La Testata
Editoriale
Addio, addio, amici addio.
Diego Begnozzi III C
Come sempre ci sono moltissime cose da dire e pochissima capacità di renderle sulla carta.
Grazie, è stata una figata.
Copertina di Chiara Pozzoli IV C
Foto a pagina 15 di Eugenio Cannovale I B
Correzione Bozze di Ilaria Sieli V F
SOMMARIO
CONTATTI
02 Editoriale
12 Dialoghi
Mailing list della redazione
[email protected]
03 Pausa Caffè
15 Foto
Sito web
blog.liceomanzoni.net
04 Attualità
16 Questionario Finale
06 Prosa
2
La Testata
Pausa Caffè
Eugenio Cannovale I B
Il mese di maggio si dissolve
alle nostre spalle come una
densa nube carica di nervosismo e infernali mattinate trascorse sulle roventi seggiole,
arse da questo inusuale caldo
primaverile, cercando di resistere valorosamente, stoicamente, alla vista di quell’orologio che si allarga, sempre
più rumoroso nel suo ticchettio, scuro contro la parete
bianca, sopra la lavagna. Non
stiamo parlando di Sing-Sing,
non siamo detenuti ad Alcatraz né rinchiusi nella Muda:
molto peggio. Siamo studenti
manzoniani alla fine dell’anno
scolastico.
Le finali di pallavolo hanno
umidamente – sia per la pioggia, sia per il copioso sudore
impregnato nelle colorate
uniformi – visto la vittoria
dell’inflessibile ginnasio B e
del granitico liceo A, trionfante per il terzo anno di seguito:
la partita, giocata contro un
caparbio corso C, che ha saputo difendersi fino all’ultimo, ha infine insignito i pallavolisti in rosso della coppa
dorata. Le finali dei tornei di
calcetto e pallacanestro dovranno attendere l’ultimo
giorno di scuola per assegnare la vittoria a una squadra
meritevole.
In realtà, tentando di ammorbidire queste angoscianti
settimane, l’ultimo mese è
stato, come al solito, ricco di
avvenimenti e iniziative che
hanno coinvolto gran parte
della componente studentesca: il gruppo di teatro ha
portato in scena, dopo ben
due anni di intenso lavoro, la
commedia di Aristofane Gli
Uccelli, che ha ricevuto contrastanti giudizi da parte del
pubblico lì presente, ma che
nel complesso è stata apprezzata. Alla fine del mese, parte
del gruppo vecchio – i veterani degli Uccelli –, unito alle
nuove leve raccolte quest’anno tra le classi quarte e quinte, ha presentato la pièce teatrale Spoon River, liberamente ispirata all’omonima antologia di poesie dell’americano
Edgar Lee Masters.
Lunedì 30 maggio si sono
svolte le cerimonie di premiazione dei partecipanti ai certamina di latino e al concorso
di scrittura creativa Prosaviva.
Il concorso di latino ha premiato due antiche eccellenze
del corso B e del corso E
(lascio a voi scoprire chi siano), e, insieme a loro, due
nuovi filologi appartenenti al
liceo C e al ginnasio A
(qualificandosi, in base alle
graduatorie formulate dagli
organizzatori del Piccolo Certamen Taciteum, sedicesimi
in tutta Italia). I più calorosi
complimenti a questi salvatori
di dighe culturali! Il concorso
Prosaviva, giudicato da una
editor di narrativa straniera e
dal docente di letteratura italiana dell’università degli studi di Milano, ha riconosciuto il
secondo posto della vittoria a
uno studente del liceo B, che
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ha presentato un dialogo sul
dissidio generazionale riguardo
ai social networks, e il primo
posto, a pari merito, a due ragazze del liceo D e C, le quali
hanno offerto, rispettivamente,
il punto di vista di Elena di Troia
e della mente, osservata nell
sua interiorità psicologica, il
tutto sulla base di un incipit
uguale per entrambe. Congratulazioni anche a loro!
Sperando che proprio quella
sera non diluvi, come invece
sembra tipico negli ultimi sei
giorni, martedì 7 giugno si terrà
lo Sconcerto, con una mirabolante novità: si svolgerà in cortile, all’aperto, a disposizione di
tutti i manzoniani! Insieme a
questo, alla quinta ora di mercoledì 8 giugno, il gruppo corale
del liceo, composto da genitori,
insegnanti e studenti, presenterà un saggio, come sunto di un
intenso anno di lavoro. Si consiglia la partecipazione a entrambe le iniziative!
A questo punto, non resta che
sperare in un ritorno di quello
spirito manzoniano, tanto vantato all’inizio di quest’anno, ma
che ormai sembra essersi criticamente assopito di fronte
all’affermazione personale, ai
vantaggi e al vanto. E’ un Manzoni, quello che ritornerà l’anno
prossimo, profondamente cambiato rispetto agli anni precedenti. Si spera soltanto non in
peggio. In ogni caso, le conseguenze si verificheranno nei
mesi a venire.
Buone vacanze a tutti!
La Testata
Attualità
Un lavoro: tra sogno, realtà e felicità
Federica Messaggeri IV C
Oggi in molti licei e scuole superiori esiste una materia denominata “geo-storia” che,
nel mio caso, occupa, su ventisette, tre ore settimanali di
lezione: due di esse sono di
storia e la rimanente è di geografia. Un giorno, forse d’inizio scuola, quel groviglio contorto di pensieri che è la mia
mente, ricordando la parola
geo-storia, mi ricondusse alla
realtà che, fino a pochi mesi
prima, mi aveva coinvolto: le
medie. Non voglio avventurarmi in quello strano mondo
tra l’infanzia e l’adolescenza,
ma semplicemente rievocare
l’immagine di un mio ex professore, che lavorava nella
mia scuola come insegnante
di sostegno. Egli un giorno
dovette sostituire la mia professoressa durante un’ora di
storia, nella quale affrontammo l’argomento del logorante
conflitto di trincea chiamato
“Prima Guerra Mondiale”. Le
guerre non mi avevano mai
affascinato, la storia può e sa
trattare argomenti ben più
interessanti, ma quel giorno
rimasi un’intera ora ad ascoltarlo parlare; scoprii che
quell’uomo, dal quale raramente avevo udito parole,
possedeva una straordinaria
abilità oratoria, capace di
coinvolgere con la più affabile
e adeguata, ma comunque
comprensibile, scelta di termini, persino una classe di
norma caotica e indifferente
alle chiacchiere di un professore. Solo a fine lezione venni
a sapere che il suo particolare
modo di spiegare era dovuto
alla sua straordinaria passio-
ne per la storia, che l’aveva
spinto, anni prima, a laurearsi
a riguardo. Rimasi stupita e
ingenuamente mi affrettai a
chiedergli perché, allora, fosse relegato in una media di
periferia ad aiutare ragazzi
con difficoltà; lui, con sguardo
deluso, rispose che era quello
il mondo del lavoro, non sempre, o meglio, quasi mai si
riesce a perseguire un sogno,
traendone anche un profitto
economico e, infine, come
consiglio personale aggiunse:
“Non laurearti mai in storia, è
inutile!”.
In soli cinque minuti di conversazione le mie certezze
erano state sconvolte, avevo
sempre pensato che il talento
e la determinazione portassero ovunque; nemmeno il più
spietato dei datori di lavoro a
parer mio sarebbe stato capace di ostacolarti la scalata.
Forse, però, vedevo tutto con
troppa fiducia, fiducia in me,
ma soprattutto in un sistema
che purtroppo spesso si rivela
non solo inadeguato, ma addirittura ingiusto.
Delle parole del mio professore, mi rimase particolarmente
impresso il termine “inutile”:
inutile studiare? Inutile impegnarsi? NO, Inutili i tuoi sogni!
Elaborai così e caddi presto in
un vortice di sconforto. Avevo, e forse ho, troppi interessi
inutili; ma lo sono davvero, se
ti fanno sentire felice?
Credo di non sapere quale sia
il fine per cui viviamo, ma di
certo so di avere una vita,
dunque tanto vale godersela:
essere felici. Sono miliardi le
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cose che contribuiscono alla
felicità vitalizia e fra queste si
trovano i sogni. Ci sono sogni
che ti portano ingenuamente
a immaginare di poterti costruire una carriera, impegnandoti ogni giorno in qualcosa che veramente ti appaga. Il mio professore desiderava dedicarsi a tramandare
ciò che aveva reso lui felice e
che sicuramente avrebbe
affascinato molto altri giovani
studenti, ma per ora non gli è
stato possibile.
Nella fantastica periferia sud
di Milano, ho conosciuto molti ragazzi i cui genitori facevano lavori umili; purtroppo,
però, ad oggi si tende ad assimilare le persone che svolgono un lavoro umile a persone
senza dignità e non meritevoli
di averne una. Spesso le vicende della vita non spianano
la strada ai tuoi desideri e così
ti ritrovi a lavorare anche più
degli altri, che magari non si
affaticano nei cantieri o nelle
mense di McDonald’s lavando
piatti per otto ore, ma ricevono uno stipendio che è il triplo del tuo.
Sono giunta, dunque, a un
punto morto: se studio diciotto anni della mia vita, mi
laureo in qualcosa che mi
soddisfa, ma non necessariamente incluso nella “top ten”
dei lavori maggiormente richiesti, ho poche speranze di
perseguire i miei sogni. Se
non ho l’opportunità di studiare, ho zero speranze di
praticare un lavoro che sia ad
essi attinente. Ma se, invece,
mi accontento di rimanere nel
La Testata
gregge, di fare un lavoro diverso dalle mie aspettative e
che dunque rispetto ad esse
risulti mediocre, sarò abbastanza soddisfatto e avrò comunque una base economica
più dignitosa. In tale maniera
si saziano sufficientemente
sia l’avidità d’animo sia la
fetta di felicità vitalizia data
del perseguimento dei sogni
(aggiunti quanto basta).
Ho sentito spesso dire che la
soluzione sta nel mezzo, ma
mai dire che vi si trova anche
la felicità. Quindi se accettiamo che la vita sia bramosa di
essa soprattutto, il nostro animo non potrà mai essere appagato pienamente dalla mediocrità. Inoltre, da quanto
so, se si mira altissimo, almeno si arriva in alto, ma se già
si mira medio, spesso non si
può che sperare nella sufficienza.
L’ideale lavorativo del mondo
di oggi, sfortunatamente, è
stato sin troppo influenzato
dalla mediocrità e per coloro
che, sognatori, non si accontentano di essa, il quadro si
prospetta piuttosto desolante.
"Io non taccio"
Sofia Celenza IV H
"Sul bene comune (di cui non
v’importa nulla) Voi non siete
un’umanità ma una somma di
uomini. Pensate a voi, badate
a voi, v’accorgete che esistono "altri" solo qualche volta,
per caso, quando c’è da invidiarli o da disprezzarli. Altrimenti chi se ne frega degli
Attualità
altri: tutto è solo "io". I miei
fatti. I miei affetti. I miei soldi.
Siete gente arida. Senza calore. E se vi infiammate per una
questione all’apparenza «di
principio» non lo fate perché
ci credete, no, ma solo per
difendere quello stramaledetto orto che è il vostro interesse. (….) Il bene comune?
Ma che ve ne parlo a fare?
Non è una lingua vostra, questa. Per farmi capire dovrei
parlare forse di guadagni, di
interessi. Dovrei parlare di
tornaconto. Dell’acqua al vostro mulino. Allora saltereste
tutti sugli attenti, direste
«fammi sentire!». Come si
dice? Musica per le vostre
orecchie. Invece, guarda caso,
mi intestardisco, non mi stanco: parlo di bene comune,
parlo di cercare qualcosa che
valga per tutti, nessuno escluso, parlo di fare cose utili, di
non dividere ma unire, anche
se ci perderai qualcosa. Vi interessa? Ho capito: sto abbaiando. Ma sono fiero, non
mi vergogno, d’essere un cane. Il tiranno Orsù, state a
udire, voi uomini, per riconoscere i tiranni e guardarvi da
loro. E state a udire pur voi,
donne, per ricordarlo a’ vostri
mariti. E voi, fanciulli, per imparare che cos’è un tiranno e
fuggirlo dalla vostra città. Sappiate adunque, prima, che ‘l
tiranno è superbo per natura
e appetisce d’essere il solo e il
primo in tutto. Il primo, il primo, il primo… Ha da esser primo sempre e in ogni cosa. Se
corrono i cavalli al palio, farà
sempre qualche inganno per
far che i suoi siano i primi. Se
egli ha scienza o lettere, vuol
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sempre che la sua opinione
stia al di sopra; Se sa far versi,
vuol che vadano innanzi a
tutti gli altri e che siano cantati; Non ha amore se non a sé
proprio. E poiché il tiranno
per sua natura appetisce d’essere il primo, ogni volta che
vede uno che possa impedire
lo stato suo, cerca sempre di
spegnerlo, perché non gli dia
noia. Così trovagli qualche
cagione - minima: ch’egli arà
sputato in chiesa – per levarselo innanzi. Ah, Firenze!
Guardati dai tiranni! Vuol esser corteggiato, il tiranno.
Vuol che tu ti appresenti ogni
dì, e se tu nol fai, sei notato.
Tutti li uomini di cervello li
tiene bassi, ed esalta gli sciocchi dicendo «Costoro mi saranno fedeli perché io li mantenga dove non son degni di
stare». Ed esalta i ribaldi, gli
assassini: "Costoro senza me
sarieno impiccati, e io peggio
di loro: perciò loro manterranno me e io loro."
“Che sarà mai?” vi chiederete.
Rileggendo certe espressioni
arcaiche riportate nel testo,
dedurrei che non si tratta
affatto di una qualche critica
di un politico italiano, dato
che non abbiamo uomini così
acuti e perspicaci al governo.
Quindi da chi potrà mai essere stato scritto? Questo documento che avete appena letto
fa parte degli scritti del libro
proibito di una certa personalità che si chiamava Savonarola. Per chi non lo sapesse, era
un frate domenicano vissuto
intorno alla fine del 1400, che
venne scomunicato e manda-
La Testata
to al rogo per invettive contro
il degrado e la corruzione della chiesa Romana di quei tempi. E' davvero sorprendente
ma allo stesso tempo sconcertante il fatto che uno
scritto così antico possa essere ancora del tutto attuale, se
si pensa solamente alla politica del nostro paese: “Ha da
esser primo sempre e in ogni
cosa”, “farà sempre qualche
inganno per far che i suoi siano i primi”... tutto ciò non vi
ricorda qualcuno in particolare? Dato che la risposta è ovvia mi limito a non fare nomi.
Ebbene, dato che non vorrei
fare i soliti discorsi politici,
poiché ripetiamo ogni giorno
le stesse cose, vorrei parlare
dell'altro aspetto di questo
antico scritto: la chiesa. Pensiamo a una recente citazione
del “prete anarchico” Don
Gallo :«Esiste una soglia oltre
la quale anche il Vaticano dirà
“adesso basta davvero”? Il
Vaticano parla tanto di altruismo, sostegno, generosità,
ma alla fine quale posizione
prende davanti a ciò che accade nel mondo? Che cosa fa
per migliorare lo stato delle
cose?
Cito
il
Papa:
“sosterremo in tutti i modi i
più deboli”, “la chiesa è vicina
a chi soffre”, ...”AIUTA IL
PROSSIMO”.
Prosa
durante la messa in Cena Domini che Benedetto XVI celebrerà il Giovedì Santo”. In pratica il Vaticano raccoglie i soldi dei fedeli per mandarli in
capo al mondo per far fronte
alle urgenze della diocesi
Giapponese. Seppur vero che
il Vaticano sostiene ed aiuta
popolazioni in situazioni catastrofiche (ad esempio come
fatto con Haiti, per il quale
sono stati donati 1.200.000
euro), questa generosità non
è sempre così diffusa e incondizionata.
Un esempio illuminato, secondo me, viene nuovamente
da Don Gallo che, come un
attuale Savonarola, non tace
ed agisce. Lui si, aiuta i più
deboli: prostitute, drogati,
extracomunitari ed ogni tipo
di bisognoso ed emarginato.
Se ne infischia del potere e
non è accomodante. Esprime
le sue opinioni e fa qualcosa
concretamente senza calcoli
politici, compromessi o tornaconti. Tutti giorni. Verso tutti.
Lui fa. Lui ci parla e ci incita a
riflettere e ad agire senza il
bieco calcolo, senza se e senza ma!
Aiutare il prossimo? Talvolta
mi sorgono dei dubbi. Credete che il Vaticano faccia sempre le donazioni con criteri
equi e avveduti? Davanti alla
catastrofe giapponese la Santa Sede non ha cacciato un
euro, ma ha organizzato una
colletta “che verrà effettuata
6
Seduto in quel
caffè…
Ilaria Sieli V F
Espresso,
macchiato,
ristretto, in tazza grande, freddo con ghiaccio… il caffè è un
appuntamento talmente radicato nella quotidianità che
spesso dimentichiamo la lunga storia alle sue spalle, una
storia fatta di viaggi, leggende, diffidenza ed entusiasmo.
1414 – Arabia. Direttamente
dallo Yemen, la bevanda raggiunge le coste arabe colpendo il palato degli abitanti locali, che ne fanno largo consumo esaltandone le proprietà
corroboranti in contrasto con
quelle del vino, bandito dalla
religione islamica. Ottenuto il
soprannome di “vino dell’Islam”, il caffè, raggiunta dopo
pochi anni anche Costantinopoli, si appresta a fare il suo
ingresso in Europa.
1615 – Europa. Attraverso i
commerci della Repubblica di
Venezia, il caffè raggiunge
dapprima i Paesi affacciati sul
Mediterraneo (Italia, Francia
e Spagna), quindi quelli più a
Nord (in particolare Inghilterra, Germania, Austria e Svezia). In Italia il caffè è subito
moda: locali spuntano come
funghi diventando luoghi di
incontro culturale (ad esempio il famoso quotidiano illuminista “Il Caffè” trae il nome
proprio da questa realtà); Venezia assurge al ruolo di capitale italiana della nuova bevanda, ragazzi e ragazze si
scambiano vassoi colmi di
La Testata
cioccolato e caffè come timidi
pegni d’amore. I cattolici più
ferventi (e meno aperti alle
novità), diffidando del caffè
come “bevanda del diavolo”,
premono affinché Clemente
VIII ne vieti il consumo, tuttavia il Papa, affascinato dal gusto del caffè, finisce al contrario per santificarlo, legittimandone l’uso presso la maggioranza della popolazione.
Come il pontefice, anche il re
Luigi XIV rimane entusiasta
della nuova bevanda, introducendone la moda in Francia.
Ben altra la reazione dei viticoltori, che spargono la voce
secondo cui il caffè causi impotenza in seguito a un crollo
delle vendite del vino dovuto
al grande successo della bevanda tanto gradita al sovrano.
Lo stesso avviene in Germania, dove i birrai lamentano
un minor consumo del loro
prodotto, inducendo il governo a decretare il monopolio
statale della torrefazione.
Al contrario, in Inghilterra l’introduzione del caffè, poiché
segna una riduzione del fenomeno dell’alcolismo (assai
diffuso nella popolazione in
quegli anni), è festeggiata e
incoraggiata attraverso la
diffusione di veri e propri
opuscoli pubblicitari ante
litteram.
Scontente sono invece le donne, che arrivano a firmare una
petizione contro il caffè, a
quanto pare preferito dagli
uomini anche alla compagnia
delle mogli.
Un altro episodio curioso av-
Prosa
viene in Svezia, scissa fra sostenitori del tè e sostenitori
del caffè. Per risolvere la contesa, sfociata spesso in atti di
violenza, il re decide di somministrare quotidianamente a
due fratelli entrambi prigionieri rispettivamente una tazza di tè e una di caffè e vedere chi dei due morirà per primo. A dispetto del sovrano, i
due fratelli vivono molto a
lungo, tant’è che il primo
muore a ottantatre anni, il
secondo invece ultracentenario. Nei secoli seguenti il caffè
si diffonde in tutto il mondo,
la moka diviene parte integrante delle stoviglie di ogni
casa, il pulsante per il caffè è
presente su ogni distributore
automatico, vengono selezionate qualità pregiate e miscele raffinate per un caffè da
gustare in ogni occasione e a
tutte le latitudini.
Insomma, semplice come la
scoperta dell’acqua calda…
con l’aggiunta del solo, preziosissimo “chicco”.
Gente del tram
Sara Bonafede IV C
Il tram si differenzia dall'autobus principalmente perché
scivola lungo la città, come un
immenso fantasma arancione
che osserva le quotidiane vicissitudini, di via in piazza, di
persona in persona. Sono le
sette e trenta, largo anticipo,
ma ormai esco sempre prima
per poter prendere il tram ed
evitare la metro'. Alla fermata
mi siedo, c'è sempre posto,
qui, non corro i rischio di non
7
sentire lo sferragliare sulle rotaie. Salgo e mi trovo davanti un
individuo curvo sul suo portatile,
intento a scrivere chissà quale
lunghissima relazione. Strano.
Come può perdersi lo spettacolo
meraviglioso delle case che scorrono fuori dalle larghe finestre?
Chiunque prenda il tram è cosciente di ciò cui va incontro, infatti da gennaio ad oggi sul 16 i
passeggeri non sono cambiati, al
massimo se ne è aggiunto qualcuno. Cerco un posto dove sedermi, così mi dirigo verso il fondo, passando accanto all'immancabile coppia di amiche che
chiacchiera animatamente; arrivo agli ultimi sedili, dove una vera e propria mandria di maschi
risiede stravaccata, urlando e
ridendo per un motivo che mi
sfugge: il lato oscuro. Nessuno
parla sul tram, e chi lo fa sa di
essere ascoltato, perché i rumori
del traffico non penetrano nel
mezzo, è quindi facile sentire i
discorsi di persone anche distanti
da te. Così questa banda è sempre guardata con disprezzo dai
pochi anziani che si trovano a
quell'ora e da signore avvolte da
eleganti cappotti. Nessuno si fa
però scoraggiare, fino alle otto
meno un quarto gli studenti regnano sovrani. Mi è però capitato di prenderlo appena cinque
minuti dopo, ed allora la situazione è ben diversa: tante teste
bianche occupano i sedili, tutte
intente a far programmi per la
giornata, e se appare un giovane,
c'è sempre qualcuno che non
resiste alla tentazione di attaccar
bottone. Molti vecchietti mal nascondono la convinzione che la
loro generazione fosse ben più
educata e studiosa, ma tutti fanno comunque domande imbaraz-
La Testata
Prosa
zanti per noi disgraziati. A ra e preparandole ad affronnessuno dei due orari, però, tare il caos mattutino.
per quanto riguarda il mio
tragitto, ho mai visto bambini,
ad eccezione di quelli che
scendono al S.Carlo. Ci sarebbero pagine e pagine da scrivere sulla fermata di questa
scuola, ed il motivo è molto
semplice: nessuno rimane
indifferente. Una parte dei
passeggeri guarda gli scolaretti, ma anche gli studenti
più grandi, con disprezzo misto a pena, un'altra scruta con
aria di rimprovero i primi,
considerando stupido discriminare una scuola, alcuni osservano la situazione come a Elogio del centro, elogio della periferia
chiedersi cosa sia mai successo. Simile silenzioso contrasto Margherita Protti IV C
tra Tito Livio e Manzoni, in
del Comune, scuole, biblioteche
Lo ammetto: abito in periferia
continua lotta per dimostrare
(?), ospedali) sono tutti pre(apro parentesi chilometrica:
che "Quelli son tutti sfigati!"
fabbricati in cemento grigioa meno che non si consideri lo
"Ma loro son comunisti!" "E'
topo o fabbricati in cementostadio di San Siro come un
la scuola più triste del monarmato grigio-fuliggine.
“monumento importante”, e
do..."
come tale parte integrante
Esci di casa la mattina e ti ritrovi
Ma si è sul tram, e tutto si vedel centro storico di Milano.
in questa distesa di grigio e nebde con più calma, si forma
Convinzione del tutto discutibia e smog, punteggiata ogni
un'atmosfera quasi familiare
bile, ma che ha avuto succestanto di tram arancioni-ATM,
soprattutto perché si hanno il
so ultimamente tra le comiticestini della ‘munnezza verditempo e lo spazio per guarve di ricchi Giapponesi e TaiAMSA, alberi in fiore semidarsi negli occhi che mancano
wanesi e Coreani del sud arnascosti in quei rari giardini consugli altri mezzi pubblici; inmati di macchine fotografidominiali che sbucano timidafatti nessuno dice "Prendo il
che, mini-dizionari e occhiali
mente tra i palazzi (grigi) e
primo tram che passa" o
da sole altamente improbabigraffiti talmente squallidi da non
"Corri che perdiamo il tram!".
li).
meritare neanche l’appellativo
E' tutto fatto con estrema caldi graffiti (che invece riservo alle
E la odio, la periferia. È grigia,
ma.
Opere d’Arte colorate, enormi,
perché
la
primavera
ci
mette
Conoscendo ormai tutti i volti,
politicamente scorrette), sprasettimane ad arrivare e l’aumi sento un po' autorizzata a
yati su un muro da sconosciutitunno dopo una decina di
fissarli e, se parlo con qualcuconosciuti che magari vedi tutti i
giorni
leva
le
tende
e
lascia
il
no, lo faccio ad alta voce, i
giorni alla fermata del 16 o della
posto all’inverno padano, un
miei compagni di viaggio non
49 (apro parentesi: chi ha deciso
susseguirsi di giorni sempre
mi mettono in imbarazzo.
che il tram è maschio mentre
più
tristi,
sempre
più
freddi,
Per questo amo il tram, perl’autobus è femmina? A questo
sempre più corti, ma, soché mescola culture, parole,
punto, meglio un mezzo bisesprattutto, sempre più grigi;
occhiate, emozioni, vestiti,
suale che si adatti a tutti i gusti:
inoltre gli edifici pubblici (sedi
scuole, custodendole con cu8
La Testata
la metropolitana/il metrò/la
metro).
In periferia, o meglio, nella
mia zona (sto generalizzando,
perché, purtroppo, non sono
pratica dei famigerati luoghi
“dall’altra parte della città”,
che sono un po’ come il Far
West, un posto selvaggio da
cui fuggire, ma affascinante e
ricorrente nei discorsi), i ragazzi e le ragazze sono relativamente pochi/e, rispetto alla
massa informe di anziani pensionati, ex-operai, delle case
popolari e alle coppiette giovani con/senza figli piccoli, e
l’unico luogo di ritrovo universalmente accettato è L’Oratorio, con la “L” e la “O”
maiuscole, perché, anche laddove ve ne siano più di uno
per quartiere, tutti sanno qual
è l’oratorio cui ci si riferisce
quando si parla.
C’è però una lieve pecca negli
Oratori: per prima cosa, sono
angusti e grigi; c’è giusto lo
spazio per il campo da calcio
e da pallavolo, il bar con questi benedetti anziani che giocano a carte e le caramelle
gommose nei cassettoni di
plastica trasparente e la gradinata davanti alla chiesa; per
seconda cosa, c’è la chiesa.
E, ben lungi da voler irritare i
sensibili animi degli onesti
manzoniani cattolici, chiudo
qui l’argomento “Chiesa”,
perché confido nella vostra
intelligenza e spero che riflessioni in proposito ne abbiate
già fatte.
Ma è pur vero che, mentre
vengono continuamente
aperti nuovi Centri per Anzia-
Prosa
ni Soli, i pochi Centri Giovani
sono costretti a chiudere per
mancanza di fondi e coloro
che lavorano in zone “calde”
come il Giambellino, il Lorenteggio o Quarto Oggiaro, dove la criminalità è alta anche
tra i ragazzini delle medie,
smettono improvvisamente di
ricevere i finanziamenti, lasciando scoperte da qualsiasi
assistenza zone veramente
bisognose e in preda al degrado (sia urbanistico che sociale).
La periferia ha anche i suoi
lati positivi. Ah, se ne ha, di
lati positivi. Per esempio, in
periferia ogni cambiamento
sociale si vive davvero, non se
ne sente solo parlare dai giornali e dalle tv. Ora vorrei chiedere a coloro i quali abitano –
diciamo – tra la fermata della
rossa di De Angeli e quella di
Pasteur (non consideratela
troppo valida, come suddivisione) quante sono le famiglie
straniere che incontrano regolarmente nel tragitto casascuola e scuola-casa, perché
andando a scuola in centro ho
notato una cosa: tutti gli immigrati che si aggirano in centro sono “sfasciati”,
“disgraziati”, “disastrati”, sono senza tetto e forse senza
lavoro, sono ubriachi dalla
mattina alla sera, si spostano
portando tutti i propri averi in
sacchetti di plastica, vendono
oggettini improbabili e braccialetti della fortuna (fortuna?
Loro o nostra?). E qui io mi
chiedo che idea ci si possa
fare dei poveracci che vengono in Italia alla ricerca di una
9
nuova vita, di una casa, di un
lavoro, di una famiglia e di un
posto stabile e sicuro dove
abitare, sfuggendo alla povertà e alla guerra.
Invece nella cara vecchia grigia periferia da qualche anno
a questa parte in giro per il
quartiere si incontra ogni sorta di gente che proviene da
ogni sorta di Paese del mondo, le nuove classi delle Elementari sono sempre più
multi-etniche e i possessori
anziani di case popolari, morendo (pace all’anima loro),
aprono la possibilità alle giovani coppie da poco giunte
nel nostro meraviglioso Paese
di comprare casa e stabilirsi a
Milano, rendendo più facile la
ricerca di un lavoro, il formarsi di una famiglia e l’integrazione con la popolazione indigena (?).
Un altro aspetto positivo della
periferia è che la vita (e con
“vita” intendo l’insieme di
oggetti e cibo che posso comprare con la mia misera paghetta) costa decisamente
meno, infatti nessuno ti propina, ad esempio, coni gelato
minuscoli a quattro euro, perché ognuno sa che in periferia
ci si conosce tutti e tua madre
potrebbe essere la prof di suo
figlio e tuo padre il Vigile in
servizio davanti a casa sua.
E poi, in periferia si vive meglio perché si è abituati a essere lontano da tutto: ogni
volta bisogna trovare permessi, passaggi in macchina, orari
degli autobus e del metrò,
così che anche solo per andare sui Navigli ci vuole una
settimana di organizzazione.
La Testata
Ma alla fine si diventa capaci
di mettere in piedi una vacanza di dieci giorni in Sardegna,
o un giro turistico ad Amsterdam, o un viaggio di studio a
Parigi, nella metà del tempo
di chi è abituato fin da bambino ad avere tutto a portata di
mano.
(Anche se mi lamento, la periferia di Milano, in fin dei conti, è decisamente meglio di
alcuni altri posti dove mi poteva capitare di nascere, come certe frazioni di frazioni di
Prosa
paesini nati in Lombardia dal
capriccio di qualche industriale del cemento, dove ci sono
solo un centinaio di villette
tutte uguali e un centro commerciale e una sede della Lega e tanta, ma tanta, ma davvero troppa nebbia)
Nota dell’autrice: mi hanno
detto alcuni che è solo un elogio della periferia. Leggete tra
le righe. Mi fido di voi ;-)
Ultime dal Manzoni:
Commissione Cultura
In questa breve colonna volevamo informare i Manzoniani
della creazione della Commissione Cultura, formata da sei
studenti e capitanata dalla
professoressa Gastaldi, che, in
collaborazione con la prestigiosa Fondazione Corriere
della Sera, a partire dall'anno
prossimo curerà una serie di
esplosivi incontri culturali al
Manzoni. Mi raccomando,
tenete d'occhio la cosa!
Quel genio incompreso che, in realtà, è l’ipocrita.
Ma quelli che NOI bolliamo come “ipocriti”? Tutti idioti.
Mattia Giordano V D
Non mi sono mai piaciuti gli
onesti duri e puri, quelle persone gonfie di parole e sguardi che hanno fatto dell’essere
sinceri un mezzo, un ideale,
un qualcosa di diverso dal
moto dell’animo puro. Il peggio è che, essendo l’onestà
diventata una dottrina, una
legge morale, viene inculcata
come tale a noi poveri esseri
umani liberamente peccatori.
Nasce così la più grande categoria
di
ingannatori
(ingannano infatti se stessi) a
questo mondo, una folla di
stoici che si dispera quando
deve scegliere tra l’onestà e
la sofferenza che ne può conseguire. Ombrosi, noiosi, tanto noiosi! Non ci lasciano danzare, sedurre, giocare; in
qualche modo non ci lasciano
vivere da uomini schifosi quali
siamo. Non guardano il decadimento del mondo da un
punto di vista anche capriccioso, in cui è piacevole rifugiarsi nelle cose belle, nel realizzare se stessi, nel soddisfare i sensi e le voglie; essendo
cose che non decadranno
mai. Devono farci vivere sempre nel puro realismo, togliendoci quella patina che
secondo loro ci offusca la vista su noi stessi e sulla
“realtà”, senza capire che il
“puro realismo” è indispensabile solo quando si parla di
collettività, società, problemi
globali, per esortare all’impegno sociale, ma non quando
prevede la sfera più strettamente individuale. Ecco che
qui voglio intervenire con la
mia spada d’inchiostro a favore di quel genio incompreso,
quel seducente ingannatore
che è l’ipocrita. Bisogna comprendere che nei rapporti sociali è indispensabile mostra10
re un sorriso, dire parole non
sincere, per mantenere gli
equilibri e soprattutto per
“mantenersi in equilibrio” sul
filo del mondo. Il problema è
che l’ipocrita prende un impegno solenne, difficile, indistinto con se stesso e con il teatro della vita (e per questo lo
metto in guardia). Egli copre
ciò che prova dentro, e deve
rimanere se stesso pur interpretando un suo alter-ego,
restare pronto, vigile, non fare passi falsi, non spezzare il
sogno. Ecco, vorrei proprio
presentarvi l’ipocrita come un
dispensatore di sogni, di sorrisi, di felicità. Il punto è che
basta una distrazione, una
paura, una mancanza di fermezza, che egli si scopre, si
mostra, si tradisce, viola il
patto, diventa un reietto della
società bollato per sempre
“truffatore e imbroglione”,
La Testata
“falso ed ipocrita”. Eppure
occulta per voi e per se stesso
i suoi tormenti interiori, affinché né voi né lui possiate sentirne il peso. Quindi il vero
ipocrita è un genio incompreso, poiché ogni sorriso, ogni
parola d’amore e felice può
essere falsa (fino a prova contraria) e noi esseri umani normali, ma arroganti, non potremo mai, a meno che l’ipocrita
non si tradisca, percepire la
differenza tra una sua verità e
una sua menzogna. Se l’ipocrita finge bene, se ha esaminato abbastanza se stesso da
poter creare un personaggio e
stringere il patto, se sa rimanere vigile, nessuno potrà mai
scoprirlo, quindi nessuno penserà mai che si comporta da
ipocrita. Poiché la verità è solo quella che viene spacciata
per verità e il vero falso (che
ossimoro!) è colui di cui non
si ha il minimo sospetto che
dica falsità. In breve, ognuno,
ogni amico, ogni amore, può
essere falso, finto, ipocrita.
Ma ci poniamo il problema?
No, perché siamo felici. Di
conseguenza, quelli che noi
bolliamo come “ipocriti",
"falsi”,
Prosa
“imbroglioni”,”seduttori”,”ing
annatori” non sono altro che
persone che non hanno capito perfettamente se stessi,
che non hanno compreso la
grandezza di ciò che nascondevano e la difficoltà del ruolo che interpretavano, insomma, degli stolti, degli stupidi,
dei disattenti, che scoprono le
loro carte e che verranno
sempre puniti dalla società;
che ci negano la felicità da
loro creata. Ma non cadiamo
poi nel luogo comune “le cose
vanno sempre dette in faccia”, poiché il pettegolezzo è
troppo affascinante e capriccioso e l’emozione repressa o
nascosta rompe sempre gli
equilibri sociali e personali
che si vogliono mantenere
con un po’ di ipocrisia. In realtà il nostro (il vostro) disprezzo verso la falsità non è altro
che la paura che si possa
spezzare il sogno, la felicità,
l’equilibrio in cui si vive, che
possano emergere verità scomode e nascoste, che ci si
renda conto di essere stati
ingannati, presi in giro da un
ipocrita. Eppure, come ho già
detto, basta un sorriso, una
parola (sincera o non sincera)
a rendere felice un uomo. La
felicità è un’illusione e con
un’illusione la si può facilmente offrire al prossimo. E’
così sbagliato vivere in un sogno? L’ipocrita ci dà una
“realtà”, ci dà vita, ci dà equilibrio, e se è bravo, se non si
fa a scoprire, ci rende stabile
la felicità che tuttora abbiamo
e che da lui è stata creata. Il
problema è che l’ipocrisia,
tanto quanto l’onestà, diventa un costume, un’ usanza, di
cui si abusa e ci si serve per
fregare gente più debole. Così
facendo, però, si perde completamente la raffinatezza di
essa, la si sporca con i fini
umani. Io invece ve la mostro
come comportamento, come
modo per offrire sogni, sorrisi, e per questo come qualcosa di difficile, sacro, non
adatto a coloro che non si sono analizzati e capiti a fondo.
Tutti mentono, ma non tutti
sono ipocriti; non è cosa da
tutti. Non disprezzate così duramente la falsità e l’ipocrisia,
poiché i sogni, le illusioni, sono le uniche cose che non decadranno mai. Amen.
Le Avventure di Luciano, Gran Finale
Federico Moretti III B
Avvertenza ai lettori: niente di ciò che state leggendo è vero o sensato, perciò spegnete i cervelli e rilassatevi
Minosse: Rieccole la sua tessera. Dopo aver esaminato il
suo passato, ho deciso di assegnarla alla sezione dei lussuriosi.
X: Ma quindi si cucca?
Minosse: Veramente, no. Si é
sballottati da un vento tempestoso in eterno.
X: Ah, la famosa movida.
Niente poppe?
Minosse: Solo grandine e bu11
fera.
X: Ma cribbio! Tanto valeva
andarsene in prigione. ( se ne
va)
Minosse: Il prossimo
Osama: Assalamu alaykum.
La Testata
Minosse: Favorisca la sua tessera; ( vedendo che chi gli sta
davanti proviene dal Medio
Oriente controlla che ci sia la
pistola nel sottobanco della
scrivania.) Dunque, qui sembra tutto in regola signor…
Obama? Lei é Obama! Ho così' tanto sentito parlare di lei.
Yes we can: i miei figli vanno
matti per lei Oh mio Ade! Lei
qui? Com'é successo?
Osama: Un colpo alla testa,
ma io…
Minosse: Neo-nazisti bastardi! Devono essere stati loro,
dicevano continuamente che
lo avrebbero fatto ma non
immaginavo potessero trovarne il coraggio. Ma il mondo
come ha reagito?
Osama: Beh, un po' di sdegno…é pur sempre la morte di
un uomo. Però credo che lei
abbia sbagliato pers…
Minosse: Un po' di sdegno!
Dovrebbero sollevarsi le masse! Il mondo é fatto da ignavi.
Lei, comunque, che tanto bene ha fatto in vita, qui merita
solo il meglio: cerimonia funebre con orchestra, un quarto
d'ora di silenzio, parata militare… Organizzeremo qualcosa di grandioso per lei. Perché
lei lo merita! Intanto può' accomodarsi nella Stanza 1, un
po' la nostra suite imperiale.
Osama: Ma io…
Minosse: No, non mi deve
ringraziare. Sono io che devo
ringraziarla; tutto il mondo
dovrebbe. Vada.
Osama: Per Allah, che malinteso. ( se ne va)
Minosse: Ha detto per Allah?
Ma allora era vera la diceria
che fosse musulmano!
( Si mette al lavoro fi-
Dialoghi
schiettando l'inno statunitense
Entrano Winston Churchill sguardo deciso, sigaro in bocca- e Cleopatra - look da segretaria e camminata ancheggiante-)
Minosse: E voi chi sareste?
Churchill: ( mostrando il distintivo) Winston Churchill,
Ufficio Centrale degli Inferi.
Lei é Cleopatra, la mia segretaria.
Cleo: Enchanté.
Churchill: Bando alle ciance!
Siamo venuti qui per riparare
ad un terribile malinteso prima che esso possa avere conseguenze gravissime.
Minosse: Ma di che cosa sta
parlando?
Churchill: Ma lei ha per caso
già fatto il check-in ad un uomo di chiara fede musulmana, con il turbante, la barba
nera lunga….?
Minosse: Sta parlando di Mr.
Obama?
Churchill: Ecco, vede…
Purtroppo, a causa di un piccolo errore, costui che lei credeva fosse Obama in realtà
é…ehm…
Cleo: Osama. Osama Bin Laden.
Minosse: Porco Ade! E io che
gli ho fatto tutte quelle cerimonie! Che malinteso, che
malinteso! Avrei dovuto riconoscerlo, ma le anime sono
così sfocate ed indefinite e…e
il suo tesserino, sono certo
che sul suo tesserino vi fosse
scritto Obama!
Churchill: Un errore di battitura di quell'oca della mia segretaria.
Cleo: Se mi é concesso parlare vorrei dire in mia difesa
12
che il signor Churchill si esprime bofonchiando, e il sigaro
perennemente in bocca certo
non aiuta.
Churchill: Bah, se tu passassi
meno tempo a farti la manicure e ti esercitassi con i nuovi modelli Olivetti che ci sono
arrivati…
Cleo: Winston, lei é un terribile misogino: se io fossi sua
moglie le metterei l'arsenico
nel caffè!
Churchill: Cleo, se tu fossi mia
moglie…io lo berrei.
Minosse: Ma ora che si fa? Ho
già fatto il check-in! Bisognerebbe annullare tutto ma non
l'ho mai fatto, anzi, non credo
neanche che si possa fare.
Bisogna avvisare Ade…
Churchill: No! Volevo dire…
perché scomodare il principale? Avrà altro a cui pensare
( La scena si sposta nell'Ufficio
di Ade, che in giacca e cravatta sta giocando a minigolf
mentre parla all'auricolare.)
Ade: E poi io e Poseido' ci siamo portati le due sirene nella
sua jacuzzi e ce le siamo rigirati tuuuutta la notte. Non hai
idea vecchio mio, roba che se
Proserpina lo venisse a sapere… Sai dovresti proprio venire una sera con noi. Eh lo so!
Si ma anche tu, che ti metti a
fare figli con le prime che ti
capitano. La terra oramai é
popolata dai tuoi figli illegittimi. Cosa ti aveva sempre
detto il tuo fratellino? Usa le
giuste precauzioni! Si…si… ho
capito, ma non puoi mica arrabbiarti con Era! Dopotutto é
La Testata
anche colpa tua se é diventata così. Le mogli bisogna viziarle…Aspe’ un attimo che ho
una chiamata di lavoro. Resta
in linea… Si, qui Ade? Cosa?!
Arrivo subito, risolvo tutto io.
Voi non fate niente. Aspettatemi in linea. Ci penso io…
Rieccomi. Scusa devo scappare… Si, questo dannato lavoro
mi manderà all'inferno un
giorno all'altro. Comunque se
vuoi una di queste sere proseguiamo il discorso davanti ad
una birretta, face to face. Si,
una berretta innocente. Promesso. Dai, devo scappare. TI
chiamo io. Un abbraccio, fratellone… Ma che significa una
fuoriuscita di anime nel mondo dei vivi? Chi ha permesso
tutto questo? Qualcuno ne
pagherà le conseguenze. Cristo santo, non mi posso nemmeno rilassare un attimo parlando con mio fratello che
subito combinate un casino.
No, niente scuse. Si, arrivo
subito. Voi non fate niente.
( Chiude la conversazione,
sbuffa scocciato e si teletrasporta al Manzoni.
Si trova nel cortile, nel mezzo
di una partita di calcetto che
vede la selezione dei Manzoniani contro quella dei Morti
Viventi. I Manzoniani sono in
vantaggio due a uno per una
doppietta di Murié. I cori delle tifoserie inizialmente sembrano disorientare Ade, che
Dialoghi
viene addirittura colpito da un
gavettone e da proiettili di
farina. Dopo l'iniziale sgomento, il Signore e Amministratore Delegato degli Inferi si riprende e con uno schiocco
delle dita immobilizza tutti,
giocatori e tifosi.)
Ade: Ecco, l'ennesimo completo rovinato. Dannati teppisti… Quando trovo chi é il responsabile di tutto ciò' giuro
che lo spedisco nel Tartaro!
( Si concentra profondamente
ed in un istante infinitesimale
ripercorre tutto la vicenda,
dall'inizio)
Quindi é stata tutta colpa di
Luciano! E di Leonardo! E di…
Come é che si chiama quel
mortale? ( Si riconcentra un
istante) Federico Moretti!
( Con uno schiocco delle dita
fa scomparire tutti gli " esterni" dal Manzoni e rispedisce
tutti i Manzoniani in classe,
esclusi Leonardo e Luciano,
che immediatamente dopo
riprendono a muoversi)
Leonardo: Cos'é successo?
Luciano: Non lo so, sento
tutto lo stomaco che gira. Mi
é sembrato di rivivere tutto…
Leonardo: A chi lo dici! Ora
ricordo dove ho lasciato le
chiavi di casa!
Ade: Ehm ehm
Leonardo: Per Ade, ma tu
sei…Ade!
Ade: In persona. Voi due ,i
dovete delle spiegazioni ed
13
un completo nuovo.
Luciano: Ma scusi, avendo
ripercorso la nostra vicenda
non dovrebbe esserle già
tutto chiaro?
Ade: ( dopo un attimo di esitazione) : E c'hai anche ragione! Allora non vedo il motivo
di farvi rimanere qui più a lungo. Preparatevi a tornare
nell'Ade.
Luciano: Signor Ade, vi chiedo
gentilmente di lasciarmi parlare con Federico Moretti prima di andare, o tutto sarà stato vano. Le fatiche, gli inganni, i disastri, i nonsense, le
citazioni idiote…tutto sarà
stato vano.
Ade: Eh va bene, ma solo dieci minuti. Tu invece, " vieni via
con me".
Leonardo: ( svanendo lentamente): Addio, Luciano! Grazie di avermi fatto vivere la
più grande avventura della
mia vita. Ho passato i miei
anni nello studio matto e disperato, a seguire problemi di
scienza e tecnica invece che a
vivere. Quando sono morto
ho capito il mio errore, ma
ormai era troppo tardi per
rimediare e mi ero rassegnato
a vivere nel rimpianto. Tu,
anche se per breve tempo, mi
hai ridato una seconda possibilità. Ho potuto vedere cose
che da umano non avevo potuto neanche immaginare…
Ade: Ti conviene sbrigarti, tra
La Testata
pochi secondi sarai svanito
del tutto.
Leonardo: Grazie, Luciano.
Grazie, e addio. ( Svanisce).
Ade: Bene, e uno é sistemato.
Ricordati : dopo dieci minuti
toccherà la stessa fine anche
a te. (Svanisce)
Luciano: E ora, Federico Moretti, a noi du…ma dove sono
finiti tutti ( si rende conto di
essere da solo nel cortile. Si
guarda intorno spaesato, ad
un certo punto vede qualcuno
sbucare dalla parte opposta.
Gli corre incontro)
Luciano: Sei tu, Federico Moretti?
Moretti: Si, sono io.
Luciano: Fammi capire : sei
sia personaggio sia autore?
Moretti: Per l'occasione si.
Luciano: Quindi tu non solo
pronunci le tue battute, ma
contemporaneamente idei e
scrivi quelle di entrambi.
Moretti: E' per questo che
spesso ci sono incongruenze o
errori di battitura che il correttore di bozze prontamente
corregge.
Luciano: Federico, perché hai
deciso di scrivere questi dialoghi? Non hanno una trama,
un filo logico e neppure una
conclusione. Perché?
Moretti: Perché all'inizio mi
andava, perché mi sembrava
che troppe cose scritte sul
giornalino avessero una trama, un filo logico e una con-
Dialoghi
clusione, perché volevo un
po' di nonsense in questa vita
dove si cerca un senso a
tutto. Perché volevo divertirmi e, nel frattempo, provare a
far divertire anche un po' gli
altri.
Luciano: Ma perché coinvolgere me?
Moretti: Ho scelto te per una
vecchia storia tra me e un
vecchio direttore misantropo
di cui nessuno sembra quasi
ricordarsi più, e poi tutto
sommato, dato che mi ero
abbastanza affezionato sia a
te che a lui, ho deciso di ritirarti in mezzo.
Luciano: Ma perché tutto il
Manzoni?
Moretti: Perché il Manzoni?
Perché in questi cinque anni
ha significato molto per me.
Non voglio esagerare dicendo
che la mia vita sia ruotata intorno ad esso, ma in questi
cinque anni ho finalmente
capito perché i gli exmanzoniani quarantenni ingrigiti sembrano perdersi nei
loro ricordi appena il nome
del loro vecchio liceo viene
nominato da uno studente di
terza media, o perché insistano sempre a mandarci i loro
figli, quando magari questi
preferirebbero fare l'artistico
o semplicemente dormire
sotto i ponti. Il Manzoni non é
un grande famiglia: sarebbe
banale e riduttivo definirlo
così'. Il Manzoni e come il
tempo : sai cos'é, ma non
14
puoi definirlo se ti viene chiesto di farlo.
Luciano: Nessuno ti ha chiesto
di farlo.
Moretti: Il Manzoni che ho trovato cinque anni fa era molto
diverso dal Manzoni che sto
lasciando. O probabilmente
sono io che lo vedo con occhi
diversi.
Luciano: Lo sapevo, sei solo
uno stupido sentimentale.
Moretti: Forse hai ragione. Si
finisce per essere sentimentali
all'alba di un grande addio. Oppure alcolisti. O anche entrambi. In effetti ultimamente tendo a…Ehi, ma tu stai svanendo!
Luciano: ( sempre più evanescente) No, no, no! Non così'
presto! Devo chiederti ancora
un sacco di cose importanti! A,
maledetti i tuoi discorsi pseudo
-lacrimevoli, mi hai fatto perdere i miei dieci minuti…No,
Ade, ti prego, ancora un po'…
Ehi ma, aspetta un attimo. Non
é Ade che mi sta facendo svanire…Se tu! Sei tu l'autore!
Moretti: Arrivederci, Luciano.
Luciano: ( Quasi ridotto ad
un'ombra) Co…come arrivederci? Perché non addio? Mi stai
dicendo che potremmo rivederci? Giurami che non lo farai! GIURAMI CHE NON LO FARAI!
Moretti: Può darsi, Luciano.
Chi lo sa…del domani non c'é
certezza.
FINE
La Testata
Foto
15
Questionario Finale
La Redazione
Cos'è la Testata?
L'iniziativa manzoniana che ti è piaciuta di più
1) Passatempo per le ore di greco
1) Lo Sconcerto in cortile
2) L'unica e sola voce manzoniana
2) Il Garantisce Ale
3) Non lo so, non l'ho mai letta
3) La serata dell'autogestione
4) Manganello occasionale
4) Lo spettacolo del gruppo teatrale
5) Carta per origami con qualche sporadico
bell'articolo
5) I tornei sportivi
Cosa ne pensi della Redazione?
6) La prova di evacuazione a sorpresa
Cosa vorresti fare per migliorare il Manzoni?
1) Troppe quartine
2) Troppi sfigati
3) Potentissima lobby
4) Magari individualmente sono simpatici, ma
scrivono sul giornalino, quindi sono degli sfigati
5) La brutta copia della Compagnia dell'Anello
L'icona manzoniana
Hai consigli o insulti?
Rispondere, Staccare ed Imbucare!
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Un lavoro: tra sogno, realtà e felicità