo radicale di costruire
un’identità diversa in contrapposizione a quella cattolica
dominante rafforza nell’immaginario sociale la figura di Bruno come simbolo di ribellione e resistenza al potere.
Bisogna comunque attendere la fine del XIX secolo per
poter assistere ad una diffusione concreta della cultura laica
nel proletariato, dopo un lungo e delicato percorso politico
e culturale. Nell’ultimo decennio dell’Ottocento iniziano a
circolare in Abruzzo copie de «Il Pensiero»12, settimanale del
Circolo Giordano Bruno di Chieti animato da Camillo Di
Sciullo13. Dapprima foglio anticlericale e di vago sapore de11. Ai neri dell’«Eco», «L’Avvenire», 25 febbraio 1900.
12. Su «Il Pensiero» cfr. BdA1, pp. 72-74.
13. Su Camillo Di Sciullo si veda F. PALOMBO, Camillo Di Sciullo, anarchico e tipo-
18
mocratico, il periodico assume un tono socialisteggiante nel
1892 e, successivamente, nettamente anarchico. Dopo qualche anno irrompono definitivamente nella stampa proletaria locale istanze di netto rifiuto “all’obbedienza a qualsiasi
potere fantastico”:
Nessuna adorazione tributiamo al cuore di un uomo o alle
viscere d’una vergine, come fanno […] gli adoratori, i ministri e gli interpreti d’un dio che la nostra mente ignora. Le
leggi morali noi le facciamo scaturire dalle leggi della natura e della vita, perché pensiamo che non v’è altra vita umana di quella che si vive nel tempo e nello spazio […] Oggidì
dobbiamo lottare per l’emancipazione assoluta e integrale
da ogni credo religioso di qualsiasi specie14.
torna all’indice
grafo di Chieti, CSL Camillo Di Sciullo, Chieti, 2004.
14. Il pericolo clericale, «L’Avvenire», 2 dicembre 1906.
19
CAPITOLO II
Socialismo, religione, identità politica
Ideologia socialista e religione
Buona parte delle ideologie politiche ottocentesche presenta alla propria base una fortissima spinta “salvifica”, spesso sentimentale e profondamente emotiva prima che razionale, in cui una sorta di esigenza metafisica – retaggio delle
religioni tradizionali – viene ad incontrarsi con un impegno
tutto terreno a favore dei propri ideali. Si tratta di un concetto ampio di religiosità, la cui adozione spesso diviene addirittura indispensabile di fronte al vuoto che va lasciando
tra le masse il progressivo e crescente declino della religiosità
tradizionale. “Decade la religione di Cristo?” – spiegano i
socialisti aquilani – “no: precipita la religione del prete. Cristo è nel cuore del popolo: l’eterno ribelle è il dio dell’eterno diseredato; l’eterno ideale di giustizia segna il fine degli
sforzi dell’eterno oppresso e lo spauracchio dell’eterno oppressore”1. Il vecchio sentimento religioso, dovendo essere
sostituito con qualcosa di più terreno, è oggetto di modifiche, revisioni e riformulazioni che porteranno a sostenere
che “i concetti del grand’Uomo”, cioè “Fratellanza, Uguaglianza, Libertà”, sono stati snaturati dal cattolicesimo che
“con la superstizione ha fatto stimare ingiusto, disonesto e
dannoso ciò che è giusto, onesto e santo”2. Si tratta di affermazioni spesso funzionali a giustificare ai nuovi compagni,
con forma graduale e non traumatica, una sorta di continuità storica nel momento in cui uno statico millenarismo deve
necessariamente tramontare, ed un futuro di giustizia e uguaglianza sociale, avvertito tra l’altro fin troppo vicino, deve
finalmente prendere il suo posto. E a tal proposito i socialisti
1. Cristo, «L’Avvenire», 25 dicembre 1894.
2. Il cattolicismo, Ivi, 5 agosto 1894.
20
si spingono anche oltre, marcando l’infallibile lungimiranza
del “falegname di Nazareth” che “additò la meta della marcia fatale dei popoli”: una meta “ancora da raggiungere, quel
fine è ancora ostacolato, quella dottrina è ancora un’utopia”. Il cristianesimo di base, così profondamente diffuso e
radicato, diventa spesso il mezzo stesso per far breccia nelle
coscienze dei democratici e dei socialisti, predisposti ora in
qualche modo ad accettare le tesi per cui “Cristo additò quale meta una sola patria, il mondo; un sol popolo, l’umanità”;
per cui “da diciannove secoli il suo ideale è un’utopia: utopia l’unione dei popoli, utopia la pace universale, utopia la
vera giustizia, la vera uguaglianza di diritti e di doveri”. Serpeggia un nuovo stato d’animo, una tentazione di forzare gli
eventi, di proporre il salto verso il futuro e liquidare il passato: “utopia è anche il socialismo”, cioè “l’applicazione nella
vita pratica della dottrina di Cristo”. Costui infatti, al pari dei
rivoluzionari, “è odiato dal sacerdote, che vede in lui il
novatore pericoloso”; ucciso dal re, “che scorge in lui il ribelle alla legge perché spezza l’idolo”, immagine della legge3.
Ma attraverso questa lettura radicale dei testi evangelici,
dove e come vanno a collocarsi le gerarchie ecclesiastiche?
Mentre Cristo si diceva “il fratello degli umili e non aveva
una casa ove riposare, il Papa posa da autocrate ed ha una
dimora di undicimila stanze che forma l’invidia di tutti i re
della terra”4. Il prete, a sua volta, impegnato nel “mantenere
in piedi la santa bottega”, diviene automaticamente simbolo
di regresso, del male5, di intralcio all’evoluzione della natura stessa:
Fin da piccino… (ma guardate un poco)
quando un prete vedea passar per via,
se ancora immerso nel più gaio giorno,
compreso d’odio e di terror fuggia.
Era la veste nera?... Era il cappello
con quei tre corni, che mi spaventava?
Potrà darsi… ma certo il mio cervello
bieco un presentimento in sé covava.
3. Cristo, cit.
4. Cfr.: Il Primo Maggio in Aquila, Ivi, 3 maggio 1894; Gesù negli Evangeli, Ivi, 19
novembre 1899.
5. Cfr. Cristo e il prete, Ivi, 8 settembre 1901.
21
E dir che ancor non l’avevo letta
la triste storia della patria mia
cui i più gran mali glieli fe’ la setta
ch’ama l’oscurità e l’ipocrisia:
e tu… chiamavi, o mamma benedetta,
il mio infantil terrore una pazzia?6
Questa lettura capovolta della storia legittima appieno i
socialisti. Gli uomini “sono tutti eguali dinanzi alla necessità
del vivere perché vivono sulla terra e non in cielo”: quindi
“unitevi e chiedete un più giusto regolamento dei beni terreni”7. Nessuna separazione tra “anima” e materia e soprattutto nessuna resurrezione della materia che, invece, “risorge tutti i giorni trasformandosi” secondo la legge della natura:
La materia è dunque immortale, non si crea né si distrugge;
e la mente, il pensiero, l’anima, perché non dovrebbero essere tali? Non esiste ancora il pensiero di Socrate, di Platone, di Aristotile? Non esiste ancora quello di Dante, di
Galilei? Non esisterà sempre quello di Mazzini? Corpo ed
anima, materia, cioè, e pensiero sono eterni: non alle sponde dell’Acheronte e del Lete, non alle profondità corrose
fra il pianto e lo stridor dei denti, non nell’Eliso fra canti ed
Uri, ma sempre in terra, con noi ed in noi8.
Anche il linguaggio e i rituali sono destinati a ribaltarsi.
Cristo “non confessò mai alcuno, ed assolvendo e perdonando, non richiese a nessuno il racconto dei falli commessi”;
unico scopo della confessione quindi è “lo spionaggio. Appena il preteso Vicario di Cristo, a furia di intrighi, di delitti,
di rapine, poté avere un trono, pensò di consolidarselo circondandosi di spie […] e inventò la confessione”9. E allora,
quando la quaresima batte alle porte, “sbrighiamoci a peccare; per confessarci abbiamo tanto tempo; diventiamo pagani
in questi giorni che rimangono, che la dottrina cristiana l’impareremo nei quaranta giorni di digiuno; cantiamo le canzonette allegre, che il miserere lo sentiremo al duomo, bal6. RICCIANES, Ivi, 25 novembre 1894.
7. Voci diverse, Ivi, 14 gennaio 1900.
8. I morti, Ivi, 28 ottobre 1894.
9. Confessione, Ivi, 9 aprile 1893.
22
liamo, abbracciamoci, baciamoci che un segno di croce ed
un po’ di cenere tutto cancellerà: il buon dio è misericordioso, per due lire date al prete ci aprirà di nuovo le braccia”10.
Le vittime del lavoro e dell’ingiustizia sociale, “i fratelli di
miseria”, “i derelitti” vengono esortati così a “bestemmiare”:
Voi non avete, no, diritto di vivere
di amare, di godere;
voi non dovete, no, saper che siano
la gioia ed il piacere.
Oh se è destin che mille e mille soffrano,
mentre sol uno gode,
s’è ver che il cielo, il ciel promesso ai miseri,
i miseri non ode,
non preci e pianti, ma bestemmie orribili,
io vo’ scagliar con vo…
o derelitti, o sconsolati, o innumere
stuol di ignorati eroi!11.
Tra Le orazioni del Lavoratore, il segno della croce diventa
“nel nome della fame, dell’ignoranza, della miseria, pietà di
me!”12; il Pater noster, invece, in una libera versione, si trasforma in stornello di denuncia sociale e ironica rivendicazione:
O padre nostro che ne’ cieli stai
pan quotidiano aveva ad ognuno dato
con equa partizion, come tu sai.
Ma i pochi l’han per sé tutto rubato,
e or predicano che il solo aver desio
di quel pane è per noi grave peccato.
[…]
Non esigiam che tutto a noi si renda
ma quello almen che loro sopravanza
dopo il pranzo, la cena e la merenda13.
Alle “sorelle di fatica”, alle “nostre figlie, le prostitute, che
muoion tisiche negli ospedal”, viene rivolto un altro invito:
non pregare.
10. Carnevale IV, Ivi, 24 febbraio 1895.
11. E. POLLI, Bestemmiamo!, Ivi, 23 aprile 1893.
12. Le Orazioni del Lavoratore, Ivi, 18 ottobre 1896.
13. F. ORSI, Pater noster (libera traduzione), Ivi, 31 marzo 1895.
23
Chiedi un tozzo di pane a quel sinistro
sacerdote di splendide menzogne,
chiedigli per l’amore ond’è ministro
uno scampo alle facili vergogne.
Ed ei risponderà, pingue e composto,
che dio non ci abbandona al disonor,
che al chiostro e all’ospedale v’è sempre un posto
per chi muore di fame o di dolor.
Ecco, con una sterile parola
di bugiardo conforto, ecco adempita
tutta l’opra d’amor che in aurea stola
del pergamo alle genti di qui è bandita:
Tu qui l’ascolti, e vuoi la fronte ancora
su questi marmi gelidi piegar?
Va, torna alla tua povera dimora
mia povera fanciulla… e non pregar!14
Tutto questo è comunque destinato a scemare nell’arco
di pochi anni, come si evince leggendo l’articolo
Anticlericalismo Moderno, redatto da Leda Rafanelli15 e ospitato sulle pagine del periodico socialista aquilano. L’anarchica accusa apertamente tutti quelli che “scimmiottano le funzioni e i riti religiosi, mettendo al posto delle usanze clericali
degli altri riti ancor più ridicoli”. Così come le feste proletarie, “sostituite a feste e pasque clericali, di venerazioni assurte
per uomini e per immagini, a imitazioni cretine di funzioni
religiose contrapposte a quelle usate dai preti”. Per la
Rafanelli è una follia creare una nuova forma di religiosità
“non meno feticista, ridicola e pericolosa” dopo aver impiegato tanta fatica per distruggere la vecchia. L’intervento dell’anarchica si chiude sottolineando come un tale approccio
sia molto utile al proletariato: “i borghesi non potranno mai
essere anticlericali nel vero senso della parola, come non
potranno essere antimilitaristi. Si sa, militarismo e
clericalismo non sono che i due forti puntelli del capitale
che comincia a perdere la base sotto la rivoluzionaria azione
proletaria”16.
14. I. TEMPESTINI, Non pregare, Ivi, 9 luglio 1893.
15. Su Leda Rafanelli cfr. DBAI, vol. II, pp. 400-403.
16. L. RAFANELLI, Anticlericalismo moderno, «L’Avvenire», 22 settembre 1907.
24
Religione civile
Negli anni a cavallo tra Otto e Novecento non si può non
notare come il discorso politico sia strettamente legato ad
un linguaggio profondamente religioso, così come non si
può fare a meno di chiedersi perché venissero scelte alcune
parole e non altre. Già sui primissimi numeri di quello che
sarà poi definito l’organo di stampa più autorevole della sinistra aquilana, «L’Avvenire»17, il socialismo viene illustrato
e divulgato come “movimento ascensionale”, la cui fede “non
ancora divampa da una convinzione intimamente elaborata
e saldamente temprata”; però “serpeggia l’alito della Fede
Nuova”, perchè il “socialismo è religione di amore”. Anche
le proposte di riforma politica si rappresentano in termini
religiosi, quasi con l’intento di trasporre esplicitamente il
Regno dei cieli in terra, cioè nell’umanità e nel suo presente, senza mai distogliere lo sguardo verso oriente, verso il
futuro, dove inevitabilmente sorgerà il Sol dell’Avvenire: “miglioriamoci dunque; prepariamo le vie affinché le tre dee –
annunziate da Cristo – Libertà, Giustizia e Fratellanza – scendano fra noi e la società sarà salva”18. I lavoratori, “disertando la chiesa per i circoli socialisti, già lanciano nell’aria come
squillo di guerra il grido augurale: qui, in terra, il solco, qui
il seme, qui spiga e qui il diritto”19. I socialisti aquilani rivendicano il loro credo in una patria “che sia madre per tutti i
suoi figli”, in “una proprietà che abbia la sua base sul lavoro
e vogliono che il frutto del lavoro vada per intero a chi lavora”; credono anche “nella fede di Cristo, che proclamò l’uguaglianza e la fratellanza”. Al contempo non credono in “una
patria dei Crispi e compagni”, in “una famiglia basata sull’egoismo”, nella “proprietà capitalistica e cioè nella proprietà
di coloro che compiono una funzione parassitaria nella società”. Tutto ciò non tanto per seguire Proudhon20, bensì “il
17. Su «L’Avvenire» (1893–1924) cfr. SPAM, pp. 58-59.
18. Male e Rimedio, «L’Avvenire», 9 settembre 1894.
19. Un sacrista contro il Socialismo, Ivi, 13 febbraio 1898.
20. Di P.J. Proudhon (1809-1865) si vedano: La giustizia nella Rivoluzione e nella
Chiesa, UTET, Torino, 1968; La schiavitù dell’uomo, Granata, Roma, 1945; Che cos’è la
proprietà, Zero in Condotta, Milano, 2000. Su Proudhon si vedano: P. ANSART,
Proudhon, il socialismo come autogestione, Samizdat, Pescara, 2001; P. ANSART, La
sociologia di Proudhon, Il Saggiatore, Milano, 1972; P. ANSART, Marx e l’anarchismo, Il
Mulino, Bologna, 1972; P. ANSART, Nascita dell’anarchismo, Samizdat, Pescara, 2000.
25
motto di S. Antonio, il quale disse che la proprietà privata è
un furto”!21.
La religione quindi, dopo la Rivoluzione Francese, negli
anni di fine Ottocento è vista come un nuovo principio in
grado di ricostruire l’armonia e l’unità sociale.
Ma quale religione? Le forze democratiche hanno ora due
possibilità: o tentare un rinnovamento del cristianesimo oppure abbandonare totalmente la vecchia religione e cercarne una tutta nuova per il mondo che bisogna costruire.
Il primo di questi due poli è segnato da una forte carica
mistica, incentrata, come abbiamo visto, su una lettura del
tutto diversa della figura di Gesù. Diversa perché è forte la
spinta all’umanizzazione del messaggio cristiano e della stessa figura storica del “proletario di Nazareth”. Nel “martire
dell’uguaglianza e della fratellanza universale”22 la figura di
liberatore sociale prende subito il sopravvento su preoccupazioni teologiche o dottrinali. Si invoca l’arrivo del Messia
del Secolo, che “in mezzo al popol misto/ predica il giusto e il
ver senza riposo/ banditor di uguaglianza/ odierno Cristo!”23.
Si definisce una religiosità imperniata su una figura di Cristo umano: “i grandi uomini non sono così frequenti da poterli impunemente regalare alle sferi celesti; serbiamoli per
noi; custodiamone la memoria e pratichiamone gli insegnamenti, incorporati ed intrecciati al progresso dell’umanità”24.
Viene rafforzata, articolo dopo articolo, l’immagine del “ribelle di Nazareth”, del “protomartire dell’umanità” che “apparve sulla terra per redimere le turbe, oppresse anche allora dalla doppia tirannide, civile ed economica”25. Tra le masse popolari non tarda a dilagare un vero e proprio culto del
Gesù socialista. Sul numero dedicato alla ricorrenza del I
Maggio del 1894, le pagine del periodico dei lavoratori
abruzzesi parlano di Cristo come “la più grande figura che il
socialismo abbia dato, il solo iddio che noi lasceremo sui
nostri altari ma” – come già detto – perché “inarrivabile figura di uomo”, “iddio della ragione”, “profeta e martire
antesignano della nostra vita sociale”26. Svuotato così di tutti
21. Credo Socialista, «L’Avvenire», 16 gennaio 1898.
22. Utopia!, Ivi, 16 aprile 1893.
23. Messia del Secolo, Ivi, 20 settembre 1896.
24. Risurrezione, Ivi, 1° aprile 1893.
25. Quod superest date pauperibus, Ivi, 18 luglio 1897.
26. Il Primo Maggio in Aquila, cit.
26
i suoi caratteri divini, Cristo viene presentato come il primo
socialista; i socialisti – di conseguenza – come i veri discepoli
di Cristo:
Il prete – Vedi, mio buon contadino! Tu fai male ad essere
socialista, perché i poveri sono più fortunati dei ricchi.
Il contadino – E come mai?
Il prete – Sicuro! Perché i poveri che soffrono su questa terra, andranno in paradiso, mentre i ricchi che godono e oziano andranno all’inferno.
Il contadino – Vede, signor curato, io sono più cristiano di
lei. Io non voglio che i ricchi vadano all’inferno, perciò domando che essi lavorino su questa terra per poi venire con
noi nel paradiso!27
“Se i lavoratori dei campi e delle città si daranno la mano;
se essi avranno fede nella giustizia; se essi comprenderanno
che gli uomini sono uguali e che per conseguenza nessuno
ha diritto di dirsi padrone di un altro e di vivere a spese altrui
[…] metteranno in pratica il precetto di Cristo: amatevi gli
uni cogli altri siccome fratelli”28. E ancora: “Gesù Cristo affermava che gli uomini sono tutti uguali […] Oggi i socialisti
continuano l’opera di lui e predicano che il regno dell’ingiustizia deve finire, che l’uguaglianza sociale deve sorgere,
che nessun uomo ha diritto di vivere alle spalle del prossimo”29. Facendo coesistere forzatamente nella propaganda
temi ideali spesso antitetici, fondendo in particolar modo
anticlericalismo e rivendicazioni sociali, non manca occasione per giungere ad identificare il Regno di Dio con
l’instaurazione della Repubblica e Cristo, di conseguenza,
con il primo Repubblicano del Mondo30.
Sulla scia del culto del Cristo socialista meritano di essere
segnalati alcuni interventi contro l’antisemitismo cattolico,
fondato proprio sul rifiuto del battesimo e sul non riconoscimento di Gesù come Messia e figlio di Dio. L’antisemitismo
della chiesa cattolica, attribuendo all’identità dell’ebreo le
caratteristiche di deicida, traditore e falso, affonda le radici
nella sua stessa storia. L’ebreo cessa di essere tale solo se bat27. È più cristiano un prete o un socialista?, Ivi, 15 settembre 1901.
28. La predica di Pasqua, Ivi, 26 marzo 1899.
29. Pei contadini. La visita ai sepolcri. Perché fu crocifisso?, Ivi, 2 aprile 1899.
30. Cfr. Il cattolicismo, cit.
27
tezzato, proprio come era successo a Gesù e ai cristiani, che
attraverso il battesimo avevano trovato il segno di riconoscimento della nuova appartenenza e nello stesso tempo la fuoriuscita dall’ebraismo religioso. Ma non volendo riconoscere in Gesù il Messia, la loro stessa religione diventa il loro
peccato mortale perché non solo rappresenta il segno della
maledizione divina che si è abbattuta sul popolo ebraico ma
dimostra anche una volontà di ribellione nei confronti di
Dio per la negazione del Dio uomo. “Torniamo all’antico!
gridano i preti dal pergamo, ricacciando l’umanità alle superstizioni medievali, risuscitando le vecchie guerre di religione e di razza, seminando l’odio tra gli uomini e l’efferatezza più esosa”. La chiesa cattolica “è una setta brutale di
malfattori” che “cerca risorgere con una crociata ignominiosa contro l’ebreo”31. Una propaganda molto pericolosa, per
cui agli ebrei “s’attribuisce la miseria, ad essi s’appioppa la
colpa d’ogni male sociale […] No! Nemici noi ne abbiamo
negli ebrei, nei cattolici, e nei seguaci d’ogni altra religione”
e cioè in tutti quelli che “oziando si godono la vita alle spalle
di coloro che lavorano. Noi non gridiamo la croce addosso
agli ebrei, noi sappiamo che anche tra essi vi sono dei proletari coi quali facciam causa comune, additando loro la vera
strada dell’emancipazione”32.
Nell’universo socialista, però, non tutti sono disposti a
seguire la strada dell’umanizzazione di Cristo che rimane
infatti ancorata alla vecchia religione. Inizia a far breccia la
volontà di liberarsi una volta per tutte dalla tradizione cristiana e, piuttosto che recuperarla, a molti appare più utile
impegnare le forze per far progredire quella scienza che sembra destinata a spazzar via insieme superstizioni e miseria. E
i tempi ora possono permetterlo. Quando le autorità della
chiesa cattolica attuano la loro pur lenta ritirata dal territorio delle scienze della natura e dallo scenario della loro
indiscutibile sconfitta, positivismo e materialismo, proprio
per la carica di rottura rispetto alla visione del mondo tradizionale, in molti casi finiscono per diventare tra i ceti popolari filosofie e religioni del progresso:
Il cristianesimo lottò più di tre secoli prima di piantare la
31. L’antisemitismo, Ivi, 20 agosto 1899.
32. Antisemitismo e Socialismo, «L’Avvenire della Democrazia», 13 ottobre 1895.
28
croce sulla cupola di Bisanzio; più di mille anni prima di
aver conquistato l’Europa: in meno di cent’anni, invece, il
socialismo è penetrato fin d’ove si stende la civiltà industriale; da Melbourne a Pietroburgo; presso gli Slavi ortodossi, i
Teutoni protestanti, i Latini cattolici!33
La filosofia positivista italiana si affianca al marxismo sul
terreno delle battaglie per la laicità e contro la religione in
generale, contribuendo a sostenere molte delle istanze d’opposizione alla chiesa cattolica. Come si evince leggendo l’articolo Scienza e religione, il pensiero di Ardigò, il positivismo
psicologista, pone l’attacco direttamente al concetto di anima, superando, nelle sue analisi, il tradizionale dualismo tra
sostanza materiale e sostanza spirituale:
La scienza, che ritrova le leggi della vita, e quindi tutte le
cause efficienti di essa, tutte le influenze utili e dannose che
essa subisce dall’esterno; la scienza della natura inanimata
ed animata nella loro intima connessione; la scienza della
vita collettiva o sociale fondata sui principi naturali offre i
mezzi veramente efficaci al benessere umano […] Ma la
scienza vera e completa non sarà possibile […] se non venga eliminata l’influenza parassitica delle credenze religiose,
e si estirpi dalle radici la pianta funesta che avvolge nelle
sue spire la pianta della vita psichica34.
E se nel mondo accademico, e per i loro aspetti teorici,
positivismo e materialismo si ergono a promotori della battaglia per la libertà, su un piano più culturale suscitano enormi interessi tra le popolazioni, soprattutto per le loro concrete applicazioni pratiche e tecniche. Documento ben noto
di quest’entusiasmo è l’Inno a Satana di Giosuè Carducci,
identificato con la locomotiva a vapore, simbolo del progresso tecnico e, per i socialisti aquilani, in una miscela di
anticlericalismo e libero pensiero, anche con “l’eterno ribelle” che “sale a dio, il despota impotente, e lo scaccia dal trono; Satana rappresenta la scienza nemica, irreconciliabile di
ogni bugia, Satana è l’uomo compreso della sua missione
umana sulla terra”35.
33. Il nostro giubileo, «L’Avvenire», 16 gennaio 1898.
34. Scienza e religione, Ivi, 15 maggio 1904.
35. Scuola e religione, Ivi, 18 novembre 1894.
29
Così, attraverso una paziente opera di propaganda, dopo
aver diffuso a livello popolare gli strumenti di lettura e di
interpretazione, quando il “reverendo scagnozzo” di San
Demetrio nei Vestini affermerà che “i socialisti sono avversari accaniti della religione e che vogliono, con le budella dell’ultimo prete, strozzare il papa”, la risposta sarà quasi
prevedibile: “reverendo epilettico, non sono i socialisti ma è
la scienza che atterra i dogmi della vostra sacra baracca. È la
filosofia che discute il dogma dell’infallibilità del papa; è la
scienza naturale, con l’ipotesi di Laplace, che spiega l’evoluzione della materia e nega la creazione dell’universo compiuta in sette giorni; è la scienza medica che abbatte il dogma dell’immacolata concezione”36.
Per i socialisti aquilani il secolo della laicità è finalmente
giunto. Le scienze definiscono la religione come “fenomeno umano che ha la sua evoluzione storica e trova la spiegazione nell’ignoranza degli uomini”: dio dunque, non è nient’altro che l’effetto dell’ignoranza. Di fronte “ai miracoli dei
santi, alle imposture dei preti, stanno le conquiste della civiltà moderna […] L’edificio di menzogne formato dai preti –
la peggiore delle caste in ogni luogo ed in ogni tempo – durante secoli e secoli di obbrobrio ed infamia cade colpito a
morte dal Razionalismo che investiga, cerca, studia”37.
Trasformare le esigenze espresse dal variegato universo
anticlericale in un più ampio movimento di rinnovamento
politico diviene ora un passo obbligato. Già nel 1893 «L’Avvenire» ospitava una corrispondenza da Terni, in cui si comunicava che diversi cittadini “idearono di formare una vasta Società anticlericale per abbattere le forze clericali”. Nella nuova associazione si erano raggruppati repubblicani,
progressisti e socialisti; cinque rappresentanti per ogni schieramento formavano il comitato direttivo. L’associazione, proponendosi di commemorare solo tre date l’anno, inizia a
costruire il proprio calendario anticlericale: i progressisti
indicano il XX Settembre, “che significa palesemente la caduta del potere temporale dei papi”; i socialisti scelgono il I
maggio, “giorno consacrato alle speranze e alle aspirazioni
dei lavoratori sfruttati”; i repubblicani, infine, il 3 novembre, “giorno indimenticabile pei Repubblicani tutti”38. La
36. Da San Demetrio, Ivi, 25 marzo 1898.
37. Scuola e religione, cit.
38. Da Terni, Ivi, 20 agosto 1893.
30
notizia era stata accolta con entusiasmo dai socialisti che,
però, sottolineavano che forse sarebbe stato meglio “costituire una società operaia”.
Anche nel processo di costruzione di una nuova religione civile, nell’universo anticlericale è possibile segnalare una
distinzione tra una tendenza spiritualista (sostanzialmente
identificabile con i gruppi mazziniani, rimasti legati alla formula quarantottesca Dio e Popolo) ed una razionalista. Nel
primo caso merita di essere segnalata l’organizzazione all’Aquila della rappresentazione del Cristo alla festa del Purim
di Giovanni Bovio, “opera eminentemente morale, che si deve
leggere prima di darne un giudizio qualsiasi e che si può
leggere solo da chi ha la capacità di comprenderne il vero
significato”39. La reazione clericale è immediata: “i signori
preti” avviano una petizione40 contro i contenuti dell’opera
e l’Arcivescovo Carrano si rivolge direttamente alla giunta
comunale chiedendo di intervenire per bloccare la rappresentazione. Anche in altre località d’Italia il Cristo di Bovio
era stato accolto con parole di fuoco da parte delle gerarchie cattoliche e, in alcuni casi, anche dalle istituzioni civili.
Basti pensare che a Napoli dopo la rappresentazione il Cardinale Sanfelice organizza due solenni processioni del Corpus
Domini di espiazione a cui, per la prima volta dalla caduta
del Borbone, partecipa anche l’intera giunta municipale: per
la città campana è il ritorno delle grandi processioni pubbliche.
Il clericalismo! L’idra infernale rialza la testa, più fiera e
baldanzosa di prima: vince a Roma, a Napoli e in ultimo a
Milano, che sino ad oggi è stata la più solida rocca dei liberali […] alla vittoria dei democratici e socialisti Crispi preferisce quella dei clericali e li appoggia41.
Nonostante il clima, tinto di forti tensioni sociali, la giunta comunale decide coraggiosamente “di non rispondere all’Illustre Arcivescovo”, facendo invece “di tutto perché detta
rappresentazione avvenga il più presto possibile”42.
39. Clericalismo ed ignoranza, Ivi, 2 dicembre 1894.
40. Cfr.: Clericalismo ed ignoranza, cit.; L’infelice sorte di una sottoscrizione, Ivi, 9 dicembre 1894.
41. Stiamo attenti!, Ivi, 24 febbraio 1895.
42. L’infelice sorte di una sottoscrizione, cit.
31
Una breve digressione.
Già dal suo arrivo, Carrano non aveva suscitato simpatie
tra gli ambienti democratici aquilani anzi, immediatamente
era stato da questi descritto come colui che “tenta di ferire a
morte la libertà di pensiero e di azione […]; maledice il socialismo […], vuole l’indipendenza della Chiesa, ossia l’antico dispotismo politico del pontefice e la restituzione a costui del potere temporale”43. L’Arcivescovo era stato anche
attaccato irriverentemente con una lettera aperta contro lo
“scampanio clericale” che “per ben tre volte al giorno annoia le persone e disturba i lavoratori” e produce “un grande
rompimento dei… timpani del prossimo”. Gli era stato perciò suggerito che “per indicare l’ora della messa cantata o
quella del vespro basta suonare per due minuti […] E poi
Le pare armonioso il suono delle nostre campane? Salvo
qualche rara eccezione in complesso tutte le campane
aquilane sono rotte: anche quelle delle monache, Eccellenza, sono rotte!” Per cui, onde evitare “ che si rompa ciò che
non è ancora rotto, dia un ordine radicale di abolizione”44.
Nel 1895 il periodico socialista parla di “un’agitazione che
ferve in città per la di lui fiera intransigenza”45, nonché di
“gruppi di monelli”, studenti e operai che, radunati in piazza del Duomo, “incominciano ad emettere delle grida ostili
all’indirizzo del Carrano”46 . Durante la messa di Natale erano stati affissi nelle navate e nei confessionali del Duomo
manifestini che, sull’aria dell’Inno di Garibaldi, recitavano:
“Va’ fuori villano, taccagno prelato, va’ fuori Carrano!”. In
occasione della messa funebre in commemorazione dei militari italiani caduti in Etiopia, la filodrammatica si asteneva
dall’intervenire perché vi partecipa l’Arcivescovo; quella
mattina la città si era svegliata tappezzata di manifestini con
su scritto: “Monsignor Carrano, per nostra disgrazia Arcivescovo dell’Aquila, ed africano in Italia, questa mane celebrerà per solo suo uso e consumo una messa commemorativa
dei caduti ad Amba-Alagi”47.
Ma torniamo al movimento degli eretici.
43. Il nuovo arcivescovo e le autorità di Aquila, Ivi, 20 agosto 1893.
44. Lettera aperta a S. E. Francesco Paolo Carrano, Arcivescovo dell’Aquila, Ivi, 29 ottobre 1893.
45. Nel mondo nero, «L’Avvenire della Democrazia», 8 dicembre 1895.
46. Dimostrazione, Ivi, 3 novembre 1895.
47. Ancora e sempre Monsignor Carrano, Ivi, 1° gennaio 1896. Cfr. anche Monsignor
Carrano che parte in guerra contro i socialisti, «L’Avvenire», 1° maggio 1898.
32
Come non tutti sono disposti a credere in un Cristo socialista sono in molti quelli che non accettano una filosofia mistica come base teorica del proprio impegno politico. Anzi, man
mano che ci si inoltra nel XX secolo segue di pari passo la
formazione di una sinistra materialista che, su posizioni nettamente antireligiose, rifiuta qualunque idea di Dio e di sovrannaturale. L’Umanesimo deve diventare la nuova missione dell’uomo nella vita: “ecco la novella religione”. Si proclama l’idea che scienza e filosofia possano sostituire la rivelazione naturale della rivelazione cristiana: “oggi dinanzi al
prete sorge lo scienziato, di contro alla Chiesa la scuola laica. La prima abbrutisce l’uomo con lo spauracchio dell’inferno, lo fa vivere nell’ignoranza e produce schiavi e fanatici; la seconda invece nobilita, rivela i misteri della natura e
ne spiega i fenomeni, riducendo tutto alle leggi della casualità e della evoluzione, e forma uomini consci di esser tali”48.
La fine dell’egemonia culturale del clero, durante la quale era stato postulato un ordine universale oggettivo, di cui
la Chiesa era l’unica depositaria e interprete legittima e riconosciuta ufficialmente, va collegata con i grandi movimenti
che rivendicano ora emancipazione e libertà. La nuova situazione culturale è caratterizzata dalla rottura della concezione oggettivistica del mondo che da sempre aveva avuto
nella Chiesa il suo presidio. La realtà diventa interpretabile
da una pluralità di punti di vista che dipendono dall’esistenza di strati o classi diverse nella società: “se in un uomo esiste
il senso morale, questo è il vero determinate della sua condotta; se invece non esiste, il sentimento religioso è impotente a sostituirlo; anzi può esso stesso divenire incentivo di
delitto, come negli eccessi criminosi determinati dal fanatismo religioso”49. Libertà e cattolicesimo sono “due principi
diametralmente opposti” che si negano a vicenda. La libertà, la ragione, la scienza, l’uguaglianza, la fratellanza dei popoli, “principi della civiltà moderna”, sono la negazione dell’autorità, della fede, del privilegio, della gerarchia, della
Chiesa, “principi del cattolicesimo”50. E il gioco è fatto: qualunque riproduzione della morale e dei valori non fa altro
che riprodurre i rapporti di dominio costituiti. Rinunciare
all’idea che un corpus di valori rivelati possa configurarsi
48. Scuola e religione, Ivi, 18 novembre 1894.
49. Religione e morale, Ivi, 16 giugno 1907.
50. Stiamo attenti!, Ivi, 24 febbraio 1895.
33
quale insieme di fattori di coesione sociale universale significa metterli in discussione e intenderli, al contrario, come
emergenti dai rapporti di dominio e dai conseguenti conflitti, cioè dai rapporti di classe. La società così com’è quindi,
non può essere guidata da un corpo coerente e universale di
valori, in quanto essi si troverebbero a coesistere in modo
contraddittorio: i valori del prete insomma non possono essere i valori del socialista.
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34
CAPITOLO III
I “neri”, lo “spettro rosso” e i diritti
Né azione cattolica né democrazia cristiana
Negli anni a cavallo tra il XIX e il XX secolo le condizioni
generali del lavoro non sono certo ottimali, caratterizzate
come sono da precarietà, turni massacranti, lavoro minorile,
fatiscenza di molti macchinari ed impianti, una quasi totale
assenza di previdenza sanitaria, diffusione di molteplici malattie professionali, frequenti infortuni. Orari di lavoro, salari, vertenze contrattuali, disciplina, licenziamenti, pensioni,
previdenza, questione degli alloggi, caroviveri, abolizione del
lavoro notturno per le donne sono al centro della notevole
mole di attività rivendicativa delle organizzazioni proletarie.
Persa la secolare egemonia culturale e politica sul mondo
delle classi popolari – fino ad allora compatto alla sua obbedienza – la Chiesa cerca di riconquistarla, trovando l’appoggio delle forze politiche liberali intimorite per i rischi delle
conseguenze sociali di un mutamento culturale profondo
capace di scristianizzare le masse contadine e operaie:
È il blocco clerico-liberale che si unisce, che serra le file per
marciare contro l’innumere falange del proletariato, il quale con i socialisti alla testa marcia alla conquista dei propri
diritti […] L’alleanza compiuta segna la caduta del mondo
borghese, che più non regge all’urto formidabile dei nuovi
picconieri dell’umanità, i quali coll’occhio sicuro guardano
l’impotenza borghese a combattere sola…1.
La pubblicazione da parte di Leone XIII dell’enciclica
Rerum Novarum (15 maggio 1891) è una prima risposta alla
questione sociale della Chiesa, il cui messaggio influenza in
1. Papa e papisti, «L’Avvenire», 5 giugno 1904.
35
modo sostanziale il clero italiano per la formazione di un
movimento politico cattolico. Per il Vaticano è necessario
volgere uno sguardo ai movimenti associazionisti, alle organizzazioni di mestiere, alle leghe, per incorporarle ad esso o
per fondarne delle proprie, allo scopo di impedire la loro
adesione a movimenti e gruppi di ispirazione non cattolica.
L’impegno e lo sforzo conservatore ed espressamente
reazionario dei cattolici ha inizio nel 1897 con “l’adunanza
dei clericali” nella chiesa di San Marciano: per la prima volta, nella “più fiera intransigenza clericale” si riuniscono per
promuovere la costituzione di comitati parrocchiali e associazioni cattoliche, e per chiedere il ripristino dell’insegnamento religioso nelle scuole2. Iniziative nel nome della questione sociale e della difesa delle condizioni di vita e di lavoro dei ceti più deboli non tardano ad arrivare. Costituiscono
un Circolo giovanile3 e si fanno promotori di un’agitazione
per il riposo settimanale, tra lo stupore dei socialisti che, presi
di sorpresa da un nuovo “socialismo adulterato,
arlecchinesco, che vien chiamato cattolico”, possono per ora
ricorrere solo all’invettiva contro la “filantropia borghese”4:
“orsù, o neri, in guardia! I rossi, di piè fermo, v’attendono!”5.
‘NZACRISTIA
- Mbè, sacristà, què ffanno quisti dejju circulu chiricale?
- Tutte cose bbone, giusta la quale la riligiò tea ji innanzi.
- Finarmente all’Aquela s’è ffatta na cosa bbona, finarmente
tutti ssi fijji de signuri hanno troatu nu postu pe issi.
- Tea vedé se que robba scicca ci stà. So tutti de famijje anti2. Cfr. Nel mondo nero, Ivi, 18 aprile 1897.
3. Cfr. Associazioni cattoliche giovanili, Ivi, 9 maggio 1897.
4. “Come? Si parla di riposo festivo a degli operai afflitti dal male cronico della
disoccupazione permanente, e che un ben duro, forzato riposo compiono in quasi
tutto l’anno? […] Questo fatto valga a mostrare luminosamente a quale indegna
burletta si riduca mai la beneficenza, la filantropia borghese verso gli operai, per i
quali essa crea ricoveri per la vecchiaia, dopo averli condotti ad una morte precoce;
stabilisce delle pensioni per degli infortuni sul lavoro, dopo aver trascurato di dare
opera in un modo qualunque ad evitare la possibilità di quegli accidenti dolorosi, e
crea, infine, dei brefotrofi per i figli illegittimi, dopo averne indotto in cento modi
alla prostituzione le madri. Così, anche il socialismo cattolico cerca di gingillare gli
operai, parlando loro soprattutto di riposo festivo, mentre essi sono condannati ad
un riposo forzato che si prolunga incessantemente. E bene lo hanno compreso i
lavoratori aquilani, allorché, tenendosi lontani dalle mene degli snocciolapaternostri nostrani, hanno affermato col fatto come, all’infuori del socialismo
marxista, del socialismo rosso, essi ritengano essere tutto mistificazione, illusione,
menzogna!”. Nel mondo nero, 20 giugno 1897.
5. Ibidem
36
che e sse remmediano le sole sciarpelle dejji tatuni sé, ponno
fa n’espusiziù da fà pacà tre ssordi pe vedelle!
- Sci… ma com’è hanno ittu che quissu è ju circulu dejji
quatrani, eppò ce stanno pure l’antichità?
- Questo po non te lo saccio a addì, ma saccio ppe certù che
su circhelu è formatu da persò struite dajji quattro anni ajji
quarant’anni; po dajji quaranta ajji noant’anni se passa ajju
cumitatu carrocchiamu.
- Eppò?
- Po passeno ajju comitatù dejju Patreternu che ji fa ventrà
alle grolle deju paradisu pe lla porta de lussu….6
Il quartiere di San Marciano diventa “il covo dell’organizzazione clericale […], pavesato qua e là di drappi multicolori” per le sfilate dei “paladini dell’altare e della… proprietà
privata”7. I neri si agitano! – informano i socialisti – che intravedono in tutto ciò manovre preliminari attorno alle quali
“già si va stringendo una grande varietà … zoologica!:
dall’avvocatino a corto di clienti, all’anima assiderata”, dal
“paglietta imbroglione, che cerca ridarsi sotto le grandi ali
protettrici dei clericali”, ai “furbi appaltatori”, e poi, più su,
“fra le nubi dell’Olimpo”, stanno “i capoccia, i generalissimi
del pio esercito”, l’aristocrazia locale, “che se ne sta a rosicchiare con placidezza, nell’ombra, una parte di quelle rendite che cristianamente si fa produrre dai suoi contadini”. E
dall’organizzazione “i paladini del Papa-re e del dio… capitale” passano all’azione, “movente alla polverizzazione delle
infami sette sovversive”.8
Emblematica la vicenda dei militanti del Circolo socialista educativo di Coppito, processati nel luglio 1897 sotto l’accusa di eccitamento all’odio fra le diverse classi sociali per
aver cantato l’Inno dei Lavoratori. Circola voce che la manovra repressiva sia stata opera dei “novelli crociati”, della “nuova trinità”, che “decide di porre un argine al dilagare delle
nuove teorie”9 attraverso la fondazione di una corporazione
religiosa. Detto e fatto: “prete, frate, maestro e maestra comunale, agente daziario, medico, un marchesino per ridere
6. ‘Nzacristia, Ivi, 4 luglio 1897.
7. Fioritura di processioni, Ivi, 27 giugno 1897.
8. Nel mondo nero, Ivi, 30 maggio 1897.
9. Il processo dei socialisti di Coppito, Ivi, 25 luglio 1897. Cfr. anche: Quei dell’“Aquila”,
Ivi, 1° agosto 1897; I furori isterici di una canaglietta in sottana, Ivi, 8 agosto 1897;
Ancora il processo di “quei di Coppito”, Ivi, 10 ottobre 1897.
37
e pochi interessati contadini, costituiscono la società, alla
quale, in opposizione al Circolo socialista, danno il nome di
Società cattolica […] Dicono voler rinnovare le gesta, affilan
le armi della… insinuazione e ingaggian tenzone col modesto gruppo socialista, servendosi del lurido espediente dello
spionaggio” 10. I socialisti non hanno alcun dubbio: le
diffamazioni, le denunce, il fermo, le perquisizioni e infine
la condanna sono parte di un “complotto clericale” architettato dalla Società cattolica, in particolar modo dall’arciprete
di Coppito don Gervasio Properzi. L’arciprete “si è permesso di dire che i socialisti non sono seguaci di Cristo, che a
Coppito è penetrata un’altra religione (vale a dire quella
socialista); che si legge da tutti la bibbia dei protestanti (forse don Gervasio voleva parlare degli opuscoletti di propaganda) ed altre simili corbellerie! Ma giacché il nostro prete
pensa tanto alle cose dei socialisti, sarà permesso ai socialisti
stessi di guardare un pochino alle cose del prete?”11. E così,
dopo aver a lungo ribadito gli intenti e le finalità dell’organizzazione proletaria, dalla difesa si passa all’attacco: “i rospi
ed i porci non stanno certo dalla parte nostra. Se mai, rospi
saranno i preti che insolentiscono e sbavazzano spavaldamente da lontano […]; come, del pari, nessuno vorrà disconoscere la qualifica di porci a quei sacerdoti di mia e vostra
conoscenza”12.
Per i socialisti rincomincia una necessaria e paziente opera di propaganda e ricomposizione dei lavoratori, molti dei
quali ora passati nelle fila dei movimenti cattolici. Occorre
di nuovo spiegare, usando tutti i mezzi possibili, che il socialismo cattolico è solo un’arma usata dai clericali “nella vana
illusione di porre un argine al dilagare del socialismo
marxista”; va altresì smascherato punto per punto “il programma sociale col quale i neri cercano di fronteggiare lo
spettro rosso”: il proletariato deve lottare per i diritti, “non per
l’elemosina”13. Si attinge ancora all’interpretazione sociale
del cristianesimo, mezzo privilegiato per colpire la storia stessa della chiesa cattolica, le cui gerarchie, come sempre, “lottano in difesa dei privilegiati e contro i lavoratori, per il lavoro salariato e la proprietà capitalistica”14. D’altro canto, an10. Ibidem
11. Da Coppito, Ivi, 19 dicembre 1897.
12. Ibidem
13. Socialismo rosso … e elemosina dei neri, Ivi, 26 febbraio 1899.
14. “Nei secoli passati essi, bestemmiando Cristo e Dio, difesero in nome della re-
38
che il clero usa tutti i mezzi che ritiene utili, comprese le
prediche dei sacerdoti. A Lucori, ad esempio, il reverendo
Pietramico “scaraventa durante il sermone i suoi fulmini
spuntati contro i propagatori della nuova idea, che certamente sono i socialisti”, definendoli “sciagurati”15. Il “poco
reverendo” di Bazzano, durante la messa maledice tutti quelli
che, qualche tempo prima, avevano partecipato alla conferenza di Enrico Ferri a Monticchio. Poi “ha nominato le più
sporche insolenze contro i socialisti”16. A Paganica, immediatamente dopo la costituzione del Circolo socialista, i preti “si sono dati attorno per combatterci”. Un “pretonzolo”
diffonde centinaia di copie di un opuscolo “sozzo delle più
fetide calunnie contro i socialisti”. Emidio Lopardi, futuro
leader del riformismo amministrativo locale17, è costretto ad
intervenire in un comizio di piazza (1° settembre 1901) per
confutare “le bugie spudorate contenute in quel turpe libello”18. Il prete di San Vittorino, infine, è molto più esplicito:
un “nostro ottimo compagno” che torna in paese “fregiato
del garofano rosso” dopo aver partecipato alla manifestazione del XX Settembre all’Aquila, viene accolto da grida: “i
socialisti dovrebbero essere impiccati come gli anarchici!”19.
In questo periodo meritano di essere segnalate l’intensa
propaganda e le coraggiose battaglie anticlericali portate
avanti dal settimanale socialista sulmonese «Il Germe»20, pasligione il diritto infame dei padroni di schiavi e di servi della gleba. E adesso, fedeli
al loro sistema, essi si servono sacrilegamente del Vangelo di Cristo per dimostrare
che Dio vuole quel lavoro salariato, che fu giustamente definito L’ultima forma
della schiavitù, ossia per difendere la proprietà capitalistica, che è precisamente il
diritto di vivere e arricchire alle spalle del prossimo. Questa è la loro religione! Così
essi lavorano pel bene dei loro simili!”. Il prete e i lavoratori, Ivi, 23 giugno 1901.
15. I furori di un predicatore, Ivi, 1° ottobre 1899.
16. Pretonzolo mangia-socialisti, Ivi, 1° settembre 1901.
17. Su Lopardi si veda R. LOLLI, Emidio Lopardi e il circolo socialista aquilano, Textus,
L’Aquila, 2008.
18. Propaganda socialista e clericale, «L’Avvenire», 1° settembre 1901.
19. Prete mangia-socialisti, Ivi, 13 ottobre 1901.
20. Su il «Il Germe» cfr.: Socialismo e religione, 6 aprile 1902; Agli alfonsini scrittori del
POPOLO, Ibidem; Il papato attraverso i secoli, Ibidem; Al “Popolo” di Sulmona, 13 aprile
1902; Ai puritani del popolo, 14 giugno 1903; Lucci e i clerico-borbonici, 19 luglio 1903;
Note anticlericali, Ibidem; È morto, 26 luglio 1903; Note anticlericali, Ibidem; La nostra
inchiesta sull’Annunziata, 18 ottobre 1903; L’inchiesta sull’Annunziata, 7 novembre
1903; L’inchiesta sull’Annunziata, 15 novembre 1903; Al prete, 25 dicembre 1903; Un
pirata in veste talare, 10 gennaio 1904; La malafede del prete, 20 marzo 1904; Relazione
della Commissione d’Inchiesta sull’Opera Pia Casa Santa dell’Annunziata, 2 luglio 1905;
Socialismo e massoneria, ibidem; Nella vandea marsicana, ibidem; Il trionfale arrivo del
vescovo a Sulmona, 1° maggio 1907; Pornografia cattolica, Ibidem; Francesco Petrarca
ateo e antireligioso, 22 settembre 1907; Il tentato comizio clericale, 20 ottobre 1907.
39
sato ora sotto la direzione del giovane Carlo Tresca. È l’anarchico stesso a ricordare come “l’anticlericalismo di mio padre sollecitava la mia mente” in un periodo in cui “le ceneri
di Giordano Bruno […] erano ancora calde nel cuore di
una generazione appena uscita dalla schiavitù. Era naturale
per me attaccare i preti […] Settimana dopo settimana, con
crescente efficacia, denunciavo, nell’errore di uno di loro,
gli errori della chiesa cattolica, vista da noi socialisti come il
baluardo del capitalismo”. La diocesi si arma promovendo
la nascita de «Il Popolo», il proprio organo di stampa; “i preti erano scrittori migliori di me. Ma io tenni duro e vinsi
ripetutamente per k.o.”. A giudizio di Tresca è proprio da
queste battaglie che l’intera fisionomia dell’aspetto politico
della città cambia: baroni, marchesi e personaggi che incarnano un’era trascorsa da molto tempo, passano velocemente in seconda linea, per lasciare definitivamente il posto ai
partiti, in rappresentanza delle classi e non dei singoli individui. Gli schieramenti politici iniziano a rafforzarsi e a darsi
battaglia da due poli nettamente antitetici: socialisti e cattolici, progressisti e conservatori, rivoluzionari e reazionari. In
opposizione al sindacato rosso dei contadini organizzato da
Tresca viene costituito “il sindacato giallo dei contadini
lealisti”, sostenuto da forze clericali, monarchiche, aristocratiche e borghesi: “tutti uniti come una classe”21.
Nel mondo cattolico la corrente che reputa assolutamente necessaria la collaborazione e la partecipazione alla vita
pubblica e politica della nazione rimane comunque
minoritaria. Importante è la figura di don Romolo Murri,
che agli inizi del XX secolo dà vita ad un nuovo gruppo
autonomista denominato Democrazia Cristiana. Così commentano i socialisti aquilani:
Fino a ieri il prete non trovava necessario di preoccuparsi
che solo del proprio benessere in questa vita terrena, promettendo al misero la felicità nella vita d’oltre tomba. Oggi
di fronte all’incalzare della marea socialista, di fronte alla
propaganda persuasiva di coloro che, nati nel popolo, vivono e soffrono col popolo stesso; dinnanzi alle conquiste che
quotidianamente i proletari di tutti i paesi strappano alle
21. C. TRESCA, Autobiografia, Anicia, Roma, 2006. Su Tresca si veda anche AA.VV.,
Carlo Tresca, vita e morte di un anarchico italiano in America, Tinari, Chieti, 1999.
40
classi dominanti, il prete ha visto in serio pericolo il proprio
edificio, fondato sull’ignoranza e sulla superstizione, e rinnegando la parola di Cristo, è sceso in piazza, vomitando
veleno contro i socialisti, per additare ai poveri di spirito il
rimedio infallibile per la conquista della felicità in questo e
nell’altro mondo. Ha così inventato un socialismo tutto per
suo uso e consumo, tutto latte e miele, il Socialismo Cattolico,
ovverosia la Democrazia Cristiana22.
Murri e i suoi seguaci avevano interpretato in senso radicale la Rerum Novarum, fino a teorizzare la possibile convergenza tra dottrina sociale della Chiesa ed il movimento socialista e tra lo spirito religioso e l’idea democratica. La Democrazia Cristiana sostiene che i cattolici abbiano non solo
il dovere di intervenire nella vita del Paese ma il diritto di
partecipare e competere attivamente nella politica, soprattutto per arginare i movimenti socialisti23. Nel loro programma auspicano a riduzioni delle spese militari, si chiede per i
lavoratori il minimo salariale garantito, il riposo festivo obbligatorio, la tutela del mondo contadino ed altro. Essendo
tesi abbastanza forti nei confronti delle concezioni conservatrici della Chiesa, tra il 1901 e il 1903 Leone XIII e Pio X
sconfessano l’operato e l’autonomia che andava acquisendo
la Democrazia Cristiana. Il pensiero di Murri tuttavia lascia
una traccia indelebile nel mondo cattolico: i sacerdoti cominciano ad accettare i contraddittori di piazza, tanto che
don Lorenzo Valente sfida Emidio Lopardi. Il socialista si
congratula col democristiano per aver descritto abbastanza
bene le condizioni dei lavoratori ma ovviamente questo non
può bastare. L’affermazione di Valente per cui “i partiti oggidì
debbono avvicinarsi al popolo” per non “rinunziare alla propria vita”, si traduce di fatto in: “il partito democratico-catto22. La democrazia dei preti e il progresso della chiesa, «L’Avvenire», 8 dicembre 1901.
23. “L’adattamento si spinge al punto che i preti, nelle loro manifestazioni, suonano la marcia reale e l’inno di Mameli, come fecero per le vie di Milano; e levano
alto la fiammante bandiera italiana, che già l’anno passato i ginnasti cattolici recarono entro il recinto del Vaticano e umiliarono ai piedi del papa. Ci usurpano gli
inni nazionali e il tricolore, intanto che contaminano la scuola, che invadono la
banca e la borsa, che picchiettano di nero, con i loro conventi, la ridente nostra
terra […] Né deve far meraviglia il nuovo atteggiamento della chiesa. Era fatale
che così fosse. Il papato, da quando non possiede un regno né una città, ha bisogno per essere una potenza di ordine politico, d’integrare il potere spirituale col
potere temporale che a lui presti una nazione amica”. Il prete d’oggi, Ivi, 27 gennaio
1907.
41
lico si sforza di avvicinarsi al popolo non per la causa giusta
che questo combatte ma per la sua vita stessa […] Sempre
così i preti: prima vogliono far argine alle acque del torrente
del progresso, poi lasciano le sponde e assecondano la corrente. Ma questa volta il torrente socialista non li lascerà galleggiare; e li spingerà al fondo annegandoli, per omnia secula
seculorum, amen!”24.
In esplicita funzione antisocialista rimane in piedi e si rafforza il blocco politico cattolico-borghese, riportando vittorie un po’ ovunque nelle elezioni del 1904. È “l’unione che
fa la forca!”, denunciano i socialisti: grazie “ai voti dei preti e
dei frati, in sottana e senza trionfa il partito della reazione
[…] Non bastavano gli sbirri, il denaro, l’insidia e le disonestà per falsare la coscienza del Paese ed il responso
ammonitore delle urne […]: l’unione fa… la forca e la forca
fa le leggi”25. Ovunque “v’è la candidatura d’un sovversivo,
ivi le falangi clericali muovono a difesa della causa della conservazione sociale […] Non si contano più i municipi dai
moderati vergognosamente ceduti ai clericali”26.
Le preoccupazioni dei socialisti sono alquanto evidenti:
all’Aquila un partito clericale non esisteva, si legge in un articolo intitolato Infiltrazione clericale, “neppure allo stato di
tendenza; e ogni affermazione contraria era soltanto un’allucinazione di qualche mangia-preti massoneggiante in delirio”. Eppure, “ogni giorno che passa, segna una nuova manifestazione di quell’opera assidua e mortifera di penetrazione,
di irretimento, di conquista nella quale i neri sono sapienti
più di ogni altro partito”27.
Il XX Settembre
In questo contesto sociopolitico le manifestazioni del XX
Settembre, data che aveva segnato nel 1870 “la fine della
teocrazia e dell’intolleranza religiosa”, assumono via via nel
corso degli anni connotazioni diverse; i preparativi e l’organizzazione della giornata che ricorda la caduta del potere
temporale dei papi sono per tradizione affidati alla Società
24. Democrazia-cattolica, Ivi, 22 maggio 1904.
25. L’unione fa… la forca, Ivi, 20 novembre 1904.
26. Il pericolo clericale, Ivi, 13 gennaio 1907.
27. Infiltrazione clericale, Ivi, 18 ottobre 1908.
42
operaia. Nelle edizioni del 1895 e del 1896 si rivendica la
libertà di pensiero, impossibile da raggiungere “fino a che
un uomo viva sfruttando un altro uomo, fino a che non siano infrante le barriere che separano gli uomini in due classi”28. Si ritiene dunque inutile festeggiare “sol per un magro
cambiamento di padrone”, per aver sostituito “alla signoria
teocratica quella monarchica”, quando la violazione delle
libertà di pensiero, di stampa e di associazione sono all’ordine del giorno29. L’anno successivo, la ricorrenza della Breccia di Porta Pia passa all’Aquila del tutto inosservata; la borghesia, dopo il suo passato anticlericale, “è tornata a
puttaneggiare col prete per la difesa delle sue rendite”. I socialisti, da parte loro, ritengono impensabile festeggiare una
data nel nome del libero pensiero quando il governo va preparando la legge sul domicilio coatto, la “legge infame” per
“aggredire il partito socialista ed anarchico”30. Dello stesso
profilo sono le manifestazioni del 1899 e del 1900, perché,
“dopo la sparizione del potere temporale dei papi, nulla si è
fatto col nuovo soffio di vita, nulla si è compiuto pel nuovo
Stato moderno […] Il XX Settembre, che doveva segnare il
trionfo della libertà del pensiero, è prodromo, invece, della
privazione di essa”31. L’anniversario di Porta Pia riacquista
vigore nel 1901, con l’inaugurazione della lapide a Giuseppe Garibaldi in Piazza Palazzo per ricordare che “dopo l’ideale patriottico” deve necessariamente sorgere ed imporsi
“quello della giustizia sociale”32. In tal modo il XX Settembre comincia a trasformarsi sempre più in occasione di stimolo all’aggregazione e alla lotta per la libertà, l’uguaglianza, l’emancipazione morale e materiale dei lavoratori33: “molte Bastiglie son cadute e cadranno, o compagni; ma perché,
finalmente, anche la Bastiglia del privilegio economico cada,
è pur necessario abbattere e distruggere il dogma”34. Significativo il 1907, anno in cui “la ricorrenza gloriosa della caduta del potere temporale dei papi”, con una definitiva presa
28. XX Settembre, «L’Avvenire della Democrazia», 22 settembre 1895.
29. Cfr. Un po’ di XX Settembre, «L’Avvenire», 20 settembre 1896.
30. Ivi, 3 ottobre 1897.
31. XX Settembre, Ivi, 24 settembre 1899. Cfr. anche La festa del XX settembre, Ivi, 24
settembre 1900.
32. Cfr.: I festeggiamenti del XX settembre, Ivi, 26 settembre 1901; Per la ricorrenza del
XX settembre, Ivi, 15 settembre 1901.
33. Cfr. XX settembre, Ivi, 20 settembre 1903.
34. XX Settembre, Ivi, 23 settembre 1906.
43
di distanze dall’anticlericalismo quarantottesco, assume “carattere schiettamente operaio”35. Per le vie del centro storico, al suono dell’Inno dei Lavoratori sfila il corteo composto
da oltre 1.200 partecipanti dietro “i fiammanti vessilli” dei
circoli socialisti dell’Aquila, Coppito e Castel del Monte e le
bandiere delle leghe di fornai, pastai, pittori, spazzini36. Avrebbe dovuto tenere il comizio conclusivo Francesco Saverio
Merlino37 ma non riesce a raggiungere la città; parla al suo
posto Emidio Lopardi, che coglie l’occasione per inaugurare “il vessillo della fiorente Lega di miglioramento dei calzolai”38.
Per il divorzio
Agli albori del 1902 riprende in tutt’Italia la campagna in
favore del divorzio e contro il matrimonio religioso. L’agitazione assume contemporaneamente connotati anticlericali
e laici, antireligiosi e civili, attraverso la propaganda e la capillare informazione, i comizi di piazza e le conferenze. Per
i socialisti il matrimonio si configura come un contratto civile per cui “deve poter essere sciolto o per tradita fede o per
impossibilità di convivenza”39. Il vincolo matrimoniale indissolubile non rappresenta altro che “una istituzione illogica
ed immorale”. Giuridicamente non è che un contratto
bilaterale, risolubile se una delle parti viene meno alle condizioni che lo hanno reso possibile. È “illogico e inumano
condannare irrevocabilmente due esseri che hanno una volontà e una coscienza a una catena odiosa”. E, a maggior
ragione, quando il papa stesso “si riserva il diritto, in casi
eccezionali, e dietro rispettabile retribuzione, di pronunziare il
divorzio. La duchessa della Torre lo ebbe per 220.000 lire;
Maria Mercedes Campos per 150.000 lire”40. Come viene fatto notare, coloro che “meno di tutti dovrebbero occuparsi
della questione del divorzio sono i preti, che hanno rinun35. Per il XX Settembre, Ivi, 15 settembre 1907.
36. Cfr. La nostra manifestazione, Ivi, 6 ottobre 1907.
37. Su Francesco Saverio Merlino (1856-1930) si veda G. BERTI, Francesco Saverio
Merlino. Dall’anarchismo socialista al socialismo liberale (1856-1930), FrancoAngeli,
Milano, 1999.
38. Per il XX Settembre, cit.
39. Pel divorzio, «L’Avvenire», 19 gennaio 1902.
40. Che cretini!, Ivi, 5 gennaio 1902.
44
ciato al matrimonio e fatto voto di castità”. Invece “sono proprio i preti che, atteggiandosi a tutori dell’istituto e della
famiglia, stanno facendo sforzi erculei per arrestare la corrente della civiltà verso il divorzio”. E lo fanno con le solite
armi “della calunnia, dell’insidia, della menzogna […], minacciando la solita perdita del paradiso per chi non li insegue”. Loro, che “predicando la miseria, la rassegnazione, la
mortificazione della carne […] fanno poi tutto l’opposto”41.
Si ritiene inammissibile che “dal giorno che un povero diavolo apre gli occhi alla luce, fino a quando la bara sua non è
stata ricoperta di terra, il prete gli sta sempre alle coste per
succhiargli le sostanze e avvelenargli l’esistenza con l’oppressione e la superstizione”42. Il clero passa all’azione, adoperandosi per raccogliere firme contro il progetto di legge; sono
molti gli individui che “cadono nella trappola clericale e […],
senza sapere quello che si faccia, firmano la petizione dei
reverendi”. Tutti i circoli socialisti vengono sollecitati a reagire per “togliere ogni valore all’agitazione promossa dai
papisti”43 e invitati a promuovere un’azione più organica ed
incisiva contro la chiesa cattolica e a favore del divorzio44.
Già sul finire del 1901 conferenze a riguardo e propaganda anticlericale in generale registravano una grande crescita, destando interesse e consenso tra la popolazione. La conferenza di propaganda Religione e Socialismo, ad esempio, nel
solo mese di settembre viene tenuta da Francesco Piccinini a
Coppito45 e da Emidio Lopardi a Preturo: “i nostri pretonzoletti sono in preda al più grande furore perché il Socialismo si va diffondendo anche fra queste buone e forti e misere popolazioni”46. Il 21 novembre invece uomini e donne si
stringono nella piazza di Pianola “intorno al nostro compagno Piccinini”. Il prete “suona a distesa le campane per un
bel pezzo; ma non per questo la conferenza non ebbe luogo,
anzi… Il nostro compagno per circa un’ora e mezzo parlò
innanzi a un numerosissimo pubblico, sfatando completamente tutte le corbellerie del prete”47. Si segnalano proteste
41. Il divorzio e i preti, Ivi, 2 febbraio 1902.
42. Ibidem.
43. Il divorzio. Abbasso i mistificatori, Ivi, 26 gennaio 1902. Cfr. anche: Intorno al
divorzio, Ivi, 2 marzo 1902.
44. Cfr. Per il divorzio, Ivi, 26 gennaio 1902.
45. Cfr. Propaganda, Ivi, 26 settembre 1901.
46. Da Preturo. Conferenza socialista. Cretinerie di un prete mangia socialisti, Ivi, 19
settembre 1901.
47. Propaganda, Ivi, 24 novembre 1901.
45
anche da San Vittorino, dove il prete “ha trasformata la chiesa in un ambiente politico, e perciò non fa altro che ingiuriare tutti quei che in questo pacifico paesello puzzano di
sovversività”48. Il 6 gennaio 1902, infine, Emidio Lopardi, “in
risposta alle stupide calunnie vomitate da un pretonzolo contro il Socialismo”49, tiene nuovamente tenuto nella piazza di
Bagno la conferenza Religione e Socialismo. Il terreno sembra
essere pronto: la campagna socialista pro-divorzio ha inizio,
diramandosi comizio dopo comizio anche nei centri più piccoli della provincia. A Paganica alla presenza di circa 200
contadini Lopardi illustra “i doveri di un buon socialista nella famiglia, verso gli avversari e con i compagni”, chiudendo
la riunione dopo una lunga discussione sul divorzio50. Preceduto e seguito da ampi dibattiti, il 16 marzo si tiene il comizio pro-divorzio all’Aquila, città “antesignana di modernità
schietta e di libera coscienza”:
CITTADINI!
Nelle lotte secolari del Pensiero, anelante a districarsi dalla
pastoie tenaci della teocrazia, l’Aquila nostra fu sempre
antesignana di modernità schietta e di libera coscienza.
Questa tradizione mobilissima, costantemente serbata con
orgoglio, si ravvivi e divampi ancora una volta in solenne
manifestazione di popolo, invocante la sollecita introduzione del divorzio nella legislazione italiana.
È d’uopo, pertanto, che la coscienza pubblica anche nell’Aquila gagliardamente proclami che l’istituto del divorzio,
già accolto nelle più civili nazioni, è conseguenza ineluttabile e riconsacrazione doverosa dell’indipendenza del potere civile dalla Chiesa; e che soltanto mercè il divorzio – eliminate le cause che oggi avvelenano tante disgraziate unioni, già moralmente dissolte – la famiglia potrà essere restaurata nella sua benefica integrità.
Così facendo – contro i maneggi obliqui di pochi ostinati
adoratori del passato, usi ad irretir coscienze timide ed ignare
– quanti siamo nell’Aquila spiriti liberi, fusi e confusi nella
stessa vibrazione di modernità innovatrice, riaffermeremo
alto e forte che la città nostra a niun’altra è seconda nella
buona battaglia della Civiltà contro l’oscurantismo.
48. Da S. Vittorino, Ivi, 1° dicembre 1901.
49. Dall’Abruzzo Socialista, Ivi, 5 gennaio 1902.
50. Da Paganica. Propaganda – Prete cretino, Ivi, 2 febbraio 1902.
46
CITTADINI!
Con questi intendimenti vi invitiamo al pubblico COMIZIO
che sarà tenuto domenica 16 corrente, alle ore 14 nel Teatro Comunale.
Aquila, 14 marzo 190251
Il 6 aprile Nicola Trevisonno52 e Arnaldo Lucci53 sono gli
oratori del comizio pro-divorzio di Castel Di Sangro. Contemporaneamente, per alzare il tiro contro la “nera canaglia”, sull’organo di stampa dei socialisti aquilani parte la
rubrica Continua la litania (prendendo il posto della precedente Moralità e Religione) che raccoglie corrispondenze,
descrizioni e denunce sui reati commessi dal clero italiano.
Le colonne vengono letteralmente invase da articoli con titoli: Prete feritore, Prete truffatore, Prete sovvertitore, Prete assassino, Prete spia, Prete canaglia, etc… L’anno successivo la rubrica cambia nome in Fra chieriche e sottane, ma i contenuti restano gli stessi: Invasione clericale, Attenti al confessionale, Un prete
che fa l’amore, Nella santa bottega, La Madonna pollaiuola, etc…
Con la Francia, contro i gesuiti!
Le polemiche e le intense battaglie anticlericali sono destinate a salire sull’onda degli eventi francesi: il ministero
Waldek-Rousseau, aiutato anche da una coalizione delle sinistre, con la legge del luglio 1901 si fa promotore di un’azione politica tesa ad eliminare il potere delle congregazioni
religiose. Questa battaglia, che darà luogo alla rottura tra il
Vaticano e la Repubblica francese, viene seguita con molta
attenzione dall’opinione pubblica e dalle forze politiche della
51. Testo del manifesto, Ivi, 16 marzo 1902; Per il resoconto della manifestazione
cfr. Cose Aquilane, il Comizio pro-divorzio, Ivi, 23 marzo 1902.
52. Nicola Trevisonno nasce a Civitacampomarano (CB) il 22 maggio 1875. Dopo
un esordio napoletano ed un soggiorno in Brasile si trasferisce nel maggio 1902 a
Sulmona e nell’agosto a Penne. Molto vicino al sindacalismo rivoluzionario e agli
anarchici, peregrina per l’Italia svolgendo un intenso lavoro di propaganda e di
organizzazione; nell’aprile del 1905 è costretto a rendersi latitante per sfuggire ad
una condanna a 10 mesi di reclusione per diffamazione a mezzo stampa. Arrestato
mentre regge la Camera del Lavoro di Udine, opera in seguito ad Ancona; nell’agosto 1914 è radiato dalla schedario dei sovversivi.
53. Su Arnaldo Lucci (Sulmona 16 settembre 1871 – Napoli 13 novembre 1945) si
veda F. PAZIENTE, Democrazia e Socialismo in Abruzzo (1870-1917), cit.
47
sinistra italiana anche se l’iniziale entusiasmo è destinato a
scemare.
Tra il 1848 e il 1866 si era assistito in Italia all’espulsione
dei gesuiti stranieri, alla soppressione di tutti gli ordini religiosi privi di utilità sociale e all’esproprio dei beni ecclesiastici di agostiniani, carmelitani, certosini, cistercensi, cappuccini, domenicani, benedettini e altri: “al principio del nostro risorgimento politico si comprese subito il pericolo clericale e non si perdette tempo per sopprimere i focolari dell’infezione”. Oggi, invece, “si strappano le provvide leggi fatte allora”. Alcuni di questi ordini, infatti, ed in particolar
modo i gesuiti, espulsi dalla Francia “tornano ora a piantare
le loro tende nell’Italia laica, nell’Italia moderna”. Il pericolo viene considerato allarmante, perché “qui da noi, ogni
intrigo fa capo al Vaticano”: come in tante altre città, “abbiamo inteso vociferare che i Padri Gesuiti stavano facendo prati per ripiantare le tende nella nostra Aquila”54.
Per dare impulso alla propaganda razionalista, i socialisti
aquilani avevano già ospitato Pietro Gori55, fiduciosi del “successo in ogni provincia d’Italia” che l’avvocato andava riscuotendo attraverso “le sue conferenze scientifiche, illustrate da
proiezioni luminose”56. Seguivano gli appelli del giovane
anarchico Guido Pighetti, per l’attivazione di “un centro studi ad uso specialmente delle classi operaie e studentesche”,
un “Circolo di studi sociali completato da una Università
Popolare”57. Segue la conferenza Su e giù per la dottrina anarchica, organizzata negli spazi del Circolo socialista il 15 gennaio 1905 dal nuovo gruppo anarchico Louise Michel58. Parla
54. I preti alla riscossa, «L’Avvenire», 4 ottobre 1903.
55. Di Gori si vedano le opere edite dalla Società Editrice Moderna, Milano: Bozzetti Sociali, 1947; Canti d’esilio, 1948; Ceneri e Faville, 1946-1947; Conferenze Politiche,
1948; Pagine di vagabondaggio, 1948; Sociologia Criminale, 1947; Ultime Battaglie, lettere
e scritti inediti, 1948. Su Gori si vedano: M. ANTONIOLI, Pietro Gori, il cavaliere errante dell’anarchia, BFS, Pisa, 1995; C. MOLASCHI, Pietro Gori, Samizdat, Pescara, 1999.
56. Cfr. Una conferenza scientifica di Pietro Gori, «L’Avvenire», 12 luglio 1903. Su
Pietro Gori in provincia dell’Aquila cfr.: Primo Maggio, Ivi, 17 aprile 1904; Una lieta
notizia, Ivi, 17 aprile 1904; Conferenza Gori, Ivi, 1° maggio 1904; Primo Maggio festeggiato, Ivi, 8 maggio 1904; Conferenza Gori, Ibidem; Conferenza Gori, Ivi, 22 maggio
1904; Conferenza Gori, Ivi, 29 maggio 1904; La partenza di P. Gori, Ivi, 12 giugno 1904;
«L’Abruzzo Radicale», 5 giugno 1904.
57. Cfr.: «L’Abruzzo Radicale», 22 gennaio 1905; Circolo di studi sociali, Ivi, 29 gennaio 1905; Università popolare e studi sociali, Ivi, 5 febbraio 1905.
58. Sul gruppo anarchico Louise Michel cfr.: ASAq Fondo Questura Cat A8, b. 21, f.
15; Anarchici all’opera, «L’Avvenire», 22 gennaio 1905; Il convegno anarchico laziale,
«Il Messaggero», Roma, 14 novembre 1905; Il comizio antimilitarista, «Avanti!», Roma,
20 novembre 1905.
48
Guido Pighetti, davanti ad una cinquantina di anarchici e
socialisti. Dopo aver consigliato “ai giovani socialisti di associarsi al partito anarchico, il quale è il migliore che corrisponde al bisogno del proletariato”, Pighetti si scaglia contro la religione, per “l’abolizione del dogma cattolico” e la
fine dell’ingerenza politica del Vaticano, ancora possibile
grazie al “numero eccessivo di cardinali”59.
Su periodico socialista compaiono al contempo gli articoli Il papa Medioevale (contro l’ordine inviato dal Papa al
clero francese a ribellarsi all’autorità civile60) e Boicottaggio
papale (sugli attacchi de «L’Osservatore Romano» a «L’Asino», che “battaglia come può e sferra calci poderosi, tirando
giù dagli altarini i santi e le sante del calendario”61), mentre
si fa quel che si può per organizzare comizi e pubbliche iniziative. In una numerosa assemblea, il Circolo socialista delibera di promuovere una solenne manifestazione di solidarietà alla nazione sorella “per la sua ferma opera di
epurazione della lue clericale che la infestava”, invitando a
partecipare “i partiti affini a tutti gli anticlericali” e ad esprimere così la “coscienza moderna della cittadinanza
aquilana”62. La Lega di resistenza fra i lavoratori delle calzature, riunita in assemblea domenica 27 maggio 1907, “saluta
fraternamente la Repubblicana e Civile Francia che, con la
formidabile scacciata del clericalismo procede a grandi passi verso la via luminosa della civiltà e del progresso”. Auspica
inoltre che “l’alto esempio della Nazione sorella illumini il
mondo Civile onde abbattere il clericalismo, procedendo
sempre verso l’emancipazione sociale”63.
torna all’indice
59. Cfr. ASAq Fondo Questura Cat A8, b. 21, f. 15.
60. Il Papa Medioevale, «L’Avvenire», 16 dicembre 1906.
61. Boicottaggio Papale, Ibidem.
62. Per la Francia laica e repubblicana, Ivi, 6 gennaio 1907.
63. La Lega Calzolai per la Francia laica, Ivi, 3 febbraio 1907.
49
CAPITOLO IV
Pensiero laico è pensiero libero
Educazione
“Ma come mai il prete, che non può comprendere la missione del genitore, che non sa che significhi famiglia, deve
essere quasi sempre proposto alla educazione dei fanciulli?”1. Con questo interrogativo, sul finire del “secolo della
pedagogia”, inizia negli ambienti del socialismo aquilano una
lunghissima e vivace riflessione sull’educazione, la pedagogia e la formazione.
La rivoluzione industriale ha prodotto nell’Europa
ottocentesca, con tempi e modalità diverse, una forte trasformazione nella società sotto tutti i punti di vista: migrazioni interne ed esterne, nascita del proletariato, urbanizzazione, mutamenti profondi nel territorio rurale e nelle
città, rivendicazioni di nuovi diritti, comparsa di nuove figure professionali, nascita di nuove identità di massa e di nuove élite, bisogno e ricerca di democrazia, movimenti delle
donne, il socialismo, partiti politici e organizzazioni di massa. In questo panorama, pedagogia ed educazione vanno
configurandosi sempre più come fulcro dell’evoluzione della società, come cardine di ogni progetto di cambiamento:
Nel grado di sviluppo sociale al quale oggi è giunta l’umanità, l’istruzione è una necessità assoluta e per conseguenza
tutti gli esseri umani hanno uguale diritto a godere dei suoi
benefici2.
Le teorie educative devono ora rispondere a diversi impegni sociali e, pertanto, assumere connotazioni più laiche;
1. Cronaca, «L’Avvenire», 6 maggio 1893.
2. Il monopolio della istruzione, Ivi, 19 agosto 1894.
50
ma “fintantoché in Italia avremo un governo il cui primo
articolo dello statuto garantisce il cattolicesimo-apostolicoromano religione ufficiale dello Stato […], è possibile sperare una scuola veramente laica, obbligatoria e gratuita?”3.
Le tensioni rivoluzionarie e radicali, i processi di ribellione delle masse e le istanze di democrazia promuovono una
centralità dell’educazione e della pedagogia, che assumono
così un ruolo di vero e proprio baricentro della vita sociale:
“non c’è dunque cosa più ingiusta che il monopolio della
istruzione, per il quale solo quelli che sono possessori delle
ricchezze han privilegio di istruirsi integralmente mentre i
poveri, i miserabili, son condannati a perpetua ignoranza”4.
L’educazione/pedagogia sostanzia di sé il politico,
rielaborandosi secondo nuovi modelli teorici che integrano
scienze e filosofia, sperimentazione e riflessione critica. Le
teorie educative si collocano definitivamente nella società,
rispetto alla quale agiscono come sintesi organica di prospettive e di valori: “se l’operaio vuole giungere a possedere questa desiderata istruzione, di cui sente la necessità come del
pane che mangia, non se l’aspetti dalla società d’oggi, basata
sulla disuguaglianza di classi e sullo sfruttamento. Egli potrà
averla solo con l’avvenimento di una società in cui sia produttore libero, dove non esistano privilegi di classe, e dove
infine l’uguaglianza di condizioni sia un fatto consacrato dal
lavoro, dal godimento, dall’istruzione e da tutte le manifestazioni della vita”5.
La scuola per i socialisti diventa veicolo di formazione del
cittadino partecipe e protagonista della società contemporanea. Un uomo nuovo, plasmato secondo un’idea politica e
sociale che risponde alla necessità di porre al centro della
riflessione il complesso rapporto tra educazione, scuola, pedagogia e società. Ogni teorizzazione pedagogica, progettazione educativa, sistema scolastico è strettamente dipendente da un tipo di società e da modelli di valori e di azione sociale che vengono propagati e diffusi attraverso la pedagogia.
Ci sono sì scuole “per i figli degli operai e classi per gli adulti”, ma non basta: “l’istruzione che vi si impartisce si limita
ad imparare a sillabare i doveri del cittadino, scritti per conto del ministero di polizia, o il catechismo, che insegna il
3. La scuola, Ivi, 11 ottobre 1893.
4. Il monopolio della istruzione, cit.
5. Ibidem
51
rispetto alle autorità costituite”6.
Il forte nesso con l’ideologia produce una sempre più
netta politicizzazione della pedagogia, un fitto intreccio con
le elaborazioni politiche, con i grandi movimenti sociali, con
le loro logiche ed i loro programmi: “come socialista mi importa che la scuola sia laica nel senso moderno della parola,
perché solo essa, seguendo l’indirizzo scientifico, può formare le vere coscienze, se non socialiste, almeno oneste”. La
scuola deve essere lo strumento primario per la costruzione
di una nuova società ideale e l’educazione un insostituibile
mezzo di lotta politica e sociale: “avanti nella marcia trionfale del progresso; nella emancipazione del pensiero da quel
bigottismo che infanga l’anima! Dovere di chi sa e di chi
conosce, strappare le moltitudini, le folle affamate di verità
e giustizia dalle grinfie di chi per fini propri ed egoistici vuol
ricacciarle nella tenebra medioevale. Via dunque queste suore! Alla luce del sole si percorra il pensiero che la scienza e
la realtà del fatto ci additano”7.
Il socialismo porta con sé la teoria delle classi antagoniste
che combattono per l’affermazione di valori di fatto negati
dalla società borghese, quali la libertà, la solidarietà e l’uguaglianza. La pedagogia viene saldata all’ideologia della società liberata, caratterizzata dall’uomo liberato, da realizzare
attraverso il lavoro liberato e dalla ricostruzione della convivenza sociale secondo il modello delle comunità. L’esigenza
di riorganizzare la società secondo un ideale di giustizia sociale e di uguaglianza tra gli uomini, come pure quella di
dare a tale società un ordinamento razionale ed organico,
contiene già di per sé un preciso risvolto educativo. Il rinnovamento delle regole di convivenza sociale, che devono essere alimentate dal principio di solidarietà, la trasformazione
in senso socialista delle varie istituzioni sociali (famiglia, fabbrica, Stato) e la progettazione di un’armonica società ideale implicano anche un profondo mutamento dell’uomo-cittadino. Un uomo nuovo, dotato di una mentalità egualitaria
e anti-individualistica, capace di comunicare con gli altri e
di rivalutare la stessa attività lavorativa.
Al contrario, “l’alto fine della laicità della scuola non è
compreso dai più, e ancora si confonde il maestro col prete,
il sapere e il sentimento con la credenza e la superstizione”:
6. Ibidem
7. Le monache!.., «L’Avvenire», 15 novembre 1903.
52
la scuola “ha fondamento umano”, è esperienza e ragione,
“procedimento consapevole e discussione”; la religione invece “ha fondamento divino”, è “rivelazione e autorità […],
unità di dottrine indiscusse e indiscutibili”8. Controllo e
subordinazione sociale avvengono attraverso la trasmissione
di idee sull’individuo e questa funzione di addestramento e
di condizionamento è ancora svolta essenzialmente dalle istituzioni della Chiesa. “Educazione e clericalismo, o, in altri
termini, scuola e chiesa, hanno un significato del tutto opposto tra loro […] La scuola primaria non è ancora in grado, in Italia, di poter dare i suoi frutti buoni, perché il prete
ne tiene tuttodì la cura, ossia il maestro è, nella più gran
parte, umile seguace del clericalismo. Fino ai sei anni il fanciullo non va alla scuola elementare. Dove e come viene educato fino a quell’età? O nell’asilo in mano a monache e a
maestre clericali o in certe case private […] dove giunge soltanto l’eco del prete che predica nella chiesa […]: i fanciulli
della strada pubblica non sono educati in altra guisa che con
le messe, le processioni e le altre funzioni di chiesa […] Il
fanciullo è ammesso a frequentare la scuola. Che cosa trova?
[…] Incomincia e termina le lezioni con preghiere, più o
meno lunghe, al buon dio […] Quando i piccoli Comuni
bandiscono i concorsi per gli insegnanti e i direttori didattici, chi decide nella scelta del candidato? Il prete […] Ecco,
in piccolo quadro, presentata la scuola italiana popolare. Si
parla di scuola laica… ma a chi si dà a credere?”9.
È la Chiesa la principale istituzione che nei secoli ha
espropriato autonomia, libertà e conoscenze agli esseri umani, imponendo ad essi forti condizionamenti, idee e valori
autoritari, di sottomissione, dai quali difficilmente ci si riesce a liberare. Una scuola laica quindi, non solo dovrebbe
“abilitare gli alunni alle future attività professionali” ma anche prepararli per la vita civile, educando il loro pensiero
“alla massima possibile indipendenza da qualsiasi preconcetto
dogmatico; deve affrontare i problemi fondamentali della
vita sostituendo all’abito dogmatico l’abito della indagine
razionalmente condotta e razionalmente comunicabile”. Ma
“può presumersi nel prete la attitudine a questo metodo di
educazione?”. Certamente no, perché “oggi, – come ieri del
resto e come domani – chi vesta l’abito talare non può edu8. Scuola e Chiesa, Ivi, 20 marzo 1904.
9. Educazione e clericalismo, Ivi, 5 novembre 1905.
53
care i giovani all’indipendenza dal preconcetto dogmatico
per la semplice ragione che egli medesimo deve fare del preconcetto dogmatico il fulcro di tutta la propria attività intellettiva e morale”. Non è inoltre pensabile “la coesistenza della libera scuola privata confessionale a fianco, anzi di fronte
alla scuola pubblica”. I due tipi di scuola, la laica e la confessionale, “si troverebbero in antagonismo ed in concorrenza
[…]. Se la Chiesa potesse anche penetrare, coi suoi sacerdoti, entro la scuola laica, dove n’andrebbe la uguaglianza nelle condizioni di lotta? La Chiesa condurrebbe la lotta contro
la scuola laica da fuori e da dentro di questa. Sarebbe non la
libertà, ma la dedizione dello Stato alla Chiesa”10.
L’educazione morale è sempre stata un mezzo efficace
per la manipolazione delle menti, frena inoltre il progresso,
che per sua natura è evoluzione, cambiamento, mantenendo l’ordine che vigente. Infine impedisce agli esseri umani
di accedere alle conoscenze capaci di mettere in discussione
l’autorità. In questo modo la Chiesa ha per lungo tempo
mantenuto i fedeli al suo servizio lasciando, in nome di dio,
gli uomini e le donne nella più ottusa ignoranza. “Siamo ricaduti in pieno medio-evo!”, si legge da una corrispondenza
da Gioia dei Marsi, attraverso l’educazione “che s’impartisce
nelle scuole di questo felice paese, grazie alla venuta delle
suore”. Dalla scuola “di queste suore del Signore, usciva un
fanciullo che aveva scritta sulla fronte la parola somaro. Nessuno fiatò […] Giorni fa fu legato un fanciullo con le mani
dietro la schiena. La mamma del fanciullo accorse… ma tutto finì lì. Ad alzar la voce contro i sistemi educativi del
monacume, c’è da esporsi all’odio e alle rappresaglie della
cricca imperante. Ma le autorità che fanno? Perché non si
provvede contro i maestri che moralmente e materialmente
torturano i loro scolari? Perché non si ordina la chiusura
della scuola privata delle monache?”11. Anche nelle piccole
scuole dell’aquilano “la clericocanaglia compie un’attiva propaganda”. Non è più il maestro bensì il parroco l’insegnante
effettivo “che detta i programmi, sceglie i libri di testo, ordina le vacanze, sta sempre nella scuola beffeggiando la libertà, esaltando il papato e … l’inquisizione”. È il clero che in
pratica “snatura l’indirizzo educativo e didattico delle scuo10. Scuola laica, insegnanti laici, Ivi, 3 novembre 1907. Cfr. anche A proposito della
scuola laica, Ivi, 15 dicembre 1907.
11. Dall’Abruzzo Socialista. Da Gioia dei Marsi, Ivi, 6 marzo 1904.
54
le: perché asservire la scuola all’incubazione clericale?”. Perché “il governo clerico-borghese ama le tenebre del prete
non già la luce del maestro e dell’educatore della civiltà”12.
A causa dell’educazione religiosa ogni padre ed ogni
madre assumono questa impostazione e la perpetuano nella
vita familiare; le ragazze soprattutto sono tenute appositamente alla larga da un certo tipo di studi per perpetuare la
loro dipendenza rispetto al padre e alla morale, in modo da
prepararle alla subordinazione: “in tutti i conservatori di
monache, le alunne sono infinitamente meno istruite di
quelle che frequentano le pubbliche elementari. Questo in
materia di istruzione […] In materia di educazione poi non
vi è chi non sappia che una caratteristica dell’educazione
cosiddetta religiosa sia l’ipocrisia e la menzogna […] E ciò è
naturale, perché nei conventi vigono ancora i sistemi di repressione a base di pene fisiche, di castighi brutali, come
negli antichi tempi […] Che le teste fasciate e le tonache
turchine, nere e color cioccolato lascino il posto a gente che
vive della nostra vita e che ama e soffre come noi”13. Le bambine e i bambini sono le prime vittime di questa opera di
condizionamento; prima la famiglia, poi la Chiesa, li considerano come un oggetto di loro appartenenza sul quale hanno il diritto di intervenire, guidare e indottrinare. Tramite
l’educazione morale vengono trasmesse la maggior parte
delle idee che controllano l’individuo e attraverso le scuole
avviene l’indottrinamento secondo i principi della legge e
dell’autorità. Le leggi vengono in tal modo interiorizzate dal
discente al punto tale che il controllo diventa interno, che
libertà arriva a significare soltanto libertà di obbedire alle
leggi. Così, se fin dalla tenera età i bambini subiscono un’educazione autoritaria e schematizzata, da adulti saranno inevitabilmente uomini schiavi e servili. E allora “che insorga
l’Aquila civile, moderna, lavoratrice e cancelli finalmente
questa piaga verminosa: dica che i suoi figli essa vuole educati alle libere e civili discipline e non all’ombra opprimente
del confessionale o nei meandri oscuri e freddi di scuole ove
l’odio si semina a piene mani”14.
Tali istanze, già confluite nella campagna per la laicizzazione dell’asilo infantile, sfociano ora nelle grandi agita12. Clericalismo nelle scuole, Ivi, 5 giugno 1904.
13. Monache francesi e… sistemi croati, Ivi, 27 gennaio 1907.
14. Cose aquilane: le monache francesi, Ivi, 27 gennaio 1907.
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zioni pro-Schola laica, in sostegno alla mozione del febbraio
1907 presentata alla Camera dal socialista Leonida Bissolati
per la completa laicità dell’insegnamento elementare. La
tematica monopolizza il dibattito, con vasta eco sulla stampa, dando vita ad un clima profondamente surriscaldato tra
i fronti opposti dei laici e dei cattolici.
A San Demetrio nei Vestini sono i maestri stessi a promuovere e ad organizzare la conferenza per il centenario
della nascita di Garibaldi, nella quale l’oratore “fustiga l’azione deleteria del prete nella società e nella scuola”15. Gli stessi
inviano un caloroso saluto ad Ernesto Nathan, mazziniano,
laico, eletto nuovo sindaco a Roma, augurandosi “trionfo
completo programma scuola laica”:
Ad Ernesto Nathan assunto primo magistrato Roma, indice
reazione contro invadente clericalismo, maestri Sandemetrio
Vestini mandano saluto augurale trionfo completo programma scuola laica16.
Il sindaco risponde immediatamente, “poiché dalla scuola libera comincia la forza delle nazioni”17. In un clima di
forti tensioni sociali e politiche, che vede Giolitti impegnato
a rafforzare i rapporti col mondo cattolico, il problema della
laicità della scuola diventa per gli insegnati democratici e
socialisti questione essenzialmente politica e non morale,
sulla base dell’idea che una religione particolare legittimata
in senso universale fungerebbe da fondamento ad una morale che implicherebbe inevitabilmente la scelta tra conservazione e innovazione sociale.
A Sulmona i soci del Fascio magistrale peligno, sezione
dell’Unione nazionale magistrale (UNM), si riuniscono in
assemblea il 5 gennaio 1908 per riaffermare “il principio della
laicità della scuola” e l’abolizione dell’insegnamento religioso nelle scuole elementari. Anche in quest’occasione il principio della laicità vuole identificarsi con quello dell’antidogmatismo, come riconoscimento della più ampia libertà
di pensiero e pratica dello spirito di tolleranza da realizzarsi
proprio a partire dall’ambiente scolastico: ossia principio di
libertà che va riconosciuto quale diritto originario ed
15. Contro la scuola laica…, Ivi, 17 novembre 1907.
16. Telegramma dai maestri di San Demetrio, Ivi, 8 dicembre 1907.
17. Telegramma di E. Nathan, Ivi, 15 dicembre 1907.
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ineliminabile della persona in quanto tale e perciò da sviluppare, sia negli insegnanti che negli studenti. Fondamentale
viene considerata la funzione metodologica del dialogo, ovvero del confronto aperto tra prospettive diverse, da opporre a quelle proposte atte a favorire un orientamento di pensiero unitario, caratterizzato dal dogmatismo metafisico e
dall’intolleranza ideologica. Di qui il carattere inconfondibile
della scuola laica quale luogo primario di incontro di prospettive differenti, in cui lo spirito di tolleranza “deve avere
il suo regno: pensiero laico è pensiero libero”. Il prete, invece, – ribadiscono gli insegnanti di Sulmona – “non può nella
scuola raggiungere lo scopo educativo di dare penetrazione
alla mente, vigore al corpo e rettitudine al cuore”, perché
“egli è schiavo del dogma, che propugna per la salute eterna
la mortificazione della carne e la rinunzia ai sentimenti più
puri”. E, proprio perché in tal modo “non possono essere
plasmate delle coscienze libere e dei caratteri dignitosi e fieri, quali son reclamati dalla società presente”, il Fascio di
Sulmona invita l’UNM “a provocare dal governo dei provvedimenti legislativi che inibiscano a preti e a suore d’insegnare sia nelle scuole pubbliche, sia in quelle private”18. Dalle
dichiarazioni appare evidente come si vogliano prendere le
distanze anche da quei colleghi che intendono laicità come
neutralità o come fedeltà ai dettami della scienza positiva,
rincorrendo un’obiettività che si tradurrebbe, di fatto, in
nuovo dogmatismo.
Il 17 febbraio 1908 il Teatro Orfeo dell’Aquila ospita più
di 700 cittadini che reclamano la laicità della scuola, sostenuti dai circoli socialisti dell’Aquila, Pizzoli, Coppito e Castel
del Monte (in quest’ultimo centro, qualche giorno prima,
Gaetano Camilli aveva tenuto la conferenza Scienza e religione19). A testimonianza della radicalizzazione della posizioni
sta l’adesione e la partecipazione all’iniziativa delle leghe di
cocchieri, cantonieri di città, muratori, braccianti, pastai e
fornai. All’unanimità l’assemblea vota la seguente mozione:
Il Popolo di Aquila raccolto la sera del 17 febbraio in imponente comizio invita il Parlamento ad assicurare il carattere
laico della scuola elementare, vietando che in essa venga
18. I problemi della scuola laica e la classe magistrale, Ivi, 19 gennaio 1908. Cfr. anche
Anticlericali, a voi!, Ivi, 3 marzo 1908.
19. Cfr. Da Castel Del Monte. Conferenza Camilli, Ivi, 23 febbraio 1908.
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impartito sotto qualsiasi forma l’insegnamento religioso20.
Emancipazione
Oltre alla figura del bambino fa irruzione definitivamente nell’ambito educativo, seppur con iniziale timidezza, anche la figura della donna:
Amate, rispettate la donna […] Cancellate dalla vostra mente
ogni idea di superiorità: non ne avete alcuna. Un lungo pregiudizio ha creato, con un’educazione diseguale e una perenne oppressione di leggi, quell’apparente inferiorità intellettuale dalla quale oggi argomentano per mantenere l’oppressione21.
Una forte critica è rivolta al matrimonio, che trasforma la
donna in “oggetto di mercato, gettata fra le braccia di un
uomo che non conosce e che non ama”22; famiglia e società
continuano poi a conservare “pregiudizi, idee grette, teorie
ancora medievali sulla questione della donna, che la impacciano e spesso l’atrofizzano nell’azione individuale”23. La
donna deve invece acquisire piena coscienza di sé, prendere
“parte attiva col pensiero e con l’azione a tutto ciò che ferve
e dà vita alla società attuale, o meglio, a tutto ciò che tende a
formare una società nuova”. E non basta dire: “la donna
dovrebbe avere più libertà –, sottolineano i socialisti – bisogna conquistarla e spezzare, giorno per giorno, caso per caso,
tutti quei pregiudizi che mettono la donna al livello dei bambini che han bisogno di essere sorvegliati e accompagnati
per via”. La libertà quotidiana forma nella donna il carattere, la sicurezza, quella serenità “e quel nobile orgoglio del
sentirsi indipendente in tutto, nel pensiero e nel sentimento; e soprattutto nel sentirsi libera di amare per impulso puro
e sincero dell’animo e non per ragioni che escono dall’ordine naturale, grande, nobile delle cose”24.
Ma allo stato attuale la donna è “ancora schiava completamente dell’uomo. Bambina, deve comprimere le sue di20. Pro Schola laica, Ivi, 23 febbraio 1908.
21. La donna, Ivi, 27 maggio 1894.
22. La donna nell’adulterio, Ivi, 20 maggio 1894.
23. La donna nuova, «L’Avvenire della Democrazia», 10 novembre 1895.
24. Ibidem
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sposizioni allo studio, perché la famiglia riserva ai maschi le
carriere professionali. Giovinetta, deve soffocar l’amor nascente se l’oggetto dei suoi palpiti è un giovine povero, giacché la famiglia lo vuol ricco. Sposa, è costretta a subire senza
protesta il tradimento dello sposo […] Madre, non ha diritti
sui figli e può vederli traviati da un padre ubriacone e vizioso, al quale le leggi riservano la patria potestà. Cittadina, non
ha alcun diritto all’amministrazione della cosa pubblica,
quantunque faccia parte del consorzio sociale. Lavoratrice,
le son contese moltissime professioni delle quali l’uomo si è
fatto il monopolio. Povera, non le resta che vendere il suo
corpo ai gaudenti delle classi elevate, o al prete stesso, che
dopo averla corrotta e sciupata, la getteranno con un calcio
al margine della via e correranno sulla cattedra o sul pulpito
a tuonar contro la morale socialista. Donna!! Questa nuova
morale, contro cui tuonano il borghese ed il prete, è anche
la redenzione tua!”25.
Già nel 1893 le pagine de «L’Avvenire» salutavano con
entusiasmo quelle donne siciliane che “invece di andare in
chiesa vanno al Fascio dei lavoratori” ed esortano addirittura i mariti a seguirle. Quelle donne, che “avevano obbedito
fin’ora alla parola d’ordine che le veniva dal confessionale”;
quelle donne, “tutto sentimento, si sono emancipate dal prete, comprese da un’altra fede più bella, più splendida, la fede
nell’Avvenire! […] Certi parroci laggiù in Sicilia, dovranno
averli veramente sull’osso del collo quei fasci di lavoratori”26.
Dopo millenni di subalternità sociale, educativa e di esclusione da scuola e istruzione, le donne finalmente iniziano
ad inserirsi nella scena sociale, culturale e politica con l’accresciuta consapevolezza della propria specifica identità e
con le loro lotte per l’emancipazione. Questo processo di
affermazione e di rivendicazione trova tra i ceti popolari il
terreno e i mezzi più congeniali alla sua realizzazione soprattutto attraverso una paziente opera educativa e di propaganda:
La conferenza di propaganda del compagno [Francesco]
Masci, sul tema importantissimo: La donna e la famiglia nel
socialismo, sarà tenuta quest’oggi alle 16 nei locali del Circolo socialista aquilano. L’importanza del tema ci dà ragione
25. La donna, «L’Avvenire», 28 ottobre 1906.
26. La donna, Ivi, 15 ottobre 1893.
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di credere che gli operai interverranno anche questa volta
numerosi27.
Le richieste di una sempre maggiore alfabetizzazione, di
un’apertura delle selettive e discriminanti istituzioni scolastiche e la volontà di partecipazione politica caratterizzano
la nuova cultura femminista. Viene posto l’accento sull’autonomia femminile e sui valori diversi che la ispirano, si prospetta un’educazione tutta al femminile per le donne, che le
separi dal contesto maschile della società e le immerga nei
loro valori, partendo da prospettive radicalmente nuove ed
alternative ai modelli in corso: “oggi non è più la donna che
sotto la veste di vergine sacra, ispira canti fervidi ai giovani
amatori; non è più la sposa fedele che crea la delizia dell’alacre marito; non è più la madre, circondata da un’aureola
luminosa che veglia sollecita al capezzale del biondo
pargoletto; non è più l’amante che serra l’amante nell’amplesso spasmodico. Oggi la donna ci si rivela sotto una nuova ed inattesa manifestazione; oggi essa abbandona le sue
millenarie occupazioni, per scendere armata nella lizza della vita attiva ed operosa, per conquistare quei diritti politici
che le furono sempre negati”28.
Libero amore
In termini romantici e antireligiosi vanno diffondendosi
sempre più sulla stampa proletaria aquilana articoli e riflessioni volti all’educazione emotiva e sentimentale del proletariato. Si tratta dei costumi, degli atteggiamenti e dei comportamenti, e in particolar modo del libero amore, “giocondo
e ribelle”, per usare le parole del Gori: “accarezzo le tue carni e disprezzo ogni legge del mondo”. Si dipinge la figura
della nuova donna, “compagna e veramente uguale all’uomo nei diritti e nei doveri […] fine dei pensieri, degli affetti,
delle aspirazioni; non donna schiava o donna venduta” ma
donna libera29. “Mi sembra udirti dire: dunque sei o no credente?. Credo nell’amor che ti fa bella: un tuo sguardo mi
27. Conferenza, Ivi, 6 dicembre 1896.
28. Femminismo ed antifemminismo, Ivi, 7 aprile 1907.
29. Lettera aperta, Ivi, 25 novembre 1894.
60
trasporta sull’Empireo, un bacio tuo mi fa comprendere
dio30”. Si prende di nuovo in prestito la figura di Satana, identificazione anche del libero amore:
Se l’amore d’un demone t’alletta,
eccomi a te vicino;
folgori e lampi su di me saetta
il castigo divino.
Eppur son giunto senza alcuna tema
degli angioli e di Dio
a te d’appresso; e solo il cor mi trema
di febbre e di desio!
Oh, come intisichiscon dell’averno
le abusate bellezze!
Vieni fanciulla, io per te son l’eterno,
il re delle grandezze!
Ti griderò del foco alta regina
e del mio cor profondo,
finché vedremo, un dì, la gran ruina,
ridendone, del mondo!
Noi sugli astri spezzati e ancor fumanti
ci rizzeremo allora,
e, forti dell’amor, eterni amanti,
ci baceremo ancora!31
Questa chiave di lettura verrà riproposta qualche anno
più tardi con la conferenza Il Diavolo del 20 luglio 1909 al
Teatro Orfeo. Parlerà per l’occasione Guido Podrecca, de
«L’Asino», rivista romana di satira politica, spiegando che
“per noi anticristiani ed anticattolici esso vuol dire amore,
vuol dire piacere, vuol dire gioia, vuol dire vita, vuol dire
godimento”32. Per i borghesi, al contrario, lo stesso matrimonio non è che un contratto: non si sposa la donna “ma il
corredo, l’eredità […], è l’interesse economico che lo fa celebrare o lo manda a monte”. Il vero amore, invece, “nasce
da uno sguardo in un istante fatale, come la scintilla elettrica si sprigiona dai reofori senz’altra condizione che l’avvicinamento”33; e “come la scossa scuote l’organismo così l’amore infonde nuova vita, apre nuovi orizzonti. Quale cuore al30. Lettera aperta, Ivi, 9 dicembre 1894.
31. S. BERINI, Serenata di Satana, Ivi, 14 luglio 1893.
32. Conferenza Podrecca, Ivi, 26 luglio 1909.
33. Lettera aperta, cit.
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lora può opporsi a due cuori che battono all’unisono?. L’amore è il dio benefico che rende sopportabile la vita, in un bacio si dimenticano tutti i dolori, in un abbraccio trova la calma l’animo angosciato e ne esce temprato e forte a sostenere lotte maggiori”34.
Amore libero allora, contro i valori borghesi e la morale
cattolica; amore libero come forza per combattere, allo stesso tempo, “il cielo e l’inferno collegati contro di noi”. Amore libero in cui trovare forza e coraggio “se non per vincere,
almeno per combattere […]. Viviamo del e per il nostro
amore e quando le nostre mani si stringeranno, quando le
nostre labbra si uniranno in un bacio ardente, in un sol colpo dio e satana segneranno una sconfitta”35.
Così Francesco Donatelli36, in una corrispondenza da
Lugano, si rivolge alle donne aquilane:
Amate dunque, o giovani figlie di Venere, e che l’affetto
vostro, libero si sprigioni dal seno, con tutto l’impeto, con
tutta l’ispirazione, che infondono e la fresca età e li effluvi
dell’oggi; amate, intieramente amate, senza comprimere, né
falsare i battiti del core… Rinnegate perciò quella larva
d’amore che predica il prete per farvi schiave di bugiarde
dottrine.
Amate, ma che l’amor vostro rispecchi intiero l’ardore, la
frenesia dell’anima, non l’ipocrisia di un affetto artificiale,
che la gente cosiddetta pratica, impastoiata dalla superstizione e dal pregiudizio. Amate, amate fanciulle, e non dimenticate mai che è oltraggio alla Natura il reprimere uno
qualunque dei vostri sentimenti, il soffocare qualsiasi dei
fremiti naturali del vostro amore37.
La lotta per l’emancipazione integrale è, come abbiamo
visto, assegnata in gran parte all’educazione. E il cammino
non è privo di ostacoli. Qualche anno più tardi bisognerà
ancora denunciare che “per nostra sventura il clero è sempre ed ancora il padrone del popolo, delle nostre donne,
delle nostre figlie, ed anche dei nostri governi, perché gli
riesce di spadroneggiare nelle nostre scuole!”. È interessan34. Leggendo Milton, «L’Avvenire della Democrazia», 15 settembre 1895.
35. Male e Rimedio, «L’Avvenire», 9 settembre 1894.
36. Su Donatelli cfr. ASAq Fondo Questura Cat A8, b. 97, f. 6.
37. F. DONATELLI, Lugano, marzo 1895, Amate fanciulle!, «L’Avvenire», 31 marzo 1895.
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te e significativo notare come per un’educazione libera ed
una libera crescita, effettivamente in grado di creare un nuovo modo di vivere e di pensare, venga posta come centrale
l’educazione delle bambine, “future donne e madri […] È
la donna che può cambiare il mondo dell’anima, e perciò è
la donna che bisogna guadagnare alla nostra causa, se vogliamo veramente progredire ed emancipare da ogni pastoia
il pensiero umano”38.
La sezione dell’Internazionale del Libero Pensiero
Nel settembre 1904 si svolge a Roma il Congresso Internazionale del Libero Pensiero, il principale evento politicoculturale anticlericale dell’epoca giolittiana: vi partecipano
intellettuali e rappresentanti di associazioni di molte nazioni39 e oltre un migliaio di delegati italiani coordinati da Arcangelo Ghisleri40. Ghisleri era stato l’unico rappresentante
italiano al precedente congresso internazionale, svoltosi a
Ginevra nel 1902, assumendo in quell’occasione l’incarico
di organizzare l’incontro romano. L’intellettuale lombardo
si era messo subito al lavoro contribuendo alla nascita di varie associazioni nella penisola e a dar vita alla Federazione
nazionale del Libero Pensiero Giordano Bruno. In un periodo in cui anche il Vaticano accentua l’atteggiamento ostile e
di scontro nei confronti delle organizzazioni socialiste, anarchiche e proletarie, il congresso internazionale di Roma assume particolare importanza sia per la particolare fase politica che attraversa l’Italia sia per il vasto numero di adesioni
e di partecipanti. All’Aquila i preparativi del congresso vengono attentamente seguiti da «L’Avvenire». Già dal mese di
marzo il giornale inizia ad informare i lettori (“l’associazio38. Il pericolo clericale, Ivi, 2 dicembre 1906.
39. Giungono per l’evento militanti e congressisti belgi, boemi, francesi, inglesi,
norvegesi, olandesi, portoghesi, russi, spagnoli e ungheresi. Partecipano tra gli italiani Giuseppe Sergi, Roberto Ardigò, Napoleone Colajanni, Mario Capisaldi,
Guglielmo Ferrero, Enrico Morselli e Cesare Lombroso; tra gli stranieri il filosofo
Haeckel, il sociologo e pacifista Nivicow, i deputai belgi Furnemont e Lorand, lo
scienziato francese Berthelot, lo scrittore norvegese Bjornson, l’educatore libertario francese Paul Robin e quello spagnolo Francisco Ferrer y Guardia. Angelica
Balabanoff rappresenta lo schieramento socialista mentre Luigi Fabbri coordina la
rappresentanza degli anarchici.
40. Su Arcangelo Ghisleri (1855-1938), intellettuale, giornalista, geografo, repubblicano e federalista si veda A. BENINI, Vita e tempi di Arcangelo Ghisleri (1855-1938),
Manduria, Lacaita, 1975.
63
ne del Libero Pensiero è un grandioso movimento di emancipazione intellettuale e sociale, inteso a strappare tutti i
popoli all’oppressione dei dogmi e delle chiese”), auspicando
la costituzione di una sezione locale: “anche nella città nostra una sezione del Libero Pensiero deve sorgere, che dovrà
nel futuro settembre, a mezzo di propri rappresentanti, dare
il suo voto contro l’invadenza clericale e l’espandersi delle
congregazioni”41. Il periodico sottolinea che in vista del congresso ovunque “sorgono gruppi aderenti alla Federazione,
destinati ad essere focolai di propaganda laica e di incivilimento. Perché anche l’Aquila nostra non dovrebbe partecipare?”42.
La costituzione della sezione locale, tuttavia, si registra
immediatamente dopo l’assise romana, il tutto preceduto da
propaganda, manifestazioni e svariate iniziative. In un comizio del 2 ottobre, sotto la regia di Emidio Lopardi, Carlo
Chiarizia e Virgilio Rossi si costituisce il comitato promotore43 che dà alle stampe il manifesto pubblicizzante le conferenze anticlericali organizzate per il giorno 9 ottobre al Teatro Comunale:
CITTADINI!
Non valse infrangere le catene degli schiavi, diroccare le
castella dei feudatari, proclamare i diritti dell’uomo; non
valse a magnanimi cuori e poderosi intelletti accendere la
face del vero e rischiare con essa le vette eccelse dell’ideale;
e non valse l’addensarsi della falangi popolari, moventi alla
diuturna e sempre più viva lotta per la effettiva conquista
dei supremi fini di giustizia sociale.
L’umanità non è ancora affrancata da ogni vincolo e servitù; e non lo sarà affinché non sia affrancato il pensiero. La
barriera che, ponendo confini all’umano pensiero, sorge
formidabile di contro all’avvenire è il dogma; e di quella
barriera ogni illecito dominio si fa difesa.
Ma oggi il mondo civile ha ciò inteso: la storia è delle lotte
per l’emancipazione della coscienze, che ha date e nomi
ormai sacri e fulgori di leggenda per ardimenti e martiri di
pochi, ed è oggi divenuta storia di popoli, che si sono uniti
per la grande battaglia ed hanno testé mandato i loro rap41. Le congregazioni religiose e il Libero Pensiero, «L’Avvenire», 27 marzo 1904.
42. Per una sezione aquilana del Libero Pensiero, Ivi, 14 agosto 1904.
43. Cfr. Comizio del Libero Pensiero, Ivi, 25 settembre 1904.
64
presentanti nella capitale italiana a riconsacrare in solenne
convegno il patto e i propositi comuni.
CITTADINI,
nella nostra città, che il poeta della democrazia disse forte
come le balze che la circondano e libera come le aure che
ne coronano le cime, non può mancare un’alta, solenne
manifestazione per la liberà del pensiero, che mentre risponda, come sentita e fedele eco al Congresso Internazionale
di Roma, sia occasione per stringere anche in quest’alpe
nostra le file di tutti i liberi pensatori, ordinare e disciplinare il popolo per la necessaria battaglia.
A tal fine, domenica 9 corrente, alle ore 14 e mezzo, al Teatro Comunale, sotto la presidenza del Prof. Virgilio Rossi,
saranno tenute due pubbliche conferenze dagli avv. Carlo
Chiarizia ed Emidio Lopardi.
Aquila, 7 ottobre 1904
Il Comitato44
All’incontro partecipano più di 600 cittadini45.
Il percorso prosegue con la conferenza Socialismo e Libero
Pensiero, tenuta da Gaetano Camilli46 al Teatro Orfeo “per
chiarire e colmare le lacune lasciate nei loro discorsi dagli
avvocati Chiarizia e Lopardi”47. Segue l’articolo Governo e
Clericalismo in rapporto al Libero Pensiero, nel quale si vuole
ancora sottolineare che, “sciolti da ogni vincolo o catena di
dogma e di clericalismo, a noi preme ancora sul capo un’autorità: il potere governativo”. Un concetto questo, a giudizio
di Camilli, “non fu delucidato agli ascoltatori dai due conferenzieri” nelle iniziative del 9 ottobre. L’articolista rimprovera Lopardi per aver scisso la questione “tra catene di dogma e manette di polizia; tra fiamme d’inferno o di rogo e
fuoco di fucili e cannoni; tra la tortura dell’inquisizione e la
cella del reclusorio […] Non semplice anticlericalismo noi
44. Testo del manifesto, Ivi, 9 ottobre 1904.
45. Per il resoconto delle conferenze del 9 ottobre 1904 cfr. Comizio “Pro Libero
Pensiero”, Ivi, 16 ottobre 1904.
46. Su Gaetano Camilli e la frangia anarcosindacalista del socialismo aquilano si
veda R. COLAPIETRA, Antimilitarismo e pacifismo all’Aquila dall’Unità d’Italia al fascismo, Edizioni della Sezione “Antonio Gramsci – area cultura”, Democratici di Sinistra, L’Aquila, 2005.
47. Conferenza Camilli, «L’Avvenire», 23 ottobre 1904.
65
dunque facciamo; ma lotta contro ogni oppressione”48.
Nonostante le polemiche, per tutti comunque “urge stringere le file di tutti i sinceri anticlericali, per fronteggiare il
comune nemico”49. Domenica 16 ottobre il comitato promotore redige una prima bozza dello statuto dell’associazione,
da sottoporre, il giorno successivo, all’assemblea degli aderenti e discutere quindi il seguente OdG:
1.
2.
3.
4.
Approvazione del Regolamento-Statuto
Elezioni del Consiglio Direttivo
Propaganda per il Libero Pensiero
Comunicazioni varie50
Il 17 ottobre, nei locali della Società operaia di Via Roio,
si riunisce finalmente l’assemblea, composta da una cinquantina di persone. In molti mandano l’adesione. Sotto la presidenza dell’avvocato Lattanzi e con il dottor Gubitosi alla segreteria viene approvato lo statuto e deliberata la costituzione della sezione aquilana dell’Associazione Nazionale del
Libero Pensiero Giordano Bruno. Su proposta del socialista
Lopardi, infine, l’assemblea approva all’unanimità l’invio del
seguente telegramma al ministro Combes a Parigi:
Gli anticlericali di Aquila degli Abruzzi radunati per costituire una locale sezione della Federazione internazionale del
Libero Pensiero, auspicando fervidamente vittoria alla crociata intrapresa dalla democrazia laica e sociale di Francia a
presidio del patrimonio comune di civili idealità, salutano
in voi la gloriosa nazione sorella, invitta antesignana di ogni
più audace conquista nelle vie luminose del progresso51.
La scelta della Società operaia come sede della nuova organizzazione non è casuale. Sono molte infatti quelle società razionaliste che tentano di svolgere un ruolo di cerniera
fra l’associazionismo politico-culturale e quello economico;
un ruolo non marginale nel vasto e variegato universo
dell’associazionismo popolare, perché incide sul comportamento individuale dei ceti subalterni che tentano di scalzare
48. Governo e Clericalismo in rapporto al libero pensiero, Ivi, 23 ottobre 1904.
49. Comizio “Pro Libero Pensiero”, cit.
50. Sezione Aquilana “Pro Libero Pensiero”, Ivi, 16 ottobre 1904.
51. Associazione pro Libero Pensiero, Ivi, 23 ottobre 1904.
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dalle loro coscienze l’opprimente cultura cattolica. Probabilmente tale scelta è mossa anche dalla diffidenza diffusa
negli ambienti anarchici e socialisti verso il progetto pluralista
ghisleriano, nel timore che la questione del libero pensiero
possa rimanere chiusa in un alveo massonico-istituzionale.
Per l’elezione del Consiglio Direttivo viene indetto un
nuovo incontro per il giorno 23 ottobre. Tutto è pronto: la
nuova sezione ora può finalmente iniziare il suo percorso di
formazione laica, scientifica e razionalista. Il professor Griffini
tiene una prima lezione sulla variabilità ed evoluzione della
specie: “alla antica teoria della flessibilità delle specie, alla
quale già si opponevano le variazioni presentate dalle piante
coltivate e dagli animali domestici, è sostituita oggi la teoria
della variabilità ed evoluzione della specie”52. La seconda lezione sulle teorie evolutive viene fissata per l’11 dicembre al
Teatro Orfeo53.
Dopo la pubblicazione dell’articolo Socialismo e libero pensiero però, della sezione aquilana se ne perdono quasi le tracce. La critica socialista è rivolta alla partecipazione borghese
e massonica all’associazione: “non si comprende come un
libero pensatore in religione possa poi essere un reazionario
della politica”. Si denuncia in particolar modo la totale assenza di solidarietà delle sezioni nazionali nei confronti dei
fer rovieri, in agitazione su tutta la penisola per la
statalizzazione delle linee e contro le compagnie private, per
le condizioni generali di lavoro e contro la militarizzazione
del personale: “l’Associazione del Libero Pensiero avrebbe
dovuto dunque far sentire la propria voce in un’occasione
così grave, ed invece ha taciuto”54.
La sezione aquilana si riattiva qualche anno più tardi, “ravvivatasi, dopo un lungo periodo di letargo, di nuove e promettenti energie”55. La seconda inaugurazione è del 17 febbraio 1908 presso la Sala Rossa del Teatro Comunale alla
presenza di circa 150 cittadini. Partecipano i rappresentanti
dei partiti popolari ed una consistente delegazione studentesca56. Si rincomincia con un ciclo di lezioni scientifiche per
52. Circolo del “Libero Pensiero”, Ivi, 30 novembre 1904.
53. Cfr. Associazione del Libero Pensiero (Sez. di Aquila), Ivi, 11 dicembre 1904. Per il
resoconto cfr. Dottrine Evolutive, Ivi, 18 dicembre 1904.
54. Socialismo e Libero Pensiero, Ivi, 16 aprile 1905.
55. Lezione… froebeliana di libero pensiero, Ivi, 12 aprile 1908.
56. Cfr. Inaugurazione, Ivi, 23 febbraio 1908.
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i lavoratori tenute dal nuovo segretario Giuseppe Berti sempre negli spazi della Società operaia. Tra il 20 e il 27 marzo si
sviluppa il ciclo su L’Universo Stellato, articolato in due lezioni: La terra ed i suoi movimenti e La Luna: “si ricorda alla classe
operaia, a cui particolarmente sono dedicate queste modeste conversazioni, che senza istruzione l’uomo sarà sempre
schiavo e vittima”57.
L’anno precedente si era costituita anche la sezione del
Libero Pensiero di Sulmona. Aveva preso parte alle manifestazioni per il diritto alla casa promosse dai ferrovieri di quello
scalo, all’elaborazione di un’interpellanza da presentare al
Parlamento per far ottenere ai lavoratori delle strade ferrate
l’indennità di alloggio, alle proteste popolari sul caroviveri58
e alle agitazioni antimilitariste che dilagavano in tutti i centri della penisola59. Nella cittadina peligna però l’ostilità dei
cattolici era stata molto intransigente, tanto che la preparazione di un comizio di propaganda anticlericale di Carlo
Chiarizia per l’11 agosto aveva provocato risse e tumulti. Si
legge addirittura “di preti che avrebbero aizzato dei contadini fanatici perché, armata mano, avessero fatto violenza sugli anticlericali, impedendo teppisticamente il comizio”. Il
sottoprefetto vietava la manifestazione per la coincidenza con
una processione religiosa, contribuendo così a rinfocolare
lo stato d’animo dei promotori: “è dovere di tutti gli
anticlericali, di tutti gli uomini liberi di rintuzzare l’umiliante provocazione, contrapponendo la santa violenza della legittima difesa alla furia criminale degli aggressori”60. Da segnalare nella cittadina peligna anche l’inizio delle pubblicazioni del periodico «Lucifero», d’ispirazione repubblicana,
che nel sottotitolo si definisce quindicinale di libero pensiero.
Un’accesa polemica anticlericale si sviluppa anche sulle colonne del «Corriere della Marsica», periodico del blocco democratico di Avezzano, che in questi mesi inizia le pubblicazioni raccogliendo forti consensi tra la popolazione61
57. Sezione dell’Aquila del Libero Pensiero, Ivi, 15 marzo 1908.
58. Cfr. Prefettura di Aquila, 2 giugno 1907, al Ministero dell’Interno, in ACS, MI,
PS, Dagr, a. 1907, b.1, f. 10/70, Aquila.
59. Cfr. La conferenza antimilitarista, «Il Germe», 20 ottobre 1907.
60. Per il buon nome d’Abruzzo e contro la teppa clericale, «L’Avvenire», 18 Agosto
1907.
61. Sul «Corriere della Marsica» (1908-1910) cfr. SPAM, p. 76.
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CAPITOLO V
In piazza!
Risveglio anticlericale
La parabola di questo “risveglio anticlericale”, così definito nella stessa stampa aquilana, inizia a crescere esponenzialmente a partire dal 1907. Convegni, riunioni, assemblee di leghe e gruppi, piattaforme via via perfezionate nel
corso delle mobilitazioni stesse, portano a chiarimenti teorici, ripensamenti ideologici, ricerca di precisazione di obiettivi pratici e di organizzazione. Il continuo dibattito sui valori politici insiti nell’anticlericalismo – indispensabile anche
per cementare i mai interrotti rapporti tra anarchici e socialisti – occupa quasi sempre la prima pagina del settimanale
socialista, richiamando, a tal scopo, Bakunin per l’antiteismo,
Johann Most su La peste religiosa (“la terra ha da diventare
soggiorno di uomini, e non un campo di gioco per dio e pel
diavolo, come essa fin’ora è stata! In conseguenza, strappiamo dai cervelli le perniciose idee religiose”1), Antonio
Labriola per i rapporti tra anticlericalismo, socialismo e questione sociale: “anticlericalismo, se ci fermiamo alla parola,
è soltanto una negazione. Ma la semplice negazione non può
essere un fatto. Si tratta, certo, di non essere coi preti o con
chi tresca con essi; ma si vuole, all’azione clericaloide, opporre un’azione positiva, combattiva, efficace in senso contrario”2. Viene operata una definitiva e netta distinzione tra
l’anticlericalismo giacobino e quello socialista, perché “la
vecchia impalcatura cattolica, intesa come istituzione politico-economica assiduamente operante nei conflitti sociali, è
un ostacolo alla ascensione della classi lavoratrici e produttive”3. La questione diventa definitivamente prima economi1. G. MOST, Pazzia religiosa, «L’Avvenire», 30 giugno 1907.
2. Il “nostro” Anticlericalismo, Ivi, 3 marzo 1907.
3. Contro corrente! Anticlericalismo giacobino e anticlericalismo socialista, Ivi, 11 agosto 1907.
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ca, poi morale: il clero è una classe che si frappone tra proletari e borghesia. Di conseguenza, il clericalismo esiste a danno degli interessi economici del proletariato, “essendo nient’altro che un’organizzazione potente per denaro e per dominio morale”4 al servizio della classe borghese dirigente.
Per i socialisti questo è testimoniato dalla condizione sociale
spagnola, “la cui decadenza è dovuta principalmente al fatto
di essere costretta nelle spire sacerdotali”5. E allora, finché si
è ancora in tempo, “ci pensi il governo italiano (accusato
senza mezzi termini di filo-clericalismo6) e ponga energicamente un ostacolo a frati, suore e preti, a nuove invasioni di
codesti nemici della vitalità d’un popolo, di codesti eviratori
dell’anima, di codesti distruttori delle individualità umane”7.
Una forte spinta al movimento viene dai preparativi per
la realizzazione delle manifestazioni del 17 febbraio 1907.
La scelta della data, sicuramente la più rappresentativa del
calendario anticlericale, non è appunto casuale: si ricorda
in quel giorno la figura di Giordano Bruno, l’universale
“martire della libertà di pensiero”. Il Comitato centrale romano lancia agli eretici la proposta di una lunga e intensa
agitazione da preparare, seguire e realizzare in tutte le località d’Italia “contro la marea reazionaria e clericaloide che
dilaga”. Tutto deve avere inizio il 17 febbraio attraverso comizi e manifestazioni di piazza, per marcare “le aspirazioni
dell’Italia moderna che non sa e né vuole rassegnarsi ai
fornicamenti di gran parte della borghesia italiana con la
quintessenza della insorgente reazione clerico-moderata”8.
L’Aquila risponde all’appello con la costituzione di un
sottocomitato per l’organizzazione del corteo cittadino e dei
comizi. La partecipazione è aperta a tutte le forze laiche e
anticlericali. I raggruppamenti d’area socialista indicano la
sede della Società operaia come proprio punto di concentramento e deliberano di distribuire gratuitamente duemila
copie del giornale di propaganda popolare «Il Seme». La
redazione de «L’Avvenire» prepara un numero speciale per
l’occasione aperto dall’articolo La questione Anticlericale e i Socialisti:
4. L’anticlericalismo socialista, Ivi, 22 settembre 1907.
5. Il pericolo clericale, Ivi, 12 maggio 1907.
6. Cfr. La politica clericale del governo italiano, Ivi, 19 maggio 1907.
7. Il pericolo clericale, cit.
8. Comizio anticlericale, Ivi, 10 febbraio 1907.
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I socialisti non debbono essere degli anticlericali a quel modo
che conviene ai preti e alla borghesia reazionaria. Il vero
anticlericalismo non consiste in quel volterrianismo dileggiante il sentimento religioso, che fa ridere i preti ed urta le
fedi sincere. Esso deve consistere nel dissipare le dense nebbie che avvolgono il pensiero delle classi povere; nel sollevare la coscienza depressa e rassegnata delle classi diseredate
[…] Bisogna attenersi al concetto socialista per il quale la
mentalità religiosa dipende dallo stato economico delle
masse e da quello della loro cultura […]; l’anticlericalismo
migliore si fa mettendo in armonia le parole con i fatti. Incominciamo a togliere la gioventù al prete, impartendole
un’educazione fondata sul dovere e sul razionalismo; facciamo che le donne non subiscano più oltre l’influenza del
confessionale; ridoniamo all’uomo la fiducia in se stesso,
sgombrando nella sua mente la credenza del soprannaturale, ed allora si che avremmo fatta opera anti-oscurantista9.
Seguono due articoli su Giordano Bruno: il primo
ripercorre una sua biografia essenziale in forma semplice e
romanzata. Il secondo si sofferma su due punti del suo sistema filosofico “e cioè la tendenza ad instaurare un sistema
filosofico fondato sulla ragione e sulla verità, invece di quello cattolico dominante fondato sul dogma e sulla menzogna”;
la “quasi incompleta non rispondenza del vero scientifico,
obiettivo, da quel pseudo vero che essi [il clero] bandivano
e a cui giungevano per una serie di deduzioni procedenti da
un concetto originario falso e fantastico”10. Il numero speciale si chiude con la riflessione dal titolo Il 17 febbraio 1600 e
il 17 febbraio 1907, anniversario per cui necessariamente si
pone la figura di Bruno come simbolo “del labaro che noi
oggi spieghiamo per combattere la Chiesa, che se in tempi
remoti ebbe ragioni storiche di esistere, ora è solo pretesto
per lo sfruttamento e l’inganno che essa compie sulle coscienze; ed è ostacolo fermo al progresso della scienza, e
quindi della libertà e della giustizia”11.
Tutto è pronto per la manifestazione: compagni e simpatizzanti, “che nessuno manchi!”12. Le cronache parlano di
9. La questione Anticlericale e i Socialisti, Ivi, 17 febbraio 1907.
10. Cfr. Giordano Bruno instauratore della filosofia scientifica e Giordano Bruno, Ivi, 17
febbraio 1907.
11. Il 17 Febbraio 1600 e il 17 Febbraio 1907, Ivi, 17 febbraio 1907.
12. Comizio anticlericale, cit.
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un corteo composto da più di 2.000 partecipanti che attraversa il Corso al suono dell’Inno di Garibaldi per dirigersi al
Teatro Comunale, dove sono previsti gli interventi di Carlo
Chiarizia, Emidio Lopardi e dell’avvocato Marinucci. Le organizzazioni proletarie rispondono con la partecipazione
della Società operaia generale, la sezione del sindacato dei
postelegrafonici, la Società reduci garibaldini, la Società dei
sarti, la sezione della Federazione italiana dei lavoratori del
libro (FIL), la Società dei falegnami, la Lega panettieri e calzolai e il Circolo socialista aquilano; solo quest’ultimo “raggruppa intorno al suo fiammante vessillo oltre 500 compagni”13. Si unisce alla manifestazione anche il locale gruppo
del Sindacato ferrovieri italiani (SFI), costituitosi il giorno
prima, portando in piazza anche la protesta contro l’eccidio
proletario di Firmo, ad opera dei carabinieri nei confronti
di operai in agitazione14.
La manifestazione “è stata imponentissima!” ma con una
nota di demerito si vuole segnalare l’astensione e la mancata
partecipazione al comizio del consiglio comunale, ricordando come anni prima in occasione dell’inaugurazione del
monumento a Giordano Bruno a Roma, “il Consiglio Comunale di Aquila si fece rappresentare dal proprio sindaco
[…] Come si vede, abbiamo fatto un grande progresso”15.
Un’altra critica invece è rivolta alla massoneria, che aveva
preso parte alla manifestazione con la Loggia Valle dell’Aterno.
L’anticlericalismo massonico, culturale, “guerra di persona
o guerra di caste”, è considerato dai socialisti squisitamente
borghese in quanto individualista ed elitario. Per un
“anticlericalismo moderno” invece, la questione resta sostanzialmente vuota “se non si affrontano con essa tutti i maggiori problemi della vita e dello Stato”. La questione riguarda
senza dubbio il problema religioso, quello scolastico e della
cultura popolare, ma deve concentrarsi sulla direttrice economica: “che i borghesi si informino sul profitto che traggono le nostre industrie lombarde dalla complicità della fede
nel preparare le docili alunne dei sonanti telai”; oppure sull’introduzione delle suore negli opifici, rendendo in tal modo
13. Cose aquilane: Comizio Anticlericale, Ivi, 24 febbraio 1907.
14. Sulla partecipazione dei ferrovieri cfr. Prefettura di Aquila, 19 febbraio 1907,
al Ministero dell’Interno, in ACS, MI, PS, Dagr, a. 1907, b. 1, f. 10/70, Aquila.
15. Per l’intervento ufficiale del Consiglio Comunale al Comizio anticlericale del 17 Febbraio, «L’Avvenire», 24 febbraio 1907.
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agli operai vita difficile nell’organizzazione delle battaglie
per il lavoro ed il salario16.
Nel corso del 1907, dunque, l’anticlericalismo acquisisce
quel valore politico e quelle connotazioni tali per integrarsi
in maniera organica con l’analisi e la propaganda materialista. Il 15 marzo è Angelica Balabanoff17 a tenere al Teatro
Comunale la conferenza Socialismo e Religione davanti ad un
affollatissimo pubblico composto da operai, studenti, impiegati e professionisti18. Un “partito anticlericale” si costituisce
anche a Pratola Peligna, promotore della pubblicazione di
un manifesto di protesta “contro i turpi fatti commessi in
vari istituti cattolici d’Italia”. I preti rispondono, “invitando
dal pergamo i soliti scagnozzi e le nauseanti beghine, a strappare i fogli affissi sulle cantonate”. Botta e risposta. Alla rappresaglia il comitato anticlericale risponde la sera stessa con
un “imponente corteo” che, al suono degli inni di Garibaldi
e dei Lavoratori, sfila tra le strade principali del paese tra
grida di: “Evviva la verità, abbasso i preti!”19.
Di pari passo e con toni più violenti torna anche l’irriverenza libellista con l’attivazione della rubrica Il fognone clericale: cronaca senza fine. Si riparte con una lunga serie di articoli di denuncia dai titoli più disparati: Prete adultero, Sacerdote uccisore di una settantenne, Prete che scappa con la moglie di un
ricco signore portando via 40.000 lire20, Le turpitudini di don Riva,
Parroci che vendono di nascosto ed a vil prezzo i tesori delle chiese,
Operaie pagate 30 centesimi al giorno nelle maglierie delle suore21,
Frate percotitore di una ammalata, Una poveretta truffata da un
prete, Due preti arrestati sopra querela della sorella22, Frate teppista23, etc… Non è da meno l’anonimo articolista, che sotto lo
pseudonimo di Aurora Vermiglia si inserisce nel dibattito
proponendo un “rimedio radicale” per garantire le norme
sul celibato, prevenire la corruzione e, infine, salvaguardare
16. Cfr. Il “nostro” Anticlericalismo, Ivi, 3 marzo 1907.
17. Angelica Balabanoff (Kiev, 1877-Roma 1965). Di origine russa, partecipa alle
vicende del socialismo italiano a partire dal 1900, militando nell’ala massimalista.
Tornata in Russia dopo la rivoluzione, è segretaria del comitato esecutivo della
Terza Internazionale (1919). Espulsa dal partito bolscevico nel 1924, prosegue la
sua attività di propaganda socialista a Parigi, poi negli USA. In Italia dopo la liberazione è tra i fondatori del Partito socialista dei lavoratori italiani (1947).
18. Cfr. La conferenza di Angelica Balabanoff, «L’Avvenire», 17 marzo 1907.
19. Cfr. Da Pratola Peligna, Ivi, 25 agosto 1907.
20. Cfr. Ivi, 21 ottobre 1907.
21. Cfr. Ivi, 27 ottobre 1907.
22. Cfr. Ivi, 10 novembre 1907.
23. Cfr. Ivi, 24 novembre 1907.
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l’incolumità dei fanciulli: “tutti quelli che si votano pel sacerdozio siano castrati!” 24 . Tra le novità editoriali si
pubblicizza l’ultimo lavoro di Umberto Notari, Dio Contro Dio
(Il maiale nero). Documenti e rivelazioni, “un libro che giunge
molto opportuno in questa epoca di ripresa generale di tutte le forze clericali che mirano oggi più che mai alla conquista i tutti i poteri”25.
Con questo clima, tinto di una forte contrapposizione tra
movimento anticlericale e Chiesa, tra atei e cattolici, l’ingresso in città del nuovo Arcivescovo monsignor Pellegrino Stagni si conclude con proteste e scontri con le forze dell’ordine. Le famiglie neoguelfe organizzano un corteo d’accoglienza ma parecchi studenti e nuove figure di sovversivi già da
tempo avevano iniziato a prendere di mira manifestazioni
cattoliche, preti e processioni. Si tratta di un nuovo
anticlericalismo, quello della guerra al prete, tendente a sottolineare la necessità della pratica dell’azione diretta contro
le processioni religiose, intese come manifestazioni pubbliche clericali. I giovani attendono a Piazza Duomo il passaggio del baldacchino dell’Arcivescovo per iniziare a gridare
“Viva Giordano Bruno” e ad emettere fischi. Parte la carica
dei carabinieri. Due studenti vengono immediatamente tratti
in fermo e poi processati. I compagni degli arrestati si spostano nei pressi della chiesa di S. Massimo, “ripetendo all’indirizzo del Vescovo le grida di Viva Giordano Bruno e i fischi”26.
A dare un ulteriore impulso al movimento anticlericale
cittadino si aggiunge, pur nella sua breve durata, «Il Foglio
Anarchico» individualista, pubblicato da Francesco Piccinini,
che dopo un breve soggiorno in Svizzera ed una vivace polemica con i socialisti lasciava temporaneamente il PSI per
passare all’anarchismo27. Il nuovo periodico contribuisce a
convogliare nelle sue colonne molte delle istanze di opposizione all’influenza della chiesa cattolica nella vita sociale e
civile italiana.
L’anarchismo individualista viene presentato da Piccinini
stesso come “la più alta e la più giusta delle concezioni etiche finora succedutesi nel campo della filosofia, che grida
24. AURORA VERMIGLIA, Un rimedio radicale, Ivi, 29 settembre 1907.
25. Un libro incendiario. Il Maiale Nero di Notari, Ivi, 8 dicembre 1907.
26. L’arrivo dell’arcivescovo, Ivi, 12 aprile 1908.
27. Su Francesco Piccinini cfr. ASAq Fondo Questura Cat A8, b. 92, f. 1.
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all’uomo: abbatti ogni cosa che ostacoli il tuo completo sviluppo economico e morale; non conferire autorità alcuna,
non riconoscere al di sopra di te che il tuo Io, innalza il tuo
pensiero fin dove puoi, sprezzando ogni convenzionalismo
e pregiudizio, spremi dalla vita tutto il godimento possibile,
copri con lunghe risa di scherno la voce dei falsi catoni che
gridano allo scandalo, mentre cercano nell’ombra quello che
i sinceri cercano alla luce del sole; lotta, lotta sempre per il
tuo trionfo”28.
Per gli individualisti la lotta contro ogni forma di autorità
è legata più allo stesso specifico individuo che teorizzata come
dimensione sociale dell’agire umano. Costoro affermano con
forza la necessità di una vera e profonda appropriazione di
sé, di una lotta contro tutte le supremazie sostenendo che,
mentre vi è tra le classi una disuguaglianza che si può sopprimere, quella tra gli individui è insopprimibile. In nome di
questa convinzione vengono ripudiati ogni forma di organizzazione, che sacrificherebbe volontà e responsabilità individuali, e i valori che in essa emergono: perché il valore
crea la morale, la morale la norma, la norma la legge, la
legge l’istituzione29. Ogni preteso sistema di valori universale quindi, ivi compreso “il credo socialista o repubblicano,
non ha nulla di dissimile dal credo religioso: si parla sempre
di pastori e di gregge, di troni e di altari, di riverenza e di
obbedienza”30. Per Piccinini e compagni “l’anima umana è
assolutamente e ferocemente anarchica, insofferente, perciò, di qualunque forma di dominio, inflessibile nei desideri
d’una vita completamente libera e varia, senza restrizioni,
senza disciplina alcuna: il senso religioso, nato dalla paura,
la forzò ad una certa umiliazione della sua istintiva tracotanza”31. Le maggiori limitazioni per la libertà umana sono le
credenze, i pregiudizi, le superstizioni e le religioni perchè
vanno ad influenzare il soggetto in modo quasi insospettabile.
Solo possedendo fino in fondo i propri pensieri è possibile
diventare veramente liberi: “escluso che la religione sia scuola
di morale, escluso che la religione sia un fatto divino, concludo che è un grande, pomposo artifizio di barbari riti e di
28. F. PICCININI, Alla Commissione Esecutiva, ai compagni tutti del Circolo Socialista
Aquilano, «Il Foglio Anarchico», 10 marzo 1907.
29. Cfr. Ai predicatori della Morale, Ivi, 1° maggio 1908.
30. F. PICCININI, A proposito del I Maggio, Ibidem
31. F. PICCININI, Lo spirito delle religioni costituite, Ivi, 7 giugno 1908.
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sciocchi principi, miranti allo sfruttamento materiale e spirituale dei gonzi e, per conseguenza, al benessere dei furbi
allegri nella gloria del manto e della mitra. Giù le religioni,
giù il pregiudizio, giù la credenza nei paradisi folgoranti”32.
È la conoscenza che va a configurarsi come mezzo principale per divenire padroni di se stessi, strumento in virtù del
quale è possibile scegliere autonomamente che cosa sia davvero utile: “la ragione considera le disgrazie fuori dalle influenze religiose; il coraggio le combatte. Al contrario, la
religione, come la pazienza, le sorvola con pia rassegnazione. Ogni credenza vive a detrimento della ragione, della propria individualità”33. Le stampe de «Il Foglio Anarchico» terminano nell’ottobre del 1908, con denuncia e condanna per
Francesco Piccinini di “apologia di regicidio ed oltraggio al
pudore” in seguito alle pubblicazioni di due articoli tra cui Il
matrimonio e i moralizzatori.
Riflessi rimarchevoli di questa propaganda si registrano
anche nei centri più piccoli della provincia aquilana, sottoposti ancor più ad un secolare “sistema di proibizioni commerciali, di passaporti e di esclusioni di libri”34. Già il
Franchetti, nella sua relazione Condizioni economiche e amministrative delle Province napoletane – Abruzzi e Molise, testimoniava che, “ad eccezione di poche città, vi trovammo un popolo confinato in un paese selvaggio, racchiuso nei suoi luridi borghi e nei campi circostanti, senza strade per allontanarsene, ignorante e laborioso, diretto da preti poco più civili di lui e da signori, una parte dei quali ignoranti quanto
lui, ma più corrotti; i buoni in galera o sorvegliati o cacciati;
nell’amministrazione una corruzione svergognata”35. E se
nell’altopiano delle Rocche, dove “regna quel feticismo detestabile per il prete e la religione e le porcherie dei preti si
sopportano in santa rassegnazione”36, nei centri della Marsica
la situazione non è poi tanto differente.
Ignazio Silone descrive la sua terra come una contrada
“povera di storia civile e di formazione quasi interamente
32. Ibidem
33. Ibidem
34. L. FRANCHETTI, Condizioni economiche e amministrative delle Province napoletane
– Abruzzi e Molise, Firenze 1875, in M. ARPEA, Alle origini dell’emigrazione abruzzese. Le
vicende dell’altipiano delle Rocche, Quaderni di «Affari Sociali Internazionali»,
FrancoAngeli, Milano, 1987.
35. Ibidem
36. Da Rocca di Cambio, «L’Avvenire», 22 settembre 1907.
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cristiana e medievale. Non ha altri monumenti degni di nota
che chiese e conventi. Per molti secoli non ha avuto altri figli
illustri che santi e scalpellini. La condizione dell’esistenza
umana vi è sempre stata particolarmente penosa; il dolore vi
è sempre stato considerato come la prima delle fatalità naturali; e la Croce, in tal senso, accolta e onorata. Agli spiriti vivi
le forme più accessibili di ribellione al destino sono sempre
state, nella nostra terra, il francescanesimo e l’anarchia”37.
Nella lunga lotta per l’autonomia municipale di San Benedetto dal comune di Pescina, Francesco Ippoliti38 ricorda
come “la lotta costò fatiche e spese onerose. I soliti processi
imbastiti per far guadagnare gli avvocati tartufi ed impinguare
l’erario dello Stato. I provocatori erano preti e presunti nobili, che agivano nell’ombra ed erano invulnerabili”. Nella
frazione di San Benedetto “niente scuole. Un prete ignorante e brigantescamente manesco, una maestra di perversi costumi”. Ciononostante – continua il medico anarchico – i
cittadini dei paesi vicini guardano “per abitudine superstiziosa Pescina come ad un faro di civiltà e di luce, e non si
sono mai accorti che il faro di civiltà era il seminario, che
emanava una luce fioca e fredda, che non ha mai riscaldata
la mente di quella vampa sacra di civiltà che è sprone a nobili azioni. Sotto quella luce si insegnava ad odiare e si
amoreggiava anormalmente. I corvi in quel luogo, non concordi fra loro, si litigavano la preda amorosa e poi reciprocamente si denunziavano. Di aneddoti piccanti se ne raccontano molti. La curia nascondeva gli scandali ed i cittadini tacevano, perché credevano il seminario lustro e decoro del paese ed economicamente utile. Il terremoto lo ha smantellato, il vescovo ha preso dimora in Avezzano. Se questa suburresca bastiglia pescinese insieme alla chiesa fosse stata completamente distrutta dal terremoto, sarebbe stato meglio.
Tanto opere d’arte da conservare non ce ne sono”39.
Proprio l’anticlericalismo costituirà uno dei maggiori elementi di coesione del gruppo anarchico di Ortona dei Marsi,
capeggiato da Giovanni Eramo. Rientrato dagli USA nel 1909
e segnalato come “uno dei più accaniti e attivi anarchici”, si
dà un gran da far per organizzare incontri e riunioni. Si uni37. I. SILONE, Uscita di sicurezza, Arnoldo Mondatori, Milano, 2001, pp. 74-75.
38. Su Francesco Ippoliti cfr. DBAI, vol. I, p. 7-8.
39. F. IPPOLITI, Storia morale ed amministrativa del comune di Pescina, Tipografia
Marchi, Camerino, 1926.
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scono a lui il maestro elementare Alfredo Taglieri, il medico
Umberto Pitassi, l’impiegato comunale Filippo Baldasserini,
il notaio Giacomo Buccella ed il falegname Quintino
Mancinelli. Tra il materiale di propaganda che ricevono e
distribuiscono figurano La Peste Religiosa di Johann Most e
gli opuscoli di Leda Rafanelli A l’Eva schiava, Contro il Dogma,
Anticlericalismo Moderno e Dal Dio alla Libertà40.
Le manifestazioni pro-Ferrer
Il culmine delle mobilitazioni anticlericali si raggiunge
nel momento in cui giunge la notizia della fucilazione in
Spagna di Francisco Ferrer y Guardia, avvenuta il 13 ottobre
1909. I lettori de «L’Avvenire» apprendono il fatto dalla prima pagina dell’edizione del 17 ottobre: i gesuiti e la
“soldataglia” di Alfonso XIII sono immediatamente indicati
quali maggiori responsabili dell’assassinio “dell’ultimo grande martire della libera coscienza”. Nessuno avrebbe mai immaginato “che in questo secolo XX, anche in Spagna, la rabbia clericale ci avrebbe rinnovato i processi, i patiboli, perché no? i roghi del secolo XVI? Hanno ucciso Ferrer! Hanno incollato al muro un vecchio maestro sessantenne. Ferrer:
un uomo che non credeva in dio! Ferrer! Un uomo che credeva nella umanità! Ferrer! Un uomo che combatteva il re e
i preti, la tirannide e la superstizione. Un uomo che voleva
gli uomini liberi ed uguali!”41.
La scuola di Ferrer, e Ferrer stesso, vanno inquadrati nel
contesto storico e sociale della Spagna dell’epoca, che ha un
sistema educativo di tipo ancora medioevale saldamente nelle
mani della Chiesa. È la Chiesa che dirige le scuole, assume
gli insegnanti e decide i programmi. E la scuola che Ferrer
aveva frequentato da piccolo non è ben diversa da quella di
inizio secolo, in cui tre quarti del tempo sono ancora dedicati all’istruzione religiosa, alle preghiere, ai canti e al catechismo. La pedagogia è fortemente autoritaria, la disciplina severa e le punizioni corporali piuttosto in uso. La precisazione sul contesto è importante anche per capire il perché delle critiche di dogmatismo rivolte a Ferrer da parte dei liber40. Cfr. ASAq Fondo Questura Cat A8, b. 73, f. 4.
41. L’assassinio di Francesco Ferrer perpetrato dai gesuiti e dalla soldataglia spagnola.
L’esecrazione di tutto il mondo civile, «L’Avvenire», 17 ottobre 1909.
78
tari stessi che al contrario pongono l’accento più sui ruoli
sociali determinati dal sistema economico che sullo sviluppo dell’intero essere umano. Se l’ateismo, la razionalità,
l’antiautoritarismo e l’educazione mista sono tutti elementi
tipicamente libertari, la feroce convinzione con cui Ferrer li
sostiene e la sua concezione di scuola come mezzo di liberazione sono in gran parte dovute al suo retroterra culturale
ed educativo. La filosofia di Ferrer rimanda soprattutto all’individuo e la sua strategia pedagogica è modellata di conseguenza, intrisa di valori per lo più individualistici non riferiti ad una classe né orientati in senso professionale42. La sua
esperienza e le sue idee avevano comunque introdotto nelle
elaborazioni dei movimenti democratici, socialisti e libertari
interessanti dibattiti e continue riformulazioni. Allo stesso
tempo erano in molti gli educatori di diverse correnti pedagogiche che di fatto si muovevano nella medesima direzione, attingendo ad un grande serbatoio di idee progressiste
tendenti ad enfatizzare valori come la crescita individuale,
lo sviluppo completo, la capacità d’iniziativa del bambino e
la sua libertà seppur intesa in modi diversi.
Con l’uccisione del pedagogo, l’esperienza dell’Escuela
Moderna si conclude in modo tragico: “il re aveva interesse
di sbarazzarsi di un anarchico; la classe aristocratica d’affrancarsi d’un dotto pericoloso; il clericale, il cattolico di massacrare il fondatore della scuola moderna”43.
Qualche anno prima i socialisti aquilani avevano già sostenuto Ferrer e la sua scuola di Barcellona, a riguardo dell’accusa che gli era stata ingiustamente rivolta di essere stato
il mandante dell’attentato compiuto da Matteo Moral nei
confronti di Alfonso XIII. Ferrer era stato arrestato ma intorno alla sua figura e alle sue idee si erano diffuse in tutto il
mondo una straordinaria solidarietà ed una grande sensibilità pedagogica:
L’ora del processo si avvicina: al movimento di protesta levatosi in ogni città d’Italia si associ il proletariato aquilano e
anche dalla nostra città, non ultima sulla via del pensiero
civile moderno, si levi possente il grido ammonitore contro
42. Su F. Ferrer (1859-1909) si vedano: F. CODELLO, La buona educazione, esperienze libertarie e teorie anarchiche in Europa da Godwin a Neil, FrancoAngeli, Milano,
2005; M. P. SMITH, Educare per la libertà, il metodo anarchico, Elèuthera, Milano, 1990.
43. Franciscus Ferrer, «L’Abruzzo Radicale», 16 ottobre 1910.
79
il gesuitismo che tenta di rinnovare con arti rinnovate le più
alte idealità della vita e del Pensiero44.
In un secondo articolo «L’Avvenire» ripercorreva quei
principi cardine dell’Escuela Moderna che tanto avevano allarmato le autorità religiose e militari: le scienze esatte come
base del sapere, il laicismo, l’antimilitarismo, il gioco come
strumento didattico, l’abolizione dei premi e dei castighi,
l’eliminazione del testo scolastico e l’istituzione della biblioteca, l’igiene della scuola, le classi miste, l’abolizione degli
esami. L’articolo chiudeva con l’appello a “raccoglierci ed
avvisare i mezzi di difesa contro la scuola confessionale”45. In
tutti i paesi europei, delle due Americhe, dell’Africa settentrionale, manifestazioni, scioperi, comizi, agitazioni, appelli
si erano susseguiti tanto da riuscire a condizionare il verdetto che non poteva che assolvere Ferrer dall’accusa rivoltagli
ma che comunque lo costringeva ad espatriare in Francia.
Con la sua morte le cose cambiano radicalmente: linguaggio e propaganda si inaspriscono, tendendo a sottolineare
ancora di più la necessità della pratica dell’azione diretta
contro il clero, la chiesa cattolica e il Vaticano. Il conservatorismo politico e sociale e l’aspro spirito polemico che sempre più animano i cattolici, ravvivano quello spirito
anticlericale e libertario cha aveva caratterizzato fin dalle
origini il movimento democratico regionale e che rappresenta ora anche uno dei principali elementi di coesione dei
nascenti blocchi popolari. “Grida oggi il tuo sangue, o Francesco Ferrer” – scrivono i socialisti – “Per il tuo sangue giuriamo di continuare la lotta contro la bestialità superstiziosa
e contro tutte le istituzioni che da quella si ispirano […], di
combattere tutti gli alleati del clericalismo […], di demolire
la feroce menzogna clericale! Schiacciare l’infame!”46. In
provincia la PS sequestra copie de «L’Avvenire Anarchico»,
che rilancia la campagna contro le processioni del Corpus
Domini, definite in maniera irriverente del porcus domini47.
44. Ferrer e l’inquisizione, «L’Avvenire», 18 novembre 1906.
45. La Scuola Moderna, Ivi, 25 novembre 1906.
46. L’assassinio di Francesco Ferrer perpetrato dai gesuiti e dalla soldataglia spagnola.
L’esecrazione di tutto il mondo civile, cit
47. «L’Avvenire Anarchico», n. 6, Pisa, 19 giugno 1910. Copie del giornale arrivano agli indirizzi degli anarchici individualisti abruzzesi Gesualdo D’Alessandro (cfr.
ASAq Fondo Questura Cat A8, b. 24 f. 4) e Ilverano Donnabella (cfr. ASAq Fondo
Questura Cat A8, b. 97, f. 13).
80
Alza il tiro anche «L’Avvenire» con la pubblicazione dell’articolo Distruggendo la potenza clericale: “nessuna tolleranza verso gli intolleranti! […] Troppo spesso al partito del prete si è
concessa la libertà di minare la libertà stessa. Da troppi secoli questa triste minoranza continua ad essere dannosa alla
civiltà e al progresso: […] quando un organo è in cancrena,
prima che per esso s’infetti l’intero organismo, è necessario
amputarlo!”48.
Le manifestazioni di protesta dilagano inaspettatamente
quasi ovunque e agli appelli la popolazione risponde in massa, a testimonianza della radicalizzazione delle posizioni. Ve
ne sono echi anche nei centri più piccoli della provincia, organizzate, in alcuni casi, da comitati costituitisi sul momento.
Il 13 ottobre si riunisce l’assemblea della sezione aquilana
della Federazione nazionale insegnanti medi (FNISM)49 per
manifestare contro “la inutile crudeltà del governo spagnolo, il quale ha permesso l’atroce scempio di una vita tutta
spesa in un’opera di filantropia sociale e in un nobilissimo
apostolato per un civile rinnovamento e miglioramento della propria nazione”50. Il giorno successivo la locale Associazione della stampa promuove il comizio di protesta in Piazza
del Teatro: “l’obbrobrio dell’oscurantismo religioso e della
48. Distruggendo la potenza clericale, «L’Avvenire», 21 novembre 1909.
49. La nascita della FNISM (1902) rappresenta una delle più importanti
mobilitazioni di intellettuali, impegnati come professori di scuola ad organizzarsi
per superare le loro condizioni di subalternità e di isolamento. Così, la richiesta di
ottenere uno stato giuridico e migliori condizioni economiche si accompagna all’esigenza di un’attiva partecipazione per procedere a riformare una scuola che
rileva profonde insufficienze, soprattutto in rapporto ad una società che si avvia
alla sua prima vera e propria espansione industriale. I congressi della FNISM si
caratterizzano per lo spessore dei dibattiti sul rapporto tra cultura, politica e scuola, sulla proposta di scuola media unica e, nel congresso napoletano del 1907, sul
tema della scuola laica. In questa occasione prevale la posizione dei gruppi
anticlericali più intransigenti. Sulla FNISM si veda R. MONDOLFO, Educazione e
socialismo, a cura di Tiziana Pironi, Piero Lacaita, Manduria, 2005.
50. All’unanimità viene votato il seguente OdG: “La sezione aquilana della Federazione nazionale degli insegnanti scuole medie, affermando che la classe degli
insegnanti non può rimanere estranea a quanto è vivo e fecondo impulso che trae
il pensiero e la vita a un umano perfezionamento; che i cittadini di tutto il mondo
hanno il diritto di controllo sugli atti di ogni amministrazione, anche se appartenente a uno Stato straniero, quando siano in gioco gli interessi più sacri della cultura, che formano il patrimonio comune e intangibile dei popoli; protesta contro il
grande misfatto consumato con la fucilazione di Francesco Ferrer; e addita a tutti
gli uomini liberi e coscienti di ogni parte d’Italia la inutile crudeltà del governo
spagnolo, il quale ha permesso l’atroce scempio di una vita tutta spesa in un’opera
di filantropia sociale e in un mobilissimo apostolato per un civile rinnovamento e
miglioramento della propria nazione da tempo asservita e abbrutita da un fosco
partito reazionari, la cui storia si svolge per biechi fini e a ritroso della Storia”. Cfr.
Per Ferrer, «L’Abruzzo Radicale», 16 ottobre 1909.
81
violenza clericale ha strappato il grido di vendetta. La sfida
dell’inquisizione spagnola al mondo civile non deve restare
impunita. La Spagna dei preti è alla gogna”51. Partecipano
circa 500 cittadini, accorsi ad ascoltare gli accesi interventi
di Carlo Chiarizia e Bernardino Marinucci. Quest’ultimo deve
essere richiamato più volte dal delegato di PS “ad usare maggiore moderazione”. Un gruppo di studenti cerca contemporaneamente di avvicinarsi all’arcivescovado trovandolo
però blindato da uno schieramento di carabinieri52. Il 14 a
Sulmona “vengono affissi manifesti dai diversi partiti politici”; il giorno successivo si tiene il comizio di protesta. Sotto
la regia del repubblicano Manlio D’Eramo la manifestazione si chiude con corteo e fischi davanti al vescovado. Sempre il 14 un corteo di circa 400 persone sfila tra le strade di
Leonessa, con musica e grida di “abbasso il clericalismo”. Il
15 è la volta di Avezzano, dove intervengono per la manifestazione il sindaco, il maestro elementare Iatosti, il pubblicista Villa e i rappresentati della locale Associazione Giordano
Bruno. Il 17 manifestazioni anticlericali a Torninparte e a
Lanciano53. Stesso giorno comizio di protesta a Barisciano:
oltre ad “una calca di popolo” partecipano anche il sindaco
ed il consiglio comunale con la bandiera abbrunata, la Cooperativa di consumo ed il Circolo socialista. Oratore del comizio il vecchio garibaldino ed internazionalista Luigi
Tomassetti54. A San Demetrio nei Vestini vengono organizzate addirittura due manifestazioni per il giorno 24 ottobre,
tanto che sulle cronache la giornata passerà come di “indimenticabile affermazione anticlericale”. La prima coincide
con la cerimonia inaugurale della posa della prima pietra
dell’edificio scolastico: il sindaco Fernando Arista, il direttore didattico Pietro Ciccone e l’ispettore scolastico Scano “dimostrano la necessità dell’insegnamento laico e razionale
nelle scuole”55. Il nuovo edificio scolastico “sorgerà magnifico, in sito pieno di luce, d’aria, di sole, sovrastante la chiesa
e le case feudali”56. Con la seconda poi, il consiglio comunale decide di intitolare il largo dell’ufficio postale “al martire
di Montjuich”. Per l’inaugurazione di Piazza Ferrer parlano
51. L’imponente comizio per Francesco Ferrer, Ibidem
52. Cfr. ACS, MI, PS, Dagr, a. 1909, b. 5, f. 5075-121-3.
53. Ibidem
54. In memoria di Francisco Ferrer, «L’Avvenire», 24 ottobre 1909.
55. La Piazza Francisco Ferrer in San Demetrio nei Vestini, Ivi, 31 ottobre 1909.
56. S. Demetrio dà lezioni, «L’Abruzzo Radicale», 30 ottobre 1909.
82
Chiarizia per i democratici e Camilli per i socialisti57. Del 31
ottobre è il comizio pro-Ferrer di Tagliacozzo, organizzato
negli spazi del Teatro Talia dagli attivisti dei locali partiti
popolari: lettere e telegrammi d’adesione arrivano dall’Aquila, Avezzano, Magliano dei Marsi, Scurcola Marsicana,
Cappadocia, Castellaffiume, Sante Marie e Carsoli. Nella
mattinata “i preti hanno predicato contro il comizio, dichiarando che dovevano ritenersi scomunicati gli intervenenti e
che i facenti parte delle società cattoliche sarebbero stati
espulsi dalle stesse se fossero entrati”. Al contrario, l’iniziativa fa registrare una forte affluenza di pubblico e si chiude
tra le grida di “Evviva la democrazia avezzanese” e “Viva la
scuola laica”58. I giornalisti de «L’Avvenire», da parte loro,
continuano a soffiare sul fuoco con le pubblicazioni degli
articoli Il testamento di Ferrer59, La fede di Ferrer (“dopo la morte di Ruiz Zorilla, capo del Partito repubblicano progressista,
decisi di non iscrivermi ad alcun partito, e di dedicare tutta
la mia attività all’insegnamento, unica base solida di
rigenerazione umana secondo la mia modesta opinione”60)
e L’avanzata del clericalismo in Abruzzo61, mentre «L’Abruzzo
Radicale» ricorda di nuovo i principi guida dell’Escuela Moderna di Barcellona62.
Anche a Chieti la notizia dell’esecuzione ha un’eco immediata, esasperando la sensibilità anticlericale delle forze
democratiche. In un acceso comizio in Piazza Garibaldi, seguito da un corteo dietro la bandiera del Circolo Giordano
Bruno, gli oratori bollano a fuoco gli assassini del pedagogista
e attaccano la Chiesa locale, sanfedista e reazionaria, protestando per la prossima inaugurazione dell’Università teologica e chiedendo all’amministrazione civica di intitolare al
nuovo martire del libero pensiero la Via Arcivescovado63.
Contemporaneamente, a Teramo si costituisce la locale sezione del Libero Pensiero, che dà alle stampe la sua omonima rivista laica e razionalista. L’anno successivo il periodico
57. In memoria di Francisco Ferrer, cit. Cfr. anche La Piazza Francisco Ferrer in San
Demetrio nei Vestini, «L’Avvenire», 31 ottobre 1909.
58. Corrispondenze, «L’Abruzzo Radicale», 6 novembre 1909.
59. Il testamento di Ferrer, «L’Avvenire», 31 ottobre 1909.
60. La fede di Ferrer, Ivi, 21 novembre 1909.
61. L’avanzata del clericalismo in Abruzzo, Ivi, 13 febbraio 1910.
62. Gli scopi della Scuola moderna di Barcellona, «L’Abruzzo Radicale», 23 ottobre
1909.
63. F. PAZIENTE, Guido Torrese. Fondatore della Camera del Lavoro di Chieti, Ires
Abruzzo, Pescara, 2002.
83
cambierà nome in «Verso la Vita», divenendo portavoce dell’intero blocco democratico popolare e mantenendo viva una
fervente polemica anticlericale64.
Su quest’onda le commemorazioni popolari di Ferrer
proseguono quasi ininterrottamente fino al 1912, intrecciandosi con le più svariate iniziative anticlericali.
Il 17 febbraio 1910 manifestazione a Villavallelonga con
comizio e corteo: al suono dell’Inno dei Lavoratori e tra le
grida di “Evviva Giordano Bruno” il corteo sfila tra le vie del
paese, preceduto da una bandiera rossa su cui scritto “Libero Pensiero”. I promotori dell’iniziativa sono quasi tutti giovani studenti che tempo prima si erano dati da fare per costituire una locale associazione del Libero Pensiero65. Il 20 febbraio il nome di Ferrer riecheggia di nuovo a San Demetrio
nei Vestini in occasione di una commemorazione organizzata allo stesso tempo per Giordano Bruno e Andrea Costa. Le
pagine de «L’Avvenire» parlano di una “fiumana di popolo”
che sfila a fianco delle Leghe di resistenza e del Circolo socialista dell’Aquila, della Società operaia di Barisciano e della scolaresca di San Nicandro. Mandano adesione la Federazione degli impiegati e l’Associazione magistrale dell’Aquila. Il messaggio di quest’ultima giunge in piazza attraverso la
lettura di un telegramma del presidente Achille Santilli, in
cui esprime “compiacenza ed ammirazione per un popolo il
quale, fino a ieri, pareva stesse nelle mani della imperante
borghesia e in potere dell’oscurantismo dei preti”. Oggi invece, – continua Santilli – “mostra di spezzare le catene di
ogni giogo, di liberarsi dalle pastoie del dogma, di affrancarsi da ogni pregiudizio e si avvia, pensando, lavorando, combattendo, amando, per un cammino luminoso la cui fine è
segnata da una grande conquista: la libertà del pensiero!”66.
Qualche mese più tardi perviene da Avezzano la comunicazione che un gruppo di giovani capeggiati da Antonio Iatosti
va adoperandosi per costituire quanto prima un Società
anticlericale marsicana67. Ad Ortona a Mare, il 14 agosto si
costituisce la locale sezione del Libero Pensiero. Il prefetto
64. Su «Il Libero Pensiero», Rivista quindicinale della sezione del “Libero Pensiero” di
Teramo (1909–1910), cfr. SPAM, p. 116; Su «Verso la Vita» (1910- 1913), cfr. Ivi, p.
176.
65. Cfr. Commemorazione di Giordano Bruno, «L’Abruzzo Radicale», 26 febbraio 1910.
66. S. Demetrio. Commemorazione di Giordano Bruno e Andrea Costa, «L’Avvenire», 27
febbraio 1910.
67. Cfr. Un fascio anticlericale, «L’Abruzzo Radicale», 16 aprile 1910.
84
di Chieti comunica al Ministero degli Interni che “il sodalizio è nato per reazione al movimento clericale promosso nella
quaresima del 1910 dal clero locale e dal Circolo cattolico”.
L’associazione conta 45 soci, per lo più studenti secondari
ed universitari68. Allo stesso tempo, a Sulmona viene organizzata una petizione per chiedere all’amministrazione comunale “di intitolare l’attuale largo S. Croce col nome di
Francisco Ferrer”69. Nonostante i nomi del sindaco Giuseppe Salvi e del consigliere Carlo Faraglia figurino tra i
sottoscrittori, “il parrocchismo casalingo sfrutta la posizione
politico-amministrativa attuale, polarizza le energie e schizza… la propaganda evangelica a mezzo di circolari a stampa”70. Le proteste da parte socialista si fondono con la montante agitazione in corso sul caroviveri, per il fatto che “l’attuale amministrazione basa la propria forza elettorale in gran
parte sui preti e sui commercianti”71.
Giunge in questo clima il primo anniversario della morte
di Ferrer. Il 13 ottobre il Teatro Comunale dell’Aquila ospita
la conferenza “che commemora il martire del libero pensiero”72. A Sulmona tutti i partiti popolari partecipano all’organizzazione dell’evento costituendo un comitato unitario – di
cui il socialista Mario Trozzi assume la segreteria73 - per la
commemorazione del 16 ottobre al Teatro Caracciolo74. Altri comizi pro-Ferrer continuano a registrarsi a Tocco
Casauria, sotto la regia di Carlo Chiarizia75 e ad Ortona dei
Marsi, dove parla il repubblicano Giovanni Cozzi 76. Al
contempo, a Teramo si avviano le pubblicazioni de «Il Lavoro», periodico socialista rivoluzionario fortemente
anticlericale77. Il 1910 si chiude con la costituzione a Chieti
del Circolo anarchico Francisco Ferrer, sezione della Federazione internazionale del Libero Pensiero. Il Circolo, compo68. F. PAZIENTE, Democrazia e Socialismo in Abruzzo (1870-1917), cit.
69. Note sulmonesi. Per Francisco Ferrer, «L’Avvenire», 5 giugno 1910. Cfr. anche:
Sulmona. Per Francisco Ferrer, Ivi, 7 agosto 1910.
70. Sulmona. Sugli istituti di ginnastica educativa “Dio e Patria” e “forti e Coscienti”, Ivi,
21 agosto 1910.
71. Sulmona. Ferrer e il caro vivere, Ivi, 21 agosto 1910.
72. Aquila, Ivi, 9 ottobre 1910.
73. Cfr. Sulmona. Pro Ferrer, Ivi, 18 settembre 1910.
74. Cfr. Sulmona. Commemorazione di Ferrer, Ivi, 16 ottobre 1910.
75. Cfr. Francesco Ferrer commemorato in Abruzzo, «L’Abruzzo Radicale», 20 ottobre
1910.
76. Cfr. Propaganda anticlericale, «L’Avvenire», 30 ottobre 1910.
77. Su «Il Lavoro» cfr. SPAM, p. 115.
85
sto da circa 40 soci e capeggiato dal giovane studente Guido
Torrese78, dà alle stampe «Giordano Bruno», il proprio organo d’informazione e propaganda.
Nel 1911 vengono poste lapidi a Teramo79 e ad Ofena.
Nel piccolo centro dell’aquilano la targa inaugurata in Piazza XX Settembre il 2 aprile ricorda allo stesso tempo
Giordano Bruno e Francisco Ferrer. Intervengono e parlano per l’occasione Giovanni Corsi per i repubblicani, Gaetano
Camilli per i socialisti e l’insegnante elementare Antonio
Silveri80. Contemporaneamente dall’Aquila si annuncia la
costituzione un Circolo anticlericale studentesco aderente
alla Federazione nazionale studenti anticlericali81. A San
Benedetto dei Marsi l’anarchico Ambrogio Cipriani tiene
nella chiesa evangelica la conferenza Dell’esistenza o meno di
dio: “il maestro evangelico Francesco Besesti sostiene l’esistenza di un ente Supremo mentre l’anarchico sostiene il
contrario spingendosi a parole che risuonano offesa non solo
agli evangelici, ma anche ai cattolici”82.
Il 1912 è l’anno di Mario Trozzi, già messosi in luce come
leader del socialismo abruzzese di sinistra83. Il 28 gennaio
con gli anarchici Camillo Di Sciullo, Federico Mola84 e Francesco Della Valle prende parte alla grande manifestazione di
piazza di Castellamare Adriatico per celebrare il primo anniversario della morte di Pietro Gori85; a ridosso dell’evento
riprendono nella cittadina le stampe de «Il Pensiero Anarchico» diretto da Nicola Viglietti86. Il 25 febbraio e il 2 ottobre Trozzi è a Popoli. Nella prima occasione, in un’ennesi78. Su Guido Torrese si veda F. PAZIENTE, Guido Torrese. Fondatore della Camera del
Lavoro di Chieti, cit.
79. Cfr. ACS, MI, PS, Dagr, a. 1911, b. 46, f. I5 – Commemorazioni/Teramo.
80. Ofena. Manifestazione civile, «L’Avvenire», 16 aprile 1911.
81. Aquila. Circolo anticlericale di studenti, Ivi, 30 aprile 1911.
82. Cfr. ASAq Fondo Questura Cat A8, b. 18, f. 45.
83. Su Mario Trozzi si veda AA.VV., Mario Trozzi, alle origini del movimento operaio e
sindacale in Abruzzo, a cura di A. Borghesi e F. Loreto, Ediesse, Roma, 2007.
84. Nel 1909, studente del liceo classico di Chieti, Federico Mola è con Carlo
Alessandrelli uno dei redattori del giornale anarchico «Nihil», pubblicato per far
propaganda tra gli studenti. Subisce una condanna per apologia di regicidio a mezzo
stampa. È tra i promotori della costituzione del Circolo anarchico Francisco Ferrer.
Nel 1913 è in relazione con Errico Malatesta. Durante i moti della Settimana Rossa,
avuta notizia dell’insurrezione, con Ettore Croce e Alberto Argentieri muove verso
Ancona su un auto presa a nolo ma i tre vengono bloccati dalla polizia. Con lo
scoppio della Grande Guerra passa all’interventismo.
85. Cfr. Sottoprefettura di Sulmona, 2 febbraio 1912, al Prefetto dell’Aquila, in
ASAq Fondo Questura Cat A8, b. 5, f. 24.
86. Su «Il Pensiero Anarchico» cfr. BdA1, p. 247. Su Nicola Viglietti cfr. ACS,
Dagr, CPC, b. 5411, f. ad nomen.
86
ma dimostrazione del suo atteggiamento fieramente
anticlericale, commemora Giordano Bruno in un’assemblea
di circa 200 partecipanti87:
Accennando al conflitto secolare fra la Chiesa e la Scienza,
[Trozzi] espose il compito dell’Umanità Moderna dicendo
che contro la Chiesa bisogna erigere la Scuola: ogni scuola
che si apre è una chiesa che si chiude88.
Con il secondo incontro, negli spazi del Teatro Comunale l’avvocato sulmonese tiene una pubblica conferenza per
ricordare Ferrer. Anche in quest’occasione sono più di 200
gli intervenuti89. Il 13 ottobre Trozzi è a Castellamare Adriatico per commemorare ancora una volta l’anarchico catalano.
Al comizio, promosso dalla locale sezione del Libero Pensiero, partecipano circa 150 cittadini. Intervengono da Chieti i
rappresentanti con rispettive bandiere del Circolo socialista,
del Circolo anarchico Francisco Ferrer e dell’associazione
Giordano Bruno; da Giulianova i delegati del Circolo anarchico Francisco Ferrer. Dopo il comizio un corteo muove verso il
municipio a deporre una corona sulla lapide di Garibaldi90.
Come si è potuto notare, nonostante in diverse occasioni
si fossero manifestati da più parti seri dubbi sull’efficacia di
una battaglia anticlericale unitaria, l’episodio Ferrer costituisce occasione e pretesto per un’eccezionale saldatura fra
ceti borghesi e associazionismo di impronta socialista e anarchica. Nella mobilitazione pro-Ferrer divaricazioni e sfumature si attenuano di molto, mantenendo picchi elevati per
tutto il 1909 e il 1910. La parabola di questo anticlericalismo
cala in maniera quasi spontanea per il sopravvenire di altre
circostanze concomitanti sul piano nazionale: la guerra italoturca, la crisi del Partito radicale, la svolta rivoluzionaria nel
PSI e la rottura definitiva dei socialisti con l’esperienza democratica dei blocchi popolari, fino all’affacciarsi prepotente della questione sindacale.
Già a partire dal 1911 l’anticlericalismo non è più tema
primario nei punti all’ordine del giorno nelle assemblee delle
organizzazioni dei lavoratori anche se, da queste mobili87. Sottoprefettura di Sulmona, 26 febbraio 1912, telegramma al Ministero dell’Interno, ASAq Fondo Questura Cat A8, b. 5, f. 24.
88. Popoli, «Il Germe», 31 marzo 1912.
89. Cfr. ACS, MI, PS, Dagr, a. 1912, b. 36 f. I5 - Commemorazione Ferrer – Aquila.
90. Ivi
87
tazioni, rimarrà in esse ben sedimentato. Il Congresso Sovversivo di Castellamare Adriatico del primo febbraio 1914,
ad esempio, in un’atmosfera antimilitarista e antireligiosa
esprime l’auspicio che “i socialisti di tutte le scuole, anarchiche e socialiste, si accordino per un’opera di propaganda
mirante all’organizzazione economica”. Principali promotori
e relatori sono Ettore Croce91, Mario Trozzi e Attilio Conti92
e, tra gli aderenti, compare anche il nome di Errico Malatesta93. Il Congresso si pronuncia per l’unità d’azione di socialisti e anarchici, i “soli in grado di creare un serio e pratico
movimento di classe”, deliberando la formazione di un comitato regionale col compito di propagandare le idee rivoluzionarie e i principi anticapitalistici e antireligiosi94. Ancora Mario Trozzi, in occasione del I Congresso della Gioventù
socialista abruzzese di Popoli del 22 marzo 1914, indicherà
nella propaganda antireligiosa, “contrapposta all’anticlericalismo artificioso e ridicolo della borghesia”, un altro elemento di distinzione del movimento sovversivo95.
91. Su Ettore Croce (Rocca San Giovanni, 6 maggio 1866 - 28 novembre 1956) si
vedano: R. COLAPIETRA, Pescara 1860-1960, Costantini Editore, Pescara, 1980; F.
PAZIENTE, Democrazia e Socialismo in Abruzzo (1870-1917), cit.; Id., I socialisti abruzzesi
e il problema della guerra 1911-1917, «Rassfr», n. 2, 1982, pp. 243-268; Id., Origini e
sviluppo del movimento socialista in provincia di Chieti, Ivi, n. 2, 1984; scheda biografica
in MOIDB.
92. Su Attilio Conti cfr. DBAI, vol. I, p. 438.
93. Su Errico Malatesta si vedano: G. BERTI, Errico Malatesta e il movimento anarchico italiano e internazionale (1872-1932), FrancoAngeli, Milano, 2003; R. BERTOLUCCI
(a cura di), Errico Malatesta, epistolario 1873-1932, lettere edite ed inedite, Centro Studi
Sociali, Carrara, 1984; A. BORGHI, Errico Malatesta in 60 anni di lotte anarchiche,
Samizdat, Pescara, 1999; P. FINZI, La nota persona, Errico Malatesta in Italia, dicembre
1919 luglio 1920, La Fiaccola, Ragusa, 1990; M. NETTLAU, Malatesta, Samizdat,
Pescara, 1998. Di Malatesta si vedano: Pagine di lotta quotidiana. Scritti scelti, 2 voll., a
cura del Movimento Anarchico Italiano, Carrara, 1975; Pensiero e Volontà. Scritti, a
cura del Movimento Anarchico Italiano, Carrara, 1975; Rivoluzione e lotta quotidiana. Scritti scelti, Antistato, Torino, 1982.
94. Cfr.:.ACS, MI, PS, Dagr, a. 1914, b. 37, f. K5 – Teramo; Castellamare Adriatico,
«Volontà», Periodico di propaganda anarchica, Ancona, 31 gennaio 1914.
95. F. PAZIENTE, Democrazia e Socialismo in Abruzzo (1870-1917), cit.
88
INDICE DEI NOMI
A
Alfonso XIII 78, 79
Alighieri, Dante 22
Ansart, Pierre 25
Antonioli, Maurizio 48
Ardigò, Roberto 29, 63
Arista, Fernando, sindaco di San
Demetrio, 82
Aristotele 22
B
Bakunin, Michail 14, 15, 16, 17,
69
Balabanoff, Angelica 63, 73, 73
Baldasserini, Filippo 78
Benini, Aroldo 63
Bentivoglio, Maria Rita 16, 17
Berini, S. 61
Berthelot, Marcelin-PierreEugène 63
Berti, Giampietro 44, 88
Berti, Giuseppe 68
Bertolucci, Rosaria 88
Besesti, Francesco, maestro
evangelico, 86
Bissolati, Leonida 56
Bjornson, Bjornstjerne 63
Borghesi, Andrea 86
Borghi, Armando 88
Bovio, Giovanni 31
Bruno, Giordano 8, 15, 18, 40,
63, 66, 70, 71, 71 72, 74, 82, 83,
84, 86, 87
Buccella, Giacomo 78
C
Camilli, Gaetano 57, 57, 65, 65,
83, 86
Capisaldi, Mario 63
Carducci, Giosuè 29
Carrano, arcivescovo, 31, 32, 32
Chiarizia, Carlo 64, 65, 68, 72,
82, 83, 85
Ciccone, Pietro, direttore didattico, 82
Cicolani, Silvio 17
Cipriani, Ambrogio 86
Codello, Francesco 79
Colajanni, Napoleone 63
Colapietra, Raffaele 10, 65, 88
Combes, ministro, 66
Conti, Attilio 88, 88
Corsi, Giovanni 86
Costa, Andrea 84, 84
Cozzi, Giovanni 85
Crispi, Francesco 25, 31
Croce, Ettore 86, 88, 88
D
D’Alessandro Gesualdo 80
D’Eramo, Manlio 82
De Marinis, Gaspare 16, 16
Di Leonardo, Giovanni 17
Di Sciullo, Camillo 18, 18, 86
Donatelli, Francesco 62, 62
89
Donnabella Ilverano 80
L
E
Labriola, Antonio 69
Laplace, Pierre-Simon de, 30
Lattanzi, avvocato 66
Leone XIII, papa 35, 41
Leoni, Carlo 16, 17
Lombroso, Cesare 63
Lolli, Riccardo 39
Lopardi, Emidio 39, 39, 41, 45,
64-66, 72
Lorand 63
Lucci, Arnaldo 39, 47, 47
Eramo, Giovanni 77
F
Fabbri, Luigi 63
Faraglia, Carlo, consigliere comunale Sulmona, 85
Ferrer, Francisco 78-87, 79-87
Ferrero, Guglielmo 63
Ferri, Enrico 39
Finzi, Paolo 88
Furnemont 63
G
Galilei, Galileo 22
Garibaldi, Giuseppe 14-16, 16,
32, 43, 56, 72, 73
Ghisleri, Arcangelo 63, 63
Gori, Pietro 48, 48, 60, 86
Griffini, prof. 67
Gubitosi, dott. 66
Guillame, James 16
H
Haeckel, Ernst 63
I
Iatosti Antonio 84
Ippoliti, Francesco 77, 77
90
M
Malatesta, Errico 17, 86, 88, 88
Mancinelli, Quintino 78
Marinucci, avvocato, 78
Marinucci, Bernardino 72
Masci, Francesco 59
Mazzini, Giuseppe 22
Merlino, Francesco Saverio 44,
44
Michel, Louise 48, 48
Mondolfo, Rodolfo 81
Monti, Giuseppe 14
Moral, Matteo 79
Morselli, Enrico 63
Most, Johann 69, 69 , 78
Murri, Romolo 40, 41
N
Nathan, Ernesto 56, 56
Nettlau, Max 17, 88
Nivicow 63
Notari, Umberto 74, 74
O
Orsi F. 23
P
Palombo, Fabio 18
Paziente, Filippo 47, 83, 85, 86,
88
Pellegrino Stagni, arcivescovo,
74
Piccinini, Francesco 45, 74, 74,
75, 75
Pietramico, don 39
Pighetti, Guido 48, 49
Pio IX, papa, 15
Pio X, papa, 41
Pironi, Tiziana 81
Pittassi, Umberto 78
Platone 22
Podrecca, Guido 61, 61
Polli E. 23
Properzi, Gervasio don, 38
Proudhon, Pierre Joseph 25, 25
R
Rafanelli, Leda 24, 24, 78
Riccianes 22
Robin, Paul 63
Rossi, Virgilio 64, 65
Scano, ispettore scolastico, 82
Sergi, Giuseppe 63
Silone, Ignazio 76, 77
Silveri, Antonio, maestro elementare, 86
Socrate 22
T
Taglieri, Alfredo 78
Tempestini I. 24
Tognetti, Gaetano 14
Tomassetti, Luigi, 82
Torrese, Guido 86, 86
Tresca, Carlo 40, 40
Trevisonno, Nicola 47, 47
Trozzi, Mario 85-88, 86
V
Valente, Lorenzo 41
Villa, pubblicista, 82
Z
Zorilla, Ruiz 83
S
Salvi, Giuseppe, sindaco di
Sulmona, 85
Sanfelice, cardinale, 31
Santilli, Achille, presidente
Associazione Magistrale Aquila,
84
91
INDICE
Tavola delle abbreviazioni e indice dei perodici
Nota introduttiva di Raffaele Colapietra
CAPITOLO I: Camicie rosse e anarchici
CAPITOLO II: Socialismo, religione, identità politica
CAPITOLO III: I “neri”, lo “spettro rosso” e i diritti sociali
CAPITOLO IV: Pensiero laico è pensiero libero
CAPITOLO V: In piazza!
Indice dei nomi
93
Finito di stampare nel mese di ottobre 2009
Stampato in proprio
Centro Studi Libertari
Camillo Di Sciullo
Chieti
via Porta Pescara 27
96
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