ASMED
ACCADEMIA DI STUDI MEDITERRANEI
AGRIGENTO
Arabi e Normanni in Sicilia
Atti del
Convegno internazionale
euro-arabo
AGRIGENTO, 22 - 23 - 24 - 25 FEBBRAIO 1992
SALA CHIARAMONTANA SEMINARIO VESCOVILE
MARIA AMALIA DE LUCA
Il
Nummarium di epoca arabo-normanna di Palermo
Il nucleo originario del Nummarium di Palermo si formò intorno alla
fine del XVIII secolo ad opera del patrizio palermitano Alfonso Airoldi,
valido esponente della folta e agguerrita compagine di intellettuali siciliani che, nella seconda metà del '700, si diede a scandagliare e a valorízzate
il patrimonio storico-archeologico isolano. L'interesse di quei promotori
era genuino e, almeno nelle intenzioni, sorretto da un volenteroso metodo
scientifico e da meritoria serietà.
L'Airoldi (I729-1817), discendeva da una nobile famiglia dell'Iralia ser-tentrionale trapiantatasi in Sicilia. Pronunciati i voti, percorse una brillantissima carriera che lo condusse ai veftici della gerarchia ecclesiastica: oltre
a essere nominato vescovo di Eraclea - il che gli offrì il destro di sovrintendere alle antichità delf intero territorio agrigentino ricchissimo di reper.
ti - ricoprì la prestigiosa carica di cappellano reale e quella ben più autorevole di Giudice della Monarchia.,
Alfonso Airoldi coltivò una ardente passione per I'archeologia e la storia siciliana alle quali dedicò gran parte di una prolissa produzione rimasta
ine.dita. Fu animatore di un vivace circolo culturale nel quale confluirono i
più brillanti ingegni dell'epoca. In occasione de11a fortuita visita a Palermo
dell'Ambasciatore del Marocco,' ebbe modo di imbattersi nell'abate
Giuseppe Vella che era stato affiancato all'ospite in veste di guida ed interprete. Ciò indusse I'Airoldi ad interessarsi al prete maltese e a reclutarlo
nel suo entourage quale esperto di arabistica.
Esperto di arabistica, in realtà, il Vella non era affatto. Come tutti i maltesi, la cui lingua è ridondante di prestiti linguistici arabi, conosceva qualche parola d'Arabo, lingua che forse aveva anche marginalmente studiato
in gioventù. Questa mediocre esperienza gli aveva consentito di comuni-
r4l
care alla be1l'e meglio con il diplomatico marocchino procacciandogli
così
una provvidenziale quanto immeritata credenziale per varcare la
soglia di
uno dei più esclusivi ambienti culturali palermitani.
II resto della sroria è arcinoro: i dettaglìati resoconri di villabianca. e dello
Scinà' magistralmente rielaborati da L. sciascia' ci consentono di sesuire
passo passo le geniali e truffaldine imprese del falso arabista a danno -alella
nobiltà e della intellighenzia palermitana. per noi è fondamentale tuttavia
ricordare che sulla scia dell,entusiasmo suscitato dalle false scoperte del
vella, si acuì negli studiosi siciliani e soprattutto nell'Airoldi, che di rali scoperte si era fatto paladino e mecenate, la curiosità per tutto quanto riguardasse il periodo della conquista e della dominazione saracena sulla nostra
isola. Si iniziò dunque a fare incetta di reperti che testimoniassero quella
fase storica e si cominciò, tra I'altro, a collezionare monete dell,epoca.
Si raccolsero così a Palermo le prime collezioni di monete islamiche, le
più prestigiose tra le quali appartennero proprio all'Airoldi ed al vella. Sulla
collezione di quest'ultimo ci sono giunte solo testimonianze indirette.
Sappiamo che contava numerosi esemplari di gran pregio, sappiamo anche
che essa venne sequestrata al Maltese al momento della condanna e quindi
depositata temporaneamente presso il Museo dei Regi studi dove fu sottoposta alla perizia di un esperto.
Nel 1803 il vella, scontata la pena, poté rientrare in possesso delle sue
monete che presumibilmente si affrettò a mettere all'incanto. Della preziosa
collezione si perdeva così ogni traccia.
Lo stesso perito che aveva vagliato le monete del vella fu incaricato di
riordinare e setacciare quelle di proprietà delt'Airoldi. Si trattava di
Salvatore Morso,u pupillo del canonico Rosario Gregorio (1753-rg09) e da
questi indirizzato a1lo studio della lingua araba affinché facesse da contralîare all'impostore maltese. Il Gregorio infatti era stato uno dei pochi a
intuire immediaramente i raggiri del vella. pieno di srizza per ta creduloneria dei suoi contemporanei, offeso dall'inarrestabile successo del falso
arabista e soprattutto dallo scarso credito con cui venivano invece accolte
le sue denunce, egli aveva pazientemente innescato quell'ingranaggio che
avrebbe finito per smascherare, grazie all'intervento di esperti stranieri, la
grandiosa truffa ordita dal Vella.
Nel frattempo, consapevole che I'unico ed efficace argine a questa e ad
altre future imposture era rappresentato da una solida preparaziohe scientifica, il Gregorio aveva favorito il tirocinio {el Morso che in effetti nel
1797 si trovò a ereditare la scottante cattedra di Lingua Araba che un
decennio prima era stata istituita dall'Airoldi, a beneficio del Vella.
A differenza del predecessore, il Morso si diede con passione ed onestà
allo studio della lingua araba ed ar vaglio dei materiali di epoca musurmana a quel tempo conosciuti. A lui si devono le prime un po' fantasiose ricor42
struzioni topografiche della Palermo saracena: a lui si devono soprattutto le
prime zoppicanti interpretazioni della copiosa messe di epigrafi edili e sepolcrali del territorio siciliano. L'Airoldi decise di affidargli anche la sua collezione di monete affinché la epurasse da tutte le patacche che dal vella vi
erano state subdolamente introdotte. 11 vella infatti aveva personalmente
coniatb alcune monete al solo scopo di dare maggiore credibilità agli episodi <<storici> da iui inventati. Tali monete, confluìte insieme alle autentiche
nel Nummarium della Biblioteca comunale di palermo, ne costituiscono una
vera curiosità: esse presentano un formato molto più voluminoso del dovuto, una decorazione troppo esuberante ed una grafia estremamente goffa.
Alla morte dell'Airoldi, la preziosa collezione giacque per decenni dimenticata presso la villa ai colli, finché, nel 1848, il conte Cesare, erede universale dei beni di Monsignore, non decise di destinarla insieme ai manoscritti
e al cospicuo patrimonio librario dello zio, alla Biblioteca di Palermo.
Purtroppo, quando ciò avvenne, ngn si procedette a un inventario completo delle monete, sicché è per noi, oggi, oltremodo arduo individuare i
pezzi che appartennero all'Airoldi. L'unico documento in grado di fornirci qualche approssimativa indicazione in tal senso consiste in un succinto
elenco che ci è stato tramandato da Vincenzo Mortillaro.?
I1 Mortillaro8 ebbe ad occuparsi delle monete dell'Airoldi in virtù dei
suoi interessi per l'islamistica in genere e per I'epigrafia in particolare. Egli
era stato tra gli allievi del Morso e ne aveva in seguito ereditato I'incarico
presso l'Università dei Regi Studi. Della raccolta dell'Airoldi, Mortillaro
redasse una sofia di catalogon assai parziale e impreciso. Esso infatti prende in esame esciusivamente le monete battute in Sicilia: queste, a loro volta,
sono elencate insieme a tutte Ie altre monete di zecca siciliana allora conosciute. Per contraddistinguere quelle della Biblioteca Comunale, il marchese Mortillaro ricorse ad un asterisco. Identificare le monete sulla base
di questa indicazione risulta però difficilissimo perché I'opera non è cor_
redata da alcuna illustrazione, le descrizioni delle monere sono troppo scarne e le letture del Mortillaro risultano per lo più opinabili.
A rendere quasi impossibile il compito di rintracciare il nucleo settecentesco contribuisce inoltre il progressivo e continuo ampliamehto subito dalla
collezione a pafire dal 18 60. La fisionomia e la consistenza del Nummarium
risultavano già alla fine de1 secolo totalmente alterate dall'introduzione di
numerosi altri Iotti non specificatamente magrebini o siciliani: confluirono
in esso infatti monete mamelucche, .mongole ed ottomane.
Tale trasformazione è dettagliatamente documentata dal magistrale catalogo redatto dallo studioso Bartolomeo Lagumina nel 1892.'o Il grande
semitista siciliano, che fu a lungo vescovo della città di Agrigento, spronato da Michele Amari, dedicò molti anni alla pubblicazione delle monete
della Comunale. Studiò e decifrò circa ottocento pezzi che ripartì in appol+J
site sezioni dinastiche secondo un ordine cronologico.
Malauguratamente parte del lavoro del Lagumina è stata in seguito vanificata, poiché se è vero che il suo catalogo rimane un preziosissimo e insostituibile strumento di studio, le monete da lui pazientemente inventariate
e riordinate sono state poi spostate, rimescolate e private dell'originale
numero di inventario con conseguenze disastrose cui accennerò tra breve.
va aggiunto che anche nel nostro secolo sono stati introitati nuovi materiali
come ci attesta il fatto che nel corso della nuova catalogazione, da me intrapresa circa un anno fa, mi sono imbattutà in numerosi esemplari che non
figurano nel volume del 1892.
Gravi difficoltà ho incontrato, come accennavo, nel ricollegare il sin_
golo pezzo alla numerazione del Lagumina, poiché non sempre gli esemplari venivano da lui descritti singolarmente ed il peso ed il diametro talvolta non rappresentano fattori discriminanti. Ciò mi ha costretta ad una
radicale rilettura ed interpretazione dei materiali e ad una nuova e sistematica catalo gazione de11'.intera collezione.
Solo a compimento di questa impresa saremo in grado i1i distinguere le
monete descritte nel 1892 da quelle acquisite posteriormente e quindi verosimilmente ancora inedite." Auspichiamo inoltre che lo spoglio degli archivi amministrativi della Biblioteca ci consenta di proiettare luce parallelamente sulle date, le modalità e soprattutto sulla provenienza delle più recenti acquisizioni.
Passando brevemente ad illustrare il nucleo arabo-normanno. che del
Nummarium palermitano costituisce indubbiamente la sezione più apprezzabile, sarà utile fomire qualche nozione preliminare sulla numismatica araba.
Il sistema monetario arabo è bimetallico. Si avvale infatti ufficialmente
di una emissione aurea e di una emissione in argento. Ad esse si affiancò
precocemente, per esigenze di mercato, una emissione in rame che aveva
virtualmente una circolazione più limitata. Le monete di rame infatti eodevano di corso 1ega1e solo nella provincia in cui erano state battute.
L'unità monetaria aurea è il <dinar>, termine derivato dal mondo grecobizantino dove dai tempi di costantino designava comunemente la moneta
aurea detta <<solidus>>. Proprio il <solidus> bizantino venne preso a modello
dagli Arabi nelle loro prime emissioni monetali. Essi si limitarono a ripro durre le monete dell'imperatore Heraclio, sopprimendo owiamente ogni traccia di simbolismo cristiano e aggiungendo delle formule religiose di stampo
musulmano. Più tardi il califfo 'Abd al-Matik (685-705/65-g6) promosse una
radicale riforma monetaria mettendo in circolazione un nuovo <<dinar> la cui
tipologia, svincolata totalmente dagli influssi greci, propone una decorazione esclusivamente epigrafica. La scelta del tipo di moneta aniconica si imporrà
in occidente con qualche ritardo rispetto all'oriente, ma alla fine diverrà una
caratteristica, pressoché costante, della monetazione arabo-islamica.
144
Per quanto concerne il peso del <dinàr>, esso equivale a circa g 4,25,
vale a dire a un po' meno del suo modello bizantino, il solido, che pesava
intorno a g 4,55.
L'unità monetaria d'argento è rappresentata dal <dirham >> di g 2,97 , la
cui denominazione è ugualmente di origine greca essendo la corruzione del
termine <<dracma>. È superfluo aggiungeie che per le transazioni meno
impegnative si ricorreva, come in tutti i sistemi moneîari, a frazioni ponderali argentee o auree oppure alla moneta di rame, iI <<fals>, i1 cui peso è
variabile secondo I'epoca e l'ambito geografico.
Esattamente dopo la conquista della Sicilia, avvenuta nell'827, appare
frequentemente una emissione insolita: il quarto di <dinàr>, equivalente
dunque a circa g 1. Questo nuovo taglio si diffonderà per tutto il bacino
mediterraneo e godrà di immensa fortuna per diversi secoli. I Normanni lo
erediteranno, insieme ai caratteri tipologici salienti della monetazione islamica, denominandolo <<tarì>>, voce mutuaîa da un aggettivo della lingua
araba che vuol dire <<fresco di conio>>.
L'abbondanza dei quarti di <dinàr>, o <<tarì>>, offre lo spunto a due considerazioni.
1. Il fatto
che essi compaiano dopo 1'827 ha spinto gli esperti a collocare
proprio nella Sicilia 1'origine di tale peculiarissima emissione. Più esattamente il professor Michael Bates, una delle massime autorità del settore, ha recentemente suggerito" che i quarti di <dinar> siano decollati
dopo la presa della zecca dr Siracusa e siano stati ispirati al <<tremissis>>
bizantino. Ciò ci imporrebbe come termine post quem I'anno 878, data
dell 'espugnazione della capitale bizantina da parte delle truppe arabe.
Mi sia consentito dissentire da questa autorevolissima opinione in base
alla lettura che il Lagumina ha fornito di un <<tarì> della collezione di
Palermo, lettura che io stessa ho avuto modo di verificare proprio su richiesta dell'esperto americano e che sembra indicare una data anteriore alla
presa di Siracusa. Questa anticipazione del resto non infirma affatto I'origine siciliana del <tarì>. Gli Arabi poterono, a mio avviso, ispirarsi a1 <<tremissis>> bizantino ancor prima di prendere possesso della zecca siracusana
poiché questa moneta circolava liberamente in tutta I'isola.
2. La seguente constatazione
è ancora più .interessante e ricca di implicazioni storiche. Come ha già messo in luce Paolo Balog," il fatto che in
Sicilia si sentisse l'esigenza di produrre e di far circolare esclusivamente
quarti di <dinàr>>, invece di <<dinàr>> interi o mezzi <<drndt>>, deve invitare lo storico a riflettere sul volume reale delle transazioni siciliane e
quindi sulle effettive dimensioni dell'economia siciliana dell'epoca.
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Economia che in passato si è stati propensi a enfatizzare rischiando di
imporre un'immagine di essa esageratamente effervescente.
Analogo discorso va fatto per la monetazione d'argento. In sicilia non
circolano <<dirham> interi ma solo frazioni, addirittura piccolissime, come
la <<kharruba>> equivalente a un sedicesimo di <<dirham>>. sarebbe ovvio dunque aspettarsi una abbondantissima presenza di rame e invece anche in questo settore ci attende una sorprendente rilevazione.
La circolazione del rame in Sicilia è pressoché nulla, il che è ancor più
ìnsolito se si pensa che questa moneta è ovunque la più richiesta per gli
scambi della vita quotidiana e per il piccolo commercio. Non è pensabile
una società che non faccia ricorso ad una moneta divisionaria e che gestisca la vita economica con il solo supporto della valuta pregiata.
In contrasto con questa vistosa e anomala penuria di <fals> abbondano
in Sicilia i ritrovamenti di gettoni di pasta vitrea tipici peraltro del mondo
arabo dove abitualmente venivano adoperati, secondo un uso bizantino,
come unità ponderali per valutare Ia correttezza del peso delle monete. La
presenza di gettoni di epoca fatimita assume tuttavia in sicitia e soprattutto in Egitto dimensioni francamente spropositate.
La loro quantità infatti non è minimamente giustificata dalla loro pre_
sunta funzione. Alcuni di essi inoltre sono chiaramente delle contraffazioni' viene quindi spontaneo chiedersi che senso avesse falsificare dei settoni ponderali. Ecco perché P. Balog'o afferma che tali gertoni di vefto Àsunsero in Sicilia e in Egitto in epoca fatimita la funzione di valuta divisionaria e quindi sostituirono I'emissione in rame- In entrambe le regioni del resto
prosperava I'industria vetriera di contro a una scarsezza di miniere di rame.
Fatîe queste brevi considerazioni, passiamo in rassegna succintamente le
caratteristiche tipologiche degli esemplari arabo-normanni del Nummarium
cercando di delineame sommariamente l'evoluzione. Il primo gruppo, che ai
tempi del Lagumina" contava r04 pezzi, è rappresentato dalre monete aglabite sia di zecca africana che siciliana. La più antica monera araba battutà in
sicilia e a noi nota risale all'829 (214 E). si tratra di un <dirham>> intero,
l'unico di tutta la monetazione arabo-sicula pervenutaci, custodito atîualmente
del Medagliere di Parigi. Presso la Biblioteca di palermo si trova invece
l'esemplare più antico di mezzo <dirham>> risalente all, g35 (220 E) e battuto
a Palermo la cui zecca veniva indicata o genericamente con la denominazione <qiqilliya> o con quella di <madrna Balarm>> o semplicemente <madina>>.
Le monete aglabite presentano in genere una grafia piuttosto arcaica: nei
<<dinar> il diritto reca in campo, come di consuetudine, la professione
di
fede e, in margine, Ia súra della missione profetica. Sul rovescio in campo
figura il motto degli Aglabiti <<galaba>> seguiîo dal nome dell'emiro in carica, mentre in margine abbiamo le preziose indicazioni defla daîa e della
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zecca.Il <<dirham>> presenta all'incirca le stesse formule con la variante che
la <<basmala> si trova sul diritto.
Lo stesso ductus e 1o stesso formulario caratterizzano.le prime emissioni fatimite di al-Mahdr (9 09 -9 3 4 / 29i -3 22) ed a1- eà' im (g 3 4 -g 4 5 / 322-334) .
Nelle monete del successore ar-Mansùr (945-952/334-341) appaiono inve-
ce notevoli innovazioni stilistiche: la grafia perde la primitiva rigidità ed acquista un andamento più sinuoso ed aggrazíafo,le epigrafi vengono diversamen-
te distribuite ed altemate a fasce vuote con apprezzabili risultati estetici.
Nelle monete del quarro califfo, al-Mu,izz (925-915/341_365), fa la sua
comparsa Ia professione di fede scr'ita che da questo momento in poi caratterizzerà' la monetazione della dinastia. Essa prevede, in aggiunta alla tra-
dizionale formula, la citazione del nome di 'Ah. Gli esemplari fatimiti aurei
di zecca siciliana sono tuîti quarti di <<dinàr>. L'argento è meno frequente
soprattutto nella collezione di cui stiamo trattando fatta eccezione per alcune <<kharrùbe>.
Con al-llàkim (996-7020/386-411) assistiamo alla prima fugace comparsa di un tipo del tutto insolito che ritornerà successivamente alla ribalta sotto al-Mustansir riscuotendo una duratura fortuna. Alludo ai <<dindr>> a
ruota sîellata. Abbondantissima la produzione della zecca siciliana sotto
a4/àhir (1020-7035/4ll-427) di cui il Nummarium di palermo presenra
numerosi esemplari: lo stile delle iscrizioni si fa sempre più raffinato e sicuro ed il cufico raggiunge in esse vette di vifiuosismo incantevoli.
Con al-Mustanqir (1035-1094/42j-4Bj) la gammà tipologica perviene
all'acme: oltre alle citate tipiche monete a ruota, circolano <dinàr> a più
cerchi concentrici con iscrizione, <<dinàr>> con globetto centrale e <<d.inàr>con
legenda in campo.
Passando infine a trattaÍe delle monete normanne e sveve, circa 127
esemplari, noteremo che niente le differenzia all'inizio da1le monete islamiche poiché i nuovi conquistatori trovarono opportuno mantenere invariata la fisionomia della moneta e ricorrere quindi alla lingua ed alle formule dei loro predecessori, tanto più che la componente economicamente
più attiva del regno era costituita dall'elemento arabo. per riscontrare una
prima sostanziale modifica dobbiamo attendere le emissioni anonime, che
generalmente vengono attribuite a Ruggiero I, dove figura in campo una
imponente <<T> la quale subisce nel tempo notevoli variazioni stilistiche.
Essa rappresenterebbe il primo cauto tentativo di proporre in maniera
non traumatica una simbologia cristiana qui solo abbozzata. La <<T> infatti indica presumibilmente la croce: quella croce che farà il suo ingresso definitivo e inequivocabile ne1le emissioni di Ruggero Re (Il3O-1154/525_54g).
Alla croce si aîfiancheranno allora delle lettere dell'alfabeto greco che compendiano la frase
"Cristo vince,.; sul rovescio. in lingua araba, appare ilnome
del sovrano accompagnato dall 'appellativo onorifico che 1o contraddistin147
gue secondo una consuetudine tipica delle corti orientali. Non dimentichiamo del resto che tutto il cerimoniale normanno si ispirava a quello arabo.
Sotto i successori di Ruggero non si verificano sostanziali novità ma con
I'avvento degli Svevi notiamo chiaramente un'involuzione tecnica e stilistica. I caratteri arabi vengono ormai scimmioîtati grossolanamente e talvolta del tutto travisati. Nuovi simboli araldici come I'aquila imperiale contrassegnano le monete. Ci si avvia al tramonto della secolare e gloriosa
monetazione siciliana in caratteri arabi come del resto ci si avvia al trasico epilogo della vicenda musulmana in Sicilia.
Note
Ricordiamo che in Sicilia, per antichissimo privilegio, il clero non veniva giudicato dalla magistratura ordinaria ma da appositi tribunali gestiti da ecclesiastici e presieduti appunto dal giudice della monarchia.
2. Cfr. Muhammad ibn Uthman al-Miknasi, <La Luna risplendente>>, versione e
note a cura di Adalgisa De Simone, Quaderni del liceo G.G. Adria di Mazara
1.
clel VaÌlo,1979-
Cfr. I'opuscolo inedito del marchese di Villabianca Della peste velliana del
Maltese Cagliostro custodito alla Biblioteca Comunale di Palermo soîto la
segnatura Qq E 110.
4. D. Scinà, Prospetto della Storia Letteraria di Sicilia nel secolo XVIII,PaTermo,
1824-1827,3 voll.
5. L. Sciascia, Il Consiglio d'Egitto, Einaudi, 1963.
6. Salvatore Morso nacque a Palermo il 6 febbraio 7766 e fu ordinato sacerdote
neI7190. L'opera che g1i diede maggior fam afr Palermo antico;PaIenno,7827 .
Per ulteriori ragguagli si veda V. Mortillaro, E/o gîo di S. Morso,Pal.ermo, 1828.
7. Cfr. V. Mortillaro, I1 Medagliere arabo-siculo della Biblioteca Comunale di
Palermo, Palermo, 1 861 , Introd. pp- 7-9, nota 1 .
8. Per maggiori dettagli bibliografici su questo personaggio si veda iI mio saggio:
<V. Mortillaro, marchese di Villarena, appunti per una storia dell'arabistica-siciliana>>, Quaderni del liceo G.G. Adría dí Mazara delVallo,198O.
9. Cfr. nota 7.
10.8. Lagumina, Catalogo delle monete arabe esîstenti nella Biblíoteca Comunale
di Palermo, 7892.
11.In realtà alcune di esse figurano in un parziale catalogo edito ne1 1975 (Il
Nummarium íslamico e normanno della Biblioteca C omunale di P alermo, a ctna
di F. Sapio Vitrano) aspramente recensito in U. Rizzitano, <<Un secolo di studi
arabistici e siciliani>, Alli del Convegno <La presenza della Sícilia nella cultura degli ultimi cento anni >, Palermo, 19V6, p. 68 e in Oriente Moderno,LY,
(1915),pp.445-441 a cura di A. Borruso.
12.NeI corso del Convegno <<Oriental-Occidental Relations in Monetary
Circulation, Money Trade and Coin Finds>, Tiibingen, 1991.
13.Balog, P., <<La monetazione della Sicilìa araba e le sue imitazioni nell'Italia meridionale>>, Gli Arabi în ltalia, Milano, 1979,p.614.
3.
14.tbid.
15.Solo a conclusione del nuovo inventario saremo in grado di precisare
ro effettivo de1le monete di oeni dinastia.
148
il
nume-
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