Franco Dolci Partigiani della pace Un nuovo incarico: segretario del Comitato Provinciale dei Comitati della Pace Il lavoro al Comitato Provinciale dei Partigiani della Pace1 Esperienze – conoscenze - riflessioni «Ignorare quanto sia accaduto prima della propria nascita equivale a essere sempre un fanciullo. A cosa valgono infatti gli anni di un uomo, se la memoria del passato non li riannoda a quelli dei suoi antenati?» M. T. Cicerone Nel mentre io e Marisa lavoravamo per creare le condizioni del matrimonio, al quale mi accostavo con convinzione ma senza enfasi, mi raggiunse nella primavera del 1952 una comunicazione che cambiava repentinamente gli itinerari del mio impegno politico. Nel cortile della Federazione del Partito (piazza Roma, 21) fui avvicinato dal compagno Mario Bardelli, il quale mi informò degli orientamenti della segreteria in ordine alla direzione politica-organizzativa del Comitato Provinciale dei Partigiani della Pace. Bardelli mi disse che il compagno Giuseppe Merlini (segretario del Comitato) se n’era andato a lavorare nel milanese come operaio metallurgico. Merlini aveva ripreso la sua professione, per cui il Comitato era senza segretario in un momento politico in cui la sua presenza era ritenuta quanto mai necessaria. «La segreteria del Partito vede bene – mi disse Bardelli – la tua persona come suo sostituto.» «Cosa ne pensi?» – mi chiese dopo un attimo di silenzio. La comunicazione e la proposta mi sorpresero. Intanto perché dell’andata di Merlini sul milanese non sapevo nulla. La cosa – come si dice – mi capitava fra capo e collo. Riflettendo, giudicai la sua “andata” sul milanese come una “fuga”. Sì, perché conoscevo fin troppo bene le gravi difficoltà che incontrava nel suo lavoro: in non pochi dirigenti c’era scarsa considerazione del ruolo politico del Movimento della pace; poca collaborazione dei partiti e degli organismi democratici che vi aderivano; scarsa consistenza e difficoltosa esazione dei modesti contributi finanziari a favore del Comitato, consensualmente fissati a carico degli stessi organismi democratici; pesante e opprimente situazione debitoria. Immaginai che tutti questi fattori negativi, di cui 1 D’ora in avanti semplicemente “Comitato Pace” www.orasesta.it 2 spesso Merlini si lamentava, l’avessero indotto a lasciare. Ma della sua decisione e della sua andata sul milanese non sapevo nulla. Da qui la mia sorpresa. Il secondo motivo di sorpresa riguardava la mia persona. Di primo acchito non mi spiegai come mai, ora che con la redazione del giornale avevo preso dimestichezza e tendevo al suo progressivo miglioramento, la mia esperienza veniva così bruscamente interrotta. Quali le ragioni? Si era valutata la mia passione per la politica internazionale? I possibili legami che sarei stato in grado di allacciare al di fuori dell’area del partito e della sinistra? Facevo delle ipotesi. Probabilmente nella scelta della mia persona avevano pesato anche queste valutazioni. Tuttavia non mi sento di escludere che, ancora in vita Giacomo Bergamonti, ci sia stata qualche valutazione critica nei confronti della mia persona. Penso, ad esempio, all’episodio della recensione della rivista Pensiero Critico di Remo Cantoni con la relativa reazione della Direzione del Partito. A questa supposizione non giunsi subito, ma qualche anno più tardi. Al momento della proposta rimasi sorpreso, indeciso e, devo dirlo, anche lusingato. Esternai il mio stato d’animo a Bardelli, il quale, come sua consuetudine, “capiva e comprendeva tutto”. Però le necessità del Partito e della sinistra erano quelle. Bisognava rafforzare il Movimento della pace. Che fare? Secondo lui ero la persona più adatta a ricoprire un ruolo esterno di quel genere. Io ero lusingato dall’idea del “fare da me”, senza tanti condizionamenti di apparato; altrettanto mi lusingava il pensiero di potermi dedicare allo studio dei problemi internazionali. Un’ottima occasione – mi dissi – per “conoscere il mondo”. In quella primavera del 1952 – come avremo modo di vedere – l’iniziativa politico-organizzativa del Movimento si dispiegava in diverse direzioni. Avrei quindi avuto un ampio ventaglio di possibilità per studiare, conoscere, divulgare. Senza con ciò essere un “trasmettitore” automatico. Non lo sono mai stato. La notevole notorietà e stima che avevo ormai conseguito in città e provincia, grazie agli incarichi cui avevo già adempiuto, costituiva la prima base da cui dovevo partire. Mi parve quindi che l’immersione nel nuovo impegno fosse fattibile, senza gravi difficoltà. Dissi a Bardelli che se questa era la decisione della segreteria, ero d’accordo pur esternando le solite preoccupazioni di fondo date le grandi necessità di presenza e di www.orasesta.it 3 iniziativa del Movimento stesso. «Non ci si aspettasse dei miracoli!» A parte il fatto che ai miracoli non ci credevo, precisai che comunque non li avrei fatti. Nel giro di pochi giorni, in Federazione, ebbero luogo alcuni cambiamenti che modificarono radicalmente il vecchio assetto della Commissione Stampa e propaganda. Bergamonti, che ne era l’anima, era morto in un incidente motociclistico; Gianfranco Amici assunse la responsabilità della Commissione di organizzazione; io passai al Comitato Provinciale dei Partigiani della Pace, la cui sede si trovava in viale Trento e Trieste, ove attualmente si trova la sede degli uffici del catasto. In quegli anni nello stesso edificio si trovavano gli uffici dell’Enal Provinciale e quelli dell’Anpi, il cui presidente era Guido Uggeri, detto “Ferra”, dal nome di battaglia che portava durante la Resistenza al nazifascismo. Gianfranco Amici fu sostituito, come responsabile della Commissione Stampa e propaganda, dal compagno Giovanni Chiappani2 e io, come redattore di Lotta di 2 Giovanni Chiappani: nato nel 1920, compie quasi 6 anni di servizio militare, esattamente dal 9 marzo 1940 al 16 novembre 1945. Una parte del servizio lo svolge in Sardegna dove ha studiato conseguendo un attestato di ragioneria elementare, rilasciatogli dalle Scuole Riunite di Roma. Nei suoi studi fu aiutato dal capitano Luigi Vanzini, un ufficiale che «gli voleva bene». [I contadini di solito sanno farsi «voler bene»] In Sardegna conobbe Velio Spano. Dalla Sardegna viene trasferito a Napoli. Aderisce al Pci nel 1944. La tesserina di una sola pagina è firmata dal noto senatore Mario Palermo. Ad orientarlo verso il partito era stato il sergente Bertoldi di Reggio Emilia, militare con lui. Gi aveva fatto leggere “il manifesto” di Marx. A Napoli legge altri opuscoli. Poi viene trasferito ad Aversa ove diviene furiere. [Il contadino trova spesso un angolo in cui vivere meglio.] Mantiene sempre rapporti con il Partito. Finita la guerra ritorna a Cremona. È il 16 novembre 1945. Forte degli studi compiuti in Sardegna, partecipa subito a un concorso per un posto di collocatore. Il 1° febbraio 1946, vinto il concorso, diviene collocatore nel comune di Pizzighettone. Di famiglia di salariati agricoli, lui stesso originariamente bergamino, con la nuova occupazione ha modo di approfondire la condizione sociale e umana del proletariato agricolo. Si sente sempre più portato verso la politica del Pci. L’anno dopo chiede l’avvicinamento e viene destinato a Vescovato e Gadesco Pieve Delmona. Appena tornato a Cremona e nel mentre compie le prime esperienze professionali, viene incluso nella Commissione Agraria della federazione cremonese del Pci. Della Commissione è responsabile Mario Bardelli. Segretario della Federazione è Giuseppe Gaeta, poi sostituito da Alessandro Vaia. Siamo nel 1946. Nel settembre del 1947 è assunto come dattilografo presso la Federterra, il sindacato di categoria dei lavoratori agricoli. Entra come dattilografo per superre l’ostacolo degli “equilibri politici” frapposto dai socialisti. Un dattilografo, beh, passi… ma un nuovo funzionario Pci, no. E sarebbero state lunghe discussioni… Comunque diviene subito “organizzatore” della federbraccianti. Enrico Fogliazza ne è il segretario. Inizia la sua esperienza come dirigente del movimento contadino cremonese. Nel 1951 frequenta un corso di 6 mesi alla Scuola Centrale di Partito a Bologna. Dal novembre del 1951 al novembre del 1953 è responsabile della Commissione stampa e propaganda della federazione del Pci. (Sostituì Gianfranco Amici, passato alla Commissione di organizzazione.) Adriano Zana è responsabile di Lotta di Popolo. (Ha sostituito Franco Dolci.) Chiappani per circa 2 anni ha quindi interrotto la sua presenza alla Federbraccianti. Poi vi ritornerà. Alla Federbraccianti rimane fino al 1959, 12 anni, di cui 6 ( dal 1954) come segretario responsabile. Dal 1959 diviene segretario responsabile della Camera del lavoro provinciale e in tale incarico rimane fino al 1970 (11 anni). [Chiappani è uno dei compagni fortunati che hanno svolto i loro ruoli per lunghi periodi di tempo.] www.orasesta.it 4 Popolo, dal compagno Adriano Zana, uno dei miei collaboratori alla Fgci di cui ho già ampiamente scritto3. Come corrispondente de L’Unità rimase ancora il compagno Ezio Opizzi. Di lì a qualche giorno mi recai quindi nella mia nuova sede di viale Trento e Trieste per una prima ricognizione. Vi trovai l’impiegata, una bella ragazza dagli occhi neri, di nome Carla Paolini. Con lei misi a punto l’elenco dei creditori e la relativa situazione debitoria. La situazione finanziaria risultò pesante, soprattutto nei confronti della tipografia La Bodoniana di via Guarneri del Gesù. Si trattava inoltre di onorare mensilmente la cambiale in scadenza per il pagamento del “Motom”, un motorino a meta strada fra lo scooter e il ciclomotore, acquistato ma ancora quasi totalmente da pagare. La giacenza di cassa era quasi a zero. All’impiegata chiesi conto del Comitato Provinciale. Chi erano i suoi componenti? Chiesi dei collaboratori e attivisti su cui Merlini contava per l’attività. Ma l’impiegata, ancora giovane e al primo impiego, nulla o ben poco sapeva né dell’organico (si fa per dire) né delle iniziative in corso. Essa si limitava ad assolvere a qualche incombenza nelle sedi dei Partiti e degli organismo democratici o negli uffici pubblici cittadini. L’impegno politico le era estraneo. Conosceva quel tanto che di riflesso gli trasmetteva l’ambiente e l’arrabattarsi lamentoso di Merlini. Dal 1970 al 1980 è consigliere regionale. Alla Camera del lavoro lo sostituisce Renzo Antoniazzi. 10 anni, 2 legislature che sono quelle “fondanti dell’Ente Regione”. Nel nuovo ente fa parte della Commissione agraria e di quella che si occupa degli enti locali e aree depresse. Il territorio cremonese – almeno parecchi dei suoi comuni – sono considerati “depressi”. Agevolazioni sono previste per eventuali investitori. Ma Cremona è diventata sempre più “depressa”. [Oggi, 1996, contiamo 17.000 disoccupati, un livello meridionale. Il “capitale” segue le sue strade. I richiami di natura sociale non lo interessano. Il “discorso morale” è, deve essere, estraneo al “principe” (Machiavelli).] Chiappani lavorò in Regione con le presidenze di Piero Bassetti, l’intellettuale che nei suoi discorsi faceva sfoggio di erudite, appropriate citazioni sorprendendo con la sua cultura chi lo ascoltava, e con Cesare Golfari, altro Dc che poi risultò nelle liste della P2, l’organizzazione massonica diramata pericolosamente in tutti i gangli dello Stato. Chiappani, da contadino dal forte intuito, non si fece sedurre né dall’uno né dell’altro. Cercò di fare qualcosa di utile per la sua terra. Cessata l’esperienza regionale rientrò in Federazione Pci. Dal 1980 al 1985 fu consigliere provinciale, vice capogruppo dei consiglieri Pci; il capogruppo è Gian Carlo Corada. In questo periodo, che è l’ultimo del suo impegno politico, svolge la funzione di responsabile di stampa e propaganda e di redattore di Lotta di Popolo. Dall’85 in poi ha cessato il suo impegno politico. [Chiappani ha ritenuto che il suo tempo politico era finito. Aveva scritto su Lotta di Popolo che «il comunista non va mai in pensione». Ma il suo comportamento ha dimostrato che invece ha gradito vivere compiutamente la pensione. Può farlo e l’ha fatto. Nessuno può impedirglielo. Ma è una scelta di vita che non condivido. La vita non è fatta solo per vedere e godere il bello, ma anche per costruirlo.] 3 Sulla figura di Adriano Zana vedi l’ampia nota a lui dedicata nel capitolo relativo alla Fgci. www.orasesta.it 5 Non mi fu difficile capire che il mio nuovo incarico presupponeva un lavoro pionieristico al quale, dopo le esperienze che avevo già fatto, non ebbi difficoltà ad accostarmi. Bisognava comunque “esserci” e non deludere le aspettative di chi mi aveva delegato a tale ruolo. Se per i problemi amministrativi mi aiutai con l’impiegata, per la messa a punto del Comitato Provinciale, cioè i soggetti che lo componevano, mi rivolsi al Presidente Nino Giuseppe Zana, un piccolo commerciante di detersivi con magazzino in fondo a un vicolo chiuso posto sulla destra di Piazza Risorgimento (Porta Milano). In questo magazzino, nella veste di operaia, impiegata e rappresentante che settimanalmente visitava la clientela, lavorava Marisa, la mia giovane fidanzata che diverrà presto mia moglie. Nino G. Zana era originario di Orzinuovi (Brescia); antifascista in tempi non sospetti, dopo la liberazione aveva militato nel Psi ma, insoddisfatto della politica di tale partito ed essendo incline ad una chiara politica di unità con il Pci, era poi passato a questo partito. Data la sua posizione di piccolo commerciante, quindi legato al ceto medio, e la sua notorietà come uomo di sinistra ma pur sempre “buon democratico” (in campagna, tra l’altro, lo si apprezzava come buon oratore; memorabile, secondo i compagni locali, un comizio che tenne a Pescarolo4), a suo tempo lo si era giudicato 4 Della figura di Nino (Giuseppe) Zana, padre di Adriano, ho già parlato in capitoli precedenti. Ne parlerò ancora più avanti. Ma dal momento che in questo capitolo ho parlato di lui come oratore, voglio qui ricordare un episodio di cui fu protagonista a Levico, un comune della Val Sugana, in provincia di Trento, che negli anni del dopoguerra (1945-1950) contava poco più di 5.000 abitanti (5.431 secondo il mio vecchio dizionario enciclopedico Labor.) Levico è famosa come stazione climatica estiva, «frequentata anche per le sue rinomate acque arsenicali-ferriginose». Questo comune era frequentato anche da numerosi villeggianti cremonesi, fra i quali Nino Giuseppe Zana. Respiravano aria buona e bevevano acqua curativa. Furono proprio i villeggianti cremonesi, fra i quali Camillo Bacchi, un caro compagno di S. Giovanni in Croce di cui parlerò molto più avanti, che, con i compagni locali, decisero di organizzare la festa de L’Unità. E l’organizzarono; ed ebbe buon successo. Vi partecipò non solo la gente del luogo ma anche moltissimi villeggianti. La cosa risultò politicamente così importante che i compagni del Trentino-Alto Adige vi designarono come oratore il segretario regionale. Ma i compagni del luogo, visto l’apporto dei compagni villeggianti cremonesi, vollero che il compagno Nino Giuseppe Zana anticipasse il segretario regionale con un breve discorso di saluto. Lo spazio ove si svolgeva la festa era gremito di folla. Il segretario di sezione diede la parola a Zana «per un breve saluto». Nino, galvanizzato dalla presenza di tanta gente iniziò il suo discorso. Una parola tirò l’altra. Attaccò l’imperialismo che con il Patto Atlantico subordinava l’Italia all’America, ricordò Dante che voleva l’Italia unita sotto il papato, condannò la miseria causata dal grande capitale e auspicò un’Italia giusta che garantisse il pane a tutti i suoi figli. Tanto parlò che tolse oltre un’ora all’oratore ufficiale, il quale, impaziente pestava i piedi avendo il discorso pronto, tutto scritto, ed essendo impedito a pronunciarlo da quello sconosciuto che, preso il “pallino”, non intendeva mollarlo. Nino parlò a lungo. Poi, quando ormai fisicamente esausto e incapace di districarsi dal ginepraio in cui si era cacciato, concluse con il suo tradizionale grido dal sapore risorgimentale: «Viva l’Italia indipendente e libera; viva l’Italia di Mazzini e di Garibaldi!» www.orasesta.it 6 persona idonea a presiedere il Comitato Provinciale Partigiani della Pace. Io me lo trovai come presidente e ad esso mi rivolsi per sapere su chi potevamo contare. Nino Zana abitava in un dignitoso appartamento in Corso Garibaldi (di fronte alla storica chiesa di S. Luca) e qui mi ricevette nel suo “studiolo”. Fu lui a dare questa definizione alla stanzetta in cui mi ricevette, evidentemente per evidenziarmi il suo essere “uomo di studio” o comunque le sue inclinazioni per gli alti e complessi problemi dello spirito umano. Mi mostrò i Quaderni del carcere di Gramsci; mi rivelò la sua predilezione per i grandi scrittori russi dell’800; mi parlò degli “umiliati e offesi?” di Dostojevski, scrittore fra i suoi preferiti. Mi donò, impreziosendola con una dedica, una copia de La Romana di Moravia. Libro che lessi e che mi piacque. Mi mostrò anche una sua bella collezione di dischi di musica lirica. Mi disse che amava Verdi per i contenuti libertari e risorgimentali della sua opera. Vedi il suo Nabucco, del quale mi fece ascoltare il dolente e possente coro… «Va pensiero sulle ali dorate… oh mia patria sì bella e perduta…» Ormai esaltato dal coro verdiano e felice della mia visita e, soprattutto della mia designazione a segretario del Comitato da lui presieduto, volle farmi ascoltare uno dei brani più belli e travolgenti dell’Andrea Chenier. Confesso che ne rimasi entusiasta e non a caso, quando mi sposai, mi munii di un giradischi e pian piano mi dotai di alcuni dischi che avevano inciso le parti più accattivanti del repertorio lirico, fra le quali lo splendido intermezzo verdiano de La Traviata. Il segretario regionale era furibondo. Affrontò Nino sul palco, incurante dell’imbarazzo dei compagni presenti: «Chi sei, da dove vieni… chi ti ha autorizzato a rovinare una importante iniziativa del partito…» Il segretario regionale contestava a Nino non solo la inaccettabile lunghezza del suo discorso ma anche i suoi contenuti sconclusionati, estemporanei, privi di chiare indicazioni politiche. I compagni presenti riferirono che il segretario regionale prendesse Nino per il bavero e lo scuotesse furiosamente. Reagiva così violentemente perché riteneva che il discorso che l’aveva preceduto aveva danneggiato il partito e, in secondo luogo, perché si sentiva offeso nella sua dignità di segretario regionale. Ma come, uno sconosciuto, un parolaio senza costrutto logico, ignaro dei problemi locali, si permetteva di impedirgli di parlare… «Ma chi è costui…» – andava ripetendo furiosamente – «E la cosa non finisce qui… ne farò una questione con i compagni di Cremona… » Poi gli passarono la parola. Si compiacque per la buona organizzazione della festa, portò il saluto del Comitato Regionale e concluse rapidamente. Ormai il pubblico si era allontanato. La festa era rovinata. Si infilò in un’automobile e partì alla volta di Trento. Scurissimo in volto… Nino Zana, ad un tavolo della festa stava sorseggiando un bicchiere d’acqua minerale. Molti estimatori all’intorno si complimentavano con lui. Nino Giuseppe Zana, un uomo del quale si disse «trasudasse ambizione da tutti i pori». Ne parleremo ancora nel capitolo dedicato alle elezioni politiche del 7 giugno 1953 in cui fu candidato al senato nel collegio di Crema, collegio in cui era già stato battuto l’on. Dante Bernamonti nelle elezioni del 18 aprile 1948. Ugual sorte attendeva Nino Giuseppe Zana. Ma quanto ci volle perché digerisse la sconfitta… www.orasesta.it 7 Ascoltai con interesse le sue inclinazioni culturali, ma cercai, con cautela, di smorzare gli entusiasmi e ricondurlo ai problemi concreti del Movimento, che erano tanti e richiedevano tanto impegno. Mi disse subito di non contare molto su di lui in quanto la sua piccola azienda lo assorbiva e lo “preoccupava”. La “Ranolina tre rose”, fantasiosa denominazione da lui data a un tipo di detersivo, riscuoteva sì l’interesse dei rivenditori ma il mercato, data la limitatezza dei consumi, “tirava poco”. Inoltre il figlio Oberdan, un ragazzo dal cuore d’oro e troppo generoso con gli amici, aveva allegramente amministrato talune fatture che gli erano state pagate dall’affezionata clientela. Da qui qualche preoccupazione per l’economia aziendale. Il comportamento di Oberdan gli aveva messo l’animo in tumulto e mi diceva che acquietava i suoi pensieri tormentosi e gli istinti violenti che gli assalivano la mente ripassando le pagine immortali dei grandi russi dell’800. Temperava e smorzava il fuoco dei suoi impulsi alla luce fosca ma pur sempre luce grandissima, umana e letteraria, di quelle pagine immortali. Altrimenti – mi diceva – la tentazione era forte: «Alzare il pugnale, sì… come Bruto fece con Cesare!…» Io trasecolavo. Capivo il suo dramma. Ma mi sembrava dipinto in tinte troppo fosche. Ne seguivo il discorso in silenzio, tutt’al più interrompendolo qua e là con un «ti capisco… ti capisco!» Nino avrebbe potuto sanare agevolmente la situazione mirando a un allargamento della rete della clientela prendendo personalmente contatto con nuovi rivenditori. Ma era un lavoro cui non si sentiva portato. Elemosinare un “ordine” non si addiceva alla sua personalità. Si servì quindi del suo amico Bellintani prima (un rappresentante con velleità linguistiche) e poi, cessato i rapporti con lui, si avvalse del lavoro di Marisa. Fu lei che, con un “Motom”, visitava la rete della clientela. Ne ricavò una infiltrazione apicale al polmone sinistro. Rischiò il ricovero in sanatorio. Lui, Nino Zana, era e restava “uomo di studio”. Andrini l’aveva definito un “temperamento lirico”. Lasciava ad altri i lavori di basso livello. Del resto – com’è noto – i nobili hanno sempre disprezzato le piccole cose. Nino non era un nobile, non ne aveva i titoli (sarà comunque fatto, più tardi, “cavaliere della Repubblica”) ma lo era – così mi parve di capire – per l’elevatezza del suo pensiero, coltivato e maturato nella quiete aristocratica del suo “studiolo”. www.orasesta.it 8 Capii che dovevo rompere gli indugi. Nino… Capisco… e con la dovuta cortesia lo richiamai nuovamente al tema: al Comitato provinciale Pace, su chi potevamo contare per il lavoro che ci attendeva. E la conversazione rientrò nei giusti binari, pur essendo forte l’attrazione ad uscirne. Riuscimmo a tirar fuori alcuni nomi. Intanto quello di Dante Bernamonti, uomo stimato che, dopo la sconfitta nelle elezioni politiche del 18 aprile ’48 nel collegio senatoriale di Crema, ora dirigeva l’UCCC (Unione Cooperative Cremonese di Consumo) la nostra Coop di quegli anni. Bernamonti aveva partecipato a Parigi (Sala Pleyel5) alla storica riunione in cui si diede vita al Movimento. Pensammo che una mano poteva darla. Pensammo alla possibilità di impegno di Sergio Quintarelli, già iscritto al PSLI poi passato al Pci, impiegato all’Inps, un uomo che si rivelerà fra i più attivi e entusiasti membri del Comitato. Emerse anche il nome del dr. Rodrigo Malinverno e di sua moglie Giocasta Anselmi, insegnante, figlia del noto scultore Anselmi, di cui posseggo una bella “portinaia” in terracotta; vagliammo la figura della maestra Dirce Sala, anch’essa socialista come i coniugi Malinverno. Per quanti sforzi facessimo non sapemmo tirar fuori altri nomi se non qualche nome di chiara estrazione comunista come Gianfranco Carnevali della Federcoop e Gianfranco Dazieri della Camera del lavoro. Come si vede i legami con l’esterno erano pressoché nulli. Non solo: ma dei nomi che avevo accuratamente annotato su un foglio di carta mi avvidi subito che erano persone sicuramente valide ma molto prese dal loro lavoro professionale o politico o sindacale. Non potevo quindi contare molto su un loro contributo assiduo per riunioni o conferenze serali. Tutti questi nomi andavano tenuti buoni per ottenere quanto era possibile ottenere; per il resto avrei dovuto darmi d’attorno per trovare qualche sponda, magari meno rappresentativa ma più sicura per l’impegno pratico. Con Nino Zana concordai che avrei preparato una relazione in cui fosse sintetizzata la situazione politica internazionale e fissate le line di lavoro del comitato, da presentare alla Giunta d’Intesa (Pci-Psi) per richiamare i due partiti all’assunzione di loro precise responsabilità in ordine alla lotta per la pace e circa il sostegno che essi dovevano garantire al Comitato pace il quale, sottolineai, «non può essere lasciato a se 5 La manifestazione di Parigi segnò (era il 25 aprile 1949) la fondazione del Movimento Partigiani della Pace. Vi parteciparono ben 2198 delegati provenienti da 72 paesi della terra. Fra di essi l’onorevole Dante Bernamonti di Cremona. www.orasesta.it 9 stesso». «Sicuramente non in grado, da solo, di fronteggiare l’ampia e complessa problematica che bisognava affrontare.» Nacque così la relazione che nella tarda primavera del 1952 presentai alla Giunta d’Intesa riunita nel palazzo delle Poste vecchie, sede del Pci. Credo giusto riproporla nel suo testo integrale, in questi “Appunti autobiografici” in quanto ritengo che da essa esca un quadro, parecchio particolareggiato, dei problemi politici del Movimento e delle iniziative (fin troppo minuziosamente indicate) per richiamare la gente, al di sopra di ogni opinione politica-religiosa, su di essi. Da questa relazione emerge chiara anche l’estrema debolezza politicoorganizzativa del Movimento di cui iniziavo a fare il segretario. www.orasesta.it 10 Testo della relazione presentata alla giunta d’intesa Pci-Psi Cari amici, nella risoluzione del CC del Pci, pubblicata il 29 giugno, si legge: «Il pericolo più grave viene senza dubbio dagli atti sempre più seri che i gruppi dirigenti imperialisti stanno compiendo per esasperare le relazioni tra i popoli e spingere alla guerra. Sono stati fatti risorgere in Estremo Oriente il militarismo giapponese, nella Germani Occidentale il militarismo tedesco come strumenti di provocazione e aggressione agli ordini dell’imperialismo americano. Le trattative di armistizio in Corea sono state sabotate dagli americani e la guerra di costoro contro il popolo coreano prende il carattere di guerra di sterminio di tutta la popolazione. In Europa, il rifiuto degli imperialisti di giungere attraverso il rispetto dei trattati e l’accordo con l’Unione Sovietica a ricostruire l’unità di una Germania democratica e pacifica crea un focolaio di guerra minaccioso. La collaborazione economica e persino culturale tra i popoli è impedita, i popoli sono schiacciati da sempre nuove spese militari; le loro libertà democratiche sono minacciate di distruzione per impedire che essi si uniscano e lottino contro il pericolo di guerra.» [Viene quindi indicato l’aggravamento del pericolo di guerra6.] La distruzione di 78 città coreane Infatti Truman [allora presidente degli USA] e gli uomini del Pentagono, resi furiosi dalla loro impotenza contro il popolo coreano, sono ricorsi all’assassinio in massa ordinando la distruzione di 78 città e villaggi della Corea settentrionale. Con un solo bombardamento effettuato in un sobborgo di Pyongyang sono state assassinate 600 persone. Gli uomini del pentagono affermano di seguire questa tattica per piegare con il “metodo forte” i cinocoreani nella trattativa per la tregua. È vero invece che proprio gli americani in modo aperto e sfacciato, rimandando sistematicamente le trattative, rivelano non solo di voler la continuazione della guerra in Corea, ma di tendere anche ad un allargamento del conflitto. I bombardamenti sulla Manciuria e sulle centrali elettriche dello Yalu [fiume che segna il confine fra Corea e Cina] – sono gli indici rivelatori di questa criminale volontà. Il “Patto del Pacifico” Nonostante questi metodi forti, gli imperialisti vedono vacillare il loro prestigio e perciò sono ricorsi all’estremo crimine della guerra batteriologica. Per riuscire a spingere a fondo la loro politica di allargamento della guerra, hanno tentato di coordinare le loro forze in Estremo Oriente. A questo proposito si è svolta la scorsa settimana la conferenza di Honolulu, alla quale hanno partecipato gli USA, la Nuova Zelanda, l’Australia e il Giappone. Con essa si tendeva a creare il Patto del Pacifico, uno strumento che equivalga al Patto Atlantico. Poiché questo patto presupponeva il riarmo e l’inserimento in esso del Giappone, la Nuova Zelanda e l’Australia hanno puntato i piedi al muro e la conferenza è fallita. Ma, indipendentemente dal fallimento, quale elemento per il nostro giudizio politico, rimane il tentativo che rivela con chiarezza gli intendimenti degli imperialisti. 6 Da qui in avanti tra parentesi quadre e a caratteri in corsivo i commenti inseriti dall’autore nel corso della redazione di questi “Appunti biografici”. www.orasesta.it 11 [Tutto in quegli anni dimostra la forte determinazione USA di voler creare un potente dispositivo militare di oggettivo accerchiamento dell’URSS e della Cina. In Europa con il Patto Atlantico, in Estremo Oriente con il Patto del Pacifico.] L’intendimento ad allargare il conflitto è rivelato anche da fatti che dall’Oriente si spostano al continente europeo. Il bombardamento dell’Isola Gamma Il tentativo del governo greco che, sotto la direzione di Ridgway [generale americano] ha fatto aprire il fuoco contro l’isola Gamma, isola che si trova sul fiume Maritza e che segna un tratto di confine meridionale della Grecia con la Bulgaria, è una gravissima provocazione, in quanto l’isola è attribuita al territorio bulgaro in base al trattato di pace del 1947. Se i bulgari non avessero sventato con fermezza la provocazione [come, non lo ricordo!] forse oggi nei Balcani divamperebbe l’incendio della guerra. L’automatico intervento nel conflitto da parte delle potenze aderenti al Patto Atlantico, come il Patto stabilisce, avrebbe significato per il nostro paese la partecipazione alla guerra. [Volente o no il Parlamento.] La ferma militare a 24 mesi L’eguagliamento della ferma militare a 24 mesi per tutti i Paesi aderenti al Patto Atlantico . Teniamo presente che per gli imperialisti lo scatenamento della guerra è il punto di confluenza di tutta la loro impostazione politica. È tenendo conto di questa impostazione, riflessa anche negli articoli 72 e 73 del Patti Atlantico, che Rudgway ha insistito perché la ferma militare fosse eguagliata per tutti i paesi a 24 mesi. Il possente sciopero generale del popolo belga ha fatto rimanere temporaneamente insoluto questo problema. Una decisione di questo genere [ove fosse assunta] comporta dei gravi oneri per la nostra economia. È sintomatico quanto in proposito ha scritto La Provincia [quotidiano di Cremona]: «La carenza di armi e fondi non permette allo stato attuale, al Governo italiano di prolungare la durata della coscrizione.» [Sembra dire: avanti nel tempo si vedrà… Di ogni episodio inteso ad accrescere la tensione nel mondo, si mette in rilievo le opposizioni, grandi e piccole che si manifestano. Bisognava aggrapparsi a tutto.] I “marines” in Italia Questa situazione è tanto più grave dopo che il comunicato del Comando Atlantico in Europa ha annunciato che «con l’approvazione del Governo italiano gli stormi della 6a flotta coopereranno con la forza italiana nella tecnica dell’appoggio alle truppe di terra». Secondo La Provincia questi stormi saranno dislocati a Treviso “in eventuale difesa dei nostri confini”. Di fatto ci troviamo di fronte all’applicazione della famigerata “convenzione di Londra”, non ancora approvata dal parlamento italiano. [Alcune precisazioni: 1) non si tratta di “marines” ma di aerei USA e relativo personale; 2) la loro dislocazione in Italia non è conseguente alla Convenzione di www.orasesta.it 12 Londra ma alla nostra adesione al patto Atlantico; 3) la Convenzione di Londra7 disciplina lo status delle forze militari straniere (es. americani) presenti nei paesi aderenti al Patto Atlantico.] Il severo giudizio di Pietro Nenni Il compagno on. Pietro Nenni, nel suo discorso al Teatro Lirico di Milano, valutando i pericoli che incombono sulla pace, ha detto: «la stessa brutalità con la quale, in questi ultimi tre mesi il Pentagono americano ha “tirato diritto” nella politica di divisione della Germania, che rischia di creare la Corea nel cuore dell’Europa, è la prova della precarietà della pace. Non solo l’America non ha tenuto conto dell’opposizione del Movimento mondiale dei partigiani della pace ma neppure di quella dei socialdemocratici tedeschi di Schumacher, a giudizio dei quali la firma della pace separata della Germania con l’occidente è un lutto per la Germania. L’Europa è tutta sossopra ed in questa il nostro governo è il solo… a non aver una parola da dire, ad affidarsi al destino.» Dinnanzi a questa situazione ci è venuto un chiaro richiamo dai CC del Psi e del Pci. Infatti nella risoluzione conclusiva del CC del Psi si legge: «Il CC del Psi approva unanimemente la relazione del segretario del partito e invita le organizzazioni centrali e periferiche: 1) a recare il massimo contributo alla lotta contro la guerra, a sviluppare nel Parlamento e nel paese l’opposizione alla Convenzione di Bonn, allo “statuto di Londra” per il soggiorno delle truppe straniere in Italia, agli accordi per l’esercito europeo [CED] e l’azione a favorire l’incontro delle grandi potenze per la unificazione e la neutralizzazione della Germania, garanzia indispensabile di pace in Europa». Il richiamo dell’on. Palmiro Togliatti Lo stesso Palmiro Togliatti parlando all’ultima sessione del CC del Pci richiamava il Partito sui compiti che ad esso derivano dell’aggravato pericolo di guerra. Ha detto: «In questa situazione è certo che per noi il compito principale, l’obiettivo che dobbiamo porre al centro di tutta la nostra attività, rimane la lotta per la pace. Di qui deve partire tutta la nostra azione, questo deve essere il centro di tutta la nostra propaganda e agitazione, di tutto il nostro Movimento. Dobbiamo intanto riconoscere che in questo campo non siamo riusciti ad ottenere ancora tutti i risultati che potevamo ottenere.» [Citai Nenni, il CC del Psi e Togliatti per dimostrare quanto i vertici dei due partiti fossero seriamente impegnati sul problema della pace.] La critica di Togliatti è confermata dalla situazione provinciale Questa critica trova una conferma dall’analisi della nostra situazione provinciale. Il Comitato Provinciale della Pace ha vissuto stentatamente per una effettiva sottovalutazione del problema. Teoricamente si è sempre compresa l’importanza del 7 Sulla Convenzione di Londra indico la seguente bibliografia: 1) Che cosa è la Convenzione di Londra del 19 giugno 1951? Testo ufficiale del disegno di legge governativo sullo Statuto delle truppe straniere in Italia, con note e commento del prof. Avv. Massimo Severo Giannini, ordinario dell’Università di Perugia, edito a cura del Comitato Nazionale Partigiani della Pace, Roma, 1952. 2) Prof. Avv. Massimo Severo Giannini, L’occupazione militare in Italia in relazione alla Convenzione di Londra. A cura del Comitato Nazionale Partigiani della Pace, Roma, 1952. www.orasesta.it 13 problema della pace, ma nei fatti l’attuazione e il contributo al Comitato provinciale dei partigiani della pace sono stati scarsi. In conseguenza di ciò abbiamo avuto risultati insoddisfacenti. - Firme contro l’atomica n. 141.000 contro l’obbiettivo di 180.0008; - Firme in calce all’appello di Berlino n. 128.000 contro un obbiettivo di 150.000; - la campagna per i “quaderni della pace” si è sviluppata solo in 4 comuni: S. Giovanni in Croce, Piadena, Pescarolo9 e Gadesco Pieve Delmona. Ma queste iniziative si sono fermate al livello propagandistico e non sono state tradotte in azioni concrete di lotta per la soluzione di quei problemi emersi con l’inchiesta per la compilazione dei “quaderni”. [I “quaderni erano una raccolta di documentazioni sui danni della guerra in sede locale e sui problemi che, sempre in luogo, dovevano essere affrontati e risolti. Costituivano un apporto all’idea di ridurre le spese per gli armamenti e per investimenti in opere di pace. Un contributo anche al “Piano del lavoro” della Cgil.] Il fatto che i due partiti, e in una certa misura anche gli organismi di massa, si siano sostituiti al Movimento della pace, in occasione della venuta in Italia di Ridgway, esprime la progressiva perdita del Comitato provinciale pace della propria autonomia e personalità10. 8 Il Comitato Mondiale dei Partigiani della Pace venne convocato d’urgenza a Stoccolma per assumere una posizione contro il pericolo di una guerra atomica. La riunione del Comitato si svolse dal 15 al 19 marzo 1950. Da questa riunione venne lanciato l’appello che esigeva l’interdizione assoluta dell’arma atomica. In tale appello si diceva: «Noi chiediamo: … che venga proibito l’uso delle armi atomiche, che le bombe atomiche oggi esistenti vengano distrutte, che non ne vengano costruite altre, che sia dichiarato criminale di guerra il primo governo, qualunque sia, che faccia ricorso alle armi atomiche e che questi principii siano sanciti in un solenne patto internazionale.» In 6 mesi, in calce a tale appello, si raccolsero nel mondo 519 milioni di firme; in Italia le firme furono 16.690.000, «pari al 37% dell’intera popolazione». In provincia di Cremona furono 141.000 rispetto all’obiettivo di 180.000. Fu comunque un grande successo se si considerano le condizioni di difficoltà in cui operava il Comitato Provinciale Pace diretto dal comp. Giuseppe Merlini. 9 Nel testo della relazione alla Giunta d’intesa Pci/Psi è già stato illustrato il significato politico dei “quaderni della pace”. Sull’iniziativa di Pescarolo scrissi un articolo, pubblicato su Lotta di Popolo, in cui illustravo i disastrosi effetti della guerra nella vita locale. Tale articolo si trova, nel testo originale, fra le mie carte, ne sono certo, ma non sono riuscito a rintracciarlo. Di ciò mi rammarico, in quanto era mia intenzione trascriverlo a testimonianza della minuziosa, interessante ricerca che i compagni locali facevano sugli effetti della guerra. I risultati della ricerca servivano come base per la richiesta di una politica di pace. 10 Il generale Ridgway in Italia. Nel 1952 lo scontro fra i blocchi militari contrapposti è fortissimo. La guerra fredda che si ritiene (e giustamente) il preludio di quella “calda” costituiva la linea strategica della politica estera occidentale cui, con egual moneta rispondeva quella orientale. Il mondo viveva sul cosiddetto “equilibrio del terrore”. Il generale americano Matthew Ridgway, già comandante delle forze militari alleate in Corea, nella guerra contro il Nord, nei primi mesi del 1952 era stato nominato comandante generale delle forze militari del Patto Atlantico. Succedeva al generale Eisenhower. Il 16 giugno 1952 Ridgway viene in Italia per incontrare il presidente Luigi Einaudi. Per il movimento della pace Ridgway era un simbolo di guerra, anche di quella batteriologica. Tant’è che venne detto il “generale peste”. Da qui le forti manifestazioni contro la sua venuta in Italia per la politica di guerra che rappresentava; manifestazioni che sfociarono anche in astensioni dal lavoro. A Cremona la protesta, quando non spontanea, fu promossa e diretta dai partiti di sinistra e anche dalle organizzazioni di massa. Non vi fu una presenza specifica di promozione e direzione della protesta da parte del movimento della pace. Ma il giudizio critico, contenuto nella relazione alla Giunta d’intesa, a distanza di 44 anni (siamo nel 1996) sembra a me che debba essere rivisto. Ciò perché i Comitati pace non erano presenti in tutti i comuni della provincia e la loro composizione era debole politicamente e scarsamente rappresentativa delle forze politiche-sociali. Perciò fondamentalmente deboli e privi di quella autorità che è indispensabile per mettersi alla testa di un movimento di massa. Attribuirgli, in queste condizioni, di www.orasesta.it 14 La nostra prospettiva Noi abbiamo in prospettiva il “Congresso del popolo cremonese” e il “Congresso mondiale dei popoli” di Vienna. Congressi che devono essere preceduti da un grande dibattito in mezzo all’opinione pubblica; congressi ai quali debbono partecipare non solo le forze organizzate o comunque collegate al fronte della pace, ma anche forze nuove che è nostro dovere aiutare ad esprimersi, senza avere la pretesa di portarle sulle nostre stesse posizioni politiche. Ecco perché il Congresso di Vienna non è il 3° Congresso Mondiale dei “Partigiani della pace”, bensì il “Congresso dei popoli”. [Un congresso, quello di Vienna, che guardava oltre l’area propria dei partigiani della pace. Quindi la sua preparazione era molto impegnativa.] promuovere e dirigere una protesta generalizzata, significa fare del puro velleitarismo in quanto mancano le condizioni oggettive per assolvere a tale ruolo. Devo concludere che in quegli anni il “velleitarismo” era molto diffuso. Molta più capacità di intervento avevano invece i tradizionali partiti di sinistra e le organizzazioni democratiche di massa, per esempio il sindacato Ed è quel che avvenne. Analoghe forti manifestazioni di protesta si ebbero un anno prima, il 17 giugno 1951, in occasione dell’arrivo a Roma del generale americano Dwight Davis Eisenhower. Nel 1952 Eisenhower verrà eletto presidente degli Stati Uniti. www.orasesta.it 15 La nostra piattaforma politica di mobilitazione A) – Corea: contro la guerra batteriologica. Con questa campagna dobbiamo ottenere: 1) che ogni cittadino conosca l’esistenza e le forme della guerra microbica, come è stata preparata a condotta11. 2) comprenda che questa guerra, insieme a quella del napalm e dell’atomica e dei massacri dei prigionieri di Kojedo, simboleggia quella che potrebbe essere la “guerra totale” , orribilmente distruttiva, di domani. 3) come questo tipo di guerra di sterminio è ideologicamente giustificata da quanti predicano lo “spirito di crociata”, da quanti sostengono che è impossibile la coesistenza pacifica dei differenti sistemi sociali e politici. 4) Esigere l’approvazione da parte degli Stati Uniti e del Giappone della Convenzione di Ginevra del 1925. [La convenzione che vieta la guerra chimica e batteriologica.] B) – Contro il riarmo tedesco. Le decisioni prese a Bonn e a Parigi rendono immediato il pericolo che la Germania diventi una seconda e ben più tragica Corea in Europa, dando luogo a un conflitto che non potrebbe essere localizzato. Di qui l’immensa importanza mondiale della lotta contro il riarmo tedesco. Accanto a questo grande motivo politico ragioni particolari di sicurezza, dignità, onore nazionale, rendono particolarmente sensibili a questo problema anche uomini [e donne] che non condividono le opinioni dei Partigiani della Pace, ma che, come noi, giustamente temono la ratifica e la realizzazione degli accordi di Bonn e di Parigi. [Cioè si teme la rinascita del militarismo tedesco.] 11 La guerra batteriologica in Corea, condotta dagli americani, fu uno degli argomenti usati con insistenza e vigore dal Movimento per la pace per invocare la fine della guerra. Qui di seguito la bibliografia su cui ci si basava per la nostra campagna: 1) Documenti sulla guerra batteriologica in Corea. Prefazione di Luigi Russo, edito a cura del Comitato Provinciale dei Partigiani della pace di Firenze. 31 maggio 1952. 2) Mordello Morellini, Storia e fondamenti scientifici dell’aggressione microbica. Estratto dalla rivista Società, anno VIII, n. 2, giugno 1952. 3) Yves Farge, Rapporto sulla guerra batteriologica, al Consiglio Mondiale della Pace, Berlino, 1-6 luglio 1952. A cura del Comitato Nazionale dei Partigiani della Pace. 4) Maria Maddalena Rossi, La guerra della peste minaccia tutti i bambini del mondo. Discorso pronunciato alla Camera dei Deputati dall’on. M. M. Rossi. A cura dell’UDI, ottobre 1952. Sull’ultima pagina della copertina di questo opuscolo sono indicati i nominativi dei compagni e le località in cui erano designati a tenere le riunioni. I loro nomi e gli organismi da cui provenivano indicano il vasto impegno che si era riusciti ad ottenere sul terreno della lotta per la pace. Ecco i nomi e le località: Fervari Camillo (Comitato Pace) – Cella Dati, Gerre Caprioli Chiappani Giovanni (responsabile Stampa e Propaganda Pci) – Rivolta d’Adda Garoli Giuseppe (Fgci) – S. Daniele Po Marchini Attilio (Camera del lavoro, Casalmaggiore) Rivarolo Cremonese Donnini Dirce (UDI) – casteldidone Bardelli Mario (Segreteria Pci) – Motta Baluffi Ogni compagno che “usciva” portava con se un pacchetto di opuscoli con l’impegno di diffonderli e farseli pagare per sostenere il movimento. I pagamenti risultavano solo in due comuni, Casteldidone e Rivarolo Cremonese, per un importo complessivo di £. 400. Un episodio che dimostra quanto fosse difficile per il movimento sostenersi. 5) La Pace. Supplemento n. 3. Abbiamo lanciato in Corea armi batteriologiche. Deposizione del col. Schwable e del maggiore Bley dell’esercito americano. L’intero supplemento della rivista è dedicato alle dichiarazioni di alti ufficiali USA sulla condotta della guerra batteriologica. Le documentazioni che il Movimento presentò erano talmente inoppugnabili che l’opinione pubblica ne rimase scossa. Gli USA violavano palesemente la convenzione di Ginevra del 1925. www.orasesta.it 16 Per lottare contro un simile pericolo è necessario: 1) Migliorare la nostra opera di informazione e chiarimento sul problema del riarmo tedesco e sulla possibilità di una pacifica unificazione della Germania. [Ricordo che l’URSS era favorevole a una Germania unificata, purché disarmata e neutrale.] 2) Collaborare [meglio: cercare la collaborazione] con le associazioni combattentistiche, pacifiste e neutraliste, affinché entrino in contatto con il nostro Comitato Pace e si pronuncino su questo problema; 3) Svolgere una azione particolare sugli ambienti socialdemocratici, informandoli sulla posizione dei loro amici inglesi e tedeschi, ottenendo [cercando di ottenere] che vi sia un dibattito e una presa di posizione sempre più larga su questo problema. [Si noti il persistente tentativo di allargare lo schieramento per la pace.] C) - Per la salvaguardia dell’indipendenza nazionale L’indipendenza nazionale per il nostro Paese è sempre più manomessa [meglio: è sempre più limitata], anche se di fronte alla indignazione nazionale i governanti attuali esitano a portare davanti al Parlamento la “convenzione di Londra”. Per salvare l’indipendenza e la Patria è necessario che nuove migliaia di cittadini esprimano la loro indignazione e la loro protesta. Perché ciò avvenga dobbiamo denunciare: 1) La sempre maggiore estensione dell’occupazione straniera di basi militari aeree, porti, zone interne del territorio nazionale; 2) L’intervento straniero nelle questioni politiche e amministrative italiane; 3) la violazione delle libertà costituzionali e, prima fra esse, la libertà degli italiani di parlare e organizzarsi per difendere la pace. [In proposito ricordo l’intervento del prefetto di Cremona nei confronti del sindaco di Castelverde, comp. Giuseppe Maffezzoni, per impedirgli di raccogliere le firme per la pace, vedi mio articolo su Lotta di Popolo.] 4) Il tentativo di subordinare agli interessi militari e alle considerazioni strategiche ogni aspetto della vita nazionale (es. Trieste), 5) L’atteggiamento di chi in nome di un sedicente “europeismo” cerca di camuffare come federalismo e internazionalismo le vergogne dell’abdicazione alla nostra sovranità nazionale a favore di una potenza extraeuropea. [Cioè mentre si brandivano gli stendardi dell’europeismo, di fatto si assoggettava il paese agli USA. Da qui il carattere strumentale che si individuava nell’europeismo.] Questa azione deve essere rivolta in modo particolare verso i giovani e il mondo combattentistico. Con questa azione noi ci proponiamo di iniziare ed estendere la lotta contro la famigerata “convenzione di Londra”. [Il tiro, come si vede, si sposta sugli effetti del Patto Atlantico.] D) – I quaderni della pace e della rinascita - Con questa campagna, schiettamente nazionale, noi dobbiamo denunciare il peso enorme delle spese militari aperte e nascoste, delle spese di polizia, per creare il “retrofronte”. [Cioè un “fronte interno” che si oppone alle spese di guerra e di fatto alla eventualità della guerra.] - Denunciare la distorsione del commercio estero nazionale in conseguenza della attuale politica americana che tende a creare il cosiddetto “blocco economico” al mondo orientale. [I paesi dell’Est e l’URSS, con pesanti conseguenze per la nostra economia.] - La nostra parola d’ordine è: “precedenza alle spese civili su quelle militari straordinarie”. [Questa indicazione si poneva nella linea indicata dopo la terribile alluvione del Po nel novembre 1951.] www.orasesta.it 17 Su questa base si devono mobilitare il Movimento della pace, i partiti e gli organismi democratici - Queste sono le principali campagne sulle quali deve poggiare l’azione specifica del Movimento dei partigiani della Pace e degli organismi ad esso aderenti. Abbiamo detto di tutti gli organismi aderenti, in quanto ognuno di essi deve sviluppare iniziative proprie [specifiche] di pace, dare alla nostra iniziativa una giustificazione costituzionale. - A questo proposito [delle “iniziative specifiche”] è bene ricordare che la risoluzione della Commissione di organizzazione del Pci afferma: «È necessario intendere in primo luogo che – se è vero che i compiti della lotta per la pace sono i compiti centrali di tutto il nostro lavoro, essi si devono tradurre in iniziative politiche, in attività propagandistica, in azioni di lotta in tutti i settori, in quello sindacale, cooperativistico, ecc. non meno che in quello specifico dei Partigiani della Pace.» Più oltre: «Si tratta di proporre nelle organizzazioni sindacali, in tutte le organizzazioni di massa delle iniziative di pace caratteristiche – adeguandosi alla natura e ai compiti specifici di ogni singola organizzazione – Siamo sicuramente capaci di orientare la lotta per un apporto alla causa comune della pace.» Cosa intendiamo fare come Partigiani della Pace 1) – Corea: Contro la guerra batteriologica. – Noi intendiamo condurre una vasta campagna propagandistica che si riassume nelle seguenti iniziative: A) – Comizio centrale in città per il lancio del “Congresso mondiale dei popoli” che riassume i 4 temi fondamentali della nostra campagna politica in difesa dell pace; B) – Lancio di un manifesto in tutta la provincia che riassum i 4 temi fondamentali ed indichi il Congresso provinciale e quello di Vienna: C) Invio dell’opuscolo di Yves Farge a tutti i medici della nostra città con allegato un questionario, con domande in cui si chiede il loro pronunciamento; D) Diffusione di 3.000 opuscoli di Yves Farge. Di questo opuscolo fare una grande diffusione nelle feste della stampa democratica; E) una vasta campagna giornalistica utilizzando il “rapporto” di Farge suddividendo gli argomenti fra i 2 settimanali Lotta di Popolo e L’Eco del popolo; F) tenere 10 comizi sul tema “pace in Corea per garantire la pace nel mondo”. I comizi si terranno nelle seguenti località: Scandolara Ravara, S. Martino del Lago, Casteldidone, Rivarolo Cremonese, Olmeneta, Binanuova, Tornata, S. Savino (Cremona), Offanengo, S. Bernardino (Crema), Casaletto Sopra, Romanengo. [Quasi tutte località non facili per l’area politica della sinistra. L’iniziativa per la pace voleva essere un tema capace di scuotere anche le aree sociali più refrattarie. ] G) - Fare comizi rionali in città: Porta Po, Piazza S. Anna, Piazza Castello, S. Bernardo, S. Sebastiano - Comizi ai tre turni della Star di Pizzighettone - conversazioni qualificate poggiando sui medici Nolli Francesco, Pugnoli Stefano, Malinverno Rodrigo. [I primi due comunisti, il terzo del Psi] - Questo è un problema che abbiamo ritenuto bene dibattere in queste località apatiche, per far leva sul senso umano della popolazione locale che mentre può rimanere insensibile su altri problemi, non può esserlo su questo. www.orasesta.it 18 2) - Contro il riarmo tedesco A) Volantino rivolto ai reduci, combattenti e partigiani; B) pubblicare il testo degli accordi di Bonn; con lettera da inviare ai dirigenti delle associazioni combattentistiche provinciale e comunali; C) campagna giornalistica che verta sui seguenti temi: 1) i responsabili della divisione della Germania; 2) la politica americana di riarmo della Germania di Bonn, 3) la lotta per la pace nella Germania occidentale; 4) noi siamo interessati all’unificazione tedesca come indicato dall’URSS e dalla Repubblica Democratica tedesca; D) Iniziativa verso il Partito Socialdemocratico; E) Assemblea provinciale degli ex combattenti e reduci poggiandosi su Mario Orsini e Maranesi. [Orsini dirigente dell’Associazione, iscritto al Pci.] - Puntare subito su Pieve d’Olmi, Piadena, S. Giovanni in Croce, Gussola dove abbiamo l’Associazione diretta da nostri compagni; F) – Conferenze specifiche a Castelverde, Spinadesco, Picenengo (Cremona), Cingia de’ Botti Vidiceto (frazione di Cingia de’ Botti), S. Daniele Po, Torricella del Pizzo, Pieve d’Olmi, Solarolo Monasterolo (Motta Baluffi), Martignana Po. Queste conferenze saranno rivolte agli ex combattenti, reduci e partigiani. [Impostazione restrittiva, anche se era giusto considerare la particolare sensibilità di queste categorie. Al punto C) paragrafo 4, si precisa il nostro interesse alla unificazione tedesca secondo le proposte dell’URSS e della DDR. Questa non è una professione di fede allo stato guida (l’URSS) ma un interesse effettivo a una proposta che avrebbe probabilmente risparmiato tanta pericolosa tensione all’Europa e al mondo. ] 3) - Per la salvaguardia dell’indipendenza nazionale A) – Far stampare il progetto della convenzione di Londra, con spazio per un commento, da inviare agli avvocati di Cremona, Crema, Soresina e Casalmaggiore, chiedendo il loro parere in proposito; B) – Far stampare un volantino con alcuni articoli della “convenzione”, da distribuire agli studenti, facendo leva sul loro spirito patriottico. Il volantino deve essere rivolto anche ai giovani di Azione Cattolica; C) – Fare un paginone di Lotta di Popolo con “l’atto di accusa” con grande diffusione straordinaria ad opera dei giovani della Fgci; D) – Diffusione di massa dell’opuscolo “Atto di accusa” da parte della Fgci con allegato l’invito a partecipare alle seguenti conferenze. Cremona (con oratore nazionale), Bagnara (Cremona), Annicco, Bonemerse, Ca’ d’Andrea, Casanova d’Offredi, Castelverde, S. Martino in B., Acqualunga, Sospiro, Tidolo, Longardone, Vescovato, Pieve Terzagni. Abbiamo ritenuto giusto puntare su queste località in quanto vi è una certa forza della gioventù [Fgci]. www.orasesta.it 19 4) - Quaderni della pace e della rinascita A) Elaborare il quaderno; B) Conferenze sul seguente tema: “Imponiamo la priorità delle spese civili su quelle militari di carattere straordinario”. Le conferenze si dovrebbero tenere nelle seguenti località: rioni della nostra città, Crema, Rivolta d’Adda, Spinadesco, Stagno Lombardo, Gussola, Piadena, S. Giovanni in Croce, Casalbuttano, Spino d’Adda, Pescarolo, Pieve S. Giacomo, Soncino, Romanengo, Pessina Cremonese, zona casalasca in legame con il problema della disoccupazione e del canale [vedi mio articolo dedicato al lavoro pubblicato su Lotta di Popolo] - Sempre sul problema dei “quaderni”, si dovrà condurre un’azione nelle seguenti fabbriche: Everest (questione Remington), Ferriera (piano Schuman), Linificio (crisi tessile), Latteria Soresinese, Boldrini (Cremona) ATA (Pizzighettone). C) – fare 3 riunioni: per le vedove di guerra; i pensionati e i mutilati, mettendo in relazione la loro situazione con la necessità di un mutamento dell’attuale politica governativa. D) – rivolgere un volantino ad esercenti, commercianti, artigiani, sulla grave situazione economica. - Quelle elencate sono manifestazioni di varia natura, nelle quali si deve concludere con ordini del giorno di protesta, relativi al tema trattato. Farli sottoscrivere. - Creare delegazioni che si rechino dalle autorità per chiedere l’esecuzione di quei lavori pubblici che si collocano nel problema della rinascita. [È sempre lo spirito del piano della Camera del lavoro.] - Nominare i delegati al Congresso del popolo cremonese”. Uomini di ogni fede. - Creazione del locale Comitato Pace che porterà avanti l’attività che consiste: Sviluppare ulteriormente il dibattito sul tema trattato nelle manifestazioni; garantire la partecipazione dei delegati al Congresso provinciale; raccogliere fondi per l’invio dei delegati al Congresso di Vienna; raccogliere abbonamenti alla rivista La pace e al periodico Il rinnovamento d’Italia; realizzare un contributo mensile per il Comitato Provinciale della Pace. Obiettivi - Garantire la partecipazione di almeno 300 delegati al congresso provinciale. - Inviare 12 delegati a Vienna: 1 donna che esprima il raccapriccio per la guerra in Corea (UDI); 1 ex combattente che esprima l’avversione al riarmo tedesco; DC di Gadesco Pieve Delmona; 1 avvocato che esprima l’incostituzionalità della Convenzione di Londra; un giovane che simboleggi il patriottismo della gioventù, possibilmente un giovane di Pessina Cremonese carcerato in occasione della venuta di Ridgway in Italia (Fgci); 1 socialdemocratico di Crema che esprima l’unità della lotta per la pace, 1 esercente che simboleggi la crisi economica riflesso della politica governativa, un operaio (Camera del lavoro); 1 salariato agricolo (Federbraccianti); 1 cooperatore (Federcoop); inoltre le seguenti fabbriche e le seguenti località dovrebbero inviare un loro delegato: Star di Pizzighettone, Everest (Crema) Latteria Soresinese, Piadena; 1 amministrazione comunale (Lega comuni democratici). [Come vedremo, questo obiettivo sarà solo una buona intenzione. La delegazione sarà molto ridimensionata.] - Diffusione de La Patria, bollettino mensile di direttive. - Creare 35 Comitati Pace funzionanti. Non diciamo 55, com’è il numero dei comuni che dobbiamo toccare con le varie manifestazioni, in quanto in alcuni di essi si tratta www.orasesta.it 20 solo, per il momento, di scuotere l’opinione pubblica e trovare almeno un elemento di collegamento con il Comitato provinciale. - Ampliare il Comitato provinciale su una base nuova includendovi elementi indipendenti e tentando di portarli a posti di responsabilità. - Raccogliere 70 abbonamenti a la Pace, soprattutto fuori dei nostri ambienti. - Raccogliere 10 abbonamenti a Rinnovamento d’Italia. I compiti dei partiti e degli organismi di massa - Considerato che oggi nelle istanze dei due partiti [Pci, Psi] il problema della pace non è sufficientemente valutato, ne consegue il fatto che i militanti dei 2 partiti non sono, nell’ambito dei Comitati Pace, le forze propulsive. Per questa ragione i 2 partiti devono dare un orientamento preciso in ogni loro riunione che tengono nelle località della provincia. I partiti debbono puntare il dito perché le sezioni nei comuni mettano a disposizione del Comitato un uomo [valido]. Suggeriamo le seguenti iniziative: A) – Riunione dei 2 apparati (Pci-Psi) per informarli su questa svolta dell’attività in rapporto alle decisioni dei 2 comitati centrali; B) – Comunicato della Giunta d’intesa da pubblicarsi sulla stampa; C) nei 55 paesi prescelti si facciano riunioni di Giunta d’intesa in modo da spianare la strada al lavoro del Comitato pace; D) dove non vi sono Giunte efficienti, fare delle assemblee socialcomuniste in cui si chiarisca ideologicamente il problema della pace e i compiti pratici che ne derivano ai socialcomunisti in rapporto alla particolare natura delle nostre manifestazioni; E) – nelle riunioni comunali delle Giunte d’Intesa porre in primo piano il problema della pace; F) – riunione dei compagni che lavorano negli organismi combattentistici per mobilitarli sul problema tedesco; G) Mettere a disposizione del Comitato provinciale un elemento qualificato che si specializzi nel lavoro della pace. Il Pci ha messo a disposizione l’amico Franco Dolci e il Psi l’amico Maggi [Era Dismo Maggi?] H) – Mettere a disposizione l’automezzo una sera alla settimana e precisamente ogni lunedì, il Pci ogni venerdì; I) – Il CdS del Pci aiuti nell’invio del materiale di propaganda nelle feste della stampa democratica. [Ci si sforza, come si vede, per vincolare i due partiti sul piano operativo, onde creare nei militanti la coscienza del ruolo fondamentale della lotta per la pace.] Nella relazione si è poi passati ad indicare i compiti dei vari organismi: 1) Camera del lavoro. – Per la Camera del lavoro noi, in linea di massima, suggeriamo le seguenti iniziative: a) – riunione dell’apparato per informarlo; b) – nei congressi di Lega e di categoria, siano chiariti i problemi della pace e della guerra, ponendo in relazione la situazione dei lavoratori e la politica di riarmo condotta dal governo; c) – nelle risoluzioni puntualizzare il problema e orientare sulla costituzione dei Comitati pace di fabbrica, ove questi organismi assumano una funzione di primo piano www.orasesta.it 21 ai fini dell’unità della classe operaia nella lotta per la pace. Prestare cura particolare ai lavoratori cattolici e socialdemocratici; d) prendere l’iniziativa specifica di 4 conferenze: una per gli operai della ferriera (Crema) sulla minaccia rappresentata dal Piano Schuman per la nostra siderurgia; una a Cremona sul tema “Le prospettive aperte all’economia cremonese dalla conferenza economica di Mosca” con invito a tutti i commercianti, artigiani e industriali; una a casalmaggiore e un’altra a Soresina sul tema “Imponiamo al governo la priorità delle spese civili su quelle militari di carattere straordinario”. Anche qui invito a commercianti, artigiani, industriali. La Camera del lavoro deve tener presente l’enorme contributo che le deriva dalla compilazione dei “quaderni della pace e della rinascita”; e) – Mettere a disposizione un uomo, e precisamente l’amico Gianfranco Dazieri e l’automobile al giovedì; f) – Impegnarsi per un delegato al Congresso di Vienna. 2) Unione Donne Italiane a) – Riunione apparato per informazione; b) – Diffusione 300 copie opuscolo di Farge; c) – Tenere 10 riunioni di caseggiato in città e 10 riunioni di cascina sul tema della guerra batteriologica. Diffondere in queste riunioni l’opuscolo di Farge e utilizzare la filmina per proiezioni; d) Volantino a 4 pagine riproducente le dichiarazioni del tenente Enoch da diffondere fra le donne [foto insetti – come vettori delle malattie]; e) – Inchiesta giornalistica da condursi in direzione delle lavoratrici tessili nel quadro della campagna dei “quaderni della rinascita” puntando su una quindicina di fabbriche; f) scegliere la delegata femminile per il Congresso di Vienna; g) – Mettere a disposizione un’attivista 2 sere alla settimana per il Comitato Provinciale Pace. 3) Federazione Cooperative. a) Tenere 10 assemblee di cooperatori nelle quali si documentino le conseguenze della politica di riarmo sullo sviluppo commerciale del Movimento Cooperativo; b) Far stampare un volantino da rivolgere a tutti i cooperatori; c) Mettere a disposizione del Comitato Pace l’automobile una sera alla settimana; d) Trovare e finanziare un delegato per il congresso di Vienna; e) Diffondere 400 copie dell’opuscolo di Y. Farge; f) Mettere a disposizione un attivista in permanenza per il Comitato provinciale Pace; 4) Unione Cooperativa Cremonese di Consumo. a) Trovare un delegato da inviare a Vienna e finanziarlo; b) Mettere a disposizione l’automobile una volta alla settimana; c) Diffondere in tutti gli spacci il volantino rivolto ai cooperatori; d) Condurre un’inchiesta sui danni causati al Movimento cooperativo dal fascismo. [Evidentemente si voleva ricordare che il fascismo fu, per se stesso, un danno in quanto distrusse il Movimento cooperativo.] 5) Lega dei Comuni Democratici. a) trovare [e finanziare] un delegato per il Congresso di Vienna che sia possibilmente un elemento non vincolato [sarebbe meglio: Non collegato ai nostri partiti.] www.orasesta.it 22 b) Lanciare un volantino sulle opere pubbliche che non vengono attuate in conseguenza della politica (di riarmo) del governo; c) impegnare gli amministratori comunali, fra i quali una diecina di nostra parte, a partecipare al Congresso del popolo cremonese. Concludevo: «Le iniziative che noi abbiamo suggerito ai partiti e agli organismi di massa, pensiamo debbano essere oggetto di discussione nelle sedi provinciali dei partiti e degli stessi organismi di massa, al fine di definire un preciso piano di attività che si inquadri nel piano generale del Movimento dei Partigiani della pace.» A questo punto proposi gli impegni finanziari dei partiti e degli organismi a favore del Comitato Provinciale pace. Eccoli: Pci Psi CdL Federcoop Fgci Lega Comuni UDI - £. 5.000 “ 5.000 “ 10.000 “ 35.000 “ 2.000 - mensili “ “ “ “ [Dirò che Fgci, UDI, Lega Comuni, in difficilissime condizioni finanziarie, non versarono mai nulla. A fatica si riscossero i contributi degli altri organismi.] «Noi pensiamo – concludevo definitivamente – che il contributo dei partiti e degli organismi di massa debba essere immediatamente definito onde dare al Comitato Pace una certa sicurezza [finanziaria] almeno nella fase iniziale della sua attività che deve svolgere in preparazione del Congresso del popolo cremonese e del Congresso Mondiale dei popoli che aprirà i suoi lavori a Vienna il 5 dicembre.» Commento alla riunione delle Giunta d’intesa Alla mia relazione, i presenti alla riunione della Giunta d’intesa, prestarono molta attenzione. Convennero sulla lucida disamina della situazione e, soprattutto, apprezzarono l’impostazione differenziata delle iniziative. Insomma, emergeva una analisi attendibile, forse un po’ troppo ottimistica sulla possibilità di attuazione delle iniziative. Si prendeva atto, comunque, di una «robusta volontà di fare». Più sfumati furono invece gli impegni “specifici” che ogni partito e organismo democratico era invitato ad assumersi per garantire l’attività del Comitato Provinciale Pace. In ognuno dei presenti pesavano le difficoltà finanziarie, la somma degli impegni propri (diciamo istituzionali) cui dovevano provvedere, ecc. Il che era anche vero. In quel momento la sinistra e il Movimento operaio nel suo complesso erano impegnati sulla proposta di una legge elettorale maggioritaria, poi detta “legge truffa”, su altre leggi ritenute anticostituzionali, sulla crisi economica e le conseguenti iniziative sul “piano del www.orasesta.it 23 lavoro”, ecc. Inoltre la Cgil stava preparando il suo congresso provinciale e nazionale, quindi ai suoi dirigenti e attivisti non è che mancasse il lavoro. Feci tuttavia notare che se tutto ciò era vero, era anche vero che tutti i problemi richiamati nella mia relazione erano di tale livello di acutezza che non potevano essere sottovalutati; ciò derivava dal fatto che essi risentivano della politica di riarmo e di tensione in atto nel mondo. In sostanza la “preparazione della guerra” implicava scarsi investimenti in opere di pace, blocco delle esportazioni in diversi paesi, soprattutto verso l’Est europeo, con effetti negativi per la nostra economia; tale politica presupponeva anche la limitazione delle libertà democratiche (ecco la legge elettorale maggioritaria), ecc. L’affermazione di una nuova politica di pace presupponeva quindi un allentamento di vincoli politici ed economici che stavano soffocando il Paese. Quindi la necessità di un contributo effettivo alla soluzione in positivo dei problemi “specifici” posti nella relazione. A ciò non potevano sottrarsi partiti e organismi democratici coinvolti direttamente (o indirettamente) dai processi politici in atto a livello internazionale. “La pace” non era forse l’anello principale della catena tirando il quale si favoriva la soluzione degli altri problemi? E con calore riproponevo la necessità di un preciso sostegno al Comitato Provinciale pace. Convennero con me, pur riservandosi di parlarne nei rispettivi organi dirigenti. Capivo che si avviava un rapporto difficile, non per le volontà soggettive ma per le difficoltà oggettive in cui ogni partito e organismo democratico si trovava. Mi imposi di ottenere quanto avevo richiesto, dimostrando quel che io e il Comitato Provinciale sapevamo fare. È sempre stato mio metodo tagliar corto, mettere in campo iniziative e cercare di realizzarle utilizzando quanto potevo utilizzare. Fuggire in avanti, sperando che il consenso della gente favorisse la tua audacia. Nel 1952 avevo 27 anni e il piacere per l’iniziativa non mi mancava. Elaborai subito un “piano di lavoro” mirato a interessare la gente sul Congresso Mondiale dei Popoli (Vienna, 12-19 dicembre 1952). Mi fu di aiuto il compagno Sergio Quintarelli, un ex combattente della guerra ’40-’45, le cui esperienze in Russia e in campo di concentramento in Germania (dopo l’8 settembre 1943) l’avevano fatto diventare un convinto e fervente “partigiano della pace”12. 12 Vedi la sua polemica con l’on. avvocato Giuseppe Cappi. www.orasesta.it 24 Dopo la riunione della Giunta d’Intesa (Pci–Psi) presi possesso a tutti gli effetti del mio nuovo incarico e avviai l’attività. Il Movimento andava avanti soprattutto per il mio lavoro e l’apporto di qualche attivista come il compagno S. Quintarelli, del quale ho già fatto cenno. Più tardi fu con me il comp. Camillo Fervari. Non essendo in grado la Fgci, dove lavorava, di sobbarcarsi l’onere dello stipendio, e non essendoci spazi per lui nell’ambito del Partito, praticamente era rimasto senza una occupazione. “Si trovava sulla strada…” e avrebbe dovuto tornare – come si diceva allora – “alla produzione”, cioè al suo lavoro originario. Per Camillo la prospettiva era quella di tornare a fare il bracciante agricolo13. Ma era già iniziato l’esodo dalle campagne e tale soluzione, che a Camillo non piaceva, era impensabile. 13 Camillo Fervari. Nato il 22 gennaio 1932, a Stagno Lombardo. Frequenta i tre anni dell’avviamento professionale presso l’Ala Ponzone Cimino. Terminata la scuola, aiuta il padre che conduce un’ortaglia a mezzadria alla cascina Bugatti, una grossa azienda agricola rivierasca al Po che trovasi nel territorio di Gerre de’ Caprioli. Dal 1948 fino al S. martino 1950 (11 novembre) lavora come salariato agricolo, sempre alla cascina Bugatti. Partecipa alle lotte agrarie degli anni ’49-’50 per il contratto nazionale di lavoro, contro le disdette, per i consigli di cascina. Per 3-4 mesi ha lavorato anche come cavìin (abbattitore di piante). Le piante in quegli anni si cavavano ancora con badile, zappa (sapòon), scure e rasegòon. Un lavoro durissimo che solo un soggetto capace di “adattamento” come Camillo poteva sopportare. Sia pure per pochi mesi. Nel 1949 è membro della Commissione giovanile della Federterra; nello stesso anno si iscrive al partito (Pci). Nell’ottobre 1951 frequenta un corso di 3 mesi (corso nazionale) della Fgci a Milano. Nel gennaio del 1952 passa alla Fgci di cui è segretario Giuseppe Garoli. Poi inizia la “crisi”, anche finanziaria, della Fgci e sul finire del 1953 – inizio 1954 Camillo passa al Comitato Provinciale Pace. Quando era alla Fgci, gli fu negato il passaporto per partecipare al Festival Mondiale della Gioventù a Berlino. La negazione del passaporto era una delle odiose forme persecutorie dei governi a maggioranza Dc, contro il Movimento democratico. Si impediva al cittadino la libera circolazione all’estero, pur chiaramente prevista dalla nostra Costituzione. Notevole fu la sua presenza nella vita amministrativa pubblica. Dal 1957 al 1975 fu sindaco di Gerre de’ Caprioli. Per ben 18 anni fu primo cittadino e del suo impegno ha lasciato un buon ricordo nella popolazione locale. Dal 1975 al 1980, durante la presidenza di Franco Dolci, fu assessore al bilancio nell’Amministrazione Provinciale di Cremona. Un impegno non facile, ma avendo il gusto dell’esame minuzioso delle poste e la prudenza del contadino, anche qui assolse bene le sue funzioni. Grazie anche alle ottime qualità del capo servizio dott. Sergio Marzari.. Dal 1980 al 1985 fu assessore ai servizi sociali del Comune di Cremona, amministrato da una giunta di centro-sinistra, con sindaco Renzo Zaffanella (Psi) e vicesindaco Mario Bardelli (Pci). Dal 1985 al 1990, cambiatosi il segno politico della Giunta, Camillo Fervari ritorna al ruolo di semplice consigliere comunale, fino al 1990. Camillo Fervari ha avuto anche un lungo sodalizio con le istituzioni sanitarie. Dal 1970 al 1977 è stato membro del Consiglio di amministrazione dell’Ospedale di Cremona; poi dal 1980 al 1985 è stato membro del Comitato di gestione dell’USSL. (Ritengo che il ruolo nella sanità gli sia stato fra i più congeniali. Lo ha sempre vissuto con vivo interesse e alto senso di responsabilità. Nonostante questa sua inclinazione il compianto G. F. Carnevali, scherzando, insisteva nel dire che Camillo Fervari non in “medicina” doveva laurearsi ma in filosofia. Un modo come un altro per dire che Fervari sapeva ben “amministrare” anche se stesso. Ironia non del tutto gratuita. A lato dei suoi impegni pubblici Fervari operava nella Fgci e nel Partito. È segretario della Fgci dal 1959 alla fine del 1962, è membro della segreteria della Federazione cremonese del Pci dal 1963 al 1976-77. Responsabile di organizzazione della Federazione. Quando muore Carnevali assumerà anche l’incarico di www.orasesta.it 25 Con lo spirito goliardico che mi animava in quegli anni, esposi a Camillo la mia disponibilità alla sua venuta al Comitato pace. Di questa mia disponibilità informai G. Percudani (segretario della Federazione del Pci) per ottenerne l’assenso. E l’assenso ci fu con la precisazione che il Partito non era in grado di sopportare alcun onere finanziario che andasse oltre le 5.000 £ mensili pattuite. Quindi Camillo venisse pure, purché provvedessi io a pagarlo. Precisai a Camillo che doveva accontentarsi di quel poco che c’era. Tutto dipendeva dal lavoro che si riusciva a fare e di quanto si riuscisse a raccogliere. E Camillo piuttosto della “strada” si “accasò” al Comitato Pace. Ma l’episodio Camillo, ripeto, avviene almeno 2 anni dopo il mio approdo al Comitato Pace. Inizialmente mi ingegnai con il materiale di cui disponevo. Ed era ben poca cosa. I nostri riferimenti, ai fini dell’orientamento e del coordinamento delle attività erano il Comitato Regionale che aveva sede in Milano (via Filodrammatici) e il Comitato nazionale che aveva sede a Roma in largo Argentina. Nelle frequenti riunioni a Milano ebbi modo di conoscere personalità di spicco quali Cesare Musatti14, il famoso psicologo che rappresentava il Psi; conobbi anche il sen. Francesco Scotti15 che fu combattente nelle brigate internazionali in Spagna (guerra ’36-’39), persona squisita e preparata. Scotti fungeva da coordinatore del Comitato Regionale. In tale sede conobbi il compagno Bossi di Bergamo che diverrà più tardi segretario della locale federazione del Pci. Contemporaneamente io sarò segretario della federazione di Cremona. Ebbi amministratore. E fu una amministrazione oculata, anche se cadeva in un periodo, 1972-1976, che la “lira” non mancava. Il Partito viveva un momento di forte legame con le masse popolari. Il consenso andava diffondendosi. E, le elezioni del 1975 (amministrative) e ’76 (politiche) lo dimostrarono. Anche il flusso finanziario al partito migliorava. Infine dal 1989 a tutt’oggi, 1999, è segretario del Sindacato Pensionati (Spi) della Cgil con ben 24.000 iscritti e una rete di qualificati collaboratori che ne garantiscono la stabilità. Qualche tentativo di sostituirlo sembra, almeno fino al 2000, destinato al fallimento. Gode dell’appoggio anche del Comitato Regionale. Al Comitato Pace Fervari mi fu di aiuto per le tante riunioni che facevamo, ma non era uomo per una presenza pubblica che richiedeva una preparazione sui problemi internazionali che in quel periodo non aveva. 14 Cesare Musatti – Un profilo di Musatti come uomo di cultura lo trovi ne L’Unità del 18 aprile 1993, pagina 18, e ancora ne L’Unità del 7 maggio 1994 (articolo di fondo). In entrambi gli articoli non si fa alcun riferimento alla sua presenza nel Movimento della pace. Peccato. Se faceva parte del Comitato Regionale del Movimento, qualcosa avrà pur fatto. 15 Scotti Francesco. – Un profilo biografico di Scotti si trova in La Spagna nel nostro cuore – 19361939. Tre anni di storia da non dimenticare, a cura dell’Associazione Italiana Combattenti Volontari Antifascisti di Spagna., Milano, aprile 1996. Questo profilo biografico si occupa soprattutto della sua presenza in Spagna. Vi sono anche accenni sul suo impegno politico in Italia dopo la guerra del 1940-45. Ma anche per lui non vi è alcun accenno circa il suo ruolo nel Movimento della pace. Si vede che per il Partito era semplicemente un “prestito temporaneo” di un quadro in relazione a una necessità considerata, probabilmente, temporanea. www.orasesta.it 26 modo di apprezzare la compagna Renata Bottarelli di Brescia che più tardi, per tanti anni, sarà giornalista presso L’Unità. Fra i milanesi, se la memoria non mi tradisce, figurava anche Tino Casali, attuale presidente dell’Anpi milanese e vice presidente dell’Anpi nazionale16. Partecipavo regolarmente alle riunioni del Comitato regionale. Il relatore era solitamente F. Scotti. Esponeva i problemi posti all’ordine del giorno in modo piano e essenziale, senza fronzoli retorici. Più prolisso mi era parso qualche altro milanese che di solito “prendeva atto della vigorosa volontà di lavoro emersa dalla discussione e avrebbe riferito al suo partito per l’assunzione dei relativi impegni”. Ma dell’esito delle sue informazioni al Partito non abbiamo mai avuto riscontri di alcun genere. Non pochi milanesi erano maestri nella parola, abbondante e gonfia, molto meno nell’impegno pratico. Non smentivano l’immagine del “bauscia”. Sia chiaro che non generalizzo. Di non pochi di loro ho un buon ricordo, di altri no. Mi recavo alle riunioni del Comitato Regionale utilizzando il treno, qualche volta, fra lo stupore degli amici, in bicicletta. Mi davo 3 ore e mezzo di tempo e puntuale alle 9.30 ero in via Filodrammatici. Seguivo la “Codognese”, strada che mi era più nota avendone percorso qualche tratto in bicicletta, o con mezzi di fortuna, durante la guerra. La bicicletta mi è sempre piaciuta tanto perché mi consentiva di guardarmi attorno. In qualche occasione vi partecipai con il presidente Giuseppe Zana, utilizzando la sua automobile, una Fiat giardinetta. Ricordo che in una riunione Zana, anziché sedersi attorno al lungo tavolo come tutti gli altri, rimase in piedi, passeggiando a ridosso dei convenuti mentre Scotti svolgeva la relazione. Zana teneva la mano destra infilata a metà dell’abbottonatura del soprabito. Un atteggiamento napoleonico che, scoprirò col tempo, gli era abituale. Scotti cortesemente lo invitò a sedersi. E Zana, già visibilmente alterato, gli rispose secco: «Dò fastidio?» «No – rispose bonariamente Scotti – mi sembri un generale…» La compagna Renata Bottarelli, che era seduta vicino a me, mi chiese sottovoce: «Chi è costui?» «È il presidente di Cremona» – risposi. 16 Al congresso del 2006 nominato Presidente nazionale dell’Anpi. www.orasesta.it 27 «È orribile!» – commentò. La cosa finì lì. Un episodio che mette in luce quel volersi “distinguere” a ogni costo che poi finisce per farlo affogare nel ridicolo. Una mania che, a mio avviso, è tipica del piccolo borghese. Partecipai anche ad alcune riunioni nazionali a Roma. Una volta ebbi con me i compagni Ezio Opizzi, corrispondente de L’Unità da Cremona e Adriano Andrini, segretario responsabile della Camera del lavoro a Roma per suoi impegni. Percudani, nell’occasione, mi aveva incaricato di andare al Centro Diffusione Stampa della Direzione del Pci per tentare una transazione del debito che la Federazione aveva maturato negli anni trascorsi. In sostanza, con un drastico taglio, proponevamo di chiudere la situazione debitoria di cui troviamo una eloquente dimostrazione nella discussione del Comitato Esecutivo del 31 ottobre 1953. Il mio interlocutore era un compagno emiliano; un tipo magro, il volto pallido, tirato, nervoso. In lui si notava tutta la sofferenza che gli causava il gestire una situazione finanziaria disastrata qual era quella delle nostre pubblicazioni. Evidentemente non solo Cremona era pesantemente indebitata, ma anche altre federazioni e lui, con i creditori che battevano cassa, non sapeva che pesci pigliare. Non mi fu difficile capire che aveva i nervi a pezzi. Alla mia proposta di una transazione mi investì con parole di fuoco. Agli sforzi che la Direzione faceva per dotare il partito di buone pubblicazioni noi rispondevamo chiedendo di non pagare il conto. «Questo è tradimento!» – urlò con la bava alla bocca. «Tradimento…» – insisteva alterando ancor più il tono della voce. E come un vulcano in eruzione rovesciava su di me e la Direzione della Federazione le sue roventi critiche. Io cercavo di interromperlo per presentare le nostre ragioni, per illustrare i nostri propositi di risanamento. Ma non c’era verso di calmarlo. «Vergogna!» – urlava inducendomi al silenzio. Insomma non ci fu verso di calmarlo. E con il mio impegno di riferire ci congedammo, senza una stretta di mano, io e Opizzi con la coda fra le gambe. Rimasi sgomento di tale accoglienza e mogio mogio scesi le scale di quel palazzone di via delle Botteghe Oscure che per noi provinciali era un simbolo fra i più alti della nostra identità politica. Seppi poi che quel funzionario emiliano era stato esonerato da quell’incarico che sicuramente era la causa della sua nevrosi parossistica. Chi ebbe a che fare con lui diceva che ormai gli erano saltati i nervi e che l’esonero gli fu salutare. Il Partito non era insensibile alle condizioni psico-fisiche www.orasesta.it 28 dei compagni. E i riposi, o i ricambi di ruolo, servivano per rimettere in circolo i compagni. Un’esperienza che feci anch’io nel 1957. In un’altra occasione andai a Roma con il maestro Alceo Zeni, un compagno che frequentava il Movimento, senza però darvi sostanziali contributi. Il suo impegno politico si esplicava presso la Commissione Stampa e propaganda del Partito. In tale ambito fu corrispondente de L’Unità, di Milano Sera e di Paese Sera, questi ultimi quotidiani della sera, di sinistra, sostenuti dal nostro partito. Zeni era bravo come scrittore ma un po’ troppo incline al virtuosismo formale il che finiva, in qualche caso, nell’indebolire il contenuto dell’articolo. Alla “forma” ci teneva molto. Parlando di uccelli, anziché cinguettio”, amava scrivere “ciangottio”. Consultava spesso il Dizionario dei sinonimi e dei contrari. Aveva gran cura della sua persona, faceva ginnastica, praticava il tennis, nelle feste de L’Unità faceva parte delle giurie che eleggevano “Miss Vie Nuove”. Passava per un seduttore. Ebbe un flirt anche con l’impiegata del Comitato Pace. Lei che si era innamorata soffrì del distacco. Rimase signorina e divenne poetessa del gruppo “Gli Stagionali”; un gruppo che esprime una poesia pesantemente drammatica. Ma qui Zeni non c’entra più. Con Zeni, ripeto, partecipai a una riunione convocata dal Comitato Nazionale. Nell’occasione acquistai, presso la sede centrale, due belle tavolette in ceramica dipinte da Renato Guttuso. Su di esse erano raffigurate delle colombe posate in delicate mani umane. In queste colombe si avvertiva la scuola di Picasso: erano gonfie, prosperose, piene di vita, un inno alla pace. Renato Guttuso ne aveva prodotto un numero limitato e le aveva donate al Movimento della pace. Il ricavato della vendita andava a sostegno del Movimento. Le riunioni a Roma o in altre città mi offrivano la possibilità, nei ritagli di tempo, di fare qualche esperienza culturale. Ricordo bene che con Alceo Zeni visitai il giardino zoologico della città; dopo quello di Milano era il secondo che visitavo. Non mi piacquero gli animalo costretti in piccoli spazi, recintati da solide sbarre di ferro. Un paio di ragazze si alzavano le sottane di fronte al recinto in cui si trovavano alcune scimmie. Un maschio, di fronte a quella provocazione, si masturbava furiosamente. A me parve uno scherzo di pessimo gusto per quei poveri animali, costretti in cattività e un’offesa al senso comune del buon costume. www.orasesta.it 29 Gli orsi, che a me parvero paciocconi e pigroni, erano ristretti in un piccolo spazio che si trovava parecchi metri più in basso rispetto al piano terra in cui ci trovavamo per osservarli. Mi sembravano soli, malinconici, rassegnati alla perdita dei loro habitat boschivi delle Alpi, ricchi di cibo e di spazi per la loro libertà. Conclusi che la loro vita, laggiù in quel piccolo spazio che sembrava una fossa, doveva essere una vita ben misera. Destavano la mia viva attenzione anche i rettili, per i quali, a qualunque specie appartenessero, ho sempre avuto un forte senso di repulsione e di paura. Sicuramente è stata la cultura di cui siamo stati nutriti che alla nostra immaginazione ce li ha fatti apparire, sempre e comunque, inquietanti e pericolosi. Quanti racconti, ora raccapriccianti, ora paurosi, abbiamo sentito? Un lungo biacco che sugge il latte dalla mammella di una madre addormentata; un cacciatore, o il cane di un cacciatore, punto e ucciso da una vipera irritata. Infinite erano le storie dei “favolisti” delle nostre stalle nelle sere d’inverno. E l’iconografia, anche religiosa, quante immagini terrificanti ha diffuso? Quante statue e immagini di santi abbiamo visto intente a schiacciare sotto i piedi orripilanti rettili dagli occhi di fuoco? Il rettile assunto sempre come simbolo del male e del peccato. Ed è stata questa la cultura che ci ha permeato. Una cultura errata in quanto anche questa componente del regno animale andrebbe visto nella molteplicità dei suoi aspetti che non sempre sono negativi. Comunque non era sicuramente rassicurante quel grosso groviglio di vipere raccolto in una teca, in cui qualcuna si ritraeva mentre un’altra spuntava da quell’ammasso molliccio e viscido formato dai loro corpi. Con Zeni visitammo la splendida Piazza di Spagna. Qui scattammo anche qualche foto con la mia vecchia Kodak a soffietto. Che cosa mi colpì di quella piazza? Pur raccolta e quieta mi dava il senso di uno spazio superiore ai suoi limiti fisici; la bella e vasta gradinata invitata a sedersi e conversare. Infatti un turista, seduto su un gradino, consultava una guida mentre qualche coppia di ragazzi si scambiavano liberamente qualche affettuosità. Già allora… Eravamo agli inizi degli anni ’50. Era l’effetto libertà, portato dalla fine della guerra, che vibrava ancora, scanzonato e sicuro, in Piazza di Spagna. Su Piazza di Spagna mi sento di dire che in essa vi aleggiava perenne lo spirito della libertà. Mi è sembrata un luogo di quieta intimità, elevantesi nel contempo a www.orasesta.it 30 dimensione universale ove la terra si congiunge direttamente al cielo in un abbraccio che sublima e esalta le ragioni della vita. In questi caratteri, di significati così alti, sta, a mio avviso, la sua classicità. Anche se le sue linee architettoniche possono essere estranee ai caratteri tipici dell’arte classica. Ma le mie erano e sono impressioni di un incolto. Giudizi su monumenti di questo genere vanno lasciati ai colti. In serata, sempre con Zeni, partecipammo a uno spettacolo di pattinaggio su ghiaccio, eseguito da un complesso di pattinatori, autentici artisti, provenienti dagli Stati Uniti. I giovani artisti, d’ambo i sessi, presentarono dei numeri che a me parvero al massimo della perfezione. Uno spettacolo straordinario che io non avevo mai visto prima di quel giorno e che, ancora una volta, mi dimostrava quanto danno avesse fatto il fascismo alla nostra gioventù, chiudendo quei canali di interscambio culturale che costituiscono il lievito, potendone fruire, per la crescita della nostra personalità. Anche Alceo Zeni commentava positivamente la “performance” (oggi si dice così) di quei giovani pattinatori. Il lavoro quindi non ci impediva di appropriarci di “scampoli” di cultura che, se da una parte gratificavano il nostro gusto per il bello, dall’altro sollecitavano il nostro desiderio ad altre e più approfondite conoscenze. E così il mondo ci si apriva e noi alimentavamo la nostra sana presunzione di volerlo “conoscere” e “trasformare”. La “conquista della pace” era uno dei mezzi che ci doveva avviare a questa trasformazione. Utopia? Può darsi. Ma un’utopia che ha dato un senso profondo alla nostra vita. Ricercavo e approfondivo dati oggettivi e soggettivi dei paesi di cui di volta in volta era chiamato a occuparmi. Lavorai in piena libertà, senza pressioni o pretese del partito. Il quale – sia detto fra di noi – si sentiva con la coscienza a posto avendo destinato un “quadro qualificato” a disposizione del Movimento della pace. Al resto ci pensassi io… E io, senza l’ostacolo della gerarchia propria del partito (l’esame preliminare con il segretario; il filtro della segreteria prima del Comitato Esecutivo come premessa al Comitato federale, ecc.) mi sentii più libero e in piena libertà assumevo le decisioni che ritenevo più utili agli obiettivi che ci proponevamo. Il presidente “Nino” Giuseppe Zana firmava di buon grado quanto scrivevo e facevo. Qui è proprio il caso di dirlo: io ero pago di essere, lui pago di apparire. [segue] www.orasesta.it 31