Nido e famiglia insieme
Storie e modalità della relazione
I quaderni del
Gruppo Nazionale Nidi Infanzia
Gruppo Territoriale Marche
Falconara, 28 ottobre 2006
Sede legale: Via Nobili 9, 42100, Reggio Emilia - C.F. 91020970355
Segreteria: Viale dell’Industria, 24052 Azzano S. Paolo (BG)
tel. 035 534123 - fax 035 534143
www. grupponidiinfanzia.it - [email protected]
GRUPPO TERRITORIALE MARCHE
GRUPPO NAZIONALE NIDI INFANZIA
Gruppo Territoriale Marche
Comune di Falconara-Marittima
Rivista “Bambini”, Edizioni Junior
Convegno regionale
Nido e famiglia insieme
storie e modalità della relazione
Centro “Pergoli”, Piazza Mazzini
Falconara-Marittima
28 ottobre 2006
Ore 9.30 - 13.00
Saluti
• Riccardo Recanatini - Sindaco di
Falconara-Marittima
• Michela Paoletti - Assessore del Comune
di Falconara, Servizi socio-educativi
• Marco Amagliani - Assessore regionale
alle Politiche sociali
Conclusioni e dibattito
• Ferruccio Cremaschi - Segreteria Gruppo
Nazionale Nidi Infanzia, Direttore rivista
“Bambini”
Ore 13.30: Buffet e visita ai nidi
Ore 15.00 - 17.30
Introduzione lavori
• Assunta Coltrinari - Servizi socioeducativi, Comune di Falconara
• Francesca Ciabotti - Psicopedagogista,
Direttivo Gruppo Nazionale Nidi Infanzia
• Alda Bonetti - Pedagogista, Direttivo
Gruppo Nazionale Nidi Infanzia
Relazioni
• Le competenze degli educatori di fronte ai
nuovi bisogni e domande dei genitori. Un
caso di lavoro
Marco Fibrosi - Ufficio formazione,
Comune di Parma
• Il rapporto tra educatori e genitori; come
costruire un dialogo e un’alleanza per il
bambino
Donatella Mauro - Comune di Ferrara
Sessioni “dialogate”:
esperienze del territorio a confronto
• Genitori, bambini, educatori: l’intreccio
delle relazioni nei servizi all’infanzia
“facilitatore”: Ermanna Curina Psicopedagogista, coordinatrice pedagogica
Servizi all’Infanzia Comuni dell’Ambito di
Pesaro
• Con i genitori durante l’ambientamento: le
“emozioni” del distacco
“facilitatore”: Alda Bonetti - Pedagogista,
Ancona
• I laboratori dei genitori al nido: nuovi
modi di comunicare e di stare insieme
“facilitatore”: Rita Tancredi - Pedagogista,
Comune di S. Benedetto del Tronto
© 2007 Gruppo Nazionale Nidi Infanzia
24052 Azzano San Paolo (BG)
viale dell’Industria
Tel. 035/534123 - Fax 035/534143
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Prima edizione: aprile 2007
Edizioni: 10 9
2011
8 7 6 5 4 3
2010 2009 2008
Questo volume è stato stampato da
Pronto Stampa, Vaprio D’Adda (MI)
Stampato in Italia - Printed in Italy
2 1
2007
Indice
Introduzione
Lorenzo Campioni .................................................................................................... 2
I molti perché della documentazione
Franca Mazzoli ........................................................................................................ 5
Osservare e documentare per accogliere e valorizzare le potenzialità
e le diversità
Sara Zingoni............................................................................................................. 9
La documentazione come strumento e opportunità di confronto e scambio
Franca Marchesi ...................................................................................................... 14
Sintesi dei lavori delle tre Commissioni
Prima Commissione
Comunicare il progetto pedagogico ed educativo del nido ai genitori
e alla comunità
A cura di Anna Ferrante .......................................................................................... 19
Seconda Commissione
La documentazione come esercizio di memoria formativa per il proprio
affinamento professionale e delle colleghe e per altri servizi educativi
in vista anche di scambi
A cura di Ombretta Cortesi ...................................................................................... 27
Terza Commissione
Documentare le proposte educative e la vita del nido per i bambini
A cura di Diana Biscaini.......................................................................................... 32
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
Introduzione
Lorenzo Campioni
Presidente Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
Tra il Comune di L’Aquila e il Gruppo
Nazionale vi è un accordo di collaborazione che impegna il Gruppo Nazionale in attività concrete di solidarietà e di
supporto che ha reso, speriamo, meno
problematica la riattivazione dei due nidi
comunali.
Un elogio va fatto al Comune di L’Aquila che, nonostante le difficoltà logistiche,
ha voluto questo seminario, come segno
della ripresa dell’attività educativa a beneficio dei bambini, che hanno vissuto,
insieme ai familiari, grandi turbamenti in
questi mesi del post-terremoto.
Mi piace vedere i due nidi, “Primo Maggio” e “Viale”, come simbolo della volontà di ripensare e di affrontare con
forza un nuovo percorso e ricominciare
a intessere rapporti e a ricostruire una
comunità di persone. I due nidi, grazie
all’opera delle educatrici e del personale
collaboratore, possono diventare un polo
di aggregazione di bambini e adulti più
che in altre realtà.
Il seminario è il risultato di una collaborazione tra il Comune di L’Aquila, il
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia e il
Gruppo Territoriale Abruzzese. Il tema
della documentazione è stato una richiesta delle educatrici aquilane. Affronteremo sia i contenuti che riguardano la vita
dei bambini sia le tecniche di comunica-
zione scelte per diffondere in modo più
efficace i messaggi che ruotano attorno
all’impegno di consolidare una cultura
dell’infanzia e di affinare i nostri strumenti professionali.
Affronteremo, questo pomeriggio, il significato del documentare al nido, mentre domani mattina, nelle tre commissioni di lavoro, avremo la possibilità di
scambiarci le esperienze di documentazione e di comunicazione verso i genitori e la comunità locale, verso le colleghe
e i bambini, restituendo loro il percorso
fatto.
Potremmo inserire la documentazione
nella categoria della narrazione, che sappiamo essere fondamentale per la costruzione della propria identità:
• sia personale, da cui deriva l’importanza che le pareti, gli spazi, i pavimenti
parlino al bambino di lui stesso, della
sua storia di crescita e di quella degli
amici, rimandino a lui, con oculatezza e
sobrietà, conoscenze, esperienze, emozioni vissute... ne riconfermino l’identità, l’autostima e la capacità d’azione
personale;
• sia collettiva, in quanto la comunità
educativa tende a riprodurre la cultura
circostante ma i servizi educativi e le
scuole devono essere anche un germe
che diffonde le sue radici attorno e ten2
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
de a cambiare la cultura circostante, a
migliorarla; la funzione che riconosciamo ai servizi educativi è di essere poli
di diffusione della cultura dell’infanzia
sul territorio.
La documentazione, inoltre, come parola
scritta o immagine o suono o tutte queste
cose insieme, aiuta a pensare, costringe a
riflettere sulla propria identità come insegnante, come gruppo, come servizio.
La documentazione è attività di riflessione, di ritorno sulla propria esperienza, di
scelta del messaggio per interlocutori
diversi (bambini, colleghe, genitori, comunità più ampia), stimolo perché altri
ci facciano partecipare alla loro storia
e si possano confrontare intenzionalità,
obiettivi, stili educativi, modalità relazionali e organizzative... avendo ben
chiaro che la finalità è il miglioramento
della propria autostima professionale,
dell’offerta educativa e il coinvolgimento maggiore della comunità (dai genitori... agli amministratori).
Vi è l’urgenza di fare conoscere di più
quello che avviene nei nostri servizi
non solo per necessità di trasparenza e
di democrazia (un servizio che si fa giudicare) ma anche per supportare scelte
più oculate e impegnative dell’Amministrazione regionale, degli Enti locali
e dei gestori privati. Sono servizi che
costano ed è corretto darne conto alla
comunità di quello che si fa e avviene
al loro interno.
Investire sulla prima infanzia, come dimostrano le ricerche non solo nell’area
pedagogica, psicologica e delle neuroscienze ma anche in ambito economico,
è molto produttivo nel tempo.
Il Premio Nobel 2000 per l’economia
James Heckman, che ha fatto studi sulle
conseguenze di programmi che vedono
interventi precoci sull’infanzia, anche di
classi disagiate, dimostra che l’intervento
nella scuola dell’obbligo è già tardivo e,
spesso, inefficace per favorire la mobilità sociale (vedi rapporto Unicef 2008,
Come cambia la cura dell’infanzia, che
vi consiglio caldamente di leggere).
Heckman sostiene, invece, che se si fanno politiche rivolte all’infanzia si hanno
fondate speranze di durata dei benefici,
di cambiamento, di promozione sociale.
Infatti afferma esplicitamente “Investimenti di ottima qualità nella prima infanzia hanno effetti duraturi” e ancora
“Investire nell’infanzia porta a un ritorno anche economico e noi abbiamo gli
strumenti per dimostrarlo”. Infatti dimostra come per ogni dollaro speso vi è un
ritorno dai 5,70 agli oltre 8,00 dollari. In
particolare Heckman insiste su tre direzioni di marcia:
• l’intervento educativo deve essere
molto precoce e avviarsi nei primissimi anni di vita, possibilmente nei primi
tre anni. Qui c’è un pieno accordo con
le teorie psicologiche, psicoanalitiche,
delle neuroscienze (periodi sensibili)
e la stessa esperienza dei nostri servizi
educativi;
• l’offerta educativa deve essere di qualità, cioè debbono essere professionisti
preparati a interessarsi di educazione
collettiva, riflessione che implica necessariamente un rifiuto esplicito della
pura assistenza. Una cosa è interessarsi di un solo bambino, come fanno le
mamme o le baby sitter, ben altra cosa
è interessarsi di un gruppo, anche piccolo, di bambini, lavoro che esige una
professionalità preparata a organizzare i
vari momenti della giornata e che sappia
leggere le dinamiche tra i bambini. Ben
hanno fatto le Regioni a stoppare il Ministro Carfagna che voleva estendere, in
tutta Italia, il modello tagesmutter;
3
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
• i servizi educativi, ma anche la scuola,
devono garantire un forte coinvolgimento dei genitori all’esperienza educativa e scolastica dei figli, chiamandoli a occuparsi e a partecipare alla vita
del nido o della scuola, in particolare
a condividerne il progetto pedagogicoeducativo.
piuttosto che riparare. Il recupero costa,
è incerto e vuole dire che ci sono stati
già danni gravi e, a volte, irreparabili.
Diverso è invece prevenire che porta in
sé benessere personale e sociale; e ora
sappiamo che è anche economicamente
vantaggioso.
Non voglio rubare altro tempo prezioso
ai relatori che entreranno nel merito dei
processi documentativi.
Un grazie a tutti coloro che hanno collaborato a organizzare questo seminario
e un grazie particolare come Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia a tutti i relatori
che generosamente daranno il loro contributo di pensiero e di esperienza.
Questo è riconfermato ampiamente anche dai dati ISTAT sull’abbandono scolastico: maggiore è l’abbandono dove
scarsa è la presenza dei servizi per la
prima infanzia! Dove sono presenti i
servizi vi sono in proporzione meno
abbandoni. Sono dati che rilancio ai vostri amministratori: è meglio prevenire
4
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
I molti perché della documentazione
Franca Mazzoli
Pedagogista
Prima di affrontare il tema della documentazione educativa mi sembra opportuno ricordare la cornice culturale in
cui viviamo, caratterizzata da una presenza ridondante e spesso invadente di
una informazione che quotidianamente
propone testi reali, realistici o del tutto
fantastici per rappresentare la nostra vita.
Anche l’immaginario collettivo relativo
all’infanzia e al mondo dell’educazione è
fortemente condizionato dai modi in cui
le comunicazioni di massa, quasi sempre orientate al marketing, propongono
di considerare i bambini e gli oggetti e i
comportamenti che li riguardano.
È quindi quasi inevitabile che, nell’affrontare una documentazione educativa,
si tenda a ricalcare modi e mode a cui
l’informazione più commerciale e superficiale ci ha abituato: si cercano titoli ammiccanti, si trattano tematiche positive,
scartando quelle potenzialmente problematiche, si scelgono immagini con bambini sorridenti, riproducendo un mondo
felice ma poco credibile, più simile a una
rappresentazione televisiva che non alla
realtà a cui dovrebbe corrispondere.
Per costruire una logica di documentazione corretta è allora necessario ristabilire i
contorni di una intenzionalità comunicativa meno impressionistica e compiacente, nella quale il nido possa riconoscersi e
farsi conoscere, tenendo conto dei molti
destinatari a cui si rivolge e dei loro diversi punti di vista.
Documentazione e responsabilità
educativa
Sono infatti molti e vari gli interlocutori
con i quali il nido deve stabilire un rapporto di scambio, costruendo un dialogo
che può far crescere una maggiore consapevolezza della responsabilità educativa
che tutte le componenti di una comunità
sono chiamate a svolgere.
Nel rapporto quotidiano con le famiglie
– che valutano il nido per la sua efficienza di servizio a supporto della cura del
proprio figlio e per il benessere o per il
disagio che in lui possono osservare – la
documentazione educativa si inserisce
come opportuna integrazione che allarga
la visuale di ogni genitore per far comprendere meglio l’esperienza personale,
alla luce del contesto complessivo di riferimento, nel quale anche l’esperienza
degli altri diventa significativa.
Nel dialogo con gli amministratori, la
capacità di raccontare il proprio lavoro è
uno strumento professionale importante
per affermare l’identità del servizio e la
sua produttività, legata al sostegno delle
5
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
famiglie e dello sviluppo dei cittadini di
domani che al nido sperimentano le prime
forme di vita sociale, orientate all’ascolto
e alla collaborazione.
Infine, anche nel rapporto con l’ente gestore del nido, la documentazione assume
valenze importanti sul piano della qualità,
come pratica che consente una riflessione
e una verifica dell’intervento realizzato,
in riferimento ai principi e alle ipotesi di
lavoro fissate nel progetto pedagogico.
È importante inoltre ricordare che una
motivazione forte della documentazione
che si produce all’interno del nido è il desiderio di comunicare agli altri (primi fra
tutti ai genitori, ma anche ai colleghi, ai
cittadini, ai politici, quindi in generale a
interlocutori esterni al nido) il significato del lavoro che quotidianamente viene
svolto, per essere riconosciuti nelle proprie specifiche funzioni professionali.
Ancora oggi, infatti, la considerazione
sociale del valore del lavoro educativo
con i bambini piccoli non è certo del tutto
acquisita, e chiede agli operatori del nido
la capacità di saperlo raccontare.
Si parla molto di cultura dell’infanzia in termini generali, ma nel quotidiano non la si
coltiva concretamente: al di fuori del ristretto ambito degli addetti ai lavori, ciò che si fa
all’interno del nido non è molto conosciuto.
E dunque la capacità di documentare il lavoro educativo offre una possibilità concreta per farsi conoscere e apprezzare anche da
chi non lo frequenta abitualmente.
Un’altra funzione importante della documentazione educativa rimanda alla possibilità di coinvolgere gli interlocutori trovando strategie per costruire un terreno
comune e attivare possibili collaborazioni con i genitori e con gli amministratori
utili allo scambio, alla valorizzazione reciproca e alla costruzione di una responsabilità educativa condivisa.
La pluralità dei destinatari e delle funzioni che la documentazione educativa può
assolvere suggerisce quindi di superare
una logica compilativa (attuandola al termine del lavoro come rendiconto e memoria dei percorsi realizzati), assumendola invece come strumento da utilizzare
in corso d’anno, in stretta connessione
con la progettazione educativa.
Valore sociale della documentazione
Quando pensiero, azione e documentazione procedono in modo integrato
nell’intervento educativo, stimolando una
riflessione continua su ciò che avviene (e
non avviene) all’interno del nido, il progetto può infatti accogliere l’imprevisto,
valorizzare l’apporto di tutti, migliorare
la comunicazione all’interno del gruppo
di lavoro e le capacità di dialogo con i
genitori.
Invitando a interrogarsi sui diversi significati che i bambini e le famiglie elaborano rispetto alle proposte realizzate
all’interno del nido, mettendone a fuoco i
punti di qualità e di criticità, da analizzare attraverso un confronto e una discussione produttiva, la documentazione diventa strumento metodologico essenziale
per una progettazione educativa orientata
alla costruzione di una responsabilità collettiva nei confronti dei bambini e della
comunità.
In questo senso è importante che il nido
punti ad attuare una documentazione
come processo circolare nel quale tutti
i soggetti coinvolti possano partecipare
allo sviluppo di linee educative condivise, da attuare con i bambini e da verificare in corso d’anno.
Le scelte educative che portano alla formulazione delle ipotesi operative del nido
6
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
possono infatti trovare (o non trovare!)
riscontro nelle scelte che l’Amministrazione assume nei confronti del servizio e
delle famiglie ed essere condivise (o non
esserlo!) dai genitori dei bambini.
Dunque la documentazione ha anche un
ruolo essenziale nella verifica del lavoro
svolto nell’anno educativo, perché consente di valutare la rispondenza tra le intenzioni educative e le modalità operative
scelte per realizzarle nelle attività con i
bambini e di individuare tempestivamente modifiche e correzioni di rotta nell’intervento educativo.
Credo che a questo punto risulti evidente
un aspetto essenziale della documentazione educativa: la collegialità che deve
potersi basare su momenti specifici di
lavoro collettivo previsti dalla programmazione educativa. La verifica e la valutazione del lavoro svolto risultano infatti
più equilibrate quando esistono momenti
di riflessione di gruppo nei quali i molti punti di vista degli operatori possono
esprimersi e confrontarsi, fino a trovare
punti di contatto e di condivisione.
Quando si documenta – cioè quando si
fissa nero su bianco o attraverso immagini fotografiche o registrazioni audio
e video l’andamento del proprio lavoro
– diventa infatti più facile prendere le
distanze dall’operatività, individuarne
aspetti positivi e negativi ed essere disponibili a scoprire percezioni e interpretazioni diverse degli stessi passaggi che
altri colleghi possono avere.
In questa logica, la documentazione può
diventare una pratica di auto-formazione
personale che permette di sviluppare una
buona autostima professionale e di costruire nello stesso tempo coesione di gruppo
e rispetto reciproco. Perché, imparando
a documentare (cioè a riflettere su quello che si fa), ciascuno può migliorare le
proprie modalità di intervento, ma anche
le capacità di comunicare le proprie idee
nel gruppo. Dunque il lavoro educativo
può essere meglio articolato e sviluppato,
ma anche analizzato e condiviso nei suoi
molti significati.
In questa logica credo che la documentazione educativa debba servire soprattutto
a chi la fa, come strumento di riflessione
sul proprio stile educativo e passaggio
necessario per condividerlo nel gruppo di
lavoro: senza un’adesione personale autentica di chi la costruisce, difficilmente
la documentazione educativa potrà infatti
risultare efficace e significativa per i suoi
destinatari.
Tuttavia, nei confronti del documentare si riscontra spesso negli operatori del
nido un atteggiamento ambivalente e
contraddittorio: da un lato lo si apprezza
come strumento che consente di essere
riconosciuti nel proprio lavoro, contemporaneamente lo si percepisce però come
peso ulteriore e mansione burocratica che
si aggiunge alle molte altre previste oggi
dalla professionalità educativa.
Nella scuola il lavoro di documentazione
si è spesso tradotto nello scrivere relazioni che qualcuno avrebbe valutato e questa
consuetudine ha creato in molti insegnanti la convinzione che la documentazione
serva solo a rendere conto di ciò che si fa
con i bambini, senza considerare la possibilità di intenderla come strumento per
affermare la propria identità educativa e,
in generale, la complessità del lavoro di
cura e di educazione dei bambini piccoli.
Complessità del lavoro educativo e
documentazione
In realtà, l’assenza di una circolazione
allargata della documentazione educati7
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
va concorre a mantenere la convinzione
comune della semplicità del lavoro del
nido che da lontano appare immediato,
facile, non problematico. Non visto, ma
soltanto immaginato per luoghi comuni,
la complessità del lavoro educativo rischia di essere banalizzata, nascosta da
attese incongrue (rispetto alle capacità
effettive dei bambini da zero a tre anni)
e da stereotipi ancora molto diffusi sulla
naturale inclinazione femminile alla cura
e all’educazione dei piccoli.
In questo senso credo che una funzione
importante della documentazione sia legata alla necessità di affermare con forza “con voce di nido” la propria identità
di servizio educativo rivolto ai bambini
e alle loro famiglie, essenziale in una
società che non solo deve saper osservare le ripercussioni dei cambiamenti
sociali sulla realtà genitoriale, ma anche
dare risposte adeguate a richieste di cura
più articolate, per la presenza di nuovi
modelli familiari e provenienze culturali
diverse.
È in questo senso che mi auguro possa
essere maggiormente apprezzato dagli
stessi operatori del nido il lavoro di documentazione educativa: non più come
carico di lavoro aggiunto, ma risorsa preziosa per affermare il valore sociale di
un’istituzione che, accogliendo i bambini
e le loro famiglie, contribuisce a mantenere vivo il senso di una collettività che
la fretta e la competizione quotidiana tendono a sbriciolare.
Riferimenti bibliografici
Becchi E., Bondioli A., Ferrari M., il
progetto pedagogico del nido e la sua
valutazione, Edizioni Junior, Azzano San
Paolo (Bg), 2002.
Bertolini P., La responsabilità educativa.
Studi di pedagogia sociale, Il Segnalibro,
Torino, 1996.
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1999.
Jedlowski P., Storie comuni La narrazione nella vita quotidiana, Mondadori,
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Mazzoli F. (a cura di), Documentare
per documentare. Esperienze di documentazione nei servizi dell’EmiliaRomagna, LabDocForm Comune di
Bologna e Regione Emilia Romagna,
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Mazzoli F. (a cura di), N.B.PRO. Un
modello formativo per la progettazione
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Junior, Azzano San Paolo (Bg), 2009.
Monti F., Crudeli F., Il nido: lo spazio e
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Azzano San Paolo (Bg), 2004.
Terzi N. (a cura di), Prospettive di qualità
al nido. Il ruolo del coordinatore educativo, Edizioni Junior, Azzano San Paolo
(Bg), 2006.
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Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
Osservare e documentare
per accogliere e valorizzare
le potenzialità e le diversità
Sara Zingoni
Educatrice del Comune di San Miniato*
Un servizio dell’infanzia pone le proprie
basi su scelte culturali che contraddistinguono fortemente il suo progetto educativo quando è concepito come luogo dove
si incontrano, si confrontano e si sviluppano esperienze condivise tra persone
portatrici di differenze.
In questo contesto, infatti, il lavoro di
osservazione e documentazione precede,
affianca, si intreccia e segue la progettazione di tutte le esperienze, dando visibilità a un’identità infantile ricca, capace
e competente che esige di essere accolta
nelle differenze che connotano l’individualità di ciascun bambino.
L’osservazione e la documentazione hanno chiaramente reso esplicito che lo strumento principale che gli adulti possono
offrire al manifestarsi del protagonismo
dei bambini è un ambiente adeguato alle
loro diverse esigenze. Un ambiente che
possa accogliere, sostenere e alimentare
nei bambini il piacere di essere protagonisti attivi della propria esperienza e
il piacere di condividere l’esperienza in
relazione con gli altri.
renze nelle relazioni tra bambini, realizzato recentemente e iniziato negli anni Ottanta con la ricerca sui gruppi misti di età
(A. Fortunati, Il gruppo misto nell’asilo
nido, 1986), ha reso visibile non solo che
i bambini di età diversa sono una risorsa
che arricchisce e complica positivamente
le relazioni nei gruppi ma anche che l’interesse per la diversità è complementare
a una precoce capacità di riconoscimento della differenza, di decentramento, di
adattamento comunicativo; il confronto
e anche il conflitto sono costantemente
teatro di aggiustamenti ed evoluzioni che
connotano di nuovi significati le interazioni tra bambini e la microcultura del
gruppo.
L’interpretazione delle diversità individuali come un valore ha costruito buone basi per anticipare e contenere anche
l’incontro tra culture diverse: i servizi per
l’infanzia, infatti, rappresentano un luogo
di incontro tra famiglie diverse come cultura, provenienza e classe sociale, che, rispetto all’interesse comune nei confronti
Il valore delle diversità
*
L’autrice fa parte di gruppi di ricerca e documentazione di “La Bottega di Geppetto”.
Il lavoro di ricerca sul valore delle diffe9
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
dei bambini, si scoprono soggetti sociali,
attivi e portatori di diritti.
La documentazione delle esperienze realizzate nei gruppi misti per età ha evidenziato risultati inaspettati sulle competenze relazionali dei bambini.
Ne è un esempio, tra i tanti possibili, il
ruolo e il valore dei bambini già frequentanti per l’ambientamento dei nuovi. Per
molti anni i bambini già frequentanti, infatti, sono stati considerati un elemento
di vulnerabilità nel periodo di ambientamento, addirittura alcune esperienze
raccontano della ricerca di spazi e tempi
diversi per i due gruppi fino a quando gli
uni non sono “simili” agli altri.
Il lavoro sulla valorizzazione delle differenze, invece, ha evidenziato che la
presenza di un piccolo gruppo di bambini
che sono al secondo anno di frequenza
rappresenta per i nuovi uno strumento insostituibile per la decodifica di situazioni,
tempi e significati, una chiave di lettura
ineguagliabile sulle opportunità d’uso di
ambienti, di oggetti e materiali.
Inoltre, la relazione degli adulti con loro
rende immediatamente visibile ai nuovi
la disponibilità dell’educatore a condividere e sostenere l’esperienza rendendo
esplicita e non invasiva anche la sua disponibilità affettiva.
Bambini di età diversa esprimono bisogni
di spazi e tempi diversi e l’osservazione e
la documentazione si sono rese strumenti
indispensabili, impegnando gli educatori
a elaborare e proporre risposte adeguate
ai bisogni, ai desideri che bambini diversi
esprimono, anche indipendenti dall’età.
Osservare e documentare le relazioni tra
bambini di età diverse ha allenato il nostro
sguardo, e conseguentemente le nostre
azioni progettuali, a cogliere nelle differenze una risorsa, un valore aggiunto. Un
esempio tra tanti è la documentazione di
un’esperienza sull’utilizzo delle forbici
condivisa da un bambino nel terzo anno
di vita, che le usa correttamente, e uno
nel secondo anno alle prime esperienze
esplorative. Il più piccolo dopo aver osservato il grande fa diversi tentativi di
imitazione cercando di inserire le dita negli anelli delle forbici, poi prende la carta,
l’appoggia a un contenitore cercando un
possibile equilibrio verticale, infine, sotto
lo sguardo attento del più grande, riesce
a inciderla in più punti tenendo le forbici
con entrambe le mani. Quale dei due è il
più competente?
Essere più o meno “grandi” non vuol dire,
quindi, essere più o meno competenti, ma
piuttosto essere diversamente competenti, perché il valore dell’esperienza si realizza nel processo dell’esperienza stessa,
molto più che nel risultato.
Mai, ma ancor meno in questo caso, possiamo far ricorso a risposte che tengono
conto esclusivamente dell’età prevalente
nel gruppo o solo dei livelli di sviluppo
teorizzati.
Le osservazioni ci mostrano bambini capaci di mettere in atto azioni e strategie di
comunicazione completamente diverse in
rapporto a bambini e adulti diversi, fatto
che accade anche mostrando capacità di
attenzione e sensibilità alte nei confronti
di stati d’animo e di situazioni particolarmente complesse.
Il ruolo dell’adulto nell’osservazione e
nella documentazione
Il ruolo dell’adulto assume una diversa
centralità, si esprime nel monitorare, attraverso l’osservazione e la documentazione, le relazioni tra i bambini, tra bambini e adulti e l’ambiente organizzato, in
modo da proporre costanti aggiustamenti
10
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
genitore. Oggi, nonostante le attenzioni
di Luca, Eva continua insistentemente a
piangere, si calma solo per pochi istanti
poi ricomincia. Luca prova di tutto, anche
a brontolarla con toni perentori dicendole
che lui non ci gioca più, ma lei non cede,
Eva è seduta sul passeggino, Luca la spinge verso l’angolo della lettura, si siede sulla pedana e le parla piano piano cercando il
suo sguardo, Eva stringe gli occhi, si volta
dall’altra parte e continua a piangere.
Luca fa un sospiro poi velocemente le dà
uno schiaffo. Eva interrompe il suo pianto
per qualche attimo, lo guarda sgranando gli
occhi e riprende a strillare più forte. Luca
sbuffa, si alza in piedi, allarga le braccia
e commenta “E allora!...” poi le rimette il
ciuccio, le da un bacio e le dice “Io vo di
là quando hai finito chiamami!”. Eva resta
ancora ferma per qualche attimo poi gli
corre dietro cercando la sua mano.
che accompagnano l’evoluzione relazionale individuale e del gruppo: questa, infatti, si esplicita e si connota attraverso il
tempo di frequenza, il grado di conoscenza, il senso di appartenenza che i bambini sviluppano in relazione al contesto
educativo.
L’osservazione e la documentazione ci
permettono di modificare la comunicazione, il linguaggio rivolto ai bambini,
cambiando il modo in cui proponiamo
loro la condivisione delle esperienze.
Il ruolo dell’educatore prende forma
nell’offerta di possibili percorsi di conoscenza, nella costruzioni di scenari che
offrono sostegno ai processi esplorativi,
di ricerca, di comprensione e di connessione creativa che i bambini attivamente
sperimentano e spesso, condividono, in
coppia e nei piccoli gruppi.
La documentazione individuale e di
gruppo racconta sia il clima emotivo che
si respira nei diversi momenti di un anno
educativo, sia i microprocessi che nel
susseguirsi delle azioni danno vita alle
prime elaborazioni di pensiero individuale e condiviso.
È comunque un clima in cui ognuno può
trovare il suo posto e la giusta valorizzazione della diversità che propone, rafforzando la propria identità nella condivisione della micro cultura del gruppo.
Un esempio dal quaderno delle osservazioni: Luca, 26 mesi, e Eva, 14 mesi.
Sono contesti che offrono ai bambini notevoli opportunità di trasformare le loro
azioni in idee, attraverso elaborazioni individuali e condivise.
La cura, l’attenzione e l’organizzazione
rendono il contesto capace di connotare
le differenze, tutte le differenze, come
valori: è un clima che accoglie diversità,
le valorizza e restituisce comprensione
ed abilità diverse ai diversamente abili:
Lorenzo, 32 mesi (una lesione cerebrale
gli impedisce di utilizzare le gambe per
camminare)...
... rimane solo seduto al tavolo, dove fino
a qualche minuto prima ha giocato con
l’abbaco insieme con gli altri. Il piccolo
gruppo si è allontanato correndo verso il
mare delle meraviglie. Lorenzo fa cadere
le forme per terra, poi spingendosi con
le gambe si allontana dal tavolo, cerca di
attirare l’attenzione del resto del gruppo,
prima mugolando e dondolandosi sulle
gambe, poi gridando sempre più forte,
Negli ultimi giorni Luca ha preso molto a
cuore l’inserimento di Eva: cerca di consolarla in ogni modo, la culla sul passeggino, le porta un libro, le rimette il ciuccio, la protegge dalla vicinanza maldestra
degli altri bambini, le parla avvicinandosi
e guardandola negli occhi. Per Eva l’incontro mattutino con Luca si è trasformato
in un rituale che la sostiene nel saluto al
11
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
fino a quando il grido si trasforma in pianto. Edoardo, 14 mesi, torna indietro gli si
avvicina, lo guarda in modo interrogativo,
poi prende un telefono e glielo porge. Lorenzo lo prende, si calma fino a quando
Edoardo gli resta vicino, ma appena Edoardo si volta per tornare nel mare delle meraviglie, Lorenzo lo lascia cadere e inizia
di nuovo a gridare. Edoardo torna indietro
si inginocchia vicino alla sedia di Lorenzo,
lo accarezza sulle gambe, poi raccoglie il
telefono e lo appoggia sulle ginocchia di
Lorenzo. Lorenzo si calma ma spinge il telefono in terra, allora Edoardo appoggia la
testa sulle gambe di Lorenzo, Luca inizia
ad accarezzarlo e completamente rilassato cerca lo sguardo di Edoardo tirandogli
i capelli in modo da fargli alzare la testa.
Edoardo resta a gattoni vicino alla sedia di
Lorenzo che sorride di nuovo, poi si lascia
scivolare a terra e insieme, un po’ a gattoni, un po’ strisciando, arrivano fino al mare
delle meraviglie.
documentazione della situazione di attività strutturata dove alcuni bambini stanno costruendo la gabbia per chiudervi
dentro i cento lupi della storia di “Tommasino e i Cento Lupi” rappresenta una
prova di come una serie di immagini fotografiche può, in alcuni casi meglio delle parole, mostrare come bambini diversi, con gli stessi strumenti a disposizione,
realizzano processi di combinazione e
costruzione diversi.
La documentazione fotografica, inoltre,
riesce a rendere visibile tutti i prodotti
temporanei, che costituiscono l’evolversi
del processo esperienziale, che in alcuni
casi si sviluppa attraverso nuovi percorsi
logici che determinano nuove disposizioni e classificazioni (il materiale viene
sparso sotto il tavolo o trasportato in un
altro angolo gioco con tutt’altro valore
simbolico o ancora mischiato e utilizzato per il suo valore sonoro) lontane dal
pensiero e dalle aspettative degli adulti.
In altri casi l’esperienza si conclude con
la ricerca di una sorta di riordino che impegna i bambini in una distribuzione dei
materiali utilizzati simile alla disposizione di partenza.
La documentazione di esperienze attente
alle strategie e ai processi messi in atto
dai bambini, per risolvere un problema,
diventa un sostegno per gli educatori, sia
per ridefinire con i genitori l’individualità rispetto ai tempi e ai modi di crescita e
sviluppo, sia per placare le ansie rispetto
alla ricerca di precoci apprendimenti di
abilità cognitive.
Documentare il modo in cui le esperienze
sono offerte ai bambini e come i bambini
le interpretano permette di sollecitare anche le famiglie con una nuova immagine
d’infanzia, sostenendo un processo di trasformazione delle idee che offre vitalità
all’educazione come processo condiviso.
Anche la documentazione delle attività
strutturate o esperienze di piccolo gruppo
ci regala letture in cui si evidenzia il valore delle diverse strategie che i bambini
mettono in atto nell’esplorazione di strumenti e materiali, se accompagnate da
un’osservazione e una documentazione
attente a dar valore e visibilità ai processi
che bambini diversi mettono in atto nelle
esperienze.
La documentazione fotografica, anch’essa inizialmente utilizzata nei servizi con
ruolo descrittivo e collocata “accanto”
alla documentazione scritta, quasi a sostenerla attraverso una sorta di “ulteriore
prova dei fatti”, con il tempo e la professionalità degli educatori ha acquisito
anche il valore di documentazione con
espressione e forza comunicativa propria, in molti casi completa e autonoma
rispetto alla documentazione scritta. La
12
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
Bibliografia
Tognetti G. (a cura di), Creare esperienze
insieme ai bambini, Edizioni Junior, Azzano San Paolo (Bg), 2003.
Tognetti G., “La potenzialità delle relazioni tra bambini”, in A. Fortunati (a cura di),
Crescere insieme. Appunti e proposte di riflessione per educatori e genitori, Edizioni
Junior, Azzano San Paolo (Bg), 2002.
Zingoni S., “Il protagonismo dei bambini
nel piccolo gruppo”, in Bambini, XXI, n.
1, gennaio, 2005, pp. 45-49.
Zingoni S., “Protagonismi in relazione”,
in R. Zerbato (a cura di), Infanzia tempi
di vita tempi di relazione, Edizioni Junior, Azzano San Paolo (Bg), 2007.
Catarsi E., Fortunati A., Educare al nido,
metodi di lavoro nei servizi per l’infanzia, Carocci, Roma, 2004.
Fortunati A., Il gruppo misto nell’asilo
nido, Franco Angeli, Milano, 1986.
Fortunati A., L’educazione dei bambini
come progetto della comunità, Edizioni
Junior, Azzano San Paolo (Bg), 2006.
Fortunati A., Tognetti G. (a cura di), Bambini e famiglie chiedono servizi di qualità, Edizioni Junior, Azzano San Paolo (Bg), 2005.
Fortunati A., L’educazione dei bambini
come progetto della comunità, Edizioni
Junior, Azzano San Paolo (Bg), 2006.
13
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
La documentazione come strumento e
opportunità di confronto e scambio
Franca Marchesi
Pedagogista
Gli interventi che mi hanno preceduto
hanno posto l’accento su modalità, tempi,
strumenti della documentazione, approfondendo sia gli aspetti metodologici che
di contenuto. Nel mio intervento mi soffermerò in particolare su due elementi:
• la valenza formativa, insita nella documentazione, e il ruolo di supporto alla
verifica/valutazione del progetto pedagogico dei servizi;
• il ruolo che un centro di documentazione in generale, il Laboratorio di Documentazione (Labdocform) di Bologna
in particolare, può avere per sostenere
il processo di visibilità della progettualità dei servizi, il confronto e lo scambio tra servizi, tipologie, ordini scolastici e gestori diversi.
tiva sia una legata all’autovalutazione; è
cioè uno strumento che permette al gruppo di lavoro di ripensarsi e di verificare,
anche in modo autonomo, se la strada che
percorre sta dando buoni frutti o se si manifestano criticità su cui intervenire.
Possiamo raccontare con le immagini o
con le parole, documentare in itinere o a
conclusione del lavoro ma, in ogni caso,
quando documentiamo, siamo chiamati a
riflettere sull’esperienza, ripercorrendola
dall’inizio alla fine. In questo consiste
l’aspetto formativo del documentare, la
ricaduta in termini di auto-formazione
sulle singole operatrici e sul gruppo che
la costruisce ed elabora. Chi si accinge a
documentare si pone diverse domande su
cosa e come raccontare, in che modo rendere più efficace la narrazione e, mentre
si pone queste domande, il gruppo rivisita l’esperienza, guarda a ritroso, cerca di
ricostruire l’esperienza, seleziona alcuni
elementi, crea connessioni... Ed è in questo processo di narrare e narrarsi attraverso la documentazione che il gruppo di lavoro – parlo del gruppo perché, anche se
può esserci un referente per la documentazione nel nido, il percorso complessivo
deve coinvolgere tutto il gruppo – può
acquisire nuove conoscenze, proprio attraverso l’esperienza che viene interrogata, rivisitata e ripercorsa.
Valenza formativa della
documentazione
Se partiamo dalla considerazione che la
documentazione è uno strumento di crescita dei servizi educativi e scolastici che
cambiano anche nella misura in cui, producendo memoria delle esperienze che
realizzano, sono in grado di elaborare
linee evolutive, mettiamo in evidenza un
aspetto molto importante e cioè che la documentazione ha sia una valenza forma14
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
Documentare quindi è anche uno strumento di collaborazione tra diverse figure professionali: educatori, personale
ausiliario, coordinatore pedagogico.
Al valore formativo della documentazione si collega il valore di verifica del proprio modo di lavorare, dei punti di qualità e di debolezza dei percorsi educativi
e didattici, delle modalità di conduzione
delle proposte educative, della gestione
quotidiana, ma anche di monitoraggio
dell’evoluzione di un gruppo.
Questo mi sembra un elemento interessante: per un gruppo tenere memoria
del percorso fatto serve per leggersi e
rileggersi nel proprio percorso professionale; documentare anche per evitare
il rischio che si disperdano gli elementi
che nel tempo hanno portato alla crescita e alla trasformazione del gruppo
in quanto tale. Un esempio può essere
l’evoluzione degli stili educativi legata
sia ai cambiamenti dei bambini e delle
famiglie, sia alla maturazione dell’approccio pedagogico nei servizi 0/6:
da uno stile educativo più centrato sul
gruppo dei bambini a un affinamento
dell’attenzione individualizzata e dello
stile di comunicazione con le famiglie.
È in questo senso che la documentazione come memoria di un percorso diventa risorsa per il contesto del singolo
servizio, della singola scuola, ma anche
in modo più ampio della cultura dell’infanzia e dell’educazione.
• formazione, consulenza e ricerca;
• produzione di documentazioni fruibili
su tematiche di vario genere, approfondimenti attraverso percorsi formativi
della prassi del documentare (vedi valigia degli attrezzi), diffusione, consulenza ai servizi...;
• cura dell’informazione attraverso la
predisposizione di cataloghi cartacei e
on line, di archivi tematici, di messa in
rete delle esperienze nel territorio e di
collegamento tra le reti.
Inoltre, un elemento centrale nella funzione dei centri sta nella possibilità per pedagogisti, educatori, ricercatori, studenti
di poter conoscere e consultare esperienze prodotte in diverse realtà. Tale possibilità risulta oggi particolarmente utile,
in quanto i servizi, almeno nella nostra
realtà, sono investiti da un forte ricambio
generazionale (i nidi sono aperti in alcune realtà da 40 anni), fatto che potrebbe
rischiare di mettere nel dimenticatoio tante esperienze progettuali che hanno fatto
crescere la qualità dei servizi. Poter fare
ricorso a una documentazione significativa costituisce una buona opportunità di
crescita e di continuità nel percorso verso
una sempre maggiore competenza professionale, che tenga presenti le acquisizioni
prodotte negli anni e che sia arricchita da
contributi innovativi di chi da poco tempo
è entrato nei servizi. L’obiettivo è quello
di mantenere un delicato equilibrio tra il
consolidato e l’innovazione, e in questo
ambito la documentazione può giocare
un ruolo forte.
Quando parliamo del processo legato al
documentare, dobbiamo mettere in rilievo, oltre ai molti aspetti positivi che lo
caratterizzano e alle risorse che riesce
a mobilitare, anche un percorso che si
muove tra molti ostacoli e difficoltà, in
quanto, benché se ne parli da tempo, non
Ruolo dei centri di documentazione
Un ruolo importante nel percorso di rafforzamento e di diffusione della pratica
della documentazione viene svolto dai
centri di documentazione che rivestono
alcune funzioni fondamentali quali:
15
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
La presenza di ostacoli e difficoltà non
va quindi negata, bensì esplicitata per
poterla superare. Quindi prevedere e analizzare le difficoltà diventa un momento
importante del percorso e deve essere
collegato a un’analisi delle risorse che
sono diverse per ogni contesto.
può essere dato per acquisito e diffuso in
modo uniforme.
Problematicità
Ostacoli di vario tipo sono relativi in particolare alla “mancanza di tempo” e/o alla
“mancanza di risorse” umane, tecnologiche ed economiche. Il tempo della documentazione è invece un tempo prezioso,
da conquistare, difendere, presidiare, affinché non venga vissuto come elemento
di sottrazione ad altri fondamentali momenti del lavoro educativo: il tempo da
dedicare alla documentazione dovrebbe
essere ben definito, ben individuato, fin
dall’inizio del percorso e, soprattutto,
riconosciuto dal gruppo e dal coordinatore.
La mancanza di risorse può essere l’altro
ostacolo, che tuttavia ha bisogno di essere
analizzato per poterlo in parte smontare.
Certo, ci sono documentazioni fantasmagoriche, multimediali, ma una documentazione può anche essere minimalista,
purché raggiunga lo scopo prefissato,
dando conto in modo chiaro di quanto si
desidera mostrare.
Anche a Bologna dove pure è stato realizzato il percorso N.B.Pro1, di cui vi ha
parlato Franca Mazzoli, le difficoltà, sia
all’inizio che nel corso del progetto, sono
state numerose e progressivamente superate soltanto attraverso un lavoro che ha
richiesto tempo e pazienza agli operatori
e a chi li coordinava.
Il progetto regionale
Vi presenterò brevemente il progetto regionale proprio a partire dalle difficoltà
che prima segnalavo (avrete provato
nella vostra vita professionale una documentazione diffusa a macchia di leopardo, poco visibile, comprensibile solo per
chi l’aveva realizzata...) e dalla constatazione che in una Regione con il più alto
tasso di copertura dei servizi, con la presenza di realtà d’eccellenza, con un alto
livello qualitativo, poco si manifestava
all’esterno, a parte alcune eccezioni da
tutti conosciute.
Gli obiettivi del progetto erano e sono
tuttora: diffondere la cultura della documentazione in modo capillare a partire dalle risorse del territorio, generare
prodotti (monografie, video...) da poter
“spendere” in vari contesti, raccogliere
e valorizzare esperienze, sviluppare un
progetto di lavoro comune che trovasse
sostegno nelle risorse locali. Questo mi
sembra un elemento importante: coinvolgere i territori per far crescere, poco
a poco, le competenze dei coordinatori e
dei servizi. Questo ha allungato i tempi,
in quanto ha comportato di procedere a
piccoli passi, ma ha consentito di raggiungere gli obiettivi prefissati.
È stato quindi impostato il progetto di
documentazione regionale che ha visto,
nel corso di ben sette anni, un’azione
mirata su questo tema, con il coinvol-
1
F. Mazzoli (a cura di), N.B.PRO. Un modello formativo per la progettazione educativa
del nido a Bologna, Edizioni Junior, Azzano
San Paolo (Bg), 2009.
16
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
gimento di vari attori, tutti comunque
motivati dal forte impulso regionale. È
stato individuato un supervisore2 che ha
accompagnato la nascita del percorso; si
è quindi costituito un gruppo di coordinatori pedagogici (uno per ogni Provincia della Regione, denominato gruppo
GRED-Gruppo Regionale Documentazione Educativa) che, a partire dalle modalità di documentazione presenti (o non presenti) nei vari territori, ha elaborato una
scheda per la documentazione in itinere,
che viene utilizzata anche come supporto
alla progettazione. Questa scheda, nata
dalla necessità di monitorare i progetti
ritenuti particolarmente significativi con
l’ausilio di strumenti omogenei, consente
di ripercorrere tutte le fasi della progettazione educativa, è stata sperimentata in
tutte le Province e ha prodotto una serie
di materiali che sono visibili nel catalogo
online del Laboratorio di documentazione di Bologna, individuato dalla Regione
quale punto di implementazione, raccolta e catalogazione della documentazione
regionale. Il progetto è stato finanziato
dalla Regione.
Nel corso degli anni, mentre l’iniziativa si andava consolidando nel territorio
regionale, si è precisato meglio anche
l’obiettivo della produzione di materiali,
monografie e opuscoli che, su temi specifici di interesse regionale, raccogliessero alcune documentazioni, dando quindi
conto del lavoro in progress3.
Uno degli aspetti più positivi del percor-
2
so regionale mi sembra consista proprio
nell’avere progressivamente motivato i
coordinatori e gli operatori a far crescere
la cultura della documentazione. Vedere
i propri prodotti di documentazione sul
sito, riproposti in fascicoli monografici
diffusi in tutta la Regione, ha prodotto
un circolo virtuoso che, dall’iniziale
perplessità e diffidenza, ha portato molti
a partecipare e contribuire con prodotti di qualità. Si è quindi passati da una
situazione iniziale in cui i servizi producevano poca documentazione, oppure
temevano quasi di venire “espropriati”
della propria produzione, alla soddisfazione di vedersi valorizzati a livello regionale e non solo. Una valorizzazione
che può essere vista anche in chiave di
sostegno all’identità dei servizi, come
possibilità di dar voce a ciò in cui ci si
riconosce, cercando di uscire dal proprio
specifico, costruendo percorsi trasversali con coordinate comuni. E questo mi
sembra stia accadendo nella nostra Regione. Porto l’esempio della monografia sulla documentazione dei progetti
interculturali: guardando il panorama,
l’insieme dei progetti provenienti da varie situazioni, da servizi con gestori diversi, ci si rafforza nell’identità comune
di appartenenza a un contesto ampio di
attenzione alle differenze, consolidando
quindi valori, pratiche, atteggiamenti;
ma si può andare anche oltre utilizzando
la documentazione come strumento per
l’innovazione e la sperimentazione.
Credo che questo aspetto sia molto pertinente anche alla vostra realtà, in quanto
c’è la necessità di rinforzare l’identità
dei vostri servizi, costruendo memoria,
utilizzando le tracce dell’esperienza, ma
in ottica di innovazioni che il contesto in
cui vi trovate ad operare necessariamente
comporta.
Franca Mazzoli.
3
In questa seconda fase il gruppo regionale
dei “referenti per la documentazione” ha cambiato il supervisore: Marina Maselli ha sostituito Franca Mazzoli.
17
Sintesi dei lavori delle tre Commissioni
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
Prima Commissione
Comunicare il progetto pedagogico
ed educativo del nido
ai genitori e alla comunità
A cura di Anna Ferrante
Coordinatrice servizi per l’infanzia, Comune di Teramo
Responsabile Gruppo Territoriale Abruzzese Nidi e Infanzia
...ricorda il tempo,
prima che s’indurisse la cera,
quando ognuno era come un sigillo.
Di noi ciascuno reca l’impronta
dell’amico incontrato per via.
Primo Levi, 1985
ze e riflessioni sulla vita dei servizi alla
prima infanzia, la costruzione di percorsi
di qualità in una regione che presenta significativi esempi di buoni servizi, spesso privi di coordinatori e coordinamenti
degli stessi, ma soprattutto esprime la volontà di risorgere da un catastrofico evento, partendo proprio dai bambini più piccoli e dalle loro istituzioni come gli asili
nido. Un atto coraggioso del Comune di
L’Aquila che fra i primi provvedimenti
ha assunto delle educatrici per ricostruire
dall’educativo e dal sociale (seppur temporaneamente) un tessuto territoriale.
Premessa
È stato un seminario importante per
l’Abruzzo, per i servizi abruzzesi e soprattutto per L’Aquila, una città distrutta
da un evento naturale come il terremoto,
che ha messo in evidenza le fragilità naturali e soprattutto le “fraudolenze architettoniche umane”.
Il seminario è stato fortemente voluto
dal Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
che generosamente, oltre agli arredi per
l’asilo nido, ha sostenuto la formazione
del personale. Il Gruppo Nazionale, in
collaborazione con il Gruppo territoriale
Abruzzese, esprime, oltre alle esperien-
I lavori della commissione
“La storia la fa chi la racconta”: ed è proprio dai racconti audiovisivi documentati dalle città di Teramo, San Miniato e
Caltagirone che si sono sviluppati gli approfondimenti della prima commissione.
Tutte le relazioni sono state raccontate at19
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
traverso i linguaggi audiovisivi costruiti
con le tecniche del power point animato e
del movie maker.
Le prime riflessioni emerse hanno messo in luce quanto sia importante la dimensione narrativa per i genitori, per la
collettività, ma anche per il gruppo di lavoro, perché aiuta a comprendere i significati del tragitto che si sta compiendo,
diventando “chiave di lettura” e strumento speciale di formazione professionale
e soprattutto costruzione di un “pezzo di
storia di vita quotidiana” dei bambini da
far conoscere, da far sapere ai genitori e
alla collettività.
Quando la storia si sposta dai re, dalle battaglie, ai processi profondi della vita quotidiana allora si scoprono e si conoscono
meglio i bambini, le famiglie, le donne, gli
esseri umani nelle diverse dimensioni.
“Il far sapere” presuppone un processo di
costruzione di ciò che si vuol far sapere,
mostrare. Un processo che parte inevitabilmente dalla progettazione pedagogica
e quindi da una condivisione esplicitata
del gruppo educativo. I linguaggi che si
usano generalmente sono attraverso la
lingua scritta e in diversi casi con il supporto di fotografie, disegni, schemi. Sempre più il progetto pedagogico dei servizi,
del servizio viene presentato anche attraverso i linguaggi audio-visivi come nel
caso delle tre realtà geografiche presenti
in questa commissione.
Elementi fondamentali sono l’osservazione e la documentazione.
Attraverso la documentazione delle
esperienze si rende visibile la cultura (il
cosa) e il processo (il come, dove, quando avviene). Attraverso l’osservazione,
che precede la documentazione, si mette
in atto quel procedimento di riflessività
del gruppo educativo e, in diversi casi,
si estende a più attori (amministratori,
esperti e genitori), costruisce, sceglie
e seleziona i contenuti da mostrare. Un
dialogo professionale interno al team ed
esterno ai genitori, al territorio, trasmettendo così saperi educativi e facendo
accrescere la cultura dell’infanzia nei
genitori, nella comunità che sviluppa una
maggiore consapevolezza nei confronti
dei bambini.
Durante le comunicazioni della commissione si è evidenziato come la storia
dei bambini e dei servizi non esiste se
qualcuno non la racconta e, a seconda
di chi la narra, le versioni cambiano. La
comunicazione del progetto pedagogico
ai genitori e alla comunità costituisce
uno spazio importante che definisce le
educatrici come professioniste e colloca
la storia e le caratteristiche dei bambini
all’interno della cultura dei luoghi e dei
servizi abitati e dedicati agli stessi. La
comunicazione quindi diventa una dimensione narrativa interna ed esterna e
assume diverse prospettive a seconda di
chi la esprime e di chi la riceve. Non sarebbe neppure pensabile un mondo senza
storie, senza letteratura, senza la capacità
di raccontare/ci, non solo nei linguaggi
verbali e scritti, ma anche attraverso i
tanti linguaggi, “i cento linguaggi”. Oggi
abbiamo una tecnologia che ci consente
maggior rapidità e ricchezza nella dimensione narrante. Questa dimensione non è
solo “linguistica”, ma profondamente
psicologica. Essa non è affatto oggettiva,
ma estremamente soggettiva e interpretativa e soprattutto risente dei contesti culturali di appartenenza e, nel nostro caso,
dell’idea di bambino, di famiglie, di servizio educativo che abbiamo.
Per queste ragioni vi sono tanti modi,
tante tipologie documentative e soprattutto tanti attori partecipanti, impliciti o
espliciti, consapevoli o inconsapevoli,
20
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
comunque narranti in un servizio educativo. Dalla collocazione geografica
dell’edificio alla sua tipologia architettonico/arredamentale, dalla scelte cromatiche interne ed esterne ai materiali,
dall’esposizione di cartelloni come semplici avvisi alle fotografie, tutto ci rappresenta, parla di noi e della nostra “idea,
della concezione dei bambini, della relazione che abbiamo con loro e con le loro
famiglie”, oltre all’idea che abbiamo
della professione che svolgiamo. Il nostro (e per nostro intendo anche la parte
amministrativa e politica) è lo sguardo
negoziato degli adulti verso i bambini.
I bambini non lasciano tracce scritte, i
bambini non scrivono la loro storia. Dobbiamo ritrovare noi le loro tracce prima
e durante la permanenza con noi per costruire i pezzi della trama. Le riflessioni
sulle relazioni e il dibattito del seminario
hanno messo in evidenza come il fattore
tempo, e in particolare il tempo da dedicare alla “riflessività”, sia molto importante e come esso si possa trasformare, se
adeguatamente utilizzato e sollecitato, in
osservazione, documentazione, progettazione e comunicazione.
Quattro grandi temi che interagiscono e
non s’improvvisano e che necessitano di
saperi, di strumenti, di scelte individuali
e collegiali all’interno di spazi e tempi da
prevedere. Tempi che non dovrebbero togliere spazio alla relazione con i bambini,
ma che dovrebbero essere previsti all’interno dell’orario di lavoro, anche se spesso in “differita”. I relatori hanno chiarito
bene come tutti i filmati che hanno mostrato non sarebbero stati possibili senza
un lavoro collegiale sulla documentazione, nel quale, in modo propedeutico, si
doveva procedere ponendosi interrogativi che avrebbero messo in atto il processo di lavoro in vista della realizzazione.
Quindi la comunicazione del progetto pedagogico presuppone alcuni interrogativi
basilari che il gruppo di lavoro si pone:
• a chi si rivolge la comunicazione;
• cosa vogliamo comunicare;
• quali strumenti utilizzare (per l’uso di
strumenti fotografici o video è necessaria la liberatoria, cioè la o le autorizzazioni dei genitori);
• cosa osservare (come e quando “guardare, osservare” gesti, parole, contesti,
eventi; cosa e come riprendere con
le apparecchiature audiovisive; chi o
quante persone scrivono, fotografano,
riprendono);
• cosa vogliamo mostrare della documentazione prodotta.
Altri passaggi indispensabili:
• visionare il materiale acquisito attraverso la riflessione collegiale che riflette e seleziona parole, immagini, gesti
da mostrare all’esterno/ai destinatari;
• sulle indicazioni ricevute si effettuano
i “montaggi”, gli assemblaggi, s’inseriscono le titolazioni e le frasi che
definiscono i pensieri che s’intendono
trasmettere e, a seconda delle tecniche
scelte, nel nostro caso power point o
movie maker, si “definisce il prodotto”;
• ultime revisioni dell’intero gruppo
educativo per eventuali correzioni, aggiustamenti e per il via definitivo;
• ora il documentario è pronto per l’esposizione ai genitori ed eventualmente
alla comunità.
Tutto questo processo non può essere
effettuato solo da tecnici della comunicazione, ma necessita di “registi pedagogici” che “ricostruiscano la storia”
per raccontarla ed è quello che fanno le
educatrici, a volte in collaborazione con i
coordinatori, i genitori ed anche, in diversi casi, con l’aiuto di mariti/compagni, figli; non sempre il processo che si adotta
21
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
è sempre così lineare come rappresentato
nell’elenco sopra. Molte di noi ci sono arrivate per tentativi ed errori sia per i contenuti sia per la strumentazione di nuovi
e diversi linguaggi.
Il seminario ha messo in evidenza quindi
la necessità di mettere in atto un “processo” di documentazione che si costruisce
progressivamente con il gruppo educativo, che sceglie ciò che si vuol “mostrare”, “leggere” e raccontare.
Dunque una documentazione strettamente correlata all’osservazione per costruire
una progettazione pedagogica vera e non
“per riempire carte” (espressione usata
da molti partecipanti esasperati da una
cultura cartacea amministrativa fine a se
stessa, spesso arrogante e assolutamente
inadeguata per gestire servizi alla persona; purtroppo in molte realtà non esistono
coordinatori pedagogici e la burocrazia
ha il sopravvento).
Il primo, rivolgendosi ai genitori, mostra
l’asilo nido e la sua “offerta formativa ed
educativa” attraverso spazi e momenti significativi della vita dei bambini, mentre
l’altro è finalizzato all’osservazione dei
bambini in relazione con materiali inusuali come corde e reti.
“Quando è stato aperto il nido a Teramo,
nel 1981, siamo entrate con la voglia di
aprire le porte alla comunità per mostrare
che cosa avvenisse all’interno, in quanto
fino ad allora negli unici due ex-Onmi,
chiamate “maternità” questo era impensabile. Si partiva quindi da un’identità
professionale con i camici bianchi che
non volevamo assolutamente imitare.
Tuttavia la preparazione scolastica era
largamente insufficiente e molto lontana
dalla realtà. Unico punto di riferimento
era il Gruppo nazionale nidi infanzia e
Loris Malaguzzi con la rivista 0-6, oggi
Bambini. Allora anche i nostri edifici
avevano grandi stanzoni realizzati da
architetti che scambiavano la socializzazione con la massificazione. Quindi uno
dei primi interventi fu quello di cambiare
la disposizione di pareti, creando sezioni
e angoli. Successivamente abbiamo spostato l’attenzione sulla documentazione.
Nei primi tempi, non sapevamo ancora
bene cosa trascrivere e soprattutto cosa
guardare: cosa, come guardare, come
osservare i bambini e l’ambiente. Per
questo i primi diari erano solo la somma
delle didascalie fotografiche. Il cambiamento è avvenuto dalle visite ai nidi reggiani, dagli incontri con Loris Malaguzzi
prima e con Aldo Fortunati, Sara Zingoni, Luciana e Gloria a San Miniato, dopo.
La conoscenza è scambio e vedere realtà
diverse ci ha permesso di comprendere
che le nostre aspettative, i nostri desideri
erano possibili e concretizzabili. Naturalmente tutto ciò non avveniva automati-
Le relazioni
I filmati del nido Pinocchio
La prima relazione è stata svolta da educatrici del nido Pinocchio di Teramo, che
hanno presentato due diversi filmati:
1. il primo, rivolto ai genitori e al territorio, “Il diario telematico al nido”,
costruito grazie anche all’aiuto della
psicologa Erika De Gregori (in servizio civile al nido), era finalizzato alla
rappresentazione del progetto pedagogico del nido;
2. il secondo, rivolto alle educatrici, era
stato pensato e costruito per raccontare un’attività dei bambini di una sezione dei “grandi” centrata sulle “corde”,
quindi un’attività specifica per altre
educatrici, per “scambi”professionali.
I due filmati hanno due diversi scopi.
22
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
camente, perché avevamo realtà geografiche, sociali, storiche e amministrative
molto diversi”1.
Intanto i diari dei bambini si arricchivano sempre di più e diventavano più
personalizzati. Siamo partiti dai diari.
Nel corso del tempo i diari dei bambini
hanno costituito il nostro canovaccio per
i filmati. Ogni insegnante scriveva i diari
dei bambini a lei affidati, che riconsegnava, con le colleghe, ai genitori alla fine
dell’anno scolastico e Gabriella Pompetti
continua: “Volevamo che questo pezzo
di storia della vita di ogni bambino rimanesse vivo nel tempo, quel tempo di cui
non ci si ricorda. Tuttavia i bambini non
nascono nell’asilo nido, provengono da
una famiglia e prima di arrivare al nido
hanno già una loro parte di storia vissuta. Quindi chiediamo ai nuovi genitori,
nel primo incontro, generalmente a fine
agosto/inizio settembre, di presentarci il loro bambino attraverso una storia
narrata da loro e anche durante la pausa
estiva prima di rientrare al nido. Non tutti rispondono, tuttavia questo ci aiuta a
capire meglio i bambini, le aspettative e
le preoccupazioni dei genitori, oltre alle
opinioni. Infatti nel diario di Andrea, la
mamma rappresenta il rientro al nido con
una foto desolante che noi non avremmo
mai scattato, ma che dimostra tutta la sua
ansia e angoscia per il distacco: Andrea,
da solo, dietro il cancello del nido. Ma
c’era ancora un anello mancante in questa catena di momenti di vita: dovevamo
rendere ancora più visibile il tutto.
La costruzione di questo filmato, a più
mani o meglio a più occhi, da parte di at-
tori il cui ruolo, essendo più esterno come
quello della coordinatrice Anna Ferrante
e della psicologa Erika De Gregorio, è
servito a realizzare un documento che
rappresentasse attraverso le immagini e
alcune scritte significative l’intero nido.
Questo documento oggi costituisce uno
strumento indispensabile per raccontare
ai nuovi genitori la progettazione educativa che si esplicita attraverso l’organizzazione degli spazi, delle routine, degli
incontri con i genitori, delle feste, delle
attività laboratoriali, dei momenti di vita
dei bambini. Uno strumento indispensabile, soprattutto all’inizio dell’anno,
proiettato nel primo incontro (primo settembre) con i nuovi genitori che possono comprendere meglio un progetto che
difficilmente con le sole parole o con uno
scritto sarebbe stato capito.”2
“Il video è stata una sfida comunicativa
molto importante che ha coinvolto tutti
al nido. Personalmente ho dato una mano
attraverso il punto di vista tecnico, ma
ciò che è stato davvero unico è stato il
lavoro corale di raccolta delle foto dei
momenti salienti delle attività portate
a termine durante l’anno. È stato bello
vedere come abbiamo costruito insieme,
con tutte le educatrici e la coordinatrice,
Anna Ferrante, non senza difficoltà, cercando di rendere delle immagini complete che incarnassero la vita del nido in
poco spazio-tempo.
Inoltre la sfida importante, non sempre
facile, è stata soprattutto quella di coniugare più esperienze. Per chi lavora al
nido da vent’anni possono essere importanti alcuni aspetti che io non avrei mai
rilevato. Il tutto era fatto con un obietti-
1
Dalla presentazione dell’educatrice Gabriella
Pompetti.
2
23
Gabriella Pompetti.
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
vo principale: riuscire a integrare i nostri
punti di vista per far arrivare all’esterno,
principalmente ai genitori, l’immagine
più realistica possibile di ciò che accade
tra quelle mura colorate. Il mio pensiero di riferimento è stato quello della mia
esperienza personale; ripensando ad essa
ho potuto meglio mettermi nei panni di
questi bambini: ho poche foto della mia
prima infanzia, non ho ricordi precisi, i
volti delle mie maestre di scuola materna
sono per me un’immagine sfocata. Questi
genitori, ma soprattutto i bambini stessi
hanno ricevuto un dono non indifferente, in quanto tra qualche anno potranno
rivedere se stessi in attività quotidiane, in
atteggiamenti naturali (non in posa come
accade per le foto delle feste) e, ciò che è
importante, potranno rivedere dove hanno trascorso i primi passi della propria
vita sociale e soprattutto con chi.
Con questo spirito ed entusiasmo abbiamo portato a termine questo lavoro che
è piccolo da un punto di vista tecnico ma
molto grande per ciò che rappresenta a livello simbolico e affettivo. Lo stesso entusiasmo, misto a gratitudine, lo abbiamo
raccolto da chi lo ha ricevuto: i genitori e
le colleghe negli scambi.”3
progetto pedagogico (esperienze pubblicate come allegati all’interno della rivista
Bambini).
Una giornata al nido
Sara Zingoni, pedagogista ed educatrice
di San Miniato, presenta una documentazione filmata dal titolo “Una giornata al
nido”, estratto da “Protagonismi in relazione: tracce di una storia che ha animato
una comunità intorno al tema dell’educazione dei bambini”.
Sara ha proposto il video come una possibile documentazione da utilizzare in
qualità di strumento di condivisione del
progetto educativo con le famiglie durante la prima riunione di presentazione del
servizio con i genitori nuovi.
Ha evidenziato il valore:
• del tempo dedicato alle famiglie come
le riunioni, i colloqui, i laboratori, le
feste ecc.;
• del tempo non frontale da dedicare alla
documentazione e alle famiglie;
• del diario come documentazione di
secondo livello e di relazione con le
famiglie, memoria, continuità con la
scuola dell’infanzia, contaminazione
di una nuova immagine di bambino.
Quindi osservazione e documentazione
per accogliere e valorizzare le potenzialità e le diversità: “L’osservazione e la documentazione come strumenti di ascolto,
di accoglienza, di riflessione, confronto,
memoria e soprattutto di condivisione tra
coloro che si occupano e si occuperanno
di quel bambino, dei bambini e anche del
nostro futuro investendo sull’infanzia.
Osservazione e documentazione quindi come rappresentazione dell’identità
infantile, non generica e manualistica,
ma un’identità infantile ricca, capace e
competente che esige un lavoro di osservazione e documentazione che precede,
Il secondo filmato, presentato dall’educatrice Antonietta Pelusi, ha presentato
un video costruito attraverso una ricerca
effettuata grazie allo spunto fornito dalle
pubblicazioni tedesche relative all’utilizzo di materiali naturali e artificiali
(“Gioco con materiali insoliti al nido”),
come per esempio le corde. Esperienze
straordinarie, diventate poi ordinarie nel
3
Erika De Gregori, psicologa in servizio civile
al nido.
24
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
affianca, si intreccia e segue la progettazione di tutte le esperienze. L’esperienza
di lavoro per gruppi misti realizzata nei
servizi ha rappresentato un ulteriore stimolo all’attenzione e alla progettazione e
alla cura di contesti educativi che potessero accogliere e valorizzare le esigenze
e le esperienze di bambini diversi.
Il lavoro di questi anni ha reso visibile
che i bambini di età diversa sono una
risorsa che arricchisce, che complica
positivamente le relazioni nei gruppi e
inserisce letture inattese delle possibilità
offerte, orientando il percorso anche in
direzioni non previste dall’adulto, determinando un’efficace sollecitazione anche
alla scoperta di nuovi e originali significati. La documentazione infatti favorisce
la memoria e la riflessione, modificando
l’agire delle educatrici, i processi conoscitivi dei bambini, e le consapevolezze
dei genitori”.
Le slide dei “Nidi in città” (terza edizione) illustrano il nido con i suoi protagonisti (bambini, famiglie, operatori) in
una visibilità insolita come nell’infiorata
cittadina.
Racconta Gianfilippo Vispo, con voce
appassionata e notevole professionalità, le bellissime immagini che mostrano
uno stupendo centro storico invaso dai
colori dei bambini e dalle loro famiglie
protagonisti nella città, con la comunità
e i suoi rappresentanti a partire dal primo cittadino. L’invasione di operatori,
famiglie, bambini in spazi cittadini per
vivere insieme alcuni luoghi per un giorno. Una performance di vita quotidiana:
“Riconoscere per raccontare l’infanzia
attraverso la centralità della persona, lo
spazio educativo, il tempo educativo, lo
stile educativo, la cittadinanza; per evidenziare l’idea di bambino e bambina
soggetti di diritti, l’idea di bambino e
bambina come persona con potenzialità, capacità e disponibilità alla relazione
e alla conoscenza sin dalla nascita, lo
spazio esterno come il luogo intermedio
tra il ‘fuori e dentro’ il nido, uno spazio
che accompagna il bambino nel delicato
passaggio sociale dalla famiglia all’educatrice, dalla società-comunità al nidocomunità”. Gianfilippo Vispo continua
il racconto attraverso le slide che rappresentano e definiscono i luoghi, gli spazi
e le funzioni del nido: “L’ingresso come
uno spazio attraversato e che raccoglie
le anticipazioni di un pensiero educativo progettato e dichiarato... La Sezione
come il luogo dello spazio dell’abitare, in
cui si presentano le tracce e le memorie
di una quotidianità vissuta nello stretto
rapporto tra educatrice e bambino/a... Il
laboratorio...”.
Quindi visibilità, visibilità degli spazi,
dei bambini per cogliere le azioni e le
Nidi in città
Gianfilippo Vispo, coordinatore pedagogico del Comune di Caltagirone4, ha
presentato due documentazioni, in power
point e in filmato:
• “Nidi in città, ovvero quando l’infanzia
impara a raccontarsi in slide”;
• “Notte verde, ovvero come l’arte rende
migliore la vita nel Natale eco/solidale
da parte della città di Caltagirone per i
bambini dell’Aquila”.
4
La città di Caltagirone gestisce direttamente
tre nidi comunali e tre sezioni primavera aggregate ai nidi. Grazie a una mobilitazione di
tutta la città sono stati raccolti ben 4.301,52
euro per i terremotati di L’Aquila che sono
serviti, insieme ad altri fondi raccolti dalla rivista Bambini, per la riattivazione dei due nidi
aquilani.
25
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
loro potenzialità; comunicazione: “comunicare con gli altri per produrre confronti, per rileggersi e riflettere sui vissuti, sulle abitudini, sulle pratiche, sulle
didattiche, sulla quotidianità dell’essere
e del fare nido. Dunque una meta-lettura, una riflessione su ciò che è stato e
sarà (passato-futuro). Alleanza educativa come partecipazione, integrazione e
continuità tra famiglia, nido ed extranido
per portare avanti un comune progetto a
favore del bambino”.
Evidenziare dunque le finalità del nido
“per una nuova cittadinanza in cui l’idea
di nido-comunità, fatta di valori riconosciuti universalmente, possa rafforzare la
promozione di un nido sostenibile, solidale, amico dei bambini e delle bambine”.
Gianfilippo Vispo illustra successivamente un altro documentario che racconta la straordinaria solidarietà dei nidi e
della città di Caltagirone in sostegno dei
nidi e della città di L’Aquila. Un gesto di
grande solidarietà umana.
La commissione si è conclusa con le
parole di ringraziamento per la città di
L’Aquila e per le sue educatrici.
26
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
Seconda Commissione
La documentazione come esercizio
di memoria formativa per il proprio
affinamento professionale e delle
colleghe e per gli altri servizi
educativi in vista anche di scambi
A cura di Ombretta Cortesi
Pedagogista, già coordinatrice pedagogica
Premessa
rie narrazioni; queste, attraverso apposite
tecniche, danno significato al lavoro dei
bambini. Avendo chiaro chi sono i destinatari e cosa si vuole documentare, è possibile lasciare intravedere l’insieme della
progettazione “avendo in mente” tutti i
protagonisti del nido.
Sara Zingoni: è indispensabile prendersi
tempo e spazio per documentare. Una
buona documentazione aiuta anche a superare conflitti con le famiglie. L’osservazione, preliminare e “parente stretta”
della documentazione, consente di vedere e cogliere le potenzialità e le diversità
di ognuno.
Franca Marchesi: la documentazione ha
grande valore formativo per il personale,
consente la crescita del servizio e ne sostiene la memoria. Permettendo di riflettere sulla propria modalità di lavoro, aiuta
a “definire lo stile” di quel nido: si deve
Il tempo iniziale dei lavori è stato dedicato a riprendere e ripensare gli interventi
di apertura del seminario con i pregnanti
contenuti portati dai relatori sul significato della documentazione.
Se tutti, non esclusi i politici, hanno richiamato l’importanza di questa pratica di lavoro, definendola un’operazione
professionale volta a far conoscere e a
dare conto di ciò che si fa al nido, le tre
relazioni di apertura ne hanno enucleato
aspetti generali e specifici.
Per tenere la memoria dei lavori svolti,
favorire l’organizzazione del gruppo e la
messa in movimento delle quaranta persone presenti, la coordinatrice ne ha tratteggiato i punti essenziali.
Franca Mazzoli: la documentazione segue una logica circolare che prevede va27
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
decidere preventivamente cosa vuole documentare del suo progetto educativo.
sostiene il pensiero critico, alimenta l’autovalutazione, rende possibile il miglioramento e la ricerca-azione.
Le ultime due verbalizzazioni sono un
richiamo alla forza che può dare la documentazione per andare avanti e per far
entrare i genitori al nido con un atteggiamento discreto “in punta di piedi”.
I lavori della commissione
Il gruppo è prontamente in situazione e
il primo intervento di un’operatrice di
Pescara dichiara emozione e coinvolgimento all’iniziativa seminariale, esprime
la convinzione che la Regione Abruzzo
abbia compiuto un salto di qualità importante, rispetto alle politiche dei nidi, per
il quale riconosce trainante la realtà del
gruppo di Teramo.
Il secondo intervento integra questa opinione, asserendo che l’accresciuta sensibilità degli amministratori è dovuta anche
al lavoro del coordinamento pedagogico.
Grazie a questo si è superato il modello
assistenzialistico del nido e si è affermata
l’idea di servizio socio-educativo capace
di far vedere ai genitori e alla comunità le
possibilità e le competenze del bambino
0/3 anni.
Le operatrici di Roma (terzo e quarto intervento) riconoscono al gruppo di Teramo
l’intenzione di costruirsi un’identità forte
andando anche a confrontarsi con realtà
più avanzate (progetto triennale già dal
2001 “Nidi in viaggio”). Uno degli esiti
di questi movimenti è stata la consapevolezza del potere della documentazione per
la formazione del gruppo di lavoro educativo: grazie al confronto dei vari punti di
vista sul progetto di documentazione, le
visioni individuali si integrano via via verso una costruzione comune e gruppale.
Del resto, interviene un’operatrice di Teramo, riflettere in gruppo sulle immagini
e su parti del progetto di documentazione
apre altri occhi e altri pensieri, portando
la ricchezza di punti di vista plurimi. Allora la documentazione (sesto intervento)
Le relazioni
Un nido resiliente1
L’evento traumatico, le ferite inferte al
territorio e al tessuto sociale hanno scatenato nella comunità, tra le tante reazioni,
anche una risposta iperattiva tendente a
negare l’avvenuto terremoto del 6 aprile
2009, attraverso un tipico meccanismo di
difesa dal dolore e dal trauma. Per consentire ai nidi una buona resilienza e mettere
il personale in condizione di “elaborare
il lutto”, il progetto pedagogico ha ideato un progetto sviluppato su uno sfondo
fiabesco. “La corte di Oz” è il pretesto,
la metafora, il simbolo della tempesta di
vento che fa volare le case mettendo tutto
quanto sotto sopra; Doroty, da sola, come
L’Aquila, compie il percorso della ricostruzione. Nel gruppo nidi aquilani, alla
forte vicinanza implicita nel momento
dell’emergenza, è seguita una seconda
fase nella quale una consapevole richiesta di aiuto per la risistemazione è stata
declinata in domanda per la formazione,
l’organizzazione dello spazio e l’aiuto
economico in vista della ricostruzione.
1
Franca Vittoriani, educatrice e coordinatrice interna, Comune di L’Aquila. Si riporta la
sintesi della relazione; per saperne di più fare
riferimento alla coordinatrice Diana Biscaini.
28
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
Delle cinque postazioni nido, il 21 Settembre 2009 riapre la struttura di Viale
Primo Maggio-Pile, mentre il 1° Febbraio 2010 il MUSP comunale ex Viale
“Duca d’Abruzzo”.
Le osservazioni delle educatrici al lavoro
dopo il terremoto lasciano pensare che:
• il bambino abbia avvertito il fenomeno
dal trauma degli adulti;
• lo scisma e la situazione promiscua nelle tende abbiano influenzato il mantenimento e il prolungamento di prossimità
fisica e di una vicinanza madre-bambino
che, al momento dell’ingresso al nido, ha
ostacolato il fisiologico processo di distacco che l’ambientamento comporta.
ne con maggiore competenza cercando
l’equilibrio e la sintesi tra qualità gestionale e qualità educativa.
Le educatrici del Comune di Pescara presentano poi i loro stili documentativi:
• documentazione di un’esperienza specifica e mirata. Si riporta l’esempio dello
sviluppo del linguaggio nelle tappe relative alla comparsa del babbling-balbettio canonico e variato nei primi mesi
di vita del bambino. Attraverso filmati,
fotografie, registrazioni audio è possibile documentare le fasi più importanti e
rendere visibile e condivisibile l’osservazione attenta delle reazioni del bambino alle stimolazioni trasmesse;
• metodo del “documentare narrando”.
Narrare è scoprire significati profondi,
riappropriarsi dell’esperienza vissuta, è
ri-membrare, ri-costruire il corpo di un
vissuto, rendendolo riconoscibile per
aiutare le bambini e i bambini a costruire la propria identità, ad aumentare la
loro autostima e a rinforzare il senso di
appartenenza;
• metodo dello “scrivere a più mani”.
Si tratta di costruire insieme ai genitori la documentazione, scrivendola a
più mani, raccontando il viaggio che i
bambini, le famiglie, le educatrici e le
operatrici intraprenderanno percorrendo tutti i sentieri della crescita.
L’interesse forte si mantiene comunque a
documentare un “nido che fa comunità”.
Raccontare l’esperienza per co-costruire
l’intenzionalità educativa condivisa ed
esplicitata2
Il resoconto di Enrica Di Paolo è emblematico nel testimoniare come la competenza contabile e amministrativa, se
orientata a conoscere la globalità del servizio nido, si deve muovere per scoprire la realtà educativa, rendendosi conto
della necessità di più ottiche di lettura,
dato che nessuna è esaustiva di una realtà complessa come il nido. Quest’ultimo
non è un parcheggio ma luogo che persegue il benessere personale dei bambini,
cura la verifica della qualità anche con
i genitori e ha nella Carta dei servizi un
testo non burocratico, ma amministrativo
e pedagogico. Il funzionario o il dirigente
può così farsi voce con l’Amministrazio-
Per se stessi e per gli altri3
Le relatrici presentano la loro organizza-
2
Enrica Di Paolo, responsabile del Servizio
sistema educativo integrato, Luigina Splendiani e Linda Diodati, educatrici, Comune di
Pescara. Si riporta la sintesi della relazione;
per saperne di più fare riferimento alla responsabile Enrica di Paolo.
3
Maria Luigia De Guglielmi e Mariella Cattaruzza, Centro Documentazione del Comune di
Roma. Per saperne di più, anche su altri progetti, fare riferimento direttamente al Centro.
29
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
zione basata sulla fascia di età 0/6 anni.
Riportano alcune considerazioni personali relative a come sia stato importante
scoprire quanto si perde se non si osserva e non si rendiconta. Nel documentare
per se stessi e per gli altri prende il via
una elaborazione che fa comprendere il
pericolo di essere troppo centrati sul fare
e consente di recuperare l’identità e l’intenzionalità educative, ricomponendo il
processo e accettando di non potere documentare tutto.
Attualmente, il Centro di Documentazione di Roma conduce con i bambini percorsi di aggiornamento centrati sul “Bello” sotto la consulenza di Paola Tonelli.
corso formativo vero e proprio cui partecipano gruppi di massimo venticinque
persone con la modalità del circle time,
la presenza del facilitatore ecc. Viene
approfondito un aspetto particolare di
un tema scelto annualmente, viene coinvolto tutto il personale (280 operatori)
e vengono infine prodotti quaderni di
documentazione relativi all’argomento
trattato.
Il collettivo doppio è una modalità di confronto e approfondimento agile e flessibile: su un tema di carattere pratico o teorico si uniscono due collettivi che possono
avere il medesimo livello o livelli diversificati di esperienza e riflessione. Precise
modalità di conduzione quali brainstorming, lavori in coppia o piccoli gruppi,
un’importante attenzione alle dinamiche,
la scelta della sede dell’incontro... sono
tecniche che, garantendo il buon funzionamento del collettivo doppio, assicurano arricchimento di conoscenze, ascolto
tra colleghe, uscita dai propri schemi e
piacere dell’osservazione.
La scambio esperienziale ha visto la presenza delle educatrici nel nido con cui
realizzavano le esperienze di scambio,
per una mattinata di osservazione diretta
in affiancamento alle colleghe del servizio. Dopo anni nei quali il confronto sui
temi educativi avveniva su aspetti teorici, si è avvertita l’esigenza del confronto
tra colleghe sul proprio modo di lavorare, sulle pratiche educative, non a caso
in un momento in cui entravano molte
neoassunte.
Lo scambio esperienziale ha evidenziato la limitata conoscenza reciproca delle
progettualità, nonostante la comune appartenenza alla rete comunale. Da qui è
partita la messa in rete interna dei progetti attraverso le relative documentazioni.
L’organizzazione dell’esperienza di
Dalla scambio della documentazione
allo scambio esperienziale. Un percorso
in itinere4
Le colleghe pesaresi illustrano le tre
forme di “scambio professionale” che
nell’esperienza del loro coordinamento
pedagogico risultano essere una modalità
di lavoro proficua ed efficace. Lo scambio professionale prevede l’organizzazione di momenti d’incontro e confronto tra
educatrici provenienti da nidi diversi con
la collaborazione del coordinamento pedagogico. Si declina in tre modalità che
presentano ciascuna caratteristiche specifiche e rispondono a obiettivi diversi
richiedendo comunque tutte un’attenta
preparazione.
Lo scambio professionale a tema, scandito in quattro fasi, si struttura in un per-
4
Piera Ermanna Curina e Sabina Ercoli, coordinamento pedagogico del Comune di Pesaro.
Per saperne di più fare riferimento a Piera Ermanna Curina ([email protected]).
30
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
scambio “fisico” è stata regolata da precisi
criteri posti dal coordinamento pedagogico; il tempo trascorso nel nido è dedicato
esclusivamente all’osservazione. Infine
è interessante notare la compilazione di
una scheda di valutazione sull’esperien-
za: i dati di questa vengono poi discussi
ed elaborati dal gruppo di lavoro per una
valutazione finale del progetto, dalla quale è possibile rilevare i punti di forza, di
debolezza e i cambiamenti proposti per
migliorare l’esperienza.
31
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
Terza Commissione
Documentare le proposte educative
e la vita del nido per i bambini
A cura di Diana Maria Pia Biscaini
Consulente pedagogica degli asili nido del Comune di L’Aquila
Premessa
Nella prima giornata gli interventi in plenaria di Franca Mazzoli, Sara Zingoni e
Franca Marchesi sono stati dei validissimi supporti per il lavoro delle tre commissioni del giorno successivo.
Il desiderio di dare spazio adeguato a tutti
i partecipanti del nostro gruppo mi ha fatto scegliere di limitare il mio contributo
a uno stimolo introduttivo, uno sfondo
su cui incastonare i vari contributi. Il termine viene dal fatto che i vari interventi
delle colleghe relativi alle proprie esperienze di successo ci sono sembrati, oltre
che doni, dei veri e propri gioielli.
La documentazione, qualunque sia il suo
scopo, trova le sue ragioni in tre aspetti
fondamentali: istituzionale, pedagogico e
relazionale. La scuola deve raccontare le
sue scelte ed esprimere la propria identità
anche con documenti formali (vedi POF).
Del resto, è ormai riconosciuta la necessità da parte dei bambini di testimonianze
visibili del proprio percorso e del proprio
fare. Non si può nemmeno trascurare la
necessità di far circolare, anche con documenti scritti, le esperienze sviluppate
in contesti e situazioni diverse. La diffu-
Decidere un tema su cui formare un gruppo allargato di operatori non è mai semplice, c’è sempre qualcuno che ha bisogni
diversi, non condivisi. In un momento in
cui L’Aquila e l’Abruzzo hanno avuto
bisogno di aiuto per affrontare i gravi disagi del terremoto, in un territorio dove
niente è più come prima, molto è distrutto, perduto per sempre, in un luogo in cui
quattro generazioni di persone hanno di
colpo cambiato vita, la cosa più naturale è stata scegliere una formazione che
puntasse sull’acquisizione di strumenti
identificatori. Il senso di vuoto del materiale perso ci ha spinto tutti verso una
formazione che sviluppasse il tema della
documentazione.
Lucia Selmi del Comune di Modena in un
suo scritto afferma: “la documentazione
si propone come un’operazione che costruisce l’esperienza affinché questa non
si perda nella memoria”. La scelta fatta
dal gruppo regionale del tema di questo
seminario rafforza la veridicità di tale affermazione.
32
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
sione tra tutti gli interlocutori (genitori,
bambini, operatori) dell’istituzione educativa o scolastica di esperienze di successo favorisce il confronto e permette
il ripensare gli strumenti pedagogici ed
educativi, rendendo così possibile una
formazione continua. Per dare un filo
conduttore ai vari interventi ho chiesto e
mi sono chiesta:
• come riuscire a costruire luoghi capaci
di raccontare in modo onesto i processi
reali?;
• come possiamo valorizzare l’esperienza dei vari protagonisti e rendere
visibile non solo il clima ma anche le
modalità con cui si sperimenta la vita e
le relazioni nelle sezioni?
Il percorso del seminario mostra chiaramente la validità del ragionare insieme
su tali quesiti; dal momento che ero convinta che ogni intervento avrebbe dato
un valido contributo in questa direzione,
ho invitato tutti a raccontare la propria
esperienza con il fine della comunicabilità, puntando alla capacità di rileggere
gli elementi, attraverso tecniche che permettessero la condivisione e la memoria
delle esperienze, fondamentali ingredienti nei processi di apprendimento e
socializzazione.
so che è passato dal ricordo malinconico
per una sede tanto amata (ex nido “Duca
d’Abruzzi”), culla della crescita professionale di tutto il personale educativo,
alle tracce lasciate da incontri che hanno
scatenato emozioni, maturate in affetti e
sentimenti, che hanno motivato sfide e
permesso conquiste.
Dopo l’evento sismico, è difficile raccontare con qualche immagine le difficoltà vissute nelle tende; abbiamo tentato allora di mostrare la complessità del
vissuto non solo in termini di disagio,
ma anche di ristrutturazione positiva
che i bambini hanno attivato con tanta
naturalezza nelle scelte che compivano
ogni giorno nel tornare nelle tende-nido,
nonostante nei vari campi allestiti dalla
protezione civile ci fossero tante altre
offerte molto seduttive.
Altro momento documentato è stato la
riapertura del MUSP (Modulo ad uso
scolastico provvisorio) e questa volta lo
sforzo di renderlo accogliente e meno
asettico, a misura di bambino è stato tutto
delle educatrici.
Questo primo intervento ha dato non solo
il taglio alla modalità lavorativa di tutta la
commissione, ma ha anche definito il clima del gruppo veramente coinvolgente.
Ho colto la disponibilità reciproca a stare con gli altri non solo con la mente ma
anche con la pancia. Queste condizioni
mi richiamano alla mente il tema centrale
della nostra commissione, “documentare
per i bambini”. Come si deve muovere
l’adulto in questo campo? Quali sono gli
elementi fondanti da cui deve partire per
una documentazione efficace?
I lavori che si sono susseguiti hanno cercato di dare risposte. In questa occasione
desidero solo ringraziare tutti non solo
per il dono ma anche per la passione con
cui è stato offerto.
Il lavoro nella commissione
Immagini di una riapertura1
Antonella ha proposto una documentazione fotografica della riapertura del
nido dopo il terremoto del 6 aprile (vedi
allegato): percorso doloroso e comples-
1
Antonella Colangeli, coordinatrice interna
del nido “Viale” del Comune di L’Aquila.
33
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
così come venivano organizzate all’interno delle sei strutture di asili nido del
Comune di Teramo, nasceva dall’esigenza di individuare, nelle prassi, una che
potesse contenere gli elementi positivi
di un percorso professionale simile ma
non uguale di tutto il personale educativo. La documentazione – attraverso immagini, fotografie e registrazioni video
– ha dato la possibilità di fare emergere
aspetti positivi e criticità che si erano
consolidate nel tempo. Grazie al desiderio di rimettersi in gioco si sono proposte alla discussione, in vista della costruzione di una prassi educativa condivisa
nella quale ogni persona si ritrovava e si
riconosceva non solo professionalmente
ma emotivamente coinvolta, proprio per
avere collaborato a individuare parolechiave per descrivere e definire percorsi
educativi co-costruiti, per accompagnare i bambini e le bambine nell’emozionante mondo del nido.”
Dal manifesto al diario, ovvero la
circolarità di un percorso dalla
documentazione per accogliere alla
documentazione per comunicare2
La documentazione, oltre a mantenere
memoria delle esperienze, a costruire
identità e favorire processi comunicativi
esterni al nido, è anche momento di confronto all’interno del servizio educativo,
in quanto la realizzazione del diario (per
noi “quadernone”), prevede un approfondimento sul concetto di educazione,
sull’idea di bambino e di nido che vogliamo trasmettere.
La documentazione diventa, quindi,
un percorso circolare che si snoda per
l’intero anno educativo e che coinvolge/avvolge i genitori, sollecitandoli ad
acquisire sia un’idea del proprio figlio
come “essere altro da sé” e di bambino con competenze, sia una consapevolezza del proprio ruolo. Ci si pone,
così, da una prospettiva che presuppone la circolarità di un percorso: dalla
documentazione per accogliere, alla
documentazione per comunicare; dalla
prima riunione con genitori dei nuovi
iscritti alla consegna del quadernone.
Un’idea globale di documentazione che
presuppone accoglienza, comunicazione, acquisizione di consapevolezza, reciprocità, intenzionalità educativa, cocostruzione, fiducia ecc.
Conclusione
Gli indicatori che abbiamo evidenziato
dalla costruzione del nostro sapere condiviso possono essere individuati in due
aspetti fondamentali:
• gli obiettivi pedagogici ed educativi;
• i canali di comunicazione e di espressione.
Gli obiettivi guidano nelle scelte degli
aspetti da documentare, mentre i canali mettono in gioco la capacità di fare a
misura di bambini, la capacità di entrare
nelle fiabe per ricavarne una crescita nelle conquiste identitarie.
Nei lavori sono stati illustrati momenti di
osservazione e documentazione, dalle attività di routine ai momenti di esplorazione, e tecniche che vanno dall’utilizzo del-
Documentare le routine3
“L’esperienza di documentare le routine,
2
Luana Dicintio e Alessia Primiterra, educatrici del nido comunale “Peter Pan” del
Comune di Chieti.
3
Margherita Befacchia, coordinatrice pedagogica, Comune di Teramo.
34
Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
la foto al filmato, alla capacità di esporre
i prodotti dei bambini.
Luana, la collega di Chieti, ci ha parlato di
strumenti, come diari e manifesti, che legano il lavoro anche a esigenze temporali,
e ci ha portato un gomitolo, oggetto magico che abbiamo usato per definire, con
un oggetto-immagine, il lavoro della commissione e nello stesso tempo è stato usato
per ridefinire non solo il lavoro di quel momento specifico, ma anche una metariflessione sulla complessità di tutte le attività di
lavoro legate ai bambini, che non possono
mai raccontarsi in maniera lineare.
La documentazione, qualsiasi sia il suo
scopo, non implica solo una tecnica dal
rigore scientifico ma anche la capacità
di ascoltare se stessi e chi ti sta intorno
con la disponibilità ad attraversare limiti e con la flessibilità di chi segue anche
strade nuove con il continuo supporto del
confronto e della capacità di accogliere
altri punti di vista.
Il gomitolo era il simbolo che ci siamo
passati l’un l’altro nel salutarci e nel ringraziarci. I passaggi hanno messo in evidenza la rete degli scambi e la complessità del raccontarsi reciprocamente.
Allegato
Immagini di una riapertura: asilo nido comunale “Viale” (ex “Duca d’Abruzzi”)*
Tra i vari strumenti di documentazione abbiamo scelto la fotografia. Raccontare la vita
del nido è sempre stato difficile ma oggi, per noi educatrici del comune di L’Aquila, lo
è ancora di più.
La complessità delle azioni, gli eventi da raccontare, le scelte da comunicare ci hanno
portato, anche in passato, a prediligere il codice comunicativo dell’immagine fotografica,
ma la riapertura del nido “Viale” in un MUSP, rappresenta un groviglio di tante e tali
emozioni che ci sembra impossibile trasmetterle in maniera chiara con le semplici parole.
È per questo che scegliamo di documentarlo attraverso questo percorso fotografico. Il
coinvolgimento emotivo di chi guarda, anche se con uno sforzo interpretativo, sosterrà il
filo comunicativo del nostro racconto.
Il percorso lo abbiamo pensato agile da trasportare e da riporre, usando come supporti
delle semplici scatole che guidano la visione nei contenuti aperti e chiusi in un cartone;
ogni scatola racconta un concetto, un capitolo della storia della riapertura del nostro
servizio.
Le scatole raccontano i seguenti avvenimenti.
La perdita del nido. L’evento sismico del 6 aprile del 2009 ha reso inagibili tutte le
strutture educative del territorio. Il disagio sarà tanto più compreso se si considera la
vastità del territorio che è stata colpito dal sisma. La nostra struttura si trovava in pieno
*
A cura di Antonella Colangeli a nome delle educatrici del nido “Viale”. Riportiamo la scheda dell’intervento che ben esprime la situazione del post terremoto e il coraggio della ripresa e la rifondazione dei
nidi aquilani.
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Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia
centro storico ed era uno stupendo edificio degli anni venti con un parco dove i bambini
vivevano tante esperienze all’aria aperta.
La riorganizzazione del gruppo educativo. Dopo il terremoto, le educatrici dei due nidi
comunali si sono riunite per elaborare un progetto nell’emergenza; il disagio percepito
e raccontato ha fatto organizzare dalla nostra pedagogista Diana Biscaini degli incontri
con lo psicologo per un primo contenimento emotivo. Contemporaneamente abbiamo
organizzato dei gruppi di lavoro per studiare ed elaborare materiale per i bambini.
L’apertura del MUSP. L’assegnazione del modulo uso scolastico provvisorio ci ha posto subito un problema pedagogico: come trasformare uno spazio asettico in un luogo
di appartenenza ed accogliente per i bambini. È stato arduo, ma ce l’abbiamo fatta!
Confortati anche dai riconoscimenti dei genitori: “Il mostro cattivo voleva toglierci
tutti i giocattoli, ma le nostre maestre ci hanno fatto trovare un mondo pieno di colori,
palloncini e allegria”.
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GRUPPO NAZIONALE NIDI INFANZIA
Gruppo Territoriale Marche
Comune di Falconara-Marittima
Rivista “Bambini”, Edizioni Junior
Convegno regionale
Nido e famiglia insieme
storie e modalità della relazione
Centro “Pergoli”, Piazza Mazzini
Falconara-Marittima
28 ottobre 2006
Ore 9.30 - 13.00
Saluti
• Riccardo Recanatini - Sindaco di
Falconara-Marittima
• Michela Paoletti - Assessore del Comune
di Falconara, Servizi socio-educativi
• Marco Amagliani - Assessore regionale
alle Politiche sociali
Conclusioni e dibattito
• Ferruccio Cremaschi - Segreteria Gruppo
Nazionale Nidi Infanzia, Direttore rivista
“Bambini”
Ore 13.30: Buffet e visita ai nidi
Ore 15.00 - 17.30
Introduzione lavori
• Assunta Coltrinari - Servizi socioeducativi, Comune di Falconara
• Francesca Ciabotti - Psicopedagogista,
Direttivo Gruppo Nazionale Nidi Infanzia
• Alda Bonetti - Pedagogista, Direttivo
Gruppo Nazionale Nidi Infanzia
Relazioni
• Le competenze degli educatori di fronte ai
nuovi bisogni e domande dei genitori. Un
caso di lavoro
Marco Fibrosi - Ufficio formazione,
Comune di Parma
• Il rapporto tra educatori e genitori; come
costruire un dialogo e un’alleanza per il
bambino
Donatella Mauro - Comune di Ferrara
Sessioni “dialogate”:
esperienze del territorio a confronto
• Genitori, bambini, educatori: l’intreccio
delle relazioni nei servizi all’infanzia
“facilitatore”: Ermanna Curina Psicopedagogista, coordinatrice pedagogica
Servizi all’Infanzia Comuni dell’Ambito di
Pesaro
• Con i genitori durante l’ambientamento: le
“emozioni” del distacco
“facilitatore”: Alda Bonetti - Pedagogista,
Ancona
• I laboratori dei genitori al nido: nuovi
modi di comunicare e di stare insieme
“facilitatore”: Rita Tancredi - Pedagogista,
Comune di S. Benedetto del Tronto
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24052 Azzano San Paolo (BG)
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Prima edizione: aprile 2007
Edizioni: 10 9
2011
8 7 6 5 4 3
2010 2009 2008
Questo volume è stato stampato da
Pronto Stampa, Vaprio D’Adda (MI)
Stampato in Italia - Printed in Italy
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2007
Nido e famiglia insieme
Storie e modalità della relazione
I quaderni del
Gruppo Nazionale Nidi Infanzia
Gruppo Territoriale Marche
Falconara, 28 ottobre 2006
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GRUPPO TERRITORIALE MARCHE
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