CAMMINO GIUGNO 2010 Oratorio Feriale SottoSopra … come in cielo così in terra P A R R O C C H I A S S . A N N U N C I AT A - L U R AT E C A C C I V I O EDITORIALE I sacramenti dell’iniziazione cristiana (2) ontinuando la riflessione dello scorso numero sui Sacramenti dell’Iniziazione Cristiana e sulle prospettive di rinnovamento della Chiesa Italiana, è utile mettere in evidenza che uno degli obiettivi principali alla base di questi cambiamenti è stato innanzi tutto il tentativo di aiutare i singoli e le comunità cristiane a compiere il passaggio da un cristianesimo di tradizione ad un cristianesimo di convinzione. Il Concilio Vaticano II, ripromettendosi di ritrovare lo stile della Chiesa delle origini e dei primi secoli del cristianesimo, ha messo in moto una riflessione sulla fede e sulla vita cristiana. La riforma liturgica, collegata al Concilio, ha accompagnato questa riflessione di carattere generale aiutando a coniugare l’esperienza cristiana con la vita reale dei credenti al termine del secondo millennio ed all’inizio del terzo. In un’epoca di scristianizzazione, come la nostra, ripensare la fede e i Sacramenti e nel contempo la vita reale ha portato a percepire con chiarezza che non sempre la fede del singolo corrisponde alla fede della Chiesa Cattolica. Infatti si sente spesso dire: “Io credo in Dio, ma lo prego a modo mio!”; oppure: “La fede non mi manca, ma ciò che fa e dice la Chiesa e che dicono i preti, non riesco a capirlo o non lo condivido!”. E si potrebbe aggiungere altro. Queste espressioni fanno intendere quanto sia ormai forte la distanza tra l’annuncio cristiano e la vita degli uomini e delle famiglie del nostro tempo. Sempre più sono i casi di genitori che decidono di non battezzare i loro figli in tenera età ed altrettanti sono i casi di richiesta del Battesimo negli anni della fanciullezza e anche più tardi nell’adolescenza, nella giovinezza o nell’età adulta. Negli ultimi decenni si è poi anche verificato l’aumento di richiesta dei Sacramenti da parte di persone che vengono da altre parti del mondo o da altre religioni e che sono venuti a conoscenza del Cristo e della Chiesa Cattolica attraverso la nuova evangelizzazione. La Chiesa, ai tempi del Concilio, con molta lungimiranza, aveva intuito queste nuove prospettive, ed aveva definito un percorso di accompagnamento che è poi stato codificato nel rituale per la celebrazione dei Sacramenti dell’Iniziazione Cristiana nell’età adulta. Se lo si guarda più da vicino ci si accorge che questo percorso è sulla falsa riga di ciò che le prime comunità cristiane facevano per accompagnare i “catecumeni” alla fede cristiana. Cioè, per dirla in breve, dopo un cammino di catechesi, solitamente consistente nel tempo (poteva essere anche di qualche anno, in alcuni casi), i “catecumeni” erano C accompagnati, durante la Quaresima, in un percorso scandito da tappe e da scrutini, alla celebrazione dei Sacramenti del Battesimo, della Cresima e dell’Eucaristia, durante la Veglia Pasquale. Se questo era il cammino dei primi cristiani, e se questo è ciò che a partire dal Concilio Vaticano II è stato definito il percorso per chi chiede di entrare nella comunità cristiana in età adulta, col passare degli anni, e soprattutto in questi ultimi tempi, si è visto che, dal punto di vista concettuale, dovrebbe essere il percorso di ogni credente. Chiaro che un bambino cresciuto in una famiglia cristiana e che ha quindi ricevuto il Battesimo nell’infanzia, non deve rivivere la celebrazione del Battesimo per coglierne la validità e l’efficacia, ma nel cammino di catechesi che lo porterà alla celebrazione degli altri Sacramenti dell’Iniziazione Cristiana (Cresima ed Eucaristia), deve essere accompagnato a percepire tutta la bellezza e l’efficacia dell’Annuncio della Pasqua di Cristo. Il nuovo percorso di catechesi ha quindi come primario obiettivo l’Annuncio cristiano della Passione, Morte e Risurrezione di Gesù (come d’altronde ci ricorda San Paolo, nella prima Lettera ai Corinzi, al capitolo 15), e non solo la conoscenza degli articoli del Credo cristiano che emerge con chiarezza da una lettura approfondita del Catechismi della Chiesa Italiana (per dirla brevemente: Credo in Dio che è Padre, è Figlio, è Spirito Santo e la Chiesa). E se l’obiettivo è l’Annuncio, anche il metodo di catechesi non può che essere conseguente al contenuto e quindi non può limitarsi ad essere un insegnamento dottrinale, seppure fatto con lo stile della catechesi esperienziale che è stato usato dagli anni ’60. Si parla infatti ora di un metodo più legato all’Annuncio, attraverso una modalità “narrativa” che permetta di raccontare, come nella Bibbia e soprattutto nel Nuovo Testamento, il grande Amore di Dio per l’uomo e la sua infinita misericordia realizzata attraverso la Pasqua del suo Figlio Gesù. Ma di ciò che da qui ne consegue parleremo nel prossimo numero. Don Renato IN QUESTO NUMERO I sacramenti dell’iniziazione cristiana (2) ___pag. Cronache parrocchiali _______________pag. La machina da bàt - Racconti cacciviesi _____pag. Pellegrinaggio oggi (3) - Esperienze _______pag. L’omelia - Catechesi __________________pag. Le consulenti familiari - Centro Baìt ______pag. Manager al femminile - Al femminile _____pag. Fermata Piazza Luigi di Savoia - Storie ___pag. “Q” come Quasi - Bêt Mirjam__________pag. Il Volontario del Soccorso - Volontariato __pag. I candelabri (2) - Museo parrocchiale ________pag. Muschìtt d’argént - Poesia _____________pag. Ronco sopra Ascona (Svizzera) - Giringiro pag. Sogni... al femminile - Ragazzi _________pag. Registri __________________________pag. 1 2 9 10 12 13 14 15 16 17 19 20 21 22 24 1 VITA Consiglio Pastorale Parrocchiale Il rinnovamento della catechesi di Giuseppe Fasola olendo proseguire ad approfondire la comprensione delle novità che potranno riguardare l’ambito della catechesi dei sacramenti, il Consiglio Pastorale ha ascoltato la testimonianza di don Alfredo Cameroni, fratello di don Renato, e di Dora, una catechista della parrocchia di don Alfredo. Parroco a San Giovanni Battista di Desio, sette anni fa ha accettato la proposta della Diocesi di iniziare la sperimentazione dei nuovi percorsi di catechesi. Ce ne ha parlato con grande entusiasmo, raccontandoci tutta la ricchezza che i ragazzi, le famiglie e la comunità hanno ricevuto da questa proposta rinnovata. Tralasciando di entrare nel particolare, è importante sottolineare alcuni aspetti. Anzitutto si è potuto constatare un generale risveglio della comunità, che diventa parte attiva di questo rinnovamento mediante una rivitalizzazione di molte delle sue componenti. Il cammino prevede alcune tappe segnate da celebrazioni, ed anche il celebrare ha assunto un sapore e un valore diverso, con la collaborazione di genitori e figli nella preparazione. Le liturgie risultano poi sicuramente più vissute, ‘gustate’, in alcune occasioni quasi commoventi per il coinvolgimento che ottengono. Diversi genitori sono stati riagganciati e si sono reinseriti nella vita della comunità parrocchiale, assumendosi anche compiti di volontariato. Relazioni nuove, condivisione, amicizia, solidarietà… proprio quello di cui ha maggiormente bisogno la nostra società. Il tutto nel nome di una relazione nuova vissuta con Dio Padre. La catechesi vera e propria è stata rinnovata non solo a livello di contenuti, ma anche di strumenti e di metodi. Don Alfredo e Dora ci hanno raccontato del metodo narrativo e di quello esperienziale. Il metodo narrativo è utilizzato per far conoscere le pagine della Bibbia utilizzando appunto la forma del racconto; è una bella esperienza che ricorda la tradizione orale che ha consentito al Cristianesimo di trasmettersi per secoli da generazione a generazione. Il metodo esperienziale consente invece di apprendere i contenuti sperimentando, vivendo, venendo introdotti V 2 D ELLA C O M U N I T A’ Con l’arrivo dell’estate, si avvicina la chiusura di un anno pastorale e con esso alcuni appuntamenti che segnano tipicamente la fine di un tratto di strada: l’ultimo incontro del Consiglio pastorale, la Professione di Fede dei 14enni, le Ordinazioni Presbiterali, qualche spettacolo di fine anno, le feste conclusive (Azzurra, Scuola Materna). Ma rimane anche un tempo di attività piena: è partita la grande estate dell’Oratorio che terminerà con le vacanze in montagna, ci prepariamo alla settimana dedicata alla Madonna del Carmine, i preparativi per la Fiaccolata di fine agosto, i tornei in Oratorio... A tutti comunque BUONE VACANZE! poco alla volta nella vita della comunità, quasi a segnare le tappe di una crescita. Sia don Alfredo che Dora hanno sottolineato l’importanza di affrontare e introdurre piccoli passaggi alla volta, di inserire le novità in base alle effettive possibilità offerte dagli aspetti concreti: tempo, disponibilità, numero dei catechisti, conoscenze. La nostra comunità sarà interessata da queste novità a partire dal prossimo anno, anche se qualche assaggio già c’è stato; il percorso ci porterà poco alla volta ad una tipologia di catechesi sicuramente diversa da quella cui siamo abituati, che comporterà come sbocco logico la celebrazione unitaria di Battesimo (per i ragazzi che non lo avranno ricevuto da neonati), Cresima e Comunione. Festa della Polisportiva Azzurra ome tradizione di questi ultimi anni, la Polisportiva Azzurra si è concessa una festa lunga due giorni nel nome dello sport e dell’amicizia. Il primo dei due giorni, sabato, è stato dedicato alla pallavolo con un campo aperto a tutti, con sfide epiche alternate a colpi inguardabili… puntualmente sottolineati da risate e sfottò amichevoli! Solo il tempo un po’ incerto, con il dubbio della pioggia imminente, non ha permesso gli organizzatori di allestire lo stand per i panini e le patatine! Il secondo giorno, la domenica, ha visto il tradizionale appuntamento in C VITA oratorio per atleti, allenatori e dirigenti, ognuno con la propria tuta di rappresentanza per partecipare alla S. Messa delle 10. Dopo la S.Messa, di nuovo tutti in oratorio, con gli occhi puntati un’altra volta sul campo di pallavolo per gli ultimi scambi, giusto l’ultimo sforzo per creare lo spazio necessario per il pranzo!!! E come tradizione il pranzo è l’occasione giusta per fare un bilancio dei campionati che stanno finendo e qualche progetto per la prossima stagione. Il pomeriggio è stato dedicato al calcio; smontato velocemente il campo di pallavolo, ampiamente sfruttato, si preparano i campi da calcio a “3 contro 3” per i bambini della scuola calcio dell’Azzurra che sfidano atleti di pari età ma di altre società. È un’altra occasione per provare “sul campo” i progressi fatti dai nostri bambini dopo un anno di allenamenti. A conclusione della festa è in agenda l’ultima partita in casa, con risultato positivo, del campionato dei ragazzi under 10, con una bella cornice di pubblico rimasta sulle panchine dopo le partite dei bambini più piccoli. Professione di fede 14enni Abbiamo detto il nostro sì! D ELLA C O M U N I T A’ Dopo questa breve cronaca di due giorni di festa vi diamo appuntamento, e vi aspettiamo numerosi, al torneo estivo di calcio dell’oratorio e alla prossima stagione sportiva. Stefano Baccega comunità, che da sempre mi è stata da guida nel cammino di fede, e dire a gran voce il mio ‘sì’. Il mio sogno nella vita futura in Parrocchia? Diventare una brava animatrice imitando coloro che prima hanno educato me e sono stati importanti per la mia formazione. Vorrei essere un’educatrice che non si dà per vinta, che sappia essere da esempio, che riconosca i suoi sbagli, che possa dare iniziativa, che ascolti e supporti. Non so se riuscirò nel mio intento, la strada sarà difficile e tortuosa, ma ci proverò di sicuro. Viviana Zoani i siamo presentati davanti a Gesù, e abbiamo detto: ‘Sì, noi crediamo e siamo certi della nostra fede!’. La professione di fede non è un sacramento, ma rappresenta comunque una tappa importante della nostra vita, in cui noi, in prima persona, scegliamo di proseguire la nostra strada vivendo da cristiani testimoni. Un lungo percorso quello di questo anno, trascorso fra incontri di catechesi, pellegrinaggi fino a Roma per andare a salutare il nostro Santo Padre, e la salita del Sacro Monte di Varese con il Cardinale. Tappe importanti che ci hanno aiutato a riflettere, a pensare, a capire quale sarà la nostra scelta di vita, a formarci una nostra idea. Nessuna imposizione, né dal don, né dai nostri catechisti. Una scelta difficile. Questa volta anche io mi sono sentita responsabile, e vi assicuro non è stata una cosa facile. Alla fine la mia decisione l’ho presa: andare davanti a Gesù, presentarmi davanti alla mia C 3 VITA Di questa TV non se ne può più! n anno passato insieme a cantare, a prepararci, perfezionando le strofe, i ritornelli, gli acuti e i bassi. Un’esperienza che ci ha aiutato ad intensificare i nostri rapporti, a far nascere fra di noi relazioni più vere. La musica ci ha unito: da settembre fino ad aprile per cantare e divertirci insieme. Loro, le ragazze del coretto, ed io, che pur avendo pochi anni di differenza ero l’animatrice che le ha seguite. Ops… ‘seguiti’, scusate, perché fra noi c’erano anche due ragazzi, che hanno il pieno diritto di essere menzionati: Filippo e Michele. La data del nostro debutto era fissata per sabato 29 maggio. A metà aprile non avevo ancora la più pallida idea di come mettere in piedi uno spettacolo che includesse i brani di artisti italiani e non, preparati fino a quel momento. Panico. Era ora di sbrigarsi. Così, insieme ad alcuni miei amici animatori, ho iniziato a scrivere il copione - composto interamente da noi - per la messa in scena. Abbiamo deciso di unire canto, danza e recitazione in un solo “pacchetto”. All’inizio tutto sembrava orribile, lo spettacolo uno scempio, ma piano piano i risultati incominciavano ad intravedersi. L’impegno dei ragazzi è stato sbalorditivo: loro sono stati i veri motori di questo spettacolo e sono riusciti, insieme agli adolescenti, a dimostrare tutto ciò che sapevano davvero fare. Qualità nascoste, li definirei dei veri vulcani di idee, dei talenti. “Di questa tv, non se ne può più” è il titolo della nostra rappresentazione. Uno spettacolo divertentissimo, ma allo stesso tempo che fa riflettere sui valori che i programmi televisivi ci vogliono trasmettere. La trama, con ritmo incalzante, veloce e leggero, parla di una famiglia siciliana dove una dei tre figli vuole starsene chiusa in casa per guardare i suoi vip preferiti ed i suoi programmi prediletti. Ecco quindi lo scoppio di simpatici litigi fra mamma e papà, discussioni fra i fratelli e… il resto è una sorpresa. Se siete curiosi di sapere cosa accade vi invitiamo alla replica che faremo al teatro “Pax”, nei prossimi mesi. Io voglio comunque ringraziare i ragazzi, i miei amici che mi hanno tanto aiutato, Cinzia F. che mi ha sempre COMUNITÀ sostenuto, don Renato che ci ha consentito di utilizzare gli spazi della parrocchia ed infine i genitori, che sono stati gentili e disponibili nei miei confronti dandomi fiducia. Detto questo non mi resta che darvi appuntamento alla prossima per vedere questo spettacolo che finora ha avuto un’accoglienza positiva da parte del pubblico. Martina Marangoni Cresimandi a San Siro U 4 DELLA appuntamento ormai è quello tradizionale: il 2 giugno a San Siro per i cresimandi 2010 c’è l’Arcivescovo ad attenderci! Ecco allora partire da Caccivio, alla volta di Milano, un pullman pieno di ragazzi, genitori, educatori e qualche padrino e madrina... e anche qualche auto, perchè un solo pullman non era sufficiente per contenerci tutti! L’ VITA Eravamo in cinquantamila allo stadio, ma in mezzo a tutta quella gente chi troviamo di fianco a noi a fare la coda all’ingresso? I nostri coetanei di Lurate! Quindi ci siamo mescolati allegramente ed abbiamo partecipato insieme all’evento. Ognuno con la propria pettorina colorata, un colore per ogni zona pastorale, abbiamo ricordato e scandito lo slogan, semplice ma carico di significato: ‘C’è di più’, lo stesso del cammino dei Cento Giorni che abbiamo percorso. Bellissime le coreografie sul prato, con un’animazione ispirata al miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Don Leandro Sacerdote i ricordate di Leandro, che pochi anni fa ha trascorso nella nostra parrocchia parte del suo percorso per diventare sacerdote? Aveva scelto, assieme ai suoi educatori del Seminario, di vivere un anno di tirocinio pastorale per verificare la sua vocazione. Siamo davvero felici perchè lo scorso 12 giugno in Duomo, insieme ad altri sedici candidati, è stato ordinato sacerdote dall’Arcivescovo Tettamanzi! Per la sua omelia il Cardinale ha preso spunto proprio dal motto scelto da don Lenadro e dai suoi compagni di Messa: “Nella Tue mani è la mia vita”, una decisione importante e un impegno per tutta la vita. Terminata la celebrazione dell’Ordinazione, tutti ad attendere i nuovi sacerdoti fuori dal portone dell’Arcivescovado, quasi con un tifo da stadio. Ma siccome volevamo fare festa insieme a lui, con altri cacciviesi ci siamo recati anche domenica 13 a Cinisello Balsamo, la sua parrocchia di origine, per assistere alla sua Prima S.Messa. Era accompagnato da molti dei sacerdoti che lo conoscono e che lo hanno accompagnato in tutti questi anni di formazione, compreso il nostro parroco don Renato; durante tutta la celebrazione, molto sentita, si respirava un clima fraterno, di amicizia, che ha coinvolto un po’ tutti: eravamo davvero alla festa per un amico che era appena diventato prete, rispondendo appieno alla sua vocazione! Indossava una veste che riporta il simbolo dello stelo DELLA COMUNITÀ Il cardinale Tettamanzi ci ha rivolto questo augurio: “Fatevi voi il regalo più bello della vostra Cresima: siate fedeli, siate generosi nel partecipare alla Messa, la domenica. Qui trovate l’amore e l’amicizia di Cristo; qui ricevete il dono dello Spirito santo; qui sta la sorgente, la forza, la gioia di essere pietre vive della Chiesa: della Chiesa giovane, bella, grande, gioiosa ed entusiasta, della Chiesa mossa dal vento e accesa dal fuoco dello Spirito santo; della Chiesa che amiamo e dalla quale siamo sempre amati”; che questo messaggio del nostro Cardinale accompagni tutti i ragazzi nel prosieguo del cammino. di grano che ha scelto per ricordare la sua Ordinazione, il chicco di grano che morendo porta molto frutto. Don Leandro non ha tenuto l’omelia, ma ha parlato al termine della Messa, ringraziando in particolare i genitori e tutte le persone che gli sono state vicine. Molto significativo uno dei doni che gli è stato consegnato: un quaderno nel quale una serie di persone che hanno avuto a che fare con lui (dal suo parroco al Consiglio Pastorale, ad alcuni amici) hanno scritto di V lui, della sua esperienza, di ciò che realmente è: un ragazzo sereno e sorridente, pienamente consapevole della strada che ora gli si apre davanti. È poi seguito il pranzo in oratorio, anche questo in allegria e fraternità; abbiamo inoltre saputo che, la sera prima, gli adolescenti gli avevano dedicato un musical. Ora proseguirà il suo ministero a Varedo, in veste di sacerdote, dove opera già da quasi un anno, dall’ordinazione diaconale: un grosso augurio da parte di tutti noi! Oggi, 27 giugno, lo accogliamo nella nostra comunità nella sua nuova veste per ringraziarlo di questa scelta che ci indica la cosa più importante per un cristiano, la fedeltà al Signore e al suo Amore. 5 VITA COMUNITÀ Festa della Scuola Materna Arriva Arturo! di Giuseppe Franzini rturo? Arturo... chi? Se lo sono chiesto un po’ tutti, bambini e adulti, curiosi di sapere chi fosse l’ospite annunciato e tanto atteso della tradizionale Festa di fine anno della Scuola dell’Infanzia di Caccivio. Tradizionale, poi, fino a un certo punto… Perché tradizionale è stato sicuramente l’impegno di chi ha contribuito alla realizzazione di questo momento, con una passione a cui un tradizionale “grazie” non può che rendere merito solo in minima parte; tradizionale l’incontro nella S. Messa e al pranzo della domenica, tradizionali gli stand, i giochi, la festa gioiosa, l’allegro vociare e il moto perpetuo dei bambini che hanno animato il giardino della scuola e lo spazio circostante; tradizionale, ma con qualche patema in più, il sole primaverile che anche questa volta non se l’è sentita di tradire le attese... E qualche bella novità. Innanzitutto quest’anno l’appuntamento è stato organizzato su due giorni, per coinvolgere il più possibile l’intera comunità, iniziato già nel tardo pomeriggio di sabato 22 maggio con i saggi e le rappresentazioni dei bambini e continuato, passando per il prodigio serale quasi “miracoloso” della moltiplicazione delle salamelle (sono finite… no, sono arrivate! non bastano mai…), per tutta la domenica successiva. Una festa all’insegna dell’interculturalità, di quell’andare e andarsi incontro che necessariamente deve avvenire in entrambe le direzioni, altrimenti è solo slogan, altrimenti è solo poesia. Altrimenti non funziona. Qui ha funzionato: nelle coreografie indiane, cinesi, A 6 polinesiane preparate durante l’anno dai bambini con le loro brave maestre, in una danza e in una poesia araba (con traduzione, naturalmente!) presentate da alcune mamme, nella gioia di stare insieme accomunati da una festa che poi è la sintesi di un anno di lavoro, di impegno, di crescita in un progetto educativo, nel solco della tradizione e proiettato nel domani, in un futuro che non può che essere, deve essere, di incontro. Ha funzionato, funziona, qui è già presente. E ha il profumo dei dolcetti al sesamo di una ricetta araba, merenda del pomeriggio domenicale: anche questo è qualcosa più di una bella poesia. Novità è stata “Pompieropoli”, con la presenza dei Vigili del Fuoco di Lomazzo ad offrire un percorso di slalom, travi di equilibrio, pertiche, salti nel vuoto – con materasso sotto! – e scivoli gonfiabili, l’emozione di un elmetto da indossare e di un fuoco da spegnere, la soddisfazione di un attestato alla fine di tanta fatica; comunque una bella fatica, ripetuta una, due, tre, cinque, dieci volte e anche di più… Chissà quanti valorosi bambini nel fine settimana avrebbero meritato non solo l’ambito riconoscimento, ma il distintivo e la promozione sul campo! Abili e (già) arruolati! E Arturo? Arturo... chi? Ah, sì! Quell’Arturo! La mascotte della scuola, altra bella, geniale novità, un simpatico… draghetto! Tranquilli però: fuoco e fiamme li hanno fatti solo i bambini intenti a farsi fotografare con il loro nuovo amico, che ha accompagnato i più grandicelli al momento più solenne della festa, la consegna del Diploma della Scuola dell’Infanzia da parte del presidente Fulvio, nuovo pure lui, bravo bravissimo pure lui, tradizioni che nelle novità si mantengono… Per tanti futuri piloti, calciatori, maestre, pittrici - e, naturalmente, pompieri ancora qualche giorno e poi, dopo le meritate vacanze, si apre una nuova pagina di un nuovo libro: una nuova scuola, nuove maestre, tanti nuovi compagni, nuovi amici da conoscere. Per i genitori, invece, qualche apprensione per un cambiamento che appare più un’incognita che una novità; la bella esperienza di questi anni alimenta però la speranza che possa ripetersi e proseguire anche in un ambiente diverso, con persone diverse, ma ugualmente attente a stimolare, educare, coinvolgere, per continuare trovare, tornando a casa, lo stesso entusiasmo: “Mamma, papà… lo sapete?... Oggi sono stato nella Foresta Amazzonica!!!”. AZIONE CATTOLICA InformACI Un approdo per le idee forti “Cultura come capacità di pensare con sapienza alle dimensioni grandi e vere della vita” di Maria Rosaria Corti a un’inchiesta ISTAT pubblicata recentemente su “Famiglia Cristiana” risulta che nell’ultimo anno ha letto almeno un libro solo il 45,1 % degli italiani. Sia in TV che sui giornali capita di trovare pubblicità che caldeggiano la lettura: “Leggi, segna un punto a tuo favore. Passaparola”. Lettura intesa non come semplice passatempo, ma anche come occasione per farsi una cultura, qualcuno direbbe. Ma cosa intendiamo per “cultura”? Da un testo di Azione Cattolica ricavo questa definizione: ”Non si deve pensare alla cultura ristretta all’istruzione, al sapere scolastico, ma come la capacità di pensare con sapienza alle dimensioni grandi e vere della vita,di saperle leggere in unità, collegandole soprattutto a quel “sapere” che è tanto prezioso: la fede. Sempre più siamo invitati a discernere - alla luce di una fede che vuole abitare nelle scelte della nostra vita - ciò che vale di più da ciò che vale meno, ciò che ci edifica da ciò che ci banalizza; ma questo processo richiede una fatica, un allenamento, un interesse sincero ad occuparci di ciò che la Storia dell’umanità oggi ci offre”. Chi può aiutarci in questo compito? L’Azione Cattolica propone occasioni di conoscenza, dibattito e approfondimento attraverso i pronunciamenti della Presidenza (riguardanti problemi attuali), i convegni a tema - anche in collaborazione con altre Associazioni e gruppi culturali o sociali - e la stampa, non solo quella associativa. Allarghiamo lo sguardo addirittura su una casa editrice: la Cooperativa In Dialogo. Nata poco meno di trent’anni fa e legata strettamente all’AC di Milano, è stata la prima ad editare il testo di un documento CEI molto importante, come “La Chiesa italiana e le prospettive del Paese”, e tra le prime realtà a credere nella significatività del magistero del Cardinale Carlo Maria Martini, rendendo possibile la diffusione dei suoi corsi di esercizi spirituali al di fuori dei soli circuiti diocesani. D Col tempo, come Casa Editrice ha intercettato altre domande di comunicazione, prime tra tutte quelle della FOM, ovvero la struttura che progetta materiali ed itinerari educativi per gli oratori della diocesi, ma anche del Servizio per la Famiglia, della Caritas diocesana ed altri ancora. Col passare del tempo, pur continuando a portare avanti quest’opera di servizio con volumi di spiritualità, percorsi educativi e preghiere, si sono aggiunti altri titoli di attualità ecclesiale e di storia della Chiesa, sempre con lo scopo principale di offrire ad un pubblico non specializzato contributi che abbiano solide radici. A questo punto ci si potrebbe chiedere: che tipo di pubblico è quello dell’editoria religiosa? Così risponde Luca Diliberto, presidente della Cooperativa culturale In Dialogo: ”La tipologia del lettore interessato ad argomenti religiosi, non necessariamente cattolico praticante, è molto varia: ciascuno cerca strumenti differenti per alimentare il proprio mondo interiore e orientare il cammino nelle comunità e nei luoghi dell’esistenza. Noi dobbiamo tentare di rispondere a molte diverse domande di approfondimento”. Leggere fa davvero bene quindi e non solo alla mente, come dice uno spot. Auguriamo quindi una serena estate a tutti, in compagnia magari anche di un buon libro! La Libreria In Dialogo è a Milano in via S.Antonio 5, presso il Centro diocesano di AC. Ulteriori informazioni si possono avere scrivendo a: [email protected], o visitando il sito: www.indialogo.it 7 GRUPPO MISSIONARIO Viaggio in terza classe (5) Lina Imperiali... con il nostro gruppo no scritto della nostra missionaria diventa un sentiero di parole sul quale camminiamo e che ci permette di conoscere la realtà missionaria di Padang. San Vincenzo, della quale era membro. Dopo aver conseguito il Diploma di Infermiera Professionale presso l’Ospedale Santo Spirito di Roma e quello di Assistente Sociale, non si è più accontentata di aiutare la sua gente. Da tempo nutriva nel cuore il Padang, Indonesia - marzo 2010 desiderio di attraversare l’Oceano per dedicarsi ai più Carissimi del Gruppo Missionario, poveri e portare loro la parola di Gesù. A tal fine entra saluti carissimi e auguri vivissimi di buona Pasqua! nell’Opera Missionaria A.L.I. (Assistente Laiche Vi auguro bene, ogni bene. Ringrazio sentitamente per la Internazionali), sita a Milano e fondata nel 1952 dal somma che generosamente avete destinato per le nostre comasco don Giuseppe Brusadelli e dalla Prof.sa Luigia opere apostoliche. Un sentito ringraziamento. De Capitani, che ha finalità missionaria “ad gentes”. Una nostra sorella indonesiana sarà a giorni in Italia e Un carissimo amico di don Brusadelli, il geom. Bruno a luglio ritornerà e porterà la somma. Ancora grazie di Tettamanti di Caccivio, con suo fratello, ing. Mario, cuore. avranno molta parte, dando generoso sostegno, alla Qui la situazione terremoto è quasi uguale. Ovunque in realizzazione della casa che diventerà sede centrale delle città ci sono ancora detriti. La ricostruzione è forse A.L.I. a Milano. ancora un po’ lontana (come da voi all’Aquila). Il 4 febbraio del lontano 1957 Lina, con una sua La gente cerca di sopravvivere e noi aiutiamo, come è consorella, a bordo della motonave Asia, parte da possibile, a sostenere i loro sforzi di ripresa. Le scuole Genova per raggiungere una terra allora sconosciuta al funzionano sotto le tende e cerchiamo di convincere i resto del mondo, le Isole Mentawai, situate a 100 km. genitori a mandare i figli a scuola. via mare ad occidente di Sumatra, in Indonesia. Noi assistiamo i malati non ospedalizzati, cioè i più Il viaggio durerà ben quaranta giorni, data poveri e i bambini. Bisogna andare a cercare ovunque l’impossibilità di attraversare il canale di Suez, a causa medicine, riso e latte per i piccoli. Il latte è molto della crisi internazionale dovuta al tentativo di costoso, così come le medicine, perché dopo i giorni di occupazione militare di Francia, Regno Unito ed Israele: aiuto di tutti, nei primi mesi, ora tutto è silenzio. per raggiungere l’Oriente era necessario circumnavigare Gli aiuti del governo, lo sa il Signore dove sono finiti; l’Africa. solo gli aiuti della Chiesa e di organizzazioni private ora Lina e una sua consorella, affiancando i Padri Saveriani, continuano ad arrivare, specialmente dove c’è più costituiscono il gruppo di Pionieri del Vangelo in queste bisogno. Il nostro lavoro di apostolato è ora più che mai piccolissime isole bagnate dall’Oceano Indiano. necessario, ma non mi dilungo oltre. Muara Siberut è la località dove ha inizio la Missione Comunque tutto il popolo di Dio è missionario, forse che Cattolica. La gente viveva con usi e costumi ancora l’Italia non è terra di missione? primitivi, in palafitta. La canoa è l’unico mezzo di Di nuovo un grazie di cuore del vostro graditissimo e trasporto ed il fiume fa da strada per collegare i diversi necessario dono. Dio vi darà il centuplo. villaggi sparsi nella foresta equatoriale. La lingua parlata Ricevete anche i ringraziamenti dei futuri beneficati. era solo il dialetto locale e lo spirito religioso regolato Abbraccio caramente, dall’Animismo. Nell’arco di cinquanta anni di lavoro Imperiali Lina missionario si sono costruite la Chiesa, l’ambulatorio la scuola. Ora si vedono i frutti… alcuni giovani si sono I nostri occhi incrociano quelli della sorella Angela, laureati, altri sono divenuti maestri, ma, soprattutto, la capiamo che i suoi ricordi necessitano di essere condivisi. gente è uscita dai limiti della cultura locale, conoscendo Una sosta e l’ascolto. Dio quale Padre. Lina Imperiali, da molti anni, ormai, si dedica Tra i vari compiti Lina ricopre la carica di Sorella generosamente al servizio degli ultimi nella Diocesi di Provinciale delle A.L.I in Indonesia. Ora si trova a Padang in Indonesia. Lina è nata a Caccivio il 15 Padang, in Sumatra centrale, dove hanno pure la casa di novembre 1928, giorno dedicato a sant’Alberto, ed è formazione delle Vocazioni Indonesiane. La sua giornata cresciuta nel nostro paese, dove ancora abitano i suoi è piena di incombenze. Ha donato la sua vita per amare famigliari. Si era iscritta e frequentava con entusiasmo quella gente, senza limite di tempo... l’Azione Cattolica. Era sempre pronta a visitare gli Lina, fiero virgulto della nostra Caccivio. ammalati e gli anziani del Paese, portando loro conforto Adesso anche Lina è con noi, fa parte del nostro gruppo. spirituale e materiale, memore dei principi dell’Opera di Anche a lei… il biglietto di terza classe. U 8 RACCONTI CACCIVIESI La machina da bàt di Camilla Giudici macchina che iniziava così il suo percorso trionfale. La machina da bàt procedeva abbastanza lentamente, n lingua italiana, la machina da bàt è la trebbiatrice. quasi volesse dare a tutti la possibilità di ammirarla e Purtroppo questa macchina oggi non esiste più, perché raggiungeva la prima sosta di lavoro in piazza Cagnola. il suo posto è stato occupato dalla mietitrebbia. Lì arrivavano dai campi i carri carichi di covoni e la Questa macchina, oggi, compie da sola, direttamente macchina iniziava il suo lavoro. Noi bambini eravamo nel campo, il lavoro che ieri veniva fatto dai mietitori prontissimi a prendere posto in una zona dove non nel campo e dalla trebbiatrice nell’aia. avremmo creato inciampi nel flusso dei sacchi di grano E allora? Tutti contenti? e delle balle di paglia prodotti dalla trebbiatura. Niente affatto, perché sono usciti di scena - o meglio Ma eravamo soprattutto in estatica ammirazione di sono stati cacciati - le quaglie e i bambini. quel complesso marchingegno fatto di pulegge, cinghie Un tempo, nei campi di grano, poco prima del raccolto, di trasmissione, leve e tramogge, senza contare il nel giallo dorato delle spighe si distingueva il rosso dei braccio che batteva e le balle di paglia che si papaveri e l’azzurro intenso dei fiordalisi; inoltre si formavano man mano e scorrevano fino al punto dove sentivano gli strani versi delle quaglie, che due uomini le toglievano dalla macchina e le nidificavano nel folto dei filari di spighe e si caricavano su un carro. allontanavano quando, in luglio, arrivavano i mietitori; Ricordo di aver sempre notato, sul retro, un piccolo l’incedere rapido della mietitrebbia non lasciò scampo gancio con appeso un secchiello, e sinceramente non alle quaglie che infatti finirono per scomparire, come saprei dire se il gancio era stato messo appositamente scomparvero i papaveri e i fiordalisi a causa dei per appendervi il secchiello oppure se questo era stato concimi chimici. appeso al gancio dal momento che c’era già; il Quanto ai bambini… beh, va ricordato che, quando la secchiello, però, unito alla presenza vociante dei machina da bàt entrava in paese, quasi bambini e al rumore continuo ma quasi discreto del immediatamente, come per incanto, uno stuolo di funzionare della macchina, dava alla scena quasi un bambini vocianti si disponeva ai fianchi e dietro la tocco di vita domestica. Ed in effetti, a essere sinceri, la machina da bàt teneva la scena in modo tale che, più che una macchina, sembrava una persona. Poi, quando di carri non ne venivano più, la machina da bàt si trasferiva in piazza Roma e la scena si ripeteva, considerando anche che i bambini erano sempre quelli, perché non abbandonavano la trebbiatrice fino alla sua uscita dal paese. Per noi bambini erano giorni bellissimi: potevamo rimanere indisturbati ad ammirare la machina da bàt in funzione con tutto il trambusto di gente (bello!!!) che la circondava. Anche se nessuno di noi ci pensava, era la festa del raccolto e il fatto che eravamo in tanti, grandi e piccoli, a godercelo rendeva il tutto una cosa meravigliosa. Ora mi viene da pensare che forse, ben nascoste da qualche parte, erano tornate a goderselo anche le quaglie. I 9 ESPERIENZE Pellegrinaggio, oggi (3) di Camilla Giudici Torcello - Dettaglio della pesatura dell’anima apita anche di scoprire di aver fatto un pellegrinaggio senza averne avuto l’intenzione vera e propria: ce se ne rende conto dopo. A me è capitato nel bel mezzo di una vacanza, ad esempio. Anni fa avevo scelto di passare le vacanze estive di due settimane a Venezia, da sola, proprio sola, per godermi la città senza condizionamenti, schivare i posti troppo affollati, sedermi sui gradini dei ponti, camminare tranquilla lungo i canali, gironzolare senza meta per i campielli, scoprire la Venezia ‘minore’ con i suoi gioielli nascosti… Non nego che questo abbia un suo costo: il non poter comunicare a nessuno le proprie sensazioni è, ad esempio, uno dei pesanti pedaggi da pagare per questa libertà. C Venezia Sono qui a Venezia a mezza pensione in un alberghetto nei pressi delle Mercerie, ultimo piano, un caldo da morire per via di un vento di scirocco che sembra non abbia intenzione di cessare. In compenso, dalla finestra spalancata, posso godermi, sempre alla stessa ora dell’inizio della notte, il suono delle campane delle tante chiese vicine, tutte insieme. I suoni sono diversissimi: c’è la campana squillante, quella più cupa, la campana chiacchierina, quella baritonale, quella avara di suoni, la campana brillante e un po’ petulante, tutte unite in un concerto di grande armonia. A casa mi farebbero saltare i nervi, qui non ne vedo l’ora. Torcello “Domani vado a Torcello”, mi dico una sera dopo aver cenato con la solita bistecca e patate per tirarmi un po’su, visto che salto il pranzo di mezzogiorno per scarsità di mezzi. Raggiungo le Fondamenta Nuove alle sette di mattina, in tempo per prendere il battello di chi va al lavoro. Il battello tocca anche le altre isole, chi deve scendere scende, il percorso non è breve ma a me 10 sembra incantevole: la brezza leggera del mattino mi fa dimenticare lo scirocco, mentre osservo il battello percorrere con sicurezza le rotte prefissate per non insabbiarsi nell’acqua bassa della laguna. A partire dall’approdo di Torcello ha inizio l’unico pellegrinaggio a piedi della mia vita, misurabile purtroppo in metri e non in chilometri - un quarto d’ora in tutto, insomma - verso la Cattedrale e la Chiesa di Santa Fosca. Lungo il cammino non vedo nessuno. L’isola è di fatto quasi disabitata, niente si muove intorno, nemmeno un’increspatura nell’acqua del canale. Cammino nel silenzio del sentiero, passo oltre il Ponte del Diavolo con la sua antica architettura e le sue leggende, per sfociare poi in un piazzale erboso intorno al quale sono raccolti i preziosi monumenti sfuggiti alla barbarie di nemici ed amici. Per i turisti, se mai verranno, è ancora presto. Visito i monumenti di cui non sto a parlare perché chissà quanti li avranno già visti, e volutamente lascio per ultima la cattedrale con i suoi mosaici che si dice rappresentino la continuazione della decorazione musiva di Ravenna e preparino l’iconografia e la tecnica dei mosaici di San Marco. I mosaici, molto belli, sono un po’ dappertutto: Santi, Cristo in trono, i Dodici Apostoli, il Mistico Agnello… La Vergine dell’abside è un vero capolavoro: la sua sottile figura che stringe al petto il Bambino benedicente, che spicca su un lucente mare d’oro, infonde speranza e fiducia. Ma io sono venuta qui soprattutto per vedere il mosaico del Giudizio Universale, questo quadro vasto e complesso che copre tutta la parete interna della facciata. Mi siedo sull’asse poggiapiedi dell’ultima panca, rivolta dunque verso il mosaico che abbraccia la porta d’uscita, a distanza sufficiente per vederlo tutto in un unico colpo d’occhio. “Oltre 150 figure popolano la scena del Giudizio”, leggo sulla guida; “un capolavoro diviso in sei fasce sovrapposte, e con significati ben precisi”. E anche se leggere, come al solito, mi disturba, perché vorrei solo guardare, qui vorrei anche un po’ capire... Ecco, in alto, la Crocifissione, con la Vergine e Giovanni in ESPERIENZE atteggiamento di grande dolore… Ecco il Cristo trionfante che schiaccia il capo a Satana, infrange le porte dell’inferno e porge la mano ad Adamo, redimendo con lui, penso, l’intera umanità… Ecco le anime dei Giusti del Vecchio Testamento che, rappresentati come sei figure di bambini, si drizzano dai sepolcri e levano le braccia verso il Cristo. E poi il Trono del Giudizio, la resurrezione finale rappresentata con scene animatissime, la pesatura delle anime così frequente anche in altre culture, l’inferno con la descrizione delle pene inflitte ai dannati e, infine, il Paradiso, molto meno coinvolgente perché, forse, nemmeno la fantasia e la pur semplice fede del Medioevo sapevano immaginare dove, come e che cosa potesse mai essere il Paradiso. Che ci faccio qui ancora dopo quasi tre ore, seduta sul poggiapiedi di una panca? Come mai non è entrato nessuno in chiesa, o forse sì? Che cosa ho fatto infine in questo tempo così volato? Non ho pregato, non ho ringraziato né chiesto alcunché, ho solo ascoltato. Ho ascoltato quello che le splendide opere musive mi hanno raccontato con il loro silenzio. Ho ascoltato nel mio silenzio. Questo è stato il mio pellegrinaggio. Frammenti La Verna Sono convinta che a La Verna bisogna arrivarci al tramonto. Non solo perché la grande rupe a strapiombo appare in un soffuso colore rosa tra il verde della foresta, ma anche perché ormai si è ristabilito il silenzio che si confà ad un luogo come questo, visto che i pullman di turisti sono quasi tutti ripartiti. Io sono in viaggio con una mia amica e suo figlio. Il ragazzo ha prenotato una cella per passare la notte nel convento; e questa scelta permette a noi donne, che invece saremo ospiti di una famiglia contadina di Chiusi, di fermarci nel convento per la cena e per una chiacchierata con i frati fino a sera inoltrata.Ad un certo punto, come sempre, sento il desiderio di qualche momento per me. Esco nel cortile: tutto è immerso nel buio, si intravede a stento anche il monte che incombe sopra il convento. Una lievissima piccola luce che proviene da una finestrella lontana mi permette di vedere, oltre il La Verna al tramonto pozzo, l’ombra di un frate che attraversa il cortile. C’è un silenzio totale. La pace qui è completa. E’ sicuramente puerile fare accostamenti che sanno più di metafora che di riflessione, ma io sento quanto sia consolante pensare che, anche nei momenti più bui della vita, fosse anche un buio spirituale, una finestrella aperta da qualche parte continui a lasciar filtrare una piccola luce perché possiamo vedere, e, nel silenzio totale delle cose, sentire più forte il suono della Parola. Assisi - San Damiano “Francesco, va’ e ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina”. Penso che questa richiesta che Francesco dice di aver udito dal Crocifisso nelle rovine di San Damiano, tradizione o leggenda che sia, e anche prescindendo dal significato simbolico che si è soliti darle, basterebbe per rendere questa piccola chiesa il più forte richiamo in Assisi. A San Damiano sono stata varie volte, in gruppo, in pellegrinaggio, o con amici desiderosi, come me, di rifarsi l’anima. Ma ora ci vado da sola. All’alba. Il paesaggio esibisce la sua bellezza pur nella luce incerta di un cielo che si sta appena rischiarando. Mi piace questa discesa solitaria e tranquilla, in compagnia soltanto delle distese di ulivi. Ma sono proprio questi ulivi, con la chioma di un verde tenue aperto alla primavera e con i tronchi contorti e quasi in sofferenza, a suggerirmi insolite domande… Quando si è soli, chissà da dove vengono dubbi, riflessioni o associazioni di idee… Chi è per me San Francesco? Non mi colpisce il fatto che abbia scelto la povertà fino alla spogliazione totale, e nemmeno mi toccano le sue estreme penitenze in luoghi estremi… e non l’ho mai chiamato “il poverello d’Assisi”, per non cancellare la complessità del suo essere e del suo vivere. Per me è San Francesco, tutto qui, un indefinibile “folle di Dio”. Mi piace il suo Cantico delle Creature, in lode all’Altissimo, in cui sento poeticamente espresso un vivo amore per la natura, vista in tutte le singole cose, ad una ad una, e quindi anche per ognuno di questi amici ulivi, non uno uguale all’altro, come noi del resto, uno diverso dall’altro, ognuno aperto alla vita con il suo sofferente tronco contorto. Tutti creature di Dio e quindi fratelli e sorelle, uomini, animali e cose… frate Sole… sora Luna… sora Aqua… sora nostra madre Terra… 11 CATECHESI - La Santa Messa - L’omelia di don Pierpaolo opo aver considerato gli elementi che costituiscono la parte principale della liturgia della Parola (le letture bibliche, il salmo responsoriale e l’acclamazione al Vangelo), ci concentriamo sul primo degli elementi che sviluppano questa parte principale, cioè l’omelia. Nei documenti ufficiali ritorna spesso l’affermazione secondo cui l’omelia fa parte della liturgia. Se un’affermazione del genere oggi sembra quasi scontata, una rapida corsa nella storia ci rivela il motivo di tanta insistenza. Nei primi secoli del cristianesimo, infatti, un momento omiletico era pacificamente inserito nella celebrazione eucaristica. A partire dal VII secolo, però, in collegamento con la perdita di rilievo della liturgia della Parola, l’omelia tende a scomparire. Nel corso del Medioevo il numero delle S.Messe si moltiplica; trattandosi però spesso di celebrazioni con la presenza del solo ministrante, l’omelia non è prevista e pian piano comincia ad essere tralasciata anche nelle celebrazioni cui sono presenti i fedeli. Sotto la spinta degli ordini cosiddetti “mendicanti” (i francescani e i domenicani), nel XIII secolo si diffonde notevolmente il fenomeno della predicazione; ma si tratta di una predicazione che avviene al di fuori della S,Messa. Questo fenomeno ha ripercussioni anche sull’omelia: nei pochi casi in cui essa ha luogo, tende a configurarsi non come parte integrante della celebrazione eucaristica, ma come una sorta di intermezzo. D 12 Il luogo della predica è il pulpito, collocato nella navata centrale, in una posizione staccata dal presbiterio; la predica è preceduta dal segno di croce e da un saluto del tipo: “Sia lodato Gesù Cristo”; i contenuti hanno raramente un legame con le letture del giorno o con altri testi della liturgia. Questa situazione si protrae sostanzialmente fino al Vaticano II. Si capisce quindi perché la dichiarazione del Concilio circa l’omelia come parte della liturgia (Sacrosanctum Concilium, n° 52) dovette suonare decisamente innovativa. Ma cosa significa tale affermazione? Essa esclude che l’omelia sia anzitutto una catechesi, oppure una lezione di teologia, o anche un’esortazione morale… Certo, tutti questi “ingredienti” possono essere presenti nell’omelia in “dosi” diverse, ma non sono loro a dare il tono complessivo del discorso. Perché l’omelia, in quanto parte della liturgia, è in primo luogo un gesto liturgico, celebrativo, rituale. La riflessione diventa più concreta se precisiamo sia le “fonti” da cui l’omelia attinge, sia la finalità per cui essa si trova inserita nella celebrazione. Le “fonti” dell’omelia sono le letture della Scrittura proclamate in precedenza oppure altri testi della S. Messa, per esempio le orazioni o la preghiera eucaristica. Lo scopo dell’omelia è guidare i fedeli a partecipare attivamente alla celebrazione in modo che possano esprimere nella vita ciò che hanno celebrato. In altri termini, si tratta di aiutare i fedeli a lasciarsi coinvolgere nel mistero pasquale che si rende presente nella celebrazione, in modo che la loro vita sia plasmata da quel mistero e improntata alla stessa carità con cui Cristo, passando attraverso la passione e la croce, ha vinto la morte. In altre parole ancora: l’omelia dovrebbe far percepire che la vita secondo il vangelo non è anzitutto un dovere oppure il frutto esclusivo della nostra buona volontà; essa scaturisce invece dalla partecipazione alla mensa della Parola di Dio e del pane eucaristico. Di fronte a prospettive così elevate, colui al quale è affidata l’omelia - in genere colui che presiede la celebrazione - facilmente si sente non all’altezza del compito affidatogli. Considerando una serie di motivi per cui può capitare di predicare contro voglia, il cardinal Martini, insieme ad alcuni consigli pratici, offriva ai sacerdoti questa fondamentale indicazione: “Occorre una grande unione con il Signore, un lasciar parlare Lui nel nostro intimo”. CENTRO BAÌT Le consulenti familiari i sembra che alla radice di ogni uomo, in ogni tempo, ci sia una domanda di senso e di speranza particolarmente profonda, cui si aggiunge oggi un grido di sofferenza, perché si sono infranti quei processi attraverso cui il contesto culturale e sociale suggeriva piuttosto facilmente l’esistenza di valori come il rispetto della vita, l’ascolto dell’altro e il perdono. Oggi accade che anche separazioni, divorzi, relazioni affettive rischiano di entrare a pieno titolo tra le “merci” a disposizione di quel terribile ingranaggio che si chiama società dei consumi, come ci dimostra l’organizzazione, all’inizio del mese, in un grande hotel al centro di Milano, del Salone del Divorzio: lo slogan recita: “Se addio deve essere, fatelo con umorismo e leggerezza”, con tanto di “torta del divorzio”, party dell’addio affollati di amici e ex, lista per la nuova stagione da single! Dinanzi a questo panorama, urge il bisogno di organizzare i frammenti, come tessere di un mosaico. Per noi consulenti operare al Baìt, scrivere queste righe sul notiziario parrocchiale, incontrarvi durante le serate formative è bello, perché consente di conoscersi, comunicare, ascoltarsi, aiutarsi nelle difficoltà della vita. Partendo dal presupposto fondamentale che nessuno può considerarsi superiore all’altro e che ciascuno ha sempre da imparare e anche da insegnare all’altro, mettersi in relazione con le consulenti di Baìt può significare donarsi un momento di confronto e riflessione sulla nostra esistenza, per migliorare la relazione dapprima con noi stessi, poi con il coniuge, con i figli, ecc. Riuscire, pur tra tanti errori, a muoversi all’interno di un percorso di comprensione e di consapevolezza abbastanza chiaro della nostra storia, ci consola un po’; il fare le cose senza comprenderle è certamente più difficile. Il percorso formativo del consulente deve concentrarsi su questi tre aspetti: una formazione permanente che permetta un arricchimento delle conoscenze sulle dinamiche di ascolto; un coinvolgimento corretto emotivo-affettivo nella pratica dell’ascolto; infine, un esercizio continuo dell’ascolto: s’impara ad ascoltare facendone esperienza. L’ascolto attivo non è il C semplice sentire quello che l’altro dice, ma è la capacità di entrare in profonda empatia con lui, cogliendone tutti gli aspetti che non sono espliciti, per dare spazio ai suoi bisogni e anche alle sue resistenze e poi portarlo alla consapevolezza delle proprie possibilità e risorse. Solitamente nelle relazioni con gli altri siamo preoccupati di imporre il nostro punto di vista, di proiettare le nostre certezze e i nostri schemi mentali. Viene dunque naturale diagnosticare, moralizzare, generalizzare, interpretare o ridurre a sé; ma questi interventi sono inadeguati perché conducono ad un blocco della comunicazione e, di conseguenza, non permettono all’altro di sviluppare l’autoconsapevolezza e di uscire dai propri dubbi e difficoltà. Perché se è vero che l’uomo può sempre rifiutare la verità, egli va però messo nella condizione di poterla scegliere. Essere consulente familiare dunque non si improvvisa: c’è una lunga preparazione psicologica, spirituale e morale. Questo percorso ci educa che prima di ogni cosa c’è l’uomo con le sue fragilità. E’ tempo di guardare non alla potenza ma alla fragilità, che non è debolezza, ma percezione del proprio limite. La fragilità ha bisogno dell’altro, e se non la temo, posso far compagnia all’altro nella sua sofferenza: è un luogo nel quale so di poter entrare, perché è uno spazio che so abitare. È bello sperimentare di sentirsi accolto e amato, nonostante le nostre fragilità. Accettate e trasformate, possono perfino divenire fonte di vita e di benedizione per me e per altri. Vorremmo chiudere questa nostra riflessione con una speranza e un’invocazione: “Signore mio Dio, unica speranza, dammi la forza di cercarti, Tu che ti sei fatto incontrare, e mi hai dato la speranza di sempre più incontrarTi. Davanti a Te sta la mia forza e la mia debolezza, conserva quella, guarisci questa. Davanti a Te sta la mia scienza e la mia ignoranza, fa’ che mi ricordi di Te”. Il Centro Baìt per la coppia e la famiglia offre uno spazio di confronto e aiuto sulle tematiche pedagogiche. Il centro è aperto al sabato dalle 15.00 alle 18.00 al seguente recapito: Lurago Marinone, via Amuzio da Lurago n. 1 (piano terra, casa parrocchiale dietro la chiesa) tel. 031 935823 e-mail: [email protected] 13 ...AL FEMMINILE Manager al femminile di Chiara Angelini, Giulia Folci e Francesca Piatti ino a poco tempo fa le più importanti cariche in ambito imprenditoriale erano occupate solo da uomini, ma piano piano le cose stanno cambiando, anche nel nostro paese. Un chiaro esempio è Alessandra Imperiali, 38 anni, responsabile del settore vendita nella tessitura di famiglia e coinvolta nella gestione dell’Encuentro di Lurate Caccivio. Che studi hai fatto per il tuo lavoro? Alle superiori ho frequentato un liceo linguistico, studiando quindi tre lingue. Poi all’università ho iniziato la facoltà di Economia e Commercio senza però concluderla. Comunque i miei studi di lingue mi hanno indirizzata all’ambito commerciale dell’azienda, in cui si ha il rapporto con i clienti, anche stranieri. Come hai cominciato? Prima traducendo solo qualche lettera, poi prendendo in mano uno dei due settori della tessitura, e infine da sette anni a questa parte seguo direttamente i clienti, andandoli a visitare nelle loro aziende. Devi viaggiare molto? Le visite solitamente sono divise in due stagioni, autunno-inverno e primavera-estate. Per ciascuna di esse c’è una fiera, e prima o dopo questa iniziano le visite. In una stagione c’è una settimana di preparazione per la fiera di un settore e altre due settimane per due fiere dell’altro settore. Poi generalmente per visitare i clienti passo una settimana in Toscana, tre giorni in Veneto, quattro giorni nelle Marche, un paio di giorni a Napoli e poi in Lombardia. Quindi sì, durante tutto l’anno sono spesso fuori casa. Il fatto di essere donna ha mai condizionato i tuoi rapporti lavorativi? Sì, il fatto stesso di essere donna è molto stimolante, perché senti la necessità di dimostrare di essere all’altezza. È infatti indiscutibile che questo ambiente sia prevalentemente maschile. Ultimamente però si iniziano a vedere anche ragazze giovani alla scelta dei tessuti. F 14 Come avete affrontato questo periodo di crisi? Noi ne abbiamo risentito abbastanza. Siamo riusciti a sostenere bene la situazione fino a giugno dell’anno scorso, ma poi è iniziato un periodo “tranquillo” per i commerci. All’inizio dell’anno sembrava che la situazione si stesse risollevando, ma tutto è rimasto invariato. Per cercare di uscire da questo brutto periodo, abbiamo aumentato i viaggi, i contatti e le nuove offerte. E per quanto riguarda l’Encuentro? Tutto è nato da un suggerimento di don Francesco. Da quel momento io e altre tre ragazze ci siamo impegnate fino ad arrivare ad aprire il negozio grazie all’aiuto di diverse persone. Ora l’Encuentro fa parte dell’associazione Garabombo, di cui sono vicepresidente, e gestiamo il negozio grazie a molti volontari. Come spieghi la prevalenza di donne nell’Encuentro? In questo ambito, il volontariato viene fatto soprattutto da donne. Probabilmente per una maggiore disponibilità di tempo e per una maggiore predisposizione naturale al rapporto con i clienti: ad un uomo è più semplice chiedere di allestire uno stand che di stare 4 ore in negozio! STORIE Fermata Piazza Luigi di Savoia di Marta Zanella n paio di gambe in tailleur escono da un taxi al lato ovest della stazione Centrale. Di fronte alla donna del taxi, intanto, alcuni uomini dei colori di diversi continenti del mondo stanno scendendo dal filobus che ferma in piazza Luigi di Savoia, prima di proseguire il suo giro della città. Katia sente un brivido ricordando la piovosa mattina di dieci anni prima, quando era lei a scendere da quel bus che, insieme alla stazione Centrale, era diventato la sua casa. Allora era ridotta a una larva umana: aveva venticinque anni ma era pelle ed ossa, senza denti, senza capelli, le forze prosciugate dall’Aids e dalle centinaia di siringhe di eroina. E così se la ricordano anche i volontari del centro di ascolto e orientamento di Sos Exodus, fondato da don Antonio Mazzi, che da anni si occupano di dare aiuto ai senza dimora ed ai tossicodipendenti della Centrale. Quella mattina di novembre infatti, invece di andare a raggomitolarsi in uno degli anfratti della stazione, aveva spinto la porta di Sos Exodus e aveva chiesto aiuto. I volontari non le avevano domandato granché, abituati a facce e corpi come quelli di Katia: l’avevano fatta sedere, le avevo offerto qualcosa da mangiare, l’avevano lasciata riposare. Non restò molto tempo, quella prima volta, ma sarebbe tornata. La sua era una storia comune, all’epoca, a tanti altri ragazzi. Giovanissima, aveva deciso di fare da sola e di lasciare la sua famiglia, in Toscana, per trasferirsi nella metropoli del Nord a seguito delle sue due passioni: il suo ragazzo e la dipendenza dalla droga che li univa. Ma ben presto entrambe l’avevano tradita. Il suo compagno l’aveva abbandonata dopo pochi mesi, gli amici si erano pian piano defilati, e lei era rimasta sola, alcolizzata, strafatta, dormendo in stazione Centrale e prostituendosi pur di inseguire l’ennesima dose. Come se tutto questo non bastasse, durante una delle diverse volte che l’ambulanza l’aveva portata in ospedale, la ragazza era anche stata violentata da un medico. U Maurizio Rotaris, storico responsabile di Sos Exodus, racconta: “Faccio questo mestiere dal 1985; erano gli anni in cui la diffusione dell’eroina era al massimo e l’Aids, ancora poco conosciuta, terrorizzava la gente normale, spaventata dall’idea di essere contagiata anche solo parlando con queste persone. Per cui di storie di dolore come quelle di Katia, arrivate così vicino alla morte, ne ho viste tante”. Però né lui, né gli altri volontari, avrebbero scommesso sul cambiamento di rotta che Katia sarebbe riuscita a dare alla sua vita negli anni successivi. Sos Exodus la prese in carico, le fece avere la residenza anagrafica, la affidò all’Istituto Maddalena Grassi, struttura in quegli anni specializzata nel recupero dei tossicodipendenti e dei malati di Hiv. La cura con il metadone iniziò a ottenere risultati e pian piano la ragazza riuscì a risollevarsi. La aiutarono anche nel periodo in cui restò incinta e nacque la sua bambina: sana, nonostante la malattia della mamma. Intanto il medico che l’aveva violentata fu condannato a otto anni di carcere. Per Katia era la prima battaglia vinta da quando era una bambina, e questo le ridiede un po’ di coraggio: il coraggio di non lasciarsi andare completamente, ma ricominciare a lottare. Quando, dopo alcuni anni, era tornata a trovare gli amici di Sos Exodus, gli operatori l’avevano guardata senza riconoscerla. “Ho fatto fatica a capire chi fosse, era completamente cambiata. Era vestita bene, si era fatta fare una dentiera e portava una parrucca. Tutto molto discreto – racconta ancora Rotaris –, mi è parso un miracolo. Ci ha raccontato di essere stata assunta da una rivista di moda per cui oggi fa relazioni pubbliche”. Anche per Katia è un miracolo, se si guarda alle spalle. Un miracolo aver trovato delle persone che l’hanno aiutata, anche con severità, ma che hanno creduto che lei potesse farcela. E lei ce l’ha fatta. 15 COMUNITÀ BÊT MIRJAM Esseri del desiderio, puntiamo alle stelle e vogliamo la completezza, il senso, la comprensione, la perfezione: ciò che non è per noi, se non nello slancio e nella volontà. Quasi ha il suono di un sussurro: non si permette di strillare, né di imboccare la via della violenza, né di proclamare graduatorie. Riconoscersi nel quasi offre la possibilità di trovare un luogo di incontro a cui non si può che a cura della Comunità Bêt Mirjam pervenire disarmati ed eguali. Che c’entra dunque tutto questo con uasi primo vuol dire qualunque oggetto che nasca dal l’educazione? secondo, quasi buono non lavoro della mano di un uomo: può Noi possiamo (e dobbiamo) è proprio gradevole, quasi essere un abito o un quadro o un insegnare molte cose ai più piccoli – giusto ha una certa dose mobile o un tappeto. e altrettante ancora ne dobbiamo di errore, quasi in orario ha un po’di Ebbene, siamo sicuri: ad uno studio imparare: di molte cose abbiamo e ritardo, quasi sveglio sta ancora nel attento e meticoloso, il prodotto avremo bisogno e di altre possiamo mondo dei sogni, quasi porterà con sé un po’ di quasi. e potremo fare a meno. addormentato d’altra parte non Il lavoro delle mani dell’uomo, Tra quelle di cui non potremo fare a lascia ancora del tutto gli ormeggi anche della mano più esperta, porta meno nella nostra bisaccia c’è la della presenza in quel che con sé una dose di imprecisione: un consapevolezza di abitare nella chiamiamo realtà. soffio di umanità. tensione tra il desiderio di Quasi è una terra di mezzo: perfezione e compimento e non è ancora stato raggiunta la preziosità delle nostre la completezza. piccole imprecisioni. Quasi ha il sapore di una Non possiamo risolvere la mancanza: un soffio appena contraddizione, non che dice di sottrazione a un possiamo superarla: intero. possiamo invece Il compito di matematica è riconoscerla come una parte quasi giusto: basta non avere fondante della nostra trascritto correttamente una esperienza di uomini, virgola perché la perfezione tramandarla ai nostri piccoli svanisca per lasciare lo ed insegnarci spazio al perfettibile. reciprocamente a trarre le Perfettibile è ciò che può conseguenze sull’inutilità di ancora essere perfezionato. violenza e sopraffazioni Perfetto, ovviamente, ciò reciproche, perché tutti che è completo, che non siamo ugualmente preziosi necessita di revisioni o di nella nostra fragilità. correzioni o di aggiunte: a Dobbiamo riconoscere che posto così, en plein, tutto per quanti progressi giusto, nessuna sbavatura. abbiamo fatto nelle scienze Che cosa porta di buono con e nelle tecnologie, sé un quasi, se non la sua iniziale Un lavoro analogo realizzato continuiamo a essere fragili e che ci semplifica il compito di attraverso l’uso di macchine imperfetti: dobbiamo imparare che cercare alternative? risulterà “perfetto”: senza sbavature se possiamo archiviare quantità Perché scegliere quasi e il suo di alcun genere, senza differenze, impensabili di musica e di parole in richiamo all’imperfezione (fosse senza imprecisioni e, ci si lasci dire, piccoli aggeggi e riprodurli milioni anche solo per un soffio), invece di senza anima. di volte, non possiamo ripetere due gridare la perfezione, la Non c’è opera dell’uomo di cui non volte la stessa frase con lo stesso completezza, la compiutezza? si siano evidenziati limiti e tratti tono, la stessa accentazione e la Quasi ha il suono di un sussurro e migliorabili. A questo siamo stessa emozione. convoca pensieri di artigianato di beatamente condannati: ci possiamo Siamo sussurri preziosi e fuggevoli: alta qualità. e ci dobbiamo fermare a quasi, lì “poco meno degli angeli” (l’ultimo Pensiamo a qualunque manufatto, a abbiamo il nostro confine. - quasi - di oggi). “Q” come Quasi Q 16 NOI CI SIAMO Il Volontario del Soccorso di Riccardo Piatti ratuità, disponibilità e spontaneità: sono queste le qualità che occorre avere e offrire”. È così che Luca Calabrò, di professione avvocato, sintetizza il suo essere Volontario del Soccorso (o V.d.S.) della Croce Rossa Italiana presso il presidio di Lurate Caccivio, ed è con grande disponibilità che accetta di parlare della sua esperienza. “G turno festivo, il sabato o la domenica. Oltre a questi c’è il cosiddetto turno “sportivo”, un termine per indicare la presenza di Volontari del Soccorso a varie manifestazioni come gare automobilistiche, partite, sfilate di carnevale. Io solitamente coprivo il turno del venerdì sera dalle 19 alle 23; ora, però, dopo 7 anni ho sospeso la mia Quando hai iniziato? presenza come volontario del soccorso per motivi Nel 2003. In quel periodo ho iniziato a cercare familiari e professionali, ma mantengo comunque un qualcosa che mi permettesse di essere utile agli altri, impegno: tenere alcune lezioni sugli aspetti legali del una esperienza nuova per mettermi in contatto con le volontario del soccorso all’interno del corso di persone, perché sentivo la necessità di dare un aiuto preparazione di cui parlavo prima. Faccio 5/6 lezioni concreto. Per questo, la Croce Rossa mi è parsa essere all’anno e giro tutta la provincia. quella associazione che proponeva quello che cercavo. Cosa vuol dire essere V.d.S.? Come si diventa V.d.S.? Diventare Volontario è una grande avventura in cui Occorre avere un certo bagaglio tecnico, che si metti ti metti a disposizione di chi ha bisogno acquisisce attraverso un corso di preparazione spendendo un sacco di energie, ma che allo stesso semestrale. Si tiene nelle varie sedi della C.R.I. tempo ti permette di conoscere realtà differenti dalla È un corso suddiviso in tre moduli, in base a dove il propria e scoprire persone diverse. corsista vuole arrivare. Certo, è un bell’impegno, ma si può immaginare che Con il primo modulo si diventa centralinista, con il ritorno di umanità si ha nello svolgere questo tipo di secondo si possono effettuare i trasporti di infermi e volontariato. disabili ma non le emergenze, con il terzo modulo si Ti trovi anche davanti a situazioni che non vivi tutti i ottiene anche una certificazione regionale per uscire in giorni e comprendi come la realtà in cui vivi presenta ambulanza come Volontario del Soccorso, oltre che diverse sfaccettature. attualmente - una speciale abilitazione per l’utilizzo Consigli di diventare V.d.S? del defibrillatore. Certamente, perché è una bellissima esperienza che ti Quanti sono i volontari qui a Lurate Caccivio? fa conoscere la realtà intorno a te, si entra in contatto Come è strutturato il turno? con molta gente e molte situazioni e ti rendi utile. Qui a Lurate Caccivio ci sono circa 150 volontari che In più si conoscono delle grandi persone con cui coprono tutti i turni lungo i 365 giorni dell’anno. Non prestare servizio. ci sono solo persone del paese, ma anche gente dei Senza far torto a nessuno degli altri V.d.S. che comuni limitrofi. quotidianamente svolgono il proprio impegno con Per quanto riguarda i turni, ogni giorno è suddiviso in 4 dedizione, vorrei ricordare due persone: Salvatore parti di 5/6 ore ciascuna: mattina (ore 7-13), Lentini e Renzo Poletto, due volontari scomparsi con pomeriggio (13-19), sera (19-23) e notte (23-7 del cui ho condiviso il mio turno del venerdì sera (in mattino dopo). particolare Salvatore) e che ricordo con molto affetto In ogni turno presenziano almeno 4 persone: un autista, perché mi hanno dimostrato la loro generosità e il loro un centralinista più altri due. Il volontario in genere fa esserci sempre, qualità che ogni volontario dovrebbe un turno settimanale più mensilmente (o quasi) un avere. 17 PONTE FICI Pio XII a cura di Stefano Ripamonti apa Pio XII, nato Eugenio Maria Giuseppe Giovanni Pacelli e detto il “Pastore Angelico” (Roma, 2 marzo 1876 – Castel Gandolfo, 9 ottobre 1958), è stato il 260° papa della Chiesa cattolica, terzogenito dell’avvocato Filippo Pacelli e di Virginia Graziosi. Dopo le elementari frequentate in una scuola privata cattolica e la frequenza in un liceo di Stato, Eugenio Pacelli entrò nel Collegio Capranica e poi, dal 1894 al 1899, studiò teologia alla Gregoriana presso cui ottenne il dottorato nel 1901, quando già da due anni era stato ordinato sacerdote (1899). Del 1902 è la laurea in giurisprudenza in utroque iure (cioè sia in diritto civile che in quello canonico). Nel 1904, dopo la specializzazione accademica in relazioni fra Stato e Chiesa, fu promosso e divenne monsignore-ciambellano del papa Pio X; iniziò poi nel 1917 una lunga carriera diplomatica che lo portò ad essere Nunzio dapprima in Baviera, quindi a Berlino (1925), guadagnandosi rispetto e stima. P 18 Fu creato cardinale da Pio XI il 16 dicembre 1929; l’anno successivo divenne segretario di Stato e negoziò diversi concordati: con il Baden (Germania) nel 1932, con l’Austria nel 1933, con la Jugoslavia nel 1935. Pio XI lo mandò poi come Legato a Buenos Aires, Lourdes, Lisieux e Budapest. Alla morte di papa Ratti, in qualità di Camerlengo toccò proprio a Pacelli dirigere il conclave che ne seguì. Il 2 marzo 1939, dopo solo tre scrutini e un giorno di votazioni, la scelta ricadde sullo stesso Pacelli, che si impose il nome di Pio XII, a simboleggiare la continuità dell’operato con il precedente pontefice. Eletto in un periodo di grandi tensioni internazionali, il Papa tentò invano di scongiurare il rischio di una nuova guerra mondiale con diverse iniziative, fra cui la più famosa è il discorso alla radio del 24 agosto 1939 in cui pronunciò la frase simbolo del suo pontificato: “Nulla è perduto con la pace; tutto può essere perduto con la guerra”. Nonostante ciò, il 1° settembre la Germania invade la Polonia, cui Francia e Gran Bretagna rispondono pochi giorni dopo: è l’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Papa Pacelli tentò con altri appelli di far cessare le ostilità e cercò inoltre di distogliere il fascismo dall’idea di far entrare in guerra l’Italia; sforzi inutili, perchè il 10 giugno del 1940 anche il nostro Paese entrò nel conflitto. Egli allora si dedicò a numerose azioni umanitarie nei confronti dei colpiti dalla guerra, con particolare attenzione alla difesa degli Ebrei; all’azione del Papa si deve infatti il trattamento meno rigido tenuto dalle autorità in Italia. Pio XII si impose inoltre il tanto criticato “silenzio”, ritenendo che dure prese di posizione contro il nazismo avrebbero causato ripercussioni peggiori; non va dimenticata infatti la sua lunga esperienza diplomatica in Germania, durante la quale aveva avuto modo di conoscere da vicino la genesi e la diffusione di quel totalitarismo. Dopo la guerra si trovò poi ad affrontare altre problematiche mondiali: il comunismo, la guerra fredda, la libertà religiosa; divenne forse il primo Pontefice pienamente inserito in una società di massa. Con Pio XII, inoltre, il collegio cardinalizio divenne sempre più internazionale, perdendo la tradizionale maggioranza italiana. Fu un Papa particolarmente amato dalla gente; va ricordato che istituì l’Angelus domenicale dalla finestra di Piazza San Pietro e che fu il primo Papa ad essere trasmesso in televisione. Nel 1940 riconobbe definitivamente le apparizioni di Fatima, nel 1942 consacrò il mondo intero al Cuore Immacolato di Maria e nel 1950 definì il dogma dell’Assunzione. Pio XII fu anche il papa che proclamò santa Maria Goretti, a soli due anni dalla sua beatificazione. Pio XII morì a Castel Gandolfo alle 3:52 del 9 ottobre 1958, all’età di 82 anni. È sepolto nelle Grotte Vaticane vicino alla tomba di Pietro, che egli stesso contribuì a individuare. Il 18 ottobre 1967, nove anni dopo la sua morte, Paolo VI ne aprì il processo per la causa di beatificazione e canonizzazione. MUSEO PARROCCHIALE Nel nostro museo saranno presenti due tipi di questi portacandele; l’asta portante è brunita e probabilmente era infilata in una sorta di astuccio legato ai fianchi che permetteva ai portatori di reggere meglio e per tutto il percorso della processione il loro peso. Hanno un’altezza di circa due metri, la parte decorata è in legno ed è quasi un terzo dell’altezza totale; a cura di Cristina Clerici festa celebrata nel 1822. non riportano simboli religiosi, ma “Si fa il triduo di preparazione in riccioli, foglie, fiori, volute, quasi a chiesa parrocchiale e si avvisa il creare un ricamo ligneo che ha la icordate la richiesta che popolo sul modo di comportarsi in sola funzione di essere bello! avevo fatto nello scorso occasione di domani…”. Nel nostro museo ce ne sono di due numero di Cammino? diverse tipologie: uno interamente Purtroppo non ho ricevuto “Dappertutto sono sospese dorato, mentre l’altro, sempre di notizie in merito ai portatori dei sandaline; dodici porte trionfali legno, presenta decorazioni in candelabri nelle processioni solenni. s’incontrano nel giro della argento e oro. Ho consultato allora il volume di processione, che è lo stesso di Il piatto portacandela in metallo Eugenio Cazzani “La Parrocchia quella del Corpus Domini… dorato è piuttosto largo, della SS. Annunciata in Caccivio” e numerosissimi uomini fanno una probabilmente per evitare vi ho trovato la foto di una lunghissima sequela; davanti alla riversamenti di cera sulle teste dei processione in occasione della Festa processione stanno i Reali portatori, e forma una corona di della Madonna del Carmine nel Carabinieri per far largo… foglie sbalzate. 1938. Giunti di ritorno sul sagrato della Uno di questi è riportato nella foto Si vedono alcuni uomini che chiesa parrocchiale… il Parroco qui sotto; anche se non è di alta portano proprio i candelabri che ho locale presentandosi sul pulpito qualità, in qualche lettore susciterà visto tra gli oggetti destinati al ringraziò i forestieri Confratelli che un po’ di curiosità, mentre in altri, museo parrocchiale. così gentilmente onorarono la speriamo, ricordi... La foto, in bianco e nero è, però, un nostra festa…” po’ confusa; ci sono veramente molte persone, le case sono “…Il tempo fu splendido, addobbate per l’occasione e gli le osterie fecero molti uomini che portano i candelabri affari, assai prima di probabilmente appartengono alla sera non si trovò più una Confraternita del Carmine, perchè briciola di pane dai indossano una sorta di mantellina prestinai”. con un colletto bianco. Scorrendo le pagine di questo Torniamo ora ai nostri volume ho trovato le descrizioni, a “oggetti misteriosi”: li volte minuziose, di celebrazioni, ho definiti candelabri o devozioni e processioni in porta candele perché il occasione di questa solennità. termine “candelieri”, con Invito tutti i lettori di Cammino che cui li avevo chiamati in possiedono questo libro a leggere le principio per distinguerli pagine 281-282, la cronaca è dai finimenti d’altare, fa interessante e a volte fa sorridere, riferimento ai ceri molto ma dimostra sicuramente quanta grossi, pesantissimi e fede in Maria riponevano i nostri decorati con tecniche nonni! particolari, che fanno Vi riporto solo alcuni stralci di parte delle processioni, queste gustose pagine contenute nel delle tradizioni e delle “Liber chronicus” della nostra feste di alcune città in chiesa parrocchiale. Toscana, come ad Gli scritti non fanno riferimento alla esempio a Gubbio, ed in foto sopra citata ma descrivono la Sardegna, a Sassari. I candelabri (2) R 19 POESIA Muschìtt d’argént Cumè i lüüs a intermitenza d’un presèpi che un puu stann pizz e un puu sa smòrzan giò, l’è inscì onca par luur, par i muschìtt d’argént, ai gh’inn par un puu, pö sparìsan un mumènt. Giugno: mese di caldo non ancora soffocante, di giornate lunghe, di tranquille passeggiate, la sera, nei prati che ancora per fortuna circondano Caccivio. A farci compagnia, molto spesso, le lucciole, segno discreto di bella stagione e di aria ancora pulita... Questa poesia è stata premiata lo scorso anno al Concorso di Poesia Dialettale di Appiano Gentile Parchè s’inn radunoo mée al su no ma vedi: inn pròpi tonti e tonti ben, in un tuchètt da proo ’mè un fazulètt inn lì che suravia volan quiètt. L’era da un pezz che ai vedevi no: cumè incantoda ma fermi lì a guardà ma pòòr anmò da vess dréé a catai e, par fà ’l cèèl, tra duu sass sfregai. Sira d’incont, quieta, silenziusa, cumè sòot funt ul cantà di grii, un cèèl tütt tempestoo da stèll, e ’na gran pòòs in coor par tütt stu bèll. Se ’na quèj volta nün a sa fermàsum a cuntemplà quèll che gh’è inturnu, tütt al podarìa fà sentì ul Creatuur visìn’ onca un muschìn d’argènt cul sò lümìn. Dialetto in pillole E GLI INDETERMINATIVI ? Maria Taborelli Sampietro un fratello = un frèdell una nonna = una nona uno zio = un ziu E sì, sono solo due . Una si può apostrofare, così come avviene nella lingua italiana, se la parola che segue incomincia per vocale: un’amica = un’amisa Ma anche se un e una sono preceduti da vocale si può mettere l’apostrofo, esempio: un oman e un can e una gata = un oman e ’n can e ‘na gata 20 GIRINGIRO Ronco sopra Ascona (Svizzera) dell’Ente Turistico che riporta una cartina del nucleo con indicato un percorso di visita suggerito. l nucleo antico di Ronco Annessi alla bacheca si trovano sopra Ascona si arrampica degli opuscoli gratuiti che guidano su di un promontorio che il turista attraverso il nucleo, domina il Lago Maggiore. spiegandone le caratteristiche. Di origine medievale, ancora oggi L’opuscolo è ottenibile conserva integro il suo aspetto gratuitamente anche presso gli uffici austero, con le sue case a torre dell’Ente Turistico Lago Maggiore. addossate le une alle altre, Per cominciare, si consiglia una attraversate soltanto da un labirinto ricerca delle cappelle votive di stretti vicoli, viottoli e gradinate disseminate nei dintorni di Ronco, in cui, per chi non è del luogo, è sui sentieri che portano ai monti o facile perdersi. alle frazioni del paese ma anche ai Ricco di scorci panoramici da bordi dello stesso nucleo. favola, che non smettono mai di Molte presentano ancora le incantare i visitatori ed i turisti che decorazioni pittoriche interne od vi si addentrano, e caratterizzato da esterne originali e, benché siano particolarissimi elementi state edificate in epoche diverse, architettonici riconducibili a diverse presentano dei tratti comuni e epoche, il nucleo antico di Ronco sembrano essere state progettate merita senz’altro di essere scoperto secondo uno schema ripetitivo e con una visita che vi riporterà preciso. Tutte hanno infatti una indietro nel tempo. pianta quadrata e un tetto spiovente Nella centrale piazza della rivestito di piode. Negli ultimi anni, Madonna, che funge anche da grazie all’Associazione Ronco sopra parcheggio, è ubicata una bacheca Ascona - Cultura e Tradizioni che ha trovato i fondi e si è occupata in prima linea dei lavori, alcuni di questi edifici sono stati fortunatamente restaurati e sottratti al degrado. La loro bellezza e la loro ubicazione sui principali sentieri, spesso luoghi suggestivi o panoramici con vista aperta sul lago, li rendono luoghi che vale sicuramente la pena visitare, approfittando dell’occasione per fare anche delle belle passeggiate. Ronco sopra Ascona è inoltre ricco di frazioni; tra queste vi consiglio di visitare Porto Ronco per la favolosa posizione di fronte alle isole di a cura di Silvano Fumagalli I Brissago. Questa frazione, il cui nome utilizzato ancora fino agli anni Quaranta in origine era Riva, divisa in due dalla strada cantonale che porta ad Ascona e Brissago, non era che un piccolo nucleo di rustici situati in prossimità del porto comunale, abitati per lo più da pescatori. Un tempo vi erano anche alcuni mulini e, più recentemente, una fabbrica di mostarda anch’essa non più esistente. Raggiungibile anche tramite dei bei sentieri, oggi Porto Ronco, i cui rustici hanno lasciato il posto a lussuose ville, è rinomato per la sua idilliaca posizione sul lago ed è sede di diversi alberghi e ristoranti, nonché di un imbarcadero, punto di partenza e di arrivo dei battelli che ogni giorno solcano le acque del Verbano e con i quali si possono raggiungere diverse località turistiche situate sia sulle rive svizzere che italiane del lago Maggiore, come Ascona, Brissago, Vira Gambarogno, Luino, Cannobio, Verbania. COME ARRIVARE Autostrada A2 (via San Gottardo da Nord o via Chiasso da Sud) o autostrada A3/A13 (San Bernardino) con direzione Bellinzona. Uscita Bellinzona Sud/ Locarno. Strada Cantonale con direzione Locarno. Poi direzione Brissago/Italia ed infine subito dopo il cartello Porto Ronco svoltare a destra verso Ronco sopra Ascona. 21 PAGINE DEI RAGAZZI Appena laureata però ho deciso di sposarmi con il ragazzo che attendevo da anni, il protagonista di tanti discorsi tra le mie migliori amiche (ricordo ancora i nomignoli assurdi che gli avevamo attribuito!!!), e con lui ho deciso di condividere tutto il resto della mia vita. Siamo diventati presto genitori di due figli che hanno saputo donarmi tante soddisfazioni e che sempre, anche con un semplice abbraccio, mi hanno dimostrato il loro affetto. Mi hanno poi regalato dei nipotini splendidi, so di non poter essere speciale come la mia nonna che mi ha accompagnato per lunghi anni, Chissà che fine hanno fatto, è ma voglio impegnarmi al massimo sempre difficile rimanere in per cercare di esserlo, perché avere contatto con i vecchi amici e per questo è da molti anni che non vedo dei nonni meravigliosi accanto è la più alcuni di loro (quanto rimpiango cosa più bella del mondo! Forse non sono riuscita a realizzare il buon vecchio Facebook ed i tutti i miei desideri, questo è vero, pomeriggi passati a “taggarci” in ma sicuramente nel corso degli anni he buffo che era il tuo foto orribili!). Ricordo che Giulia ho incontrato persone che hanno professore, nonna!”. Sorrido mentre mi aveva scritto una lettera tanto Simone, il mio nipotino, mi dice tempo fa, era riuscita a realizzare il contribuito a rendere la mia vita un sogno, e allora voglio continuare a questa frase. suo sogno e si era trasferita in dormire coccolata da queste Stiamo guardando insieme il Africa per portare aiuto ai villaggi morbide coperte e sognare ancora vecchio album di foto, da quanto più poveri grazie alle sue doti per un po’… tempo non lo aprivo più! mediche ed organizzative. Chiara Francesca Piatti Sono passati davvero tanti anni invece ha deciso di insegnare, ormai dai tempi del liceo, ma sono cercando di trasmettere la sua sicura che quella foto è rimasta e passione per la matematica anche rimarrà per sempre tra i migliori agli studenti più ostili delle ricordi dei vecchi alunni della 3^E, superiori… e devo ammettere che qualunque siano state le nostre ha riscosso un grande successo! scelte. Io non posso dire di aver realizzato i Eravamo un gruppo fantastico, forse miei sogni, non tutti almeno; da non sempre unito, ma capace di ragazza infatti desideravo poter vivere momenti unici e diventare ostetrica, per essere osa vuoi fare da grande?”... indimenticabili. circondata da bambini appena nati, Gli adulti non hanno mai avuto da tante piccole molta fantasia durante le creature che conversazioni, ma a volte si guardano il impegnano proprio. Sfido a trovare mondo con occhi qualche “grande” che, parlando con meravigliati e un ragazzo, non gli chieda almeno inconsapevoli una volta cosa ha in mente per il suo della vita che li futuro. Ed è così che noi ragazzi ci attende. Mi dividiamo in due parti: i fortunati affascinava l’idea che hanno le idee chiare sin da di poter tenere in piccoli e quelli che invece non braccio colui che hanno la minima idea di cosa fare. in futuro sarebbe Ecco, io faccio parte del secondo diventato medico, gruppo. Non è che non ho mai avuto avvocato o idee, anzi: tutto il contrario. Da semplicemente piccola volevo fare il veterinario, un ‘normale’ poi la scrittrice, l’avvocato, la padre di famiglia. psicologa, la matematica… Sogni ... al femminile I ricordi di una foto “C La fatidica domanda “C Foto di classe 22 PAGINE Direi che ho passato un po’ tutte le professioni, per poi ritrovarmi in terza superiore con il vuoto più totale. Spesso penso: “Ma sì, c’è ancora tempo per decidere a quale università andare… No?”. Sì, certo, c’è ancora tempo. Peccato che lo penso dalla terza media! Per ora, francamente, non mi sto impegnando un gran che per trovare un’idea ben precisa su cosa fare. Sono solo sicura di tre cose: voglio continuare a studiare per ottenere un lavoro che mi piaccia e che aiuti gli altri. Quella del continuare a studiare è una scelta abbastanza obbligata. D’altronde sto frequentando un liceo scientifico e, una volta conseguito il diploma, non avrò nessuna preparazione per l’ambito lavorativo. Per quanto riguarda, invece, l’ambito del sociale, sono giunta a questa conclusione grazie a delle esperienze di volontariato fatte in questi ultimi anni lavorando a stretto contatto con le persone, che mi hanno fatto capire quanto coloro che ci circondano ci possono offrire e dare, nonostante alcuni problemi fisici o psichici, a discapito del pensiero comune. Diciamo che sono alla ricerca del lavoro perfetto, o meglio, di quella risposta alla fatidica domanda che possa soddisfare il mio interlocutore. Chiara Angelini soffermo ad osservare la mia amata cavalla con il suo puledro. Sorrido. Continuo a camminare e mi avvio verso casa. Qui l’inverno non è molto rigido come quelli che passavo a Caccivio, ma come sempre, nella fretta, ho dimenticato il giubbotto più pesante ed ora mi tocca correre per il viale che mi porterà davanti alla mia nuova casa. Sono solo pochi mesi che mi sono trasferita qui in Maremma, ma sono felice di averlo fatto, soprattutto perché sono riuscita ad entrare nella Guardia Forestale come veterinaria. Qui ci sono così tanti animali da soccorrere che non ho quasi mai il tempo di fermarmi ad osservare il paesaggio che mi circonda, anche solo per un minuto! Vedo un falchetto volare sopra al piccolo bosco che circonda l’ambulatorio e casa mia. Caspita! Mi ero quasi scordata che domani devo raggiungere il mio amico falconiere, mi aveva promesso che mi avrebbe dato qualche lezione... spero solo che domani non ci siano altre urgenze come oggi. Da queste parti è vietata la caccia ai rapaci e ad altri animali selvatici come i lupi, ma purtroppo alcune persone non la rispettano. Un ululato. Il lupo ferito che avevamo ospitato è guarito del n altro giorno è passato. tutto e domani lo dovremo liberare Appendo il mio camice verde, insieme a due bellissime poiane. quello che sognavo tanto, al suo La mia passeggiata serale è ormai posto. Il sole è quasi tramontato e finita, sono arrivata davanti a casa fino a domani non mi azzarderò a mia. Prendo le chiavi, ricordandomi rimettere piede nell’ambulatorio poi che questa mattina non avevo della Guardia Forestale. Oltrepasso chiuso a chiave. Salgo le scale che la porta e mi avvio per il vialetto mi portano al secondo piano dove si lastricato verso le scuderie. Sento trova la mia camera. Non sono già i nitriti dei cavalli che cambiata più di tanto. Se mia madre reclamano il loro pasto... dopotutto fosse venuta in Toscana con me, mi sono già le sette. Mi stringo di più avrebbe continuamente ripetuto che nel mio giubbotto verde e allungo il la mia non è una camera ma un passo. Recupero i vari alimenti e mi magazzino, dopotutto l’ordine non è La natura, gli animali... U DEI RAGAZZI mai stato il mio punto forte. Apro la finestra e mi affaccio sul mio piccolo giardino. Nonostante i ritmi serrati del mio lavoro la mia vita mi piace, e una delle cose più appaganti è che il mio sogno si è avverato, dopo tanti anni di studi sono riuscita a realizzarlo, e penso anche che sono stata molto fortunata visto che ho solamente ventisei anni e faccio il lavoro che mi è più congeniale. Marcella Sozzoni Incertezze C ome mi vedo tra 15 anni? Mah, sicuramente un po’ più vecchia! A parte gli scherzi, mi immagino come una 28enne laureata da qualche anno, con un lavoro in proprio già avviato, abbastanza redditizio e, soprattutto, molto soddisfacente. Mi piacerebbe anche avere del tempo libero da dedicare alla mia famiglia ed agli amici. Certamente, se ci rifletto bene, tutto questo più che una previsione mi sembra un sogno. Sui giornali o dalla TV si apprendono notizie sempre più preoccupanti, se non allarmanti, sul lavoro che manca (o che se c’è, è sempre più precario), sull’economia che non va bene e, di conseguenza, sull’impossibilità da parte dei giovani di potersi rendere indipendenti dai genitori e di progettare autonomamente la propria vita. A quello che sarò tra 15 anni, quindi, non ci ho ancora pensato: credo che deciderò tra qualche anno, quando avrò le idee un po’ più chiare. Effettivamente, scegliere quale sarà il proprio futuro a 13 anni mi sembra abbastanza prematuro, anche se qualche mio coetaneo sa già quello che vuol fare. L’unica certezza che attualmente ho è quella di continuare a studiare fino all’università, perché secondo me, indipendentemente da quello che il futuro mi riserverà, è importante affrontarlo con una buona cultura. Comunque, non appena avrò deciso qualcosa, ve lo farò sapere! Giulia Taiana 23 REGISTRI OFFERTE ANAGRAFE Al matrimonio di Silvia e Vittorio 400,00 Al matrimonio di Michela e Paolo 300,00 Al funerale di Ballestrin Lidia 100,00 Al 50° di matrimonio 200,00 Al matrimonio di Elena e Matteo 150,00 Al funerale di Dominioni Lucia 200,00 Alla Prima Comunione 200,00 Al matrimonio di Elisa e Lorenzo 300,00 Al funerale di Omenetto Iolanda 200,00 Al funerale per la chiesa di San Pietro 250,00 Al funerale 1.000,00 Al funerale di Monti Emilio 100,00 Al matrimonio di Valentina e Massimiliano 100,00 Al funerale di Maira Giuseppe 50,00 Cassettina chiesa 10,00 ABBIAMO UNITO NELL'AMORE DEL SIGNORE TOTALE 24) 25) 26) 27) 28) 29) 30) 3.560,00 RESTAURO DELLA CHIESA PARROCCHIALE Importo precedente Offerte del mese TOTALE 491.862,77 3.835,00 495.697,77 2) 3) 4) 5) 6) 7) Brivio Vittorio e Besana Silvia Rosa Zanin Matteo Mario e Giubilei Elena Giancola Paolo e Caldara Michela Leoni Lorenzo Fabrizio e Auguadro Elisa Accursio Ivanov Elia e Berlusconi Simona Fiore Massimiliano e Foriglio Valentina ABBIAMO ACCOMPAGNATO ALLA CASA DEL PADRE Ballestrin Maria Lidia (a.83) Via Manzoni, 5 Giachetti Fosco (a.63) Via XX Settembre, 20 Dominioni Lucia (a.85) Via Verdi, 23 Omenetto Iolanda (a.86) Via Roma, 14 Galli Angelo (a.81) Via Cagnola, 10 Maira Giuseppe (a.72) Via Pirandello, 10 Monti Emilio (a.76) Via San Carlo, 23 “Cammino” - Anno 13 Nr. 6 - Lurate Caccivio, Giugno 2010 Rivista mensile della Parrocchia SS. Annunciata in Caccivio (10 numeri annuali) Registrazione del Tribunale di Como N. 5 del 25 marzo 1998 Direttore responsabile: Fasola Giuseppe - Collaboratori: Angelini Chiara, Folci Giulia, Fumagalli Silvano, Piatti Alberto, Piatti Francesca, Piatti Riccardo, Zanella Marta, Zoani Francesco GIORNALE DEI RAGAZZI: Angelini Chiara, Calabrese Francesca, Cappelletti Mattia, Folci Giulia, Piatti Francesca, Sozzoni Marcella, Taiana Giulia, Zoani Francesco, Zoani Viviana - Coordinatrice: Arrigo Amedea Sede: Via XX Settembre 125 - tel. e fax 031490139 Abbonamento annuo: Ordinario € 10,00 - Amico € 16,00 Agli abbonati viene allegata la rivista "Il Segno" della Diocesi di Milano (11 numeri a € 10,00 - Offerta riservata agli abbonati di Cammino) Stampa copertina: tipografia Salin - Olgiate Comasco Impaginazione e stampa a cura della Parrocchia SS. Annunciata 24