Casa - Residenza - Politiche Sociali - Immigrazione - Diritti - Dal 1993, il giornale di strada di Bologna fondato dai senza fissa dimora La periferia sottile Bologna non è grande. Non dovrebbe essere difficile governarla una città così. Guardando Roma, per esempio, è chiara la difficoltà di tenere insieme in una sola amministrazione quartieri che non si assomigliano uno all’altro. Tutto ciò che sta attorno a Bologna, invece, sembra suo figlio naturale. E allora cosa sta succedendo a Bologna? Perché oggi si rappresenta questa città come un territorio sempre più ‘degradato’? La città cambia sotto i nostri occhi. I cinema in centro chiudono, le fabbriche inglobate nella città diventano aree dimesse, i centri sociali e l’università vengono allontanati. Questa tendenza al decentramento crea vuoti di socialità e ad occuparli sono quelle fasce sociali che si vorrebbero nascondere alla vista. L’esclusione invade il centro come un’onda di ritorno. É lecito pensare che queste tendenze rendano più nette le fratture sociali che attraversano la città? É possibile oggi capire meglio chi veramente governa la città studiando il territorio e i processi di trasformazione in atto? Abbiamo provato a rispondere a queste domande. Per farlo abbiamo deciso di aumentare, per l’occasione, il numero delle pagine del mensile. E, soprattutto, di invitare esperti del territorio, urbanisti, sociologi, architetti, a dibattere con noi questi problemi Ci siamo così divisi la città al fine di fare delle piccole indagini territoriali, così da raccontare direttamente sul campo quello che sta succedendo. Qualcuno di noi è andato a studiare il Pilastro, altri si sono recati alla Bolognina, in via del Lazzaretto, al Bologna 2, in via Fioravanti, nelle aree più soggette a grandi trasformazioni. Dove sta andando Bologna? Forse leggere questa città nella vecchia dialettica centro-periferia è semplicistico. Bologna non è Parigi, non ha un grande centro e fuori la banlieue. La ‘malattia periferica’ qui è sottile. - Segue a pag 2 - PRODURRE QUESTO GIORNALE COSTA 0,52 EURO • QUELLO CHE DATE IN PIU’ E’ IL GUADAGNO DEL DIFFUSORE QUALSIASI RICHIESTA DI SOLDI AL DI LA’ DELL’OFFERTA LIBERA NON E’ AUTORIZZATA Poste Italiane Spa Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L27/02/2004 N.46)ART.1 comma 2 DCB - Bo (Num. 10 per Poste Spa) piazza Grande Giornale di strada di Bologna fondato dai senza fissa dimora “Tendere un giornale è meglio che tendere una mano” *** Proprietà Associazione Amici di Piazza Grande Onlus Direttore Responsabile Antonino Palaia Caporedattore Leonardo Tancredi *** Ai lettori Come tutti gli anni Piazza Grande a dicembre realizza un numero doppio, che resterà in distribuzione nelle strade fino agli ultimi giorni di gennaio. Nell’inchiesta di questo mese, intitolata “La periferia sottile” ci siamo occupati dei mutamenti urbanistici che stanno interessando Bologna, e di come tali trasformazioni potranno influire sulla socialità della città. Nelle pagine che seguono trovate le storie di alcune fabbriche dismesse che un tempo erano luoghi di lavoro e aggrega- zione e dove oggi dormono i rumeni clandestini. Poi trovate il racconto dell’esperienza di urbanistica partecipata di via Fioravanti, e quello che sta per accadere in via del Lazzaretto. Completano l’inchiesta due reportage dal Pilastro e dal Bologna 2, zone simbolo delle difficoltà di integrazione bolognese, e un saggio sulla percezione della periferia dei migranti che vivono a Padova. Dei temi di sui si tratta in questo numero si discuterà nell’incontro “Giro di Redazione: via Libia, 69 40138 Bologna Tel. 051 342 328 - Fax. 051 3370669 periferie” che si terrà il 17 dicembre presso il Vag 61 dalle h. 16 in poi. Questo numero è dedicato a Massimiliano Salvatori, il caporedattore della nostra Redazione di Strada, che a forza di macinare kilometri sulle strade bolognesi per le sue inchieste....è stato investito da un’automobilista distratta. Questo mese Max ci leggerà dal suo letto mentre si riprende da una brutta frattura al braccio, auguri, ti aspettiamo in via Libia! Sommario *** - Ai lettori pag 2 www.piazzagrande.it - Accade davvero pag 3 [email protected] *** - L’inchiesta del mese pag 4 - 17 Distribuzione: Antonino Palaia - La Nera Storie dalle città invisibili pag 18 *** Redazione Web Jacopo Fiorentino - Il Falcone bolognese pag 19 *** - Come fare per pag 20 Idea Grafica: Jacopo Fiorentino - Dal basso verso l’alto pag 21 *** Immagini: Le foto di questo numero sono tratte dal reportage fotografico “La metropoli rimossa” realizzato da Gaetano Massa - Le pagine dell’Associazione pag 22, 23 - Indirizzi utili pag 24 *** In Redazione: Jacopo Fiorentino, Massimiliano Salvatori, Matteo Artoni, Nicola Ferrari, Dario Coriale, Giuseppe Scandurra, Mattia Caiulo, Giulia Lasagni, Gaetano Massa, Davide Venturi e Vincenzo Conte. *** Hanno collaborato a questo numero: Andrea Bianchi, Antonio Capuano, Alvise Sbraccia, Alberto Benchimol, Antonio Dercenno, Gigi, Luca Lambertini, Sara Sartori, Donato e Mattia del Gruppo Video di Vag 61, Franco “Bifo” Berardi, Marco Guerzoni, Virginia e Claudia. *** Bologna - 01.12.2005 Anno XI - Numero 10 - 24 pagine Tipografia Nuova Cesat Firenze Registrato presso il Tribunale di Bologna il 15/09/1995 n°6474 2 Foto. Una ruspa all’interno della ex fabbrica Casaralta - Segue dalla prima pagina Spesso non ha a che fare con fattori territoriali, puramente geografici. Qui la banlieue e il centro sono in un certo senso invertiti: ‘il centro storico è periferia’. Gli studenti, i parìa della città, lo occupano in massa. Le attività commerciali sono sempre più nelle mani degli immigrati. Le colf filippine e le badanti polacche, non potendo invitare i conoscenti in case minuscole, si ritrovano a chiacchierare in piazza Maggiore e in altri luoghi storicamente regno degli ‘stanziali’, come i Giardini Margherita. Nella prima periferia, gli immigrati pakistani, per socializzare, sono costretti ad emergere dalle umide cantine di via Barbieri in cui vivono, e si mettono a bere in strada. Questa paradossale visibilità del non indigeno, che sia immigrato o studente fuori sede, che utilizza in modo diverso lo spazio pubblico cittadino - visibilità generata dalle necessità e dalle storture dell’economia cittadina - induce spaesamento nei ‘bolognesi autentici’, da sempre abituati ad un isolamento dorato e a godere in modo avulso del benessere portato dai non autoctoni. Tale shock ha certamente avuto un importante ruolo nel portare gli amministratori della città a mettere al primo punto dell’ordine del giorno una questione ambigua e controversa come quella della ‘legalità’. Ma non dovremmo cominciare a leggere Bologna a partire dalle fine degli anni Settanta per capire questi processi? Altre fasce sociali vengono tagliate fuori dai contatti con la città tramite specifiche politiche immobiliari, ma anche politiche di ghettizzazione strisciante come quelle che rendono più ‘agevole’ vivere insieme ai connazionali, ad esempio per i cinesi nella zona di via Ferrarese o i senegalesi a Casteldebole. In tutti questi casi abbiamo difficoltà a parlare di periferia, e troviamo più sensato far riferimento a diversi territori eterogenei che non comunicano più. Giunti a questo punto, bisogna chiedersi: chi sono questi ‘cittadini originari’ che si sentono sempre più insicuri e invocano legalità?. In un certo senso, oggi nessuno è un vero abitante di Bologna, poiché la ‘bolognesità’ è per lo più un’identità sbandierata davanti ai non ‘indigeni’ come uno specchietto per le allodole, una meta impossibile, come impossibile è per gli abitanti delle banlieues, persino alla terza generazione, sentirsi ‘francesi’ e ‘parigini’. La Redazione Accade d@vvero Dal nostr o sito, una r ubrica che par la di casa, nuove pover tà, diritti, immig razione. A Bologna e non solo a cura della Redazione web 2.11.05 Traduzioni per cittadini stra- l’altro con collegamenti a banda larga. nieri Presso l'ufficio stranieri della Cgil cura di UFO Unione Fotografi zona franca dove stazionavano spaccia- Organizzati tori, ubriachi, gente che incuteva paura. Il ripristino della legalità passa anche da di Bologna i cittadini stranieri possono È presto per dire se il progetto porterà far tradurre in moltissime lingue certifi- benefici effettivi a coloro che ne usufrui- Le baracche di cellophane, i giocattoli piccoli provvedimenti come, per esem- cati di nascita e di matrimonio, titoli di ranno. dei bambini, i panni stesi, i piatti, le pen- pio, togliere le panchine.” tole e i fornelli improvvisati: la cruda studio e qualsiasi altro documento. Le traduzioni potranno essere fatte dall'ita- Tra gli scopi della campagna, menzionati realtà degli sgomberi è contenuta nei liano alle seguenti lingue e viceversa: dall’Ufficio del Vice Primo Ministro, vi piccoli oggetti quotidiani che i rumeni Arabo, Albanese, Bangladesh, Bosniaco, sono la riduzione del “digital divide” e del Lungo Reno lasciano frettolosamen- 21.11.05 L’”Erasmus” dei senza casa Bulgaro, Cinese, Inglese Tigrigno, l’aspirazione a fornire alle persone anzia- te dietro di sè, con l'avanzare delle Roma, la sua storia e i suoi tesori d’arte Eritrea, Talog, Moldavo, Nigeriano, ne disagiate la possibilità di tenersi in ruspe. attirano turisti da tutto il mondo, ma Urdo, Pakistan, Polacco, Rumeno, contatto con amici e parenti, e in genera- Russo, Somalo, Serbo-Croato, Spagnolo, le a “contrastare l’esclusione sociale tra- Cingalese-Sri Lanka, Tamil, Turco, mite le nuove tecnologie”. A questo pro- Wolof-senegal posito si fa l’esempio dei telefoni cellula- 06.11.05 Lontano dagli occhi, lontano migliaia di senza fissa dimora che vivo- ri, già usati attivamente dai senzatetto dal cuore e dal portafoglio no sul posto, coloro che provengono da per essere rintracciabili da possibili dato- A Reading, cittadina a poche decine di altri paesi. È il caso di Mikhail, ventino- ri di lavoro. chilometri da Londra, il consiglio citta- venne moscovita, da due anni a Roma, dino ha deciso, nel giugno del 2004, di che ha condiviso le sue peripezie con i adottare energiche misure per far fronte lettori della gazzetta russa “Smena”. @@@ 05.11.05 Donne migranti a Reggio @@@ @@@ non tutti coloro che vengono a far visita @@@ alla città eterna si lasciano dietro una casa in cui tornare. Molti sono, tra le all’aumento delle persone senza fissa Emilia Sabato 5 novembre si è tenuta a Reggio Emilia, presso l’Auditorium 06.11.05 Record di homeless in dimora che mendicano nelle strade del Quando Mikhail aveva 13 anni, sua dell’Istituto Peri, il convegno dedicato Scozia? Il boom economico britannico centro. Un anno e mezzo dopo, il pro- madre morì e venne mandato in orfano- alle donne migranti Protagoniste ha anche un’altra faccia. In Scozia, le gramma viene salutato come “un suc- trofio dal padre. Fuggì dopo un anno, e Silenziose, patrocinato dall'Assessorato cifre dell’aumento dei senzatetto sono cesso”. Delle venti persone che prece- cominciò a mendicare nella metropolita- all'immigrazione del Comune di Reggio preoccupanti. Il numero dei bambini che dentemente dormivano in strada – di cui na. Le vessazioni della polizia lo spinse- Emilia e dal Consigliere di parità della vivono nei “bed and breakfast” dopo quindici tossicodipendenti, riporta la ro a spostarsi a San Pietroburgo, dove Provincia. Il fenomeno dei migranti non che i genitori hanno perso l’abitazione è statistica ufficiale – sedici ora “non trascorse cinque anni, fingendosi reduce è uniforme; non è possibile individuare quasi raddoppiato negli ultimi tre anni, mendicano più”. della guerra in Afghanistan per ottenere un soggetto modello che sia stereotipo secondo le statistiche ufficiali. Eppure, le del migrante, e ancora più difficile è direttive governative prevedono che i I provvedimenti presi sono consistiti veterani più esperti gli tolsero il posto; il comprendere le differenze tra uomini e bambini siano ospitati in tali strutture nell’iscrizione a progetti abitativi, ma nostro eroe passò allora il confine con la donne migranti. Le donne hanno ruoli solo in situazioni di grave emergenza. anche a programmi di trattamento con- Finlandia, e si cercò il pane ad Helsinki. essenziali nell’integrazione sociale anche Una situazione che appare, dunque, tro la tossicodipendenza che prevedono tra i numerosi migranti che risiedo nella fuori dell’ordinario. attività lavorative obbligatorie. più facilmente offerte. Tuttavia, dei falsi @@@ nostra Regione: ruoli che spesso vengo@@@ 29.11.05 Corso di informatica per cit- domande di abitazione da parte degli 14.11.05 A Bazzano panchine abolite Lavoratori Stranieri Cgil di Bologna homeless. Si parla di 57000 richieste, con contro i "balordi" Anni fa lo sceriffo organizza un corso di informatica per un aumento dell’uno per cento rispetto Gentilini, il famigerato sindaco di cittadini non comunitari della durata di La mostra si è tenuta dal 5 al 20 di al 2004. Trentamila di queste sono di Treviso noto ai più per le proprie farne- 18 ore. novembre nel Chiostro di S. Domenico, tipo prioritario, con necessità o urgenza ticanti idee razziste, fece la stessa cosa Il corso si svolgerà presso l'Ecap, in via tutti i giorni, tranne il lunedì, dalle 9.30 particolari. Tra tali casi, le famiglie con contro gli immigrati. Bigari, 3, Bologna. Inizio corso giovedi alle 12.30 e dalle 16 alle 19. figli sono 2273, e l’ottanta per cento di no dimenticati in favore di problemati- Le statistiche ufficiali scozzesi, tuttavia, che più concrete e visibili come il per- parlano una sostanziale stabilità nelle messo di soggiorno, i pasti quotidiani, e altre esigenze primarie. @@@ 15 dicembre, h. 18.30 tali situazioni sono state risolte usando Nelle scorse settimane Renato Baioni, alloggi temporanei gestiti dalle autorità, sindaco di CentroSinistra di un piccolo Info di cui il sette per cento con strutture di paese in provincia di Bologna sceglie la Centro Lavoratori Stranieri Cgil tipo “bed and breakfast”. "via leghista" e decide di togliere le pan- Tel. 051.6087190 - Fax 051251062 chine pubbliche per mettere in difficoltà 4.1105 Senzatetto britannici presto on line? BBC news riporta in questi giorni, tadini non comunitari Il Centro @@@ spacciatori e ubriachi. In nome della legalità. nelle sue pagine internet, la notizia che il governo britannico ha lanciato una cam- 06.11.05 Vag. Mostra sugli sgomberi pagna per favorire la diffusione di inter- del Lungoreno Giovedì 10 novembre Il primo cittadino si sente vicino alla net negli ostelli e nei centri di accoglien- 2005 è stata inaugurata una mostra foto- politica di Cofferati: “Una strada del za per persone senza fissa dimora – tra grafica sugli sgomberi del Lungo Reno a centro- spiega- stava diventando una Altre notizie su http://www.piazzagrande.it 3 L’inchiesta del mese La periferia sottile Quo vadis? Bologna dall’alto Foto. L’interno della Ex fabbrica Casaralta. Le foto di questo numero sono tratte dal reportage fotografico “La metropoli rimossa” realizzato da Gaetano Massa Bologna non è grande. In Macchie di rosso, lo scrittore Luigi Bernardi afferma che vedendola dall’alto, Bologna, si riuscirebbe perfino ad abbracciarla con un unico sguardo. Di conseguenza, non dovrebbe neppure essere difficile governarla una città così. Guardando città come Napoli, o Palermo, è chiara la difficoltà di tenere insieme in una sola amministrazione quelle che anche l’occhio, posizionato in alto, percepisce come entità discordanti, quartieri che non si assomigliano uno all’altro, a volte si oppongono in modo del tutto evidente. Tutto ciò che sta attorno a Bologna, invece, sembra suo figlio naturale. Poi però le città, quando scendi sulla strada, sono fatte di persone che si lasciano, di famiglie che si sfaldano, di figli che si ribellano e non si riconoscono più. Bologna, 2005 intensivo non è un fenomeno nuovo – zione definitiva di esso in luna park persino i portici nacquero, nel della cultura; la creazione di un nuovo Durante gli anni Novanta, l’assetto Medioevo, per opera degli affittacamere centro alternativo che fornisca i servizi urbano di Bologna andava ristudiato. Il che desideravano creare nuove stanze spostati dal primo; la trasformazione in centro storico, con le sue stradine e la da riempire di studenti, e tuttavia erano quartiere ad ‘alta velocità’ di tutta la sua pianta medievale, non poteva più vincolati dalla larghezza della strada e zona della Bolognina e del Navile, che reggere l’uso sempre più intensivo cui dallo spazio disponibile - eppure ciò è per l’appunto la zona principe della era stato destinato con il beneplacito che impressiona è quanto, og gi, a trasformazione. Uno spostamento che dei poteri forti cittadini – aeroporto, distanza di più di dieci anni, il processo fu immaginato per la città già ai tempi ente fiera, università, immobiliari, coo- sia governato in maniera del tutto sot- della creazione dell’asse Indipendenza- perative sociali, aziende e servizi dei terranea, impermeabile a coloro che la Matteotti e della creazione di piazza trasporti – interessati all’afflusso di città la vivono, e vada avanti in barba ai dell’Unità, nuovo auspicato centro di masse di persone che potessero sempre piani urbanistici partecipati che non socializzazione. più vitalizzare l’economia del terziario possono che piegarsi alle necessità di bolognese, in un’epoca ormai post- vari tipi di speculazione – cementifican- industriale, allorché persino i fiori do sempre nuove aree, nonostante il all’occhiello dell’area, come l’industria gran numero di case vuote. meccanica, vedevano ridursi il loro fat- Dopo aver raggiunto il punto di rottu- turato se non il loro prestigio. Nei ra, oggi è possibile trarre le conseguen- primi anni Novanta il numero degli stu- ze di questo ridisegno territoriale: l’e- denti dell’ateneo cittadino raggiungerà sautorazione del centro storico dalle le centomila unità. Tale sfruttamento funzioni amministrative e la trasforma- 4 dedicati al commercio, e fu presentato come un tentativo di ‘ricucire una ferita urbanistica’ saldando il centro storico con i quartieri oltre la ferrovia. L’artificio simbolico in tal senso erano le due torri che avrebbero dovuto sovrastare la stazione, spostando così il baricentro della città verso nord. Le torri furono poi cassate come l’intera stazione, e tuttavia Bofill, cacciato dalla porta, è rientrato dalla finestra: il fine che si intendeva perseguire con il suo progetto oggi va avanti, e viene portato alle estreme conseguenze. In fondo di torri, a settentrione del centro storico, ce ne sono già: sono quelle della Fiera, ottimo esempio di simbolo di commistione tra interesse pubblico - la sede della Regione - e interessi privati. La parola d’ordine diventa ‘valorizzazione’. La nuova stazione per l’alta velocità La seconda strage della stazione deve divenire un grosso centro commerciale, sul modello di Termini, con la Questo progetto di ridisegno territoria- conseguenza che tutta la Bolognina le si manifestò per la prima volta ad ini- vedrà presto salire vertiginosamente il zio 1995 nella forma del piano per la valore specifico degli immobili. Il cen- nuova stazione ferroviaria firmato dal- tro storico va valorizzato, aprendo l’architetto catalano Ricardo Bofill. nuovi esercizi commerciali, poiché que- Esso era caratterizzato da ampi spazi sta è l’unica maniera che i governanti L’inchiesta del mese La periferia sottile immaginano per combattere il degra- molti quartieri diventano crogiuoli di do. È la “riqualificazione speculativa” gruppi e di culture diverse: di immigrati Prendiamo ad esempio l’area della trabile in altri centri come quelli, musei- di cui parla Marco Guerzoni, la conse- ma anche di studenti pendolari o fuori Bolognina. Questa diverrà congestiona- ficati, di Firenze o Roma, dove i territo- gna definitiva della malintesa ‘città sede, a cui si affiancano presenze rapi- ta e caotica, il Comune non sarà più ri più poveri della città, le zone ‘illegitti- rossa’ al caos e al profitto come valori de e saltuarie ma incisive per i loro rap- facilmente raggiungibile con i mezzi me’, per chi cavalca la questione sicu- assoluti. porti con la produzione mercantile e pubblici, il traffico e il carico urbanisti- rezza, sono spesso relegati alla perife- commerciale della città. Da anni gli co aumenteranno in maniera insosteni- ria. Questo aspetto fa sì che detto cen- incontri reciproci non solo non vengo- bile. L’indice edificatorio ammesso per tro non sia socialmente omogeneo: gli no più stimolati, ma impediti e la valo- l’area è elevatissimo, i piani le attribui- antichi edifici sono abitati da cittadini rizzazione degli spazi rende impossibile scono un livello di rumorosità più in comuni, da una ricca borghesia, da stu- la socialità casuale, non programmata. alto dell’attuale, le ultime modifiche al denti, ma è sotto i portici che Bologna Così si è formato un centro storico che piano per la nuova zona amministrativa si fa caleidoscopio della diversità; è una magnifica esemplificazione di ciò non prevedono più un grande parco. davanti alle vetrine dei negozi di lusso, che Wenders chiama “confetteria urba- Scopo finale: chiudere la cosiddetta cer- dei teatri, delle chiese, sostano mendi- na”. In un centro-confetto non ci si niera tra l’area fieristica e l’epicentro canti, homeless, immigrati, tossicodi- vive, e infatti i residenti lo stanno amministrativo e spazzare via, ossia pendenti; qui questi attori sociali svol- lasciando in massa. È un luna-park, cambiarne radicalmente la natura, l’area gono le loro attività, scollettano, smer- non privo di bancarelle di simboli residenziale che sta in mezzo. ciano, spacciano fumo, spesso dormo- Anime separate Bologna è sempre stata ricca di diverse cittadinanze: Bologna città universitaria, Bologna città mercato dei comuni che la circondano, Bologna città delle fiere e del divertimento, Bologna città di immigrazione. O almeno, così è sempre stata percepita dall’esterno, così spesso si è autorappresentata. Dagli anni Ottanta, però, ognuno di questi attributi sembra più definire singoli gruppi che non un insieme amalgamato sulla base della condivisione di una residenza comune. È negli ultimi tempi che queste cittadinanze hanno accentuato questo carattere di mondi separati. I diversi gruppi che compongono le tessere di questo mosaico cominciano dunque ad ignorarsi, privati di una politica coerente che li ponga gli uni accanto agli altri. Con il passar degli anni, presenza dei portici, che non è riscon- nostalgici, fatti solo per tenere vivi i miti del passato, come le nuove statue erette nelle aree più centrali dimostrano - Padre Pio, Ugo Bassi, San Petronio. Ma non può certamente essere la ‘petronianità’ a trasformare in cittadinanza popolazioni sempre più invisibili l’una all’altra. E a fianco del centroconfetto ci si appresta a sviluppare il centro virtuale, un centro-fiera che si monta e si smonta a seconda delle sole logiche di profitto. no. I portici, in un certo senso, diventaPeriferizzazione sottile Non abbiamo mai immaginato di poter descrivere la città di Balanzone come fosse una città portuale, come Genova o Marsiglia. Però, ad oggi, anche di Bologna possiamo parlare come di più mondi che convivono senza sfiorarsi. Il centro della città ha una peculiare caratteristica urbanistico-architettonica, la no la loro dimora, mentre i cittadini passano accanto, così che mondi sociali diversissimi si sfiorano e coesistono - la zona universitaria è uno dei luoghi classici di tale convivenza. Dunque Bologna si fa contenitore di più città che si scrutano, si sfiorano, si evitano, in posizioni profondamente diverse e asimmetriche. La società ‘legittima’, per lo più costituita da residenti e stanziali, non conosce quella nomade ed ‘illegitti- 5 L’inchiesta del mese La periferia sottile ma’ - lavoratori precari e non garantiti, nistrazione comunale è che in vasti migranti, studenti -, ma la evoca conti- strati della popolazione stanziale bolo- nuamente, la rende colpevole del gnese vi sia un forte senso di insicu- degrado che la città vive. Se la prima rezza, a dimostrazione di come questo città fa della stigmatizzazione della sentimento sia andato sempre più cre- seconda, e della sua economia infor- scendo negli ultimi venti anni. Vi sono male e a volte illegale, uno dei rituali impiegati che scrivono al Sindaco di pubblici più in voga, la seconda è per provare disagio ad andare al lavoro. definizione priva di parola. La prima Quanto sia forte il senso di insicurezza città tuttavia ricorre alla seconda per risulta anche dalle precauzioni che un gran numero di servizi o prestazio- molti prendono per ridurre i rischi. Vi ni, da quelli ‘sconci’ - droga, prostitu- sono persone che non escono sole alla zione, gioco d’azzardo - a quelli ‘etici’: sera; altre ancora che, quando la matti- lavoro precario e a basso controllo nei na alle sette vanno al lavoro in biciclet- cantieri, nelle attività industriali, nel- ta, si guardano più volte alle spalle. E’ l’assistenza e la collaborazione dome- convinzione di coloro che si rivolgono stica, e soprattutto lavoro a bassissimo all’amministrazione comunale, a costo e ad alto livello di competenza cominciare proprio dai primi anni nel settore della cultura – l’industria Ottanta, che il numero dei reati e delle principe della città, quella che la arric- piccole violazioni delle regole sia chisce e le consente di imporre prezzi straordinariamente aumentato negli inverosimili agli immobili, che costitui- ultimi dieci o venti anni. Uno dei moti- scono un capitolo economico a parte. vi ricorrenti nelle lettere e nelle peti- I protagonisti dell’industria culturale zioni è la contrapposizione fra la bolognese vengono spesso da fuori. Bologna isola felice del passato e la tri- Scrittori, musicisti, organizzatori di ste realtà di oggi. Il sostantivo che eventi e movimenti culturali, tecnici ricorre più spesso nelle lettere e nelle che consentono alla logistica della petizioni è ‘degrado’. Proviamo ad baracca di andare avanti grazie alla accostare questi dati a quelli, più loro passione, espressa già da qualche recenti, che fornisce il responsabile decennio all’interno di ambienti quali i dell’Ufficio Disagio Adulti di Bologna, centri sociali o i circoli culturali, dove secondo i quali sono sempre più i cin- si organizzano dibattiti e concerti con quantenni italiani che perdono il lavo- ospiti spesso di livello internazionale. ro, lasciano la famiglia e si ritrovano Queste realtà, dai costi di accesso e di per strada. Storie di malattia, di droga, produzione bassissimi grazie alla pas- di abbandono, ma spesso anche rac- sione e alla voglia di crescere profes- conti di fallimenti economici imprevi- sionalmente di ragazzi ambiziosi, sono sti legati alla perdita di un lavoro. state per molti anni al centro di un Storie di immigrati e di lavoratori in patto non scritto tra università, nero. E’ da pochi anni, in effetti, che i Comune e autorità di sicurezza che le cittadini bolognesi possono vedere file ha viste sopravvivere in cambio della di uomini sul bordo del marciapiede di ricchezza e dell’attrattiva che hanno via Emilia che aspettano che un auto si garantito alla città. E ora che succede? avvicini, il fenomeno del caporalato. Dove è finita la progettualità “cultura- Forse che questo non è degrado? le” di Bologna? Quali sono i nessi tra i due tipi di degrado? ‘Malessere’ urbano Il sociologo Barbagli nel testo Egregio signor sindaco presenta i risultati di una ricerca condotta dall’Istituto Cattaneo raccogliendo le le petizioni inviate al Sindaco Vitali dal 1 gennaio 1990 al 31 dicembre 1998. L’impressione che si ricava dalle lettere che in questi otto anni i cittadini hanno rivolto all’ammi- 6 Vogliamo parlare col ‘Capo’ Alla nuova Giunta sono state rimproverate specifiche scelte ritenute incomprensibili e soprattutto inaspettate. Aver eseguito, per esempio, il decreto di sgombero richiesto dai cittadini e dalla magistratura competente in un’area dove erano accampati da tempo centinaia di rom romeni. Aver mancato un accordo sul piano integrativo L’inchiesta del mese La periferia sottile firmato con i dipendenti comunali dalla precedente amministrazione. Aver vietato il consumo di alcolici per strada dopo le nove di sera. In generale, aver governato con spirito autoritario e sprezzante della partecipazione tanto evocata durante la campagna elettorale. Ma sono queste scelte a lasciare l’amaro in bocca a molti bolognesi? Non si tratta piuttosto di un senso di malessere che si è fortemente diffuso negli ultimi anni in città e di cui il nuovo Sindaco è solo in minima parte responsabile? Il ‘nuovo ordine’ di Bologna non passa certo per le discutibili, ma del tutto marginali, azioni Ripensiamo Bologna di Franco Bifo Berardi Franco Berardi è intervenuto nel nostro giro in periferia con una lettera. Una critica puntuale della situazione politica e sociale cittadina, ma non solo. Fa luce sui rischi di disgregazione sociale derivanti dal mancato sostegno del Comune alla scuola pubblica e invita a ripensare Bologna con una progettualità creativa e libertaria. di Cofferati. Da quando i poteri forti prendono in mano le redini dello sfruttamento intensivo della città, il Comune ha perso molta della sua voce in capitolo ed ha un potere limitato nel promuovere le politiche che davvero contano. La negazione del ruolo di chi vive, come abitante, la città è al centro dei nuovi progetti urbanistici, ed è leggibile studiando le nuove aree ad ‘alta velocità’, basate sulle triangolazioni più svariate: aeroportofiera-stazione, tangenziale-comune-stazione, polo culturale di san Donato-tangenziale-aeroporto. Eppure, come potrà mai navigare nell’imminente futuro il vaporetto Bologna senza gli stimoli culturali, la manodopera sottopaga- Dopo un lungo periodo di attese ormai deluse, dopo un periodo convulso di contrasti sociali e rotture politiche, deve riprendere urgentemente la discussione pubblica sul destino della città. Negli ultimi mesi si è capito che non si può governare la città con una politica unilaterale, senza ascoltare la società, contrapponendo settori diversi della popolazione urbana. Ma adesso occorre andare oltre il vittimismo: i poveri rumeni cacciati con le ruspe, i poveri lavavetri minacciati di multe, i poveri studenti taglieggiati dai proprietari di casa, i poveri artisti disprezzati. Or mai l’abbiamo capito. ta, la vitalità di intelligenze e culture nomadiche, che, chissà ancora per quanto tempo, hanno accettato di fermarsi qui? di Giuseppe Scandurra [email protected] Adesso occorre fare un passo avanti. Occorre dire che la città ha bisogno di una nuova fase progettuale. Occorre analizzare criticamente i progetti di ridisegno strategico che si stanno dispiegando in città. Ed in contemporanea occorre elaborare linee progettuali alternative, per rilanciare la vocazione creativa, innovativa, libertaria che rappresenta il meglio della tradizione bolognese e che in questo ultimo anno sembra essere stata dispersa. Guardiamo il caso dell’Aldini, la scuola comunale che dal 1844 fornisce alle nuove leve di studenti una formazione tecnica e professionale altamente apprezzata dal mondo produttivo bolognese. Da una quindicina d’anni il Comune sta riducendo il suo impegno finanziario in questa scuola, e il 22 novembre l’assessore all’istruzione ha comunicato al consiglio di istituto della scuola che una sezione viene chiusa a partire dall’anno prossimo. Proprio la sezione dei grafici, quella che ha più richieste di iscrizione, e rappresenta lo sforzo di innovazione della scuola. Nel quartiere in cui si trova la scuola (tra la Bolognina e Corticella) c’è un numero sempre più alto di stranieri, e rischia di diffondersi la paura e il conflitto interetnico. Che senso può avere chiudere una scuola che si trova in questo territorio? Perché indebolire una scuola pubblica che è frequentata sempre più da ragazzi stranieri che in quella scuola cercano integrazione culturale, oltre che formazione tecnica e professionale. A soli due chilometri dal centro cittadino si sta creando una periferia esplosiva. Tutta la città rischia di diventare un arcipelago di periferie esplosive. Perciò occorre riprendere un lavoro indipendente di riflessione progettuale. 7 L’inchiesta del mese La periferia sottile Si chiude Le fabbriche dismesse, nuovi vuoti di socialità Il cuore produttivo della città è in grande affanno. Per la prima volta Bologna si allinea con la difficile congiuntura economica generale. Alcune fabbriche hanno già chiuso, in molte altre si parla di esuberi. Ma non sono solo i posti di lavoro a rischio: la fabbriche erano parte integranti del territorio urbano, intorno ad esse si era sviluppata la formazione politica e cultura di un'intera generazione di lavoratori. I quartieri hanno conosciuto una socialità di fabbrica, ormai invia d'estinzione. Quartiere Navile, Bologna In principio era l’erba, poi la città con le sue fabbriche, infine complessi residenziali e centri commerciali. Bologna, come molte altre grandi città italiane, vive in questi anni l’epilogo imprevisto di quella parabola urbanistica che nella”via Gluck” di Celentano si fermava alla prima fase della cementificazione. Decine di migliaia di metri quadrati del territorio urbano bolognese sono occupati oggi da lastre di cemento, colonne di mattoni, capannoni fatti di vetri rotti e muri diroccati; sono spazi enormi che si ergono come cattedrali sconsacrate abitate da erbacce, topi e da gruppi di immigrati senza fissa dimora. Sono le aree industriali dismesse che disegnano il volto delle prime periferie della città, fino a qualche anno fa luoghi di lavoro e produzione, teatro di dure lotte operaie e di una particolare socialità di fabbrica, oggi sedi oscure dell’esclusione sociale, in attesa di diventare bocconi appetitosi per la speculazione edilizia. Il quartiere Navile è la zona in cui questo fenomeno è più evidente: tra via Ferrarese e via Corticella si trovano la Sasib, la Casaralta e la Minganti. Ognuna di queste ha conosciuto un passato importante nello scenario industriale non solo locale, solo la Minganti conosce già il suo futuro: un centro commerciale ha già preso il suo posto. I circa 80.000 metri quadri della Sasib sono già proprietà di una società immobiliare (l’azienda è stata ridimensionata e trasferita a Castel Maggiore), l’area della Casaralta, 8 60.000 metri quadri, è ancora congelata dalla presenza di amianto nella struttura. Prima della bonifica non sarà possibile nessuna riconversione. La Casaralta ha chiuso i battenti nel ’98, ma il suo portone di ferro è ancora aperto. Una decina di uomini magherebini in quel posto, che anche di giorno appare spettrale, ha trovato un tetto. Non lontano da lì, in via Donato Creti, un’altra fabbrica ha smesso di produrre da molti anni ed è stata riconvertita “dal basso” in dormitorio. Vi dormono soprattutto rumeni transfughi della Casaralta, “perché lì gli arabi fanno troppo casino e spesso arriva la polizia”. Storia di Daniel Per tornare a casa dopo una giornata di lavoro Daniel deve aspettare il favore delle tenebre. È rumeno, vive a Bologna stabilmente da due anni e gli ultimi otto mesi li ha passati in fabbrica. Non a lavorare, a dormirci. Di giorno Daniel gira per il centro offrendo ai passanti una copia di Piazza Grande, verso il tramonto si avvia al discount di via Stalingrado, nella prima periferia bolognese. Non è tanto per fare la spesa quanto per incontrare i suoi “compagni d’appartamento”. Con loro aspetta nel parcheggio del supermercato che sia abbastanza buio per poter scavalcare indisturbato i quattro metri del muro di cinta della fabbrica. “Fino a qualche giorno fa era facile entrare, c’era un buco nel muro, poi una mattina è arrivata la polizia, si è portata via cinque persone e ha murato l’ingresso. Io ero già in strada a lavorare, gli altri si svegliano ancora prima per lavorare nei cantieri.” Come centinaia di rumeni che vivono a Bologna, Daniel viene da Craiova una città di circa trecentomila abitanti, capoluogo della provincia di Dolj nella regione dell’Oltenia. In Romania ha lavorato molto nell’edilizia, non solo come operaio, si è occupato anche del controllo di qualità nella produzione del cemento. “Per sei mesi ho fatto anche il normator, è un lavoro che qui da voi non esiste. Dovevo controllare in quanto tempo ogni operaio svolgeva il proprio lavoro, poi facevo una media e stabilivo il normativ, la paga oraria di ogni operaio. Ho smesso subito era troppo noioso, ma con Ceaucescu era così, tutti dovevano fare tutto.” A Bologna Daniel ha lavorato per un anno come muratore, poi il cantiere è finito e non ha trovato altro. Non è riuscito a rinnovare il permesso di soggiorno e l’unico lavoro possibile è stato diffondere Piazza Grande, ma quando va bene riesce anche a guadagnare 500 euro al mese. Sulle impalcature dei cantieri edili si parla ormai solo il dialetto di Craiova e la lingua dei rom. Di giorno si lavora in cantiere, di notte di dorme in fabbrica. Daniel a Craiova ha ancora un figlio Andrej che ha 23 anni e studia Giurisprudenza all’Università. Anche per mantenere i suoi studi Christian si arrabatta come può. Sua moglie invece l’ha seguito in Italia e lavora come badante a Portomaggiore nel ferrarese. “Ogni tanto vado a trovarla di domenica e se il prete che la ospita ce lo permette passiamo un paio di notti insieme.” Pino, Giovanni e gli altri Tra gli abitanti del quartiere c’è qualcuno che in quelle fabbriche ha lavorato trent’anni. Quello che è stato il luogo del sudore si è trasformato ai loro occhi da fonte di sussistenza in fonte di degrado. “La delinquenza è aumentata moltissimo negli ultimi anni, da quando gli extracomunitari, a decine, vengono a dormire qua in fabbrica. È diventata una specie di dormitorio. La maggior parte di loro spaccia e poi ci sono risse, come niente spuntano i coltelli. Una volta i cinesi si sono affrontati con le scimitarre. Le ragazze hanno paura a tornare da sole a casa. Uno di loro ha dato della puttana a mia figlia.” Pino è stato operaio alla Casaralta dal 1978 al 1999. Abita ancora di fronte alla fabbrica, probabilmente continua a respirare la polvere d’amianto che ha inalato in vent’anni di lavoro. Nello stabilimento di via Ferrarese si costruivano carrozze ferroviarie. Durante una fase della lavorazione queste venivano spruzzate con l’amianto e poi facevano il giro della fabbrica per ultimare il prodotto. La polvere si spargeva ovunque. “Quando il sole entrava dai buchi del soffitto vedevamo in controluce nuvole di polvere sospese nell’aria. Non parliamo poi di come veniva spazzato via, usavamo le scope, poi hanno introdotto una spazzatrice a gasolio che ha solo peggiorato le cose. Come protezione delle semplici mascherine bianche, quelle che si usano per L’inchiesta del mese La periferia sottile i lavori in casa.” La magistratura ha accertato la morte di almeno 50 operai per mesotelioma della pleura, il male che si contrae inalando amianto; la proprietà ha risarcito le famiglie e l’ingegnere Farina responsabile della sicurezza è stato condannato a un anno di reclusione. Ma ancora prima che esploda il caso amianto, la Casaralta affronta una crisi economica che porterà alla chiusura degli impianti. “Le difficoltà sono cominciate negli anni Novanta – racconta Pino - quando a Giorgio Regazzoni il vecchio proprietario della fabbrica, sono succeduti i nipoti. È una storia che si ripete, i vecchi hanno la passione, la fabbrica è il loro lavoro, sono imprenditori. Ai nipoti non importa produrre, interessa fare soldi e se produrre comporta spese troppo alte è meglio vendere e investire capitali altrove. La Casaralta aveva stabilimenti a Padova e Caserta, ma i più produttivi e all’avanguardia eravamo noi. E chi ha chiuso per prima? Noi. Il problema è che gli impianti di Padova e Caserta le fabbriche sono in zona industriale, a Bologna eravamo quasi in centro, e comunque vicino alla Fiera, una zona molto appetibile per l’edilizia...” Per difendere i posti di lavoro dalla svendita dei padroni, Pino egli altri hanno occupato la fabbrica, prima nel ’96 e poi nel ’98, per due mesi, fino quasi alla chiusura definitiva. In quell’occasione si capì bene che cosa significava la fabbrica per il quartiere. “Eravamo in 190 a occupare, facevamo i turni giorno e notte. Abbiamo passato anche il Natale dentro. Tutta la città era con noi, gli abitanti del quartiere ci portavano da mangiare, il fornaio ci dava il pane gratis. Le ceste aziendali invece le abbiamo regalate ai senza tetto di Piazza Grande.” Storie simili si possono ascoltare da Giovanni, Luciano e Mantovani ex operai della Sasib. Anche loro abitano al Navile, lo stesso quartiere in cui si trova ancora la vecchia sede della “loro” fabbrica. La Sasib fa parte del patrimonio storico dell’industria bolognese, il fabbro Scipione Innocenti la fondò nel 1933 e fece fortuna con le commesse belliche grazie anche ai suoi rapporti privilegiati col regime fascista. “Scipione era uno verace – dice Mantovani – mi ricordo, sarà stato il ’56 e io ero appena entrato, quando annunciò la vendita agli americani dell’Amf facendo un discorso tutto in bolognese, in cima a una scala.” Fino agli anni Settanta la Sasib ha una buona posizione nel mercato del materiale ferroviario e soprattutto dell’impacchettatura di sigarette. Si producono anche macchine obliteratrici e per la stampa di biglietti ferroviari. Nel corso degli anni Settanta arriva una prima crisi, l’Amf vende a De Benedetti che non risolleva molto l’azienda: si ferma la ricerca nel campo del packaging del tabacco, per puntare sull’industria alimentare (sono gli anni dell’acquisizione della Sme). “Da leader siamo diventati cenerentola –dice Luciano – con l’ultima cessione, da De Benedetti all’inglese Mollins, siamo arrivati a soli 150 dipendenti, dai 1500 di 15 anni prima.” La storia della Sasib non è fatta solo di cessioni e investimenti sbagliati, ma racconta anche di lotte operaie epocali. “I padroni da noi non scherzavano. Nello sciopero del marzo ’44 il sindacato subì una sconfitta clamorosa, 100 operai vennero licenziati. Da quegli operai licenziati nacque l’artigianato a Bologna. Se facevi sciopero andavi al “reparto confino”, la carpenteria. Quest’aria si respirava fino al ’68 quando venne licenziato un sindacalista. Partì allora un grande sciopero, 320 ore a singhiozzo, che mise in ginocchio l’azienda. È stato l’inizio della conquista dei diritti per tutti gli operai bolognesi. Gli studenti erano con noi organizzavamo le iniziative insieme, si vedevano certi capelloni in giro per la fabbrica... Ma tutto il quartiere ci diede una mano, l’Arci Ippodromo ci portava le paste e la grappa, si raccoglievano soldi per chi aveva il mutuo da pagare.” Pino, Giovanni e altri operai del quartiere s’incontrano la domenica mattina in un circolo di Rifondazione Comunista del quartiere. L’alternativa, nei giorni feriali, è il bar del centro commerciale Lame. É quello il vero centro d’aggregazione del quartiere, lì puoi incontrare tutti, generazioni e provenienze diverse s’incrociano. Ma c’è stato un tempo dei Cral aziendali e della socialità di fabbrica. “Alcune fabbriche erano grandi come paesi. C’era un certo dibattito all’interno della fabbrica, nasceva la solidarietà. Oggi i luoghi di lavoro sono cose diverse, manca la cultura e poi il lavoro interinale isola, lavori tre mesi e te ne vai, sei sotto ricatto costante. Nei Cral c’erano campi di calcio e biblioteche, si socializzava. Si sostenevano col sei per mille trattenuto in busta paga; il Cral della Sasib era completamente autogestito non c’era neanche un rappresentante dell’azienda in amministrazione. Certo ora è diverso, a noi bastava quello, eravamo figli di contadini e la fabbrica era già una grande conquista, adesso mio figlio vuole diventare ingegnere informatico.” Prima ancora dei circoli aziendali, la socialità di quartiere nasceva nelle case del popolo. L’Arci di Bologna ha prodotto un’interessante ricostruzione storica della casa del popolo “Corazza”, nel quartiere San Donato. “La nuova costruzione nasceva nel quartiere e dal quartiere: in questo senso il fenomeno della partecipazione si arricchiva della dimensione della proprietà collettiva.” Gli operai, i muratori, i contadini che, nel Dopoguerra offrirono il loro lavoro volontario per costruire e poi gestire la Casa del popolo si sentivano protagonisti di quell’esperienza che avrebbe prodotto formazione politica e culturale, ma anche tante occasioni di socialità conviviale (si passava dalle rassegne di film sovietici alle gare di ballo). Con la crisi del sistema produttivo non si perdono solo posti di lavoro, è in via d’estinzione anche un modello di relazioni intimamente legato al territorio. La vita di fabbrica, dentro e fuori l’orario di lavoro, non ha trovato validi sostituti. Al deserto di cemento (o amianto) delle fabbriche chiuse, corrisponde un deserto di relazioni. Tutt’ al più illuminato dai neon dei centri commerciali. di Leonardo Tancredi [email protected] 9 L’inchiesta del mese La periferia sottile Atti di periferia Il caso Teatri di vita Le fabbriche sono monumenti della periferia, così come essa viene percepita a partire dalla forte industrializzazione di fino ‘800 o inizio del secolo scorso. Il percorso odierno di molte di queste fabbriche sembra essere un lento arresto dell’attività produttiva, fino al fallimento dell’impresa oppure fino allo spostamento delle proprie infrastrutture ancora più fuori rispetto al centro storico. Molti di questi edifici vengono abbattuti, altri attendono per anni senza uno scopo, utilizzati spesso da persone senza fissa dimora. Solo in pochi casi, però, vengono ristrutturati e adibiti ad attività particolari che nulla hanno a che fare con l’industria o con gli emarginati. Uno di questi edifici è la sede del teatro bolognese Teatri di Vita. Borgo Panigale, Bologna Per raggiungere Teatri di Vita si percorre la via Emilia da Porta San Felice fino alle prime case di Borgo Panigale. Alcuni autobus fermano poco distante dal Parco dei Pini (il piccolo parco attorno al teatro) e passano anche di sera fino a tardi. L’auto, tuttavia, rimane il mezzo più comodo per raggiungere il teatro, considerando l’uscita della tangenziale molto vicina, la possibilità di parcheggio e la scomodità di muoversi d’inverno con biciclette, motorini o autobus notturni. Il capannone che ospita Teatri di Vita ha conosciuto diverse funzioni. Stefano Casi, direttore del teatro, spiega le diversità d’impiego della sede nel corso degli anni. “L’attuale Teatri di Vita era in origine, agli inizi del ‘900, un acquedotto. L’intera zona verde che sta al di là del Reno era il vecchio parco dell’acquedotto, con edifici, cisterne e canali. Poi una parte di quel parco passò al Comune, mentre il resto rimase all’acquedotto. L’edificio nella parte del Comune, con due cisterne in muratura ai lati, diventò nel Dopoguerra un impianto sportivo, con una piscina coperta e una all’aperto. Poi venne dismesso, e mentre le due piscine venivano chiuse e iniziavano a cadere a pezzi, lo spazio intermedio diventò per alcuni anni una palestra di danza, l’Atelier del Borgo. Terminata anche quella esperienza, l’edificio venne chiuso e l’intero parco cadde 10 in abbandono. A questo punto, nel 1998, il Comune ci affida questo edificio, concordando un percorso di recupero e ristrutturazione che è durato alcuni anni.” Al di là delle motivazioni dietro la scelta di recupero di un luogo simile, legate a una modificazione dello spazio necessario per il teatro di ricerca, ciò che colpisce è la parabola anomala di un edificio industriale. Non viene demolito in fretta, lasciando spazio ad altri edifici, né rimane in uno stato vegetativo nell’attesa di una decisione qualsiasi in merito al suo futuro - ad opera del Comune o delle aziende proprietarie. Questo capannone ha un’evoluzione differente, cooperando all’allargamento della periferia e al decentramento dei luoghi di ritrovo o di cultura di Bologna. Il Teatro Comunale, che ospita opere di stampo classico, ha ancora sede in piazza Verdi, una piazza non solo contestata per il degrado, ma, prima di tutto, fulcro storico della vita universitaria e giovanile, di giorno come di sera. Al contrario, Teatri di Vita, un luogo che “getta un ponte verso il pubblico normale, proprio basandosi su quei nuovi linguaggi che fanno parte della vita di tutti i giorni”, dedicato in particolar modo ai giovani, trova il suo spazio in periferia. È importante capire se l’essere periferici è vissuto dai responsabili dello stabile come un problema o come una limitazione: “Da un punto di vista politico, culturale e sociale” spiega Stefano Casi, “rivendichiamo con forza il superamento del concetto di centro sotto ogni profilo. Siamo in un’epoca che non può più basarsi su un centro, né in termini di macro-politica né in termini di vita metropolitana. Qual è il centro di Bologna? Piazza Maggiore? Quanti bolognesi passano da Piazza Maggiore durante la giornata? Quanti passano invece in un grande centro commerciale di periferia? Dove sta il centro nella vita di una persona? Il nuovo centro sociale non è forse quella cosa immateriale che è la televisione, che è internet? Dunque, da questo punto di vista siamo orgogliosi di stare in un luogo che è a sua volta il centro di una rete policentrica”. Lo spazio periferico viene rivendicato come autonomo e importante. I concetti di centro e periferia, in questo caso, non sembrano più appropriati per una città come Bologna, il cui quartiere storico era simbolo e attrazione - non solo turistica, ma in primo luogo giovanile. Con il consolidamento di una periferia urbana, da un lato rimane la figura cardine del cittadino studente, che spesso possiede simbolicamente solo la bicicletta e desidera locali e luoghi di ritrovo dentro le mura, dall’altro assume rilevanza il cittadino della periferia che ha necessità e desideri complementari, altrettanto legittimi. Quest’ultimo non è solo colui che si muove in auto e cerca parcheggio, ma può essere qualcuno altrettanto sprovvisto di mezzi propri quanto uno studente del centro oppure una persona seriamente emarginata, sia a livello urbano che a livello sociale. Livelli che spesso coincidono. L’esistenza di una periferia non può rimanere in ombra a favore del centro storico. Anzi, seguendo l’ottica di Teatri di Vita non si tratta più nemmeno di periferia: è solamente una parte della città, collegata con paesi vicini, e fortemente indipendente, simile all’hinterland di città più popolose. La città si espande, muta: il centro perde la sua funzione perché altri luoghi creano momenti di aggregazione attorno a un evento, come fa il teatro o il cinema o altro ancora. Il tutto alla ricerca di una forma di valorizzazione dei sobborghi che il centro storico non può attuare accumulando su di sé ogni evento interessante e lasciando prive di attrazioni le periferie. Rimane un punto oscuro: a causa di uno sviluppo non omogeneo la periferia è piuttosto dispersiva e non riesce ancora a ricreare quella commistione di proposte di cui era capace il centro storico, nel quale convivevano teatri, locali, centri sociali, etc, e dove era possibile la mescolanza di frequentazioni di origine diversa. Bisognerà vedere, quindi, se la città sarà capace di creare poli aggregativi che valorizzino le periferie e al contempo offrano servizi in maniera ragionata, piuttosto che a seguito di estemporanei risanamenti di luoghi critici. di Nicola Ferrari [email protected] L’inchiesta del mese La periferia sottile Pasticcio metropolitano E’ nato un nuovo ghetto? E’ un fatto fisiologico, le grandi città diventano sempre più grandi. La popolazione cresce, le necessità aumentano, e lontano dal centro si devono trovare nuovi spazi dove far arrivare la città. Questi processi a volte vengono gestiti sapientemente, altre volte no. Tra mille interessi privati e pubblici, con le sirene della speculazione edilizia sempre in agguato, troppo spesso si finisce per creare autentici pasticci. A Bologna ne sta per esser fatto uno, o forse è stato fatto già. Via del Lazzaretto, Bologna In via del Lazzaretto, fuori porta Lame, Bologna distrugge se stessa per farsi metropoli. Tanto cemento è già stato versato e tanto altro ne seguirà. Nel frattempo in zona non ci sono locali, nessun centro sportivo, zero luoghi di aggregazione, pochi autobus che ci vanno di giorno, nessuno che ci vada la notte. Però in compenso c’è una residenza psichiatrica, la “Casa degli Svizzeri”, un centro di seconda accoglienza per immigrati, la struttura S.F.Cabrini, e il dormitorio comunale per senza tetto “Massimo Zaccarelli” che verrà inaugurato nei prossimi giorni. Tutto in poche centinaia di metri, con intorno una specie di deserto postindustriale. Più che il progetto di un gruppo di assennati tecnici, sembrerebbe l’opera di un Dottor Frankenstein dell’urbanistica. Nella gestione della città, e nella distribuzione di simili strutture di accoglienza, bisognerebbe badare a non mettere insieme realtà difficili, senza predisporre strumenti che aiutino l’integrazione. Disattenzioni come queste sono difficili da rimediare, e potrebbero significare anni di rincorse per recuperare gli sbagli fatti. In questo senso gli esempi non mancano, anche a Bologna. Basta pensare al Pilastro, un quartiere tirato su in quatto e quattr’otto negli anni del boom economico per dare alloggio alle ondate di immigrati in arrivo dal sud, e dove i problemi di integrazione sono durati per decenni. In via del Lazzaretto da qualche anno esiste anche un’importante realtà indipendente, il Lazzaretto Okkupato Autogestito, una storia iniziata “15 anni fa, con l’occupazione delle case in via del Pratello”, come si legge nelle pagine del loro sito (http://www.lazzaretto.org), e proseguita nel tempo tra musica, teatro e mille altre iniziative. Abbiamo incontrato Antonio, uno dei ragazzi del Lazzaretto e abbiamo parlato con lui di quello che sta succedendo nella zona. “In via del Lazzaretto non ci sono campi per giocare - ci dice Antonio - anzi, per essere più precisi non c’è quasi nulla. Noi siamo in una ex fattoria e intorno abbiamo solo fabbriche dimesse e cantieri in costruzione, ci faranno tanti appartamenti.” La nuova realtà della zona non spaventa i ragazzi del Lazzaretto. “Certo, - ci dice Antonio, - concentrando qui tutte queste realtà, immigrati, senza tetto e quant’altro, c’è il pericolo che si crei una specie di super ghetto. Ma può essere anche una bella occasione per integrarsi, e fare cose insieme. Però occorre trovarsi, pensare insieme, e il Comune dovrebbe darci degli strumenti.” Da poco tempo il Lazzaretto grazie all’aiuto dell’Informagiovani è stata riconosciuta come Associazione Culturale dal Comune di Bologna, cosa che inorgoglisce molto i ragazzi. Le associazioni potrebbero essere uno degli strumenti privilegiati per compattare il tessuto sociale della zona. “A noi piacerebbe creare aggregazione, - ci dice Antonio, potremmo fare da ammortizzatore. Vorremmo sentire anche le altre realtà che lavorano nella zona per pensare a nuove iniziative. Si potrebbe provare a chiedere all’Atc di portare fino a qui un autobus notturno e si potrebbe mettere in comune quello che c’è. Faccio un esempio, noi abbiamo delle sale prove qui da noi. Potrebbero essere sfruttate anche dai ragazzi del dormitorio che verrà qui di fianco, o dagli studenti che verranno.” Entro metà dicembre in via del Lazzaretto, al civico N° 15 aprirà la nuova struttura del dormitorio “Massimo Zaccarelli” che si trasferisce dalla vecchia sede di via de Carracci. Abbiamo incontrato Francesca, della Cooperativa La Strada, l’ente che gestirà la struttura. “E’ probabile che questo spostamento determini dei problemi, - ci dice Francesca - soprattutto perché non c’è stato il tempo materiale per prepararci al nuovo quartiere che ci ospiterà, e per conoscere le associazioni di volontariato e le altre realtà che ci staranno attorno, lo faremo prossimamente. Per adesso, comunque, siamo contenti, il nuovo posto sarà molto più accogliente di quello attuale.” Andare in via del Lazzaretto significa allontanarsi dal centro città, in una zona isolata e periferica. “Per noi il problema dell’isolamento non è nuovo, – continua Francesca – perché anche intorno alla vecchia struttura non esisteva più niente già da mesi, e da tanto vivevamo in una specie di ghetto. Via del Lazzaretto, poi, non è molto più distante rispetto a via de Carracci, anche se i mezzi di trasporto ci arrivano con minore frequenza.” Così come i ragazzi del Lazzaretto, anche la Cooperativa La Strada non teme grandi problemi di convivenza per il futuro. “Al Lazzaretto in realtà non c’è ancora niente intorno – dice Francesca - non c’è un bar, non c’è un centro sociale, per cui sarà difficile trovare collegamenti. E’ chiaro che qualche piccolo problema di gestione dei conflitti potrebbe venire fuori, - dice Francesca - ed è ovvio che più persone riusciremo a far entrare dall’esterno, per far conoscere gli ospiti e le altre realtà, meno occasioni di conflitto ci saranno. Per il resto cercheremo di fare quello che abbiamo fatto fino ad adesso al Carracci. C’è già un buon numero di volontari che in passato ci hanno aiutato a organizzare feste, piccoli concerti, cene.” Tra poco tempo in via del Lazzaretto dovrebbe arrivare anche l’Università, cosa che potrebbe dare spunti per nuove iniziative. “In genere dove ci sono i giovani e la cultura si creano anche dei luoghi di aggregazione - ci dice ancora Francesca - e l’Università avrà bisogno di nuovi spazi, di bar, di posti nei quali incontrarsi, potrebbe essere sarà una sorta di pretesto per far vivere quel quartiere.” “Di idee in questo momento ne abbiamo tante, conclude Francesca - vorremmo solo avere la possibilità di organizzarci un po’ meglio. Speriamo solo che i tagli al sociale non ci blocchino prima del tempo, e che ci sia permesso di fare le cose che vorremmo realizzare. di Jacopo Fiorentino [email protected] e Dario Coriale [email protected] 11 L’inchiesta del mese La periferia sottile Mercato 24 Quando l’urbanistica è partecipata Si chiama “Laboratorio Mercato” ed è, forse, il primo bel mattone di una Bologna “dal basso” difficile da costruire, ma possibile, pensata, partecipata e discussa da associazioni e cittadini. Il laboratorio Mercato è un’iniziativa di urbanistica partecipata che sta lavorando alla ri-progettazione dell’area un tempo occupata dal mercato ortofrutticolo. Una zona di frontiera, in bilico tra vecchio e nuovo, tra il quartiere storico della Bolognina, l’alta velocità e la nuova sede unica del Comune, tra un tessuto sociale composto prevalentemente da anziani, migranti e studenti fuori sede e gli interessi “strategici” della città, tra rischi di ghettizzazione e inquinamento e possibilità di crescita in termini di servizi pubblici. Via Fioravanti, Bologna aperto la strada al progetto di urbanistica partecipata che vediamo all‘opera oggi con Maurizio e Vittorio, fu che nella maggioranza dei casi i residenti si dicevano pronti a Il laboratorio di urbanistica partecipata, come ci hanno raccontato Maurizio e Vittorio dell’XM 24, è il prodotto di un lungo lavoro di riflessione condiviso del molto successo, non senza una certa dose di stupore anche da parte degli stessi promotori. La risposta dei cittadini fu decisamente superiore alle aspettative (ben 410 questionari restituiti), e venne soprattutto da chi abita- partecipare ad un’eventuale ridefinizione del progetto. Fu proprio durante una partecipatissima assemblea di quartiere organizzata nell‘Ottobre 2004, alla presenza degli assessori Merola e Zamboni, che prese forma l’i- variegato panorama delle associazioni che animano il quartiere ( A.S. Dojo Equipe Bologna, Associazione “Fuori le mura”, Campagna “C’è un buco nell’acqua”, Centro sociale “Katia Bertasi”, Centri culturali delle va e conosceva il quartiere da più tempo, ovvero dagli anziani. Dal sondaggio emergeva il desiderio, forte, da parte dei residenti di dire la loro su un progetto piovuto dall’alto che rischiava di produrre soltanto desertifica- dea di istituire un laboratorio di urbanistica partecipata, in cui i tecnici dell’amministrazione comunale e del quartiere Navile, le associazioni, ma anche i singoli cittadini, potessero discutere e ripensare un progetto parrocchie di S. Cristoforo e del Sacro Cuore, XM 24, Servizio di Mediazione di comunità) fin dall’epoca dell’amministrazione Guazzaloca. Il progetto elaborato dal Comune non convinceva affatto, troppo zione sociale e smog. Lo scontento si concentrava su alcuni punti, come la frammentazione degli spazi verdi, a causa dell’assenza di un parco pubblico di dimensioni adeguate, la gestione del traffico ed il problema dell’in- che non sembrava disegnato per soddisfare le esigenze dei residenti. Dal processo di riprogettazione, centrato sul comparto corrispondente all’ex mercato ortofrutticolo, restava esclusa soltanto la zona destinata ad poca attenzione alla qualità sociale ed ambientale del nuovo pezzo di città che doveva sorgere sulle ceneri dell’ex mercato ortofrutticolo. Le associazioni decisero quindi di redigere quinamento e quello che è stato ribattezzato il “muro di Berlino”, ovvero l’edificio, destinato a diventare uno studentato, che avrebbe separato il vecchio quartiere dal nuovo comparto, impedendo di fatto una permeabilità ospitare la sede unica del Comune, già approvata dalla giunta Guazzaloca. Il laboratorio, inaugurato lo scorso marzo, è stato organizzato in piccoli gruppi di lavoro di una trentina di persone l’uno, dalla composizione un questionario-sondaggio sul Piano Guazzaloca da distribuire agli abitanti del quartiere. I risultati, sorprendenti, hanno vitale per creare un rapporto tra vecchi e nuovi abitanti della zona. Ma l’aspetto più interessante, secondo molto eterogenea, sia dal punto di vista “ideologico” che generazionale. Maurizio e Vittorio ammettono che la comunicazione 12 tra i partecipanti, non sempre facilissima, ha però prodotto numerosi punti di incontro, spesso insperati, tra mondi che spesso non si guardano neppure.Esemplare il caso del ragazzo dell’XM 24 che, col plauso delle persone più anziane, ha proposto di trapiantare nel nuovo comparto i cortili, una sorta di istituzione sociale della vecchia Bolognina. Il progetto uscito dai lavori del laboratorio, che sarà approvato nei prossimi mesi, è completamente diverso da quello originario. Sono previsti, infatti, un grande polmone verde tra l’ex mercato e la Bolognina dotato di percorsi ciclo-pedonabili, l’interramento di via Gobetti al posto del “muro di Berlino” e una capillare presenza di associazioni che lavorano nel sociale per combattere, come recita l’ultimo foglio informativo del laboratorio, «la creazione di un’isola dorata all’interno di un assetto che presenta segnali di disagio e difficoltà nella convivenza quotidiana». Il calendario dei lavori del laboratorio prevede, come ultima tappa tra gennaio e febbraio, la discussione di questioni più dettagliate relative ai servizi ed agli spazi pubblici, come l’assetto definitivo del parco o l’ecocompatibilità delle costruzioni. Un’altra Bolognina è possibile, anche se la strada da fare è ancora lunga. di Giulia Lasagni [email protected] L’inchiesta del mese La periferia sottile Il Pilastro, comprensorio popolare del quartiere S. Donato, è sorto nella prima periferia di Bologna negli anni sessanta. Un quartiere dormitorio nato dall’esigenza di offire un alloggio alle ondate di immigrati meridionali arrivati in città dopo il suo sviluppo industriale. Un’area in cui nel corso degli anni si sono insediati gruppi etnici di varia provenienza, africani, immigrati dell’Est e più recentemente Rom. Quartiere Pilastro, Bologna La convivenza quasi forzata di persone appartenenti a culture diverse e con diverse abitudini, ha dato spesso luogo a episodi di violenza configurando sempre più il Pilastro come “ghetto” in cui isolare le fasce sociali meno in linea con l’idea di una città ordinata e tranquilla. Nelle parole di chi non ci vive e forse non l’ha mai visto il Pilastro è un luogo poco sicuro, dove “è meglio non andarci la sera”, teatro negli anni novanta del caso della “Uno Bianca”, area marginale della città che forse è bene rimanga tale. Un operatore da anni impegnato in prima linea nei servizi di assistenza sociale, racconta invece una storia diversa del Pilastro. Parla di un quartiere che ha lavorato molto per cambiare e riscattare la propria immagine e traccia un quadro di insieme del tutto inaspettato. In primo luogo è da notare che la consistente dotazione di servizi, impianti sportivi ed aree verdi oltre alla presenza del Centro Agroalimentare, del parco Commerciale Città Scambi e dell’Università distinguono il Pilastro dallo standard medio delle periferie urbane moderne solitamente in degrado e abbandonate. E’ probabilmente da ripensare anche la concezione del quartiere come ghetto perchè tramite l’assegnazione di appartamenti a riscatto nel Virgolone e negli altri grandi condomini come le “Torri” si è creata una nuova domanda abitativa da parte di persone con un reddito più alto, che ha favorito l’integrazione sociale. Ma l’aspetto più interessante che è emerso riguarda la percezione che gli abitanti del Pilastro hanno di sé in relazione agli altri. “All’interno del quartiere è venuta a crearsi una sorta di comunità indipendente, con i propri peculiari centri di aggregazione, le scuole le chiese i bar ecc.” ci è stato spiegato. Una specie di piccolo paese a sé che sembra limitare al minimo le proprie interazioni con gli altri quartieri e in generale con una città che lo respinge. Se dunque in qualche modo i problemi legati alla convivenza sono stati arginati rimangono però grosse sacche di disagio che colpiscono in particolare i giovani del Pilastro. Sostanzialmente privi di strutture che fungano da catalizzatori sociali come cinema o locali di svago essi guardano alla strada come esclusivo e naturale luogo di interazione sociale. Diretta conseguenza di questa situazione sono i fenomeni di microcriminalità, vandalismo, e spaccio di droga che si registrano di frequente nel quartiere diffondendo una deleteria cultura della malavita. Ed è proprio su queste problematiche che si Pilastro Oltre il degrado focalizza il lavoro dei servizi sociali del territorio e delle numerose associazioni di quartiere che li sostengono. Nel corso degli anni sono stati varati numerosi progetti, di natura eterogenea, ma tutti dedicati all’attenuazione del disagio giovanile. Esperienze significative che hanno registrato un certo grado di continuità nel tempo sono ad esempio i corsi di Break Dance e di Boxe. L’istituzione di questi corsi mirava a “creare attraverso la pratica di attività sportive e ricreative, centri di aggregazione alternativi alla strada” e entrambe le esperienze hanno riscosso un certo successo coinvolgendo un discreto numero di persone. Ad un livello di più ampio respiro si colloca invece uno degli ultimi progetti realizzati dai servizi sociali dal titolo significativo “Il mattino è già un lavoro”. “Lo scopo dell’iniziativa era quello di affrontare due delle problematiche più diffuse tra i giovani del Pilastro: l’uso di sostanze stupefacenti e la mancanza di lavoro.” I commenti raccolti nel quartiere su queste tematiche, sono stati raccolti in un video diviso in due parti. La prima dedicata all’uso delle droghe è strutturata secondo una serie di interviste ad alcuni giovani che raccontano le proprie esperienze ed “era pensato in funzione preventiva rispetto agli effetti deleteri degli stupefacenti.” La seconda parte, dedicata al tema del lavoro, riporta l’esperienza di un altro progetto che si chiama “Scuola lavoro” e consiste nella possibilità di seguire corsi di formazione professionale presso alcune aziende.” I giovani del Pilastro che hanno beneficiato di questa opportunità raccontano, sempre tramite interviste dirette le loro impressioni e sensazioni. Il Pilastro quindi cambia. Forse lentamente e con difficoltà ma cambia. Non sarà ancora un modello ideale di quartiere, ma di certo non è il far west che molti dipingono. Ci vorrà del tempo e non sarà facile ma guardare ad un Pilastro diverso non è impossibile e su questa strada si può solo migliorare. di Mattia Caiulo [email protected] 13 L’inchiesta del mese La periferia sottile Bologna 2 La città senza nome La storia del complesso edilizio Bo2 di Calderara di Reno, si intreccia strettamente col processo di transizione da città a metropoli vissuto da Bologna all’inizio degli anni ottanta. In seguito al rapido sviluppo di attività industriali che ha accompagnato questa trasformazione si è ben presto resa necessaria la costruzione di complessi abitativi destinati alle risorse umane necessarie a tali attività. Ciò ha dato luogo in molti casi a enormi speculazioni ed edificazioni incontrollate che hanno generato la formazione di nuovi spazi periferici alterando la geografia e la vita sociale delle comunità dell’interland bolognese. Il gruppo video di Vag 61 negli scorsi mesi ha condotto un’inchiesta sul famigerato stabile. Calderara di Reno, Bologna Alcuni centri abitativi, nati da un processo di urbanizzazione selvaggia, hanno perso la loro funzione originaria e abbandonati al degrado, sono degenerati in insediamenti caratterizzati da situazioni abitative e sociali instabili. La situazione appena descritta corrisponde fedelmente al caso di Calderara di Reno dove, a seguito della nascita dell’aeroporto Marconi, è stato edificato Bo2, complesso edilizio per il personale aeroportuale e, suo fiore all’occhiello il mega albergo residenziale “Residence Garibaldi 2”. Il residence viene costruito nel 1979 tra la zona industriale di Calderara di Reno e il centro abitato. La ditta vincitrice dell’appalto, la Ballau Srl. riesce ad ottenere, con una variazione ad hoc del piano regolatore, una metratura costruibile di 22600 metri quadrati in un tratto di aperta campagna, destinazione abitativa del tutto improbabile. Ancora oggi solo un’ala dello stabile è destinata ad uso alberghiero mentre il resto è diventata in breve termine un luogo fertile per l’infiltrazione malavito- 14 sa fino ad alcuni anni fa, quando l’esplosione della presenza malavitosa ha costretto la polizia a effettuare un sommario intervento di bonifica del posto. Attualmente il complesso ospita una parte cospicua della popolazione migrante di Bologna tra cui famigle locali, immigrati meridionali ed extracomunitari. La composizione demografica di Bo2 è variegata e comprensiva di svariate etnie che affrontano giornalmente la precarietà e le difficoltà legate all’essere migrante in Italia. La condivisione dello stesso spazio abitativo comporta, d’altronde, lo svilupparsi di una serie di relazioni che vanno dalla possibile collaborazione, all’attrito fra gli appartenenti alle diverse comunità etniche. Le condizioni dello stabile non soddisfano minimamente i più bassi standard di vivibilità: i garage sono perennemente allagati, l’energia elettrica è assente, cattive condizioni igeniche… Gli abitanti di Calderara (neanche a dirlo) hanno un’idea sommaria e totalmente negativa del posto. Il quadro complessivo che emerge è di una chiarezza lampante: in realtà Bo2 è un ghetto di “quarantenizzazione”. Qualcosa però forse si muove: mentre gli imprenditori edili continuano ad approfitttrane comprando a basso costo le case che affitteranno ai loro stessi operai a prezzi esorbitanti, il Comune di Calderara inizia a comprare dai privati numerosi appartamenti in vista di un discusso progetto di riqualificazione. Per gli abitanti del Bo2 collaborare con il progetto del comune vuol dire nel caso dei proprietari vendere il loro appartamento al comune in cambio di case popolari o pagare le spese di ristrutturazione. Per gli inquilini residenti negli appartamenti già acquistati dal Comune vuol dire invece pagare mesi e mesi di arretrati di affitto e addirittura di spese condominiali. Angelo Rizzi è un abitante italiano del Bologna2 che da anni ne segue anche insieme ad un’associazione ad hoc, le vicende. Ha anche costruito un sito sulla questione. Rappresenta il punto di vista istituzionale (del Comune di Calderara) perché difende, con buon senso ma con il dissenso di altri abitanti che lo conoscono, l’attuale progetto di riqualificazione del comune. Zarac è un maghrebino che vive al Bo2, ma fa anche parte del Coordinamento Migranti di Bologna. Il suo è il punto di vista più concreto sulla questione: Zarac parla sopratutto della percezione che gli abitanti di Calderara hanno del Bo2 e di chi ci vive. Kazim è un pakistano della regione del “Kashmir libero”, lavoratore, in regola, onesto. Come i pakistani, manifesta una particolare predisposizione e sincera intenzione all’integrazione nella nostra cultura. Kazim odia Bo2 e non vorrebbe viverci. Purtroppo, lui è uno degli acquirenti quindi tiene alla sistemazione del palazzo, quell’appartamento per lui non è un luogo di passaggio.... Una situazione complessa quindi, che vede in gioco gli interssi di molti tra cui bisogna mediare per una posizione comune senza che nessuno ne risulti penalizzato più di altri. La vita degli abitanti di Bologna2 si trascina, nonostante i disagi e i problemi da affrontare, in una parvenza di normalità. Per ora almeno, ma fino a quando? Urgono provvedimenti e subito. Testo realizzato in collaborazione con il Gruppo Video del Vag 61 L’inchiesta del mese La periferia sottile Tanto per parlare Un incontro per caso Immaginate il Signor Centro e la Signora Periferia che si urtano sull'autobus. Immaginate che invece di tirare dritto e far finta di niente, da questo scontro nasca una discussione accesa sull'occupazione degli spazi, su chi ha più diritto di vivere la città, su chi dei due è più cittadino dell'altro. Una polemica che si gioca sul filo della dialettica inclusione-esclusione. CENTRO: Qui comando io. Tu, spostati. Togliti di vista. Sei sporco, e per niente bello. PERIFERIA: Guarda che io non voglio mica comandare. Ma dov’è che dovrei andare? Sto già quaggiù, e sarò anche un po’ sporco ma non imbalsamato. CENTRO: Be’, potresti spostarti ancora più in là. Alla periferia della periferia. La regola, in questa città come in tutte le altre, è che più sei brutto più devi stare lontano. Per inciso, un’altra regola è: non insultare chi sta in centro. Per cui, pezzo di deficiente, “imbalsamato” lo dici a qualcun altro – a chi è ancora più brutto di te, per esempio. Adesso chiamo i vigili, anzi no, il Sindaco in persona, che è lì che non aspetta altro, e ti faccio multare, o magari rinchiudere in qualche centro di permanenza. Secondo me, poi, non sai neppure che cosa vuol dire, “imbalsamato”. L’italiano, di sicuro, lo conosci appena, come tutti quelli che stanno dalle tue parti. Imbalsamato, io? Ma se sono appena uscito dalla palestra. Guardati tu, piuttosto. PERIFERIA: Non capisco perché adesso vuoi mettere al centro della discussione le regole. Il sindaco lascialo perdere. Non saprebbe neppure dove venirmi a cercare. E poi anche se mi trova che mi fa? Mi porta in centro con lui? Non capisco. Non ci siamo mai parlati, ci siamo sempre ignorati. Com’è che tutto a un tratto ti è venuta tutta sta voglia di blaterare, e le regole, io sono bello e tu sei brutto? Ma non rompere! CENTRO: Sei un insolente. Lo sapevo che finiva così. Io ho allargato la città per accoglierti, ti ho costruito case e strade, supermercati per le vostre mogli, centri commerciali refrigerati per i vostri anziani, e tu mi ringrazi in questo modo. Non rispetti le regole, che dovrebbero garantire la civile convivenza di tutti. Vieni a fare i comodi tuoi anche qui dove sto io invece di startene dove ti ho sistemato. Reclami cose su cui non hai alcun diritto. Ora, ti permetti pure di insultarmi. Magari ti potessi ignorare. Bestia, sei. Ma ora basta, io cittadino per bene mi sono stufato. Speriamo che il Sindaco… PERIFERIA: Mah, mi risulta che qualcosa lo faccio anche io per te. Quando c’è da fare qualche lavoretto spendendo poco ti piace rivolgerti a me! Poi scusa tu non la usi la strada quando vai fuori città o non fai la spesa al supermercato? Comunque, se ti senti tanto appagato per il modo in cui mi hai sistemato, perché non facciamo cambio? Tu vieni a stare da me e io da te. Così anche tu potrai finalmente provare il brivido dell’accoglienza. Non dimenticare di invitare anche il sindaco… CENTRO: Fare cambio? Non ci penso nemmeno. Sto bene in centro, io. Se no, perché ci starei? Ho una casa qui, e nessuna intenzione di lasciarla. Se la zona ti piace tanto, compratene una anche tu. Vieni a viverci, invece che a creare problemi. Io non sono razzista, e se vieni qua diventi automaticamente come me. Comincerai a guardare male gli altri – chi ruba anziché produrre, chi sporca anziché tener pulito, chi molesta il prossimo anziché lavorare –, e a sentirti tutelato dalle regole. E anche dal Sindaco, che Dio lo benedica. PERIFERIA: A benedirlo per il momento sono solo i commercianti e chi ha i soldi. Tu resti dove sei perché ti piace, io resto dove sono perché non potrei andare da nessun’altra parte. Tu magari affitti in nero qualche appartamento a degli studenti ma io sarei quello che rubo. Le regole in questa città tutelano i ricchi e si accaniscono sui poveri. La verità è che le regole del mercato esistono solo quando fanno comodo ai ricchi e svantaggiano i poveri. Comunque, c’è qualcosa che potresti fare. Smettere di affittare a tanto e permettere a tutti di avere un posto decente dove vivere. La casa è un diritto, non un privilegio. CENTRO: Non hai capito. Le regole regolano la città, cercano di garantire la civile convivenza di tutti, non il mercato. Il mercato non ha regole, non ne ha bisogno. Nessuno mi proibisce di vendere, o affittare, a dieci anziché a cento. Ma perché dovrei? Tu, se fossi nella mia situazione, faresti lo stesso. È la legge della domanda e dell’offerta, ne più ne meno. Io vivo qui, e tu no. Potrebbe essere andata diversamente, ma è andata così. Del resto, anche tu hai un tetto laggiù, no? PERIFERIA: Ti sbagli se credi che il mercato non ha regole. Ce le ha, ma sono sistematicamente a sfavore dei più deboli. Tu, infatti, affitti a cento e non a dieci. Tu pensi che sia semplicemente una conseguenza della leg ge della domanda e dell’offerta ma naturalmente non è vero. Gli affitti e i costi delle case sono saliti anche quando se ne costruivano di nuove, cioè quando l’offerta aumentava. Ai proprietari di case fa comodo pensare di seguire una ‘legge di natura’ ma non è così. Sono degli approfittatori e tu sei uno di loro. Comunque è vero, un tetto quaggiù ce l’ho. Ma a quanto pare persino questo infastidisce la gente come te. CENTRO: Basta, mi hai stufato. Ecco che arriva il Sindaco con i vigili, per fortuna. Portate via questo qui. Se non capisce con le buone, capirà con le cattive. Io torno in palestra. Sono un cittadino impegnato, io. di Andrea Bianchi e Antonio Capuano 15 L’inchiesta del mese La periferia sottile Migranti a Padova Centro e periferie di che cosa? Alla fine della nostra inchiesta di questo mese, tutta dedicato al contesto bolognese, inseriamo un breve saggio sulla quotidianità di alcuni migranti residenti a Padova, una realtà non troppo diversa da quella di Bologna. L'autore è Alvise Sbraccia, un sociologo dell’Università di Padova. Padova 2005 Nel corso di una recente (2004-2005) ricerca etnografica condotta con alcuni colleghi del dipartimento di sociologia nel “nuovo ghetto” di Padova, ci siamo trovati di fronte ad alcuni migranti che preferivano rilasciarci un’intervista registrata lontani dal loro contesto abitativo, ovvero dai palazzoni fatiscenti di via Anelli. D’accordo Omar, allora magari ci vediamo in centro? Sì, va bene al bar domani alle 14? Certo. Quale bar? Guarda che al centro Giotto c’è un solo bar all’interno... In questo caso il nostro interlocutore, un magazziniere marocchino berbero di 33 anni, dava per scontato che il termine centro si riferisse alla struttura commerciale collocata nella zona periferica di Padova est. Distonia linguistica? Problemi di comunicazione? Forse, ma si impone una riflessione sul significato delle parole. In riferimento alla città di Padova, e non solo, nella percezione dei migranti, e non solo, centro 16 di che cosa? Centro delle attività produttive: al limite, del settore dei servizi che richiedono forza lavoro qualificata. Luogo d’incontro: presidiato abbondantemente dalle forze di polizia e destinato alle relazioni tra studenti. Spazio dei consumi: per lo shopping di livello medio-alto. Teatro delle iniziative culturali: dedicate ad un pubblico selezionato. Certo, è possibile obbiettare che molti migranti lavorano in centro. L’economia urbana ne richiede per le attività di costruzione e manutenzione nel campo dell’edilizia e delle infrastrutture, per le pulizie delle strade e degli uffici (università inclusa), nel settore dell’assistenza a privati (bambini e anziani) e del lavoro domestico in genere. E’ vero altresì che alcune piazze della città costituiscono punti di ritrovo “etnicamente” differenziati, soprattutto per chi, appunto, lavora in centro. L’equivoco con Omar, d’altra parte, evidenzia chiaramente quanto lo spostamento in zone periferiche o semiperiferiche dei servizi commerciali di base e ricreativi -ad esempio i cinema multisala- abbia avuto incidenza sulla conce- zione di centro e luogo d’incontro. Per inciso, si osservi come sia ormai consolidata anche tra gli autoctoni l’abitudine di darsi appuntamento “al centro”, ossia al centro commerciale, nelle ore di libertà dal lavoro (ma evidentemente non dal consumo). Tornando ai migranti coi quali abbiamo lavorato, dobbiamo comunque comprendere come l’incertezza nelle accezioni di centro e periferia derivi in parte dalla quotidiana distinzione tra tempo produttivo e riproduttivo, in altra dalla loro collocazione abitativa, a sua volta influenzata dalle politiche locali della casa. Lo spazio residenziale segregato di via Anelli, dove convivono prevalentemente migranti del Marocco e della Nigeria, costituisce un’eccezione rispetto ai modelli di insediamento abitativo degli immigrati nell’area veneta. Area notoriamente caratterizzata da un dislocamento della forza lavoro straniera a “macchia di leopardo”, ossia congruente con le esigenze della produzione diffusa tipiche di un modello di piccola impresa che tende a saturare il territorio regionale. A fronte della recente crisi di tale modello, è possibile immaginare che si rafforzi la tendenza al concentramento di questi lavoratori nelle periferie delle aree metropolitane. Periferie complesse e diversificate, come detto: zone residenziali più verdi ed ambite ai margini del traffico urbano; aree strategiche per il dislocamento delle strutture commerciali e produttive; spazi degradati di rifugio per una popolazione eccedente rispetto alle necessità della produzione (o vittima della precarizzazione più radicale); luoghi reali d’incontro tra cittadini regolari alla ricerca di beni illegali (droga, prestazioni sessuali) e irregolari, fornitori degli stessi; luoghi simbolici di riproduzione politico mediatica delle retoriche della criminalità e dell’insicurezza urbana; teatri infine di strategie speculative nel settore immobiliare. La zona di via Anelli non risulta ambita dai ceti benestanti in fuga dalle congestioni del centro, in compenso riassume in sè tutti gli altri aspetti appena elencati. Vicina allo snodo autostradale di Padova est, non distante dalla stazione ferroviaria, letteralmente circondata da strutture commerciali e arterie di smistamento del traffico, ha visto trasformarsi, nel corso degli anni ’90, il suo complesso “Serenissima” da insieme di unità residenziali popolari abitate in L’inchiesta del mese La periferia sottile prevalenza da studenti a zona di transito e rifugio per migliaia di migranti. E’ in uno spazio come questo, che abbiamo frequentato regolarmente per mesi, che si realizzano forme di convivenza tra migranti inseriti anche da tempo nel tessuto produttivo come operai di fabbrica, nuovi giunti in posizione di irregolarità giuridica e in cerca di un’opportunità, equilibristi della precarietà sempre in bilico tra un permesso di soggiorno difficile da rinnovare e un lavoro a giornata, spacciatori scafati e improvvisati. Chiaro che si tratti di una convivenza problematica tra chi torna in via Anelli per riposare dopo un turno di lavoro e chi vi cerca un’occupazione nelle economie informali (bar e punti vendita improvvisati) e illegali soprattutto nelle ore notturne. Siamo di fronte ad un conflitto che si radica nella diversità dei ritmi e degli stili di vita degli abitanti della zona e dei suoi frequentatori: una madre nigeriana non può che preoccuparsi del fatto che i suoi bambini giochino in cortile a fianco di chi compra e vende stupefacenti; un operaio che si sveglia per il turno delle 6 difficilmente apprezzerà la musica degli stereo e gli schiamazzi a notte inoltrata. In un simile contesto, anche la presenza costante delle volanti delle forze di polizia ai cancelli, i controlli di identità e le retate operati dalle stesse sono vissute in maniera contrapposta a seconda degli interessi soggettivi. Il degrado ambientale spaventoso, dovuto al sovraffollamento e all’incuria sistematica e prolungata dei proprietari degli appartamenti, contribuisce a definire un quadro della situazione allarmante, che però merita di essere interpretato proprio lungo l’asse centro-periferia. Al di là della sua collocazione fisica periferica, la zona di via Anelli è centrale per quanto riguarda i processi di produzione ideologica del nemico interno (il migrante marginale, pericoloso, criminale) che “dimenticano” chi, in condizioni di regolarità e di irregolarità, non è nelle condizioni di uscire dal nuovo ghetto. Via Anelli è periferia da rimuovere nell’immaginario della cittadinanza che vive nell’ossesione securitaria; centro d’attrazione per quelle sue frange che vi si recano per acquistare stupefacenti. Via Anelli è periferia penalizzante e degradata per chi vi si sente ingabbiato, impossibilitato ad uscirne stanti le difficoltà che incontrano i migranti quando si affacciano sul mercato della casa; centro relazionale per tutti quei migranti che vi si recano dopo il lavoro e nei fine settimana, dalla provincia e oltre, per incontrare amici e parenti, consumare un pasto in compagnia o discutere delle novità sulla situazione politica in Nigeria. E’ periferia per chi ci va in auto a fare le spese, è invece centro di interessi speculativi proprio perchè collocata in una zona commerciale e strategica in piena espansione. L’amministrazione locale sta operando nell’ultimo anno per la chiusura progressiva dei palazzoni in questione che ha già provocato una significativa riduzione degli abitanti (attualmente circa 600), seguendo una logica di assegnazione di appartamenti di edilizia popolare in varie zone della città ai residenti regolari. Chi ha trovato in via Anelli un rifugio informale, grazie alla prassi dei subaffitti, forse tornerà alle fabbriche e ai casolari abbandonati (più in periferia). Chi vi cercava il calore di una socialità tra compaesani, sarà indotto a cercare altri spazi. La collocazione urbana dei migranti sarà un elemento cruciale nell’Italia del futuro prossimo. Alcune esperienze ci dicono che la logica dell’accorpamento “etnico” è pericolosa: mentre scrivo si sono appena calmati i fuochi francesi che l’hanno avuta tra i carburanti. Oltr’alpe le seconde, terze, quarte generazioni hanno utilizzato un codice non interlocutorio per un chiaro messaggio. Si tratta di saperlo leggere in anticipo sui nostri tempi. di Alvise Sbraccia Dipartimento di Sociologia Università di Padova [email protected] 17 A cosa serve un racconto? Che significato ha la parola cronaca? Leggiamo ogni giorno sui quotidiani locali cronache di morte, di violenza, poche righe che non riescono mai a spiegare cosa c'è dietro un'azione, un omicidio, un suicidio. Non riusciamo mai a vedere i volti degli assassini, mai i corpi delle vittime. Solo puro montaggio terroristico al fine di creare allarme sociale. Per questo ci è venuta voglia di partire da scarne notizie di cronaca per creare dei racconti, dove la vittima e l'assassino finalmente abbiano la possibilità di dirsi. Apriamo questa rubrica a chiunque voglia costruire una storia a partire da un episodio di cronaca locale e non solo, selezionato dalla redazione e leggibile sul sito di Piazza Grande. Saremo noi a scegliere ogni mese il racconto che ci è piaciuto di più. “MODENA - Una giovane tedesca ha scambiato il cimitero di Pavullo per un campeggio e ha 'piantato le tende' fra le tombe stendendo anche i panni ad asciugare; poi, ha costruito un altare di croci fatte di scope e carta igienica.” Ventidue giorni prima era partita dai pressi di Villingen. Si, la Foresta Nera era bella, fresca, si respirava e si dormiva bene sotto i sempreverdi teutonici, ma lei voleva cambiare aria. E allora via; giù per sé e per il suo fagotto compagnone. Lo stridore del regionale delle 05.09 per Bologna non poté non destarla dal suo sonno composto. Heike si alzò, stiracchiò gambe e braccia, imbracciò il fagotto, risalì le scale del sottopasso e uscì ti, uno per uno, soffermandosi a guardare le foto sorridenti e a leggere le frasi poste a eterna riconoscenza. Un po’ di italiano Heike lo conosceva, per via di tutti quei calabresi, campani, siciliani e abruzzesi che fin dagli anni ’60 avevano dalla stazione. Andò dritta fino al primo semaforo; quindi si fermò a leggere un po’ le indicazioni stradali: “tutte le direzioni”, “For migine”, “Castelnuovo Rangone”, “Vignola”, “Marano sul Varano”, “Zocca” e “Pavullo”. Pavullo. Quel nome la affascinava; le suonava strano e curioso, e se lo ripeteva in mente: cominciato a trasferirsi nella sua Schwarzwald. Due epitaffi le restarono in mente: “Facile è stato amarti, difficile dimenticarti” e “Fummo come siete, siamo come sarete”. Quest’ultimo non era tanto sicura di averlo capito bene, ma era quasi del tutto certa che non si trattasse di un bell’augurio per chi lo stesse leggendo. Scostò il cancello, entrò e cominciò a percorrere tutti gli angusti sentieri fioriti e illuminati Dopo il giro di perlustrazione si sistemò. La cappella della famiglia Stoppa era praticamente terminata; pronta per essere usata. Accogliente. Heike aprì la porta, entrò in punta di piedi, come per non svegliare nessuno, srotolò il suo fagotto compagnone e ne trasse una coperta a quadri rossi e blu che stese con cura sul pavimento in marmo opaco. Poi tirò fuori un lenzuolo di flanella celeste e lo pose sulla coperta a quadri. Quindi uscì. Appena fuori dalla porta raccolse quattro scope, un paio di badili e qualche pezzo di compensato che aveva notato poco prima, li legò con dello spago di fortuna e avvolse tutto con due dei tre rotoli di carta igienica che aveva chiesto in prestito alle FS. Due rametti di cipresso messi a croce ed ecco Novembre 2005, Indymedia Italia - Guarda Luca; guarda: ci sono i fantasmi! - Ma che fantasmi?! Mamma mi ha detto che i fantasmi non esistono; e nemmeno Babbo Natale esiste. - Ma come non esistono? E quelli che sono? E scapparono. Luca e Andrea avevano nove anni ciascuno, un pallone Tango pezzato da 5 euro e 30 centesimi, una bottiglia di acqua naturale da un litro e mezzo consumata per tre quarti e una paura terrifica ed ectoplasmica, che all’imbrunire quando il Sole era calato esattamente da trentotto minuti - si palesava in tutta la sua digrignata e periferica penombra, oltre che nella fuga frenetica e scomposta di due creature verso le rispettive case di conforto e sicurezza. Heike non aveva fatto altro che approfittare di quella calma e di quella carenza di traffico d’anime In quei giorni, il cimitero era stato insolitamente silenzioso e distante dalle attenzioni della gente del paese. Dimenticato. Come se tutti quei morti non avessero mai avuto cari a cui chiedere preghiere per l’indulgenza. Ma era solo una superficiale apparenza. La verità era che il 2 novembre si avvicinava, e allora tutti quelli che già da qualche giorno sentivano la mancanza di un contatto ultraterreno con amici e parenti passati a miglior vita avevano semplicemente evitato di recarsi al camposanto il 29, il 30 o il 31 di ottobre, per sfruttare e onorare in tutta la sua piena solennità la ricorrenza del giorno dei morti. Heike non aveva fatto altro che approfittare di quella calma e di quella carenza di traffico d’anime, giusto per dare un senso alla sua eterna ricerca di dimora; e aveva scelto proprio la dimora eterna: pace e tranquillità! 18 per Zurigo, poi la Como-Chiasso - facilmente attraversata a bordo di un’autocisterna di kerosene e al fianco di Marione da Novara, che la accompagnò fino ad Abbiategrasso - una passeggiata di 3-4 Km, quindi un paio di notti all’ombra del Pirellone e poi la Freccia del Sud, quella che parte alle 23.00 da Milano e arriva a Crotone tra le 14.30 e le 16.15 (cioè con un ritardo compreso tra la mezz’ora e le due ore e un quarto). Il cesso della carrozza 12 era stato abbastanza confortevole, eccezion fatta per lo spiffero proveniente dal water e per la pozza d’acqua sul pavimento. Ore 00.53, in perfetto orario: “Modena, stazione di Modena” - Puoi daremi un poco soldi? Uno euri? - 50 centesimi vanno bene? - Ok. Crazie tanto! - Pafullo; Pafullo…Pafullo. Modena-Pavullo sono 49 Km, 30 di pianura e falsipiani, 19 in salita. Heike se li fece tutti a piedi, in sole sette ore e tredici minuti pause comprese. Qualcosa la stava mettendo da parte; in più o meno due ore le sue tasche si erano appesantite di 4 euro e 30 e di mezzo panino con tonno e sottiletta. Mica male! Intanto aveva adocchiato una cabina per le foto-tessere; lì poteva trovare la privacy, e un minimo di sicurezza “Benvenuti a Pavullo” recitava il cartello ai margini del paese, e subito, sulla destra, il cimitero; poco più in là - cinquanta metri al massimo - le prime case e i primi rumori di stoviglie. Scostò il cancello, entrò e cominciò a percorrere tutti gli angusti sentieri fioriti e illumina- bell’e fatto il suo altarino di famiglia. Cacciò dalla tasca sinistra la foto di Christel - ventott’anni appena di vita consumata e la stessa strada di Heike sotto i piedi - e la pose a ridosso della croce improvvisata. La fontanella nei pressi della cappella prometteva freschezza e pulizia. Si sciacquò la faccia e le ascelle, e ben presto quattro mutande, due canotte, tre paia di calzettoni di spugna e tre magliettine della salute d’altri tempi ritrovarono il loro candore originale sotto lo stesso sottile filo d’acqua della fontana. Poi strizzò tutto per bene, e pensò che il fil di ferro che teneva insieme le impalcature adiacenti alle pareti della cappella dell’or mai beneamata famiglia Stoppa potesse essere un efficiente stendino. Infine si raccolse nella sua nuova alcova a riposarsi un po’. Il piccolo Luca, colpevole di un tiro potente ma impreciso, scavalcò il muretto a ridosso del cancello d’entrata del cimitero E si fecero le 19.32; il Sole si era spento alle 18.54, esattamente da trentotto minuti, il vento soffiava leggerissimamente - tanto quanto bastava all’andamento ondivago della biancheria stesa in penombra - e un pallone Tango pezzato da 5 euro e 30 centesimi andò a sbattere contro la lastra di tale Adelmo Del Fonte nato il 23-07-1935 e deceduto il 15-10-1999. Il piccolo Luca, colpevole di un tiro potente ma impreciso, scavalcò il muretto a ridosso del cancello d’entrata del cimitero - sfidando tutte le storie di spettri che più volte avevano animato i banchi della sua 4^ C - e recuperò il pallone. Quasi contemporaneamente Andrea, con gli occhi corrucciati e lo sguardo cir- cospetto, si era accorto che qualcosa di candido e inquietante sembrava muoversi vicino ad una cappella in costruzione, a non più di otto metri da dove si trovava Luca; qualcosa di sospeso; di volteggiante; di spettrale. Il resto è storia. L’appuntato la raggiunse a fatica, la ricondusse nella cappella, le chiese con cortesia di raccogliere tutte le sue cose Il giorno dopo il signor Paolo, padre di Andrea, si recò al cimitero, si accorse dell’abusivismo di Heike e chiamò i carabinieri. Quarantasei minuti più tardi l’appuntato Dagni stava già operando lo sfratto. Heike palesò il suo disappunto urlando e slalomando tra le lapidi, e srotolandosi appresso l’ultima porzione di carta igienica rimastale . L’appuntato la raggiunse a fatica, la ricondusse nella cappella, le chiese con cortesia di raccogliere tutte le sue cose e poi, tenendola stretta per i polsi - per evitare che gli scappasse ancora una volta - tentò di indirizzarla sulla strada per l’uscita. Heike forzò la morsa nella quale erano costrette le sue piccole mani, e si divincolò; ma non scappò. Si fermò, si girò verso la cappella, allungò un braccio, e sorridendo all’appuntato Dagni si rimise Christel nella tasca sinistra. di Dario Coriale [email protected] Le News della Nera 3. MILANO. Giuseppe M., 42 Le notizie scelte dalla redazione anni, napoletano trapiantato a questo mese: Milano, aveva indicato una panchina come proprio "domicilio" 1. ROMA. Un uomo di 42 anni per ottenere gli arresti domicisi è recato in commissariato liari. Quando gli agenti che denunciando di aver commesso dovevano controllarlo non lo una rapina e chiedendo di esse- hanno trovato è subito scattata re incarcerato per il reato. A la procedura d'ordinanza. spingerlo a farlo è stato il biso- Giuseppe, che si era allontanato gno di un posto dove dormire e dalla propria panchina solo per la sicurezza di un pasto caldo. qualche minuto, è stato arrestato. 2. SEATTLE. Due detective della Omicidi stanno investi- I racconti di lunghezza inferiore gando sulla morte di una donna alle cinquemila battute vanno senza fissa dimora della quale è inviati a: stato trovato il corpo dai vigili [email protected] del fuoco mentre spegnevano un piccolo incendio sotto il viadotto Alaskan Way, proprio Nel campo dell'oggetto specifidurante il Giorno del care "La Nera" Ringraziamento. Questa rubrica è curata da Dashiell Philip Chandler (noto giornalista cheyenne-canadese occasionalmente a Bologna) e ospita lettere mai spedite, discorsi che persone "in vista" della nostra città NON faranno, cronache di avvenimenti che MAI si verificheranno. La totale inattendibilità delle notizie è dunque ammessa in partenza. Come le recensioni di Eco a libri inesistenti o i discorsi domenicali "del papa" scritti da Adriana Zarri ciò che leggerete appartiene al territorio dei desideri o degli incubi o - se vi piace la fantascienza - a un mondo parallelo. Riceviamo e volentieri pubbli- Non ho scoperto un bel cecio: dal 2004 a oggi zero. "Tempo perso" chiamo ho detto al Borghezio: "questi par"Vorrei sfogarmi e chiedervi un lano solo di prezzi che salgono, di consiglio. Ecco i fatti. Sono di figli malati, di turni, di donne sangue emiliano da generazioni. (qualcuno in modo un po' volgare Leghista della prima ora in terra è vero, ma nulla rispetto a mio ostile (Bologna la rossa). Nel '99 cugino), di cugini, di calcio e di incontro Borghezio e lui mi affida Bonolis… sembrano proprio itauna missione speciale: spiare "i liani". All'inizio ho pensato che lazzaroni" (insomma gli immigra- Borghezio avesse ragione: "stanno ti) qui, nel cuore delle zone isla- fingendo - mi urlava - o parlano in mo-comuniste. "Sono onorato ma codice, indaga ancora". Non sto a come faccio, chi li capisce quelli?" dirvi quanto mi ci sono dedicato. dico. "Appunto" mi fa il Niente, al massimo qualcuno che Borghezio: "tu ora vai a Bergamo si lascia scappare un "certo che alla nostra scuola segreta, impari questi bolognesi sono proprio l'arabo e l'albanese alla perfezione, stronzi" (che poi è quello che poi torni qui a spiare". Così ho penso anch'io). Giorni fa, riguarfatto. Dopo 5 anni di studi, ecco- dando gli appunti e ripensandoci, mi di nuovo a Bologna. Sempre ho avuto un colpo al cuore. Mi con il registratore in tasca per non son detto: "E se Borghezio sbaperdere una frase. Travestito, gliasse? Se loro non fingessero ma mimetizzato. Mi metto vicino a fossero proprio come noi?". "quelli" in mensa, sulle panchine la domenica, con il carrello subito Voi che conoscete "le strade", dietro al market. Dal 2004 ascolto, cosa dite? Aiutatemi a capire: devo ascolto, ascolto, prendo appunti e dare le dimissioni? mando i rapporti al nostro "Sol", (Comprenderete perché non cioè lo "spionag gio operativo posso firmarmi). Saluti molto perleghista". plessi". di Dashiell Philip Chandler 19 Come fare per... La rubrica dei nuovi poveri Ormai lo sanno anche i sassi, la povertà è alla portata di tutti. La quarta settimana è un incubo generalizzato: i soldi finiscono una settimana prima del 27 del mese, le bollette languono e il padrone di casa aspetta invano l'affitto. Quando vi avranno staccato acqua, luce e gas, e avrete ricevuto lo sfratto, mentre il vostro conto in banca suonerà vuoto come le vostre tasche, questa rubrica, che insegna a vivere agiatamente senza un tetto sulla testa, potrà tornarvi utile. Che cosa hanno in comune Napoleone Bonaparte e un senza dimora? Entrambi temono il freddo. Il primo si è beccato l’offensiva del Generale Inverno nella campagna di Russia nel 1812, il secondo lo subisce ogni giorno per quattro mesi all’anno. Se è decisamente troppo tardi per dare buoni consigli a Napoleone, a chi vive in strada invece qualche suggerimento su come difendersi dal freddo siamo ancora in tempo a darglielo. Con la consulenza di Gigi Bonometti, un veterano “piazzagrandista”, abbiamo stilato una lista di buone pratiche per affrontare l’inverno. Si tratta in realtà di frammenti della sua biografia. Mettendoli insieme come un puzzle si compone un quadro di vita di strada. Come riparasi dal freddo? Cominciamo con le cose più banali... Procuratevi un buon sacco a pelo, meglio che una coperta. In mancanza di meglio un cartone isola più che una coperta. Si trova facilmente vicino ai supermercati o ai cassonetti, bisogna stare attenti però a cambiarlo spesso perché si bagna facilmente. Bisogna poi trovare un posto al riparo dalla pioggia e dal vento. E qui viene il bello. L’ideale sarebbe dormire su una grata col getto d’aria calda, ma queste non stanno mai sotto i portici, quindi ti piove sulla testa. Meglio quindi il portico di una chiesa, magari con delle suore gentili. La chiesa del Baraccano, per esempio. Buoni sono anche gli angoli coperti, ce n’è uno perfetto in via dei Mille davanti alla banca. Fino a qui tutto lecito, più o meno, ma volendo forzare un po’... Si occupa una casa per l’inverno, sai quante ce ne sono disabitate? Basta buttare giù la porta e se non fai troppo casino passano anche dei mesi prima che la polizia ti becchi. Oppure ci sono i capannoni e le fabbriche abbandonate in periferia, stesso discorso. Un po’ più scomodi sono i cantieri edili: è più difficile trovare un posto ben coperto e i 20 muratori arrivano presto la mattina e devi svegliarti alle cinque. Ma se ti comporti bene ti lasciano dormire anche un po’ di più. “Ho passato un intero inverno in un cantiere in via Paolo Fabbri, - dice Gigi, mi ero costruito una baracca con le assi di legno e il cellophane, per l’elettricità avevo recuperato una vecchia batteria di una macchina. C’era un palmo di neve sul tetto eppure non è crollato! Ah dimenticavo dividevo la baracca con una donna. Sì, quello è il modo migliore per scaldarsi.” Se si riesce a diventare davvero invisibili le possibilità aumentano. Un portone si apre e allora via in un sottoscala, oppure all’Università si entra in tardo pomeriggio, si fa un giro e all’ora di chiusura ci si infratta da qualche parte. Fino alle 8 di mattina avrai un palazzo tutto per te. Un’alternativa, con qualche soldo in tasca, è il treno. Finche è in movimento stai da dio, ma quando spengono i riscal- damenti tra le lamiere si gela. Ma il freddo non si sente solo di notte. Anche di giorno bisogna ripararsi. Allora oltre alle mense e i centri diurni ci sono le biblioteche, le sale da biliardo, le agenzie ippiche (che adesso si chiamano Snai), il bowling (quello di via San Felice per esempio) e perché no anche le chiese. Tutto questo se si resta in città, in campagna il discorso cambia. “Prima di arrivare a Bologna - dice ancora Gigi - ho fatto il pastore nella Val Seriana, andavo da Bergamo a Pavia a piedi. Il metodo migliore per scaldarsi all’aperto è prendere un mattone, scaldarlo sul fuoco, avvolgerlo in una straccio e cacciarselo nel sacco a pelo. Sei a posto tutta la notte. Dai pastori dai sardi ho imparato un altro sistema: scavi una buca, fai uno strato di legna e la fai bruciare. Quando resta solo la brace, la ricopri di sabbia e poi sopra ci stendi una coperta. Dormi al caldo come se fossi abbracciato a un termosifone.” Ancora due soluzioni, magari un po’estreme. Il rusco tiene caldo, e quindi un tuffo nel cassonetto ti regala una notte di fuoco. Il problema non è solo la puzza, ma svegliarsi prima che arrivi il camion della spazzatura se non si vuole finire tritati. Troppi rischi, meglio lasciar perdere. Se no c’è il cimitero, da vivi ovviamente...Una nicchia vuota si trova sempre, e lì di sicuro non ti disturba nessuno. Non ci credete? Ne conosco molti che dormivano alla Certosa. A mali estremi... Fine Dal basso verso l’alto Rubrica di contributi senza filtro dal mondo altro L'unico segreto …Anke oggi finalmente è passata, non so come o fatto o come è successo fattostà ke l'unica cosa importante, l'ultimo non'ke unico segreto è ancora al sicuro. Kazzo la difenderei con la vita quell'unica cosa ke mi ha permesso di vivere in modo decoroso fino a pokissimo tempo fa, nel senso che due soldini con quella cosa ne ho guadagnati, beh.. a pensarci bene sono passati almeno 8, 9 anni .., ma a dire il vero non mi ricordo se è così tanto ke vivo senza lavoro o che sto fuggendo, MAH !! sarebbe ora ke mi inventassi qualcosa di nuovo. Non posso più sperare di vivere così, non è più tempo ! Ma come faccio ad inventarmi qualcosa di nuovo ke faccio fatica a difendere questo segreto. E con piddux affianco che mi straccia i maroni ??? E domattina? Come farò domattina, mi tokkerà uscire di casa.." con il solito stratagemma e cominciare a correre … ke poi, qual'è questo stratagemma, ke ogni giorno è una fuga diversa. Ma per quanto ancora andrà avanti sta storia, per quanti anni, mesi, speriamo non siano giorni, è troppo tempo ormai, e ki l'avrebbe mai detto, non mi sarei mai sognato di portare con me questo prezioso segreto per cosi tanto tempo. Siii kaazzzz !! nessuno lo saprà mai, con tutto lo sbattimento ke mi son fatto in tutti sti anni, Tzé … mi faccio boccheggiare cosi? Meno male ke sono quasi a casa; MA .. ma, ki.. ki sono..? sono loro, kazzo, sono loro sono loro, via via via !! Merda, mi sono gia attaccati al culo, devo fare qualcosa alla svelta, subito; si, si, si, inkiappetto una macchina e skizzo via, meno male ke hanno inventato la fiat uno ke si apre da sola, e ne intravedo subito una. Evvai è partita subito. Mi fiondo nel traffico come un grillo e salto da una parte all'altra della carreggiata, mi sento un po' Montoya, ma assomiglio più a Fisikella. Improvvisamente un camionazzo mi salta annanza, forse mi potrebbe aiutare nella fuga; ma ke kazzo fa s'timbecille, non posso perder tempo così. StromStrombbb… spiaccico tutte e due le mani sul clacson e strombazzando di brutto tiro i freni al limite,ma ki kazzo è st'imbecille, pensa te, un bilico con rimorchio targato CT "azz un camionaro siculo" penso in me, non che ce l'abbia con i siculi, per carità, sono i camion che mi impressionano un pò; Oooh, gli urlo a tutta voce ma non mi sente,oppure fa lo gnorri? Kazzo, dico io, scommetti ke stavolta mi vede, e mi scatta il sorpasso ; BRANG !!… scalo in prima, infilo subi- Scalata alla salute to la seconda prima ke il motore si lamenti, ma si lamenta, non dovevo mettere la prima … poi in rapida successione abbasso il finestrino e con una finissima gesticolazione, faccio scattare il dito mignolo e il dito indice, e comunico al siculo ke la sua bella nel paese degli aranci lo sta cornificando. Tò vé, ki l'a- Sono un ragazzo che vive in una situazione precaria nella città di Bologna. Ieri ho avuto bisogno di una semplice visita medica, non avendo il medico di base qui a Bologna mi sono rivolto ad uno sportello sociale per sapere dove andare (nel frattempo la mia temperatura corporea era già a 39°). Inizia cosi a prescrivermi medicine del tipo sciroppo, compresse, antinfiammatori, antibiotico e la tachipirina per la febbre. A quel punto io le spiego che per varie ragioni, che non sto qui ad elencare non ho soldi per comprare queste roba. Lei mi guarda e mi prepara una ricetta medica e mi dice che l'antibiotico e l'uni- vrebbe mai detto, mi ha visto. Nel doppio rimorchio cabinato scoppia il finimondo, mi arrivano insulti spessi così in un italiano inconmprensibile. Mi doveva aiutare a scappare con questa manovra, invece .. quasi mi akkiappano; ma vaffanculo … … e vado via, e i bastardi ? sono ancora lì ? tutt'ammé, hizzebb. NO !!! Non ci sono più, finalmente kazz !! mi sono liberato, haaaa me ne vado RENZO RENZO fresco e giulivo per la mia, per una volta la dea bendata è stata dalla mia, sembrava ke il camionante siculo avesse la meglio su di mé invece l'ha avuta su loro. Pericolo scampato, posso parcheg giare la voiture dove voglio, abbandonarla in strada ed incamminarmi con tutta tranquillità verso casa e fiero di avere tenuto tutto per mé questo segreto. He Si, si si !! nessuno mi rubera mai la mia ricetta per fare i: TORTELLINI ALL'AMARENA. Dopo una fila interminabile mi mandano al poliambulatorio di via Montebello. Stavo malissimo, arriva il mio turno e spiego all'operatore che ho bisogno di un medico, gli compilo i moduli li presento la mia carta d'identità, a quel punto mi chiede il nome del mio vecchio medico, rispondo di non ricordarmelo, lui mi guarda e affranto mi dice che non può assegnarmi il nuovo medico (che precedentemente avevo scelto su un registro a casaccio). La febbre continuava a salire, ho iniziato a gridare e a trattarlo male, alla fine ho inventato un nome, e ho detto che era il mio vecchio medico, a quel punto ottengo una tessera sanitaria temporanea, con un medico di base a cui rivolgermi. Avete capito cari amici, ho dovuto mentire per ottenere un semplice servizio di base pur essendo un italiano; ma non è finita qui. Con la mia nuova tessera mi reco dal mio nuovo medico, questa volta senza fare una gran fila arriva il mio turno, entro mi sottopongo alla visita risultato: bronchite acuta. ca cosa che non pagherei. Scendendo dall'ambulatorio trovo per le scale una copia del giornale piazza grande, vado a numeri utili e trovo poliambulatorio biavanti, assistenza medica gratuita per senza fissa dimora, mi trovavo a poche centinaia di metri e ci vado. La vedo la gente che spiega al medico la propria patologia e li vengono forniti subito i medicinali; arrivato il mio turno spiego già tutto quello che mi era successo, la risposta è stata che loro non potevano darmi medicinali, perché era il mio medico di base che avrebbe dovuto farmi una ricetta per gente senza reddito per qualsiasi tipo di medicinale. Conclusione, sono le 18,00 sto malissimo dalle 8,00 sono in giro per ambulatori su 5 diversi tipi di farmaci di cui avevo bisogno me ne hanno fornito solo uno (alla faccia dell'essenzialità). di Massimo.C di Filippo Redazione di Strada è a cura di Massimiliano Salvatori contatti: tel. 051/342328 - mail: [email protected] - [email protected] 21 Avvocato di Strada presenta “Dove andare per...” La guida di Bologna per le persone senza fissa dimora Edizione 2006 E dicembre inoltrato. Da qualche settimana a Bologna le temperature climatiche sono scese bruscamente, e come sempre il gelo invernale complicherà enormemente le già non facili condizioni di vita dei senza dimora. L'Associazione Amici di Piazza Grande Onlus, realtà da anni impegnata nel fronteggiare i problemi dei più deboli, anche quest'anno mette in campo alcuni strumenti che serviranno ad aiutare chi vive in strada. La guida "Dove andare per…", realizzata da Avvocato di Strada, indica a tutte le persone senza dimora dove andare per vestirsi, lavarsi, mangiare, dove trovare lavoro e assistenza legale, e può rappresentare un'utile strumento anche per tutte quelle persone che quotidianamente lavorano nell'ambito dell'esclusione sociale. L'invenzione del quotidiano Chi vive i disagi della vita di strada impara a (soprav)vivere con quello che gli viene dato. É una lotta quotidiana, fatta di ricerche continue e di piccole conquiste momentanee. Una coperta, un pasto caldo, un riparo dove scaldarsi, per qualcuno è nulla, per altri è la vita. Diventa così essenziale sapere dove andare per nutrirsi, vestirsi, lavarsi, dormire, curarsi, trovare un lavoro …. Questa guida, unica nel suo genere in città, raccoglie ed offre queste informazioni.La pubblicazione viene distribuita gratuitamente in stazione, nei dormitori, nelle mense ed in 22 tutti i luoghi di Bologna frequentati dalle persone senza fissa dimora. Ringraziamo tutti i volontari che hanno partecipato alla realizzazione di questo opuscolo, l'Assessorato alla Sanità, Servizi Sociali, Volontariato, Associazionismo della Provincia di Bologna per il contributo ed il sostegno offerti e la Fondazione Internazionale OAK, la Fondazione Unidea Unicredit Foundation e la Fondazione Monte dei Paschi di Siena per la fiducia e il sostegno economico. Avv. Antonio Mumolo Ideatore e coordinatore del progetto Avvocato di Strada Distribuzione Questa guida viene distribuita gratuitamente in stazione ed in tutti i luoghi di Bologna frequentati dalle persone senza fissa dimora. Può essere richiesta telefondando allo 051/397971 oppure inviando una mail all’indirizzo: [email protected] ASSOCIAZIONE AMICI DI PIAZZA GRANDE ONLIS: Le attività L'Associazione Amici di Piazza Grande Onlus è il luogo in cui i cittadini svantaggiati si organizzano per risolvere i propri problemi, per mettere assieme capacità e idee, per costruire occasioni di reddito, per affrontare il problema della abitazione, per migliorare le prestazione dei servizi della città e per autogestirsi. L’Associazione, in oltre dieci anni di vita ha dato impulso ad una progettualità ricca di iniziative. Attualmente tra le attività di Piazza Grande ci sono il giornale, il BiciCentro, la Sartoria, il Servizio Mobile di Sostegno e lo Sportello di Avvocato di Strada. Fare Mondi La Cooperativa Fare Mondi affonda le radici nel percorso associativo degli aderenti all’Associazione Amici di Piazza Grande Onlus. “Ritiriamo i vostri vecchi computer e pensiamo noi al loro riutilizzo Sgomberiamo il solaio, la cantina Forniamo un servizio per piccoli trasporti, pulizia stabili e piccoli lavori di manutenzione” Riutilizzo ecologico di carta, vetro, legno, residui metallici, residui di fibre naturali; Piccoli sgomberi di cantine, solai. Pulizie. Lavorazioni manuali d’assemblaggio. Assemblaggi meccanici ed elettrici. [email protected] In via del Gomito 22, il terzo giovedì del mese, dalle ore 20 alle 21 38938045524 Via Antonio Di Vincenzo 26/F (BO) Tel e Fax 051 372 223 - 051 4158 361 telefoni: 380.3585605 347.1867228 348.3149643 349.8506055 mail: [email protected] Ringraziamenti L’Associazione Amici di Piazza Grande Onlus ringrazia la ditta Sign Pubblitecnica di Bologna, per avere realizzato gratuitamente le scritte adesive che verranno applicate sulla nuova auto del Servizio Mobile di Sostegno Sito web: www.cooplastrada.it Mail:[email protected] 23 Informazioni e punti di ascolto 1. Comune di Bologna, Servizio Sociale Adulti Per tutti gli adulti in difficoltà, dai 18 ai 65 anni. Via Sabatucci, 2. Tel. 051/245156. Aperto lun, merc, ven e sab, h.9-13 e mart e giov, h.14-17 2. Associazione Posto d’Ascolto ed Indirizzo Città di Bologna. Informazioni relative a dormitori, mense, docce. 1° binario Stazione Centrale - Piazza Medaglie D’Oro, Tel. 051/244044. Dal lun al ven, h.9-12, 15-18, sab h.9-12 3. Sportello Sociale e delle opportunità Comune di Bologna Via del Porto, 15/b, Tel 051/523494. Lun-Sab, h.9.30-16.30, merc h. 9.30-12.30 (senza appuntamento). 4. Centro di Ascolto Italiani della Caritas Adulti italiani in difficoltà, assistenza, informazioni e percorsi di reinserimento sociale. Via S. Caterina 8/A. Tel. 051/6448186. Lun, Mart, Ven, h.9.15-11.30. Giov, h9.15-11.30, h.14- 15.30 (senza appuntamento). 5. Centro di Ascolto Immigrati della Caritas Diocesana Ascolto, informazioni e assistenza per persone straniere. Via Rialto, 7/2. Tel. 051/235358. Lun, giov, h.9-11, mart, h.15- 17 6. Servizi per gli Immigrati del Comune di Bologna Cittadini stranieri con permesso di soggiorno o in attesa di regolarizzazione. Informazioni e orientamento. Via Drapperie, 6. Tel. 051/6564611. Lun h.9-13, mart e giov h.15-18, sab, h.9-13 7. Associazione L’Arca Ascolto e informazione per tutte le persone disagiate. Via Zago, 14, Tel. 051/6390192. Dal lun al ven h.15-19 8. Ufficio Casa Comune di Bologna Informazioni su bandi per la assegnazione della casa. Viale Vicini, 20 Tel. 051/2194332. Lun- ven, h.8,30-13, mart e giov, h.14.30-17 ----------------------------------------------------Aiuto e assistenza legale 9. Avvocato di Strada Consulenza e assistenza legale gratuita per le persone senza fissa dimora. Via Libia, 69 presso Associazione Amici di Piazza Grande Onlus.Tel 1 4 . I s t i t u t o B e r e t t a Via XXI Aprile 15 ,Tel.051/6162211 Distribuzione numeri, dal lun al ven, h.8-9 e h. 14. Sab soltanto al mattino. Domenica pronto soccorso odontoiatrico h.8-13 1 5 . P o l i a m b u l a t o r i o A U S L Via Tiarini 10/12 Tel.051/706345. Dal lun al ven. Dalle ore 7.30 vengono distribuiti 12 numeri. ----------------------------------------------------Pasti gratuiti 7 . A s s o c i a z i o n e L ' A r c a Via Zago, 051/6390192. Dal lun al ven, h.15.30-19 14. Tel. 3. Centro Diurno Comune di Bologna Distribuisce pasti caldi. Via del Porto, 15/C. Tel. 051/521704. Tutti i giorni dell'anno h.12.30 -20. 1. Centro Beltrame Comune di Bologna Distribuisce pasti caldi agli ospiti del centro stesso - Via F. Sabatucci, 2. Tel. 051/245073. 16. Oratorio di San Donato Tutte le domeniche mattina alle ore 10.10 colazione. Via Zamboni, 10. Tel. 051/226310 17. Mensa dell'Antoniano Distribuisce pasti caldi. Via Guinizelli, 3. Tel. 051/3940211. Tutti i giorni h.11.30-12. Per accedere al servizio occorre un buono che viene distribuito alle h. 10.45. 4. Mensa della Fraternità Caritas Diocesana Fornisce pasti caldi. Via Santa Caterina, 8/A. Tel. 051/6448015. Tutti i giorni mensa h.18-19. 18. Punto d'incontro della Venenta Distribuisce alimenti. Via Serlio, 25. Aperto Mart e Giov, h.10-12 19. Parrocchia Cuore Immacolato di Maria Distribuzione di cibo da cucinare. Via Mameli, 5 Tel. 051/400201. Mart, h.10-12, Ven, h.15.30- 17.30 20. Parrocchia S. Cuore Distribuzione viveri. Via Matteotti, 25. Tel. 051/4151760. Dal lun al sab, h.11-12 21. Parrocchia S. Maria della Misericordia Distribuisce razioni di generi alimentari. P.zza Porta Castiglione, 4. Tel. 051/332755. La distribuzione avviene al sabato munendosi alle ore 8.00 di un numero con cui 25 persone ogni giorno. Piazza San Domenico, 5/2 Tel. 051/226170. Lun e giov, h.8-10 19. Parrocchia Cuore Immacolato di Maria Distribuzione vestiario. Via Mameli, 5. Tel. 051/400201. Tutti i Merc, h.9-11 27. Parrocchia S. Egidio Distribuzione vestiario. Via S. Donato, 36. Tel. 051/244090. Dal Lun al Ven, h.1617.30 28. Parrocchia S. Giuseppe Cottolengo Distribuisce indumenti, Via Don Orione 1, Tel. 051/435119. A giovedì alterni, h.16-18 29. Parrocchia S. Giuseppe Lavoratore Distribuisce indumenti in genere. Via Marziale, 7, Tel.051/322288. Il primo e terzo mercoledì di ogni mese, h.15-17 23. Parrocchia S.S. Angeli Custodi Distribuzione abbigliamento. Via Lombardi, 37. Tel.051/356798. Tutti i merc, h.9-10. ----------------------------------------------------Dove dormire 1. Centro Beltrame Offre 115 posti letto. Via F. Sabatucci, 2. Tel. 051/245073. Si accede tramite lo Sportello Sociale di Via Del Porto, 15/B. 30. Casa del Riposo Notturno M.Zaccarelli Offre 80 posti letto. Via Carracci, 69. Aperto h.19-8. Si accede attraverso lo Sportello Sociale di via del Porto, 15/b. 31. Opera di Padre Marella Offre 60 posti letto. Via del Lavoro, 13. Tel. 051/244345. Aperto h.8-17 25. Rifugio Notturno della Solidarietà Offre 30 posti letto a persone tossicodipendenti senza dimora. Via del Gomito, 22/2. Tel.051/324285 Aperto h.19-9.30. 32. Casa del Riposo Notturno Offre 32 posti letto per adulti italiani e immigrati con permesso di soggiorno e rifugiati politici. Via Lombardia, 36. Tel.051/493923. Aperto h.19-9. Si accede attraverso la segnalazione dello Sportello Sociale di Via del Porto, 15/B. 33. Struttura Madre Teresa di Calcutta Offre 19 posti h.9.30-12.30 e h.15.30-17.30 Comunità S.Maria della Venenta Onlus Accoglienza in comunità e in case famiglia di ragazze madri. Via della Venenta, 42/44/46. Argelato (Bo) Tel. 051/6637200. Aperta tutto l'anno Donne che hanno subito abusi e violenze 38. Casa della Donna per non subire violenza Ascolto, assistenza psicologica e legale, ospitalità temporanea, gruppi di auto-aiuto e sostegno. Via Dell'Oro, 3. Tel. 051/333173. Lun-ven, h.9-18 S.O.S. Donna NUMERO VERDE 800 453009 Linea telefonica contro la violenza, fornisce informazioni, aiuto, consulenza ed assistenza psicologica e legale. Tel. 051/434345 fax 051/434972. Lun, mart e ven, h. 20-23, giov, h.15-17.30 Disagio relazionale A.S.P.I.C. Associazione per lo Sviluppo Psicologico dell'Individuo e della Comunità Servizio psico-socio-assistenziale. Via De' Gombruti 18 Tel / Fax 0516440848. Il centro è aperto (previo appuntamento) dal lunedì al venerdi. Disagio psichico 39. Percorso vita Informazioni e assistenza a persone con disagio mentale e alle loro famiglie, attività culturali e ricreative, gruppi di auto-aiuto. Via Polese, 23. Tel/Fax 051/273644 Alcool Alcolisti Anonimi Gruppi di auto-aiuto. Tel. 335/8202228 Acat h.9 - 19, Cell. 3491744897 Carcere 40. A.VO.C. Associazione volontari carcere Attività in carcere, sostegno psicologico e sociale a detenuti ed ex-detenuti. Piazza del Baraccano, 2. Tel. 051/392680 41. Gruppo carcere del Centro Poggeschi Attività di animazione e lavoratori all'interno del carcere Dove andare per... dormire, mangiare, lavarsi, curarsi, lavorare. A Bologna 051/397971. Lun-Ven, h.9.30-13 si prenota il ritiro che avviene dalle h.9.30 alle 11. 8. Servizi per gli Immigrati del Comune di Bologna Consulenza ai cittadini stranieri. Via Drapperie, 6. Tel. 051/6564611. Aperto tutti i giorni, escluso il ven, h.9-13 ----------------------------------------------------Unità di strada 22. Parrocchia S. Maria Maddalena Offre alimenti. Via Zamboni, 47. Tel.051/244060. Merc, h.10-12 Unità di Aiuto del Comune di Bologna Intervento di strada con camper attrezzato. Tel. 051204308 Fax 051203799. Il servizio viene svolto tutti i giorni. Punti di sosta del camper: Piazza Puntoni, h.17-18, Via Bovi Campeggi, h.18-19 23. Parrocchia S.S. Angeli Custodi Distribuzione generi alimentari. Via Lombardi 37, Tel. 051/356798. Lun, h.14.30- 17, mart, giov e ven, h.912, merc, h.10.30- 12.30 ----------------------------------------------------Bagni e docce calde letto per adulti italiani e immigrati con permesso di soggiorno e rifugiati politici. Viale Lenin, 20. Tel.051/531742. Aperto h.19-9. Si accede attraverso la segnalazione di tutti i servizi sociali del territorio. 34. L'isola che non c'è Struttura dedicata ai punkabestia. Offre 35 posti letto con punto cucina, punto docce e accoglie persone con animali, per le quali è previsto un servizio veterinario. Via Dell'Industria, 2. Si accede direttamente dalla strada nei limiti di posti disponibili. ----------------------------------------------------Un servizio per i tuoi problemi 9. Servizio Mobile di Sostegno Associazione Amici di Piazza Grande Onlus. Informazioni, generi alimentari, abiti, panni o coperte alle persone che dimorano in strada. Tel.051/342328. Servizio attivo lun, merc e ven, h.21-24. Il giov h.9-12 ----------------------------------------------------Assistenza medica gratuita 4. Centro S. Petronio Caritas Diocesana Servizio docce Via S. Caterina 8/A Bus 20-21 Tel. 051/6448015. Prenotazione alla mattina h.9-11.30. Gli stranieri debbono prenotare il Mart mattino per usufruire dei servizi il Mart e il Merc dalle 14 alle 15. Gli italiani debbono prenotare il Ven mattino o Lun mattino per usufruire dei servizi il Lun dalle 14 alle 15. Le donne, italiane e straniere, usufruiscono del servizio il Giov, dalle 14 alle 15. 10. Poliambulatorio Biavati Visite mediche gratuite per persone non assistite dal Servizio Sanitario Nazionale e persone in stato di grave indigenza. Strada Maggiore, 13. Tel. 051/226310. Aperto tutti i giorni h.814. Mart e giov h.8-17 (senza appuntamento). 24. Bagni pubblici Toilette e servizio gratuito di lavanderia, con lava-asciuga, per persone senza fissa dimora. Piazza IV Novembre Tel. 051/372223. Aperto sempre h.9-20 Centro accoglienza La Rupe Promozione sociale e progetti di inserimento lavorativo per persone con problemi di marginalità. Via Rupe, 9. Sasso Marconi. Tel. 051/841206. 25. Rifugio notturno della solidarietà Servizio docce per persone senza fissa dimora. Via del Gomito 22/2. Tel. 051/324285. Il servizio è attivo il Mart h.15-18 per gli uomini. Il Ven, h.15-18 per le donne. ----------------------------------------------------Distribuzione abiti 35. Laboratorio Abba-Stanza Destinato a persone senza fissa dimora e individui con gravi disagi sociali. Via Della Dozza, 5/2. Tel/Fax 051/6386000. 11. Croce Rossa Italiana Somministrazione farmaci, attrezzatura ortopedica e occhiali. Via del Cane, 9. Tel. 051/581858. Lun, Merc, Ven, h.8-14. Mart, Giov, h.8-17 12. Sokos Visite mediche gratuite per immigrati privi di assistenza sanitaria, persone senza fissa dimora e tossicodipendenti. Si prescrivono visite specialistiche, farmaci ed esami. Via de' Castagnoli 10, Tel. 0512750109. Lun h.17-19. Merc, h.16-19, sab, h.9-12 13. Centro per la salute delle donne straniere e dei loro bambini Vengono erogate prestazioni a donne e bambini stranieri. Poliambulatorio Zanolini, Via Zanolini, 2. Tel. 051/4211511. Lun, h.12-18. Mart, h.15-19. Giov, h.12-19. Ven, h.10.30-14 Urgenze odontoiatriche 17. Antoniano Fornisce vestiario. Via Guinizelli, 13. Tel. 051/3940211. Merc e Ven, h.9.30-11.30. Tel. 051/244044 7. Associazione L'Arca Fornisce vestiario a chi si presenta direttamente. Via Zago, 14. Bus 38, Tel. 051/6390192. Dal lun al ven, h.15.30- 19 26. Opera San Domenico Distribuisce vestiario a max 9. Associazione Amici di Piazza Grande Onlus Assistenza e percorsi di recupero per senza fissa dimora. Via Libia, 69, Bologna. Tel. 051/342328. Lun-ven, h.912, h.14.30-18. 3. Centro Diurno Comune di Bologna Accoglienza, relazione d'aiuto e ascolto, attività per il tempo libero e laboratoriali. Via del Porto, 15/C. Tel. 051/521704. Tutti i giorni h.12.30- 18. Cittadini Stranieri NUMERO VERDE SERVIZIO SANITARIO Servizi plurilingue di informazione e mediazione culturale - 800 663366 36. Ufficio Stranieri della CGIL. Via Guglielmo Marconi 69 - Tel 0516087190 Fax 051251062. Lun-ven, h.9-13, 15-18. Il sab, h.9-13 Maternità 37. SAV, Servizio Accoglienza alla Vita Via Irma Bandiera, 22. Tel. 051/433473. Dal lun al giov, e progetti di inclusione sociale. Via Guerrazzi 14. Tel.051/220435 Tossicodipendenze 42. Il Pettirosso Comunità di accoglienza per tossicodipendenti e autoaiuto per familiari. Via dei Mattuiani, 1. Tel. 051/330239 S.A.T. Servizio Accoglienza Tossicodipendenti. Presso Casa Gianni, Via Rodolfo Mondolfo, 8. Tel. 051/453895. Aperto tutti i giorni previo appuntamento. Aids Telefono verde Aids della Ausl Bologna: 800 856080 43. C.A.S.A. Centro Attività Servizi della USL Bologna Informazioni e servizi sanitari a persone affette da HIV e sieropositive. Via S. Isaia, 90. Tel. 0516494521. Dal lun al ven, h.8-14. 44. ANLAIDS Gestisce una Casa Alloggio, un centro diurno per persone con Hiv e sieropositive ed una linea telefonica per informazioni e supporto con esperti. Organizza gruppi di auto-aiuto e laboratori artigianali gratuiti. Via Irnerio, 53. Tel. 051/6390727. Per informazioni e aiuto sulla malattia 051/4210817 - La linea funziona lun, mart e giov, h.16-20. La sede è aperta dal lun al ven, h.9-13 45. IDA Iniziativa Donne Aids Informazione, prevenzione e tutela dei diritti per persone con Hiv, AIDS e persone detenute. Via San Mamolo, 55. Bus 29-30 Tel/Fax 051/581373. Cell. 339/8711149 46. LILA Lega Italiana per la Lotta contro l' AIDS. Ascolto, accoglienza, informazioni, assistenza, centro di documentazione e consulenza legale e previdenziale. Via Agucchi, 290/A. Tel. 051/6347644 - 051/6347646. Info: 051/6350025 (lun, merc, ven, h.18.30-20)