La Testata Editoriale Addio, addio, amici addio. Diego Begnozzi III C Come sempre ci sono moltissime cose da dire e pochissima capacità di renderle sulla carta. Grazie, è stata una figata. Copertina di Chiara Pozzoli IV C Foto a pagina 15 di Eugenio Cannovale I B Correzione Bozze di Ilaria Sieli V F SOMMARIO CONTATTI 02 Editoriale 12 Dialoghi Mailing list della redazione [email protected] 03 Pausa Caffè 15 Foto Sito web blog.liceomanzoni.net 04 Attualità 16 Questionario Finale 06 Prosa 2 La Testata Pausa Caffè Eugenio Cannovale I B Il mese di maggio si dissolve alle nostre spalle come una densa nube carica di nervosismo e infernali mattinate trascorse sulle roventi seggiole, arse da questo inusuale caldo primaverile, cercando di resistere valorosamente, stoicamente, alla vista di quell’orologio che si allarga, sempre più rumoroso nel suo ticchettio, scuro contro la parete bianca, sopra la lavagna. Non stiamo parlando di Sing-Sing, non siamo detenuti ad Alcatraz né rinchiusi nella Muda: molto peggio. Siamo studenti manzoniani alla fine dell’anno scolastico. Le finali di pallavolo hanno umidamente – sia per la pioggia, sia per il copioso sudore impregnato nelle colorate uniformi – visto la vittoria dell’inflessibile ginnasio B e del granitico liceo A, trionfante per il terzo anno di seguito: la partita, giocata contro un caparbio corso C, che ha saputo difendersi fino all’ultimo, ha infine insignito i pallavolisti in rosso della coppa dorata. Le finali dei tornei di calcetto e pallacanestro dovranno attendere l’ultimo giorno di scuola per assegnare la vittoria a una squadra meritevole. In realtà, tentando di ammorbidire queste angoscianti settimane, l’ultimo mese è stato, come al solito, ricco di avvenimenti e iniziative che hanno coinvolto gran parte della componente studentesca: il gruppo di teatro ha portato in scena, dopo ben due anni di intenso lavoro, la commedia di Aristofane Gli Uccelli, che ha ricevuto contrastanti giudizi da parte del pubblico lì presente, ma che nel complesso è stata apprezzata. Alla fine del mese, parte del gruppo vecchio – i veterani degli Uccelli –, unito alle nuove leve raccolte quest’anno tra le classi quarte e quinte, ha presentato la pièce teatrale Spoon River, liberamente ispirata all’omonima antologia di poesie dell’americano Edgar Lee Masters. Lunedì 30 maggio si sono svolte le cerimonie di premiazione dei partecipanti ai certamina di latino e al concorso di scrittura creativa Prosaviva. Il concorso di latino ha premiato due antiche eccellenze del corso B e del corso E (lascio a voi scoprire chi siano), e, insieme a loro, due nuovi filologi appartenenti al liceo C e al ginnasio A (qualificandosi, in base alle graduatorie formulate dagli organizzatori del Piccolo Certamen Taciteum, sedicesimi in tutta Italia). I più calorosi complimenti a questi salvatori di dighe culturali! Il concorso Prosaviva, giudicato da una editor di narrativa straniera e dal docente di letteratura italiana dell’università degli studi di Milano, ha riconosciuto il secondo posto della vittoria a uno studente del liceo B, che 3 ha presentato un dialogo sul dissidio generazionale riguardo ai social networks, e il primo posto, a pari merito, a due ragazze del liceo D e C, le quali hanno offerto, rispettivamente, il punto di vista di Elena di Troia e della mente, osservata nell sua interiorità psicologica, il tutto sulla base di un incipit uguale per entrambe. Congratulazioni anche a loro! Sperando che proprio quella sera non diluvi, come invece sembra tipico negli ultimi sei giorni, martedì 7 giugno si terrà lo Sconcerto, con una mirabolante novità: si svolgerà in cortile, all’aperto, a disposizione di tutti i manzoniani! Insieme a questo, alla quinta ora di mercoledì 8 giugno, il gruppo corale del liceo, composto da genitori, insegnanti e studenti, presenterà un saggio, come sunto di un intenso anno di lavoro. Si consiglia la partecipazione a entrambe le iniziative! A questo punto, non resta che sperare in un ritorno di quello spirito manzoniano, tanto vantato all’inizio di quest’anno, ma che ormai sembra essersi criticamente assopito di fronte all’affermazione personale, ai vantaggi e al vanto. E’ un Manzoni, quello che ritornerà l’anno prossimo, profondamente cambiato rispetto agli anni precedenti. Si spera soltanto non in peggio. In ogni caso, le conseguenze si verificheranno nei mesi a venire. Buone vacanze a tutti! La Testata Attualità Un lavoro: tra sogno, realtà e felicità Federica Messaggeri IV C Oggi in molti licei e scuole superiori esiste una materia denominata “geo-storia” che, nel mio caso, occupa, su ventisette, tre ore settimanali di lezione: due di esse sono di storia e la rimanente è di geografia. Un giorno, forse d’inizio scuola, quel groviglio contorto di pensieri che è la mia mente, ricordando la parola geo-storia, mi ricondusse alla realtà che, fino a pochi mesi prima, mi aveva coinvolto: le medie. Non voglio avventurarmi in quello strano mondo tra l’infanzia e l’adolescenza, ma semplicemente rievocare l’immagine di un mio ex professore, che lavorava nella mia scuola come insegnante di sostegno. Egli un giorno dovette sostituire la mia professoressa durante un’ora di storia, nella quale affrontammo l’argomento del logorante conflitto di trincea chiamato “Prima Guerra Mondiale”. Le guerre non mi avevano mai affascinato, la storia può e sa trattare argomenti ben più interessanti, ma quel giorno rimasi un’intera ora ad ascoltarlo parlare; scoprii che quell’uomo, dal quale raramente avevo udito parole, possedeva una straordinaria abilità oratoria, capace di coinvolgere con la più affabile e adeguata, ma comunque comprensibile, scelta di termini, persino una classe di norma caotica e indifferente alle chiacchiere di un professore. Solo a fine lezione venni a sapere che il suo particolare modo di spiegare era dovuto alla sua straordinaria passio- ne per la storia, che l’aveva spinto, anni prima, a laurearsi a riguardo. Rimasi stupita e ingenuamente mi affrettai a chiedergli perché, allora, fosse relegato in una media di periferia ad aiutare ragazzi con difficoltà; lui, con sguardo deluso, rispose che era quello il mondo del lavoro, non sempre, o meglio, quasi mai si riesce a perseguire un sogno, traendone anche un profitto economico e, infine, come consiglio personale aggiunse: “Non laurearti mai in storia, è inutile!”. In soli cinque minuti di conversazione le mie certezze erano state sconvolte, avevo sempre pensato che il talento e la determinazione portassero ovunque; nemmeno il più spietato dei datori di lavoro a parer mio sarebbe stato capace di ostacolarti la scalata. Forse, però, vedevo tutto con troppa fiducia, fiducia in me, ma soprattutto in un sistema che purtroppo spesso si rivela non solo inadeguato, ma addirittura ingiusto. Delle parole del mio professore, mi rimase particolarmente impresso il termine “inutile”: inutile studiare? Inutile impegnarsi? NO, Inutili i tuoi sogni! Elaborai così e caddi presto in un vortice di sconforto. Avevo, e forse ho, troppi interessi inutili; ma lo sono davvero, se ti fanno sentire felice? Credo di non sapere quale sia il fine per cui viviamo, ma di certo so di avere una vita, dunque tanto vale godersela: essere felici. Sono miliardi le 4 cose che contribuiscono alla felicità vitalizia e fra queste si trovano i sogni. Ci sono sogni che ti portano ingenuamente a immaginare di poterti costruire una carriera, impegnandoti ogni giorno in qualcosa che veramente ti appaga. Il mio professore desiderava dedicarsi a tramandare ciò che aveva reso lui felice e che sicuramente avrebbe affascinato molto altri giovani studenti, ma per ora non gli è stato possibile. Nella fantastica periferia sud di Milano, ho conosciuto molti ragazzi i cui genitori facevano lavori umili; purtroppo, però, ad oggi si tende ad assimilare le persone che svolgono un lavoro umile a persone senza dignità e non meritevoli di averne una. Spesso le vicende della vita non spianano la strada ai tuoi desideri e così ti ritrovi a lavorare anche più degli altri, che magari non si affaticano nei cantieri o nelle mense di McDonald’s lavando piatti per otto ore, ma ricevono uno stipendio che è il triplo del tuo. Sono giunta, dunque, a un punto morto: se studio diciotto anni della mia vita, mi laureo in qualcosa che mi soddisfa, ma non necessariamente incluso nella “top ten” dei lavori maggiormente richiesti, ho poche speranze di perseguire i miei sogni. Se non ho l’opportunità di studiare, ho zero speranze di praticare un lavoro che sia ad essi attinente. Ma se, invece, mi accontento di rimanere nel La Testata gregge, di fare un lavoro diverso dalle mie aspettative e che dunque rispetto ad esse risulti mediocre, sarò abbastanza soddisfatto e avrò comunque una base economica più dignitosa. In tale maniera si saziano sufficientemente sia l’avidità d’animo sia la fetta di felicità vitalizia data del perseguimento dei sogni (aggiunti quanto basta). Ho sentito spesso dire che la soluzione sta nel mezzo, ma mai dire che vi si trova anche la felicità. Quindi se accettiamo che la vita sia bramosa di essa soprattutto, il nostro animo non potrà mai essere appagato pienamente dalla mediocrità. Inoltre, da quanto so, se si mira altissimo, almeno si arriva in alto, ma se già si mira medio, spesso non si può che sperare nella sufficienza. L’ideale lavorativo del mondo di oggi, sfortunatamente, è stato sin troppo influenzato dalla mediocrità e per coloro che, sognatori, non si accontentano di essa, il quadro si prospetta piuttosto desolante. "Io non taccio" Sofia Celenza IV H "Sul bene comune (di cui non v’importa nulla) Voi non siete un’umanità ma una somma di uomini. Pensate a voi, badate a voi, v’accorgete che esistono "altri" solo qualche volta, per caso, quando c’è da invidiarli o da disprezzarli. Altrimenti chi se ne frega degli Attualità altri: tutto è solo "io". I miei fatti. I miei affetti. I miei soldi. Siete gente arida. Senza calore. E se vi infiammate per una questione all’apparenza «di principio» non lo fate perché ci credete, no, ma solo per difendere quello stramaledetto orto che è il vostro interesse. (….) Il bene comune? Ma che ve ne parlo a fare? Non è una lingua vostra, questa. Per farmi capire dovrei parlare forse di guadagni, di interessi. Dovrei parlare di tornaconto. Dell’acqua al vostro mulino. Allora saltereste tutti sugli attenti, direste «fammi sentire!». Come si dice? Musica per le vostre orecchie. Invece, guarda caso, mi intestardisco, non mi stanco: parlo di bene comune, parlo di cercare qualcosa che valga per tutti, nessuno escluso, parlo di fare cose utili, di non dividere ma unire, anche se ci perderai qualcosa. Vi interessa? Ho capito: sto abbaiando. Ma sono fiero, non mi vergogno, d’essere un cane. Il tiranno Orsù, state a udire, voi uomini, per riconoscere i tiranni e guardarvi da loro. E state a udire pur voi, donne, per ricordarlo a’ vostri mariti. E voi, fanciulli, per imparare che cos’è un tiranno e fuggirlo dalla vostra città. Sappiate adunque, prima, che ‘l tiranno è superbo per natura e appetisce d’essere il solo e il primo in tutto. Il primo, il primo, il primo… Ha da esser primo sempre e in ogni cosa. Se corrono i cavalli al palio, farà sempre qualche inganno per far che i suoi siano i primi. Se egli ha scienza o lettere, vuol 5 sempre che la sua opinione stia al di sopra; Se sa far versi, vuol che vadano innanzi a tutti gli altri e che siano cantati; Non ha amore se non a sé proprio. E poiché il tiranno per sua natura appetisce d’essere il primo, ogni volta che vede uno che possa impedire lo stato suo, cerca sempre di spegnerlo, perché non gli dia noia. Così trovagli qualche cagione - minima: ch’egli arà sputato in chiesa – per levarselo innanzi. Ah, Firenze! Guardati dai tiranni! Vuol esser corteggiato, il tiranno. Vuol che tu ti appresenti ogni dì, e se tu nol fai, sei notato. Tutti li uomini di cervello li tiene bassi, ed esalta gli sciocchi dicendo «Costoro mi saranno fedeli perché io li mantenga dove non son degni di stare». Ed esalta i ribaldi, gli assassini: "Costoro senza me sarieno impiccati, e io peggio di loro: perciò loro manterranno me e io loro." “Che sarà mai?” vi chiederete. Rileggendo certe espressioni arcaiche riportate nel testo, dedurrei che non si tratta affatto di una qualche critica di un politico italiano, dato che non abbiamo uomini così acuti e perspicaci al governo. Quindi da chi potrà mai essere stato scritto? Questo documento che avete appena letto fa parte degli scritti del libro proibito di una certa personalità che si chiamava Savonarola. Per chi non lo sapesse, era un frate domenicano vissuto intorno alla fine del 1400, che venne scomunicato e manda- La Testata to al rogo per invettive contro il degrado e la corruzione della chiesa Romana di quei tempi. E' davvero sorprendente ma allo stesso tempo sconcertante il fatto che uno scritto così antico possa essere ancora del tutto attuale, se si pensa solamente alla politica del nostro paese: “Ha da esser primo sempre e in ogni cosa”, “farà sempre qualche inganno per far che i suoi siano i primi”... tutto ciò non vi ricorda qualcuno in particolare? Dato che la risposta è ovvia mi limito a non fare nomi. Ebbene, dato che non vorrei fare i soliti discorsi politici, poiché ripetiamo ogni giorno le stesse cose, vorrei parlare dell'altro aspetto di questo antico scritto: la chiesa. Pensiamo a una recente citazione del “prete anarchico” Don Gallo :«Esiste una soglia oltre la quale anche il Vaticano dirà “adesso basta davvero”? Il Vaticano parla tanto di altruismo, sostegno, generosità, ma alla fine quale posizione prende davanti a ciò che accade nel mondo? Che cosa fa per migliorare lo stato delle cose? Cito il Papa: “sosterremo in tutti i modi i più deboli”, “la chiesa è vicina a chi soffre”, ...”AIUTA IL PROSSIMO”. Prosa durante la messa in Cena Domini che Benedetto XVI celebrerà il Giovedì Santo”. In pratica il Vaticano raccoglie i soldi dei fedeli per mandarli in capo al mondo per far fronte alle urgenze della diocesi Giapponese. Seppur vero che il Vaticano sostiene ed aiuta popolazioni in situazioni catastrofiche (ad esempio come fatto con Haiti, per il quale sono stati donati 1.200.000 euro), questa generosità non è sempre così diffusa e incondizionata. Un esempio illuminato, secondo me, viene nuovamente da Don Gallo che, come un attuale Savonarola, non tace ed agisce. Lui si, aiuta i più deboli: prostitute, drogati, extracomunitari ed ogni tipo di bisognoso ed emarginato. Se ne infischia del potere e non è accomodante. Esprime le sue opinioni e fa qualcosa concretamente senza calcoli politici, compromessi o tornaconti. Tutti giorni. Verso tutti. Lui fa. Lui ci parla e ci incita a riflettere e ad agire senza il bieco calcolo, senza se e senza ma! Aiutare il prossimo? Talvolta mi sorgono dei dubbi. Credete che il Vaticano faccia sempre le donazioni con criteri equi e avveduti? Davanti alla catastrofe giapponese la Santa Sede non ha cacciato un euro, ma ha organizzato una colletta “che verrà effettuata 6 Seduto in quel caffè… Ilaria Sieli V F Espresso, macchiato, ristretto, in tazza grande, freddo con ghiaccio… il caffè è un appuntamento talmente radicato nella quotidianità che spesso dimentichiamo la lunga storia alle sue spalle, una storia fatta di viaggi, leggende, diffidenza ed entusiasmo. 1414 – Arabia. Direttamente dallo Yemen, la bevanda raggiunge le coste arabe colpendo il palato degli abitanti locali, che ne fanno largo consumo esaltandone le proprietà corroboranti in contrasto con quelle del vino, bandito dalla religione islamica. Ottenuto il soprannome di “vino dell’Islam”, il caffè, raggiunta dopo pochi anni anche Costantinopoli, si appresta a fare il suo ingresso in Europa. 1615 – Europa. Attraverso i commerci della Repubblica di Venezia, il caffè raggiunge dapprima i Paesi affacciati sul Mediterraneo (Italia, Francia e Spagna), quindi quelli più a Nord (in particolare Inghilterra, Germania, Austria e Svezia). In Italia il caffè è subito moda: locali spuntano come funghi diventando luoghi di incontro culturale (ad esempio il famoso quotidiano illuminista “Il Caffè” trae il nome proprio da questa realtà); Venezia assurge al ruolo di capitale italiana della nuova bevanda, ragazzi e ragazze si scambiano vassoi colmi di La Testata cioccolato e caffè come timidi pegni d’amore. I cattolici più ferventi (e meno aperti alle novità), diffidando del caffè come “bevanda del diavolo”, premono affinché Clemente VIII ne vieti il consumo, tuttavia il Papa, affascinato dal gusto del caffè, finisce al contrario per santificarlo, legittimandone l’uso presso la maggioranza della popolazione. Come il pontefice, anche il re Luigi XIV rimane entusiasta della nuova bevanda, introducendone la moda in Francia. Ben altra la reazione dei viticoltori, che spargono la voce secondo cui il caffè causi impotenza in seguito a un crollo delle vendite del vino dovuto al grande successo della bevanda tanto gradita al sovrano. Lo stesso avviene in Germania, dove i birrai lamentano un minor consumo del loro prodotto, inducendo il governo a decretare il monopolio statale della torrefazione. Al contrario, in Inghilterra l’introduzione del caffè, poiché segna una riduzione del fenomeno dell’alcolismo (assai diffuso nella popolazione in quegli anni), è festeggiata e incoraggiata attraverso la diffusione di veri e propri opuscoli pubblicitari ante litteram. Scontente sono invece le donne, che arrivano a firmare una petizione contro il caffè, a quanto pare preferito dagli uomini anche alla compagnia delle mogli. Un altro episodio curioso av- Prosa viene in Svezia, scissa fra sostenitori del tè e sostenitori del caffè. Per risolvere la contesa, sfociata spesso in atti di violenza, il re decide di somministrare quotidianamente a due fratelli entrambi prigionieri rispettivamente una tazza di tè e una di caffè e vedere chi dei due morirà per primo. A dispetto del sovrano, i due fratelli vivono molto a lungo, tant’è che il primo muore a ottantatre anni, il secondo invece ultracentenario. Nei secoli seguenti il caffè si diffonde in tutto il mondo, la moka diviene parte integrante delle stoviglie di ogni casa, il pulsante per il caffè è presente su ogni distributore automatico, vengono selezionate qualità pregiate e miscele raffinate per un caffè da gustare in ogni occasione e a tutte le latitudini. Insomma, semplice come la scoperta dell’acqua calda… con l’aggiunta del solo, preziosissimo “chicco”. Gente del tram Sara Bonafede IV C Il tram si differenzia dall'autobus principalmente perché scivola lungo la città, come un immenso fantasma arancione che osserva le quotidiane vicissitudini, di via in piazza, di persona in persona. Sono le sette e trenta, largo anticipo, ma ormai esco sempre prima per poter prendere il tram ed evitare la metro'. Alla fermata mi siedo, c'è sempre posto, qui, non corro i rischio di non 7 sentire lo sferragliare sulle rotaie. Salgo e mi trovo davanti un individuo curvo sul suo portatile, intento a scrivere chissà quale lunghissima relazione. Strano. Come può perdersi lo spettacolo meraviglioso delle case che scorrono fuori dalle larghe finestre? Chiunque prenda il tram è cosciente di ciò cui va incontro, infatti da gennaio ad oggi sul 16 i passeggeri non sono cambiati, al massimo se ne è aggiunto qualcuno. Cerco un posto dove sedermi, così mi dirigo verso il fondo, passando accanto all'immancabile coppia di amiche che chiacchiera animatamente; arrivo agli ultimi sedili, dove una vera e propria mandria di maschi risiede stravaccata, urlando e ridendo per un motivo che mi sfugge: il lato oscuro. Nessuno parla sul tram, e chi lo fa sa di essere ascoltato, perché i rumori del traffico non penetrano nel mezzo, è quindi facile sentire i discorsi di persone anche distanti da te. Così questa banda è sempre guardata con disprezzo dai pochi anziani che si trovano a quell'ora e da signore avvolte da eleganti cappotti. Nessuno si fa però scoraggiare, fino alle otto meno un quarto gli studenti regnano sovrani. Mi è però capitato di prenderlo appena cinque minuti dopo, ed allora la situazione è ben diversa: tante teste bianche occupano i sedili, tutte intente a far programmi per la giornata, e se appare un giovane, c'è sempre qualcuno che non resiste alla tentazione di attaccar bottone. Molti vecchietti mal nascondono la convinzione che la loro generazione fosse ben più educata e studiosa, ma tutti fanno comunque domande imbaraz- La Testata Prosa zanti per noi disgraziati. A ra e preparandole ad affronnessuno dei due orari, però, tare il caos mattutino. per quanto riguarda il mio tragitto, ho mai visto bambini, ad eccezione di quelli che scendono al S.Carlo. Ci sarebbero pagine e pagine da scrivere sulla fermata di questa scuola, ed il motivo è molto semplice: nessuno rimane indifferente. Una parte dei passeggeri guarda gli scolaretti, ma anche gli studenti più grandi, con disprezzo misto a pena, un'altra scruta con aria di rimprovero i primi, considerando stupido discriminare una scuola, alcuni osservano la situazione come a Elogio del centro, elogio della periferia chiedersi cosa sia mai successo. Simile silenzioso contrasto Margherita Protti IV C tra Tito Livio e Manzoni, in del Comune, scuole, biblioteche Lo ammetto: abito in periferia continua lotta per dimostrare (?), ospedali) sono tutti pre(apro parentesi chilometrica: che "Quelli son tutti sfigati!" fabbricati in cemento grigioa meno che non si consideri lo "Ma loro son comunisti!" "E' topo o fabbricati in cementostadio di San Siro come un la scuola più triste del monarmato grigio-fuliggine. “monumento importante”, e do..." come tale parte integrante Esci di casa la mattina e ti ritrovi Ma si è sul tram, e tutto si vedel centro storico di Milano. in questa distesa di grigio e nebde con più calma, si forma Convinzione del tutto discutibia e smog, punteggiata ogni un'atmosfera quasi familiare bile, ma che ha avuto succestanto di tram arancioni-ATM, soprattutto perché si hanno il so ultimamente tra le comiticestini della ‘munnezza verditempo e lo spazio per guarve di ricchi Giapponesi e TaiAMSA, alberi in fiore semidarsi negli occhi che mancano wanesi e Coreani del sud arnascosti in quei rari giardini consugli altri mezzi pubblici; inmati di macchine fotografidominiali che sbucano timidafatti nessuno dice "Prendo il che, mini-dizionari e occhiali mente tra i palazzi (grigi) e primo tram che passa" o da sole altamente improbabigraffiti talmente squallidi da non "Corri che perdiamo il tram!". li). meritare neanche l’appellativo E' tutto fatto con estrema caldi graffiti (che invece riservo alle E la odio, la periferia. È grigia, ma. Opere d’Arte colorate, enormi, perché la primavera ci mette Conoscendo ormai tutti i volti, politicamente scorrette), sprasettimane ad arrivare e l’aumi sento un po' autorizzata a yati su un muro da sconosciutitunno dopo una decina di fissarli e, se parlo con qualcuconosciuti che magari vedi tutti i giorni leva le tende e lascia il no, lo faccio ad alta voce, i giorni alla fermata del 16 o della posto all’inverno padano, un miei compagni di viaggio non 49 (apro parentesi: chi ha deciso susseguirsi di giorni sempre mi mettono in imbarazzo. che il tram è maschio mentre più tristi, sempre più freddi, Per questo amo il tram, perl’autobus è femmina? A questo sempre più corti, ma, soché mescola culture, parole, punto, meglio un mezzo bisesprattutto, sempre più grigi; occhiate, emozioni, vestiti, suale che si adatti a tutti i gusti: inoltre gli edifici pubblici (sedi scuole, custodendole con cu8 La Testata la metropolitana/il metrò/la metro). In periferia, o meglio, nella mia zona (sto generalizzando, perché, purtroppo, non sono pratica dei famigerati luoghi “dall’altra parte della città”, che sono un po’ come il Far West, un posto selvaggio da cui fuggire, ma affascinante e ricorrente nei discorsi), i ragazzi e le ragazze sono relativamente pochi/e, rispetto alla massa informe di anziani pensionati, ex-operai, delle case popolari e alle coppiette giovani con/senza figli piccoli, e l’unico luogo di ritrovo universalmente accettato è L’Oratorio, con la “L” e la “O” maiuscole, perché, anche laddove ve ne siano più di uno per quartiere, tutti sanno qual è l’oratorio cui ci si riferisce quando si parla. C’è però una lieve pecca negli Oratori: per prima cosa, sono angusti e grigi; c’è giusto lo spazio per il campo da calcio e da pallavolo, il bar con questi benedetti anziani che giocano a carte e le caramelle gommose nei cassettoni di plastica trasparente e la gradinata davanti alla chiesa; per seconda cosa, c’è la chiesa. E, ben lungi da voler irritare i sensibili animi degli onesti manzoniani cattolici, chiudo qui l’argomento “Chiesa”, perché confido nella vostra intelligenza e spero che riflessioni in proposito ne abbiate già fatte. Ma è pur vero che, mentre vengono continuamente aperti nuovi Centri per Anzia- Prosa ni Soli, i pochi Centri Giovani sono costretti a chiudere per mancanza di fondi e coloro che lavorano in zone “calde” come il Giambellino, il Lorenteggio o Quarto Oggiaro, dove la criminalità è alta anche tra i ragazzini delle medie, smettono improvvisamente di ricevere i finanziamenti, lasciando scoperte da qualsiasi assistenza zone veramente bisognose e in preda al degrado (sia urbanistico che sociale). La periferia ha anche i suoi lati positivi. Ah, se ne ha, di lati positivi. Per esempio, in periferia ogni cambiamento sociale si vive davvero, non se ne sente solo parlare dai giornali e dalle tv. Ora vorrei chiedere a coloro i quali abitano – diciamo – tra la fermata della rossa di De Angeli e quella di Pasteur (non consideratela troppo valida, come suddivisione) quante sono le famiglie straniere che incontrano regolarmente nel tragitto casascuola e scuola-casa, perché andando a scuola in centro ho notato una cosa: tutti gli immigrati che si aggirano in centro sono “sfasciati”, “disgraziati”, “disastrati”, sono senza tetto e forse senza lavoro, sono ubriachi dalla mattina alla sera, si spostano portando tutti i propri averi in sacchetti di plastica, vendono oggettini improbabili e braccialetti della fortuna (fortuna? Loro o nostra?). E qui io mi chiedo che idea ci si possa fare dei poveracci che vengono in Italia alla ricerca di una 9 nuova vita, di una casa, di un lavoro, di una famiglia e di un posto stabile e sicuro dove abitare, sfuggendo alla povertà e alla guerra. Invece nella cara vecchia grigia periferia da qualche anno a questa parte in giro per il quartiere si incontra ogni sorta di gente che proviene da ogni sorta di Paese del mondo, le nuove classi delle Elementari sono sempre più multi-etniche e i possessori anziani di case popolari, morendo (pace all’anima loro), aprono la possibilità alle giovani coppie da poco giunte nel nostro meraviglioso Paese di comprare casa e stabilirsi a Milano, rendendo più facile la ricerca di un lavoro, il formarsi di una famiglia e l’integrazione con la popolazione indigena (?). Un altro aspetto positivo della periferia è che la vita (e con “vita” intendo l’insieme di oggetti e cibo che posso comprare con la mia misera paghetta) costa decisamente meno, infatti nessuno ti propina, ad esempio, coni gelato minuscoli a quattro euro, perché ognuno sa che in periferia ci si conosce tutti e tua madre potrebbe essere la prof di suo figlio e tuo padre il Vigile in servizio davanti a casa sua. E poi, in periferia si vive meglio perché si è abituati a essere lontano da tutto: ogni volta bisogna trovare permessi, passaggi in macchina, orari degli autobus e del metrò, così che anche solo per andare sui Navigli ci vuole una settimana di organizzazione. La Testata Ma alla fine si diventa capaci di mettere in piedi una vacanza di dieci giorni in Sardegna, o un giro turistico ad Amsterdam, o un viaggio di studio a Parigi, nella metà del tempo di chi è abituato fin da bambino ad avere tutto a portata di mano. (Anche se mi lamento, la periferia di Milano, in fin dei conti, è decisamente meglio di alcuni altri posti dove mi poteva capitare di nascere, come certe frazioni di frazioni di Prosa paesini nati in Lombardia dal capriccio di qualche industriale del cemento, dove ci sono solo un centinaio di villette tutte uguali e un centro commerciale e una sede della Lega e tanta, ma tanta, ma davvero troppa nebbia) Nota dell’autrice: mi hanno detto alcuni che è solo un elogio della periferia. Leggete tra le righe. Mi fido di voi ;-) Ultime dal Manzoni: Commissione Cultura In questa breve colonna volevamo informare i Manzoniani della creazione della Commissione Cultura, formata da sei studenti e capitanata dalla professoressa Gastaldi, che, in collaborazione con la prestigiosa Fondazione Corriere della Sera, a partire dall'anno prossimo curerà una serie di esplosivi incontri culturali al Manzoni. Mi raccomando, tenete d'occhio la cosa! Quel genio incompreso che, in realtà, è l’ipocrita. Ma quelli che NOI bolliamo come “ipocriti”? Tutti idioti. Mattia Giordano V D Non mi sono mai piaciuti gli onesti duri e puri, quelle persone gonfie di parole e sguardi che hanno fatto dell’essere sinceri un mezzo, un ideale, un qualcosa di diverso dal moto dell’animo puro. Il peggio è che, essendo l’onestà diventata una dottrina, una legge morale, viene inculcata come tale a noi poveri esseri umani liberamente peccatori. Nasce così la più grande categoria di ingannatori (ingannano infatti se stessi) a questo mondo, una folla di stoici che si dispera quando deve scegliere tra l’onestà e la sofferenza che ne può conseguire. Ombrosi, noiosi, tanto noiosi! Non ci lasciano danzare, sedurre, giocare; in qualche modo non ci lasciano vivere da uomini schifosi quali siamo. Non guardano il decadimento del mondo da un punto di vista anche capriccioso, in cui è piacevole rifugiarsi nelle cose belle, nel realizzare se stessi, nel soddisfare i sensi e le voglie; essendo cose che non decadranno mai. Devono farci vivere sempre nel puro realismo, togliendoci quella patina che secondo loro ci offusca la vista su noi stessi e sulla “realtà”, senza capire che il “puro realismo” è indispensabile solo quando si parla di collettività, società, problemi globali, per esortare all’impegno sociale, ma non quando prevede la sfera più strettamente individuale. Ecco che qui voglio intervenire con la mia spada d’inchiostro a favore di quel genio incompreso, quel seducente ingannatore che è l’ipocrita. Bisogna comprendere che nei rapporti sociali è indispensabile mostra10 re un sorriso, dire parole non sincere, per mantenere gli equilibri e soprattutto per “mantenersi in equilibrio” sul filo del mondo. Il problema è che l’ipocrita prende un impegno solenne, difficile, indistinto con se stesso e con il teatro della vita (e per questo lo metto in guardia). Egli copre ciò che prova dentro, e deve rimanere se stesso pur interpretando un suo alter-ego, restare pronto, vigile, non fare passi falsi, non spezzare il sogno. Ecco, vorrei proprio presentarvi l’ipocrita come un dispensatore di sogni, di sorrisi, di felicità. Il punto è che basta una distrazione, una paura, una mancanza di fermezza, che egli si scopre, si mostra, si tradisce, viola il patto, diventa un reietto della società bollato per sempre “truffatore e imbroglione”, La Testata “falso ed ipocrita”. Eppure occulta per voi e per se stesso i suoi tormenti interiori, affinché né voi né lui possiate sentirne il peso. Quindi il vero ipocrita è un genio incompreso, poiché ogni sorriso, ogni parola d’amore e felice può essere falsa (fino a prova contraria) e noi esseri umani normali, ma arroganti, non potremo mai, a meno che l’ipocrita non si tradisca, percepire la differenza tra una sua verità e una sua menzogna. Se l’ipocrita finge bene, se ha esaminato abbastanza se stesso da poter creare un personaggio e stringere il patto, se sa rimanere vigile, nessuno potrà mai scoprirlo, quindi nessuno penserà mai che si comporta da ipocrita. Poiché la verità è solo quella che viene spacciata per verità e il vero falso (che ossimoro!) è colui di cui non si ha il minimo sospetto che dica falsità. In breve, ognuno, ogni amico, ogni amore, può essere falso, finto, ipocrita. Ma ci poniamo il problema? No, perché siamo felici. Di conseguenza, quelli che noi bolliamo come “ipocriti", "falsi”, Prosa “imbroglioni”,”seduttori”,”ing annatori” non sono altro che persone che non hanno capito perfettamente se stessi, che non hanno compreso la grandezza di ciò che nascondevano e la difficoltà del ruolo che interpretavano, insomma, degli stolti, degli stupidi, dei disattenti, che scoprono le loro carte e che verranno sempre puniti dalla società; che ci negano la felicità da loro creata. Ma non cadiamo poi nel luogo comune “le cose vanno sempre dette in faccia”, poiché il pettegolezzo è troppo affascinante e capriccioso e l’emozione repressa o nascosta rompe sempre gli equilibri sociali e personali che si vogliono mantenere con un po’ di ipocrisia. In realtà il nostro (il vostro) disprezzo verso la falsità non è altro che la paura che si possa spezzare il sogno, la felicità, l’equilibrio in cui si vive, che possano emergere verità scomode e nascoste, che ci si renda conto di essere stati ingannati, presi in giro da un ipocrita. Eppure, come ho già detto, basta un sorriso, una parola (sincera o non sincera) a rendere felice un uomo. La felicità è un’illusione e con un’illusione la si può facilmente offrire al prossimo. E’ così sbagliato vivere in un sogno? L’ipocrita ci dà una “realtà”, ci dà vita, ci dà equilibrio, e se è bravo, se non si fa a scoprire, ci rende stabile la felicità che tuttora abbiamo e che da lui è stata creata. Il problema è che l’ipocrisia, tanto quanto l’onestà, diventa un costume, un’ usanza, di cui si abusa e ci si serve per fregare gente più debole. Così facendo, però, si perde completamente la raffinatezza di essa, la si sporca con i fini umani. Io invece ve la mostro come comportamento, come modo per offrire sogni, sorrisi, e per questo come qualcosa di difficile, sacro, non adatto a coloro che non si sono analizzati e capiti a fondo. Tutti mentono, ma non tutti sono ipocriti; non è cosa da tutti. Non disprezzate così duramente la falsità e l’ipocrisia, poiché i sogni, le illusioni, sono le uniche cose che non decadranno mai. Amen. Le Avventure di Luciano, Gran Finale Federico Moretti III B Avvertenza ai lettori: niente di ciò che state leggendo è vero o sensato, perciò spegnete i cervelli e rilassatevi Minosse: Rieccole la sua tessera. Dopo aver esaminato il suo passato, ho deciso di assegnarla alla sezione dei lussuriosi. X: Ma quindi si cucca? Minosse: Veramente, no. Si é sballottati da un vento tempestoso in eterno. X: Ah, la famosa movida. Niente poppe? Minosse: Solo grandine e bu11 fera. X: Ma cribbio! Tanto valeva andarsene in prigione. ( se ne va) Minosse: Il prossimo Osama: Assalamu alaykum. La Testata Minosse: Favorisca la sua tessera; ( vedendo che chi gli sta davanti proviene dal Medio Oriente controlla che ci sia la pistola nel sottobanco della scrivania.) Dunque, qui sembra tutto in regola signor… Obama? Lei é Obama! Ho così' tanto sentito parlare di lei. Yes we can: i miei figli vanno matti per lei Oh mio Ade! Lei qui? Com'é successo? Osama: Un colpo alla testa, ma io… Minosse: Neo-nazisti bastardi! Devono essere stati loro, dicevano continuamente che lo avrebbero fatto ma non immaginavo potessero trovarne il coraggio. Ma il mondo come ha reagito? Osama: Beh, un po' di sdegno…é pur sempre la morte di un uomo. Però credo che lei abbia sbagliato pers… Minosse: Un po' di sdegno! Dovrebbero sollevarsi le masse! Il mondo é fatto da ignavi. Lei, comunque, che tanto bene ha fatto in vita, qui merita solo il meglio: cerimonia funebre con orchestra, un quarto d'ora di silenzio, parata militare… Organizzeremo qualcosa di grandioso per lei. Perché lei lo merita! Intanto può' accomodarsi nella Stanza 1, un po' la nostra suite imperiale. Osama: Ma io… Minosse: No, non mi deve ringraziare. Sono io che devo ringraziarla; tutto il mondo dovrebbe. Vada. Osama: Per Allah, che malinteso. ( se ne va) Minosse: Ha detto per Allah? Ma allora era vera la diceria che fosse musulmano! ( Si mette al lavoro fi- Dialoghi schiettando l'inno statunitense Entrano Winston Churchill sguardo deciso, sigaro in bocca- e Cleopatra - look da segretaria e camminata ancheggiante-) Minosse: E voi chi sareste? Churchill: ( mostrando il distintivo) Winston Churchill, Ufficio Centrale degli Inferi. Lei é Cleopatra, la mia segretaria. Cleo: Enchanté. Churchill: Bando alle ciance! Siamo venuti qui per riparare ad un terribile malinteso prima che esso possa avere conseguenze gravissime. Minosse: Ma di che cosa sta parlando? Churchill: Ma lei ha per caso già fatto il check-in ad un uomo di chiara fede musulmana, con il turbante, la barba nera lunga….? Minosse: Sta parlando di Mr. Obama? Churchill: Ecco, vede… Purtroppo, a causa di un piccolo errore, costui che lei credeva fosse Obama in realtà é…ehm… Cleo: Osama. Osama Bin Laden. Minosse: Porco Ade! E io che gli ho fatto tutte quelle cerimonie! Che malinteso, che malinteso! Avrei dovuto riconoscerlo, ma le anime sono così sfocate ed indefinite e…e il suo tesserino, sono certo che sul suo tesserino vi fosse scritto Obama! Churchill: Un errore di battitura di quell'oca della mia segretaria. Cleo: Se mi é concesso parlare vorrei dire in mia difesa 12 che il signor Churchill si esprime bofonchiando, e il sigaro perennemente in bocca certo non aiuta. Churchill: Bah, se tu passassi meno tempo a farti la manicure e ti esercitassi con i nuovi modelli Olivetti che ci sono arrivati… Cleo: Winston, lei é un terribile misogino: se io fossi sua moglie le metterei l'arsenico nel caffè! Churchill: Cleo, se tu fossi mia moglie…io lo berrei. Minosse: Ma ora che si fa? Ho già fatto il check-in! Bisognerebbe annullare tutto ma non l'ho mai fatto, anzi, non credo neanche che si possa fare. Bisogna avvisare Ade… Churchill: No! Volevo dire… perché scomodare il principale? Avrà altro a cui pensare ( La scena si sposta nell'Ufficio di Ade, che in giacca e cravatta sta giocando a minigolf mentre parla all'auricolare.) Ade: E poi io e Poseido' ci siamo portati le due sirene nella sua jacuzzi e ce le siamo rigirati tuuuutta la notte. Non hai idea vecchio mio, roba che se Proserpina lo venisse a sapere… Sai dovresti proprio venire una sera con noi. Eh lo so! Si ma anche tu, che ti metti a fare figli con le prime che ti capitano. La terra oramai é popolata dai tuoi figli illegittimi. Cosa ti aveva sempre detto il tuo fratellino? Usa le giuste precauzioni! Si…si… ho capito, ma non puoi mica arrabbiarti con Era! Dopotutto é La Testata anche colpa tua se é diventata così. Le mogli bisogna viziarle…Aspe’ un attimo che ho una chiamata di lavoro. Resta in linea… Si, qui Ade? Cosa?! Arrivo subito, risolvo tutto io. Voi non fate niente. Aspettatemi in linea. Ci penso io… Rieccomi. Scusa devo scappare… Si, questo dannato lavoro mi manderà all'inferno un giorno all'altro. Comunque se vuoi una di queste sere proseguiamo il discorso davanti ad una birretta, face to face. Si, una berretta innocente. Promesso. Dai, devo scappare. TI chiamo io. Un abbraccio, fratellone… Ma che significa una fuoriuscita di anime nel mondo dei vivi? Chi ha permesso tutto questo? Qualcuno ne pagherà le conseguenze. Cristo santo, non mi posso nemmeno rilassare un attimo parlando con mio fratello che subito combinate un casino. No, niente scuse. Si, arrivo subito. Voi non fate niente. ( Chiude la conversazione, sbuffa scocciato e si teletrasporta al Manzoni. Si trova nel cortile, nel mezzo di una partita di calcetto che vede la selezione dei Manzoniani contro quella dei Morti Viventi. I Manzoniani sono in vantaggio due a uno per una doppietta di Murié. I cori delle tifoserie inizialmente sembrano disorientare Ade, che Dialoghi viene addirittura colpito da un gavettone e da proiettili di farina. Dopo l'iniziale sgomento, il Signore e Amministratore Delegato degli Inferi si riprende e con uno schiocco delle dita immobilizza tutti, giocatori e tifosi.) Ade: Ecco, l'ennesimo completo rovinato. Dannati teppisti… Quando trovo chi é il responsabile di tutto ciò' giuro che lo spedisco nel Tartaro! ( Si concentra profondamente ed in un istante infinitesimale ripercorre tutto la vicenda, dall'inizio) Quindi é stata tutta colpa di Luciano! E di Leonardo! E di… Come é che si chiama quel mortale? ( Si riconcentra un istante) Federico Moretti! ( Con uno schiocco delle dita fa scomparire tutti gli " esterni" dal Manzoni e rispedisce tutti i Manzoniani in classe, esclusi Leonardo e Luciano, che immediatamente dopo riprendono a muoversi) Leonardo: Cos'é successo? Luciano: Non lo so, sento tutto lo stomaco che gira. Mi é sembrato di rivivere tutto… Leonardo: A chi lo dici! Ora ricordo dove ho lasciato le chiavi di casa! Ade: Ehm ehm Leonardo: Per Ade, ma tu sei…Ade! Ade: In persona. Voi due ,i dovete delle spiegazioni ed 13 un completo nuovo. Luciano: Ma scusi, avendo ripercorso la nostra vicenda non dovrebbe esserle già tutto chiaro? Ade: ( dopo un attimo di esitazione) : E c'hai anche ragione! Allora non vedo il motivo di farvi rimanere qui più a lungo. Preparatevi a tornare nell'Ade. Luciano: Signor Ade, vi chiedo gentilmente di lasciarmi parlare con Federico Moretti prima di andare, o tutto sarà stato vano. Le fatiche, gli inganni, i disastri, i nonsense, le citazioni idiote…tutto sarà stato vano. Ade: Eh va bene, ma solo dieci minuti. Tu invece, " vieni via con me". Leonardo: ( svanendo lentamente): Addio, Luciano! Grazie di avermi fatto vivere la più grande avventura della mia vita. Ho passato i miei anni nello studio matto e disperato, a seguire problemi di scienza e tecnica invece che a vivere. Quando sono morto ho capito il mio errore, ma ormai era troppo tardi per rimediare e mi ero rassegnato a vivere nel rimpianto. Tu, anche se per breve tempo, mi hai ridato una seconda possibilità. Ho potuto vedere cose che da umano non avevo potuto neanche immaginare… Ade: Ti conviene sbrigarti, tra La Testata pochi secondi sarai svanito del tutto. Leonardo: Grazie, Luciano. Grazie, e addio. ( Svanisce). Ade: Bene, e uno é sistemato. Ricordati : dopo dieci minuti toccherà la stessa fine anche a te. (Svanisce) Luciano: E ora, Federico Moretti, a noi du…ma dove sono finiti tutti ( si rende conto di essere da solo nel cortile. Si guarda intorno spaesato, ad un certo punto vede qualcuno sbucare dalla parte opposta. Gli corre incontro) Luciano: Sei tu, Federico Moretti? Moretti: Si, sono io. Luciano: Fammi capire : sei sia personaggio sia autore? Moretti: Per l'occasione si. Luciano: Quindi tu non solo pronunci le tue battute, ma contemporaneamente idei e scrivi quelle di entrambi. Moretti: E' per questo che spesso ci sono incongruenze o errori di battitura che il correttore di bozze prontamente corregge. Luciano: Federico, perché hai deciso di scrivere questi dialoghi? Non hanno una trama, un filo logico e neppure una conclusione. Perché? Moretti: Perché all'inizio mi andava, perché mi sembrava che troppe cose scritte sul giornalino avessero una trama, un filo logico e una con- Dialoghi clusione, perché volevo un po' di nonsense in questa vita dove si cerca un senso a tutto. Perché volevo divertirmi e, nel frattempo, provare a far divertire anche un po' gli altri. Luciano: Ma perché coinvolgere me? Moretti: Ho scelto te per una vecchia storia tra me e un vecchio direttore misantropo di cui nessuno sembra quasi ricordarsi più, e poi tutto sommato, dato che mi ero abbastanza affezionato sia a te che a lui, ho deciso di ritirarti in mezzo. Luciano: Ma perché tutto il Manzoni? Moretti: Perché il Manzoni? Perché in questi cinque anni ha significato molto per me. Non voglio esagerare dicendo che la mia vita sia ruotata intorno ad esso, ma in questi cinque anni ho finalmente capito perché i gli exmanzoniani quarantenni ingrigiti sembrano perdersi nei loro ricordi appena il nome del loro vecchio liceo viene nominato da uno studente di terza media, o perché insistano sempre a mandarci i loro figli, quando magari questi preferirebbero fare l'artistico o semplicemente dormire sotto i ponti. Il Manzoni non é un grande famiglia: sarebbe banale e riduttivo definirlo così'. Il Manzoni e come il tempo : sai cos'é, ma non 14 puoi definirlo se ti viene chiesto di farlo. Luciano: Nessuno ti ha chiesto di farlo. Moretti: Il Manzoni che ho trovato cinque anni fa era molto diverso dal Manzoni che sto lasciando. O probabilmente sono io che lo vedo con occhi diversi. Luciano: Lo sapevo, sei solo uno stupido sentimentale. Moretti: Forse hai ragione. Si finisce per essere sentimentali all'alba di un grande addio. Oppure alcolisti. O anche entrambi. In effetti ultimamente tendo a…Ehi, ma tu stai svanendo! Luciano: ( sempre più evanescente) No, no, no! Non così' presto! Devo chiederti ancora un sacco di cose importanti! A, maledetti i tuoi discorsi pseudo -lacrimevoli, mi hai fatto perdere i miei dieci minuti…No, Ade, ti prego, ancora un po'… Ehi ma, aspetta un attimo. Non é Ade che mi sta facendo svanire…Se tu! Sei tu l'autore! Moretti: Arrivederci, Luciano. Luciano: ( Quasi ridotto ad un'ombra) Co…come arrivederci? Perché non addio? Mi stai dicendo che potremmo rivederci? Giurami che non lo farai! GIURAMI CHE NON LO FARAI! Moretti: Può darsi, Luciano. Chi lo sa…del domani non c'é certezza. FINE La Testata Foto 15 Questionario Finale La Redazione Cos'è la Testata? L'iniziativa manzoniana che ti è piaciuta di più 1) Passatempo per le ore di greco 1) Lo Sconcerto in cortile 2) L'unica e sola voce manzoniana 2) Il Garantisce Ale 3) Non lo so, non l'ho mai letta 3) La serata dell'autogestione 4) Manganello occasionale 4) Lo spettacolo del gruppo teatrale 5) Carta per origami con qualche sporadico bell'articolo 5) I tornei sportivi Cosa ne pensi della Redazione? 6) La prova di evacuazione a sorpresa Cosa vorresti fare per migliorare il Manzoni? 1) Troppe quartine 2) Troppi sfigati 3) Potentissima lobby 4) Magari individualmente sono simpatici, ma scrivono sul giornalino, quindi sono degli sfigati 5) La brutta copia della Compagnia dell'Anello L'icona manzoniana Hai consigli o insulti? Rispondere, Staccare ed Imbucare!