Indice Presentazione ............................................................................... Titoli di testa ................................................................................ Episodio 1 – Telé Santana ............................................................ Episodio 2 – La costruzione del gruppo....................................... Episodio 3 – I ventidue ................................................................ Episodio 4 – L’attesa .................................................................... Episodio 5 – Brasile-Unione Sovietica, 14 giugno ...................... Episodio 6 – Brasile-Scozia, 18 giugno ....................................... Episodio 7 – Brasile-Nuova Zelanda, 23 giugno ......................... Episodio 8 – La seconda fase, a Barcellona ................................. Episodio 9 – Brasile-Argentina, 2 luglio ..................................... Episodio 10 – Brasile-Italia, 5 luglio ........................................... Episodio 11 – La tragedia nazionale ............................................ Epilogo – Il futuro dei protagonisti .............................................. Titoli di coda – Considerazioni e ricordi...................................... Presentazione Nella storia del calcio sono molte le squadre passate alla notorietà e penetrate nell'immaginario del tifoso medio come perfette e invincibili. Dal Milan di Sacchi, su cui sono stati scritti fiumi di parole, all'Olanda e all'Ajax di Cruyff, dal mitico Real Madrid di Di Stefano, Puskas e Gento, al Brasile di Pelé, quello del mondiale del 1958 e quello del 1970, fino all'Ungheria degli anni Cinquanta. Compagini fortissime, davvero quasi perfette, che hanno segnato un'epoca cambiando anche i connotati di un calcio che dopo di esse non è mai stato più uguale a sé stesso. Ognuno di queste squadre ha lasciato un insegnamento, a livello tecnico e tattico: si pensi, per vicinanza geografica, a quello che Arrigo Sacchi e il suo Milan hanno voluto dire per il calcio italiano. L'ometto pelato di Fusignano è stato il Robespierre del calcio all'italiana come si intendeva una volta: dai primi anni Novanta nessuno più, nel nostro paese, ha voluto saperne di libero staccato e gioco in contropiede. Decenni di tradizione, anche vincente, gettati per sempre nel dimenticatoio, alla ricerca di un calcio che fosse anche spettacolare oltre che volto alla vittoria. Tutte queste grandi squadre, si diceva, hanno segnato un'epoca e lasciato un insegnamento. Alcune di loro, rimaste nella mente dei tifosi e degli appassionati di calcio, lo hanno fatto anche per i loro errori. In questo senso ne vengono alla mente due, ed entrambe sono nazionali del Brasile. Periodi e generazioni diverse ma con in comune il fattore genetico, quasi antropologico di quel calcio, di non accontentarsi mai anche quando sarebbe lecito farlo e di puntare sempre e solo alla vittoria, a estasiare i propri tifosi, a esaltare le folle. Quella del 1950 è rimasta nella storia del calcio come la protagonista del suicidio perfetto, della più drammatica tragedia calcistica: Mondiale in casa praticamente dominato, partita finale in cui sarebbe bastato un semplice pareggio, vantaggio all'inizio della ripresa e avversario, l'Uruguay di Schiaffino, che pareva in balia delle onde. Sarebbe bastato poco per gustare il trionfo. Invece l'Uruguay segnò due gol con due contropiedi capolavoro mentre la squadra brasiliana andava alla ricerca di più gol e più gloria, incatenata nel suo narcisismo, rigorosa nel ruolo della cicala che sa solo cantare. Una sconfitta che diventò un autentico dramma popolare. Nella storia è rimasta anche l'altra nazionale brasiliana che si è resa protagonista del suicidio perfetto, quella meravigliosa compagine che in Spagna nel 1982 avrebbe dovuto vincere il titolo mondiale senza praticamente sudare, ma solo ballando e mettendo in pratica automatismi che sarebbero stati facili da eseguire per i suoi fuoriclasse come bere un bicchiere d'acqua. Quella nazionale è stata poi soprannominata la Squadra dei Sogni, perché tale è rimasta. Questo libro è la storia di quella squadra e dei suoi protagonisti. Titoli di testa Il 1982 è stato uno di quegl’anni che hanno segnato la fine di un'epoca, imbalsamata sulla Guerra Fredda e sul grande scontro virtuale tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica, e intersecata con l'inizio di quello che è diventato il mondo di oggi, con i suoi vizi e le sue virtù. Nel novembre muore l'ultimo “imperatore” del regno sovietico-comunista, Leonid Breznev, personaggio ancora legato a doppio filo a una visione di scontro e lotta contro il nemico capitalista. Da Andropov, che lo sostituisce alla testa del partito comunista dell'Urss, e quindi anche al governo, in poi, cioè fino a Gorbaciov, sarà finalmente reale l'avvicinamento all'America e a una politica mondiale di distensione e “disgelo”. Da quel momento inizia in pratica l'inesorabile avvicinamento dell'Unione Sovietica alla sua morte politica e al fragoroso disfacimento del suo potere internazionale. Nel 1982 si svolge una delle guerre più assurde del Novecento, ammesso che ce ne sia qualcuna che non lo sia, quella tra l'Argentina della dittatura militare e del genocidio dei desaparecidos e l'Inghilterra della Regina. Ci si contende le isole Faalkland, un ammasso di sassi senza valore buone solo per pecore e capre sotto il controllo inglese ma che il governo argentino rivendica per vicinanza geografica. Alla fine i sudamericani si arrendono, e l'evento segna l'inizio della fine del loro assurdo governo di sanguinosi assassini. Israele invade il Libano, in Germania nasce il primo bambino concepito in provetta. In Italia è un anno pesante, come tutti quelli a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta, con le tensioni provocate dal terrorismo di destra, di sinistra, e da loschi figuri che intrecciano oscure vicende tra Stato, Chiesa e servizi segreti deviati. A Palermo muore ucciso in un agguato il prefetto Dalla Chiesa, a Londra sotto un ponte è trovato morto, apparentemente suicida, il finanziare Roberto Calvi, nei pressi di Arezzo è sequestrata la lista della Loggia Massonica “Propaganda 2”, più nota semplicemente come “P2”, nella quale compaiono nomi eccellenti di politici, giornalisti e pezzi grossi dell'esercito: alcuni di questi personaggi sono rimasti costantemente sulla breccia fino ai giorni nostri. Sembra che il Gran Maestro della Loggia, il faccendiere Licio Gelli, che per anni sarà indagato come mente occulta dei più terribili eventi delittuosi nostrani, ne avesse fissato i compiti nella divisione e indebolimento del partito comunista e dei sindacati, nel controllo dei mezzi dell'informazione e nel ridimensionamento della Rai a favore delle reti private. Negli anni Novanta Gelli sarà scagionato dalle accuse e la sua Loggia sarà definita una semplicissima associazione privata senza il minimo scopo eversivo. Nel frattempo il partito socialista di Bettino Craxi, che fa parte della coalizione che comanda in Italia sotto il cappello della Democrazia Cristiana, fa cadere il primo capo del governo laico della nostra storia, Giovanni Spadolini, che ripresenta il suo governo pari pari al presidente della Repubblica Sandro Pertini. Un paio di ministri litigano a novembre e il governo cade, ne forma l'ennesimo uno dei colonnelli democristiani, Amintore Fanfani. Il Festival di Sanremo lo vince Riccardo Fogli, ex dei Pooh, con “Storie di tutti i giorni”, al cinema la gente va a vedere “Rocky III”, “E.T.”, “Blade Runner”, “Conan il Barbaro”, mentre muore tragicamente Grace Kelly, ex attrice diventata principessa di Monaco. Il cantante Michael Jackson fa uscire in America l'album “Thriller” che rivoluzionerà la musica leggera e diventerà il più venduto nella storia. A Zolder, in Belgio, durante le prove del GP di Formula 1, muore in un tragico incidente il franco-canadese Gilles Villeneuve, pilota della Ferrari. In Spagna si tiene la Coppa del Mondo di calcio. Episodio 4 – L’attesa Dopo essere stata ricevuta dal presidente della repubblica, generale Joao Figueiredo, che ha personalmente chiesto la vittoria mondiale (da sfruttare politicamente in vista delle future elezioni di novembre…), il 30 maggio la nazionale brasiliana vola dal Sudamerica fino in Europa: prima tappa di avvicinamento alla Spagna è il Portogallo, dove Santana ha deciso di portare i suoi a starsene tranquilli e aspettare il 14 giugno e la prima gara di Siviglia, contro la tosta Unione Sovietica. Decisamente più abbordabili le altre due squadre capitate ai brasiliani nel girone di qualificazione: la non irresistibile Scozia e la folkloristica Nuova Zelanda. Al turno successivo, quattro gironi a tre squadre che designeranno nelle vincenti le quattro semifinaliste, sono qualificate le prime due. All’arrivo a Lisbona l’accoglienza per la squadra è trionfale. Il soggiorno è fissato nella località turistica di Cascais presso il lussuoso Hotel Guincho, a trenta chilometri dalla capitale lusitana. Alla squadra, per espresso divieto del selezionatore, non sono aggregate né mogli né fidanzate. Parlando di denaro, sembra che la Federcalcio brasiliana (la Cbs), nella persona del presidente Giulive Coutinho, che è a capo della delegazione che comprende squadra e codazzo di giornalisti e accompagnatori vari, abbia promesso ben 60mila dollari (circa 150 milioni di lire italiane dell’82…), cifra iperbolica, a ognuno dei giocatori in caso di vittoria mondiale, calcolando l’enorme incasso che si conta di fare organizzando la partita celebrativa Brasile-Resto del Mondo da giocarsi appena spenti i fari dello stadio Bernabeu di Madrid, dove l’11 luglio si disputerà la finale. Secondo la stampa, i tecnici e gli osservatori, brasiliani e non, la comitiva brasiliana è certamente inferiore a quella grandissima del 1970 in Messico, ma ugualmente in grado di puntare al successo. Da quella mitica squadra questa nazionale è quella che ha le maggiori individualità. Cercando il pelo nell’uovo, si può notare di come ci sia perplessità nella tenuta difensiva e nella carenza di grandi attaccanti: Careca è ritenuto troppo giovane e inesperto, Serginho troppo legnoso e inadatto al ruolo. Per Santana questo non sarebbe poi un grande problema, soprattutto disponendo del centrocampo da mille e una notte come il suo: nel calcio di oggi tutti i dieci giocatori di movimento devono sapere come andare a rete. Però Santana, prima del 7-0 all’Eire che ha messo a tacere tutte le malelingue, era assai criticato proprio per i pochi gol che i suoi mettevano a segno. La ciliegina sulla torta è unanimemente considerata l’innesto di Falcão, che si è dimostrato una pedina fondamentale per far girare alla perfezione lo scacchiere verde-oro. Alla fine tra gli esperti c’è una certa tensione sopita, la paura che quella spagnola si riveli una spedizione fallimentare come quelle della Germania ’74 e dell’Argentina ’78. Tra i giornali brasiliani esce anche la polemica che ci sia qualcuno, interessato o meno ad avere la testa di Telé Santana, che remi contro e cerchi, in qualche modo, di alterare la preparazione soprattutto psicologica dei giocatori. Ma tra i tifosi non c’è nessun dubbio che sarà la formazione di Santana a trionfare: sembra che cinquemila tifosi siano in procinto di partire per la Spagna. La televisione coprirà con oltre cento ore tutto l’evento (aumentate di un 40% in pochi giorni le vendite di tv) mentre, in previsione di logiche assenze dal lavoro anche fabbriche e uffici pubblici resteranno chiusi durante gli orari delle partite. Anche i partiti politici e il governo si adeguano: durante il Mondiale sarà interrotta la campagna elettorale e sospese le visite di Stato e le manifestazioni ufficiali. Il 4 giugno in Portogallo i brasiliani giocano la loro unica amichevole di preparazione, peraltro non ufficiale, prima della gara con l’Urss. L’avversario è la squadra lusitana del Belenenses, e il risultato finale è 13-3: Serginho segna quattro volte, Careca ne fa tre come Zico, uno a testa Edevaldo, Leandro e Dirceu. La settimana da passare tranquilli a Cascais trascorre però in fretta, anche se serenamente e in maniera divertente (la sera un complessino composto da Serginho, Edevaldo, Batista e Junior allieta il riposo dei compagni): dopo un altro allenamento contro una squadretta locale, l’Amora, finito 7-3 (arbitro è il già campione del mondo Vavà, che ha il ruolo di secondo di Santana) con diecimila spettatori non paganti che festeggiano a ritmo sfrenato di samba, il 7 giugno la squadra raggiunge Siviglia dove dovrà giocare le tre partite del suo girone di qualificazione. Il ritiro è fissato nella residenza del Parador Nacional di Carmona, a trenta chilometri dalla città. Santana dispensa sorrisi e ottimismo, dicendo che in Portogallo la squadra, oltre che smaltire il fuso orario, ha fatto buoni allenamenti e ha risolto con calma tutto ciò che era rimasto in sospeso. I dirigenti parlano di “splendide condizioni fisiche e morali della squadra” con il gruppo che ha “vissuto in perfetta armonia e in simbiosi”. Prova è che nessun giocatore ha avuto punizioni o rimproveri. Anche in Spagna, in particolare nella cittadina di Maizena, dove si svolgono gli allenamenti, i giocatori brasiliani sono circondati dall’affetto e dell’entusiasmo anche dei tifosi locali. Particolarmente felice è il presidente federale Coutinho, che autorizza anche l’ingresso della gente agli allenamenti. Paulo Isidoro e Cerezo (che per squalifica non potrà giocare contro i sovietici) hanno piccoli guai muscolari, ma niente di preoccupante. Il caldo non preoccupa ed è enorme la dotazione di magliette (da distribuirsi ai tifosi dopo allenamenti e partite) che evidenzia la netta intenzione di arrivare fino in fondo. Anche i contatti con la stampa sono garantiti quotidianamente. L’unico problema è che sembra non sia disponibile un campo esclusivo per gli allenamenti quando la squadra sarà a Barcellona, nella seconda fase che si crede di raggiungere facilmente. La Federazione avrebbe già pagato una cifra consistente al Sabadell, squadretta della città catalana, ma pare che non ci sia rassicurazione sull’uso del suo impianto così come richiesto. La storia preoccupa, e non poco, lo staff tecnico brasiliano, perché per affrontare le avversarie che capiteranno nel secondo turno, che potrebbero anche essere Argentina e Italia (anche se le previsioni più logiche danno il Belgio e la Polonia), ci vorranno tranquillità e attrezzature necessarie. Massimo Fabbricini, inviato in Spagna del Corriere della Sera, traccia questo ritratto di Telé Santana: “Un signore di mezza età, abbronzantissimo, appena appena appesantito dalla pancetta, ma reso interessante da due occhi pieni di luce. Parla con toni riposati, non mancando di fissare i suoi interlocutori. Sa prendere decisioni importanti, che i più, in linea di principio, mai e poi mai sarebbero disposti a condividere, diluendole nel tempo, dando modo agli altri di conviverci gradualmente, fino a convincersi magari di averle sempre volute tali e quali sono. Ai suoi collaboratori, poi, sa regalare la sensazione preziosa dell’indispensabilità. E se questo Brasile ’82 sarà, come dice la tribù di cento e più inviati che da due mesi gli vive a fianco, gli studia gli umori, ne controlla i progressi, più grande di sempre, superiore a quello di Messico ’70, al signor Telé Santana, tecnico sbucato da non si sa dove, bisognerà pure riconoscere il merito di essere stato il primo a fondere in senso compiuto i meravigliosi estri della scuola sudamericana con la solidità d’impianto fisico e tattico del calcio europeo”. Tralasciando le solite dichiarazioni di circostanza, quelle che comandano di dire che il Brasile rispetta tutti gli avversari e non sottovaluta nessuno, nemmeno la Nuova Zelanda, Fabbricini indaga ancora più a fondo questo personaggio e così lo analizza: “Nel suo laboratorio calcistico ha preparato un Brasile con tanta testa, con buone gambe, con i giusti polmoni e i muscoli che ci vogliono, ma badando a non spegnere alcuna di quelle lampadine multicolori che ne fanno da sempre scintillante il gioco”. Il giornalista scrive anche che l’inserimento in squadra di Falcão, che tutti credono temporaneo e solo per la squalifica di Cerezo nella prima partita, non sia poi solo questione di una sera sola, ma che l’allenatore mediti “anche di far un qualcosa che gli consenta agli appuntamenti successivi di non levarlo dall’undici”. Decisi per la gara con l’Urss come titolari in avanti Serginho e il figliol prodigo Eder, affiancati al geometrico Dirceu piuttosto che dal guizzante Paulo Isidoro, ecco che Falcão, con il ritorno di Cerezo, titolare inamovibile, potrebbe restare al suo posto e sarebbe proprio Dirceu a far posto al baffuto lungagnone ex clown. A Fabbricini lo stesso Santana regala questa analisi: “Il nostro può essere un calcio di riferimenti rigidi e precisi. Sul piano della specializzazione la forza fisica dei tedeschi, per dire degli avversari che dobbiamo temere di più, prenderebbe il sopravvento. La nostra squadra ha lavorato molto, si è irrobustita molto, ma non potrà mai essere proprio per sua natura a quei livelli. Noi dobbiamo saper giocare a tutto campo, dobbiamo cercare di mantenere il possesso palla 85 minuti su 90. E allora te la saluto la forza fisica degli altri”. Il giornalista italiano registra anche di come gli accompagnatori vicini alla Seleçao dicano che il Brasile potrebbe perdere il Mondiale, eventualmente, solo per “volontà divina”, cosa scongiurata per definizione, dato che “Dio è simpatizzante per la nostra squadra, non è stato forse lui a regalarci questi stupendi e inimitabili talenti?”. In conclusione, Fabbricini evidenzia di come all’interno del ritiro i controlli siano stretti e la vita dei giocatori sia una specie di clausura. Addirittura i fornitori alimentari e i tecnici del telefono sono prima minuziosamente controllati, quindi gli è concesso di entrare nella residenza della squadra. Arriva però un guaio a turbare il sogno perfetto della squadra brasiliana che sta attendendo di giocare la sua prima partita. Si fa male il giovane Careca, su cui Santana puntava molto se avesse avuto difficoltà Serginho, e grazie all’intercessione del presidente della Fifa, guarda caso il brasiliano João Havelange, può essere sostituito con l’esperto Carlos Roberto de Oliveira, fulminante attaccante di 28 anni detto Roberto Dinamite, che gioca e segna a ripetizione nel Vasco da Gama (dopo aver giocato senza fortuna un anno in Spagna al Barcellona) con cui ha vinto un campionato brasiliano e due carioca. Dinamite era stato convocato anche per il Mondiale argentino di quattro anni prima. Le malelingue dicano che la moglie dell'ultimo arrivato sia una abile fattucchiera e che dietro l'infortunio a Careca ci siano le sue abili arti malefiche. La cosa sembra rafforzata dal fatto che nel primo allenamento cui partecipa anche Dinamite si fa male Serginho, il centravanti designato a partire titolare, poi però il guaio è meno del previsto, ma a salvare lo stesso Dinamite dalla fama di jettatore ci pensi Santana, che si affretta a dire di come in caso di forfait dell'attaccante di colore avrebbe giocato Renato. Che sotto la coperta di una idilliaca perfezione del ritiro pre-mondiale brasiliano ci sia qualche margine problematico lo scrive Gian Paolo Ormezzano de La Stampa: “Pare che a questa favolosa situazione psicologica generale il Brasile sia arrivato dopo terribili lotte interne, congiure borgiesche, avvelenamenti, Reinaldo fuori squadra perché è comunista e amico di omosessuali, Roberto chiamato in extremis dopo infortuni causati, è ormai certo, dalle macumbe di sua moglie che di seguito ha fatto fuori i tre che precedevano il marito nell'elenco. Però adesso l'opera, l'insieme, sembra perfetto, ci sono anche favolose mulatte che sculettano nel nome del caffè, distribuiscono tazzine piene del liquido caldissimo, opuscoli, adesivi, e la sera vanno a ballare per le strade di Siviglia”. A Giuseppe Tassi della Nazione, Telé Santana così descrive l’Urss: “Mi piace, si tratta di una formazione affiatata e molto mobile, capace di attuare un contropiede pericolosissimo. E’ difficile segnargli? In amichevole gli spagnoli del Castilla, seconda divisione, gliene hanno fatti due, ed è la stessa cosa che faremo noi. Una squadra perfetta non esiste, troveremo i difetti dei russi”. Carlo Coscia della Stampa ha anche lui testato l’umore della squadra trovandolo altissimo (Zico e Socrates hanno le mogli incinta di poche settimane…) e scrive: “Parlare di fiducia, dopo aver assistito all’allenamento brasiliano, è fin troppo limitativo: neppure un’incertezza piccola piccola sfiora la mente dei sudamericani, convinti fin dentro l’anima di ubriacare gli avversari di turno a suon di gol e di travolgere ogni ostacolo nel loro trionfale cammino”. Sembra che soprattutto Socrates sia, all’interno dello spogliatoio, l’uomo insieme più temuto e rispettato, dal momento che anche Santana pare averne soggezione. Tutti ascoltano i suggerimenti e i consigli del “dottore”, nessuno ne discute le idee e lui si comporta come un padre di famiglia, distribuendo carezze o scappellotti a seconda delle necessità. Solo Zico, con cui è amico per la pelle, ne può discutere le idee. Proprio a Carlo Coscia il capitano brasiliano regala queste perle di saggezza: “Nel Brasile siamo tutti uguali. Non esistono divi o giocatori migliori degli altri. Questa idea del collettivo è fantastica perché ha portato la squadra a livelli altissimi e ha creato sentimenti veri d’amicizia. Non ero d’accordo sulla convocazione di Falcão e Dirceu che giocano all’estero: in Brasile ci sono giocatori altrettanto bravi, ma Santana ha le sue idee e io le rispetto, per questo i due sono stati accolti in gruppo come fratelli. Rispetto al Mundialito dell’Uruguay ora siamo infinitamente più forti. Abbiamo la qualità che nessuna formazione presente in Spagna possiede: andiamo in gol con incredibile facilità. In semifinale andremo noi, Germania, Argentina e Spagna, poi batteremo i tedeschi a Madrid e torneremo in Brasile con il quarto titolo mondiale. Nessun dubbio”. Titoli di coda – Considerazioni e ricordi Bruno Barba, antropologo: Il Brasile è una straordinaria miniera, tanto per gli antropologi quanto per chi ama il calcio. L'eccezionale ricchezza e la diversità di etnie, culture, religioni, la storia del suo popolamento rendono il paese un modello “meticcio”: un concetto che allarga e completa quello di multiculturalismo. In Brasile l'origine (l'etnia, la razza, l'identità) è un fatto di scelta simbolica e ideologica: ci si può dichiarare “neri” pur non avendone i tratti somatici né il sangue, per pura adesione culturale. Negli Stati Uniti d'America, al contrario, chi ha nonni afro è comunque “black” e i “latinos” restano tali, qualunque sia il loro grado di assimilazione. La cultura brasiliana rifiuta questo progetto semplicemente “multiculturale”: il “melting pot”, il “pentolone multiculturale” che tutto contiene, che tutto accetta, almeno nelle intenzioni, ma che non amalgama. Il Brasile è un paese “cannibale”, in quanto ama cibarsi di ogni apporto esterno, non limitandosi ad accettarlo acriticamente, ma sempre assimilandolo, trasformandolo, plasmandolo. Alla “brasiliana”. I prodotti meticci di questo Brasile “modello” sono il samba, la bassa nova, le religioni sincretiche, il cibo speziato, il calcio. Tutta l'allegria, tutta la malinconia del mondo sembrano racchiuse in queste manifestazioni culturali creative, nuove e irripetibili. Enzo Bearzot, allenatore: Quel Brasile era molto abile a mascherare le sue lacune, con quel gioco elegante, ritmato, con le capacità tecniche superiori di tutti quei campioni. Ma le lacune, per l'appunto, c'erano. Le avevo colte sin dalla loro prima partita a Siviglia, contro i sovietici, vinta in rimonta e con grande fatica, molta fortuna e qualche compiacenza di troppo. La loro forza era un centrocampo fantastico, i cui componenti però andavano tutti avanti allegramente, con il solo Cerezo capace di fermarsi a protezione della difesa. Il loro snodo era la boa d'attacco, Serginho: il più scarso di tutti, ma abilissimo nel mettere la sua stazza fisica al servizio dei fantasisti che gli chiedevano sponda per fiondarsi in area avversaria già lanciati. Qualche margine insomma c'era, perlomeno di verifica. Dino Zoff, portiere, sulla incredibile parata all'ultimo minuto: Non le mani, ma la punta delle mie dita si incollarono a quel pallone. Il resto non fu frutto dell'istinto, come hanno sempre detto e pensato tutti, ma del calcolo. Sapevo che se avessi fatto il solo gesto di ritirare quella palla verso di me l'arbitro avrebbe concesso il gol ai brasiliani che stavano già esultando davanti alla mia porta. Un fatto del genere mi era già accaduto anni prima, sempre con la maglia azzurra e contro la Romania. Avevo acciuffato il pallone sulla linea e poi mi ero mosso, sicché il direttore di gara aveva concesso la rete agli avversari. Non ripetei quell'errore e restai immobile come una statua. Claudio Gentile, difensore: Ricordo che mi ritrovai con Paolo (Rossi, ndr) su di un taxi a Rio, tanti anni dopo. Eravamo lì per un torneo over trentacinque. Il conducente riconobbe Rossi, inchiodò l'automobile e ci cacciò in mezzo alla strada smadonnando. Anche questa si chiama popolarità. Paolo Rossi, attaccante, ricordando la fine di Italia-Brasile: Esco dal campo come un automa con le braccia all'aria, confuso da non riuscire a focalizzare un pensiero, mi sento travolto da sensazioni e immagini che roteano nella mente senza trovare un attimo di sosta. Credo di aver provato, per una volta nella vita, quale sia la felicità più dirompente, quella che improvvisamente arriva dopo tante angosce, dubbi e sofferenze: quella che ti fa volare alto, sopra tutto.