LA MEMORIA DELLE PIANTE UTILI Il rapporto tra l’uomo e l’ambiente attraverso il recupero delle conoscenze sulle piante che mangia, con cui cura se e gli animali, e che utilizza per l’artigianato Attività svolte nel corso dell’A.A. 2007/2008 GIARDINO DEI SEMPLICI - Università “G. d’Annunzio” MINISTERO DELL' UNIVERSITÀ E RICERCA - LEGGE 6/2000 “Iniziative per la diffusione della cultura scientifica” “La memoria delle piante utili: il rapporto tra l’uomo e l’ambiente attraverso il recupero delle conoscenze sulle piante che mangia, con cui cura se e gli animali, e che utilizza per l’artigianato” Il progetto è stato proposto dal Giardino dei Semplici ed è stato finanziato dal MUR – Ministero dell' Università e Ricerca – Direzione Generale per il Coordinamento e lo Sviluppo della Ricerca nell’ambito dei progetti annuali previsti dalla LEGGE 6/2000 “Iniziative per la diffusione della cultura scientifica” La realizzazione del progetto ha coinvolto gli studenti delle scuole della regione Abruzzo e gli studenti universitari, che hanno partecipato a diverse iniziative proposte, quali visite guidate al Giardino dei Semplici, seminari, convegni, escursioni e laboratori didattici, e ricerche ad ampio spettro su tematiche che interessano il recupero delle tradizioni contadine analizzate nel rapporto tra l’uomo e le piante, come fonte di sostentamento, prodotti per la salute e materie prime per la realizzazione di attrezzi e strumenti di uso comune. L’invito alla partecipazione è stato raccolto da numerosi studenti che hanno aderito e partecipato presentando elaborati di diversa natura, dei quali viene qui presentata una selezione rappresentativa che possa essere di stimolo per proseguire le ricerche o sviluppare ulteriori approfondimenti. Tutto il materiale relativo al progetto è pubblicato alle pagine web del Giardino dei Semplici http://www.unich.it/giardino/index.htm PRESENTAZIONE Chi non ha mai immaginato, magari guardando un opuscolo promozionale di qualche agriturismo di lusso, alla bellezza della vita in campagna, dove gustarsi la pace e la serenità in un ambiente immerso nella natura e lontano dallo stress della città. Sicuramente un’immagine idilliaca, ma di sicuro ben lontana dalla realtà di vita nei contesti rurali, dai problemi di una economia di sussistenza e con le esigenze che dovevano essere conciliate con le semplici risorse che la natura stessa metteva a disposizione. Da qui nasce il profondo legame tra la vita dell’uomo e le piante, che da sempre hanno rappresentato la fonte di sopravvivenza, fornendo in primo luogo, nutrimento, ma anche prodotti per la salute, tanto dell’uomo che degli animali e le materie prime per la costruzione, grazie all’abile manualità di sapienti artigiani, degli strumenti di vita quotidiana. Pochi di noi oggi, ormai abituati alle comodità ed ai servizi che la vita in città offre, sarebbero capaci di rimettere in uso pratiche e conoscenze, anche le più semplici, ma comunque fondamentali anche per le strette esigenze di sopravvivenza. È anche vero che ormai sono conoscenze che ci appaiono superate, e non rientrano più tra le esigenze primarie, quasi non ne avessimo più bisogno. Volendo fare un paragone potremmo dire che nessuno sarebbe disposto a mettere in discussione la maggior efficacia ed efficienza di una automobile rispetto ad un carro. Perchè dunque impegnarsi nella ricerca e nel recupero di conoscenze che ormai non trovano più, di fatto, applicazioni ? Di certo non per riproporre quello stile e quelle condizioni di vita, quanto piuttosto per evitare che il tempo finisca di logorare e far perdere completamente non delle nozioni tecniche, ma un bagaglio di conoscenze e tradizioni che rappresentano un patrimonio culturale di inestimabile valore. Da qui è nato il progetto "Quando c'era l'aia", una idea di ricerca per riscoprire e valorizzare usanze, gesti ed attrezzi che sono il frutto di secolari rapporti tra l'uomo e le piante nelle attività e negli strumenti di tutti i giorni. Recuperare nel senso di verificare quanto ancora oggi è disponibile di quel sapere, nel libri, sul web e andare a ricercare direttamente le fonti di questo sapere che ormai è patrimonio solo di poche persone ormai anziane. Una ricerca che si figura lunga e difficile, e che andrebbe svolta con strumenti di indagine scientifici e con rigore metodologico, ma che non si concilierebbe con il nostro progetto. Più che ad una ricerca abbiamo voluto coinvolgere i ragazzi delle scuole, soprattutto i più giovani, e sensibilizzarli sull’esistenza di tracce di un passato di cui, in molti, non conoscevano l’esistenza. Poco importa quindi se i risultati non sono “di elevato valore scientifico”, ma riportano l’interesse e l’entusiasmo di studenti di età diversa che hanno iniziato a riscoprire e quindi valorizzare un sapere che si sta perdendo, e che per il momento è impresso nelle ricerche, nelle presentazioni e nei poster che hanno presentato. Dai lavori presentati è emerso un quadro delle piante utilizzate, che rappresentano solo una parte delle specie utilizzate. In molti casi è risultato difficile poter risalire alla specie botanica, in altri casi l’identificazione è probabile, ma non del tutto certa. Si va dalla classica canapa, tradizionalmente utilizzata come specie da fibra, da cui si ottengono prodotti diversi, in funzione della qualità della fibra stessa: la canapa nobile, usata per tessuti, per la fabbricazione della carta, ed oggi riscoperta anche come fibra per la bioedilizia o gli ecoimballaggi; la stoppa utilizzata in idraulica e per legature; il noggio, la parte più nobile utilizzata per la filatura; c’è infine un’altro prodotto, ormai completamente sostituito dai poliemeri plastici, come la corda, che ha visto scomparire anche la figura dell’artigiano mastro cordaio. Quella della filatura è sempre stata una delle attività che ha impiegato un elevato numero di specie, da quelle prettamente tessili, come la canapa, il lino e la ginestra, e le piante usate per la tintura, insieme alle quali ci sono altre specie utilizzate per le attrezzature e i processi di lavorazione, come il cardo dei lanaioli, utilizzato appunto per cardare la lana, la canna, utilizzata per la canocchia, o il legno di salice con sui si costruisce la rocca, entrambe per la filatura. Di particolare rilevanza anche sul piano economico è stata anche la coltivazione del gelso, sia per i frutti eduli, sia per la raccolta delle foglie che alimentavano i bachi che erano allevati su rami di ginestra per la produzione della seta. C’è poi un’altra serie di piante che venivano utilizzate per strumenti ed attrezzature, come la quercia ed il sorbo, utilizzate per fabbricare i gioghi, l’olivo per strumenti orticoli, il salice e l’olmo per i manici di scope e rastrelli, il castagno per fare pali e la canna, utilizzata per particolari recinzioni mobili, come le cannizzate. Una quercia in particolare, la rovere, veniva ed è tutt’ora utilizzata da mastri artigiani che ne conoscono le caratteristiche e i segreti per la costruzione di botti e tini, fondamentali per la preparazione e l’invecchiamento di vini e liquori. Quello che sembra essere il mestiere più vario e diversificato per tipologia dei prodotti e materiali usati è sicuramente l’intrecciatore. Partendo da rami di piante diverse, quali l’olivo, l’olmo, il vimini, i giunchi le canne, la scortecciatura del castagno ed il salice, riesce, con sapiente manualità, a realizzare in forme e colori diversi cesti, sporte, canestri adatti ed adattabili al trasporto di qualsiasi prodotto, dalle ceste per portare i panni al lavatoio, ai cesti per la vendemmia, ai canestri di vimini o ginestra per la stagionatura del formaggio. Dalle ricerche sono emerse anche piante con usi più particolari, come il verbasco, le cui foglie ricche di tomentosità, una volta secche, venivano utilizzate come stoppini per le lampade, la cannuccia, i cui ciuffi, come le foglie di granturco, servivano per riempire cuscini e materassi. Il sorgo e la saggina venivano appositamente coltivate per la fabbricazione di scope in genere ed in particolare delle scopette, realizzate senza manico e destinate quasi esclusivamente alla pulizia dei camini o delle madie dove veniva lasciato a lievitare il pane. Con le foglie larghe e sottili di canne, granturco, vella e falso papiro, venivano fatte le impagliature delle sedie, le imbottiture di bottiglie, fiaschi e damigiane. In questa prima fase di progetto abbiamo selezionato una serie di lavori operando un criterio di significatività, ovvero sono stati scelti alcuni dei lavori presentati che potessero rappresentare, per contenuto e forma di presentazione, uno spunto di riflessione e, speriamo, una curiosità che potrà essere ulteriormente approfondita, e magari proposta di nuovo, arricchita nei contenuti o rivista nella forma di presentazione. I lavori presentati sono molto eterogenei, sia per approfondimento ed esaustività degli argomenti, sia per la tipologia di presentazione. Ci sono “classiche” ricerche utilizzando testi e le più moderne fonti web, racconti e risultati di interviste fatte a persone anziane, indagini con approccio etnobotanico o semplici appunti, che derivano da sintetiche notazioni prese durante presentazioni e seminari, che possono essere riprese ed approfondite. Completa libertà è stata lasciata nella scelta della forma di presentazione, da cui è risultata più gradita quella in forma testuale, anche se non mancano quelle con una impostazione grafica di poster o, infine, come presentazione al computer. Il ringraziamento per il successo dell’iniziativa va a tutti gli studenti delle scuole e dell’Università che hanno aderito e presentato elaborati, oltre che a tutti colleghi per la fattiva collaborazione e la disponibilità. Un ringraziamento particolare va rivolto al Ministero dell' Università e Ricerca, che con interventi quali i progetti annuali previsti dalla LEGGE 6/2000, permette e favorisce lo svolgimento di specifiche “Iniziative per la diffusione della cultura scientifica”, che stimolo e di implementazione alle attività didattiche e divulgative che istituzionalmente un orto botanico officinale, quale il Giardino dei Semplici, propone e realizza. Luigi Menghini ALCUNI DEI LAVORI PRESENTATI Fibre tessili di Marianna Monetta– testo, presentazione, poster Piante per cesti e canestri di Carla Iafigliola e Mariarita Diamente– testo, presentazione Come costruire un cesto di Maria Concetta Conti – poster, galleria fotografica Testimonianze di piante per l’artigianato di Angela di Gregorio – testo Querce e bottai di Alberto Vergine – testo Erbe mangerecce spontanee di Simone Buonuomo – appunti Piante officinali, eduli e della tradizione popolare di Elisabetta Firmani – appunti Il gelso e la bachicoltura di Simone Carducci – testo, poster I rimedi della nonna– testo Le erbe di S. Giovanni – intervista Le piante per la cura degli animali di Juska Tagliabue- testo Capiamoli! Origine, storia e significato dei termini di Lidia Leporini – presentazione