vai all’indice 1 edizioni del Centro Studi Libertari Camillo Di Sciullo Chieti 2009 La riproduzione totale o parziale è permessa a tutti sotto la condizione della fedeltà al testo e della indicazione della fonte C.S.L. Di Sciullo casella postale 86 66100 Chieti 2 Edoardo Puglielli ANTICLERICALISMO E LAICITÀ NEL SOCIALISMO AQUILANO 1894-1914 nota introduttiva di Raffaele Colapietra Centro Studi Libertari Camillo Di Sciullo 3 Tavola delle abbreviazioni Abbreviazioni archivistiche ACS Archivio centrale dello Stato MI Ministero dell’Interno PS Direzione generale della pubblica sicurezza Dagr Divisione affari generali e riservati CPC Casellario politico centrale ASAq Archivio di Stato dell’Aquila Abbreviazioni bibliografiche BdA1 L. BETTINI, Bibliografia dell’anarchismo. Vol. I, tomo 1. Periodici e numeri unici anarchici in lingua italiana pubblicati in Italia (1872-1971), Crescita Politica, Firenze, 1972 DBAI Dizionario Biografico degli Anarchici Italiani, diretto da M. Antonioli, G. Berti, S. Fedele, P. Iuso, 2 voll., BFS, Pisa, 2003-2004 MOIDB Il movimento Operaio Italiano. Dizionario Biografico: 1853-1953, a cura di F. Andreucci, T. Detti, 5 voll., Editori Riuniti, Roma, 1975-1979 SPAM L. PONZIANI, Due secoli di stampa periodica abruzzese e molisana, Interlinea, Teramo, 1990 «Rassfr» «Rivista Abruzzese di Studi Storici dal fascismo alla Resistenza», L’Aquila Altre abbreviazioni a., aa. b. cat. f. n. p., pp. vol., voll. anno, anni busta categoria fascicolo numero pagina, pagine volume, volumi Sigle e forme abbreviate usate nel testo AIL FIL FNISM OdG PS PSI SFI UNM Associazione internazionale dei lavoratori Federazione italiana del libro Federazione nazionale insegnanti scuole medie Ordine del giorno Pubblica sicurezza Partito socialista italiano Sindacato ferrovieri italiani Unione nazionale magistrale Indice dei periodici - 4 «Il Foglio Anarchico», Individualista, Aquila, aa. 1907-1908 «Il Germe», Periodico Settimanale di Propaganda Socialista, nel 1907 Giornale quindicinale socialista, Sulmona, aa. 1902-1907 «L’Abruzzo Radicale», Organo dei Radicali Abruzzesi, Aquila, aa. 1904-1905 «L’Avvenire», Organo dei Lavoratori Abruzzesi dal 1894; «L’Avvenire della Democrazia» nel 1895; Organo dei Socialisti Abruzzesi dal 1899; Organo dei Socialisti del Collegio di Aquila dal 1903 Edoardo Puglielli, nato nel 1977, è insegnante, Cultore della materia in Pedagogia Interculturale presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi dell’Aquila, autore di studi sulla pedagogia libertaria e sul movimento anarchico e sindacale. 5 NOTA INTRODUTTIVA Edoardo Puglielli. L’autoeducazione del maestro, pensiero e vita di Umberto Postiglione (1893-1924), Centro Studi Libertari Camillo Di Sciullo, Chieti, luglio 2006, pp. 128; Battaglie e vittorie dei ferrovieri abruzzesi, Sulmona, L’Aquila, Castellammare, Avezzano, 1894-1924, idem, dicembre 2006, pp. 190; Anticlericalismo e laicità nel socialismo aquilano (1894-1914), bozze di stampa. Puglielli (o piuttosto Edoardo, come ama chiamarsi e farsi chiamare, non soltanto per moda giovanilistica) è, per l’appunto, un giovane di trent’anni che da Popoli (Pratola Peligna!) rinverdisce una tradizione sovversiva protrattasi attraverso l’intero Novecento da Nerino Fracasso a Natale Camarra con al centro la personalità emblematica di Nicola Costantini: e la rinverdisce non soltanto grazie alla concreta militanza libertaria ma alla luce di un’attività di ricerca assolutamente torrenziale, come ho voluto sottolineare mediante le insolite precisazioni cronologiche dell’intestazione della presente nota. La quale nota ho preferito sostituire alla prefazione che Edoardo, con stima e con rispetto (sono i sentimenti che continuano a manifestarmi tanti giovani, spesso anonimi, e che mi ripagano delle amarezze inflittemi da questa nativa regione nella quale, checché ne fantastichi Umberto Dante, ho non già il privilegio ma la disgrazia di vivere) mi aveva sollecitato per il suo ultimo lavoro, che perciò mi ha presentato in bozze, accompagnandolo con un paio di pubblicazioni dei mesi precedenti che, si badi, non sono le uniche, ma si inseriscono in un gruppo consistente sempre animato da spirito anarchico, rivendicativo e protestatario. Ed ho preferito fare così per poter richiamare l’attenzione di un meno esiguo pubblico su questa produzione, che esiste e vigoreggia in Abruzzo, oggi che alla classica Samizdat pescarese si è affiancato un centro studi chietino dovero- 7 samente intitolato a Di Sciullo, senza che da parte dell’ufficialità accademica ed istituzionale in genere si mostri per essa quella cura che sarebbe altrettanto doverosa ed indispensabile, al di là della carenze molteplici e gravissime che non sarò certo io, con la stima e col rispetto che ricambio di gran cuore agli amici sovversivi, a mancare di rilevare. Ho già usato un paio di volte, e credo di dover adoperare per tutta l’intera atmosfera che ci concerne, come del resto fa più volte lo stesso Edoardo, il termine sovversivo ad omnicomprendere, per così dire, le svariate sfumature che l’atmosfera medesima presenta e quasi ostenta, e che già in seno all’anarchismo risultano visibilissime, per estendersi poi, storicamente parlando, all’intransigentismo più o meno rivoluzionario, al sindacalismo, al mussolinismo, al massimalismo, a certe forme di comunismo, di fascismo, di dannunzianesimo, e chi più ne ha più ne metta, tutti alla meglio tenuti insieme da quella aspirazione radicale a subvertere, al mettere sottosopra, senza poi trovarsi neppure lentamente d’accordo sul che cosa edificare, con la quale etichetta non a caso era la polizia a tenerli formalmente insieme un po’ tutti, come qualcosa di latamente negativo, di genericamente pericoloso, che per il momento non si poteva e non si doveva fare altro, da Bakunin a Malatesta, ma non soltanto a loro, che reprimere indiscriminatamente. In quest’ambito, per tornare all’Abruzzo, e per limitarci alla ricca fioritura dell’ultimo decennio, segnaleremo le ricerche sulla presenza anarchica nell’aquilano (Cicolani 1997), sugli anarchici abruzzesi nel periodo giolittiano (Calice 1998), su Carlo Tresca (autori vari 1999), su internazionalisti e repubblicani in Abruzzo 1865-1895 (Di Leonardo e Bentivoglio 1999), su Virgilia D’Andrea (Piccioli 2002), sull’Abruzzo “rosso e nero” (Puglielli 2003), su Camillo di Sciullo (Palombo 2004), su Luigi Meta (Puglielli 2004), alla quale va aggiunta quanto meno la recente indagine marsicana su Francesco Ippoliti. Balza subito all’attenzione l’assenza della figura senza paragone più rappresentativa dell’anzidetto sovversivismo, anche se torbida e burrascosa ben al di là della lineare e solida robustezza con cui Di Sciullo, tanto per fare il più cospicuo esempio, ha sviluppato il pensiero libertario, non esclusivamente sulle colonne dell’eccellente, interessantissimo foglio che reca quel titolo. Intendo riferirmi, si capisce, ad Ettore Croce, e non sol- 8 tanto al tribuno, ma anche e soprattutto all’editore, al promotore di cultura in senso lato, il cui compito di propaganda e mediazione su orizzonte senz’altro nazionale attende ancora di venir esaminato a dovere. Ma ci sono altri nomi che urgono nello stesso senso, si pensi a Manlio D’Eramo, per esempio, a questo repubblicano che si colloca formalmente, per così dire, all’estrema destra del mondo sovversivo, ma la cui definizione critica è imprescindibile se si vuol comprendere bene la Sulmona del primo quarto del Novecento, e non soltanto Sulmona, in una dialettica con Tresca e Trozzi, tanto per fare i due nomi più rilevanti e conosciuti, tutta da precisare o addirittura da scoprire. E, sempre per restare a Sulmona, quando cercheremo di sapere e di capire se e in qual misura esponenti nazionali del socialismo riformista e massonico quali Arnaldo Lucci ed Attilio Susi abbiano operato sulla città nativa? E chi sia stato davvero, prima e dopo la deputazione massimalista, Bruno Cassinelli? E quello stravagante di Federico Mola? E così via dicendo. Ampio come da arare, dunque: per la quale aratura, tuttavia, e qui torniamo finalmente all’ottimo Edoardo, ma non a lui soltanto, s’intende, non basta assolutamente scorrere sempre, ed in via esclusiva, la stampa di partito e le carte di polizia, con la quale documentazione si fa apologia, s’informa, forse, ma non si fa certamente storia, non si comprende, per trasferirci brevemente all’Aquila, e per fare un unico grosso esempio, chi sia stato davvero l’arcivescovo Carrano a prescindere dalle trivialità della “fogna clericale”, con i suoi tentativi di azione cattolica da cui sono venuti fuori i preti del giornalismo, del segretariato dell’emigrazione, del partito popolare (e non si parla dei vescovi di Sulmona e di Gennaro Sardi, degli interlocutori ed avversari di Di Sciullo a Chieti, dalla variegata società pescarese, del socialismo a Penne e della sua assenza a Lanciano, del fenomeno Celli a Teramo e di tutto il retroterra bloccardo che gli sta alle spalle). Già questi brevissimi cenni stanno dunque a ribadire la cautela con cui occorre procedere sul terreno di quella che è l’ultima fatica ancora inedita di Edoardo, alle origini, benissimo, i reduci garibaldini (ma qui andrebbe rivisitato il ruolo dell’Aquila e della Marsica nella preparazione di Mentana, da Pietro Marrelli ad Orazio Mattei), poi i bakuninisti, ma tenendo ben distinto il limpido e patetico Carlo Leoni dagli 9 arruffoni sconclusionati alla Pisarri ed alla Tommassetti, e così via via il socialismo cristianeggiante anticattolico che confondeva nella barba e nel rosso della veste Cristo, Garibaldi e Marx (precisante questa era l’immagine che aveva condotto Panfilo Sclocchi, prima che il terremoto l’uccidesse, ad essere il sindaco di Pescina) mentre Giordano Bruno, porta Pia, Francisco Ferrer, appartengono ad un mondo diverso, inconfondibilmente borghese, i cui protagonisti, per rimanere in ambito aquilano, possono essere gli insegnanti forestieri, e gli imminenti interventisti alla Chiarizia ed alla Marinucci, ma non certamente i lavoratori. In altre parole, quando Edoardo ci ha fatto la cronaca accuratissima degli interventi del periodico socialista «L’Avvenire» e di qualche sparso ed occasionale foglio anarchicheggiante (ma senza dirci che Piccinini era giovane di studio dell’avvocato Lopardi, che Urbani sarebbe diventato il più conformista dei verseggiatori locali e Pighetti deputato fascista, ancorché nel risvolto sovversivo che si è accennato) nei più svariati settori dell’anticlericalismo e della laicità, non riusciamo ancora a cogliere le ragioni per le quali, tanto per starci alle sue stesse constatazioni, sia un prete a sfidare in contraddittorio Emidio Lopardi, siano in molti i proletari che trasmigrano nelle organizzazioni cattoliche (mentre la camera del lavoro fa vita rachitica stentatissima, e perché?), sia il bloccardismo (di cui mai non si parla espressamente et pour cause) ad ispirare nel quinquennio a cavallo del 1910 le rivendicazioni del 20 settembre e le campagne per il divorzio e contro l’insegnamento religioso, ancora sentite ed avvertite di fatto (anche se culturalmente a torto) come prettamente borghesi, a non parlare del libero pensiero, tutto intellettualistico e professionistico, sia l’emancipazione della donna infine (non parliamo del libero amore!) a segnare il passo quando si tratti di certe condanne moralistiche in clamorosi casi di cronaca, o dell’ingresso concreto, massiccio, nel mondo del lavoro, le operaie del cotonificio Tobler. Sfumature del genere non vanno trascurate anche a proposito della vicenda abruzzese di un sindacato poderoso e tradizionalmente gelosissimo della propria autonomia e delle proprie capacità tecniche (l’autogestione delle linee) come quello dei ferrovieri, un discorso che, dal punto di vista regionale, si accentra su Sulmona, e sostanzialmente su due forti figure di leaders assai ben rimarcati sotto un profilo politico massimalista ante litteram, Vincenzo Scapaticci e 10 Quirino Perfetto, mentre, tanto per non perdere di vista l’accennata esigenza di distinzione, un esponente altrettanto qualificato ed attivo come Patrizio Monreale si adatta di buon grado a fare tranquillamente il consigliere comunale all’Aquila. Nel capoluogo infatti l’incidenza sociale e politica dei ferrovieri è obiettivamente assai meno considerevole che a Sulmona ed a Castellammare, nella quale ultima località, com’è noto, essi si inseriscono in prospettiva urbanistica nell’opera di governo dell’amministrazione socialista Basile con risultati che la sensibilità odierna va sempre meglio positivamente valutando ed apprezzando. Ed eccoci infine in questa necessariamente veloce carrellata ad un personaggio indiscusso ed indiscutibile come Postiglione, al quale il Nostro si accosta simpateticamente anche grazie alla sua personale qualifica professionale, che è precisamente quella di studioso di scienze pedagogiche. In questo campo, com’è noto, emerge la figura indubbiamente, schiettamente libertaria nel miglior senso del termine, che da Raiano all’America e di nuovo in Abruzzo fino alla morte dolorosamente immatura poco più che trentenne, ebbe con altrettanta certezza una vocazione prepotente, improvvisa ma assolutamente impressionante, il maestro che s’innesta sul giornalista e sull’oratore della propaganda anarchica e del sindacato operaio con i risultati che in meno di un paio d’anni lo conducono agli straordinari esiti del novembre 1923, quattro mesi prima della scomparsa, la relazione al convegno magistrale dell’Aquila che leggiamo più che opportunamente riproposta. Senonché, mentre il pedagogista risalta a luce meridiana, il propagandista ed il sindacalista d’oltre Oceano vengono a definirsi con assai minore chiarezza, così nello studio approntato sollecitamente post mortem di Marchesani come nell’assai più tarda raccolta di scritti sociali curata da un suo compagno d’armi appunto in quella propaganda ed in quelle lotte operaie come Venanzio Vallera. Non solo: ma la splendida relazione, tutta fitta contesta di richiami a Croce ed a De Sanctis, ma anche ad un “certo” Mazzini, è affidata a Postiglione da un Giovanni Ferretti che intanto è provveditore regionale agli studi per l’Abruzzo in quanto vicinissimo al Gentile ministro dell’Istruzione, quel Gentile il cui pathos percorre da un capo all’altro il testo del Nostro, magari accentuato nella chiave tecnica che ad esso conferiva da poco meno di un ventennio Giuseppe Lombar- 11 do Radice non a caso direttore generale dell’istruzione primaria. In altre parole a me sembra che dalla casa del popolo di Raiano alla scuola elementare di S. Demetrio attraverso quel libro di testo di cultura regionale che, altrettanto non a caso, Ferretti gli aveva affidato nella geniale prospettiva elaborata appunto alla Minerva da Lombardo Radice (ed in Abruzzo si sarebbe affiancato al Nostro un esperto come Berengario Amorosa mentre nel Molise avrebbe tenuto significativamente il campo un poeta, Eugenio Cirese) il Postiglione 1923 sia entrato genuinamente, decisamente in un clima gentiliano che risente solo dal punto di vista emotivo, temperamentale, del d’altronde affine background libertario, clima, si badi, che non vuol dire affatto fascista, prova ne sia il distacco o addirittura l’opposizione che nei confronti del regime seppero con maggiore o minore prontezza assumere rispettivamente Ferretti e Lombardo Radice. Ma nel libro di Edoardo c’è anche una succosa appendice, non tanto magari il dramma sociale “roboante” per dirla con Vallera ad altro proposito, quanto la mirabile lettera 10 agosto 1915 da Seattle con la quale il ventiduenne Umberto respinge l’invito dei genitori a tornare in Italia per combattere la guerra della monarchia e della borghesia, respingendo al tempo steso il menzognero concetto di patria che anima quella guerra in pro di un altro più nobile ed elevato concetto che, a questi chiari di luna di orgia patriottarda, noi uomini del Duemila faremmo bene a non perdere di vista. E non solo i chiari di luna di oggi: Edoardo fa benissimo a ricordare la ristampa 1960 Giannangeli del volume 1925 di Marchesani, quella ristampa pavida, conformista e malamente scorretta su cu si esercitò a suo tempo il sacrosanto sarcasmo di Antonio Gasbarrini: benissimo, il mostro sacro Ottaviano Giannangeli si prosternava nel 1960 al regime democristiano così come il buon Marchesani non aveva fatto nel 1925 dinanzi al fascismo trionfante (che si era quanto meno astenuto dal perseguitarlo): la cupidigia di servilismo è sempre fiorente e feconda tra noi: anche per questo, leggere le pagine ed i fatti degli anarchici non ha fatto e non farà mai male. Raffaele Colapietra L’Aquila, agosto 2007 torna all’indice 12 CAPITOLO I Camicie rosse e anarchici I reduci garibaldini L’anticlericalismo è un fenomeno complesso che affonda le proprie radici nella filosofia, nella cultura e nella storia moderna europea. In Italia, immediatamente dopo l’Unità e in seguito all’epilogo della Comune di Parigi, l’anticlericalismo si diffonde tra quei ceti popolari che, affacciatisi per la prima volta nel campo delle lotte sociali, ne impugnano orgogliosamente la bandiera: si tratta di una vera e propria “rivoluzione culturale” per le nuove generazioni di democratici 1. Queste infatti, o per essersi accostate al garibaldinismo o per essersi ritrovate nella fitta rete dei rapporti bakuniniani, hanno ora modo di assimilare le teorie materialiste e antireligiose, abbracciando, gradualmente, le idee internazionaliste e rivoluzionarie. L’anticlericalismo garibaldino segue una particolare evoluzione: delineandosi inizialmente come movimento culturale e politico d’opposizione al clericalismo, ovvero all’invadenza degli ecclesiastici nella vita dello Stato e nel costume, 1. La prima proclamazione della fine del potere temporale del papa è del 1798, ad opera della prima Repubblica Romana. La Repubblica Romana del ’49 dichiara nuovamente la decadenza del potere temporale del papa. La formazione dello Stato nazionale del 1861 è preceduta e accompagnata dal tentativo di una riforma religiosa che, nei propositi di alcuni esponenti delle classi dirigenti piemontesi, avrebbe dovuto sradicare dal cuore del popolo la fede cattolica, sostituendola con una specie di religione di Stato. Si inizia all’epoca del Regno di Sardegna, con la legge del 25 agosto 1848 che espelle tutti i gesuiti stranieri, sopprime l’ordine e ne incamera tutti i collegi, convertendoli ad uso militare. È del 29 maggio 1855 la più famosa legge che abolisce tutti gli ordini religiosi privi (secondo lo legge) di utilità sociale (agostiniani, carmelitani, certosini, cistercensi, cappuccini, domenicani, benedettini e altri) e ne espropria tutti i conventi (335 case), sfrattando 3.733 uomini e 1.756 donne. Nel tentativo di colmare i gravi disavanzi causati dalla terza guerra d’indipendenza, nel 1866 il Regno d’Italia estende l’esproprio dei beni ecclesiastici a tutto il territorio nazionale e, con la legge del 19 giugno 1873 anche a Roma, la nuova capitale. La presa di Roma, avvenuta il 20 settembre 1870, pone fine al potere temporale del papa e allo Stato Pontificio. 13 assume sempre più espressione di lotta al potere temporale del papa-re, alla Chiesa, al clero e alla religione cattolica. All’inizio ha origini solo politiche, connaturate alla necessità di completare l’unificazione. Si evolverà poi contro la presenza della chiesa cattolica, per l’ostilità da questa dimostrata nei confronti dei principi trainanti di un’Italia unita appena realizzata e infine, con toni molto accesi, si proporrà di affermare una cultura popolare basata su un nuovo umanesimo universalistico e laico, cristiano ma nettamente anticattolico. Si tratta dunque di un anticlericalismo antivaticano prima, molto più violento ed anticattolico poi, influenzato in gran parte dalle idee del cristianesimo interpretato in chiave sociale: emancipazione e liberazione di tutti gli oppressi, fratellanza universale e pacifismo internazionale. La chiesa cattolica, maggior ostacolo per la realizzazione di tali obiettivi e secolare avversario del progresso e della civiltà, deve per i garibaldini scomparire definitivamente. Dal papa-re, definito a più riprese “vecchio putrido”, “sacerdote della menzogna” e ancor oltre, l’avversione di Garibaldi si estende man mano agli austriaci e ai Borboni, “militi pontifici”; al clero, “morbo da cui liberarsi per purificare l’Italia, antipatriottico, contrario alla causa nazionale, sostenitore del brigantaggio nel Meridione, filoaustriaco, oscurantista”, ai preti, “setta contagiosa e perversa”. Seppur con toni ed accenti diversi, l’anticlericalismo accompagna Giuseppe Garibaldi per tutta la vita: dalla proclamazione della decadenza del potere temporale del papa ad opera della Repubblica Romana del 1849 alla spedizione dei Mille, dalla preparazione delle iniziative per liberare Roma e Venezia ancora occupate rispettivamente dal papa e dagli austriaci all’impresa bloccata dalle armi regie sull’Aspromonte, da Mentana alla condanna a morte di Monti e Tognetti, dall’intervento a Ginevra al Congresso della Pace del 9 settembre 1867 al noto Appello alla Democrazia del 1872 sulla necessità dell’istruzione laica e pubblica. L’avversione al cattolicesimo dei garibaldini si diffonde a livello popolare nelle società operaie, leghe e circoli, incontrando sia l’appoggio dei liberali, della massoneria e delle prime associazioni del Libero Pensiero, sia l’affermarsi della propaganda che Bakunin andava facendo dal 1864 negli ambienti dei democratici radicali italiani. Il russo, inoltre, aveva introdotto elementi d’analisi e d’azione incentrati su una visione federalista, radicale ma soprattutto atea e libertaria della rivoluzione2. 14 La parabola di questo anticlericalismo (iniziata con l’assalto alla salma di Pio IX nel 1881) raggiunge il punto più alto il 9 giugno 1889 in Campo de’ Fiori a Roma, con la manifestazione di piazza per l’inaugurazione del monumento a Giordano Bruno; in questa occasione la popolazione dell’Aquila e l’intero consiglio comunale risultano rappresentate con la partecipazione diretta del sindaco3. Negli anni a seguire sono i reduci garibaldini, approdati ora al socialismo, a mantenere vivo tra i ceti popolari quell’anticlericalismo che fortemente aveva animato le camicie rosse. Il 19 marzo 1906, ad esempio, la Società operaia di Calascio organizza un comizio di piazza “per commemorare l’onomastico dell’Eroe dei due mondi, Giuseppe Garibaldi”. Parla il vecchio garibaldino ed ex-internazionalista anarchico Luigi Tomassetti, che ricorda “le gesta del suo duce”. Quando si sofferma sul “tradimento di Pio IX […] il prete di Calascio fa suonare le campane per non far udire al popolo la vera storia; ma la voce del Tomassetti è più potente delle campane e ricorda la profezia di Garibaldi, cioè che la stella dell’avvenire e del risorgimento del popolo sfruttato sarà il socialismo”4. Anche la Società reduci garibaldini dell’Aquila è promotrice di “una solenne manifestazione” di piazza in occasione del centenario della nascita, ottenendo l’adesione dei partiti popolari e un forte consenso popolare. Sotto la spinta dei socialisti l’evento è totalmente incentrato su posizioni nettamente antigovernative: contro la politica giolittiana, “intessuta di compiacenti dedizioni al prete” e contro il governo, “che accoglie con gli onori militari i cardinali e invia le truppe alle feste religiose”: AQUILA. Contro il clericalismo che rappresenta la degenerazione di ogni idealità mistica e religiosa, ogni cittadino libero deve insorgere perché […] il clericalismo significa di fronte all’umanità la barbarie, di fronte all’Italia il parricidio. Le commemorazioni di Giuseppe Garibaldi nel centenario della sua nascita, siano dovunque alte e degne manifestazio2. Di Michail A. Bakunin (1814-1876) si vedano: Confessione, La Fiaccola, Ragusa, 1977; Considerazioni filosofiche, La Baronata, Lugano, stampato a Carrara, 2000; Là dove c’è lo Stato non c’è libertà, Demetra, Colognola ai Colli (VR), 2001; La libertà degli uguali, Elèuthera, Milano, 2000; Stato e Anarchia, Feltrinelli, Milano, 2000. 3. Cfr. Per l’intervento ufficiale del Consiglio Comunale al Comizio anticlericale del 17 Febbraio, «L’Avvenire», 24 febbraio 1907. 4. Da Calascio, Ivi, 15 aprile 1906. 15 ni di quell’anticlericalismo che è il vero retaggio morale che l’eroe ha lasciato agli italiani […] Garibaldi, che definì il papato il cancro d’Italia5. L’anticlericalismo garibaldino, in sintesi, con la sua impostazione ed il suo linguaggio, è destinato a rimanere a lungo presente nelle piazze italiane, nonché ben sedimentato nelle organizzazioni proletarie e nel variegato mondo dell’associazionismo popolare. Gli internazionalisti Le associazioni internazionaliste contribuiscono ad un processo di rielaborazione più organico, saldando le istanze e le esigenze espresse dal variegato fronte anticlericale al materialismo storico per la crescita di un più ampio movimento sovversivo e rivoluzionario. La sezione aquilana della Federazione italiana dell’Associazione internazionale dei lavoratori (AIL) nasce nel 1872 da una frattura dell’Associazione Democratica Giovanile, organizzazione già caratterizzata da un’accesa impronta laica e razionalista6 : il proprio settimanale, ad esempio, «La Giovane Democrazia», qualche anno prima si definiva razionalista, socialista e popolare, e uno dei suoi principali collaboratori, Gaspare De Marinis, exgaribaldino, era stato schedato dal pretore di Pratola Peligna quale “ateo, materialista, repubblicano e uomo pericoloso”7. La sezione aquilana, con Carlo Leoni alla segreteria, dopo la scissione interna all’Internazionale tra centralisti e federalisti si schiera con Bakunin8. L’anarchico russo aveva introdotto 5. Commemorazione del centenario Garibaldino, Ivi, 16 giugno 1907. Si veda anche Risveglio anticlericale, Ivi, 23 giugno 1907. Il numero del 21 luglio 1907 è interamente dedicato alla figura di Garibaldi. 6. Sull’Internazionale e gli internazionalisti abruzzesi si veda G. DI LEONARDO, M. R. BENTIVOGLIO, Internazionalisti e Repubblicani in Abruzzo 1865-1895, Media Edizioni, Mosciano S. Angelo (TE), 1999. 7. Gaspare De Marinis, nasce a Pratola Peligna il 27-07-1840. Patriota, garibaldino, poi internazionalista, a soli 20 anni partecipa alla battaglia sul Volturno (2 ottobre 1860) guadagnandosi il riconoscimento di una medaglia d’argento. Conclusa la fase unitaria, non contento dello stato di cose presenti, continua a lottare e a tenersi in contatto con i più tenaci e convinti propugnatori delle idee internazionaliste e repubblicane, con l’obiettivo del superamento del regime monarchico. 8. Sulla I Internazionale si vedano: J. GUILLAME, L’Internazionale, documenti e ricordi, CSL Camillo Di Sciullo, Chieti, 2004; G. MANACORDA, Il movimento operaio italiano, Editori Riuniti, Roma, 1973; P.C. MASINI, La Federazione Italiana della Asso- 16 un’altra forma di antidogmatismo. L’autorità, nemica della libertà, si incarna in due “archetipi”, l’uno ideale, l’altro materiale: dio e lo stato. Dio è il massimo principio di autorità pensabile; è l’idea stessa di dominio che ne giustifica tutte le determinazioni empiriche. Il fatto che esista un padrone nei cieli comporta che ne esista uno anche in terra, per cui la lotta contro il principio di autorità deve partire dalla negazione stessa di dio, non tanto perché se ne vuole negare l’esistenza (ateismo) quanto perchè se ne vuole affermare l’incompatibilità con l’idea e la pratica della libertà (antiteismo). Leoni si dà un gran da fare, contribuendo alla nascita e all’organizzazione di sezioni internazionaliste a Sulmona, Pescara, Onna, Barisciano, Picenze, e di una sezione femminile dell’internazionale all’Aquila: “il nostro programma è quello che ha per patria il mondo; per autorità, il diritto delle genti; per proprietà, per capitale, il lavoro; per dio l’adempimento di tutti i doveri sociali”9. Nel manifesto che gli anarchici aquilani vanno diffondendo si legge che “per non riconoscere al di sopra di lui potenza alcuna che debba menarlo o dirigerlo nella via della emancipazione e nella lotta per la medesima, il lavoratore è essenzialmente antiautoritario e anarchico”. Nella lotta per l’abolizione di ogni regime e distinzione di classe è indispensabile giungere alla distruzione dello Stato “in tutte le sua manifestazioni economiche, politiche, religiose”. La rivoluzione sociale quindi, “non riconoscendo autorità e monopoli, privilegi politici ed economici, tende a trasformare la società sulle basi dell’anarchia e del collettivismo, all’oggetto di costruire un mondo umano libero da ogni privilegio, da ogni pregiudizio, da ogni prepotenza”10. Parallelamente a questa dinamica politico-organizzativa si va via via affermando anche quella associativa, quell’identità “sovversiva” che sarà poi l’elemento caratterizzante di quelle “controsocietà” che crescono all’interno dei borghi, ciazione Internazionale dei Lavoratori – Atti ufficiali 1871 – 1880, Avanti!, Milano, 1963; P. C. MASINI, Storia degli anarchici italiani da Bakunin a Malatesta (1862-1892), Rizzoli, Milano, 1969; M. NETTLAU, L’anarchismo attraverso i secoli, Samizdat, Pescara, 1997. 9. In S. CICOLANI, La presenza anarchica nell’aquilano, CSL Camillo Di Sciullo, Chieti, 2006, p. 84. 10. Programma della Federazione Provinciale Marchigiana ed Umbra della Regione Italiana dell’Associazione Internazionale dei Lavoratori, 1873, in G. DI LEONARDO, M. R. BENTIVOGLIO, cit. 17 dei quartieri e della città fra Otto e Novecento. Questi sovversivi non solo frequentano le stesse cantine e lavorano nelle stesse botteghe ma condividono anche una serie di riti laici quali la festa, la manifestazione, il comizio, che identificano un comportamento radicale, di classe, antagonista rispetto al modello di vita della società borghese. Le ricorrenze del calendario anticlericale sono scadenze di incontri, comizi e banchetti: il 17 febbraio, ad esempio, anniversario della morte di Giordano Bruno, così come il XX Settembre, data in cui si ricorda la fine del potere temporale dei papi, diventano giornate di aggregazione, riflessione e propaganda che, anno dopo anno, si affermano sempre più nei costumi dei ceti popolari. La figura di Bruno in particolare è dappertutto e riveste i ruoli più disparati: è al centro di studi storici, interessi filosofici, passioni politiche ma anche protagonista di edizioni popolari di carattere divulgativo e propagandistico che ne propongono la vita romanzata. Viene acquisita dal patrimonio culturale del primo movimento internazionalista come simbolo del libero pensiero, eroe della ragione perseguitato dall’oscurantismo religioso; il legame del suo nome alla causa anticlericale diventa indissolubile, soprattutto per la sua vicenda, vista come simbolo di “impossibile riconciliazione” tra valori laici e religiosi: Ricordatevi che Bruno è risorto e rivive nel bronzo, in Campo de’ Fiori, simbolo eterno della libertà di pensiero, e monito severo al Vaticano oscurantista11. Sotto l’aspetto politico, il tentativo radicale di costruire un’identità diversa in contrapposizione a quella cattolica dominante rafforza nell’immaginario sociale la figura di Bruno come simbolo di ribellione e resistenza al potere. Bisogna comunque attendere la fine del XIX secolo per poter assistere ad una diffusione concreta della cultura laica nel proletariato, dopo un lungo e delicato percorso politico e culturale. Nell’ultimo decennio dell’Ottocento iniziano a circolare in Abruzzo copie de «Il Pensiero»12, settimanale del Circolo Giordano Bruno di Chieti animato da Camillo Di Sciullo13. Dapprima foglio anticlericale e di vago sapore de11. Ai neri dell’«Eco», «L’Avvenire», 25 febbraio 1900. 12. Su «Il Pensiero» cfr. BdA1, pp. 72-74. 13. Su Camillo Di Sciullo si veda F. PALOMBO, Camillo Di Sciullo, anarchico e tipo- 18 mocratico, il periodico assume un tono socialisteggiante nel 1892 e, successivamente, nettamente anarchico. Dopo qualche anno irrompono definitivamente nella stampa proletaria locale istanze di netto rifiuto “all’obbedienza a qualsiasi potere fantastico”: Nessuna adorazione tributiamo al cuore di un uomo o alle viscere d’una vergine, come fanno […] gli adoratori, i ministri e gli interpreti d’un dio che la nostra mente ignora. Le leggi morali noi le facciamo scaturire dalle leggi della natura e della vita, perché pensiamo che non v’è altra vita umana di quella che si vive nel tempo e nello spazio […] Oggidì dobbiamo lottare per l’emancipazione assoluta e integrale da ogni credo religioso di qualsiasi specie14. torna all’indice grafo di Chieti, CSL Camillo Di Sciullo, Chieti, 2004. 14. Il pericolo clericale, «L’Avvenire», 2 dicembre 1906. 19 CAPITOLO II Socialismo, religione, identità politica Ideologia socialista e religione Buona parte delle ideologie politiche ottocentesche presenta alla propria base una fortissima spinta “salvifica”, spesso sentimentale e profondamente emotiva prima che razionale, in cui una sorta di esigenza metafisica – retaggio delle religioni tradizionali – viene ad incontrarsi con un impegno tutto terreno a favore dei propri ideali. Si tratta di un concetto ampio di religiosità, la cui adozione spesso diviene addirittura indispensabile di fronte al vuoto che va lasciando tra le masse il progressivo e crescente declino della religiosità tradizionale. “Decade la religione di Cristo?” – spiegano i socialisti aquilani – “no: precipita la religione del prete. Cristo è nel cuore del popolo: l’eterno ribelle è il dio dell’eterno diseredato; l’eterno ideale di giustizia segna il fine degli sforzi dell’eterno oppresso e lo spauracchio dell’eterno oppressore”1. Il vecchio sentimento religioso, dovendo essere sostituito con qualcosa di più terreno, è oggetto di modifiche, revisioni e riformulazioni che porteranno a sostenere che “i concetti del grand’Uomo”, cioè “Fratellanza, Uguaglianza, Libertà”, sono stati snaturati dal cattolicesimo che “con la superstizione ha fatto stimare ingiusto, disonesto e dannoso ciò che è giusto, onesto e santo”2. Si tratta di affermazioni spesso funzionali a giustificare ai nuovi compagni, con forma graduale e non traumatica, una sorta di continuità storica nel momento in cui uno statico millenarismo deve necessariamente tramontare, ed un futuro di giustizia e uguaglianza sociale, avvertito tra l’altro fin troppo vicino, deve finalmente prendere il suo posto. E a tal proposito i socialisti 1. Cristo, «L’Avvenire», 25 dicembre 1894. 2. Il cattolicismo, Ivi, 5 agosto 1894. 20 si spingono anche oltre, marcando l’infallibile lungimiranza del “falegname di Nazareth” che “additò la meta della marcia fatale dei popoli”: una meta “ancora da raggiungere, quel fine è ancora ostacolato, quella dottrina è ancora un’utopia”. Il cristianesimo di base, così profondamente diffuso e radicato, diventa spesso il mezzo stesso per far breccia nelle coscienze dei democratici e dei socialisti, predisposti ora in qualche modo ad accettare le tesi per cui “Cristo additò quale meta una sola patria, il mondo; un sol popolo, l’umanità”; per cui “da diciannove secoli il suo ideale è un’utopia: utopia l’unione dei popoli, utopia la pace universale, utopia la vera giustizia, la vera uguaglianza di diritti e di doveri”. Serpeggia un nuovo stato d’animo, una tentazione di forzare gli eventi, di proporre il salto verso il futuro e liquidare il passato: “utopia è anche il socialismo”, cioè “l’applicazione nella vita pratica della dottrina di Cristo”. Costui infatti, al pari dei rivoluzionari, “è odiato dal sacerdote, che vede in lui il novatore pericoloso”; ucciso dal re, “che scorge in lui il ribelle alla legge perché spezza l’idolo”, immagine della legge3. Ma attraverso questa lettura radicale dei testi evangelici, dove e come vanno a collocarsi le gerarchie ecclesiastiche? Mentre Cristo si diceva “il fratello degli umili e non aveva una casa ove riposare, il Papa posa da autocrate ed ha una dimora di undicimila stanze che forma l’invidia di tutti i re della terra”4. Il prete, a sua volta, impegnato nel “mantenere in piedi la santa bottega”, diviene automaticamente simbolo di regresso, del male5, di intralcio all’evoluzione della natura stessa: Fin da piccino… (ma guardate un poco) quando un prete vedea passar per via, se ancora immerso nel più gaio giorno, compreso d’odio e di terror fuggia. Era la veste nera?... Era il cappello con quei tre corni, che mi spaventava? Potrà darsi… ma certo il mio cervello bieco un presentimento in sé covava. 3. Cristo, cit. 4. Cfr.: Il Primo Maggio in Aquila, Ivi, 3 maggio 1894; Gesù negli Evangeli, Ivi, 19 novembre 1899. 5. Cfr. Cristo e il prete, Ivi, 8 settembre 1901. 21 E dir che ancor non l’avevo letta la triste storia della patria mia cui i più gran mali glieli fe’ la setta ch’ama l’oscurità e l’ipocrisia: e tu… chiamavi, o mamma benedetta, il mio infantil terrore una pazzia?6 Questa lettura capovolta della storia legittima appieno i socialisti. Gli uomini “sono tutti eguali dinanzi alla necessità del vivere perché vivono sulla terra e non in cielo”: quindi “unitevi e chiedete un più giusto regolamento dei beni terreni”7. Nessuna separazione tra “anima” e materia e soprattutto nessuna resurrezione della materia che, invece, “risorge tutti i giorni trasformandosi” secondo la legge della natura: La materia è dunque immortale, non si crea né si distrugge; e la mente, il pensiero, l’anima, perché non dovrebbero essere tali? Non esiste ancora il pensiero di Socrate, di Platone, di Aristotile? Non esiste ancora quello di Dante, di Galilei? Non esisterà sempre quello di Mazzini? Corpo ed anima, materia, cioè, e pensiero sono eterni: non alle sponde dell’Acheronte e del Lete, non alle profondità corrose fra il pianto e lo stridor dei denti, non nell’Eliso fra canti ed Uri, ma sempre in terra, con noi ed in noi8. Anche il linguaggio e i rituali sono destinati a ribaltarsi. Cristo “non confessò mai alcuno, ed assolvendo e perdonando, non richiese a nessuno il racconto dei falli commessi”; unico scopo della confessione quindi è “lo spionaggio. Appena il preteso Vicario di Cristo, a furia di intrighi, di delitti, di rapine, poté avere un trono, pensò di consolidarselo circondandosi di spie […] e inventò la confessione”9. E allora, quando la quaresima batte alle porte, “sbrighiamoci a peccare; per confessarci abbiamo tanto tempo; diventiamo pagani in questi giorni che rimangono, che la dottrina cristiana l’impareremo nei quaranta giorni di digiuno; cantiamo le canzonette allegre, che il miserere lo sentiremo al duomo, bal6. RICCIANES, Ivi, 25 novembre 1894. 7. Voci diverse, Ivi, 14 gennaio 1900. 8. I morti, Ivi, 28 ottobre 1894. 9. Confessione, Ivi, 9 aprile 1893. 22 liamo, abbracciamoci, baciamoci che un segno di croce ed un po’ di cenere tutto cancellerà: il buon dio è misericordioso, per due lire date al prete ci aprirà di nuovo le braccia”10. Le vittime del lavoro e dell’ingiustizia sociale, “i fratelli di miseria”, “i derelitti” vengono esortati così a “bestemmiare”: Voi non avete, no, diritto di vivere di amare, di godere; voi non dovete, no, saper che siano la gioia ed il piacere. Oh se è destin che mille e mille soffrano, mentre sol uno gode, s’è ver che il cielo, il ciel promesso ai miseri, i miseri non ode, non preci e pianti, ma bestemmie orribili, io vo’ scagliar con vo… o derelitti, o sconsolati, o innumere stuol di ignorati eroi!11. Tra Le orazioni del Lavoratore, il segno della croce diventa “nel nome della fame, dell’ignoranza, della miseria, pietà di me!”12; il Pater noster, invece, in una libera versione, si trasforma in stornello di denuncia sociale e ironica rivendicazione: O padre nostro che ne’ cieli stai pan quotidiano aveva ad ognuno dato con equa partizion, come tu sai. Ma i pochi l’han per sé tutto rubato, e or predicano che il solo aver desio di quel pane è per noi grave peccato. […] Non esigiam che tutto a noi si renda ma quello almen che loro sopravanza dopo il pranzo, la cena e la merenda13. Alle “sorelle di fatica”, alle “nostre figlie, le prostitute, che muoion tisiche negli ospedal”, viene rivolto un altro invito: non pregare. 10. Carnevale IV, Ivi, 24 febbraio 1895. 11. E. POLLI, Bestemmiamo!, Ivi, 23 aprile 1893. 12. Le Orazioni del Lavoratore, Ivi, 18 ottobre 1896. 13. F. ORSI, Pater noster (libera traduzione), Ivi, 31 marzo 1895. 23 Chiedi un tozzo di pane a quel sinistro sacerdote di splendide menzogne, chiedigli per l’amore ond’è ministro uno scampo alle facili vergogne. Ed ei risponderà, pingue e composto, che dio non ci abbandona al disonor, che al chiostro e all’ospedale v’è sempre un posto per chi muore di fame o di dolor. Ecco, con una sterile parola di bugiardo conforto, ecco adempita tutta l’opra d’amor che in aurea stola del pergamo alle genti di qui è bandita: Tu qui l’ascolti, e vuoi la fronte ancora su questi marmi gelidi piegar? Va, torna alla tua povera dimora mia povera fanciulla… e non pregar!14 Tutto questo è comunque destinato a scemare nell’arco di pochi anni, come si evince leggendo l’articolo Anticlericalismo Moderno, redatto da Leda Rafanelli15 e ospitato sulle pagine del periodico socialista aquilano. L’anarchica accusa apertamente tutti quelli che “scimmiottano le funzioni e i riti religiosi, mettendo al posto delle usanze clericali degli altri riti ancor più ridicoli”. Così come le feste proletarie, “sostituite a feste e pasque clericali, di venerazioni assurte per uomini e per immagini, a imitazioni cretine di funzioni religiose contrapposte a quelle usate dai preti”. Per la Rafanelli è una follia creare una nuova forma di religiosità “non meno feticista, ridicola e pericolosa” dopo aver impiegato tanta fatica per distruggere la vecchia. L’intervento dell’anarchica si chiude sottolineando come un tale approccio sia molto utile al proletariato: “i borghesi non potranno mai essere anticlericali nel vero senso della parola, come non potranno essere antimilitaristi. Si sa, militarismo e clericalismo non sono che i due forti puntelli del capitale che comincia a perdere la base sotto la rivoluzionaria azione proletaria”16. 14. I. TEMPESTINI, Non pregare, Ivi, 9 luglio 1893. 15. Su Leda Rafanelli cfr. DBAI, vol. II, pp. 400-403. 16. L. RAFANELLI, Anticlericalismo moderno, «L’Avvenire», 22 settembre 1907. 24 Religione civile Negli anni a cavallo tra Otto e Novecento non si può non notare come il discorso politico sia strettamente legato ad un linguaggio profondamente religioso, così come non si può fare a meno di chiedersi perché venissero scelte alcune parole e non altre. Già sui primissimi numeri di quello che sarà poi definito l’organo di stampa più autorevole della sinistra aquilana, «L’Avvenire»17, il socialismo viene illustrato e divulgato come “movimento ascensionale”, la cui fede “non ancora divampa da una convinzione intimamente elaborata e saldamente temprata”; però “serpeggia l’alito della Fede Nuova”, perchè il “socialismo è religione di amore”. Anche le proposte di riforma politica si rappresentano in termini religiosi, quasi con l’intento di trasporre esplicitamente il Regno dei cieli in terra, cioè nell’umanità e nel suo presente, senza mai distogliere lo sguardo verso oriente, verso il futuro, dove inevitabilmente sorgerà il Sol dell’Avvenire: “miglioriamoci dunque; prepariamo le vie affinché le tre dee – annunziate da Cristo – Libertà, Giustizia e Fratellanza – scendano fra noi e la società sarà salva”18. I lavoratori, “disertando la chiesa per i circoli socialisti, già lanciano nell’aria come squillo di guerra il grido augurale: qui, in terra, il solco, qui il seme, qui spiga e qui il diritto”19. I socialisti aquilani rivendicano il loro credo in una patria “che sia madre per tutti i suoi figli”, in “una proprietà che abbia la sua base sul lavoro e vogliono che il frutto del lavoro vada per intero a chi lavora”; credono anche “nella fede di Cristo, che proclamò l’uguaglianza e la fratellanza”. Al contempo non credono in “una patria dei Crispi e compagni”, in “una famiglia basata sull’egoismo”, nella “proprietà capitalistica e cioè nella proprietà di coloro che compiono una funzione parassitaria nella società”. Tutto ciò non tanto per seguire Proudhon20, bensì “il 17. Su «L’Avvenire» (1893–1924) cfr. SPAM, pp. 58-59. 18. Male e Rimedio, «L’Avvenire», 9 settembre 1894. 19. Un sacrista contro il Socialismo, Ivi, 13 febbraio 1898. 20. Di P.J. Proudhon (1809-1865) si vedano: La giustizia nella Rivoluzione e nella Chiesa, UTET, Torino, 1968; La schiavitù dell’uomo, Granata, Roma, 1945; Che cos’è la proprietà, Zero in Condotta, Milano, 2000. Su Proudhon si vedano: P. ANSART, Proudhon, il socialismo come autogestione, Samizdat, Pescara, 2001; P. ANSART, La sociologia di Proudhon, Il Saggiatore, Milano, 1972; P. ANSART, Marx e l’anarchismo, Il Mulino, Bologna, 1972; P. ANSART, Nascita dell’anarchismo, Samizdat, Pescara, 2000. 25 motto di S. Antonio, il quale disse che la proprietà privata è un furto”!21. La religione quindi, dopo la Rivoluzione Francese, negli anni di fine Ottocento è vista come un nuovo principio in grado di ricostruire l’armonia e l’unità sociale. Ma quale religione? Le forze democratiche hanno ora due possibilità: o tentare un rinnovamento del cristianesimo oppure abbandonare totalmente la vecchia religione e cercarne una tutta nuova per il mondo che bisogna costruire. Il primo di questi due poli è segnato da una forte carica mistica, incentrata, come abbiamo visto, su una lettura del tutto diversa della figura di Gesù. Diversa perché è forte la spinta all’umanizzazione del messaggio cristiano e della stessa figura storica del “proletario di Nazareth”. Nel “martire dell’uguaglianza e della fratellanza universale”22 la figura di liberatore sociale prende subito il sopravvento su preoccupazioni teologiche o dottrinali. Si invoca l’arrivo del Messia del Secolo, che “in mezzo al popol misto/ predica il giusto e il ver senza riposo/ banditor di uguaglianza/ odierno Cristo!”23. Si definisce una religiosità imperniata su una figura di Cristo umano: “i grandi uomini non sono così frequenti da poterli impunemente regalare alle sferi celesti; serbiamoli per noi; custodiamone la memoria e pratichiamone gli insegnamenti, incorporati ed intrecciati al progresso dell’umanità”24. Viene rafforzata, articolo dopo articolo, l’immagine del “ribelle di Nazareth”, del “protomartire dell’umanità” che “apparve sulla terra per redimere le turbe, oppresse anche allora dalla doppia tirannide, civile ed economica”25. Tra le masse popolari non tarda a dilagare un vero e proprio culto del Gesù socialista. Sul numero dedicato alla ricorrenza del I Maggio del 1894, le pagine del periodico dei lavoratori abruzzesi parlano di Cristo come “la più grande figura che il socialismo abbia dato, il solo iddio che noi lasceremo sui nostri altari ma” – come già detto – perché “inarrivabile figura di uomo”, “iddio della ragione”, “profeta e martire antesignano della nostra vita sociale”26. Svuotato così di tutti 21. Credo Socialista, «L’Avvenire», 16 gennaio 1898. 22. Utopia!, Ivi, 16 aprile 1893. 23. Messia del Secolo, Ivi, 20 settembre 1896. 24. Risurrezione, Ivi, 1° aprile 1893. 25. Quod superest date pauperibus, Ivi, 18 luglio 1897. 26. Il Primo Maggio in Aquila, cit. 26 i suoi caratteri divini, Cristo viene presentato come il primo socialista; i socialisti – di conseguenza – come i veri discepoli di Cristo: Il prete – Vedi, mio buon contadino! Tu fai male ad essere socialista, perché i poveri sono più fortunati dei ricchi. Il contadino – E come mai? Il prete – Sicuro! Perché i poveri che soffrono su questa terra, andranno in paradiso, mentre i ricchi che godono e oziano andranno all’inferno. Il contadino – Vede, signor curato, io sono più cristiano di lei. Io non voglio che i ricchi vadano all’inferno, perciò domando che essi lavorino su questa terra per poi venire con noi nel paradiso!27 “Se i lavoratori dei campi e delle città si daranno la mano; se essi avranno fede nella giustizia; se essi comprenderanno che gli uomini sono uguali e che per conseguenza nessuno ha diritto di dirsi padrone di un altro e di vivere a spese altrui […] metteranno in pratica il precetto di Cristo: amatevi gli uni cogli altri siccome fratelli”28. E ancora: “Gesù Cristo affermava che gli uomini sono tutti uguali […] Oggi i socialisti continuano l’opera di lui e predicano che il regno dell’ingiustizia deve finire, che l’uguaglianza sociale deve sorgere, che nessun uomo ha diritto di vivere alle spalle del prossimo”29. Facendo coesistere forzatamente nella propaganda temi ideali spesso antitetici, fondendo in particolar modo anticlericalismo e rivendicazioni sociali, non manca occasione per giungere ad identificare il Regno di Dio con l’instaurazione della Repubblica e Cristo, di conseguenza, con il primo Repubblicano del Mondo30. Sulla scia del culto del Cristo socialista meritano di essere segnalati alcuni interventi contro l’antisemitismo cattolico, fondato proprio sul rifiuto del battesimo e sul non riconoscimento di Gesù come Messia e figlio di Dio. L’antisemitismo della chiesa cattolica, attribuendo all’identità dell’ebreo le caratteristiche di deicida, traditore e falso, affonda le radici nella sua stessa storia. L’ebreo cessa di essere tale solo se bat27. È più cristiano un prete o un socialista?, Ivi, 15 settembre 1901. 28. La predica di Pasqua, Ivi, 26 marzo 1899. 29. Pei contadini. La visita ai sepolcri. Perché fu crocifisso?, Ivi, 2 aprile 1899. 30. Cfr. Il cattolicismo, cit. 27 tezzato, proprio come era successo a Gesù e ai cristiani, che attraverso il battesimo avevano trovato il segno di riconoscimento della nuova appartenenza e nello stesso tempo la fuoriuscita dall’ebraismo religioso. Ma non volendo riconoscere in Gesù il Messia, la loro stessa religione diventa il loro peccato mortale perché non solo rappresenta il segno della maledizione divina che si è abbattuta sul popolo ebraico ma dimostra anche una volontà di ribellione nei confronti di Dio per la negazione del Dio uomo. “Torniamo all’antico! gridano i preti dal pergamo, ricacciando l’umanità alle superstizioni medievali, risuscitando le vecchie guerre di religione e di razza, seminando l’odio tra gli uomini e l’efferatezza più esosa”. La chiesa cattolica “è una setta brutale di malfattori” che “cerca risorgere con una crociata ignominiosa contro l’ebreo”31. Una propaganda molto pericolosa, per cui agli ebrei “s’attribuisce la miseria, ad essi s’appioppa la colpa d’ogni male sociale […] No! Nemici noi ne abbiamo negli ebrei, nei cattolici, e nei seguaci d’ogni altra religione” e cioè in tutti quelli che “oziando si godono la vita alle spalle di coloro che lavorano. Noi non gridiamo la croce addosso agli ebrei, noi sappiamo che anche tra essi vi sono dei proletari coi quali facciam causa comune, additando loro la vera strada dell’emancipazione”32. Nell’universo socialista, però, non tutti sono disposti a seguire la strada dell’umanizzazione di Cristo che rimane infatti ancorata alla vecchia religione. Inizia a far breccia la volontà di liberarsi una volta per tutte dalla tradizione cristiana e, piuttosto che recuperarla, a molti appare più utile impegnare le forze per far progredire quella scienza che sembra destinata a spazzar via insieme superstizioni e miseria. E i tempi ora possono permetterlo. Quando le autorità della chiesa cattolica attuano la loro pur lenta ritirata dal territorio delle scienze della natura e dallo scenario della loro indiscutibile sconfitta, positivismo e materialismo, proprio per la carica di rottura rispetto alla visione del mondo tradizionale, in molti casi finiscono per diventare tra i ceti popolari filosofie e religioni del progresso: Il cristianesimo lottò più di tre secoli prima di piantare la 31. L’antisemitismo, Ivi, 20 agosto 1899. 32. Antisemitismo e Socialismo, «L’Avvenire della Democrazia», 13 ottobre 1895. 28 croce sulla cupola di Bisanzio; più di mille anni prima di aver conquistato l’Europa: in meno di cent’anni, invece, il socialismo è penetrato fin d’ove si stende la civiltà industriale; da Melbourne a Pietroburgo; presso gli Slavi ortodossi, i Teutoni protestanti, i Latini cattolici!33 La filosofia positivista italiana si affianca al marxismo sul terreno delle battaglie per la laicità e contro la religione in generale, contribuendo a sostenere molte delle istanze d’opposizione alla chiesa cattolica. Come si evince leggendo l’articolo Scienza e religione, il pensiero di Ardigò, il positivismo psicologista, pone l’attacco direttamente al concetto di anima, superando, nelle sue analisi, il tradizionale dualismo tra sostanza materiale e sostanza spirituale: La scienza, che ritrova le leggi della vita, e quindi tutte le cause efficienti di essa, tutte le influenze utili e dannose che essa subisce dall’esterno; la scienza della natura inanimata ed animata nella loro intima connessione; la scienza della vita collettiva o sociale fondata sui principi naturali offre i mezzi veramente efficaci al benessere umano […] Ma la scienza vera e completa non sarà possibile […] se non venga eliminata l’influenza parassitica delle credenze religiose, e si estirpi dalle radici la pianta funesta che avvolge nelle sue spire la pianta della vita psichica34. E se nel mondo accademico, e per i loro aspetti teorici, positivismo e materialismo si ergono a promotori della battaglia per la libertà, su un piano più culturale suscitano enormi interessi tra le popolazioni, soprattutto per le loro concrete applicazioni pratiche e tecniche. Documento ben noto di quest’entusiasmo è l’Inno a Satana di Giosuè Carducci, identificato con la locomotiva a vapore, simbolo del progresso tecnico e, per i socialisti aquilani, in una miscela di anticlericalismo e libero pensiero, anche con “l’eterno ribelle” che “sale a dio, il despota impotente, e lo scaccia dal trono; Satana rappresenta la scienza nemica, irreconciliabile di ogni bugia, Satana è l’uomo compreso della sua missione umana sulla terra”35. 33. Il nostro giubileo, «L’Avvenire», 16 gennaio 1898. 34. Scienza e religione, Ivi, 15 maggio 1904. 35. Scuola e religione, Ivi, 18 novembre 1894. 29 Così, attraverso una paziente opera di propaganda, dopo aver diffuso a livello popolare gli strumenti di lettura e di interpretazione, quando il “reverendo scagnozzo” di San Demetrio nei Vestini affermerà che “i socialisti sono avversari accaniti della religione e che vogliono, con le budella dell’ultimo prete, strozzare il papa”, la risposta sarà quasi prevedibile: “reverendo epilettico, non sono i socialisti ma è la scienza che atterra i dogmi della vostra sacra baracca. È la filosofia che discute il dogma dell’infallibilità del papa; è la scienza naturale, con l’ipotesi di Laplace, che spiega l’evoluzione della materia e nega la creazione dell’universo compiuta in sette giorni; è la scienza medica che abbatte il dogma dell’immacolata concezione”36. Per i socialisti aquilani il secolo della laicità è finalmente giunto. Le scienze definiscono la religione come “fenomeno umano che ha la sua evoluzione storica e trova la spiegazione nell’ignoranza degli uomini”: dio dunque, non è nient’altro che l’effetto dell’ignoranza. Di fronte “ai miracoli dei santi, alle imposture dei preti, stanno le conquiste della civiltà moderna […] L’edificio di menzogne formato dai preti – la peggiore delle caste in ogni luogo ed in ogni tempo – durante secoli e secoli di obbrobrio ed infamia cade colpito a morte dal Razionalismo che investiga, cerca, studia”37. Trasformare le esigenze espresse dal variegato universo anticlericale in un più ampio movimento di rinnovamento politico diviene ora un passo obbligato. Già nel 1893 «L’Avvenire» ospitava una corrispondenza da Terni, in cui si comunicava che diversi cittadini “idearono di formare una vasta Società anticlericale per abbattere le forze clericali”. Nella nuova associazione si erano raggruppati repubblicani, progressisti e socialisti; cinque rappresentanti per ogni schieramento formavano il comitato direttivo. L’associazione, proponendosi di commemorare solo tre date l’anno, inizia a costruire il proprio calendario anticlericale: i progressisti indicano il XX Settembre, “che significa palesemente la caduta del potere temporale dei papi”; i socialisti scelgono il I maggio, “giorno consacrato alle speranze e alle aspirazioni dei lavoratori sfruttati”; i repubblicani, infine, il 3 novembre, “giorno indimenticabile pei Repubblicani tutti”38. La 36. Da San Demetrio, Ivi, 25 marzo 1898. 37. Scuola e religione, cit. 38. Da Terni, Ivi, 20 agosto 1893. 30 notizia era stata accolta con entusiasmo dai socialisti che, però, sottolineavano che forse sarebbe stato meglio “costituire una società operaia”. Anche nel processo di costruzione di una nuova religione civile, nell’universo anticlericale è possibile segnalare una distinzione tra una tendenza spiritualista (sostanzialmente identificabile con i gruppi mazziniani, rimasti legati alla formula quarantottesca Dio e Popolo) ed una razionalista. Nel primo caso merita di essere segnalata l’organizzazione all’Aquila della rappresentazione del Cristo alla festa del Purim di Giovanni Bovio, “opera eminentemente morale, che si deve leggere prima di darne un giudizio qualsiasi e che si può leggere solo da chi ha la capacità di comprenderne il vero significato”39. La reazione clericale è immediata: “i signori preti” avviano una petizione40 contro i contenuti dell’opera e l’Arcivescovo Carrano si rivolge direttamente alla giunta comunale chiedendo di intervenire per bloccare la rappresentazione. Anche in altre località d’Italia il Cristo di Bovio era stato accolto con parole di fuoco da parte delle gerarchie cattoliche e, in alcuni casi, anche dalle istituzioni civili. Basti pensare che a Napoli dopo la rappresentazione il Cardinale Sanfelice organizza due solenni processioni del Corpus Domini di espiazione a cui, per la prima volta dalla caduta del Borbone, partecipa anche l’intera giunta municipale: per la città campana è il ritorno delle grandi processioni pubbliche. Il clericalismo! L’idra infernale rialza la testa, più fiera e baldanzosa di prima: vince a Roma, a Napoli e in ultimo a Milano, che sino ad oggi è stata la più solida rocca dei liberali […] alla vittoria dei democratici e socialisti Crispi preferisce quella dei clericali e li appoggia41. Nonostante il clima, tinto di forti tensioni sociali, la giunta comunale decide coraggiosamente “di non rispondere all’Illustre Arcivescovo”, facendo invece “di tutto perché detta rappresentazione avvenga il più presto possibile”42. 39. Clericalismo ed ignoranza, Ivi, 2 dicembre 1894. 40. Cfr.: Clericalismo ed ignoranza, cit.; L’infelice sorte di una sottoscrizione, Ivi, 9 dicembre 1894. 41. Stiamo attenti!, Ivi, 24 febbraio 1895. 42. L’infelice sorte di una sottoscrizione, cit. 31 Una breve digressione. Già dal suo arrivo, Carrano non aveva suscitato simpatie tra gli ambienti democratici aquilani anzi, immediatamente era stato da questi descritto come colui che “tenta di ferire a morte la libertà di pensiero e di azione […]; maledice il socialismo […], vuole l’indipendenza della Chiesa, ossia l’antico dispotismo politico del pontefice e la restituzione a costui del potere temporale”43. L’Arcivescovo era stato anche attaccato irriverentemente con una lettera aperta contro lo “scampanio clericale” che “per ben tre volte al giorno annoia le persone e disturba i lavoratori” e produce “un grande rompimento dei… timpani del prossimo”. Gli era stato perciò suggerito che “per indicare l’ora della messa cantata o quella del vespro basta suonare per due minuti […] E poi Le pare armonioso il suono delle nostre campane? Salvo qualche rara eccezione in complesso tutte le campane aquilane sono rotte: anche quelle delle monache, Eccellenza, sono rotte!” Per cui, onde evitare “ che si rompa ciò che non è ancora rotto, dia un ordine radicale di abolizione”44. Nel 1895 il periodico socialista parla di “un’agitazione che ferve in città per la di lui fiera intransigenza”45, nonché di “gruppi di monelli”, studenti e operai che, radunati in piazza del Duomo, “incominciano ad emettere delle grida ostili all’indirizzo del Carrano”46 . Durante la messa di Natale erano stati affissi nelle navate e nei confessionali del Duomo manifestini che, sull’aria dell’Inno di Garibaldi, recitavano: “Va’ fuori villano, taccagno prelato, va’ fuori Carrano!”. In occasione della messa funebre in commemorazione dei militari italiani caduti in Etiopia, la filodrammatica si asteneva dall’intervenire perché vi partecipa l’Arcivescovo; quella mattina la città si era svegliata tappezzata di manifestini con su scritto: “Monsignor Carrano, per nostra disgrazia Arcivescovo dell’Aquila, ed africano in Italia, questa mane celebrerà per solo suo uso e consumo una messa commemorativa dei caduti ad Amba-Alagi”47. Ma torniamo al movimento degli eretici. 43. Il nuovo arcivescovo e le autorità di Aquila, Ivi, 20 agosto 1893. 44. Lettera aperta a S. E. Francesco Paolo Carrano, Arcivescovo dell’Aquila, Ivi, 29 ottobre 1893. 45. Nel mondo nero, «L’Avvenire della Democrazia», 8 dicembre 1895. 46. Dimostrazione, Ivi, 3 novembre 1895. 47. Ancora e sempre Monsignor Carrano, Ivi, 1° gennaio 1896. Cfr. anche Monsignor Carrano che parte in guerra contro i socialisti, «L’Avvenire», 1° maggio 1898. 32 Come non tutti sono disposti a credere in un Cristo socialista sono in molti quelli che non accettano una filosofia mistica come base teorica del proprio impegno politico. Anzi, man mano che ci si inoltra nel XX secolo segue di pari passo la formazione di una sinistra materialista che, su posizioni nettamente antireligiose, rifiuta qualunque idea di Dio e di sovrannaturale. L’Umanesimo deve diventare la nuova missione dell’uomo nella vita: “ecco la novella religione”. Si proclama l’idea che scienza e filosofia possano sostituire la rivelazione naturale della rivelazione cristiana: “oggi dinanzi al prete sorge lo scienziato, di contro alla Chiesa la scuola laica. La prima abbrutisce l’uomo con lo spauracchio dell’inferno, lo fa vivere nell’ignoranza e produce schiavi e fanatici; la seconda invece nobilita, rivela i misteri della natura e ne spiega i fenomeni, riducendo tutto alle leggi della casualità e della evoluzione, e forma uomini consci di esser tali”48. La fine dell’egemonia culturale del clero, durante la quale era stato postulato un ordine universale oggettivo, di cui la Chiesa era l’unica depositaria e interprete legittima e riconosciuta ufficialmente, va collegata con i grandi movimenti che rivendicano ora emancipazione e libertà. La nuova situazione culturale è caratterizzata dalla rottura della concezione oggettivistica del mondo che da sempre aveva avuto nella Chiesa il suo presidio. La realtà diventa interpretabile da una pluralità di punti di vista che dipendono dall’esistenza di strati o classi diverse nella società: “se in un uomo esiste il senso morale, questo è il vero determinate della sua condotta; se invece non esiste, il sentimento religioso è impotente a sostituirlo; anzi può esso stesso divenire incentivo di delitto, come negli eccessi criminosi determinati dal fanatismo religioso”49. Libertà e cattolicesimo sono “due principi diametralmente opposti” che si negano a vicenda. La libertà, la ragione, la scienza, l’uguaglianza, la fratellanza dei popoli, “principi della civiltà moderna”, sono la negazione dell’autorità, della fede, del privilegio, della gerarchia, della Chiesa, “principi del cattolicesimo”50. E il gioco è fatto: qualunque riproduzione della morale e dei valori non fa altro che riprodurre i rapporti di dominio costituiti. Rinunciare all’idea che un corpus di valori rivelati possa configurarsi 48. Scuola e religione, Ivi, 18 novembre 1894. 49. Religione e morale, Ivi, 16 giugno 1907. 50. Stiamo attenti!, Ivi, 24 febbraio 1895. 33 quale insieme di fattori di coesione sociale universale significa metterli in discussione e intenderli, al contrario, come emergenti dai rapporti di dominio e dai conseguenti conflitti, cioè dai rapporti di classe. La società così com’è quindi, non può essere guidata da un corpo coerente e universale di valori, in quanto essi si troverebbero a coesistere in modo contraddittorio: i valori del prete insomma non possono essere i valori del socialista. torna all’indice 34 CAPITOLO III I “neri”, lo “spettro rosso” e i diritti Né azione cattolica né democrazia cristiana Negli anni a cavallo tra il XIX e il XX secolo le condizioni generali del lavoro non sono certo ottimali, caratterizzate come sono da precarietà, turni massacranti, lavoro minorile, fatiscenza di molti macchinari ed impianti, una quasi totale assenza di previdenza sanitaria, diffusione di molteplici malattie professionali, frequenti infortuni. Orari di lavoro, salari, vertenze contrattuali, disciplina, licenziamenti, pensioni, previdenza, questione degli alloggi, caroviveri, abolizione del lavoro notturno per le donne sono al centro della notevole mole di attività rivendicativa delle organizzazioni proletarie. Persa la secolare egemonia culturale e politica sul mondo delle classi popolari – fino ad allora compatto alla sua obbedienza – la Chiesa cerca di riconquistarla, trovando l’appoggio delle forze politiche liberali intimorite per i rischi delle conseguenze sociali di un mutamento culturale profondo capace di scristianizzare le masse contadine e operaie: È il blocco clerico-liberale che si unisce, che serra le file per marciare contro l’innumere falange del proletariato, il quale con i socialisti alla testa marcia alla conquista dei propri diritti […] L’alleanza compiuta segna la caduta del mondo borghese, che più non regge all’urto formidabile dei nuovi picconieri dell’umanità, i quali coll’occhio sicuro guardano l’impotenza borghese a combattere sola…1. La pubblicazione da parte di Leone XIII dell’enciclica Rerum Novarum (15 maggio 1891) è una prima risposta alla questione sociale della Chiesa, il cui messaggio influenza in 1. Papa e papisti, «L’Avvenire», 5 giugno 1904. 35 modo sostanziale il clero italiano per la formazione di un movimento politico cattolico. Per il Vaticano è necessario volgere uno sguardo ai movimenti associazionisti, alle organizzazioni di mestiere, alle leghe, per incorporarle ad esso o per fondarne delle proprie, allo scopo di impedire la loro adesione a movimenti e gruppi di ispirazione non cattolica. L’impegno e lo sforzo conservatore ed espressamente reazionario dei cattolici ha inizio nel 1897 con “l’adunanza dei clericali” nella chiesa di San Marciano: per la prima volta, nella “più fiera intransigenza clericale” si riuniscono per promuovere la costituzione di comitati parrocchiali e associazioni cattoliche, e per chiedere il ripristino dell’insegnamento religioso nelle scuole2. Iniziative nel nome della questione sociale e della difesa delle condizioni di vita e di lavoro dei ceti più deboli non tardano ad arrivare. Costituiscono un Circolo giovanile3 e si fanno promotori di un’agitazione per il riposo settimanale, tra lo stupore dei socialisti che, presi di sorpresa da un nuovo “socialismo adulterato, arlecchinesco, che vien chiamato cattolico”, possono per ora ricorrere solo all’invettiva contro la “filantropia borghese”4: “orsù, o neri, in guardia! I rossi, di piè fermo, v’attendono!”5. ‘NZACRISTIA - Mbè, sacristà, què ffanno quisti dejju circulu chiricale? - Tutte cose bbone, giusta la quale la riligiò tea ji innanzi. - Finarmente all’Aquela s’è ffatta na cosa bbona, finarmente tutti ssi fijji de signuri hanno troatu nu postu pe issi. - Tea vedé se que robba scicca ci stà. So tutti de famijje anti2. Cfr. Nel mondo nero, Ivi, 18 aprile 1897. 3. Cfr. Associazioni cattoliche giovanili, Ivi, 9 maggio 1897. 4. “Come? Si parla di riposo festivo a degli operai afflitti dal male cronico della disoccupazione permanente, e che un ben duro, forzato riposo compiono in quasi tutto l’anno? […] Questo fatto valga a mostrare luminosamente a quale indegna burletta si riduca mai la beneficenza, la filantropia borghese verso gli operai, per i quali essa crea ricoveri per la vecchiaia, dopo averli condotti ad una morte precoce; stabilisce delle pensioni per degli infortuni sul lavoro, dopo aver trascurato di dare opera in un modo qualunque ad evitare la possibilità di quegli accidenti dolorosi, e crea, infine, dei brefotrofi per i figli illegittimi, dopo averne indotto in cento modi alla prostituzione le madri. Così, anche il socialismo cattolico cerca di gingillare gli operai, parlando loro soprattutto di riposo festivo, mentre essi sono condannati ad un riposo forzato che si prolunga incessantemente. E bene lo hanno compreso i lavoratori aquilani, allorché, tenendosi lontani dalle mene degli snocciolapaternostri nostrani, hanno affermato col fatto come, all’infuori del socialismo marxista, del socialismo rosso, essi ritengano essere tutto mistificazione, illusione, menzogna!”. Nel mondo nero, 20 giugno 1897. 5. Ibidem 36 che e sse remmediano le sole sciarpelle dejji tatuni sé, ponno fa n’espusiziù da fà pacà tre ssordi pe vedelle! - Sci… ma com’è hanno ittu che quissu è ju circulu dejji quatrani, eppò ce stanno pure l’antichità? - Questo po non te lo saccio a addì, ma saccio ppe certù che su circhelu è formatu da persò struite dajji quattro anni ajji quarant’anni; po dajji quaranta ajji noant’anni se passa ajju cumitatu carrocchiamu. - Eppò? - Po passeno ajju comitatù dejju Patreternu che ji fa ventrà alle grolle deju paradisu pe lla porta de lussu….6 Il quartiere di San Marciano diventa “il covo dell’organizzazione clericale […], pavesato qua e là di drappi multicolori” per le sfilate dei “paladini dell’altare e della… proprietà privata”7. I neri si agitano! – informano i socialisti – che intravedono in tutto ciò manovre preliminari attorno alle quali “già si va stringendo una grande varietà … zoologica!: dall’avvocatino a corto di clienti, all’anima assiderata”, dal “paglietta imbroglione, che cerca ridarsi sotto le grandi ali protettrici dei clericali”, ai “furbi appaltatori”, e poi, più su, “fra le nubi dell’Olimpo”, stanno “i capoccia, i generalissimi del pio esercito”, l’aristocrazia locale, “che se ne sta a rosicchiare con placidezza, nell’ombra, una parte di quelle rendite che cristianamente si fa produrre dai suoi contadini”. E dall’organizzazione “i paladini del Papa-re e del dio… capitale” passano all’azione, “movente alla polverizzazione delle infami sette sovversive”.8 Emblematica la vicenda dei militanti del Circolo socialista educativo di Coppito, processati nel luglio 1897 sotto l’accusa di eccitamento all’odio fra le diverse classi sociali per aver cantato l’Inno dei Lavoratori. Circola voce che la manovra repressiva sia stata opera dei “novelli crociati”, della “nuova trinità”, che “decide di porre un argine al dilagare delle nuove teorie”9 attraverso la fondazione di una corporazione religiosa. Detto e fatto: “prete, frate, maestro e maestra comunale, agente daziario, medico, un marchesino per ridere 6. ‘Nzacristia, Ivi, 4 luglio 1897. 7. Fioritura di processioni, Ivi, 27 giugno 1897. 8. Nel mondo nero, Ivi, 30 maggio 1897. 9. Il processo dei socialisti di Coppito, Ivi, 25 luglio 1897. Cfr. anche: Quei dell’“Aquila”, Ivi, 1° agosto 1897; I furori isterici di una canaglietta in sottana, Ivi, 8 agosto 1897; Ancora il processo di “quei di Coppito”, Ivi, 10 ottobre 1897. 37 e pochi interessati contadini, costituiscono la società, alla quale, in opposizione al Circolo socialista, danno il nome di Società cattolica […] Dicono voler rinnovare le gesta, affilan le armi della… insinuazione e ingaggian tenzone col modesto gruppo socialista, servendosi del lurido espediente dello spionaggio” 10. I socialisti non hanno alcun dubbio: le diffamazioni, le denunce, il fermo, le perquisizioni e infine la condanna sono parte di un “complotto clericale” architettato dalla Società cattolica, in particolar modo dall’arciprete di Coppito don Gervasio Properzi. L’arciprete “si è permesso di dire che i socialisti non sono seguaci di Cristo, che a Coppito è penetrata un’altra religione (vale a dire quella socialista); che si legge da tutti la bibbia dei protestanti (forse don Gervasio voleva parlare degli opuscoletti di propaganda) ed altre simili corbellerie! Ma giacché il nostro prete pensa tanto alle cose dei socialisti, sarà permesso ai socialisti stessi di guardare un pochino alle cose del prete?”11. E così, dopo aver a lungo ribadito gli intenti e le finalità dell’organizzazione proletaria, dalla difesa si passa all’attacco: “i rospi ed i porci non stanno certo dalla parte nostra. Se mai, rospi saranno i preti che insolentiscono e sbavazzano spavaldamente da lontano […]; come, del pari, nessuno vorrà disconoscere la qualifica di porci a quei sacerdoti di mia e vostra conoscenza”12. Per i socialisti rincomincia una necessaria e paziente opera di propaganda e ricomposizione dei lavoratori, molti dei quali ora passati nelle fila dei movimenti cattolici. Occorre di nuovo spiegare, usando tutti i mezzi possibili, che il socialismo cattolico è solo un’arma usata dai clericali “nella vana illusione di porre un argine al dilagare del socialismo marxista”; va altresì smascherato punto per punto “il programma sociale col quale i neri cercano di fronteggiare lo spettro rosso”: il proletariato deve lottare per i diritti, “non per l’elemosina”13. Si attinge ancora all’interpretazione sociale del cristianesimo, mezzo privilegiato per colpire la storia stessa della chiesa cattolica, le cui gerarchie, come sempre, “lottano in difesa dei privilegiati e contro i lavoratori, per il lavoro salariato e la proprietà capitalistica”14. D’altro canto, an10. Ibidem 11. Da Coppito, Ivi, 19 dicembre 1897. 12. Ibidem 13. Socialismo rosso … e elemosina dei neri, Ivi, 26 febbraio 1899. 14. “Nei secoli passati essi, bestemmiando Cristo e Dio, difesero in nome della re- 38 che il clero usa tutti i mezzi che ritiene utili, comprese le prediche dei sacerdoti. A Lucori, ad esempio, il reverendo Pietramico “scaraventa durante il sermone i suoi fulmini spuntati contro i propagatori della nuova idea, che certamente sono i socialisti”, definendoli “sciagurati”15. Il “poco reverendo” di Bazzano, durante la messa maledice tutti quelli che, qualche tempo prima, avevano partecipato alla conferenza di Enrico Ferri a Monticchio. Poi “ha nominato le più sporche insolenze contro i socialisti”16. A Paganica, immediatamente dopo la costituzione del Circolo socialista, i preti “si sono dati attorno per combatterci”. Un “pretonzolo” diffonde centinaia di copie di un opuscolo “sozzo delle più fetide calunnie contro i socialisti”. Emidio Lopardi, futuro leader del riformismo amministrativo locale17, è costretto ad intervenire in un comizio di piazza (1° settembre 1901) per confutare “le bugie spudorate contenute in quel turpe libello”18. Il prete di San Vittorino, infine, è molto più esplicito: un “nostro ottimo compagno” che torna in paese “fregiato del garofano rosso” dopo aver partecipato alla manifestazione del XX Settembre all’Aquila, viene accolto da grida: “i socialisti dovrebbero essere impiccati come gli anarchici!”19. In questo periodo meritano di essere segnalate l’intensa propaganda e le coraggiose battaglie anticlericali portate avanti dal settimanale socialista sulmonese «Il Germe»20, pasligione il diritto infame dei padroni di schiavi e di servi della gleba. E adesso, fedeli al loro sistema, essi si servono sacrilegamente del Vangelo di Cristo per dimostrare che Dio vuole quel lavoro salariato, che fu giustamente definito L’ultima forma della schiavitù, ossia per difendere la proprietà capitalistica, che è precisamente il diritto di vivere e arricchire alle spalle del prossimo. Questa è la loro religione! Così essi lavorano pel bene dei loro simili!”. Il prete e i lavoratori, Ivi, 23 giugno 1901. 15. I furori di un predicatore, Ivi, 1° ottobre 1899. 16. Pretonzolo mangia-socialisti, Ivi, 1° settembre 1901. 17. Su Lopardi si veda R. LOLLI, Emidio Lopardi e il circolo socialista aquilano, Textus, L’Aquila, 2008. 18. Propaganda socialista e clericale, «L’Avvenire», 1° settembre 1901. 19. Prete mangia-socialisti, Ivi, 13 ottobre 1901. 20. Su il «Il Germe» cfr.: Socialismo e religione, 6 aprile 1902; Agli alfonsini scrittori del POPOLO, Ibidem; Il papato attraverso i secoli, Ibidem; Al “Popolo” di Sulmona, 13 aprile 1902; Ai puritani del popolo, 14 giugno 1903; Lucci e i clerico-borbonici, 19 luglio 1903; Note anticlericali, Ibidem; È morto, 26 luglio 1903; Note anticlericali, Ibidem; La nostra inchiesta sull’Annunziata, 18 ottobre 1903; L’inchiesta sull’Annunziata, 7 novembre 1903; L’inchiesta sull’Annunziata, 15 novembre 1903; Al prete, 25 dicembre 1903; Un pirata in veste talare, 10 gennaio 1904; La malafede del prete, 20 marzo 1904; Relazione della Commissione d’Inchiesta sull’Opera Pia Casa Santa dell’Annunziata, 2 luglio 1905; Socialismo e massoneria, ibidem; Nella vandea marsicana, ibidem; Il trionfale arrivo del vescovo a Sulmona, 1° maggio 1907; Pornografia cattolica, Ibidem; Francesco Petrarca ateo e antireligioso, 22 settembre 1907; Il tentato comizio clericale, 20 ottobre 1907. 39 sato ora sotto la direzione del giovane Carlo Tresca. È l’anarchico stesso a ricordare come “l’anticlericalismo di mio padre sollecitava la mia mente” in un periodo in cui “le ceneri di Giordano Bruno […] erano ancora calde nel cuore di una generazione appena uscita dalla schiavitù. Era naturale per me attaccare i preti […] Settimana dopo settimana, con crescente efficacia, denunciavo, nell’errore di uno di loro, gli errori della chiesa cattolica, vista da noi socialisti come il baluardo del capitalismo”. La diocesi si arma promovendo la nascita de «Il Popolo», il proprio organo di stampa; “i preti erano scrittori migliori di me. Ma io tenni duro e vinsi ripetutamente per k.o.”. A giudizio di Tresca è proprio da queste battaglie che l’intera fisionomia dell’aspetto politico della città cambia: baroni, marchesi e personaggi che incarnano un’era trascorsa da molto tempo, passano velocemente in seconda linea, per lasciare definitivamente il posto ai partiti, in rappresentanza delle classi e non dei singoli individui. Gli schieramenti politici iniziano a rafforzarsi e a darsi battaglia da due poli nettamente antitetici: socialisti e cattolici, progressisti e conservatori, rivoluzionari e reazionari. In opposizione al sindacato rosso dei contadini organizzato da Tresca viene costituito “il sindacato giallo dei contadini lealisti”, sostenuto da forze clericali, monarchiche, aristocratiche e borghesi: “tutti uniti come una classe”21. Nel mondo cattolico la corrente che reputa assolutamente necessaria la collaborazione e la partecipazione alla vita pubblica e politica della nazione rimane comunque minoritaria. Importante è la figura di don Romolo Murri, che agli inizi del XX secolo dà vita ad un nuovo gruppo autonomista denominato Democrazia Cristiana. Così commentano i socialisti aquilani: Fino a ieri il prete non trovava necessario di preoccuparsi che solo del proprio benessere in questa vita terrena, promettendo al misero la felicità nella vita d’oltre tomba. Oggi di fronte all’incalzare della marea socialista, di fronte alla propaganda persuasiva di coloro che, nati nel popolo, vivono e soffrono col popolo stesso; dinnanzi alle conquiste che quotidianamente i proletari di tutti i paesi strappano alle 21. C. TRESCA, Autobiografia, Anicia, Roma, 2006. Su Tresca si veda anche AA.VV., Carlo Tresca, vita e morte di un anarchico italiano in America, Tinari, Chieti, 1999. 40 classi dominanti, il prete ha visto in serio pericolo il proprio edificio, fondato sull’ignoranza e sulla superstizione, e rinnegando la parola di Cristo, è sceso in piazza, vomitando veleno contro i socialisti, per additare ai poveri di spirito il rimedio infallibile per la conquista della felicità in questo e nell’altro mondo. Ha così inventato un socialismo tutto per suo uso e consumo, tutto latte e miele, il Socialismo Cattolico, ovverosia la Democrazia Cristiana22. Murri e i suoi seguaci avevano interpretato in senso radicale la Rerum Novarum, fino a teorizzare la possibile convergenza tra dottrina sociale della Chiesa ed il movimento socialista e tra lo spirito religioso e l’idea democratica. La Democrazia Cristiana sostiene che i cattolici abbiano non solo il dovere di intervenire nella vita del Paese ma il diritto di partecipare e competere attivamente nella politica, soprattutto per arginare i movimenti socialisti23. Nel loro programma auspicano a riduzioni delle spese militari, si chiede per i lavoratori il minimo salariale garantito, il riposo festivo obbligatorio, la tutela del mondo contadino ed altro. Essendo tesi abbastanza forti nei confronti delle concezioni conservatrici della Chiesa, tra il 1901 e il 1903 Leone XIII e Pio X sconfessano l’operato e l’autonomia che andava acquisendo la Democrazia Cristiana. Il pensiero di Murri tuttavia lascia una traccia indelebile nel mondo cattolico: i sacerdoti cominciano ad accettare i contraddittori di piazza, tanto che don Lorenzo Valente sfida Emidio Lopardi. Il socialista si congratula col democristiano per aver descritto abbastanza bene le condizioni dei lavoratori ma ovviamente questo non può bastare. L’affermazione di Valente per cui “i partiti oggidì debbono avvicinarsi al popolo” per non “rinunziare alla propria vita”, si traduce di fatto in: “il partito democratico-catto22. La democrazia dei preti e il progresso della chiesa, «L’Avvenire», 8 dicembre 1901. 23. “L’adattamento si spinge al punto che i preti, nelle loro manifestazioni, suonano la marcia reale e l’inno di Mameli, come fecero per le vie di Milano; e levano alto la fiammante bandiera italiana, che già l’anno passato i ginnasti cattolici recarono entro il recinto del Vaticano e umiliarono ai piedi del papa. Ci usurpano gli inni nazionali e il tricolore, intanto che contaminano la scuola, che invadono la banca e la borsa, che picchiettano di nero, con i loro conventi, la ridente nostra terra […] Né deve far meraviglia il nuovo atteggiamento della chiesa. Era fatale che così fosse. Il papato, da quando non possiede un regno né una città, ha bisogno per essere una potenza di ordine politico, d’integrare il potere spirituale col potere temporale che a lui presti una nazione amica”. Il prete d’oggi, Ivi, 27 gennaio 1907. 41 lico si sforza di avvicinarsi al popolo non per la causa giusta che questo combatte ma per la sua vita stessa […] Sempre così i preti: prima vogliono far argine alle acque del torrente del progresso, poi lasciano le sponde e assecondano la corrente. Ma questa volta il torrente socialista non li lascerà galleggiare; e li spingerà al fondo annegandoli, per omnia secula seculorum, amen!”24. In esplicita funzione antisocialista rimane in piedi e si rafforza il blocco politico cattolico-borghese, riportando vittorie un po’ ovunque nelle elezioni del 1904. È “l’unione che fa la forca!”, denunciano i socialisti: grazie “ai voti dei preti e dei frati, in sottana e senza trionfa il partito della reazione […] Non bastavano gli sbirri, il denaro, l’insidia e le disonestà per falsare la coscienza del Paese ed il responso ammonitore delle urne […]: l’unione fa… la forca e la forca fa le leggi”25. Ovunque “v’è la candidatura d’un sovversivo, ivi le falangi clericali muovono a difesa della causa della conservazione sociale […] Non si contano più i municipi dai moderati vergognosamente ceduti ai clericali”26. Le preoccupazioni dei socialisti sono alquanto evidenti: all’Aquila un partito clericale non esisteva, si legge in un articolo intitolato Infiltrazione clericale, “neppure allo stato di tendenza; e ogni affermazione contraria era soltanto un’allucinazione di qualche mangia-preti massoneggiante in delirio”. Eppure, “ogni giorno che passa, segna una nuova manifestazione di quell’opera assidua e mortifera di penetrazione, di irretimento, di conquista nella quale i neri sono sapienti più di ogni altro partito”27. Il XX Settembre In questo contesto sociopolitico le manifestazioni del XX Settembre, data che aveva segnato nel 1870 “la fine della teocrazia e dell’intolleranza religiosa”, assumono via via nel corso degli anni connotazioni diverse; i preparativi e l’organizzazione della giornata che ricorda la caduta del potere temporale dei papi sono per tradizione affidati alla Società 24. Democrazia-cattolica, Ivi, 22 maggio 1904. 25. L’unione fa… la forca, Ivi, 20 novembre 1904. 26. Il pericolo clericale, Ivi, 13 gennaio 1907. 27. Infiltrazione clericale, Ivi, 18 ottobre 1908. 42 operaia. Nelle edizioni del 1895 e del 1896 si rivendica la libertà di pensiero, impossibile da raggiungere “fino a che un uomo viva sfruttando un altro uomo, fino a che non siano infrante le barriere che separano gli uomini in due classi”28. Si ritiene dunque inutile festeggiare “sol per un magro cambiamento di padrone”, per aver sostituito “alla signoria teocratica quella monarchica”, quando la violazione delle libertà di pensiero, di stampa e di associazione sono all’ordine del giorno29. L’anno successivo, la ricorrenza della Breccia di Porta Pia passa all’Aquila del tutto inosservata; la borghesia, dopo il suo passato anticlericale, “è tornata a puttaneggiare col prete per la difesa delle sue rendite”. I socialisti, da parte loro, ritengono impensabile festeggiare una data nel nome del libero pensiero quando il governo va preparando la legge sul domicilio coatto, la “legge infame” per “aggredire il partito socialista ed anarchico”30. Dello stesso profilo sono le manifestazioni del 1899 e del 1900, perché, “dopo la sparizione del potere temporale dei papi, nulla si è fatto col nuovo soffio di vita, nulla si è compiuto pel nuovo Stato moderno […] Il XX Settembre, che doveva segnare il trionfo della libertà del pensiero, è prodromo, invece, della privazione di essa”31. L’anniversario di Porta Pia riacquista vigore nel 1901, con l’inaugurazione della lapide a Giuseppe Garibaldi in Piazza Palazzo per ricordare che “dopo l’ideale patriottico” deve necessariamente sorgere ed imporsi “quello della giustizia sociale”32. In tal modo il XX Settembre comincia a trasformarsi sempre più in occasione di stimolo all’aggregazione e alla lotta per la libertà, l’uguaglianza, l’emancipazione morale e materiale dei lavoratori33: “molte Bastiglie son cadute e cadranno, o compagni; ma perché, finalmente, anche la Bastiglia del privilegio economico cada, è pur necessario abbattere e distruggere il dogma”34. Significativo il 1907, anno in cui “la ricorrenza gloriosa della caduta del potere temporale dei papi”, con una definitiva presa 28. XX Settembre, «L’Avvenire della Democrazia», 22 settembre 1895. 29. Cfr. Un po’ di XX Settembre, «L’Avvenire», 20 settembre 1896. 30. Ivi, 3 ottobre 1897. 31. XX Settembre, Ivi, 24 settembre 1899. Cfr. anche La festa del XX settembre, Ivi, 24 settembre 1900. 32. Cfr.: I festeggiamenti del XX settembre, Ivi, 26 settembre 1901; Per la ricorrenza del XX settembre, Ivi, 15 settembre 1901. 33. Cfr. XX settembre, Ivi, 20 settembre 1903. 34. XX Settembre, Ivi, 23 settembre 1906. 43 di distanze dall’anticlericalismo quarantottesco, assume “carattere schiettamente operaio”35. Per le vie del centro storico, al suono dell’Inno dei Lavoratori sfila il corteo composto da oltre 1.200 partecipanti dietro “i fiammanti vessilli” dei circoli socialisti dell’Aquila, Coppito e Castel del Monte e le bandiere delle leghe di fornai, pastai, pittori, spazzini36. Avrebbe dovuto tenere il comizio conclusivo Francesco Saverio Merlino37 ma non riesce a raggiungere la città; parla al suo posto Emidio Lopardi, che coglie l’occasione per inaugurare “il vessillo della fiorente Lega di miglioramento dei calzolai”38. Per il divorzio Agli albori del 1902 riprende in tutt’Italia la campagna in favore del divorzio e contro il matrimonio religioso. L’agitazione assume contemporaneamente connotati anticlericali e laici, antireligiosi e civili, attraverso la propaganda e la capillare informazione, i comizi di piazza e le conferenze. Per i socialisti il matrimonio si configura come un contratto civile per cui “deve poter essere sciolto o per tradita fede o per impossibilità di convivenza”39. Il vincolo matrimoniale indissolubile non rappresenta altro che “una istituzione illogica ed immorale”. Giuridicamente non è che un contratto bilaterale, risolubile se una delle parti viene meno alle condizioni che lo hanno reso possibile. È “illogico e inumano condannare irrevocabilmente due esseri che hanno una volontà e una coscienza a una catena odiosa”. E, a maggior ragione, quando il papa stesso “si riserva il diritto, in casi eccezionali, e dietro rispettabile retribuzione, di pronunziare il divorzio. La duchessa della Torre lo ebbe per 220.000 lire; Maria Mercedes Campos per 150.000 lire”40. Come viene fatto notare, coloro che “meno di tutti dovrebbero occuparsi della questione del divorzio sono i preti, che hanno rinun35. Per il XX Settembre, Ivi, 15 settembre 1907. 36. Cfr. La nostra manifestazione, Ivi, 6 ottobre 1907. 37. Su Francesco Saverio Merlino (1856-1930) si veda G. BERTI, Francesco Saverio Merlino. Dall’anarchismo socialista al socialismo liberale (1856-1930), FrancoAngeli, Milano, 1999. 38. Per il XX Settembre, cit. 39. Pel divorzio, «L’Avvenire», 19 gennaio 1902. 40. Che cretini!, Ivi, 5 gennaio 1902. 44 ciato al matrimonio e fatto voto di castità”. Invece “sono proprio i preti che, atteggiandosi a tutori dell’istituto e della famiglia, stanno facendo sforzi erculei per arrestare la corrente della civiltà verso il divorzio”. E lo fanno con le solite armi “della calunnia, dell’insidia, della menzogna […], minacciando la solita perdita del paradiso per chi non li insegue”. Loro, che “predicando la miseria, la rassegnazione, la mortificazione della carne […] fanno poi tutto l’opposto”41. Si ritiene inammissibile che “dal giorno che un povero diavolo apre gli occhi alla luce, fino a quando la bara sua non è stata ricoperta di terra, il prete gli sta sempre alle coste per succhiargli le sostanze e avvelenargli l’esistenza con l’oppressione e la superstizione”42. Il clero passa all’azione, adoperandosi per raccogliere firme contro il progetto di legge; sono molti gli individui che “cadono nella trappola clericale e […], senza sapere quello che si faccia, firmano la petizione dei reverendi”. Tutti i circoli socialisti vengono sollecitati a reagire per “togliere ogni valore all’agitazione promossa dai papisti”43 e invitati a promuovere un’azione più organica ed incisiva contro la chiesa cattolica e a favore del divorzio44. Già sul finire del 1901 conferenze a riguardo e propaganda anticlericale in generale registravano una grande crescita, destando interesse e consenso tra la popolazione. La conferenza di propaganda Religione e Socialismo, ad esempio, nel solo mese di settembre viene tenuta da Francesco Piccinini a Coppito45 e da Emidio Lopardi a Preturo: “i nostri pretonzoletti sono in preda al più grande furore perché il Socialismo si va diffondendo anche fra queste buone e forti e misere popolazioni”46. Il 21 novembre invece uomini e donne si stringono nella piazza di Pianola “intorno al nostro compagno Piccinini”. Il prete “suona a distesa le campane per un bel pezzo; ma non per questo la conferenza non ebbe luogo, anzi… Il nostro compagno per circa un’ora e mezzo parlò innanzi a un numerosissimo pubblico, sfatando completamente tutte le corbellerie del prete”47. Si segnalano proteste 41. Il divorzio e i preti, Ivi, 2 febbraio 1902. 42. Ibidem. 43. Il divorzio. Abbasso i mistificatori, Ivi, 26 gennaio 1902. Cfr. anche: Intorno al divorzio, Ivi, 2 marzo 1902. 44. Cfr. Per il divorzio, Ivi, 26 gennaio 1902. 45. Cfr. Propaganda, Ivi, 26 settembre 1901. 46. Da Preturo. Conferenza socialista. Cretinerie di un prete mangia socialisti, Ivi, 19 settembre 1901. 47. Propaganda, Ivi, 24 novembre 1901. 45 anche da San Vittorino, dove il prete “ha trasformata la chiesa in un ambiente politico, e perciò non fa altro che ingiuriare tutti quei che in questo pacifico paesello puzzano di sovversività”48. Il 6 gennaio 1902, infine, Emidio Lopardi, “in risposta alle stupide calunnie vomitate da un pretonzolo contro il Socialismo”49, tiene nuovamente tenuto nella piazza di Bagno la conferenza Religione e Socialismo. Il terreno sembra essere pronto: la campagna socialista pro-divorzio ha inizio, diramandosi comizio dopo comizio anche nei centri più piccoli della provincia. A Paganica alla presenza di circa 200 contadini Lopardi illustra “i doveri di un buon socialista nella famiglia, verso gli avversari e con i compagni”, chiudendo la riunione dopo una lunga discussione sul divorzio50. Preceduto e seguito da ampi dibattiti, il 16 marzo si tiene il comizio pro-divorzio all’Aquila, città “antesignana di modernità schietta e di libera coscienza”: CITTADINI! Nelle lotte secolari del Pensiero, anelante a districarsi dalla pastoie tenaci della teocrazia, l’Aquila nostra fu sempre antesignana di modernità schietta e di libera coscienza. Questa tradizione mobilissima, costantemente serbata con orgoglio, si ravvivi e divampi ancora una volta in solenne manifestazione di popolo, invocante la sollecita introduzione del divorzio nella legislazione italiana. È d’uopo, pertanto, che la coscienza pubblica anche nell’Aquila gagliardamente proclami che l’istituto del divorzio, già accolto nelle più civili nazioni, è conseguenza ineluttabile e riconsacrazione doverosa dell’indipendenza del potere civile dalla Chiesa; e che soltanto mercè il divorzio – eliminate le cause che oggi avvelenano tante disgraziate unioni, già moralmente dissolte – la famiglia potrà essere restaurata nella sua benefica integrità. Così facendo – contro i maneggi obliqui di pochi ostinati adoratori del passato, usi ad irretir coscienze timide ed ignare – quanti siamo nell’Aquila spiriti liberi, fusi e confusi nella stessa vibrazione di modernità innovatrice, riaffermeremo alto e forte che la città nostra a niun’altra è seconda nella buona battaglia della Civiltà contro l’oscurantismo. 48. Da S. Vittorino, Ivi, 1° dicembre 1901. 49. Dall’Abruzzo Socialista, Ivi, 5 gennaio 1902. 50. Da Paganica. Propaganda – Prete cretino, Ivi, 2 febbraio 1902. 46 CITTADINI! Con questi intendimenti vi invitiamo al pubblico COMIZIO che sarà tenuto domenica 16 corrente, alle ore 14 nel Teatro Comunale. Aquila, 14 marzo 190251 Il 6 aprile Nicola Trevisonno52 e Arnaldo Lucci53 sono gli oratori del comizio pro-divorzio di Castel Di Sangro. Contemporaneamente, per alzare il tiro contro la “nera canaglia”, sull’organo di stampa dei socialisti aquilani parte la rubrica Continua la litania (prendendo il posto della precedente Moralità e Religione) che raccoglie corrispondenze, descrizioni e denunce sui reati commessi dal clero italiano. Le colonne vengono letteralmente invase da articoli con titoli: Prete feritore, Prete truffatore, Prete sovvertitore, Prete assassino, Prete spia, Prete canaglia, etc… L’anno successivo la rubrica cambia nome in Fra chieriche e sottane, ma i contenuti restano gli stessi: Invasione clericale, Attenti al confessionale, Un prete che fa l’amore, Nella santa bottega, La Madonna pollaiuola, etc… Con la Francia, contro i gesuiti! Le polemiche e le intense battaglie anticlericali sono destinate a salire sull’onda degli eventi francesi: il ministero Waldek-Rousseau, aiutato anche da una coalizione delle sinistre, con la legge del luglio 1901 si fa promotore di un’azione politica tesa ad eliminare il potere delle congregazioni religiose. Questa battaglia, che darà luogo alla rottura tra il Vaticano e la Repubblica francese, viene seguita con molta attenzione dall’opinione pubblica e dalle forze politiche della 51. Testo del manifesto, Ivi, 16 marzo 1902; Per il resoconto della manifestazione cfr. Cose Aquilane, il Comizio pro-divorzio, Ivi, 23 marzo 1902. 52. Nicola Trevisonno nasce a Civitacampomarano (CB) il 22 maggio 1875. Dopo un esordio napoletano ed un soggiorno in Brasile si trasferisce nel maggio 1902 a Sulmona e nell’agosto a Penne. Molto vicino al sindacalismo rivoluzionario e agli anarchici, peregrina per l’Italia svolgendo un intenso lavoro di propaganda e di organizzazione; nell’aprile del 1905 è costretto a rendersi latitante per sfuggire ad una condanna a 10 mesi di reclusione per diffamazione a mezzo stampa. Arrestato mentre regge la Camera del Lavoro di Udine, opera in seguito ad Ancona; nell’agosto 1914 è radiato dalla schedario dei sovversivi. 53. Su Arnaldo Lucci (Sulmona 16 settembre 1871 – Napoli 13 novembre 1945) si veda F. PAZIENTE, Democrazia e Socialismo in Abruzzo (1870-1917), cit. 47 sinistra italiana anche se l’iniziale entusiasmo è destinato a scemare. Tra il 1848 e il 1866 si era assistito in Italia all’espulsione dei gesuiti stranieri, alla soppressione di tutti gli ordini religiosi privi di utilità sociale e all’esproprio dei beni ecclesiastici di agostiniani, carmelitani, certosini, cistercensi, cappuccini, domenicani, benedettini e altri: “al principio del nostro risorgimento politico si comprese subito il pericolo clericale e non si perdette tempo per sopprimere i focolari dell’infezione”. Oggi, invece, “si strappano le provvide leggi fatte allora”. Alcuni di questi ordini, infatti, ed in particolar modo i gesuiti, espulsi dalla Francia “tornano ora a piantare le loro tende nell’Italia laica, nell’Italia moderna”. Il pericolo viene considerato allarmante, perché “qui da noi, ogni intrigo fa capo al Vaticano”: come in tante altre città, “abbiamo inteso vociferare che i Padri Gesuiti stavano facendo prati per ripiantare le tende nella nostra Aquila”54. Per dare impulso alla propaganda razionalista, i socialisti aquilani avevano già ospitato Pietro Gori55, fiduciosi del “successo in ogni provincia d’Italia” che l’avvocato andava riscuotendo attraverso “le sue conferenze scientifiche, illustrate da proiezioni luminose”56. Seguivano gli appelli del giovane anarchico Guido Pighetti, per l’attivazione di “un centro studi ad uso specialmente delle classi operaie e studentesche”, un “Circolo di studi sociali completato da una Università Popolare”57. Segue la conferenza Su e giù per la dottrina anarchica, organizzata negli spazi del Circolo socialista il 15 gennaio 1905 dal nuovo gruppo anarchico Louise Michel58. Parla 54. I preti alla riscossa, «L’Avvenire», 4 ottobre 1903. 55. Di Gori si vedano le opere edite dalla Società Editrice Moderna, Milano: Bozzetti Sociali, 1947; Canti d’esilio, 1948; Ceneri e Faville, 1946-1947; Conferenze Politiche, 1948; Pagine di vagabondaggio, 1948; Sociologia Criminale, 1947; Ultime Battaglie, lettere e scritti inediti, 1948. Su Gori si vedano: M. ANTONIOLI, Pietro Gori, il cavaliere errante dell’anarchia, BFS, Pisa, 1995; C. MOLASCHI, Pietro Gori, Samizdat, Pescara, 1999. 56. Cfr. Una conferenza scientifica di Pietro Gori, «L’Avvenire», 12 luglio 1903. Su Pietro Gori in provincia dell’Aquila cfr.: Primo Maggio, Ivi, 17 aprile 1904; Una lieta notizia, Ivi, 17 aprile 1904; Conferenza Gori, Ivi, 1° maggio 1904; Primo Maggio festeggiato, Ivi, 8 maggio 1904; Conferenza Gori, Ibidem; Conferenza Gori, Ivi, 22 maggio 1904; Conferenza Gori, Ivi, 29 maggio 1904; La partenza di P. Gori, Ivi, 12 giugno 1904; «L’Abruzzo Radicale», 5 giugno 1904. 57. Cfr.: «L’Abruzzo Radicale», 22 gennaio 1905; Circolo di studi sociali, Ivi, 29 gennaio 1905; Università popolare e studi sociali, Ivi, 5 febbraio 1905. 58. Sul gruppo anarchico Louise Michel cfr.: ASAq Fondo Questura Cat A8, b. 21, f. 15; Anarchici all’opera, «L’Avvenire», 22 gennaio 1905; Il convegno anarchico laziale, «Il Messaggero», Roma, 14 novembre 1905; Il comizio antimilitarista, «Avanti!», Roma, 20 novembre 1905. 48 Guido Pighetti, davanti ad una cinquantina di anarchici e socialisti. Dopo aver consigliato “ai giovani socialisti di associarsi al partito anarchico, il quale è il migliore che corrisponde al bisogno del proletariato”, Pighetti si scaglia contro la religione, per “l’abolizione del dogma cattolico” e la fine dell’ingerenza politica del Vaticano, ancora possibile grazie al “numero eccessivo di cardinali”59. Su periodico socialista compaiono al contempo gli articoli Il papa Medioevale (contro l’ordine inviato dal Papa al clero francese a ribellarsi all’autorità civile60) e Boicottaggio papale (sugli attacchi de «L’Osservatore Romano» a «L’Asino», che “battaglia come può e sferra calci poderosi, tirando giù dagli altarini i santi e le sante del calendario”61), mentre si fa quel che si può per organizzare comizi e pubbliche iniziative. In una numerosa assemblea, il Circolo socialista delibera di promuovere una solenne manifestazione di solidarietà alla nazione sorella “per la sua ferma opera di epurazione della lue clericale che la infestava”, invitando a partecipare “i partiti affini a tutti gli anticlericali” e ad esprimere così la “coscienza moderna della cittadinanza aquilana”62. La Lega di resistenza fra i lavoratori delle calzature, riunita in assemblea domenica 27 maggio 1907, “saluta fraternamente la Repubblicana e Civile Francia che, con la formidabile scacciata del clericalismo procede a grandi passi verso la via luminosa della civiltà e del progresso”. Auspica inoltre che “l’alto esempio della Nazione sorella illumini il mondo Civile onde abbattere il clericalismo, procedendo sempre verso l’emancipazione sociale”63. torna all’indice 59. Cfr. ASAq Fondo Questura Cat A8, b. 21, f. 15. 60. Il Papa Medioevale, «L’Avvenire», 16 dicembre 1906. 61. Boicottaggio Papale, Ibidem. 62. Per la Francia laica e repubblicana, Ivi, 6 gennaio 1907. 63. La Lega Calzolai per la Francia laica, Ivi, 3 febbraio 1907. 49 CAPITOLO IV Pensiero laico è pensiero libero Educazione “Ma come mai il prete, che non può comprendere la missione del genitore, che non sa che significhi famiglia, deve essere quasi sempre proposto alla educazione dei fanciulli?”1. Con questo interrogativo, sul finire del “secolo della pedagogia”, inizia negli ambienti del socialismo aquilano una lunghissima e vivace riflessione sull’educazione, la pedagogia e la formazione. La rivoluzione industriale ha prodotto nell’Europa ottocentesca, con tempi e modalità diverse, una forte trasformazione nella società sotto tutti i punti di vista: migrazioni interne ed esterne, nascita del proletariato, urbanizzazione, mutamenti profondi nel territorio rurale e nelle città, rivendicazioni di nuovi diritti, comparsa di nuove figure professionali, nascita di nuove identità di massa e di nuove élite, bisogno e ricerca di democrazia, movimenti delle donne, il socialismo, partiti politici e organizzazioni di massa. In questo panorama, pedagogia ed educazione vanno configurandosi sempre più come fulcro dell’evoluzione della società, come cardine di ogni progetto di cambiamento: Nel grado di sviluppo sociale al quale oggi è giunta l’umanità, l’istruzione è una necessità assoluta e per conseguenza tutti gli esseri umani hanno uguale diritto a godere dei suoi benefici2. Le teorie educative devono ora rispondere a diversi impegni sociali e, pertanto, assumere connotazioni più laiche; 1. Cronaca, «L’Avvenire», 6 maggio 1893. 2. Il monopolio della istruzione, Ivi, 19 agosto 1894. 50 ma “fintantoché in Italia avremo un governo il cui primo articolo dello statuto garantisce il cattolicesimo-apostolicoromano religione ufficiale dello Stato […], è possibile sperare una scuola veramente laica, obbligatoria e gratuita?”3. Le tensioni rivoluzionarie e radicali, i processi di ribellione delle masse e le istanze di democrazia promuovono una centralità dell’educazione e della pedagogia, che assumono così un ruolo di vero e proprio baricentro della vita sociale: “non c’è dunque cosa più ingiusta che il monopolio della istruzione, per il quale solo quelli che sono possessori delle ricchezze han privilegio di istruirsi integralmente mentre i poveri, i miserabili, son condannati a perpetua ignoranza”4. L’educazione/pedagogia sostanzia di sé il politico, rielaborandosi secondo nuovi modelli teorici che integrano scienze e filosofia, sperimentazione e riflessione critica. Le teorie educative si collocano definitivamente nella società, rispetto alla quale agiscono come sintesi organica di prospettive e di valori: “se l’operaio vuole giungere a possedere questa desiderata istruzione, di cui sente la necessità come del pane che mangia, non se l’aspetti dalla società d’oggi, basata sulla disuguaglianza di classi e sullo sfruttamento. Egli potrà averla solo con l’avvenimento di una società in cui sia produttore libero, dove non esistano privilegi di classe, e dove infine l’uguaglianza di condizioni sia un fatto consacrato dal lavoro, dal godimento, dall’istruzione e da tutte le manifestazioni della vita”5. La scuola per i socialisti diventa veicolo di formazione del cittadino partecipe e protagonista della società contemporanea. Un uomo nuovo, plasmato secondo un’idea politica e sociale che risponde alla necessità di porre al centro della riflessione il complesso rapporto tra educazione, scuola, pedagogia e società. Ogni teorizzazione pedagogica, progettazione educativa, sistema scolastico è strettamente dipendente da un tipo di società e da modelli di valori e di azione sociale che vengono propagati e diffusi attraverso la pedagogia. Ci sono sì scuole “per i figli degli operai e classi per gli adulti”, ma non basta: “l’istruzione che vi si impartisce si limita ad imparare a sillabare i doveri del cittadino, scritti per conto del ministero di polizia, o il catechismo, che insegna il 3. La scuola, Ivi, 11 ottobre 1893. 4. Il monopolio della istruzione, cit. 5. Ibidem 51 rispetto alle autorità costituite”6. Il forte nesso con l’ideologia produce una sempre più netta politicizzazione della pedagogia, un fitto intreccio con le elaborazioni politiche, con i grandi movimenti sociali, con le loro logiche ed i loro programmi: “come socialista mi importa che la scuola sia laica nel senso moderno della parola, perché solo essa, seguendo l’indirizzo scientifico, può formare le vere coscienze, se non socialiste, almeno oneste”. La scuola deve essere lo strumento primario per la costruzione di una nuova società ideale e l’educazione un insostituibile mezzo di lotta politica e sociale: “avanti nella marcia trionfale del progresso; nella emancipazione del pensiero da quel bigottismo che infanga l’anima! Dovere di chi sa e di chi conosce, strappare le moltitudini, le folle affamate di verità e giustizia dalle grinfie di chi per fini propri ed egoistici vuol ricacciarle nella tenebra medioevale. Via dunque queste suore! Alla luce del sole si percorra il pensiero che la scienza e la realtà del fatto ci additano”7. Il socialismo porta con sé la teoria delle classi antagoniste che combattono per l’affermazione di valori di fatto negati dalla società borghese, quali la libertà, la solidarietà e l’uguaglianza. La pedagogia viene saldata all’ideologia della società liberata, caratterizzata dall’uomo liberato, da realizzare attraverso il lavoro liberato e dalla ricostruzione della convivenza sociale secondo il modello delle comunità. L’esigenza di riorganizzare la società secondo un ideale di giustizia sociale e di uguaglianza tra gli uomini, come pure quella di dare a tale società un ordinamento razionale ed organico, contiene già di per sé un preciso risvolto educativo. Il rinnovamento delle regole di convivenza sociale, che devono essere alimentate dal principio di solidarietà, la trasformazione in senso socialista delle varie istituzioni sociali (famiglia, fabbrica, Stato) e la progettazione di un’armonica società ideale implicano anche un profondo mutamento dell’uomo-cittadino. Un uomo nuovo, dotato di una mentalità egualitaria e anti-individualistica, capace di comunicare con gli altri e di rivalutare la stessa attività lavorativa. Al contrario, “l’alto fine della laicità della scuola non è compreso dai più, e ancora si confonde il maestro col prete, il sapere e il sentimento con la credenza e la superstizione”: 6. Ibidem 7. Le monache!.., «L’Avvenire», 15 novembre 1903. 52 la scuola “ha fondamento umano”, è esperienza e ragione, “procedimento consapevole e discussione”; la religione invece “ha fondamento divino”, è “rivelazione e autorità […], unità di dottrine indiscusse e indiscutibili”8. Controllo e subordinazione sociale avvengono attraverso la trasmissione di idee sull’individuo e questa funzione di addestramento e di condizionamento è ancora svolta essenzialmente dalle istituzioni della Chiesa. “Educazione e clericalismo, o, in altri termini, scuola e chiesa, hanno un significato del tutto opposto tra loro […] La scuola primaria non è ancora in grado, in Italia, di poter dare i suoi frutti buoni, perché il prete ne tiene tuttodì la cura, ossia il maestro è, nella più gran parte, umile seguace del clericalismo. Fino ai sei anni il fanciullo non va alla scuola elementare. Dove e come viene educato fino a quell’età? O nell’asilo in mano a monache e a maestre clericali o in certe case private […] dove giunge soltanto l’eco del prete che predica nella chiesa […]: i fanciulli della strada pubblica non sono educati in altra guisa che con le messe, le processioni e le altre funzioni di chiesa […] Il fanciullo è ammesso a frequentare la scuola. Che cosa trova? […] Incomincia e termina le lezioni con preghiere, più o meno lunghe, al buon dio […] Quando i piccoli Comuni bandiscono i concorsi per gli insegnanti e i direttori didattici, chi decide nella scelta del candidato? Il prete […] Ecco, in piccolo quadro, presentata la scuola italiana popolare. Si parla di scuola laica… ma a chi si dà a credere?”9. È la Chiesa la principale istituzione che nei secoli ha espropriato autonomia, libertà e conoscenze agli esseri umani, imponendo ad essi forti condizionamenti, idee e valori autoritari, di sottomissione, dai quali difficilmente ci si riesce a liberare. Una scuola laica quindi, non solo dovrebbe “abilitare gli alunni alle future attività professionali” ma anche prepararli per la vita civile, educando il loro pensiero “alla massima possibile indipendenza da qualsiasi preconcetto dogmatico; deve affrontare i problemi fondamentali della vita sostituendo all’abito dogmatico l’abito della indagine razionalmente condotta e razionalmente comunicabile”. Ma “può presumersi nel prete la attitudine a questo metodo di educazione?”. Certamente no, perché “oggi, – come ieri del resto e come domani – chi vesta l’abito talare non può edu8. Scuola e Chiesa, Ivi, 20 marzo 1904. 9. Educazione e clericalismo, Ivi, 5 novembre 1905. 53 care i giovani all’indipendenza dal preconcetto dogmatico per la semplice ragione che egli medesimo deve fare del preconcetto dogmatico il fulcro di tutta la propria attività intellettiva e morale”. Non è inoltre pensabile “la coesistenza della libera scuola privata confessionale a fianco, anzi di fronte alla scuola pubblica”. I due tipi di scuola, la laica e la confessionale, “si troverebbero in antagonismo ed in concorrenza […]. Se la Chiesa potesse anche penetrare, coi suoi sacerdoti, entro la scuola laica, dove n’andrebbe la uguaglianza nelle condizioni di lotta? La Chiesa condurrebbe la lotta contro la scuola laica da fuori e da dentro di questa. Sarebbe non la libertà, ma la dedizione dello Stato alla Chiesa”10. L’educazione morale è sempre stata un mezzo efficace per la manipolazione delle menti, frena inoltre il progresso, che per sua natura è evoluzione, cambiamento, mantenendo l’ordine che vigente. Infine impedisce agli esseri umani di accedere alle conoscenze capaci di mettere in discussione l’autorità. In questo modo la Chiesa ha per lungo tempo mantenuto i fedeli al suo servizio lasciando, in nome di dio, gli uomini e le donne nella più ottusa ignoranza. “Siamo ricaduti in pieno medio-evo!”, si legge da una corrispondenza da Gioia dei Marsi, attraverso l’educazione “che s’impartisce nelle scuole di questo felice paese, grazie alla venuta delle suore”. Dalla scuola “di queste suore del Signore, usciva un fanciullo che aveva scritta sulla fronte la parola somaro. Nessuno fiatò […] Giorni fa fu legato un fanciullo con le mani dietro la schiena. La mamma del fanciullo accorse… ma tutto finì lì. Ad alzar la voce contro i sistemi educativi del monacume, c’è da esporsi all’odio e alle rappresaglie della cricca imperante. Ma le autorità che fanno? Perché non si provvede contro i maestri che moralmente e materialmente torturano i loro scolari? Perché non si ordina la chiusura della scuola privata delle monache?”11. Anche nelle piccole scuole dell’aquilano “la clericocanaglia compie un’attiva propaganda”. Non è più il maestro bensì il parroco l’insegnante effettivo “che detta i programmi, sceglie i libri di testo, ordina le vacanze, sta sempre nella scuola beffeggiando la libertà, esaltando il papato e … l’inquisizione”. È il clero che in pratica “snatura l’indirizzo educativo e didattico delle scuo10. Scuola laica, insegnanti laici, Ivi, 3 novembre 1907. Cfr. anche A proposito della scuola laica, Ivi, 15 dicembre 1907. 11. Dall’Abruzzo Socialista. Da Gioia dei Marsi, Ivi, 6 marzo 1904. 54 le: perché asservire la scuola all’incubazione clericale?”. Perché “il governo clerico-borghese ama le tenebre del prete non già la luce del maestro e dell’educatore della civiltà”12. A causa dell’educazione religiosa ogni padre ed ogni madre assumono questa impostazione e la perpetuano nella vita familiare; le ragazze soprattutto sono tenute appositamente alla larga da un certo tipo di studi per perpetuare la loro dipendenza rispetto al padre e alla morale, in modo da prepararle alla subordinazione: “in tutti i conservatori di monache, le alunne sono infinitamente meno istruite di quelle che frequentano le pubbliche elementari. Questo in materia di istruzione […] In materia di educazione poi non vi è chi non sappia che una caratteristica dell’educazione cosiddetta religiosa sia l’ipocrisia e la menzogna […] E ciò è naturale, perché nei conventi vigono ancora i sistemi di repressione a base di pene fisiche, di castighi brutali, come negli antichi tempi […] Che le teste fasciate e le tonache turchine, nere e color cioccolato lascino il posto a gente che vive della nostra vita e che ama e soffre come noi”13. Le bambine e i bambini sono le prime vittime di questa opera di condizionamento; prima la famiglia, poi la Chiesa, li considerano come un oggetto di loro appartenenza sul quale hanno il diritto di intervenire, guidare e indottrinare. Tramite l’educazione morale vengono trasmesse la maggior parte delle idee che controllano l’individuo e attraverso le scuole avviene l’indottrinamento secondo i principi della legge e dell’autorità. Le leggi vengono in tal modo interiorizzate dal discente al punto tale che il controllo diventa interno, che libertà arriva a significare soltanto libertà di obbedire alle leggi. Così, se fin dalla tenera età i bambini subiscono un’educazione autoritaria e schematizzata, da adulti saranno inevitabilmente uomini schiavi e servili. E allora “che insorga l’Aquila civile, moderna, lavoratrice e cancelli finalmente questa piaga verminosa: dica che i suoi figli essa vuole educati alle libere e civili discipline e non all’ombra opprimente del confessionale o nei meandri oscuri e freddi di scuole ove l’odio si semina a piene mani”14. Tali istanze, già confluite nella campagna per la laicizzazione dell’asilo infantile, sfociano ora nelle grandi agita12. Clericalismo nelle scuole, Ivi, 5 giugno 1904. 13. Monache francesi e… sistemi croati, Ivi, 27 gennaio 1907. 14. Cose aquilane: le monache francesi, Ivi, 27 gennaio 1907. 55 zioni pro-Schola laica, in sostegno alla mozione del febbraio 1907 presentata alla Camera dal socialista Leonida Bissolati per la completa laicità dell’insegnamento elementare. La tematica monopolizza il dibattito, con vasta eco sulla stampa, dando vita ad un clima profondamente surriscaldato tra i fronti opposti dei laici e dei cattolici. A San Demetrio nei Vestini sono i maestri stessi a promuovere e ad organizzare la conferenza per il centenario della nascita di Garibaldi, nella quale l’oratore “fustiga l’azione deleteria del prete nella società e nella scuola”15. Gli stessi inviano un caloroso saluto ad Ernesto Nathan, mazziniano, laico, eletto nuovo sindaco a Roma, augurandosi “trionfo completo programma scuola laica”: Ad Ernesto Nathan assunto primo magistrato Roma, indice reazione contro invadente clericalismo, maestri Sandemetrio Vestini mandano saluto augurale trionfo completo programma scuola laica16. Il sindaco risponde immediatamente, “poiché dalla scuola libera comincia la forza delle nazioni”17. In un clima di forti tensioni sociali e politiche, che vede Giolitti impegnato a rafforzare i rapporti col mondo cattolico, il problema della laicità della scuola diventa per gli insegnati democratici e socialisti questione essenzialmente politica e non morale, sulla base dell’idea che una religione particolare legittimata in senso universale fungerebbe da fondamento ad una morale che implicherebbe inevitabilmente la scelta tra conservazione e innovazione sociale. A Sulmona i soci del Fascio magistrale peligno, sezione dell’Unione nazionale magistrale (UNM), si riuniscono in assemblea il 5 gennaio 1908 per riaffermare “il principio della laicità della scuola” e l’abolizione dell’insegnamento religioso nelle scuole elementari. Anche in quest’occasione il principio della laicità vuole identificarsi con quello dell’antidogmatismo, come riconoscimento della più ampia libertà di pensiero e pratica dello spirito di tolleranza da realizzarsi proprio a partire dall’ambiente scolastico: ossia principio di libertà che va riconosciuto quale diritto originario ed 15. Contro la scuola laica…, Ivi, 17 novembre 1907. 16. Telegramma dai maestri di San Demetrio, Ivi, 8 dicembre 1907. 17. Telegramma di E. Nathan, Ivi, 15 dicembre 1907. 56 ineliminabile della persona in quanto tale e perciò da sviluppare, sia negli insegnanti che negli studenti. Fondamentale viene considerata la funzione metodologica del dialogo, ovvero del confronto aperto tra prospettive diverse, da opporre a quelle proposte atte a favorire un orientamento di pensiero unitario, caratterizzato dal dogmatismo metafisico e dall’intolleranza ideologica. Di qui il carattere inconfondibile della scuola laica quale luogo primario di incontro di prospettive differenti, in cui lo spirito di tolleranza “deve avere il suo regno: pensiero laico è pensiero libero”. Il prete, invece, – ribadiscono gli insegnanti di Sulmona – “non può nella scuola raggiungere lo scopo educativo di dare penetrazione alla mente, vigore al corpo e rettitudine al cuore”, perché “egli è schiavo del dogma, che propugna per la salute eterna la mortificazione della carne e la rinunzia ai sentimenti più puri”. E, proprio perché in tal modo “non possono essere plasmate delle coscienze libere e dei caratteri dignitosi e fieri, quali son reclamati dalla società presente”, il Fascio di Sulmona invita l’UNM “a provocare dal governo dei provvedimenti legislativi che inibiscano a preti e a suore d’insegnare sia nelle scuole pubbliche, sia in quelle private”18. Dalle dichiarazioni appare evidente come si vogliano prendere le distanze anche da quei colleghi che intendono laicità come neutralità o come fedeltà ai dettami della scienza positiva, rincorrendo un’obiettività che si tradurrebbe, di fatto, in nuovo dogmatismo. Il 17 febbraio 1908 il Teatro Orfeo dell’Aquila ospita più di 700 cittadini che reclamano la laicità della scuola, sostenuti dai circoli socialisti dell’Aquila, Pizzoli, Coppito e Castel del Monte (in quest’ultimo centro, qualche giorno prima, Gaetano Camilli aveva tenuto la conferenza Scienza e religione19). A testimonianza della radicalizzazione della posizioni sta l’adesione e la partecipazione all’iniziativa delle leghe di cocchieri, cantonieri di città, muratori, braccianti, pastai e fornai. All’unanimità l’assemblea vota la seguente mozione: Il Popolo di Aquila raccolto la sera del 17 febbraio in imponente comizio invita il Parlamento ad assicurare il carattere laico della scuola elementare, vietando che in essa venga 18. I problemi della scuola laica e la classe magistrale, Ivi, 19 gennaio 1908. Cfr. anche Anticlericali, a voi!, Ivi, 3 marzo 1908. 19. Cfr. Da Castel Del Monte. Conferenza Camilli, Ivi, 23 febbraio 1908. 57 impartito sotto qualsiasi forma l’insegnamento religioso20. Emancipazione Oltre alla figura del bambino fa irruzione definitivamente nell’ambito educativo, seppur con iniziale timidezza, anche la figura della donna: Amate, rispettate la donna […] Cancellate dalla vostra mente ogni idea di superiorità: non ne avete alcuna. Un lungo pregiudizio ha creato, con un’educazione diseguale e una perenne oppressione di leggi, quell’apparente inferiorità intellettuale dalla quale oggi argomentano per mantenere l’oppressione21. Una forte critica è rivolta al matrimonio, che trasforma la donna in “oggetto di mercato, gettata fra le braccia di un uomo che non conosce e che non ama”22; famiglia e società continuano poi a conservare “pregiudizi, idee grette, teorie ancora medievali sulla questione della donna, che la impacciano e spesso l’atrofizzano nell’azione individuale”23. La donna deve invece acquisire piena coscienza di sé, prendere “parte attiva col pensiero e con l’azione a tutto ciò che ferve e dà vita alla società attuale, o meglio, a tutto ciò che tende a formare una società nuova”. E non basta dire: “la donna dovrebbe avere più libertà –, sottolineano i socialisti – bisogna conquistarla e spezzare, giorno per giorno, caso per caso, tutti quei pregiudizi che mettono la donna al livello dei bambini che han bisogno di essere sorvegliati e accompagnati per via”. La libertà quotidiana forma nella donna il carattere, la sicurezza, quella serenità “e quel nobile orgoglio del sentirsi indipendente in tutto, nel pensiero e nel sentimento; e soprattutto nel sentirsi libera di amare per impulso puro e sincero dell’animo e non per ragioni che escono dall’ordine naturale, grande, nobile delle cose”24. Ma allo stato attuale la donna è “ancora schiava completamente dell’uomo. Bambina, deve comprimere le sue di20. Pro Schola laica, Ivi, 23 febbraio 1908. 21. La donna, Ivi, 27 maggio 1894. 22. La donna nell’adulterio, Ivi, 20 maggio 1894. 23. La donna nuova, «L’Avvenire della Democrazia», 10 novembre 1895. 24. Ibidem 58 sposizioni allo studio, perché la famiglia riserva ai maschi le carriere professionali. Giovinetta, deve soffocar l’amor nascente se l’oggetto dei suoi palpiti è un giovine povero, giacché la famiglia lo vuol ricco. Sposa, è costretta a subire senza protesta il tradimento dello sposo […] Madre, non ha diritti sui figli e può vederli traviati da un padre ubriacone e vizioso, al quale le leggi riservano la patria potestà. Cittadina, non ha alcun diritto all’amministrazione della cosa pubblica, quantunque faccia parte del consorzio sociale. Lavoratrice, le son contese moltissime professioni delle quali l’uomo si è fatto il monopolio. Povera, non le resta che vendere il suo corpo ai gaudenti delle classi elevate, o al prete stesso, che dopo averla corrotta e sciupata, la getteranno con un calcio al margine della via e correranno sulla cattedra o sul pulpito a tuonar contro la morale socialista. Donna!! Questa nuova morale, contro cui tuonano il borghese ed il prete, è anche la redenzione tua!”25. Già nel 1893 le pagine de «L’Avvenire» salutavano con entusiasmo quelle donne siciliane che “invece di andare in chiesa vanno al Fascio dei lavoratori” ed esortano addirittura i mariti a seguirle. Quelle donne, che “avevano obbedito fin’ora alla parola d’ordine che le veniva dal confessionale”; quelle donne, “tutto sentimento, si sono emancipate dal prete, comprese da un’altra fede più bella, più splendida, la fede nell’Avvenire! […] Certi parroci laggiù in Sicilia, dovranno averli veramente sull’osso del collo quei fasci di lavoratori”26. Dopo millenni di subalternità sociale, educativa e di esclusione da scuola e istruzione, le donne finalmente iniziano ad inserirsi nella scena sociale, culturale e politica con l’accresciuta consapevolezza della propria specifica identità e con le loro lotte per l’emancipazione. Questo processo di affermazione e di rivendicazione trova tra i ceti popolari il terreno e i mezzi più congeniali alla sua realizzazione soprattutto attraverso una paziente opera educativa e di propaganda: La conferenza di propaganda del compagno [Francesco] Masci, sul tema importantissimo: La donna e la famiglia nel socialismo, sarà tenuta quest’oggi alle 16 nei locali del Circolo socialista aquilano. L’importanza del tema ci dà ragione 25. La donna, «L’Avvenire», 28 ottobre 1906. 26. La donna, Ivi, 15 ottobre 1893. 59 di credere che gli operai interverranno anche questa volta numerosi27. Le richieste di una sempre maggiore alfabetizzazione, di un’apertura delle selettive e discriminanti istituzioni scolastiche e la volontà di partecipazione politica caratterizzano la nuova cultura femminista. Viene posto l’accento sull’autonomia femminile e sui valori diversi che la ispirano, si prospetta un’educazione tutta al femminile per le donne, che le separi dal contesto maschile della società e le immerga nei loro valori, partendo da prospettive radicalmente nuove ed alternative ai modelli in corso: “oggi non è più la donna che sotto la veste di vergine sacra, ispira canti fervidi ai giovani amatori; non è più la sposa fedele che crea la delizia dell’alacre marito; non è più la madre, circondata da un’aureola luminosa che veglia sollecita al capezzale del biondo pargoletto; non è più l’amante che serra l’amante nell’amplesso spasmodico. Oggi la donna ci si rivela sotto una nuova ed inattesa manifestazione; oggi essa abbandona le sue millenarie occupazioni, per scendere armata nella lizza della vita attiva ed operosa, per conquistare quei diritti politici che le furono sempre negati”28. Libero amore In termini romantici e antireligiosi vanno diffondendosi sempre più sulla stampa proletaria aquilana articoli e riflessioni volti all’educazione emotiva e sentimentale del proletariato. Si tratta dei costumi, degli atteggiamenti e dei comportamenti, e in particolar modo del libero amore, “giocondo e ribelle”, per usare le parole del Gori: “accarezzo le tue carni e disprezzo ogni legge del mondo”. Si dipinge la figura della nuova donna, “compagna e veramente uguale all’uomo nei diritti e nei doveri […] fine dei pensieri, degli affetti, delle aspirazioni; non donna schiava o donna venduta” ma donna libera29. “Mi sembra udirti dire: dunque sei o no credente?. Credo nell’amor che ti fa bella: un tuo sguardo mi 27. Conferenza, Ivi, 6 dicembre 1896. 28. Femminismo ed antifemminismo, Ivi, 7 aprile 1907. 29. Lettera aperta, Ivi, 25 novembre 1894. 60 trasporta sull’Empireo, un bacio tuo mi fa comprendere dio30”. Si prende di nuovo in prestito la figura di Satana, identificazione anche del libero amore: Se l’amore d’un demone t’alletta, eccomi a te vicino; folgori e lampi su di me saetta il castigo divino. Eppur son giunto senza alcuna tema degli angioli e di Dio a te d’appresso; e solo il cor mi trema di febbre e di desio! Oh, come intisichiscon dell’averno le abusate bellezze! Vieni fanciulla, io per te son l’eterno, il re delle grandezze! Ti griderò del foco alta regina e del mio cor profondo, finché vedremo, un dì, la gran ruina, ridendone, del mondo! Noi sugli astri spezzati e ancor fumanti ci rizzeremo allora, e, forti dell’amor, eterni amanti, ci baceremo ancora!31 Questa chiave di lettura verrà riproposta qualche anno più tardi con la conferenza Il Diavolo del 20 luglio 1909 al Teatro Orfeo. Parlerà per l’occasione Guido Podrecca, de «L’Asino», rivista romana di satira politica, spiegando che “per noi anticristiani ed anticattolici esso vuol dire amore, vuol dire piacere, vuol dire gioia, vuol dire vita, vuol dire godimento”32. Per i borghesi, al contrario, lo stesso matrimonio non è che un contratto: non si sposa la donna “ma il corredo, l’eredità […], è l’interesse economico che lo fa celebrare o lo manda a monte”. Il vero amore, invece, “nasce da uno sguardo in un istante fatale, come la scintilla elettrica si sprigiona dai reofori senz’altra condizione che l’avvicinamento”33; e “come la scossa scuote l’organismo così l’amore infonde nuova vita, apre nuovi orizzonti. Quale cuore al30. Lettera aperta, Ivi, 9 dicembre 1894. 31. S. BERINI, Serenata di Satana, Ivi, 14 luglio 1893. 32. Conferenza Podrecca, Ivi, 26 luglio 1909. 33. Lettera aperta, cit. 61 lora può opporsi a due cuori che battono all’unisono?. L’amore è il dio benefico che rende sopportabile la vita, in un bacio si dimenticano tutti i dolori, in un abbraccio trova la calma l’animo angosciato e ne esce temprato e forte a sostenere lotte maggiori”34. Amore libero allora, contro i valori borghesi e la morale cattolica; amore libero come forza per combattere, allo stesso tempo, “il cielo e l’inferno collegati contro di noi”. Amore libero in cui trovare forza e coraggio “se non per vincere, almeno per combattere […]. Viviamo del e per il nostro amore e quando le nostre mani si stringeranno, quando le nostre labbra si uniranno in un bacio ardente, in un sol colpo dio e satana segneranno una sconfitta”35. Così Francesco Donatelli36, in una corrispondenza da Lugano, si rivolge alle donne aquilane: Amate dunque, o giovani figlie di Venere, e che l’affetto vostro, libero si sprigioni dal seno, con tutto l’impeto, con tutta l’ispirazione, che infondono e la fresca età e li effluvi dell’oggi; amate, intieramente amate, senza comprimere, né falsare i battiti del core… Rinnegate perciò quella larva d’amore che predica il prete per farvi schiave di bugiarde dottrine. Amate, ma che l’amor vostro rispecchi intiero l’ardore, la frenesia dell’anima, non l’ipocrisia di un affetto artificiale, che la gente cosiddetta pratica, impastoiata dalla superstizione e dal pregiudizio. Amate, amate fanciulle, e non dimenticate mai che è oltraggio alla Natura il reprimere uno qualunque dei vostri sentimenti, il soffocare qualsiasi dei fremiti naturali del vostro amore37. La lotta per l’emancipazione integrale è, come abbiamo visto, assegnata in gran parte all’educazione. E il cammino non è privo di ostacoli. Qualche anno più tardi bisognerà ancora denunciare che “per nostra sventura il clero è sempre ed ancora il padrone del popolo, delle nostre donne, delle nostre figlie, ed anche dei nostri governi, perché gli riesce di spadroneggiare nelle nostre scuole!”. È interessan34. Leggendo Milton, «L’Avvenire della Democrazia», 15 settembre 1895. 35. Male e Rimedio, «L’Avvenire», 9 settembre 1894. 36. Su Donatelli cfr. ASAq Fondo Questura Cat A8, b. 97, f. 6. 37. F. DONATELLI, Lugano, marzo 1895, Amate fanciulle!, «L’Avvenire», 31 marzo 1895. 62 te e significativo notare come per un’educazione libera ed una libera crescita, effettivamente in grado di creare un nuovo modo di vivere e di pensare, venga posta come centrale l’educazione delle bambine, “future donne e madri […] È la donna che può cambiare il mondo dell’anima, e perciò è la donna che bisogna guadagnare alla nostra causa, se vogliamo veramente progredire ed emancipare da ogni pastoia il pensiero umano”38. La sezione dell’Internazionale del Libero Pensiero Nel settembre 1904 si svolge a Roma il Congresso Internazionale del Libero Pensiero, il principale evento politicoculturale anticlericale dell’epoca giolittiana: vi partecipano intellettuali e rappresentanti di associazioni di molte nazioni39 e oltre un migliaio di delegati italiani coordinati da Arcangelo Ghisleri40. Ghisleri era stato l’unico rappresentante italiano al precedente congresso internazionale, svoltosi a Ginevra nel 1902, assumendo in quell’occasione l’incarico di organizzare l’incontro romano. L’intellettuale lombardo si era messo subito al lavoro contribuendo alla nascita di varie associazioni nella penisola e a dar vita alla Federazione nazionale del Libero Pensiero Giordano Bruno. In un periodo in cui anche il Vaticano accentua l’atteggiamento ostile e di scontro nei confronti delle organizzazioni socialiste, anarchiche e proletarie, il congresso internazionale di Roma assume particolare importanza sia per la particolare fase politica che attraversa l’Italia sia per il vasto numero di adesioni e di partecipanti. All’Aquila i preparativi del congresso vengono attentamente seguiti da «L’Avvenire». Già dal mese di marzo il giornale inizia ad informare i lettori (“l’associazio38. Il pericolo clericale, Ivi, 2 dicembre 1906. 39. Giungono per l’evento militanti e congressisti belgi, boemi, francesi, inglesi, norvegesi, olandesi, portoghesi, russi, spagnoli e ungheresi. Partecipano tra gli italiani Giuseppe Sergi, Roberto Ardigò, Napoleone Colajanni, Mario Capisaldi, Guglielmo Ferrero, Enrico Morselli e Cesare Lombroso; tra gli stranieri il filosofo Haeckel, il sociologo e pacifista Nivicow, i deputai belgi Furnemont e Lorand, lo scienziato francese Berthelot, lo scrittore norvegese Bjornson, l’educatore libertario francese Paul Robin e quello spagnolo Francisco Ferrer y Guardia. Angelica Balabanoff rappresenta lo schieramento socialista mentre Luigi Fabbri coordina la rappresentanza degli anarchici. 40. Su Arcangelo Ghisleri (1855-1938), intellettuale, giornalista, geografo, repubblicano e federalista si veda A. BENINI, Vita e tempi di Arcangelo Ghisleri (1855-1938), Manduria, Lacaita, 1975. 63 ne del Libero Pensiero è un grandioso movimento di emancipazione intellettuale e sociale, inteso a strappare tutti i popoli all’oppressione dei dogmi e delle chiese”), auspicando la costituzione di una sezione locale: “anche nella città nostra una sezione del Libero Pensiero deve sorgere, che dovrà nel futuro settembre, a mezzo di propri rappresentanti, dare il suo voto contro l’invadenza clericale e l’espandersi delle congregazioni”41. Il periodico sottolinea che in vista del congresso ovunque “sorgono gruppi aderenti alla Federazione, destinati ad essere focolai di propaganda laica e di incivilimento. Perché anche l’Aquila nostra non dovrebbe partecipare?”42. La costituzione della sezione locale, tuttavia, si registra immediatamente dopo l’assise romana, il tutto preceduto da propaganda, manifestazioni e svariate iniziative. In un comizio del 2 ottobre, sotto la regia di Emidio Lopardi, Carlo Chiarizia e Virgilio Rossi si costituisce il comitato promotore43 che dà alle stampe il manifesto pubblicizzante le conferenze anticlericali organizzate per il giorno 9 ottobre al Teatro Comunale: CITTADINI! Non valse infrangere le catene degli schiavi, diroccare le castella dei feudatari, proclamare i diritti dell’uomo; non valse a magnanimi cuori e poderosi intelletti accendere la face del vero e rischiare con essa le vette eccelse dell’ideale; e non valse l’addensarsi della falangi popolari, moventi alla diuturna e sempre più viva lotta per la effettiva conquista dei supremi fini di giustizia sociale. L’umanità non è ancora affrancata da ogni vincolo e servitù; e non lo sarà affinché non sia affrancato il pensiero. La barriera che, ponendo confini all’umano pensiero, sorge formidabile di contro all’avvenire è il dogma; e di quella barriera ogni illecito dominio si fa difesa. Ma oggi il mondo civile ha ciò inteso: la storia è delle lotte per l’emancipazione della coscienze, che ha date e nomi ormai sacri e fulgori di leggenda per ardimenti e martiri di pochi, ed è oggi divenuta storia di popoli, che si sono uniti per la grande battaglia ed hanno testé mandato i loro rap41. Le congregazioni religiose e il Libero Pensiero, «L’Avvenire», 27 marzo 1904. 42. Per una sezione aquilana del Libero Pensiero, Ivi, 14 agosto 1904. 43. Cfr. Comizio del Libero Pensiero, Ivi, 25 settembre 1904. 64 presentanti nella capitale italiana a riconsacrare in solenne convegno il patto e i propositi comuni. CITTADINI, nella nostra città, che il poeta della democrazia disse forte come le balze che la circondano e libera come le aure che ne coronano le cime, non può mancare un’alta, solenne manifestazione per la liberà del pensiero, che mentre risponda, come sentita e fedele eco al Congresso Internazionale di Roma, sia occasione per stringere anche in quest’alpe nostra le file di tutti i liberi pensatori, ordinare e disciplinare il popolo per la necessaria battaglia. A tal fine, domenica 9 corrente, alle ore 14 e mezzo, al Teatro Comunale, sotto la presidenza del Prof. Virgilio Rossi, saranno tenute due pubbliche conferenze dagli avv. Carlo Chiarizia ed Emidio Lopardi. Aquila, 7 ottobre 1904 Il Comitato44 All’incontro partecipano più di 600 cittadini45. Il percorso prosegue con la conferenza Socialismo e Libero Pensiero, tenuta da Gaetano Camilli46 al Teatro Orfeo “per chiarire e colmare le lacune lasciate nei loro discorsi dagli avvocati Chiarizia e Lopardi”47. Segue l’articolo Governo e Clericalismo in rapporto al Libero Pensiero, nel quale si vuole ancora sottolineare che, “sciolti da ogni vincolo o catena di dogma e di clericalismo, a noi preme ancora sul capo un’autorità: il potere governativo”. Un concetto questo, a giudizio di Camilli, “non fu delucidato agli ascoltatori dai due conferenzieri” nelle iniziative del 9 ottobre. L’articolista rimprovera Lopardi per aver scisso la questione “tra catene di dogma e manette di polizia; tra fiamme d’inferno o di rogo e fuoco di fucili e cannoni; tra la tortura dell’inquisizione e la cella del reclusorio […] Non semplice anticlericalismo noi 44. Testo del manifesto, Ivi, 9 ottobre 1904. 45. Per il resoconto delle conferenze del 9 ottobre 1904 cfr. Comizio “Pro Libero Pensiero”, Ivi, 16 ottobre 1904. 46. Su Gaetano Camilli e la frangia anarcosindacalista del socialismo aquilano si veda R. COLAPIETRA, Antimilitarismo e pacifismo all’Aquila dall’Unità d’Italia al fascismo, Edizioni della Sezione “Antonio Gramsci – area cultura”, Democratici di Sinistra, L’Aquila, 2005. 47. Conferenza Camilli, «L’Avvenire», 23 ottobre 1904. 65 dunque facciamo; ma lotta contro ogni oppressione”48. Nonostante le polemiche, per tutti comunque “urge stringere le file di tutti i sinceri anticlericali, per fronteggiare il comune nemico”49. Domenica 16 ottobre il comitato promotore redige una prima bozza dello statuto dell’associazione, da sottoporre, il giorno successivo, all’assemblea degli aderenti e discutere quindi il seguente OdG: 1. 2. 3. 4. Approvazione del Regolamento-Statuto Elezioni del Consiglio Direttivo Propaganda per il Libero Pensiero Comunicazioni varie50 Il 17 ottobre, nei locali della Società operaia di Via Roio, si riunisce finalmente l’assemblea, composta da una cinquantina di persone. In molti mandano l’adesione. Sotto la presidenza dell’avvocato Lattanzi e con il dottor Gubitosi alla segreteria viene approvato lo statuto e deliberata la costituzione della sezione aquilana dell’Associazione Nazionale del Libero Pensiero Giordano Bruno. Su proposta del socialista Lopardi, infine, l’assemblea approva all’unanimità l’invio del seguente telegramma al ministro Combes a Parigi: Gli anticlericali di Aquila degli Abruzzi radunati per costituire una locale sezione della Federazione internazionale del Libero Pensiero, auspicando fervidamente vittoria alla crociata intrapresa dalla democrazia laica e sociale di Francia a presidio del patrimonio comune di civili idealità, salutano in voi la gloriosa nazione sorella, invitta antesignana di ogni più audace conquista nelle vie luminose del progresso51. La scelta della Società operaia come sede della nuova organizzazione non è casuale. Sono molte infatti quelle società razionaliste che tentano di svolgere un ruolo di cerniera fra l’associazionismo politico-culturale e quello economico; un ruolo non marginale nel vasto e variegato universo dell’associazionismo popolare, perché incide sul comportamento individuale dei ceti subalterni che tentano di scalzare 48. Governo e Clericalismo in rapporto al libero pensiero, Ivi, 23 ottobre 1904. 49. Comizio “Pro Libero Pensiero”, cit. 50. Sezione Aquilana “Pro Libero Pensiero”, Ivi, 16 ottobre 1904. 51. Associazione pro Libero Pensiero, Ivi, 23 ottobre 1904. 66 dalle loro coscienze l’opprimente cultura cattolica. Probabilmente tale scelta è mossa anche dalla diffidenza diffusa negli ambienti anarchici e socialisti verso il progetto pluralista ghisleriano, nel timore che la questione del libero pensiero possa rimanere chiusa in un alveo massonico-istituzionale. Per l’elezione del Consiglio Direttivo viene indetto un nuovo incontro per il giorno 23 ottobre. Tutto è pronto: la nuova sezione ora può finalmente iniziare il suo percorso di formazione laica, scientifica e razionalista. Il professor Griffini tiene una prima lezione sulla variabilità ed evoluzione della specie: “alla antica teoria della flessibilità delle specie, alla quale già si opponevano le variazioni presentate dalle piante coltivate e dagli animali domestici, è sostituita oggi la teoria della variabilità ed evoluzione della specie”52. La seconda lezione sulle teorie evolutive viene fissata per l’11 dicembre al Teatro Orfeo53. Dopo la pubblicazione dell’articolo Socialismo e libero pensiero però, della sezione aquilana se ne perdono quasi le tracce. La critica socialista è rivolta alla partecipazione borghese e massonica all’associazione: “non si comprende come un libero pensatore in religione possa poi essere un reazionario della politica”. Si denuncia in particolar modo la totale assenza di solidarietà delle sezioni nazionali nei confronti dei fer rovieri, in agitazione su tutta la penisola per la statalizzazione delle linee e contro le compagnie private, per le condizioni generali di lavoro e contro la militarizzazione del personale: “l’Associazione del Libero Pensiero avrebbe dovuto dunque far sentire la propria voce in un’occasione così grave, ed invece ha taciuto”54. La sezione aquilana si riattiva qualche anno più tardi, “ravvivatasi, dopo un lungo periodo di letargo, di nuove e promettenti energie”55. La seconda inaugurazione è del 17 febbraio 1908 presso la Sala Rossa del Teatro Comunale alla presenza di circa 150 cittadini. Partecipano i rappresentanti dei partiti popolari ed una consistente delegazione studentesca56. Si rincomincia con un ciclo di lezioni scientifiche per 52. Circolo del “Libero Pensiero”, Ivi, 30 novembre 1904. 53. Cfr. Associazione del Libero Pensiero (Sez. di Aquila), Ivi, 11 dicembre 1904. Per il resoconto cfr. Dottrine Evolutive, Ivi, 18 dicembre 1904. 54. Socialismo e Libero Pensiero, Ivi, 16 aprile 1905. 55. Lezione… froebeliana di libero pensiero, Ivi, 12 aprile 1908. 56. Cfr. Inaugurazione, Ivi, 23 febbraio 1908. 67 i lavoratori tenute dal nuovo segretario Giuseppe Berti sempre negli spazi della Società operaia. Tra il 20 e il 27 marzo si sviluppa il ciclo su L’Universo Stellato, articolato in due lezioni: La terra ed i suoi movimenti e La Luna: “si ricorda alla classe operaia, a cui particolarmente sono dedicate queste modeste conversazioni, che senza istruzione l’uomo sarà sempre schiavo e vittima”57. L’anno precedente si era costituita anche la sezione del Libero Pensiero di Sulmona. Aveva preso parte alle manifestazioni per il diritto alla casa promosse dai ferrovieri di quello scalo, all’elaborazione di un’interpellanza da presentare al Parlamento per far ottenere ai lavoratori delle strade ferrate l’indennità di alloggio, alle proteste popolari sul caroviveri58 e alle agitazioni antimilitariste che dilagavano in tutti i centri della penisola59. Nella cittadina peligna però l’ostilità dei cattolici era stata molto intransigente, tanto che la preparazione di un comizio di propaganda anticlericale di Carlo Chiarizia per l’11 agosto aveva provocato risse e tumulti. Si legge addirittura “di preti che avrebbero aizzato dei contadini fanatici perché, armata mano, avessero fatto violenza sugli anticlericali, impedendo teppisticamente il comizio”. Il sottoprefetto vietava la manifestazione per la coincidenza con una processione religiosa, contribuendo così a rinfocolare lo stato d’animo dei promotori: “è dovere di tutti gli anticlericali, di tutti gli uomini liberi di rintuzzare l’umiliante provocazione, contrapponendo la santa violenza della legittima difesa alla furia criminale degli aggressori”60. Da segnalare nella cittadina peligna anche l’inizio delle pubblicazioni del periodico «Lucifero», d’ispirazione repubblicana, che nel sottotitolo si definisce quindicinale di libero pensiero. Un’accesa polemica anticlericale si sviluppa anche sulle colonne del «Corriere della Marsica», periodico del blocco democratico di Avezzano, che in questi mesi inizia le pubblicazioni raccogliendo forti consensi tra la popolazione61 57. Sezione dell’Aquila del Libero Pensiero, Ivi, 15 marzo 1908. 58. Cfr. Prefettura di Aquila, 2 giugno 1907, al Ministero dell’Interno, in ACS, MI, PS, Dagr, a. 1907, b.1, f. 10/70, Aquila. 59. Cfr. La conferenza antimilitarista, «Il Germe», 20 ottobre 1907. 60. Per il buon nome d’Abruzzo e contro la teppa clericale, «L’Avvenire», 18 Agosto 1907. 61. Sul «Corriere della Marsica» (1908-1910) cfr. SPAM, p. 76. 68 torna all’indice CAPITOLO V In piazza! Risveglio anticlericale La parabola di questo “risveglio anticlericale”, così definito nella stessa stampa aquilana, inizia a crescere esponenzialmente a partire dal 1907. Convegni, riunioni, assemblee di leghe e gruppi, piattaforme via via perfezionate nel corso delle mobilitazioni stesse, portano a chiarimenti teorici, ripensamenti ideologici, ricerca di precisazione di obiettivi pratici e di organizzazione. Il continuo dibattito sui valori politici insiti nell’anticlericalismo – indispensabile anche per cementare i mai interrotti rapporti tra anarchici e socialisti – occupa quasi sempre la prima pagina del settimanale socialista, richiamando, a tal scopo, Bakunin per l’antiteismo, Johann Most su La peste religiosa (“la terra ha da diventare soggiorno di uomini, e non un campo di gioco per dio e pel diavolo, come essa fin’ora è stata! In conseguenza, strappiamo dai cervelli le perniciose idee religiose”1), Antonio Labriola per i rapporti tra anticlericalismo, socialismo e questione sociale: “anticlericalismo, se ci fermiamo alla parola, è soltanto una negazione. Ma la semplice negazione non può essere un fatto. Si tratta, certo, di non essere coi preti o con chi tresca con essi; ma si vuole, all’azione clericaloide, opporre un’azione positiva, combattiva, efficace in senso contrario”2. Viene operata una definitiva e netta distinzione tra l’anticlericalismo giacobino e quello socialista, perché “la vecchia impalcatura cattolica, intesa come istituzione politico-economica assiduamente operante nei conflitti sociali, è un ostacolo alla ascensione della classi lavoratrici e produttive”3. La questione diventa definitivamente prima economi1. G. MOST, Pazzia religiosa, «L’Avvenire», 30 giugno 1907. 2. Il “nostro” Anticlericalismo, Ivi, 3 marzo 1907. 3. Contro corrente! Anticlericalismo giacobino e anticlericalismo socialista, Ivi, 11 agosto 1907. 69 ca, poi morale: il clero è una classe che si frappone tra proletari e borghesia. Di conseguenza, il clericalismo esiste a danno degli interessi economici del proletariato, “essendo nient’altro che un’organizzazione potente per denaro e per dominio morale”4 al servizio della classe borghese dirigente. Per i socialisti questo è testimoniato dalla condizione sociale spagnola, “la cui decadenza è dovuta principalmente al fatto di essere costretta nelle spire sacerdotali”5. E allora, finché si è ancora in tempo, “ci pensi il governo italiano (accusato senza mezzi termini di filo-clericalismo6) e ponga energicamente un ostacolo a frati, suore e preti, a nuove invasioni di codesti nemici della vitalità d’un popolo, di codesti eviratori dell’anima, di codesti distruttori delle individualità umane”7. Una forte spinta al movimento viene dai preparativi per la realizzazione delle manifestazioni del 17 febbraio 1907. La scelta della data, sicuramente la più rappresentativa del calendario anticlericale, non è appunto casuale: si ricorda in quel giorno la figura di Giordano Bruno, l’universale “martire della libertà di pensiero”. Il Comitato centrale romano lancia agli eretici la proposta di una lunga e intensa agitazione da preparare, seguire e realizzare in tutte le località d’Italia “contro la marea reazionaria e clericaloide che dilaga”. Tutto deve avere inizio il 17 febbraio attraverso comizi e manifestazioni di piazza, per marcare “le aspirazioni dell’Italia moderna che non sa e né vuole rassegnarsi ai fornicamenti di gran parte della borghesia italiana con la quintessenza della insorgente reazione clerico-moderata”8. L’Aquila risponde all’appello con la costituzione di un sottocomitato per l’organizzazione del corteo cittadino e dei comizi. La partecipazione è aperta a tutte le forze laiche e anticlericali. I raggruppamenti d’area socialista indicano la sede della Società operaia come proprio punto di concentramento e deliberano di distribuire gratuitamente duemila copie del giornale di propaganda popolare «Il Seme». La redazione de «L’Avvenire» prepara un numero speciale per l’occasione aperto dall’articolo La questione Anticlericale e i Socialisti: 4. L’anticlericalismo socialista, Ivi, 22 settembre 1907. 5. Il pericolo clericale, Ivi, 12 maggio 1907. 6. Cfr. La politica clericale del governo italiano, Ivi, 19 maggio 1907. 7. Il pericolo clericale, cit. 8. Comizio anticlericale, Ivi, 10 febbraio 1907. 70 I socialisti non debbono essere degli anticlericali a quel modo che conviene ai preti e alla borghesia reazionaria. Il vero anticlericalismo non consiste in quel volterrianismo dileggiante il sentimento religioso, che fa ridere i preti ed urta le fedi sincere. Esso deve consistere nel dissipare le dense nebbie che avvolgono il pensiero delle classi povere; nel sollevare la coscienza depressa e rassegnata delle classi diseredate […] Bisogna attenersi al concetto socialista per il quale la mentalità religiosa dipende dallo stato economico delle masse e da quello della loro cultura […]; l’anticlericalismo migliore si fa mettendo in armonia le parole con i fatti. Incominciamo a togliere la gioventù al prete, impartendole un’educazione fondata sul dovere e sul razionalismo; facciamo che le donne non subiscano più oltre l’influenza del confessionale; ridoniamo all’uomo la fiducia in se stesso, sgombrando nella sua mente la credenza del soprannaturale, ed allora si che avremmo fatta opera anti-oscurantista9. Seguono due articoli su Giordano Bruno: il primo ripercorre una sua biografia essenziale in forma semplice e romanzata. Il secondo si sofferma su due punti del suo sistema filosofico “e cioè la tendenza ad instaurare un sistema filosofico fondato sulla ragione e sulla verità, invece di quello cattolico dominante fondato sul dogma e sulla menzogna”; la “quasi incompleta non rispondenza del vero scientifico, obiettivo, da quel pseudo vero che essi [il clero] bandivano e a cui giungevano per una serie di deduzioni procedenti da un concetto originario falso e fantastico”10. Il numero speciale si chiude con la riflessione dal titolo Il 17 febbraio 1600 e il 17 febbraio 1907, anniversario per cui necessariamente si pone la figura di Bruno come simbolo “del labaro che noi oggi spieghiamo per combattere la Chiesa, che se in tempi remoti ebbe ragioni storiche di esistere, ora è solo pretesto per lo sfruttamento e l’inganno che essa compie sulle coscienze; ed è ostacolo fermo al progresso della scienza, e quindi della libertà e della giustizia”11. Tutto è pronto per la manifestazione: compagni e simpatizzanti, “che nessuno manchi!”12. Le cronache parlano di 9. La questione Anticlericale e i Socialisti, Ivi, 17 febbraio 1907. 10. Cfr. Giordano Bruno instauratore della filosofia scientifica e Giordano Bruno, Ivi, 17 febbraio 1907. 11. Il 17 Febbraio 1600 e il 17 Febbraio 1907, Ivi, 17 febbraio 1907. 12. Comizio anticlericale, cit. 71 un corteo composto da più di 2.000 partecipanti che attraversa il Corso al suono dell’Inno di Garibaldi per dirigersi al Teatro Comunale, dove sono previsti gli interventi di Carlo Chiarizia, Emidio Lopardi e dell’avvocato Marinucci. Le organizzazioni proletarie rispondono con la partecipazione della Società operaia generale, la sezione del sindacato dei postelegrafonici, la Società reduci garibaldini, la Società dei sarti, la sezione della Federazione italiana dei lavoratori del libro (FIL), la Società dei falegnami, la Lega panettieri e calzolai e il Circolo socialista aquilano; solo quest’ultimo “raggruppa intorno al suo fiammante vessillo oltre 500 compagni”13. Si unisce alla manifestazione anche il locale gruppo del Sindacato ferrovieri italiani (SFI), costituitosi il giorno prima, portando in piazza anche la protesta contro l’eccidio proletario di Firmo, ad opera dei carabinieri nei confronti di operai in agitazione14. La manifestazione “è stata imponentissima!” ma con una nota di demerito si vuole segnalare l’astensione e la mancata partecipazione al comizio del consiglio comunale, ricordando come anni prima in occasione dell’inaugurazione del monumento a Giordano Bruno a Roma, “il Consiglio Comunale di Aquila si fece rappresentare dal proprio sindaco […] Come si vede, abbiamo fatto un grande progresso”15. Un’altra critica invece è rivolta alla massoneria, che aveva preso parte alla manifestazione con la Loggia Valle dell’Aterno. L’anticlericalismo massonico, culturale, “guerra di persona o guerra di caste”, è considerato dai socialisti squisitamente borghese in quanto individualista ed elitario. Per un “anticlericalismo moderno” invece, la questione resta sostanzialmente vuota “se non si affrontano con essa tutti i maggiori problemi della vita e dello Stato”. La questione riguarda senza dubbio il problema religioso, quello scolastico e della cultura popolare, ma deve concentrarsi sulla direttrice economica: “che i borghesi si informino sul profitto che traggono le nostre industrie lombarde dalla complicità della fede nel preparare le docili alunne dei sonanti telai”; oppure sull’introduzione delle suore negli opifici, rendendo in tal modo 13. Cose aquilane: Comizio Anticlericale, Ivi, 24 febbraio 1907. 14. Sulla partecipazione dei ferrovieri cfr. Prefettura di Aquila, 19 febbraio 1907, al Ministero dell’Interno, in ACS, MI, PS, Dagr, a. 1907, b. 1, f. 10/70, Aquila. 15. Per l’intervento ufficiale del Consiglio Comunale al Comizio anticlericale del 17 Febbraio, «L’Avvenire», 24 febbraio 1907. 72 agli operai vita difficile nell’organizzazione delle battaglie per il lavoro ed il salario16. Nel corso del 1907, dunque, l’anticlericalismo acquisisce quel valore politico e quelle connotazioni tali per integrarsi in maniera organica con l’analisi e la propaganda materialista. Il 15 marzo è Angelica Balabanoff17 a tenere al Teatro Comunale la conferenza Socialismo e Religione davanti ad un affollatissimo pubblico composto da operai, studenti, impiegati e professionisti18. Un “partito anticlericale” si costituisce anche a Pratola Peligna, promotore della pubblicazione di un manifesto di protesta “contro i turpi fatti commessi in vari istituti cattolici d’Italia”. I preti rispondono, “invitando dal pergamo i soliti scagnozzi e le nauseanti beghine, a strappare i fogli affissi sulle cantonate”. Botta e risposta. Alla rappresaglia il comitato anticlericale risponde la sera stessa con un “imponente corteo” che, al suono degli inni di Garibaldi e dei Lavoratori, sfila tra le strade principali del paese tra grida di: “Evviva la verità, abbasso i preti!”19. Di pari passo e con toni più violenti torna anche l’irriverenza libellista con l’attivazione della rubrica Il fognone clericale: cronaca senza fine. Si riparte con una lunga serie di articoli di denuncia dai titoli più disparati: Prete adultero, Sacerdote uccisore di una settantenne, Prete che scappa con la moglie di un ricco signore portando via 40.000 lire20, Le turpitudini di don Riva, Parroci che vendono di nascosto ed a vil prezzo i tesori delle chiese, Operaie pagate 30 centesimi al giorno nelle maglierie delle suore21, Frate percotitore di una ammalata, Una poveretta truffata da un prete, Due preti arrestati sopra querela della sorella22, Frate teppista23, etc… Non è da meno l’anonimo articolista, che sotto lo pseudonimo di Aurora Vermiglia si inserisce nel dibattito proponendo un “rimedio radicale” per garantire le norme sul celibato, prevenire la corruzione e, infine, salvaguardare 16. Cfr. Il “nostro” Anticlericalismo, Ivi, 3 marzo 1907. 17. Angelica Balabanoff (Kiev, 1877-Roma 1965). Di origine russa, partecipa alle vicende del socialismo italiano a partire dal 1900, militando nell’ala massimalista. Tornata in Russia dopo la rivoluzione, è segretaria del comitato esecutivo della Terza Internazionale (1919). Espulsa dal partito bolscevico nel 1924, prosegue la sua attività di propaganda socialista a Parigi, poi negli USA. In Italia dopo la liberazione è tra i fondatori del Partito socialista dei lavoratori italiani (1947). 18. Cfr. La conferenza di Angelica Balabanoff, «L’Avvenire», 17 marzo 1907. 19. Cfr. Da Pratola Peligna, Ivi, 25 agosto 1907. 20. Cfr. Ivi, 21 ottobre 1907. 21. Cfr. Ivi, 27 ottobre 1907. 22. Cfr. Ivi, 10 novembre 1907. 23. Cfr. Ivi, 24 novembre 1907. 73 l’incolumità dei fanciulli: “tutti quelli che si votano pel sacerdozio siano castrati!” 24 . Tra le novità editoriali si pubblicizza l’ultimo lavoro di Umberto Notari, Dio Contro Dio (Il maiale nero). Documenti e rivelazioni, “un libro che giunge molto opportuno in questa epoca di ripresa generale di tutte le forze clericali che mirano oggi più che mai alla conquista i tutti i poteri”25. Con questo clima, tinto di una forte contrapposizione tra movimento anticlericale e Chiesa, tra atei e cattolici, l’ingresso in città del nuovo Arcivescovo monsignor Pellegrino Stagni si conclude con proteste e scontri con le forze dell’ordine. Le famiglie neoguelfe organizzano un corteo d’accoglienza ma parecchi studenti e nuove figure di sovversivi già da tempo avevano iniziato a prendere di mira manifestazioni cattoliche, preti e processioni. Si tratta di un nuovo anticlericalismo, quello della guerra al prete, tendente a sottolineare la necessità della pratica dell’azione diretta contro le processioni religiose, intese come manifestazioni pubbliche clericali. I giovani attendono a Piazza Duomo il passaggio del baldacchino dell’Arcivescovo per iniziare a gridare “Viva Giordano Bruno” e ad emettere fischi. Parte la carica dei carabinieri. Due studenti vengono immediatamente tratti in fermo e poi processati. I compagni degli arrestati si spostano nei pressi della chiesa di S. Massimo, “ripetendo all’indirizzo del Vescovo le grida di Viva Giordano Bruno e i fischi”26. A dare un ulteriore impulso al movimento anticlericale cittadino si aggiunge, pur nella sua breve durata, «Il Foglio Anarchico» individualista, pubblicato da Francesco Piccinini, che dopo un breve soggiorno in Svizzera ed una vivace polemica con i socialisti lasciava temporaneamente il PSI per passare all’anarchismo27. Il nuovo periodico contribuisce a convogliare nelle sue colonne molte delle istanze di opposizione all’influenza della chiesa cattolica nella vita sociale e civile italiana. L’anarchismo individualista viene presentato da Piccinini stesso come “la più alta e la più giusta delle concezioni etiche finora succedutesi nel campo della filosofia, che grida 24. AURORA VERMIGLIA, Un rimedio radicale, Ivi, 29 settembre 1907. 25. Un libro incendiario. Il Maiale Nero di Notari, Ivi, 8 dicembre 1907. 26. L’arrivo dell’arcivescovo, Ivi, 12 aprile 1908. 27. Su Francesco Piccinini cfr. ASAq Fondo Questura Cat A8, b. 92, f. 1. 74 all’uomo: abbatti ogni cosa che ostacoli il tuo completo sviluppo economico e morale; non conferire autorità alcuna, non riconoscere al di sopra di te che il tuo Io, innalza il tuo pensiero fin dove puoi, sprezzando ogni convenzionalismo e pregiudizio, spremi dalla vita tutto il godimento possibile, copri con lunghe risa di scherno la voce dei falsi catoni che gridano allo scandalo, mentre cercano nell’ombra quello che i sinceri cercano alla luce del sole; lotta, lotta sempre per il tuo trionfo”28. Per gli individualisti la lotta contro ogni forma di autorità è legata più allo stesso specifico individuo che teorizzata come dimensione sociale dell’agire umano. Costoro affermano con forza la necessità di una vera e profonda appropriazione di sé, di una lotta contro tutte le supremazie sostenendo che, mentre vi è tra le classi una disuguaglianza che si può sopprimere, quella tra gli individui è insopprimibile. In nome di questa convinzione vengono ripudiati ogni forma di organizzazione, che sacrificherebbe volontà e responsabilità individuali, e i valori che in essa emergono: perché il valore crea la morale, la morale la norma, la norma la legge, la legge l’istituzione29. Ogni preteso sistema di valori universale quindi, ivi compreso “il credo socialista o repubblicano, non ha nulla di dissimile dal credo religioso: si parla sempre di pastori e di gregge, di troni e di altari, di riverenza e di obbedienza”30. Per Piccinini e compagni “l’anima umana è assolutamente e ferocemente anarchica, insofferente, perciò, di qualunque forma di dominio, inflessibile nei desideri d’una vita completamente libera e varia, senza restrizioni, senza disciplina alcuna: il senso religioso, nato dalla paura, la forzò ad una certa umiliazione della sua istintiva tracotanza”31. Le maggiori limitazioni per la libertà umana sono le credenze, i pregiudizi, le superstizioni e le religioni perchè vanno ad influenzare il soggetto in modo quasi insospettabile. Solo possedendo fino in fondo i propri pensieri è possibile diventare veramente liberi: “escluso che la religione sia scuola di morale, escluso che la religione sia un fatto divino, concludo che è un grande, pomposo artifizio di barbari riti e di 28. F. PICCININI, Alla Commissione Esecutiva, ai compagni tutti del Circolo Socialista Aquilano, «Il Foglio Anarchico», 10 marzo 1907. 29. Cfr. Ai predicatori della Morale, Ivi, 1° maggio 1908. 30. F. PICCININI, A proposito del I Maggio, Ibidem 31. F. PICCININI, Lo spirito delle religioni costituite, Ivi, 7 giugno 1908. 75 sciocchi principi, miranti allo sfruttamento materiale e spirituale dei gonzi e, per conseguenza, al benessere dei furbi allegri nella gloria del manto e della mitra. Giù le religioni, giù il pregiudizio, giù la credenza nei paradisi folgoranti”32. È la conoscenza che va a configurarsi come mezzo principale per divenire padroni di se stessi, strumento in virtù del quale è possibile scegliere autonomamente che cosa sia davvero utile: “la ragione considera le disgrazie fuori dalle influenze religiose; il coraggio le combatte. Al contrario, la religione, come la pazienza, le sorvola con pia rassegnazione. Ogni credenza vive a detrimento della ragione, della propria individualità”33. Le stampe de «Il Foglio Anarchico» terminano nell’ottobre del 1908, con denuncia e condanna per Francesco Piccinini di “apologia di regicidio ed oltraggio al pudore” in seguito alle pubblicazioni di due articoli tra cui Il matrimonio e i moralizzatori. Riflessi rimarchevoli di questa propaganda si registrano anche nei centri più piccoli della provincia aquilana, sottoposti ancor più ad un secolare “sistema di proibizioni commerciali, di passaporti e di esclusioni di libri”34. Già il Franchetti, nella sua relazione Condizioni economiche e amministrative delle Province napoletane – Abruzzi e Molise, testimoniava che, “ad eccezione di poche città, vi trovammo un popolo confinato in un paese selvaggio, racchiuso nei suoi luridi borghi e nei campi circostanti, senza strade per allontanarsene, ignorante e laborioso, diretto da preti poco più civili di lui e da signori, una parte dei quali ignoranti quanto lui, ma più corrotti; i buoni in galera o sorvegliati o cacciati; nell’amministrazione una corruzione svergognata”35. E se nell’altopiano delle Rocche, dove “regna quel feticismo detestabile per il prete e la religione e le porcherie dei preti si sopportano in santa rassegnazione”36, nei centri della Marsica la situazione non è poi tanto differente. Ignazio Silone descrive la sua terra come una contrada “povera di storia civile e di formazione quasi interamente 32. Ibidem 33. Ibidem 34. L. FRANCHETTI, Condizioni economiche e amministrative delle Province napoletane – Abruzzi e Molise, Firenze 1875, in M. ARPEA, Alle origini dell’emigrazione abruzzese. Le vicende dell’altipiano delle Rocche, Quaderni di «Affari Sociali Internazionali», FrancoAngeli, Milano, 1987. 35. Ibidem 36. Da Rocca di Cambio, «L’Avvenire», 22 settembre 1907. 76 cristiana e medievale. Non ha altri monumenti degni di nota che chiese e conventi. Per molti secoli non ha avuto altri figli illustri che santi e scalpellini. La condizione dell’esistenza umana vi è sempre stata particolarmente penosa; il dolore vi è sempre stato considerato come la prima delle fatalità naturali; e la Croce, in tal senso, accolta e onorata. Agli spiriti vivi le forme più accessibili di ribellione al destino sono sempre state, nella nostra terra, il francescanesimo e l’anarchia”37. Nella lunga lotta per l’autonomia municipale di San Benedetto dal comune di Pescina, Francesco Ippoliti38 ricorda come “la lotta costò fatiche e spese onerose. I soliti processi imbastiti per far guadagnare gli avvocati tartufi ed impinguare l’erario dello Stato. I provocatori erano preti e presunti nobili, che agivano nell’ombra ed erano invulnerabili”. Nella frazione di San Benedetto “niente scuole. Un prete ignorante e brigantescamente manesco, una maestra di perversi costumi”. Ciononostante – continua il medico anarchico – i cittadini dei paesi vicini guardano “per abitudine superstiziosa Pescina come ad un faro di civiltà e di luce, e non si sono mai accorti che il faro di civiltà era il seminario, che emanava una luce fioca e fredda, che non ha mai riscaldata la mente di quella vampa sacra di civiltà che è sprone a nobili azioni. Sotto quella luce si insegnava ad odiare e si amoreggiava anormalmente. I corvi in quel luogo, non concordi fra loro, si litigavano la preda amorosa e poi reciprocamente si denunziavano. Di aneddoti piccanti se ne raccontano molti. La curia nascondeva gli scandali ed i cittadini tacevano, perché credevano il seminario lustro e decoro del paese ed economicamente utile. Il terremoto lo ha smantellato, il vescovo ha preso dimora in Avezzano. Se questa suburresca bastiglia pescinese insieme alla chiesa fosse stata completamente distrutta dal terremoto, sarebbe stato meglio. Tanto opere d’arte da conservare non ce ne sono”39. Proprio l’anticlericalismo costituirà uno dei maggiori elementi di coesione del gruppo anarchico di Ortona dei Marsi, capeggiato da Giovanni Eramo. Rientrato dagli USA nel 1909 e segnalato come “uno dei più accaniti e attivi anarchici”, si dà un gran da far per organizzare incontri e riunioni. Si uni37. I. SILONE, Uscita di sicurezza, Arnoldo Mondatori, Milano, 2001, pp. 74-75. 38. Su Francesco Ippoliti cfr. DBAI, vol. I, p. 7-8. 39. F. IPPOLITI, Storia morale ed amministrativa del comune di Pescina, Tipografia Marchi, Camerino, 1926. 77 scono a lui il maestro elementare Alfredo Taglieri, il medico Umberto Pitassi, l’impiegato comunale Filippo Baldasserini, il notaio Giacomo Buccella ed il falegname Quintino Mancinelli. Tra il materiale di propaganda che ricevono e distribuiscono figurano La Peste Religiosa di Johann Most e gli opuscoli di Leda Rafanelli A l’Eva schiava, Contro il Dogma, Anticlericalismo Moderno e Dal Dio alla Libertà40. Le manifestazioni pro-Ferrer Il culmine delle mobilitazioni anticlericali si raggiunge nel momento in cui giunge la notizia della fucilazione in Spagna di Francisco Ferrer y Guardia, avvenuta il 13 ottobre 1909. I lettori de «L’Avvenire» apprendono il fatto dalla prima pagina dell’edizione del 17 ottobre: i gesuiti e la “soldataglia” di Alfonso XIII sono immediatamente indicati quali maggiori responsabili dell’assassinio “dell’ultimo grande martire della libera coscienza”. Nessuno avrebbe mai immaginato “che in questo secolo XX, anche in Spagna, la rabbia clericale ci avrebbe rinnovato i processi, i patiboli, perché no? i roghi del secolo XVI? Hanno ucciso Ferrer! Hanno incollato al muro un vecchio maestro sessantenne. Ferrer: un uomo che non credeva in dio! Ferrer! Un uomo che credeva nella umanità! Ferrer! Un uomo che combatteva il re e i preti, la tirannide e la superstizione. Un uomo che voleva gli uomini liberi ed uguali!”41. La scuola di Ferrer, e Ferrer stesso, vanno inquadrati nel contesto storico e sociale della Spagna dell’epoca, che ha un sistema educativo di tipo ancora medioevale saldamente nelle mani della Chiesa. È la Chiesa che dirige le scuole, assume gli insegnanti e decide i programmi. E la scuola che Ferrer aveva frequentato da piccolo non è ben diversa da quella di inizio secolo, in cui tre quarti del tempo sono ancora dedicati all’istruzione religiosa, alle preghiere, ai canti e al catechismo. La pedagogia è fortemente autoritaria, la disciplina severa e le punizioni corporali piuttosto in uso. La precisazione sul contesto è importante anche per capire il perché delle critiche di dogmatismo rivolte a Ferrer da parte dei liber40. Cfr. ASAq Fondo Questura Cat A8, b. 73, f. 4. 41. L’assassinio di Francesco Ferrer perpetrato dai gesuiti e dalla soldataglia spagnola. L’esecrazione di tutto il mondo civile, «L’Avvenire», 17 ottobre 1909. 78 tari stessi che al contrario pongono l’accento più sui ruoli sociali determinati dal sistema economico che sullo sviluppo dell’intero essere umano. Se l’ateismo, la razionalità, l’antiautoritarismo e l’educazione mista sono tutti elementi tipicamente libertari, la feroce convinzione con cui Ferrer li sostiene e la sua concezione di scuola come mezzo di liberazione sono in gran parte dovute al suo retroterra culturale ed educativo. La filosofia di Ferrer rimanda soprattutto all’individuo e la sua strategia pedagogica è modellata di conseguenza, intrisa di valori per lo più individualistici non riferiti ad una classe né orientati in senso professionale42. La sua esperienza e le sue idee avevano comunque introdotto nelle elaborazioni dei movimenti democratici, socialisti e libertari interessanti dibattiti e continue riformulazioni. Allo stesso tempo erano in molti gli educatori di diverse correnti pedagogiche che di fatto si muovevano nella medesima direzione, attingendo ad un grande serbatoio di idee progressiste tendenti ad enfatizzare valori come la crescita individuale, lo sviluppo completo, la capacità d’iniziativa del bambino e la sua libertà seppur intesa in modi diversi. Con l’uccisione del pedagogo, l’esperienza dell’Escuela Moderna si conclude in modo tragico: “il re aveva interesse di sbarazzarsi di un anarchico; la classe aristocratica d’affrancarsi d’un dotto pericoloso; il clericale, il cattolico di massacrare il fondatore della scuola moderna”43. Qualche anno prima i socialisti aquilani avevano già sostenuto Ferrer e la sua scuola di Barcellona, a riguardo dell’accusa che gli era stata ingiustamente rivolta di essere stato il mandante dell’attentato compiuto da Matteo Moral nei confronti di Alfonso XIII. Ferrer era stato arrestato ma intorno alla sua figura e alle sue idee si erano diffuse in tutto il mondo una straordinaria solidarietà ed una grande sensibilità pedagogica: L’ora del processo si avvicina: al movimento di protesta levatosi in ogni città d’Italia si associ il proletariato aquilano e anche dalla nostra città, non ultima sulla via del pensiero civile moderno, si levi possente il grido ammonitore contro 42. Su F. Ferrer (1859-1909) si vedano: F. CODELLO, La buona educazione, esperienze libertarie e teorie anarchiche in Europa da Godwin a Neil, FrancoAngeli, Milano, 2005; M. P. SMITH, Educare per la libertà, il metodo anarchico, Elèuthera, Milano, 1990. 43. Franciscus Ferrer, «L’Abruzzo Radicale», 16 ottobre 1910. 79 il gesuitismo che tenta di rinnovare con arti rinnovate le più alte idealità della vita e del Pensiero44. In un secondo articolo «L’Avvenire» ripercorreva quei principi cardine dell’Escuela Moderna che tanto avevano allarmato le autorità religiose e militari: le scienze esatte come base del sapere, il laicismo, l’antimilitarismo, il gioco come strumento didattico, l’abolizione dei premi e dei castighi, l’eliminazione del testo scolastico e l’istituzione della biblioteca, l’igiene della scuola, le classi miste, l’abolizione degli esami. L’articolo chiudeva con l’appello a “raccoglierci ed avvisare i mezzi di difesa contro la scuola confessionale”45. In tutti i paesi europei, delle due Americhe, dell’Africa settentrionale, manifestazioni, scioperi, comizi, agitazioni, appelli si erano susseguiti tanto da riuscire a condizionare il verdetto che non poteva che assolvere Ferrer dall’accusa rivoltagli ma che comunque lo costringeva ad espatriare in Francia. Con la sua morte le cose cambiano radicalmente: linguaggio e propaganda si inaspriscono, tendendo a sottolineare ancora di più la necessità della pratica dell’azione diretta contro il clero, la chiesa cattolica e il Vaticano. Il conservatorismo politico e sociale e l’aspro spirito polemico che sempre più animano i cattolici, ravvivano quello spirito anticlericale e libertario cha aveva caratterizzato fin dalle origini il movimento democratico regionale e che rappresenta ora anche uno dei principali elementi di coesione dei nascenti blocchi popolari. “Grida oggi il tuo sangue, o Francesco Ferrer” – scrivono i socialisti – “Per il tuo sangue giuriamo di continuare la lotta contro la bestialità superstiziosa e contro tutte le istituzioni che da quella si ispirano […], di combattere tutti gli alleati del clericalismo […], di demolire la feroce menzogna clericale! Schiacciare l’infame!”46. In provincia la PS sequestra copie de «L’Avvenire Anarchico», che rilancia la campagna contro le processioni del Corpus Domini, definite in maniera irriverente del porcus domini47. 44. Ferrer e l’inquisizione, «L’Avvenire», 18 novembre 1906. 45. La Scuola Moderna, Ivi, 25 novembre 1906. 46. L’assassinio di Francesco Ferrer perpetrato dai gesuiti e dalla soldataglia spagnola. L’esecrazione di tutto il mondo civile, cit 47. «L’Avvenire Anarchico», n. 6, Pisa, 19 giugno 1910. Copie del giornale arrivano agli indirizzi degli anarchici individualisti abruzzesi Gesualdo D’Alessandro (cfr. ASAq Fondo Questura Cat A8, b. 24 f. 4) e Ilverano Donnabella (cfr. ASAq Fondo Questura Cat A8, b. 97, f. 13). 80 Alza il tiro anche «L’Avvenire» con la pubblicazione dell’articolo Distruggendo la potenza clericale: “nessuna tolleranza verso gli intolleranti! […] Troppo spesso al partito del prete si è concessa la libertà di minare la libertà stessa. Da troppi secoli questa triste minoranza continua ad essere dannosa alla civiltà e al progresso: […] quando un organo è in cancrena, prima che per esso s’infetti l’intero organismo, è necessario amputarlo!”48. Le manifestazioni di protesta dilagano inaspettatamente quasi ovunque e agli appelli la popolazione risponde in massa, a testimonianza della radicalizzazione delle posizioni. Ve ne sono echi anche nei centri più piccoli della provincia, organizzate, in alcuni casi, da comitati costituitisi sul momento. Il 13 ottobre si riunisce l’assemblea della sezione aquilana della Federazione nazionale insegnanti medi (FNISM)49 per manifestare contro “la inutile crudeltà del governo spagnolo, il quale ha permesso l’atroce scempio di una vita tutta spesa in un’opera di filantropia sociale e in un nobilissimo apostolato per un civile rinnovamento e miglioramento della propria nazione”50. Il giorno successivo la locale Associazione della stampa promuove il comizio di protesta in Piazza del Teatro: “l’obbrobrio dell’oscurantismo religioso e della 48. Distruggendo la potenza clericale, «L’Avvenire», 21 novembre 1909. 49. La nascita della FNISM (1902) rappresenta una delle più importanti mobilitazioni di intellettuali, impegnati come professori di scuola ad organizzarsi per superare le loro condizioni di subalternità e di isolamento. Così, la richiesta di ottenere uno stato giuridico e migliori condizioni economiche si accompagna all’esigenza di un’attiva partecipazione per procedere a riformare una scuola che rileva profonde insufficienze, soprattutto in rapporto ad una società che si avvia alla sua prima vera e propria espansione industriale. I congressi della FNISM si caratterizzano per lo spessore dei dibattiti sul rapporto tra cultura, politica e scuola, sulla proposta di scuola media unica e, nel congresso napoletano del 1907, sul tema della scuola laica. In questa occasione prevale la posizione dei gruppi anticlericali più intransigenti. Sulla FNISM si veda R. MONDOLFO, Educazione e socialismo, a cura di Tiziana Pironi, Piero Lacaita, Manduria, 2005. 50. All’unanimità viene votato il seguente OdG: “La sezione aquilana della Federazione nazionale degli insegnanti scuole medie, affermando che la classe degli insegnanti non può rimanere estranea a quanto è vivo e fecondo impulso che trae il pensiero e la vita a un umano perfezionamento; che i cittadini di tutto il mondo hanno il diritto di controllo sugli atti di ogni amministrazione, anche se appartenente a uno Stato straniero, quando siano in gioco gli interessi più sacri della cultura, che formano il patrimonio comune e intangibile dei popoli; protesta contro il grande misfatto consumato con la fucilazione di Francesco Ferrer; e addita a tutti gli uomini liberi e coscienti di ogni parte d’Italia la inutile crudeltà del governo spagnolo, il quale ha permesso l’atroce scempio di una vita tutta spesa in un’opera di filantropia sociale e in un mobilissimo apostolato per un civile rinnovamento e miglioramento della propria nazione da tempo asservita e abbrutita da un fosco partito reazionari, la cui storia si svolge per biechi fini e a ritroso della Storia”. Cfr. Per Ferrer, «L’Abruzzo Radicale», 16 ottobre 1909. 81 violenza clericale ha strappato il grido di vendetta. La sfida dell’inquisizione spagnola al mondo civile non deve restare impunita. La Spagna dei preti è alla gogna”51. Partecipano circa 500 cittadini, accorsi ad ascoltare gli accesi interventi di Carlo Chiarizia e Bernardino Marinucci. Quest’ultimo deve essere richiamato più volte dal delegato di PS “ad usare maggiore moderazione”. Un gruppo di studenti cerca contemporaneamente di avvicinarsi all’arcivescovado trovandolo però blindato da uno schieramento di carabinieri52. Il 14 a Sulmona “vengono affissi manifesti dai diversi partiti politici”; il giorno successivo si tiene il comizio di protesta. Sotto la regia del repubblicano Manlio D’Eramo la manifestazione si chiude con corteo e fischi davanti al vescovado. Sempre il 14 un corteo di circa 400 persone sfila tra le strade di Leonessa, con musica e grida di “abbasso il clericalismo”. Il 15 è la volta di Avezzano, dove intervengono per la manifestazione il sindaco, il maestro elementare Iatosti, il pubblicista Villa e i rappresentati della locale Associazione Giordano Bruno. Il 17 manifestazioni anticlericali a Torninparte e a Lanciano53. Stesso giorno comizio di protesta a Barisciano: oltre ad “una calca di popolo” partecipano anche il sindaco ed il consiglio comunale con la bandiera abbrunata, la Cooperativa di consumo ed il Circolo socialista. Oratore del comizio il vecchio garibaldino ed internazionalista Luigi Tomassetti54. A San Demetrio nei Vestini vengono organizzate addirittura due manifestazioni per il giorno 24 ottobre, tanto che sulle cronache la giornata passerà come di “indimenticabile affermazione anticlericale”. La prima coincide con la cerimonia inaugurale della posa della prima pietra dell’edificio scolastico: il sindaco Fernando Arista, il direttore didattico Pietro Ciccone e l’ispettore scolastico Scano “dimostrano la necessità dell’insegnamento laico e razionale nelle scuole”55. Il nuovo edificio scolastico “sorgerà magnifico, in sito pieno di luce, d’aria, di sole, sovrastante la chiesa e le case feudali”56. Con la seconda poi, il consiglio comunale decide di intitolare il largo dell’ufficio postale “al martire di Montjuich”. Per l’inaugurazione di Piazza Ferrer parlano 51. L’imponente comizio per Francesco Ferrer, Ibidem 52. Cfr. ACS, MI, PS, Dagr, a. 1909, b. 5, f. 5075-121-3. 53. Ibidem 54. In memoria di Francisco Ferrer, «L’Avvenire», 24 ottobre 1909. 55. La Piazza Francisco Ferrer in San Demetrio nei Vestini, Ivi, 31 ottobre 1909. 56. S. Demetrio dà lezioni, «L’Abruzzo Radicale», 30 ottobre 1909. 82 Chiarizia per i democratici e Camilli per i socialisti57. Del 31 ottobre è il comizio pro-Ferrer di Tagliacozzo, organizzato negli spazi del Teatro Talia dagli attivisti dei locali partiti popolari: lettere e telegrammi d’adesione arrivano dall’Aquila, Avezzano, Magliano dei Marsi, Scurcola Marsicana, Cappadocia, Castellaffiume, Sante Marie e Carsoli. Nella mattinata “i preti hanno predicato contro il comizio, dichiarando che dovevano ritenersi scomunicati gli intervenenti e che i facenti parte delle società cattoliche sarebbero stati espulsi dalle stesse se fossero entrati”. Al contrario, l’iniziativa fa registrare una forte affluenza di pubblico e si chiude tra le grida di “Evviva la democrazia avezzanese” e “Viva la scuola laica”58. I giornalisti de «L’Avvenire», da parte loro, continuano a soffiare sul fuoco con le pubblicazioni degli articoli Il testamento di Ferrer59, La fede di Ferrer (“dopo la morte di Ruiz Zorilla, capo del Partito repubblicano progressista, decisi di non iscrivermi ad alcun partito, e di dedicare tutta la mia attività all’insegnamento, unica base solida di rigenerazione umana secondo la mia modesta opinione”60) e L’avanzata del clericalismo in Abruzzo61, mentre «L’Abruzzo Radicale» ricorda di nuovo i principi guida dell’Escuela Moderna di Barcellona62. Anche a Chieti la notizia dell’esecuzione ha un’eco immediata, esasperando la sensibilità anticlericale delle forze democratiche. In un acceso comizio in Piazza Garibaldi, seguito da un corteo dietro la bandiera del Circolo Giordano Bruno, gli oratori bollano a fuoco gli assassini del pedagogista e attaccano la Chiesa locale, sanfedista e reazionaria, protestando per la prossima inaugurazione dell’Università teologica e chiedendo all’amministrazione civica di intitolare al nuovo martire del libero pensiero la Via Arcivescovado63. Contemporaneamente, a Teramo si costituisce la locale sezione del Libero Pensiero, che dà alle stampe la sua omonima rivista laica e razionalista. L’anno successivo il periodico 57. In memoria di Francisco Ferrer, cit. Cfr. anche La Piazza Francisco Ferrer in San Demetrio nei Vestini, «L’Avvenire», 31 ottobre 1909. 58. Corrispondenze, «L’Abruzzo Radicale», 6 novembre 1909. 59. Il testamento di Ferrer, «L’Avvenire», 31 ottobre 1909. 60. La fede di Ferrer, Ivi, 21 novembre 1909. 61. L’avanzata del clericalismo in Abruzzo, Ivi, 13 febbraio 1910. 62. Gli scopi della Scuola moderna di Barcellona, «L’Abruzzo Radicale», 23 ottobre 1909. 63. F. PAZIENTE, Guido Torrese. Fondatore della Camera del Lavoro di Chieti, Ires Abruzzo, Pescara, 2002. 83 cambierà nome in «Verso la Vita», divenendo portavoce dell’intero blocco democratico popolare e mantenendo viva una fervente polemica anticlericale64. Su quest’onda le commemorazioni popolari di Ferrer proseguono quasi ininterrottamente fino al 1912, intrecciandosi con le più svariate iniziative anticlericali. Il 17 febbraio 1910 manifestazione a Villavallelonga con comizio e corteo: al suono dell’Inno dei Lavoratori e tra le grida di “Evviva Giordano Bruno” il corteo sfila tra le vie del paese, preceduto da una bandiera rossa su cui scritto “Libero Pensiero”. I promotori dell’iniziativa sono quasi tutti giovani studenti che tempo prima si erano dati da fare per costituire una locale associazione del Libero Pensiero65. Il 20 febbraio il nome di Ferrer riecheggia di nuovo a San Demetrio nei Vestini in occasione di una commemorazione organizzata allo stesso tempo per Giordano Bruno e Andrea Costa. Le pagine de «L’Avvenire» parlano di una “fiumana di popolo” che sfila a fianco delle Leghe di resistenza e del Circolo socialista dell’Aquila, della Società operaia di Barisciano e della scolaresca di San Nicandro. Mandano adesione la Federazione degli impiegati e l’Associazione magistrale dell’Aquila. Il messaggio di quest’ultima giunge in piazza attraverso la lettura di un telegramma del presidente Achille Santilli, in cui esprime “compiacenza ed ammirazione per un popolo il quale, fino a ieri, pareva stesse nelle mani della imperante borghesia e in potere dell’oscurantismo dei preti”. Oggi invece, – continua Santilli – “mostra di spezzare le catene di ogni giogo, di liberarsi dalle pastoie del dogma, di affrancarsi da ogni pregiudizio e si avvia, pensando, lavorando, combattendo, amando, per un cammino luminoso la cui fine è segnata da una grande conquista: la libertà del pensiero!”66. Qualche mese più tardi perviene da Avezzano la comunicazione che un gruppo di giovani capeggiati da Antonio Iatosti va adoperandosi per costituire quanto prima un Società anticlericale marsicana67. Ad Ortona a Mare, il 14 agosto si costituisce la locale sezione del Libero Pensiero. Il prefetto 64. Su «Il Libero Pensiero», Rivista quindicinale della sezione del “Libero Pensiero” di Teramo (1909–1910), cfr. SPAM, p. 116; Su «Verso la Vita» (1910- 1913), cfr. Ivi, p. 176. 65. Cfr. Commemorazione di Giordano Bruno, «L’Abruzzo Radicale», 26 febbraio 1910. 66. S. Demetrio. Commemorazione di Giordano Bruno e Andrea Costa, «L’Avvenire», 27 febbraio 1910. 67. Cfr. Un fascio anticlericale, «L’Abruzzo Radicale», 16 aprile 1910. 84 di Chieti comunica al Ministero degli Interni che “il sodalizio è nato per reazione al movimento clericale promosso nella quaresima del 1910 dal clero locale e dal Circolo cattolico”. L’associazione conta 45 soci, per lo più studenti secondari ed universitari68. Allo stesso tempo, a Sulmona viene organizzata una petizione per chiedere all’amministrazione comunale “di intitolare l’attuale largo S. Croce col nome di Francisco Ferrer”69. Nonostante i nomi del sindaco Giuseppe Salvi e del consigliere Carlo Faraglia figurino tra i sottoscrittori, “il parrocchismo casalingo sfrutta la posizione politico-amministrativa attuale, polarizza le energie e schizza… la propaganda evangelica a mezzo di circolari a stampa”70. Le proteste da parte socialista si fondono con la montante agitazione in corso sul caroviveri, per il fatto che “l’attuale amministrazione basa la propria forza elettorale in gran parte sui preti e sui commercianti”71. Giunge in questo clima il primo anniversario della morte di Ferrer. Il 13 ottobre il Teatro Comunale dell’Aquila ospita la conferenza “che commemora il martire del libero pensiero”72. A Sulmona tutti i partiti popolari partecipano all’organizzazione dell’evento costituendo un comitato unitario – di cui il socialista Mario Trozzi assume la segreteria73 - per la commemorazione del 16 ottobre al Teatro Caracciolo74. Altri comizi pro-Ferrer continuano a registrarsi a Tocco Casauria, sotto la regia di Carlo Chiarizia75 e ad Ortona dei Marsi, dove parla il repubblicano Giovanni Cozzi 76. Al contempo, a Teramo si avviano le pubblicazioni de «Il Lavoro», periodico socialista rivoluzionario fortemente anticlericale77. Il 1910 si chiude con la costituzione a Chieti del Circolo anarchico Francisco Ferrer, sezione della Federazione internazionale del Libero Pensiero. Il Circolo, compo68. F. PAZIENTE, Democrazia e Socialismo in Abruzzo (1870-1917), cit. 69. Note sulmonesi. Per Francisco Ferrer, «L’Avvenire», 5 giugno 1910. Cfr. anche: Sulmona. Per Francisco Ferrer, Ivi, 7 agosto 1910. 70. Sulmona. Sugli istituti di ginnastica educativa “Dio e Patria” e “forti e Coscienti”, Ivi, 21 agosto 1910. 71. Sulmona. Ferrer e il caro vivere, Ivi, 21 agosto 1910. 72. Aquila, Ivi, 9 ottobre 1910. 73. Cfr. Sulmona. Pro Ferrer, Ivi, 18 settembre 1910. 74. Cfr. Sulmona. Commemorazione di Ferrer, Ivi, 16 ottobre 1910. 75. Cfr. Francesco Ferrer commemorato in Abruzzo, «L’Abruzzo Radicale», 20 ottobre 1910. 76. Cfr. Propaganda anticlericale, «L’Avvenire», 30 ottobre 1910. 77. Su «Il Lavoro» cfr. SPAM, p. 115. 85 sto da circa 40 soci e capeggiato dal giovane studente Guido Torrese78, dà alle stampe «Giordano Bruno», il proprio organo d’informazione e propaganda. Nel 1911 vengono poste lapidi a Teramo79 e ad Ofena. Nel piccolo centro dell’aquilano la targa inaugurata in Piazza XX Settembre il 2 aprile ricorda allo stesso tempo Giordano Bruno e Francisco Ferrer. Intervengono e parlano per l’occasione Giovanni Corsi per i repubblicani, Gaetano Camilli per i socialisti e l’insegnante elementare Antonio Silveri80. Contemporaneamente dall’Aquila si annuncia la costituzione un Circolo anticlericale studentesco aderente alla Federazione nazionale studenti anticlericali81. A San Benedetto dei Marsi l’anarchico Ambrogio Cipriani tiene nella chiesa evangelica la conferenza Dell’esistenza o meno di dio: “il maestro evangelico Francesco Besesti sostiene l’esistenza di un ente Supremo mentre l’anarchico sostiene il contrario spingendosi a parole che risuonano offesa non solo agli evangelici, ma anche ai cattolici”82. Il 1912 è l’anno di Mario Trozzi, già messosi in luce come leader del socialismo abruzzese di sinistra83. Il 28 gennaio con gli anarchici Camillo Di Sciullo, Federico Mola84 e Francesco Della Valle prende parte alla grande manifestazione di piazza di Castellamare Adriatico per celebrare il primo anniversario della morte di Pietro Gori85; a ridosso dell’evento riprendono nella cittadina le stampe de «Il Pensiero Anarchico» diretto da Nicola Viglietti86. Il 25 febbraio e il 2 ottobre Trozzi è a Popoli. Nella prima occasione, in un’ennesi78. Su Guido Torrese si veda F. PAZIENTE, Guido Torrese. Fondatore della Camera del Lavoro di Chieti, cit. 79. Cfr. ACS, MI, PS, Dagr, a. 1911, b. 46, f. I5 – Commemorazioni/Teramo. 80. Ofena. Manifestazione civile, «L’Avvenire», 16 aprile 1911. 81. Aquila. Circolo anticlericale di studenti, Ivi, 30 aprile 1911. 82. Cfr. ASAq Fondo Questura Cat A8, b. 18, f. 45. 83. Su Mario Trozzi si veda AA.VV., Mario Trozzi, alle origini del movimento operaio e sindacale in Abruzzo, a cura di A. Borghesi e F. Loreto, Ediesse, Roma, 2007. 84. Nel 1909, studente del liceo classico di Chieti, Federico Mola è con Carlo Alessandrelli uno dei redattori del giornale anarchico «Nihil», pubblicato per far propaganda tra gli studenti. Subisce una condanna per apologia di regicidio a mezzo stampa. È tra i promotori della costituzione del Circolo anarchico Francisco Ferrer. Nel 1913 è in relazione con Errico Malatesta. Durante i moti della Settimana Rossa, avuta notizia dell’insurrezione, con Ettore Croce e Alberto Argentieri muove verso Ancona su un auto presa a nolo ma i tre vengono bloccati dalla polizia. Con lo scoppio della Grande Guerra passa all’interventismo. 85. Cfr. Sottoprefettura di Sulmona, 2 febbraio 1912, al Prefetto dell’Aquila, in ASAq Fondo Questura Cat A8, b. 5, f. 24. 86. Su «Il Pensiero Anarchico» cfr. BdA1, p. 247. Su Nicola Viglietti cfr. ACS, Dagr, CPC, b. 5411, f. ad nomen. 86 ma dimostrazione del suo atteggiamento fieramente anticlericale, commemora Giordano Bruno in un’assemblea di circa 200 partecipanti87: Accennando al conflitto secolare fra la Chiesa e la Scienza, [Trozzi] espose il compito dell’Umanità Moderna dicendo che contro la Chiesa bisogna erigere la Scuola: ogni scuola che si apre è una chiesa che si chiude88. Con il secondo incontro, negli spazi del Teatro Comunale l’avvocato sulmonese tiene una pubblica conferenza per ricordare Ferrer. Anche in quest’occasione sono più di 200 gli intervenuti89. Il 13 ottobre Trozzi è a Castellamare Adriatico per commemorare ancora una volta l’anarchico catalano. Al comizio, promosso dalla locale sezione del Libero Pensiero, partecipano circa 150 cittadini. Intervengono da Chieti i rappresentanti con rispettive bandiere del Circolo socialista, del Circolo anarchico Francisco Ferrer e dell’associazione Giordano Bruno; da Giulianova i delegati del Circolo anarchico Francisco Ferrer. Dopo il comizio un corteo muove verso il municipio a deporre una corona sulla lapide di Garibaldi90. Come si è potuto notare, nonostante in diverse occasioni si fossero manifestati da più parti seri dubbi sull’efficacia di una battaglia anticlericale unitaria, l’episodio Ferrer costituisce occasione e pretesto per un’eccezionale saldatura fra ceti borghesi e associazionismo di impronta socialista e anarchica. Nella mobilitazione pro-Ferrer divaricazioni e sfumature si attenuano di molto, mantenendo picchi elevati per tutto il 1909 e il 1910. La parabola di questo anticlericalismo cala in maniera quasi spontanea per il sopravvenire di altre circostanze concomitanti sul piano nazionale: la guerra italoturca, la crisi del Partito radicale, la svolta rivoluzionaria nel PSI e la rottura definitiva dei socialisti con l’esperienza democratica dei blocchi popolari, fino all’affacciarsi prepotente della questione sindacale. Già a partire dal 1911 l’anticlericalismo non è più tema primario nei punti all’ordine del giorno nelle assemblee delle organizzazioni dei lavoratori anche se, da queste mobili87. Sottoprefettura di Sulmona, 26 febbraio 1912, telegramma al Ministero dell’Interno, ASAq Fondo Questura Cat A8, b. 5, f. 24. 88. Popoli, «Il Germe», 31 marzo 1912. 89. Cfr. ACS, MI, PS, Dagr, a. 1912, b. 36 f. I5 - Commemorazione Ferrer – Aquila. 90. Ivi 87 tazioni, rimarrà in esse ben sedimentato. Il Congresso Sovversivo di Castellamare Adriatico del primo febbraio 1914, ad esempio, in un’atmosfera antimilitarista e antireligiosa esprime l’auspicio che “i socialisti di tutte le scuole, anarchiche e socialiste, si accordino per un’opera di propaganda mirante all’organizzazione economica”. Principali promotori e relatori sono Ettore Croce91, Mario Trozzi e Attilio Conti92 e, tra gli aderenti, compare anche il nome di Errico Malatesta93. Il Congresso si pronuncia per l’unità d’azione di socialisti e anarchici, i “soli in grado di creare un serio e pratico movimento di classe”, deliberando la formazione di un comitato regionale col compito di propagandare le idee rivoluzionarie e i principi anticapitalistici e antireligiosi94. Ancora Mario Trozzi, in occasione del I Congresso della Gioventù socialista abruzzese di Popoli del 22 marzo 1914, indicherà nella propaganda antireligiosa, “contrapposta all’anticlericalismo artificioso e ridicolo della borghesia”, un altro elemento di distinzione del movimento sovversivo95. 91. Su Ettore Croce (Rocca San Giovanni, 6 maggio 1866 - 28 novembre 1956) si vedano: R. COLAPIETRA, Pescara 1860-1960, Costantini Editore, Pescara, 1980; F. PAZIENTE, Democrazia e Socialismo in Abruzzo (1870-1917), cit.; Id., I socialisti abruzzesi e il problema della guerra 1911-1917, «Rassfr», n. 2, 1982, pp. 243-268; Id., Origini e sviluppo del movimento socialista in provincia di Chieti, Ivi, n. 2, 1984; scheda biografica in MOIDB. 92. Su Attilio Conti cfr. DBAI, vol. I, p. 438. 93. Su Errico Malatesta si vedano: G. BERTI, Errico Malatesta e il movimento anarchico italiano e internazionale (1872-1932), FrancoAngeli, Milano, 2003; R. BERTOLUCCI (a cura di), Errico Malatesta, epistolario 1873-1932, lettere edite ed inedite, Centro Studi Sociali, Carrara, 1984; A. BORGHI, Errico Malatesta in 60 anni di lotte anarchiche, Samizdat, Pescara, 1999; P. FINZI, La nota persona, Errico Malatesta in Italia, dicembre 1919 luglio 1920, La Fiaccola, Ragusa, 1990; M. NETTLAU, Malatesta, Samizdat, Pescara, 1998. Di Malatesta si vedano: Pagine di lotta quotidiana. Scritti scelti, 2 voll., a cura del Movimento Anarchico Italiano, Carrara, 1975; Pensiero e Volontà. Scritti, a cura del Movimento Anarchico Italiano, Carrara, 1975; Rivoluzione e lotta quotidiana. Scritti scelti, Antistato, Torino, 1982. 94. Cfr.:.ACS, MI, PS, Dagr, a. 1914, b. 37, f. K5 – Teramo; Castellamare Adriatico, «Volontà», Periodico di propaganda anarchica, Ancona, 31 gennaio 1914. 95. F. PAZIENTE, Democrazia e Socialismo in Abruzzo (1870-1917), cit. 88 INDICE DEI NOMI A Alfonso XIII 78, 79 Alighieri, Dante 22 Ansart, Pierre 25 Antonioli, Maurizio 48 Ardigò, Roberto 29, 63 Arista, Fernando, sindaco di San Demetrio, 82 Aristotele 22 B Bakunin, Michail 14, 15, 16, 17, 69 Balabanoff, Angelica 63, 73, 73 Baldasserini, Filippo 78 Benini, Aroldo 63 Bentivoglio, Maria Rita 16, 17 Berini, S. 61 Berthelot, Marcelin-PierreEugène 63 Berti, Giampietro 44, 88 Berti, Giuseppe 68 Bertolucci, Rosaria 88 Besesti, Francesco, maestro evangelico, 86 Bissolati, Leonida 56 Bjornson, Bjornstjerne 63 Borghesi, Andrea 86 Borghi, Armando 88 Bovio, Giovanni 31 Bruno, Giordano 8, 15, 18, 40, 63, 66, 70, 71, 71 72, 74, 82, 83, 84, 86, 87 Buccella, Giacomo 78 C Camilli, Gaetano 57, 57, 65, 65, 83, 86 Capisaldi, Mario 63 Carducci, Giosuè 29 Carrano, arcivescovo, 31, 32, 32 Chiarizia, Carlo 64, 65, 68, 72, 82, 83, 85 Ciccone, Pietro, direttore didattico, 82 Cicolani, Silvio 17 Cipriani, Ambrogio 86 Codello, Francesco 79 Colajanni, Napoleone 63 Colapietra, Raffaele 10, 65, 88 Combes, ministro, 66 Conti, Attilio 88, 88 Corsi, Giovanni 86 Costa, Andrea 84, 84 Cozzi, Giovanni 85 Crispi, Francesco 25, 31 Croce, Ettore 86, 88, 88 D D’Alessandro Gesualdo 80 D’Eramo, Manlio 82 De Marinis, Gaspare 16, 16 Di Leonardo, Giovanni 17 Di Sciullo, Camillo 18, 18, 86 Donatelli, Francesco 62, 62 89 Donnabella Ilverano 80 L E Labriola, Antonio 69 Laplace, Pierre-Simon de, 30 Lattanzi, avvocato 66 Leone XIII, papa 35, 41 Leoni, Carlo 16, 17 Lombroso, Cesare 63 Lolli, Riccardo 39 Lopardi, Emidio 39, 39, 41, 45, 64-66, 72 Lorand 63 Lucci, Arnaldo 39, 47, 47 Eramo, Giovanni 77 F Fabbri, Luigi 63 Faraglia, Carlo, consigliere comunale Sulmona, 85 Ferrer, Francisco 78-87, 79-87 Ferrero, Guglielmo 63 Ferri, Enrico 39 Finzi, Paolo 88 Furnemont 63 G Galilei, Galileo 22 Garibaldi, Giuseppe 14-16, 16, 32, 43, 56, 72, 73 Ghisleri, Arcangelo 63, 63 Gori, Pietro 48, 48, 60, 86 Griffini, prof. 67 Gubitosi, dott. 66 Guillame, James 16 H Haeckel, Ernst 63 I Iatosti Antonio 84 Ippoliti, Francesco 77, 77 90 M Malatesta, Errico 17, 86, 88, 88 Mancinelli, Quintino 78 Marinucci, avvocato, 78 Marinucci, Bernardino 72 Masci, Francesco 59 Mazzini, Giuseppe 22 Merlino, Francesco Saverio 44, 44 Michel, Louise 48, 48 Mondolfo, Rodolfo 81 Monti, Giuseppe 14 Moral, Matteo 79 Morselli, Enrico 63 Most, Johann 69, 69 , 78 Murri, Romolo 40, 41 N Nathan, Ernesto 56, 56 Nettlau, Max 17, 88 Nivicow 63 Notari, Umberto 74, 74 O Orsi F. 23 P Palombo, Fabio 18 Paziente, Filippo 47, 83, 85, 86, 88 Pellegrino Stagni, arcivescovo, 74 Piccinini, Francesco 45, 74, 74, 75, 75 Pietramico, don 39 Pighetti, Guido 48, 49 Pio IX, papa, 15 Pio X, papa, 41 Pironi, Tiziana 81 Pittassi, Umberto 78 Platone 22 Podrecca, Guido 61, 61 Polli E. 23 Properzi, Gervasio don, 38 Proudhon, Pierre Joseph 25, 25 R Rafanelli, Leda 24, 24, 78 Riccianes 22 Robin, Paul 63 Rossi, Virgilio 64, 65 Scano, ispettore scolastico, 82 Sergi, Giuseppe 63 Silone, Ignazio 76, 77 Silveri, Antonio, maestro elementare, 86 Socrate 22 T Taglieri, Alfredo 78 Tempestini I. 24 Tognetti, Gaetano 14 Tomassetti, Luigi, 82 Torrese, Guido 86, 86 Tresca, Carlo 40, 40 Trevisonno, Nicola 47, 47 Trozzi, Mario 85-88, 86 V Valente, Lorenzo 41 Villa, pubblicista, 82 Z Zorilla, Ruiz 83 S Salvi, Giuseppe, sindaco di Sulmona, 85 Sanfelice, cardinale, 31 Santilli, Achille, presidente Associazione Magistrale Aquila, 84 91 INDICE Tavola delle abbreviazioni e indice dei perodici Nota introduttiva di Raffaele Colapietra CAPITOLO I: Camicie rosse e anarchici CAPITOLO II: Socialismo, religione, identità politica CAPITOLO III: I “neri”, lo “spettro rosso” e i diritti sociali CAPITOLO IV: Pensiero laico è pensiero libero CAPITOLO V: In piazza! Indice dei nomi 93 Finito di stampare nel mese di ottobre 2009 Stampato in proprio Centro Studi Libertari Camillo Di Sciullo Chieti via Porta Pescara 27 96