Giuseppe Guarino
Verità o Tradizione ?
Giuseppe Guarino – Verità o Tradizione?
INDICE
Introduzione all'edizione del 2013
Introduzione
1. La Bibbia e la Tradizione
la Bibbia: la Parola di Dio
La Tradizione
2. Il Capo della Chiesa
La Chiesa: Tempio di Dio e corpo di Cristo. Gesù suo fondamento e capo
Il Papa
Il tragitto storico del papato
3. Il clero - il Magistero della Chiesa Cattolica - i Concili
4. La Messa: il sacrificio
5. La salvezza per grazia - Il Battesimo - il Purgatorio
La salvezza del grazia mediante la fede
La certezza della salvezza - il battesimo - il Purgatorio
6. La Madonna - i Santi - statue ed immagini
Maria
Madonna
Immacolata Concezione - Assunta - Regina del Cielo
Madre della Chiesa
Comediatrice e Corredentrice
I santi - le statue - le immagini - le preghiere loro rivolte
7. Cambiamenti del Cattolicesimo teorico - Cattolicesimo pratico
Conclusione
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Introduzione all'edizione del 2013
Ho riletto e sistemato questo libro fra dicembre 2012 e gennaio 2013. E non me ne vogliamo i
miei amici e lettori cattolici se lo ripropongo senza modifiche sostanziali. Quello che pensavo
oltre vent'anni fa quando ho buttato giù la sua prima stesura è sostanzialmente quello che penso
oggi.
In questo libro la polemica verso il cattolicesimo è forte e molto sentita - allora la sentivo più di
oggi a dire il vero. Quello che mi muoveva era un sentimento misto fra voglia di scuotere le
coscienze religiose intorpidite della mia gente e spiegare l'essenza del mio dissenso - ma, più in
generale, del mondo evangelico e protestante - nei confronti della Chiesa Cattolica Romana.
Alcuni diranno che un libro come questo è anacronistico. Io mi permetto di dissentire.
E' verissimo che il cattolicesimo ha fatto molti passi in avanti, che non è più quello del concilio
tridentino e che il Concilio Vaticano II, come lo dimostra il recente Catechismo della Chiesa
Cattolica, (opera sostanzialmente di Ratzinger, oggi papa Benedetto XVI, che allora presiedeva
la commissione incaricata di redigerlo) che presenta diverse importanti aperture ed una teologia
più rispettosa delle altre confessioni cristiane e del popolo ebraico. Ma da protestante mi
permetto di dire che ciò non basta. E se la protesta delle chiese evangeliche e la loro allarmante
espansione serve - oltre che a risvegliare la spiritualità di molti avvicinandoli ad una più
consapevole conoscenza di Cristo - da sprone per "costringere" la chiesa romana ad avvertire la
necessità di cambiamento, allora la cristianità intera è costretta ad ammettere quanto importante
- anzi irrinunciabile - sia il nostro apporto.
Sul finire del Medioevo le voci di vari uomini di Dio si alzarono contro la corruzione della
Chiesa Cattolica e contro le false dottrine che propinava alle masse ignoranti. Alcuni, incuranti
dei rischi che correvano sfidando le autorità ecclesiastiche del tempo, osarono abbandonare il
latino per predicare la Parola di Dio liberamente nella lingua dei fedeli - Ian Hus pagò con la
vita per questo! Altri osarono tradurre la Bibbia e porgerla al popolo, reclamando il diritto di
ognuno di leggere e comprendere la Parola di Dio. La Chiesa Cattolica seppe rispondere
soltanto mettendo la Bibbia all'indice dei libri proibiti, affidando poi alla spada, con l'inizio della
"santa" Inquisizione, il compito di convincere i popoli della terra che la Chiesa Cattolica era
l'unica vera Chiesa di Cristo - evidentemente lo Spirito Santo da solo non bastava in quella
circostanza.
E' vero che noi protestanti abbiamo contribuito a dividere il mondo cristiano, ma è anche vero
che siamo stati noi i primi a proclamare il diritto alla libertà di religione ed ad adoperarci per la
sua diffusione fra i popoli. E' anche vero che con la dottrina del libero esame e cioè che ognuno
ha diritto (ma anche il dovere) di leggere la Parola di Dio e la possibilità, con l'aiuto dello
Spirito Santo, di comprenderla, le nazioni protestanti promossero l'alfabetizzazione del popolo.
In parole povere, visto che la concorrenza migliora sempre il mercato, ritengo che parte del
merito dei miglioramenti nella dottrina e nella prassi cattolica siano proprio di noi evangelici e
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protestanti. Quindi, proprio adesso che tanto è stato fatto, visto che ancora tanto si può e si deve
fare, non ha senso accontentarsi dei progressi ottenuti, ma dobbiamo spingere perché si vada
ancora avanti e si faccia di più, non per l'unità della Chiesa (perché la Chiesa non è mai stata
divisa) ma per una migliore e più diffusa autentica conoscenza del nostro Signore Gesù, per
condurre sempre un numero maggiore di individui alla salvezza in Cristo, per spronare ogni
uomo a non sottostare, nell'ignoranza, alla tirannide spirituale di nessun individuo o
organizzazione, ma per servire Dio con gioia ed intelligenza della Parola di Dio.
Con questi sentimenti in cuore, ripresento il mio libro sugli insegnamenti della Chiesa Cattolica
alla luce della Parola di Dio ai visitatori del mio sito nell'anno 2013.
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Introduzione
“l’ignoranza delle Scritture è l’ignoranza di Cristo”
S. Girolamo, autore della Vulgata, traduzione latina ufficiale della Bibbia cattolica
Ho scritto questo libro espandendo l’opuscolo che porta lo stesso titolo. Sebbene alcuni lo
potranno ritenere inutile o ripetitivo, per me rappresenta qualcosa di particolarmente importante.
E’, infatti, più che una semplice la raccolta di informazioni o di opinioni, quanto il tentativo di
condividere con il lettore un'esperienza autentica e profonda, la straordinaria scoperta della
Verità che ha determinato l’indirizzo dell’intera esistenza di chi scrive.
Ero poco più che un ragazzino quando un pastore evangelico mi regalò una Bibbia, invitandomi
a leggerla per conoscere meglio la persona e la volontà di Dio. Lì, in quel libro, io ho trovato la
Verità e la salvezza. In quelle pagine io ho trovato elementi sufficienti per poter finalmente
giudicare se quello che mi era stato insegnato in materia di religione era la Verità, era realmente
conforme alla Parola di Dio.
La Bibbia è il libro unanimemente considerato sacro, autoritario, degno di fede e, quindi, regola
e metro anche per la Chiesa Cattolica. Questo era un ottimo punto di partenza datomi dalla
stessa mia fede cattolica per avvicinarmi alla Sacra Scrittura. Leggendo la Bibbia io scoprii che
alcune dottrine della Chiesa Romana erano false, infondate, contrarie all’insegnamento di quegli
apostoli, dai quali essa dice di derivare il suo credo. Leggendo la Bibbia imparai la Verità. Una
Verità tanto grande e tanto importante che non poteva lasciare spazio a compromessi.
Rimasi molto colpito dalla lettura del “Decalogo”, i Dieci Comandamenti, che nella Bibbia non
erano come me li avevano ancora piccolissimo fatti mandare a memoria. Non trovai nessun
fondamento per la confessione auricolare al prete, o per il celibato del clero, per la messa intesa
come sacrificio e per tanti altri insegnamenti - i dettagli nelle pagine a venire - che invece mi
erano stati proposti come Parola di Dio.
Questo per quanto concerne la scoperta del significato della prima parola del titolo che ho dato a
questo libro, “Verità”.
Cosa dire invece della “tradizione”? Questa tradizione non è la Tradizione, dottrina e norma di
fede cattolica. L’interrogativo che pongo con questo mio studio non riguarda complicate
sottigliezze dottrinali, quanto la scelta da fare davanti all'evidenza degli errori negli
insegnamenti religiosi che ha ricevuto. Una scelta che “impone” una rottura con il passato, con
la propria tradizione, in buona sostanza un rinnegare se stessi, ciò che si è sempre pensato o
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creduto. In verità, rinnegare se stessi per dare a Dio, senza compromessi, il primo posto nella
nostra vita, è la sostanza stessa della fede cristiana.
L’approccio al cattolicesimo di questo libro non sarà squisitamente dottrinale, sebbene possa
sembrare così. Il cattolicesimo messo in discussione è quello di ogni giorno, vissuto anni fa da
chi scrive e che riguarda il cattolico italiano medio. Perché parlare di “verità” vuol dire anche
mettere da parte la teoria e le belle parole per la sostanza e la realtà vissuta delle cose. Il
cattolicesimo considerato non è, quindi, quello ufficiale del Catechismo della Chiesa Cattolica,
che gli stessi cattolici in buona parte ignorano, quanto la concreta esperienza religiosa che io ho
vissuto e che forse il lettore sta vivendo.
Spero che questo scritto trasmetta più che la conoscenza teorica di chi lo ha prodotto e sia
stimolo perché chi non lo ha fatto già, cominci ad accostarsi alla conoscenza della Verità
rivelata in Cristo e tramandata dalle Sacre Scritture.
Possa il Signore utilizzare questo mio lavoro per la sua gloria.
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1. LA BIBBIA E LA TRADIZIONE
La Bibbia: Parola di Dio
Cos’è la Bibbia? Che valore ha per i cristiani?
Cosa vuol dire che la Bibbia è la Parola di Dio?
Rispondere a questi quesiti è l’indispensabile punto d’inizio per la nostra discussione e persino
perché questa possa avere un senso.
Due gli aspetti delle Sacre Scritture che più ci interessano in questo contesto: il suo significato
storico e quello religioso.
Da un punto di vista storico, la Bibbia è la raccolta di libri ritenuti sacri dai cristiani. Si divide
in Antico e Nuovo Testamento. L'Antico Testamento è stato composto molto tempo prima della
venuta di Gesù e racchiude il patto fatto da Dio col popolo di Israele. Il Nuovo Testamento
racchiude gli insegnamenti del cristianesimo, come tramandati dagli apostoli di Gesù in forma
scritta.
I primi cinque libri della Bibbia, denominati anche Pentateuco o Legge, sono stati scritti da
Mosè e narrano la storia dell’umanità dalle sue origini fino al patto che Dio strinse con Mosè ed
Israele sul Sinai e le Leggi date in virtù di quel patto.
Seguono, nella raccolta cristiana, i libri "storici": Giudici, I e II Samuele, ecc., che narrano la
storia politico-sociale e religiosa della nazione ebraica dal suo insediamento in Palestina, fino al
ritorno dalla cattività babilonese.
Ultima parte, quella dei "profeti", divisi in maggiori e minori, a seconda delle dimensioni dei
loro scritti. I profeti hanno accompagnato il cammino di Israele parlando al popolo in vece di
Dio, mostrando la strada che Dio voleva che si percorresse e invitando al ravvedimento quando
il popolo trascurava il volere di Dio.
Sebbene nel canone, nella lista dei libri sacri, ispirati, gli ebrei e i cristiani annoverino gli stessi
libri, i cristiani usano una disposizione diversa rispetto all’uso ebraico. Nulla di rilevante, visto
che i libri del canone sono i medesimi - almeno secondo il canone accettato dai protestanti.
Era con l’intento di richiamare l’interezza delle Scritture ebraiche, facendo riferimento alla sua
naturale divisione, che Gesù disse ai discepoli: “Poi, disse loro: Queste sono le cose che io vi
dicevo quand’ero ancora con voi: che bisognava che tutte le cose scritte di me nella Legge di
Mosè, nei profeti e nei Salmi, fossero adempiute.” (Luca 24:44)
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Per i primissimi cristiani, quelli dell’era apostolica, la Bibbia comprendeva, ovviamente, solo
l’Antico Testamento. L’apostolo Filippo dimostrò all’eunuco Etiope, di fede ebraica, che Gesù
era il Messia attraverso la lettura dell’Antico Testamento, del libro di Isaia (Atti 8:26-40).
Molto presto, però, acquistarono valore di Parola di Dio anche gli scritti degli apostoli, che
vennero affiancati alle Scritture ebraiche. Nacque, quindi, la distinzione fra Antico e Nuovo
Testamento.
Il Nuovo Testamento comprende i quattro Vangeli, gli Atti degli Apostoli, le epistole e il libro
dell’Apocalisse.
I Vangeli sono delle narrazioni della vita e degli insegnamenti di Gesù. Sono scritti autorevoli
perché provenienti da individui che erano stati testimoni oculari del ministero di Gesù in prima
persona o discepoli degli apostoli.
Matteo, autore del primo vangelo, era uno degli apostoli, come Giovanni, autore del quarto.
Marco, invece, autore del secondo vangelo, sembra abbia raccolto le memorie di Pietro. Luca
discepolo di Paolo, precisa egli stesso d’avere ricercato con cura presso fonti attendibilissime,
mostrando uno spirito di indagine tipico del mondo greco, dal quale questo autore sembra
provenisse. Lo stesso Luca scrive gli Atti degli Apostoli, la storia dei primi passi della Chiesa,
dalla Pentecoste alla prigionia di Paolo a Roma.
Nelle diverse epistole indirizzate a varie chiese, gli apostoli confermano alle chiese locali la
fede ricevuta da loro direttamente da Gesù. Uno dei brani più significativi del Nuovo
Testamento che sintetizza il suo significato storico e religioso, lo troviamo proprio nelle
epistole, quando Pietro afferma: “Perchè non è andando dietro a favole artificiosamente
composte che vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del nostro Signore Gesù
Cristo, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà. ” (2 Pietro 1:16)
In ultimo, l’Apocalisse, scritta da Giovanni, unico libro prettamente profetico del Nuovo
Testamento.
All’Antico Testamento, ancora prima della metà del II sec. d.C. i cristiani avevano sommato il
Nuovo, nella struttura da tutti accettata di: Vangeli, Atti, Epistole, Apocalisse.
Il valore storico di questi scritti è subito evidente: morti gli apostoli, i testimoni oculari, i loro
scritti, ritenuti autentici dalla Chiesa, diventavano i custodi della autentica dottrina apostolica.
Ma il significato storico delle Sacre Scritture, per il cristiano almeno, va solo ad affiancarsi e
passa in secondo piano quando si considera il loro significato religioso, spirituale.
L’idea dell’apostolo Paolo e, quindi, della Chiesa apostolica, a riguardo era chiara: In 2
Timoteo 3:16, scrive: “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio utile a insegnare, a riprendere, a
correggere ad educare alla giustizia, affinché l'uomo di Dio sia compiuto, appieno fornito per
ogni buona opera.”
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Il termine “ispirata” fa comprendere l’intervento determinante di Dio nella composizione delle
Scritture talché in esse Dio stesso ha parlato e parla all’uomo. Il valore dell’affermazione che
segue possiamo benissimo estenderlo a tutte le Scritture:: “Ben parlò lo Spirito Santo ai vostri
padri per mezzo del profeta Isaia...” (Atti 28:25)
Anche Pietro parla apertamente dell’ispirazione della Sacra Scrittura in termini inequivocabili:
“non è dalla volontà dell’uomo che venne mai alcuna profezia, ma degli uomini hanno parlato
da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo.”, (2 Pietro 1:21)
Nella Bibbia, allora, Dio stesso parla, si rivela all'uomo. Il suo Spirito ha guidato gli autori
sacri affinché ciò che essi scrivevano fosse realmente ed in ogni senso Parola di Dio.
Per questo motivo, i cristiani hanno bisogno e “debbono” conoscere le Sacre Scritture. Per
apprendere da Dio e conoscere la sua volontà.
Diciamo subito che la Chiesa Cattolica dispensa i suoi fedeli dalla lettura della Bibbia,
sostituendo ad essa il catechismo.
Molto diverso l’uso della Chiesa primitiva. Paolo stesso, ad esempio, raccomandava lo
scambio e la lettura delle sue epistole fra le diverse comunità. Scriveva, infatti, alla fine della
sua prima epistola ai Tessalonicesi, “Io vi scongiuro per il Signore a far si che questa epistola
sia letta a tutti i fratelli.” (1 Tessalonicesi 5:27). Quanti cattolici conoscono il contenuto di
questi scritti che l’apostolo addirittura scongiurava di leggere?
Sempre Paolo, scrive nella conclusione della sua epistola indirizzata alla chiesa della città di
Colosse, “E quando questa epistola sarà stata letta fra voi, fate che sia letta anche nella chiesa
dei Laodicesi e che anche voi leggiate quella che vi sarà mandata da Laodicea.” (Colossesi
4:16)
La conoscenza della Parola di Dio è elemento indispensabile della vita cristiana. E non vi può
essere esitazione nell’affermare con S. Girolamo che “l’ignoranza delle Scritture è l’ignoranza
di Cristo”.
La conversione stessa a Dio origina dalla Parola di Dio:
“...poiché siete stati rigenerati non da seme corruttibile, ma incorruttibile, mediante la parola
di Dio vivente e permanente...e questa è la parla della Buona Novella (l'Evangelo) che vi è stata
annunciata.”, (1 Pietro 1:23-25)
Nessuno può dirsi veramente cristiano se non ha sperimentato quel ravvedimento, la fede che
origina dal credere il messaggio dell’Evangelo che troviamo nella Bibbia.
Nella Parola di Dio il cristiano trova il cibo spirituale necessario per la sua crescita spirituale.
La lettura, la meditazione della Bibbia, lo sforzo di mettere in pratica quanto Dio stesso ci
insegna, sono essenziali, un’esperienza personale che riguarda ogni vero credente.
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Gesù stesso disse: “Non di pane soltanto vivrà l'uomo ma da ogni parola che procede dalla
bocca di Dio”, citando l'Antico Testamento in Matteo 4:4.
Le parole di Dio le troviamo nella Sacra Scrittura, ispirata dallo Spirito Santo.
“Io ho riposto la tua parola nel mio cuore per non peccare contro di te. Tu sei benedetto, o
Eterno; insegnami i tuoi statuti. Ho raccontato con le mie labbra tutti i giudizi della tua bocca.
Io gioisco nella via delle tue testimonianze, come se possedessi tutte le ricchezze. Io mediterò
sui tuoi precetti e considerò i tuoi sentieri. Io mi diletterò nei tuoi statuti, non dimenticherò la
tua parola.” (Salmo 119: 11-16)
“La tua parola è una lampada al mio piede, ed una luce sul mio sentiero.” (Salmo 119:105)
Nella Bibbia troviamo le parole che ci guidano in questa vita e alla vita eterna.
“Da allora molti dei suoi discepoli si ritrassero indietro e non andavano più con lui. Perciò
Gesù disse ai dodici: Non ve ne volete andare anche voi? Simon Pietro gli rispose: Signore, a
chi ce ne andremo noi? Tu hai le parole di vita eterna." (Giovanni 6:66-68)
In verità, la risposta data dagli apostoli a Gesù dev’essere il sintomo del bisogno suscitato dallo
Spirito Santo in ogni vero credente.
L’aspetto più sconfortante del cattolicesimo pratico è la totale deresponsabilizzazione del
fedele laico nei confronti del proprio ruolo nella comprensione ed anche nella messa in pratica
della Rivelazione. Nella Chiesa romana sembra che solo il clero abbia delle responsabilità, come
anche i privilegi di potere avere diretto accesso ai dati della Parola di Dio. Il laico sa ciò che la
Chiesa gli fa sapere, compie i riti previsti dalla Chiesa, ma a volte, ho constatato, non ne
comprende nemmeno del tutto il loro significato.
La diffusa ignoranza dei cattolici sulla Bibbia è la triste eredità dell’assolutismo del clero
cattolico in materia spirituale - ne parlerò meglio più avanti quando discuterò del Magistero
della Chiesa Cattolica - che nella pratica ha allontanato i fedeli dalla Bibbia, come da un libro di
formule arcane riservato a pochi iniziati.
I cristiani che si professano tali e sconoscono la Bibbia si illudono soltanto, a qualunque
confessione appartengano o dicano di appartenere.
Leggendo il Nuovo Testamento esso risulterà molto semplice alla comprensione, edificante e
di benedizione alla lettura fatta con fede. Scopriremo, poi, che più ci dedicheremo con impegno,
più chiederemo a Dio di illuminarci, più sarà facile e bello far nostre le parole del Signore
rendendole vive in noi, mettendole in pratica.
Prima che il cristianesimo apparisse i libri dell’Antico Testamento venivano regolarmente letti
e spiegati nella sinagoga ebraica - equivalente della chiesa locale nella religione cristiana -la
parrocchia cattolica. Gli apostoli stessi non erano uomini istruiti eppure conoscevano la Bibbia.
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Anche i più umili del popolo ebraico - Pietro era un pescatore - potevano avere accesso alla
Parola di Dio ed erano stimolati in tal senso.
Molti cattolici, sebbene istruiti, sono ignoranti quando si parla di Bibbia.
Nella chiesa primitiva, la lettura della Parola di Dio era essenziale quanto nella sinagoga
ebraica. Ciò a dispetto delle difficoltà del tempo: esistevano pochi manoscritti, spesso custoditi
dalla comunità come autentici tesori; forse non tutti i libri del Nuovo Testamento erano a
disposizione di tutti. Le persecuzioni dell'impero romano inoltre tentarono persino di distruggere
l'eredità cristiana e per preservarla molti pagarono la loro fedeltà a Dio con la vita. E’, quindi,
vergognoso che i cristiani di oggi lascino marcire in bellissime librerie quel libro per la
preservazione del quale alcuni loro confratelli hanno persino dato la vita.
Nelle pagine che seguiranno scopriremo l’aperto contrasto esistente fra l’autentica dottrina
cristiana come riportata dal Nuovo testamento, come vissuto dalla chiesa primitiva e insegnato
direttamente dagli apostoli e l’insegnamento, le dottrine e la prassi cattolico-romane.
La Bibbia risulterà allora incredibilmente chiara, così come comparirà la sua importanza quale
strumento per appurare il vero insegnamento apostolico e distinguerlo dall’invenzione umana.
Persino le parole dell'apostolo Paolo furono pesate dalle prime comunità alla luce della Bibbia.
In Berea, una città greca, i neocredenti “...ricevettero la parola con ogni premura, esaminando
tutti i giorni le Scritture per vedere se le cose stavano così.” (Atti 17:11)
Fare altrettanto è un dovere ed un diritto che nessuno che si reputi veramente cristiano può
delegare ad altri.
Quanto sia importante non il “credere” astratto in “qualcosa”, bensì all’Evangelo della grazia
che rinveniamo nella Parola di Dio, lo apprendiamo dalla forte affermazione dell’apostolo
Paolo: “Fratelli, io vi rammento l'Evangelo che vi ho annunziato, che voi ancora avete ricevuto,
nel quale state saldi, e mediante il quale siete salvati, se pur lo ritenete quale ve l'ho
annunziato; a meno che non abbiate creduto in vano.” (1 Corinzi 15:2)
La Tradizione: spina dorsale del cattolicesimo.
La divergenza maggiore fra la dottrina cattolica e protestante o evangelica è l'importanza
attribuita alla Tradizione a discapito dell’autorità esclusiva della Parola di Dio scritta.
Nella chiesa romana il Papa ed i Concili sono anch’essi infallibili in materia dottrinale quanto
la Bibbia. A loro si affianca il cosiddetto Magistero della Chiesa, unica infallibile interprete
della Verità rivelata.
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La Tradizione cattolica, si affianca alla Rivelazione “scritta” ed ha senso in quanto concorre a
tramandare in maniera fedele l’insegnamento apostolico, completando quanto troviamo nella
Sacra Scrittura.
“Per la Chiesa cattolica la Sacra Scrittura non è che uno dei fondamenti della conoscenza
religiosa. L’essenziale è la Tradizione, insieme di verità incluse o meno nella Bibbia ma
insegnate dall’autorità della Chiesa. La Sacra Scrittura non è per così dire che il primo anello
della Tradizione, evidentemente il più importante; non esiste il <<libero esame>> dei testi sacri,
come per la maggior parte dei protestanti; la Chiesa ne dà una interpretazione ufficiale a tal
punto che solo le edizioni della Bibbia annotate ed approvate dalla gerarchia ecclesiastica
possono essere lette dai fedeli. Per il cattolico il libro che fa fede non è tanto la Bibbia, testo
spesso oscuro e che può essere interpretato in modi molto diversi, quanto il catechismo, che è
una sintesi concisa e didattica della Tradizione.”, Jean-Baptiste Duroselle, Jean-Marie Mayeur,
“Storia del Cattolicesimo”, Edizione Tascabili Economici Newton, pag.10.
Nell'introduzione della Bibbia della CEI si legge: "La comunità cristiana, dalle origini ad oggi,
ha considerato la Sacra Scrittura, insieme alla Tradizione, regola suprema della fede ... "
In realtà la Tradizione prova a dare un significato autenticamente cristiano a quel processo
storico che nella prassi cattolica ha visto sommarsi al semplice dato evangelico una serie di usi e
pratiche che non provengono dalla Bibbia, quindi, dalla forma più autentica e vera del
cristianesimo.
La Tradizione ha creato degli aperti contrasti fra la dottrina della chiesa romana e quella
biblica.
Qualcosa di molto simile era accaduto alla religione ebraica dei tempi di Gesù. Quest’ultimo,
infatti, censurò apertamente il clero ebraico perché aveva dato vita ad un sistema rigorosissimo
di regole che non provenivano dalla Bibbia, trascurando e contrastando l’essenza stessa della
Rivelazione. Il giudaismo dei tempi di Gesù era scaduto in un apparato religioso basato sul
formalismo, il legalismo, il ritualismo, a discapito dell’amore, della giustizia, della vera essenza
della Parola di Dio data a Mosè ed ai profeti.
Ma leggiamo quanto Gesù stesso dice loro.
Marco 7: “Allora si radunarono presso di lui i Farisei ed alcuni degli scribi venuti da
Gerusalemme. E videro che alcuni de’ suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè
non lavate. Poiché i Farisei e tutti i Giudei non mangiano se non si sono con gran cura lavate le
mani, attenendosi alla tradizione degli antichi; e quando tornano dalla piazza non mangiano se
non si sono purificati con delle aspersioni. E vi sono molto altre cose che ritengono per
tradizione: lavature di calici, d’orciuoli e di vasi di rame. E i Farisei e gli scribi domandarono:
Perché i tuoi discepoli non seguono essi la tradizione degli antichi, ma prendon cibo con mani
impure? Ma Gesù disse loro: Ben profetò Isaia di voi ipocriti, com’è scritto: Questo popolo mi
onora con le labbra, ma il cuor loro è lontano da me. Ma invano mi rendono il loro culto
insegnando dottrine che son precetti d’uomini. Voi, lasciato il comandamento di Dio, state
attaccati alla tradizione degli uomini. E diceva loro ancora: Come ben sapete annullare il
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comandamento di Dio per osservare la tradizione vostra! Mosè infatti ha detto: Onora tuo
padre e tua madre; e: Chi maledice padre o madre, sia punito di morte; voi, invece, se uno dice
a suo padre od a sua madre: Quello con cui potrei assisterti è Corban (vale a dire, offerta a
Dio), non gli permettete più di far cosa alcuna a pro di suo padre o di sua madre; annullando
così la parola di Dio con la tradizione che voi vi siete tramandata. E di cose consimili ne fate
tante!”
Anche nel cattolicesimo, lo sfarzo, la complessa ritualità, le infinite regole, un crescente
atteggiamento camaleontico, hanno finito per tradire la semplicità e la vera essenza, prettamente
spirituale, dell’autentico messaggio cristiano.
La Tradizione cattolica non trova alcuna giustificazione scritturale e non può semplicemente
sommarsi alla Rivelazione scritta, come è facilmente dimostrato dal fatto che questa non solo
non si trova nella Bibbia, ma addirittura contrasta con l'insegnamento della Parola di Dio.
Ciò sarà dimostrato nelle pagine a venire.
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2. IL CAPO DELLA CHIESA
La Chiesa: Tempio di Dio e corpo di Cristo. Gesù suo fondamento e capo.
L’uso improprio, del termine “chiesa”, rischia di far perdere di vista all’uomo medio il reale
significato di questa parola ed è fondato il timore che non pochi considerino “chiesa” un locale
consacrato, adibito al culto a Dio.
E’ chiaro, però, dal significato letterale e dall’uso del termine, nel greco originale del Nuovo
Testamento, ma comprensibilissimo anche nella traduzione italiana, che per Chiesa bisogna
intendersi l’insieme di coloro che abbracciano la fede in Cristo e sono stati rigenerati dallo
Spirito Santo di Dio.
La Chiesa non è quindi un luogo.
Non è neanche una struttura gerarchica fra Dio e l’uomo, perché composta da tutti coloro che
hanno creduto.
Il Nuovo Testamento ci parla della Chiesa come il Tempio di Dio e il Corpo di Cristo.
Secondo le credenze giudaiche Dio abitava nel Tempio visibile edificato da Salomone a
Gerusalemme. Ed in un certo senso era vero. Quel luogo Dio aveva scelto per mostrare ad
Israele, attraverso delle figure materiali, delle realtà spirituali celesti.
Gli apostoli usano un linguaggio che viene dall’Antico Testamento, ma che ne rivela il
carattere transitorio nel profondo significato della nuova dispensazione.
Scrive perciò Paolo: “Non sapete voi che siete il Tempio di Dio, e che lo Spirito di Dio abita in
voi?” (1 Corinzi 3:16-17)
“... noi siamo il Tempio dell'Iddio vivente, come disse Iddio: io abiterò in mezzo a loro e
camminerò fra loro; e sarò loro Dio, ed essi saranno mio popolo.” (2 Corinzi 6:16)
“Voi dunque non siete più né forestieri né avventizi; ma siete concittadini dei santi e membri
della famiglia di Dio, essendo stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo
Cristo Gesù la pietra angolare, sulla quale l'edificio intero, ben collegato insieme, si va
innalzando per essere un tempio santo nel Signore. Ed in lui voi pure entrate a far parte
dell'edificio, che ha da servire di dimora a Dio per lo Spirito (Santo).” (Efesini 2:19-22)
Scrive l’apostolo Pietro: “Accostandovi a lui - Gesù -, pietra vivente, riprovata bensì dagli
uomini ma innanzi a Dio eletta e preziosa, anche voi come pietre viventi, siete edificati qual
casa spirituale, per esser un sacerdozio santo per offrire sacrifici spirituali, accettevoli a Dio
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per mezzo di Gesù Cristo. Poiché si legge nella Scrittura: Ecco, io pongo in Sion una pietra
angolare, eletta, preziosa; e chiunque crede in lui non sarà confuso.”, (1Pietro 2:4-5)
Ecco che la Chiesa, Tempio di Dio, è l’avverarsi d’una promessa realtà spirituale riguardante
l’era messianica: Dio abita adesso con noi ed in noi, tramite lo Spirito Santo, promesso a tutti
coloro che credono, il quale ci rigenera, ci ammaestra, ci guida, ci conforta, ci sigilla. Le parole
di Pietro richiamano tutte il culto giudaico, il tempio, il sacerdozio, i sacrifici mosaici, per
confermarne l’adempimento spirituale nella Chiesa, dimora spirituale di Dio.
Di questo edificio santo, di questa casa spirituale Gesù è il fondamento, la pietra angolare; su
di lui esso è edificato.
La Chiesa è anche chiamata il Corpo di Cristo.
“Ogni cosa egli gli ha posta sotto i piedi, e l'ha dato per capo supremo alla Chiesa, che è il
corpo di lui, il compimento di colui che porta a compimento ogni cosa in tutti.” (Efesini 1:2223)
“Ed egli è il capo del corpo, cioè della Chiesa.” (Colossesi 1:18)
La Chiesa, edificio spirituale di Dio, è il corpo di Cristo, e quest'ultimo ne è il capo.
Il papa
Il linguaggio della Bibbia è davvero molto diretto e semplice. La Chiesa cattolica romana ha,
però, un capo che non è Cristo, il Papa; un capo definito visibile; ciò facendo va al di là di
quanto la Sacra Scrittura insegna.
La figura del Papa e le sue prerogative di Sommo Pontefice, Vicario di Cristo, Successore di
Pietro nella sede apostolica romana, Capo della Chiesa, erano sconosciute nel periodo
apostolico e tali rimasero per diversi secoli. Furono le particolari circostanze della sede romana,
il suo prestigio, a dare inizio ad un processo culminato nell’infallibilità papale decretata dal
Concilio Vaticano I nel XIX secolo.
La lettura del Nuovo Testamento rivelerà un silenzio totale su quella che è la figura più
importante del cattolicesimo! Ciò è impensabile se questa fosse stata riconosciuta dai primi
cristiani.
San Paolo elenca i ministeri necessari alla sopravvivenza della Chiesa, per ben due volte:
“ ... or voi siete il corpo di Cristo, e membra d'esso, ciascuno per parte sua. E Dio ha costituito
nella cosa primieramente degli apostoli; in secondo luogo dei profeti; in terzo luogo dei dottori
...” (1 Corinzi 12:28)
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“Ed è lui - lo Spiritp Santo - che ha dato gli uni, come apostoli; gli altri come profeti; gli altri
come evangelisti; gli altri come pastori (o vescovi) e dottori, per il perfezionamento dei santi,
per l’opera del ministerio, per la edificazione del corpo di Cristo.” (Efesini 4:11)
Come poteva omettere l’apostolo il ministerio che avrebbe dovuto essere il più importante,
persino più importante di tutti quelli da lui citati messi insieme se la dottrina apostolica l’avesse
previsto?
Lo stesso Paolo non fa, significativamente, nessun cenno ad un "papa" nella narrazione del
suo primo viaggio a Gerusalemme; in particolare, ci rendiamo conto che Pietro è posto allo
stesso livello degli altri apostoli: “Ma quelli che godono di particolare considerazione (quali già
siano stati a me non importa; Iddio non ha riguardi personali), quelli, dico, che godono
maggior considerazione non m’imposero nulla di più; anzi, quando videro che a me era stata
affidata la evangelizzazione degli incirconcisi, come a Pietro quella de’ circoncisi (poiché Colui
che aveva operato in Pietro per farlo apostolo della circoncisione aveva anche operato in me
per farmi apostolo dei Gentili), e quando conobbero la grazia che m’era stata accordata,
Giacomo e Cefa e Giovanni, che sono reputati colonne, dettero a me ed a Barnaba la mano
d’associazione perché noi andassimo ai Gentili, ed essi ai circoncisi; soltanto ci
raccomandarono di ricordarci dei poveri; e questo mi sono studiato di farlo.” (Galati 2:6-10)
Pietro, che secondo la Tradizione Cattolica avrebbe dovuto essere il primo "Papa", è nominato
con gli altri due apostoli Giacomo e Giovanni e con loro definito “colonna”. Le decisione non
sono prese e imposte da lui soltanto, ma dalla comunità. Paolo specifica un ruolo particolare
rivestito da Pietro, il suo apostolato presso i Giudei. Se fa attenzione a citare un dettaglio del
genere sulla figura di Pietro, come poteva trascurare il fatto che l’apostolo rivestisse la carica
più importante della Chiesa?
A dimostrazione della inesistenza della superiore autorità di Pietro sugli altri apostoli, la nota
che riporta lo stesso incidente nel libro degli Atti, al capitolo 15 dal v.22. Poco prima, nello
stesso libro, è detto: “or gli apostoli che erano a Gerusalemme, avendo inteso che la Samaria
aveva ricevuto la Parola di Dio, vi mandarono Pietro e Giovanni.” (Atti 8:14)
Pietro è inviato dagli altri apostoli, certo la credenza che egli sia stato il primo "Papa" non
viene dalla Bibbia, che anzi prova il contrario. Ciò non per sminuire il significato della figura di
Pietro, ma per dargli i giusti contorni, che lui non tentò mai di prevaricare.
Matteo 16:16-18 è il passo biblico usato di solito dai credenti cattolici per dimostrare che su
Pietro Gesù fondò la sua Chiesa.
Ma esaminiamo questo brano da vicino e alla luce dell’intera Rivelazione e trarremo tutt'altre
conclusioni.
“Poi Gesù, venuto nelle parti di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: Chi dice la
gente che sia il Figliuol dell’uomo? Ed essi risposero: Gli uni dicono Giovanni Battista; altri,
Elia; altri, Geremia o uno dei profeti. Ed egli disse loro: E voi, chi dite ch’io sia?
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Giuseppe Guarino – Verità o Tradizione?
Simon Pietro, rispondendo, disse: Tu sei il Cristo, il Figliuol dell’Iddio vivente.
E Gesù, replicando, gli disse: Tu sei beato, o Simone, figliuol di Giona, perché non la carne e il
sangue t’hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli. E io altresì ti dico: Tu sei
Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’Ades non la potranno
vincere. Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; e tutto ciò che avrai legato sulla terra sarà
legato ne’ cieli, e tutto ciò che avrai sciolto in terra sarà sciolto ne’ cieli.” (Matteo 16:13-19)
Gesù non dice a Pietro: Vai a Roma e fonda lì la mia Chiesa della quale tu e i tuoi successori
sarete a capo. Egli annuncia all’apostolo che Lui - Gesù - edificherà la Sua Chiesa su quella
confessione di fede che Pietro ha fatto poco prima, sulla verità di Gesù, “Cristo, il Figliuolo
dell'Iddio vivente”, su se stesso. La Chiesa infatti è edificata su Cristo, non su di un uomo.
Cristo è il centro e il fondamento di tutta l'opera di Dio che è la nuova dispensazione e la
Chiesa è edificata da lui e su di lui.
Pietro non è la Pietra. Paolo lo definisce, con gli altri "sommi apostoli", "colonna" dell'edificio
di Dio che è la Chiesa; ma non "fondamento", "pietra angolare" perché quel ruolo è di Gesù.
E’ ovvio che il brano di Matteo non è di facile lettura, ma è solo una conoscenza superficiale
della Rivelazione che può indurre a credere che sia stato su Pietro che Gesù abbia edificato la
sua Chiesa. I brani più semplici e immediati che abbiamo esaminato prima ci mostrano Gesù
come Pietra Angolare, fondamento della Chiesa, edificio che è il Tempio di Dio spirituale,
nonché come Capo della Chiesa, intesa come suo corpo, non lasciano spazio per alcuna
speculazione di sorta.
Come avviene in altri punti della Bibbia, conviene ricorrere a passi più semplici ed immediati
per interpretare con sicurezza quelli più oscuri.
Lo stesso Gesù si riferisce a se stesso come la pietra angolare, in Matteo 21:42-44: “Gesù disse
loro: Non avete mai letto nelle scritture: “La pietra che gli edificatori hanno riprovata è quella
che è divenuta pietra angolare; ciò è stato fatto dal Signore, ed è cosa meravigliosa agli occhi
nostri"? Perciò io vi dico che il regno di Dio vi sarà tolto, e sarà dato ad una gente che ne
faccia i frutti. E chi cadrà su questa pietra sarà sfracellato; ed ella stritolerà colui sul quale
cadrà.”
Anche qui Gesù parla della pietra in terza persona, sebbene parli chiaramente di se stesso.
L'uso di un linguaggio figurato e di un affiancarsi di parole simili o uguali è caratteristico di
molti detti di Gesù e non deve stupirci, è una caratteristica delle lingue ebraica ed aramaica
usate da Gesù e dagli apostoli, che lascia il segno anche nella costruzione delle frasi nel greco
originale del Nuovo Testamento, quanto nella sua traduzione.
E’ un linguaggio figurato anche quello delle “Chiavi” di cui Pietro sarebbe stato depositario.
Gesù dirà più avanti nello stesso Vangelo di Matteo al clero giudaico:
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“Ma guai a voi, Scribi e Farisei ipocriti, perché serrate il regno dei cieli davanti alla gente,
poiché né vi entrate voi né lasciate entrare quelli che cercano di entrare.” (Matteo 23:13)
Nel Vangelo di Luca le parole di Gesù contro i giudei diventano ancora più significative:
“Guai a voi, dottori della legge, poiché avete tolta la chiave della scienza! Voi stessi non siete
entrati, ed avete impedito quelli che entravano.” (Luca 11:52)
“Io ti darò le chiavi”, dice Gesù a Pietro in Matteo. Quindi in quell'occasione Pietro non riceve
le “chiavi” del regno dei cieli, ma ha la promessa. Promessa ribadita dallo stesso Gesù a tutta la
Chiesa in Matteo 18:18: “Io vi dico in verità che tutte le cose che avrete legate sulla terra,
saranno legate nel cielo; e tutte le cose che avrete sciolte sulla terra, saranno sciolte in cielo.”
Secondo il significato che le parole di Gesù negli altri brani che abbiamo esaminato ci
impongono, capiamo che Pietro fece uso di queste chiavi, quando aprì, lui per primo, la porta
della salvezza ai Giudei nel giorno della Pentecoste (Atti 2) e più tardi ai Gentili, i non ebrei
(Atti 10).
Il silenzio totale della Bibbia sulle prerogative papali è definitivo e, inevitabile, se si considera
il dato storico.
La storia infatti ci spiega come il papato, nella forma in cui lo conosciamo ora, sia originato da
un processo storico legato alle vicende politico-sociali di Roma.
Agli albori della cristianità la comunità romana godeva di grande prestigio, come conferma
l’epistola di San Paolo ai romani che troviamo nella Bibbia.
Sul finire del I secolo questo prestigio è ancora immutato, come si capisce dalla lettera della
comunità romana a quella di Corinto, comunemente chiamata I Clemente.
Ma ciò che accadrà nei secoli a venire è una triste storia di arroganza e di bramosia di potere,
che, con il pretesto del bisogno di unità della cristianità, finisce per sfociare nelle prerogative
papali del Medio-evo.
L’irrigidimento dottrinale e gerarchico della Chiesa era stato causato dalle molte eresie sorte
fra il I e II secolo. In particolare la “gnosi” aveva messo in crisi l’interpretazione ortodossa del
dato cristiano, grazie alla sua complessità ed elaborata interpretazione del Nuovo Testamento e
già Ireneo, nel II secolo, intuendo la difficoltà di una risoluzione solo sul campo biblico, nel suo
famoso “Contro le Eresie”, parla della tradizione apostolica, come un fedele tramandarsi
dell’insegnamento biblico nella Chiesa, per sostenere e convalidare la sua posizione. Ma quando
scriveva Ireneo, nonostante le ingenuità e gli errori, non generalizzati, comunque, da nessuna
imposizione centralizzante, la Chiesa era ancora fedele al dato evangelico.
Non scevra da errori, dicevo. Se leggiamo I Clemente, composta tra il 95 e il 96 d.C.,
comprendiamo benissimo perché lo Spirito Santo non abbia permesso che questo scritto fosse a
lungo e nemmeno per breve tempo unanimemente catalogato fra le Scritture Sacre. Sebbene
Clemente sia ben fondato, e si suppone con lui tutta la comunità di Roma, sulla sana dottrina,
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prende uno strafalcione che in virtù di nessuna tradizione si potrebbe oggi sostenere. Grazie ad
un possibile fraintendimento di un brano della traduzione greca dell'Antico Testamento dei
Settanta, Clemente nutre l’idea che la Bibbia avvalori la leggenda dell’araba fenice.
Errori di questo genere possono evitarsi concentrandosi sul vero significato, approfondendolo,
del dato biblico.
Il tragitto storico del papato
Roma sede imperiale, centro dell'impero. Roma che perseguita i cristiani. Ciò fino all'editto di
Costantino. Da qui in avanti Roma spalleggierà i cristiani, nella persona stessa del suo
imperatore.
Costantino convoca il primo concilio ecumenico a Nicea, per la risoluzione della questione
ariana, dove il futuro "Papa", allora semplice vescovo di Roma, non partecipa nemmeno in
prima persona. Diverrà solo in seguito facoltà esclusiva del Sommo Pontefice romano
convocare i Concili nella Chiesa cattolica.
Ancora nel III secolo il termine "papa", che vuol dire "padre", non era riferito esclusivamente
per quello che all’epoca era ancora soltanto il vescovo di Roma.
Dalla pace con l’impero romano e l’infiltrarsi di usi e costumi pagani nel cristianesimo, la
figura del vescovo di Roma comincia ad assumere connotati più definiti.
Il titolo di Sommo Pontefice, ad esempio, non viene dalla Bibbia, è un titolo pagano (Pontifex
Maximus) che era riferito agli imperatori romani. Lo stesso appellativo di "papa", "padre",
utilizzato in maniera assoluta e distintiva non viene dal Nuovo Testamento, dove è persino
proibito. L’uso del termine "Santo Padre" per definire il "Papa" romano, conclude il tragitto del
crescendo di questa terminologia. In verità un cristiano dovrebbe riservare l’uso d’un termine
tanto forte e significativo quale “Santo Padre” a Dio il Padre soltanto.
Leone I (440-461) rafforza la posizione della sede romana e quella del pontefice, successore di
Pietro e quindi depositario dello stesso primato concesso da Gesù all’apostolo.
“..la funzione di Leone Magno fu importante soprattutto in materia disciplinare: egli riuscì ad
estendere e precisare il potere del papa rispetto ai vescovi.
Nei primi secoli il papa era soltanto il vescovo della piccola diocesi di Roma, eletto come tutti i
suoi colleghi dal popolo e dal clero, spesso non senza contrasti. All'inizio del IV secolo egli fu
anche il metropolita dell'Italia suburbicaria (Italia peninsulare ed isole) di cui consacrava i
duecento vescovi. Lo si considerava ancora come il patriarca di Occidente. Infine rivendicò,
come successore di San Pietro, il primato universale: la tradizione della fondazione della Chiesa
romana da parte di San Pietro era molto viva all'inizio del V secolo. Egli pretese con risultati
alterni di essere al di sopra degli altri patriarchi, di prendere, in materia di dogmi, decisioni
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valide per tutta la Chiesa e di avere diritto di giudicare in ultima istanza in materia
disciplinare.”, Storia del Cattolicesimo, pag.24.
Da qui in avanti sarà una scalata al potere che dapprima era solo prestigio, poi diviene autorità
spirituale, e nel Medioevo finirà per divenire potere temporale vero e proprio.
Abbandonando in maniera sempre più definita l'insegnamento apostolico, la semplicità degli
apostoli, il Papa comincia ad assumere sempre di più i connotati dell’imperatore romano che
ormai non esisteva più.
Sebbene l’Evangelo e la tradizione primitiva richiedesse povertà e modestia, dalla Roma
pagana il clero assimilò sfarzo e ritualità. Gli onori richiesti dal Pontefice erano gli onori dei
Cesari; gli sfarzi in cui questi cominciò sempre di più ad essere immerso ricordavano più le corti
imperiali che non la sede di un autentico successore di Pietro.
Nonostante la semplicità dell’apostolo al quale diceva di succedere, ed in suo nome, si
cominciarono a pretendere reverenze ed inchini, ossequi ad una autorità che andò sempre più
definendosi ed ampliandosi.
Si comprende come la figura del pontefice romano sia molto suggestiva, ma la semplicità e
povertà dell'apostolo sono i requisiti che Dio richiedeva ad un suo vero servitore.
Nonostante sia stato iniziato e continuato l’uso del bacio del piede della supposta statua di San
Pietro, l’unico episodio nella Bibbia che ci parla di un mite tentativo fatto da qualcuno di
rendere omaggio all’apostolo, non suscita la reazione che è stata ed è dei pontefici romani.
“E come Pietro entrava, Cornelio, fattoglisi incontro, gli si gettò ai piedi e l'adorò. Ma Pietro
lo rialzò, dicendo: Alzati, anch’io sono uomo.” (Atti 10:25-26)
Pietro non aveva dimenticato le parole del suo maestro. La bramosia e l’arroganza dei suoi
supposti successori non lo riguardavano. Pietro obbedì all’insegnamento di Gesù,
comprendendone il significato spirituale che riguardava l’intera dispensazione del Nuovo Patto.
I papi preferirono trascurarlo.
Ben presto le pretese spirituali si tramutarono in pretese materiali, come la storia ci racconta.
Comparve quel documento che la sede romana utilizzò per estendere la sua supremazia persino
sulle autorità civili: la lettera con cui Costantino affidava al pontefice cristiano tutti i territori
dell'impero. Considerato autentico per molto tempo, questo documento è finito poi per rivelarsi
un clamoroso falso. Ciononostante, i privilegi ottenuti anche per mezzo d’esso non furono mai
rinunciati.
Nel Medioevo, affermato indiscutibilmente il suo primato in occidente, il Papa proseguì
indisturbato la sua politica regnando spiritualmente e politicamente.
Gli eccessi di cui la sede papale si rese colpevole in quel periodo sembrano oggi dimenticati.
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La sede romana inaugurò fra l'altro quel terribile capitolo della storia dell'umanità che è
l'inquisizione. In nome di Dio, di Cristo, di Maria e dei santi, cominciò una caccia all’eretico
che per ferocia superò persino la persecuzione romana dei cristiani. Migliaia le vittime. Atroci le
torture cui questi vennero sottoposti per rinnegare le loro teorie contro la Chiesa Cattolica.
Cito da un testo di Scuola Media Superiore, “Dal Comune alle Monarchie Nazionali” di
Augusto Camera e Renato Fabietti: “Linquisizione era un tribunale creato dalla Chiesa alla fine
del XII secolo allo scopo di ricercare gli eretici e condannarli; al tempo di (Papa) Innocenzo III
la condanna poteva giungere alla pena capitale mediante abbruciamento. In alcuni paesi, come
la Spagna, il Tribunale dell'Inquisizione funzionò fino al sec. XVIII.”
E circa gli eccessi raggiunti:
“Nel 1208 Innocenzo III (Papa) incoraggiò addirittura la preparazione di una crociata contro i
catari, detti anche Albigesi perchè particolarmente numerosi nella città di Alby, in provenza,
dove godevano della protezione dei signori della regione. Un grosso esercito guidato da avidi
feudatari francesi e tedeschi, tra il 1209 e il 1213, si gettò su questa fiorente e disgraziata
contrada che venne letteralmente devastata; tutti gli abitanti della città di Alby, eretici e cattolici,
uomini e donne, vecchi e bambini, vennero passati a fil di spada.”, pag. 20
Fu in quegli anni che morirono uomini del calibro di Wicliffe, Hus, Tyndale, finiti al rogo
perché avevano osato porgere la Parola di Dio al popolo nella sua autentica semplicità, andando
contro la corruzione papale allora dilagante, e avevano “osato” tradurre la Bibbia e leggerla al
popolo.
In quegli anni , la Bibbia stessa venne messa all’indice come libro proibito e le sue traduzioni
in volgare, - non in latino - furono proibite! Andando apertamente contro l’insegnamento di
quegli apostoli che la sede romana pretendeva di seguire, facendo peggio del clero ebraico
censurato da Gesù, nella sua determinazione a mantenere il suo potere ad ogni costo, chiudeva
la porta della salvezza a milioni di individui, curandosi soltanto che gli fossero soggetti.
Il papato finì per mettere da parte la Parola di Dio imponendosi, con un clero potentissimo (e
ricchissimo), come unica fonte autentica di ogni ammaestramento religioso.
Non bisogna confondere gli uomini con gli ideali, mi diceva la mia professoressa di italiano
delle superiori. Ma cosa fare quando sono gli uomini a creare gli ideali? Fu il Concilio di Trento
ad impedire che i vari movimenti di rinnovamento cambiassero la Chiesa cattolica. Fu il
concilio di Trento ad irrigidirsi, a proibire le traduzioni della Bibbia. Fu la Chiesa che inquisiva
a prendere la più importante decisione per il cattolicesimo. E' dalla Chiesa cattolica che
inquisiva che la chiesa romana ha ereditato la sua fede. Quegli uomini che non potevano essere
ispirati se non da demoni a perseguitare, a torturare ad uccidere, entravano in camera conciliare
e subito diventavano agenti dello Spirito Santo?
E’ la Chiesa cattolica al servizio di Dio, o Dio, comunque, qualunque cosa essa faccia, a sua
disposizione?
La corruzione del papato per secoli non può essere trascurata, non se il Papa deve essere
considerato Vicario di Cristo ed infallibile. Quegli stessi uomini che affermavano di essere
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successori di Pietro, si macchiarono d’una condotta amorale e corrotta, avendo molti come
unico cui vero fine l’arricchimento personale e il potere. Le cariche ecclesiastiche venivano
vendute. I papi avevano figli illegittimi, spesso beneficiari di loro personali favori. Le
indulgenze venivano vendute con enormi profitti carpendo la semplicità delle persone e
disprezzando la grazia di Dio[4].
Nonostante tutto, il papato ha continuato la sua ascesa, culminata nel secolo scorso con la
decisione del Concilio vaticano I che ha confermato ed ampliato persino, se era possibile, le
prerogative del pontefice romano.
La sede romana e l'ufficio papale sta ancora oggi godendo i massimi consensi, grazie alla
propria strategica capacità di adattamento ai tempi. E’ ovvio che gli eccessi e le pretese del
passato non si conciliano con un’era illuminata quale è la nostra. Quindi nessuno si sognerebbe
più di ribadire le pretese temporali del Papa o ribadire che l’obbedienza al pontefice romano è
essenziale per la salvezza dell’anima. Ma è un brutto segno che ciò non sia stato voluto da Roma
in prima persona, ma che delle contingenze abbiano richiesto questi cambiamenti e che il potere
temporale gli sia stato tolto a forza.
Gesù non ha istituito l’ufficio di Pontefice Massimo per la religione cristiana. Non ha edificato
la sua Chiesa su alcun fondamento umano. Pietro non è stato il primo Papa. Nessuna autorità
viene trasmessa ai suoi supposti successori. Il vescovo di Roma non è il Vicario di Cristo, Cristo
in terra.
Gesù stesso è ancora il Capo della Sua Chiesa; sono ancora vere in ogni senso le sue parole:
“Ogni potestà mi è stata data in cielo e sulla terra.” (Matteo 28:18)
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3. IL CLERO - IL MAGISTERO DELLA CHIESA - I CONCILI
Abbiamo già visto quali sono i ministeri che lo Spirito Santo ha voluto nella Chiesa. Non vi
abbiamo trovato nessuna menzione di sacerdoti o preti, cardinali, ecc... In buona sostanza di una
gerarchia come quella che ci propone il cattolicesimo. E’ sul principio di una ripartizione di
compiti che la Bibbia enumera diversi ministeri, non con l’intento di costituire una scala
gerarchica. Difatti aveva specificato Paolo che questi ministeri erano dati ”per il
perfezionamento dei santi, per l’opera del ministerio, per la edificazione del corpo di Cristo”, in
altre parole per l’unico fine del bene comune ed avanzamento dell’Evangelo. Rimaneva poi
sempre valido il monito di Gesù: “Voi sapete che i principi delle nazioni li signoreggiano, e che
i grandi usano podestà sopra di esse. Ma non è così tra voi; anzi, chiunque vorrà essere grande
fra voi, sarà vostro servitore.” (Matteo 20:25-26)
Ma procediamo con ordine.
Nell’antico patto stretto con Israele, Dio ordinò una casta sacerdotale per offrire a Dio quei
servigi divini che il Levitico descrive nei dettagli. I sacerdoti erano veramente distinti dal
popolo e in un certo senso fungevano da tramite fra il popolo e Dio. A loro soltanto, ed in
determinate circostanze, era permesso accedere alle zone del tempio chiamate Luogo Santo e
Luogo Santissimo (ovvero Santo dei Santi), figura del cielo stesso, della dimora di Dio.
Il loro compito più importante era offrire i sacrifici richiesti dalla Legge mosaica per
l’espiazione dei peccati e perciò erano chiamati sacerdoti.
Col Nuovo Testamento questa situazione è drasticamente mutata.
La Legge di Mosè, ci insegna il Nuovo Testamento, prefigurava le realtà spirituali del Nuovo
patto in Gesù.
“Poiché la legge (mosaica), avendo un'ombra dei futuri beni, non la realtà stessa delle cose...”
(Ebrei 10:1)
Grazie all’opera perfetta di redenzione compiuta da Gesù l’accesso alla presenza di Dio è stato
dato a tutti coloro che credono in lui.
“Avendo dunque, fratelli, libertà d'entrare nel santuario in virtù del sangue di Gesù, per quella
via recente e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso la cortina, vale a dire la sua
carne.” (Ebrei 10:19-20)
Quando Gesù morì la cortina del tempio ebraico che divideva il Luogo Santo dal Luogo
Santissimo si fendé in due, come riportano il Vangelo di Matteo, indirizzato in particolare agli
ebrei che potevano ben comprendere il significato d’un tale evento. Con il sacrificio perfetto di
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Cristo, la riconciliazione con Dio prefigurata dai servizi ebraici era stata compiuta e l’accesso a
Dio garantito a chiunque avesse creduto. Più avanti ne parlerò in dettaglio. Non vi era
previsione nel Nuovo Patto di servizi divini nel senso veterotestamentario, o di una casta
sacerdotale che mediasse fra Dio e l’uomo.
Tutti i veri cristiani sono sacerdoti di Dio, in un senso spirituale, e a nessuno si può riferire
questo termine in senso restrittivo e nel significato che era per l’Antico Patto.
Scrive l’apostolo Pietro: “Accostandovi a lui, pietra vivente, riprovata bensì dagli uomini ma
innanzi a Dio eletta e preziosa, anche voi, come pietre viventi, siete edificati qual casa
spirituale, per essere un sacerdozio santo per offrire sacrifici spirituali, accettevoli a Dio per
mezzo di Gesù Cristo.” (1Pietro 2:4-5)
Eppure è in senso esclusivo e attribuendo al termine un significato restrittivo che la Chiesa
cattolica intende l’ufficio del "sacerdote".
A capo della chiesa locale, secondo l’insegnamento di Paolo, sta il pastore, o vescovo, termini
che designano la stessa figura che soprintende alla comunità, nessuna menzione è fatta di una
casta sacerdotale, di preti o dei loro compiti.
Scrive Paolo a Timoteo e poi a Tito:
“Certa è questa parola: se uno aspira all’ufficio di vescovo, desidera un’opera buona. Bisogna
dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, assennato,
costumato, ospitale, atto ad insegnare, non dedito al vino né violento, ma sia mite, non
litigioso, non amante del danaro che governi bene la propria famiglia e tenga i figlioli in
sottomissione e in tutta riverenza (che se uno non sa governare la propria famiglia, come potrà
aver cura della chiesa di Dio?), che non sia novizio, affinché, divenuto gonfio d’orgoglio, non
cada nella condanna del diavolo. Bisogna inoltre che abbia una buona testimonianza da quelli
di fuori, affinché non cada in vituperio e nel laccio del diavolo. Parimenti i diaconi debbono
esser dignitosi, non doppi in parole, non proclivi a troppo vino, non avidi di illeciti guadagni;
uomini che ritengano il mistero della fede in pura coscienza. E anche questi siano prima
provati; poi assumano l’ufficio di diaconi se sono irreprensibili. Parimenti siano le donne
dignitose, non maldicenti, sobrie, fedeli in ogni cosa. I diaconi siano mariti di una sola moglie,
e governino bene i loro figlioli e le loro famiglie. Perché quelli che hanno ben fatto l’ufficio di
diaconi, si acquistano un buon grado e una gran franchezza nella fede che è in Cristo Gesù.”,
(1 Timoteo 3:1-11)
“Per questa ragione t’ho lasciato in Creta: perché tu dia ordine alle cose che rimangono da
fare, e costituisca degli anziani per ogni città, come t’ho ordinato; quando si trovi chi sia
irreprensibile, marito d’una sola moglie, aventi figlioli fedeli, che non siano accusati di
dissolutezza o insubordinati. Perché il Vescovo bisogna che sia irreprensibile, come economo di
Dio...” (Tito 1:5-7)
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“Badate a voi stessi - dice Paolo ai responsabili (anziani) della Chiesa di Efeso - e a tutto il
gregge, in mezzo del quale lo Spirito Santo vi ha costituiti Vescovi, per pascere la Chiesa di
Dio...” (Atti degli Apostoli 20:28)
Scrive Pietro: “Io esorto dunque gli anziani che sono fra voi, io che sono anziano con loro e
testimone delle sofferenze di Cristo e che sarò pure partecipe alla gloria che ha da essere
manifestata: Pascete il gregge di Dio che è fra voi, non forzatamente, ma volenterosamente
secondo Dio; non per vile guadagno, ma di buon animo; e non signoreggiando quelli che vi
sono toccati a sorte, ma essendo gli esempi del gregge.”, (1 Pietro 5:1-3)
Nessuna descrizione dell'ufficio di sacerdote per il nuovo patto, nessuna menzione a riguardo.
Nessuna menzione delle caratteristiche del sacerdote cattolico.
Nessuna menzione del celibato, pietra portante del sacerdozio cattolico. Al contrario, Paolo
specifica che il vescovo può essere sposato.
Ma c'è un'altra cosa che è doveroso aggiungere: sebbene la Bibbia non proibisca il celibato,
condanna senza riserve la sua imposizione.
1 Timoteo 4:1-3: “Ma lo Spirito dice espressamente che nei tempi a venire alcuni si
allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti seduttori, e a dottrine di demoni per via della
ipocrisia di uomini che proferiranno menzogna, segnati di un marchio nella loro propria
coscienza; i quali vieteranno il matrimonio e ordineranno l'astensione da cibi che Dio ha
creati...”
Nessun motivo biblico costringe il clero in generale a non prendere moglie. Paolo non era
sposato, ma per sua scelta personale. Pietro lo era e sua moglie lo seguiva: “Non abbiamo noi il
diritto di mangiare e di bere? Non abbiamo noi il diritto di condurre attorno con noi una
moglie, sorella in fede, come fanno gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa (Pietro).” (1
Corinzi 9:5)
Il celibato è stato imposto al clero dal Concilio di Elvira (in Spagna) nel 360 d.C.
“Nel III secolo, tanto in Occidente quanto in Oriente, si nota l’affermarsi del celibato del clero e,
contemporaneamente, della progressiva determinazione delle norme per la scelta e la
formazione dei ministri, che si distinguono sempre più dai semplici fedeli. Dell'obbligo del
celibato si parlerà per la prima volta nel concilio provinciale di Elvira (Granata), in Spagna,
verso il 360: inizierà così la disciplina caratteristica della Chiesa latina.”, Storia della Chiesa,
pag. 90.
Certamente questa pratica non viene dalle Sacre Scritture, non può essere stata trasmessa dagli
apostoli, perché tutt’altra era la regola apostolica. L’uso della Chiesa cattolica è frutto d’un
estremismo che non trova sostegno nell’autentico insegnamento del Nuovo Testamento.
Nessuna menzione nel Nuovo testamento anche della Confessione Auricolare al prete.
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“Tra il sec. VIII e IX si generalizza la pratica della confessione segreta, con penitenza segreta,
per tutti i peccati. Tale pratica è iniziata nei monasteri irlandesi. Introdotta nel continente
europeo dai monaci missionari, è stata poi generalizzata, mentre la confessione e la penitenza
pubbliche, con la riconciliazione pubblica, cadevano in disuso, prima in Occidente e poi in
Oriente.”, Storia della Chiesa, nota di pag. 95.
Ci dice la Scrittura della Confessione: “Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi
stessi, e la verità non è in noi. Se confessiamo ("riconosciamo", "ammettiamo" non
enumeriamo) i nostri peccati, egli è fedele e giusto da rimetterci i peccati e purificarci da ogni
iniquità. Se diciamo di non avere peccato lo facciamo bugiardo e la Verità non è in noi.” (1
Giovanni 1:8-10)
Il silenzio completo della Scrittura sulla Confessione come è intesa nella Chiesa Cattolica non
poteva essere più significativo ed eloquente.
Non troviamo nessuna menzione di cerimoniali o formule che la riguardino; non è detto che
debba essere fatta al prete, ma è chiaro che è a Dio che bisogna rivolgersi; niente è detto di
penitenze.
L’unica affermazione che troviamo nel Nuovo Testamento è il sunto dell’amore di Dio verso la
creatura che torna a lui: ravvedimento ed efficacia dell'opera di Cristo: “il sangue di Gesù suo
Figlio ci purifica da ogni peccato.” (1 Giovanni 1:8)
Il ruolo di mediazione fra l’uomo e Dio compiuta dal prete non è nemmeno preso in
considerazione nel Nuovo Testamento, dove al contrario ci viene insegnato che Dio può e vuole
ascoltare gli uomini e che tutti i credenti hanno in Cristo libero accesso alla presenza Dio.
Mi è stato chiesto una volta: “Ma come si fa a sapere che Dio ci ha perdonato?” E io chiedo
allora: come hanno fatto i cristiani per secoli a sapere d’essere stati perdonati da Dio?
Nella chiesa romana il ritualismo ha sostituito l’opera dello Spirito Santo e la penitenza un
autentico ravvedimento e sottomissione alla Parola di Dio.
La pratica della confessione auricolare comincia a diffondersi fra l’VIII e il IX secolo.
E’ il Concilio Lateranense nel 1215 d.C. a formalizzare l’obbligo della confessione al prete
almeno una volta l’anno - obbligo per molti cattolici oggi caduto nel dimenticatoio.
Vengono di solito addotti dei passi biblici a difesa della confessione auricolare al prete. Ma se
questi parlassero della Confessione cattolica, ciò implicherebbe che per secoli la Chiesa non li
avesse realmente compresi. Li aveva compresi benissimo, invece, ed è solo un allontanamento
dagli ideali che propongono ed una forzatura del testo che permette al clero cattolico di addurli a
motivo delle sue innovazioni.
La complessa ritualità della Messa, dei sacramenti e delle cerimonie solenni in genere che
vedono i sacerdoti come protagonisti nella prassi della Chiesa Romana non vengono dal Nuovo
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Testamento. Più avanti parlerò in un capitolo a parte della Messa e del suo significato visto in
relazione all'insegnamento apostolico.
Anche la figura del prete è nata da uno sviluppo della Chiesa, da una evoluzione che, però,
ancora assume più i caratteri di una involuzione, visto l’inconciliabile distacco con l’ideale
della Chiesa primitiva.
L’ “evoluzione” che ha portato alla nascita della figura del prete, ha anche creato la gerarchia
cattolica come noi la conosciamo. Nella Bibbia infatti non esistono cardinali e neanche vescovi
nel senso cattolico del termine. L'abbiamo già detto.
L’importanza del clero nella chiesa cattolica, il divario netto che esiste fra questo e i laici, sfocia
in importanti conseguenze che avranno a sua volta delle ripercussioni nella dottrina della chiesa
di Roma.
Il Concilio, che riguarda esclusivamente il clero e cui nessun laico può mai opporsi, è stato
determinante per la formazione della chiesa romana come noi la conosciamo. Sebbene la
Scrittura ci offra l’esempio di qualcosa che è molto simile ad un Concilio, i connotati che questo
assume nella Chiesa cattolica non vengono certo dalla Bibbia. Come il Papa, e, forse, con una
autorità persino superiore, il Concilio è infallibile; sostanzialmente cioè le sue affermazioni sono
alla stessa stregua delle affermazioni della Bibbia, Parola di Dio.
Ancora nel IV secolo la Chiesa, però, sconosce il sistema assolutistico del clero romano.
Il primo Concilio Universale è convocato da Costantino, a Nicea, 325 d.C., per deliberare sulla
questione ariana. Il “papa” non vi parteciperà nemmeno in prima persona.
Il seme è stato gettato, però, e negli anni a venire il Concilio si autoattribuirà un potere maggiore
e persino inappellabile.
Una volta affermatosi sul popolo, sui laici, era ovvio che il clero mirasse a guadagnare sempre
maggiore potere, o, per meglio dire, che persone senza scrupoli potessero utilizzare le alte
cariche ecclesiastiche per i propri fini. La Riforma protestante giunse proprio quando la
corruzione del clero cattolico, indisturbato, era al suo più sfacciato culmine.
Oggi viviamo chiaramente in un periodo dove questo processo è addirittura invertito - alcuni
conservatori della chiesa cattolica non vedono difatti di buon occhio le recenti aperture. Ma di
questo ne parleremo più avanti.
Con questa solida struttura gerarchica ormai ben definita, il clero romano finisce per porsi fra
l’uomo e Dio. La Chiesa cattolica diventa il tramite per arrivare a Dio; gli sforzi hanno senso
solo se compiuti attraverso lei. Il concetto del Nuovo Testamento è completamente stravolto,
con un danno alla spiritualità del cattolico medio a tutt’oggi evidente.
La Chiesa diviene sinonimo della gerarchia clericale e i fedeli sono come tagliati fuori
dall’accesso diretto a Dio.
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La Chiesa Cattolica Romana, istituzione organizzata in una struttura gerarchica che ricorda più
un corpo militare che il corpo di Cristo, anziché fungere da ponte, finisce per porsi fra Dio e
l’uomo. La Parola di Dio non può essere esaminata liberamente dai cristiani, è la Chiesa che la
insegna in maniera infallibile, ed a questo magistero nessuno può opporsi. La gerarchia cattolica
finisce per identificarsi con la Chiesa, non rappresentarla soltanto.
Se il Papa ed i Concili sono infallibili, a completare il quadro viene a sommarsi il cosiddetto
Magistero della Chiesa, anch’esso infallibile.
A questa tirannia dottrinale, la Riforma e il movimento protestante opposero la teoria del libero
esame. Che vuol dire?
Il Magistero infallibile della Chiesa romana implica che corrisponda a Verità infallibile solo
quello che è ratificato dalla Chiesa Cattolica e per logica conseguente che tutto ciò che non è
conforme ad esso è eresia. Per quanto insegna, la Chiesa Cattolica chiede ai suoi fedeli fede
come come parola di Dio, in quanto, per l’autorità che Dio ha dato alla Chiesa Romana, essa
sostiene di non poter errare in materia dottrinale.
Alla domanda “Che cosa bisogna credere?”, risponde così Giuseppe De Rosa nel suo “Fede
Cristiana Tecnica e secolarizzazione”, pag.41: “devono essere credute con fede divina e
cattolica (= l’assenso di fede che meritano Dio come infallibile e la Chiesa come depositaria,
custode ed annunciatrice della sua Parola) tutte quelle cose che sono contenute nella Parola di
Dio scritta o tramandata e che la Chiesa propone alla fede dei cristiani come divinamente
rivelate sia con una definizione solenne sia nel magistero ordinario ed universale. Cioè, i
cristiani devono dare l'assenso di fede alle verità contenute nella Sacra Scrittura e nella
Tradizione, che sono proposte dalla Chiesa come rivelate da Dio non soltanto nelle solenni
definizioni dogmatiche, pronunciate dai Concili ecumenici o dal papa parlante ex cathedra, ma
anche nel magistero ordinario ed universale, cioè quando il papa ed i vescovi moralmente
unanimi, pur non uniti in Concilio ma sparsi per il mondo, insegnano una verità rivelata da
Dio.”
Da qui consegue l’assoluto disinteresse in materia spirituale del cattolico medio. Se la Bibbia
non può interpretarsi, se l’ultima parola spetta ai preti: perché leggerla? – può concludere
cinicamente il cattolico medio. Basta ascoltare quello che dice il catechismo – ma in verità oggi
non esiste nemmeno questa pressante preoccupazione.
L’errore di questa concezione, è chiaro, e risiede ancora nell’idea troppo restrittiva di ciò che è
veramente la Chiesa e l'ingiustificata esaltazione del ruolo del clero.
Tutti coloro che fanno parte della Chiesa hanno ricevuto lo Spirito Santo. E da questo sono
guidati nella comprensione della verità. Lo Spirito Santo non è una prerogativa di pochi, ma di
tutti coloro che hanno veramente creduto: “In lui (in Cristo) voi pure, dopo avere udito la parola
della verità, l'evangelo della vostra salvezza, in lui avendo creduto, avete ricevuto il sigillo
dello Spirito Santo che era stato promesso.” (Efesini 1:13). Ancora lo stesso apostolo Paolo
spiega ai romani: “...tutti quelli che sono condotti dallo Spirito di Dio, sono figliuoli di Dio.”
(Romani 8:14)
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Dio non ci ha lasciati soli. Quando Gesù promise lo Spirito Santo, ci spiegò perché egli doveva
abitare in noi.
“ ... io pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro Consolatore, perché stia con voi in perpetuo,
lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi
lo conoscete, perché dimora con voi, e sarà in voi.
... Queste cose v’ho detto, stando ancora con voi; ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il
Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi rammenterà tutto quello che v’ho
detto
... quando sarà venuto il Consolatore che io vi manderò da parte del Padre, lo Spirito della
verità che procede dal Padre, egli testimonierà di me; e anche voi mi renderete testimonianza,
perché siete stati meco fin dal principio.
... Pure, io vi dico la verità, egli v’è utile ch’io me ne vada; perché, se non me ne vado, non
verrà a voi il Consolatore; ma se me ne vo, io ve lo manderò."
Da questi brani è chiaro come nessun uomo sia il Vicario (sostituto terreno di Gesù), bensì lo
Spirito Santo!
(Consiglio un'attenta lettura del vangelo di Giovanni, capitoli 14, 15 e 16, da dove tratto le
citazioni su riportate)
Tutti i cristiani hanno non solo il diritto ma anche e forse soprattutto il dovere di accedere ai dati
della Rivelazione. Se lasciano che Dio li guidi, se sono pronti a sottomettersi a Lui, Dio è fedele,
li illuminerà, tramite il suo Spirito.
Il problema di fondo che la creazione della complessa struttura della Chiesa Cattolica voleva
risolvere è l’unità della Chiesa. Ma l’unità voluta da Cristo è spirituale, nella Verità e non un
vuoto uniformarsi a parole a regole imposte dall’esterno. Certo la Chiesa Romana è veramente
unita: un unico credo, un unico capo, gli stessi riti e gli stessi usi in tutto il mondo, la stessa
dottrina imposta da Roma. Ma è un’unità fittizia, apparente, che risulta in un inaridimento del
fedele medio, più spettatore che partecipe alla vita della Chiesa, identificata con il clero e
distinta dai credenti in genere. Unità fittizia, ho detto, perché in pratica non ho mai conosciuto
due cattolici che la pensassero esattamente alla stessa maniera (ma è umano che sia così) o che
avessero cura di uniformarsi al magistero cattolico. Non ho conosciuto nessuno che mi ha detto:
ci credo perché la Chiesa Cattolica lo insegna ed io obbedisco alla sua autorità. Molti invece
propongono un quasi rassegnato: mi hanno insegnato così.
L’unità esistente fra le comunità dei primi secoli e quelle evangeliche di oggi sia nel credo che
nello Spirito, è quindi più concreta e vera dell’unità voluta dalla Chiesa cattolica, sebbene non
corrisponda ad una piatta o artificiale uniformità.
Nella Chiesa originaria, è chiaro leggendo le epistole di Paolo, esistevano diverse comunità
locali, ognuna indipendente dall’altra. E' impensabile che fra queste esistesse l’uniformità in
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tutte le dottrine credute – non parlo certamente dei fondamenti della fede dell’Evangelo. Ma
nessuna si imponeva sull'altra, arrogandosi una supremazia di qualsivoglia genere.
Lo stesso accade oggi nei movimenti evangelici e protestanti in genere.
Le chiese valdesi, metodiste, pentecostali, battiste, e così via, sono tutte l’espressione della
libertà dell’individuo nell'indagine della Parola di Dio ... Nessuna di queste denominazioni osa
arrogarsi la perfezione, ma vive con convinzione il suo credo nel rispetto di chi ha delle
differenze di vedute su dettagli minori. Fra tutte le confessioni evangeliche, comunque, va
evidenziato, vi è consenso sui dettami principali della fede.
Per noi la Bibbia è l’unica fonte per le dottrine cristiane, Gesù l’unico Salvatore ed è
stupefacente come la libertà del credente, nell'autentica guida dello Spirito Santo, operi in queste
diverse chiese in maniera diversa ma con i medesimi risultati.
La Bibbia non è un libro difficile. E’ piuttosto un libro pericoloso, scomodo, perché annuncia la
Verità senza mezzi termini. E la Verità non è sempre piacevole. Specie quando questa cozza
contro gli interessi degli uomini, ancora oggi più naturalmente interessati alla ricerca del
prestigio e del potere piuttosto che della vita al servizio della semplicità dell'Evangelo di Cristo.
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4. LA MESSA IL SACRIFICIO
E’ stato il Concilio di Trento a stabilire con suo decreto infallibile che la Messa cattolica è un
sacrificio, ribadendo il dogma della transustanziazione, secondo il quale l’ostia e il vino
“offerti” dal prete sull'altare si tramutano realmente in corpo e sangue di Cristo e viene
rinnovato in questo modo il suo sacrificio.
La celebrazione di questo rito è molto fastosa, segue un rituale ben definito, elaborato durante i
secoli, e può essere officiata solo dal clero - sebbene sembra che di recente vi siano state delle
aperture in questo senso.
Leggiamo comunque cosa ci dice la Bibbia della Cena del Signore, della sua istituzione e della
sua celebrazione nella Chiesa primitiva.
“E quando l’ora fu venuta, egli si mise a tavola, e gli apostoli con lui. Ed egli disse loro: Ho
grandemente desiderato di mangiar questa pasqua con voi, prima ch’io soffra; poiché io vi dico
che non la mangerò più finché sia compiuta nel regno di Dio. E avendo preso un calice, rese
grazie e disse: Prendete questo e distribuitelo fra voi; perché io vi dico che oramai non berrò
più del frutto della vigna, finché sia venuto il regno di Dio. Poi, avendo preso del pane, rese
grazie e lo ruppe e lo diede loro, dicendo: Questo è il mio corpo il quale è dato per voi:fate
questo in memoria di me. Parimente ancora, dopo aver cenato, dette loro il calice dicendo:
Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, il quale è sparso per voi.” (Luca 22:14-20)
Scrive l’apostolo Paolo ai Corinzi, 11:23-26: “Poiché ho ricevuto dal Signore quello che anche
v’ho trasmesso; cioè, che il Signor Gesù, nella notte che fu tradito, prese del pane; e dopo aver
reso grazie, lo ruppe e disse: Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria
di me. Parimente, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: Questo calice è il nuovo
patto nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne berrete, in memoria di me. Poiché ogni
volta che voi mangiate questo pane e bevete di questo calice, voi annunziatela morte del
Signore, finch’egli venga.”
Sebbene la chiesa romana non porga il calice ai fedeli, in nessun modo può parteciparsi alla
Santa Cena in maniera vera senza avere parte anche al calice. La Bibbia non ci tramanda
formule particolari, né obbliga la celebrazione un certo numero di volte al giorno o la settimana.
Ma l'aspetto della Messa cattolica su cui mi voglio particolarmente soffermare è il fatto che
questa sia una vera e propria ripetizione del sacrificio di Cristo. E questo, lo dico subito, non
trova nessuno spunto dai brani biblici che ho appena citato, dove è presente l'ordine del
Signore"fate questo in memoria di me" ed è spiegato che la Cena del Signore è ripetuta dai
credenti per annunciare la morte del Signore e ciò fino al suo ritorno. E' seguendo la semplicità
del dettato biblico che gli evangelici celebrano il ricordo di quell'ultima cena di Gesù con gli
apostoli, partecipando tutti sia al calice che al pane.
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Nell'antico patto Dio aveva ordinato a Mosè dei sacrifici, da offrirsi periodicamente e con dei
riti ben precisi. Questi, però, in se stessi non avevano alcuna reale efficacia ed erano soltanto un
“tipo”, una “figura” del sacrificio che un giorno sarebbe stato compiuto da Gesù, l’ “ombra”
delle cose che si sarebbero compiute in Cristo, per utilizzare la terminologia biblica.
L’epistola agli Ebrei, proprio perché rivolta a degli ebrei convertiti al cristianesimo, stabilisce la
relazione fra il sacrificio di Gesù e i sacrifici previsti dall'Antico Patto.
"Ma venuto Cristo, Sommo Sacerdote dei futuri beni, egli, attraverso il tabernacolo più grande
e più perfetto, non fatto con mano, vale a dire, non di questa creazione, e non mediante il
sangue di becchi e di vitelli (il cui sacrificio era previsto dalla Legge mosaica), ma mediante il
proprio sangue, è entrato una volta per sempre nel santuario, avendo acquistata una
redenzione eterna. Perché, se il sangue di becchi e di tori e la cenere d’una giovenca sparsa su
quelli che son contaminati santificano in modo da dar la purità della carne, quanto più il
sangue di Cristo che mediante lo Spirito eterno ha offerto se stesso puro d’ogni colpa a Dio,
purificherà la vostra coscienza dalle opere morte per servire all’Iddio vivente? Ed è per questa
ragione che egli è mediatore d’un nuovo patto, affinché, avvenuta la sua morte per la
redenzione delle trasgressioni commesse sotto il primo patto, i chiamati ricevano l’eterna
eredità promessa. [...] Era dunque necessario che le cose raffiguranti quelle nei cieli fossero
purificate con questi mezzi, ma le cose celesti stesse dovevano esserlo con sacrifici più
eccellenti di questi. Poiché Cristo non è entrato in un santuario fatto con mano, figura del vero;
ma nel cielo stesso, per comparire ora, al cospetto di Dio, per noi; e non per offrire se stesso
più volte, come il sommo sacerdote, che entra ogni anno nel santuario con sangue non suo;
perché, in questo caso, avrebbe dovuto soffrire più volte dalla fondazione del mondo; ma
ora, una volta sola, alla fine de’ secoli, è stato manifestato, per annullare il peccato col suo
sacrificio. E come è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il
giudizio, così anche Cristo, dopo essere stato offerto una volta sola, per portare i peccati di
molti, apparirà una seconda volta, senza peccato, a quelli che l’aspettano per la loro salvezza.
Poiché la legge, avendo un’ombra dei futuri beni, non la realtà stessa delle cose, non può mai
con quegli stessi sacrifici, che sono offerti continuamente, anno dopo anno, rendere perfetti
quelli che s’accostano a Dio. Altrimenti non si sarebb’egli cessato d’offrirli, non avendo più gli
adoratori, una volta purificati, alcuna coscienza di peccati? Invece in quei sacrifici è rinnovato
ogni anno il ricordo dei peccati; perché è impossibile che il sangue di tori e di becchi tolga i
peccati. Perciò, entrando nel mondo, egli (Gesù) dice: Tu non hai voluto né sacrificio né
offerta, ma mi hai preparato un corpo; non hai gradito né olocausti né sacrifici per il
peccato. Allora ho detto: Ecco, io vengo (nel rotolo del libro è scritto di me) per fare, o Dio, la
tua volontà. Dopo aver detto prima: Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici, né offerte,
né olocausti, né sacrifici per il peccato (i quali sono offerti secondo la Legge), egli dice poi:
Ecco, io vengo per fare la tua volontà. Egli toglie via il primo per stabilire il secondo. In virtù
di questa "volontà" noi siamo stati santificati, mediante l’offerta del corpo di Gesù Cristo fatta
una volta per sempre. E mentre ogni sacerdote è in piè ogni giorno ministrando e offrendo
spesse volte gli stessi sacrifici che non possono mai togliere i peccati, questi (Gesù), dopo aver
offerto un unico sacrificio per i peccati, e per sempre, si è posto a sedere alla destra di Dio,
aspettando solo più che i suoi nemici siano ridotti ad essere lo sgabello dei suoi piedi.
Perché con un’unica offerta egli ha per sempre resi perfetti quelli che son santificati. E anche
lo Spirito Santo ce ne rende testimonianza. Infatti, dopo aver detto: Questo è il patto che farò
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con loro dopo quei giorni, dice il Signore: Io metterò le mie leggi ne’ loro cuori; e le scriverò
nelle loro menti, egli aggiunge: E non mi ricorderò più de’ loro peccati e delle loro iniquità.
Ora, dov’è remissione di queste cose, non c’è più luogo a offerta per il peccato.”
(dall'epistola agli Ebrei, capitoli 9 e 10. Consiglio vivamente, però, l'intera lettura di questa
epistola)
Il sacerdozio dell’Antico Testamento era solo un’immagine del sacerdozio di Cristo. Il Tempio
era un’immagine del Cielo. Le offerte e i sacrifici previsti dalla Legge mosaica miravano al
perfetto sacrificio di Cristo sulla croce. L’Antico Patto annunciava il Nuovo. Il Nuovo
completava ogni cosa e Gesù poté così dire sulla croce: “E’ finita!”
Ciò che era tipologico e visibile nell’antico patto, transitorio, diviene ora nel nuovo vero e
spirituale, definitivo.
La Chiesa cattolica sembra aver perso di vista questo fatto e dietro la bellezza della sua
complessa ritualità sia tornata indietro al vecchio anziché gioire nella completezza del nuovo.
Più che partecipare alla Cena del Signore i cattolici, infatti, sembrano esserne spettatori soltanto.
E bisogna ricordare a riguardo che fino a non molti anni fa la messa veniva officiata in latino
soltanto. E' come se alla stessa stregua dell' Antico Testamento i cattolici non possano entrare
alla presenza di Dio e deleghino il sacerdote per farlo al posto loro.
Questo tradisce la sostanza del nuovo patto.
Con la morte di Gesù sulla croce col suo sacrificio gradito a Dio, egli ha riconciliato a sé
l’umanità, sicché chiunque ha creduto possa avere libero accesso al Luogo Santissimo, al Cielo
stesso, la presenza di Dio. Se noi non siamo degni, Gesù ci ha reso degni per la sua opera di
redenzione.
“Avendo dunque, fratelli, libertà d'entrare nel santuario (nel cielo stesso) in virtù del sangue di
Gesù, per quella via recente e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso la cortina, vale
a dire la sua carne...” (Ebrei 10:19)
La cosiddetta cortina del tempio di Gerusalemme separava il luogo santo dal luogo santissimo.
Con l'evidente significato spiegato dall'epistola agli Ebrei, ecco cosa descrive l'evangelista
Matteo. "E Gesù, avendo di nuovo gridato con gran voce, rese lo spirito. Ed ecco, la cortina del
tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si schiantarono ... " (Matteo
27:50-51). Il luogo santissimo, come abbiamo letto, era figura del cielo stesso, della vera dimora
di Dio; in Cristo, grazie al suo perfetto sacrificio gradito a Dio, l'inimicizia fra l'uomo e Dio ha
fine e chi crede in Gesù, proprio in virtù della sua perfetta ed unica opera di redenzione, può
avere accesso alla presenza di Dio stesso. Non vi è bisogno di alcun intermediario, di nessuno
che offre al posto nostro sacrifici per i nostri peccati, noi stessi possiamo avere accesso al cielo,
da dove “... offriamo del continuo a Dio un sacrificio di lode: cioè, il frutto delle labbra
confessanti il suo nome.” (Ebrei 13:15)
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Il sacrificio di Gesù perfetto, proprio in quanto tale, non ha alcun bisogno di essere ripetuto. La
messa cattolica, il sacrificio, non ha alcun senso nel nuovo patto. La devastante semplicità della
Parola di Dio e le meravigliose realtà spirituali alle quali ci invita a partecipare, non li troviamo
nella fastosa ritualità dell'inutile ripetizione di un sacrificio irripetibile che è la messa cattolica.
Proprio perché nel nuovo patto non sono previsti alcuni sacrifici, il Nuovo Testamento non parla
di un sacerdozio, se non riferendosi a tutti i credenti i quali offrono i sacrifici spirituali della
propria lode.
"Accostandovi a lui (a Cristo), pietra vivente, rifiutata dagli uomini, ma davanti a Dio scelta e
preziosa, anche voi, come pietre viventi, siete edificati per formare una casa spirituale, un
sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo." (1
Pietro 2:4-5)
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5. LA SALVEZZA PER GRAZIA - IL BATTESIMO -IL PURGATORIO
La salvezza per Grazia mediante la Fede
Il concilio di Trento prese una storica decisione, quando contro le idee dei protestanti, affermò
in maniera definitiva che per la Chiesa cattolica non bastava la fede soltanto per essere
giustificati davanti a Dio, ma occorrevano anche le opere.
Il risultato della cultura cattolica in questo senso, ha portato persino ad una totale distorsione del
significato autentico del cristianesimo e della stessa persona di Cristo. La filosofia di base del
cattolico medio ha finito per bandire il Cristo dalla sua vita e trascurare la sua opera salvifica.
“L'importante è comportarsi da brava persona, non fare male a nessuno, fare il bene quando si
può, ecc...”, sono le frasi che ci sentiamo ribattere quando parliamo di salvezza dell’anima, di
peccato e di condanna per gli impenitenti.
Questa filosofia spiccia non è la logica del cristianesimo, neppure del cattolicesimo, grazie a Dio
- quantunque il clero cattolico non si sforzi poi tanto per correggere gli strafalcioni in materia
spirituale dei suoi fedeli. Forse per loro è più importante che i fedeli siano fedeli a loro,
qualunque cosa credano o pensino, vivano o sentano?
La Bibbia ci dice che “La ricompensa del peccato è la morte ...” (Romani 6:23). Ci dice anche
che tutti gli uomini hanno peccato “Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio”
(Romani 3:23) e che “Se diciamo di essere senza peccato inganniamo noi stessi, e la verità non
è in noi.” (1 Giovanni 1:8)
Solo dopo aver compreso il nostro stato di peccatori, possiamo comprendere che abbiamo
bisogno di una salvezza dal peccato. Dio stesso ha provveduto una via per la redenzione
dell’uomo. Nel suo Figlio Gesù Cristo egli provvede il perfetto riscatto da pagare per liberare
dalla prigionia del peccato coloro che riporranno la loro fede in Lui.
Gesù è la perfetta Rivelazione di Dio, un esempio da seguire, un maestro, ma è soprattutto il
nostro Salvatore!
Scrive l'apostolo Paolo: “In lui abbiamo noi abbiamo la redenzione” (Efesini 1:7)
Il cristianesimo non getta le basi per una nuova religione che dica ciò che bisogna fare per
giungere al Paradiso, per scampare alla condanna che l'uomo immagina debba esistere per i
malvagi al termine di questa esistenza terrena. Il cristianesimo diffonde la buona notizia,
tecnicamente definita come l’Evangelo, che Dio ha dato agli uomini un modo per salvarsi dal
peccato e dalle sue inevitabili conseguenze e che questa salvezza è in Gesù, Figlio di Dio.
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“Iddio ha tanto amato il mondo che egli ha dato il suo unigenito figliuolo affinché chiunque
crede in lui non perisca ma abbia vita eterna.” (Giovanni 3:16)
Dio stesso tramite la sua Parola ci dice che credendo in lui, in Gesù, il Figlio di Dio inviato dal
Padre per pagare per i nostri peccati sulla croce abbiamo vita eterna. Ma questa semplice verità
abita male nella mente dell’uomo che ancora una volta non vuole comprendere le vie di Dio, e
preferisce fare di testa propria: “se c’è una salvezza io riuscirò a guadagnarmela.”, è
l’atteggiamento naturale dell’uomo.
La Chiesa Cattolica asseconda questo bisogno di sentirsi “remunerato” dell’uomo, partecipe,
anzi protagonista della sua vita, anche futura.
I primi cristiani credevano, però, che la salvezza fosse per fede soltanto, come ci confermano le
parole del Nuovo Testamento in diversi punti.
La Chiesa Cattolica, stabilitasi come sistema gerarchico assoluto, ritenne utile per consolidare il
suo potere sul popolo e la dipendenza dei laici dalla sua opera mediatrice di stabilire che la fede
soltanto non bastasse. La fede quindi passava per la Chiesa. Bisognava partecipare, ad esempio,
ai sacramenti – che solo la Chiesa ha il potere di impartire. In altri tempi, si potevano persino
comprare delle indulgenze. Ancora oggi, abusando della credulità popolare e del radicato culto
dei morti della nostra tradizione, è diffuso l’uso delle messe offerte a suffragio per i defunti, per
abbreviarne il soggiorno in Purgatorio ed ingrossare la borsa della Chiesa. In generale, una serie
di obblighi lega il cattolico all'istituzione gerarchica, stabilendo la sua totale dipendenza da essa
per la salvezza.
Ma questo non è il semplice evangelo della Bibbia: è una religione fatta a misura d’uomo.
Dov’è l'amore di Dio di cui abbiamo letto nella Sacra Scrittura? E’ stato sostituito da dei miseri
sforzi umani.
La salvezza ci insegna lo Spirito Santo, è un dono di Dio:
“... perché il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù,
nostro Signore.” (Romani 6:23)
L’unica maniera per accedere a questo meraviglioso dono, la maniera voluta e rivelata da Dio è
la fede, anzi per essere ancora più esatti la grazia mediante la fede:
“ ... tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, e sono giustificati gratuitamente per la
sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù.” (Romani 3:24)
Vediamo in che termini stabilisce la questione la Parola di Dio.
L’intera epistola di Paolo ai Galati è stata scritta dall’apostolo perché quella comunità si era
convertita a Cristo attraverso l’ascolto dell’autentico Evangelo della Grazia in Gesù Cristo, ma
adesso, stava per ricadere nel formalismo giudaico attribuendo troppa importanza
dell’osservanza dei precetti stabiliti dalla Legge mosaica per la salvezza.
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Paolo non usa mezze parole. “Avendo pur nondimeno che l'uomo non è giustificato per le opere
della legge ma lo è soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù, abbiamo anche noi creduto in
Cristo Gesù affin d’essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della legge, poiché
per le opere della legge nessuna carne (nessun uomo) sarà giustificata.” (Galati 2:16)
“Io non annullo la grazia di Dio; perché se la giustizia si ottiene per mezzo della legge (delle
sue opere), Cristo dunque è morto inutilmente” (Galati 2:21)
Certamente se Cristo è morto, è morto per i nostri peccati e se siamo salvati per via delle nostre
opere, perché è morto Cristo?
Nessuno sarà considerato giusto davanti a Dio, sarà salvato, per le sue opere: è l’insegnamento
della Parola di Dio.
“Perché siete tutti figlioli di Dio, per mezzo della fede in Cristo Gesù” (Galati 3:26)
Con dei termini più tecnici dice l’apostolo: “in Cristo Gesù, né la circoncisione né
l'incirconcisione hanno valore alcuno; quel che vale è la fede operante per mezzo dell'amore.”
(Galati 5:6)
Oggi diremmo, che poco contano i precetti e le regole se non c’è stato un cambiamento nello
spirito, se non c’è una fede autentica in Dio, uno zelo ad obbedire alla Verità che passa per fal
Fede e che diviene buone opere per l'amore che Dio mette nei nostri cuori: le opere quindi non
salvano, ma sono evidenza della salvezza.
Osservare la Legge, l’idea dell’operare per ottenere la propria salvezza, al tempo degli apostoli
fatto da alcuni secondo le regole dell’Antico testamento, oggi fatto secondo le nuove regole del
cattolicesimo o quelle di altri movimenti religiosi, cozzano contro la libertà ottenuta con il
sacrificio di Cristo, mediante la Grazia salvifica di Dio, che ci ha liberato anche dal peso di
osservare regole senza fine.
Ispirato dallo Spirito Santo, spiegò in questi termini la questione l'apostolo Pietro: “Ma alcuni
della setta de’ Farisei che avevano creduto, si levarono dicendo: Bisogna circoncidere i Gentili,
e comandare loro d’osservare la legge di Mosè. Allora gli apostoli e gli anziani si radunarono
per esaminare la questione. Ed essendone nata una gran discussione, Pietro si levò in piè, e
disse loro: Fratelli, voi sapete che fin dai primi giorni Iddio scelse fra voi me, affinché dalla
bocca mia i Gentili udissero la parola del Vangelo e credessero. E Dio, conoscitore dei cuori,
rese loro testimonianza, dando lo Spirito Santo a loro, come a noi; e non fece alcuna differenza
fra noi e loro, purificando i cuori loro mediante la fede. Perché dunque tentate adesso Iddio
mettendo sul collo de’ discepoli un giogo che né i padri nostri né noi abbiamo potuto portare?
Anzi, noi crediamo d’esser salvati per la grazia del Signor Gesù, nello stesso modo che loro."
(Atti 15:5-11)
Nessuno può costringere alcun uomo Bibbia alla mano a fare questo o fare quello, qualsiasi cosa
sia, per ottenere la salvezza, perché l’unica cosa che ci è richiesta è la fede.
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Gesù disse: “Adoperatevi per il cibo che non perisce, ma per il cibo che dura in vita eterna, il
quale il figliolo dell'uomo vi darà; poiché su di lui il Padre, cioè Dio, ha apposto il proprio
sigillo. Essi dunque gli dissero: Che dobbiamo fare per operare le opere di Dio? Gesù rispose e
disse loro: Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato.” (Giovanni 6:2729)
Gesù non si sofferma coi discepoli ad impartire le regole della nuova religione, non da dei nuovi
precetti da osservare alle folle.
“Chi crede nel Figlio ha vita eterna; ma chi rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita, ma
l’ira di Dio dimora sopra di lui.” (Giovanni 3:36)
“In verità, in verità io vi dico: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha
vita eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.”, (Giovanni 5:24)
Tante affermazioni circa l'importanza della fede in Giovanni per il motivo che ci spiega lo stesso
autore del vangelo: “... queste cose sono scritte, affinché crediate che Gesù è il Cristo, il
Figliolo di Dio, e affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome.” (Giovanni 20:31)
Credendo in Gesù abbiamo vita eterna.
Poco spazio per i miseri tentativi dell'uomo all'interno del piano di salvezza di Dio, unico
Salvatore. L’incredulità è il più grande peccato verso Dio. Dio stesso non può nulla - nel suo
rispetto per la libertà dell’uomo - dove vi è incredulità. Gesù stesso, ad esempio, ci narra la
Scrittura non poté operare a causa dell’incredulità degli uomini: “... e non fece qui – in
Capernaum - molte opere potenti a causa della loro incredulità.” (Matteo 13:58)
Prima di operare un qualche miracolo Gesù richiedeva una cosa soltanto: la fede. Era la fede che
permetteva a Gesù di operare la guarigione, non qualche merito particolare del guarito che lo
rendeva degno di essere salvato. Anche oggi per operare una guarigione spirituale nella nostra
vita egli non chiede altro che la nostra fede.
L’affermazione che segue, fatta da Paolo nella sua epistola agli Efesini è autoconclusiva, in
quanto non rimprovera nulla alla comunità destinataria della sua epistola, ribadisce soltanto un
credo ormai consolidato e definito: “... è per grazia che siete salvati, mediante la fede; e ciò non
viene da voi; è il dono di Dio. Non in virtù d'opere, affinché nessuno si glori.” (Efesini 2:8-9)
Altrove l’apostolo mette in chiaro, contro le aspirazioni dei giudei del tempo, che Dio non vuole
salvare alcuno per mezzo delle opere, anche se queste sono una scrupolosa osservanza della
Legge mosaica, bensì per la grazia e ciò mediante la fede. Scrive infatti Paolo alla Chiesa di
Roma: "Ora, però, indipendentemente dalla legge, è stata manifestata una giustizia di Dio,
attestata dalla legge e dai profeti: vale a dire la giustizia di Dio mediante la fede in Gesù
Cristo, per tutti i credenti; poiché non v’è distinzione; difatti, tutti hanno peccato e sono privi
della gloria di Dio, e son giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione
che è in Cristo Gesù, il quale Iddio ha prestabilito come propiziazione mediante la fede nel
sangue d’esso, per dimostrare la sua giustizia, avendo Egli usato tolleranza verso i peccati
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commessi in passato, al tempo della sua divina pazienza; per dimostrare, dico, la sua giustizia
nel tempo presente; ond’Egli sia giusto e giustificante colui che ha fede in Gesù.Dov è dunque
il vanto? Esso è escluso. Per quale legge? Delle opere? No, ma per la legge della fede; poiché
noi riteniamo che l’uomo è giustificato mediante la fede, senza le opere della legge." (Romani
3:20-28)
L’argomentazione dell’apostolo è sostenuta in maniera talmente semplice, che basta soltanto
leggere senza preconcetti perché la Rivelazione di Dio si schiuda davanti ai nostri occhi!
L’orgoglio dell’uomo deve arrendersi davanti a Dio, perché quest'ultimo possa operare.
Il ruolo delle opere nella vita del cristiano salvato per grazia.
Ma se basta la fede per essere salvati, quale è il ruolo delle opere nella vita cristiana, se ne
hanno alcuno?
Intanto chiariamo che non si può essere salvati per fede ed opere insieme, perché l’una cosa
esclude l’altra: l’operare per la salvezza esclude l’essere salvati per grazia e l'essere stati salvati
per fede esclude il bisogno di operare per essere salvati - ma, attenzione, non esclude operare il
bene, anzi lo impone.
“Ma se è per grazia, non è più per opere; altrimenti grazia non è più grazia.” (Romani 11:6).
Perché “a chi opera, il salario non è messo in conto di grazia ma di debito; mentre a chi non
opera ma crede in colui che giustifica l'empio, la sua fede gli è messa in conto di giustizia.”
(Romani 4:4-5). I salvati non possono vantarsi di alcunché davanti a Dio, ma solo ringraziarlo
ed adorarlo per il suo grande amore.
Ma le opere sono consequenziali in chi ha veramente creduto, inevitabili quasi, perché prodotte
sotto l’impulso dello Spirito Santo che ora guida l’esistenza del cristiano.
“... è per grazia che siete salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio. Non
in virtù d'opere, affinché nessuno si glori; perché noi siamo fattura di lui, essendo stati creati
in Cristo Gesù per le buone opere, le quali Iddio ha innanzi preparate affinché le
pratichiamo.” (Efesini 2:8-10)
Chi ha veramente gustato l’amore di Dio, chi ha veramente creduto, opera secondo la sua fede e
le sue opere, in osservanza dei comandamenti di Dio, non possono che essere buone. Le opere
che i cristiani compiono sono la prova che hanno creduto realmente ed hanno in loro la vita che
viene da Dio.
“E da questo sappiamo che l'abbiamo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice
io l'ho conosciuto e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui; ma chi
osserva la sua parola, l’amor di Dio è in lui veramente compiuto.”, (1 Giovanni 2:3-5)
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Se abbiamo già gustato l’amore di Dio, siamo già stati salvati dalla sua grazia. Operare secondo
il suo volere è inevitabile - se abbiamo creduto veramente, se possediamo quella fede che
permette alla grazia di Dio di avere operato e di operare in noi.
Lo stesso apostolo Giovanni dirà: “Figlioletti, non amiamo a parole e con la lingua, ma a fatti e
in verità.” (1 Giovanni 3:18)
Paolo mette in guardia i cristiani di Roma - dopo aver spiegato loro la salvezza per fede - perché
la libertà donataci da Cristo non sia motivo per fare ciò che non è lecito, piuttosto per servire la
giustizia di Dio.
“... essendo stati liberati dal peccato, siete diventati servi della giustizia.” (Romani 6:18-19)
Le opere compiute dal cristiano secondo la Legge di Dio, dimostrano che l’amore di Dio dimora
in lui, che lui è già un figliolo di Dio. Non sono opere meritorie che acquistano la salvezza, ma
dimostrano che si è veramente creduto e si è stati veramente salvati.
“Ma mettete in pratica la parola e non ascoltatela soltanto, illudendo voi stessi.” (Giacomo
1:22)
L’apostolo Giacomo è spesso frainteso. Alcuni vogliono vedere nei suoi scritti la giustificazione
per sostenere che la salvezza si ottenga per opere, o anche per opere. Leggendo la sua epistola
con vero desiderio di comprendere e con in mente l’interezza dei dati della Rivelazione di Dio
nel Nuovo Testamento, sarà chiaro che è vero il contrario. Egli infatti scrive:
“Che giova, fratelli miei, se uno dice d’aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo? Se un
fratello o una sorella sono nudi e mancanti del cibo quotidiano, e un di voi dice loro:
Andatevene in pace, scaldatevi e satollatevi; ma non date loro le cose necessarie al corpo, che
giova? Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta. Anzi uno piuttosto dirà: Tu hai
la fede, ed io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti
mostrerò la mia fede. Tu credi che v’è un sol Dio, e fai bene; anche i demoni lo credono e
tremano. Ma vuoi tu, o uomo vano, conoscere che la fede senza le opere non ha valore?
Abramo, nostro padre, non fu egli giustificato per le opere quando offrì il suo figliuolo Isacco
sull’altare? Tu vedi che la fede operava insieme con le opere di lui, e che per le opere la sua
fede fu resa compiuta; e così fu adempiuta la Scrittura che dice: E Abramo credette a Dio, e ciò
gli fu messo in conto di giustizia; e fu chiamato amico di Dio. Voi vedete che l’uomo è
giustificato per opere, e non per fede soltanto. Parimenti, Raab, la meretrice, non fu anch’ella
giustificata per le opere quando accolse i messi e li mandò via per un altro cammino? Infatti,
come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta.” (Giacomo
2:14-26)
La fede è vista dall’esterno, è la “fede” che si rivela essere vera, evidente, per mezzo delle opere
che produce. E’ la fede ad essere morta senza opere, non le opere ad essere vane perché
compiute senza fede; è la fede ad essere mostrata al terzo per mezzo delle opere; è la fede ad
essere compiuta per mezzo delle opere. E’ la salvezza per fede ad essere protagonista del
discorso di Giacomo. Il suo monito è d'accertarsi che questa fede sia vera, salvifica, in quanto
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visibilmente evidente nelle opere che ci spinge a compiere: "mostrami la tua fede senza le tue
opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede" è il senso del suo discorso. La fede vera,
quindi, stiamo attenti a non illuderci, è il monito dell’apostolo e della Parola di Dio, non è un
“credo in Dio” soltanto, ma una fede viva, vera, che non può non agire, non concretizzarsi in
una condotta coerente con l'insegnamento della Parola di Dio. Quella fede emotiva,
momentanea, fatta solo di parole, il vuoto temporaneo affermare "credo in Dio" o il diffusissimo
credere in "qualcosa" non potrà salvare alcuno, per il semplice fatto che non è una vera fede. E'
di questo credere a parole soltanto che scrive l'apostolo: “può la fede - questa fede che lui dice
di avere -salvarlo?”
La vera fede non può non palesarsi. "Gesù gli rispose: "Se uno mi ama, osserverà la mia
parola; e il Padre mio l'amerà, e noi verremo da lui e dimoreremo presso di lui. Chi non mi
ama non osserva le mie parole; e la parola che voi udite non è mia, ma è del Padre che mi ha
mandato." (Giovanni 14:23-24)
Ho parlato fin qui di grazia, di fede e di credere. "Fede in cosa? E credere cosa?" - potrebbe
chiedere il lettore. Rispondo con un passo della Bibbia: "perché, se con la bocca avrai
confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti,
sarai salvato; infatti con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa
confessione per essere salvati. Difatti la Scrittura dice: "Chiunque crede in lui, non sarà
deluso". (Romani 10:9-11).
Per il resto invito alla lettura del Nuovo Testamento chiunque voglia veramente comprendere il
messaggio della salvezza annunciato dagli apostoli e dalla Chiesa al mondo.
La certezza della salvezza - il Battesimo - il Purgatorio
Il Concilio di Trento lanciò un anatema contro tutti gli “arroganti” che asserivano di possedere
la certezza della loro salvezza.
La Parola di Dio lancia, però, un monito contro tutti coloro che sono tanto presuntuosi da
credere di potere ottenere la salvezza mediante le proprie opere, da una parte, e, dall’altra,
consola i cuori di coloro che hanno creduto accertandoli sul loro destino futuro.
Scrive l'apostolo Giovanni: “Io vi ho scritto queste cose affinché sappiate di avere la vita
eterna, voi che credete nel nome del Figlio di Dio.” (1 Giovanni 5:13)
Come i patriarchi e coloro che ci hanno preceduto nella fede non possiamo dubitare della
certezza delle promesse di Dio (Ebrei 11).
La certezza della fede deriva dall’oggetto della nostra fede, che è Dio; dalla natura della fede
che ci fa credere nelle promesse di Dio; dalla fedeltà di Dio che ci ha resi Suoi figli in Cristo.
Come Paolo ogni cristiano che ha veramente creduto e sperato in Dio per la sua salvezza può e
deve dire: “io so in chi ho creduto” (2 Timoteo 1:12)
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Per ogni cristiano può e deve essere concreta la certezza di Paolo: “...per me il vivere è Cristo, e
il morire guadagno.” (Filippesi 1:21). Se non è così è bene rivedere il proprio stato spirituale.
Ludovico Geymonat spiega così la forza dei primi (veri) cristiani: “Qui sta la radice dell'umiltà
cristiana, e, nel contempo, della sicurezza che il credente sente dentro di sé: la forza che lo
porterà alla salvezza non è qualcosa di fragile e umano, ma la forza di dio stesso.”, Storia del
Pensiero Filosofico e Scientifico, Vol. I, pag.441.
Questa è la certezza dei veri credenti che Dio e nessun altro stesso compirà in loro l’opera di
salvezza.
La Chiesa Cattolica, prevede, però, oltre alle opere meritorie i cosiddetti sacramenti, che solo la
Chiesa Romana può conferire e che, essendo essenziali per ricevere la grazia di Dio, vincolano
la salvezza alla sottomissione al clero cattolico.
Nella Chiesa Romana il battesimo è il primo ed il più importante dei sacramenti, essenziale per
la salvezza ed è praticato anche ai bambini per evitare che questi muoiano in peccato mortale.
Un tempo veniva detto che i bambini morti senza battesimo finivano in un luogo chiamato
Limbo, neppure nominato nella Sacra Scrittura. Nel più recente catechismo cattolico questo
insegnamento è comunque scomparso, e, come abbiamo sempre asserito noi evangelici, per
quanto riguarda i bambini non battezzati, essi vengono rimessi alla grazia di Dio.
Il battesimo amministrato agli infanti non ha alcuno spazio nelle dottrine bibliche. Alcuni lo
giustificano mettendolo in relazione alla circoncisione dell’Antico Testamento praticata sui
neonati ebrei. Ma la circoncisione era stato ordinata da Dio all’ottavo giorno dopo la nascita e,
comunque, non aveva in sé alcun “potere magico” di cancellare i peccati, era soltanto un segno.
Il battesimo precede il cristianesimo, è più antico di lui. Giovanni il battista battezza prima
ancora che Gesù cominciasse il suo ministero. Negli Atti è narrata la storia di due persone
ribattezzate nel battesimo cristiano sebbene avessero ricevuto già il battesimo di Giovanni. Il
battesimo era in uso presso gli ebrei e veniva impartito a quegli individui che volevano entrare a
far parte della religione ebraica pur non essendo per nascita giudei.
Il cristianesimo non “inventa” il battesimo, lo adotta.
Come impariamo dal Nuovo Testamento il battesimo è per coloro che hanno creduto, i quali,
appunto avendo creduto, sono già stati salvati, i loro peccati sono già stati rimessi da Dio in
Cristo, e sigillano la loro fede col battesimo dando testimonianza al mondo della meravigliosa
opera che Dio ha fatto nella loro vita ed entrando a tutti gli effetti a far parte della Chiesa, corpo
di Cristo, spiritualmente e visibilmente.
Il battesimo, secondo il comando del Signore, va amministrato soltanto a delle persone adulte e
coscienti.
I brani biblici che ce lo attestano sono molti.
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Marco 16:16 : “Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato...”. E ancora, Atti 2:41,
8:12, 16:30-33, 18:8.
Il battesimo non purifica dai peccati, semmai è, come dicevo, una figura della purificazione
operata nel credente dallo Spirito Santo.
Nella epistola ai Romani, Paolo spiega il simbolismo del battesimo cristiano: “Che diremo
dunque? Rimarremo noi nel peccato onde la grazia abbondi? Così non sia. Noi che siamo morti
al peccato, come vivremmo ancora in esso? O ignorate voi che quanti siamo stati battezzati in
Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Noi siamo dunque stati con lui seppelliti
mediante il battesimo nella sua morte, affinché, come Cristo è risuscitato dai morti mediante la
gloria del Padre, così anche noi camminassimo in novità di vita. Perché, se siamo divenuti una
stessa cosa con lui per una morte somigliante alla sua, lo saremo anche per una risurrezione
simile alla sua, sapendo questo: che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui, affinché il
corpo del peccato fosse annullato, onde noi non serviamo più al peccato; poiché colui che è
morto, è affrancato dal peccato. Ora, se siamo morti con Cristo, noi crediamo che altresì
vivremo con lui, sapendo che Cristo, essendo risuscitato dai morti, non muore più; la morte non
lo signoreggia più. Poiché il suo morire fu un morire al peccato, una volta per sempre; ma il
suo vivere è un vivere a Dio.” (Romani 6: 1-11)
Vale la pena evidenziare che sebbene sia ormai uso consolidato della Chiesa Cattolica
battezzare per aspersione, il battesimo è un rito di immersione. "Immergere" è la traduzione
letterale del termine utilizzato nell’originale greco del Nuovo Testamento, dal quale deriva la
nostra traduzione “battesimo”.
Nelle Chiese non cattoliche, in ossequio alla volontà di Dio e per non svuotare il comandamento
del Signore del suo significato simbolico, si battezza (immerge) per immersione.
In questa maniera fu battezzato Gesù, così battezzavano gli apostoli e i primi cristiani.
Il battesimo simboleggia nell'immersione la vecchia vita, la vita vissuta nel peccato, l'emersione
la rinascita a Cristo, la nuova vita che ci si impegna a vivere con Cristo.
Il battesimo non rigenera lo spirito, ma simboleggia quell’opera di rigenerazione che lo Spirito
Santo ha già operato in chi ha creduto, e credendo il primo passo concreto che è richiesto è
l'obbedienza a Dio nel battesimo.
Scrive ancora Paolo: “Egli ci ha salvati non per opere giuste che noi avessimo fatte, ma secondo
la sua misericordia, mediante il lavacro della rigenerazione e il rinnovamento dello Spirito
Santo, che egli ha copiosamente sparso su di noi per mezzo di Gesù Cristo, nostro Salvatore,
affinché giustificati per la sua grazia, noi fossimo fatti eredi secondo la speranza della vita
eterna.” (Tito 3:5-7)
La rigenerazione operata dallo Spirito Santo è essenziale, senza di essa non si può far parte della
Chiesa.
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“Gesù gli rispose dicendo: In verità in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo, non può
vedere il regno di Dio. Nicodemo gli disse: come può un uomo nascere quand’è vecchio? Può
egli entrare una seconda volta nel seno di sua madre e nascere? Gesù rispose: In verità, in
verità io ti dico che se uno non è nato d'acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio.
Quel che è nato dalla carne è carne, quello che è nato dallo Spirito è spirito.” (Giovanni 3:3-6)
L’uomo nel suo stato naturale è lontano da Dio, non comprende le cose spirituali. Con la fede,
che permette a Dio di intervenire personalmente nelle nostre vite, Dio ci dà una vita spirituale,
mediante il suo Santo Spirito che viene a dimorare in noi.
Lo stesso Gesù dirà in altri termini: “In verità, in verità io vi dico: Chi ascolta la mia parola e
crede a Colui che mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in giudizio, anzi è passato dalla
morte alla vita.” (Giovanni 5:24)
Quando la Bibbia parla di morte non si riferisce a quella fisica soltanto. La prima morte dalla
quale Gesù ci ha liberati è stata quella spirituale in cui ci tenevano i nostri peccati. “E voi pure
ha vivificati, voi ch'eravate morti nei vostri falli e nei vostri peccati.” (Efesini 2:1)
E' lo Spirito Santo opera la rigenerazione per la fede nella Parola di Dio e non un atto esteriore.
Nel libro degli Atti vediamo delle persone ripiene di Spirito Santo prima ancora d’essere
battezzate in acqua.
E’, lo ribadisco, la fede che apre la porta a Dio e permette allo Spirito Santo di operare nella
nostra vita quel meraviglioso cambiamento che è la “nuova nascita.” - Efesini 1:13.
Basta avere fede, credere nell’evangelo della grazia in Gesù Cristo, nella sua opera salvifica e
Dio adempirà la sua promessa, verrà a dimorare in noi, rigenererà il nostro spirito, ci farà delle
nuove creature, dei figlio di Dio, pronti e capaci di compiere la sua volontà - Giovanni1:12.
Allora se lo Spirito Santo abita nel cuore del credente, Egli gli rende testimonianza della sua
salvezza. Se lo Spirito Santo abita nel suo cuore egli è il tempio di Dio, una pietra spirituale
dell’edificio che il Signore sta costruendo, la Sua Chiesa.
Ho già citato i passi che attestano queste verità.
Altro metodo per vincolare il fedele alla fedeltà della Chiesa romana e - perché non dirlo, visto
che è vero- ottima fonte di guadagno, sono le messe di suffragio per i defunti. Certo se la
salvezza si ottiene per mezzo delle opere, c’è pericolo che in vita non si sia fatto abbastanza. Si
può rimediare a patto che si paghino delle messe che abbrevino il tempo che il defunto trascorre
in un luogo di passaggio definito Purgatorio. Di questo luogo temporaneo di pena, però, non
esiste il minimo cenno in tutta la Bibbia: è totalmente un’invenzione.
Che significato può avere il Purgatorio se Gesù ci ha già “purgati”, cioè purificati dai nostri
peccati. Forse l’opera di Gesù è incompleta, insufficiente?
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Non è questo che ci insegna la Bibbia.
“...ora Iddio vi ha riconciliati nel corpo della carne di lui – Gesù – per mezzo della sua morte,
per farvi comparire davanti a se santi ed immacolati e irreprensibili.” (Colossesi 1:22)
“...con un'unica offerta egli ha per sempre resi perfetti quelli che sono santificati.” (Ebrei
10:14)
Non i nostri miseri sforzi, ma la grazia di Dio, il suo amore, ci ha salvato in maniera completa e
definitiva.
Se Cristo ha pagato per noi, qual è ancora la nostra condanna?
La risposta data alla domanda di del carceriere di Filippi da Pietro non ha oggi meno senso di
allora. Egli chiese: “Che debbo fare per essere salvato?” (Atti 16:30). Pietro rispose: “Credi nel
Signor Gesù, e sarai salvato...” (Atti 16:31).
Dio vuole soltanto che l’uomo accetti il suo dono, riconoscendo Gesù come suo Salvatore
personale, come l’agnello di Dio che, offrendo se stesso, ha pagato il riscatto per la nostra
liberazione dal peccato. Ciò, ho visto con l’esperienza, è talmente semplice da essere per molti
irrimediabilmente difficile a credersi - è la mancanza di quella fede che invece Dio esige da noi.
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6. LA MADONNA - I SANTI - STATUE ED IMMAGINI
Eccoci a quella che è certamente la nota dolente della nostra discussione: la devozione per
Maria e i santi.
Molti cattolici trovano in questo punto un motivo di insormontabile disaccordo con gli
evangelici.
Chiariamo subito che non è che gli evangelici non “credano” ai santi; è soltanto che questi non
ne fanno oggetto di culto alcuno, di venerazione, di adorazione, non li pregano, non li servono.
I cristiani dell’era apostolica credevano in Dio soltanto, pregavano soltanto Dio, esaltavano e
servivano soltanto Dio, mostrandoci ancora la via giusta per la salvezza dell’anima.
Nessuna valida ragione può addursi per giustificare questo allontanamento dalla fede originaria
dei cristiani.
Maria
La Madonna della Chiesa cattolica ha davvero pochissimo in comune con la figura della madre
di Gesù come ricordata dalla Sacra Scrittura.
E’ stato un lungo accumulo di storie totalmente inventate, di favole, di fantasie umane a creare
nei secoli quello che oggi è divenuto un oggetto di vera e propria adorazione, a fare di Maria la
madre di Gesù, La Madre di Dio, la Regina dei Cieli... L’unica fonte che ci possa fornire dati
certi sulla vita di Maria e il suo ruolo rispetto al figlio è la Sacra Scrittura. Tutto il resto
insegnato dalla Chiesa Cattolica non è attendibile e il fatto che cozzi letteralmente con quanto
detto nella Bibbia conferma che ci troviamo davanti a null’altro che invenzioni, fantasie umane
e non Verità rivelate.
Il titolo di madre di Dio, ad esempio, fu conferito a Maria per la prima volta dal Concilio di
Efeso nel 431 d.C. E’ superfluo dire che sebbene la dichiarazione conciliare avesse come fine il
ribadire la divinità di Gesù, i suoi risultati sono almeno discutibili. Maria non è chiamata dalla
Bibbia Madre di Dio neanche una sola volta. Ma Gesù non era Dio?
Certamente. Ma Maria era madre dell’uomo Gesù, genitrice della natura umana di Gesù, del
suo corpo, del suo essere fisico, non certo della sua natura divina!
L’aggiunta più antica al dato biblico, comunque, è la credenza nella perenne verginità di Maria,
la credenza cioè che Maria sia rimasta vergine anche dopo avere partorito Gesù. E’ molto antica,
come attestano antichi documenti quale il cosiddetto Protovangelo di Giacomo -un vangelo
apocrifo mai riconosciuto dalla Chiesa come ispirato - ma certamente non viene dalla Bibbia.
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La Bibbia tace in proposito. Ma solo perché, ed è significativo, tutta l’attenzione degli autori
sacri è per Gesù, non certo per sua madre.
La verginità di Maria, la verginità della madre del Messia era stata predetta dal profeta Isaia
secoli prima che Gesù nascesse. Matteo scrive: “Or tutto ciò avvenne, affinché si adempiesse
quello che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta Isaia: “Ecco, la vergine sarà
incinta e partorirà un figliolo, al quale sarà posto nome Emmanuele”, che interpretato vuol
dire Dio con noi.” (Matteo 1:22-23)
Lo scopo dell'evangelista non è esaltare Maria, quanto evidenziare il segno messianico della
nascita di Gesù; né più né meno come quando afferma che Gesù nacque a Betlemme, non
intende parlare d'un posto santo degno d'essere visitato o degno in modo particolare, ma far
risaltare che Gesù era il Messia promesso in quanto in lui si avverava anche quella profezia.
Anche nell’affermazione dell’evangelista in Matteo 1:25, Cristo è il tema centrale: la sua
miracolosa nascita attesta la sua natura di Figlio di Dio.
Più avanti la narrazione dello stesso evangelo si sofferma sulla visita dei magi. Questi si
prostrano davanti a Gesù, ma la Bibbia non ci dice di alcun onore reso a sua madre.
“Ed entrati nella casa, videro il fanciullino con Maria sua madre; e prostratisi lo adorarono...”
(Matteo 2:11)
Gesù è il centro della narrazione – e come avrebbe potuto essere altrimenti?
La Bibbia, comunque, ci parla apertamente di fratelli e sorelle di Gesù che sembrano doversi
intendere veramente come figli di Maria e Giuseppe, sebbene il fatto che anche questo dato ha
poco significato all'interno dell'opera di Gesù lo rende secondario nelle narrazioni dei vangeli e,
quindi, non sufficientemente approfondito da consegnarci dei dati certi. La Chiesa Cattolica
insegna che il termine “fratelli” è da intendersi nel senso ampio della parola possibile nella
lingua ebraica, e che si tratta non di "fratelli" di Gesù in senso stretto, bensì di suoi cugini. Se la
verginità perenne di Maria era tanto importante, Luca greco scrivendo in lingua greca e
rivolgendosi a dei non ebrei avrebbe dovuto evitare ogni fraintendimento, tanto più che non
chiama Elisabetta “sorella” di Maria, sua cugina, ma definisce la loro parentela con un vocabolo
più appropriato atto a non creare confusione. Se Luca si prende la briga di specificare che Maria
ed Elisabetta erano non sorelle, bensì cugine, tanto più avrebbe dovuto essere chiaro per evitare
fraintendimenti circa i fratelli e le sorelle di Gesù. Invece parla chiaramente di fratelli e sorelle
di Gesù.
Lo stesso dicasi per Paolo che conosce benissimo il greco e sa di scrivere a delle persone che
non sono ebrei; eppure pur conoscendo la parola “cugino”, parla invece di "fratelli" di Gesù.
Se si trattava d’una dottrina tanto importante perché tale noncuranza da parte degli autori sacri?
Nei primi secoli, quando si parlava di Giacomo si credeva che egli fosse veramente fratello di
Gesù, non suo cugino, perché così si capiva dai brani biblici. Persino Flavio Giuseppe, storico
ebreo del I secolo, conosce Giacomo come fratello di Gesù.
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Quando cominciano a nascere le teorie che vorrebbero fare di Gesù il figlio unico di Maria, per
giustificare il fatto che la Scrittura parlasse di fratelli di Gesù viene avanzata l’ipotesi che
Giuseppe fosse vedovo ed avesse avuto già dei figli dalla sua prima moglie, tra i quali vi era
appunto Giacomo. E’ così che il Protovangelo di Giacomo difende la perenne verginità di
Maria.
Nel II secolo Egesippo, storico cristiano, parla di Giacomo, quale primo vescovo di
Gerusalemme e fratello di Gesù, al quale sarebbe succeduto il cugino di Gesù. E' fuori dubbio
che nel II secolo fosse credenza diffusa quella che Gesù avesse dei fratelli. Ancora nel IV
secolo, Eusebio nella sua storia Ecclesiastica, parla di Giacomo fratello di Gesù. E visto il
carattere di questa opera è verosimile che questo fosse riconosciuto da buona parte se non da
tutta la comunità cristiana di allora.
Sarà Girolamo, con le sue manie sul celibato e sulla verginità a volere che anche Giuseppe fosse
vergine come Maria e a proporre la teoria a tutt'oggi accreditata dalla Chiesa Romana dei
fratelli-cugini.
Ma anche in Girolamo, comunque, la figura di Maria non è concepita come la dipinge oggi la
Chiesa Cattolica, né Maria è esaltata, ma Gesù. Lo spostarsi dell’attenzione da Gesù a Maria è
lontano molti secoli dagli apostoli.
La preghiera cattolica dell’ “Ave Maria” sintetizza benissimo lo sviluppo dell’esaltazione di
Maria, sviluppatasi nei secoli al di fuori e contro il dato biblico.
La prima parte della preghiera recita:
“Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te, tu sei la benedetta tra le donne e benedetto è il
frutto del tuo seno Gesù.”
Questo brano è chiaramente tratto dal vangelo di Luca - Luca 1:26-45.
Il centro del brano è l'opera di Dio. Maria non è esaltata, è “benedetta tra le donne”, in quanto ha
“trovato grazia presso Dio”, avendo ricevuto il grande onore di diventare la madre del messia
atteso da Israele.
Il tono della preghiera, però, cambia drasticamente nella seconda parte, che non viene dalla
Bibbia ma è palesemente un’ aggiunta molto posteriore.
“Santa Maria (ecco l'esaltazione di Maria assente nella prima parte) Madre di Dio (attributo non
biblico) prega per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte.”
La seconda parte è stata aggiunta verso il XIII o XIV secolo d.C. e non può quindi essere
altrettanto autorevole come le parole dell'evangelista Luca.
Così come la cosiddetta “Ave Maria” non viene dalla Bibbia ma è frutto d'un discutibilissimo
“sviluppo” del cattolicesimo che può benissimo definirsi come involutivo, lo stesso vale per
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molti dei titoli o attributi che la Chiesa Cattolica riferisce a Maria, quali: Madonna, Immacolata
Concezione, Assunta, Regina del Cielo, Madre della Chiesa, Comediatrice, Corredentrice.
Madonna
“Madonna” significa “Signora”. L’uso d’un tale termine in maniera esclusiva nei confronti di
una creatura, sia pure essa la madre di Gesù, non è giustificato dalla Parola di Dio, non è in
armonia con l’esclusività del culto richiesto da Dio.
Molti infatti si definiscono mariani, servitori di Maria, mentre Dio ci insegna per bocca dello
stesso Gesù: “adora il Signore Iddio tuo, e servi a lui solo.” (Matteo 4:7)
Immacolata Concezione – Assunta - Regina del Cielo
Che Maria sia stata concepita senza peccato, che sia stata assunta in cielo, che sia stata
incoronata Regina del cielo, non sono verità che vengono dalla Bibbia. Se sono dati della
rivelazione tanto importanti come dimostrerebbe la venerazione dei fedeli cattolici e della chiesa
romana, perché la Parola di Dio tace su di esse in maniera tanto definitiva?
Gli apostoli non ne sapevano nulla, eppure erano loro i testimoni oculari delle Verità del
cristianesimo. La chiesa primitiva li ignora completamente e per diversi secoli, come attestano i
molti scritti di quelle epoche. E’ concepibile un tale unanime silenzio, se la figura di Maria
dovesse realmente avere il rilievo che le si attribuisce nella Chiesa Romana?
Madre della Chiesa.
Visto che il titolo sottintende “Chiesa Cattolica”, potrebbe anche interessarci poco. Prima di
provarsi fondato bisognerebbe provare che la Chiesa Cattolica incarni in esclusiva la vera
Chiesa di Cristo. Maria non è Madre della Chiesa, quest’ultima intesa in senso autenticamente
biblico. Sembra assurdo ribadirlo, ma Maria è stata la madre del Messia, dell’uomo Gesù Cristo.
Ciò non la rende una semi divinità.
La motivazione biblica che è usata di solito per dare un fondamento all’uso d’un tale titolo è il
brano biblico riportato da Giovanni nel suo Vangelo, quando sulla croce Gesù affida Maria
all'apostolo Giovanni. Quest'ultimo, va adesso evidenziato, cugino di Gesù.
“Gesù dunque, vedendo sua madre e presso a lei il discepolo ch’egli amava, disse a sua madre:
Donna, ecco il tuo figlio! Poi disse al discepolo: Ecco tua madre! E da quel momento, il
discepolo la prese in casa sua.” (Giovanni 19:26-27)
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L’interpretazione della Chiesa romana è una forzatura del testo, una prodezza di retorica e
persino fantasia, come dimostra il silenzio della Scrittura in merito ad una maternità oggi invece
tanto sottolineata. La Chiesa Cattolica anziché raccogliere o custodire, come dice lei, la verità
evangelica, sembra trascurarla e travisarla. Se i significati di questo brano, evidenziati
dall’esegesi cattolica, riempiono pagine e pagine, generando forme di venerazione tanto
appariscente e incontenibile, se la Scrittura è capace di dire così tanto in così poche parole tanto da farci credere invece che venga svuotata del suo autentico significato, come
interpreteremo le parole di Gesù nel brano biblico che riporto qui di seguito?
“Mentre Gesù parlava ancora alle turbe, ecco sua madre e i suoi fratelli che, fermatisi di fuori,
cercavano di parlargli. E uno gli disse: Ecco, tua madre e i tuoi fratelli sono la fuori che
cercano di parlarti. Ma egli, rispondendo, disse a colui che gli parlava: Chi è mia madre, e chi
sono i miei fratelli? E, stendendo la mano sui suoi discepoli, disse: Ecco mia madre e i miei
fratelli! Poiché chiunque avrà fatta la volontà del Padre mio che è ne’ cieli, esso mi è fratello e
sorella e madre.” (Matteo 12:46-50)
E, ancora, altrettanto significativo un altro passo: “Or avvenne che, mentre egli diceva queste
cose, una donna fra la moltitudine alzò la voce e gli disse: Beato il seno che ti portò e le
mammelle che tu poppasti! Ma egli (Gesù) disse: Beati piuttosto quelli che odono la parola di
Dio e l'osservano!” (Luca 11:27-28)
Comediatrice e Corredentrice.
Quanto finora detto è soltanto un preludio all’ultimo stadio dell’esaltazione di Maria. Senza che
alcuna speculazione biblica, storica o altro lo giustifichi, la Chiesa Cattolica proclama Maria
Comediatrice, cioè mediatrice con Cristo in un senso più ampio di quello che intende la
mediazione quale intercessione soltanto, e cioè tramite fra Dio e l’uomo.
Sembra che la Chiesa Cattolica ami mettere degli ostacoli, delle tappe, fra Dio e l’uomo. La
Chiesa (intesa come organizzazione gerarchica), i sacramenti che solo questa può somministrare
validamente, Maria, i santi, tutti mezzi preposti teoricamente per arrivare a Dio, ma che essendo
imposti come tramiti necessari, finisco per diventare invece dei veri e propri ostacoli.
Così non è la mediazione di Cristo. La mediazione di Cristo ci ha dato libero accesso alla
presenza del Padre, come ci spiegano gli apostoli più volte nel Nuovo Testamento. Gesù ci ha
riconciliati con Dio e ci ha adottati a Dio, per mezzo della sua perfetta opera redentrice.
“Giustificati dunque per fede abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro
Signore...” (Romani 5:1)
“…mentre eravamo nemici siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del suo Figlio.” (2
Corinzi 5:18)
“...Dio...ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo.” (Efesini 2:18)
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“...per mezzo di lui...abbiamo accesso al Padre...” (Efesini 3:12)
Le favole che fanno di Maria la “Madre misericordiosa”, attraverso la quale si può avere
accesso a Dio, “Padre irato” non le troviamo nella Bibbia. Al contrario, da questa apprendiamo
che Dio ci ha amati prima ancora che Maria fosse nata e ha preparato la salvezza compiuta
attraverso il suo Figlio. Il Lui e per mezzo di Lui, i credenti hanno libero accesso alla presenza
del Padre.
La Bibbia ci dice che Gesù Cristo è l'unico mediatore fra Dio e l’uomo: “Poiché v'è un sol Dio
ed anche un sol mediatore fra Dio e gli uomini, Gesù Cristo uomo, il quale ha dato se stesso
qual prezzo di riscatto per tutti.” (1 Timoteo 2:5-6)
Com’è vero che vi è un solo Dio, vi è ancora un solo mediatore fra Dio e l’uomo: Gesù Cristo.
La Bibbia ci ribadisce ancora una volta che Gesù è l’unica via di salvezza che Dio ha
provveduto, necessaria e sufficiente per salvare appieno l’uomo. Questa è l’essenza stessa del
Vangelo di Cristo che la Chiesa è chiamata ad annunciare.
“E in nessun altro è la salvezza; poiché non vi è sotto il cielo alcun altro nome che sia stato
dato agli uomini, per il quale noi abbiamo ad essere salvati.” (Atti 4:12). Il soggetto della frase
è Gesù!
“Gesù gli disse: Io sono la Via, la Verità e la Vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di
me.” (Giovanni 14:6)
Il Nuovo Testamento intero rende testimonianza all’unica opera di salvezza e di perfetta
mediazione di Gesù, tanto che da ogni pagina di esso ciò traspare come la vera essenza
dell’autentica predicazione apostolica, quello che gli studiosi chiamano tecnicamente
ilKerygma, ma che più correttamente possiamo definire Evangelo, cioè la "buona notizia".
La Chiesa oggi è chiamata a predicare lo stesso Evangelo che annunciavano gli apostoli, al
quale nessuno ha diritto d’aggiungere o togliere alcunché. Insegnare che esista un’altra via a
Dio, che Gesù non abbia permesso d’avere libero accesso alla presenza del Padre, significa
rinnegare il credo apostolico, sconfessare la fede vera che, è chiaro, solo la Bibbia, la Parola di
Dio, tramanda fedelmente.
I Santi - le statue - le immagini - le preghiere loro rivolte
Secondo il credo romano, non soltanto Maria intercede per noi presso Dio. Sono affiancati a lei
in questo compito i santi, cioè quei cristiani che per meriti particolari in vita la Chiesa Cattolica
crede che stiano già al cospetto di Dio.
Chiariamo, innanzi tutto, che nel Nuovo Testamento sono chiamati “santi” tutti i credenti
quando ancora in vita. Citiamo quindi subito un brano che lo dimostra. “Paolo, apostolo di
Cristo Gesù per volontà di Dio, ai santi che sono in Efeso ed ai fedeli in Cristo Gesù.” (Efesini
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1:1) All’inizio di molte delle epistole di Paolo e in alcun anche all’interno, i credenti sono
chiamati santi. Ed in realtà il vero credente è “santo”, già in vita, e, come abbiamo visto, ciò non
è presunzione, perché è Dio che ci santifica, ci rende santi, e non le nostre opere.
Per quanto riguarda l’ opera di intercessione dei santi già morti, quindi alla presenza di Dio, la
Bibbia non ne fa alcuna menzione. E’ vero i cristiani possono - anzi debbono continuamente intercedere presso Dio quando sono in vita, ma certamente non è biblico credere che dopo morti
in cielo si aspettino le suppliche di chi è vivo per rapportarle a Dio.
La Bibbia ci dice che Gesù è in cielo, alla destra del Padre ed intercede per noi. Credo che sia
capace di svolgere tale compito senza avere bisogno dell’aiuto di alcuno.
“Chi accuserà gli eletti di Dio? Iddio è quel che li giustifica. Chi sarà quel che li condanni?
Cristo Gesù è quel che è morto; e, più che questo, è resuscitato; ed è alla destra di Dio; ed
anche intercede per noi.” (Romani 8:34)
Nessuno può intercedere per noi presso Dio se non Gesù, colui che ha pagato per il nostro
peccato affinché in lui fossimo riconciliati con Dio.
Vale la pena vedere più da vicino quel brano biblico di solito usato dai cattolici per giustificare
un'intercessione che non sia quella di Gesù.
“Tre giorni dopo, si fecero delle nozze in Cana di Galilea, e c’era la madre di Gesù. E Gesù
pure fu invitato con i suoi discepoli alle nozze. E venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli
disse: Non hanno più vino. E Gesù le disse: Che v’è fra me e te, o donna? L’ora mia non è
ancora venuta. Sua madre disse ai servitori: Fate tutto quel che vi dirà. Or c’erano quivi sei
pile di pietra, destinate alla purificazione de’ Giudei, le quali contenevano ciascuna due o tre
misure. Gesù disse loro: Empite d’acqua le pile. Ed essi le empirono fino all’orlo. Poi disse
loro: Ora attingete, e portatene al maestro di tavola. Ed essi gliene portarono. E quando il
maestro di tavola ebbe assaggiata l’acqua ch’era diventata vino (or egli non sapeva da dove
venisse, ma ben lo sapevano i servitori che avevano attinto l’acqua), chiamò lo sposo e gli
disse: Ognuno serve prima il vin buono; e quando si è bevuto largamente, il meno buono; tu,
invece, hai serbato il vin buono fino ad ora. Gesù fece questo primo de’ suoi miracoli in Cana
di Galilea, e manifestò la sua gloria; e i suoi discepoli credettero in lui.” (Giovanni 2:1-11)
Non c'è alcun altro simile incidente nella vita di Gesù ed è significativo che questo occorra
all’inizio del suo ministero. La risposta di Gesù a Maria la chiama a non esulare dai suoi
compiti, a non interferire. Maria comprende e si fa da parte: da qui in avanti, infatti, non
interferirà più con l’opera di Gesù!
Nessuna menzione nella Bibbia di preghiere a santi o a Maria.
Gesù al contrario fu molto chiaro a spiegarci: “In verità, in verità, vi dico che quel che
chiederete al Padre, Egli ve lo darà nel nome mio. Fino ad ora non avete chiesto nulla nel mio
nome; chiedete e riceverete, affinché la vostra allegrezza sia completa.” (Giovanni 16:23-24)
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Perché andare ad un altro quando la Parola di Dio, le parole di Gesù, ci dicono che il Padre ci
darà tutto ciò che gli chiederemo nel suo nome?!
Un altro dettaglio piuttosto evidente: sappiamo che Dio ascolta tutte le nostre preghiere in
quanto onnisciente ed onnipresente; sappiamo che Gesù, in quanto Dio, può adempiere alle sue
promesse che ci assicurano la sua presenza nella vita comunitaria; sappiamo che lo Spirito
Santo, in quanto anch'egli Dio, è con noi e dentro di noi ed opera in tutti i credenti. Ma come
possono Maria ed i santi ascoltare le preghiere loro rivolte dai fedeli cattolici di tutte le parti del
globo allo stesso momento? Sebbene in cielo, Maria e tutti i veri credenti morti in Cristo - non
possiamo dubitare che il loro spirito sia adesso alla presenza di Dio - non sono certo divenuti
onnipotenti o onnipresenti.
E’ presente, poi, nell’uso cattolico comune, una evidente tendenza a perdere di vista
l’insegnamento cattolico sul tipo di culto da rendere ai santi ed a Maria, che fa sfociare la
devozione dei cattolici in qualcosa che va ben oltre la semplice venerazione. I "santi" il cui
culto è promosso dalla Chiesa Cattolica sembrano assumere dei connotati che li avvicinano agli
"dei" del pantheon pagano di cui hanno preso il posto, gradualmente, nell'espressione popolare
della fede. Possono accompagnare, proteggere, fare grazie, miracoli, guarire, ecc… tutte
credenze che sono tipiche del credo cattolico pratico e che il clero cattolico ha interesse ad
assecondare.
Il culto di Maria e dei santi è intimamente connesso all’uso di statue e di immagini.
Le Chiese Cattoliche sono piene di statue. Statue che si trovavano nell’impero romano, nei
fastosi templi romani; ma non nelle modeste sinagoghe ebraiche o nelle prime comunità
cristiane. Nella Bibbia è apertamente proibito l’uso e l’adorazione di statue ed immagini. Il vero
e proprio servizio che si rende loro con addobbi dorati o processioni, l’uso di inginocchiarsi
davanti a queste e di pregare rivolti verso loro, non è in armonia con la Parola di Dio.
I dieci comandamenti, come li troviamo nella Bibbia - anche nelle edizioni cattoliche
ovviamente - non sono esattamente come la Chiesa Cattolica li insegna ai suoi fedeli. Essa
preferisce evitare di menzionare per esteso il comandamento “Non avere altri dii nel mio
cospetto”, perché nel libro dell'Esodo, cap. 20, questo prosegue così:
“Non ti fare scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassù ne’ cieli o quaggiù
sulla terra o nelle acque sotto la terra; non ti prostrare dinanzi a tali cose e non servire loro,
perché io, l’Eterno, l’Iddio tuo, sono un Dio geloso.”
Ancora in Levitico 26:1 leggiamo: “Non vi farete idoli, non vi eleverete immagini scolpite né
statue, e non collocherete nel vostro paese alcuna pietra ornata di figure per prostrarvi dinanzi
ad esse; poiché io sono l'Eterno, l’Iddio vostro.”
Quando con l'editto dell'imperatore Costantino il cristianesimo fu dichiarato religione di stato e
terminarono le persecuzioni, si cadde nell’estremo opposto ed essere cristiano divenne utile per
avanzare nelle cariche statali e nei privilegi imperiali. Fu così che molti divennero “cristiani”
solo di nome e per interesse, senza un vero coinvolgimento spirituale. Il cristianesimo, così
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semplice e immediato, ma spirituale, andò a scontrarsi con lo sfarzo del paganesimo, con la sua
complicata struttura religiosa. Convivendo con esso, la prassi dei cristiani, spesso tali solo di
nome, finì per assorbirne usi e costumi.
La Storia del Mondo Medievale, Garzanti, Vol. I, pag.142, afferma: “La chiesa cattolica
romana, trovò il modo di conciliare molte festività care al popolo, con il dominante sentimento
cristiano. Se era peccato festeggiare Bacco e Cerere, non c'era nulla di male nel celebrare
pubblicamente la vendemmia ed il raccolto. E persino i “Lupercalia” furono trasformati da Papa
Gelasio in una festa cristiana. Molti numi tutelari divennero santi patroni, e il popolo conservò
le sue processioni rustiche, le sue feste...”
Non fu una vittoria del cristianesimo, quanto del paganesimo. Quanti cattolici sanno che la
devozione ai santi patroni, le processioni, non sono usi cristiani, ma pagani incorporati e
“cristianizzati” dalla chiesa romana? E’ un dato storico incontrovertibile, ma il silenzio è
assoluto e la Chiesa di Roma non mostra il minimo cenno a voler tornare indietro.
Atenagora è uno scrittore cristiano del II secolo. Sono arrivate sino a noi due sue “apologie” del
cristianesimo del suo tempo. E’ davvero degno di nota il modo in cui attacca l’idolatria pagana.
“Perché il volgo, incapace come è di distinguere tra la materia e Dio e di comprendere l’enorme
differenza che passa tra le due cose, si avvicina agli idoli che sono fatti di materia, anche noi per
assecondarlo, dovremmo avvicinarci alle statue per adorarle, mentre sappiamo distinguere e
separare l’increato dal creato, l'essere dal non essere, l’intelligibile dal sensibile e ad ogni cosa
attribuiamo un nome che si conviene?”, Supplica XV.
Parole attualissime di un cristiano che non accetta compromessi nella sua fedeltà a Dio, molto
lontane dalla retorica e dalle scuse della Chiesa Cattolica dei secoli a venire. Atenagora esprime
il cristianesimo del suo tempo, un cristianesimo non scevro da colpe, ma senz’altro ancora
fedele alla chiamata di Dio ed all’insegnamento apostolico.
Continua così nel suo scritto contro le obiezioni dei pagani del tempo.
“...alcuni sostengono che queste sono soltanto delle immagini e che sono dei quelli cui esse sono
dedicate, che le processioni e i sacrifici fatti in loro onore si riferiscono agli dei e per essi...er
dimostrare che la cosa sia così, presentano come prova le meravigliose operazioni di alcuni
idoli...”
Ho proposto questo autore perché 1800 anni fa lui cristiano, si è sentito rivolgere le medesime
obiezioni che oggi io evangelico mi sento muovere costantemente dai cattolici.
L’avversione della Chiesa primitiva verso gli idoli era estrema.
“Or mentre Paolo li aspettava in Atene, lo spirito gli si inacerbiva dentro a vedere la città piena
di idoli.” (Atti 17:16)
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Gesù ci insegna nel vangelo di Giovanni: “Ma l'ora viene, anzi è già venuta che i veri adoratori
adoreranno il Padre in ispirito e verità, perché tali sono gli adoratori che il Padre richiede.”
(Giovanni 4:23-24)
Vogliamo imparare da Dio come egli vuole essere adorato e non da alcuna tradizione. Vogliamo
comprendere che l’amore di Dio e la sua Divina Maestà richiedono un culto esclusivo.
Vogliamo gioire con i cristiani che ci hanno preceduti ed imitarli, come loro lodare il Creatore
di ogni cosa e nessun altro.
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7. I CAMBIAMENTI DEL CATTOLICESIMO TEORICO E
CATTOLICESIMO PRATICO
Che il cattolicesimo stia cambiando è un dato di fatto che sta sotto gli occhi di tutti. Che questo
cambiamento sia in meglio è anche questo indubbio.
Alla luce del suo passato, anche non tanto remoto, non è azzardato ritenere, comunque, che le
manovre della Chiesa Cattolica stanno soltanto confermando il suo opportunismo storico. Messo
da parte l’assolutismo degli anni passati, il cattolicesimo, nella persona del pontefice romano, si
propone oggi come garante internazionale della pace e della giustizia, è in prima linea per la
difesa dei più deboli e nel collaborare agli sforzi delle nazioni per la pace nel mondo.
Anche dal punto di vista dottrinale sono stati fatti diversi cambiamenti, che mirano a rendere
più accettabile il credo romano all’uomo del ventunesimo secolo. In verità il Nuovo Catechismo
della Chiesa Cattolica mostra delle aperture e delle sfumature che lo rendono senz’altro più
apprezzabile del catechismo insegnato nella nostra stessa terra fino a non più di quarant’anni fa.
Alcuni cambiamenti, però, per quanto si cerchi di evitarlo, non possono non creare grandi
contraddizioni con il passato.
Se da una parte vi è una crescente tendenza favorevole all’apertura verso i protestanti, o verso le
religioni non cristiane, con il favore del cattolicesimo più “liberale”; dall’altra, per non
sconvolgere chi vuole un cattolicesimo conservatore, si mantiene l’autorità del Papa, dei
vescovi, l’efficacia e l’indispensabilità dei sacramenti, l’unicità della Chiesa Cattolica quale sola
vera Chiesa di Cristo.
La contraddizione è evidente: se si sostiene che il papa è infallibile, se si sostiene che la Chiesa
Cattolica è l’unica mediatrice fra l’uomo e Dio, che il Magistero della Chiesa romana è l’unico
vero interprete dei dati della Rivelazione, se si sostiene che i sacramenti sono indispensabili per
la salvezza, come può ammettersi che anche dei non cattolici siano salvati ?
Una presa di posizione netta come in passato provocherebbe il riso d’una generazione come la
nostra, troppo imbevuta e compiaciuta del suo acceso spirito sincretista ed umanista. D’altro
canto, rinnegare del tutto il passato vorrebbe dire svuotare di significato l’esistenza
dell’apparato gerarchico cattolico.
Diamo concretamente uno sguardo indietro e vediamo cosa insegnava il catechismo della Chiesa
romana in proposito della salvezza e dell’appartenenza alla Chiesa Cattolica:
“Non tutti quelli che di nome si dicono cristiani, sono nella Chiesa di Gesù Cristo; ma soltanto i
veri cristiani. Per essere “vero cristiano” sono necessarie tre cose: 1) essere battezzato; -2)
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credere a tutte le verità insegnate da Gesù Cristo; -3) obbedire al Padre (il Papa) e ai vescovi
uniti con lui.", Scienza Vera del sac. Luigi Locatelli, Torino 1952, pag.123.
E’ spontaneo chiedersi: quanti sono i cattolici oggi che, pur battezzati, sanno persino di dovere
credere a tutte le verità insegnate da Cristo? Quanti sono quelli che sanno cosa ha insegnato
Cristo? Quanti sono i cattolici che obbediscono al Papa, al vescovo o ai preti?
"Altri tempi" - si dirà. Ma la Chiesa Cattolica non è infallibile? Se lo era anche allora, quanto
insegnava deve essere vero e vincolante per i cattolici anche oggi. Perché è ovvio e risaputo che
il più importante di tutti i pronunciamenti conciliari e papali e fondamento della Chiesa
Cattolica, è quello che vuole l’infallibilità della Chiesa di Roma, sostenuta ancora oggi
nonostante le grandi incongruenze storiche che non possono, se la questione viene debitamente
ponderata, darle il minimo significato religioso e storico.
“...Gesù Cristo, - proprio e solo, a S. Pietro e al suo successore continuato - diede: -il Primato e la Infallibilità...avere il “Primato” significa: - essere primo - su tutti - per tutto - in tutto",
Scienza Vera, pag. 128.
“Gesù Cristo, quindi, diede alla S. Chiesa l’infallibilità nell’insegnare la Religione. Infallibilità
significa: - che il Papa, e i Vescovi uniti con lui, quando insegnano verità e cose di Religione
non possono sbagliare: - perché, in tutto ciò, è lo Spirito Santo che insegna, per mezzo di essi. I
Vescovi riuniti in Concilio, sono infallibili, solamente se uniti al Papa, e solamente in quanto
uniti al Papa. Il Papa, invece, è infallibile - in sé - e da solo.”, Scienza vera, pag. 129
E ancora: “La sola vera Chiesa di Gesù Cristo è - la S. Chiesa cattolica Romana, - unica
custode degli insegnamenti di Gesù Cristo, - unica arca di salvezza di tutti gli uomini.”, Scienza
Vera, pag. 124.
Mi chiedo quanti cattolici credono in questo?
Qui, nell’autorità attribuita alla struttura gerarchica della Chiesa e nell’identificare le due cose,
sta la maggiore differenza fra cattolicesimo e movimenti evangelici.
Vittorio Subilia nel suo “I tempi di Dio” considera la concezione di Chiesa Cattolica intesa
come “Istituzione di Dio”. Se la Chiesa Cattolica è stata istituita e voluta da Dio, ne consegue
che essa sia comunque e sempre la Chiesa di Cristo, assistita sempre in tutti i suoi
pronunciamenti dallo Spirito Santo. Egli scrive giustamente: “Se non si comprende questa
concezione, non si comprende il Cattolicesimo e non si comprendono le ragioni di fondo del
contrasto istituzionale.”, pag. 230.
Questa “istituzionalizzazione dello Spirito Santo e di Dio”, il considerare quasi Dio a
disposizione della Chiesa e non il contrario, non è accettata dagli evangelici.
Paolo VI ha affermato: “La Chiesa è qui. Noi siamo qui la Chiesa... Ora se qui è la Chiesa, qui è
lo Spirito Paraclito, che Cristo ha promesso ai suoi apostoli.” La deduzione: noi siamo la Chiesa
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quindi abbiamo lo Spirito, rinnega l’insegnamento della Bibbia, diametralmente opposto: dov'è
lo Spirito, lì è la Chiesa di Cristo!
L’unico vero successo di questa politica, è l’unità “fittizia” dei fedeli attorno al pontefice
romano e la conseguenza, l’inaridimento spirituale del cattolico medio che lascia completamente
nelle mani del clero la sua spiritualità. La Chiesa Cattolica allora è una istituzione alla quale il
fedele aderisce con il battesimo e gli altri sacramenti ed essere cristiano diviene sinonimo di
aderenza e fedeltà alla Chiesa Romana, in quanto voluta da Cristo.
Inevitabile lo scandalo avvertito dal cattolico medio, per la molteplicità delle denominazioni
esistenti negli ambienti evangelici. Ma per questi ultimi non è importante tanto la
denominazione cui si appartiene, sebbene questa esprima un credo, delle opinioni, ecc., quanto il
rapporto personale del fedele con Dio, la sua spiritualità, la sua conoscenza biblica e condotta
personale. La semplice appartenenza a questa o quella "denominazione", a questa o quella
chiesa, non ci renderà parte del corpo di Cristo. Ma tutti coloro che hanno veramente riposto in
Cristo la loro fiducia per essere salvati, sono stati rigenerati spiritualmente dallo Spirito Santo e
vivono una condotta degna dell’Evangelo, qualsiasi denominazione appartengano, formano tutti
insieme il corpo spirituale di Cristo e il tempio di Dio che è la vera Chiesa.
Oggi si parla molto di unità, di recuperare l’unità della Chiesa. Ma quello che gli
istituzionalisti di Dio trascurano è che la Chiesa di Cristo non è mai stata divisa e mai potrà
essere divisa, perché l’unione della Chiesa non è nella sottomissione ad un uomo o
nell’appartenenza ad un movimento religioso, bensì nella fede in Gesù Cristo, il Salvatore.
L'insegnamento che ha sempre caratterizzato le chiese evangeliche - e che non compare adesso
per mero opportunismo - lo zelo per la Parola di Dio che le ha mantenute fedeli alla Verità
biblica, col solo scopo di glorificare Dio come Lui vuole essere glorificato, evitano un
esclusivismo ed un assolutismo ingiustificabile: nessuno ha il monopolio di Dio e dello Spirito
Santo!
“Voi tutti siete figli di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo”, abbiamo letto. Allora non è
l’appartenenza ad una organizzazione, qualunque essa sia, persino evangelica, a renderci
membri della Chiesa di Cristo, bensì la nostra fede, la fede di cui abbiamo parlato fin qui, nel
Cristo della Parola di Dio, Salvatore e Signore.
Se molte sono le denominazioni, la fede è una sola, e nessuno ha il monopolio del cielo.
L’aderenza del cattolico alla Chiesa intesa come istituzione, mediante il battesimo, la
comunione, la cresima, lo rende cattolico, ma troppo spesso non ne fa un cristiano. Il torpidore
spirituale e l’ignoranza del cattolico medio, spesso persino sui fondamenti della fede cristiana,
sono a volte a dir poco disarmanti. Troppo spesso mi sono imbattuto in cattolici battezzati e
comunicati che ignorano che la Bibbia è la Parola di Dio, che non credono nella realtà del
peccato, quindi nella salvezza dell’anima, che per logica conseguenza ignorano lo scopo della
venuta di Gesù su questo mondo, che non sanno che parte del credo cristiano è l’attesa per il
ritorno di Cristo, che vi sarà una condanna e una beatitudine, non per chi si comporta bene o chi
si comporta male, bensì per chi crede o meno al sacrificio di Cristo per essere salvato, ecc...
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Giuseppe Guarino – Verità o Tradizione?
Vale la pena perciò puntualizzare qualche fondamento della fede cristiana che gli evangelici
condividono con il cattolicesimo, perché il cattolico medio che si imbattesse in questo scritto e
lo disapprovi non si scopra ad essere in disaccordo anche con il credo cattolico. Se così fosse, lo
stesso ipotetico lettore farebbe meglio a riconsiderare attentamente la sua condizione spirituale e
la propria coerenza di vita.
Se Dio non avesse Lui stesso parlato, allora gli uomini veramente sarebbero stati in balia di se
stessi, non potremmo parlare di Rivelazione di Dio, di Parola di Dio, e ogni opinione su Dio
sarebbe buona. Ma Dio ha parlato. C’è stato un momento storico ben preciso, in Giudea, quando
un uomo ha detto di essere stato inviato da Dio per dirci chi è Dio e cosa intende fare per
riparare allo stato in cui la sua creatura è caduta. Quell’uomo ha confermato che la conoscenza
religiosa del Dio unico dei Giudei era più che un'intuizione, proveniva da Dio stesso e che lui
era venuto per completarla ed adempierla con lo scopo di salvare l’uomo.
L’apparizione di Gesù di Nazareth ha chiuso qualsiasi dibattito su Dio. Dio stesso ha parlato in
lui. Agli uomini non resta che ascoltare.
“Iddio, dopo avere in molte volte e in molte maniere parlato anticamente ai padri per mezzo
dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi mediante il suo Figlio.” (Ebrei 1:2)
Da qui l’essenza del vangelo e l’obbligo di adempiere al mandato di Cristo: “Andate per tutto
il mondo e predicate l’evangelo ad ogni creatura. Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà
salvato, ma chi non avrà creduto sarà condannato.” (Marco 16:15-16). E’ Parola di Dio, sono
parole uscite dalla bocca di Gesù, il nostro Maestro.
L’obbedienza a tutto l’Evangelo e solo all’Evangelo è richiesta al cristiano. E non è in ballo
una questione morale o sociale, ma la nostra salvezza stessa. Per dirlo con le parole dell'apostolo
Paolo: "Vi ricordo, fratelli, il vangelo che vi ho annunziato, che voi avete anche ricevuto, nel
quale state anche saldi, mediante il quale siete salvati, purché lo riteniate quale ve l'ho
annunziato; a meno che non abbiate creduto invano ..." (1 Corinzi 15:1-2)
L’Evangelo della salvezza in Cristo Gesù è difficile da accettare per l’uomo dei nostri giorni,
irrazionalmente imbevuto di razionalità o di ciò che vuole passare come tale. Ma è nostro
obbligo insegnarlo come lo rinveniamo nella Scrittura e non adattarlo al pensiero dei nostri
contemporanei, rischiando di svuotarlo della sua essenza. La Chiesa del nostro tempo subisce lo
stesso attacco che le è stato fatale nel IV secolo, l'attacco dell'ottimismo greco, dei
compromessi, del tutto va bene, tutto è giusto e nulla è veramente sbagliato, quel relativismo che
disconosce Dio e rinnega la Sua Parola. Per noi vale quello che diceva Paolo: “Ma noi
predichiamo Cristo crocifisso che è scandalo per i Giudei e pazzia per i gentili (i non ebrei).”
(1Corinzi 1:23)
Questo Evangelo la Chiesa di Roma ha già smesso da un bel po’ di annunciarlo; ad esso
preferisce - a discapito della salvezza delle anime di chi le presta fiducia - una dottrina che le
garantisca maggiore favore da parte dell'opinione pubblica, un evangelo "sociale" che
contribuisce al bene dell'umanità. Ma non è questo il mandato che Gesù ha dato alla sua Chiesa.
"E Gesù, avvicinatosi, parlò loro, dicendo: "Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra.
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Giuseppe Guarino – Verità o Tradizione?
Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e
dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed
ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente". (Matteo 28:18-20)
Il cristianesimo non è un'altra religione, buona quanto le altre. L'insegnamento di Gesù non è
buono quanto quello di altri profeti o santoni. Comportarsi bene non basta, non basta credere in
"qualcosa". Questo è l'Evangelo dell'uomo, non di Dio.
Gli altri prelati e buona parte del clero cattolico riescono a leggere le parole di Cristo al clero
giudaico e non sentirsi compunti dalla Parola di Dio? "Ma guai a voi scribi e farisei ipocriti,
perché chiudete il regno dei cieli dinanzi alla gente, poiché non vi entrate voi e non permettete
che entrino quelli che cercano di entrare."
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Giuseppe Guarino – Verità o Tradizione?
CONCLUSIONE
Perché gli evangelici o i protestanti in genere si sono separati dalla Chiesa di Roma? Perché
hanno creato questa frattura nel mondo cristiano ?
La ricerca e il mantenimento dell’unità nella Chiesa è una delle preoccupazioni maggiori della
Chiesa Cattolica Romana; ma è l’unità di una chiesa sottoposta ad un'inappellabile autorità della
gerarchia cattolica, uniformata all’infallibile Magistero papale e conciliare. La preoccupazione
degli evangelici, è invece l’obbedienza alla Parola di Dio, senza compromessi. Quando il
cristianesimo si accorse che la religione ebraica del suo tempo non voleva accettare il Messia,
non vi fu spazio per compromessi. Quando gli apostoli furono portati davanti agli organi
religiosi giudaici, non ebbero esitazione e risposero così alle autorità religiose che volevano loro
proibire di parlare di Gesù al popolo: “Giudicate voi se è giusto nel cospetto di Dio, di ubbidire
a voi anzi che a Dio.” (Atti 4:19). Fecero ciò, nonostante questo comportasse una frattura
definitiva con il mondo ebraico, per amore dell'Evangelo che il Signore aveva loro comandato di
predicare.
Gli apostoli avevano deciso di abbandonare la loro tradizione per abbracciare la Verità. Lo
stesso chiedo di fare al lettore: se la sua tradizione religiosa non è conforme alla Verità, egli ha
l’obbligo morale, verso Dio e verso se stesso, di abbandonarla per abbracciare e vivere la Verità
come Gesù l’ha insegnata e l’ha fatta arrivare fino ai nostri giorni, nella Sacra Scrittura, la
Bibbia, Antico e Nuovo Testamento.
Mi rendo conto che questo è molto più facile a dirsi che a farsi.
Il cattolicesimo, con il suo sfarzo nei riti e nelle varie cerimonie, con l’inquietante grandezza dei
suoi monumenti, con la complessità dei suoi riti ed usi, mette in particolare risalto l’esteriore
della religiosità. Così il cattolico medio finisce per confondere la religione con un insieme di atti
da compiere: recitare le preghiere, dire il rosario, seguire il prete nella liturgia della Messa,
festeggiare i santi o determinate ricorrenze, ecc.
Vi sono, è vero, anche dei comportamenti esteriori nel cristianesimo, ma questi non possono
soppiantare gli atteggiamenti e le condizioni spirituali che essi debbono soltanto simboleggiare e
non sostituire. Il battesimo, ad esempio, è un atto esteriore, ma non rigenera in sé; simboleggia
la meravigliosa opera di rigenerazione compiuta dallo Spirito Santo, ma non la compie. Invece il
"sacramento" della Chiesa Romana è quasi un rito magico, per il quale, la “Chiesa” (istituzione)
conferisce la grazia. Se il battesimo cattolico ha forza in sé, allora ciò vuol dire che qualunque
sia l’atteggiamento della persona, Dio la rigenera? Se, però, la sua efficacia è subordinata alla
fede dell'individuo, la fede non può essere risposta nell’acqua, nel rito, o in una gerarchia, ma in
Dio; perché allora è fondamentale e non si può essere rigenerati prima del battesimo? La
rigenerazione avviene anche nei bambini battezzati? Ciò implica che Dio ha mutato la natura
sottoposta al peccato di quei neonati per renderli "figli di Dio", a prescindere da chi saranno e
cosa faranno una volta adulti? Ma se è vero che dall’albero si riconoscono i frutti, basterà darsi
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un’occhiata intorno per capire che il battesimo da se non ha alcuna virtù “magica” di rendere
cristiani.
Se poi la nostra comunione con Dio l’abbiamo grazie ad un’ostia consacrata, allora dove si
compiono le parole degli apostoli che abbiamo letto e che ci descrivono ogni vero credente
come la dimora dello Spirito Santo e di Gesù, il Tempio stesso di Dio senza nemmeno citare la
liturgia della Messa?
Non mi fraintenda il lettore cattolico sincero. Sono convinto che anche tra i cattolici vi siano dei
cristiani autentici - perché il giudizio appartiene a Dio e a nessun uomo. Quanto voglio
sottolineare qui, però, è la facilità con la quale l’esteriorità ha soppiantato l’autentica spiritualità
nel cattolico medio, dandogli l’illusione di potersi ritenere cristiano per ciò che fa e non che
crede, conosce o è in Cristo. Eppure se non possiamo fare nostre le parole di Paolo: “Sono stato
crocifisso con Cristo, e non son più io che vivo, ma è Cristo che vive in me.” (Galati 2:20),
nessun’ostia potrà far si che ciò diventi realtà! E se le parole dell'apostolo non ci riguardano,
come possiamo dirci veri cristiani? Forse stiamo solo illudendoci.
Voglio offendere? No! Ma scuotere la coscienza di chi legge si; per spingerlo, se ve n'è bisogno,
non verso questa o quella religione, ma per spronarlo ad avere una consapevolezza maggiore
sulla vera essenza della propria fede. Perché sento il dovere di dire che se non mangiamo carne
il Venerdì, se recitiamo il rosario ogni giorno, se ci flagelliamo, se andiamo a Messa ogni
domenica, se facciamo tutte le buone opere che possiamo, pure se frequentiamo la chiesa
evangelica sette giorni su sette, se facciamo queste e altre mille cose per conquistarci la
salvezza, ma trascuriamo l’autentica conoscenza di Dio rivelata da Dio stesso agli apostoli e,
quindi, fedelmente riportata nella Sacra Bibbia, tutto ciò sarà inutile agli occhi di Dio.
Scrive Paolo parlando del suo popolo: “...io rendo loro testimonianza che hanno lo zelo per le
cose di Dio, ma zelo senza conoscenza. Perché ignorando la giustizia di Dio, e cercando di
stabilire la propria, non si sono sottoposti alla giustizia di Dio.” (Romani 10:2-3)
“Chi crede nel Figlio ha vita eterna, ma chi rifiuta di credere al Figlio non vedrà la vita.”
(Giovanni 3:36). I nostri sforzi allora non ci condurranno a Dio, perché non siamo noi a dover
decidere come, stabilendo la nostra giustizia, ma è stato Dio a rivelarci il modo, tramite la sua
Parola. Ogni sforzo per raggiungere Dio che trascuri Dio, non ha senso.
Alla volontà di Dio non abbiamo nessun diritto di sostituire la nostra religione.
Ammetto di aver usato un linguaggio forte. Stento a volerlo mettere per iscritto, perché so che
mi renderà antipatico al lettore cattolico medio. Anche Gesù, però, non va per il sottile quando
afferma: "Non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la
volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: "Signore, Signore, non
abbiamo noi profetizzato in nome tuo e in nome tuo cacciato demòni e fatto in nome tuo molte
opere potenti?" Allora dichiarerò loro: "Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me,
malfattori!" (Matteo 7:21-23)
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Giuseppe Guarino – Verità o Tradizione?
Sono convinto che quanto ho scritto in questo mio piccolo libro sia la Verità. So che dire le cose
come stanno non rende simpatici a tutti. Ma tacere sulla realtà dei fatti mi renderebbe colpevole
verso il mio prossimo e questo è ancora peggio che stargli antipatico.
Io stesso sono stato un cattolico per molti anni. Da piccolo sono stato battezzato; poi, quando
ancora non capivo nemmeno cosa volesse dire cristianesimo, ignoravo la sola esistenza della
Bibbia, sapevo a mala pena che era esistito un uomo di nome Gesù, ho preso la prima
comunione. Io so cosa vuol dire essere cattolici. Adesso so pure cosa significhi essere un vero
cristiano e la grande differenza che c'è fra le due cose. Ho provato sconforto e rabbia quando mi
hanno mostrato i dieci comandamenti come sono nella Bibbia e ho dovuto riscontrare mio
malgrado delle differenze sostanziali col decalogo imparato a memoria fino da piccolo. Mi sono
sentito ingannato quando non ho trovato nella Bibbia il cattolicesimo: ma cosa mi avevano
insegnato? Nella Bibbia, però, ho trovato qualcosa di molto più grande di una religione; vi ho
trovato Cristo! E non è la rabbia o la voglia di polemica che mi hanno spinto a scrivere questo
libro, piuttosto l’amore per coloro ai quali la Verità è taciuta.
E’ per me indubbio, infatti, che la Chiesa Cattolica ha chiuso la porta della salvezza davanti a
molti dei suoi fedeli. Molti cattolici infatti con i quali ho avuto modo di parlare non capiscono
nemmeno cosa voglia dire "salvezza", ignorano la condanna definitiva del peccato dopo la
morte, non hanno mai sentito predicare l’Evangelo della Grazia in Gesù Cristo; sono stati
colpevolmente illusi che il loro credere in un Essere Superiore sia sufficiente, che basta essere
fedele agli insegnamenti della chiesa.
“Fratelli io vi rammento l’Evangelo che vi ho annunciato, che voi ancora avete ricevuto, nel
quale ancora siete stati saldi, mediante il quale siete salvati, se pur lo ritenete quale ve l’ho
annunciato.” (1 Corinzi 15:1-2)
Bisogna avere udito la predicazione dell’Evangelo e crederla per essere salvati. Questo
evangelo, del quale parla l’apostolo, l’unico che salva, lo troviamo nella Sacra Scrittura. L’ho
già descritto al lettore: Dio ha amato il mondo e gli ha dato Gesù, che è morto per i nostri
peccati ed è resuscitato dai morti al terzo giorno; credendo in lui abbiamo la vita eterna.
Un altro evangelo che non sia questo, non può salvare, come è chiaro da quel "se" che ho messo
in evidenza nella citazione. Quindi, al di là della polemica o della mera questione teoricodottrinale, vorrei esser riuscito non a convincere il lettore delle mie idee, bensì a stimolarlo a
non affidarsi ad alcuno per la propria salvezza, neanche a se stesso, ma solo a Dio, l'unico che lo
può veramente illuminare e salvare in Cristo.
Spero vivamente di essere riuscito in questo intento.
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