Indice Il Pepeverde N. 3/2000 Rivista di letture e letterature per ragazzi fondata da Bruno Cicconi, Alessandro Compagno, Ermanno Detti, Antonio Leoni Comitato di direzione Giuseppe Assandri, Silvia Blezza Picherle, Bruno Cicconi, Alessandro Compagno, Alberto Conte, Alberto D’Amico, Valentina De Propris, Ermanno Detti, Laura Detti, Gaetano D’Onofrio, Liliana Dozza, Franco Frabboni, Gioacchino Giammaria, “Leggere per...” di Napoli (Silvia Campanile, Annamaria Lovo, Maria Rosaria Musella, Paola Parlato), Antonio Leoni, Roberto Maragliano, Ornella Martini, Anna Parola, Marco Pellitteri, Claudio Saba (art director) Redazione Carla Turri (caporedattore), Ivan Quiselli, Anna Toccaceli Direttore responsabile: Ermanno Detti Progetto grafico: Claudio Saba Copertina: illustrazione di Emanuele Luzzati Stampa: Arti Grafiche Tofani, Alatri (FR) Redazione, amministrazione e abbonamenti Centro Servizi Culturali del Comune di Anagni Via Garibaldi 21, 03012 Anagni (FR) Tel. 0775.730424 – fax 0775.730430 http://www.axa.it/pepeverde/ e-mail: [email protected] Rivista periodica Un numero: Lit. 15.000 e 7,75 Arretrati: Lit. 30.000 e 15,49 Abbonamento annuo: Lit. 50.000 e 25,82 (quattro numeri) Versamenti da effettuare su c.c.p. n. 13008032 intestato a Comune di Anagni, Servizio di tesoreria, 03012 - Anagni (FR) Registrazione Tribunale di Frosinone n. 271 del 7/6/1999 L’Editoriale Ermanno Detti, Il barometro 2 Da Anagni Alessandro Compagno, Un viaggio lungo e breve 3 Interventi e interviste Ermanno Detti, Biblioteche scolastiche? Formare gli operatori. Intervista al ministro Luigi Berlinguer Valentina De Propris, Chi sarà il nuovo bibliotecario scolastico? Lucio Del Cornò, Leggere e scrivere. La biblioteca di lavoro Ornella Martini, Le parole per narrare. Quando a decidere sono i grandi Antonio Leoni, Che fenomeno, Harry Potter! Anna Parola, Cosa succede in libreria. La febbre di libri.Intervista a Piera Dattena Luisa Piazza, Incontro con Daniel Pennac. Così nacque “Come un romanzo” “Leggere per…”, La ricetta della contaminazione. Un altro leggere, un altro scrivere Luca Raffaelli, In famiglia. Dopo Giacomo. Quali libri per un figlio appena nato Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori, Il poliziesco per i giovani. Ancora giallo Silvia Blezza Picherle, Strategie di lettura. La magia delle parole Rita Casadei Okada, Fiabe e racconti del Sol Levante. La letteratura giapponese per ragazzi Marco Pellitteri, Dalla parte dei giapponesi. Da Heidi a Goldrake Antonio Leoni e Giuseppe Assandri, Una Casa Editrice in primo piano / Franco Cosimo Panini. Con tutti i sensi Valentina De Propris, L’Autore in primo piano / Susanna Tamaro. Adoravo Rintintin Maria Luisa Salvadori, L’Illustratore in primo piano / Emanuele Luzzati. L’imprevedibilità dei limiti Studi e ricerche Carla Marotta, Itinerari per leggere l’ambiente 4 6 7 9 12 13 14 16 18 20 22 25 28 30 33 34 40 Ragnatela Le collane Chiara Attolini, Valentina De Propris Le schede Valentina De Propris, Ermanno Detti, Gaetano D’Onofrio, Stefania Faiocco, Antonio Leoni, Alessandro Petrone, Aurelio Sparagna, Rita Tucciarelli, Elisa Zoppei Gli strumenti Giuseppe Assandri, Alessandro Compagno, Ermanno Detti, Gaetano D’Onofrio, Antonio Leoni Incontri vicini, a cura di Carla Turri 44 50 53 56 L ‘ e d i t o r i a l e Il barometro di Ermanno Detti Cari lettori, questo editoriale è dedicato a coloro che credono nella creatività e nella forza della fantasia. A uno studente di fisica fu chiesto durante un esame: «Come si può determinare l’altezza di un edificio con un barometro?». Lo studente rispose:«Si porta il barometro sul tetto dell’edificio; lo si lega a uno spago molto lungo; si cala il barometro fino alla strada; dopodiché lo si ritira su e si misura la lunghezza dello spago. Quella è l’altezza dell’edificio». Poiché il professore voleva bocciare lo studente mentre lo studente riteneva di meritare un buon voto, fu chiesto a un altro professere di intervenire. Il nuovo professore chiese allo studente un’altra soluzione al problema, che però mettesse in evidenza le sue conoscenze della fisica. Il giovane rispose di avere molte risposte. Ecco la prima: «Si porta il barometro sul tetto dell’edificio e lo si fa sporgere oltre il bordo del tetto. Si lascia cadere il barometro e si misura il tempo di caduta con un cronometro. Poi, usando la formula per cui lo spazio percorso nella caduta è uguale a metà del prodotto dell’accelerazione di gravità per il quadrato del tempo trascorso, si calcola l’altezza dell’edificio». Il professore diede all’allievo un buon voto e poi chiese delle altre risposte. Lo studente ne fornì diverse, come la seguente: «Per esempio, si può uscire con un barometro in una giornata di sole, misurare l’altezza del barometro, la lunghezza della sua ombra e la lunghezza dell’ombra dell’edificio, e poi, mediante una semplice proporzione, ricavare l’altezza». Infine l’allievo soggiunse: «Ma se non m’impone soluzioni fisiche, ci sono molte altre possibilità. Una è quella di prendere il barometro, andare dal portinaio e dirgli: “Caro signor custode, ecco qui un bellissimo barometro. Se lei mi dice l’altezza di questo edificio glielo regalo...”». Questo aneddoto è narrata nel volume di Murray Gell-Mann, Il quark e il giaguaro. Avventure nel semplice e nel complesso (Bollati Boringheri, Torino, 1996) e mette bene in evidenza come di fronte a uno stesso problema le soluzioni possano essere diverse. Però a una condizione, che si usi la creatività. Questo è infatti alla base di ogni atteggiamento creativo: ragionare al di fuori degli schemi. Ma oggi, ci chiediamo, esiste ancora la creatività? Qualcuno, e in particolare i più giovani, conoscono il concetto di creatività secondo Bruno Munari o della Grammatica della fantasia di Gianni Rodari? E il testo libero o il giornalino di Freinet vengono ancora realizzati, magari utilizzando il computer? La nostra impressione è che a furia di inseguire le nuove tecnologie, ci stiamo dimenticando che con un barometro si possono fare tante cose... C’è un solo dato confortante, che i giovani leggono di più e leggere è, di per sé, un atto creativo. Pensiamo sia un patrimonio da incrementare e non disperdere. 2 IL PEPEVERDE n. 3/2000 D a A n a g n i Un viaggio lungo e breve di Alessandro Compagno Abbiamo fatto un lungo viaggio all’interno delle biblioteche dell’Associazione Intercomunale delle Biblioteche delle Valle del Sacco verso la fine del ’99. C’erano Ermanno Detti, Antonio Leoni e Carla Turri. Dovevamo presentare la nostra rivista “Il Pepeverde” direttamente alla realtà dove la rivista è nata: il nostro sistema bibliotecario. Il pubblico trovato ad accoglierci nelle biblioteche era composto soprattutto da insegnanti della scuola dell’obbligo e interessato alla nostra proposta. Partivo io spiegando da che cosa la rivista era nata e cioè dalla promozione della lettura, per arrivare a teorizzare la necessità di una ferrea alleanza tra insegnanti, bibliotecari e mondo dell’editoria. Ermanno Detti metteva mano alle statistiche per spiegare che un pubblico di lettori c’è ed è anche consistente: i bambini e i ragazzi; passava poi ad illustrare le finalità e le sezioni della rivista. L’attenzione era generalmente buona, ma diventava veramente magnetica quando a parlare era Antonio Leoni che si diffondeva sulle tecniche di promozione della lettura e, soprattutto, quando parlava di biblioteche e scuola, anzi di biblioteche scolastiche. Era il tempo in cui si dovevano preparare le famose domande di finanziamento per le biblioteche scolastiche e tutti gli insegnanti erano più che interessati all’argomento. Tutti ascoltavano le informazioni che ci scambiavamo per formulare al meglio la famosa domanda al Provveditorato, perché tutti, dal centro più grande a quello più piccolo, serbavano la legittima aspettativa di un esito positivo della richiesta. E pensare che i miliardi stanziati erano diciannove e massimo potevano essere accolte centonovantadue richieste per tutta l’Italia. C’è di che riflettere su questo clima psicologico. Dal punto di vista del bibliotecario di base, che conosce la difficoltà di far vivere una biblioteca, che sa che una biblioteca vive solo se esiste un continuo aggiornamento delle raccolte, la sistemazione ottimale dell’ambiente per accogliere gli utenti e, soprattutto, la professionalità del bibliotecario; a costui risulta difficile immaginare come possano funzionare ed erogare servizi qualificati strutture bibliotecarie scolastiche che vivono necessariamente di scarse ri3 IL PEPEVERDE sorse annuali e piani di sviluppo straordinari, ma di importi pur sempre limitati e, quindi, obbligatoriamente selettivi di un ristretto numero di progetti. Nonostante questo tutti gli insegnanti sono stati attenti e pronti ad elaborare al meglio il progetto da presentare. Nella nostra città si è verificato un fatto che addirittura va oltre il normale interesse per la partecipazione a questo programma ministeriale. Rappresentanti dei vari istituti scolastici di Anagni hanno fatto una riunione nella biblioteca comunale ed hanno inteso impostare il progetto di sviluppo delle biblioteche scolastiche in forma cooperativa, incardinandolo nel sistema urbano delle biblioteche. Sono stati quindi presentati due progetti: il primo riguardante la scuola dell’obbligo che individua la sede della biblioteca nel 1° circolo didattico con la specializzazione nella divulgazione didattica e nella produzione editoriale per ragazzi ed il secondo riguardante gli istituti medi superiori la cui scuola capofila è l’Istituto Magistrale. Il progetto della scuola dell’obbligo aveva come punto di forza la consolidata esperienza della promozione della lettura svolta da quasi un decennio dalle scuole di Anagni in collaborazione con la Biblioteca Comunale. È stato finanziato il progetto dell’Istituto Magistrale relativamente agli arredi. Ce ne siamo rallegrati, ma non abbiamo resistito alla domanda: ma perché solo una parte del progetto? Con in mente questo rovello continueremo nei prossimi mesi a ricercare momenti di alleanza tra biblioteche e scuola per la maggior gloria del libro e della lettura. Il prossimo appuntamento in vista è tra metà febbraio e metà marzo con un grande corso di aggiornamento ad Anagni sulla “Produzione editoriale per bambini e ragazzi degli ultimi venti anni”. Nel frattempo presenteremo la rivista a Napoli a Galassia Gutenberg e a Roma alla Centrale per ragazzi. Alla fine del corso poi con gli insegnanti ed i bibliotecari che vi hanno partecipato prenderemo un pullman per raggiungere Bologna e la fiera del libro per ragazzi edizione 2000. n. 3/2000 I n t e r v e n t i . . . Biblioteche scolastiche? di Ermanno Detti On. Ministro, con il Piano per le biblioteche scolastiche il Ministero da Lei diretto ha finalmente centrato la sua attenzione anche nei confronti di questo settore? Credo di poter affermare con tutta tranquillità che il Ministero della PI aveva già da tempo rivolto la propria attenzione alla lettura e al libro, che rimane il suo principale strumento. Infatti, già nello scorso anno scolastico, attraverso il progetto “A scuola con l’Autore” avevamo invitato gli studenti e i docenti delle scuole italiane di ogni ordine e grado ad ospitare a scuola, attingendo da un apposito elenco da noi predisposto in collaborazione con alcune associazioni di editori, un autore italiano, per discutere con lui di letteratura, poesia, dei suoi libri. Quali sono stati i risultati di questa iniziativa? Intendete riproporla? Sono stati proprio i risultati ampiamente positivi a rafforzarci nell’idea che era indispensabile, anzi improcrastinabile, che il Ministero della PI, impegnato in un’azione di innovazione complessiva del sistema scolastico, avviata dalla sperimentazione dell’autonomia, intervenisse anche per promuovere la lettura. Il progetto “A scuola con l’Autore” ha fatto affiorare alla superficie l’enorme lavoro che moltissime scuole portano avanti da anni in questo settore delicatissimo e cruciale. Non soltanto hanno risposto al nostro invito, ma ci hanno fatto conoscere le proprie autonome iniziative, hanno partecipato al forum via Internet attivato per una settimana, hanno inviato messaggi alla videoconferenza organizzata il 23 aprile 1999, in occasione della “Giornata Mondiale del Libro” sotto il patrocinio dell’Unesco. Inoltre gli studenti hanno inviato per iscritto le proprie riflessioni e recensioni sui libri letti e sugli autori incontrati, partecipando ad un apposito concorso. Insomma, proprio la massiccia partecipazione ad una iniziativa tutto sommato partita in sordina, ci ha convinto che nelle scuole il libro e la letteratura continuavano ad essere sentiti come un utilissimo mezzo di conoscenza. Anche per questo motivo sta per essere rilanciato il “Progetto Lettura”, su nuove e più larghe basi, e con la realizzazione di accordi con enti prestigiosi quali la “Fondazione Bellonci”, la “Fiera del Libro” di Torino, la “Fiera internazionale del Libro per Ragazzi di Bologna”, “Galassia Gutenberg”, ed altre ancora. Come si inserisce il Programma per le biblioteche nel contesto dell’autonomia? Il programma di sviluppo per le biblioteche scolastiche rientra appieno nel processo di autonomia organizzativa e didattica che è ormai da due anni in sperimentazione nelle scuole italiane, perché tale processo, insieme alla legge sull’elevamento dell’obbligo scolastico, all’ormai imminente riforma complessiva dei cicli, alle stesse indicazioni fornite dalla Commissione dei saggi, hanno avviato quello che proprio nel documento di lavoro sulle biblioteche scolastiche viene definito «Un circolo virtuoso d’innovazione metodologica e didattica finalizzata al successo formativo per tutti gli studenti». In tale contesto la biblioteca scolastica viene intesa come opportunità di apprendimento e stimolo all’informazione: essa assume un ruolo di tutto rilievo, a condizione che recuperi la . . . e i n t e r v i s t e Formare gli operatori Intervista al ministro Luigi Berlinguer funzione di luogo privilegiato per l’educazione alla lettura e per l’accesso all’informazione nella scuola. Privilegiato significa, riferendoci alla vita scolastica, che libro e lettura sono occasioni formative che devono garantire allo studente di qualsiasi classe o grado di scuola l’accesso immediato ad una raccolta organizzata di informazioni e di saperi, come del resto propongono gli orientamenti più aggiornati in tale campo, cui ci siamo ispirati (su tutti le linee guida Ifla, ndr). Da questa considerazione scaturisce un altro elemento portante del nostro programma: rivalutare il ruolo delle biblioteche scolastiche, legandole alla opportunità di farne luoghi di accesso largo e diversificato all’informazione. In tal modo la biblioteca scolastica, evolvendo verso il modello prefigurato dalle norme internazionali, di centro multimediale di risorse per l’apprendimento, diventa uno strumento strategico per l’aggiornamento dei docenti e per l’apprendimento e l’orientamento degli studenti. Si tratta, come è appunto detto nel programma, di «ricalibrare ruolo e funzioni della biblioteca scolastica, tenendo conto delle innovazioni cui va incontro la scuola» e degli studi di settore, tenendo anche conto che la biblioteca scolastica può essere uno dei fattori della continuità educativa, realizzando una processualità dell’apprendimento di abilità informative, indispensabili per realizzare la long life learning. Ciò si lega anche con una diversa caratterizzazione della biblioteca rispetto al “contenitore” che è sempre stato considerato in passato. Essa deve diventare un centro multimediale di risorse per l’apprendimento, parte integrante del piano dell’offerta formativa della scuola, centro vitale delle sue attività, luogo d’incontro per e con gli studenti, e tra questi ed esperti, critici, autori, in altre parole, “laboratorio culturale al servizio della didattica”. Non Le sembra che il programma calchi troppo l’accento sulla strumentazione e sulla automazione? Non c’è il rischio che si possa disperdere la funzione educativa e didattica specifica delle biblioteche scolastiche? Al contrario, i dati attualmente a nostra disposizione – è già stato predisposto un adeguato monitoraggio della Bdp di Firenze – dicono che molte scuole non avevano tanto bisogno di incrementare il proprio patrimonio librario, quanto piuttosto quello tecnologico e massmediale. D’altro canto il modello di biblioteca cui ci siamo ispirati è quello di un centro che possa utilizzare tutte le diverse tipologie di scrittura, da quella su supporto cartaceo a quelle su floppy disk o cd-rom. Ribadisco che è nostra intenzione valorizzare il libro quale insostituibile strumento di accesso al sapere, ma affiancandogli – non contrapponendogli – altre modalità di lettura. La biblioteca scolastica della scuola dell’autonomia deve offrire risorse di informazione e documentazione a supporto dei processi di apprendimento e di aggiornamento nella scuola e, dunque, creare abilità di ricerca e di uso competente dell’informazione, insomma deve costituire una risorsa informativa e culturale per gli studenti e gli operatori scolastici e, se necessario, per un’utenza extrascolastica. In questo senso è significativo che metà dei finanziamenti per i progetti di base siano stati assegnati a scuole elementari, medie e istituti comprensivi, senza grosse differenziazioni tra nord e sud. 5 IL PEPEVERDE n. 3/2000 Il programma sembra privilegiare i progetti di collaborazione a rete di scuole. Perché? L’autonomia scolastica deve servire ad aprire la scuola al territorio, ma in primo luogo a rafforzare la collaborazione tra le scuole che operano nello stesso territorio. La biblioteca scolastica, come noi l’abbiamo delineata nel programma, deve servire a mettere in circolo risorse culturali e, in primo luogo, a farle conoscere all’utenza scolastica ed extrascolastica. Perciò è ovvio che creare progetti di collaborazione in rete tra scuole, e non solo tra scuole, ma anche con biblioteche pubbliche, ha il vantaggio di mettere in comune le risorse, evitare sprechi e sovrapposizioni, in altri termini investire per migliorare, ampliare, specializzare, se necessario, il servizio di biblioteca scolastica. Certo la garanzia di una razionale ed ottimale utilizzazione delle risorse può essere raggiunta soltanto se le condizioni essenziali per il buon funzionamento della biblioteca scolastica in termini di personale, infrastrutture e dotazioni si adegueranno progressivamente ai parametri internazionali. In questo senso mi sembra che gli sforzi finanziari stiano andando nella giusta direzione; anche per questo abbiamo preteso dalle scuole garanzie in ordine alla disponibilità di spazi idonei ad ospitare un servizio dignitoso di biblioteca. Le condizioni di lavoro e di studio in biblioteca sono anche importanti; allo stesso modo è necessario disporre di personale competente, in grado di gestire un centro multimediale di risorse per l’apprendimento in conformità con gli standard internazionali, e di organizzare la propria attività in funzione delle esigenze didattiche della scuola, di essere partner educativo nella programmazione del curricolo. INTERVENTI E INTERVISTE Quindi non un programma che finanzia tutte le scuole, ma soltanto quelle che hanno già maturato esperienze? Infatti, almeno in questa fase di avvio. Mi sembra del resto che in un campo così complesso, ove da anni sono in atto interessanti esperienze di collaborazione tra scuola e biblioteche pubbliche, fosse importante dare spazio a chi si era già mosso, pur con diversi livelli di complessità progettuale, nella direzione del programma. Per la prima volta, un progetto ministeriale non distribuisce finanziamenti a pioggia. Ci spiega il senso di questa novità? Mi sembra una novità relativa, perché la stessa logica è stata utilizzata in questi ultimi tempi per altri progetti, tuttavia essa è pienamente in linea con lo spirito dell’autonomia. Le scuole hanno presentato progetti, molti dei quali di grande qualità: noi avevamo fissato, solo per i progetti “di base”, un tetto massimo di finanziamento, basato sull’incremento dei documenti, tenendo conto di quanto già posseduto dalla scuola e di alcuni standard internazionali. Le scuole erano invitate, di fatto, a proporre il finanziamento loro necessario a raggiungere tali standard. Si è trattato di una grande apertura di credito nei confronti delle singole istituzioni scolastiche e di chi ha dovuto selezionare i progetti da finanziare, ovvero i nuclei provinciali di sostegno all’autonomia. La risposta è stata confortante: infatti, al contrario di quanto affermato polemicamente da qualcuno, la gran parte delle scuole ha dichiarato ciò di cui realmente aveva bisogno, e ciò ha consentito di finanziare ben più delle 144 biblioteche previste, in quanto le economie hanno sostenuto, nell’ambito dello stesso territorio, altre decine di scuole. Ma per le altre scuole, quelle che, per così dire, sono ancora ferme al palo, c’è qualche iniziativa ulteriore. Intendete intervenire? Certamente. Ho detto che nella prima fase il programma ha finanziato le istituzioni scolastiche già pronte per partire con azioni di adeguamento delle proprie strutture e anche con l’apertura di un servizio per il territorio. È molto probabile che la seconda fase del programma, attualmente allo studio da parte dell’apposito gruppo tecnico, si rivolga anche al sostegno delle scuole che intendano puntare nel proprio piano dell’offerta formativa proprio alla rivitalizzazione della biblioteca scolastica quale centro di risorse didattiche. Lei stesso ha affermato che per funzionare le biblioteche scolastiche hanno bisogno anche di personale idoneo. Il Programma cosa prevede in proposito? Intanto non vorrei che si dimenticasse il lavoro di tanti operatori che già da tempo operano splendidamente in molte realtà scolastiche. Il programma intende valorizzare la formazione e l’aggiornamento del personale che finora si è occupato – a vario titolo e secondo diversi profili professionali – del lavoro in biblioteca. Però è anche necessario provvedere a formare i responsabili delle biblioteche che hanno avuto accesso al finanziamento. Per gli uni e gli altri sono previste delle azioni di formazione, secondo modalità già elaborate dal gruppo di studio operante nell’ambito del coordinamento per l’autonomia. Si tratterà di iniziative di formazione che vedranno il coinvolgimento non soltanto del mondo della scuola, ma dell’università e degli specialisti del settore, e secondo modalità che si avvarranno tanto di incontri frontali quanto di modalità a distanza. Chi sarà il nuovo bibliotecario scolastico? Gli interventi a favore delle biblioteche scolastiche hanno suscitato l’interesse non solo della scuola, ma di tutti gli enti coinvolti nel mondo delle biblioteche. L’Aib – Associazione Italiana Biblioteche – ha organizzato il 13 dicembre 1999 un incontro sul tema “Biblioteche scolastiche in una prospettiva internazionale”, affrontando tra le altre la delicata questione della formazione dei futuri bibliotecari scolastici. Nel suo intervento Luisa Marquardt, vicepresidente della sezione Lazio dell’Aib, ha sottolineato la doppia vocazione della biblioteca scolastica, quella didattica e quella della promozione della lettura, e la sua duplice apertura, verso la scuola e verso il territorio; la biblioteca scolastica deve diventare il luogo dove si creano i nessi e le relazioni tra i documenti, gli utenti e le informazioni. Il bibliotecario scolastico dovrà assumere le caratteristiche di un «docente di educazione all’informazione», un teaching partner con un ruolo e delle competenze specifiche, capace di fornire agli studenti la bussola per orientarsi nel mare vasto della cultura contemporanea. Tra le esperienze “sul campo” presentate sono particolarmente interessanti quella presentata da Luigia Michelangeli, che ha illustrato il funzionamento della rete di biblioteche scolastiche creata tra gli istituti superiori di Ascoli Piceno, e quella di Cristiana Lombardi, che gestisce la biblioteca scolastica del Liceo Scientifico Morgagni di Roma, aperta anche il pomeriggio e frequentata dagli utenti di tutto il territorio. Chi sarà (e se ci sarà) il bibliotecario scolastico del Duemila è un interrogativo ancora aperto, dato che la formazione è proprio l’anello debole della catena nei provvedimenti ministeriali. Sarà prevista una figura professionale autonoma, da istituire ad hoc, o saranno destinati a svolgere le funzioni del bibliotecario scolastico gli inabili all’insegnamento che usufruiscono della legge 113? A chi sarà affidato il compito di formare gli addetti, che devono affiancare alle competenze didattiche le indispensabili conoscenze biblioteconomiche? In che modo biblioteche scolastiche e biblioteche di base interagiranno nell’offerta culturale e formativa, senza inutili sovrapposizioni? Valentina De Propris 6 IL PEPEVERDE n. 3/2000 Leggere e scrivere La biblioteca di lavoro di Lucio Del Cornò La favola di Leonardo È da genio, e non poteva essere diversamente, la favola di Leonardo (da Vinci) del foglio di carta che credette di essere imbrattato di inchiostro da una penna maleducata e invece si ritrovò scritto, rivestito di simboli, trasformato in messaggio, e per questo salvato dal fuoco perché, contrariamente ad altri pezzi di carta, costituiva ormai una memoria, una testimonianza di intelligenza. Il racconto ci dice che prima c’è la scrittura (la capacità di simbolizzare) e poi la lettura, prima la produzione e poi il consumo. Rodarianamente, c’è prima la fantasia e poi la grammatica, e non si dà grammatica che non sia grammatica della fantasia. Il lavoro con gli operatori di scuole dell’infanzia e asili nido e direttamente con i bambini fino a cinque anni (compresi, perché no, e in modo massiccio, i primi anni dei miei tre figli, ed oggi i tre anni della prima nipote) mi hanno dimostrato che nella nostra evoluzione e nei nostri processi di apprendimento prima scriviamo e poi procediamo a leggere. Quando suggerisco questo approccio e conseguente metodologia a insegnanti della scuola di base (anche nei corsi di alfabetizzazione per adulti, almeno che non siano corsi di seconda lingua) o a operatori di biblioteche ragazzi o di laboratori di scrittura/lettura per i più piccoli vi è una certa meraviglia, ed una certa resistenza basata sull’abitudine, ad accogliere tale impostazione e poi ad applicare tale metodologia. Gli insegnanti obiettano che hanno fatto un grande sforzo, e appunto una grande rivoluzione metodologica, per superare lo “scrivere senza senso” (una paginetta di “a”; una paginetta di “ape” una paginetta di “l’ape abita nell’alveare”; la prima lettera di auguri natalizi per il primo natale della prima classe), dando un primato al verbale sullo scritto e al leggere sullo scrivere: prima dobbiamo avere qualcosa da dire, poi possiamo metterlo per iscritto. I bibliotecari, con ciò intendendo gli animatori di biblioteche ragazzi, sono più aperti a sperimentare formule miste, in quanto hanno ben presente che si dà luogo a diversa lettura per tipo di lettore (e un tipo è il “giovanissimo lettore in apprendimento della stessa tecnica di lettura”), che ogni tipo di lettore leggendo scrive in effetti un proprio libro, che non a caso dobbiamo distinguere i vari generi di scrittura corrispondenti in qualche modo ai vari tipi di lettori; ma non rinunciano, per coerenza deontologica, al primato del piacere di leggere rispetto al piacere della scrittura nell’orientare le attività dei ragazzi in biblioteca. Insegnanti a righe e quadretti Certamente introdurre anche sociologia 7 IL PEPEVERDE n. 3/2000 dello scrittore e sociologia del lettore aiuta l’approccio più di marca psicologia che sto suggerendo. Così come poi il ricorso al meglio della pedagogia attiva – sperimentale e non accademica, in continua sperimentazione e non mummificata in canoni classici – può essere d’aiuto. Rimane il fatto che è nella cultura media degli insegnanti (di lettere, o “a righe” per distinguerli dagli insegnanti di matematica che sono “a quadretti”: non vi dice niente questa semplice classificazione, per almeno supporre il primato della scrittura rispetto alla lettura?) e dei bibliotecari lo stabilire un rapporto di causa/effetto tra l’essere un buon lettore e quindi saper scrivere bene. Rovesciare questa convinzione e le prassi che ne conseguono è stato un obiettivo di quella che già abbiamo richiamato come pedagogia attiva, antipedagogia, prassi di autoapprendimento e di reciproco INTERVENTI E INTERVISTE aiuto, cooperazione educativa, coscientizzazione comunitaria, quanto meno scuola aperta nel senso di ritenere il territorio come risorsa per l’apprendimento sia nel senso di “uscire” sul territorio sia nel senso di far “entrare” le regole e i soggetti del territorio nell’attività didattica quotidiana. Non solo per lo scrivere, ho potuto constatare la produttività di questo approccio anche in casi specialistici (neuropsicologia) di fronte a traumi o deficit strutturali, in cui l’équipe formata da professionalità terapeutiche e professionalità socioeducative consente risultati al menomato più difficilmente raggiungibili con approcci non integrati. Mi riferisco, come è facile capire, in particolare a handicap sensoriali o motori, che hanno immediata incidenza sullo scrivere e sul leggere, e rispetto ai quali la (ri)conquista dello scrivere e del leggere (eventualmente ausiliato) ha a sua volta forte incidenza sulla situazione generale di handicap. Come sappiamo, la particolare attenzione, i particolari accorgimenti a cui dobbiamo ricorrere in situazione di handicap, ci aiutano a capire come le cose funzionano (e a farle funzionare meglio) anche in situazioni normali. E questo ci aiuta a capire perché dobbiamo cercare di non finire per essere normotici. Ricordo il lessico di questa pedagogia attiva: il rifiuto del libro di testo (unico, per materia), e l’alternativa della biblioteca di classe e d’istituto a doppia porta (sull’attività didattica, e sulla strada per il quartiere), o meglio della biblioteca di lavoro e cioè del laboratorio di scrittura messo a disposizione di tutti gli altri laboratori in cui si articola l’attività didattica; lo scrivere con senso, e quindi nelle forme del diario di bordo, di giornale di classe e di istituto, di corrispondenza interscolastica, di manuale delle esperienze condotte, di relazione sulle ricerche svolte, e così via, di tipografia – e oggi le molteplici tecnologie elettroniche di stampa e di comunicazione – quale fondamentale laboratorio didattico. Di questo scrivere con senso, mi riporta ad osservare come situazioni di handicap ci aiutino a porci l’interrogativo, e a risponderci su che senso ha il senso. Ancora alcune specificazioni sulla biblioteca di lavoro. Partirei dalla situazione emotiva, prendendo in prestito un neologismo proposto da Manuel Vázquez Montalbàn (Il premio: non a caso si tratta di un premio letterario): letterobleso, si dice di persona ossessionata dalla letteratura al punto di viverla morbosamente con una ferita da cui non desidera guarire. Con la “biblioteca di lavoro” ho bisogno di scrivere o di repertoriare cose scritte da altri, e si tratta di scritti di cui si ha bisogno, per le altre attività, per relazionarsi con gli altri, per capirsi e capire gli altri e le situazioni in cui ci troviamo, direi per vivere. La biblioteca di lavoro non ha indicazioni bibliografiche, non esistono cioè le cento o le dieci, o anche l’unica pubblicazione di cui una biblioteca di lavoro non può fare a meno. I libri debbono ancora essere scritti. Non è nemmeno detto che una biblioteca di lavoro debba contenere libri o pubblicazioni cartacee tradizionalmente intese. La biblioteca di lavoro deve contenere tutti gli strumenti utili ad affrontare gli altri laboratori di cui sia costituito un percorso d’apprendimento. Con uno slogan, la biblioteca di lavoro è il laboratorio dell’apprendere ad apprendere. Naturalmente, come ogni biblioteca, è articolata in sezioni specializzate, e ogni biblioteca di lavoro prediligerà una o più specializzazioni. Basta, smettetela di leggere: è tempo che vi mettiate a scrivere anche voi. 8 IL PEPEVERDE n. 3/2000 Tracce bibliografiche M. Baldini, Manuale del perfetto scrittore, Mondadori, Milano, 1997; C. Baudelaire, Consigli ai giovani scrittori, Besa, Nardo, 1998; W. Burroughs, La scrittura creativa, Sugarco, Milano, 1981; V. Cerami, Consigli a un giovane scrittore, Einaudi, Torino, 1996; C. De Luca, Adesso vi conto una storia... Raccolta di note critiche sulle fiabe italiane e internazionali, Il Serratore, Corigliano Calabro, 1998; D. Demetrio, Raccontarsi, R. Cortina, Milano, 1996; G. De Rienzo, Guida alla scrittura, Bompiani, Milano, 1994; R. Dynes, Scrittura creativa in gruppo, Erikson, Trento,1996; U. Eco, Sei passeggiate nei boschi narrativi, Bompiani, Milano, 1994; G. Garcia Marquez, Come si scrive un racconto, Giunti, Firenze, 1997; A. Gide, Consigli a un giovane scrittore, R. Archinto, Milano, 1993; N. Gordimer, Scrivere ed essere, Feltrinelli, Milano, 1996; L. Grimaldi, Il giallo e il nero, Pratiche, Parma, 1996; P. Highsmith, Come si scrive un giallo, Minimum Fax, Roma, 1998; M. Kundera, L’arte del romanzo, Adelphi, Milano, 1998; R. La Capria, L’apprendista scrittore, Minimum Fax, Roma, 1996; D. Lodge, Il mestiere di scrivere, Fazi, Roma, 1998; L. Malerba, Che vergogna scrivere, Mondadori, Milano, 1996; M.V. Montalbàn, Il premio, Feltrinelli, Milano, 1996; G. Mozzi, Ricettario di scrittura creativa, Theoria, Roma, 1997; B. Pitzorno, Manuale del giovane scrittore creativo, Mondadori, Milano, 1996; B. Pitzorno, Storia delle mie storie, Pratiche, Parma, 1996; G. Rodari, La grammatica della fantasia, Einaudi, Torino, 1973; G. Rodari, Il cavallo saggio. Poesie Epigrafi Esercizi, Editori Riuniti, Roma, 1990; M.T. Serafini, Come si scrive un romanzo, Bompiani, Milano, 1996; G. Simenon, L’età del romanzo, Lucarini, Napoli, 1990; E. Wharton, Scrivere narrativa, Pratiche, Parma, 1996; J. Zipes, Inventare e raccontare storie, Erikson, Trento, 1996. (su suggerimenti di /bao’bab/ spazio giovani scritture della Biblioteca di San Pellegrino a Reggio Emilia) Le parole per narrare Quando a decidere sono i grandi di Ornella Martini Spigolature “pedagogical correct” Primavera 1998. Per pochissimo tempo è comparso sugli schermi televisivi uno spot realizzato per conto del Ministero della PI per promuovere l’immagine dell’esame di maturità rinnovato, il nuovo esame di Stato con tutte le materie e la commissione composta per metà da membri interni. La scena si svolgeva in un teatro: la commissione al completo già schierata sul palco, uno studente dietro le quinte ad aspettare il suo turno. Poi lo studente entrava in scena, faceva per sedersi, e in quel momento dal pubblico presente si sentiva pronunciare un fatidico: «In bocca al lupo!». Al che lo studente si voltava verso la platea, quindi verso lo spettatore televisivo, e rispondeva: «Crepi!». Lo spot è stato quasi immediatamente tolto dalla circolazione a causa di una sorta di censura “animalista” richiesta da gruppi di ambientalisti, con la motivazione che quel modo di dire nascondeva un’opinione errata sull’indole del lupo, e dunque un’immagine negativa e perciò sbagliata di questo animale. Autunno 1999. Con orgoglio una responsabile della Melevisione (la tivvù per i più piccoli, in onda su Rai Tre ogni giorno dalle 15.00 alle 16.00), a proposito della cura pedagogica con la quale sono soliti confezionare il loro programma, affermava con orgoglio (in una scheda pubblicata sul “Venerdì” de “La Repubblica” dal significativo titolo, Melevisione. Dove vincono i bambini): «Stiamo molto attenti al linguaggio dei nostri cartoni. In redazione c’è una persona che si occupa solo di questo. Le parole veicolano tanti concetti e i bambini recepiscono tutto. Così se in lingua originale un personaggio dice: ‘Non urlare non sono sordo’ noi lo facciamo diventare: ‘Non urla- zia dei Gatti, cioè delle piccole creature sottovalutate e deboli, che sanno imporsi ai potenti». Rodari mi è venuto in mente perché fin da quando lessi il libro mi sembrò strano che qualcuno dovesse impegnarsi a difendere le fiabe. Eh sì che sappiamo bene quanto lui per primo si sentisse chiamato a lavorare sul piano ideologico e morale, tanto da sentire, in quella occasione, il dovere di ricamare articolati ragionamenti per convincere combattivi genitori nell’esercizio delle loro funzioni; evidentemente, però, lo faceva spinto dal desiderio di far valere le ragioni del fantastico. Chi ha paura delle parole? Il caso, direi paradigmatico tanto è eccessivo e vagamente demenziale, del Gatto con gli stivali lo associo, quindi, a tutti i tentativi, effettuati e/o riusciti, di regolamentare, per via ideologica e/o pedagogica, l’entrare in rapporto con la lingua, con le storie e con le cose del mondo, da parte dei bambini (anche se la storia dell’“In bocca al lupo!” allarga a macchia d’olio la fascia d’età ritenuta destinataria del messaggio), misurando con certosina e caparbia acribìa filologica il giusto e lo sbagliato, il permissibile e il “vietando”. E ogni volta mi domando proprio: perché c’è bisogno che qualcuno si faccia garante della legittimità del senso e del significato delle cose, e soprattutto delle parole usate per esprimerli? Non vale per ciascuno di noi l’adozione di una personale chiave di lettura e valutazione, naturalmente sempre anche mediata dalla partecipazione all’identità collettiva di un certo luogo e di un certo tempo? Ad esempio, io personalmente evito di parlare male dei lupi, o di usare la parola “ani9 IL PEPEVERDE n. 3/2000 re ci sento benissimo’, perché dietro la parola “sordo” si nasconde la discriminazione verso esseri umani più sfortunati». Questi due casi mi hanno fatto venire in mente quello a cui Gianni Rodari, nel suo Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, nel 1973 (che sembra lontanissimo nel tempo e invece… sembra oggi), dedicò (sarei tentata di dire “fu costretto” a dedicare) una scheda: la “Difesa del Gatto con gli stivali”. Ricordate? Nel numero di dicembre del 1971 dell’irriducibilmente pedagogico “Giornale dei genitori”, era comparso uno scritto a firma Sara Melauri Cerrini sulla morale del Gatto con gli stivali. L’autrice accusava la fiaba di farsi portatrice di una morale così riassumibile: con l’astuzia, con l’inganno, si può divenire potenti come i re. E se non c’è nessun altro che ci può aiutare bisogna affidarsi a chi conosce i trucchi dei potenti, nella fattispecie un essere furbo e politico come il gatto. Per argomentare la sua difesa della morale della fiaba, Rodari utilizzava Propp e il suo apparato analitico, i riti iniziatici con la presenza di animali-protettori nella loro funzione di spiriti guardiani, e la testimonianza di Laura Conti che, a sua volta, aveva composto una nuova “Difesa del Gatto con gli stivali”. Rodari scriveva: «Il bambino riesce forse a sentire che il nocciolo più autentico della fiaba non è la carriera del falso marchese di Carabas, ma il rapporto tra il giovane e il gatto, tra l’orfanello e l’animale». E la Conti citata da Rodari: «Non il “contenuto” ma il “movimento” era l’essenziale della fiaba. Il contenuto poteva anche essere conformista, reazionario, ma il movimento era ben diverso, poiché dimostrava che nella vita quel che conta non è l’amicizia dei Re ma l’amici- INTERVENTI E INTERVISTE male” o “beduino” per offendere qualcuno, perché amo profondamente gli animali e sono affascinata da ogni forma di cultura nomade, ma non mi verrebbe mai in mente di imporre queste mie scelte come regola linguistica generale. Ancora meno lo farei laddove si trattasse di raccontare delle storie, tanto più che la lingua, nonostante le sue modificazioni continue, possiede delle stratificazioni e di memoria e d’uso che nessun censore o educatore possono espungere liberamente con un tratto di matita blu. Penso, infatti, che si tratti più di contrattare continuamente sensi e usi del linguaggio, che d’imporre quelli ideologicamente considerati validi, come ad esempio la difesa della reputazione del lupo per gli ambientalisti, il rispetto nei confronti dei sordi per i programmisti televisivi, o il vero significato di cui è simbolo il Gatto con gli stivali, per un manipolo di democratici genitori targati Settanta. Sto parlando di una scelta filosofica – il filosofo Remo Bodei enuncia l’idea della «realtà come equilibrio di molteplici possibilità in continuo movimento» – aperta alla provocazione e all’ironia. Difficile, d’altra parte, da riscontrare nel mondo delle cose da “grandi”. Quasi impossibile da trovare nel mondo dei bambini pensato e costruito dai grandi. Mi, e vi domando, perché? Perché gli adulti sono convinti che i bambini siano deboli e indifesi, che abbiano quindi bisogno di qualcuno che li aiuti e li sostenga nel lavorio di costruzione della loro idea di realtà, e di pratica del rapporto della realtà con la finzione? Da dove viene questo bisogno di tenere lontani i bambini da tutto ciò che gli adulti pensano possano turbarli? Questa necessità di costruire realtà senza ombre, ripulite dalle contraddizioni, dalle emozioni forti, sbiancate dai dubbi e dai conflitti? Direi che sono piuttosto gli adulti ad avere bisogno di preservarsi dai bambini, dal loro potere di esercitare in modo “fisiologico” l’aggressività. È come se cercassero di tenere a bada l’invidia che provano nei confronti di questa assoluta primordiale libertà dei piccoli. Come se sentissero di doversi difendere, e stendendo un velo “eufemizzante” sulle emozioni tentassero di negare la naturalità dei sentimenti più forti. Per i bambini gli adulti dettano legge, e le loro norme tentano di imporre alle e sulle cose un ordine morale indubitabile, una ragion d’essere certa, una natura buona, con ciò cercando di porre freno al caos e alla turbolenza delle forze e degli umori. È buffo, e assai inquietante, pensare che normalmente i grandi sono convinti di fare le scelte che fanno soltanto per il bene dei bambini: imbellettare, tagliuzzare, nascondere, negare, caramellare il mondo, tutto pur di non riconoscere che i bambini per primi sono le nature meno caramellose e melodiose spuntate un giorno sulle gobbe dell’universo. Creature meravigliosamente complicate e contraddittorie, forze esplosive per troppo contrasto, i bambini ci insegnerebbero l’ironia, la relatività delle cose e delle parole, il miscuglio vitale e inseparabile di intelligenza istintuale e di intelligenza razionale. Troppo spesso, invece, si scelgono per loro soluzioni semplificatrici e pacificatorie, per esempio attraverso proposte di lettura “adatte”. Non vedevo l’ora di arrivare a questo punto del mio ragionamento per poter parlare di una lettura frutto di ripensamento in età adulta, quando ho via via scoperto che quasi soltanto adulti citano Il Piccolo Principe di Antoine de SaintExupéry nel loro repertorio di letture per ragazzi fatte da grandi, e che, per lo più, lo fanno affermando una sua ineluttabile necessità pedagogica. Si tramanda, cioè, la convinzione che i bambini, per crescere sani e belli, non possano e non debbano fare a meno di letture pulite e profonde come questa: insomma è lo stesso meccanismo che ha comportato il successo straordinario di una storia come La Gabbianella e il Gatto (in questo caso però invertendo la storica presunta gerarchia tra testo e trasposizione cinematografica, rapporto sul quale m’intratterrò nel mio articolo per il prossimo numero). Oggi io sono convinta che Il Piccolo Principe sia un libro fastidioso, pochissimo adatto ai bambini i quali, infatti, a meno di non doverlo leggere per amore o per forza, beatamente lo ignorano. A scrivere queste cose, devo confessare, mi sento un po’ come quegli emigrati italiani che spesso incontriamo sui treni: rabbiosi nei confronti del paese che li co10 IL PEPEVERDE n. 3/2000 strinse ad andarsene, e aggressivi per non dover soffrire troppo di nostalgia. La frase tratta dalla dedica: «Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano)», per anni è stata per me una sorta di imperativo morale, e anche ora che non sono sicura di sapere bene cosa significhi, tuttavia mi colpisce ancora, non posso negarlo. In ogni caso: su quella “soglia” del testo che è la quarta di copertina c’è scritto testualmente: «Il Piccolo Principe è un capolavoro della letteratura infantile, che, come i suoi grandi predecessori, da Peter Pan a Pinocchio, dai racconti di Perrault e di Andersen ad Alice nel Paese delle Meraviglie, si rivolge a piccoli e grandi». Il gioco, dunque, è fatto: quel libro è diventato per decreto “capolavoro della letteratura infantile” a imperitura esperienza e memoria delle generazioni a venire. Che effettivamente corrisponda, d’altronde come gli altri citati nella presentazione che ho riportato, alle aspettative, ai gusti, ai percorsi di esperienza e di crescita di lettori reali, bambini in carne ed ossa, non interessa più, credo non sia mai interessato veramente, a Saint-Exupéry per primo. Sarebbe molto interessante, invece, capire meglio perché i bambini e i ragazzi, a meno di non essere stati preventivamente “corrotti” da una edificante ragione educativa, non ritengono quel libro cosa loro. Per quanto mi riguarda, associo il lavoro da non esperto di scrittura narrativa per ragazzi di Saint-Exupéry a tante prove di giovani studenti-scrittori di belle speranze, convinti di poter fare palestra di scrittura adulta indirizzando i loro fragili tentativi ai bambini, considerati, in questo caso, adulti in piccolo meno esigenti. Niente di più sbagliato. In tutti quei casi si tratta, di solito, di testi caratterizzati dall’assenza di un vero e proprio ritmo e respiro narrativo, perché intessuti essenzialmente di articolazioni psicologiche e/o morali che, non soltanto rallentano, o addirittura sospendono il movimento del racconto, ma anche e soprattutto si affermano come il vero “collante” narrativo. Riporto, a titolo d’esempio, due frammenti de Il Piccolo Principe, ma basta aprire a caso il libretto per trovarne continuamente: «“Tu vieni dunque da un altro pianeta?” QUANDO A DECIDERE SONO I GRANDI Scrollò gentilmente il capo osservando l’aeroplano. “Certo che su quello non puoi venire da molto lontano…” E si immerse in una lunga meditazione. Poi, tirando fuori dalla tasca la mia pecora, sprofondò nella contemplazione del suo tesoro. Voi potete ben immaginare come io fossi incuriosito da quella mezza confidenza su gli altri pianeti. Cercai dunque di tirargli fuori qualche altra cosa: “Da dove vieni ometto? Dov’è la tua casa? Dove vuoi portare la mia pecora?” Mi rispose dopo un silenzio meditativo: “Quello che c’è di buono, è che la cassetta che mi hai dato, le servirà da casa per la notte”» (pp. 19-20 dell’edizione Tascabili Bompiani). Oppure, a proposito della ragion d’essere sua e del suo pianeta piccolissimo invaso dai baobab: «”È una questione di disciplina”, mi diceva più tardi il piccolo principe. “Quando si è finito di lavarsi al mattino, bisogna fare con cura la pulizia del pianeta. Bisogna costringersi regolarmente a strappare i baobab appena li si distingue dai rosai ai quali assomigliano molto quando sono piccoli. È un lavoro molto noioso ma facile”» (p. 30). Basta. Vi ricordate il personaggio principale di Palombella Rossa di Nanni Moretti? A un certo punto gridava disperato: «Ma io non parlo cosììì!». Una volta, non mi ricordo più dove lessi questa cosa ma la ricordo bene perché mi colpì molto, Alessandro Baricco, un narratore di grande esperienza e sapienza, tanto bravo quanto considerato ambiguo da molta critica purista, citò una sorta di formula da utilizzare per capire se un testo letterario è buono o no: si dovrebbe misurare quanto spazio della storia è occupato dalla descrizione delle psicologie, dei movimenti interiori dei personaggi, dei loro principi morali e delle loro motivazioni all’azione. Se lo spazio occupato da tutti questi aspetti supera quello lasciato all’andamento della storia, che invece dovrebbe essere capace di suggerirli al lettore senza esplicitarli, la storia non è buona. Forse la proposta sarà pure provocatoria, ma aiuta a farsi un’idea di molta produzione narrativa, in particolar modo di quella destinata ai bambini. Diamo i voti a Il Piccolo Principe in cd-rom Restiamo ancora nel mondo del piccolo principe, passando però a ragionare sulle caratteristiche qualitative del cd-rom a lui intitolato: la mia valutazione sulla qualità letteraria del testo di partenza è separata da quella sulla sua traduzione in versione multimediale. Sottolineo questa separazione perché, come ho già avuto modo di affermare nel mio articolo sul primo numero de “Il Pepeverde”, i rapporti tra un testo e le sue varie trasposizioni (per esempio cinematografiche o multimediali appunto) non dipendono necessariamente dalla qualità del primo: questo significa, per esempio, che si sarebbe potuto realizzare un bel cd-rom su Il Piccolo Principe. Potrebbe valere la stessa cosa anche per l’audiocassetta incisa da Fabio Concato, chi può dirlo? Certo possiamo dire che, solitamente, quanto più un testo trascina con sé intenzionalità pedagogiche tanto più le sue traduzioni multimediali rischiano di ruotare intorno a tali nuclei moralizzanti e moralistici, e quindi di non essere bello. Il che vale anche in questo caso, almeno secondo il mio giudizio. Ma ci arriviamo. Il cd-rom è una pubblicazione delle Éditions Gallimard, mentre l’edizione italiana è delle Edizioni Pontaccio. L’opera viene presentata così: «Un percorso poetico, ludico ed educativo nell’universo straordinario de Il Piccolo Principe di Saint-Exupéry». Dunque, noi del Laboratorio di Tecnologie Audiovisive (Dipartimento di Scienze dell’Educazione, Università Roma Tre), citiamo spesso la definizione che Nicholas Negroponte ha dato di un buon prodotto multimediale. Lui dice, più o meno: perché un oggetto multimediale sia ben confezionato devono essere presenti contemporaneamente tre componenti fondamentali: la profondità della scrittura, la suggestiva fluidità della televisione, e il grado di interattività. Soltanto il loro mix armonioso può dare la misura della creatività e ricchezza di un cd-rom, e ciò anche indipendentemente dalle ragioni specifiche per cui è stato realizzato. Nel caso de Il Piccolo Principe direi che la sua versione multimediale fa perdere al testo originario quel po’ di fascino che la 11 IL PEPEVERDE n. 3/2000 piccolezza e semplicità volutamente ingenua e pauperistica del volumetto trasmette come un profondo valore pedagogico da non perdere. Per diventare soltanto mortalmente noioso. Allora: per quanto riguarda la presenza della scrittura, il libro si può leggere in forma lineare cliccando sull’angolo in basso a destra (sulla pagina a sinistra per tornare indietro), e in modo minimamente reticolare cliccando sull’uccellino azzurro che riporta all’indice dei capitoli. La storia si può anche ascoltare, in questo caso stordendosi completamente davanti allo schermo fissando la riproduzione delle pagine, nel tentativo di seguire la voce sospirosa e uniforme del leggente ispirato dall’elevatezza (non so se si può dire ma mi piacerebbe lasciarlo comunque) del testo. E qui saremmo al punto uno della presentazione: il “percorso poetico”. Passiamo al percorso “ludico” chiamando in causa, perciò, la dinamicità della sintassi televisiva e l’interattività: il risultato non potrebbe essere più disarmante. Il libretto che accompagna il cd-rom promette la visione in 2D e 3D del meraviglioso universo del piccolo principe extraterrestre, con splendide animazioni dei pianeti e dei loro abitanti che l’omettino con la sciarpetta gialla incontra via via. Sulla qualità grafica di tali animazioni non mi soffermo: sottolineo invece che esse, pur essendo attivabili direttamente dalla sezione di lettura (cliccando sull’uccello azzurro) restano assolutamente separate da esso, dando l’impressione di costituire più un abbellimento di cornice che una elaborazione audiovisiva del testo. D’altra parte, il livello di interazione dell’utente nella sezione animazioni è bassissimo: l’esplorazione dei pianeti appare quasi casuale, nel senso che essi vanno e vengono, s’ingrandiscono e si rimpiccioliscono per conto loro, e uno ogni tanto ci azzecca e pensa di essere lui a manovrare l’azione, il che, fino a quanto ho potuto vedere finora, non so quanto sia vero. Un livello leggermente più interattivo è costituito dal percorso, manco a dirlo, “educativo”: il libretto ci tiene a precisare che «il “Gioco” che ti propongo non c’entra molto con i giochi che già conosci. Non si tratta di distruggere degli INTERVENTI E INTERVISTE umanoidi mostruosi e armati fino ai denti, né di salvare una principessa virtuale dalle grinfie di un mago sadico. Niente di tutto questo». Qui, niente po’ po’ di meno, si tratta di obbedire ai comandi acidi (la voce è quella, non proprio dolcissima, di Lella Costa) di una volpe che pretende di essere ammaestrata come dice lei, e che ti manda di qua e di là (cioè soltanto nell’universo di quei pianeti che se ne vanno per conto loro) ad acchiappare, che so io, il lampionaio che dice «Buongiorno!», perché così si deve fare se uno vuole ammaestrare una volpe zitella. Sempre il libretto promette come regalo della volpe un taccuino segreto per scrivere ed inserire immagini, nonché per tornare a giocare con lei. Io devo confessare che non ho ancora trovato la pazienza per capire come funziona il gioco: è tutto così lento e astratto, per di più accompagnato da una musica stile new-age, tutta campanellini e vagheggiamenti di sintetizzatore, da risultare insopportabile. Conclusione: la volpe e il suo regalo ve li regalo volentieri. Che fenomeno, Harry Potter! Nella presentazione delle avventure di Harry Potter, molti giornalisti e critici si sono concentrati sulla giovane autrice inglese, Joanne Rowling. La sua vita infatti potrebbe essere descritta come una fiaba a lieto fine come quelle che in fondo ella stessa scrive. Nata nel Galles 31 anni fa, dopo la separazione dal marito che la lascia con una bambina piccola nella miseria più nera, decide, quasi con la forza della disperazione, di completare un suo ambizioso progetto di gioventù: scrivere un libro fantastico che parlasse di magia e avesse come protagonista un piccolo mago. Rifiutato da vari editori, il volume viene infine apprezzato dalla Bloomsbury. È un successo immediato che cambia la vita della Rowling, che diventa ricca e famosa, proprio come nelle fiabe. Il libro ha subito numerose riedizioni e non è letto solo dai bambini, ma viene apprezzato anche dagli adulti diventando un best sellers dell’editoria. In Italia è stato pubblicato da Salani nel 1998. Dopo Harry Potter e la pietra filosofale, la Rowling, sulla spinta del successo pubblica Harry Potter e la camera dei segreti (anch’esso pubblicato da Salani), un prosieguo delle avventure del piccolo protagonista, che non finirà qui se è vero che l’autrice ha firmato un contratto con l’editore prevedendo addirittura l’uscita di altri quattro volumi di mirabolanti avventure stregonesche. Ma cos’è l’Harry Potter e a che cosa deve il suo successo? Proviamo ad analizzarlo, anche se brevemente. Guardando l’impianto generale si può affermare con sicurezza che alla base ci sono tutte le strutture della fiaba: un protagonista apparentemente modesto ma vincente, animato da sani principi, che con l’aiuto della sua magia innata e affinata alla scuola per maghi di Hogwarts riesce a sconfiggere Voldemort, il terribile mago padrone delle forze del male e della magia nera. Per farlo deve risolvere diversi enigmi, grazie alla sua intelligenza e all’aiuto di amici fidati. Inoltre deve superare molte prove che lo coinvolgeranno in continue avventure mozzafiato, nelle quali più volte rischierà di essere ucciso. Nel primo libro, Harry Potter e la pietra filosofale, riuscirà a capire che Voldemort vuole impadronirsi della magica pietra per ottenere l’immortalità, dopo essere entrato nel corpo di uno degli insegnanti della scuola, Raptor. Nella seconda avventura Harry Potter e la camera dei segreti scopre il mistero dei sotterranei ove è custodito un terribile mostro serpente che è a servizio di Voldemort, che ha continuato la sua esistenza nelle pagine di un diario magico. Harry riuscirà a sconfiggere il mostro e con una delle sue stesse zanne avvelenate ridurrà in cenere il piccolo libro, liberando ancora una volta la scuola dal male e dai terribili incantesimi che stavano misteriosamente accadendo. Questo ancora non è sufficiente per spiegare il fascino di quest’opera la cui ideazione è più complessa di quello che si potrebbe pensare. Intanto la Rowling si rivela un’otti- 12 IL PEPEVERDE n. 3/2000 ma scrittrice in quanto riesce a “modernizzare” umoristicamente l’ambiente dei maghi che, nel bene o nel male, devono avere a che fare con gli uomini comuni, o “babbani”, come vengono chiamati. A volte, figli di matrimoni misti tra streghe e uomini, questi piccoli maghi mantengono legami col mondo moderno con continui parallelismi giocati attraverso sapienti dosaggi immaginativi: se una famiglia normale deve andare in banca a prendere soldi per fare acquisti per la scuola, anche gli stregoni si comportano allo stesso modo. Solo che questa sarà una banca sotterranea, con tanto di miniere ricche di tesori custoditi da folletti; il negozio di cartoleria sarà più che particolare ed invece di vendere gomme e matite venderà bacchette magiche, calderoni e manuali di Pozioni o di Arti Oscure. Anche le tematiche moderne dell’intolleranza e del razzismo trovano spazio nelle vicende e nei colpi di scena del racconto. Dei quattro gruppi istituiti nella scuola di Hogwarts – Tassorosso, Pecoranera, Grifondoro e Serpeverde – quest’ultimo diviene il simbolo della purezza della razza dei veri maghi, di quelli che non discendono da matrimoni misti. Sarà lì che si anniderà dunque il male, rappresentato appunto da Voldemort e i suoi seguaci che saranno sconfitti da Harry Potter e i suoi amici del Grifondoro, a cominciare da Silente, mago saggio ed equilibrato, come si addice ad un buon preside di una scuola veramente speciale. La vera forza dei due romanzi risiede però, al di là dei risvolti fantastici, alcuni dei quali veramente originali, nel senso di simpatia e di umanità che nasce dalla piccola figura di Harry. La sua forza e invincibilità non derivano, non è un caso, solo dalla sua magia, ma dal sacrificio della madre che diede la sua vita per lui: una testimonianza contro la quale nulla possono fare le oscure potenze del male. Antonio Leoni Cosa succede in libreria La febbre di libri di Anna Parola Intervista a Piera Dattena Sono stata a Cagliari qualche giorno per un convegno e ho pensato che fosse interessante scoprire cosa succede in un città più piccola di Torino, e in più su un’isola, per quanto riguarda le librerie che si occupano di libri per ragazzi. Ho conosciuto Piera Dattena che da anni possiede una libreria nel capoluogo sardo dove una grande parte è dedicata ai bambini e ai ragazzi. Purtroppo la libreria era chiusa per ristrutturazione, perché sta diventando una libreria Mondadori, ma siamo riuscite a passare un po’ di tempo insieme e sono riuscita a rivolgerle alcune domande. Perché hai una libreria? Ho una libreria perché l’ho ereditata dai miei genitori, in particolare da mia madre che se ne occupava. Non credo, però, che sia stata lei a trasmettermi l’entusiasmo per questo mestiere, perché non l’ha mai fatto volentieri, pur essendo una grande lettrice. Perché hai scelto di aprire uno spazio per ragazzi? Perché, diventata madre, ho notato che i bambini non amano i libri come dovrebbero, e i miei figli non sono da meno degli altri. Così mi sono avvicinata alla letteratura infantile, ho incominciato ad organizzare in libreria degli incontri di animazione con gli amici di mio figlio, poi ho allargato questo appuntamento anche agli altri bambini. Ad oggi i bambini sono tanti dai quattro ai dodici anni. Cosa fai per animare questi incontri? I bambini leggono il libro a casa, e poi in libreria si gioca con quella lettura comune. Facciamo anche lettura ad alta voce. Mi puoi raccontare meglio quali giochi fate? Ne facciamo moltissimi per cui diventa difficile raccontarteli tutti. Uno di quelli che preferisco è “La febbre di lettura” che consiste nel ricordare più dettagli di un determinato libro. Chi riesce a dare più risposte riempie di più il serbatoio di un gigantesco termometro dimostrando di avere la più alta febbre di lettura. Quali sono i rapporti con le scuole? Lavoriamo moltissimo con le scuole alle quali proponiamo progetti lettura, visite in libreria e corsi di aggiornamento per le insegnanti sempre sul tema della lettura. Cosa intendi per progetti lettura? Visite in libreria, in biblioteca, incontri con i genitori e aggiornamento per insegnanti, ma c’è un progetto a cui tengo particolarmente: il “Bibliobus”. Il “Bibliobus” è un pulmino coloratissimo e decorato che sosterà davanti alle scuole elementari, distribuendo libri ai piccoli e dando luogo ad una serie di incontri di animazione alla lettura. Questo “Bibliobus” vuole raggiungere le seguenti finalità: far leggere i bambini insieme ai propri genitori, liberarli dalla televisione, costruire nuovi momenti di aggregazione. È difficile lavorare sul libro per ragazzi in una città come Cagliari? Fare una scelta del genere è abbastanza dura, nel senso che la clientela qualificata scarseggia e si deve faticare molto per farsi apprezzare come operatori culturali piuttosto che come loschi figuri interessati solo agli incassi. 13 IL PEPEVERDE n. 3/2000 Lavori solo in negozio o esci anche per iniziative esterne? Esco tantissimo per corsi di aggiornamento e progetti lettura e ho appena collaborato all’organizzazione del convegno “Leggo e volo alto”. Fai anche mostre nelle scuole? Sì, se me ne capita l’occasione. Quali scelte editoriali fai? Fino ad oggi le scelte editoriali mi hanno vista impegnata a proporre solo cose che piacevano anche a me. Per esempio niente Disney, o libri che reputo brutti (certe pubblicazioni da cartoleria o da supermarket). Ora sono diventata Mondadori, ma nonostante questa scelta, quasi obbligata proprio per poter dedicare meno tempo alle faccende amministrative e più a quelle promozionali e culturali, credo che nella mia libreria ci saranno i libri che voglio io e non ciò che altri decidono. Vorresti consigliare qualche libro ai lettori de “Il Pepeverde”? I libri che voglio consigliare non sono certo novità, ma io li amo molto. Per gli adolescenti e i giovani adulti: A. Hebert, Clara che a 15 anni disse di sì, “Frontiere”, E. Elle; G. Pausewang, Carretera austral, “Frontiere”, E. Elle; L. Rowe Fraustino, Ash, “Juniorsuper”, Mondadori. Per i più piccoli: M. Argilli, Alla Signorina Elle con tanto affetto, Fatatrac; Dr Seuss, Uovo di Ortone, Giunti; S. Gandolfi, La scimmia nella biglia, Salani; A. Horowitz, Nonnina, Mondadori. Ma ce ne sono davvero tanti altri e preferisco fermarmi qui. Incontro con Daniel Pennac Così nacque “Come un romanzo” di Luisa Piazza La Biblioteca Rispoli di Roma ha avuto l’onore di ospitare Daniel Pennac martedì 23 novembre 1999. L’incontro è stato organizzato dalle biblioteche di Roma e dal Teatro dell’Archivolto di Genova. Numerosissimo il pubblico accorso e, naturalmente, una folla di giornalisti, fotografi e operatori tv. Pare che Pennac sia stato invitato spessissimo dalle biblioteche capitoline, soprattutto grazie al suo libro Come un romanzo, testo “sacro” per tutti i bibliotecari, ma che non abbia mai accettato. Questa volta era personalmente invitato dal regista Giorgio Gallione del Teatro dell’Archivolto, che ha curato la messa in scena di Monsieur Malaussene in stretta collaborazione con Pennac, spettacolo in scena ai Parioli. Ospiti dell’incontro anche gli attori: Claudio Bisio, interprete dell’eroe di Pennac e Giorgio Scaramuzzino che gira, da tempo, nelle biblioteche italiane con una pièce tratta da Come un romanzo e che ne ha presentato un brano subito dopo l’incontro con l’autore. Il Teatro dell’Archivolto è responsabile di quattro trasposizioni teatrali di testi di Pennac. Il primo spettacolo è Monsieur Malaussene del quale Pennac stesso ha curato la regia nella versione francese. «Da questa prima esperienza» spiega Gallione «al Teatro dell’Archivolto di Genova è nata la voglia di esplorare l’universo Pennac con la sensazione che la scrittura di Daniel possieda, tra le tante valenze, potentemente anche quella teatrale». Il secondo spettacolo, tratto da Come un romanzo è ispirato alla filosofia di questo saggio. «È nato molto per gioco» spiega Scaramuzzino, l’interprete unico della pièce, «con l’intenzione di invogliare i ragazzi a leggere». Il ter14 IL PEPEVERDE n. 3/2000 zo spettacolo, dal titolo Blu cielo, si ispira al libro Le tour du ciel (Il giro del cielo) che Pennac ha scritto partendo dall’osservazione di opere di Mirò e il quarto, Giardini d’acqua, è liberamente tratto dall’omonimo testo ispirato ai quadri di Monet. Pennac, al quale non manca ironia e capacità comunicativa, ha risposto alle domande suscitando molta simpatia nel pubblico. Riportiamo le parti più significative dell’incontro. Qual è il tuo rapporto con la lettura? Il mio rapporto con la lettura è fondamentale ma, nello stesso tempo, è un rapporto molto vario e leggero. Ad esempio posso leggere per addormentarmi con il desiderio reale e profondo di addormentarmi leggendo. Posso scegliere, dalla mia biblioteca, il testo più bello, per cui non sarà un “addormentarsi” per l’insorgere della noia, provocata dalla lettura ma per la fascinazione del libro. Poi ci sono le letture “strumentali” che faccio soprattutto quando sto per preparare un nuovo romanzo, come in questo periodo. Sto leggendo tomi di libri tecnici che non hanno alcun interesse, ad esempio libri sul caucciù, oppure libri sulla costituzione europea. Il resto delle mie letture sono frutto di incontri con le persone che amo o che stimo: sono le migliori letture! È interessante che, nel momento stesso in cui leggiamo il libro che ci hanno consigliato, ci domandiamo: «Ma perché proprio a me ha consigliato di leggere questo?». Quindi le persone che ci consigliano un libro ci fanno capire quello che pensano di noi e questa è anche una forma di autoanalisi ed è un “piacere” legato alla lettura. La circuitazione dei libri avviene COSÌ NACQUE “COME UN ROMANZO” per merito dell’amore, dell’amicizia e della stima. E tutto ciò avviene in maniera molto più efficace di quanto non faccia la scuola o la critica letteraria. Da quale idea centrale è nato Come un romanzo? Una mattina del mese di settembre sono entrato nella mia classe di seconda (allievi dai quattordici ai sedici anni) e ho fatto i soliti discorsi di quando si arriva per la prima volta in una classe. Ho cercato di sciogliere l’atmosfera. Ho chiesto ai ragazzi come si chiamavano, ho illustrato loro il programma, ho detto che avremmo letto insieme… Ad un certo punto un allievo dell’ultimo banco ha alzato il braccio e ha detto, con una faccia da sepolcro: «Professore, leggeremo quest’anno?». Quando un professore ascolta questa domanda si deve chiedere qualcosa sull’insegnamento della letteratura francese. Quello stesso giorno sono andato a prendere mia figlia a scuola, allora aveva otto anni e, tornato a casa, mi sono messo alla scrivania a correggere i compiti ma, dopo poco, è arrivata mia figlia con il quaderno dei compiti e mi ha detto, con la stessa faccia da sepolcro: «Papà, posso ripassare con te la mia lettura silenziosa?». A quel punto mi sono arrabbiato. Naturalmente ho ripassato con mia figlia la “lettura silenziosa”, poi ho aperto il computer e ho scritto la prima frase di Come un romanzo: «Il verbo leggere non sopporta l’imperativo!». Il problema è che quando scrivi la prima frase di un libro, dopo devi scrivere il resto. Cosa succede quando vedi le tue parole trasportate in palcoscenico? È una domanda che mi fanno spesso, risponderei con delle metafore: è un po’ come il mistero dell’incarnazione: le parole si fanno carne. Quando si scrive o quando si legge un romanzo scritto da altri l’immagine che abbiamo delle cose è un’immagine cerebrale, non concreta ma virtuale. Si ha come l’illusione che sia un’immagine reale. Mentre, quando si vede uno spettacolo, si è di fronte ad una incarnazione. Questo è simile al rapporto con la paternità. Non so se è lo stesso con la maternità perché non l’ho mai provata. Nella paternità l’angoscia di diventare padre diventa quasi un incubo, è un fantasma che si nutre di un sacco di argomenti: «Speriamo che questo ragazzo non mi somigli!», «È giusto fare un figlio in questo momento?» ecc. ecc. Ma, quando arriva, il bimbo impone una concretezza che dissolve tutti i fantasmi. Il ministro Turco, preoccupata per la solitudine nella quale vivono i bambini di oggi, ha proposto nella giornata dei diritti dei bambini la figura di un difensore civico. Cosa pensa a questo riguardo? Crede che la lettura possa essere d’aiuto? Insieme ad altri cinquanta scrittori francesi abbiamo creato un’Associazione che opera in tutta la Francia e che vuole far incontrare i bambini fino ai dieci anni, con i pensionati. Con la complicità degli insegnanti abbiamo chiesto ai pensionati di scegliere i libri e leggerli in classe a voce alta ai bambini… Il risultato è stato spettacolare sul piano della lettura perché, in effetti, i bambini e le persone anziane sono stati stimolati a leggere: si sono creati dei legami sociali, cioè i bambini hanno cominciato a considerare i pensionati delle città operaie, nelle quali vivono, come loro nonni e ciò ha fatto sì che i veri nonni di questi bambini si siano sentiti, inconsciamente, obbligati a comportarsi da veri nonni. Si sono rinserrati i legami familiari con risultati intellettuali tangibili. Questa esperienza credo si possa ripetere ovunque in Europa, soprattutto nelle periferie delle grandi città. Il problema tra il bambino e la lettura, così come quello tra l’adulto e la lettura, non è un problema teorico. Quello che si constata è che, con l’urbanizzazione moderna, l’affitto delle case aumenta sempre di più, si è costretti ad andare in periferia e il centro diventa un centro culturale che pochi hanno la possibilità di frequentare. Questo crea un nuovo analfabetismo postindustriale che è figlio dell’isolamento, del perfezionamento, della cassa integrazione… Nella cintura periferica si dice che i bambini non leggono ma il vero problema è che hanno perduto la parola orale, non parlano. Sostiene inoltre Pennac che «Gli scambi 15 IL PEPEVERDE n. 3/2000 verbali della vita quotidiana sono i primi fermenti dell’attività culturale e là dove i grandi magazzini hanno sostituito i negozi, anche questa più elementare forma di oralità è andata perduta». «E di questo analfabetismo» continua Pennac «non è responsabile la scuola, né l’industria del libro, né la critica letteraria, ma questa perdita della comunicazione orale». Quando hai cominciato a scrivere? A dodici anni. Perché a undici sono stato messo in collegio e vi sono rimasto per otto anni… In collegio era vietato leggere!! Mi nascondevo per leggere sotto le coperte con una pila. Quando finivo i compiti, la mia prima esperienza da scrittore era inventarmi la continuazione del racconto che stavo leggendo. Quale autore italiano ami di più e consiglieresti di leggere nel 2000? Non ho nessun autore da consigliare per il 2000 perché credo che in letteratura non si debba fare la distinzione tra passato, presente e futuro. Gli autori italiani che amo particolarmente? Gadda e Calvino. Quando voglio tornare alle mie letture fondamentali leggo La cognizione del dolore o Il pasticciaccio o qualunque libro di Calvino. Preferisci scrivere per adulti o per bambini? Mi piace fare entrambi le cose e le faccio con la stessa serietà. Quando scrivo per i giovani, non uso lo stesso stile. Gli argomenti sono gli stessi: la vita, la morte, l’amore… Però, quando scrivo per i ragazzi, uso frasi più semplici quindi devo compiere scelte lessicali più precise. Quanto c’è di vero nella descrizione di Belleville e quanto di inventato? La descrizione di Belleville è un’evocazione che parte da una mescolanza di concetti, non una descrizione tecnica. Dico di Belleville che in questo quartiere c’è quasi sempre il tempo bello e questo è testimoniato dal fatto che ci sono molte persone con la pelle scura, rispetto agli altri quartieri di Parigi, anche se queste persone hanno preso il sole già prima di nascere! La “ricetta” della contaminazione Un altro leggere un altro scrivere a cura del gruppo “Leggere per...” Si sente sempre più frequentemente parlare, negli ambienti della scuola ma non solo, di demotivazione o di debole motivazione, dello scarso attaccamento al lavoro o al compito. Spesso a proposito delle giovani generazioni si lamenta la fragilità e la vulnerabilità dei loro interessi e l’affievolirsi delle passioni è denunciato talvolta come un male epocale. Un piglio un po’ moralistico, poi, accomuna i discorsi e le analisi sulla demotivazione. «Non è motivato» (soprattutto se la frase è pronunciata nella scuola) è di solito un’espressione di disappunto e di giudizio negativo. Ora, se è vero che la demotivazione è oggettivamente un ostacolo alla crescita di un giovane, è anche vero che non gli si può attribuire automaticamente la responsabilità del suo debole coinvolgimento nei confronti di una disciplina o di un’attività. Un’analisi attenta del problema dovrebbe spingere – soprattutto se il punto di vista è quello dell’educatore e il soggetto demotivato una giovane personalità in evoluzione – a capovolgere radicalmente la logica, cercando piuttosto nel contesto carenze ed errori di impostazione. La parola motivazione deriva dal latino motivus, cioè “che muove”; essere motivati significa dunque essere mossi, spinti verso qualcosa. La motivazione è una tensione positiva, tanto più autentica e duratura, quanto più coinvolge profondamente la persona tutta, con il corpo, con la mente, con le emozioni: «Di petto e di testa … con il cervello e la passione» (Gaston Bachelard). Perché questo coinvolgimento possa avvenire è necessario innanzi tutto che si creino condizioni favorevoli quali: - ambienti psicologicamente sicuri, protetti e di sostegno: un contesto scarsa- mente accogliente, che susciti diffidenza o disagio crea rigidità e meccanismi difensivi; - sostegno emotivo da parte di persone significative: la cura, l’incoraggiamento, le attestazioni di stima consentono di “mettersi in gioco”, di accettare le sfide, di rendersi disponibili al nuovo; - relazioni positive con il gruppo: il contesto affettivo-relazionale gioca un ruolo fondamentale nella motivazione; il confronto sereno, l’interazione positiva stimolano gli interessi e arricchiscono le competenze. La proposta di attività che siano direttamente o indirettamente legate a bisogni o interessi personali: la tensione verso un obiettivo non può mai prescindere dal livello presente dell’essere e del desiderare di ciascuno. Non si tratta tanto di operare riduzioni quantitative o qualitative rispetto agli obiettivi, quanto di dare ad ognuno la possibilità di tendere ad una meta costruendo percorsi personali, che partano dal proprio sé, inteso come intreccio di emotivo e cognitivo. L’equivoco della bassa difficoltà Il concetto di motivazione è strettamente legato a quello di piacere. Un’attività finalizzata alla soddisfazione di un bisogno procura sempre piacere, rendendo disponibile una notevole quantità di energia fisica, psichica e mentale. Attività oggettivamente impegnative sono affrontate senza alcuna percezione di fatica se vissute come “piacevoli”; al contrario compiti di bassa difficoltà possono trasformarsi in ostacoli insormontabili se percepiti come inutili o noiosi. Alla luce di queste considerazioni si comprendono molte delle difficoltà che la scuola oggi vive. Bambini e ragazzi che 16 IL PEPEVERDE n. 3/2000 ricevono, rispetto ad un tempo, molti più stimoli e sollecitazioni prima e fuori della scuola e che potrebbero per questo essere più pronti e recettivi, appaiono sempre più spesso poco motivati a tutto quanto la scuola propone, o almeno alle modalità con cui propone. L’idea di piacere evoca l’idea di passione, quindi di affettività e intensa partecipazione. La promozione del piacere della lettura non attiene alla sfera del cognitivo ma piuttosto dell’emotivo. Amare la lettura non è, o almeno non lo è mai nella fase iniziale, una vocazione dell’intelletto ma del cuore. L’incontro con la narrazione, se avviene in un contesto affettivamente significativo, segna l’apertura di una finestra sull’immaginario. Ascoltare storie, immaginare storie, narrare storie, costruire repertori di immagini mentali, è un bisogno quasi naturale; i bambini che scarabocchiano segni indecifrabili descrivendoli come luoghi e personaggi ci raccontano la loro immaginazione; il “facciamo che ero…” di molti giochi di ruolo è l’inizio di storie spesso articolate ed estremamente fantasiose; il racconto di una storia rilassa, incanta, fa addormentare, rende felici; il grande successo di alcune fiction, spesso molto vicine alla struttura della fiaba, testimonia la presenza di questo bisogno anche in chi forse non ha avuto l’opportunità di conoscere ed apprezzare altri linguaggi. Sappiamo bene che queste idee si vanno diffondendo e che sempre più spesso si possono incontrare genitori con bambini nelle librerie e insegnanti impegnati nelle biblioteche. Ma sappiamo anche che non sempre si creano le condizioni perché la lettura e la scrittura diventino un mezzo per entrare UN ALTRO LEGGERE, UN ALTRO SCRIVERE in contatto con il proprio mondo interiore, con la propria immaginazione e creatività, uno strumento per “raccontarsi” a sé e agli altri, per riconoscere ed esprimere i propri sentimenti. Spesso non c’è nella famiglia la sensibilità sufficiente perché queste condizioni si preparino, spesso la scuola non è in grado di coltivarle. La scuola è anzi il più delle volte il luogo del dovere e della prestazione, della prevalenza dei tecnicismi, dove il leggere e lo scrivere sono iscritti in contenitori normativi rigidi, che non facilitano la dimensione affettiva dell’espressione. Lettura e scrittura diventano allora un “altro da sé”, faticoso ed arido, con cui spesso non ci si riconcilia per il resto della vita. Ci sono adulti intelligenti e colti incapaci di concepire la lettura di un libro come fonte di piacere o di scrivere una lettera d’amore; insegnanti incapaci di commuoversi leggendo agli alunni un brano toccante o di comprendere che le tecniche si apprendono e si ritengono solo se un’attività è sostenuta da una forte motivazione. Zona franca e gabbie soffocanti La motivazione è una molla potentissima in ogni età e in ogni condizione, ma diventa una premessa imprenscindibile dell’essere e del fare nell’arco dell’età evolutiva. Se i bambini e i ragazzi sono motivati alla lettura e alla scrittura, sentono cioè il leggere e lo scrivere come attività di forte valenza soggettiva e affettiva, l’una diventa rinforzo dell’altra, anzi, in molti casi la scrittura, se è capace di realizzare una “presa diretta” con il sé, può avere un ruolo trainante rispetto alla motivazione alla lettura. Attraverso la scrittura spontanea i ragazzi trovano una “zona franca” in cui riescono liberamente ad esprimere se stessi, attivando processi di consapevolezza del sé ma anche di ascolto e di accettazione di punti di vista diversi. Anche per la scrittura spontanea, come per la lettura, l’emozione diventa un ponte tra la mente e il corpo. Quella stessa corrente emozionale che si mette in moto durante l’ascolto di un buon libro di narrativa, deve prendere spessore durante la produzione scritta, colorando e animando ciò che si scrive, in modo da suscitare a sua volta una reazione emotiva in chi legge o ascolta. Chi scrive deve quindi “sentire” per poter “far sentire” agli altri. Perché questo possa realizzarsi è indispensabile passare per una fase di “destrutturazione” delle norme. Ortografia, sintassi, coerenza, coesione possono essere nella fase iniziale gabbie soffocanti che impediscono la spontaneità. Quando i bambini e i ragazzi scrivono spesso appaiono “poveri di idee”, hanno paura, si sentono costretti in schemi mentali e canoni che li portano a produrre stereotipi e luoghi comuni. Le strategie più efficaci Ma allora qual è la “ricetta” giusta? Quali sono le strategie più efficaci perché nella scuola il leggere e lo scrivere possano diventare attività piacevoli, appassionanti, strumento di arricchimento e di crescita? Cosa deve pensare, fare, essere l’insegnante per raggiungere questi obiettivi? A quali tecniche didattiche è necessario che sia formato? La nostra risposta, che potrà sembrare provocatoria, è che prima di ogni competenza metodologico-didattica sono indispensabili all’insegnante stesso la motivazione e la passione. Le conoscenze possono essere trasmesse efficacemente attraverso strategie adeguate (ma è sempre vero?), i desideri e le passioni per essere “trasmessi” hanno bisogno di una profonda condivisione. Spesso però, gli insegnanti, pur avendo acquisito specifiche competenze disciplinari e didattiche, non hanno mai vissuto in modo affettivamente positivo l’esperienza del leggere e dello scrivere. Si tratta allora, in taluni casi, di rivedere gli stessi percorsi di formazione, capovolgendone se è necessario l’impostazione, per recuperare i docenti ad una dimensione soprattutto emotiva del testo. Per formare insegnanti capaci di coinvolgere e motivare alla lettura e alla scrittura bisogna coinvolgerli e motivarli, attraverso le stesse strategie che essi dovranno impiegare 17 IL PEPEVERDE n. 3/2000 con gli alunni, attraverso laboratori che prevedano una forte messa in gioco, un lavoro sulla soggettività dell’esperienza con il testo e un confronto “affettivo” con le esperienze degli altri. Durante il corso che ogni anno ci vede impegnate, come gruppo di coordinamento, nella formazione dei docenti del progetto “Leggere per…”, nell’ambito di un’attività laboratoriale, gli insegnanti sono stati invitati a presentarsi agli altri attraverso il libro da loro più amato. Nel gruppo i lettori forti e i lettori deboli erano abbastanza equilibrati nel numero, con la presenza di qualche insegnante che aveva dichiarato apertamente di non amare la lettura e di non aver letto nulla da molti anni. Una delle insegnanti presenti, arrivato il suo turno, ha descritto con voce commossa le forti emozioni suscitate in lei da un romanzo, soffermandosi peraltro molto brevemente, ma con grande efficacia, sul contenuto della storia. Quasi tutti i presenti si sono affrettati ad annotare i riferimenti del libro, contaminati dal suo piacere, perché «Ci ha fatto venire una gran voglia di leggerlo». È necessario, quindi, che l’insegnante sia egli stesso profondamente motivato, che sia capace di darsi e di dare tempo, che mostri di condividere con i suoi alunni la straordinaria avventura di cercare se stessi e la propria storia nelle storie e nella magia della parola. Silvia Campanile, Anna Maria Lovo, Maria Rosaria Musella, Paola Parlato In famiglia. Dopo Giacomo Quali libri per di Luca Raffaelli Se c’è una cosa che non sopporto è l’esperienza. Inganno malefico, trappola di precisione, l’esperienza funziona solo su minuscoli particolari della vita. E non sempre. L’esperienza mi può insegnare che se non freno di fronte ad un ostacolo vado a sbattere, che se non sto attento con il martello posso colpire l’altra mano, che se dormo con i piedi troppo vicini al caminetto acceso li brucio. Grazie mille, signora. Il fatto è che si dà all’esperienza il valore che essa non può avere. Quella di maestra di vita, espressione della saggezza, fonte di sicurezza. Attenti, ragazzi, attenti. Come nella scienza meteorologica è impossibile riuscire a prevedere nel lungo termine le varianti prodigiose che possono far cambiare il tempo, così nei grandi momenti della vita l’esperienza fa piovere quando noi, esperti, avevamo previsto il sole. E la volta dopo? La volta dopo cerchiamo ancora dentro di noi delle certezze, valutiamo le casualità e diciamo o è pioggia o è sole. Sarà grandine. Oppure pioggia e sole contemporaneamente. E la volta successiva sarà ancora qualcos’altro, l’inaspettato, l’imprevedibile o il prevedibile da cui l’esperienza canaglia ci aveva distolti. Perché spesso mi capita di fissare in testa un insegnamento che per qualche motivo ritengo che l’esperienza mi abbia dato. Non è vero, la vita mi avrebbe insegnato anche l’opposto, ma nella mia mente è rimasto fisso, indelebile, incancellabile quel primo consiglio, monito, ammonimento, che l’esperienza mi diede un giorno ridendo come una iena. Ho avuto modo di sbagliare cento volte perché mi affidavo ad essa, e ancora oggi continuo, per abitudine, a non ricordarmi che non devo farlo. Me ne sento libero quando posso pro- grammare i pensieri. Allora finalmente mi avvalgo della non-esperienza. La mia. Mi confesso che la vita non è mai la stessa del giorno prima e anch’io. Ho le prove di essere parecchio diverso da quello di un po’ di tempo fa e il cambiamento non è avvenuto tutto in una volta. Dunque, si cambia giorno dopo giorno. E non c’è esperienza che tenga. Nella voce di molte persone l’esperienza altrui si trasforma in previsioni, quando non in minacce o maledizioni. «Vedrai, quella è la scelta che devi fare» o più spesso «Questa decisione ti si ritorcerà contro», oppure «Tu queste cose non le sai ma dai retta a qualcuno, come me, che le ha vissute». Per carità: mai, mai dare retta. Se l’esperienza non è utile a se stessi, figurarsi se (con tutte le variabili cromosomiche, psicologiche, eccetera eccetera) può esserlo quella altrui. Ci si può confrontare, si deve farlo, ma solo per allargare il ventaglio di possibilità che si apre ad ogni scelta o ad ogni non scelta: non per pensare, sperare di prevedere l’imprevedibile. Non per uniformare, ridurre, impoverire. Quando Giacomo era nato solo come pensiero (di Francesca e mio) non sono state poche le persone, gli amici anche, che mi hanno ammonito: la tua vita cambierà, non potrai più fare questo e quello, le tue giornate saranno condizionate dai figli. Era l’esperienza che parlava. A volte le frasi erano anche proposte in maniera scherzosa ma il senso di terrore rimaneva. Meno male che non mi sono fidato. E meno male che la mia vita è cambiata (la mia esperienza personale mi diceva che io ero troppo terrorizzato all’idea di essere responsabile di una vita; ora ne sono troppo felice), ma cambiata in manie18 IL PEPEVERDE n. 3/2000 ra opposta a quella dettata dall’esperienza altrui, meno male che posso avere con Giacomo e Francesca degli scambi d’emozione prima inimmaginabili. La mia vita condizionata da Giacomo? È piuttosto la vita di Giacomo ad essere condizionata dalla mia presenza, dalle nostre scelte, dalla nostra cultura, dalla casa, dal quartiere, dalla città, dall’Europa unita eccetera eccetera. un figlio appena nato Piuttosto nessuno mi aveva detto per bene che cosa diavolo può essere il passaggio dall’essere due all’essere tre. Cosa accade nel momento in cui il pancione con un fantasma dentro si trasforma in un essere tanto dipendente e tanto profondo, tanto solo (quanta è la solitudine di un uomo ancora ignaro delle regole della comunicazione!) e tanto voglioso di capire e farsi capire. Ci sono troppi mondi in quell’essere solo, troppe facce, troppe espressioni della vita. Nessuno me lo aveva mai detto (no, per la verità c’è stato qualche buon amico che ha accennato a questo: senza dire molto, giustamente e saggiamente, perché le parole non sono abilitate a tanto). In Giacomo c’è il pupo bello che viene cambiato nelle pubblicità televisive, ma anche un uomo profondissimo che mostra tutta la sua straordinaria capacità di sentire dentro di sé e fuori. Ci sono tutti i bisogni dei neonati, c’è la cacca, la pipì, la fame, la colica, il ruttino, ma nei suoi occhi c’è anche la storia della vita, la sua capacità di capire, di pensare, di apprendere. C’è la storia della filosofia, c’è la storia dell’arte negli occhi di Giacomo. Grazie a lui mi sono assai più chiare certe immagini ricorrenti della nostra vita, dei miti, delle religioni: ho capito l’adorazione del bambinello, ho visto in lui perché la luce è vita, speranza, paradiso (che bello quando ride di cuore guardando il solo riflesso di luce di una maniglia). Ho sempre pensato di aver vissuto un’infanzia profonda, ricca di pensieri, di immagini, di emozioni, di rabbie. Più ricca della mia vita adulta perché meno indirizzata, usata, finalizzata. Eppure il mondo adulto non si cura delle espressioni dell’infanzia e tratta i bambini da bambi- ni, da marmocchi senza esperienza. Figuriamoci. Quanto uomo c’è in Giacomo, nelle sue manine, nei suoi piedini, nei suoi occhi, nelle sue espressioni, nei suoi sorrisi, nelle sue risate. Folle colui che di fronte a tanta potenza, a tanta intensità, riesce a sentirsi superiore. Dunque, quali libri per Giacomo? Nel primo numero de “Il Pepeverde” Roberto Maragliano (uno di quegli amici che non usano l’esperienza) raccontava di come la scuola gli avesse fatto odiare i libri, Promessi sposi in testa. Per me, che ho odiato la scuola tanto da prendere voti che non raggiungevano l’uno pieno, i libri sono stati il rifugio segreto. Leggere libri era sempre permesso, e a me piaceva leggere. Anzi, non era permesso se avevo in mano fumetti, e così, ovviamente, prediligevo quelli, di tutti i tipi, dagli autori degli anni Trenta (quand’ero piccolo i miei padri, fanatici di “Flash Gordon” e “Mandrake”, si prendevano la rivincita sui loro padri che avevano amato Salgari e demonizzato “L’avventuroso”) a quelli nuovi proposti dalle riviste, dal “Corriere dei Piccoli” e dal “Corriere dei Ragazzi”, da “Linus”, “Il mago”, “Eureka”, dai libri in bianco e nero o a colori. Quelli scritti erano più difficili da scegliere: raramente i consigli dei grandi erano azzeccati, raramente si parlava di libri con i coetanei. Tra i primi ricordi c’è una maestra di seconda elementare che ci fece acquistare una raccolta di piacevoli racconti di Tolstoj, e una collana di piccoli gialli Mondadori intrigantissimi in cui un’automobile girava senza conducente. Mistero. Poi il baco Giacomino, e il clown Scaramacai. Ma più di tutto era interessante sbirciare nella piccola biblioteca di casa, dove c’erano cose assai diverse tra loro: dal Libro della giungla alla Divina com19 IL PEPEVERDE n. 3/2000 media illustrata da Dorè, dai libri di psicologia che spiegavano l’anima del fanciullo senza aver capito nulla di nulla ai romanzi di Guido da Verona, dal Tropico del cancro di Henry Miller (una vera iniziazione) a tutto Calvino e Sciascia che cominciai a leggere piuttosto presto. Compresi così che la lettura è principalmente una posizione. Se uno non sa come mettersi a leggere non leggerà mai. E che la lettura può diventare anche un piccolo rito, forse anche una quotidiana necessità. Per questo si può cominciare (ed anche continuare) con qualsiasi libro. Ma bisogna mettersi comodi e lasciare che gli altri accettino la tua lettura senza disturbare. Peccato aver scoperto le gioie dell’amaca dentro casa solo ad una certa età. Forse avrei letto ancora di più. Dunque, quali libri per Giacomo? Prima di tutto quelli che potrà rompere, stracciare, disegnare, sporcare, trattare male. Giusto. Poi tutti. Tutti quelli delle librerie di casa (che stanno prendendo il controllo dello spazio), quelli che troverà nelle biblioteche e quelli che vorrà per iniziare una sua propria libreria: spero che lo divertirà la possibilità di scegliere, di rimanere affascinato dalla carta, dalle immagini, dai colori, dall’odore dei libri. E spero che trovi i libri che nelle varie età sapranno divertirlo, emozionarlo. Spero di sentirlo ridere e di vederlo commosso alla lettura di un’ultima riga. Avrà a disposizione amache di diverso colore nei vari punti della casa, una giusta illuminazione e spero qualche amico o amica che voglia leggere insieme a lui. Gli consiglierò qualche titolo in particolare? Sì, certo, lo farò; sottovoce ma lo farò. D’altra parte: cosa può dare un adulto a un bambino, se non la propria esperienza? Il poliziesco per i giovani Ancora giallo di Luigi Calcerano e Giuseppe Fiori Continuano a scorrere sotto gli occhi del puer videns un flusso ininterrotto di gialli, film, videogiochi, telefilm popolati da squadre investigative, coppie di sbirri e poliziotti privati che non sembra destinato ad arrestarsi. Potremmo spingerci ad affermare che i ragazzi posseggono, per le loro esperienze televisive, il codice per la corretta fruizione del genere poliziesco anche sui libri, ma peccheremmo di ottimismo. E d’al- tro canto è naturale chiedersi perché proprio nella fase in cui si apprende il difficile mestiere di leggere – l’unico in grado di corrispondere alle esigenze cognitive ed estetiche, ma anche l’unico in grado di soddisfare l’immaginazione – dovremmo avvicinarli anche al romanzo poliziesco, ripercorrendo, come lettori-detectives, strade disseminate di tracce e informazioni che per lo più nascondono la soluzione del problema. Già, perché a favore del giallo bisogna pur dire che il personaggio “lettore” è previsto, ed inserito nello schema compositivo del racconto, e anzi ne è talvolta, come in Agatha Christie o Ellery Queen, un elemento essenziale: insieme agli altri personaggi il lettore è coinvolto, infatti, nel contesto di un delitto, di uno strappo del tessuto dei rapporti sociali al quale si oppone, immediatamente, la riparazione di un’attività investigativa. La supremazia della trama Si è spesso detto che ogni lettore è un po’ Watson e deve seguire – è chiamato ad imitare – Sherlock Holmes. Tutto questo è reso possibile, già nel poliziesco classico, dall’attenzione particolare che gli autori di libri gialli pongono nella costruzione della trama; nei romanzi polizieschi, la prevalenza della trama rispetto al linguaggio è una costante che, salvo rare e lodevoli eccezioni, ha connotato l’intero secolo di letteratura poliziesca ed ha costituito, talvolta, una sorta di iniziazione alla lettura. Ma la supremazia della trama non è il solo elemento importante per il giovane che si avvicina alla lettura: questo è tanto più evidente se guardiamo ai numerosi autori che riescono a riversare lo spirito del gioco nelle trame poliziesche. Il ruolo del20 IL PEPEVERDE n. 3/2000 l’atteggiamento ludico di scrittori e lettori di gialli non è stato sinora abbastanza approfondito. Patricia Highsmith in Suspence, pensare e scrivere un giallo ha teorizzato: «Lo spirito del gioco è necessario, nel pensare la trama di un romanzo di suspence, perché libera l’immaginazione. È necessario anche quando si inventano i personaggi. Ma una volta che si hanno in mente e nella trama, i personaggi richiedono una serissima considerazione, si dovrebbe dedicare attenzione a ciò che essi fanno e perché, e se uno di loro non lo spiega – e spiegare troppo può essere un male, dal punto di vista artistico – allora lo scrittore dovrebbe sapere perché i suoi personaggi si comportano in quel modo, e rispondere lui alla domanda. La visione interiore nasce da questo, e da questo il libro acquista valore». Gli scrittori dei gialli si sono, spesso, espressi solo attraverso i fatti, i meccanismi enigmatici, le azioni ed i personaggi, tralasciando, per lo più, il linguaggio e lo stile, cioè proprio quegli aspetti che molti altri scrittori tendono a privilegiare. Comunque il piacere di leggere un libro giallo, a prescindere dall’aspetto strumentale, conferma la validità di questa esperienza letteraria. Marlowe indaga L’immaginario poliziesco è indubbiamente entrato nella tradizione romanzesca del Novecento con i suoi personaggi più emblematici – Sherlock Holmes, Poirot, Marlowe, Sam Spade, Nero Wolfe – con le sue scene di suspence e di conflitti spesso armati; attraverso questi connotati, peraltro, il romanzo poliziesco è riuscito ad essere in sintonia con gli aspetti della vita che sono legati al problema del crimine, forse insieme a molti altri aspet- ANCORA GIALLO ti che legati al crimine non sono, almeno direttamente. Sono gli insegnamenti, le suggestioni che vengono dalla tradizione romanzesca. Cosa significa possedere una tradizione romanzesca? Raffaele La Capria in Letteratura e salti mortali offre questa risposta: «Significa aver creato e poter attingere a un mondo immaginario popolato da personaggi impegnati in avventure individuali, e in essi nelle loro virtù e nei loro vizi, nelle loro azioni, nei loro moventi, nella loro sensibilità, ritrovare la coscienza della propria umanità e delle proprie origini. Questi personaggi nati dall’immaginazione sono più reali di quelli esistenti perché pur avendo precisi connotati sono universali, e sono portatori di un destino in cui ognuno può intravedere qualcosa del proprio». I gialli con i loro detectives e con le caratteristiche delle loro trame sono riusciti ad entrare a buon diritto nell’alveo di questa tradizione. Sono, a seconda dei casi, come insegna Giuseppe Petronio, buona o cattiva letteratura, ma sono letteratura. Ancora, nel gioco della trama e dei personaggi, la partecipazione emotiva del lettore può essere resa più immediata sia attraverso i meccanismi di suspence, che molti autori utilizzano nei propri racconti, e sia dotando il personaggio principale di una caratteristica particolare: la somiglianza con il lettore. Si realizza così l’identificazione con il personaggio del racconto, ma questo non in quanto eroe che possiede le qualità che noi vorremmo avere, non sempre almeno, ma in quanto davvero è simile a noi, e ciò che accade nella trama «potrebbe succedere anche a me». In definitiva anche questa remota possibilità rientra nell’elemento del gioco, della partecipazione ad una piccola commedia intorno al tema della giustizia e dell’ingiustizia umana, dato che il giallo, in particolare quello moderno, ha anche la funzione di proporre, nel contesto di una narrazione certamente eccessiva, un’idea di rivincita rispetto alle ingiustizie sociali. È qui un altro aspetto del fascino dell’investigazione letteraria, quella di porre l’intelligenza e il coraggio di investigatori, sul modello di Philip Marlowe, al servizio del vivere civile. «Scoprendo il colpevole di un delitto – scriviamo nella presentazione dell’antologia scolastica Uno studio in giallo (La Nuova Italia) – gli scrittori dei gialli e i loro detectives ci dicono che è possibile saperne di più sui fatti che riguardano la nostra vita sociale, solo che si voglia usare i loro affilati procedimenti logici, come accade nel giallo classico, o intervenire sulla realtà con determinazione, come avviene nel più moderno giallo d’azione». Una mappa dell’immaginario poliziesco per i giovani Il giallo insomma nel suo secolo di vita, attraverso romanzi godibili, ha saputo costruire una serie di personaggi, trovate sceniche, atmosfere e tematiche che ancora oggi costituiscono un richiamo per le più disparate categorie di lettori. Rimane forse da individuare quali libri siano quelli che è più opportuno proporre ai giovani per rendere più divertente e agevole possibile la loro scorribanda nel poliziesco. E allora non ci si può sottrarre alla tentazione di disegnare una possibile mappa ideale di questa sorta di immaginario poliziesco attraverso gli autori e i titoli che più l’hanno determinato. Siamo ben coscienti che la mappa può essere costruita diversamente e con presenze più autorevoli e che, con il tempo e la lettura, ognuno di noi si costruisce la propria mappa, ma quello che vi proponiamo è solo un primo viaggio (non a caso il giallo è anche un libro da viaggio) nei luoghi tipici del giallo dove si è consumato quello che Dickson Carr ha definito il «più splendido gioco del mondo». Ecco dunque l’elenco che suggeriamo come itinerario di lettura, senza punti di partenza e punti d’arrivo, per accompagnare i riti di passaggio della prima parte della nostra vita, incluso quello che ci porta a diventare sempre più curiosi e indagatori. Per il giallo enigma. A. Conan Doyle, Il mastino di Baskerville, Mondadori; Il segno dei quattro, Mondadori; A. Christie, Dalle nove alle dieci (L’assassino di Roger Ackroyd), Mondadori; Istantanea di un delitto, Mondadori; L’uomo vestito di marrone, Mondadori; E. Queen, Cinquemila hanno visto, Mondadori; La lampada di Dio, Mondadori. Per la suspence nel giallo. C. Woolrich, 21 IL PEPEVERDE n. 3/2000 Sipario nero, Mondadori; Finestra sul cortile, Mondadori; P. Highsmith, Sconosciuti in treno, Sonzogno. Per il giallo giudiziario. E. S. Gardner, Perry Mason e la strana sposina, Mondadori; S. Turrow, Presunto innocente, Mondadori. Per il giallo d’azione. D. Hammett, Il falcone maltese, Longanesi; La chiave di vetro, Longanesi; L’uomo ombra, Longanesi; R. Chandler, Addio mia amata, Garzanti; Il grande sonno, Mondadori; Il lungo addio, Mondadori; B. Halliday, Ipnosi, Mondadori; J. Latimer, La dama della Morgue, Longanesi; C. Himes, Uomo cieco con pistola, Longanesi; G. Scerbanenco, Traditori di tutti, Garzanti. Per il giallo “problematico”. L. Sciascia, Il giorno della civetta, Einaudi; F. Durrenmatt, Il giudice e il suo boia, Feltrinelli; R. Rendell, La morte non sa leggere, Mondadori. Per il giallo psicologico. G. Simenon, Maigret e il lettone, Mondadori; Maigret si diverte, Mondadori; G. K. Chesterton, La saggezza di padre Brown, Rizzoli. Per il police-procedural. Ed. McBain, Chiamate Frederick 7-8024, Mondadori; Due colpi in uno, Mondadori; L. Macchiavelli, Un poliziotto, una città, Rizzoli. Per il giallo fantascientifico. I. Asimov, Il sole nudo, Mondadori; A. Bester, L’uomo disintegrato, Mondadori. Il giallo per i ragazzi. E. Kastner, Emilio e i detectives, Bompiani; Emilio e i tre gemelli, Bompiani; A. F. Pessina, La teleferica misteriosa, Salani; L. Calcerano, G. Fiori, Filippo e Marlowe indagano, Valore scuola; D. Pennac, Signor Malaussène, Feltrinelli; E. Detti, Avventura metropolitana, Archimede. Per il giallo umoristico. D. E. Westlake, La danza degli atzechi, Mondadori; La pietra che scotta, Mondadori; Come sbancare il lunario, Mondadori; H. Olesker, Alla larga da Broadway, Mondadori; L. Block, Il ladro che leggeva Kipling, Mondadori; A. Camilleri, Il birraio di Preston, Sellerio. Per il giallo storico. R. Van Gulik, I delitti dell’oro cinese, Garzanti; U. Eco, Il nome della rosa, Bompiani. Per il giallo giallo. R. Stout, Nero Wolfe fa la spia, Mondadori; Nero Wolfe contro l’FBI, Mondadori. Buona lettura! Strategie di lettura La magia delle parole di Silvia Blezza Picherle Come leggere per i bambini? A questa domanda di solito si risponde dicendo che la lettura deve essere ben eseguita, chiara nella dizione, lenta, rispettosa delle pause e del ritmo del testo, scorrevole ed espressiva. Si tratta di indicazioni esatte eppure nel contempo generiche. Ogni insegnante quindi, lasciato solo di fronte a questi suggerimenti che dicono “tutto e niente”, ne ha elaborato un’interpretazione “ingenua”, dettata più dal buon senso che da una riflessione criticamente fondata. Ha avuto origine così tutta una serie di fraintendimenti concettuali e di veri e propri “errori” esecutivi che incidono sul rapporto che l’alunno instaura con il libro. Si pensi, ad esempio, a come il “leggere chiaramente e lentamente” si trasformi spesso in una lettura monotona e monocorde, forse troppo lenta, che appiattisce il ritmo del testo. In tal caso si sentono chiaramente le parole, eppure esse diventano morte e vuote, perché perdono quella vitalità che scaturisce solo all’interno di un certo ritmo testuale. Ne deriva che gli ascoltatori, soprattutto se piccoli, si annoiano facilmente perché non riescono a cogliere il fascino del racconto. Infatti la parola letteraria muore se viene emessa con una lentezza eccessiva. Anche l’“espressività” è sovente confusa con la teatralità. Spesso durante l’esecuzione il testo viene eccessivamente forzato e caricato nel tono, nel timbro della voce e a livello mimico-gestuale. Operando così il docente pensa di creare un’attenzione più intensa e prolungata ed un forte coinvolgimento emotivo. Effettivamente il bambino, avvinto dalla lettura molto “animata”, rimane a bocca spalancata, incantato. Colorando e calcando troppo la voce si corre però il ri- schio di attirare l’attenzione prevalentemente sulla gestualità o sull’“atmosfera emotiva”, senza che si riesca a fargli percepire anche il magico fascino delle parole. In fondo la letteratura per l’infanzia, come peraltro tutta la letteratura, è in prima istanza parola, parola che si fa e crea racconto. Se la voce dell’insegnante non riesce a far penetrare nella magia delle parole oltre che nella storia, forse, essa tradisce, almeno in parte, la sua funzione. È necessario “ripensare alle conoscenze acquisite” forse troppo acriticamente; il più delle volte infatti siamo convinti di aver compreso tutto, mentre così non è. Che cosa vuol dire leggere con chiarezza? E con lentezza? Quale tipo di lentezza adottare nei diversi contesti? Bisogna essere “lenti” e quanto? Cosa significa essere espressivi? Come dosare l’espressività? Leggere è sempre interpretare Secondo molti studiosi «l’atto di lettura è un gioco dialettico tra testo e lettore», nel senso che il lettore collabora alla costruzione del significato del testo, facendosi co-autore dello stesso. Per W. Iser «Comprendere è sempre interpretare»: quando si legge non si cerca o non si ricava un significato già dato e scontato che l’autore ha nascosto nel testo, quanto piuttosto lo si costruisce secondo un personale processo di “ricreazione creativa”. Nel leggere e capire una storia interviene necessariamente una dimensione soggettiva. Il testo scritto, con la sua struttura, le sue parole, il suo linguaggio, il suo ritmo peculiare stimola ed interroga il lettore; insomma gli lancia dei veri e propri “segnali” che egli poi coglie ed ai quali risponde mettendo in moto tutte le proprie competenze, conoscenze, emozioni, 22 IL PEPEVERDE n. 3/2000 esperienze, idee, opinioni, aspettative. «Ho cercato – scrive J. Conrad – di studiare le immagini delle figure inventate che compaiono dentro di me quando leggo (...); i personaggi secondari possono apparire con chiarezza, ma i tratti dei protagonisti subiscono continue trasformazioni (…). Gli occhi di Jim risplendevano azzurri verso di me, mentre il suo volto assumeva ora i miei tratti, ora quelli di mio padre, dei miei figli, di un amico, di un nemico». Ogni lettore quindi, sia esso piccolo o grande, insegnante o alunno, mette in gioco tutto se stesso per cogliere la multiforme complessità di senso del testo narrativo. Ecco perché molto spesso le interpretazioni di un libro o di un passo o di un paragrafo sono discordanti: ciascuno coglie, oltre ai significati comuni, anche altri sensi del testo, perché fa “vivere” ed “apparire” aspetti che passano inosservati ad altri. Questa naturale dimensione dialogicocreativa dell’atto di lettura non va scambiata però con l’arbitrarietà ed il soggettivismo: una cosa è interpretare, altro è forzare e stravolgere il testo. Non si può indulgere ad una totale libertà interpretativa, perché in tal caso il racconto finirebbe per diventare un puro pretesto: esso si librerebbe verso spazi di fantasia, forse originali e personali, ma gratuiti rispetto al messaggio testuale. Anche l’insegnante, nel momento in cui presta la sua voce per farsi lettore, è sempre interprete di un testo. Egli, forse ingenuamente, si vede come esecutore, in realtà attraverso il suo modo di leggere trasmette tanti significati e sensi. Se un racconto piace o meno, se è avvenuto quel “tipo” di comprensione, se di un personaggio si sono colte certe caratteri- LA MAGIA DELLE PAROLE stiche anziché altre, ciò dipende in prima istanza da come il docente ha saputo usare la voce. Egli è piuttosto un mediatore fra il testo e il lettore: attraverso la sua voce il racconto acquista un particolare senso, che sarà comunque “ricreato” dal bambino, interprete a sua volta del testo ascoltato. Navigare con la voce tra le parole La lettura a viva voce, come peraltro quella silenziosa, è sempre un viaggio interpretativo. Ogni viaggio, però, richiede di saper effettuare delle scelte: bisogna decidere quali strade percorrere e soprattutto quando proseguire e quando fermarsi, quando correre e quando rallentare, quando osservare e quando passare oltre. Proprio da queste scelte dipendono gli incontri “letterari” significativi che cambiano e trasformano la nostra vita. In particolare la voce, usata in modo tecnicamente consapevole, è un timone che permette di navigare nel mare del testo. È la voce che consente di esplorare, con continue andate e ritorni, con innumerevoli uscite e rientri, tante zone testuali imprevedibili e stimolanti. Ed è sempre la voce che aiuta a non procedere in modo superficiale e disorientato, ma indica invece i luoghi ed i posti migliori e più significativi dove fermarsi, quelli che altrimenti si rischierebbe o di ignorare o solo di intravedere. «Egli – scrive Daniel Pennac – aveva una voce sonora e luminosa, un po’ ovattata, (…) senza che mai una parola fosse pronunciata sopra un’altra. (La voce) andava delineando chiaramente le situazioni, dipingendo le scene, incarnando i personaggi, sottolineando i temi, accentuando le sfumature. La precisione della sua voce ci introduceva in un laboratorio, la chiarezza della sua dizione ci invitava a una vivisezione». L’insegnante, consapevole di tale responsabilità, spesso solo intuita, deve saper guidare l’alunno in questo viaggio interpretativo, facendo sì che la sua lettura a viva voce sia una reale e consapevole attualizzazione della sua interpretazione del racconto. Nel preparare la lettura va quindi prestata una rinnovata attenzione alla scelta del tono (affettuoso, ammirativo, burbero, canzonatorio, rabbioso, triste, ecc.) e del timbro (forte, piano, sussurrato, ecc.) della voce. Infatti l’eviden- ziare troppo e sconsideratamente tali elementi può generare un’interpretazione troppo tagliata sulla propria soggettività. Altro aspetto da curare è la pronuncia chiara delle parole (dizione), evitando nel contempo di cadere nell’eccessiva lentezza. È molto frequente inoltre non accorgersi di alcuni “vizi di forma”: andatura cantilenante; mancata pronuncia della parte finale della frase o della parola; unione di più termini in un’unica emissione abbastanza indistinta di voce. L’aspetto interpretativo della lettura si coglie soprattutto dall’uso sapiente ed accorto delle pause, che consentono di accelerare o di rallentare a seconda delle diverse zone testuali. Esse non hanno solo una funzione di chiarificazione o di chiarezza espositiva, quanto piuttosto di trasmissione di significati e sensi. Dapprima si osservano e si valutano i segni di punteggiatura che, molto spesso, vengono rispettati troppo meccanicamente. Si prosegue poi con il pensare alla collocazione delle possibili pause discrezionali, cioè di tutte quelle sospensioni della voce – pause di respiro e silenzi – che ogni lettore inserisce a suo piacimento nel testo. Le pause di respiro, che richiedono una sospensione breve, simile a quella della virgola, assolvono a precise funzioni espressive: imprimono un ritmo narrativo al testo; favoriscono la comprensione soprattutto nei testi con poca punteggiatura; evidenziano particolari elementi narrativi e dirigono l’attenzione verso specifiche zone testuali. Assumono inoltre rilevanza i silenzi, pause di durata superiore al punto fermo, che provocano un singolare atteggiamento d’ascolto. La loro funzione primaria è di tipo motivazionale, nel senso che attraverso le pause si cerca o di “ricatturare” o di riattivare l’attenzione dell’ascoltatore in vista di un momento narrativo particolare (un episodio nuovo, una svolta inaspettata della storia, ecc.). I silenzi assumono però una ben più importante funzione espressiva: essi, se adeguatamente collocati, fanno risaltare le parole e le espressio23 IL PEPEVERDE n. 3/2000 ni che si nascondono tra le pieghe della narrazione. Inoltre i silenzi, rispetto alle pause di respiro, danno una maggiore possibilità di evidenziare in modo quasi naturale le prime semplici figure retoriche (analogie, similitudini, metafore, ecc.). È importante favorire l’incontro dell’alunno con questi procedimenti stilistici perché essi caratterizzano la letteratura ed assumono anche una tipica funzione di formazione e di arricchimento del pensiero e della creatività. Ciò che importa è studiare una “strategia di pause” che diano nell’insieme un senso interpretativo all’intera narrazione. Le pause discrezionali vanno quindi collocate pensando non solo alla singola frase o paragrafo, ma anche all’interpretazione che dovrebbe emergere alla fine. L’interpretazione del testo viene attualizzata anche studiando la giusta resa dei tempi verbali. Sono essi i veri protagonisti della scansione ritmica, attraverso le loro variate articolazioni. Secondo F. Frasnedi i verbi «non raccontano soltanto storie di presente o di passato, di anteriorità e posteriorità; essi hanno la capacità e la proprietà di caratterizzare il tempo, di differenziarne la qualità, la dimensione, lo spessore, la finitezza o il contorno indefinito». Per rendere il ritmo narrativo è quindi importante che il docente colga l’ordine sequenziale con cui si pre- INTERVENTI E INTERVISTE sentano questi tempi verbali. Ad esempio, se si susseguono uno dopo l’altro molti perfetti (o presenti storici) l’insegnante dovrebbe imprimere alla lettura un ritmo incalzante e movimentato, che suggerisca il fitto e rapido succedersi degli avvenimenti (sia le azioni esteriori, sia i movimenti interiori dell’animo). Se invece ci si trova di fronte ad un continuato ripetersi di imperfetti, si dovrebbero leggere quei passi con un andamento più lento, più disteso, più cadenzato, più modulato. Il ritmo del testo è quindi simile ad un’armoniosa melodia, che nasce dall’articolarsi e dal succedersi in modo vario soprattutto di questi due tempi. È infatti l’accordo imperfetto-perfetto che rende lo stile agile e mosso, per cui la voce diventa rapida, incalzante, forte e decisa sulla scrittura d’azione e frenata poi sull’imperfetto narrativo. Alcune riflessioni conclusive Per i lettori professionisti, e quindi in prima istanza per gli insegnanti, si tratta di operare un ripensamento sul proprio modo di intendere, di pensare e di eseguire la lettura a viva voce. Riascoltando le proprie letture al registratore e discutendone in gruppo si può giungere così sia al recupero delle proprie precomprensioni e preconoscenze sia all’individuazione e revisione di modalità interpretative abituali. L’obiettivo è il farsi interpreti consapevoli: che cosa voglio far “sentire” di più al bambino? e perché? per gusto personale oppure perché il testo mi lancia dei segnali speciali di tipo letterario che devo saper cogliere? come e quanto devo enfatizzare? A tal fine sembra necessario il conoscere gli aspetti teorici dell’atto di lettura ma anche l’eseguire attività di lettura in gruppo, mettendosi in gioco, senza il timore, spesso presente nei corsi di formazione, di sentirsi inadeguati o di sbagliare. Nel farsi “lettori a viva voce” i docenti debbono inoltre recuperare una propria specificità professionale, evitando di assimilarsi od omologarsi agli attori o ad altri esperti che leggono ai bambini e ai ragazzi in modo molto “animato”. Non ci si stancherà mai di ripetere che l’insegnante può e deve offrire una lettura arricchente e piacevole, ma diversa. Questo non significa “scolasticizzare” la lettura o renderla nuovamente noiosa come poteva esserlo in un passato anche non molto lontano. Significa invece far percorrere un certo tipo di viaggio interpretativo, che può affiancarsi ed integrarsi con altri, altrettanto originali ed arricchenti. Bibliografia S. Blezza Picherle, Leggere nella scuola materna, La Scuola, Brescia, 1996; J. Bruner, La cultura dell’educazione. Nuovi orizzonti per la scuola, Feltrinelli, Milano, 1997; R. Cardarello, Libri e bambini. La prima formazione del lettore, La Nuova Italia, Scandicci, 1995; U. Eco, Lector in fabula. La cooperazione interpretativa nei testi narrativi, Bompiani, Milano, 1979; E. Detti, La lettura e i suoi “nemici”, La Nuova Italia, Scandicci, 1998; E. Ferreiro, A. Teberosky, La costruzione della lingua scritta nel bambino, Giunti, Firenze, 1985; F. Frasnedi, L. Poli, Lettura e azione cognitiva, Thema, Bologna, 1989; A. Frontini, L’adulto mediatore fra il bambino e la lingua scritta, in R. Cardarello, A. Chiantera (a cura di), Leggere prima di leggere. Infanzia e cultura scritta, La Nuova Italia, Firenze, 1989; W. Iser, L’atto di lettura. Una teoria della risposta estetica, Il Mulino, Bologna, 1987; M. Livolsi (a cura di), Almeno un libro. Gli italiani che (non) leggono, La Nuova Italia, Scandicci, 1986; A. Munari, Il sapere ritrovato. Conoscenza, apprendimento, formazione, Guerini & Associati, Milano, 1993; D. Pennac, Come un romanzo, Feltrinelli, Milano, 1993; G. Petter, Fantasia e razionalità nell’età evolutiva, La Nuova Italia, Firenze, 1993; C. Pontecorvo, G. Tassinari, L. Camaioni (a cura di), Continuità educativa da quattro agli otto anni, La Nuova Italia, Firenze, 1990; R. Simone (a cura di), Un mondo da leggere, La Nuova Italia, Firenze, 1990; R. Valentino Merletti, Leggere ad alta voce, Mondadori, Milano, 1996. Prepariamoci a leggere a viva voce - Leggere più volte individualmente il testo narrativo, cercando di entrare nella polisemia del racconto per scoprirne diversificati aspetti e sensi. Anche per gli albi e libri illustrati, solo apparentemente semplici, va fatto questo lavoro. - Eseguire una lettura personale “libera” e non “didattica” (in funzione degli esercizi o delle attività da far svolgere ai bambini). La lettura “libera” lascia totalmente aperti e capaci di cogliere i diversi elementi narrativi (parole, espressioni, figure retoriche, locuzioni, accostamenti, dialoghi, descrizioni, indugi, incisi, ecc.) che rendono specifico ed originale un libro (specificità testuale). - Valutare i segni di punteggiatura, osservando dove sono collocati e la loro interna significatività. - Trovare i punti in cui collocare le pause discrezionali (di respiro e i silenzi). Va prestata particolare attenzione alle pause di silenzio. - Cogliere il ritmo narrativo (ora più lento, ora più veloce) in base alla successione delle sequenze narrative e descrittive, nonché dei diversi tempi verbali. - Decidere il cambiamento del timbro e del tono di voce in alcuni punti della storia. Attenzione a non eccedere nell’espressività. - Individuare la possibilità di una “rilettura” di alcune parti interessanti, piacevoli e/o significative del testo (descrizioni, dialoghi, episodi). - Collocare in modo diverso le pause discrezionali nella fase di rilettura. Il ritmo dovrebbe essere un po’ più lento o comunque “diverso” dalla prima lettura, in modo da far risaltare aspetti testuali prima solo accennati. e poi... - Decidere se, quando e dove interrompere temporaneamente la lettura per creare momenti di suspense. - Scegliere le illustrazioni da mostrare durante la lettura di un albo o di un libro illustrato. Tale scelta va effettuata pensando agli obiettivi prefissati, ricordando che più sono frequenti le interruzioni “iconiche” più la storia si frammenta. 24 IL PEPEVERDE n. 3/2000 Fiabe e racconti del Sol Levante La letteratura giapponese per ragazzi di Rita Casadei Okada Fujiyama, Samurai, avanzatissima tecnologia e sfrenata occidentalizzazione sono solo alcuni dei simboli con cui si è soliti cristallizzare l’immagine del Giappone: è comunque innegabile che l’attaccamento alla tradizione e la proiezione, tenace, verso il futuro costituiscono la sfida odierna di questo Paese. Accanto, dunque, a tutta quella produzione elettronica di giochi e animazioni (ormai arcinote), è confortante scoprire che la lettura rimane una risorsa valutata ed apprezzata, e che trova la sua fonte nella ricca ed affascinante tradizione orale così come nelle raccolte delle leggende popolari. È proprio questo il mondo cui desidero dar voce, sfatando un po’ la comune opinione che i bambini giapponesi siano unicamente fruitori di un’elettronica pericolosa ed omologante. Che cosa leggono i bambini del Sol Levante? Le fonti Le leggende popolari, cui molte storie e fiabe per bambini attingono, risalgono a diversi periodi e presentano diverse tipologie, e comunque provengono quasi essenzialmente dalla letteratura classica. Tra i documenti letterari più rappresentativi della tradizione classica si trovano il Kojiki (719 d.C.), il Konjaku monogatari e l’Ujishui monogatari (dodicesimotredicesimo secolo), l’Otogisohshi (quattordicesimo-quindicesimo secolo), la letteratura aneddotica, chiamata Setsuwa Bungaku, e molteplici raccolte di farse prodotte nel corso di diversi periodi. La caratteristica comune a questa produzione letteraria è la predilezione per l’aneddoto, tipico della tradizione buddista, cui la cultura nipponica ha riconosciuto e riconosce preziose finalità didat- tiche: combinandosi con gli elementi del mondo fantastico e dell’immaginazione, la realtà oggettiva e il relativo sistema di valori ne costituiscono il necessario supporto ed il messaggio ultimo da acquisire e consolidare. Oltre al patrimonio della letteratura classica – che viene comunemente detta mukashibanashi (letteralmente racconti del passato) – riscuote un notevole successo una produzione contemporanea di carattere informativo-narrativo, la collana “Denki”, che mette in fiaba la vita dei grandi personaggi storici, sia del mondo asiatico sia del mondo occidentale. In questa particolare ed avvincente formula – si tratta di avventure storiche – i singoli personaggi diventano protagonisti del proprio eroico, vissuto in una cornice romanzata. I contenuti Scorrendo un calendario giapponese ci si accorge di quante feste, ricorrenze ed anniversari vadano a colorare gli spazi di ogni mese. Si tratta di cerimonie, antichi riti che continuano a trovare voce e spesso manifestazioni anche tra le sfide urbane della tecnologia e del frenetico ritmo lavorativo. La sorpresa è ancora maggiore quando si viene a scoprire la diversa origine da cui ciascuna festa deriva. Per lo più risalgono al mondo della campagna, che ha caratterizzato per lungo tempo la storia della società giapponese, e la cui impronta non è ancora del tutto scomparsa. I riti legati alla coltivazione del riso, ai ritmi del lavoro nei campi, al cambio delle stagioni, alle dinamiche di relazione tra il vicinato, così come i riti propiziatori, le diverse divinità protettrici dei singoli eventi vengono ricordati come patri25 IL PEPEVERDE n. 3/2000 monio culturale da tutelare, anche se, a volte, solo a livello formale. Il tema delle stagioni, in verità è molto sentito in Giappone; la particolare attenzione alle stagioni emerge sia nella letteratura classica – si possono trovare antologie di racconti legati alle diverse stagioni – sia nella vasta produzione di Haiku, brevi poesie evocanti sentimenti e suggestioni. Il tema delle stagioni richiama il concetto di huzei e omomuki ga aru (atmosfera suggestiva che invita ad una commossa contemplazione della natura) molto presente anche nella quotidianità. I contenuti delle fiabe raccontano di leggende che costituiscono l’antefatto dei riti e delle festività. Ne è un esempio Tanabata, ricorrenza festeggiata il 7 luglio, la cui origine è fatta risalire alla leggenda secondo cui per volere di un signore malvagio due giovani innamorati vengono divisi da un fiume, e quindi impossibilitati ad incontrarsi. Solo un giorno all’anno è concesso loro di riabbracciarsi: in estate la costellazione amanogawa (letteralmente ponte celeste) ricorda questa unione, invitando alla speranza: in questa occasione i giapponesi (soprattutto nelle città di Sendai e Hiratsuka) sono soliti scrivere messaggi e preghiere su bigliettini che poi vengono legati al bambù. Ancora oggi sentito e celebrato è il giorno dedicato ai bambini: il 5 maggio ogni famiglia con bambini maschi decora balconi, finestre e giardini con particolari e coloratissimi aquiloni, koinobori, a forma di carpa. Un’antica leggenda, di origine cinese, vuole che una carpa desiderando ardentemente di risalire una cascata, e riuscendoci dopo faticosi tentativi, si sia poi trasformata in un drago. Divenuto simbolo della forza, questo animale è sta- INTERVENTI E INTERVISTE to eletto per celebrare tale ricorrenza. Questo discorso è servito come introduzione alla compresenza di diverse tradizioni nel patrimonio letterario giapponese: dalle credenze della cultura popolare contadina, al pensiero buddista e shintoista, ai temi mutuati dal mondo occidentale. Il manga serve per comunicare con il mondo occidentale; il mukashibanashi per fissare l’identità nazionale. Se è vero che la letteratura per l’infanzia trova nei mukashibanashi la sua espressione più tipica, è anche vero che ai bambini giapponesi arrivano le fiabe dei fratelli Grimm così pure quelle di Andersen, per non parlare dell’indiscusso successo di Pinocchio. Per quanto riguarda il primo filone, autentico prodotto della cultura giapponese, interessano sicuramente gli argomenti, gli schemi, i ritmi e il linguaggio della narrazione da una parte, le illustrazioni e il formato dall’altra. Per quanto riguarda il filone della tradizione occidentale sarebbe interessante valutare il processo della contestualizzazione della traduzione e degli eventuali “ritocchi” culturali. La matrice comune delle leggende è rappresentata dalla coesistenza di tematiche religiose, ispirate alla dottrina buddista e alla tradizione shintoista, di storie permeate dello spirito confuciano, di argomenti dissacratori venati di sottile ironia, quando non addirittura di marcato gusto caricaturale. Una riflessione privilegiata merita l’influenza esercitata dal buddismo nei contenuti delle favole. Ogni racconto dispensa immagini e suggestioni pregne del significato di due concetti fondamentali: dou e mu. Il primo si riferisce all’impostazione della morale, alla via, al cammino spirituale; il secondo si riferisce all’idea di vuoto, che nella tradizione buddista acquista inesauribili significati. Entrambi vengono praticati nella formazione dei Samurai. Un tipico esempio è fornito dall’Heike monogatori (poema bellico che racconta la storia della famiglia Taira): l’insegnamento della via serviva per accelerare il processo di crescita – era infatti molto importante divenire presto adulti – e a tal fine era indispensabile allenarsi alla pazienza e al controllo sull’egoismo, e contemporaneamente educarsi alla caducità del mondo e della vita, comprendendo l’inutilità dell’attaccamento al potere, dell’ostentazione e dell’arroganza. Dal sentimento del vuoto si genera quel forte senso malinconico che traspare nel ritmo e nelle parole del racconto. Malinconia e caducità sono considerate due sottili sensazioni che si deve imparare a cogliere fin dalla più tenera età. La maggior parte delle leggende rispondono alla tipologia della “favola”, e trattandosi di novelle della tradizione orale sono per lo più racconti brevi. In tutte sono evidenti finalità di insegnamento morale: i protagonisti – esseri umani, animali, piante e cose – sono scelti spesso per costituire convenzionali tipizzazioni di difetti e virtù umane in funzione di ammonimento e di esempio morale. La visione del bene e del male non è sempre dicotomica: non è raro incontrare una contaminazione tra le due parti, come in Il cappuccio magico, in cui si combinano sentimenti di vendetta e opportunismo a quelli di devozione filiale. Tra le virtù quelle più celebrate sono furbizia e scaltrezza, ben espresse in Hachibei il dormiglione, genuinità ed onestà in Il tesoro del cielo e il tesoro della terra, mentre tematiche simili alle favole occidentali sono rintracciabili in Nukafuku, Komefuku (la cui storia ricorda quella di Cenerentola). Altri temi ricorrenti sono la comunicazione tra vivi e morti, come in Il dono del padre; il potere delle divinità in Le Oni e la donnola della falce; la distribuzione di premi, ricompense e punizioni, in Il ricco trasformato in scimmia e Roku Jizousama; e il gusto per il grottesco, evidente in Il monte Kachikachi. Tra le più comuni ripetizioni spiccano i seguenti passaggi narrativi: il tema della magia legato ai poteri della divinità, pronta ad intervenire per il protagonista buono e devoto; il viaggio è sempre presente come elemento caratterizzante la crescita ed è quindi in una dimensione di necessità; la ricorrente derealizzazione, extraspazialità e extratemporalità. La dimensione temporale, in particolare, è giocata sul terreno della magia: ritorna spesso la formula secondo cui l’eroe perde la cognizione dello scorrere del tempo: al ritorno dal magico viaggio si ritrova in un’altra dimensione temporale, pochi istanti trascorsi nel regno magico cor26 IL PEPEVERDE n. 3/2000 rispondono a giorni, mesi o addirittura anni come accade ad Urashimataro. I demoni – oni – ora buoni ora malvagi, compaiono e scompaiono abbracciando il mondo dei vivi e dei morti. È curioso segnalare che il “gioco” del movimento di questi personaggi può essere rintracciato in una parte dell’ideogramma che lo compone, mu – il nulla – quasi a rivelare i loro poteri magici di comparsa e scomparsa repentina, dal nulla e nel nulla. Un’ulteriore e tipica formula è rappresentata dalla richiesta alla divinità, da parte di una anziana coppia di coniugi, di avere figli: di consueto questa preghiera viene ascoltata ed esaudita con il dono di figli devoti e dai poteri straordinari: esempi tipici sono le celebri favole di Momotaro (Il bambino della grande pesca) e Kaguyahime (La principessa del bambù). Il primo diventerà l’eroe che salva un paese dalla tirannia dei demoni, la seconda è la devota figlia venuta dal cielo. Matrice dei racconti è la necessità di contaminazione tra fantasticità e realtà nei personaggi e nelle situazioni: antropomorfismo e personificazione di esseri divini, demoni, animali, piante e cose rappresentano il tipico magismo della tradizione giapponese. I personaggi presentano a volte una propria individualizzazione psicologica (come Ikkyu e Genji, rispettivamente protagonisti di aneddoti della filosofia Zen, il primo, e protagonista delle vicende di corte del periodo Heian, il secondo) altre invece rientrano nella categoria dell’anonimia unicamente rappresentando un esempio o un paradigma. Spiccano il valore attribuito alla famiglia dalla società giapponese, accanto alle importanti relazioni con il vicinato. Questo rapporto costituisce uno dei topos delle fiabe e delle leggende giapponesi: solidarietà e invidia tra i vicini, sono un’antinomia su cui si radicano moltissimi racconti e aneddoti: queste infatti implicano fortuna, benessere, solidità o calamità per il villaggio, così pure per l’ambiente urbano. Queste fiabe (mukashibanashi) sono sorte non per essere intenzionalmente proposte ai bambini ma hanno sicuramente tutti i requisiti per poter essere usate con i bambini: le illustrazioni, peraltro molto LA LETTERATURA GIAPPONESE PER RAGAZZI ricche, e le animazioni, mediano e dosano il linguaggio, oltre a ridimensionare i contenuti. Contrariamente, questo secolo ha visto la nascita di una produzione letteraria appositamente pensata e realizzata per l’infanzia. Tra gli esponenti più rappresentativi è Arishima Takeo, autore tradizionalmente impostato alla narrazione di un mondo ideale e destinato ad un pubblico adulto, si è dedicato con passione anche al pubblico dell’infanzia. Rivolgendosi ai bambini, lascia il mondo degli ideali, privilegia il racconto del verosimile e del possibile quotidiano, con un alone tragico-drammatico. Arishima scrive la verità, una verità disincantata, prediligendo temi quali il tradimento, la disperazione, la morte, la solitudine, l’egoismo e il materialismo. La ragione di questa scelta risiede nella convinzione della necessità di preparare lo spirito dei ragazzi al senso della resistenza contro la tragedia, la delusione e le avversità della vita. È bene che i ragazzi si costruiscano le proprie difese il più presto possibile; secondo l’opinione dell’autore ciò giova alla loro maturità e li prepara ad affrontare i casi della vita con serenità e lucidità, allontanandoli dai pericoli dello sconforto. Nelle storie è sempre presente un personaggio che fa richiesta di aiuto: questo è un espediente per sensibilizzare i giovani lettori a comprendere che la realtà è costituita da bisogni, e che la loro soddisfazione non è né banale né scontata, e a rispettare il valore della solidarietà. Far capire la realtà nella sua complessità è il compito che Arisihima assegna a se stesso. Nella postfazione del racconto Hitofusa no budou (Un grappolo d’uva) l’autore scrive una lettera indirizzata proprio ai suoi giovani lettori: «Fanciulli, ringraziate i vostri genitori, agiati o disagiati, per il sostegno e l’amore che vi hanno donato: partite per il viaggio della vita facendo tesoro di questi doni; il viaggio è lungo e buio, ma non temete. A chi dimostrerà di non avere paura si aprirà la strada. Andate avanti con coraggio, fanciulli». La letteratura contemporanea per ragazzi riconosce la necessità di qualificare la scrittura come attività guidata da precise intenzionalità: vuole suscitare suggestioni che a loro volta devono essere decodifica- te, interpretate e tradotte in pratica. In quest’ottica, Arishima vuole contribuire a fornire un aiuto propedeutico al processo di maturazione e fortificazione dello spirito dei giovani. Il linguaggio Le formule di cortesia e l’uso di onorifici, sono elementi imprescindibili nella comunicazione interpersonale e costituiscono un approccio autentico alla complessa dinamica delle relazioni interpersonali, in prevalenza basate su un ordine fortemente gerarchico. Il lessico rivela questa rigida gerarchia dal momento che all’appartenenza di un ruolo o di un rango sociale definito corrisponde un codice ben preciso, ma non solo, vi è inoltre un codice lessicale esclusivo dei due diversi generi: maschile e femminile. In questo caso i protagonisti e i personaggi delle fiabe, in genere, parlano diversi linguaggi tutti concorrenti a definire e meglio caratterizzare il loro profilo, i loro compiti, la loro posizione nella storia. Un’ulteriore peculiarità è l’impiego di onomatopee, particolarmente amate dalla lingua giapponese: risultano piacevoli, divertenti ed immediate. Formato Partiamo subito con il considerare la flessibilità con cui i bambini si avvicinano ed usano il libro, facendo alcune considerazioni legate alla lingua giapponese. Secondo la tradizione l’apertura dei testi procede da destra verso sinistra, così anche la scrittura che peraltro prevede l’andamento verticale; ma si trovano anche molti volumi che presentano tutte le caratteristiche “tecniche” dei libri occidentali. Per i lettori non costituisce nessuna difficoltà passare da un formato all’altro, così come gestire la molteplicità dei codici tipica della lingua giapponese. I bambini imparano subito a gestire l’alfabeto (hiragana), l’alfabeto riservato ai suoni stranieri (katakana), e il sistema ideografico (kanji); anzi è comune incontrare nei testi per bambini un particolare sistema di scrittura chiamato rubi che li comprende tutti, fornendo la pronuncia corretta di un ideogramma ritenuto di difficile comprensione. Le illustrazioni presentano generalmente 27 IL PEPEVERDE n. 3/2000 una apprezzabile ricchezza cromatica e di particolari, a testimonianza di una forte ricerca di autonomia espressiva. Una curiosa consuetudine è rappresentata dal fatto che raramente i personaggi esprimono caratteri somatici tipicamente orientali. Gli occhi sorprendentemente grandi dei fumetti rivelano il desiderio del nuovo, ma anche il tentativo di risolvere, in maniera forse ingenua, il loro complesso della diversità rispetto al mondo industrializzato e potente (di cui il Giappone è l’unico rappresentante orientale) che è essenzialmente occidentale. Le implicazioni sociali Per concludere vorrei esprimere alcune considerazioni sul valore e sulla funzione sociale e relazionale delle favole. La presenza, quasi consueta, di una guida all’interpretazione in chiave morale del significato della favola lascia intendere la volontà (che in Giappone è necessità) di fissare, in una rigida cornice, il sistema di valori della società giapponese, incanalando in quella direzione il pensiero e l’azione dei bimbi. Tra i più importanti valori sociali comunicati mediante la favola occupano il primo posto il rispetto per la gerarchia dei poteri, e per quella generazionale, a sostegno dei quali gioca un ruolo fondamentale l’impiego di un linguaggio elaborato ed oltremodo ossequioso, accompagnati dal sacrificio e dall’obbedienza celebrati come virtù necessarie e funzionali al raggiungimento del consenso sociale, vero motore, in Giappone, delle relazioni interpersonali. Poco spazio viene riservato alla dimensione creativa, tanto che l’unicità non è quasi mai connotata positivamente costituendo piuttosto un elemento di disturbo dell’armonia sociale: uniformità e omogeneità sono le regole della convivenza che è bene imparare subito. È sempre percepibile una sottile voce che invita e addestra all’ubbidienza, alla rassegnazione, all’ordine, all’agire in conformità delle regole per ottenere il plauso della comunità. Non mancano le contraddizioni per cui spesso le antinomie quali ricchezza/modestia, moderno/antico, orgoglio/umiltà sono partecipate in una medesima storia e spesso in uno stesso personaggio. Dalla parte dei giapponesi Da Æeidi a Goldrake di Marco Pellitteri Il titolo di quest’articolo è un preciso omaggio a Gianni Rodari, che già il 17 ottobre del 1980, su “Rinascita”, n. 41, pubblicava un illuminato pezzo intitolato Dalla parte di Goldrake. Ma veniamo subito a noi. Gli anìme, abbreviazione nipponica di animation, sono i famosi disegni animati giapponesi, giunti presso la tv italiana nel 1976 grazie alle serie Vickie il Vichingo e Heidi, e definitivamente consacratisi con Atlas Ufo Robot (ovvero Goldrake) dal 1978 in poi. Da quegli anni fino a oggi, centinaia di serie televisive hanno percorso il nostro etere. Ora, le varie polemiche che questi serial suscitarono e ancor oggi suscitano fra educatori, genitori, psicologi e sociologi, hanno prodotto rumori talmente elevati da disperdere l’effettivo contenuto delle critiche e delle perplessità, o almeno di quelle in qualche modo legittime. In buona sostanza: perché fanno tanta paura, ancor oggi, Lady Oscar e Mazinga? Le modalità di fruizione: tutti e subito Ciò che salta all’occhio con una certa facilità nella “storia” italiana di questi cartoons è la selvaggia programmazione con cui sono stati proposti nel nostro paese: nel giro di un decennio, cioè dal 1976 al 1986, sono state trasmesse su tutto il territorio nazionale centinaia di serie, praticamente un numero simile a quello degli anìme prodotti in Giappone in più di un ventennio. Per capire le ragioni di questa “colonizzazione” televisiva, che non è mai dipesa dai giapponesi e che continua ancor oggi, basti far notare il basso prezzo delle singole serie, il fatto che era assicurata la garanzia di una buona fattura del prodotto e ancor di più la sua inno- vatività tematica e formale rispetto ai classici cartoon americani Disney,Warner Bros e Hanna & Barbera. Quella che avrebbe potuto essere un’operazione di costruttivo e “indolore” rinnovamento dell’immaginario fantastico televisivo dei ragazzi degli anni Ottanta, involontariamente si rivelò essere anche un’arma a doppio taglio: tutti i serial vennero trasmessi con cadenza giornaliera, cosa che accade ancor oggi per tutti i prodotti seriali d’importazione, quando invece in Giappone è sempre stata prevista una programmazione settimanale; tutte le reti, Rai, Fininvest e le miriadi di emittenti locali, presero a mandare in onda questi seducenti prodotti per parecchie ore al giorno (fino a sei-sette), producendo nei genitori una sorta di overdose da Mazinga. Si parlò, in termini tutt’altro che ironici, di “pericolo giallo”, di “Grande Fratello dagli occhi a mandorla”... C’è da dire che non tutte le fobie erano infondate: esasperate e sproporzionate sì, ma basate sulla corretta sensazione di un’effettiva possibilità di “indigestione” da tv. L’incomprensione dell’opinione pubblica italiana, ma anche dei sociologi e del sistema dell’informazione, in quel periodo, fu però in larga misura generata da un falso problema: molti identificarono la fruizione della tv da parte dei minori con la visione degli anìme, e invece i ragazzi, in concomitanza dell’avvento dei network privati e del vertiginoso aumento delle ore di programmazione quotidiana, iniziarono a guardare tutta la tv (tg, telefilm, film, quiz, varietà, per tacere della pubblicità) per molte più ore al giorno di quanto non avessero fatto i ragazzi del dopoguerra. Gli anìme si trovarono nel bel mezzo di questa situazione 28 IL PEPEVERDE n. 3/2000 di boom televisivo e toccò loro far la parte del capro espiatorio, anche a causa della preponderanza mediatica, in Italia, dei modelli americani. La forma: linguaggi, regia, colori, movimenti Ancor oggi molti pensano che i disegni animati giapponesi siano “generati dal computer”. Gli anìme in realtà sono realizzati con tecniche quasi completamente artistiche e artigianali, e solo per alcune scene viene richiesto l’ausilio della computergrafica, per massimizzare un particolare effetto luminoso o dinamico. Comunque, anche tralasciando il fatto evidente che ormai da parecchi anni sono più i cartoon Disney a basarsi sul computer (ma questo nessuno si sognerebbe di criticarlo, per carità), e che in ogni caso il computer è uno strumento come un altro per produrre entertainment a forte tasso di spettacolarità che a nostro parere non andrebbe osteggiato, ciò che davvero conta nella qualità dell’animazione seriale nipponica rispetto a quella occidentale è quella stessa serie di fattori formali che turbarono e turbano così tanto i “tradizionalisti” e gli affezionati del cartoon americano: la regia analoga a quella di un telefilm live action, l’uso accorto e articolato di espedienti tipicamente cinematografici come le dissolvenze incrociate, i montaggi paralleli, il flashback e il flashforward, la narrazione fuori campo e le voci off, l’estremo dinamismo dell’azione, l’uso frequente dei primi piani e dei movimenti di macchina (zoom, carrellate, panoramiche). Dalla staticità di serie tv americane come Gli Antenati, basate più sulla gag grossolana e su un’animazione di scarsa fattura, i bambini e i ragazzi che vissero quel singolare, irripetibile periodo DA HEIDI A GOLDRAKE televisivo (a cavallo fra gli anni Settanta e gli Ottanta) passarono alla visione di serial di inusitata complessità linguistica. E, con la spontaneità e l’intelligenza dei più piccoli, istintivamente “capirono” il messaggio: gli autori giapponesi avevano osato fare ciò che agli occidentali non era quasi mai passato per la mente, cioè di trattare i bambini come “esseri pensanti”. Infatti l’uso regolare di un linguaggio cinematograficamente serrato e “adulto” spinse quella generazione di spettatori (e quelli che li avrebbero seguiti nel tempo) a un precoce, “istintivo” e approfondito apprendimento delle tecniche linguistiche della fiction televisiva; essi vennero immersi, come Achille nello Stige, nel Virtuale Televisivo e nei suoi linguaggi, rendendosi molto meno vulnerabili di quel che si pensi nei confronti del “mostro tv”. Certo, la pervasività del mezzo televisivo per questa generazione fu dovuta anche ad altri fattori, in primis la forte esposizione, la varietà dei formati di programmazione e l’introduzione del telecomando – che ha prodotto, mediante lo zapping, modalità di lettura multilineare e, in un certo senso, ipertestuale – eppure gli anìme furono e tuttora sono, per quanto ci risulta, fra i pochissimi programmi tv per ragazzi che non presentino nocivi atteggiamenti di accondiscendenza nei confronti dei piccoli spettatori. Chi guardò, all’età di quattro, nove o tredici anni, opere come il citato Goldrake o l’altrettanto celebre Lupin III, probabilmente non si sarebbe mai aspettato di fruire di una narrazione “in soggettiva” da parte del protagonista o di assistere a un mirabolante e ipercinetico inseguimento automobilistico da cardiopalma: era troppo assuefatto alla noiosità visiva dei “pupazzetti” made in Usa per non reagire entusiasticamente a cotanta rivoluzione formale. Ma tant’è. I contenuti: robot, orfani, realismo, risate, lacrime e fantasia Gli anìme sono opere dell’ingegno e della passione: i loro autori imprimono nei loro lavori non solo dei contenuti narrativi volti all’intrattenimento del fruitore, ma anche una personale visione del mondo. Essa è in parte condizionata dal contesto sociale in cui gli autori stessi sono cresciuti, e in parte dai mille input ricevuti dalle altre grandi tradizioni culturali, soprattutto il mondo europeo e quello americano, ma una cosa è certa: gli anìme sono espressione di una cultura che, per quanto sia aperta all’altro (e dal Giappone potremmo imparare in tal senso), sa miscelare e far proprie a suo modo le influenze esterne, avvalorandole e allo stesso tempo rendendole “digeribili” dal suo popolo, così avvolto tra il passato delle sue tradizioni e il futuro della sua iperindustrializzazione. È per questo che il tema fantascientifico del robot, di cui gli Usa sono i tradizionali depositari, negli anìme si è trasfigurato fino a rendere come suo cardine il concetto di guerriero-armatura gigante pilotata dall’uomo (vedi Mazinga Z, Daitarn III, Gundam, Evangelion, ecc.); è in questo modo che i giapponesi hanno saputo riscrivere in modo gradevole e sofisticato dei classici della letteratura occidentale per ragazzi come Heidi di Johanna Spyri o Sarah Grewe (in Italia, il serial Per saperne di più Fra i testi avveduti e aggiornati sugli anìme, segnaliamo l’ottimo e imprescindibile Luca Raffaelli, Le anime disegnate, Castelvecchi, Roma, 1994, che esamina anche i cartoon Disney e le altre scuole di animazione americana; il recente special “IF - Immagini & Fumetti”, marzo 1999, Epierre, intitolato Mangamania, un ponderoso e dettagliatissimo volume che percorre da cima a fondo i rapporti fra gli anìme e l’Italia, ricalcando in buona parte il pionieristico special “IF” del 1983, dal titolo Orfani e Robot, a cura di Alfredo Castelli e Gianni Bono. Con riguardo al problema televisivo più in generale, rimandiamo al puntuale e preciso I figli della tv. Una ricerca su bambini e televisione, a cura di Piero Bertolini e Milena Manini, La Nuova Italia, Scandicci, 1988; Anna Oliverio Ferraris, Tv per un figlio, Bari, Laterza, 1995, da segnalare per la lucidità delle argomentazioni. Sono recentemente apparsi nella rubrica Scripta manent, sulla defunta rivista “Man Ga!”, nn. 0-9, agosto 1997 - luglio 1998, Bosco, Star Comics, degli interessanti articoli di Silvio Andrei. 29 IL PEPEVERDE n. 3/2000 Lovely Sarah) di Frances Hodgson Burnett; è così che l’idea del disneyano Eta Beta, l’uomo del futuro, viene rielaborato con umorismo e attenzione pedagogica con il gattone-robot Doraemon; è grazie a un’umiltà culturale senza paragoni che i giapponesi hanno saputo rileggere i topoi del romanzo rosa otto-novecentesco à la Carolina Invernizio per ideare soap-operas di sicuro effetto come Candy Candy, ma con l’aggiunta di un sano e vigoroso femminismo, o rileggere i clichés della letteratura popolare d’appendice europea à la Dumas per costruire feuilletons fantastorici quali Versailles no bara (La rosa di Versailles, in Italia Lady Oscar). E questo potrebbe essere solo l’inizio di un valido, sterminato elenco, ma preferiamo fermarci. Ciò che conta qui è notare che la “violenza” realistica dei disegni animati giapponesi, così “seria” e cruda rispetto a quella, ben più nascosta, paradossale e surreale dei cartoon comici americani, fu vista con preoccupazione dall’opinione pubblica italiana per la totale diversità degli stilemi proposti dagli anìme. Ma il concetto è che gli autori del Sol Levante hanno la lungimiranza di voler parlare ai ragazzi e ai bambini un linguaggio articolato, rispettoso, “paritario”: invece di edulcorare i problemi reali, gli anìme li tengono presenti, invece di delineare eroi senza macchia e nemici a tutto tondo, si scopre che nessuno è completamente bianco o nero; un argomento taboo in occidente, il sesso, viene narrato con semplicità e serenità, ponendo gli spettatori di fronte alla fondamentale questione della propria sessualità, completamente e ingiustificatamente rimossa nei prodotti europei per la gioventù. E così via. Quello che allora i genitori di oggi possono fare, per non ripetere gli errori di quelli di ieri, così terrorizzati da Mazinga, novello babau (ma solo per gli adulti), è accostarsi con una disinvolta apertura culturale nei confronti degli anìme, tenendo sempre a mente che questi serial provenienti da lontano vanno guardati prima di essere giudicati e vanno capiti prima di essere rifiutati. Chissà, gli anìme potrebbero anche piacere ai genitori di oggi, come al mio papà, a suo tempo, inaspettatamente, “incomprensibilmente” e irresistibilmente, piacque Goldrake. Una Casa Editrice in primo piano / Franco Cosimo Panini Con tutti i sensi di Antonio Leoni e Giuseppe Assandri Il nome Panini è certamente familiare a tutti gli italiani e ci riporta inevitabilmente alle figurine calciatori, attraverso le quali, da piccoli, abbiamo intrecciato raffinatissime strategie di vendita e di scambio talvolta al limite del ricatto con altri piccoli collezionisti, per completare il fatidico album annuale, alla fine sporco e imbottito di colla, ma pur sempre completo… anche negli scudetti! Per un genitore o un educatore d’oggi, sentire quindi il nome Panini significa ricordare subito l’infanzia e riaccostarsi con fiducia a chi di bambini se ne intende e a chi per i bambini ha dedicato sforzi e ricerca di intere generazioni. Le cose comunque sono andate avanti e anche per la Panini ci sono stati importanti cambiamenti. Infatti, è alla fine degli anni Ottanta che, per volontà dell’editore Franco Cosimo, avviene la cessione della Edizioni Panini S.p.A., famosa in tutto il mondo per la produzione appunto delle figurine. La Casa editrice si rinnova e incomincia un’altra avventura editoriale con il nome Franco Cosimo Panini Editore. All’interno della nuova Casa editrice viene creata la redazione “Franco Panini Ragazzi”, decisamente orientata verso la produzione editoriale per la prima fascia d’età. La sua fortuna deriva dalla validità della sua offerta editoriale e dalle sue scelte ben precise e riconoscibili. Intanto la Casa editrice modenese ha intuito, in sintonia con i successivi orientamenti pedagogici, che la formazione linguistica e culturale dei bambini in età prescolare, o in primissima età di scolarizzazione, diventava uno degli aspetti nuovi dell’educazione e che quindi si aprivano grandi spazi per produzioni editoriali orientate verso la fascia d’età dei piccolissimi, da zero a 7-8 anni. Gran parte infatti delle sue collane sono studiate proprio per il primissimo approccio verso il libro. La Franco Panini e i “piccoli piccoli” «Togli le mani da quel libro… sei troppo piccolo, non vedi che lo stai distruggendo?». Quante volte abbiamo ascoltato questo grido di rimprovero lanciato verso il più piccolo della famiglia, impegnato a girare velocissimamente le pagine di un gran libro del cui significato, intuito come importante, cerca di appropriarsi. Oltre alle figure lo attira come è costruito, con quel gioco girevole delle pagine che spesso possono contenere delle nuove sorprese. Sui principi della curiosità, della scoperta, del gioco e della manipolazione sono ideati e costruiti tutti i libri della Panini per la fascia prescolare. Vediamone alcuni e le principali collane. Prendiamo ad esempio la collana “I Cuscinotti”. Il libro diventa un oggetto totale da esplorare con tutti i sensi: è un cuscino che si può toccare, stropicciare ed anche utile per appisolarsi, impegna la vista con le immagini delle storie che contiene, crea meraviglia con i suoi dispositivi sonori, parla al bambino attraverso la voce della mamma che può rassicurarlo e leggergli le filastrocche sul giorno e sulla notte, come delle cantilene, delle ninnananne. Con gli stessi criteri sono realizzate le altre collane da zero a cinque anni: il libro è sempre prima di tutto un oggetto di gioco, bello e attraente che non si limita a presentare figure dai colori squillanti e riconoscibili, ma che prevede anche sempre l’intervento attivo e manipolativo del bambino. 30 IL PEPEVERDE n. 3/2000 Situazioni quotidiane scontate per noi, eppure importanti per i bambini, vengono proposte per esempio nelle collane “Pippo l’Orsetto” oppure in “I Coriandoli”. In esse si punta molto sul riconoscimento del prima e del dopo, sulla consecutività delle azioni e delle storie, sulle prime discriminazioni visive e concettuali. Finestrelle, flap, bottoni veri da infilare nelle asole, linguine da tirare per cambiare situazione, diventano momenti importanti di conoscenza e spunti per una continua rilettura. Alla curiosità di seguire lo svolgimento della storia sono sempre inserite ulteriori sorprese interne, come nella collana “Gioca e scopri” o nella collana “Tira e molla”, con pagine da tirare per svelare situazioni nascoste “a tasca”. Le immagini sono sempre ben evidenti e significative del testo. Ma la vera novità della produzione editoriale della Panini per questa età è la rivoluzione operata nel formato del libro, che prima di ogni cosa attira come un giocattolo proprio per le sue forme inusuali e divertenti, come la collana “I Dondolibri” o la collana “Bat-Bat”. Quest’ultima, ideata da un genio della cartotecnica come Pienkowski, autore dei famosissimi “Phone book”, “Door Bell”, “Road Hog”, consiste in una serie di piccoli libri che non solo hanno la forma degli animaletti che rappresentano (un ragno, un polipo, una rana, ecc.) ma vere e proprie zampe, tentacoli o ali in tessuto: oltre ad essere letti possono anche diventare dei burattini con cui giocare. Imparare interagendo con il libro, significa quindi renderlo familiare, farlo proprio all’interno degli schemi possibili di gioco e di crescita dei bambini. Il libro non si legge solamente, lo si vive. Particolarmente significative a questo propo- CON TUTTI I SENSI sito sono le collane “Librincerchio”, “Apri piega e costruisci” e “Librincasa”. Con la tecnica della ricostruzione totale a tre dimensioni, il libro esce fuori da se stesso, diventando una vera e propria casa delle bambole o un ambiente familiare come la fattoria. In queste vere e proprie piccole case si possono reinventare moltissime storie, rivivendo infinitamente il contatto e il piacere del libro. Addirittura con “Librincasa” i bambini possono creare degli ambienti molto grandi come un castello o la casetta della Pimpa, in cui entrare veramente, leggere, giocare, ricevere ospiti o drammatizzare da soli o con altri le loro storie inventate. In questo caso il libro diverte e rassicura anche fisicamente, divenendo una vera e propria piccola casetta in cui rifugiarsi e fantasticare. Il libro come oggetto esperienziale Nelle proposte della Panini il libro diventa “comunicazione totale”, capace di stimolare i bambini nei modi più diversi. Molti volumi propongono direttamente di smontare le pagine fustellate per ricreare in scala gli ambienti descritti a tre dimensioni, come i tre volumi di Baldari/Mazzali, Il Centro, Il Parco, La fiera, che messi insieme danno vita ad uno straordinario paesaggio urbano in cui inserire macchinine e abitanti. D’altra parte la propensione della produzione di questa Casa editrice verso il pop up e la tridimensionalità è ormai consolidata se si arriva a proporre non solo per i piccoli, ma anche per gli adulti che lavoreranno con i bambini, dei libri di divulgazione scientifica che sono dei veri e propri capolavori di cartotecnica: ci riferiamo in particolare ai prodotti della collana “I Tridimensionali”, con cinque titoli: Cervello, Musica, Architettura, Matematica, Arte e Formula1. Libri indubbiamente da mostrare ma soprattutto da collezionare, questi volumi di Ron van der Meer, allievo di Hunt, forse il più grande paper engeneer di questo secolo, fondatore dell’Intervisual Communication, stupiscono per il loro rigore scientifico e per gli esperimenti facili e coinvolgenti che propongono attraverso trovate geniali di ingegneria pop up che attraggono anche il più scettico dei lettori. Un catalogo molto variegato Non manca la narrativa nelle proposte della Panini. Un’intera collana, “Le Due Lune”, offre in modo graduato sia rispetto all’età che al genere letterario una serie di tascabili in cui ci sono anche notevoli proposte di autori stranieri e italiani. Per i ragazzi più grandi ci sono titoli da non trascurare, nella sezione “Narrativa classica contemporanea”, vere e proprie proposte di lettura su cui ci si può indirizzare a colpo sicuro per la qualità degli autori presenti. Segnaliamo tra i titoli presenti La Corona di carta di Renate Welsh, Il circo di Zorro di Jo Pestum. Particolarmente bella e attraente, sia per la scelta delle illustrazioni che per le brevi e divertenti storie narrate, ci è sembrata la collana “Le Due Lune a Colori”, rivolta ai bambini di 5-7 anni. Una combinazione indovinata di autori, ciascuno dei quali cura una serie di storie legate ad un personaggio fisso e facilmente riconoscibile dai bambini, che spesso si affezionano ai loro piccoli eroi e vogliono che le loro avventure continuino all’infinito. È il caso ad esempio dei racconti della Pimpa di Altan, di Piccolo diavolo di Perrone, delle avventure di Palito di Doumerc o di quelle del Piccolo fratellino di Joly. Ma tra tutte si distingue la serie delle storie di Mini della Nostlinger. Buffa, divertente e ostinata Mini è la ragazzina che tutte le bambine vorrebbero essere, riconoscendosi nei suoi desideri, nelle sue comiche disavventure ma anche nei suoi successi, sempre raggiunti con caparbietà e decisione. Illustrazioni squillanti, caratteri grandi, sia stampati che in corsivo, storie brevi e facili nel linguaggio, hanno reso la collana de “Le Due Lune a Colori” talmente nota che spesso questi agili libretti vengono citati nelle antologie scolastiche o direttamente letti in classe in quanto si prestano benissimo ad una lettura ad alta voce. Anche per i ragazzi più grandi ci sono titoli da non trascurare, nella collana “Le Lune Magiche”, vere e proprie proposte di lettura su cui ci si può indirizzare a colpo sicuro per la qualità degli autori presenti. Segnaliamo tra i titoli presenti Angelo custode cercasi di Christine Nöstlinger e L’estate di Susanna di Giusi Quarenghi, dalla prosa delicata e coinvolgente, presente 31 IL PEPEVERDE n. 3/2000 nel catalogo Panini anche per fasce più giovani d’età, grazie alla sua poliedrica produzione. La Pimpa e la Franco Panini Ragazzi, un binomio inscindibile Moltissimi albi illustrati sono dedicati agli eroi dei fumetti amati dai bambini, come “I Puffi”, “I Flintstones” e “Tom e Jerry”. Però la vera primadonna della Casa editrice è la Pimpa, la simpatica cagnetta bianca a pois rossi, disegnata da Altan. Tratti semplici e netti, immagini grandi e coloratissime, rendono immediatamente riconoscibili e irresistibili i volumi in cui lei è presente. Da “Le Due Lune a Colori”, a “I Cubetti”, dagli “Imparalibri” a Pimpa e le carte gemelle, per ricordare solo le serie più importanti, la scelta sulla Pimpa è davvero vasta. Pimpa vive sempre un sacco di avventure e poi si traveste, si diverte, parla e gioca con la stessa spontaneità di un bambino. E i bambini la guardano come lo specchio dei loro pensieri e delle loro azioni, vere o sognate. Oltre alla già vasta produzione, sul personaggio di Pimpa la Franco Panini Ragazzi presenta queste novità: - Cresci cresci fiorellino. Il metro di Pimpa: un libro che si svolge e che da una parte presenta una storia e dall’altra si trasforma in un metro da appendere e da usare per misurarsi; - “Pimpagioca”, una nuova serie di libri cartonati e fustellati che presentano ai bambini facili giochi tattili; - Gli “Imparalibri in inglese”, quattro nuovi titoli interamente in lingua inglese pubblicati sulla scia del successo dei primi quattro titoli, facilissimi e adatti per avvicinare anche i piccolissimi alle prime nozioni della lingua straniera. Inoltre in edicola ci sarà una nuova serie di fascicoli, dal titolo “Il mondo di Pimpa”, che inizierà ad uscire alla fine di marzo. Si tratta di una rivista completamente nuova perché ogni numero tratta un solo tema come: la campagna, i viaggi, il mare, la casa. La Pimpa invita i bambini a scoprire e a imparare tutto su quell’argomento, attraverso due nuove storie e una ricca serie di attività e di giochi. A completare la novità della rivista un bellissimo teatrino di cartone da montare e facilissimo da usare (in regalo con il primo numero). INTERVENTI E INTERVISTE La Pimpa in casa Intervista a Laura Panini Come si potrebbe definire in poche parole il Dna della Franco Panini Ragazzi, alla radice delle scelte di fondo della Casa editrice? Il principio ispiratore del progetto alla base delle nostre scelte parte dal presupposto che il libro è uno strumento di crescita critica dei bambini dal punto di vista intellettuale, dal punto di vista estetico e dal punto di vista dei valori. Questo principio si sintetizza nella funzione educativa che ogni libro deve avere e che ci ha portato a fornire una sorta di garanzia pedagogica a tutta la nostra produzione. Anche quando prepariamo prodotti caratterizzati da personaggi più “commerciali”, per esempio Puffi o Tom e Jerry, non pensiamo mai che basti attaccare “una qualche” immagine e “una qualche” parola a “qualche” foglio per fare un libro: deve sempre esserci una ragione, un obiettivo funzionale che giustifichi e supporti la nostra scelta. In un mercato sempre più affollato di proposte e di novità, come si colloca e si caratterizza la vostra produzione per la prima infanzia? Se parliamo di prima infanzia, cioè di bambini sotto i tre anni, definirei la nostra produzione con due termini: onesta e seria. Voglio dire che non pretendiamo, con i nostri libri, di sostituire il primo motore della conoscenza che è l’esperienza, il rapporto diretto con le cose, col mondo, con la vita, ma pensiamo che nel quotidiano dei bambini ci sia lo spazio per venire a contatto con un oggetto diverso, il libro, che parla un suo linguaggio particolare, che apre le porte dell’immaginario, che rappresenta la realtà in modo simbolico e nel quale si può entrare con lo stesso stupore esplorativo con cui i bambini affrontano le cose. Ho usato non a caso il termine entrare perché ritengo che i nostri prodotti che rappresentano meglio questo principio siano i “Librinca- sa”: si presentano come libri, si aprono e smontano per diventare casa in cui entrare (alta un metro!), e si “leggono” le pareti. Credo che Pimpa in casa sia uno dei migliori prodotti editoriali per i bambini sotto i tre anni, ovviamente grazie ad Altan. Dal suo punto di osservazione, come valuta il moltiplicarsi di iniziative che in vario modo si propongono di “promuovere la lettura”? Penso che per un bambino la migliore promozione alla lettura sia da un lato essere circondato da un ambiente attento e da adulti che leggono, dall’altro venire a contatto con libri che valga la pena leggere, facendo pulizia di tanta merce in circolazione; inoltre bisognerebbe evitare che il libro venga “scolarizzato”, ovvero identificato con l’obbligo pedante e noioso del compito. Esistono comunque delle iniziative di promozione sicuramente utili, buone, stimolanti: quando si riesce a far capire ai potenziali lettori che non si legge tutti nello stesso modo e nello sesso tempo, che un libro non finisce con l’ultima pagina, ma si può rileggerlo e ritrovarlo completamente diverso, che nessuno può venirti a dire che cosa c’è scritto perché solo tu sai che cosa ci puoi trovare, che per ogni libro che leggi stai in- 32 IL PEPEVERDE n. 3/2000 ventando un mondo diverso, allora va molto bene la promozione alla lettura. Chi attraversa il centro di Modena scopre che la Pimpa è la protagonista (o la testimonial?) di un’originale segnaletica stradale “a misura di bambino”. Ci racconta in breve com’è nata l’iniziativa? L’idea di realizzare una segnaletica per bambini che avesse la Pimpa come insolito Cicerone è venuta all’Assessorato alla PI del Comune di Modena, che circa tre anni fa aveva compiuto un esperimento simile in un nuovissimo quartiere progettato a misura d’uomo, ma soprattutto di bambino, ottenendo un grande successo. Ci può dare qualche anticipazione sui vostri programmi editoriali per il prossimo futuro? La parte del leone la faranno sempre i libri per la prima infanzia o prevedete anche di sviluppare la produzione per altre fasce di età? Noi continueremo a privilegiare i bambini fino a sette anni, anche perché saranno ancora i libri della Pimpa quelli cui dedicheremo maggiore attenzione con nuove storie, nuove collane, nuove concezioni di libro (ad esempio “Il libro da appendere”) e anche un nuovo periodico, “Il mondo di Pimpa”, una proposta assolutamente innovativa per giocare al teatro che sarà presto in edicola. Inoltre in primavera usciranno Attenti al mostro e Giochiamo a nascondino, due splendidi libri in cantiere con un incredibile gioco di finestrelle a sorpresa, ideati da Kimura e illustrati da Nicoletta Costa, prodotti da noi con coedizione giapponese. Poi, nella collana “Le due lune a colori”, oltre a un nuovo racconto della serie “Mini”, uscirà, con le illustrazioni di Alberto Ruggieri, un racconto dell’umorista Stefano Disegni, che si cimenta per la prima volta con la letteratura per bambini. Giuseppe Assandri L’Autore in primo piano / Susanna Tamaro Adoravo Rintintin di Valentina De Propris Lei, da bambina era lettrice? Se sì, che cosa leggeva: libri, giornalini o altro? Non amavo particolarmente leggere, soprattutto i libri. Preferivo i giornalini. Gli album di “Topolino” e “Il Monello”. Gli unici libri che ho sempre amato sono stati i manuali, manuali degli insetti, manuali delle pietre, manuali dei cani. Mi è sempre piaciuto dare ad ogni cosa il suo nome giusto. Ho cominciato a leggere più verso gli undici e dodici anni alcuni libri classici come Zanna Bianca e I ragazzi della via Paal. Ricordo con molto piacere un libro che si chiamava Le avventure di Fratel Coniglietto. La scuola ha avuto una funzione importante nella sua formazione di lettrice e di scrittrice? Ho sempre avuto molte difficoltà con la scuola. E posso dire che ha avuto il magico compito di farmi detestare tutto ciò che si svolgeva al suo interno, compresa la lettura e la scrittura. Credo di aver avuto molta sfortuna, perché in tutta la mia carriera scolastica non ho mai incontrato un solo insegnante che mi facesse innamorare della sua materia o anche semplicemente che mi rendesse meno odioso e frustrante l’accumulo di nozioni di cui non riuscivo a scorgere un senso. Da bambina andava al cinema e guardava la tv? Quando ero bambina, la “Tv dei ragazzi” era ai suoi esordi, durava credo un’ora o poco più e veniva considerata dai genitori un premio da concedere se si era stati buoni e soprattutto se si erano già finiti i compiti. Siccome amo gli animali in tutte le forme in cui si manifestano, adoravo di un’adorazione febbrile Rintintin, e Le avventure di Francis, il mulo parlante. Mi piaceva anche guardare il maestro Manzi e il suo Non è mai troppo tardi. Ero rapita dall’abilità con cui faceva scorrere i carboncini sui grandi fogli bianchi. Andavo ogni tanto la domenica al cinema di quartiere assieme a mio fratello. Era una vecchia sala, con i pavimenti di legno che odoravano sempre di disinfettante. E alla cassa vendevano delle mentine verdi che, non so perché, si chiamavano “inglesi”. Andare al cinema era una vera festa, perché lì si provavano emozioni davvero forti. Ricordo un film, credo fosse di fantascienza giapponese, in cui delle enormi formiche invadevano la terra. E poi un grandissimo numero di film western. Lei ha avuto un grandissimo successo come scrittrice per adulti, però si è anche dedicata alla narrativa per ragazzi. Generalmente avviene il contrario… Ho sempre desiderato scrivere per ragazzi, solo che non riuscivo a sentirmi all’altezza. Ritengo difficile scrivere per adulti, ma difficilissimo scrivere per l’infanzia. Per questo ho cominciato con gli adulti e solo più tardi ho avuto il coraggio di dedicarmi ai bambini. Mi è capitato di dire che, dovendo scegliere tra essere Proust ed essere Andersen, preferirei di gran lunga essere Andersen. Credo che ciò che emoziona e fa pensare nell’infanzia resti per sempre dentro di noi. Per questo è importante dedicarsi ai bambini. E poi i bambini sono lettori puri, senza pregiudizi. In Cuore di ciccia viene portato in primo piano il disagio dell’infanzia che lei avverte con una sensibilità particolare. Cos’è che la rende così attenta alla sofferenza dei giovani? Ho sofferto molto nella mia infanzia. In questa sofferenza, la cosa più grande e 33 IL PEPEVERDE n. 3/2000 più grave è stata la solitudine, un peso enorme e nessuno con cui condividerlo. Così, è un po’ come se avessi un sesto senso, entro nella sofferenza dello sguardo di ogni bambino che incontro per strada. Non ho mai creduto all’infanzia come all’età della spensieratezza. Ne Il Cerchio magico lei affronta un tema come la morte, che gli adulti non toccano quando si rivolgono ai bambini. Qual è il modo giusto per avvicinare l’infanzia ai grandi temi della vita? Come ho detto prima, scrivere per bambini è molto difficile. I bambini non vogliono ideologie, non vogliono pressapochismi, non vogliono retorica. I bambini vogliono che gli si parli con sincerità, con sincerità e con verità. E vogliono anche che tra le parole e le azioni ci sia una coerenza perché altrimenti non c’è alcun senso. I bambini, anche se sembrano molto sicuri, sono pieni di ansie e di paure. E la paura di perdere le persone care è la paura dominante. La morte è la realtà più profonda della vita, quella che le dà senso. Ignorarla vuol dire rendere l’esistenza senza fondamento, traballante. E questo i bambini, istintivamente, lo sanno. Susanna Tamaro è nata a Trieste nel 1957 e vive in Umbria, vicino a Orvieto, in una fattoria piena di animali. Diplomata al centro sperimentale di cinematografia. Ha realizzato vari documentari scientifici per la Rai. Dopo l’esordio con La testa tra le nuvole (1989), ha scritto Per voce sola (1991), Va’ dove ti porta il cuore (1994), Anima Mundi (1997), Cara Mathilda, non vedo l’ora che l’uomo cammini (1998), Verso casa (1999). Per bambini ha scritto Cuore di ciccia (1992), Papirofobia (1994), Il cerchio magico (1995) e Tobia e l’angelo (1998). L’Illustratore in primo piano / Emanuele Luzzati ‘imprevedibilità dei limiti di Maria Luisa Salvadori Il 5 dicembre 1999, al Teatro della Tosse di Genova, è stato proiettato in prima nazionale il lungometraggio di animazione Il flauto magico, di Giulio Gianini ed Emanuele Luzzati, dall’opera di Mozart, nella versione restaurata con l’intervento del Comune di Genova. Maria Luisa Salvadori, presente alla manifestazione, ha intervistato Emanuele Luzzati per la nostra rivista. Il film è stato restaurato grazie alla segnalazione dell’Asifa (Associazione Italiana per il film di animazione) nell’ambito dell’iniziativa “Adotta un film – 100 film da salvare”, promossa nel 1997 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nell’ambito della stessa campagna il Comune di Orvieto, di cui Luzzati è cittadino onorario, ha contribuito al finanziamento del restauro della Trilogia rossiniana, altro film di animazione che si compone di tre cortometraggi, La gazza ladra, L’Italiana in Algeri e Pulcinella, realizzati dalla coppia Gianini-Luzzati su musiche di Gioacchino Rossini. La presentazione in prima nazionale del film restaurato si svolse ad Orvieto il 27 marzo 1999. Ti ho sentito affermare che la tua creatività si esprime al meglio in presenza di limiti dati. Puoi spiegarmi perché? Sì, senza dubbio per me è sempre stato così: io devo sapere dove si colloca quello che faccio, per chi e per che cosa lo faccio. Perché questo avviene? Credo che la faccenda abbia due facce. La prima, se vogliamo un po’ “romantica”, è la sfida a superare un ostacolo, come può essere quello di realizzare una scena in un corridoio lungo e stretto, dipingere una parete rispettando l’ingombro dei mobili, illustra- re un libro usando solo un colore (è già successo con il rosso, naturalmente unito al nero) o con un numero di immagini assegnato, magari alcune a colori e altre in bianco e nero, però delle stesse dimensioni. La seconda è l’incentivo a scoprire cose nuove. Il limite non è prevedibile e pone quasi sempre di fronte a un problema nuovo da risolvere; così diventa stimolante fare qualcosa che non si è mai fatto. Naturalmente, se i limiti si ripetono finisce il divertimento, non c’è più novità. Prossimamente dovrò progettare un parco per ragazzi a Salisburgo: il bello è che lì ci sono limiti a non finire; a parte i limiti di spazio, ci sono giochi preesistenti che io devo inglobare e far diventare miei, trasformarli mentre invento cose nuove tutte mie. Bisogna anche dire che questa è una storia vecchia: i grandi pittori del Rinascimento, ad esempio, hanno sempre lavorato con dei limiti imposti. Penso a Piero della Francesca, a Michelangelo che affresca la Cappella Sistina o anche al Signorelli che dipinge nel Duomo di Orvieto... Nessuno di loro faceva quadri in libertà, il loro lavoro era tutto un limite. La ragione per cui non ho mai fatto un quadro è che proprio non saprei cosa fare dentro una tela bianca. Il bianco mi spaventa, la troppa libertà mi fa paura, mentre mi interessa tutto quello che è “arte applicata”: scenografie e costumi per il teatro, decorazioni di interni, illustrazione di libri, cinema di animazione. Lo dicevo anche da bambino: «Da grande faccio il pittore, ma il pittore applicato !». Quali sono i tuoi rapporti col mondo dell’arte? Incontrare, per caso e nello stesso giorno, Picasso e Chagall è stata la cosa più 34 IL PEPEVERDE n. 3/2000 straordinaria che mi sia capitata, ma questo l’ho già raccontato ed è anche stato pubblicato, ad esempio sull’“Unità” in un’intervista che mi fu fatta da Carmine De Luca. C’è da considerare che io non ho mai dipinto quadri e le mostre che ho fatto erano riferite all’illustrazione, alla scenografia o altre forme di arte applicata. In questo senso, quello della pittura è per me un mondo parallelo, anche se dalla pittura ho assorbito molte cose. Ad esempio, al tempo della pop art si usavano materiali di ogni tipo, pezzi raccolti per la strada... Sicuramente questo modo di esprimersi è entrato in me e l’ho applicato al teatro. Altri pittori mi saranno senz’altro stati utili nell’illustrazione. Adesso faccio il collage, uso anche dei pezzi delle riproduzioni di pittori, prendo una testa di qua, un paesaggio di là, li metto a caso uno accanto all’altro, li incollo... Li uso molto, specialmente in scenografia. Usi spesso materiali poveri e questo non toglie niente alla ricchezza espressiva delle tue opere. Me ne parli? Uso materiali poveri se sono costretto a farlo, non necessariamente per scelta. Diciamo che ho usato più volte materiali poveri perché molte più volte c’erano pochi soldi, c’era un limite appunto. Quando faccio scene per i grandi teatri, come il Massimo di Palermo o il San Carlo di Napoli, non bado a spese: in un teatro con i palchi d’oro la scena deve essere ricca, non avrebbe senso il contrario. Diciamo che quando non c’è la possibilità di spendere ritorno nelle condizioni di avere dei limiti e cerco di superarli giocando con i materiali poveri. In questo senso può diventare stimolante farlo. “Fate l’amore non fate la guerra ma per passare il tempo ancor più allegramente fate di tutto per non far mai niente„ Nella varietà di materiali che hai usato, ce n’è qualcuno che ti appartiene di più, che ti piace e ti realizza particolarmente? Beh, devo dire che con la ceramica ho avuto un rapporto abbastanza strano. Per vent’anni è stata la mia materia preferita: facevo tante cose, facevo teatro, facevo film di animazione... e poi andavo regolarmente ad Albisola, almeno due volte alla settimana, a fare ceramica. Ne ho fatta tantissima, chilometri credo. Poi, per ragioni banali, ho smesso: quando è morto il proprietario della fabbrica dove lavoravo, ancora con il forno a legna che era bellissimo, la fabbrica ha interrotto l’attività; avrei dovuto cercarmi altre cose e invece ero sommerso di lavori: cartoni animati, teatro... Così mi son detto: «Con la ceramica chiudo!». E ho chiuso. Adesso però mi ha fatto piacere lavorare, naturalmente insieme ad altri, per raccontare in una vetrina lunga trenta metri, la storia dell’Abbazia di Farfa, vicino Roma. Ho dovuto realizzare pezzi in ceramica, figure di frati e “pupazzi” vari, ed ho scoperto che è un po’ come andare in bicicletta: non si dimentica; ho ripreso la ceramica dopo vent’anni, ho toccato di nuovo la terra, ed è stato come se avessi smesso di farlo il giorno prima. La terra è una mia materia, la sento molto e sento molto anche il modo di trattarla e di dipingerla, perché non è come dipingere un foglio di carta! Ogni materia ha le sue leggi e bisogna capirle. Come illustratore, senti il bisogno di seguire canoni espressivi diversi quando ti rivolgi ai ragazzi? Più che la mia espressività conta il testo. Per esempio, ultimamente ho illustrato prima Alice nel paese delle meraviglie poi Pinocchio per le edizioni Nuages di Mila- no, che si rivolgono agli adulti, non certo ai bambini. Se avessi illustrato gli stessi libri per i ragazzi, lo avrei fatto esattamente nella stessa maniera. Ho osservato, in alcuni libri che hai illustrato, una specie di ritmo, un crescendo di immagini e di colori che talvolta raggiunge il culmine nelle pagine centrali. Come lo spieghi? Non ci ho mai pensato, me lo dici tu per la prima volta, ma può essere vero. Potrei forse spiegarlo paragonando il lavoro di illustrazione a una partitura musicale: comincia piano, poi arriva l’andante, l’allegro ma non troppo, e avanti fino al gran finale. Negli ultimi anni ti sei dedicato ad una nuova forma di arte applicata, che consiste nella progettazione di spazi gioco per ragazzi... Se escludiamo la ceramica, che io proprio volevo fare, tante cose mi sono successe senza che io le cercassi. Ai parchi proprio non avrei pensato. La prima richiesta è arrivata da Santa Margherita, poi contemporaneamente, senza che ci fosse alcun collegamento tra le diverse esperienze, mi sono arrivate altre richieste dello stesso tipo o simili. Per Castelnuovo Rangone non ho realizzato giochi, ma sculture in legno, personaggi che sono stati collocati nel parco; lo stesso vale per il presepe di Torino: ho creato forme, che possono essere messe nei giardini e in genere piacciono ai bambini, ma non sono giochi. Certe cose, non si sa perché, avvengono contemporaneamente, sono nell’aria e maturano tutte insieme senza che se ne riesca a capire la ragione. Poi finisce anche che una cosa attira l’altra, ma all’inizio non è così. Sempre per fare un 35 IL PEPEVERDE n. 3/2000 esempio, la richiesta di Salisburgo deriva direttamente da Santa Margherita: il direttore del Mozarteum è capitato a Genova, ha visto il “Parco del Flauto magico” e, dato che è interessato a tutto ciò che ha a che fare con Mozart, ha pensato di fare qualcosa di simile a Salisburgo. Lo ha proposto al Sindaco, che peraltro aveva già in mente di intervenire su un parco cittadino, e così siamo arrivati alla formulazione ufficiale della richiesta che è di circa dieci giorni fa; a luglio presenterò il bozzetto (potrei fare dei disegni, ma preferisco sempre fare un modellino perché capisco meglio io ed è più chiaro agli altri), poi il progetto sarà discusso e infine si passerà alla realizzazione, che dovrebbe concludersi entro i prossimi due anni. All’interno di un grande parco già esistente a Salisburgo, la zona destinata ai bambini sarà ampliata e dedicata a Mozart: io dovrò ispirarmi al Flauto magico e al Ratto del Serraglio, due opere in qualche modo più vicine ai bambini. A proposito, il tuo lavoro intorno al Flauto Magico di Mozart è particolare e molto impegnativo. Come è cominciato? Ho affrontato la prima volta quest’opera creando le scene e i costumi per il “Festival di Glyndebounre” del ’63: credo di avere già allora impostato tutto il mio lavoro visto un po’ dalla parte di Papageno. Sia le scene che i costumi interpretavano più il lato favolistico e magico dell’opera che il lato mistico-massonico: tutto il teatro era diventato un po’ come un meraviglioso gioco per bambini, con le scene che si componevano e scomponevano per ricrearsi a vista del pubblico. Un editore inglese (Blakwel di Oxford) che aveva visto l’opera mi ha chiesto se ero disposto a raccontarla e illustrarla in INTERVENTI E INTERVISTE un libro per bambini. Così ho cercato di adattare la complicata storia dell’opera privilegiando il personaggio Papageno, come se tutta l’azione girasse intorno a lui, mentre la Regina della Notte è diventata una fata tenebrosa e Sarastro un mago benefico. E come è nato il film di animazione Il Flauto Magico, realizzato da te e Giulio Gianini? Naturalmente, dopo aver fatto il libro, con Gianini ci siamo proposti di realizzare anche un film. Però non potevamo sbrigarci con i soliti dieci minuti delle sinfonie rossiniane; ci occorreva almeno un’ora e ci occorreva anche trovare un produttore. La proposta ci è venuta dalla Thalia Film di Vienna e nel 1976 ci siamo gettati in questa impresa, la più difficile certo da quando abbiamo cominciato a lavorare nell’animazione. Avete incontrato difficoltà in questo lavoro? Per la prima volta abbiamo affrontato con i cartoni animati un’opera di teatro musicale cantata e questo è stato molto difficile. Per ridurre l’opera in cinquanta minuti senza tralasciare nessuna delle arie più belle, abbiamo dovuto servirci di un personaggio “vero”: abbiamo creato un Papageno in carne ed ossa che spiegava il senso delle arie, dato che abbiamo conservato il testo originale cantato in tedesco. La lavorazione del film è durata un anno e mezzo. Il tuo rapporto con i personaggi del Flauto Magico però non finisce qui... Sì, tra il libro, la rappresentazione e il film, i personaggi del Flauto Magico hanno vissuto nella mia attività in molte altre forme: ho fatto un album di sei litografie con gli episodi più salienti affiancati dalla partitura; ho fatto un disegno per un arazzo con lo sfondo della foresta del Flauto; ho ricreato in televisione il modellino della scenografia spiegando ai bambini come avvenivano i cambiamenti e poi, col personaggio di Papageno, mi sono ancora ritrovato varie volte... Un’ultima cosa, più personale, se me lo consenti. Ogni volta che ti incontro e parlo con te rimango affascinata dalla serenità che trasmetti... Devo dire che mi è facile essere sereno perché mi accorgo delle cose un po’ in ritardo. Sai, come succede in certe gag, quando si incontrano due comici e uno dice: «Cretino!». L’altro risponde: «Piacere!», come nulla fosse, e si ricorda solo dopo che gli hanno detto cretino. Anche io mi accorgo dei colpi bassi sempre in ritardo, quando il fatto è già sdrammatizzato e posso vederlo con distacco. Naturalmente questo non è sempre positivo: metti il caso di un incidente, lì la prontezza a volte salva il salvabile; se mi capita di accorgermene dieci minuti dopo, qualcuno ha già fatto in tempo a morire. Comunque ho sempre avuto piacere di conoscere gente: amici, colleghi, illustratori, scenografi, pittori... Proprio perché siamo diversi, nessuno porta via qualcosa all’altro e la conoscenza consente di scambiare reciprocamente qualcosa. Emanuele Luzzati nasce a Genova nel 1921. Studia e si diploma a Losanna all’École des beaux Arts et des Arts Appliquées. Pittore, decoratore, illustratore, ceramista, si dedica alle scene e ai costumi teatrali e, più tardi, insieme a Giulio Gianini, alla realizzazione di film e disegni animati. Ha realizzato più di quattrocento scenografie per prosa, lirica e danza nei principali teatri italiani e stranieri. Ha illustrato molti libri dedicati all’infanzia. Ha eseguito pannelli, sbalzi ed arazzi sulle navi “Leonardo Da Vinci”, “Michelangelo”, “Ausonia” e “Marco Polo”. Tra i numerosi premi ottenuti, ricordiamo che nel 1955 ha vinto il Primo “Premio per la Ceramica” a Cannes; nel 1982 è stato premiato come illustratore alla Biennale di Bratislava e ha ricevuto il premio “Andersen-Baia delle Favole” di Sestri Levante, nel 1984 ha avuto il premio “Stregatto-Perugia” per il teatro per ragazzi. Alla fine del 1980 la sua attività teatrale trova ampio riconoscimento in una mostra curata dall’Istituto del Teatro e dello Spettacolo dell’Università di Roma, Il sipario magico. Percorsi teatrali di Emanuele Luzzati. Dal 1981 al 1984, la mostra ha girato in Italia e all’estero. Ha esposto alla Biennale di Venezia dal 1972, nella sezione Grafica Sperimentale. Ha pubblicato, tra l’altro, illustrazioni per le fiabe di Italo Calvino e per i testi di Gianni Rodari; nel 1988 ha illustrato il volume Le fiabe scelte dei fratelli Grimm nell’edizione fuori commercio della Società Olivetti. Da ricordare, nella sua opera di illustratore, anche il filone dedicato alla cultura e alle leggende ebraiche. Nel marzo 1990 si inaugurano a Reggio Emilia, Cavriago, Sant’Ilario e Montecchio, quattro sezioni di una grande mostra dedicata all’opera complessiva di Luzzati. Luzzati fa parte dell’Agi (Alliance Graphique Internationale) e dell’Academy avendo ottenuto due nominations all’Oscar per i suoi film d’animazione La gazza ladra e Pulcinella. Dal 1982 al 1990 è docente di Illustrazione al Politecnico Byron di Genova. Nel 1989 illustra Candido di Voltaire per le Edizioni Nuages. Nel 1992 gli viene conferita dall’Università di Genova la laurea honoris causa in Architettura. Nel 1993 l’Unione dei Teatri d’Europa organizza la mostra Emanuele Luzzati scenografo che viene allestita, come prima sede, presso il Centre George Pompidou di Parigi. Nel novembre 1995 riceve il “Premio Ubu” per la migliore scenografia dell’anno, conferitogli per le scene realizzate per il Pinocchio prodotto dal Teatro della Tosse di cui è fondatore nel 1975 con Tonino Conte e Aldo Trionfo e, attualmente, direttore artistico con Tonino Conte. Nel 1997 gli viene dedicata la mostra Emanuele Luzzati dalla scenografia all’illustrazione a Palazzo Ducale a Genova. Nello stesso anno realizza per il Comune di Torino il presepe in Piazza Carlo Felice, in cui figure sante tradizionali si mescolano a personaggi delle fiabe. Nel 1998 progetta e realizza a Santa Margherita il Parco del Flauto Magico, parco giochi per bambini ispirato alla celebre opera di Mozart. 36 IL PEPEVERDE n. 3/2000 I lavori di Emanuele Luzzati (elenco delle pubblicazioni più note, aggiornato a gennaio 2000) I libri illustrati Rinaldo Negri, L’arte di navigare, Società Italiana di Navigazione, Genova, 1952; Calendario colombiano per il quinto centenario della nascita di Cristoforo Colombo, Istituto Grafico Bertello, Borgo S. Dalmazzo, 1953; Emanuele Luzzati, Viaggio alla città di Safed, Age d’or, Roma, 1955; Chichibio cuoco e la gru (da un racconto di Giovanni Boccaccio), I Girasoli, Roma, 1961; Altre edizioni: Chichibio and the crane. Obelenski, New York, 1962; Emanuele Luzzati, I paladini di Francia ovvero il tradimento di Gano di Magonza, Mursia, Milano, 1962; Altre edizioni: Ronald and the Wizard Calico, Pantheon Books, New York, 1969; Ronald and the Wizard Calico, Hutchinson Junior Books, London, 1969; Gianni Rodari, Castello di carte, Mursia, Milano, 1963; Diego Fabbri (introduzione e note di), Da Sofocle a Pirandello, Rai, Roma, 1963 (fuori commercio); Emanuele Luzzati, La gazza ladra, Mursia, Milano, 1964; Emanuele Luzzati, Alì Babà e i quaranta ladroni, Emme, Milano, 1968; Altre edizioni: Alì Babà e i quaranta ladroni, Editori Riuniti, Roma, 1992 (collana “La freccia azzurra”; in allegato alla confezione in cofanetto, comprendente opere di altri autori e illustratori, il film Alì Babà di Giulio Gianini e Emanuele Luzzati); Ali Baba and the Forty Thieves, Pantheon Books, New York, 1969; Ali Baba und die Viering Raübe, Ellerman, München, 1969; Ali Baba, L’école de Loisir, Paris, 1969; Ali Baba, Shuppan, Tokyo, 1979; Bill Martin, When it rains...it rains, Rinehart & Winston, New York, 1970; Bill Martin (filastrocca adattata da), Whistle, Mary, Whistle..., Rinehart & Winston, New York, 1970; Emanuele Luzzati (dall’opera di Wolfgang A. Mozart), The magic flute, Blackwel, Oxford, 1971; Emanuele Luzzati, La tarantella di Pulcinella, Emme, Milano, 1971; Altre edizioni: Pulcinella e il pesce d’argento, Editori Riuniti, Roma, 1993; Io e Gli altri (enciclopedia in dieci volumi), La Ruota, Milano e Genova, 1971; Italo Calvino, L’Uccel belverde e altre fiabe italiane, Einaudi, Torino, 1972; Come si fanno i bambini, Ghiron, Genova, 1972; E. Poi, L’uccellino Tic Tic, Einaudi, Torino, 1972; Donatella Ziliotto, Il viaggio di Marco Polo, ERI, Roma, 1972; Altre edizioni: Il viaggio di Marco Polo, Emme, Milano, 1975 e 1981; The travels of Marco Polo, Dent, London, 1975; Ich, Marco Polo, Ellerman, München, 1977; Emanuele Luzzati e Tonino Conte, Bimbo recita, Emme, Milano, 1974; Altre edizioni: Sganarello medico per forza, Il medico gradasso, Emme, Milano, 1981; Ibi Lepschky, Voglio comperare una tazza gialla con una ochetta blu, Einaudi, Torino, 1974; Italo Calvino, Il principe Granchio e altre fiabe italiane, Einaudi, Torino, 1974; Mio fratello, La Ruota, Milano, 1975; Italo Calvino, Il visconte dimezzato, Einaudi, Torino, 1975; 37 IL PEPEVERDE n. 3/2000 Giacoma Limentani, Gli uomini del Libro. Leggende ebraiche, Adelphi, Milano, 1975; Altre edizioni: Gli uomini del Libro. Leggende ebraiche, Milano, Feltrinelli, 1995; Rita Cirio, Dodici Cenerentole in cerca d’autore, Quadragono Libri, Conegliano, 1976; Altre edizioni: Dodici Cenerentole in cerca d’autore, Nuages, Milano, 1991; Michal Snunit, Walking and Talking with Yoav, Sifriat Poalim, Tel Aviv, 1976; Emanuele Luzzati, C’erano tre fratelli, Emme, Milano, 1977; Emanuele Luzzati e Tonino Conte, Facciamo insieme teatro, Einaudi, Torino, 1977; Silvio Pampiglione, As doenças infecciosas: o que são, como são transmitidas, como se devem combater, Pampiglione, Bologna, 1977; Emanuele Luzzati e Gianni Rodari, Il teatro, i ragazzi, la città, Emme, Milano, 1978; Emanuele Luzzati e Guido Davico Bonino, Orlando in guerra, Stampatori, Torino, 1979; Altre edizioni: Orlando in guerra, Einaudi Scuola, Milano, 1999 (Collana “Bibliotechina”); Emanuele Luzzati La Cenerentola, (dall’opera di Gioacchino Rossini), Emme, Milano, 1979; Altre edizioni: Cinderella, Bluth, London, 1981; Il flauto magico (dall’opera di Wolfgang A. Mozart), Il Bisonte, Firenze, 1979; Isaac Bashevis Singer, Quando Shlemiel andò a Varsavia, Garzanti, Milano, 1979; Donatella Ziliotto, Sundjata, Mondadori, Milano, 1980; Giacoma Limentani, Il vizio del Faraone e altre leggende ebraiche, Stampatori, Torino, 1980; Tonino Conte, I tre grassoni (dal racconto di Jurij K.Olesa), Editori Riuniti, Roma, 1981; Virgilio Savona, O che bel castello, Emme, Milano, 1981; INTERVENTI E INTERVISTE Gianni Rodari, Filastrocche lunghe e corte, Editori Riuniti, Roma, 1981, (in allegato all’ultima edizione del maggio 1996, che è la prima nella Universale economica/ragazzi degli Editori Riuniti, il floppy disk: I viaggi di Stoccofillo. Filastrocche lunghe e corte di Gianni Rodari); Niccolò Machiavelli, Belfagor arcidiavolo, Il Melengolo, Genova, 1982; Gianni Rodari, Atalanta, una fanciulla nella Grecia degli dei e degli eroi, Editori Riuniti, Roma, 1982; Furio Jesi, La casa incantata, Vallardi-Garzanti, Milano, 1982; Emanuele Luzzati, Tre fratelli, quaranta ladroni, cinque storie di maghi e burloni, Emme, Milano, 1983; Sandro Gindro, A Tiresia, Psicoanalisi Contro, Roma, 1983; Haggadàh di Pesach: rito sefardita (testo ebraico con traduzione italiana e note del rabbino Fernando D. Belgrado, prefazione del rabbino Elio Toaf ), La Giuntina, Firenze, 1984; Gianni Rodari, Il libro dei perché, Editori Riuniti, Roma, 1984, (in allegato all’edizione del novembre 1995,che è la prima nella Universale economica/ragazzi degli Editori Riuniti, il floppy disk: Stoccofillo, da Il libro dei perché Gianni Rodari); Gianni Rodari e Virgilio Savona, Filastrocche da cantare, Ricordi, Milano, 1984; Psicoanalisi Contro. Foglio mensile di psicoanalisi cultura e arte, Psicoanalisi Contro, Roma, 1984, n. 1,5; Gianni Rodari, Le avventure di Tonino l’invisibile, Editori Riuniti, Roma, 1985; Enzo Bianchi, Un rabbi che amava i banchetti, Marietti, Genova, 1985; Licia Oddino, Habitat per un’idea, Tolozzi, Genova, 1985; Domenico Rea, Faida, Pirella - Alpha Trading, Genova, 1986; Gianni Rodari, Filastrocche per tutto l’anno, Editori Riuniti, Roma, 1986; Gianni Rodari, Fiabe lunghe un sorriso, Editori Riuniti, Roma, 1987; Itinerari. Percorsi di ricerca per la scuola e la famiglia, Nuova Io e gli altri, Genova-Milano, 1988; Tonino Conte, I sentieri della notte, Ecig, Genova, 1988; Tonino Conte, Dediche, Ecig, Genova, 1988; Jacob e Wilhelm Grimm, Fiabe scelte, Giorgio Soavi (a cura di), Olivetti, Milano, 1988; Meir Shalev, Michael and the Monster of Jerusalem, Tower of David Museum of the History, Jerusalem, 1989; Age, Scarpelli, Monicelli, Brancaleone alle crociate, Casa di Mantegna e Circolo del Cinema, Provincia di Mantova, 1989; Francesco Bollorino, Il bambino a espansione e altre storie, Marietti, Genova, 1989; Voltaire, Candido, ovvero L’ottimismo, Nuages, Milano, 1990; Isaac Bashevis Singer, Il Golem, Adriano Salani, Firenze, 1990; Nanda Mari, Il figlio di carta, Graphos Narrativa, Genova, 1990; Carmelo Cusumano (poesie di), La Mattana, Grafiche Fratelli Spirito, Savona, 1990; O. Mirbeau, Diario di una cameriera, Lo Scarasco, Torino, 1991; Isaac Bashevis Singer, Le distese del cielo, Guanda, Parma, 1991; Gianni Rodari, Il ragioniere a dondolo, Editori Riuniti, Roma, 1993; Gianni Rodari, Perché i re sono re?, Editori Riuniti, Roma, 1993; Umberto Albini, Oroscopo; Claudio Tolomeo, Previsioni astronomiche; Emanuele Luzzati, Cieli e Pianeti; Collana “Epigoni”, Francesco Pirella, Genova, 1993; Roberto De Simone, La tarantella napoletana, Benincasa, Roma, 1993; Andrea Stanisci, Aida, La Spada di Radames, Firenze, 1994; Pier Luigi Luisi, Selenio e i pirati etruschi, Nuove Edizioni Romane, Roma, 1994; AA.VV., Il secondo diario della salute, Erga, Genova, 1994; AA.VV., La notte delle favole, Erga, Genova, 1994; Meir Shalev, I racconti della Bibbia, Keter Publisher, Gerusalemme, 1994; Vito Elio Petrucci, Favole senza tempo, Pirella, Genova, 1994; Matteo Maria Boiardo, Orlando innamorato, Scandiano, Comune, 1994; Gustavo Strafforello, La sapienza del mondo ovvero dizionario universale di tutti i popoli, Barboni e Tolozzi, Genova, 1994; Giusto e Ingiusto. Io e gli Altri, Genova, 1995 (due libri); Silvia Waugh, Occhi di bottone, Salani, Firenze, 1995; Uri Orlev, La bestia d’ombra, Salani, Firenze, 1995; Carlo Martigli, La fonte secca, Giunti, Firenze, 1995; Massimo Montanari, Il pentolino magico, Laterza, Bari, 1995; Isaac Bashevis Singer, Mazel e Schlimazel, Salani, Firenze, 1995; Andrea Levi, Gli ebrei, Io e gli Altri, Genova, 1995; Mauro Biagioni, Enrica Bonamini, Il golfo racconta. Storia della Spezia e del suo golfo narrata ai ragazzi, Giacché, La Spezia, 1995; La giostra dei mestieri, Associazione per l’Auxilium, Genova, 1995; I colori della pace. Programma educativo per la pace e la intercultura, testi di Mario Salomone, fotografie di Oliviero Toscani, Giunti, Firenze, 1996; Carlo Collodi, Pinocchio, Nuages, Milano, 1996; 38 IL PEPEVERDE n. 3/2000 Giacoma Limentani, Anita Schaumann, Midrashim, antichi racconti ebraici dal giornale per noi, Adei Wizo, Roma, 1996; Tonino Conte, Genova, una città in venti storie, Laterza, Bari, 1996; Sandro Bayini, El pomm - Stori liber del gran liber, Viemme Pierre, Milano, 1996; Prokofiev, Pierino e il lupo, adattamento di Dario Fo, De Agostini-Rizzoli Periodici, Milano, 1996, supplemento al n.12 di “Amadeus”; Piera Maldini, Rino Tacchella, (scritta da), Alexandria Liberata ovvero storia di un Papa, di un Imperatore, di un Libero Comune e... del Popolano Gagliaudo con la sua Mucca, Loft Art Tacchella, Alessandria, 1996; Gianni Rodari (testi di), Il teatro delle filastrocche: laboratorio delle parole e della fantasia, Editori Riuniti, Roma, 1996 (in allegato un cd-rom); Il grande gioco di Urluberlù: laboratorio dei suoni e della musica, disegni animati di Emanuele Luzzati, testi di Tiziana Ferrando. Roma, Editori Riuniti, 1996 (in allegato un cdrom); Tiziana Ferrando (testi di), Urluberlù ladro di suoni, Editori Riuniti, Roma, 1996 (con floppy disk: Urluberlù nell’antro del mago); Elio Giacone, Filastrocche nel prato e in cielo, schede didattiche a cura di Anna Maria Gerli, Il Capitello, Torino, 1996; Anna Maria De Chiara, Laura Galletti, La guida di Napoli per ragazzi, Liguori, Napoli, 1998; Carrol Lewis, Alice nel paese delle meraviglie, Nuages, Milano, 1998; Ermanno Detti, E quando cupa mezzanotte scocca, Firenze, Fatatrac, 1998; Alessandro Manzoni, I promessi sposi, Lecco, Beretta per Lecco, Iaber Spa, Gruppo Riello, 1999; Piera Maldini, Narrativa a teatro, Atlas, Bergamo, 1999; Sandra Dal Pozzo, Anna Maria Morbiducci, La guida di Roma per ragazzi, Liguori, Napoli, 2000 (in corso di stampa); Marina Bassani, Ombretta Camilla (titolo provvisorio), Franco Cosimo Panini, Modena, 2000 (in corso di stampa nella Collana “Le due lune”); Marina Bassani, Zeffirino Collolungo (titolo provvisorio), Feltrinelli, Milano, 2000 (in corso di stampa). I cataloghi delle mostre Mara Fazio, Silvia Carandini (a cura di), Il sipario magico di Emanuele Luzzati, Officina, Roma, 1980 (Catalogo della Mostra tenuta a Roma, Palazzo delle Esposizioni, nel 1980, e poi a Genova, Torino, Milano, Bergamo, Magdeburgo, Bologna); L’IMPREVEDIBILITÀ DEI LIMITI Il teatro come decalcomania. Le immagini di Emanuele Luzzati per la Tosse, La Casa Usher, Firenze, 1984 (Catalogo della Mostra tenuta a Genova nel 1984); Galleria d’arte Il Vicolo di Genova (a cura di), Lele Luzzati: figure incrociate. L’opera completa di un protagonista della grafica, La Casa Usher, Firenze, 1985 (Catalogo della Mostra tenuta a Pontremoli, convento della Ss. Annunziata, nel 1985); Susi Davoli (a cura di), Le mille e una scena. Teatro-Cinema-Animazione di Emanuele Luzzati, Provincia di Reggio Emilia, 1990 (Catalogo della Mostra tenuta a Reggio Emilia nel 1990); Silvio Ferrari (presentazione di), Guido Giubbini, Franco Sborgi, Tonino Conte, Gina Lagorio, Federico Marzinot e Nalda Mura (testi di), Emanuele Luzzati: le ceramiche (1950-1970), Costa & Nolan, Genova, 1991 (Catalogo della Mostra tenuta a Genova, Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce, nel 1991); Attilio Valenti (a cura di), Luzzati e le favole, Coop Liguria, Genova, 1991 (Catalogo della Mostra tenuta a Genova nel 1991); Sergio Noberini (a cura di), Emanuele Luzzati. Le scenografie 1954-1992, Il Vicolo, Genova, 1992 (Catalogo della Mostra tenuta a Rovigo nel 1992); Giorgio Ursini UrsŠicŠ, Andrea Rauch, Emanuele Luzzati. Scénographe, Union des Théâtres de L’Europe, Parigi, 1993 (Catalogo della Mostra tenuta a Parigi, Centre Giorges Pompidou, nel 1993), Edizione italiana: Giorgio Ursini UrsŠicŠ e Andrea Rauch, Emanuele Luzzati. Scenografo, Tormena, Genova, 1996; Natasha F. Pulitzer (a cura di), Emanuele Luzzati cantastorie: cinema e teatro, navi, libri e illustrazioni, ceramiche, scene e manifesti, arazzi, stoffe e costumi, Coedizioni d’arte, Bassano del Grappa, 1994 (Catalogo della Mostra tenuta a Bassano del Grappa, Palazzo Agostinelli, nel 1994); Sergio Noberini (a cura di), Goffredo Fofi e Carmine De Luca (testi di), Emanuele Luzzati. Illustratore, Tormena, Genova, 1996 (Catalogo della Mostra tenuta a Genova, Palazzo Ducale, nel 1996); Cristina Taverna (a cura di), Mario Monicelli (con un testo di), Campo dei miracoli, Nuages, Milano, 1999 (Catalogo della Mostra tenuta a Venezia, Museo di Palazzo Fortuny, nel 1999); Fabrizio Montecchi (a cura di), teatro Gioco Vita (realizzazione del), Un mondo di figure d’ombra. Omaggio a Lele Luzzati, Press 80, Firenze, 1994 (Catalogo della Mostra tenuta a Piacenza, Chiesa di Santa Maria della Pace, nel 1994); Sergio Noberini e Rudolph Angermüller (a cura di), I Mozart di Luzzati, Tormena, Ge- nova, 2000 (Catalogo della Mostra in corso a Salisburgo, Casa Natale di Mozart, 15 ottobre 1999 - 1 maggio 2000); Sergio Noberini (a cura di), Emanuele Luzzati. Viaggio nel mondo ebraico, Genova, Tormena, 2000 (Catalogo della Mostra in corso a Milano, Palazzo della Triennale, 20 gennaio 12 marzo 2000). La filmografia (dati completi di tutte le voci in Emanuele Luzzati illustratore, Tormena, Genova, 1996) I due guerrieri (incompiuto). Regia: Giulio Ganini e Emanuele Luzzati; produzione: Gianini e Luzzati; origine: Italia 1957; Pulcinella: il gioco dell’oca (incompiuto). Regia: Giulio Gianini e Emanuele Luzzati; produzione: Gianini e Luzzati; origine: Italia 1959; La tarantella di Pulcinella (pubblicità, inedito). Animazione: Giulio Gianini; disegno, scenografia: Emanuele Luzzati; produzione: Gianini e Luzzati; origine: Italia 1959; I paladini di Francia ovvero il tradimento di Gano di Magonza. Regia: Giulio Gianini e Emanuele Luzzati; testo: Emanuele Luzzati, produzione: Gianini e Luzzati; origine: Italia 1960; Castello di carte. Regia: Giulio Gianini e Emanuele Luzzati; testo: Gianni Rodari; produzione: Gianini e Luzzati; origine: Italia, 1962; La gazza ladra. Regia: Giulio Gianini e Emanuele Luzzati; Sinfonia da La gazza ladra di Gioacchino Rossini; produzione: Gianini e Luzzati; origine: Italia 1964; L’armata Brancaleone (titoli di testa per il lungometraggio “dal vero” di Mario Monicelli). Animazione: Giulio Gianini; disegni, scenografia: Emanuele Luzzati; produzione: FairMarceau; origine: Italia, 1966; L’Italiana in Algeri. Regia: Giulio Gianini e Emanuele Luzzati; Sinfonia da L’Italiana in Algeri e Temporale da Il barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini; produzione: Gianini e Luzzati; origine: Italia, 1968; Alì Babà. Regia: Giulio Gianini e Emanuele Luzzati; testo: Emanuele Luzzati; produzione: Gianini e Luzzati; origine: Italia 1970; Brancaleone alle crociate (titoli di testa per il lungometraggio “dal vero” di Mario Monicelli). Animazione: Giulio Gianini; disegno, scenografia: Emanuele Luzzati; produzione: Fair; origine: Italia, 1970; Il viaggio di Marco Polo. Regia: Giulio Gianini e Emanuele Luzzati; testo: Donatella Ziliotto; produzione: Rai -Radiotelevisione Italiana; origine: Italia, 1971; Pulcinella. Regia Giulio Gianini e Emanuele Luzzati; Sinfonia da Il Turco in Italia di 39 IL PEPEVERDE n. 3/2000 Gioacchino Rossini; produzione: Gianini e Luzzati; origine: Italia, 1973; Turandot. Regia: Giulio Gianini e Emanuele Luzzati; testo: Tonino Conte; produzione: Rai -Radiotelevisione italiana; origine: Italia, 1974; L’augellin Belvedere. Regia: Giulio Gianini e Emanuele Luzzati; testo: Tonino Conte; produzione: Rai -Radiotelevisione italiana; origine: Italia 1975; Il flauto magico. Regia: Giulio Gianini e Emanuele Luzzati, brani da Il flauto magico di Wolfgang Amadeus Mozart; collaboratori per le animazioni: Manfredo Manfredi, Jan Trmal; produzione: Thalia Film; origine: Austria, 1978; I tre fratelli. Regia: Giulio Gianini e Emanuele Luzzati; testo: Tonino Conte; produzione: Tsi - Televisione Svizzera Italiana; origine: Svizzera, 1979; La donna serpente. Regia: Giulio Gianini e Emanuele Luzzati; testo: Tonino Conte; produzione: Tsi - Televisione Svizzera Italiana; origine: Svizzera, 1979; La ragazza cigno. Regia: Emanuele Luzzati e J. Trmal; testo: Tonino Conte; produzione: Tsi - Televisione Svizzera Italiana; origine: Svizzera, 1980; La palla d’oro. Regia: Emanuele Luzzati e J. Trmal; testo: Tonino Conte; produzione: Tsi Televisione Svizzera Italiana; origine: Svizzera, 1980; L’uccelllo di fuoco. Regia: Giulio Gianini e Emanuele Luzzati; testo: Tonino Conte; produzione: Tsi - Televisione Svizzera Italiana; origine: Svizzera 1981; Pulcinella e il pesce magico. Regia: Giulio Gianini e Emanuele Luzzati; testo: Tonino Conte; produzione: Tsi - Televisione Svizzera Italiana; origine: Svizzera 1981; Il libro. Regia: Giulio Gianini e Emanuele Luzzati; testo e musica: Angelo Branduardi; produzione: Musiza; origine: Italia 1983; Concerto per gatti. Regia, sceneggiatura: Giulio Gianini; disegno, scenografia: Emanuele Luzzati; musica: Concerto per gatti di Gioacchino Rossini; produzione: Gianini e Luzzati; origine: Italia, 1985; Contrappunto bestiale. Animazione: Giulio Gianini; disegno, scenografia: Emanuele Luzzati; musica: Contrappunto bestiale alla mente di Adriano Banchieri; produzione: Gianini e Luzzati; origine: Italia, 1986; Jerusalem. Animazione: Giulio Gianini e Emanuele Luzzati; produzione: Tower of David Museum of the History of Jerusalem; origine: Israele, 1990; La casa dei suoni, da un libro di Claudio Abbado. Animazione: Giulio Gianini e Emanuele Luzzati; produzione: Flitz Buttenstedt, Boris Riaskov; cassetta in allegato a La Casa dei Suoni, supplemento al n. 4 della rivista mensile “Video Art Concerto”. S t u d i e r i c e r c h e Itinerari di Carla Marotta Conoscenza e difesa dell’ambiente Nella mia quotidiana esperienza di insegnante di scienze nella scuola media, sperimento spesso la difficoltà di stimolare nei ragazzi un interesse verso la conoscenza e la difesa dell’ambiente che vada oltre l’entusiasmo del momento e produca un effettivo cambiamento delle abitudini, favorendo la formazione di una coscienza responsabile. In questa impresa raramente ricevo un valido supporto dai libri di testo in circolazione, nei quali continuo a riscontrare un modo freddamente manualistico e prevalentemente catastrofistico di proporre lo studio dell’ambiente: trovo negli indici argomenti relativi all’inquinamento, al degrado, alle tanto paventate catastrofi planetarie, sfoglio le pagine alla ricerca di proposte di esplorazione e di ricerca che corrispondano alla passione che molti insegnanti come me vorrebbero trasmettere insieme alle conoscenze, ma quasi mai trovo qualcosa di adatto; solo definizioni e nozioni, poco o nulla che indirizzi i ragazzi ad una “lettura” dell’ambiente come l’entità mirabilmente organica ed armoniosa quale esso è. È francamente difficile che sentano la curiosità di esplorarlo se si aspettano di trovarvi solo rifiuti e degrado. Come sollecitare allora il coinvolgimento emotivo personale degli alunni nel processo di apprendimento, evitando di fare terrorismo psicologico? Ritengo che una buona soluzione stia nell’adottare una duplice strategia: 1. Progettare e realizzare con i ragazzi un lavoro sul campo, privilegiando l’approccio pratico-sperimentale, il contatto diretto con l’ambiente naturale, attraverso uscite, visite guidate, raccolta e catalogazione di reperti e materiali, conduzione di indagini, in modo che gli alunni capiscano che si può fare ecologia in ambito “domestico”, osservando il giardino vicino a casa o il muro del cortile della scuola, un piccolo acquario o un albero qualunque di un viale cittadino, e trovare comunque molto di interessante da osservare. 2. Utilizzare la dimensione ludica, proponendo loro giochi di ruolo e di simulazione attraverso i quali comprendere in prima persona le dinamiche ambientali e le relazioni tra i viventi e l’ecosistema. 40 IL PEPEVERDE In questo modo i ragazzi possono innanzi tutto conoscere ed apprezzare gli equilibri naturali e, solo in seguito, maturare il concetto di tutela e far proprie le leggi che regolano il comportamento dell’uomo nei confronti dell’ambiente. Quanto più personalizzata sarà l’esperienza di ognuno, tanto maggiore sarà la possibilità di poter creare in lui una coscienza ecologica. Manuali per la programmazione didattica Per la programmazione didattica delle attività di educazione ambientale esistono diverse proposte editoriali. Manuali pratici e propositivi per un’introduzione teorica ed operativa all’ecologia e alla ricerca d’ambiente, forniti di indicazioni metodologiche e schede didattiche, sono: - V. Midoro, R. Briano, L’educazione ambientale a scuola, Menabò, Ortona, 1999. Il testo illustra l’approccio metodologico messo a punto dagli autori/ricercatori dell’Istituto per le Tecnologie Didattiche del Cnr in decine di progetti di educazione ambientale. In esso sono riconoscibili non solo i punti forti avanzati in questi ultimi anni dal mondo della ricerca nel settore dell’educazione ambientale a livello nazionale e internazionale e dalle associazioni ambientaliste, ma anche idee e metodi provenienti dal settore delle tecnologie didattiche. - F. Frabboni, G. Gavioli, G. Vianello (a cura di), Ambiente s’impara, Franco Angeli, Milano, 1998. Il volume intende portare un doppio contributo nell’ambito dell’educazione ambientale: anzitutto fonda i principi teorici e metodologici della ricerca e delle scienze ambientali a partire dalla sintesi degli apporti pedagogico-didattici e delle scienze ecologiche, poi suggerisce agli insegnanti e agli operatori ambientali linee di progettazione e di sperimentazione empirica fondamentali per divulgare presso le nuove generazioni una conoscenza/coscienza collettiva delle problematiche ecologiche. - P. Bonfanti, F. Frabboni, L. Guerra, C. Sorlini, Manuale di educazione ambientale, serie “Fare scuola”, Laterza, Bari, 1993. L’ambiente inteso come un’“aula didattica” che consente di aprire la rigida organizzazione scolastica ed atn. 3/2000 per leggere l’ambiente tivare le qualità migliori della scuola e dell’extrascuola. Nel libro tale funzione è scomposta nella presentazione di due “decaloghi”, il primo per l’educazione ambientale (i perché pedagogici), il secondo per la didattica ambientale. Un capitolo è dedicato alla centralità delle discipline le quali, attraverso le unità didattiche, hanno la possibilità di entrare in relazione tra loro. - V. Cogliati Dezza (a cura di), Un mondo tutto attaccato. Guida all’educazione ambientale, collana “Ambiente e società” a cura della Legambiente, Franco Angeli, Milano, 1993. Il volume, indicando percorsi didattici sperimentati, coerenti e originali, fornisce agli insegnanti di scuola elementare (I e II ciclo) e scuola media inferiore e agli operatori dell’extra-scuola coerenti spunti di lavoro. - P. Orefice, A. Avenanti (a cura di), Educazione ambientale e didattica del territorio: resoconti ed esperienze di lavoro nella Scuola Media, Giunti e Lisciani (“Educazione nuova. Le idee e gli strumenti”), Teramo, 1991. Si tratta della presentazione articolata, arricchita da materiali di programmazione e di documentazione, di un progetto di conoscenza del territorio sviluppato con alcune scuole medie di 1° grado. Articolato in unità didattiche, ogni esperienza è legata ai temi affrontati: fiume, mare, centro storico. - F. Gattini, D. Salvadori, Schede per l’ambiente. Strumenti e proposte per la didattica, Irrsae Toscana-Le Monnier, Firenze, 1991. L’opera contiene, nella prima parte, una quantità di notizie non facilmente reperibili dalle scuole, oltre a una bibliografia ordinata per temi. Nella seconda parte vengono presentate proposte e materiali didattici di vario tipo: schede metodologiche disciplinari studiate per la programmazione di ogni materia in riferimento ai programmi ministeriali; schede di osservazione adatte per essere fotocopiate e adoperate direttamente dagli studenti; schede di proposte che suggeriscono attività di vario tipo; indicazioni per la documentazione, memorizzazione, pubblicizzazione dei lavori e delle ricerche prodotti dalle scuole. - R. Ammassari, M. T. Palleschi (a cura di), Educazione ambientale: gli indicatori di qualità. Un percorso coerente 41 IL PEPEVERDE dalle scuole elementari alla formazione professionale, Franco Angeli (Isfol, “Strumenti e ricerche”, n. 32), Milano, 1991. L’improvvisazione di molte attività formative, l’occasionalità di finanziamenti adeguati, il faticoso procedere solo attraverso il volontarismo degli insegnanti, la frammentarietà delle esperienze hanno fatto spesso dell’educazione ambientale un contenitore nel quale far confluire esperienze diverse e pratiche didattiche similari, dall’educazione scientifica alla ricerca naturalistica, all’educazione civica, all’educazione alla pace ecc. Quali allora i caratteri distintivi dell’educazione ambientale? La ricerca di indicatori di qualità dei progetti di educazione ambientale si accompagna ad una attenta analisi della loro interdisciplinarietà, ed anche del loro permanere nei vari ordini di scuola. Dopo i primi quattro capitoli dedicati alla elaborazione e motivazione degli indicatori di qualità, il volume passa a presentare progetti educativi dei vari ordini di scuola (dalla elementare alla secondaria superiore). - G. Rescigno, introduzione di F. Frabboni, Studiare l’ambiente: teoria e pratica, Editori Riuniti, Roma, 1989. Dopo una breve premessa sugli aspetti teorici della “ricerca d’ambiente”, il volume presenta tre esperienze di lavoro sul campo, realizzate da altrettante classi di scuola media, concependo gli ambienti interessati come “libro di lettura”: il bosco, il torrente, l’inquinamento urbano. - M. Bertacci, Fare ecologia nella scuola elementare, Giunti e Lisciani (“Educazione nuova. Le idee e gli strumenti”), Teramo, 1989. Cento schede di programmazione rivolte agli insegnanti raggruppate per temi (bosco, acqua, casa, prato) si propongono come un manuale operativo per la didattica d’ambiente. - L. Berlinguer, S. Caravita, A. Rissotto, Il nostro mondo. Alla scoperta degli ambienti italiani, (Quaderni del Laboratorio, n.21) Istituto di Psicologia del Cnr, Reparto di Psicopedagogia, Roma, 1996. Presentazione del programma informatico “Il nostro mondo” (vedi banca dati “Andrea”): una sorta di banca dati sull’ambiente vicino per bambini dalla materna alla media. I bambini vengono n. 3/2000 coinvolti in un processo di riflessione sull’ambiente e sulla loro esperienza e conoscenza di esso, vengono guidati al mettere in relazione e organizzare queste loro riflessioni e a comunicarle e scambiarle con altri bambini. Riflessioni pedagogiche sulla comunicazione, e in particolare sulla scrittura come forma di comunicazione, insieme a una guida all’uso del programma nella didattica, completano la presentazione. Guide alla sperimentazione didattica che hanno origine dall’esperienza degli autori, con ipotesi metodologiche e proposte concrete, presentate passo per passo, su come realizzare in classe i principi e gli obiettivi ecologici, ricche “Andrea”: educazione ambientale in Rete “Andrea”, Archivio nazionale di documentazione e ricerca per l’educazione Ambientale, è un sistema informativo e contemporaneamente un progetto di ricerca educativa, rivolto ad insegnanti ed operatori ambientali, dentro e fuori la scuola, che intendano realizzare proposte didattiche di educazione ambientale. Un prezioso strumento di ricerca e di lavoro, nato dalla collaborazione dell’Istituto di Psicopedagogia del Cnr, del Ministero dell’Ambiente e del Ministero della PI, composto da due banche dati: l’una, la banca dati “Andrea” destinata agli educatori, l’altra, la banca dati “Il nostro mondo”, un progetto didattico per bambini delle ultime classi delle elementari e le prime della scuola secondaria inferiore. Una rete bibliografica e di esperienze unica in Italia, capace di fornire informazioni su tutti i diversi agenti che operano nel settore dell’educazione ambientale, sui materiali prodotti, sulle attività in corso. Pensato fondamentalmente per operatori adulti, l’archivio è stato sviluppato su tre livelli di ricerca, per permettere anche ad utenti inesperti di accedervi e reperirvi informazioni, ha un’interfaccia abbastanza semplice ed intuitiva e un help in linea che guida l’utente nella consultazione. Per insegnanti e studenti di ogni ordine di scuola, la sua consultazione costituisce un prezioso strumento di insegnamento-apprendimento, alternativo ai libri di testo, ancora generici o poco documentati in materia e soprattutto più funzionale alla formazione della capacità di interconnessione dei concetti, fondamentale nello studio dell’ambiente e tanto difficile da far acquisire ai nostri ragazzi, bombardati da nozioni frammentarie e slegate che non riescono a sistemare organicamente. Ogni scheda dell’archivio è un invito implicito 42 IL PEPEVERDE a partecipare in prima persona: leggere un libro o una rivista, compiere un’escursione in un parco, una riserva o un centro di educazione ambientale, fare una visita ad un museo, ad un acquario, ad un orto botanico, seguire un corso, partecipare ad un concorso, progettare un’attività didattica, un percorso d’apprendimento. La banca dati può essere continuamente arricchita da altri enti che si interessino in modo continuativo di educazione ambientale, e che vogliano proporre la propria esperienza educativa, contattando i Laboratori territoriali, referenti regionali del sistema, i cui indirizzi sono reperibili nel sito. Il laboratorio virtuale “Il nostro mondo”, dedicato in particolare all’educazione ambientale nella scuola dell’obbligo, è una banca dati ad accesso facilitato per i giovanissimi, curata dal reparto di Psicopedagogia dell’Istituto di Psicologia del Cnr, aperta alle classi di scuola elementare e media che vogliano consultarla o proporre i propri lavori di ricerca e documentazione in campo ambientale. La valenza pedagogica del laboratorio virtuale è duplice: i ragazzi non sono solo utenti che prelevano informazioni, imparando a consultare una banca dati, ma operatori attivi che producono materiali e arricchiscono l’archivio per tutta la comunità scientifica; inoltre, la necessità di produrre materiali consultabili da altri, è un forte stimolo a sviluppare capacità di produzione e revisione dei testi e di lettura critica dell’informazione. Il software consente l’accumulo e l’organizzazione dei risultati di lavori che vengono comunemente dispersi e che invece possono essere la base per progettare nuove esperienze. La raccolta di questi materiali può costituire un’interessante base di ricerca per chi si occupa di educazione ambientale. n. 3/2000 ITINERARI PER LEGGERE L’AMBIENTE di suggerimenti, idee, consigli semplici e chiari, corredati da illustrazioni esplicative, per l’organizzazione di giochi, esperienze, attività, sono: - G. Zavalloni, D. Zavalloni, Educare all’ambiente a casa, a scuola e nel territorio, “Vivere e imparare”, Macro Edizioni, Cesena, 1998. Si tratta di un manuale d’approccio ai vari ambienti, al modo di scoprirli e ai numerosi modi di esplorarli. Mentre nella prima sezione del libro gli ambienti considerati sono quelli naturali (fiume, bosco, siepi, ecc.), nella seconda ci si occupa degli ambienti a scuola e a casa: dal problema dei rifiuti, alla “mensa scolastica ecologica”, fino alla possibilità di fare un piccolo orto botanico con calendario delle semine. - “I libri del Far Fare. Ambiente” (Collana di manuali didattici), Elle Di Ci, Leumann, 1998: M. Da Vià, M. Glisoni, Il bosco e la mia città; M. Glisoni, A. Caturan; Sento il vento con un dito; E. Data, Miti miti e miti ribelli. Percorsi didattici dalla struttura innovativa per proporre l’educazione ambientale con letture, giochi di simulazione e di ruolo, esplorazioni, sperimentazioni. - “Percorsi educativi due”: Esplorare, Riflettere, Comunicare (“Progetto Qualità della Vita”), V. Cogliati Dezza, (a cura di), G. Missaglia (a cura di), Editrice C.P.M., Milano, 1997. Il programma “Qualità della vita” è promosso e realizzato dalla Società Barilla in collaborazione con Le- gambiente. I “Percorsi Educativi due”, tre quaderni raccolti in un cofanetto, si caratterizzano come approfondimenti scientifici e didattici trasversali alle quattro tematiche guida del programma “Qualità della vita”: Ambiente, Alimentazione, Salute e Sport. “Esplorare” propone agli insegnanti e ai ragazzi della scuola media ed elementare un percorso formativo che intreccia il gioco con l’esplorazione ambientale, l’affinamento delle abilità motorie con lo sviluppo della cooperazione. Il percorso parte dall’esplorazione sistemica del quartiere compiuta dalla classe, continua con la costruzione di un tracciato di orienteering nei luoghi esplorati, attraversa una valutazione di qualità ambientale del territorio esplorato e infine culmina con una giornata in cui, lungo questo tracciato, si corre una gara-gioco che metta a frutto le conoscenze e i problemi emersi dall’esplorazione. “Quaderni di educazione ambientale WWF Italia”: una serie di quaderni didattici ricchi di proposte ed indicazioni per realizzare attività pratiche in classe e all’aperto: R. Lorenzo, Scopriamo l’ambiente urbano, n.1, 1988; P. Ascani, M. Dinetti, Il Giardino naturale: come ospitare piccoli ambienti naturali vicino a scuola, n.2, 1988; G. Bonalume, La foresta in Classe, n. 4; 1988; I. De Vecchi, Il grande albero, n. 8, 1990; M. A. Quadrelli, M. V. Rossetti, Colori, profumi, suoni e…, n. 10, 1990; M. Spoto, P. Nascimbene, Le aree protette: come, dove, perché, n. 18, 1992; P. Nascimbene, Un’oasi a scuola: come creare una fitta rete di microambienti naturali, n. 19, 1992; V. Consoli, F. Tonucci, Ridateci la Nostra Città. Come i bambini possono difendere e riconquistare la città, n. 24, 1996. Un mare di Boschi: Progetto WWF sulle foreste del Mediterraneo, n. 32, 1996; - G. Zavalloni, La scuola ecologica, Macro Edizioni, Cesena, 1996; J. Cornell, Scopriamo la natura assieme ai bambini Red Edizioni, Como. 40 percorsi di gioco sperimentati da un insegnante che da anni fa educazione ambientale a contatto diretto con la natura. - S. Loos, E. Passerini, Giocambiente: 10 giochi per l’educazione ambientale, Edizioni Gruppo Abele, Torino, 1995 (cartella con opuscolo esplicativo e n. 5 tavole di gioco). Sono proposte tre tipologie di gioco: gioco di ruolo, gioco di simulazione e gioco cooperativo. Una chiara presentazione consente di capire i significati differenti di tali giochi, e quindi aiuta molto chi voglia costruirne nell’ambito dell’attività in classe. Su internet Segnalo inoltre un sito Internet in cui reperire spunti didattici, indirizzi, indicazioni bibliografiche sulla cosiddet- 43 IL PEPEVERDE n. 3/2000 STUDI E RICERCHE ta letteratura grigia, cioè su materiali che non hanno una rete di distribuzione organizzata e riconoscibile come le librerie o le edicole, e molto altro sull’educazione ambientale: “Andrea”, Archivio nazionale di documentazione e Ricerca per l’educazione Ambientale, consultabile nel sito Infea del Ministero dell’Ambiente all’indirizzo http://www.via.minambiente.it (vedi scheda). Libri per ragazzi Nel progettare gli interventi didattici è in ogni caso fondamentale prevedere per gli alunni la lettura guidata e individuale di testi adatti e stimolanti per le diverse fasce d’età, che sollecitino la curiosità ed indirizzino l’osservazione e l’esplorazione. Le proposte che seguono tentano di comporre una bibliografia ragionata di educazione ambientale per bambini e ragazzi, cercando di mettere d’accordo la correttezza scientifica e metodologica con il piacere della lettura, che non va mai trascurato, anche e soprattutto quando si tratta di trasmettere contenuti educativi. Testi corretti e curati sotto il profilo scientifico, ma agili, ben scritti e ben illustrati, per i bambini della scuola elementare sono: - Aria; Alimenti; Alberi; Rifiuti; Acqua; Vita in città; Energia, Collana “Obiettivo ambiente”, Editrice Scienza, 1996. I volumi oltre a fornire un quadro preciso dell’impatto dell’attività umana sull’equilibrio ambientale del nostro pianeta, contengono suggerimenti per concrete attività di intervento nella vita quotidiana, test e prove pratiche per verificare lo stato dell’ambiente, riferimenti bibliografici e indirizzi utili. - B. Savan, Intorno al mondo in ecociclo, Collana “Scienza a merenda”, Editrice Scienza, 1995. Spiega in modo chiaro e appassionante i meccanismi del ciclo dell’acqua, come circola l’aria che respiriamo, che cos’è un habitat, come vivere con le piante, animali e persone. 44 IL PEPEVERDE - M. Manning, A scuola di natura, Collana “W la scuola”, Editrice Scienza, 1998. È un libro per conoscere e salvaguardare piante e animali in diversi ambienti e svolgere tante bellissime attività originali e progetti divertenti: imparare a riconoscere le tracce degli animali, fare un safari di insetti, dare un colore ai suoni della natura. - Tracce a sorpresa; Erbario, Collana “Sorprese”, Editrice Scienza, 1997. Volumetti interattivi con cassettino delle sorprese, ricchi di immagini, curiosità, completi di istruzioni per apprendere costruendo e divertendosi. - P. Wright, Gli uccelli; Lo stagno, Collana “Mini-Habitat”, Editrice Scienza, 1993. Libri-guida con percorsi che vanno dall’osservazione diretta alla realizzazione pratica di un nido e di uno stagno, mescolando conoscenze tecniche ed abilità manuali. - R. Mettler, La natura di mese in mese, E. Elle, Trieste, 1998. È un bell’album delle stagioni, concepito come un diario naturalistico, che presenta, di mese in mese, i cambiamenti ambientali di uno stesso scorcio della campagna francese, ricco di consigli su dove e come guardare per cogliere gli adattamenti al variare del clima, le strategie di sopravvivenza, la perfezione dei meccanismi ambientali messi a punto dalla natura in millenni di evoluzione. - C. Del Corso, N. Fedrighini, Tuteliamo la natura, (“Arnica-progettazione ambientale”), tre quaderni per le classi del II ciclo della scuola elementare, Provincia di Torino, 1998. Un progetto triennale che si configura per il bambino come un cammino di scoperta della natura e delle sue leggi, attraverso un racconto fantastico e una trattazione scientifica arricchita da schede pratiche per preparare le escursioni. Per la fascia d’età dai 10 ai 14 anni vi sono diverse valide proposte editoriali vecchie e nuove, per letture soprattutto individuali, esplorazioni ed attività naturalistiche: - E. Alleva, S. Petruzzi (a cura di), “Le guide ad occhi aperti”: La casa; La città; La duna; La macchia mediterranea, AdnKronos libri, Roma, 1998; - G. Nucci, Manuale del giovane ambientalista, Mondadori, Milano, 1999; - 50 piccole cose semplici che i ragazzi possono fare per salvare la terra, The Earth Works Group, Sperling & Kupfer. I volumi spiegano ai più giovani i problemi ambientali, suggerendo come cambiare le proprie abitudini quotidiane verso un maggiore rispetto per l’ambiente e a rendersi utili in prima persona per il futuro della terra; - Missione Terra, scritto dai ragazzi di tutto il mondo, Macro Edizioni, Cesena, 1996. Con illustrazioni a colori, fotografie e un’impostazione grafica che invogliano alla lettura e permettono al “messaggio” di catturarne fantasia e sensibilità, raccoglie disegni, poesie, racconti, riflessioni, proposte e progetti per salvare la Terra; è un libro di grande semplicità ed efficacia che può essere utilizzato dagli n. 3/2000 ITINERARI PER LEGGERE L’AMBIENTE educatori per risvegliare l’interesse dei ragazzi verso le tematiche ambientali; - L. Poggiani, Tracce di animali sulla spiaggia sabbiosa, Quaderno WWF n. 5, 1988; - M. Spoto, F. Zuppa, Un’aula in riva al mare, Quaderno WWF n. 7, 1989; - Un mare di Boschi: Progetto WWF sulle foreste del Mediterraneo, nn. 33 e 34, 1996; - Fare per capire, schede di esperimenti per la conservazione a cura WWF Italia e World Scout Bureau. Utilissimo manuale di esperimenti pratici per la conoscenza e la conservazione dell’ambiente, ad uso sia degli allievi che degli insegnanti. Le guide Segnalo anche alcune guide, benché non recentissime, ma sempre valide, da consultare con l’aiuto degli insegnanti in preparazione e durante le uscite naturalistiche: - S. Caravita, A. Messina, L’esplorazione naturalistica: alcune tecniche ed indicazioni didattiche, (Quaderni del Laboratorio, n. 6), Cnr, Istituto di Psicologia, Reparto di Psicopedagogia, Roma, 1986. Dà indicazioni sull’apprendimento per esperienza, sul lavoro sul campo con osservazione e raccolta dei dati, sulle escursioni: equipaggiamento, attrezzatura, dove, cosa, come fare, consiglia metodi per la ricerca, raccolta, conservazione e trasporto di campioni vegetali e animali; - P. Touyre, Il libro della natura, (trad. E. Mongini), Touring club italiano, 1987. Una guida per i giovani escursionisti con i consigli necessari per osservare con discrezione, senza arrecare disturbo e danno e comprendere bene i segreti della natura; - S. Bartoli, A. Rambaldi, Come portare a casa la natura lasciandola dov’è. Ovvero il taccuino del naturalista, Qua- 45 IL PEPEVERDE derno WWF, n.21, Roma, 1992. Un diario da personalizzare con disegni ed indicazioni utili da portare sempre con sé nelle escursioni in natura; - Natura amica a cura del WWF Verona. Manuale di osservazioni naturalistiche sulla flora e la fauna di alcuni ambienti (città, costa rocciosa, montagna, stagno, spiaggia) da leggere e da colorare con allegate dieci schede estraibili disegnate da Fulco Pratesi; - I ricercambiente, a cura del WWF di Verona. Quaderno per ricerche in quattro ambienti “marginali”: fossi e paludi, prato, siepe, muretti a secco; tutto ciò che c’è da osservare, cosa si può fare per salvaguardarli, con spazio per appunti e disegni; - G. Allen, J. Denslow, Alberi; Animali d’acqua dolce; Fauna costiera; Fiori; Impronte e tracce; Insetti ed altri animaletti privi di scheletro osseo; Ossa; Piante senza fiori; Uccelli; “Libri chiave”, La Scuola, Brescia; 1982-83. Una collana che introduce i ragazzi nel campo intricato delle classificazioni sistematiche seguendo lo stesso metodo degli studiosi e consente di eseguire semplici e divertenti ricerche. n. 3/2000 R a g n a t e l a Le collane Edizioni Lapis: “Carlo il tarlo” Tarlo anticonformista «Io sono Carlo il tarlo / i libri mi divoro / e preferisco farlo / al posto del lavoro. / Ridendo ho superato / di ogni libro il segno / e spesso ho sgranocchiato / il sogno e non il legno!». Un tarlo anticonformista, armato di coltello e forchetta per mangiarsi un bel libro, è il simbolo di questa originale collana ideata dalla Casa editrice Lapis di Roma, e distribuita dai Fratelli Palombi Editori, e quella che avete appena letto è la filastrocca che accompagna Carlo nella sua scorpacciata di parole, immagini e poesia. Caratteristica dominante dei nove volumetti finora pubblicati è la fusione tra illustrazione e testo, come elementi in continuo rapporto creativo fra di loro. Pecore di Lorenzo Terranera è un racconto per immagini e dialoghi che descrive con toni surreali il viaggio di una lunga fila di pecore, ognuna incollata all’altra, che maledicono la sfortuna portata dalla solita pecora nera, e neppure si accorgono che a capo del gregge c’è in realtà un lupo travestito da pecora; oppure che da giorni stanno procedendo in circolo, senza arrivare da nes- suna parte. Con uguale tratto ironico l’autore ci illustra la “movimentata” vita dei Bradipi, gli animali più pigri e sonnolenti del mondo, perennemente attaccati al ramo di un albero. Lorenzo Terranera cura anche le fiabesche illustrazioni di Analisi, breve libriccino di Benedetto Tudino, non a caso dedicato alla Grammatica della fantasia di Gianni Rodari: le poesie, ispirate all’analisi grammaticale e all’analisi logica, sono seguite da un Manuale minimo per avvicinarsi alla scrittura in filastrocca, un invito per il bambino a giocare con le parole e a comporre da solo versi e rime. 46 IL PEPEVERDE Fa a meno delle parole Giulia D’Anna, che tratteggia tre incantevoli storie d’amore nel suo Amori in salamoia; nella prefazione Syusy Blady paragona giustamente i racconti a «piccoli film», nei quali si intrecciano i desideri e i sentimenti di donne e uomini che non hanno perso la capacità di sognare: l’operaia che inscatola pomodori e usa le scatole di pelati come veicolo per comunicare con l’amato; la ragazza punk che fa innamorare un uomo “normale”, complice la frequentazione di una piscina; infine la poetica relazione tra un timido signore con gli occhiali e una bellissima donna-angelo nei bassifondi della città. L’amicizia è invece al centro di Amore e matematica e Dietro le quinte, di Giovanni Nucci, con le illustrazioni di Paolo Ravagli: attraverso i dialoghi tra Francesco e Nicola, due inseparabili amici e compagni di scuola, vengono raccontate le prime cotte, le piccole difficoltà della vita quotidiana, l’importanza del sostegno e dell’aiuto che solo un vero amico può dare. Un singolare espediente narrativo è quello n. 3/2000 di intrecciare le parole del racconto alle voci di due grandi poeti: W. H. Auden con lo splendido poemetto La verità, vi prego, sull’amore accompagna la furiosa cotta di Nicola per la figlia della terribile insegnante di matematica; mentre il Sogno di una notte di mezza estate viene messo in scena durante la recita scolastica, dove Francesco si innamora della bella Elena, che però sta con Luigi; ma quanto a scambio di coppie, la commedia di Shakespeare ha molto da insegnare, e tutto finirà per il meglio. Non poteva mancare un giallo tra i libri di “Carlo il tarlo”; Philippe Gratin e il Piano Calamita di Renzo Mosca è una summa del genere poliziesco: il protagonista è un ladro di opere d’arte geniale e cortese, che compie tutti i sui furti solo per omaggiare l’adorata fidanzata Priscilla, mettendo in crisi con la sua astuzia le mi- LE COLLANE Ultimo solo nel nostro elenco Angeli di Valeria Ricciardi, una vera e propria mappa angelica, utile per orientarsi tra le schiere di Cherubini, Serafini, Troni e Arcangeli, senza dimenticare gli Angeli custodi e quelli addetti a mansioni speciali, come gli Angeli del giorno e dell’universo, dei mari e delle piante, dei venti e degli animali. Tra tutti i volumi questo è forse quello maggiormente indicato per i bambini, più vicini allo spirito degli angeli e quindi più a loro agio tra le immagini poetiche e luminose del loro mondo. I titoli di “Carlo il Tarlo”: Lorenzo Terranera, Pecore; Giovanni Nucci, Amore e matematica, illustrazioni di Paolo Ravagli; Benedetto Tudino, Analisi, illustrazioni di Lorenzo Terranera; Fabio Magnasciutti, Dizionario di zio Mario dalla a alla c; Lorenzo Terranera, Bradipi; Renzo Mosca, Philippe Gratin e il Piano Calamita, illustrazioni di Fabio Magnasciutti; Giovanni Nucci, Dietro le quinte, illustrazioni di Paolo Ravagli; Valeria Ricciardi, Angeli; Giulia D’Anna, Amori in salamoia; Lapis, Roma, 1999. Valentina De Propris Edizioni Cideb: “Reading and training” una guida ai film tratti dai lavori del drammaturgo inglese. Ogni unità, preceduta da brevi note che riassumono la trama e invitano i lettori alla riflessione su alcuni argomenti salienti, è riservata ad un tema specifico a cui è abbinata una commedia o una tragedia. Interessante la scelta delle immagini: foto e locandine, rigorosamente d’epoca. Chiara Attolini gliori menti di Scotland Yard; ma l’agente Burton gli sta alle costole e cercherà di prevenire ogni sua mossa, per sventare il prossimo colpo della banda e guadagnarsi l’ammirazione e l’amore dell’affascinante ausiliaria Samantha Eggar. Le avventure di P.G., ladro in guanti gialli, sono illustrate da Fabio Magnasciutti, autore dell’originale Dizionario dello zio Mario dalla a alla c, nel quale 84 vocaboli, da abbacchiato a cucinotto, vengono reinventati grazie a giochi di parole, doppi sensi e rebus, e illustrati secondo il nuovo significato: il barcollamento è un bar pieno di persone che soffrono, il bruciore un orologio in fiamme, l’allucinazione una ginnastica per i piedi, e così via. Divertirsi con le lingue Mi sembra utile ricordare l’importanza che ha per i giovani lo studio delle lingue straniere, tanto più facile quanto più reso piacevole da insegnanti, educatori, genitori. Proprio per rendere divertente l’apprendimento delle lingue, la Cideb pubblica da sempre testi in lingua originale di cui, spesso, propone riscrizioni finalizzate alla facilitazione della lettura. Negli ultimi anni è stata sempre crescente l’attenzione della Casa editrice per i giovani e i giovanissimi a cui sono dedicate due collane, una per la scuola elementare e una per la media, con più di cento proposte tra grammatiche, letture, testi di drammatizzazione, video e cd-rom e decine di novità, tra le quali ne vorrei segnalare due. La prima è A midsummer night’s dream, nel catalogo “Cideb 2000”, presentato alla Fiera di Francoforte. Con Macbeth e Romeo and Juliet – quest’ultimo anche in cd-rom – la Cideb propone ancora una rilettura, da copione a racconto, in lingua inglese, pensata per i ragazzi. La struttura del libro è studiata non solo per consentire ai lettori di impratichirsi con una delle lingue più parlate nel mondo, ma anche per garantire un piacevole approccio al mondo del teatro. Alcune pagine dedicate alla vita di Shakespeare e all’inquadramento storico della commedia, fanno da introduzione al libro diviso in sette parti con sezioni utili all’apprendimento della lingua inglese. Interessanti i tre approfondimenti storico-drammaturgici relativi alla Corte ateniese, al Bosco e alle Fate e alla Popolarità del Sogno. A conclusione del libro non mancano dodici pagine riser47 IL PEPEVERDE vate alla riscrizione, ovviamente “in breve”, del copione. Belle e come sempre coloratissime le illustrazioni di Gianno De Conno, valorizzate dalle attente scelte grafico-editoriali di Nadia Maestri. All’interno del catalogo Cideb, per gli amanti del drammaturgo inglese, è d’obbligo una lettura almeno di All the World’s a Stage, una raccolta di temi tratti dai più noti lavori shakespeariani, in lingua originale con testi a fronte. Attenta l’introduzione con note sulla vita e sul teatro shakespeariano; la cronologia delle opere; un buon quadro storico e n. 3/2000 R a g n a t e l a Le schede Sofia Gallo Giganti illustrazioni di Chiara Rapaccini Nuove Edizioni Romane, Roma, 1999 Spesso e volentieri mi capita di leggere libri freschi di stampa per una recensione, oppure perché, essendo un appassionato, mi incuriosiscono le storie e le illustrazioni; però un libro come questo sono anni che non mi capita tra le mani. Appena l’ho letto ero sconvolto. Non tanto perché non conoscessi la storia dei due giganti Gargantua e Pantagruele del grande scrittore francese del Cinquecento Rabelais, per secoli censurata e bandita perché “colpevole” di essere descritta con un linguaggio piuttosto colorito, quanto perché qualcuno era riuscito coraggiosamente a “tradurla” per una lettura destinata ai ra- gazzi. Ancora incredulo ho deciso di rileggere il libro e non nascondo di essermi di nuovo divertito da matti: due giganti così goffi, ridicoli, surreali e divertenti impegnati in avventure esilaranti e rocambolesche. Che delizia! Volevo assolutamente conoscere l’autrice: telefono alla Casa editrice e mi dicono che Sofia Gallo presenta il suo libro in una nota libreria per ragazzi nel cuore di Roma. Ci vado. È una bella serata autunnale e nella libreria tutto è pronto per la presentazione: gigantografia della bella copertina di Chiara Rapaccini, microfoni per gli attori recitanti, scaffale con il libro in bella mostra, rinfresco previsto per la fine a base di vino e salamini. La cosa si fa interessante. Comincia ad arrivare gente, poi, quando ormai è tutto pieno, salta fuori Sofia Gallo e inizia a parlare del suo libro con una voce dolce e rassicurante: «Ho sempre avuto un debito di riconoscenza nei confronti di Rabelais, perché le due figure gigantesche di Gargantua e Pantagruele erano le uniche illustrazioni che rallegravano al liceo il mio testo di letteratura francese. E allora perché non rispolverarle e proporle ai ragazzi? Io ho voluto mettere in evidenza l’ironia di Rabelais sull’affanno degli uomini nel cercare il potere e la gloria, la critica alla 48 IL PEPEVERDE massificazione dei desideri e delle mode e l’invito a saper stare insieme superando confini mentali e geografici tra i popoli». Il risultato è straordinario: con un linguaggio schietto e con le illustrazioni ironiche e di grandissimo effetto della sempre brava Chiara Rapaccini, le folli avventure dei due giganti che si mangiano i contadini nell’insalata, che affettano gli uomini come salamini, che organizzano feste a base di ettolitri di vino, che non si preoccupano di sfogare la loro ira con parolacce e volgarità, diventano un testo divertentissimo che lancia ai ragazzi non pochi spunti di riflessione. Al termine della presentazione incontro l’editrice Gabriella Armando e le faccio i complimenti per il coraggio di aver pubblicato un libro come questo. Già, perché i ragazzi di oggi – ai quali televisione, cinema, video-giochi e chi più ne ha più ne metta propinano violenza gratuita e volgarità spicciola – è bene che sappiano che un monaco francese del Cinquecento, rettore di due parrocchie, medico personale dell’arcivescovo di Parigi, usava lo stesso linguaggio sboccacciato e colorito dei giovani di oggi non tanto per un divertimento sterile fine a se stesso, ma per denunciare provocatoriamente falsità, di- n. 3/2000 sonestà, mediocrità, razzismo, intolleranza e conformismo. Per assaporare tutto il valore di questo libro consiglio ad insegnanti ed educatori di leggerlo a voce alta insieme ai ragazzi. Gaetano D’Onofrio Nicoletta Codignola Millanta la gallina canta illustrazioni di Arianna Papini Fatatrac, Firenze, 1999 Una vera e propria chicca, nel panorama della letteratura per ragazzi, questo libro di Nicoletta Codignola. Era il libro che molti aspettavamo. Si tratta di 366 filastrocche brevi da leggersi una al giorno durante l’arco della giornata oppure tutte in una volta. Questo grazioso libretto si può anche sfogliare, leggerlo qua e là oppure farvelo leggere la sera per addormentarsi meglio e sognare. A piacimento. Per ogni filastrocca un suo animale. Le filastrocche sono sempre LE SCHEDE rigorosamente di solo sei versi, fulminanti e piene di sana allegria. Buon divertimento non c’è bisogno nemmeno di augurarvelo, è sicuro. Ermanno Detti Andrea Bachini Il Giubileo dei ragazzi realizzazione DoGi spa, Firenze soggetto Antonio Tarzia illustrazioni Studio L.R. Galante e Andrea Ricciardi San Paolo, Milano, 1999 È possibile parlare ai ragazzi del Giubileo in modo entusiasmante e coinvolgente? A nostro giudizio questo libro ci riesce molto bene. Filo conduttore dell’opera è senza dubbio il profondo senso religioso e popolare che ha sempre animato questa celebrazione. Infatti, pagina dopo pagina, il lettore è sempre più coinvolto, fino a sentirsi partecipe, quasi protagonista delle vicende dei vari personaggi, in particolare dei pellegrini che si recavano a Roma per visitare San Pietro e le altre basiliche e ricevere l’indulgenza. Il libro si presta come valido sussidio per spiegare il senso e la storia del Giubileo, un evento che affonda le radici nell’antichità e che, con il suo periodico ripetersi, ritma il tempo nel mondo ebraico-cri- stiano. Il testo di Andrea Bachini, con linguaggio semplice e chiaro, ma sempre preciso e accurato, ricostruisce la storia dei giubilei a partire dal primo, quello di Bonifacio VIII del 1300, inquadrandoli sempre nel loro contesto storico-culturale. Le illustrazioni, frutto di uno straordinario e puntiglioso lavoro di ricerca, riproducono fedelmente gli interni di abitazioni quotidiane, dei cantieri e specialmente delle varie basiliche che puntualmente venivano restaurate o trasformate proprio in occasione dei giubilei. Il tutto è arricchito da mappe, piantine, fotografie, ritratti dei protagonisti, che rendono più chiare e immediate le notizie riportate. Insomma “un’avventura” da non perdere, e da leggere insieme ai vostri ragazzi. Stefania Faiocco Angela Nanetti Angeli illustrazioni di Fausto Bianchi E. Elle, Trieste, 1999 Quando Angela Nanetti comincia a toccare i tasti della fantasia, le sue capacità narrative e poetiche si moltiplicano. Ci eravamo già innamora49 IL PEPEVERDE ti in questo senso delle atmosfere che era riuscita a creare con il suo capolavoro Mio nonno era un ciliegio. Lo avevamo letto con stupore e con quel tanto di nostalgia che accompagna la fine di un libro che si vorrebbe non finisse mai. Ci chiedevamo se mai l’autrice potesse riprendere i fili del fantastico e dell’ironia. Ebbene Angeli va dritto al segno. Un delizioso libro di quindici storie, una più delicata e toccante dell’altra, sugli angeli custodi. Si delineano presenze angeliche serie e compassate ma anche angeli buffi e bambini, divertenti e ironici, a volte addirittura disubbidienti e vivacissimi. È il caso per esempio del racconto L’angelo curioso, dove un angioletto, messo a guardia di un bimbo, comincia a guardare con curiosità i sogni del piccolo, fino ad impossessarsene di un pezzetto, per averlo tutto per sé e per poter sognare anche lui. O della storia de I due angeli, dove un piccolo angelo ritratto in una natività, scambia il suo posto con un bambino che nella sala del museo si divertiva a fare capriole e a camminare sulle mani: l’angelo prende il suo posto e diventa un bambino modello; il bambino a sua volta entra nel quadro, accanto a Gesù, ma non cambia il suo carattere originario e vivacissimo, sberleffando, non visto, i visitatori. Umanissimi questi angeli, leggeri e vaporosi come i loro pensieri, accattivanti e rassicuranti nelle loro azioni, così simili a quelle dei bambini che devono proteggere. Le curatissime e sorprendenti illustrazioni di Fausto Bianchi accompagnano quest’opera che a buon diritto può essere annoverata nella tradizione n. 3/2000 italiana della produzione sulla “leggerezza” cioè di quella ricerca letteraria che parte da Palazzeschi per arrivare a Calvino e ad alcune opere di Rodari e della Pitzorno, in cui maggiormente si avverte l’esigenza di rendere quasi immateriale e atemporale il linguaggio di storie fantastiche. I racconti si prestano ad una lettura ad alta voce. Antonio Leoni Donatella Ziliotto Un castello per Sirena illustrazioni di Grazia Nidasio E. Elle, Trieste, 1999 Il futuro non è mai come uno lo immagina o per lo meno lo spera. Quando poi la realtà degli adulti si misura con la fervida immaginazione dei bambini, allora il confronto diventa più cocente e ci lascia perplessi e amareggiati. Ancora una volta la Ziliotto non smette di sorprenderci con la sua capacità di riuscire a rovesciare i punti di vista ordinari, con i quali siamo solitamente abituati a considerare il rapporto tra il mondo dei bambini e quello degli adulti: fantasioso e spensierato l’uno, concreto e razionale il secondo. RAGNATELA Sirena, la protagonista di questo racconto fantastico e al tempo sarcastico e pungente, non è una bambina qualsiasi: riesce a guardare umoristicamente e criticamente gli avvenimenti giungendo all’amara conclusione di quanto sia difficile realizzare il più umano dei desideri: avere un padre accettabile, allegro e buono con lei e con la mamma. Abbandonata da un padre marinaio e girovago, Sirena vive con la madre, una modesta sartina pronta a sognare ad occhi aperti e a innamorarsi del primo venuto, purché sia un tipo avventuroso. Le fiabe e l’immaginazione accompagnano anche la vita della piccola protagonista che sogna un vero principe in grado di cambiare la sua vita. E, magicamente, il principe appare, ma è come se fosse venuto fuori da un libro: bello, alto ed esangue, si comporta e ragiona proprio come un personaggio da fiaba scambiando, in modo donchisciottesco, la realtà con la fantasia e recitando il suo ruolo puramente letterario: si vanta del possesso di regni inesistenti, combatte contro degli scavatori meccanici credendoli mostri, va in giro a baciare rubizze contadine ubriache che crede principesse addormentate. Che delusione per Sirena e per giunta la mamma naturalmente se ne innamora. Armata di idee e di buona volontà, cerca di farla rinsavire spingendola verso il più concreto amico macellaio: non sarà un principe ma quanto meno le è simpatico e poi da sempre è segretamente innamorato della madre. Dopo molti tentativi, per far colpo sulla giovane donna, dimostra di essere pronto a tagliarsi un dito (per diventare ricco intascando l’assicurazione). La mamma sceglie defini- tivamente: sarà il macellaio il suo sposo. Sirena crede che tutto sia andato per il meglio ma non è così: la sua vita diventa assolutamente monotona e grigia, piena di costrizioni e doveri, tra cotolette, fiorentine e lombate. Anche il principe si trasforma in rospo, dopo un ultimo bacio di Sirena alla quale non rimane altro che riflettere e continuare a sognare una vita diversa, magari con le tante sorelline che il papà marinaio e birbone avrà lasciato come lei a sognare in tanti porti del mondo. Rita Tucciarelli Antonio Leoni Christine Nöstlinger Due casi disperati illustrazioni di Christiana Nöstlinger Fabbri, Milano, 1999 Il nodo centrale di questo divertente e profondo romanzo della Nostlinger è racchiuso nel titolo originale, Wetti & Babs; aspetteremmo di trovarci davanti alla storia di due sorelle o di due amiche, mentre al centro della vicenda c’è solo lei, l’inimitabile Barbara, una ragazzina davvero speciale, chiamata da tutti con il diminutivo Wetti, mentre lei preferirebbe il più moderno e adulto Babs. 50 IL PEPEVERDE La famiglia di Barbara vive in una casa minuscola e poco accogliente, in ristrettezze economiche che sono la causa dei continui litigi tra i suoi genitori; quando la tirannica e invadente nonna Hasi si introduce nel menage domestico per accudire il piccolo Robbie, malato di influenza, scoppia il finimondo. Il padre di Wetti, un semplice muratore, umiliato dai continui rimproveri della suocera, è costretto a lasciare la casa; per ricucire il rapporto con la moglie e ricomporre l’unità familiare, si getta nel progetto disperato che è ormai il suo chiodo fisso: costruire una villetta su un pezzo di terreno di sua proprietà. L’aiuteranno la figlia, con la quale ha un rapporto privilegiato, e Stefan, il ragazzo di Barbara, difficile, intrattabile e refrattario allo studio, che solo con Wetti – che lui chiama Babs – riesce ad aprirsi. Il padre di Stefan, ricchissimo manager separato dalla moglie, ha sempre trascurato la famiglia per il lavoro, affidando alla fidanzata di turno la cura dei suoi due figli. L’arrivo di Barbara, accolta a braccia aperte nella loro immensa casa, aiuta a sciogliere le tensioni e a mitigare il rapporto difficilissimo tra il padre e il figlio e tra Stefan e la compagna del padre. Anche i genitori di Wetti si riappacificano, in un lieto fine privo di ogni retorica sentimentale. Il tema della crescita è l’asse portante del romanzo, nel quale predominano gli aspetti affettivi senza risultare sdolcinato, e senza perdere la leggerezza dell’ironia e dello humour. L’assenza di moralismo e l’adozione di un deciso punto di vista focalizzato sulla protagonista adolescente, ne fanno un racconto autentico, con situazioni che toccano il n. 3/2000 grottesco e momenti di grande realismo. Valentina De Propris Gaetano Bellorio Cuore di topo. Viaggio del topolino Piller nel terzo millennio Figlie di San Paolo (Paoline), Torino, 1999 Piller, un “topo bambino” che ama pensare e osservare, avverte che la mente dei bambini è «grande come il mare». Essa ha però bisogno delle delicate cure degli adulti per non inquinarsi e diventare «trasparente come carta velina». E soprattutto bisogna saper parlare al cuore dei bambini, magari narrando loro una storia. E Piller di storie ne racconta più di una. È l’amico che sa mettersi in viaggio accanto ai bambini, sa vedere il mondo attraverso i loro occhi, sa parlare al loro cuore delle cose piccole e grandi che fanno parte della vita: della “vita topina” e della vita bambina. Due mondi a confronto: il primo deve fare i conti con i pregiudizi del secondo e spesso sopportarne le ingiustizie. Ma Piller, allevato alla “scuola della sopravvivenza” è in grado di apprezzare tutto ciò che di buono e di bello il suo mondo LE SCHEDE può offrire come le avventure nelle notti di luna, che lo fanno sognare, o l’incontro con l’uomo che sa perdonare. La sua aspirazione più grande è di diventare un uomo, di crescere insieme a lui ed entrare nella sua storia. Ce la farà? Lo scopriremo mettendoci in viaggio tra le pagine di questo libro che parla di cose serie sorridendo. Della voglia di fiabe che hanno i bambini, per esempio. Però mancano i nonni per raccontargliele. È un libro per tutti i bambini, dai sei ai sessant’anni anni e oltre, da leggere insieme fra persone che si vogliono bene e che desiderano star bene insieme. Non è solo un libro da regalare a Natale per dire a qualcuno che ci importa di lui o di lei. Quella di Piller è la voce di un amico che fa piacere ascoltare anche nei giorni di scuola. E se fuori piove, meglio! Elisa Zoppei Ron van der Meer, Frank Whitford Arte. Un libro tridimensionale per scoprire l’arte divertendosi Franco Cosimo Panini, Modena, 1997 Nel testo appare evidente un obiettivo preciso, esplicito e formalizzato: aiutare a comprendere e amare l’arte. Tale intento, a dir poco ambi- zioso, assume connotazioni realizzabili se è sostenuto da un contesto operativo e pratico, come quello che il libro ci presenta. L’opera infatti risulta molto gradevole e stimolante, poiché attua continui rimandi tra testo e immagini, con esemplificazioni concettuali illuminanti e a volte sorprendenti. Inoltre il grande corredo di sperimentazioni e prove pratiche che suggerisce di attuare, concorre indubbiamente alla creazione di un processo di iniziazione al linguaggio e alla pratica artistica, indicando un cammino da percorrere e, naturalmente, da approfondire. A prima vista un libro gioco, l’opera di Ron van der Meer e Frank Whitford è sostenuta da un rigoroso progetto di comunicazione interattiva con il giovane lettore, realizzando una sintesi di alto rilievo didattico. Niente viene lasciato al caso o a discorsi squisitamente teorici: il testo affronta le tappe della comprensione dell’opera d’arte ponendosi subito dalla parte del duro e difficile lavoro dell’artista e individuando le maggiori difficoltà che si presentano nella realizzazione di un’opera d’arte. Riprodurre la realtà, luce e colore, movimento e tensione, modelli e composizione, storie narrate nelle opere d’arte, stile degli artisti, sono le grandi tappe che il testo affronta, fornendo una panoramica ampia e documentata, sostenuta costantemente da momenti di piccole sperimentazioni, tutte contenute nelle tasche, nei lucidi, nei pop up che il libro contiene. L’ultima parte del libro contiene suggerimenti per moltissime prove di tecniche artistiche: linee e textures, collages, stampe, modellaggio. 51 IL PEPEVERDE IL PEPEVERDE n. 3/2000 Sicuramente un modello questo testo per quanti vogliano trasmettere conoscenze sull’arte e le sue tecniche, poiché solo operando in tal modo si inizia un primo approccio al processo di alfabetizzazione dei linguaggi iconici, si matura la competenza comunicativa ed espressiva, affinando il gusto estetico e potenziando la creatività. Aurelio Sparagna Christine Nöstlinger Bonsai Salani, Milano, 1999 Cosa si può dire di nuovo sull’adolescenza? Forse nulla, anche perché dopo fiumi di pa- n. 3/2000 role di genere letterario, sociologico o psicologico, il nuovo consiste soltanto nella storia individuale che si può raccontare. Ma se ad impersonare un adolescente maschio è una scrittrice, per di più fra le più dotate come Christine Nöstlinger, la questione si fa interessante. Bonsai è il soprannome che i compagni di classe hanno affibbiato al ragazzo protagonista del libro, che parla in prima persona, scrivendo una sorta di diario. Bonsai perché è piccolo, ma tutto ben proporzionato, proprio come i piccoli alberi giapponesi. Il racconto non si svolge secondo i canoni tradizionali del diario: non sono propriamente pensieri, riflessioni che astraggono il protagonista dalla realtà, ma cronaca partecipata dei fatti accaduti. Racconto vero, verissimo come non si pensa possa esserne uno tratto dal punto di vista di una donna (l’autrice) trapiantato nel corpo di un maschio, per di più ragazzino. Si parla di rapporti familiari difficili, complicate identità sessuali, amicizie adolescenziali che mescolano complicità e sentimenti. Originale, ma con intelligenza, di un’originalità cioè non ostentata, eccessiva. È sempre un ragazzo a parlare, sebbene acutissimo, sveglio e riflessivo. Bonsai ha, in definitiva, la qualità delle qualità: dà l’impressione di sentire la propria storia adolescenziale, dunque la storia dell’adolescenza umana, sempre nuova e sempre uguale a se stessa. Alessandro Petrone R a g n a t e l a Gli strumenti AA.VV. Dai fatti alle parole. Riflessioni a più voci sulla documentazione pedagogica Junior, Bologna, 1998 Una delle caratteristiche professionali della nuova figura del bibliotecario scolastico sarà quella di essere un esperto dell’informazione e della documentazione, tanto che probabilmente verrà chiamato “bibliotecario documentalista”. Egli cioè dovrà essere in grado di gestire informazioni di qualunque natura per metterle a disposizione dei progetti didattici che gli insegnanti vorranno attuare con gli studenti. Nell’ambito delle molteplici fonti d’informazione uno spazio rilevante avrà sicuramente la documentazione pedagogica e didattica della scuola, cioè la selezione, l’ordinamento e la conserva- zione di tutto quello che di rilevante l’istituzione scolastica produce negli anni su determinati argomenti didattici. Questo patrimonio, che in genere viene perduto, non rappresenterà solo la “memoria storica della scuola” ma sarà essa stessa una fonte di stimolo per affinare interventi già collaudati o per approntarne dei nuovi sulla base di quanto è già stato fatto. Il volume Dai fatti alle parole, messo a punto dagli operatori dal Laboratorio di Documentazione e Formazione del Comune di Bologna, affronta proprio il problema di come documentare, in modo che i percorsi e i risultati prodotti dagli insegnanti risultino ben testimoniati, chiari e fruibili da parte degli altri. Non basta quindi genericamente “testimoniare” il lavoro compiuto, c’è bisogno di conoscere a fondo le modalità di una documentazione efficace. Il volume, concretamente, propone molti esempi di documentazione di percorsi svolti con alunni, attraverso le più varie modalità, dalla relazione ai grafici, dalle tabelle alle diapositive. Ogni documentazione viene esaminata nei suoi pregi e nei suoi difetti, anche grazie all’apporto di studiosi della comunicazione e dei linguaggi. Dal libro emerge che gli insegnanti, per essere veri professionisti dell’educazione, dovrebbero 52 IL PEPEVERDE conoscere ed applicare le modalità di una corretta documentazione del proprio lavoro e non solo per una fruibilità esterna. Documentare correttamente significa infatti anche riflettere obiettivamente sulla validità didattica dei propri lavori, sia nella fase della programmazione che dell’attuazione pratica. Il volume è curato da Carmen Balsamo, con una prefazione di Pietro Sacchetto che coordina, ci sembra egregiamente, lo stesso Laboratorio di Documentazione e Formazione. Per avere informazioni sulla possibilità di acquisto o spedizione ci si può rivolgere al Laboratorio di Documentazione e Formazione, Comune di Bologna, Via Libia, 53 40138 Bologna, tel. 051.300812, fax 051.397306. Antonio Leoni Pino Boero Alla Frontiera. Momenti, generi e temi della letteratura per l’infanzia E. Elle, Trieste, 1997 Presentiamo Alla Frontiera di Pino Boero perché, pur essendo stato dato alle stampe più di due anni fa, lo riteniamo un testo fondamentale per la conoscenza degli sviluppi della più recente letteratura per l’infanzia. Non si tratta di un lavoro sistematico su tutti i n. 3/2000 generi e tutti gli autori, ma di uno studio su alcuni problemi letterari che ci portiamo dietro e che, speriamo, dovremmo definitivamente metterci alle spalle come memoria storica. È il caso per esempio dell’enorme influenza che il De Amicis ha operato sui nostri autori per ragazzi e che ha prodotto centinaia di epigoni di “cuori” e “cuoricini”, distorcendo la letteratura a scopi edificatori, dichiaratamente pedagogici, quando non addirittura didattici. «La linea del Cuore», come la chiama Boero, che nata su fondamenti letterari e storici certi, ha finito per diventare un modello assiomatico e funzionale alla società adulta, e a certo tipo di pedagogia perbenista e opprimente. Le conseguenze, complice la scuola GLI STRUMENTI con la sua ossessione centralista riguardo alla formazione dei giovani, hanno finito per impedire la crescita di non pochi autori per ragazzi liberi da pregiudizi. Non è accidentale, a nostro giudizio, che Boero affronti nel testo solo alcuni generi letterari: la poesia, il teatro, l’horror, la formazione. In Italia si sconta di fatto il ritardo culturale della letteratura per l’infanzia anche sulla definizione e sullo sviluppo dei diversi generi letterari che in altri paesi, specie anglosassoni, hanno avuto tradizioni consolidate e autori prestigiosi. È il caso per esempio dell’avventura, sempre considerata da noi come letteratura d’evasione. Secondo i nostri nonni non faceva bene né ai piccoli né ai grandi, con buona pace di Salgari, vituperato ai suoi tempi e, ahimè, non più capito dai giovani d’oggi, che lo bollano come classico. Di fatto una letteratura giovane la nostra, che spesso fa il verso, come al solito, agli stranieri, e che solo negli ultimi decenni ha cominciato a liberarsi dalla sudditanza della “letteratura colta”, trovando un suo specifico pubblico di lettori e proprie cifre stilistiche. Quest’innovazione ha come riferimento per Boero, relativamente ai generi presentati, autori coraggiosi che hanno saputo riconsiderare la centralità dei giovani e la loro capacità di capire e di crescere autonomamente, spesso mettendo in discussione il punto di vista adulto e codificato. La voglia di leggere e di ritrovare la bellezza, il significato ed anche il divertimento della parola è alla base ad esempio dei nuovi autori delle poesie dell’infanzia da Scialoja a Gandini, da Piumini a Pon- tremoli, da Tognolini a Martigli. La situazione diviene più complessa per quei generi nei quali noi non abbiamo tradizione come l’horror, e le cui ragioni di diffusione risiedono nelle richieste del pubblico e non nei programmi “pedagogici” o “catartici” degli autori. L’horror per l’horror, per provare brivido, per dare forma ludica e fittizia alle proprie paure è, per gli autori italiani, un campo nuovo inesplorato, magari con brutte sorprese e lamentele di mamme ansiose, come quella capitata alla Ziliotto con la sua raccolta Paura! Racconti col brivido, che l’accusava di disturbare i sogni del figlio. Ma sono ancora gli autori stranieri a indicare la via d’evoluzione di questo genere come Pike e Stine, che pur nel loro aspetto più commerciale rappresentano pur sempre una letteratura facile e d’evasione, in cui la fiction orrifica, spesso venata d’umorismo, è accettata e risaputa fin dall’inizio, secondo le regole del gioco letterario e della libertà del leggere. E proprio nel penultimo capitolo la libertà esperienziale del fare, leggere e decidere è messa in primo piano attraverso i libri di formazione, che maggiormente potrebbero prestarsi, proprio per il loro impianto, a rischi di natura pedagogica. Visti sotto la metafora del viaggio, che è sempre un passaggio, un cambiamento, ma anche un’avventura e una testimonianza di libertà e di indipendenza, le opere italiane che vengono indicate come punti di riferimento sono Ciao Andrea di Marcello Argilli e L’Ultimo veliero di Marcello Venturi. Si inizia con loro una nuova fase letteraria: nessun maestro da ascoltare, nessuna 53 IL PEPEVERDE predica da sorbire. Nell’adolescenza come nella vecchiaia, la vita è un cammino di libertà che ognuno deve conquistarsi da sé. Si rinnegano le certezze dell’adulto alla ricerca di valori nuovi che possano rigenerare i rapporti umani spazzando via preconcetti e punti di vista invecchiati. (a.l.) Antonella Agnoli Biblioteca per ragazzi Aib - Associazione Italiana Biblioteche, Roma, 1999 L’istituzione di biblioteche per ragazzi sempre più numerose e funzionali salverà il libro e la lettura? Noi ne siamo convinti. Una conferma ci viene anche dal prezioso saggio di Antonella Agnoli, Biblioteca per ragazzi, pubblicato nella collana “Enciclopedia Tascabile” dell’Aib, Associazione Italiana Biblioteche. Alla descrizione di tutto quello che serve alla realizzazione di una biblioteca per ragazzi, l’autrice premette anche un illuminante excursus storico di come sia nata l’idea stessa di un luogo dedicato alle letture per i bambini e i ragazzi. Passa quindi ad esaminare diverse situazioni nazionali per sottolineare quello che ciascuna di esse ha apportato all’attuale definizio- n. 3/2000 ne di un’efficiente biblioteca per ragazzi. I precursori naturalmente sono gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Negli USA, in special modo, tali strutture vennero ben presto percepite come importanti strumenti di integrazione sociale e di affermazione della democrazia. Molto rilievo vi ebbero tutte quelle attività di animazione (l’ora delle fiabe, piccoli spettacoli teatrali) che servivano ad attirare i fanciulli in biblioteca al fine di conservarli lettori anche in età adulta. In Gran Bretagna poi si cominciarono ad elaborare gli standard per il funzionamento delle biblioteche per ragazzi, dando ampio risalto alla necessità della presenza di personale dotato di adeguata sensibilità e preparazione nella psicopedagogia dell’età evolutiva. Nell’analizzare gli standard elaborati dall’Ifla, riportati in appendice, Agnoli evidenzia come le biblioteche per ragazzi abbisognino di spazi, personale, materiale librario e obiettivi specifici e differenziati per età. Alla figura del bibliotecario, in particolare, sono richieste competenze che vanno dalle conoscenze psicopedagogiche, alla capacità di gestione dei rapporti con i genitori e con gli operatori degli asili, unite alla profonda conoscenza dei libri e degli altri materiali con cui il piccolo utente dovrà interagire. Molto importante è la questione degli spazi che, nei suggerimenti dell’autrice, assume una centralità soprattutto in ogni struttura bibliotecaria che voglia dotarsi di una sezione per ragazzi. Anche perché, ad una corretta impostazione degli spazi, è legata la possibilità di accoglienza dell’utenza indotta della sezione ragazzi, costituita perlopiù dai genitori dei giovani utenti. RAGNATELA Accogliere bene questi adulti, far loro svolgere attività con i figli come consultare libri, ascoltare musica, vedere film, significa molte volte conquistare fasce di utenti che mai avrebbero superato la soglia di una biblioteca. Le biblioteche per ragazzi, insomma, potrebbero salvare oltre al libro e alla lettura anche la stessa Biblioteca. Alessandro Compagno Marina Savoia, Giorgio Scaramuzzino Tutti giù dal palco. Fare teatro a scuola dalle materne alle medie Salani, Milano, 1998 Il libro è articolato in capitoli che toccano tutti gli ingredienti fondamentali per attivare un laboratorio teatrale a scuola, dallo spazio scenico a quello sonoro, dallo strumento voce, ai gesti, all’espressione non verbale. Gli ultimi due capitoli, Testo pretesto e La messa in scena, sono utili per costruire un lavoro drammaturgico insieme ai ragazzi, senza usare un copione già pronto, sviluppando, attraverso il metodo dell’improvvisazione, una storia letta o che nasce dai vissuti di gruppo. A titolo esemplificativo sono proposte numerose esperienze scaturite dal lavoro con i ragazzi. Due piccoli nei: sarebbero utili esempi di testi teatrali d’autore su cui lavorare e una bibliografia ragionata meno approssimativa e casuale. Giuseppe Assandri Kathy A. Zahler Ai bambini piace leggere Tea, Milano, 1999 È un volume di cui si sentiva la mancanza, che va incontro alla richiesta da parte dei numerosi insegnanti che svolgono attività di teatro a scuola. Un vero e proprio manuale di allenamento, molto ricco di giochi ed esercizi per costruire un itinerario di base che porti bambini e ragazzi a recitare senza troppi sforzi e senza noia. Nasce da un incontro di competenze: Giorgio Scaramuzzino è attore, regista e responsabile del settore scuole del Teatro dell’Archivolto di Genova, Marina Savoia insegna alle medie e si occupa di formazione teatrale a scuola. Cinquanta modi per avvicinare i ragazzi al libro e sviluppare il gusto della lettura. Questo è, sostanzialmente, il manualetto agile e semplice, con un taglio decisamente divulgativo, scritto da Kathy A. Zahler. L’autrice, oltre ad essere insegnante di scuola media, è anche autrice di vari manuali sulla scrittura e la lettura e in quest’opera ha, per dir così, condensato i suoi studi e la sua esperienza, rivolgendosi in primo luogo ai genitori. L’autrice esprime una fiducia straordinaria nelle sue tesi, detta insomma le sue regole con una sicurezza che potrebbero, in un primo momento, anche lasciare perplessi. In realtà non c’è motivo per non credere alle indicazioni della Zahler. Le quattro modalità – che costituiscono poi le parti del volume – sono quelle classiche, ormai sperimentate in vari Paesi. Primo: condividere l’esperienza della lettura, cioè leggere con i bambini e ai bambini; secondo: rendere accessibili i materiali di lettura, cioè tenere in casa, in viaggio e ovunque libri, giornali, album; terzo: modificare il comportamento dei bambini, cioè incoraggiare in ogni momento la lettura; quarto: modificare il comportamento degli adulti, cioè creare situazioni favorevoli alla lettura e allo stesso tempo essere calmi e non ossessivi. Nel complesso un’opera interessante proprio per la sua semplicità. Ermanno Detti Gaetano Oliva (a cura di) Manuale di Teatro Centro Gulliver, Varese, 1998 Per chi vuole avere una panoramica più ampia sull’educazione al teatro, relativamente all’aspetto pratico della messinscena, si consiglia questo agile volumetto, frutto dell’esperienza teatrale diretta di Gaetano Oliva con i ragazzi del Centro Gulliver di Varese. 54 IL PEPEVERDE n. 3/2000 Strutturato come un manuale dell’arte scenica, il libro offre un vero e proprio percorso pratico che, partendo da nozioni fondamentali sul teatro come luogo fisico e sulla storia delle forme sceniche, entra nel vivo della rappresentazione illustrandone tutte le figure (attore, autore, regista, macchinista, impresario, fonico, scenografo, costumista, truccatore) e gli aspetti (la recitazione, la voce, la gestualità il movimento, l’azione, la scenografia, i costumi, gli oggetti scenici, il trucco, il testo, la musica, i rumori, l’illuminazione), per poi sperimentare sul campo le metodologie di lavoro sull’attore dei più importanti registi-teorici del Novecento: dal sistema di Stanislavskij alla teoria di straniamento di Bertold Brecht, dalle sperimentazioni del laboratorio di Vachtangov alle improvvisazioni di Copeau fino al lavoro sulle azioni fisiche di Grotowski. Il tutto corredato da esercizi pratici facilmente attuabili, grafici e disegni. Il Manuale di Teatro non è disponibile nelle librerie, ma si può richiedere direttamente al Centro Gulliver, via Albani, 91 - 21100 Varese, tel 0332.831305, fax 0332.830046. Gaetano D’Onofrio R a g n a t e l a Incontri vicini a cura di Carla Turri IX edizione “Premio Italia Letteraria” La Casa editrice Italia Letteraria di Milano, allo scopo di lanciare nuovi autori, indice e organizza la IX edizione del “Premio Italia Letteraria” che si articola in cinque sezioni: Narrativa Romanzo inedito Racconto inedito Raccolta inedita di racconti Romanzo inedito di fantascienza Racconto inedito di fantascienza Letteratura per l’infanzia Romanzo inedito per ragazzi Racconto inedito per ragazzi Raccolta inedita di favole Fiaba inedita Poesia Raccolta inedita a tema libero Raccolta inedita in qualsiasi dialetto d’Italia Teatro Commedia inedita a tema libero Commedia inedita in qualsiasi dialetto d’Italia Saggistica Saggio inedito a tema libero I vincitori di ogni sezione saranno lanciati dalla Editrice Italia Letteraria. La scadenza è fissata al 31 marzo 2000. Il bando di concorso va richiesto a: Premio Italia Letteraria - Casella postale 938 - 20101 Milano. “Oplà teatro”, seconda rassegna di teatro per l’infanzia Tutti i giovedì e i venerdì di marzo 2000, al cinema-teatro “Trieste” di Viterbo, la Compagnia Maninalto organizza la seconda rassegna per l’infanzia “Oplà teatro”. L’iniziativa aperta a tutte le scuole elementari e materne di Viterbo è sostenuta con i fondi delle attività culturali della regione Lazio. Prevede dieci spettacoli presentati da sette compagnie differenti. Aprirà la rassegna: Scretch di Claudio Cinelli, artista di fama internazionale. Il programma si articolerà, poi, fornendo una panoramica sulle varie tecniche del teatro di figura: dal burattino classico, di una compagnia di Bologna, ad un originale allestimento della favola Il lupo e i sette capretti, realizzata da un animatore tedesco, alla favola de La bella addormentata, raccontata con le ombre cinesi. Oltre agli spettacoli didattici della Compagnia Maninalto, sarà presentata una versione in inglese di Pierino e il lupo. Per informazioni: Compagnia Maninalto, tel. 0761.289944, e-mail: [email protected]. Fantasia 1999 Inaugurata a Bari allo Stadio della Vittoria, la grande mostra tematica di illustrazione dal titolo “Mediterraneo. Gli illustratori raccontano il mare”, promossa dall’Amministrazione Comunale e dall’Assessorato alle politiche educative del capoluogo pugliese ed organizzata da L’Atelier di Mago Girò con la collaborazione del Centro Studi di Letteratura Giovanile “Alberti”. La mostra, allestita in occasione della IV edizione di “Fantasia” (appuntamento annuale che il Comune di Bari dedica all’infanzia e all’illustrazione), costituisce un evento interamente dedicato al mare con più di 150 tavole originali eseguite da novanta artisti, in 55 IL PEPEVERDE maggioranza italiani, selezionati dal direttore artistico Livio Sossi (esperto di letteratura per l’infanzia e direttore del Centro Studi di Letteratura Giovanile “Alberti” di Trieste). All’interno della mostra anche un omaggio al grande maestro boemo Stepan Zavrel, recentemente scomparso. Affianca l’esposizione la mostra bibliografica “Un mare di libri” con una selezione di oltre duecento volumi per ragazzi tutti dedicati al mare. Fantasia 1999 ha riservato anche un altro importantissimo evento: la consegna del “Premio Nazionale di Illustrazione Fantasia 99 Città di Bari”, assegnato dalla giuria (composta da Livio Sossi, Paola Pistone de l’Atelier di Mago Girò e dall’Assessore alla Cultura Mimmo Doria) a Karel Thole, uno dei grandi maestri dell’illustrazione internazionale. Le successive sedi della mostra: Genova, Matera e Trieste. Per ulteriori informazioni contattare il Direttore del Centro Studi di Letteratura Giovanile “Alberti” di Trieste Livio Sossi, tel. 040.4529707. gnanti e una rosa mirata di professionisti che individuano nel libro uno strumento indispensabile al loro lavoro. Alcune novità: - ampliamento dell’area espositiva: l’edizione 2000 prevede un’estensione dell’area fieristica con l’aggiunta del padiglione 1; - tempo libero e vacanze: un’area dedicata ospiterà i libri sul tempo libero e le vacanze; - teen agers: uno spazio speciale e una serie di iniziative mirate saranno dedicati al pubblico giovanile, la cui capacità di scelta e di consumo è in forte crescita; - incontri e convegni: quest’anno verrà dato maggiore spazio agli incontri con gli autori, mentre la convegnistica sarà concentrata su temi ritenuti essenziali; - incontri con gli editori: in uno spazio dedicato, gli editori potranno illustrare il loro lavoro e le loro iniziative, dialogare con i professionisti del settore e con i lettori. Fiera del Libro Torino, Pal. Bricherasio, via Lagrange, 20 - 10123 Torino, tel. 011.5184268, fax 011.561210, www.fieralibro.it, e-mail: [email protected]. Torino. Fiera del libro Biblioteca di Ortona: proposte per la scuola La prossima edizione della fiera del libro si terrà al Lingotto da giovedì 11 a lunedì 15 maggio 2000. La lezione inaugurale sulla dialettica tra identità e differenze sarà tenuta dal comparatista George Steiner. Giovedì 11 maggio, sino alle ore 18.00 ingresso riservato esclusivamente agli operatori del settore: librai, agenti, bibliotecari, inse- n. 3/2000 La biblioteca di Ortona su richiesta organizza e propone: - mostre del libro. Mostre delle novità librarie per ragazzi e giovani da tenersi nelle scuole; - servizio “Arde”, Archivio documenti per l’Educazione: documenti cartacei e informatizzati su esperienze di progetti educativi nazionali circa l’educazione alla lettura e all’ambiente; RAGNATELA - bibliografie e consigli di lettura; - schede illustrative sui libri per ragazzi, con apparati critico-biografici sugli autori; - prestito di classe: ogni classe può prendere in prestito, tramite l’insegnante, un massimo di trenta volumi da tenere per tre mesi. Successivamente possono essere cambiati con altri trenta; - viaggiando in Internet: prove di... viaggio, con guida per illustrare gli usi e le potenzialità della “rete delle reti”; - C’è un Fantasma in Biblioteca...: È un laboratorio di scrittura a distanza, molti bambini corrispondono stabilmente con il Fantasma e ad ognuno lui risponde tra la realtà e il fantastico raccontando storie, presentando libri, giocando su quel sottile filo del “credere, non credere”. Invitate i vostri bambini a scrivere! Per Informazioni: Biblioteca di Ortona, Palazzo Farnese - 66026 Ortona (CH), tel. e fax 085.9067233, e-mail: [email protected]. Corso di formazione “La Biblioteca a scuola” L’“Associazione Culturale La Minerva” di Roma promuove e organizza un corso di formazione intitolato “La Biblioteca a scuola” rivolto a tutti i docenti della scuola elementare e secondaria di primo grado. Il corso, con sede a Firenze, è tenuto da Paola Zannoner (autrice, consulente), Carla Ida Salviati (direttrice didattica, esperta di editoria per ragazzi), Antonella Agnoli (bibliotecaria) ed è autorizzato con decreto ministeriale del 17 nov. 1999. Il corso si articola nel seguente modo: - Antonella Agnoli, La Biblioteca per ragazzi; - Carla Ida Salviati, La Biblioteca scolastica; - Paola Zannoner, La Biblioteca attiva. Nel corso delle lezioni si analizzano le realtà di partenza, si discutono possibili idee per nuovi progetti, si visionano esperienze esistenti, in conformità con le linee guida per le biblioteche scolastiche promosse dall’Ifla. Alla parte più specificamente biblioteconomica, è accompagnata una parte riguardante competenze e saperi del bibliotecario, legate alla conoscenza della narrativa per ragazzi e ai servizi da fornire alla scuola. Il corso si svolge a Firenze, nella sede dell’Azienda Provinciale del Turismo, via Manzoni, 16, nella settimana dal 26 giugno al 1 luglio 2000. Per ulteriori informazioni contattare la direttrice del corso: Paola Zannoner, tel. 055.2342912, e-mail: [email protected]. Associazione Culturale Casa di Pia L’“Associazione Culturale Casa di Pia”, che gestisce la Biblioteca per ragazzi del Comune di Frascati, propone alcune iniziative. Il sabato mattina i bambini fino a sette anni, accompagnati da almeno un familiare adulto, possono partecipare a letture guidate e attività di laboratorio sul libro, mentre il pomeriggio è dedicato al “sabato della scienza”: conferenze-gioco su temi scientifici per i ragazzi con età superiore ai sette anni. La partecipazione alle attività di laboratorio è gratuita, è prevista una quota associativa annuale (lire 10.000 per ogni bambino) per l’accesso al prestito dei libri. Le attività sono gestite dai volontari dell’Associazione “Casa di Pia” e sono aperte a chiunque voglia collaborare. La Biblioteca osserva il seguente orario: 9.30-13.00 visite gruppiclasse (su appuntamento, tel. 06.9416181); lunedì, mercoledì e venerdì ore 16.00-19.00; sabato ore 10.30-12.30 (attività per i piccoli fino a sette anni) ore 16.30-18.30 (attività per i più grandi). Comune di Frascati Biblioteca per ragazzi “Casa di Pia”, via di Villa Borghese, 8 - 00044 Frascati (RM). Le iniziative di Legambiente 1. Terza edizione del Premio Nazionale “Libro per l’ambiente” per libri destinati ai bambini tra i 6 e i 14 anni. Il premio è tematico ed 56 IL PEPEVERDE ha l’obiettivo di sottolineare la produzione editoriale tendente a divulgare le qualità ambientali italiane e suscitare atteggiamenti di conoscenza, salvaguardia e responsabilità. Il bando di concorso si divide in due sezioni: “Premio libro per l’ambiente 2000 per opere edite dal 1 gennaio 1998 al 30 aprile 2000” e “Premio libro per l’Ambiente 2000 per opere inedite”. (Per maggiori informazioni consultare il bando di concorso sul sito internet di Legambiente). 2. Si svolgerà a Roma, nei giorni 11,12 e 13 maggio il secondo “Forum nazionale delle Scuole dell’Autonomia” che Legambiente organizza in collaborazione con Aimc, Cidi e Mce. L’obiettivo è dare la parola alle scuole ed agli operatori della formazione, per far emergere il punto di vista di chi sta già verificando le potenzialità ed i limiti dell’autonomia scolastica. Previsto un incontro tra dirigenti scolastici ed enti locali e due convegni. La partecipazione all’iniziativa è libera ed è valida ai fini dell’aggiornamento per tutte le province d’Italia. Il personale docente può usufruire dell’esonero dal servizio. (Per avere informazioni: Settore Scuola e Formazione di Legambiente, tel. 06.86268348-350, fax 06.86268351 e-mail: [email protected]). Per aderire alle altre iniziative o ricevere informazioni: Legambiente, via Salaria, 403 – 00199 Roma, tel. 06.862681, fax 06.86218474, www.legambiente.com e-mail: [email protected]. La Biblioteca dei Ragazzi di Vigevano Le iniziative programmate per l’anno 2000: - IV edizione di “Che bello leggere! Ovvero il piacere della lettura. Itinerari alla scoperta del pianeta libro” (incontri con scrittori, illustratori e critici di libri per ragazzi). A questa edizione parteciperanno: Anna Lavatelli, Rita Valentino Merletti, Elena Orlandi, Domenica Luciani, Bruno Tognolini, Alessandra Devizzi e Nicoletta Costa. Tutti gli incontri presentati n. 3/2000 saranno promossi nelle scuole cittadine attraverso le Direzioni e le Presidenze (marzo); - 1° Concorso di lettura per bambini e ragazzi “Librivoro 2000” (marzo); - “La grande festa di Carnevale” (sabato 4 marzo); - 4° Concorso Nazionale di Narrativa per l’Infanzia “G. Cordone” (febbraio-marzo). Per ulteriori informazioni: Biblioteca dei Ragazzi “G. Cordone”, via Boldrini, 1 - 27029 Vigevano (Pv); tel. 0381.690754, fax 0381.690085. Triennale di Milano. Viaggio nel mondo ebraico Nel Palazzo della Triennale di Milano è esposta, fino al 12 marzo, una raccolta tematica di Emanuele Luzzati, scultore, illustratore e scenografo. Le 196 opere in mostra riguardano il suo lavoro su teatro, cinema di animazione, illustrazione e ceramica. Informazioni: tel. 02.724341. L’educazione ambientale A Genova, dal 5 all’8 aprile, il Ministero dell’Ambiente e il Ministero PI organizzano la “Conferenza Nazionale dell’educazione ambientale”. La partecipazione all’iniziativa è libera ed è valida ai fini dell’aggiornamento per tutte le provincie d’Italia. Il personale docente può usufruire dell’esonero dal servizio. Per informazioni ed adesioni chiamare la segreteria tecnica del Ministero dell’Ambiente tel. 06.57223852 (853), fax 06.57223853. Ai lettori In questa ultima rubrica della rivista vengono segnalate le iniziative più varie (convegni, premi, corsi di formazione, presentazioni, ecc.). I lettori che intendano dare notizia di questi avvenimenti possono contattare la redazione tramite e-mail, posta o fax, con il dovuto anticipo.